ANNO XXVIII -N. 5 SETTEMBRE;.QTTOBRE 197 6 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Pubblicazione bimestrale di servizio ROMA ISTITUTO POLIGRAFICO DELLO STATO 1976 ABBONAMENTI ANNO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . L. 12.750 UN NUMERO SEPARATO .......... 2.250 Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: LIBRERIA DELLO STATO -PIAZZA G. VERDI, 10 ROMA e/e postale 1/2640 Stampato in Italia Printed in Italy Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 lu11llo 1966 (6219082) Roma, 1977 -Istituto Poligrafico dello Stato P.V. INDICE Parte prima: GIURISPRUDENZA Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE (a cura defl'avv. Giuseppe Angelini-Rota e defl'avv. Franco Favara) , pag. 653 Sezione seconda: GIURISPRUDENZA COMUNITARIA .E INTERNAZIONALE (a cura defl'avv. Arturo Marzano) 709 Sezione terza: GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE (a cura del/'avv. Benedetto Baccari e del/'avv. Carlo Carbone) 741 Sezione quarta: GIURISPRUDENZA CIVILE (a cura dell'avvocato Adriano Rossi) . , 7 6 3 Sezione quinta: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (a cura del/'avv. Ugo Gargiulo) , . . . 777 Sezione sesta: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (a cura de/l'avvocato Carlo Bafile) 785 Sezione settima: GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI (a cura defl'avv. Arturo Marzano, per gli appalti e del/'avv. Paolo Vittoria, per le acque pubbliche} 81 8 Sezione ottava: GIURISPRUDENZA PENALE (a cura del/'avv. Paolo Di Tarsia di Be/monte) . 828 Parte seconda: QUESTIONI -LEGISLAZIONE -INDICE BIBLIOGRAFICO CONSULTAZIONI -NOTIZIARIO LEGISLAZIONE pag. 131 CONSULTAZIONI 143 INDICE BIBLIOGRAFICO 160 NOTIZIARIO . r61 La pubblicazione diretta dall'avvocato: UGO GARGIULO CORRISPONDENTI DELLA RASSEGNA DELEGATI PRESSO LE SINGOLE AVVOCATURE Avvocati Glauco NoRI, Ancona; Francesco Cocco, Bari; Michele DIPACE, Bologna; Giovanni CONTU, Cagliari; Americo RALLO, Caltanissetta; Filippo CAPECE MINUTOLO DEL SAsso, Catanzaro; Raffaele TAMiozzo, Firenze; Francesco GUICCIARDI, Genova; Adriano RossI, L'Aquila; Giuseppe Orazio Russo, Lecce; Giuseppe MINNITI, Messina; Marcello DELLA VALLE, Milano; Aldo ALABISO, Napoli; Nicasio MANCUSO, Palermo; Pier Giorgio LIGNANI, Perugia; Rocco BERARDI, Potenza; Umberto GIARDINI, Torino; Maurizio DE FRANCHIS, Trento; Paolo SCOTTI, Trieste; Giancarlo MAND, Venezia. ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI BRAGUGLIA I. M., L'interpretazione, in via pregiudiziale, degli atti comunitari privi di efficacia diretta . . . . . . . . . . I, 722 MARZANO A., Brevi spunti sulla ragionevolezza e sulla proporzionalit come criteri di verifica della compatibilit con la normativa comunitaria di norme di diritto interno . . . . . . . . . .. I, 731 TAMIOZZO R., Sui poteri del Consiglio di Stato in grado di appello . I, 780 PARTE PRIMA INDICE ANALITICO -ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA ACQUE PUBBLICHE ED ELETTRICITA -Giudizio e procedimento -Appello Disciplina dei termini -Questione di legittimit costituzionale -Violazione del principio di eguaglianza e" del diritto alla difesa -Manifesta infondatezza, 823. -Giudizio e procedimento -Appello Termine -Decorrenza, 823. AMMINISTRAZIONE DELLO STATO E DEGLI ENTI PUBBLICI -Aeroporti -Servizio anticendi -Prestazione gratuita da parte del Corpo dei Vigili del Fuoco, 768. APPALTO -Appalto di opere pubbliche -Contabilit provvisoria dei lavori -Maggiori richieste dell'appaltatore -Onere della tempestiva riserva, 819. -Appalto di opere pubbliche -Lavori non contabilizzati -Richiesta di compenso da parte dell'appaltato re -Onere della tempestiva riserva, 819. - Appalto di opere pubbliche -Riserve dell'appaltatore -Onere -Carattere generale, 819. CIRCOLAZIONE STRADALE -Passaggio a livello senza .barriere Sufficiente visibilit della strada ferrata -Luogo dal quale compiere l'accertamento, 766. COMPETENZA E GIURISDIZIONE -Consiglio di giustizia amministrativa della Regione Siciliana -Ricorso per cassazione: limiti esterni della giurisdizione, 741. -Consiglio di Stato: diniego di disapplicazione degli atti amministrativi Limiti esterni della giurisdizione: esclusione, 742. -Contratti agrari -Piano per l'esecuzione di miglioramenti agrari in Sicilia: rapporti di colona parziaria incompatibili -Giurisdizione amministrativa, 741. -Contratti della P.A.: esecuzione -Po teri dell'A.G.O., 743. -Decisioni dei giudici speciali -Termine annuale di impugnazione: inapplicabilit, 741. -Difetto assoluto di giurisdizione Mancanza di norme o principi giuridici: limiti', con nota di C. CARBONE, 744. -Giurisdizione ordinaria ed amm1mstrativa -Controversie relative al rapporto d'impiego degli ufficiali giudiziari -Giurisdizione amministrativa esclusiva, 743. -Impiegati locali all'estero del Ministero AA.EE.: impiego pubblico Giurisdizione amministrativa, 753. -Istruzione preventiva: regolamento di giurisdizione -Ammissibilit ove diretta ad ottenere uno sgravio d'imposta -Inammissibilit se finalizzata alla tutela di posizioni soggettive non attuali, 742. -N.A.T.O. -Personale civile e militare -Prestatori d'opera assunti per bisogni locali -Giurisdizione del giudice italiano, 757. -Pubblico impiego -Qualifica attribuita all'atto del collocamento a riposo -Giurisdizione del giudice amministrativo sulla relativa controversia -Sussiste, con nota di R. TAMIOZZO, 783. -Questione di legittimit costituzionale di norme applicate dal giudice amministrativo -Deducibilit nel ri INDICE corso per cassazione ex art. 111, terzo cmma, della Costituzione Esclusione, 737. -Regolamento preventivo di giurisdizione -Competenza giurisdizionale del Consiglio di Stato o della Corte dei Conti -Questione di costituzionalit -Riproposizione per altri motivi, nello stesso giudizio di questione gi rigettata dalla Corte costituzionale: ammissibilit, con nota di C. CARBONE, 747. -Regolamento preventivo di giurisdizione -Proposizione -Preclude la possibilit di sollevare questioni di legittimit costituzionale, 679. COMUNIT EUROPEE -Agricoltura -Organizzazioni comuni dei mercati ~ Grassi -Normativa comunitaria -Norme interne riproduttive -Illegittimit costituzionale, 709. -Direttiva di armonizzazione in materia di imposte sulla cifra di affari Imposta sul valore aggiunto -Prestazioni di servizi -Fatto generatore dell'imposta, con nota di I. M. BRAGUGLIA, 722. -Giudizio di interpretazione ex art. 177 del Trattato CEE -Atti comunitari non aventi diretta efficacia Competenza della Corte, con nota di I. M. BRAGUGLIA, 722. -Legge statale previgente a regolamento comunitario -E' priva di efficacia, 689. -Libera circolazione delle persone Normativa comunitaria -Efficacia diretta e prevalenza sulle norme di diritto interno, con nota di A. MARZANO, 730. -Libera circolazione delle persone Obbligo di notifica imposto da norme nazionali -Compatibilit con la normativa comunitaria -Limiti, con nota di A. MARZANO, 731. -Produzione, commercio e consumo In genere -Prodotti alimentari (singoli prodotti) -Latte -Regolamento C.E.E. -Efficacia abrogativa legge 29 novembre 1965, n. 1330 -Esclusione, 828. CONTRABBANDO -Contrabbando per quantitativo non accertato -Continuazione nel reato Applicabilit, 828. CONTRATTI PUBBLICI -Revisione prezzi -Termine di operativit -Riferibilit alla data di presentazione dell'offerta -Sussiste, con nota di R. T AMIOZZO, 777. CORTE COSTITUZIONALE -Conflitto di attribuzioni -Sospensione dell'atto impugnato -Ragione di diniego, 673. -Conflitto di attribuzioni tra Regioni e Stato -Decreto statale di trasferimento parziale del patrimonio forestale -Impugnativa per conflitto Inammissibilit, 668. -Legge dello Stato -Ricorso in via principale -Termine per ricorrere Decorre dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, 702. -Rimessione a se stessa di questione di legittimit costituzionale -Limiti, 689. ESPROPRIAZIONE PER P. U. -Indennizzo -Criteri per la liquidazione -Legge applicabile, 764. -Indennizzo liquidabile in base alla legge n. 126 del 1958 -Art. 40 Legge 1865 n. 2359 -Inapplicabilit, 765. -Occupazione d'urgenza ultrabiennale -Azione di risarcimento del danno -Criteri della determinazione del danno -Valore del bene al momento della liquidazione del danno -Irrilevanza di strumenti urbanistici successivi -Inapplicabilit della compensazione lucri cum damno >>, 764. -Occupazione d'urgenza ultrabiennale -Esecuzione dell'opera pubblica Azione di revindica -Improponibilit -Si trasforma in azione di risarcimento -Prova della propriet Limiti, 763. -Strade -Costnizione di variante di strada statale -Criteri determinazione indennizzo -Legge 12 febbraio 1958 n. 126, 765. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO VIII GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA -Appello -Limiti ai poteri del Consiglio di Stato -Valutazione della effettiva volont del ricorrente -Gravame formulato secondo la tecnica della impugnazione cassatoria -Irrilevanza, con nota di R. TAMIOZZO, 779. -Appello avverso sentenze del T .A.R. Applicabilit del principio devolutivo -Sussiste, con nota di R. TAMIOZZO, 779. -Procedimento -Riunione di ricorsi Poteri e discrezionalit del giudice Denegata riunione -Insindacabilit in appello, con nota di R. TAMIOZ zo, 779. -Ricorso giurisdizionale Ricorso in appello al Consigilo di Stato -Decorrenza del termine -Notificazione della sentenza del T.A.R. Criteri Applicabilit della normativa prevista dal codice di procedura civile Sussiste, con nota di R. TAMIOZZO, 778. IMPIEGO PUBBLICO -Collocamento a riposo -Equiparazione a primo dirigente dei dipendenti promossi direttore di divisione ad esaurimento ex artt. 65 e 67 d.P.R. 748/1972 -Sussiste, con nota di R. TAMIOZZO, 784. -Indennit di anzianit e sostitutiva del preavviso. Compensi aventi carattere continuativo -Devono essere computati, 674. -Statuto dei lavoratori Applicabilit soltanto nelle ipotesi di lacune della disciplina del pubblico impiego, 679. -Statuto dei lavoratori -Inapplicabilit, 679. IMPOSTA DI REGISTRO -Agevolazione per le case di abitaziOne non di lusso -Regione Siciliana -Primo trasferimento di appartamenti Estensione a locali ad uso di ufficio -Esclusione, 800. -Atti soggetti ad approvazione ed omologazione -Regione della Valle d'Aosta -Verbali definitivi di aggiudicazione -Obbligo di registrazione Esclusione -Successivo contratto Vi soggetto, 785. -Atti soggetti ad approvazione ed omologazione -Verbali definitivi di aggiudicazione -Equivalgono al contratto -Obbligo di registrazione - Termne -Decorrenza, 785. -Locazione -Legge 29 dicembre 1962, n. 1744 -Registrazione di denuncia verbale relativa a contratto con decorrenza da momento successivo Applicazione della norma vigente al momento della registrazione, 808. IMPOSTA DI SUCCESSIONE -Imposta sui valore globale Autonomia -Esenzioni e riduzioni dell'imposta di successione -Non si estendono all' imposta sul valore globale, 803. -Imposta sul valore globale Momento della nascita dell'obbligazione -Legge 20 novembre 1955 n. 1123 -Applicabilit alle successioni aperte anteriormente e denunciate successivamente all'entrata in vigore -Esclusione, 803. -Liberalit a fase di enti morali con scopo di beneficenza istruzione e ducazione -Scopo specifico risultante dall'atto -:'. necessario -Fine istituzionale dell'ente -Insufficienza -Ente Nazionale Protezione Animali -Non persegue scopo di istruzione o educazione, 791. IMPOSTE E TASSE IN GENERE -Azione in sede ordinaria -Proposizione implicita di domanda -Limiti -Proposizione in grado di appello -Inammissibilit, 803. -Imposta sulla pubblicit -Accertamento e riscossione -Concessione a terzi -Conferma ex art. 44 d.P .R. n. 639/1972 -Applicabilit ai contratti di appalto del servizio -Sussiste, con nota di R. TAMtozzo, 779. INDICE IX -Imposte dirette -Riscossione -Iscrizione a ruolo provvisoria in base ad accertamenti non definitivi -Criteri e modalit, 813. -Imposte dirette -Riscossione -Iscrizione a ruolo provvisoria in base ad accertamenti non definitivi -T.U. 29 gennaio 1958 n. 645, art. 175 -Applicabilit alla riscossione delle imposte sui redditi di esercizi anteriori, 813. -Imposte dirette -Riscossione -Iscrizione a ruolo provvisoria in base ad accertamenti non definitivi -T.U. 29 gennaio 1958 n. 645, art. 175 -Illegittimit costituzionale -Manifesta infondatezza, 813. -Imposte indirette -Procedimento innanzi alle Commissioni -Revocazione -Decisione della Commissione Centrale in grado di appello -Ammissibilit, 810. -Notificazione -Cambiamento di abitazione -Notifica ad irreperibili ex art. 143 c.p.c. -Legittimit, con nota di C. BAFILE, 793. -Notificazione -Indicazione nella dichiarazione del contribuente di domicilio diverso dalla residenza anagrafica -Notificazione nel luogo di residenza anagrafica a norma dell'art. 140 -Nullit, con nota di C. BAFILE, 794. -Tributi comunali e provinciali -Imposta sulla pubblicit su automezzi adibiti a trasporto pubblico urbano Riserva comunale per la pubblicit -Limiti di applicazione dell'art. 38 d.P.R. n. 639/1972, con nota di R. TAMIOZZO, 779. LAVORO -Controversie Spese processuali Esonero -Equiparazione delle Fer rovie dello Stato agli istituti di J,Jrevidenza -Limiti, 763. -Distinzione tra impiegati e operai Contrasto con il principio di eguagiianza -Non sussiste salvo valutazioni su singoli istituti, 677. -Lavoro domestico -Distinzione tra impiegati e lavoratori manuali -Dif ferenze in tema di ferie, preavviso e indennit di anzianit -Non sono costituzionalmente Hlegittime, 677. -Licenziamento individuale -Disciplina posta dalle leggi n. 604 del 1966 e n. 300 del 1970 -Personale marittii:no e di volo -Inapplicabilit, 695. LOCAZIONE -Affitto di fondo rustico a non coltivatore -Durata minima -Legittimit costituzionale, 688. -Immobili urbani -Proroga legale Decadenza per disponibi1it di altro alloggio -Illegittimit costituzionale -Esclusione, 665. MILITARE -Ufficiale Esercito -Ufficiale della Riserva -Art. 6 L. 20 dicembre 1973 n. 824 -Rapporto con l'art. 6 L. 28 marzo 1968 n. 371 -Limiti, con nota di R. TAMIOZZO, 778. PENSIONI -Pensioni civili e militari -Ricorsi alla Corte dei Conti -Pagamento preventivo della tassa di cui all'art. 5 l. 21 marzo 1953 n. 161 -Illegittimit costituzionale, 653. -Pensioni privilegiate militari -Pagamento preventivo della tassa di cui all'art. 5 1. 21 marzo 1953 n. 161 -Il legittimit costituzionale, 653. PREZZI -Iniziativa economica privata -Interesse pubblico alla corretta formazione dei prezzi -Ha rilevanza costituzionale, 692. PROCEDIMENTO CIVILE -Competenza -Regolamento necessario -Presupposti, 763. -Termine perentorio -Decadenza per caso fortuito o forza maggiore -Illegittimit costituzionale, 686. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO X PROCEDIMENTO PENALE -Falsa dichiarazione dell'imputato relativa ai suoi precedenti penali -Punibilit ai sensi dell'art. 495, terzo comma, n. 2 codice penale -Illegittimit costituzionale -Esclusione, 663. -Fase istruttoria -Termine per la presentazione delle conclusioni da parte del difens0re -Illegittimit costituzionale -Esclusione, 673. REATO -Danneggiamento -Danneggiamento colposo di beni dell'Azienda ferroviaria dello Stato -Contravvenzione -Legittimit costituzionale, 656. -Falsit in atti -Atto pubblico -Nozione -Cedola di convalida dei vaglia postali -i:1. tale -Bollettino di spedizione -i:1. tale, 841. -Grazia condizionata -Legittimit costituzionale, 705. ' -Oblazione -impedimenti di fatto Irrilevanza, 708. -Pesca marittima -Limiti e modalit dell'esercizio della pesca -Regolamento previsto -Regolamento delegato a precisare i divieti penali relativi alla tutela delle risorse biologiche e dell'attivit di pesca -Esclusione -Fonte secondaria -Suoi obiettivi -Fattispecie, 834. -Pesca marittima -Tutela delle risorse biologiche e dell'attivit di pesca -Acque interne -Autorizzazione al versamento di rifiuti -Presuppoposto per l'autorizzazione alla immissione nelle acque marine, 833. -Pesca marittima -Tutela delle risorse biologiche e dell'attivit di pesca -Autorizzazione alla immissione di rifiuti -Sindacato di legittimit del giudice ordinario sul provvedimento -Ammissibilit, 835. -Pesca marittima -Tutela delle risorse biologiche e dell'attivit di pesca Autorizzazione alla immissione di rifiuti in acque marine -Finalit, 834. -Pesca marittima -Tutela delle risorse biologiche e dell'attivit di pe sca -Autorizzazione alla immissione di rifiuti in acque marine -Potere attribuito alla pubblica amministrazione, 834. -Pesca marittima -Tutela delle risorse biologiche e dell'att~vit di pesca -Autorizzazione alla immissione di rifiuti in acque marine -Versamento di rifiuti nnocui o innocuizzati -Necessit, 834. -Pesca marittima -Tutela delle risorse biologiche e dell'attivit di pesca -Autorizzazione alla immissione di rifiuti industriali contenenti sostanze inquinanti -Illegittimit Responsabilit del pubblico ufficiale autorizzante, 834. -Pesca marittima -Tutela delle risorse biologiche e dell'attivit di pesca -Divieti -Clausole di esonero Limite di operativit, 834. -Pesca marittima -Tutela delle risorse biologiche e dell'attivit di pesca -Divieti -Clausola di esonero Significato, 834. -Pesca marittima -Tutela delle ri sorse biologiche e dell'attivit di pesca -Divieti penalmente sanzionati Parziale corrispondenza con quelli previsti dal t.u. sulla pesca -Inquinamento di acque interne e marine Diversit di disciplina, 832. -Pesca marittima -Tutela delle risorse biologiche e dell'attivit di pesca -Reato di immissione di sostanze inquim.1ti -Concetto normativo della idoneit inquinante -Parametri -Valutazione in concreto, 833. -Pesca marittima -Tutela delle ri sorse biologiche e dell'attivit di pesca -Reato di immissione di sostan ze inquinanti -Disposizione definitoria di sostanza inquinante -Signi ficato di immediata operativit del precetto, 834. -Pesca marittima -Tutela delle risorse biologiche e dell'attivit di pesca -Reato di immissione di sostanze inquinanti -Elemento psicologico -Prova, 835. -Pesca marittima -Tutela delle risorse biologiche e dell'attivit di pesca -Reato di immissione di sostanze inquinanti -Immissione indiret INDICE Xl ta -Afilusso al mare di altre acque Versamento delle sostanze in queste ultime -Momento consumativo del reato, 832. -Pesca marittima -Tutela delle risorse biologiche e dell'attivit di pesca -Reato di immissione di sostanze inquinanti -Immissione indiretta Carattere pubblico o privato della acqua che funga da vettore -Irrilevanza -Disciplina delle acque interne -Irrilevanza rispetto all'inquinamento marino, 833. -Pesca marittima -Tutela delle risorse biologiche e dell'attivit di pesca -Reato di immissione di sostanze inquinanti -Immissione indiretta Nozione, 833. -Pesca marittima -Tutela delle risorse biologiche e dell'attivit di pesca -Reato di immissione di sostanze inquinanti -Luogo e tempo di consumazione del reato, 832. -Pesca marittima -Tutela delle risorse biologiche e dell'attivit di pesca -Reato di immissione di sostanze inquinanti -Momento perfezionativo del reato -Raggiungimento del mare -Momenti e luoghi anteripri Eventuale concorrenza di altri reati Irrilevanza, 832. -Pesca marittima -Tutela delle risorse biologiche e dell'attivit di pesca -Reato di immissione di sostanze inquinanti -Norma perfetta Contributo di altre norme per la sua operativit - Esclusione, 833. -Pesca marittima -Tutela delle risorse biologiche e dell'attivit di pesca -Reato di immissione di sostanze inquinanti -Nozione di sostanza inquinante -Parametro del nocumento diretto per la fauna ittica Ampiezza, 833. -Pesca marittima -Tutela delle risorse biologiche e dell'attivit di pesca -Reato di immissione di sostanze inquinanti -Reato di mera condotta ad oggetto materiale qualificato -Prova tecnica -Oggetto, 835. -Pesca marittima -Tutela delle risorse biologiche e dell'attivit di pesca -Reato di immissione di sostan ze inquinanti -Requisiti di sussistenza -Prova, 835. -Pesca marittima -Tutela delle risorse biologiche e dell'attivit di pesca -Versamento di rifiuti industriali in acque pubbliche destinate ad affluire in acque marine -Duplicit di autorizzazione, 833. -Pesca marittima -Tutela delle risorse biologiche e dell'attivit di pesca -Versamento di rifiuti nel mare -Autorizzazione del capo del compartimento marittimo -Vincolo alle determinazioni dell'autorit competente all'autorizzazione per le acque interne -Esclusione -Conseguenze, 833. REGIONE -Competenza in materia di assistenza sociale -Spetta allo Stato, 693. -Competenza in materia di assistenza sociale -Spetta allo Stato, 694. -Competenza in materia di organizzazione amministrativa di comuni e province -Spetta allo Stato -Competenza amministrativa per funzioni affidate a consorzi facoltativi tra enti locali -Pu spettare alla Regione, 699. RESPONSABILIT CIVILE -Azione generale di arricchimento Nesso causale -Concessione amministrativa -Arricchimento della P.A., 766. -Responsabilit precontrattuale -Culpa in contraendo -Responsabilit della P.A. -Pubblico funzionario Art. 28 Cast. -Trattative -Principio della lealt e correttezza -Violazione -Risarcimento del danno, 774. SICILIA -Istituzione dei consigli di quartiere nei comuni della Regione -Illegittimit costituzionale, 660. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO XII SICUREZZA PUBBLICA -Armi, munizioni e materie esplodenti -Perquisizioni e sequestri -Illegittimit costituzionale -Esclusione, 667. TRATTATI E CONVENZIONI INTERNAZIONALI -Convenzione di Lussemburgo relativa alla istituzione della Scuola europea -Interpretazione -Competenza della Corte di giustizia delle Comunit europee -Esclusione, 737. TRENTINO -ALTO ADIGE -Piano Regolatore di Bolzano -Vincolo paesaggistico delle zone destinate a verde privato -Legittimit costituzionale, 657. UFFICIALE G1UDIZIARIO -Notificazioni a richiesta di ufficio statale -Spese e proventi -Incertezza di riscossione .e criterio di riparto -Legittimit costituzionale, 701. I. w ~ ::::'.!' INDICE CRONOLOGIGO ::::\l DELLA GIURISPRUDENZA l~, CORTE COSTITUZIONALE ' ' 6 maggio 1976, n. 103 . pag. 653 6 maggio 1976, n. 104 . 656 6 maggio 1976, n. 106 . 657 6 maggio 1976, n. 107 . 660 6 maggio 1976, n. 108 . )> 663 6 maggio 1976, n. 109. 665 ! 6 maggio 1976, n. 110 . 667i 6 maggio 1976, n. 111 . 668 I 6 maggio 1976, n. 112 . 673 ' 6 maggio 1976, n. 115 (ordinanza) )) 673 20 maggio 1976, n. 116 . 674 20 maggio 1976, n. 117 . 677 20 maggio 1976, n. 118 . )) 679 20 maggio 1976, n. 120 . 686 20 maggio 1976, n. 121 . 688 20 maggio 1976, n. 122 . 689 20 maggio 1976, n. 123 . 692 20 maggio 1976, n. 126 . 693 20 maggio 1976, n. 127 . 694 26 maggio 1976, n. 129 . )) 695 26 maggio 1976, n. 130 . 699 26 maggio 1976, n. '131 . 701 26 maggio 1976, n. 132 . 702 26 maggio 1976, n. 134 . 705 26 maggio 1976, n. 135 . 708 28 luglio 1976, n. 205 709 CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT EUROPEE 20 maggio 1976, nella causa 111/75 . pag. 722 7 luglio 1976, nella causa 118/75 . . 730 GIURISDIZIONI CIVILI CORTE DI CASSAZIONE Sez. Un., 25 febbraio 1975, n. 732 . pag. 741 Sez. Un., 12 maggio 1975, n. 1830 . 742 Sez. Un., 21 maggio 1975, n. 1997 . 742 Sez. Un., 6 ottobre 1975, n. 3162 . 743 XIV RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Sez. Un., 14 ottobre 1975, n. 3311 . pag. 743 Sez. Un., 6 novembre 1975, n. 3719 744 )) )) Sez. l, 17 marzo 1976, n. 976 . . 763 Sez. I, 30 marzo 1976, n. 1143 . . 763 Sez. Un., 22 aprile 1976, n. 1442 . )) 785 Sez. I, 27 aprile 1976, n. 1484 . 791 Sez. Un., 28 aprile 1976, n. 1490 . 747 Sez. I, 29 aprile 1976, n. 1535 . . 764 Sez. Un., 8 maggio 1976, n. 1616 . )) 753 Sez. I, 8 maggio 1976, n. 1619 . 793 I Sez. I, 10 maggi 1976, n. 1636 . 800 Sez. I, 12 maggio 1976, n. 1663 , 794 Sez. I, 20 maggio 1976, n. 1804 . )) 803 Sez. Ili, 22 maggio 1976, n. 1851 . 766 Sez. Un., 5 giugno 1976, n. 2054 . 757 Sez. I, 10 giugno 1976, n. 2126 . )) 766 Sez. I, 14 giugno 1976, n. 2198 . . 768 Sez. I, 28 giugno 1976, n. 2439 . . 808 Sez. III, 28 giugno 1976, n. 2463 . 774 Sez. Un., 9 luglio 1976, n. 2595 . )) 737 Sez. I, 9 luglio 1976, n. 2604 . . )) 810 Sez. I, 9 luglio 1976, n. 2613 . . 819 Sez. I, lo ottobre 1976, n. 3202 . 813 TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE 2 prile 1976, n. 7 . . . . . . pag. 823 GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 9 marzo 1976, n. 174 . pag. 777 Sez. IV, 16 marzo 1976, n. 191 . 778 Sez" V, 22 aprile 1976, n. 669 . 779 Sez. VI, 27 aprile 1976, n. 204 . 783 GIURISDIZIONI PENALI CORTE DI CASSAZIONE Sez. VI, 5 marzo 1975, n. 494 . . .. pag. 828 Sez. III, 13 ottobre 1975, n. 1756 . 832 I ~ Sez. VI, 21 maggio 1976, n. 7563 . 841 1 I PARTE SECONDA INDICE ANALITICO -ALFABETICO DELLE CONSULTAZIONI AGRICOLTURA -Esenzioni e agevolazioni -Territori montani -Contributi agricoli unificati -Esclusione, 143. AMMINISTRAZIONE PUBBLICA -Enti lirici -Trattamento di missione del personale: dipendenti amministrativi e personale artistico e tecnico, 143. ASSICURAZIONE -Infortunio in servizio e a causa di servizio -Equo indennizzo -Assicurazione r.c. -Risarcimento -Cumulabilit, 143. ATTI AMMINISTRATIVI -Circolazione stradale -Spazi riservati alla sosta degli agenti del corpo diplomatico -Legittimit, 143. -Ordinanza sindacale istitutiva di parcheggi riservati, legittimazione all'impegnativa, autonoma in relazione alla pendenza di procedimento di contravvenzione: insussistenza, 144. AUTOVEICOLI -Autoveicoli -Carta di circolazfone . Immatricolazione -Rinnovo -Ritar do -Responsabilit della P.A., 144. -Autoveicoli -Carta di circolazione Rilascio -Immatricolazione -Rinnovo -Diritto soggettivo . Interesse legittimo, 144. CIRCOLAZIONE STRADALE -Circolazione stradale -Spazi riservati alla sosta di agenti del Corpo diplomatico -Legittimit, 144. -Ordinanza sindacale istitutiva di parcheggi riservati, legittimazione all'impugnativa, autonoma in rela zione alla pendenza di procedimento di contravvenzione; insussistenza, 144. COMPETENZA E GIURISDIZIONE -Autoveicoli -Carta di circolazione Immatricolazione -Rinnovo -Ritardo -Responsabilit della P.A., 145. -Autoveicoli -Carta di circolazione Rilascio -Immatricolazione -Rinnovo -Diritto soggettivo, Interesse legittimo, 145. CONTENZIOSO TRIBUTARIO -Contenzioso tributario -Commissione centrale -Decisione -Impugnativa giudiziaria -Riforma tributaria Effetti -Proponibilit Termine -Diritto transitorio, 145. CONTRABBANDO -Contrabbando -Merce integralmente sequestrata Costituzione di parte civile dell'Amministrazione finanziaria nel processo penale -Ammissibilit, 145. COMUNI E PROVINCE -Acquisti immobiliari -Beni demania li delle FF.SS. -Acquisto con facolt di p.i. e con vincolo di destinazione Autorizzazione governativa -Deroghe, 145. -Comune, contratti stipulati dal Comune nell'esercizio di una delegazione amministrativa, controllo dell'organo tutorio, 146. -Fondo per il Culto -Assegno supplementare di congrua assunzione del l'obbligo da parte del Comune in corrispettivo della devoluzione di rendite -Limiti dell'obbligo all'attualit, 146. RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO XVI -Imposta di registro -Contratti stipulati dal Comune nell'esercizio di una delegazione amministrativa, controllo dell'organo tutorio, decorrenza del termine di registrazione, 146. DAZI DOGANALI -Sospensione tariffaria -Introduzioni di merci estere in periodo di urgenza -Sdoganamento successivo -Trattamento daziario, 146. ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILIT -Espropriazione per pubblica utilit; I. 22 ottobre 1971, n. 865; I. 22 giugno 1974, n. 247 espropriazione parziale; applicabilit dell'art. 40 I. 25 giugno 1865, n. 2359, 147. FERROVIE -Enti portuali -Gestione servizio ferroviario, oneri a carico dell'Azienda Autonoma Ferrovie dello Stato: identificazione, 147. IGIENE E SANIT -Sanit marittima Uffici speciali Medico provinciale preposto -Personale regionale -Utilizzabilit, 147. IMPIEGO PUBBLICO -Infortunio in servizio o a causa di servizio -Equo indennizzo -Assicurazione r.c. -Risarcimento -Cumulabilit, 147. IMPOSTA DI BOLLO -Atti soggetti -Quietanze -Prestatori di lavoro -Fogli o moduli predisposti -Sottoscrizione -Sufficienza, 148. -Atti soggetti -Quietanze -Requisiti di forma e sottoscrizione -Non necessariet, 148. -Atti soggetti -Quietanze non liberatorie -Assoggettabilit, 148. IMPOSTA DI REGISTRO -Comune, contratti stipulati dal Comune nell'esercizio di una delegazione amministrativa, controllo dell'or . gano tutorio, 148. -Contenzioso tributario -Commissione centrale -Decisione -Impugnativa giudiziaria -Riforma tributaria -Effetti -Proponibiilt -Termine -Diritto transitorio, 148. -Imposta di registro -Contratti stipulati dal Comune nell'esercizio di una delegazione amministrativa, controllo dell'organo tutorio, decorrenza del termine di registrazione, 148. IMPOSTA DI SUCCESSIONE -Dichiarazione di rettifica del valore dichiarato -Interessi di mora -Efficacia, 149. IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA -Esenzioni -Istituti autonomi case popolari -Costruzione edifici -Appalti Corrispettivi -Applicabilit, 149. IMPOSTA SUL VALORE AGGIUNTO -Soggetti passivi. Obbligo di versamento all'erario -Evasione -Illecito penale -Configurabilit -Esclusione, 149. IMPOSTE DI FABBRICAZIONE -Acquavite di vino -Furto -Causa di forza maggiore -Esonero dal pagamento, 149. -Imposte di fabbricazione: elevazione del saggio di interesse sui pagamenti dilazionati sui prodotti petroliferi: data di entrata in vigore delle disposizione dell'art. 3 quater d.I. 6 luglio 1974, n. 251 che prevede tale elevazione, 149. -Imposte di fabbricazione: Elevazione del saggio di interesse sui pagamenti dilazionati sui prodotti petroliferi: carattere retroattivo della disposizione dell'art. 3 quater d.I. 6 luglio 1974, n. 251 che prevede tale elevazione, 150. -Imposta di fabbricazione -Spiriti Distillazione e lavorazione -Licenza di esercizio -Titolarit -Persona giuridica, 150. -Imposte di fabbricazione Spiriti Distillazione e lavorazione -Licenza INDICE XVll di esercizio -Titolarit -Societ in accomandita semplice -Mutamento socio accomandatario e ragione sociale -Effetti, 150. IMPOSTE E TASSE -Contenzioso -Esecuzione immobiliare -Intervento di un terzo -Definizione per condono -Possibilit del terzo di surrogarsi al debitore d'imposta -Esclusione, 150. -Contenzioso tributario -Commissione centrale -Decisione -Impugnativa giudiziaria -Riforma tributaria -Effetti -Proponibilit -Termine -Diritto transitorio, 151. -Esenzioni e agevolazioni -Territori montani -Contributi agricoli unificati -Esclusione, 151. -Imposta sulla pubblicit; esposizioni pubblicitarie relative a giornali, esenzione, limiti, 151. -Ipoteca legale -Per accertate violazioni fiscali -Iscrizione e cancellazione -Prenotazione a debito -Ripetibilit dell'imposta -Condizioni, 151. 'IC3l" 1t:1..-.-..--~,...,__ ---J .!?ZIC"~ .:... Notificazioni in materia tributaria; nullit, sanatoria, 151. IMPOSTE IPOTECARIE -Ipoteca legale -Per accertate vioiazioni fiscali -Iscrizione e cancellazione -Prenotazione a debito -Ripetibilit dell'imposta -Condizioni, 152. IMPOSTE VARIE -Imposta sulla pubblicit e diritti sulle pubbliche affissioni -Accertamento e riscossione -Concessionario del servizio -Ditta individuale -Societ di capitali subentrante Iscrizione all'albo -Requisito di anzianit Trasmissibilit, 152. INVALIDI DI GUERRA -Invalidi di Guerra -Profugo giuliano titolo a diversi trattamenti assistenziali, applicabilit del pi favorevole, 152. ISTRUZIONE - Edilizia scolastica: I. 28 luglio 1967, n. 641; programma nazionale di edilizia scolastica a carico dello Stato, 152. -Istruzione secondaria -Alunni -Disciplina Poteri dell'Autorit scolastica Sospensione cautelare dalle lezioni, 152. - Opere statali: necessit di licenza edilizia: esclusione, 153. PROCEDIMENTO CIVILE -Peculato e malversazione -Cancelliere Somme e valori depositati per giudizi civili -Appropriazione, 153. -Peculato e malversazione Cancelliere -Somme e valori depositati per giudizi civili Appropriazione -Pubblica Amm.ne Obbligo di restituzione, 153. -Ufficiale giudiziario Ingiunzione fi. scale -Notificazione -Ritardo -Responsabilit, 153. LOCAZIONI DI CASE -Locazioni urbane -Regime vincolistico -Applicabilit alle locazioni passive della P.A., 153. -Locazioni urbane Regime vincolistico -Periodo 1 luglio 1974-2 settembre 1974 insussistenza di vuoto, 153. OPERE PUBBLICHE - Edilizia scolastica: I. 28 luglio 1967, n. 641; programma nazionale di edilizia scolastica a carico dello Stato, 154. - Opere statali: necessit di licenza edilizia: esclusione, 154. PECULATO E MALVERSAZIONE -Peculato e malversazione Cancelliere -Somme e valori depositati per giudizi civili Approvazione, 154. -Peculato e malversazione -Cancelliere Somme e valori depositati per giudizi civili Appropriazione Pub XVIII RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO blica Amm.ne -Obbligo di restituzione, 154. -Soggetti passivi -Obbligo di versamento all'erario -Evasione -Illecito penale -Configurabilit -Esclusione, 154. PENA -Pena -Decreto penale di condanna emesso nei confronti di pi imputati -Opposizione solo di alcuno degli imputati -Effetto estensivo -Sospensione della pena accessoria, 155. -Pena -Esecuzione di pena accessoria -Comunicazione del P.M., 155. -Pena -Pena accessoria -Interdizione temporanea dai pubblici uffici -App! ica_zione automatica, 155. POLIZIA -Attivit di polizia -Posti di blocco, impiego di nastri chiodati tesi sulla strada -Legittimit -Limiti, 155. PORTI -Enti portuali -Gestione servizio ferroviario, oneri a carico dell'Azienda Autonoma Ferrovie dello Stato: identificazione, 155. PREVIDENZA E ASSISTENZA -Esenzione e agevolazioni -Territori montani -Contributi agricoli unificati -Esclusione, 156. PREZZI -Prezzi -Disciplina di blocco -Generi largo consumo: caff, 156. REGIONI -Sanit marittima -Uffici speciali Medico provinciale preposto -Personale regionale -Utilizzabilit, 156. RELIGIONE -Fondo per il Culto -Assegno supplementare di congrua assunzione dell'obbligo da parte del Comune in corrispettivo della devoluzione di rendite -Limiti dell'abbligo all'attuabilit, 156. RESPONSABILITA CIVILE -Autoveicoli -Carta di circolazione Immatricolazione -Rinnovo -Ritardo -Responsabilit della P.A., 157. -Autoveicoli -Carta di circolazione Rilascio -Immatricolazione -Rinnovo -Diritto soggettivo -Interesse legittimo, 157. -Responsabilit civile dell'Amministrazione per illecito; transazione sul risarcimento del danno in pendenza di giudizio penale a carico del dipendente, legittimit, 157. -Ufficiale giudiziario -Ingiunzione fiscale -Notificazione -Ritardo -Responsabilit, 157. RICORSI AMMINISTRATIVI -Circolazione stradale -Spazi riservati alla sosta degli agenti del corpo diplomatico -Legittimit, 157. -Ordinanza sindacale istitutiva di parcheggi riservati, legittimazione all'impugnativa autonoma in relazione alla pendenza di procedimento di contravvenzione -Insussistenza 157. ' SOCIET -Ditta individuale -Successione -Continuit del soggetto -Esclusione, 158. -Imposta sulla pubblicit e diritti sulle pubbliche affissioni -Accertamento e riscossione -Concessionario del servizio -Ditta individuale Societ di capitali subentrante Iscrizione .all'albo -Requisito di anzianit -Trasmissibilit, 158. INDICE XlX SPESE GIUDIZIALI -Definizione delle pendenze tributarie secondo il sistema agevolato stabilito dal d.l. 5 novembre 1973, n. 660 Pendenza di esecuzione per il recupero del tributo contestato -Regolamento delle spese del processo esecutivo, 158. SPESE GIUDIZIALI -Spese giudiziali -Espropriazione immobiliare presso il terzo, dichiarazione del terzo -Assistenza dell'Avvocatura dello Stato, competenze prefessionali, 158. TRANSAZIONE -Responsabilit civile dell'Amministrazione per illecito -Transazione sul risarcimento del danno in pendenza di giudizio penale a carico del dipendente, legittimit, 158. VENDITA -Acquisti immobiliari -Beni demaniali delle FF.SS. -Acquisto con facolt di p.i. e con vincolo di destinazione -Autorizzazione governativa Deroghe, 159. l l 1 ili r r i I i;, @ I ~ I M ~ ::B::~ ~fj ?iW ww. I I* RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO xx LEGISLAZIONE QUESTIONI DI LEGITTIMIT COSTITUZIONALE III) Questioni proposte . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 131 INDICE BIBLIOGRAFICO pag. 160 NOTIZIARIO pag. 161 PARTE PRIMA GIURISPRUDENZA SEZIONE PRIMA GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE CORTE COSTITUZIONALE, 6 maggio 1976, n. 103 -Pres. Rossi -Rel. De Marco. Di Coco (n.c.). Pensioni -Pensioni privilegiate militari -Ricorsi alla Corte dei Conti Pagamento preventivo della tassa di cui all'art. 5 I. 21 marzo 1953 n. 161 -Illegittimit costituzionale. (Cost. art. 3; I. 21 marzo 1953 n. 161, art. 5; I. 25 aprile 1957 n. 283, arj:. 5). Pensioni -Pensioni civili e militari -Ricorsi alla Corte dei Conti -Pagamento preventivo della tassa di cui art. 5 I. 21 marzo 1953 n. 161 -Illegittimit costituzionale. (Cost., art. 3; I. 11 marzo 1953 n. 87, art. 27; I. 21 marzo 1953 n. 161, art. 5; I. 25 apri le 1957 n. 283, art. 5). illegittimo, in relazione all'art. 3 della Costituzione, il terzo comma dell'art. 5 della legge 21 marzo 1953, n. 161, nella parte in cui non estende ai giudizi in materia di pensioni privilegiate militari l'esenzione dal pagamento della tassa fissa istituita con il primo comma dello stesso art. 5 (1). illegittimo, in relazione all'art. 3 della Costituzione, il terzo comma dell'art. 5 della legge 21 marzo 1953, n. 161, nella parte in cui non estende l'esenzione dal pagamento della tassa fissa a tutti i giudizi in genere in materia di pensioni civili e militari (2). (Omissis). -1. -Con l'art. 5 della legge 21 marzo 1953, n. 161 (Modificazioni al testo unico delle leggi sulla Corte dei conti) per le istanze, i ricorsi, gli appelli, le domande di revocazione innanzi alla Corte dei conti si istituita una tassa fissa di lire 2.000 (elevato a lire 3.000 con l'art. 5 della legge 25 aprile 1957, n. 283), indipendentemente da quella normale di bollo. Il terzo comma di tale articolo, poi, dispone che non richiesta la tassa suddetta per i giudizi ad istanza del procuratore generale o di per (1-2) La sentenza 12 aprile 1973 n. 41 richiamata in motivazione pubblicata in Giur. cost. 1973, 387. 654 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sone ammesse al gratuito patrocinio, o per i giudizi in materia di pensioni di guerra. Con l'ordinanza di cw m epigrafe, pronunciata nel corso di un giudizio promosso da un soldato in congedo che chiedeva la concessione di pensione privilegiata per asserita infermit contratta in servizio ed a causa di servizio, di fronte alla richiesta del Prdcuratore generale diretta alla dichiarazione di improcedibilit del ricorso per omesso pagamento della tassa fissa di cui sopra, la IV sezione della Corte dei conti ha prospettato a questa Corte questione di legittimit costituzionale, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, del sopra richiamato art. 5, comma terzo, della legge n. 161 del 1953, in quanto non estende alle pensioni privilegiate militari l'esenzione dal pagamento della tassa fissa disposta per le pensioni di guerra, non ravvisando alcuna r~ionale giustificazione di tale disparit di trattamento. Senza, poi, sollevare, al riguardo, specifica questione, nella parte conclusiva di detta ordinanza, argomentando dalle sentenze di questa Corte n. 170 del 1971 e n. 38 del 1972, si prospetta la tesi che l'esenzione dal pagamento della tassa fissa di cui sopra, dovrebbe essere estesa a tutti giudizi in materia di pensioni. 2. -Esattamente la Corte dei conti ha formalmente limitata la questione sollevata all'oggetto del giudizio a quo ossia ad una pensione privilegiata militare non di guerra, dato che per una maggiore estensione vi sarebbe stato l'ostacolo del difetto di rilevanza. Ma, anche in re~azione ai motivi dedotti a sostegno di tale questione, non si pu prescindere dall'esame del problema generale, prospettato, come sopra si posto in rilievo, nella parte conclusiva dell'ordinanza di rinvio. vero, infatti, che nonostante l'intento manifestato dal legislatore di unificare la disciplina processuale dei ricorsi in materia di pensione davanti alla Corte dei conti, non si pervenuti ad una formale attuazione di tale intento, forse per difetto di coordinamento tra le varie norme, al riguardo emanate in tempi diversi, come viene rilevato nella richiamata ordinanza. Ma vero, altres, che dall'esame separato delle varie norme emanate in tempi diversi vigenti in materia, si pqssono desumere elementi assai significativi ai fini della soluzione del problema in esame. Intanto, per effetto dell'art. 1 del r.d. 13 agosto 1933, n. 1038 e dell'art. 79, comma secondo, t.u. 12 luglio 1934, n. 1214, nei giudizi davanti alla Corte dei conti, relativi a pensioni sia ordinarie (di riposo o privilegiate, civili e militari) sia di guerra, tanto per la proposizione dei gravami, quanto per l'ulteriore corso del procedimento, l'interessato pu agire personalmente senza che occorre l'assistenza di patrocinio legale. Il i: PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE In forza dell'art. 32 della tabella Ali. b al d.P.R. 25 giugno 1953, n. 492, poi, sono esenti da tassa di bollo gli atti e decisioni del procedimento avanti la Corte dei conti, il Comitato di liquidazione e gli altri organi che hanno competenza in materia di pensioni . Tale esenzione confermata anche dall'art. 12, comma-secondo, n. 3, della tabella Ali. b del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 642. Ne consegue che dalla legislazione vigente risulta in modo chiaro la identit di trattamento sia agli effetti processuali sia agli effetti fiscali nei giudizi davanti alla Corte dei conti in materia di pensioni sia ordinarie sia di guerra. Da questa identit di trattamento si discosta il contestato terzo comma dell'art. 5 della legge 21 marzo 1953, n. 161, in quanto limita l'esenzione dalla tassa fissa, istituita con il primo comma, ai soli giudizi in materia di pensioni di guerra. Occorre, pertanto, accertare se una siffatta evidente disparit di trattamento trovi una razionale giustificazione, che secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, valga a far ritenere che non sia stato violato il princpio di eguaglianza, sancito dall'art. 3 della Costituzione. Per quanto attiene al rapporto pensioni privilegiate militari -pensioni di guerra, questa Corte gi con numerose sentenze (da ultimo la n. 41 del 1973) ha escluso che tra le rispettive posizioni vi sia una differenziazione tale da giustificare una disciplina diff'erenziata, cosicch, nei limiti nei quali stata prospettata con l'ordinanza di rinvio, la questione deve essere dichiarata fondata. 3. -Resta cos da accertare se e come possa essere risolto il pi generale problema circa l'estensione a tutti i giudizi in materiadi pensioni, di qualsiasi specie essi siano, prospettato nella parte conclusiva dell'ordinanza di rinvio. Non solo le richiamate norme fiscali che sanzionano una assolut parit di trattamento per tutti i giudizi in materia di pensioni, ma la stessa formulazione del prinio comma dell'art. 5 che sembra porre come presupposto l'assoggettamento a tassa normale, perch sia dovuta quella fissa, conducono a ritenere che una disparit nella disciplina relativa al solo obbligo della tassa fissa tra i giudizi per le pensioni di guerra e quelli per le pensioni di altre specie non sia razionalmente giustificata. Di fronte a questa constatazione ben pu applicarsi l'articolo 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, per dichiarare che il terzo comma dell'art. 5 della legge n. 161 del 1953 illegittimo, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, anche in quanto non estende, oltre che ai giudizi in materia di pensioni privilegiate militari, a tutti i giudizi in materia sia di pensoni civili, di riposo e privilegiate, sia di pensioni militari di riposo, la esenzione dal pagamento della tassa fissa gi disposta per i giudizi in materia di pensioni di guerra. -(Omissis). 656 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE COSTITUZIONALE, 6 maggio 1976, n. 104 -Pres. Rossi -Rel. Capalozza. Plaisance (n.c.). Reato -Danneggiamento -Danneggiamento colposo di beni dell'Azienda ferroviaria dello Stato -Contravvenzione -Legittimit costituzionale. (Cost., art. 3; 1. 20 marzo 1968 n. 304, articolo unico; cod. pen., art. 635). L'articolo unico della legge 20 marzo 1968, n. 340, che punisce il danneggiamento di beni della Azienda autonoma delle Ferrovie dello Stato con la sanzione (contravvenzionale) della ammenda, non viola l'art. 3 della Costituzione per irragionevolezza rispetto alla disciplina del danneggiamento (solo doloso) prevista dall'art. 635 del codice penale (1). (Omissis). -1. -La Corte chiamata a decidere se l'articolo unico della legge 20 marzo 1968, n. 304, che ha modificato ~cune disposizioni del regolamento di polizia ferroviaria del 1873 (r.d. n. 1687), punendo il danneggiamento di beni dell'Azienda autonoma delle ferrovie dello Stato con la sanzione (contravvenzionale) dell'ammenda -di cui all'art. 54 dello stesso regolamento -violi l'art. 3 della Costituzione per irragionevolezza rispetto alla disciplina del danneggiamento (solo doloso), prevista dall'art. 635 del codice penale. 2. -Non influisce sulla rilevanza della questione la nuova normativa in tema di depenalizzazione contenuta nella legge 24 dicembre 1975, n. 706, essendone differita l'entrata in vigore al 180o giorno dalla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, avvenuta il 2 gennaio 1976. 3. - da escludere la comparazione -ai fini del sindacato di legittimit costitutionale -tra la disposizione denunziata e l'art. 635 cod. pen., che prevedono fattispecie assai diverse: la prima, come si detto, di natura contravvenzionale e l'altra di natura delittuosa. Dal che consegue la differente incidenza dell'elemento psicologico specificato negli artt. 42 e 43 cod. pen.: mentre per i delitti richiesto il dolo (salvoi casi di preterintenzionalit o di colpa espressamente previsti dalla legge), nelle contravvenzioni ciascuno risponde della propria azione od omissione, sia essa dolosa oppure colposa. 4. -Ci premesso, non da ritenere violato l'art. 3 Cost., dappoich rientra nella valutazione discrezionale del legislatore configurare l'illecito quale delitto o quale contravvenzione: e la sua scelta non pu dirsi irrazionale, stante, da un lato, la gi rigorosa tutela apprestata, se (1) La ordinanza 26 aprile 1971 n. 84 richiamata in motivazione pubblicata in Giur. cost. 1971, 709. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 657 vi dolo, dall'art. 635 cod. pen. e, dall'altro, l'esigenza di un intervento repressivo, sia pure contravvenzionale, pienamente giustificato dall'importanza del bene protetto, nell'ipotesi di danneggiamento solo colposo. Non mancano nel nostro ordinamento giuridico-penale danneggiamenti contravvenzionali, oltre a quello in esame: vedansi l'art. 733 cod. pen.; l'art. 1, nn. 1 e 2, del r.d. 8 dicembre 1933, n. 1740, mantenuto in vigore per effetto dell'art. 145 'del d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393. E, del pari, nella vasta tipologia dei danneggiamenti (qualificati) non mancano neppure i delitti colposi (art. 449 cod. pen.). -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 6 maggio 1976, n. 106 -Pres. Rossi -Rel. Volterra. Vanzo (n.c.) c. Comune di Bolzano (avv. Giannini). Trentino-Alto Adige Piano Regolatore di Bolzano Vincolo paesaggistico delle zone destinate a verde privato -Legittimit costituzionale. (Cost., art. 42; l.p. di Bolzano 10 luglio 1960. n. 8, art. 32; l.p. Bolzano 3 gennaio 1964 n. 1, art. 21). Non. fondata, con riferimento all'art. 42 della Costituzione, la questione di legittimit costituzionale dell'art. 32 l. p. Bolzano 10 luglio 1960, n. 8 (ordinamento urbanistico) e dell'art. 21 l. p. Bolzano 3 gennaio 1964, n. 1 (piano regolatore generale del comune di Bolzano), i quali, stabilendo che le zane destinate a verde privato sono sottoposte a vincolo paesaggistico, non introducono nuove limitazioni e tanto meno aventi sostanziale contenuto espropriativo, n trasferimenti coattivi di propriet, ma applicano a determinati immobili le conseguenze che derivano da intrinseche qualit oggettive e da condizioni naturali proprie di essi (1). (Omissis). -3. -Non fondata la questione di legittimit costituzionale sollevata dal tribunale di Bolzano, il quale parte dall'erroneo presupposto che l'area de qua non fosse stata sottoposta a vincolo paesaggistico anteriormente alla legge provinciale di Bolzano 3 gennaio 1964, n. 1, e che tale vincolo sarebbe stato effettuato in forza dell'art. 21 di detta legge con la destinazione dell'area medesima a verde privato. Va precisato che la legge provinciale di Bolzano 24 luglio 1957, n. 8, sulla tutela del paesaggio stabiliva all'art. 1 che erano soggetti alla legge medesima a causa del loro notevole interesse pubblico fra l'altro al n. 3 i complessi di cose immobili che compongono un caratte (1) Le sentenze 20 gennaio 1966, n. 6 e 29 maggio 1968, n. 56 richiamate in motivazione, sono pubblicate in questa Rassegna 1966, 1, 15 e 1968, 1, 662. 658 RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DELLO STATO ristico aspetto avente valore estetico e tradizionale e al n. 4 le bellezze panoramiche considerate come quadri naturali e cos pure quei punti di vista o di belvedere, accessibile al pubblico, dai quali si goda lo spettacolo di quelle bellezze e stabiliva altres all'art. 5 . che di tali vaste localit... il Presidente della Giunta provinciale su proposta dell'assessore competente ha facolt di disporre un piano territoriale paesistico... da approvarsi e pubblicarsi insieme con l'elenco medesimo, al fine di impedire che le aree di quelle localit siano utilizzate in modo pregiudizievole alla bellezza panoramica , Nell'art. 7 faceva obbligo ai proprietari di immobili compresi nei pubblici elenchi delle localit di presentare i progetti dei lavori che intendessero intraprendere all'assessore competente della Giunta provinciale per ottenere previa autorizzazione e all'art. 8 dava comunque facolt al Presidente della Giunta provinciale su proposta dell'assessore competente di inibire l'esecuzione senza preventiva autorizzazione di lavori comunque capaci di recare pregiudizio all'attuale aspetto delle cose e delle localit soggetto alla presente legge, precisando espressamente all'art. 15 che non dovuto indennizzo per i vincoli imposti agli immobili di propriet privata a norma dei precedenti articoli e aggiurigendo nel successivo comma: Tuttavia, nei soli casi di divieto assoluto di costruzione sopra aree da considerarsi fabbricabili, potr essere concesso, previa perizia estimativa dell'ufficio tecnico della provincia, uno speciale contributo nei limiti della somma da stanziarsi in apposito articolo del bilancio della provincia >>. Con successiva legge provinciale 10 luglio 1960, n. 8, si stabiliva l'ordinamento urbanistico unitario del territorio della provincia disponendo l'emanazione di un piano provinciale con l'obbligo (art. 10) per tutti gli enti e in particolare dei comuni di farlo rispettare e di eseguirlo adeguando ad esso i loro piani regolatori. In particolare ai omuni di Bolzano, Merano, Bressanone, Brunico e ai Comuni dichiarati stazioni di cura, di soggiorno e di turismo era fatto obbligo di formare il piano regolatore del proprio territorio (art. 12) precisando (art. 14) che tali piani devono riferirsi alla totalit del territorio comunale e considerare essenzialmente fra l'altro (n. 2) la delimitazione e la definizione funzionale delle singole zone con le precisazioni specifiche dei caratteri e dei vincoli inerenti alla particolare destinazione (residenziale, agricola, industriale, paesistica, verde ecc.) con la relativa suddivisione delle zone residenziali. In relazione all'art. 15 della precedente legge provinciale 24 luglio 1957, n. 8, e in applicazione del medesimo, veniva dichiarato non essere dovuta alcuna indennit per vincoli di zona ed altri. Conseguentemente il Presidente della Giunta provinciale di Bolzano con decreto 16 settembre 1960, n. 49, in base alla predetta legge provinciale espressamente richiamata, dichiarava incluso nell'elenco delle PARTB I, SBZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE localit da sottoporre a tutela paesistica compilato ai sensi dell'art. 2 della sopracitata legge il territorio di Bolzano, precisando che il vincolo non significa divieto assoluto di costruibilit, ma impone soltanto obbligo di presentare all'autorit provinciale per la tutela del paesag. gio p~r 1 apreventiva approvazione, qualsiasi progetto di costruzione che si intenda erigere nel territorio vincolato. Tale decreto di vincolo paesistico era vincolante per il piano r<:(go latore del Comune di Bolzano e doveva essere integralmente recepito (come anche dichiarato nell'art. 6, secondo comma, della legge della Provincia di Bolzano 25 luglio 1970, n. 16, la quale ha espressamente pre cisato all'art. 23 che i provvedimenti adottati in base alla legge preesi stente e pertanto anche il citato decreto del Presidente della Giunta provinciale 19 settembre 1960, n. 49, rimangono in vigore). Per effetto di questa recezione il piano regolatore del Comune di Bolzano approvato con legge provinciale 3 gennaio 1964, n. l, doveva darsi carico dell'uso urbanistico delle aree cadenti nei perimetri delle zone dichiarate bellezze paesaggistiche, attuando la connessione tra di sciplina urbanistica e tutela paesaggistica che propria della legislazione della provincia autonoma di Bolzano. Tale connessione stata attuata con la legge della provincia di Bolzano 3 gennaio 1964, n. 1 (Piano regolatore generale del Comune di Bolzano. Norme di attuazione). In essa all'art. 21 si precisa che le zone destinate a verde privato .sono sottoposte a vincolo paesaggistico ai sensi della legge provinciale 24 luglio 1957, n. 8, parole queste che vanno interpretate nel senso che l'indicazione nel piano regolatore di zone a verde privato risponde ai vincoli stabiliti nella precedente legge provinciale n. 8 del 1957 e non pone limitazioni maggiori di quelle gi imposte da detta legge con l'assoggettamento al vincolo paesistico. Il me desimo articolo infatti ammette entro analoghi vincoli ricostruzioni e riadattamenti di fabbricati esistenti ed anche in determinati casi la concessione di diversa altezza, e, in relazione alle esigenze di sviluppo di aziende agricole anche l'ampliamento di fabbricati e la costruzione di edifici. Pertanto le norme denunziate non introducono nuove limitazioni e tanto meno aventi sostanziale contenuto espropriativo, n trasferimenti coattivi di propriet, ma applicano a determinati immobili le conseguenze che derivano da intrinseche qualit oggettive e da condizioni naturali proprie di essi, accertate ed individuate da altri organi attraverso provvedimenti rispetto ai quali non stata sollevata questione di legittimit costituzionale e che non si provveduto ad impugnare in diversa sede. Come ha affermato la Corte con sua sentenza n. 56 del 1968, a proposito della stessa legge della provincia di Bolzano 24 luglio 1957, n; 8, i beni immobili qualifiati di bellezza naturale hanno valore paesistico per una circostanza che dipende dalla loro ubicazione e dalla loro inser RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 660 zione d un complesso che ha in modo coessenziale le qualit indicate dalla legge. Essi costituiscono una categoria che originariamente d interesse pubblico. L'amministrazione , aggiunge la sentenza, operando nei modi descritti dalla legge rispetto ai b.eni che la compongono, p.on ne modfica la situazione preesistente, ma acclara la corrispondenza delle concrete sue qualit alla prescrizione normativa . Sempre secondo la medesima sentenza, nell'ipotesi di vincolo paesistico su beni che hanno il carattere di bellezza naturale, la pubblica amministrazione, dchiarando un bene di pubblico interesse o includendolo in un elenco, non fa che esercitare una potest che le attribuita dallo stesso regime di godimento d quel bene, cos che le sia lecito confrontare il modo d esercizio di alcune facolt inerenti a quel godmento con l'esigenza d conservare le qualit che il bene ha connaturato secondo il regime che gli proprio e di prescrivere adempimenti coordinati e correlativi a tali esigenze. superfluo rilevare che la qualit di bellezza paesaggistica dichiarata attraverso i provvedimenti citati dalle autorit competenti non pu essere posta in discussione e tanto meno revocata sulla base di una perizia tecnica disposta dal giudice a quo come questo ultimo mostra di ritenere. Le norme denunziate corrispondono pertanto e si adeguano alla natura e alle caratteristiche degli immobili oggetto di esse e, attuando attraverso il regime paesistico, la tutela prevista dall'art. 9 della Costituzione, determinano, in coerenza a tale natura e al fine di non fare alterare tali caratteristiche, l'essenza, l'esercizio e il godimento dei diritti inerenti agli immobili suddetti. Come ha affermato questa Corte (sentenze n. 6 del 1966 e n. 56 del 1968) la determinazione dei vincoli paesaggistici e delle relative limitazioni edilizie conseguenti all'indole accertata dei beni non costituisce espropriazione e non comporta un obbligo costituzionalmente garantito di corrispondere un indennizzo. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 6 maggio 1976, n. 107 -Pres. Rossi -Rel. De Marco. Commissario dello Stato per la Regione siciliana (sost. avv. gen. dello Stato Carafa) c. Regione siciliana (avv. Giannini). Sicilia -Istituzione dei consigli di quartiere nei comuni della Regione Illegittimit costituzionale. (Cast., artt. 5 e 128; l.r. Sicilia 21 maggio 1975; St. speciale Sicilia, artt. 14 e 15). costituzionalmente illegittima, perch esorbita dai limiti delle leggi costituzionali dello Stato stabiliti dal primo comma dell'art. 14 dello PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 661 Statuto speciale, la legge regionale siciliana 21 maggio 1975 avente per oggetto Istituzione dei consigli di quartiere nei comuni della Regione siciliana . (Omissis). -1. -Con la rinunzia al primo motivo di gravame da parte dell'Avvocatura generale dello Stato, la materia del contendere si riduce all'accertamento della natura giuridica dei consigli di quartiere istituiti con l'impugnata legge regionale siciliana 21 maggio 1975 e, pi precisamente, a stabilire se costituiscono veri e propri nuovi enti autarchici sub-comunali, come sostiene il Commissario dello Stato per la Regione siciliana, oppure semplici organi di decentramento funzionale amministrativo dei comuni, come sostiene la Regione siciliana. 2. -Precisato, cos, l'oggetto del giudizio, necessario, anzitutto, stabilire sulla base delle norme contenute nella legge impugnata, come siano strutturati gli istituiti consigli di quartiere e quali ne siano le attribuzioni. La strutturazione riproduce quasi integralmente quella del comune: consiglio di quartiere, corrispondente al consiglio comunale (anche nella composizione numerica di poco inferiore: 10 membri per i quartieri con popolazione fino a 3.000 abitanit, 15 membri per i comuni fino a 3.000 abitanti; 15 membri per i quartieri con popolazione da 3.001 a 10.000 abitanti, 20 membri per i comuni con popolazione fino a 10.000 abitanti; 20 membri per i quartieri con popolazione superiore a 10.000 abitanti, 30 membri per i comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti), presidente del consiglio corrispondente al sindaco, eletto dal consiglio con le stesse modalit prevedute dalla legge sull'ordinamento amministrativo degli enti locali nella Regione siciliana per la elezione del sindaco. Manca la previsione dell'organo giunta, ma come risulta dalla analisi delle funzioni di amministrazione attiva attribuite -per delegazione del consiglio comunale ai sensi dell'art. 11 della legge impugnata -al consiglio di quartiere vi bens una elencazione di materie ma senza specificazione dei poteri delegati~ cosicch deve desumersi che in tali materie il consiglio di quartiere pu esercitare tutte le potest che il sopra citato ordinamento attribuisce al consiglio comunale, alla giunta e al sindaco. Per quanto riguarda il presidente non sono indicate altre attribu. zioni-che non siano quelle di presiedere le pubbliche adunanze del consiglio. Peraltro, poich in base alla norma di rinvio contenuta nell'art. 44 della legge impugnata, per quanto non previsto nella legge stessa si osservano, in quanto applicabili, le norme di legge concernenti il c\:on . i l II I ! . I ~~~~~ 662 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO siglio comunale, pu ben ritenersi che anche per il presidente del con siglio di quartiere debbano osservarsi, in quanto applicabili, le norme di legge concernenti il sindaco. vero che, in base all'art. 11 della legge in esame il consiglio di quartiere ha anche funzione consultiva e di propulsione dell'attivit del comune, ma questa funzione rafforza e non esclude quella pi rile vante di amministrazione attiva, cosicch gi si pu ben concludere che non ci si trova di fronte ad un semplice organo di decentramento funzionale a carattere semplicemente burocratico. Al riguardo basta tener presenti gli artt. 70 e 71 dell'ordinamento amministrativo degli enti locali nella Regione siciliana, abrogati con l'art. 12 della legge in esame. Con tali articoli, infatti, si prevedevano delegati del sindaco nelle borgate e frazioni (art. 70) o addirittura nei quartieri, nei quali il con siglio comunale poteva ripartire il territorio dei comuni con pi di 60.000 abitanti (art. 71), delegati per mezzo dei quali si attuava, senza, che -occorresse all'uopo l'istituzione di un apposito consiglio, quello che soltanto pu definirsi decentramento funzionale. Ma l'elemento che deve togliere ogni dubbio circa la natura di vero e proprio ente autonomo del consiglio di quartiere la nomina del consiglio a suffragio universale, ossia attraverso la forma pi squisitamente politica di esercizio di quella sovranit che l'art. 1 della Costituzione attribuisce al popolo. 3. -Tanto stabilito, resta da accertare se l'istituzione di un siffatto ente rientri nella potest di legislazione esclusiva, in materia di regime degli enti locali e delle circoscrizioni relative, attribuita alla Regione siciliana dall'art. 14, lett. o, del relativo Statuto speciale. Poich il primo comma di detto articolo 14 dispone, tra l'altro, che tale potest deve esercitarsi nei limiti delle leggi costituzionali dello Stato il problema si sposta all'accertamento delle conformit con le leggi costituzionali dello Stato della legge impugnata. Intanto, gi l'art. 5 della Costituzione, statuendo che la Repubblica riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipen dono dallo Stato il pi ampio decentramento amministrativo; adegua i princpi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell'autonomia e del decentramento, evidentemente non solo distingue tra autonomia e decentramento, ma entrambi riserva alla legislazione statale. Pi specificamente, poi, l'art. 128 dispone che le ,Province ed i Co muni sono enti autonomi nell'ambito dei princpi fissati da leggi gene rali della Repubbilca, che ne determinano le funzioni. Ne consegue che con la legge impugnata la Regione ha usato la potest di legislazione esclusiva in materia di regime degli enti locali ~: i:: i: !: !i --~ " ~~~~~~~~~~ PARTE I, SBZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIO~ e delle circoscrizioni relative, conferite dall'art. 14, lett. o, dello Statuto speciale, esorbitando dai limiti delle leggi costituzionali dello Stato, sta biliti nel primo comma di detto art. 14, perch ha legiferato in materia che, in forza delle norme sopra richiamate, riservata alle leggi gene rali della Repubblica. Tanto basta perch, senza che occorre passare all'esame degli altri motivi di gravame, che restano assorbiti, il ricorso debba essere accolto. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 6 maggio 1976, n. 108 Pres. Rossi Rel. Rocchetti -Bastiani, Marcongini e Agnesini (n. c.). Procedimento penale Falsa dichiarazione dell'imputato relativa ai suoi precedenti penali Punibilit ai sensi dell'art. 495, terzo comma, n. 2 codice penale Illegittimit costituzionale Esclusione. (Cost., art. 24; r.d. 28 maggio 1931, n. 602, art. 25; cod. pen. art. 495, terzo comma, n. 2). Non fondata, con riferimento all'art. 24 della Costituzione, la questione di legittimit costituzionale dell'art. 495, terza comma, n. 2 del codice penale, che sanziona la falsit delle dichiarazioni rese dall'imputato all'inquirente sui suoi precedenti penali, dato che alla relativa domanda egli pu rifiutarsi di rispondere. (Omissis). -2. Viene sottoposta alla Corte questione di legittimit costituzionale dell'art. 495, comma terzo, n. 2, del codice penale, che punisce la falsa dichiarazione dell'imputato sulla propria identit, sul proprio stato e sulle proprie qualit personali, nonch dell'art. 25 delle norme di attuazione del codice di procedura penale (r.d. 28 maggio 1931, n. 602) il quale dispone che, tra le domande da rivolgersi all'imputato allorch si procede al suo interrogatorio, deve essere compresa quella volta ad accertare se egli stato sottoposto ad altri procedimenti penali, e se ha riportato condanne nello Stato o all'estero. Secondo le ordinanze di rimessione, dal combinato disposto dei due articoli risulterebbe che l'imputato dovrebbe essere sottoposto alla san zione prevista dall'art. 495, anche se dice il falso in merito ai suoi pre cedenti penali, alla cui rivelazione egli sarebbe costretto per rispondere agli inquirenti che sono tenuti a interrogarlo in proposito. Da ci le ordinanze deducono una lesione del princpio, riconducibile all'art. 24 della Costituzione, secondo cui l'imputato non tenuto a rendere dichiarazioni a lui sfavorevoli . 664 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DElLO STATO 3. -La questione non fondata. Non dubbio che, se l'imputato, alla domanda rivoltagli dall'inquirente sui suoi precedenti penali risponde in modo contrario al vero, egli incorre nelle sanzioni previste dall'art. 495 del codice penale. Ma non esatto che, a tale domanda, egli sia tenuto a rispondere, essendo certo che pu rifiutarsi di fornire le notizie, che in propositogli vengano richieste, senza incorrere in alcuna responsabilit penale. 4. -Ci risulta in modo del tutto palese dal combinato disposto degli artt. 78 e 366 del codice di procedura penale, he dettano norme sui preliminari dell'interrogatorio. Prescrive al riguardo l'art. 78 che l'autorit giudiziaria o l'ufficiale di polizia giudiziaria, prima che abbia inizio l'interrogatorio, deve avvertire l'imputato, dandone atto nel verbale, che egli ha facolt di non rispondere, salvo quanto dispone l'art. 266, primo comma , Quest'ultimo articolo prescrive poi che, prima di procedere all'interrogatorio, il giudice invita l'imputato a dichiarare le proprie generalit, ammonendolo delle conseguenze a cui si espone chi si rifiuita di dare le proprie generalit o le d false . Coordinando le due norme, appare chiaro che l'imputato, solo alla richiesta delle proprie generalit tenuto a fornire rispo~ta, incorrendo in. responsabilit penale qualora si rifiuti di rispondere, o dia. fa1se generalit. Che poi per generalit attinenti alla persona debbano intendersi sol.. tanto il nome, il cognome, la data e il luogo di nascita, oltre che dal significato proprio del lemma, risulta, bench in modo indiretto, dall'art. 25 delle norme di attuazione, che stato denunziato. In detto articolo si precisa infatti che, nel procedere all'interrogatorio, il giudice oil pubb1ico ministero invita l'imputato anche a dichiarare se ha un soprannome o pseudonimo, se sa leggere e scrivere, se ha beni patrimoniali, quali sono le sue condizioni di vita individuale, famigliare e sociale, se ha adempito agli obblighi del servizio militare, se stato sottoposto ad altri procedimenti penali e se ha riportto condanne nello Stato o all'estero . Ora tutte queste notizie, per cos dire, supplementari, sulla personalit dell'imputato sono richieste dall'art. 25 delle norme di attuazione anche e cio in aggiunta a quella principale, sottaciuta nell'articolo perch risultante dalle norme del codice, e che concerne la enunciazione delle generalit, costituite appunto dal nome, cognome, luogo e data di nascita (v. art. 3 legge 31 ottobre 1955, n. 1064). Ma, a fornire tali notizie accessorie, bench anch'esse dirette ad inquadrar la personalit dell'imputato, questi non obbligato, appunto perch l'art. 366 citato restringe solo alle generalit l'obbligo e la sanzione. -(Omissis). PART! I; SEZ. I, G!URISPRUDENZA COSTITUZIONALE 665 CORTE COSTITUZIONALE, 6 maggio 1976, n. 109 -Pres. Rossi -Rel. Oggioni -Volino (n.c.) c. Nocito (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (vice avv. gen. dello Stato Albisinni). Locazione -Immobili urbani -Proroga legale -Decadenza per disponibilit di aitro alloggio -Illegittimit costituzionale Esclusione. (Cost., artt. 41 e 42; 1. 4 agosto 1973 n. 495, art. 1; 1. 22 dicembre 1973 n. 841, art. 1). Non fondata, con riferimento agli artt. 41 e 42 della Costituzione, la questione di legittimit costituzionale dell'art. 1 1. 4 agosto 1973, n. 495 e dell'art. 1 l. 22 dicembre 1973, n. 841, per non aver previsto la decadenza del conduttore dalla proroga legale delle locazioni di immobili urbani nel caso di disponibilit di altro alloggio, dato che tale decadenza operante anche nel vigore delle suddette disposizioni (1). (Omissis). -1. -Con la suindicata ordinanza, il pretore di Berg;:tmo ha sollevato questione se l'art. 1 del d.l. 24 luglio 1973, n. 426, convertito nella legge 4 agosto 1973, n. 495, e l'art. 1 della legge 22 dicembre 1973, n. 841, nella parte in cui non prevedono la decadenza dalla proroga legale per disponibilit di altra abitazione idonea da parte del condut tore (cos come gi stabilito dall'art. 3 n. 1 della legge 23 maggio 1950, n. 253) determinino una limitazione del libero godimento della propriet privata e della libera utilizzazione economica dei propri beni, in contrasto con gli artt. 41 e 42 della Costituzione. 2. La questione non fondata. L'asserita autonomia delle leggi in esame rispetto al complesso re gime vincolistico, al quale hanno fatto seguito, non pu essere ritenuta sussistente nei termini in cui viente interpretata e considerata dal giu dice a quo. Questa Corte, cn la sentenza n. 132 del 1972, concernente l'art. 1, secondo comma, della legge n. 833 del 1969, con cui si stabiliva la proroga legale dei contratti di locazione e sublocazione in c<;>rso alla data di entrata in vigore della stessa legge per gli immobili urbani ad uso di abitazione, ha gi affermato che tale proroga era entrata a: far parte del regime vincolistico, comprendente senza differenza tutte le norme gi disciplinanti la materia delle locazioni. Questa affermazione, sostanzialmente riconosce l'unitariet organica del sistema creato dalle norme vincolistiche, unitarit che sussiste e va ribadita anche per quanto riguarda le leggi di proroga in esame. (1) La sentenza 12 luglio 1972 n. 132 richiamata in motivazione pubblicata in questa Rassegna 1972, l, 985. 666 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DBLLO STA'l'O La legislazione speciale in materia di locazioni degli immobili urbani consta di una serie di istituti fra cui trovano posto di primario rilievo quelli attinenti alla proroga legale dei contratti ed al relativo regime. Una delle norme che attiene specificamente all'istituto della proroga appunto quella, sancita dall'art. 3 n. 1 legge n. 253 del 1950, che prevede la decadenza del conduttore dal diritto alla proroga quando egli venga a trovarsi in determinate situazioni soggettive che la legge considera appunto ostative al godimento del beneficio. Tale princpio, indubbiamente caratterizzante del regime della proroga legale, preordinato alla tutela dell'interesse del locatore ritenuto preminente, in determinate situazioni tassativamente indicate, su quello del conduttore, ed certamente entrato a far parte organica del sistema, per la sua rispondenza agli ovvi limiti dell'esigenza fondamentale che ha ispirato la legislazione vincolistica in materia, cio la tutela dell'interesse dei conduttori di immobili in locazione ad uso di abitazione, alla conservazone dell'alloggio, da ritenere logicamente operante soltanto fino a che tale interesse possa ragionevolmente ritenersi in concreto sussistente. Ci che appunto escluso dalla ricorrenza delle circostanze previstte dall'art. 3 della legge del 1950 ed in particolare dalla disponibilit di altra abitazione idonea da parte del conduttore. Pertanto, le considerazioni di ordine formale contenute nell'ordinan za del pretore, che fanno riferimento alla temporaneit delle precedenti norme in materia di proroga ed alla automatica caducazione delle stesse in difetto di precisi richiami nella legge de qua rivelano la loro intrinseca insufficienza ai fini di convalidare la tesi sostenuta, che mal si concilia con la necessaria ed imprescindibile esigenza di riconoscere una permanente coerenza del sistema vincolistico per quanto riguarda i suoi elementi strutturali, coerenza che, in difetto di espresse innovazioni disposte dal legislatore o di una volont abrogativa al riguardo o, comunque, di una incompatibilit tra le nuove disposizioni e le precedenti (art. 15 delle preleggi), postula la operativit permanente dei criteri fondamentali del regime vincolistico stesso. Aggiungasi che la recente legge 31 luglio 1975, n. 363, negando la sospensione dell'esecuzione dei provvedimenti di rilascio di immobili locati, considera i provvedimenti fondati sulla disponibilit da parte del conduttore di altra abitazione (art. 1 quater, n. 3) confermando la immanenza della relativa normativa. pertanto chiaro che, non essendo attendibile la portata innovativa delle norme impugnate pretesa dai pretore a sostegno della censura, e dovendosi per converso riconoscere che anche ai sensi delle disposizioni impugnate pur sempre operante il caso di decadenza dalla pro roga legale dei contratti previsto dall'art. 3, n. 1, della legge n. 253 del 1950, la questione, come sopra proposta, deve essere dichiarata infondata. --(Omissis). PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 667 CORTE COSTITUZIONALE, 6 maggio 1976, n. 110 -Pres. Rossi -Rel. Astuti -Misuri (n. c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Carafa). Sicurezza pubblica -Armi, munizioni e materie esplodenti -Perquisizioni e sequestri -Illegittimit costituzionale -Esclusione. (Cast., artt. 14 e 24; r.d. 18 giugno 1931 n. 773, art. 41). Non fondata, con riferimento alla libert e inviolabilit del domicilio e al diritto di difesa, la questione di legittimit costituzionale dell'art. 41 t.u. delle leggi di pubblica sicurezza (r.d. 18 giugno 1931, n. 773) che autorizza gli ufficiali e agenti di pubblica sicurezza a perquisizioni e sequestri per la ricerca di armi, munizioni e materie esplodenti non denunciate (1). (Omissis). -2. -La questione non fondata. Questa Corte ha gi avuto occasione di dichiarare che la tutela accordata alla libert di domicilio non assoluta, ma trova dei limiti stabiliti dalla legge ai fini della tutela di preminenti interessi costituzionalmente protetti, come emerge dalle stesse disposizioni dell'art. 14, e in specie dall'espresso riferimento del terzo comma agli accertamenti ed ispezioni per motivi di incolumit pubblica. Conseguentemente, questa Corte ha riconosciuto la piena legittimit della norma denunciata, con sentenza 12 giugno 1974 n. 173, nella quale stato altres precisato che anche nelle ipotesi contemplate dall'art. 41 del t.u. delle leggi di pubbica sicurezza, gli ufficiali ed agenti procedenti sono tenuti, a' sensi degli artt. 224 e 227 del codice di procedura penale, a verbalizzare tutte le operazioni compiute e a trasmettere entro le 48 ore successive i verbali di perquisizione e sequestro all'autorit giudiziaria, a cui spetta di verificare la legittimit degli atti compiuti dagli organi di polizia giudiziaria nell'esercizio delle loro funzioni. 3. -Non sussiste nemmeno il preteso contrasto con la garanzia del diritto di difesa sancito dall'art. 24 della Costituzione, per il fatto che l'art. 41 non prevede il diritto di assistenza del difensore alla perquisizione. La disposizione denunciata sostanzialmente non si discosta da quella generale contenuta nell'art. 224 del codice di procedura penale, cos come modificato con legge 18 giugno 1955, n. 517, per quanto attiene ai presupposti che eccezionalmente consentono in caso di necessit ed urgenza la ricerca e l'assicurazione delle prove da parte della polizia (1) La Corte ha ribadito, anche relativamente al diritto di difesa, quanto gi affermato con la precedente sentenza 19 giugno 1974 n. 173, in questa Rassegna 1974, l, 1043. 668 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO giudiziaria. Essa appare pertanto rispondente all'esigenza di provvedere con immediatezza in ordine a situazioni quali la detenzione clandestina o abusiva, di armi, munizioni, o materie esplodenti, idonee,. per la loro stessa natura, ad esporre a grave pericolo la sicurezza e l'ordine sociale (sentenza n. 173 del 1974); situazioni di fronte alle quali il legislatore ' ha ritenuto di dover ulteriormente intervenire con la legge 18 aprile 1975, n. 110, recante norme integrative della disciplina vigente per il controllo delle armi, delle munizioni e degli esplosivi. D'altra parte, questa Corte ha gi osservato che la perquisizione atto, per sua natura, sempre urgente e riservato, perch ha come presupposto, ai fini della sua efficacia, l'elemento sorpresa; il quale non consente ovviamente la possibilit di preavvertire l'indiziato n di attendere l'assistenza d'un difensore, perch anche, una pausa nello svolgimento delle operazioni di perquisizione, nonostante ogni oculata vigilanza, pu rendere pi agevole la fuga dell'indiziato ovvero la sottrazione e l'occultamento degli oggetti da sequestrare (sentenza n. 123 del 1974). La garanzia del diritto di difesa nelle perquisizioni domiciliari trova nella fattispecie limiti necessari in relazione alle esigenze costituzionalmente rilevanti di tutela della incolumit e sicurezza pubblica, le quali giustificano pienamente, sotto il profilo della ragionevolezza, la disposizione denunciata. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 6 maggio 1976, n. 111 -Pres. Rossi -Rel. Astuti -Regioni Emilia-Romagna, Lazio (avv. Roversi Monaco) e Toscana (avv. Cheli) c. Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Giorgio Azzariti). Corte Costituzionale -Conflitto di attribuzioni tra Regioni e Stato -Decreto statale di trasferimento parziale del patrimonio forestale -lmpu,,,anatlva per conflitto Inammissibilit. (Cost., art. 134; l. 11 marzo 1953 n. 87, artt. 39-41). E inammissibile, per mancanza dell'atto statale di invasione della sfera 'di competenza regionale e del parametro costituzionale di riferimento, il conflitto di attribuzioni proposto dalle Regioni avverso i provvedimenti dello Stato di trasferimento parziale del patrimonio forestale (1). ' (Omissis). -1. -Cqn i ricorsi indicati in epigrafe le Regioni Emilia- Romagna, Lazio e Toscana hanno sollevato conflitto di attribuzione (1) Si segnala l'importanza di questa sentenza in ordine alla precisazione dei presupposti di ammissibilit del conflitto di attribuzioni tra Regioni e Stato. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE nei confronti dello Stato, in relazione ai decreti emanati dal Ministro per le finanze, di concerto con il Ministro per l'agricoltura e le foreste, ip. data 10 maggio 1974, 14 agosto 1974 e 28 ottobre 1974, con i quali, in esecuzione del disposto dell'art. 11, quinto e sesto comma, della legge 16 maggio 1970, n. 281, sono stati approvati gli elenchi delle foreste trasferite rispettivamente alle tre Regioni in quanto facenti parte del patrimonio indisponibile dello Stato, con le conseguenti disposiziorii relative alla loro consegna e temporanea gestione. Secondo l'assunto delle Regioni, i decreti ministeriali dianzi ricordati non comprenderebbero tutte le foreste appartenenti allo Stato il cui trasferimento stato disposto con l'art. 11 della legge n. 281 del 1970; pertanto, emanando detti provvedimenti, omissivi di una parte dei beni oggetto di trasferimento al patrimonio indisponibile regionale, lo Stato avrebbe violato le attribuzioni delle Regioni, quali risultano dalle disposizioni degli artt. 117, 118 e 119 della Costituzione, dall'art. 11 della legge 16 maggio 1970, n. 281, e dall'art. 1 del d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 1. I giudizi sono stati riuniti, stante la sostanziale identit delle questioni sollevate, con ordinanza 10 luglio 1975, con la quale la Corte, salva e impregiudicata ogni decisione sulle questioni pregiudiziali e di merito, ha disposto l'acquisizione di atti, documenti ed elementi relativi ai provvedimenti ministeriali che hanno dato luogo ai ricorsi. 2. Considerando lo speciale contenuto oggettivo di questi ricorsi, si impone, in via preliminare, l'esame di una grave questione di principio, che concerne la loro ammissibilit. Per vero, a norma degli artt. 134 della Costituzione e 39-41 della legge 11 marzo 1953, n. 87, il conflitto di attribuzione tra Stato e Regioni si verifica quando uno dei soggetti assuma che un atto dell'altro ha invaso la propria sfera di competenza costituzionalmente garantita, facendo sorgere in concreto l'interesse a ricorrere per il regolamento di competenza (art. 39). Nella esperienza attuativa, quale si riflessa nella giurisprudenza di questa Corte, la nozione del conflitto di attribuzione si in certo senso estesa anche ad ipotesi in cui non tanto veniva contestata l'appartenenza del potere concretamente esercitato, quanto l'esercizio di tale potere, idoneo a determinare una lesione della sfera di attribuzione del soggetto ricorrente. Ma anche in tali ipotesi, oggetto della decisione stato pur sempre l'accertamento della spettanza di una competenza, con l'eventuale conseguente annullamento dell'atto adottato dal soggetto ritenuto privo del relativo potere, o comunque riconosciuto responsabile di invasione o menomazione della sfera di competenza propria dell'altro. A norma dell'art. 38 (richiamato dall'art. 41), la Corte risolve il conflitto sottoposto al suo esame dichiarando il potere al quale spettano le attribuzioni in contestazione, e, ove sia stato emanato un atto viziato da RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 670 incompetenza, lo annulla: contenuto essenziale e principale della decisione dunque una declaratoria di competenza. Ora, nelle fattispecie di cui causa le Regioni non prospettano una invasione della loro sfera di competenza, n chiedono una dichiarazione o delimitazione delle proprie attribuzioni costituzionalmente garantite; oggetto dei riorsi invece una effettiva e diretta vindicatio rerum, chiedendosi precisamente l'accertamento della appartenenza di determinati beni forestali, che le Regioni assumono trasferiti al loro patrimonio indisponibile, e indebitamente trattenuti dallo Stato. Di fatto, nelle conclusioni formulate in calce ai tre ricorsi, sostanzialmente conformi, esse chiedono che la Corte dichiari di loro esclusiva spettanza e propriet tutti i beni gi appartenenti al demanio forestale dello Stato, ricadenti nell'ambito dei rispettivi loro territori, e conseguentemente dichiari l'illegittimit in omittendo dei decreti ministeriali in quanto con essi non sarebbero stati individuati tutti i beni forestali il cui trasferimento stato disposto con l'art. 11 della legge n. 281 del 1970. E si deve infine tener presente che, nelle memorie scritte come nella discussione orale, i difensori delle Regioni hanno insistito nell'affermare che oggetto dei ricorsi sono diritti soggettivi delle Regioni, e che, pur trattandosi di diritti connessi o inerenti a potest o funzioni pubbliche, non esiste parallelismo tra il trasferimento dei beni forestali disposto con la legge n. 281 del 1970, e il trasferimento delle funzioni amministrative in materia di agricoltura e foreste attuato, a norma della stessa legge, con il d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 11. 3. -Tali essendo i termini formali sostanziali della contestazione, ritiene la Corte che essa non possa sotto alcun profilo ricondursi allo schema proprio del conflitto di attribuzione. Anzitutto, non sembra possibile identificare gli atti dello Stato che avrebbero invaso la sfera di competenza delle Regioni nei decreti ministeriali di approvazione degli elenchi delle foreste trasferite alle Regioni, che si assumono illegittimi per omissione. L'atto invasivo o lesivo, quand'anche fosse possibile qualificare come tale un provvedimento incompleto o un comportamento omissivo, dovrebbe pur sempre essere idoneo a produrre un'immediata violazione o menomazione di attribuzioni, come, ad esempio, l'indebito rifiuto di adottare un provvedimento necessario affinch una Regione sia posta in grado di esplicare un'attribuzione costituzionalmente ad essa spettante. Nei provvedimenti in questione non si ha, invece, nemmeno una manifestazione definitiva della volont dello Stato, posto che i tre decreti, nell'art. 6, contengono l'espressa riserva: con successivi decreti si provveder... ad eventuali rettifiche o integrazioni; ed anche la inosservanza del termine stabilito dall'art. 11, sesto comma, della legge n. 281 del 1970, a prescindere dal suo evidente carattere ordinatorio, non appare comunque tale da determinare, di PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE per s, una diretta lesione o menomazione della potest normativa o delle funzioni amministrative spettanti alle Regioni in materia di agricoltura e foreste a' sensi degli artt. 117 e 118 della Costituzione, potest e funzioni che ben possono essere esercitate -di massima -nei confronti dei beni forestali ricadenti nelle diverse Regioni indipendentemente dalla loro appartenenza ad enti pubblici o a soggetti privati. 4. -Si deve, d'altra parte, rilevare come nella specie non sussista nemmeno un sicuro parametro costituzionale di riferimento, per la decisione del preteso conflitto. Secondo quanto dispone l'ultimo comma dell'art. 39 della legge n. 87 del 1953, il ricorso per regolamento di competenza deve indicare le disposizioni della Costituzione e delle leggi costituzionali che si ritengono violate; in altri termini, la competenza che si pretende invasa o menomata deve essere determinata da una norma formalmente costituzionale. Anche norme di legge ordinaria possono concorrere a configurare il parametro, in quanto integrative o esecutive di norme costituzionali di competenza: ma queste ultime soltanto costituiscono la fonte del potere che si invoca e si assume invaso, e l'interesse a ricorrere per conflitto di attribuzione si concreta precisamente nella difesa dell'integrit delle competenze costituzionalmente garantite a ciascuno degli enti o soggetti confliggenti. Con i ricorsi in questione si denuncia, invece, l'illegittimit dei decreti ministeriali di individuazione dei singoli beni forestali trasferiti per pretesa violazione del disposto dell'art. 11, quinto comma, della legge ordinaria n. 281 del 1970: il riferimento alle enunciative di ordine generale contenute negli artt. 117, 118 e 119 della Costituzione non offre un puntuale parametro costituzionale, ed in effetti le pretese delle Regioni ricorrenti potranno trovare eventuale soddisfazione soltanto in sede di interpretazione ed applicazione di detto art. 11 e di altre norme di leggi ordinarie, o di atti aventi valore di legge ordinaria, come il d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 11. Questi rilievi sembrano decisivi ai fini di escludere che le contestazioni di cui causa possano qualificarsi come conflitti di attribuzione. 5. -Non sar fuori luogo segnalare la differenza rispetto ad altri casi in cui la Corte ebbe gi a statuire circa l'appartenenza di beni allo Stato o ad una Regione, ma in occasione di conflitti di attribuzione: tale in particolare quello deciso con sentenza 30 aprile -1959, n. 31, in cui si riconobbe che oggetto del giudizio era in via principale l'appartenenza allo Stato o alla Regione di una potest pubblica relativamente ad un bene, la cui disponibilit costituiva soltanto un presupposto del legittimo esercizio di quella potest . Gli odierni ricorsi non hanno invece per oggetto alcuna contestazione circa le rispettive competenze dello Stato o delle Regioni, le quali sono completamente fuori discussione; e le pretese delle Regioni ricorrenti in RASSEGNA DELL'.AWOCATURA DELLO STATO ordine all'appartenenza e titolarit dei beni forestali non compresi negli elenchi approvati con i decreti ministeriali, di cui si denuncia l'illegittimit per omissione, vengono prospettate con riferimento all'asserita violazione della. legge n. 281 del 1970, non di norme costituzionali sulla competenza, o sull'attribuzione di detti beni. 6. -La difesa della Regione Lazio ha osservato che l'attribuzione alle Regioni del patrimonio forestale gi statale riveste carattere strumentale rispetto alla funzione primaria di tutela forestale trasferita alle Regioni in virt degli artt. 117 e 118 Cost. ; che, trattandosi di diritti strettamente connessi ed anzi inerenti a potest pubbliche delle Regioni, ne seguirebbe la competenza esclusiva di codesta Corte a conoscerne . A prescindere dalla palese contraddittoriet tra questo argomento e quelli gi ricordati circa l'inesistenza di collegamento o parallelismo tra il trasferimento delle foreste al patrimonio indisponibile delle Regioni disposto con la legge n. 281 del 1970, ed il trasferimento alle Regioni stesse delle funzioni amministrative attuato con il d.P.R. n. 11 del 1972, si deve rilevare che la funzione primaria di tutela forestale, cos come le altre funzioni amministrative in materia di agricoltura e foreste, trasferite alle Regioni a statuto ordinario a' sensi degli artt. 117 e 118 della Costituzione, non possono dirsi, allo stato, oggetto di lesione da parte di atti del Governo invasivi della sfera di competenza garantita dalla Costituzione a queste Regioni. La sicura conferma di questi concetti offerta dalle risultanze della disposta istrutt~ria, le quali dimostrano con chiara ..,evidenza come una eventuale declaratoria o delimitazione, da parte di questa Corte, delle competenze trasferite alle Regioni e riservate allo Stato, non sarebbe comunque idonea a dirimere il preteso conflitto, in ordine alla concreta attribuzione alle Regioni o allo Stato delle diverse categorie di beni che si assumono oggetto di trasferimento ed illegittimamente non inclusi negli elenchi delle foreste trasferite. Dalla documentazione prodotta in giudizio emerge infatti che ai fini dell'interpretazione ed attuazione del disposto dell'art. 11, quinto comma, della legge n. 281 del 1970, saranno indispensabili approfondite indagini, di diritto e di fatto, per la identificazione delle foreste che a norma delle leggi vigenti appartengono allo Stato, a cui si riferisce l'art. 11. Tra i numerosi beni tuttora posseduti dallo Stato, o per esso dalla Azienda statale per le foreste demanali, oggetto di generica rivendicazione da parte delle Regioni ricorrenti, alcuni sono sicuramente foreste, o pertinenze di foreste, per altri invece viene contestato che siano qualificabili come tali: basti ricordare, solo ad esempio, il complesso immobiliare della storica abbazia di Vallombrosa. Alla A.S.F.D., nei corso dei tempi, lo Stato non ha affidato soltanto l'amministrazione e gestione di boschi e compendi silvo-pastorali, ma anche quella di molti altri beni PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE rurali aventi diversa natura (aziende agricole e zootecniche, con gran numero di capi di bestiame; altri beni immobili ed impianti connessi ad attivit non forestali). D'altra parte, per la concreta individuazione di diverse categorie di beni, classificati come patrimoniali indisponibili non per caratteri naturali, ma per virt di specifica destinazione a funzioni o servizi pubblici, si renderanno necessari precisi accertamenti di merito, anche di carattere tecnico, i quali potranno bens essere effettuati nelle competenti sedi amministrative e giurisdizionali, ma certo esorbitano dalla competenza di questa Corte, quale giudice nei conflitti di attribuzione. -(Omissis). CORTE. COSTITUZIONALE, 6 maggio 1976, n. 112 -Pres. Rossi -Rel. Astuti -Androvandi (n.c.). Procedimento penale -Fase istruttoria -Termine per la presentazione delle conclusioni da parte del difensore Illegittimit costituzionale -Esclusione. (Cost., artt. 3 e 24; cod. proc. pen., art. 372). Non fondata, con riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, la questione di legittimit costituzionale dell'art. 372 cod. proc. pen. che impone. al difensore dell'imputato un termine di cinque giorni, proro ' gabile una sola volta, per presentare le sue istanze e memorie. (Omissis). -Per quanto concerne la denunciata disposizione dell'articolo 372, la questione non fondata. Il termine ivi previsto pu essere prorogato dal giudice per quel tempo che egli ritiene assolutamente indispensabile, e d'altra parte, come lo stesso tribunale di Pisa gi aveva riconosciuto nella sua precedente ordinanza del 18 gennaio 1971, ricordata dal giudice quo, eliminare quel termine di decadenza equivarrebbe a lasciare al beneplacito del difensore la chiusura della fase istruttoria, e questo senza dubbio un risultato eccessivo rispetto all'obiettivo di garantire l'esercizio del diritto di difesa. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 6 maggio 1976, n. 115 (ordinanza) -Pres. Rossi -Rel. Astuti -Regione siciliana (avv. Aula) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Giorgio Azzariti). Corte costituzionale -Conflitto di attribuzioni Sospensione dell'atto impugnato -Ragione di diniego. (L. 11 marzo 1953 n. 87, art. 40). Nel caso di conflitto positivo di attribuzioni non pu aversi sospensione dell'esecuzione dell'atto impugnato, quando l'entit soggettiva ricor 674 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO rente (nella specie, la Regione) ha emesso -essa pure -un proprio atto, successivo a quello impugnato, disponendo diversamente da quanto disposto con l'atto impugnato (1). (Omissis). -Ritenuto che la Regione siciliana, con il ricorso di cui in epigrafe, ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato chiedendo l'annullamento, previa sospensione dell'esecuzione, del decreto emanato dal Ministro per le finanze, di concerto con il Ministro per il tesoro, il 3 febbraio 1976, Norme per l'attuazione dell'art. 17, terzo comma, della legge 2 dicembre 1975, n. 576, concernente dispositioni in materia di imposte sui redditi e sulle successioni, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 49 del 24 febbraio 1976, e del telegramma del Ministro per le finanze in data 29 marzo 1976, n. 15/01615. (Omissis). Che peraltro l'Assessore per le finanze della Regione siciliana, con circolare in data 11 marzo 1976, n. 11332 ha disposto che, nell'ambito del territorio della Sicilia, le aziende di credito delegate al pagamento dell'imposta sul reddito delle persone fisiche dovuta in base alla dichiarazione annuale dei redditi ai sensi dell'art. 17 della legge 2 dicembre 1975, n. 576, devono effettuare il versamento della predetta imposta alla competente Cassa regionale -gestione Banco di Sicilia -e non alla locale sezione di tesoreria provinciale dello Stato; ed inoltre, successivamente all'impugnato telegramma ministeriale, con decreto 1 aprile 1976, n. 173, ha confermato tale disposizione. -(Omissis). Considerato che, essendo sopravvenuto il decreto assessoriale 1 aprile 1976, n. 173, non sussistono, allo stato, le gravi ragioni che possono giustificare l'accoglimento dell'istanza di sospensione, ai sensi dell'art. 4(} della legge 11 marzo 1953, n. 87, e dell'art. 28 delle Norme integrative del 16 marzo 1956 per i giudizi davanti alla Corte costituzionale. (Omissis). (1) Cfr. la ordinanza Corte cost 15 gennaio 1976 n. 13, in questa Rassegna, supra, 17. CORTE COSTITUZIONALE, 20 maggio 1976, n. 116 -Pres. e rel. Oggioni Penta (n.c.). Impiego pubblico -Indennit di anzianit e sostitutiva del preavviso. Com pensi aventi carattere continuativo -Devono essere computati. (Cost. art. 3; cod. civ., artt. 2118, 2120 e 2121; d.!. 4 aprile 1947 n. 207, art. 9). La disciplina legislativa speciale in tema di indennit di anzianit e di indennit sostitutiva del preavviso dettata per i dipendenti non di PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 675 ruolo dello Stato costituzionalmente illegittima per violazione dell'articolo 3 Cast., nella parte in cui si discosta dalla disciplina in proposito dettata dal codice civile e da leggi regolatrici del rapporto di impiego privato; in particolare, nella commisurazione delle anzidette indennit deve tenersi conto di ogni compenso di carattere continuativo, e l'indennit sostitutiva del preavviso deve essere corrisposta anche nel caso di de'cesso del dipendente (1). (Omissis). -1. Il Consiglio di Stato, con l'ordinanza indicata in epigrafe, solleva, in riferimento agli artt. 3 e 36 della Costituzione, la questione di legittimit costituzionale dell'art. 9, commi primo e secondo, del decreto legislativo C.P.S. 4 aprile 1947, n. 207, nella parte in cui di (1) L'ordinanza di rimessione Cons. Stato, IV, 22 giugno 1973 n. 1, in Gazz. Uff. n. 48 del 20 febbraio 1974. La sentenza in rassegna costituisce un importante passo nel senso di una reductio ad unum delle molteplici discipline finora operanti in materia di indennit di fine rapporto (di anzianit e sostitutiva del preavviso) a favore dei dipendenti da enti pubblici. Il giudice amministrativo aveva in passato pi volte affermato essere la disciplina legislativa dettata dal codice civile applicabile solo in via sussidiaria, e cio solo ove non esista in materia una apposita (speciale) disciplina legislativa o regolamentare (cos, tra le molte, Cns. Stato, IV, 20 aprile 1971 n. 469, in Cons. Stato, 1971, I, 746; IV, 21 novembre 1972 n. 1126, ivi, 1972, I, 1975; VI, 19 giugno 1973 n. 284, ivi, 1973, I, 1129; VI, 16 novembre 1973 n. 510, ivi, 1973, I, 1736). Il principio ora enunciato dalla Corte Costituzionale, principio il cui ambito di applicazione dovrebbe interessare i dipendenti di tutti gli enti pubblici (e cio anche degli enti pubblici economici), conduce a ritenere che l'inciso salvo che il rapporto sia diversamente regolato dalla legge contenuto nell'art. 2129 cod. civ. non possa operare per la materia delle indennit di fine rapporto, le quali debbono rimanere disciplinate esclusivamente dalle disposizioni del codice civile, senza possibilit di deroghe sia introdotte con legge sia -e a fortiori -concesse con regolamento. Ovviamente, il principio evidenziato opera in tutte le direzioni, e quindi esclude non soltanto i trattamenti meno favorevoli ma anche i trattamenti pi favorevoli per il lavoratore; del resto, il criterio della prevalenza delle condizioni pi favorevoli ai prestatori di lavoro (art. 2077 cod. civ.) non chiamato a regolare le antinomie tra disposizioni legislative e disposizioni regolamentari. Non necessario spendere molte parole per sottolineare come il principio enunciato dalla Corte Costituzionale sia coerente con le esigenze -oggi particolarmente avvertite -di perequazione dei trattamenti retributivi nel settore del l'impiego pubblico e, pi in generale, dell'impiego con enti pubblici; esigenze queste che necessariamente impongono un contenimento delle autonomie regolamentari (in tal senso opera la legge 20 marzo 1975 n. 70), cos come impongono limitazioni all'autonomia collettiva. La buonuscita E.N.P.A.S. a favore dei dipendenti statali di ruolo ha natura diversa dall'indennit di anzianit (cfr. da ultimo, Corte Cost. 19 giugno 1973 n. 82, in Foro it., 1973, I, 2372, e 21 marzo 1974 n. 95, in Cons. Stato, 1974, II, 358). Tuttavia, non escluso che anche la disciplina normativa di detta .buonuscita risenta, per qualche aspetto, della tendenza alla unificazione test rilevata. 676 RASSEGNA DELL'AVVOCTURA DELLO STATO spone che la indennit di licenziamento sia liquidata sulla base della sola retribuzione goduta all'atto del licenziamento (o della morte) e per la parte in cui prevede la corresponsione della indennit di preavviso per il sol<> caso di li,cenziamento per motivi non disciplinari e non anche per quello di decesso del dipendente . 2. La questione fondata. Il Consiglio di Stato esattamente mette a raffronto, in ordine ai detti due problemi sui quali era stato chiamato a pronunciarsi, la disciplina dettata dal codice civile e da leggi speciali per il rapporto di impiego privato (ed in particolare le norme di cui agli artt. 2118 e 2121 del codice civile) e quella applicabile al rapporto de quo (e precisamente le norme sui dipendenti non di ruolo dello Stato 'previste dal decreto legislativo n. 207 del 1947, ed in base,all'art. 78 del regolamento organico dell'Istituto G. Eastman con il quale il detto rapporto si era svolto). E del pari esattamente rileva, a proposito della situazione giuridica del personale di codesto istituto (ente pubblico costili,uito con decreto reale del 10 luglio 1930), l'esistenza di una palese disparit di trattamento nei confronti dei prestatori di lavoro disciplinati da norme di diritto privato . Ed infatti, mentre l'art. 2121 del codice civile dispone che le inden( nit di cui agli artt. 2118 e 2120 debbono calcolarsi computando le provvigioni, i premi di produzione, le partecipazioni agli utili o ai prodotti e ogni altro compenso di carattere continuativo , il primo comma delra:rt.-9 citato, in caso di cessazione del rapporto di impiego non di ruolo, stabilisce che l'indennit sia commisurata alla sola retribuzione in godimento all'atto della cessazione stessa; e, in caso di morte del prestatore di lavoro, secondo l'art. 2122 del codice civile, sono dovute le i?dennit di preavviso e di anzianit e, invece, secondo il ripetuto art. 9, la corresponsione della prima delle -due indennit anzidette non prevista nel caso di decesso del dipendente. Orbene, il differente trattamento giuridico che viene usato nei confronti del personale non di ruolo della pubblica amministrazione non trova riscontro e giustificazione in una situazione giuridica o di fatto di codesto per.sonale, ch anzi, pur non potendosi negare l'esistenza di profili ed elementi per cui il rapporto di pubblico impiego debba essere tenuto distinto da quello di impiego privato, esistono sicuri punti di contatto o di identit (e tra questi rientrano quelli in considerazione). N d'altra parte soccorrono ragioni a sostegno della razionalit della rilevata disparit di trattamento (posta in essere, nonostante l'assimilabilit delle situazioni sostanziali di base): tuho ci, salvo verifica, caso per caso, della rispondenza delle singole voci retributive ai requisiti pre' visti dalla suindicata .legge generale e comune. -(Omissis). !: !: l _____.__JI PARTE I, SEZ. I, 'GIUR1SPRUDENZA COSTtTUZIONALE 677 CORTE COSTITUZIONALE, 20 maggio 1976, n. 117 -Pres. Oggioni -Rel. De Stefano -Forte (n.c.). Lavoro Distinzione tra impiegati e operai Contrasto con il principio di eguaglianza -Non sussiste salvo valutazioni su singoli istituti. (Cost. art. 3; r.d.l. 13 novembre 1924 n. 1825). Lavoro -Lavoro domestico -Distinzione tra impiegati e lavoratori manuali Differenze in tema di ferie, preavviso e indennit di anzianit Non sono costituzionalmente illegittime. (Cost. art. 3; 1. 2 aprile 1958 n. 339, artt. 10, 16 e 17). N~n pu, allo stato, considerarsi superata la distinzione tra impiegati e operai, e resta affidato agli strumenti dell'autonomia collettiva e dell'intervento legislativo l'ulteriore sviluppo della tendenza alla parificazione del trattamento delle due indicate categorie; pertanto, le differenze di trattamento tra esse non possono apoditticamente ritenersi ingiustificate ma devono essere singolarmente valutate ai fini di vagliarne la conformit al principio di eguaglianza (1). Non contrastano con l'art. 3 Cast. le differenze previste dalla legge 2 aprile 1958, n. 339 sul lavoro domestico, tra personale impiegatizio e prestatori d'opera manuale, in tema di durata delle ferie, durata del preavviso e commisurazio_ne dell'indennit di anzianit (2). (Omissis). -Ora, noto che a siffatta distinzione (tra impiegati e operai), anche se basata su criteri incerti e controversi, si accompagnavano, in origine, accentuate differenze di disciplina, in quanto la categoria degli operai restava in gran parte esclusa.dalla tutela del rapporto di lavoro, apprestata per gli impiegati. Questa diversit si andata nel tempo attenuando, come si evince dal codice civile del 1942, che ha esteso i principali istituti, progressivamente elaborati sul piano legislativo e dei contratti collettivi, a tutti i lavoratori subordinati, pur prevedendo che i contenuti degli istituti medesimi possano variare a seconda della qualifica del lavoratore e del settore di lavoro (cos, per le ferie annuali, l'art. 2109 e.e.; per il preavviso, l'art. 2118 e.e.; per l'indennit di anzianit, l'art. 2120 e.e.). Il processo evolutivo, tuttora in corso, indubbiamente contraddistinto dalla tendenza versq una sostanziale parificazione, in parte gi realizzata, del trattamento normativo delle due indicate categorie; ma la sua maturazione ed il suo ulteriore svolgimento restano soprattutto affidati agli strumenti dell'autonomia collt (1-2) Nella sentenza in esame, la Corte Costituzionale ha lasciato aperta la possibilit di distinguere, di volta in volta, quali diversit di trattamento tra impiegati e operai siano compatibili con il principio di eguaglianza. 678 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tiva e dell'intervento legislativo, chiamati a contemperare esigenze socioeconomiche non sempre univoche. Non pu, dunque, allo stato considerarsi superata la cennata distinzione fra le due categorie, e da ci apoditticamente inferirsi come ingiustificate talune disparit di trattamento; le eventuali differenze devono, invece, essere singolarmente valutate, ai fini di vagliarne la conformit al principio di eguaglianza, alla stregua delle ragioni che sono alla I.oro base e delle esigenze al cui soddisfacimento esse sono preordinate. Le considerazioni innanzi svolte appaiono suscettibili di proficua applicazione anche nell'ambito del lavoro domestico, nel quale -pur dopo la dichiarata illegittimit costituzionale dell'art. 2068, comma se. condo, e.e., nella parte in cui disponeva che fossero sottratti alla disciplina del contratto collettivo i rapporti di lavoro concernenti le prestazioni di servizi di carattere domestico (sentenza n. 68 del 1969) -permane quella situazione di scarsa incisivit dell'autonomia collettiva, constatata da questa Corte nella sentenza n. 101 del 1968, ed , quindi, tuttora preminente l'intervento del legislatore. -(Omissis). Alla luce di quanto sin qui detto, passando all'esame delle denunciate disparit di trattamento, va innanzi tutto rilevato, per quanto .concerne la diversit di durata del periodo di ferie annuali, che essa appare di modesta entit; infatti, ai sensi dell'art. 10 della citata legge n. 339 del 1958, ove l'addetto ai servizi domestici abbia maturato una anzianit non superiore ai cinque anni, indiscriminatamente garantito un periodo di quindici giorni consecutivi, non rlevando si tratti di personale impiegatizio o di prestatori d'opera manuale; e soltanto nella ipotesi di maggiore anzianit sono garantiti ai primi cinque giorni in pi rispetto ai secondi (venticinque anzich venti). A parte, poi, la constatazione che nell'ambito del lavoro subordinato il regime della durata delle ferie in generale estremamente variabile da categoria a categoria e da settore a settore, ben pu riconoscersi che la moderata e circoscritta limitazione del periodo delle ferie per le mansioni pi modeste del lavoro domestico, trova giustificazione nelle peculiari esigenze della convivenza familiare. -(Omissis). Adeguata giustificazione alla diversit dei termini di preavviso (articolo 16 della citata legge n. 339 dt:l 1958) -anche in tal caso ricorrendo la constatazione della loro variabilit nell'ambito del lavoro subordinato -va del pari riconosciuta nella maggiore difficolt che il personale impiegatizio domestico (precettore, maggiordomo, ecc.) potrebbe certamente incontrare -rispetto ai prestatori d'opera manuale (cameriere, domestiche tuttofare, ecc.) -nella ricerca di nuova occupazione, alla quale d'altronde corrisponde la maggiore difficolt del datore di lavoro di procedere alla sua sostituzione, atteso che l'obbligo del preavviso sussiste anche da parte del dipendente che spontaneamente si licenzi. ~ t ~.-.......J PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 679 Infine, per quanto concerne la diversa misura dell'indennit di anzianit (art. 17 della citata legge n. 339 del 1958), trovano appropriata applicazione alla questione in esame le considerazioni svolte nella sentenza di questa Corte n. 18 del 1974. In essa, infatti, premesso che, secondo la ormai costruite giurisprudenza della Corte, a decorrere dalla sentenza n. 3 del 1966, va riconosciuta all'indennit di anzianit natura e funzione di retribuzione differita, si afferma che la sua diversificazione ben pu essere vista sotto il profilo della valutazione della diversa qua: lit del lavoro prestato dall'impiegato e dall'operaio. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 20 maggio 1976, n. 118 -Pres. Rossi -Rel. De Stefano -Fiorini (avv. Ventura), Sindacato scuola C.G.I.L. di Palermo (avv. Cheli), Presidente Consiglio dei Ministri, A.S.S.T. e Ministeri della pubblica istruzione e delle Poste e Telecom. (sost. avv. gen. dello Stato Carafa e Zagari). Competenza e giurisdizione -Regolamento preventivo di giurisdizione Proposizione Preclude la possibilit di sollevare questioni di legittimit costituzionale. (Legge cost. 9 febbraio 1948 n. 1, art. 1; c.p.c., artt. 41 e 367). Impiego pubblico Statuto dei lavoratori -Applicabilit soltanto nelle ipotesi di lacune della disciplina del pubblico impiego. (Cost., art. 3; l. 20 maggio 1970 n. 300, art. 37). Impiego pubblico statale Statuto dei lavoratori -Inapplicabilit. (Cost., artt. 3 e 24; l. 20 maggio 1970 n. 300, artt. 28 e 37). Il ricorso per regolamento d giurisdizione produce la sospensione del processo in corso dinanzi al giudice di merito e spoglia tale giudice di ogni potestas iudicandi (salvo il compimento degli atti urgenti), e pertanto gli preclude la possibilit di sollevare questioni di fogittimit costituzionale (1). (1) La sentenza in esame implicitamente conferma ancora una volta la legittimit costituzionale (recentemente posta in dubbio da T.A.R. Lazio, I, ord. 3 marzo 1976, in Gazz. Uff. n. 246 del 15 settembre 1976) sia dell'istituto del regolamento preventivo di giurisdizione sia dell'effetto di sospensione del processo in corso. In precedenza, nel senso che l'istituto de quo ampiamente giustificato da esigenze di economia processuale la sentenza Corte Cost. n. 135 del 1975 (in .questa Rassegna, 1975, I, 630); cfr. anche la sentenza n. 221 del 1972 (in Giur. it., 1973, 1, I, 833). Sulla sospensione del giudizio amministrativo in seguito alla proposizione di regolamento di giurisdizione, cfr., tra le pi reenti, Cons. Stato, V, 30 settem bre 1975 n. 1233 (in Cons. St., 1975, I, 1018) e T.A.R. Friuli V.G. 16 gennaio 1976 n. 111 (in Trib. amm. reg., 1976, I, 899). 680 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Le disposizioni della legge n. 300 del 1970 trovano applicazione soltanto nelle ipotesi di lacune della disciplina legislativa o regolamentare del rapporto di impiego con l'ente pubblico non economico ed hanno quindi una funzione suppletiva e integratrice; le differenze che tuttora intercorrono tra impiego privato e impiego pubblico guistificano le disuguaglianze conseguenti da tale limitata applicazione del c.d. Statuto dei lavoratori (2). Le disposizioni della legge n. 300 del 1970 non trovano applicazione r]el rapporto di impiego statale; n trova applicazione l'art. 28 di detta legge, ove si ritenga essere le associazioni sindacali dei dipendenti statali legittimate a tutelare le libert sindacali dinanzi al giudice amministrativo in sede di giurisdizione generale di legittimit (3). (Omi.ssis). -2. -Va preliminarmente esaminata l'eccezione di inammissibilit opposta dall'Avvocatura dello Stato alla questione sollevata dal pretore di Milano, per essere stata la relativa ordinanza emessa dopo che la parte resistente aveva gi proposto ricorso alle sezioni unite della Corte di cassazione per regolamento di giurisdizione. La Corte ha gi affermato (sentenza n. 221 del 1972 e n. 135 del 1975) che inammissibile la questione di legittimit costituzionale sollevata dal giudice di merito dopo la proposizione di ricorso per regolamento di giurisdizione, in quanto tale ricorso spoglia il giudice stesso di ogni competenza a conoscere o a disporre della o sulla questione di giurisdizione. In tal caso, giova soggiungere, non in discussione la pregiudizialit 1 ( \~ f ~ (2-3) Nella sentenza 9 novembre 1974 n. 3477 (in Foro it., 1974, I, 3282), la f f f Corte di Cassazion.e (Sez. Un.) aveva enunciato i seguenti principi: Se la normaff tiva degli enti pubblici non economici, pur regolando in genere la materia della libert e dell'attivit sindacale nei luoghi di lavoro, non garantisce tutti i diritti che lo statuto, in attuazione, del resto, di inderogabili principi sanciti dalla Costituzione, riconosce e tutela, a colmare le eventuali lacune debbono trovare applicazione le norme dello statuto; ... nel procedimento instaurato davanti al giudice amministrativo l'organismo locale dell'assocazione sindacale pu intervnire a sostegno dell'interesse del lavoratore, che coincide con il suo interesse, ed il giudice amministrativo, con i suoi poteri di annullamento e, prima ancora, con il provvedimento di sospensione che pu adottare anche in via di urgenza, pu, con relativa prontezza e con piena efficacia, rimuovere gli effetti della condotta anti-sindacale; possibile, quindi, conseguire con il procedimento in sede giurisdizionale amministrativa risultati sostanzialmente identici a quelli che si possono ottenere con la procedura, nuova e speciale, prevista dall'art. 28, laddove eguali effetti, salva l'ipotesi particolare di -cui all'art. 18 dello stesso statuto, non possono essere conseguiti nel giudizio davanti al giudice ordinario, avente giurisdizione in materia di impiego pubblico con enti economici; ... deve escludersi la titolarit in capo al sindacato di una azione autonoma ex art. 28 dello statuto, nella ipotesi in cui il dipendente dell'ente pubblico non economico abbia aditoil giudice amministrativo competente a conoscere in via esclusiva del suo rap-~ i !i I ! PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 681 dell'una questione rispetto all'altra: problema che si porrebbe, invece, per il giudice nella pienezza dei suoi poteri. Intervenuta che sia, per effetto del combinato disposto degli artt. 41 e 367 c.p.c., la sospensione del processo in corso, non possono, da quel momento, essere compiuti atti del procedimento (art. 298 c.p.c.), e dunque preclusa al giudice ogni pronuncia anche sulle pregiudiziali e sul loro ordine. Ben vero che egli, dopo la proposizione del ricorso ed anche dopo l'emissione dell'ordinanza di sospensione del processo, tuttavia legittimato -per il disposto dell'art. 48, comma secondo, c.p.c., dettato per il regolamento di competenza e ritenuto applicabile anche al regolamento di giurisdizione -ad aut6rizzare il compimento degli atti che reputi urgenti, ivi compresi quelli d'istruzione preventiva (art. 699 c.p.c.); ma sempre che tali atti -ha osservato la Corte (sentenza n. 73 del 1973) -non siano comunque connessi alla pronuncia sulla giurisdizione, stante l'automatismo con cui, ipso iure, la questione concernente quest'ultima stata sottratta alla sua cognizione, e devoluta a quella delle sezioni unite della Corte di cassazione. Nel caso degli atti urgenti, dunque, il giudice di merito appare legittimato anche a sollevare questioni di costituzionalit, ma sempre che esse, riferendosi esclusivamente alle norme da applicare per il compimento degli stessi, in tale limitato ambito siano rilevanti (sentenza n. 177 del 1973). Nella specie, il regolamento preventivo, che investe la giurisdizione proprio in ordine al procedimento previsto dall'art. 28 dello Statuto dei lavoratori, preclude il compimento di atti inerenti al procedimento stesso porto d'impiego; ... coordinare i mezzi di tutela giurisdizionale del diritto del singolo non significa negare o limitare la detta tutela, ma solamente articolarla nel modo che il legislatore, utilizzando la riserva di cui al gi menzionato 3 comma dell'art. 113 Costituzione, ha ritenuto pi conveniente . Nello steso senso, le sentenze Cass. S.U. 9 novembre 1974 n. 3476 (ivi, 3282), 11 novembre 1974 n. 3504 (Mass. Giur. Lav., 1975, 73) e 19 novembre 1974 n. 3700 (Sett. giur., 1975, II, 178). In precedenza, FAVARA, Statuto dei lavoratori, impiego pubblico statale, e riparto tra le giurisdizioni ordinaria e amministrativa, in questa Rassegna. 1972, I, 576. Recentemente, nella relazione dell'Avvocato Generale dello Stato per gli anni 1971-1975 (vol. III, 98) si scritto: Il discorso sulla configurazione di interessi legittimi "propri" (e della conseguente legittimazione a ricorrere) delle associazioni sindacali potr arricchirsi di nuovi rapporti, se tali associazioni ricercheranno dinanzi al Giudice amministrativo (anzich con improponibili ricorsi ex art. 28 della legge 28-10-1970, n. 700) la tutela delle posizioni loro riconosciute dalla disciplina "di diritto amministrativo " delle attivit sindacali nel settore pubblico. La Corte costituzionale, con la sentenza in esame, conferma la tesi sostenuta dall'Avvocatura dello Stato e gi accolta dalla Corte di Cassazione. Cfr., sul punto, anche la sentenza T.A.R. Lazio, I, 3-9-1975 n. 602, in Trib. amm. reg.; 1975, I, 2508. 682 RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DEIJ..O STATO finch operi la sua sospensione, e comporta quindi la inammissibilit della questione di legittimit costituzionale, sollevata successivamente alla proposizione del regolamento, in relazione appunto alla stessa nor-mativa concernente la giurisdizione. Con ci prescindendo dalla circo stanza che, nelle more del giudizio, le investite sezioni unite della Corte di cassazione hanno dichiarato il difetto assoluto di giurisdizione del pretore di Milano a conoscere della proposta azione. 3. -L'art. 37 dello Statuto dei lavoratori viene denunciato sotto un duplice profilo, e cio in quanto escluderebbe l'applicabilit dello Statuto medesimo: a) parzialmente ai rapporti d'impiego dei dipendenti dagli enti pubblici che non svolgano esclusivamente o prevalentemente attivit economica; b) totalmente al rapporto d'impiego dei dipendenti dello Stato. Sotto il primo profilo, si assume, nelle ordinanze dei pretori di Ceccano e di Palermo, che detto articolo contrasti con l'art. 3 della Costituzione, nella parte in cui, dopo aver sancito l'applicazione delle disposizioni della legge n. 300 del 1970 ai rapporti di lavoro e d'impiego dei dipendenti da enti pubblici economici, tale applicazione dispone altres per i rapporti d'impiego dei dipendenti da enti pubblici non economici, escludendola, per, per questi ultimi, nel_caso che la materia sia diversamente regolata da norme speciali . Da ci conseguirebbe una ingiu stificata diversificazione tra i lavoratori a seconda che essi dipendano da un'amministrazione pubblica avente finalit economiche o da un'altra amministrazione egualmente pubblica, che tali finalit non abbia. Per effetto della cennata salvezza, infatti, nella controversia innanzi al pretore di Ceccano la esistenza di una norma del regolamento comunale, che prevede la effettuazione di visite fiscali a mezzo di sanitari di fiducia dell'amministrazione, impedirebbe l'applicazione dell'art. 5 dello Statuto, che vieta, invece, gli accertamenti sanitari da parte del datore di lavoro, consentendo soltanto il controllo delle assenze per infermit a mezzo dei servizi ispettivi degli istituti previdenziali. E nella controversia innanzi al pretore di Palermo, i principi generali del pubblico impiego che subordinano il conferimento delle qualifiche e delle funzioni a formali atti di nomina o di promozione, niuna rilevanza giuridica accordando all'esercizio di fatto di mansioni superiori, impedirebbero l'applicazione dell'art. 2103 del codice civile, nel testo sostituito dall'art. 13 della legge n. 300 del 1970, che riconosce, invece, in questa ipotesi al prestatore di lavoro il diritto al trattamento corrispondente all'attivit svolta e, dopo un periodo fissato dai contratti collettivi e comunque non superiore a tre mesi, l'assegnazione definitiva alle anzidette mansioni. Vero che, nella fattispecie sottoposta alla cognizione del pretore di Palermo, l'art. 83 del contratto collettivo nazionale di lavoro del 19 giu PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE gno 1971 prevede espressamente l'applicabilit dello Statuto dei lavoratori ai dipendenti dagli istituti autonomi delle case popolari; e su c10 ha fatto leva l'Avvocatura dello Stato per eccepire pregiudizialmente la irrilevanza della questione. Ma il giudice a quo ha ritenuto che a siffatta disposizione non possa riconoscersi una forza tale da influenzare il principio del carattere formale della disciplina del pubblico impiego per quanto riguarda lo stato giuridico dei dipendenti degli enti pubblici, e che, in conseguenza, il giudizio non possa venir definito indipendentemente dalla risoluzione della sollevata questione; il che, ad avviso della Corte, sufficiente a suffragarne la rilevanza, respingendo l'eccezione all'uopo opposta dall'Avvocatura dello Stato. ~a questione d'incostituzionalit dell'art. 37, nella parte relativa agli enti pubblici non economici, stata anche proposta dal tribunale di Torino, ne.Ha ordinanza con la quale ha sollevato l'altra questione, che concerne il rapporto d'impiego dei dipendenti dello Stato. La prima va dichiarata inammissibile, risultando evidente la mancanza del requisito della rilevanza: infatti, la controversia sot.toposta a quel giudice s'incentra esclusivamente sull'applicabilit o meno dello Statuto in ordine al comportamento di un provveditore agli studi, asserito limitativo del diritto di riunione del personale doce~te, e in essa dunque rilevante solo la seconda questione, della quale si tratter in seguito. 4. -Esaurito con ci l'esame delle eccezioni pregiudiziali e venendo al merito della questione proposta dai pretori di Ceccano e di Palermo, la Corte ritiene che la stessa non sia fondata. Il laborioso iter parlamentare, da cui scaturito lo Statuto, pone in evidenza come primario intento del legislatore sia stato l'apprestare efficace tutela della posizione dei lavoratori subordinati nell'organizzazione dell'impresa. Il rapporto d'impiego pubblico, inizialmente rimasto estraneo alla emandanda disciplina, solo in un secondo tempo stato preso in considerazione, distinguendosi tra i dipendenti da enti pubblici econo.mici, ai cui rapporti di lavoro e d'impiego veniva estesa la normativa statutaria, e i dipendenti degli uffici e delle aziende dello Stato, delle Regioni, delle Provincie, dei Comuni e degli altri enti pubblici, per i quali si prevedeva la successiva emonazione di norme delegate, intese ad uniformare, compatibilmente con la natura del rapporto, il loro trattamento giuridico alle disposizioni dello Statuto. Peraltro, nella stessa sede parlamentare anche il ricorso alla delega fu poi disatteso e venne definitivamente sostituito con la vigente formula, che contempla l'applicazione delle disposizioni statutarie ai rapporti d'impiego degli altri enti pubblici (diversi, cio, da quelli economici, per i quali l'applicazione rimasta estesa sic et simpliciter), salvo che la materia sia diversamente regolata da norme speciali. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 684 Alla cennata funzione primaria e immediata, cui lo Statuto dei lavoratori chiamato ad assolvere, si cos affiancata una funzione suppletiva ed integratrice rispetto ad una disciplina, qualificata speciale in ragione della specialit della materia, e cio del rapporto d'impiego che si instaura con l'ente pubblico non economico. In filtri termini, per quest'ultimo rapporto le disposizioni della legge n. 300 del 1970 trovano applicazione soltanto nella ipotesi di lacune che si riscontrino nella speciale disciplina, riguardo a situazioni soggettive identiche o simili a quelle previste e regolate dallo Statuto; mentre prevalgono, ove esistano o sopravvengano, le norme speciali, intendendosi per tali quelle dettate con leggi o con atti che abbiano forza di legge o con altri atti normativi che trovino pur sempre il loro fondamento nella legge. Il legislatore ha cos operato una scelta di politica legislativa: anzich procedere al coordinamento tra le due discipline direttamente in sede parlamentare, o in prosieguo in sede delegata, ha preferito affidare tale coordinamento all'interprete, mediante una norma di raccordo, alla quale va perci riconosciuta adeguata capacit operativa. Non pu, pertanto, ravvisarsi contrasto alcuno con l'art. 3 Cost. in siffatta norma, preordinata, come si detto, a far s che una disciplina, dettata per regolare situazioni giuridiche del lavoro subordinato nell'ambito della organizzazione imprenditoriale, operi in via sussidiaria anche nel diverso ambito dell'apparato burocratico di enti pubblici con carattere non imprenditoriale, integrando e non sopraffacendo la speciale normativa per questi ultimi dettata. La Corte ha gi data atto (da ultimo nelle sentenze 209 del 1975, 47 e 49 del 1976) della tendenziale convergenza tra lo stato giuridico del lavoratore privato e quello der lavoratore pubblico, che va realizzandosi mediante una osmosi tra le due discipline, sempre compatibilmente con la natura e con le peculiarit dei rispettivi rapporti di lavoro; ma trattasi di una evoluzione, il cui graduale svolgimento affidato al legislatore, naturale interprete delle istanze politiche, sindacali e sociali della comu nit nazionale. Le innegabili differenze che tuttora intercorrono tra impiego privato ed impiego pubblico, per la diversa genesi, per la diversa struttura, per la diversa funzione, dimostrano la razionalit della denunciata norma, che di esse tien conto allorch fa salve le norme speciali, appunto per evitare che posizioni diverse siano trattate nella stessa maniera. Non si nega, infine, che, in sede di concreta applicazione di singoli istituti, situazioni identiche o simili, nei due ambiti considerati, possono apparire regolate in modo ingiustificatamente difforme, rispettivamente dalla norma statutaria e da quella speciale; nel qual caso potr eventualmente sollevarsi questione di legittimit costituzionale delle norme PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE medesime. Ma una siffatta eventualit non scalfisce la razionalit che alla base del raccordo posto in opera con l'art. 37, il quale continuerebbe in linea generale ad assolvere la sua funzione anche se taluna delle norme statutarie o speciali venisse meno perch dichiarata incostituzionale. 5. -Della costituzionalit dell'art. 37 della legge n. 300 del 1970 si dubita sotto un secondo profilo: in quanto la impossibilit di applicare lo Statuto anche ai rapporti d'impiego dei dipendenti statali consegue da tale norma in via assoluta, e non subordinatamente all'accertamento della esistenza di una speciale disciplina, cos come previsto per gli enti pubblici non economici (ordinanza del tribunale di Salerno); ed in quanto la mancata estensione allo Stato della legge in argomento impedisce alle associazioni sindacali dei dipendenti statali quel ricorso all'art. 28 dello Statuto medesimo, per la repressione dell'attivit antisindacale, cui sono legittimate le corrispondenti associazioni degli altri lavoratori (ordinanze dei tribunali di Milano, Palermo e Torino). Ad avviso dei giudici di merito sarebbero con ci violati gli artt. 3 e 24 della Costituzione. La questione non fondata. Va preliminarmente condivisa la interpretazione della norma accolta dai giudici di merito e confortata dalla giurisprudenza delle sezioni unite della Corte di cassazione: nel senso di ritenere che il pi volte citato art. 37 non consenta l'applicazione delle disposizioni statutarie ai rap porti d'impiego dei dipendenti statali, nel preminente riflesso che la espressione altri enti pubblici non comprende implicitamente anche lo Stato. Ne consegue che la funzione suppletiva ed integratrice assolta nei confronti della speciale disciplina che regola gli enti pubblici non economici, non pu venir del pari esercitata nei confronti della normativa propria del rapporto d'impiego statale. In altri termini, il legislatore ha considerato che, mentre vi un'ampia gamma di enti pubblici minori, la cui disciplina, frammentaria o incompleta,_pu essere opportunamente integrata dalla disciplina statutaria, tale esigenza non si pone per lo Stato, il cui rapporto d'impiego minuziosamente regolato da una disciplina completa, che appresta anzi i principi basilari all'ordinamento giuridico del pubblico impiego in generale. Anche sotto questo profilo, dunque, nella globale valutazione del legislatore, vi una sostanziale diversit di posizioni, che giustifica razionalmente nel primo caso l'uso del meccanismo di raccordo e il mancato ricorso ad esso nel secondo. N la carenza del raccordo preclude, appena il caso di precisarlo, la eventuale denuncia di incostituzionalit allorch si dubiti, alla stessa stregua di quanto detto per gli enti pubblici non economici, che situazioni identiche o simili siano irrazionalmente regolate in modo diverso da una norma statutaria, e da una norma dettata per il rapporto d'impiego statale: diseguaglianza di trattamento che pu configurarsi anche nell'ipotesi di una specifica lacuna , cui non dato riparo, a differenza 686 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO che per gli enti pubblici non economici mediante il ricorso alla norma statutaria. In siffatta problematica potrebbe, se del caso, venir compresa anche la inapplicabilit dell'art. 28 dello Statuto, cui si richiamano le ordinanze prese in esame, alle associazioni sindacali dei dipendenti statali, ove si escludesse che queste ultime possano tutelare il loro interesse al rispetto della libert sindacale innanzi al giudice amministrativo in sede di giurisdizione generale di legittimit, e si assumesse che , ci possa concretare una irrazionale ed ingiustificabile diseguaglianza di trattamento rispetto alle altre associazioni sindacali con minorazione del loro diritto di difesa. Il che potrebbe offrire adito alla prospettazione di questioni di costituzionalit, non dell'art. 37, che va immune da siffatta censura, ma delle norme che tali istituti direttamente disciplinano nei rispettivi ambiti. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 20 maggio 1976, n. 120 -Pres. Rossi Rel. Trimarchi Di Girolamo ed altri (n. c.). Procedimento civile Termine perentorio -Decadenza per caso fortuito o forza maggiore Illegittimit costituzionale. (Cost., art. 24; c.p.c., art. 650). Deve riconoscersi rilevanza al caso fortuito o alla forza maggiore come causa impeditiva della decadenza per mancato rispetto di un termine processuale perentorio; l'art. 650 comma primo c.p.c. contrasta con l'art. 24 Cost. nella parte in cui non consente l'opposizione tardiva dell'intimato che, pur avendo avuto conoscenza del decreto ingiuntivo non abbia potuto, per caso fortuito o forza maggiore, fare opposizione entro il termine. (Omissis). -1. -Il pretore di Civitella Roveto, con l'ordinanza indicata in epigrafe, solleva, in riferimento all'art. 24, comma secondo della Costituzione, la questione di legittimit costituzionale dell'art. 650, comma primo del codice di procedura civile, nella parte in cui non consente la tardiva opposizione all'intimato che, pur avendo avuto conoscenza dell'ingiunzione, non abbia potuto proporre opposizione nel termine fissato nel decreto per caso fortuito o forza maggiore. -(Omissis). 3. La questione fondata. Sul terreno del processo civile in generale e dei procedimenti speciali in particolare, l'esistenza del caso fortuito o della forza maggiore ipotizzata in varie norme. Cos, e tra l'altro, nel codice di procedura PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE civile l'art. 294, commi primo e secondo, ammette che il contumace dimostri che la sua costtiuzione in giudizio stata impedita da causa a lui non imputabile e il giudice provveda alla riammissione in termini delle parti; l'art. 668, comma primo (dopo la sentenza n. 89 del 1972 di questa Corte) dispone che possibi~e l'opposizione dopo la convalida da parte dell'intimato che provi di non aver avuto tempestiva conoscenza dell'intimazione di licenza o di sfratto o di non essere potuto comparire all'udienza, per caso fortuito o forza maggiore; e lo stesso art. 650, comma primo, stabilisce che l'intimato pu fare opposizione tardiva a decreto ingiuntivo se provi di non aver avuto tempestiva conoscenza del decreto per caso fortuito o forza maggiore. Ma manca una norma o un princpio che consacri in generale la rilevanza del caso fortuito o della forza maggiore come causa impeditiva della decadenza per mancato rispetto di un termine perentorio. Ed anzi dall'art. 153 dello' stesso codice dato dedurre l'improrogabilit dei termini perentori; e codesta norma stata indirettamente (a proposito del successivo art. 244) presa in considerazione da questa Corte con la sentenza n. 106 del 1973. La questione in oggetto presenta innegabili punti di contatto con quella gi esaminata da questa Corte, a proposito dell'art. 668, comma primo, del codice di procedura civile, e decisa positivamente con la ricordata sentenza n. 89 del 1972. Allora in riferimento all'art. 24 della Costituzione era stata denunciata la norma (art. 668, comma primo) che non cons.entiva l'opposizione tardiva alla convalida di licenza o di sfratto, all'intimato che non era potuto comparire all'udienza per caso for. tuito o forza maggiore; ed ora lo la norma dell'art. 650, comma primo che non consente l'opposizione tardiva all'ingiunzione, all'intimato che non abbia potuto fare opposizione nel termine per caso fortuito o forza maggiore. Nell'ipotesi prospettata nell'ordinanza di rimessione, come gi in quella indicata di cui all'art. 668, comma primo, la tutela giurisdizionale non risulta adeguatamente ed effettivamente assicurata. Anche se nella procedura speciale di cui trattasi il termine pi lungo di quello previsto per la comparizione in giudizio dell'intimato nel procedimento per convalida di sfratto, il soggetto a cui sia stato regolarmente notificato il decreto ingiuntivo, pu far decorrere inutilmente il termine per proporre opposizione, volontariamente o colposamente ovvero per una causa a lui non imputabile. Ora nel secondo di questi due casi, a differenza che nel primo, il soggetto interessato,. per circostanze non dipendenti dalla sua volont, si viene a trovare nella materiale impossibilit di agire in giudizio per la tutela dei suoi diritti e di difendersi. Ne consegue he la norma denunciata illegittima costituzionalmente in parte qua. -(Omissis). 688 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE COSTITUZIONALE, 20 maggio 1976, n. 121 -Pres. Rossi -Rel. Gionfrida -Sorrenti (avv. Romagnoli) e Presidente del Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Carafa). Locazione Affitto di fondo rustico a non coltivatore -Durata minima Legittimit costituzionale. (Cost. artt. 41, 42 e 44; 1. 11 febbraio 1971 n. 11, art. 17). L'elevazione a 15 anni del periodo minimo di durata del rapporto di affitto di fondo rustico a conduttore non coltivatore si giustifica in funzione della finalit del razionale sfruttamento del suolo (art. 44 Cast.) (1). (Omissis). -Questa Corte ha gi avuto modo, in pi occasioni, di affermare che l'autonomia contrattuale -che pur riceve tutela costituzionale nella previsione degli artt. 41 e 42 -deve cedere di fronte a motivi d'ordine superiore, economico e sociale, ritenuti rilevanti dalla Costituzione (v., per tutte, sent. n. 37 del 1969). L'evenienza contemplata si verifica puntualmente nella specie: giacch la limitazione della libera disponibilit del fondo -che si connette all'elevazione a 15 anni (disposta dalla lgge impugnata) del periodo minimo (gi fissato in anni 6 dalla precedente legge 1966 n. 606) di durata del contratto di affitto a conduttre non coltivatore -si giustifica in funzione proprio della superiore finalit del razionale sfruttamento del suolo (di cui all'art. 44 della Costituzione), che qui si specifica nel fine di una pi progredita (e, quindi, pi rispondente all'utile sociale) gestione dell'impresa agricola: per cui, appunto, si rende indispensabile una, sia pur relativa, stabilit dell'affitto del fondo, su cui l'impresa insiste. L'individuazione, in concreto (in anni 15), dello' spatium temporis necessario per il raggiungimento dei detti scopi di stabilit e funzionale gestione dell'impresa rappresenta, poi, innegabilmente, una scelta con sentita al legislatore: per altro, nella specie, motivata dall'intento di adeguamento della normativa nazionale alle direttive fissate, in materia, in sede comunitaria. Una volta ritenuto dal legislatore che per il raggiungimento della predetta superiore finalit del razionale sfruttamento del suolo occor resse assicurare al conduttore non coltivatore una durata minima della (1) L'ordinanza di rimessione del Tribunale di Trani in Gazz. Uff. n. 163 del 27 giugno 1973. Sull'art. 17 della legge n. 11 del 1971, cfr. anche Cass. 29 ottobre 1975 n. 3679 e Cass. 3 giugno 1975 n. 2216, in Foro it., 1976, I, 689 e 769, con j note di richiami di E. ROMAGNOLI. Sull'art. 44 Cost., cfr. da ultimo, Corte cost. ~ 16 gennaio 1975 n. 9, in questa Rassegna, 1975, I, 28. . . I PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 689 gestione agricola maggiore di quella prevista d~lla disciplina anteriore, l'applicazione della nuova norma anche ai contratti in corso alla data di entrata in vigore della legge espressione di una scelta discrezionale, e non irrazionale, del legislatore, di immediata e generale attuazione del nuovo assetto normativo. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 20 maggio 1976, n. 122 -Pres. Rossi -Rel. De Stefano -Mirabella (n. c.), Registro Navale Italiano (avv. Medina), I.N.P.S. (avv. Traverso) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Zagari). Comunit europee -Legge statale previgente a regolamento comunitario E' priva di efficacia. (Cost. artt. 3, 36 e 38; r.d.l. 4 ttobre 1935 n. 1837). Corte costituzionale -Rimessione a se stessa di questione di legittimit costituzionale Limiti. La sicurezza sociale dei lavoratori migranti all'interno della Comunit economica europea materia disciplinata dai regolamenti comunitari; quindi irrilevante una questione di legittimit costituzionale dell'art. 1 del r.d.l. 4 ottobre 1935, n. 1827 (1). (1) L'ordinanza di rimessione 26 giugno 1973 del Tribunale di Genova pub~ blicata in Gazz. Uff. n. 69 del 13 marzo 1974. Le leggi che hanno reso esecutivi in Italia i trattati istitutivi delle Comunit hanno prodotto, oltre che la immediata abrogazione delle leggi anteriori incompatibili con i trattati stessi, anche una sorta di "delegificazione " di altre disposizioni legislative che sono divenute suscettibili di eliminazione ad opera di regolamenti comunitari. La "delegificazione " della disposizione legislativa statale sottoposta alla condizione sospensiva dell'emanazione del regolamento comunitario con essa incompatibile; sicch, da un canto, la disposizione legislativa statale rimane tale finch sopravvive (e quindi le conservato il trattamento riservato alle disposizioni di livello legislativo), e, d'altro canto, non necessario elevare il regolamento comunitario a norma primaria o accentuare la estraneit di detto regolamento rispetto agli ordinamenti statali, per spiegare il suo prevalere sulla legge statale come si detto "delegificata "'" Questo l'orientamento espresso in L'Avvocatura dello Stato, Studio per le celebrazioni del centenario, L'Avvocatura dello Stato e le Comunit europee, 1976, 534. Nella sentenza in esame, la Corte costituzionale in sostanza aderisce a tale orientamento, distinguendo tra disposizioni legislative nazionali anteriori alla legge di ratifica del trattato istitutivo della C.E.E., per le quali pu aversi abrogazione ad opera di regolamenti comunitari sopravvenuti, e disposizioni legislative nazionali posteriori alla legge predetta, le quali -ove sussista antinomia con regolamenti comunitari -possono solo formare oggetto di un giudizio di legittimit costituzionale. 690 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La Corte costituzionale pu sollevare, come giudice a quo, davanti a se stessa una questione di legittimit costituzionale soltanto quando tale questione ha per oggetto una disposizione legislativa che la Corte stessa sarebbe necessariament? chiamata ad applicare nell'iter logico per arrivare alla decisione sulla questione che le stata proposta; non pu ritenersi proposta una questione non formulata nell'ordinanza di rimessione e sollevata da una delle parti nel corso del processo costituzionale (2). (Omissis). 1. -L'ordinanza solleva questione di legittimit costituzionale dell'art. 1 del r.d.l. 4 ottobre 1935, n. 1827 (convertito in legge 6 aprile 1936, n. 1155), nella parte in cui, limitando la sfera d'azione dell'Istituto nazionale della previdenza sociale (I.N.P.S.) al territorio della Repubblica, non consente la tutela previdenziale, ad opera dello stesso Istituto, dei rapporti di lavoro che, pur sorti in Italia, abbiano stabile esecuzione all'estero, mentre il datore di lavoro conserva in Italia la sua sede o la sua residenza. Si assume che la norma contrasti con il princpio di eguaglianza enunciato dall'art. 3 Cost., e con il princpio, desumibile dagli artt. 36 e 38 Cost., della proporzionalit della pensione alla retribuzione percepita ed ai contributi versati. 2. -La questione irrilevante. Come gi esposto in fatto, il rapporto di lavoro, da cui trae ongme il gi~dizio a quo, sorto e si svolto inizialmente in Italia per poi proseguire ed aver termine in Olanda, sempre alle dipendenze dello stesso latore di lavoro di nazionalit italiana, e cio il Registro Navale Italiano (R.i.na.). L'ambito territoriale del rapporto medesimo esclusivamente quello della Comunit economica europea, e nei suoi con- fronti, pertanto, trovano puntuale applicazione, in tema di tutela previdenziale, le norme dettate dai regolamenti comunitari, in attuazione dei princpi per la instaurazione della libera circolazione dei lavoratori, sanciti dall'art. 51 del Trattato istitutivo della Comunit, ratificato dallo Stato italiano con legge 14 ottobre 1957, n. 1203. E cio, i Regolamenti comunitari nn. 3 e 4 per la sicurezza sociale dei lavoratori migranti (pubblicati nella Gazzetta Ufficiale delle Comunit europee n. 30 del 16 dicembre 1958), in vigore sino al 1 ottobre 1972, e da tale data sostituiti dai Regolamenti comunitari nn. 1408/71 e 574/72 (pubblicati nella (2) Il principio enunciato nella massima conforme a numerose pronuncie della Corte costituzionale: cfr. per i giudizi per conflitto di attribuzione, l'ordinanza 5 aprile 1960 n. 22, in Foro it., 1960, I, 882, e l'ordinanza 10 novembre 1961 n. 57, ivi, 1961, I, 2053, e per i giudizi incidentali di legittimit costituzionale, l'ordinanza n. 73 del 1965 richiamata in motivazione, ivi, 1965, I, 2126 e la sentenza n. 195 del 1972, ivi, 1973, I, 6. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 691 Gazzetta Ufficiale delle Comunit europee, rispettivamente n. 149 del 5 luglio 1971 e n. 74 del 27 marzo 1972). In particolare, la norma applicabile al rapporto in discussione, durante il suo svolgimento in Olanda, quella contenuta nell'art. 12 del citato Regolamento n: 3, la quale stabiliva che i lavoratori subordinati... occupati nel territorio di uno Stato membro (della Comunit) sono sottoposti alla legislazione di tale Stato, anche se risiedono nel territorio di un altro Stato membro o se il loro datore di lavoro o la sede dell'impresa che li occupa si trovano nel territorio di un altro Stato membro . quindi evidente che, in applicazione di tale norma, anch'essa ispirata al princpio di territorialit, gli abblighi previdenziali del datore di lavoro (R.i.na.) andavano assolti secondo la legislazione olandese, per come imposto dalla normativa comunitaria. E non superfluo in proposito ricordare che i regolamenti comunitari -secondo quanto la Corte ha affermato con la sentenza n. 183 del 1973 e ribadito con la sentenza n. 232 del 1975 -hanno piena efficacia obbligatoria e diretta applicazione in ogni Stato membro, come atti aventi forza e_,, valore di legge, senza la necessit di provvedimenti di recezione e adattamento. Quand'anche, perci, si pervenisse a dichiarazione d'incostituzionalit della norma nazionale impugnata, rimarrebbe sempre ferma la norma comunitaria a disciplinare nell'identico modo il rapporto previdenziale sottoposto all'esame del giudice a quo. Ossia, per il princpio della territorialit al quale ambedue le norme si ispirano, l'unica legge applicabile a tale rapporto resterebbe pur sempre quella olandese; di tal che evidente appare l'irrilevanza della proposta questione. 3. -N pu essere accolta la richiesta di parte, a che la Corte esamini anche la questione di legittimit costituzionale della legge che ha ammesso nel nostro ordinamento le norme comunitarie, per contrasto con gl'indicati parametri costituzionali. Costante giurisprudenza della Corte (sentenze n. 65 del 1962; n. 155 del 1963; n. 29 del 1964; n. 56 del 1971; n. 38 del 1973) circoscrive il giudizio di legittimit costituzionale nei confini fissati dall'ordinanza di rimessione, per il che non possono essere prese in considerazione altre questioni proposte dalle parti: in particolare, l'eccezione di illegittimit costituzionale proposta dalla parte nel giudizio di merito, e ripresa successivamente dinanzi alla Corte, come appunto nella specie avvenuto, non pu essere da questa esaminata se non sia stata accolta nell'ordinanza di rinvio. Nemmeno ricorrono i presupposti perch la Corte sollevi la questione davanti a se stessa in via incidentale, atteso che siffatta possibilit si d solo allorch la Corte dubiti della incostituzionalit di una norma, diversa da quella impugnata, ma che essa chiamata necessariamente ad applicare nell'iter logico per arrivare alla decisione sulla 692 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO questione che le stata proposta: in altri termini, deve trattarsi di norma che si presenti pregiudiziale alla definizione della questione principale e come strumentale rispetto alla emananda decisione (sentenza. n. 68 del 1961; ordinanza n. 73 del 1965; sentenza n. 195 del 1972). Il che non si verifica nel caso in esame. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 20 maggio 1976, n. 123 -Pres. Rossi -Rel. Reale -Zanetti (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Giorgio Azzariti). Prezzi -Iniziativa economica privata -Interesse pubblico alla corretta formazione dei prezzi -Ha rilevanza costituzionale. (Cost., art. 21; c.p., art. 501). ravvisabile ed ha rilevanza costituzionale in quanto trova riscontro e riconoscimento negli artt. 41 e 47 Cast. -un interesse pubblico a che i prezzi di mercato delle merci e dei valori si formino per il naturale giuoco delle forze economiche" o per il legittimo intervento delle pubbliche autorit; pertanto, l'art. 501 cod. pen. non contrasta con l'art. 21 Cast. (1). (Omissis). -2. -La questione non fondata. L'aggiotaggio un delitto di frode, per la cui sussistenza non sono necessari la produzione di un danno e il conseguimento di un profitto ma che sicuramente richiede nel soggetto attivo oltre che la consapevolezza del carattere falso, esagerato o tendenzioso delle notizie e la volont di divulgarle, anche la volont diretta al fine di cagionare un turbamento del pubblico mercato dei valori o delle merci. (1) L'ordinanza di rimessione del Tribunale di Roma, 28 gennaio 1974, pubblicata in Gazz. Uff. n. 82 del 27 marzo 1974. La sentenza in esame assume notevole importanza per il principio evidenziato nella prima parte della massima; principio che conduce a qualificare contrastanti con gli artt. 41 e 47 Cost. gli accordi e in genere le operazioni in restraint of trade, ossia limitativi della concorrenza. La formazione dei prezzi deve avvenire, ove non vi sia un legittimo intervento delle pubbliche autorit in modo naturale (e quindi non artefatto): e ci giustamente ritenuto coessenziale alla libert di iniziativa economica privata e indispensabile per il corretto andamento dei mercati delle merci edei valori. In questo. quadro, consentita (anzi potrebbe essere ritenuta costituzionalmente doverosa) una legislazione nazionale integrativa della normativa comunitaria in materia di intese e monopoli. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA _COSTITUZIONALE Orbene non pu certo condividersi l'opinione, espressa nell'ordinanza di rinvio, secondo cui l'interesse tutelato dalla norma impugnata non abbia nella Costituzione puntuale riscontro e riconoscimento. Come pi volte stato ribadito da questa Corte la libert di manifestazione del pensiero trova i suoi limiti non solo nella tutela del buon costume ma anche nella necessit di proteggere altri beni aventi rilievo costituzionale (cfr. sent. nn. 19 del 1962; 25 del 1965; 87 e 100 del 1966; 199 del 1972; 15, 16 e 133 del 1973; 20 del 1974). La tutela penale tende a che non sia compromesso, mediante una determinazione fraudolenta dei prezzi o delle quotazioni, l'interesse economico legato alla circolazione e allo scambio delle merci o dei valori; si tratta non tanto degli interessi dei singoli operatori economici, bens dell'interesse pubblico a che i prezzi di mercato si formino per il naturale giuoco delle forze economiche o per il legittimo intervento delle pubbliche autorit, l'uno e l'altro non dolosamente falsati. Entra cos in giuoco l'economia pubblica la cui tutela non pu dirsi estranea al contenuto e allo spirito della Costituzione. Invero, l'art. 41 pur riconoscendo la libert di iniziativa economica privata stabilisce che essa non pu svolgersi in contrasto con l'utilit sociale, la quale ha anche un contenuto economico (sent. nn. 5 e 54 del 1962 e 30 del 1965). Aggiungasi che l'art. 501 trova riscontro anche nell'art. 47 Cost. nelle parti in cui si pongono fra i fini della Repubblica l'incoraggiamento e la tutela del risparmio; la disciplina, il coordinamento e il controllo dell'esercizio del credito, il favore per il diretto e indiretto investimento azionario nei grandi complessi produttivi del Paese. -(Omissis). I CORTE COSTITUZIONALE, 20 maggio 1976, n. 126 -Pres. Rossi - Rel. De Marco -Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Giorgio Azzariti) c. Regione Piemonte (avv. Lucifredi e Romanelli). Regione -Competenza in materia di assistenza sociale Spetta allo Stato. (Cost., art. 117). Un intervento per l'assegnazione di un contributo a carico di una Regione e a favare di ciascun titolare di pensione sociale va inquadrato nella materia della assistenza sociale , che attribuita allo Stato. 694 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Il CORTE COSTITUZIONALE, 20 maggio 1976, n. 127 -Pres. Rossi -Rel. De Marco -Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Giorgio Azzariti) c. Regione Molise (n.c.). Regione -Competenza in materia di assistenza sociale Spetta allo Stato. (Cost., art. 117). La concessione di un assegno giornaliero a carico della Regione e a favare di coltivatori diretti, mezzadri e coloni affetti da inabilit tempo'ranea assoluta derivata da infortuni sul lavoro o da malattia prof essionale va inquadrata nella materia della assistenza sociale che attribuita allo Stato. I (Omissis). -3; -Pe.r quanto attiene al merito , poi, da rilevare che l'assunto della Regione secondo il quale la materia oggetto della legge impugnata sarebbe quella della beneficenza, che rientra nella sua competenza in base all'art. 117 della Costituzione, infondanto. Questa Corte, con la sentenza n. 139 del 1972, ha chiaramente precisati i criteri differenziali che caratterizzano la materia beneficenza in senso proprio, quale risulta contemplata nell'art. 117, anche se, poi, nei vari statuti regionali presentata sotto definizioni in parte diverse, e l'assistenza sociale contemplata nel sopra richiamato art. 38 della Costituzione. Tali criteri sono, testualmente, i seguenti: La prima caratterizzata essenzialmente -anche quando, come di regola, l'esercizio ne sia .obbligatorio -dalla discrezionalit delle prestazioni, in danaro o in servizi, erogabili in favore di tutti coloro che -per qualsiasi causa ed a prescindere da particolari status e qualifiche -versino in condizioni di bisogno: determinante in essa la considerazione della concreta situazione del singolo individuo, la valutazione della personalit e delle condizioni di vita dell'assistibile, in relazione, peraltro, alle disponibilit materiali dell'ente od organo erogante. La seconda, invece, specie nei pi recenti sviluppi della legislazione, orientata nel senso di eliminare o ridurre entro )imiti rigorosi, ancorandola ap'accertamento di dati obiettivi, la discrezionalit degli enti Od organi erogatori, cos da rendere progressivamente concreto quel diritto all'assistenza sociale, che il primo comma dell'art. 38 della Costituzione vuole sia attribuito ad ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto di mezzi necessari "per vivere. Preminente in essa la tipizzazione legislativa "di determinate categorie di assistibili, per modo che i; f:: r f f; f: ~-l'J PARTE I, SBZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE le prestazioni rispettivamente previste abbiano a spettare a chiunque vi rientri e per il solo fatto di rientrarvi. E, rispettivamente, anche le prestazioni sono, a loro volta, uniformemente stabilite alla stregua di valutazioni medie, configurandosi tendenzialmente -come sostitutive ed integrative di un reddito da lavoro mancante o insufficiente . Sulla base di questi criteri, avverso l'esattezza dei quali nulla stato dedotto che possa indurre a mutarli, non vi ha dubbio che l'intervento straordinario disposto con la legge impugnata va inquadrato nella materia dell' assistenza sociale . Infatti, da un lato non esatto che tutti i titolari di pensioni sociali si trovino nelle medesime condizioni di bisogno; dall'altro a ciascuno .assegnata una parte identica della somma globale stanziata per il disposto intervento e non pertanto esatto che non ne sia determinata la misura. Senza che occorra passare all'esame del secondo motivo, manifestamente assorbito, il ricorso deve essere, pertanto, accolto. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 26 maggio 1976, n. 129 Pres. Oggioni Rel. Volterra -Ardizzone e altro (avv. Pirani), Parente (avv. Ventura e Murgia), Vissinga (avv. Nappi), soc. Tourist Ferry-boat (avv. Piaggio), soc. Alitalia (avv. Sorrentino e Marazza), e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Giorgio Azzariti). Lavoro Licenziamento individuale Disciplina posta dalle leggi n. 604 del 1966 e n. 300 del 1970 Personale marittimo e di volo Inapplicabilit. (Cast. artt. 34 e 35; cod. nav. artt. 345 e 916; 1. 15 luglio 1966 n. 604, artt. 1 e 10; I. 20 maggio 1970 n. 300, artt. 18 e 35). Il rapporto di lavoro del personale marittimo e di volo presenta carattere peculiare in quanto sottost al superiore interesse alla sicurezza della navigazione. Pertanto non fondate, in riferimento agli artt. 3, 4 e 34 Cost., sono le denunzie di illegittimit costituzionale dell'art. 345 cod. nav., che conferisce all'armatore la facolt di risolvere, in qualsiasi tempo e luogo, il contratto di arruolament9 marittimo, salvi .diritti spettanti all'arruolato, degli artt. 1 e 10 legge n. 604 del 1966, in forza dei quali le norme sui licenziamenti individuali non possono essere senz'altro estese ai rapporti contemplati nel codice della naviga zione, e degli artt. 18 e 35 della legge n. 300 del 1970, il primo dei quali non sufficiente a determinare tale estensione e il secondo riserva alla s 696 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO contrattazione collettiva l'applicazione, ai rapporti contemplati nel codice della navigazione, dei principi della legge n. 300 del 1970 (1). (Omissis). -1. -Le ordinanze di rimessione, muovendo dalla premessa dell'inapplicabilit al personale marittimo e di volo della disci plina del licenziamento per giusta causa e giustificato motivo di cui alle leggi n. 604 del 1966 e D.. 300 del 1970, nonch della piena vigenza degli artt. 345 e 916 del cqdice della navigazione, i quali prevedono la facolt di licenziamento ad nutum da parte dell'armatore o dell'esercente, sollevano questioni di legittimit costituzionale del citato art. 345 del codice della navigazione nonch degli artt. 1 e 10 della legge n. 604 del 1966 nella parte in cui non estendono la disciplina dei licenziamenti disposta nelle su citate leggi alle categorie di cui agli artt. 114 e 732 del codice della navigazione, e dell'art. 35, comma terzo, della stessa legge n. 300 del 1970 nella parte in cui rinvia ai contratti collettivi di lavoro l'applicabilit alle imprese del princpio della giusta causa e del giustificato motivo per i licenziamenti del personale navigante. La normativa impugnata, secondo le predette ordinanze, violerebbe il princpio di uguaglianza e il diritto al lavoro, consacrati negli artt. 3, 4 e 35 della Costituzione. -(Omissis). , 3. -~'impostazione logica dell'indagine deve muovere dal quesito se l'interpretazione assunta dai giudici a quibus corrisponda o meno al (1) Le ordinanze di rimessione Pret. Messina 9 marzo 1973 e App. Napoli 27 febbraio 1973 sono riportate in Mass. giur. lav., 1973, 347, con nota di LONGOBARDI; Pret. Roma 9 aprile 1974 massimata in Foro it., 1974, I, 2935, con nota di richiami; Pret. Roma 30 marzo 1974 riportata in Giur. lt. 1975, I, 2, 599, con nota di PESSI; Pret. Roma 18 ottobre 1974, in Gazz. Uff. 8 gennaio 1975 n. 7. Le sentenze Corte cost. 28 dicembre 1962, n. 124, 6 luglio 1972, n. 121, 8 lu glio 1975, n. 189, menzionate in omtivazione, sono in Foro lt., 1963, I e in questa Rassegna, 1972, I, 961 e 1975, I, 789. Inoltre, sui limiti d'applicabilit della legge n. 604 del 1966 e dell'art. 18 legge n. 300 del 1970, Corte cost. 16 marzo 1976, n. 47, in tema di datori di lavoro enti pubblici economici, e Cass. 8 maggio 1976, n. 1170, in tema di licenziamenti disciplinari. Per l'abrogai:ione tacita, in forza della legge 11 agosto 1973 n. 533, dell'art. 603 cod. nav. e per la consecutiva inclusione, nella competenza per materia del pretore in funzione di giudice del lavoro, delle controversie di lavoro del personale marittimo, Cass. 15 luglio 1975, n. 2788, Foro lt., 1975, I, 1870, con nota di richiami, cui adde Corte cost. 19 febbraio 1976, n. 29 che, ritenuta l'abrogazione tacita in forza della citata legge n. 533 degli artt. 603 a 609, 591 a 598 cod. nav., ha dichiarato l'inammissibilit, per difetto di rilevanza, in giudizio promosso successivamente all'entrata in vigore della legge n. 533, della questione di costituzionalit dei menzionati articoli del codice della navigazione. Sui licenziamenti individuali del personale marittimo, in dottrina, cfr. DE LUCA TAMAJO, in Dir. lav., 1975, I, 3 e BIANCHI D'URSO, in Riv. Giur. lav., 1973,. I, 17. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 697 sistema attualmente in vigore, anche in considerazione di talune oscil lazioni dottrinali e giurisprudenziali in materia. AI proposito occorre osservare che l'art. 10 della legge n. 604 del 1966, riferendo il campo di applicazione delle norme introdotte dalla medesima legge al personale di cui all'art. 2095 del codice civile, mostra come la disciplina dei licenziamenti individuali non possa essere senz'altro estesa ai rapporti contemplati nel codice della navigazione, in quanto questo ultimo che all'art. 1 prevede il ricorso al cdice civile solo in via sussidiaria, forma sistema a s stante con l'individuare autonomamente il personale marittimo e di volo, indicato agli artt. 114 e 732. N tale assetto risulta modificato dall'art. 35, comma ultimo, dello Statuto dei lavoratori, il quale, anzi, lo conferma, in quanto, mentre dichiara integrali;nente e immediatamente applicabili alle imprese di navigazione per il personale navigante alcune norme specificatamente indicate in sette articoli dello Statuto (fra i quali non compreso l'art. 18 disciplinante, con esplicito riferimento all'art. 7 della legge n.. 604 del 1966, la materia del licenziamento), rimette ai contratti collettivi di lavoro l'applicazione dei princpi cui s'informa lo Statuto. Dato che le disposizioni di questo regolano solo aspetti eminentemente processuali e di dettaglio dell'istituto della giusta causa e del giustificato motivo nei licenziamenti, evidente che i princpi dello Statuto in siffatta materia non potrebbero essere compiutamente espressi o specificati nei contratti collettivi di lavoro senza il ricorso in essi all'applicazione della precedente legge n. 604 del 1966, la quale, in difetto di un'espressa statuizione legislativa, non entrata direttamente nella normativa applicabile al personale marittimo e di volo i cui rapporti di lavoro sono autonomamente regolati nel codice della navigazione. Risulta pertanto che lo Statuto non introduce esplicitamente il prin cpio del requisito della giusta causa e del giustificato motivo per legit timare il recesso individuale nel rapporto di lavoro nautico od aeronau tico, n rispetto a questa categoria di lavoratori, il prmcpio della.. rein tegrazione nel posto di lavoro, e nemmeno a],Jroga gli artt. 345 e 916 del codice della navigazione (peraltro sempre contrattualmente derogabili a favore dei lavoratori), ma dispone che i contratti collettivi di lavoro provvedano ad applicare tali princpi e le norme ad essi conseguenti al personale navigante. 4. La normativa in esame non contrasta con il princpio di uguaglianza o con altri princpi costituzionali. Non fondata, in riferimento agli artt. 3, 4 e 35 della Costituzione, la denunzia di illegittimit dell'art. 345 del codice della navigazione. Tale articolo (come anche il 916 non specificatamente denunziato nel presente giudizio), concedendo all'armatore (o all'esercente) la facolt 698 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO cli risolvere in qualunque tempo e luogo il contratto cli arruolamento, disciplina e limita il contenuto di questa facolt e il suo esercizio alla f salvezza e al rispetto dei diritti spettanti all'arruolato, non stabilendo \~ espressamente alcuna preclusione o incompatibilit a norme che ricof noscano ulteriori diritti ai lavoratori. Esso non costituisce di per se stesso r violazione del princpio costituzionale di uguaglianza o del diritto al i lavoro e della tutela di questo, ravvisandosi la razionalit della disposizione nel peculiare aspetto del rapporto di lavoro nautico, (e cli quello I aeronautico) gi riconosciuto con la sentenza n. 124 del 1962 finalizzato alla sicurezza della navigazione e caratterizzato sia sotto il profilo I strutturale che sotto quello funionale da un elemento strettamente fidu ciario e personalistico, nonch nella conseguenziale opportunit di attri buire in via cli princpio all'armatore un mezzo efficace per assicurare la subordinazione costituito dalla facolt di risolvere unilateralmente il contratto, a parte i poteri disciplinari spettanti a soggetti diversi dal l'armatore (o dall'esercente). N il legislatore incorso in vizi di legittimit costituzionale per j non avere espressamente e immediatamente esteso al personale navigante la disciplina cli cui agli artt. 1 e 10 della legge n. 604 del 1966 e dell'art. 18 della legge n. 300 del 1970. j Come gi rilevato, l'art. 35 cli questa ultima legge non esclude in via di princpio l'applicabilit cli tale disciplina al personale navigante, ma intende che l'introduzione di essa sia attuata attraverso la contrattazione collettiva, attribuendo ai risultati di questa validit ed efficacia giuridica, il che non appare irrazionale o ingiustificato, considerando la variet delle funzioni dei singoli appartenenti al personale navigante e la profonda differenza che intercede fra le loro mansioni, le capacit tecniche loro richieste e le loro responsabilit, situazioni queste che incidono profondamente sulla fiduciarit del rapporto e che agli effetti di una regolamentazione dei licenziamenti e della reintegrazione nel posto cli lavoro possono essere esattamente individuate e praticamente valutate nei loro particolari aspehi e in conformit alle loro peculiari esigenze solo attraverso il libero confronto fra datori di lavoro e prestatori di opera. Si aggiunga che la previsione del legislatore cli applicare gli istituti in esame al predetto personale attraverso la contrattazion collettiva, soggetta a periodiche scadenze ed a verifiche da parte degli stessi contraenti, risponde razionalmente all'opportunit di un graduale adattamento dei rapporti di lavoro natutico ed aeronautico alla regolamentazione generale della normativa sui licenziamenti individuali e di quella contenuta nello Statuto dei lavoratori. Comunque, la peculiarit dei predetti rapporti giustifica sotto gli esposti profili, una disciplina differente rispetto a quella generale, men PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE tre ogni ulteriore indagine da parte della Corte invaderebbe il campo della discrezionalit riservata al legislatore. Gli stessi argomenti innanzi enunciati valgono ad escludere la violazione degli artt. 4 e 35 della Costituzione, i quali, come ripetutamente avvertito da questa Corte (sent. n. 121 del 1972 e n. 189 del 1975), non impongono un'applicazione indiscriminata dei princpi della giusta causa e del giustificato motivo nei licenziamenti, ma lasciano al legislatore ampia discrezionalit in materia. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 26 maggio 1976, n. 130 Pres. Rossi Rel. Gionfrida . Regione Lombardia (avv. Pototschnig) c. Presidenza Consiglio dei Ministri. Regione Competenza in materia di organizzazione amministrativa di comuni e province Spetta allo Stato Competenza amministrativa per funzioni affidate a consorzi facoltativi tra enti locali Pu spettare alla Regione. (Cost., artt. 117, 118 e 128). L'organizzazione amministrativa di comuni o province (o altri enti di questi costituenti proiezione) spetta allo Stato per l'art. 128 Cost.; peraltro, allorch -per un atto anche organizzatorio -il profilo funzionale risulta prevalente rispetto al profilo strutturale, viene in rilievo la considerazione della materia cui la funzione inerisce. Cos, l'approvazione dell'atto di costituzione di un consorzio facoltativo tra enti locali, quali comuni e province, esercizio di una funzione amministrativa, la quale spetta alla Regione si riconducibile ad una delle materie indicate nell'art. 117 Cost. (Omissis). -1. Il ricorso della Regione Lombardia riguarda ---come in narrativa detto -il provvedimento della Commissione di controllo, che ha annullato la deliberazione della Giunta regionale approvativa della costituzione del Consorzio provinciale per i servizi sociali delle vacanze e dei soggiorni climatici di Pavia (e del relativo statuto). 2. Nella motivazione del provvedimento di annullamento sottolineata, preliminarmente, la natura di ente locale territoriale di cinque dei sei enti consorziati (il sesto essendo un istituto di assistenza e beneficenza); ed in relazione a tale circostanza formulato il_ rilievo che i provvedimenti di istituzione, modificazione e soppressione dei consorzi di cui al t.u. comunale e provinciale (r.d. 3 marzo 1934 n. 383) costituiscono, in ogni caso, estrinsecazione di un potere autonomo attinente 700 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO alla materia dell'ordinamento comunale e provinciale , riconducibile non alle competenze trasferite alla Regione, bens a quelle conservate allo Stato . 3. -In contrario si sostiene col ricorso della Regione che il provvedimento di approvazione della costituzione del consorzio suindicato rientra tra gli atti di esercizio delle competenze attribuitele (ex artt. 117, 118 della Costituzione) nella materia dell'assistenza e beneficenza pubblica. E ci in correlazione anche al disposto del decreto delegato n. 9 del 1972, che espressamente menziona, tra le funzioni trasferite alle Regioni, quelle concernenti l'assistenza estiva ed invernale in favore dei minori (art. 1 lett. f, del d.P.R. cit.). Nessun fondamento avrebbe, d'altra parte, a dire della Regione, il contrario assunto della Commissione di controllo, secondo cui i provvedimenti di istituzione, modificazione e soppressione di consorzi tra enti locali dovrebbero ricondursi ad una supposta materia dell'ordinamento provinciale e comunale: che non esiste come tale nel testo costituzionale . Aggiunge che la competenza della Regione a costituire consorzi facoltativi (anche tra Comuni e Province), per il raggiungimento di scopi relativi a materie di cui all'art. 117 della Costituzione, trova conferma nell'ordinamento. statuale: come nel caso, ad esempio, dei consorzi per i servizi di assistenza medico-chirurgica ed ostetrica e dei consorzi di assistenza veterinaria di cui all'art. 1 lett. i del d.P.R. 14 gennaio 1972 n. 4. Sottolinea, infine, la gi avvenuta emanazione ( senza obiezioni da parte del Governo ) di leggi regionali che testualmente demandano al Presidente della Giunta regionale di approvare la costituzione di consorzi tra comuni e province destinati ad operare in materia di competenza regionale (legge reg. Piemonte 4 giugno 1975 n. 46, art. 1; legge reg. -Umbria 3 giugno 1975 n. 40, art. 11). 4. -Il ricorso fondato. In considerazione del duplice ele,mento della natura facoltativa del consorzio in questione e della inerenza dell'oggetto della sua attivit istituzionale a materia (assistenza e beneficenza) compresa nell'elenco di cui all'art. 117 della Costituzione (la competenza in ordine rula quale risulta, in particolare, trasferita alla Regione con d.P.R. 1972 n. 9 cit.), deve riconoscersi che rientra nella competenza della Regione l'adozione del provvedimento di approvazione della costituzione del consorzio stesso. Per vero, nel caso di consorzio facoltativo (sia pur tra comuni e pro vince) -in quanto la vicenda della relativa creazione fa perno sull' accordo>>, derivante dall'~ncontro e fusione delle delibere (di spontanea ade-!.. . I I !'.:&E~=::Ee;~::::::r:&w;;:::;::fr:=:::;,;;;:::=i?:;;:Ei::=:~;:::::::ff,:;,;,f=~::=::E;;;=:~:r:;:,;;:r;n1:~;:,;:;::::=:~'.;;;:::::::t~z~;;:;;;;~;rt:::;;:t:m:w:~:rr:::::;~;:::::;;~~7:;::::::r:::;:;;;t;1~::;;~~if~ct~t PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE sione) dei singoli enti partecipanti -il successivo atto approvativo (del detto accordo), quale che sia il suo pi corretto inquadramento, sotto il profilo giuridico (come controllo atipico o come atto del procedimento formativo dell'ente), costituisce certamente esplicazione di una funzione, comunque, amministrativa. La quale -nel caso, poi che !'istituendo consorzio abbia scopi in particolare riconducibili ad una delle materie indicate nell'art. 117 della Costituzione -si specifica come funzione inerente alla materia stessa: per tale via, appunto, devoluta alla competenza della Regione. 5. -La conclusione cos raggiunta non contraddice l'affermazione contenuta nella precedente sentenza della Corte n. 186 del 1974 -circa la spettanza allo Stato dei controlli sostitutivi sugli organi di consorzi intercomunali o interprovinciali operanti nell'ambito di materie previste dall'art. 117 della Costituzione. La titolarit dello Stato ~ relativamente all'esercizio dei controlli indicati - stata, invero, ritenuta in considerazione del prevalente profilo strutturale che connota tali atti, in quanto emanazione di un potere di supremazia e di interferenza nell'organizzazione . Il quale -ex art. 128 della Costituzione -resta necessariamente riservato allo Stato, nel caso che l'organizzazione incisa sia quella territoriale di Comuni, Province o loro proiezioni. Nella diversa ipotesi di costituzione di consorzio facoltativo, l'atto di approvazione dell'accordo istitutivo viente invece -per quanto detto in rilievo sotto un profilo eminentemente funzionale. Onde coerente l'affermazione della correlata competenza regionale, per il caso che sussista (come n~lla specie) connessione tra la funzione amministrativa esercitata e materia rientrante nella previsione dell'art. 177 della Costituzione. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 26 maggio 1976, n. 131 -Pres. Rossi -Rel. Capalozza -Pezza (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Carafa). Ufficiale giudiziario -Notificazioni a richiesta di ufficio statale -Spese e proventi -Incertezza di riscossione e criterio di riparto -Legittimit costituzionale. (Cost. art. 36; d.p.r. 15 dicembre 1959 n. 1229, artt. 140, 142 e 143). Non contrasta con l'art. 36 della Cast. la previsione di un'alea per l'effettiva riscossione, da parte di ufficiali giudiziari e aiutanti ufficiali giudiziari, di spese, indennit di trasferta e diritti, che loro potrebbero spettare per notificazioni in materia penale, civile e amministrativa eseguite a richiesta del pubblico ministero, di una amministrazione dello RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 702 Stato o di una parte ammessa al gratuito patrocinio. Parimenti non contrasta con l'art. 36 della Cost. l'ammissione dei soli ufficiali e aiutanti ufficiali giudiziari in attualit di servizio al riparto di spese e proventi recuperati. (Omissis). -7. -In sostanza, v', s, un'alea per il realizzo di .taluni diritti e spese, ma quest'alea -preventivamente accettata da chi si dedica all'attivit di aiutante ufficiale giudiziario - compensata, come ha rilevato l'Avvocatura, sia dall'indennit integrativa che a carico dell'erario, allorch con i diritti effettivamente percepiti non sia raggiunto IQ stipendio e l'assegno perequativo dell'impiegato statale della carriera esecutiva amministrativa avente qualifica di coadiutore (art. 169, primo comma, dell'ordinamento, modificato dall'art. 4 della legge n. 1048 del 1971); sia da altre provvidenze (aggiunta di famiglia, contributo pensioni ecc.). Sussistono, indubbiamente, nella vigente disciplina, delle anomalie, ma non sono di entit tale da ledere il precetto costituzionale di cui si assume in questa sede la violazione: anomalie che auspicabile siano eliminate ad opera del legislatore. 8. -Ancor meno pertinente, in riferimento all'art. 36 Cost., la censura all'art. 140 dell'Ordinamento, che, per comprensibili ragioni d'ordine pratico, istituisce per gli aiutanti ufficiali giudiziari (e per gli ufficiali giudiziari) una specie di pool delle somme relative a spese e a proventi recuperati, ammettendo al riparto chi in attualit di servizio, con esclusione degli altri: il che comporta che taluni percepiscano, all'inizio del servizio in una sede, la percentuale per un'attivit non espletata, mentre la perdono, a1 termine del ser\rizio nella stessa sede, per un'attivit espletata. Si tratta di un espediente pratico, a carattere forfettario, che risulta plausibile; e la norma che lo prevede non va contro il precetto costituzionale invocato. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 26 maggio 1976, n. 132 Pres. Rossi -Rel. Crisafulli Provincia di Bolzano (avv. Mercuri) c. Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Giorgio Azzariti). Corte Costituzionale Legge dello Stato -Ricorso in via principale Termine per ricorrere Decorre dalla data di pubblicazione nella Ga7.zetta Ufficiale. (Cost. artt. 24 e 137; legge cost. 9 febbraio 194 8n. 1, art. 2; I. 11 marzo 1953 n. 87, art. 32). Deve distinguersi tra mancata o ritardata pubblicazione di un atto normativo nella Gazzetta ufficiale -che implica pubblicazione del PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE la Gazzetta medesima -, e mancato o ritardato arrivo di un numero della Gazzetta in qualche localit del territorio dello Stato; il termine per proporre ricorso in via diretta avverso una legge dello Stato decorre dalla data della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale, e non ha rilevanza il fatto di una ritardata distribuzione di detta Gazzetta. (Omissis). -La Provincia ricorrente osserva preliminarmente di rite~ nersi legittimata a proporre ricorso fuori termine, poich il supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale del 31 dicembre 1973, data dalla quale avrebbero dovuto decorrere i 30 giorni prescritti dall'art. 32 della legge n. 87 del 1953, pervenuto a BolzaI).O soltanto il 26 gennaio successivo, come risulta da attestazione rilasciata dal Commissario del Governo, e non sarebbe stato possibile, nei pochi giorni rimasti a disposizione, provvedere ai necessari adempimenti ed alla stesura del ricorso. Ove non si interpretasse l'art. 32 citato nel senso che i 30 giorni per proporre ricorso decorrono dalla effettiva conoscenza dell'atto e non dalla formale pubbli cazione, la norma sarebbe viziata da illegittimit costituzionale per contrasto con l'art. 24 Cost., potendo praticamente precludere l'impugnativa delle leggi statali in via principale. -(Omissis). 1. -L'eccezione di tardivit del ricorso fondata Prescrive l'art. 32 della legge 11 marzo 1953, n. 87, che i ricorsi regionali avverso leggi ed atti con forza di legge dello Stato debbano essere notificati entro trenta giorni dalla pubblicazione dell'atto impugnato; ma la medesima norma era gi posta, in un grado superiore della gerarchia delle fonti, dall'art. 2 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. l, che precisamente quella cui l'art. 137 Cost. fa espresso rinvio, al fine di stabilire le condizioni, le forme, i termini di proponibilit dei giudizi di legittimit costituzionale. Sebbene, nel sistema positivamente adottato, le leggi formali e gli atti ad esse equiparati possano in ogni tempo for mare oggetto di questioni di costituzionalit, sollevate nel corso di giudizi in cui si debba applicarle, il legislatore ha tuttavia ritenuto necessario circoscrivere il potere delle Regioni di impugnarle direttamente irt via di azione entro precisi termini di decadenza, facendoli decorrere dal solo momento che sia oggettivamente certo e verificabile, e cio da quello della loro pubblicazione. Trattandosi di atti, per definizione, generali, e che sono anche tali nella maggior parte dei casi, legge costituzionale e legge ordinaria (vin colata quest'ultima a quanto disposto nella prima) si sono cos conformate al criterio abitualmente adottato in materia di giustizia amministrativa per i ricorsi contro atti non aventi destinatari determinati, e quindi insuscettibili di notificazione o comunicazione (art. 2 del regolamento di procedura dinanzi alle sezioni giurisdizionali del Consigfio di Stato r.d. 17 agosto 1907, n. 642, applicabile oggi, in forza del richiamo contenuto nell'art. 19 704 RASSEG!J4. DEU.'AVVOCATURA DELLO STATO della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, ai giudizi davanti ai tribunali amministrativi regionali). Del resto, un criterio analogo accolto dalla stessa legge n. 87 del 1953, nell'art. 39, anche per i conflitti 'di attribuzione tra Stato e Regioni e tra Regioni, disponendosi che debbano essere proposti entro sessanta giorni dalla notificazione o pubblicazione ovvero dall'avvenuta conoscenza dell'atto impugnato: la quale ultima, dunque, viene in considerazione soltanto in linea sussidiaria, quando manchino la pubblicazione o la notificazione, che la legge assume, agli effetti che qui interessano, come equipollenti. N alla regola in tal modo risultante dalla legge costituzionale del 1948 e dalla legge di attuazione del 1953 sarebbe consentito, in sede di applicazione, apportare particolari eccezioni, derogandovi allorch, per asserite ragioni di forza maggiore relativa all'ente legittimato al ricorso, questo non abbia avuto materiale conoscenza della legge, ostandovi sia considerazioni di ordine sistematico, inerenti alla natura ed efficacia proprie delle leggi (che non si trasformano di certo in atti recettizi, sol perch impugnabili da Regioni e Provincie ad autonomia CO!!tituzionale), sia motivi pratici, attinenti alla fondamentale esigenza di certezza nei rapporti tra Stato e Regioni, cui la prefissione di termini di decadenza preordiiiata. 2. Ci premesso, dev'essere precisato che, 'assumendo come dies a quo la data della pubblicazione' (senza ulteriori specificazioni), legge costituzionale e legge ordinaria hanno sicuro riferimento alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, che, a partire dal testo unico r.d. 24 settembre 1931, n. 1256, si ormai nettamente configurata come il momento essenziale e decisivo di quella pi vasta operazione pubblicitaria, comprendente altres la cosiddetta inserzione del testo legislativo nella Raccolta ufficiale delle leggi e decreti ( prassi costante, ad esempio, che il periodo di vacatio sia fatto decorrere, per espressa disposizione contenuta nelle varie leggi, dalla pubblicazione nella Gazzetta). La Raccolta, infatti, non ha regolare periodicit, mentre la Gazzetta viene pubblicata tutti i giorni non festivi nelle ore pomeridiane (art. 2 r.d. 7 giugno 1923, n. 1252). Ed appena il caso di avvertire che, quando si fa riferimento a pubblicazione nella Gazzetta, si presuppone che questa (od il relativo Supplemento) sia, a sua volta, pubblicata, vale a dire messa in circolazione e perci a disposizione del pubblico. Pubblicazione delle leggi nella Gazzetta (o nel Supplemento) non pu che significare, doverosamente, pubblicazione altres della Gazzetta (o del Supplemento): senza di che sarebbe snaturato lo stesso istituto della pubblicazione degli atti normativi, che, anche storicamente, ha il fine di apprestare una situazione oggettiva di effettiva conoscibilit, da parte di tutti, degli atti medesimi. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE Ci che, peraltro, non si contesta sia avvenuto nella specie, adducendosi invece che il Supplemento ordinario del 31 dicembre 1973, contenente il testo della legge de qua, era giunto. a Bolzano con ventisei giorni di ritardo: il che . cosa diversa da una mancata o ritardata pubblicazione dello .stesso, nel senso poc'anzi specificato. D'altronde, la circostanza addotta non era tale da impedire che, usando la normale diligenza, un ente pubblico come la Provincia ricorrente, che dispone dei necessari strumenti organizzativi anche per seguire, all'occorrenza, l'iter delle leggi che possano interessarlo, fosse in grado di essere tempestivamente informato dell'avvenuta pubblicazione della legge in questione nel Supplemento della Gazzetta, di cui, oltre tutto, nel caso in oggetto, la Gazzetta Ufficiale in pari data (della quale non si nega che fosse regolarmente pervenuta a Bolzano) recava l'annuncio. 3. -Le considerazioni che precedono, non soltanto giustificano l'accoglimento della eccezione di tardivit del ricorso, ma in linea pi generale, valgono altres a dimostrare la manifesta infondatezza, nel merito, anche a ritenerla ammissibile, della questione di legittimit costituzionale prospettata in subordine dalla difesa della Provincia in ordine all'art. 32 della legge n. 87 del 1953, ed involgente in realt, per quanto premesso al punto 1, l'art. 2 della lgge costituzionale n. 1 del 1948, che rappresenta la vera fonte della norma della quale si denuncia il contrasto con l'art. 24 della Costituzione. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 26 maggio 1976, n. 134 -Pres. Rossi -Rel. Oggioni -Cioffi (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Giorgio Azzariti). Reato Grazia condizionata Legittimit costituzionale. (Cost. artt. 3, 27 e 87; c.p.p. art. 596). Nell'interpretare una parola o una espressione delta Costituzione pu ricostruirsi, anche dal silenzio dei lavori preparatori, una intenzione del costituente di recepire un pre-vigente istituto, con i caratteri propri delineatisi nella precedente pressi interpretativa,-pu cos ritenersi conforme all'art. 87 della Cost. l'apposizione di condizioni alla grazia. Una personalizzazione dei provvedimenti di clemenza costituzionalmente legittima, posto che anche per tale via si favorisce la rieducazione del reo,-e ci vale anche ad escludere il sussistere di una violazione del principio di eguaglianza. (Omissis). -1. -Il pretore di Maddaloni solleva due ordini di problemi di legittimit costituzionale dell'art. 596 c.p.p. terzo cpv., nella parte 706 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO in cui prevede la revoca della grazia in caso di mancato adempimento delle condizioni stabilite nel decreto di concessione. Sotto un profilo generale il giudice a quo afferma che l'istituto stesso della grazia condizionata esorbiterebbe dai limiti dei poteri attribuiti al Presidente della Repubblica dall'art. 87, penultimo comma, della Costituzione, che non prevedetebbe la possibilit di sottoporre il beneficio in esame a condizioni di qualsiasi natura. Sotto un profilo pi particolare, il giudice a quo osserva che la impugnata disposizione, nel caso in cui, come nella specie, la condizione consista nel versamento di una somma a favore della Cassa delle ammende, porrebbe in essere una discriminazione a danno di quei soggetti che, non essendo in grado di adempiere per le loro condizioni economiche, e data l'irrilevanza di tale loro situazione ai fini dell'obbligatoriet della revoca, si vedrebbero sostanzialmente esclusi dal beneficio in ragione di una qualit personale, ed in contrasto, quindi, con l'art. 3 della Costituzione. 2. -Quanto al primo profilo, peraltro, da ricordare che l'art. 87 Cost. riproduce la formula dell'art. 8 dello Statuto albertino, e che, secondo una prassi tradizionale, formatasi appunto sotto l'impero dello Statuto stesso, la grazia spesso sottoposta a condizione, pacificamente escludendosi, in sede di interpretazione del potere di grazia, che lo stesso possa intendersi limitato soltanto alla concessione o al diniego del provvedimento di clemenza, senza possibilit di adattamenti intermedi, adeguati alla peculiarit dei singoli casi presi in esame. Data l'identit della formula adottata dai Costituenti che, secondo quanto risulta dai lavori preparatori, non sottoposero a particolare discussione od analisi questo aspetto delle prerogative istituzionalmente inerenti alle funzioni del Capo dello Stato, da ritenere, come esattamente rileva l'Avvocatura, che con l'art. 87 Cost. si sia inteso recepire l'istituto della grazia con i caratteri propri delineatisi nella precedente prassi interpretativa sopra richiamata. Pu quindi, affermarsi che la grazia condizionata costituisce un aspetto strutturale dell'istituto in esame, recepito dall'art. 87, penultimo comma, della Costituzione. Ci, ovviamente, sufficiente per escludere la fondatezza della questione sollevata dal pretore sotto il profilo generale sopra enunciato. D'altra parte, giova ricordare che l'apposizione di condizioni alla grazia corrisponde ad una fondamentale esigenza di natura equitativa che consente la individualizzazione del provvedimento di clemenza in un senso logicamente parallelo alla individualizzazione della pena, consacrata in linea di principio dall'art. 133 c.p., e tende a temperare il rigorismo della applicazione pura e semplice della legge penale mediante un atto che non sia di mera clemenza, ma che, in armonia col vigente ordinamento costituzionale, e particolarmente con l'art. 27 Cost., favorisca in qualche modo PARTE I, SBZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE l'emenda del reo ed il suo reinserimento nel tessuto sociale. Tale obiettivo, appunto, tendenzialmente perseguono le condizioni eventualmente apposte, come quella che il condannato risarcisca il danno, o che, come nella specie, versi una somma alla Cassa delle ammende, i cui proventi sono anche destinati, in virt della recente legge 26 luglio 1975, n. 354; al conseguimento dei fini dei Consigli di aiuto sociale (art. 74, cpv. quinto, numero 1). Trattasi, invero, di circostanze che contribuiscono ad evidenziare un comportamento del reo, suscettibile di considerazione positiva ai fini della valutazione della sua personalit, e quindi della concreta possibilit di un suo recupero sociale. Anche sulla base di tali considerazioni, pertanto, la censura mossa dal pretore all'istituto della grazia condizionata va ritenuta infondata. 3. -Per quanto riguarda il profilo di illegittimit concernente la lamentata violazione dell'art. 3 Cost. giova premettere che la somma da versare alla Cassa delle ammende per effetto del decreto condizionato non riveste il arattere di pena pecuniaria, ma, secondo quanto ritenuto dalla giurisprudenza, rappresenta soltanto un contributo a favore di un ente che, come noto, sovvenziona opere di solidariet nell'ambito della amministrazione della giustizia penale. Tale contributo, in analogia a quanto ritenuto dalla Corte a proposito del risarcimento del danno previsto dall'art. 165 c.p. come possibile condizione del beneficio della sospensione condizionale dell'esecuzione della pena, pu qualificarsi come onere patrimoniale per il raggiungimento di un determinato fine giuridicamente rilevante. Come la Corte ha gi ripetutamente affermato (sentenze nn. 111 del 1964 e 49 del 1975), le norme che impongono oneri di tale natura comportano inevitabilmente, nella loro applicazione, una diversa possibilit di assolvimento, secondo la diversa condizione economica dei soggetti che quei fini propongano di conseguire, senza che, in ogni caso, resti con ci vulnerato il principio di eguaglianza. La violazione dell'art. 3 pu ravvisarsi, infatti, solo quando la disparit delle condizioni economiche costituisca ostacolo all'esercizio di una facolt che la Costituzione a tutti parimenti riconosca e garantisca, ovvero quando si determini una situazione di privilegio o di svantaggio in difetto di una ragionevole giustificazione desumibile da esigenze obiettive. E mentre, ovviamente, qui non ricorre la prima ipotesi, riguardo alla seconda basta richiamare quanto dianzi affermato a proposito delle finalit insite nella grazia condizionata per ravvisare validi motivi di politica legislativa pe nale, sufficienti ad escludere, secondo la giurisprudenza della Corte, la violazione del principio di eguaglianza. D'altra parte, se ndubbiamente vero che l'incapacit economica del reo ad adempiere la condizione, secondo la giurisprudenza, non pu valere RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO non solo ad esentarlo dall'onere neppure ai fini di una eventuale proroga del termine perentorio all'uopo stabilito nel decreto presidenziale, che nessun'altra autorit ha il potere di modificare, altres vero che, secondo la prassi costantemente seguita in materia, l'istruttoria che normalmente precede il provvedimento di clemenza investe, tra l'altro, le condizioni personali e sociali del reo, le quali pertanto, vengono, di regola, considerate ~ai fini dell'eventuale apposizione di condizioni del tipo in esame. L'eventuale difetto di capacit economica che possa emergere nell'effettivit di una situazione concreta, il c:!_ie secondo il pretore si sarebbe verificato nella specie, pertanto, una accidentalft rispetto al sistema e non sembra possa assumere rilevanza tale da inficiarne la struttura. Ci a prescindere dalla possibilit che la sopravvenienza di circostanze modificatrici delle condizioni economiche del beneficiato, consiglino adeguato correttivo, mediante lo strumento di un nuovo decreto. -(Omissis). I CORTE COSTITUZIONALE, 26 maggio 1976, n. 135 -Pres. Rossi -Rel. Ros j sano -Azario (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. f: dello Stato Giorgio Azzariti). f: " Reato Oblazione Impedimenti di fatto Irrilevanza. (Cost., artt. 3 e 24; cod. pen., art. 162; r.d. 16 marzo 1942 n. 267, artt. 42 e 44). L'istituto dell'oblazione trova fondamento soprattutto nell'interesse preminente dello Stato di definire, con economia di tempo e di spese, i procedimenti relativi a reati di minore importanza: non assumono quindi rilevanza eventuali situazioni di impedimento ad effettuare l'oblazione. SEZIONE SECONDA GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E INTERNAZIONALE CORTE COSTITUZIONALE, 28 luglio 1976, n. 205 -Pres. Rossi -Rel. Astuti -Amministrazione delle finanze (avv. Stato Carafa) c. Fratelli Grssi e A.I.M.A. (avv. Stato Chiarotti) c. Greco (avv. Catalano). Comunit europee -Agricoltura -Organizzazioni comuni dei mercati Grassi -Normativa comunitaria -Norme interne riproduttive Illegittimit costituzionale. (Cost., art. 11; trattato CEE, artt. 189 e 177; regolamenti del Consiglio 22 settembre 1966, n. 136, art. 10; regolamento del Consiglio 13 giugno 1967, n. 120, art. 16; regola mento del Consiglio 26 ottobre 1967, n. 754; regolament del Consiglio 21 dicembre 1967, n. 1041, art. 3; d.!. 21 novembre 1967, n. 1051, convertito con legge 18 gennaio 1968, n. 10, artt. 2, secondo comma, lett. a, 3, primo comma, e 4, primo, terzo e quarto comma; d.l. 20 febbraio 1968, n. 59, convertito con legge 18 marzo 1968, n. 224, artt. 9 e 10). Sono costituzionalmente illegittimi, per contrasto con i princpi enunciati agli artt. 189 e 177 del trattato CEE e violazione, quindi, dell'art. 11 della Costituzione, gli artt. 2, secondo comma, lett. a; 3, primo c_omma, e 4, primo terzo e quarto comma, del d.l. 21 novembre 1967, n. 1051 (convertito con legge 18 gennaio 1968, n. 10) e gli artt. 9 e 10 del d.l. 20 febbr.: aio 1968, n. 59 (convertito con legge 18 marzo 1968, v. 224) nella parte in cui hanno sostituito, rispettivamente, le corrispondenti disposizioni, direttamente applicabili, dei regolamenti del Consiglio 22 settembre 1966, n. 136 e 26 ottobre 1967, n. 754 e de( regolamenti del Consiglio 13 giugno 1967, n. 120 e 21 dicembre 1967, n. 1041 (1). (1) Questioni proposte dalle Sezioni unite della Corte di cassazione rispettivamente con ordinanze 18 dicembre 1975 (G.U. 17 marzo 1976, n. 72) e 26 giugno 1975 (G.U. 26 novembre 1975, n. 313). Le sentenze della Corte costituzionale 27 dicembre 1973, n. 183 e 30 ottobre 1975, n. 232 sono pubblicate in questa Rassegna, 1974, I, 57, con nota di DI CIOMMO, La elaborazione giurisprudenziale del diritto comunitario, e 1975, I, 812, con nota di commnto. Quanto alla portata delle questioni discusse tra le parti interessate, appare utile riprodurre qui di seguito le deduzioni svolte nella memoria presentata per l'A.I.M.A. (Omissis). -1. -Il sig. Rocco Michele Greco, vistasi respinta un'istanza di concessione dell'integrazione di prezzo di cui all'art. 10 del Regolamento del Consiglio della Comunit Economica Europea n. 136 del 22 settembre 1966 per una certa quantit di olio di oliva prodotto nella campagna 1967-68, convenne in giudizio davanti al Tribunale di Lecce l'A.I.M.A., chiedendone la con 110 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). -1. Con la prima ordinanza le sezioni unite civili della Corte di cassazione sollevano, in riferimento agli artt. 10, primo comma, e 11 della Costituzione, la questione di legittimit costituzionale degli artt. 9 e 10 del decreto-legge 20 febbraio 1968, n. 59, convertito in legge 18 marzo 1968, n. 224, nella parte in .cui riproducono le disposizioni relative alle cosiddette restituzioni all'esportazione nel settore dei cereali contenute nell'art. 16 del regolamento 13 giugno 1967, n. 120, del Consiglio della CEE, e nell'art. 3 del regolamento 21 dicembre 1967, n. 1041, della Commissione della CEE; le quali, presentando compiutezza di contenuto dispositivo, hanno 'piena efficacia obbligatoria e diretta applicabilit nell'ordinamento interno a' sensi dell'art. 189 del Trattato di Roma. danna al pagamento della somma corrispondente all'integrazione di prezzo cui pretendeva di aver diritto. L'Azienda convenuta eccep il difetto di giurisdizione del giudice ordinario e, nel merito, l'infondatezza della domanda, in quanto al Greco non poteva riconoscersi la qualit di produttore delle olive dalle quali era stato estratto l'olio: qualit richiesta, come necessario presupposto per la concessione dell'integrazione, dal d.l. 21 novembre 1967, n. 1051. Il Tribunale adito, ritenuta la propria giurisdizione, accolse la domanda, con sentenza successivamente confermata anche dalla Corte d'appello. L'A.I.M.A. propose, quindi, ricorso per cassazione, insistendo, anzitutto, sul difetto di giurisdizione del giudice ordinario, sotto il duplice profilo della causa petendi (la pretesa alla concessione dell'integrazione di prezzo, cos com' disciplinata dalle norme comunitarie, costituisce un semplice interesse legittimo, e non un diritto soggettivo) e del petitum (, comunque, inammissibile la sostituzione del provvedimento amministrativo di concessione con una pronuncia del giudice). Solo in via subordinata veniva dedotto l'errore commesso dai giudici di merito nel riconoscere al Greco la qualit di produttore delle olive utilizzate per l'estrazione dell'olio. La Corte di cassazione era, perci, chiamata a risolvere, anzitutto, il problema della qualificazione giuridica (diritto soggettivo o interesse legittimo) della pretesa all'integrazione. Ed ovvio che tale problema (di giurisdizione) del tutto autonomo e indipendente dall'altro (di merito) attinente alla titolarit della pretesa stessa. Non si comprende, pertanto, perch la questione di legittimit costituzionale delle norme del dl. 21 novembre 1967, n. 1051, nella sola parte in cui accordano l'integrazione di prezzo ai produttori di olive anzi. ch ai produttori di olio (e, cio, nella sola parte in cui disciplinano la titolarit della pretesa), sia potuta apparire rilevante ai fini della soluzione del pregiudiziale problema .di giurisdizione. N alcun chiarimento offre la motivazion dell'ordinanza di rimessione che, sul punto, del tutto carente, liinitandosi ad asse:r:ire apoditticamente che l'individuazione del dato normativo applicabile ai fini dell'individuazione del titolare dell'integrazione assumerebbe rilevanza in ordine sia alla sollevata questione di difetto di giurisdizione del giudice ordinario (primo motivo del ricorso), sia al punto della controversia che concerne la contestata qualit del resistente di produttore di olive . Non ci sembra proprio che questa scarna proposizione possa valere a chiarire in qual senso e sotto quale profilo la questione attinente all'obiettiva consistenza della pretesa all'integrazione (diritto .soggettivo o interesse legittimo) possa essere influenzata dalla soluzione del ben PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 711 Con la seconda ordinanza, le sezioni unite civili sollevano, in riferimento alle stesse disposizioni della Costituzione, la questione di legittimit costituzionale degli artt. 2, secondo comma, lett. a; 3, primo comma; 4, primo, terzo e quarto comma, del decreto-legge 21 novembre 1967, n. 1051, convertito con modificazioni nella legge 18 gennaio 1968, n. 10, nella parte in cui accordano il diritto all'integrazione di prezzo per l'olio di oliva di produzione 1967/68 ai produttori di olive anzich ai p:r:oduttori di olio di oliva; osservando che le disposizioni denunciate riproducono, modificandola, la disciplina stabilita dall'art. 10, paragrafo 1, del regolamento 22 settembre 1966, n. 136, del Consiglio della CEE, diverso problema attinente all'individuazione del titolare della pretesa stessa. La circostanza che questo titolare sia il produttore dell'olio o quello delle olive non pu certo comportare alcuna conseguenza in tema di. giurisdizione. Qui si tratta di stabilire quale tipo di tutela la legge obiettivamente appresti per l'interesse all'integrazione di prezzo, chiunque sia, poi, il portatore dell'interesse tutelato. Il che val quanto dire che, per definizione, la questione di giurisdizione del tutto autonoma e indipendente dalle questioni di legittimazione sostanziale (ossia di titolarit dell'interesse dedotto in giudizio), che possono assumere rilevanza soltanto in relazione al giudizio di merito sulla fondatezza (e non sulla proponibilit) della domanda. Sul punto, ci rimettiamo, comunque, all'illuminata valutazione di codesta Corte Ecc.ma. 2. Non sar inutile, tuttavia, anche al fine di meglio chiarire l'effettiva portata della qestione di legittimit costituzionale, richiamare brevemente i presupposti normativi e i termini del dibattito processuale nel giudizio a quo. Com' noto, codesta Corte, con le sentenze del 27 dicembre 1973, n. 183, e del 30 ottobre 1975, n. 232, ha enunciato il principio secondo cui la partecipazione dell'Italia all'ordinamento delle Comunit europee, con le conseguenti limitazioni (legittimate dall'art. 11 della Costituzione) dei poteri dello Stato in -Ordine all'esercizio della funzione legislativa, esclde che i regolamenti della Comunit, semprech abbiano completezza di contenuto dispositivo, possano formare oggetto di provvedimenti statali a carattere riproduttivo, integrativo o esecutivo, che possano comunque differirne o condizionarne l'entrata in vigore, e tanto meno sostituirsi ad essi, derogarvi o abrogarli anche parzialmente. Tale principio, peraltro, non pregiudica in alcun modo la potest dello Stato di emanare le norme esecutive di organizzazione, o concernenti modalit di appli. cazione, che siano richieste dagli stessi regolamenti comunitari, o che siano, comunque, indispensabili. Lo Stato, infatti, ben pu e deve, mediante legge o regolamento, dettare le norme esecutive che siano necessarie per l'applicazione in Italia dei regolamenti comunitari (sent. n. 232/75). Orbene, va subito precisato che, nel nostro caso, com' pacifico fra le parti .e come ha anche (implicitamente) ritenuto l'ordinanza di rimessione, la normativa interna in materia di integrazione di prezzo per l'olio di oliva di produzione 1967-69 (d.l. 21 novembre 1967, n. 1051, convertito nella legge 18 gennaio 1968, n. 10) non si affatto sovrapposta, abrogandola, alla normativa comunitaria (regolamenti C.E.E. n. 136/66 e n. 754/67). L'attribuzione dell'integrazione discende, infatti, direttamente dalle norme comunitarie e la legge interna intervenuta soltanto per dettare le necessarie disposizioni esecutive di organizzazione e di applicazione. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEU.O STATO con cui accordata una integrazione del prezzo ai produttori di olio . di oliva prodotto nella Comunit con olive raccolte nella Comunit >>, disciplina avente anch'essa piena ed automatica efficacia obbligatoria nell'ordinamento italiano. Avendo per oggetto la medesima questione di costituzionalit, i due giudizi possono ~ssere riuniti, e definiti con unica sentenza. 2. -L'Avvocatura generale dello Stato, nelle deduzioni prodotte nel primo giudizio per l'Amministrazione delle finanze, e nel secondo per l'Azienda per gli interventi nel mercato agricolo (AIMA), ha prospettato, pur senza sollevare formale eccezione, il dubbio sulla rilevanza della Che questa sia la situazione, risulta chiaramente dall'esame del regolamento di base n. 136/66 e dei successivi regolamenti integrativi. Il primo si limita a stabilire, all'art. 10,-che quando il_ prezzo indicativo alla produzione superiore al prezzo indicativo di mercato d'inizio campagna, viene accordata un'integrazione pari alla differenza esistente tra questi due prezzi ai produttori di olio d'oliva prodotto nella Comunit con olive raccolte nella Comunit (par. 1). Viene, poi, rimesso al Consiglio di dettare i principi per la concessione dell'integrazione e di fissare le misure destinate ad assicurare che i produttori di olio d'oliva fruiscano di detta integrazione solo per gli oli che rispondano alle condizioni previste al paragrafo 1 (par. 2); e viene, infine, demandato alla Commissione di stabilire, on una particolare procedura, le modalit di applio ,zione del presente articolo (par. 3). Per la campagna 1967-68, le disposizioni di cui al par. 2 dell'art. 10 sono state emanate con il regolamento del Consiglio n. 754/67 del 26 ottobre 1967, il quale si limita a precisare che l'integrazione Ǐ concessa su domanda presentata nelle zone oleicole della Comunit dagli interessati (art. 2) e che in attesa di un regime comunitario di controllo, -ogni Stato membro produttore instaura un regime di controllo amministrativo atto ad assicurare che il prodotto di cui all'art. 1 ha diritto all'integrazione (art. 3). Le modalit di applicazione di cui -al par. 3 dell'art. 10 sono, poi, .state emanate con il regolamento della Commissione n. 830/67 del 9 novembre 1967, il quale, per quanto qui interessa, detta soltanto disposizioni relative al contenuto ed alla documentazione delle domande di integrazione (art. 1), nonch alla tenuta della contabilit di magazzino dei frantoi (art. 2). Non chi non veda come tali scarne ed essenziali disposizioni richiedano , l'emanazione, da parte degli Stati membri, di norme esecutive e di ;applica-zione, assolutamente indispensabili, anzitutto, per l'instaurazione del fondamentale regime di controllo amministrativo, espressamente richiesta dallo stesso Regolamento n. 754/67, e, poi, per la disciplina, nei particolari, del procedimento di concessione, a partire dai requisiti della domanda (per la quale le norme comunitarie si limitano a stabilire che dev'essere presentata nelle zone oleicole e che deve avere _un contenuto minimo), dal termine di presentazione e dalla determinazione dell'autorit competente a riceverla, fino alla necessaria regolamentazione delle competenze e delle funzioni dei vari uffici nelle fasi istruttoria, di concessione e di pagamento dell'integrazione. Ed appunto a tutto ci che ha provveduto il d.l. 21 novembre 1967, n. 1051.. Si guardi, in particolare, all'art. l, che non sostituisce affatto alla norma comu. nitaria un'autonoma norma interna concessiva dell'integrazione, ma si limita a PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 713 questione di legittimit costituzionale ai fini della decisione dei due giudizi, osservando che nel primo, dato il carattere meramente riproduttivo delle norme nazionali rispetto alle norme comunitarie, non dovrebbe avere rilievo lo stabilire quale sia la fonte giuridica di quella unica e medesima disciplina; e che anche nel secondo, essendo la Corte di cassazione chiama~a anzitutto a decidere la questione di giurisdizione, pronunciandosi sulla qualificazione giuridica della pretesa all'integrazione come diritto soggettivo o interesse legittimo, tale questione dovrebbe considerarsi del tutto autonoma e indipendente dalle questioni di legittimazione sostanziale, ossia di titolarit dell'interesse dedotto in giudizio, rilevanti solo per la definizione delle cause di merito. dettare ima pura e semplice norma di competenza, stabilendo che spetta al l'A.I.M.A., per conto dello Stato, di corrispondere per l'olio di oliva, prodotto nella campagna 1967-68, una integrazione pari alla differenza fra il prezzo indi~ cativo alla produzione ed il prezzo indicativo di mercato stabiliti dalla Comu nit economica europea . La norma sostanziale che accorda la concessione , quindi, sempre e sol tanto la norma comunitaria. La legge interna interviene soltanto, in virt di un potere conferitole dalla stessa normativa comunitaria, a dettare la necessaria disciplina strumentale di competenza, che si completa, poi, con la regolamen tazione dei particolari del procedimento (requisiti della domanda e autorit com petente a riceverla: art. 3; documentazione: artt. 4 e 5; istruttoria e disciplina contabile: art. 6; rapporti fra i vari organi competenti: artt. 8 e 11; destina tari dei pagamenti: art. 2). Da ci, alcune rilevanti conseguenze. Anzitutto, chiaro che, al contrario di quanto sembra aver ritenuto la Corte di cassazione, la questione fondamentale della qualificazione giuridica dell'interesse protetto dalle norme sull'integrazione e, quindi, della determinazione del giudice competente va posta e risolta con riferimento immediato e diretto alla normativa comunitaria, senza che occorra rimuovere, preventivamente, alcun ipotetico diaframma rappresentato da una, in realt inesistente, legge interna che abbia riprodotto, novandone il titolo di validit, il contenuto della normativa comunitaria di base. Sul punto, attinente alla rilevanza della questione di legittimit costituzionale nel giudizio a quo, ci rimettiamo, comunque, ome gi abbiamo detto, alla decisione della Corte. In secondo luogo, prescindendo dal rapporto (in realt inesistente) fra la questione di legittimit costituzionale sollevata dalla Corte di cassazione e la questione di giurisdizione, va sottolineato che la prima si riferisce ad una disposizione particolare inserita in un contesto normativo, che, per essere attinente alle modalit esecutive ed all'organizzazione amministrativa e procedimentale della concessione dell'integrazione di prezzo, rientra indiscutibilmente nell'ambito della competenza del legislatore nazionale. La situazione, cio, si presenta in termini del tutto diversi da quelli della fattispecie che codesta Corte ha preso in esame nella sentenza 232/75. In quel caso, l'emanazione delle norme italiane corrispondenti alle norme comunitarie appariva non dettata n giustificabile dalla esigenza di dare alle norme comunitarie attuazione nello Stato, ma dovuta al disconoscimento dell'efficacia immediata e diretta delle norme comunitarie in Italia. Nel nostro caso, invece, l'emanazione del d.l. 21 novembre 1967, n. 1051 stata proprio dettata dalla indiscutibile esigenza di dare attua 114 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Ma il dubbio non ha ragion d'essere, di fronte alla chiara motivazione di entrambe le ordinanze, in cui si osserva come l'individuazione della fonte normativa applicabile incida, sotto vari profili, sulla definizione dei giudizi, poich la decisione pregiudiziale circa l'applicabilit delle norme comunitarie o delle successive norme interne influente sia per la soluzione della questione di giurisdizione, sia per altre questioni proposte con diversi motivi di ricorso. Ancora sul punto della rilevanza della questione di legittimit costituzionale, le ordinanze della Cassazione osservano che in tanto la Corte potrebbe porre quesiti interpretativi dei regolamenti comunitari alla Corte di giustizia delle Comunit europee (art. 177 del Trattato CEE), in quanto avesse risolto il preliminare problema sull'alternativa delle fonti normative applicabili, a zione nello Stato alla disciplina comunitaria dell'integrazione di prezzo, e, in particolare, di instaurare quel regime di controllo esplicitamente delegato alla normativa nazionale dal regolamento n. 754/67 (art. 3). In astratto, potrebbero, quindi, darsi queste due sole ipotesi. La prima che il legislatore interno abbia ecceduto dai limiti del potere ad esso riconosciuto dalle norme comunitarie, dettando disposizioni relative ad argomenti gi compiutamente regolati dalle fonti della Comunit e, quindi, non compresi nella (esplicita o implicita) delega normativa di cui si tratta. La seconda ipotesi che il legislatore interno, pur attenendosi ai limiti del suo potere normativo, abbia emanato, su qualche punto, disposizioni non conformi ai criteri o principi generali desumibili dalla normativa comunitaria di base. Nel primo caso, com' chiaro, si farebbe questione di carenza di potere normativo del legisla,. tore interno, a causa dell'invasione della sfera di competenza comunitaria. Nel secondo, invece, si farebbe soltanto questione di .scorretto esercizio di un potere sicuramente spettante al legislatore interno. Orbene, sembra chiaro che soltanto nella prima ipotesi, e non mai nella seconda, potrebbe sorgere un problema di legittimit costituzionale della legge interna. Come, infatti, ha ben chiarito codesta Corte nella sentenza 232/75, l'illegittimit costituzionale, per contrasto con l'art. 11 Cost., delle norme interne emanate per regolare fattispecie gi disciplinate da norme comunitarie discende direttamente dalla ripartizione di competenze stabilita e garantita dal Trattato di Roma e dalle fonti successive, e, quindi, dall'assenza di potest legislativa dell'ordinamento interno nelle materie riservate alla competenza dell'ordinamento comunitario. Ci significa che, quando si riconosce all'ordinamento interno la competenza a disciplinare determinate materie, sia pure in armonia con principi fissati da norme comunitarie, per ci solo senz'altro esclusa ogni questione di legittimit costituzionale, essendo, in ipotesi, esclusa quella situazione di assoluta carenza di potest normativa che ne dovrebbe costituire il fondamento. Lo scorretto esercizio di un potere attribl:lito o riconosciuto dall'ordinamento comunitario all'ordinamento interno potr dar luogo, in sede comunitaria, al procedimento di cui all'art. 169 del Trattato di Roma, ma non potr mai involgere questioni di legittimit costituzionale nell'ambito dello stesso ordinamento interno, in ipotesi riconosciuto come pienamente competente nella materia. Sar sufficiente, perci, dimostrare, come ci sembra agevole, che la disposizione sul pagamento dell'integrazione di prezzo al produttore delle olive rientra nell'ambito della potest normativa riconosciuta o delegata all'ordinamento :t'ARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 715 favore dei regolamenti comunitari, il che postula necessariamente la decisione in senso affermativo sull'inapplicabilit delle norme interne, perch costituzionalmente illegittime l' 3. -La dedotta questione di costituzionalit fondata, e in ordine ad essa questa Corte non pu che richiamarsi ai principi gi enunciati nelle sue decisioni 27 dicembre 1973, n. 183, e 30 ottobre 1975, n. 232. I regolamenti emanati dal Consiglio e dalla Commissione delle Comunit europee hanno, a norma dell'art. 189 del Trattato di Roma, piena efficacia obbligatoria in tutti i loro elementi e sono direttamente applicabili in tutti gli Stati membri; pertanto, semprech essi presentino completezza di contenuto dispositivo, non debbono essere oggetto di successivi provinterno nella materia perch sia escluso, per ci solo, ogni fondamento della questione di legittimit costituzionale. 3. -L'ordinanza di rimessione si limita a rilevare l'apparente contrasto fra un inciso dell'art. 10 del regolamento n. 136/66 (viene accordata un'integrazione... ai produttori di olio d'oliva ... ) e l'art. 2, lett. a, del d.l. 21 novembre 1967, n. 1051 (L'integrazione corrisposta, per gli oli di pressione, ai produttori delle olive ... in relazione alla quantit di olio estratto dalle medesime). Ma chiaro che non ci si pu fermare alla superficie. L'art. 10 del regolamento C.E.E. n. 136/66 va inteso, non gi nel senso che dev'essere concesso un aiuto ad un certo soggetto piuttosto che a un altro, bens nel senso che deve essere obiettivamente aiutata la produzione di olio d'oliva, mediante la corresponsione di incentivi che, ovviamente, ridondano a vantaggio di tutti gli operatori economici impegnati nella produzione stessa. In questa prospettiva, chiaro che l'individuazione del soggetto al quale dev'essere concretamente versata l'integrazione di prezzo assume un rilievo decisamente secondario, trattandosi, non certo di tutelare un suo autonomo, egoistico interesse, ma di attuare un intervento di sostegno di un intero settore economico, con vantaggi che devono ripercuotersi, attraverso i meccanismi del mercato, su tutti gli operatori interessati alle varie fasi della produzione. i!. chiaro, perci, che l'espressione produttori di olio d'oliva,, non pu essere intesa in senso restrittivo, come riferita ai soli gestori dei frantoi, ma assume necessariamente un significato ben pi lato e generico, tale da poter comprendere, in linea di principio, tutti gli operatori economici (dagli olivicultori ai raccoglitori ai frantoiani) che intervengono nel ciclo produttivo dell'olio. Ci che interessa al legislatore comunitario, nel dettare la norma di base, solo che l'aiuto finanziario previsto vada a beneficio delle sole produzioni realizzate all'interno della Comunit e con olive raccolte nella Comunit. Il problema di ,stabilire, poi, a chi, in concreto, debba essere pagata la sovvenzione si pone solo in via secondaria e applicativa e deve essere risolto tenendo presenti le esigenze e le finalit perseguite dalla norma di base. Ci significa che l'individuazione del destinatario dei pagamenti non pu essere desunta direttamente dalle norme foncfamentali del primo paragrafo dell'art. 10, ma rimessa a quelle disposizioni attuative che il paragrafo 2 dello stesso art. 10 prevede al fine della fissazione dei principi per la concessione dell'integrazione e delle misure destinate ad assicurare che i produttori di olio d'oliva fruiscano di detta integrazione solo per gli oli che rispondano RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 716 vedimenti statali a carattere riproduttivo, integrativo o esecutivo, che possano comunque differirne o condizionarne l'entrata in vigore, e tanto meno sostituirsi ad essi, derogarvi o abrogarli anche parzialmente. principio fondamentale del sistema comunitario che questi regolamenti entrino contemporaneamente in vigore nei diversi Paesi della Comunit, e vi conseguano applicazione puntuale, uguale ed uniforme nei confronti della generalit dei destinatari. Gli Stati membri hanno soltanto il potere- dovere di emanare le norme esecutive di organizzazione interna o concernenti modalit di attuazione, che possano essere richieste dagli stessi regolamenti comunitari, o risultino comunque indispensabili per alle condizioni previste dal paragrafo 1 (e, cio, oli prodotti nella Comunit e con olive raccolte nella Comunit). . Orbene, il Consiglio della C.E.E., nel dettare queste disposizioni attuative per la campagna 1967-68 (regolamento n. 754/67), ha preferito, in attesa di un regi.me comunitario di controllo , di delegare agli Stati membri l'instaurazione di " un regime di controllo amministrativo atto ad assicurare che il prodotto di cui all'art. 1 ha diritto all'integrazione, precisando, peraltro, che tale con trollo deve consentire in particolare di stabilire la corrispondenza tra il quan titativo di olio per il quale chiesta l'integrazione e il quantitativo di olive rac colte nella Comunit, utilizzato per la produzione dell'olio . In tal modo, stata delegata agli Stati membri quella stessa potest nor mativa che al Consiglio attribuita, in via primaria, dal paragrafo 2 dell'art. 10 del regolamento 136/66. Quella stessa potest, cio, che, come abbiamo visto, comprende anche l'individuazione del soggetto legittimato a presentare la domanda di integrazione ed a riscuoter~ la somma riconosciuta dalle competenti autorit. Ci risulta, con particolare chiarezza, dalla richiamata disposizione sulla destinazione dei controlli delegati agli Stati membri, che devono tendere a sta bilire la corrispondenza fra olio prodotto e olive utilizzate. chiaro che questa precisa determinazione della funzione del controllo non sarebbe concepibile ove gli Stati membri fossero tenuti a concentrare sul solo produttore finale del l'olio (e non anche sul produttore delle olive destinate alla molitura) ogni legittimazione a promuovere il procedimento di concessione dell'integrazione. Il sistema del controllo della corrispondenza, infatti, non solo presuppone una discrezionalit di scelta fra i due possibili soggetti legittfillati, ma contiene, anzi, per la sua stessa logica interna, una precisa indicazione in favore del produttore delle olive. Soltanto attribuendo a quest~ultimo la legittimazione a chiedere l'integrazione ; invero, possibile istaurare un serio regime di con trollo della corrispondenza fra olio prodotto e olive utilizzate, posto che, com' evidente, i dati fondamentali e imprenscindibili riguardanti l'indicazione del fondo di produzione delle olive e la relativa potenzialit produttiva possono essere responsabilmente forniti solo da chi ha provveduto alla coltivazione del fondo olivetato e non certo dal titolare del frantoio che ne ha acqui stato il prodotto. Se, quindi, il legisiatore interno, nel procedere all'individuazione del destinatario dell'integrazione, non si sovrapposto ad alcuna tassativa norma comunitaria preesistente, ma ha semplicemente esercitato una potest normativa ad esso delegato dal regolamento e.E.E. n. 754/67, adeguandosi, per giunta, ai principi direttivi agevolmente desumibili dalla stessa norma delegante, chiaro PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 717 la loro effettiva applicazione; e sono altres tenuti, ove occorra; a provvedere alla copertura finanziaria delle spese eventualmente occorrenti. Consegue a questi principi che la successiva emanazione di norme legislative interne, anche di contenuto puramente riproduttivo, integra violazione delle disposizioni degli artt. 189 e 177 del Trattato di Roma, in quanto la trasformazione del diritto comunitario in diritto interno ne disconosce la diretta efficacia obbligatoria ed automatica applicabilit, e ne sottrae l'interpretazione in via definitiva alla Corte di giustizia delle Comunit, necessaria e fondamentale garanzia di uniformit di applicazione in tutti gli Stati membri. Delle norme legislative italiane che abbiano recepito e trasformato in legge interna disposizioni dei regolamenti comunitari direttamente applicabili deve pertanto essere dichiarata la illegittimit costituzionale, per il rilevato contrasto che nessuna questione di legittimit costituzionalp per straripamento dai limiti della competenza dell'ordinamento interno pu fondatamente porsi. 4. -Ulteriore conferma della conclusione appena raggiunta pu trarsi da un esam pi estesO' e approfondito dell'evoluzione del sistema della disciplina comunitaria dell'integrazione di prezzo per l'olio d'oliva. La fallacia dell'argo mento puramente lessicale che la Corte di cassazione ha creduto di poter desumere dal confronto fra l'art. 10 del regolamento C.E.E. 136/66 e l'art. 2 del d.I. 1051/67 ne risulter evidente, si da rendere superfluo quel preventivo giudizio di interpretazione della normativa comunitaria da parte della Corte di giustizia, che, altrimenti, si renderebbe necessario a norma dell'art. 177 del Trattato di Roma. Come abbiamo gi visto, una corretta interpretazione sistematica dell'intero testo della norma istitutiva del regime dell'integrazione (art. 10 del regolamento 136/66) porta a concludere che nel rinvio a successive disposizioni regolatrici dei princpi e dei controlli in materia (par. 2) sia compreso anche ci che concerne l'individuazione del soggetto legittimato a chiedere e a riscuotere l'integrazione, l'individuazione, cio, di chi debba concretamente considerarsi quale " produttore di olio di oliva (produttore, finale o produttore delle olive molite). La riprova sta in c, che quando, per campagne successive al 1967-68, il Consiglio della C.E.E. non si pi limitato a delegare agli Stati membri la propria potest normativa ex par. 2 dell'art. 10, esso ha fatto uso di questa stessa potest anche al fine di dettare norme direttamente rilevanti in tema di determinazione del destinatario dell'integrazione. L'estensione del potere (delegato al legislatore interno per la campagna 1967-68) fino a comprendere anche questa materia ha, cos, ricevuto una definitiva e tranquillante conferma per via di interpretazione autentica da parte delle stesse fonti comunitarie. Procedendo per ordine, ricordiamo che, per la prima campagna olearia di concessione dell'integrazione (1966-67), il Consiglio, con regolamento 168/66 del 27 ottobre 1966, emesso ai sensi del par. 2 dell'art. 10 del regolamento 136/66, dett una norma particolare per l'Italia, prescrivendo che il nostro Paese avrebbe potuto adottare un regime di controllo fondato sull'introduzione di una particolare sostanza rivelatrice nell'olio d'oliva (art. 3). Conseguentemente, il d.l. 9 novembre 1966, n. 912 instaur un sistema strutturato in modo da concentrare nei titolari degli stabilimenti di molitura delle olive (sia attraverso la presentazione di domande d'integrazione per l'olio ottenuto da olive da loro prodotte RASSEGNA DEIL'AVVOCATURA DEILO STATO 718 con il disposto degli artt. 189 e 177 del Trattato di Roma e con i prin cipi fondamentali del sistema comunitario, che comporta violazione dell'art. 11 della Costituzione. 4. -Le disposizioni degli artt. 9 e 10 del decreto-legge 20 febbraio 1968, n. 59, convertito in legge 18 marzo 1968, n. 224, denunciate con la prima ordinanza della Corte di cassazione, riproducono la disciplina delle restituzioni all'esportazione nel settore dei cereali, stabilita >, ed osserva come le successive disposizioni di diritto interno, pur rihiamandosi alla normativa comunitaria, prevedano in deroga ad essa la concessione dell'integrazione di prezzo a favore dei produttori di olive anzich dei produttori di olio. Secondo l'ordinanza, che la norma interna di attuazione contrasti con quella comunitaria non pu formare oggetto di dubbio ; su questo punto, anche davanti a questa Corte le parti hanno ampiamente discusso, sostenendosi dall'Azienda di Stato la corrispondenza della legge italiana allo spirito ed alle finalit delle disposizioni comunitarie, le quali sarebbero state dettate a sostegno degli olivicultori ed avrebbero rimesso al legislatore nazionale la identificazione dei destinatari dell'integrazione; e replicandosi dalla parte privata che il denunciato contrasto effettivamente sussiste, ma in questa sede viene contestata non tanto la difformit delle norme interne quanto l'illecita riproduzione e sostituzione con esse delle corrispondenti norme comunitarie, direttamente applicabili, che accordano l'integrazione di prezzo ai produttori di olio d'oliva. Non sfugge a questa Corte la gravit ed importanza del problema interpretativo, che dovr essere risolto nelle competenti sedi giu:dsdizionali, salva in ultima istanza la pronuncia della Corte di giustizia delle Comunit, cui l'art. 177 del Trattato di Roma riserva la definitiva decisione sulla validit ed interpretazione dei regolamenti comunitari. Ma tale problema esorbita manifestamente e sicuramente dall'ambito del presente giudizio di costituzionalit, nel quale la Corte non chiamata a stabilire quali debbano essere i beneficiari delle provvidenze comunitarie, bens esclusivamente ad accertare che le disposizioni dei regolamenti CEE n. 136/1966 e 754/1967, aventi piena efficacia obbligatoria e diretta applicabilit nell'ordinamento interno di tutti gli Stati membri, sono state indebitamente sostituite dalle corrispondenti norme della successiva legge italiana, emanata per dare attuazione ai detti regolamenti, norme di cui pertanto deve essere qui dichiarata la illegittimit. Eliminate queste norme, sar compito dei giudici chiamati a decidere la causa che ha dato luogo al giudizio di costituzionalit, di pronunciarsi sull'interpretazione ed applicazione dell'art. 10, paragrafo 1, del regolamento n.. 136/1966 e delle altre disposizioni comunitarie relative alla integrazione di prezzo per l'olio di oliva, ferma la competenza riservata alla Corte di giustizia delle Comunit dal gi ricordato art. 177 del Trattato di Roma. -(Omissis). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 722 CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT EUROPEE, 20 maggio 1976, nella causa 111/75 -Pres. Lecourt -Rei. Donner -Avv. gen. Reischl Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunale di Trento nella causa Impresa, Costruzioni Q. Mazzalai (avv. Giammarco) contro s.p.a. Ferrovia del Renon (avv. Facchin) -Interv.: Governo italiano (avv. Stato Braguglia) e Commissione delle Comunit europee (ag. Wiigenbaur e de March). Comunit europee Giudizio di interpretazione ex art. 177 del Trattato CEE Atti comunitari non aventi diretta efficacia -Competenza della Corte. (Trattato CEE, art. 177; direttiva del Consiglio 11 aprile 1967, n. 228). Comunit europee -Direttiva di armonizzazione in materia di imposte sulla cifra di affari Imposta sul valore aggiunto -Prestazioni di servizi -Fatto generatore dell'imposta. (Direttiva del Consiglio 11 aprile 1967, n. 228, art. 6 n. 4; d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 6, terzo comma). A norma dell'art. 177 del Trattato CEE la Corte di giustizia competente a statuire, in via pregiudiziale, sull'interpretazione degli atti emanati dalle istituzioni comunitarie, indipendentemente dal fatto che essi abbiano o meno efficacia diretta (1). (1) L'interpretazione, in via pregiudiziale, degli atti comunitari privi di efficacia diretta. Uno degli aspetti fondamentali che la causa sottoposta alla decisione pregiudiziale della Corte di giustizia presentava era quello relativo all'ammissibilit ed ai limiti del giudizio di interpretazione, ex art. 177 del Trattato di Roma, di atti comunitari non aventi efficacia diretta. Nelle osservazioni presentate per conto del Governo italiano (osservazioni che, sul punto, vengono di seguito trascritte per una migliore intelligenza del delicato problema), l'Avvocatura Generale aveva rappresentato gli argomenti secondo i quali non pareva ammissibile che il giudizio di interpretazione della norma comunitaria non immediatamente applicabile si estendesse sino a chiarire il significato della norma medesima, nonch i pericoli di una tale estensione: sia per l'inevitabile.confusione di procedimenti (quello previsto dall'art. 177 e quello previsto dall'art. 169 del Trattato), sia per l'inutilit di una taie piena interpretazione posto che la norma comunitaria non poteva essere applicata dal giudice nazionale. La Corte ha respinto gli argomenti addotti, limitandosi a statuire la propria competenza anche in relazione agli atti non immediatamente applicabili ed a rilevare -come aveva gi fatto nella sentenza in causa 32/74, HAAGA, Racc., 1974, 1201 -che l'interpretazione di simili atti ... pu costituire per il giudice nazionale un utile criterio or'ientativo al fine di garantire l'interpretazione e l'applicazione della legge interna d'attuazione in senso conforme ai dettami del diritto comunitario. Soluzione, quella data dalla Corte, che difficile condividere sul piano del diritto, ma che non si pu non riconoscere ispirata all'esigenza di garantire PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 723 L'art. 6, n. 4, della seconda direttiva del Consiglio 11 aprile 1967, n. 228, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative all'imposta sulla cifra d'affari, non pu essere interpretato nel senso che esso consenta d'identificare il momento in cui il servizio effettuato con quello in cui viene rilasciata la fattura o incassato un acconto, qualora tali operazioni siano posteriori al compimento del servizio. (Omissis). -In diritto. Con ordinanza 30 giugno 1975, registrata in cancelleria il 24 ottobre successivo, il Tribunale di Trento ha sottoposto l'uniformit di applicazione della normativa comunitaria, anche se tale applicazione non avviene direttamente da parte dei giudici nazionali, ma indirettamente attraverso l'intervento degli Stati membri. (Omissis) 1. -Il giudice nazionale ha chiesto alla Corte -avvalendosi del procedimento di cui all'art. 177 del Trattato -di interpretare l'art. 6 n. 4 della seconda direttiva del Consiglio e tale richiesta, come prima si osservava, solleva dei problemi sui quali non sar inutile soffermarsi. L'art. 189 del Trattato dispone che la direttiva vincola lo Stato membro cui rivolta per quanto riguarda il risultato da raggiungere, salva restando la com: petenza degli organi nazionali in merito alla forma ed ai mezzi. Lo stesso art. 189, invece, definisce obbligatori in tutti i loro elementi e direttamente applicabili i regolamenti. Interpretando la citata norma del Trattato, talvolta in riferimento all'arti colo 177, la Corte ha spesso affermato che, a prescindere dai regolamenti, altri atti comunitari indicati nell'art. 189 possono essere immediatamente applicabili. Nel senso della immediata applicabilit e della possibilit quindi per i singoli di fondare i propri diritti su tali atti comunitari (nonch della correlativa possibilit per i giudici nazionali di prendere in considerazione gli atti stessi come norme di diritto comunitario), la Corte si espressa, ad esempio, nella sentenza in causa 9/70 Grad (Racc. 1970, 825) a proposito di una decisione del Consiglio collegata con l'art. 1 della prima direttiva 67/227 /C.E.E. in data 11 aprile 1967. Nello stesso senso si espressa a proposito di direttive nelle sentenze in causa 33/70 SACE (Racc. 1970, 1223). e in causa 41/74 Van Duyn (Rac. 1974, 1337). Nei casi sopra citati a titolo di esempio, cos come in tutti gli altri esaminati, la Corte -dopo aver escluso che, in linea generale, le decisioni o le direttive non possano mai essere immediatamente applicabili -ha affermato che occorre ... esaminare, caso per caso, se la natura, lo spirito e la lettera della disposizione di cui trattasi consentano di riconoscerle efficacia immediata nei rapporti tra gli Stati membri ed i singoli (sentenza in causa Van Duyn citata, paragrafo 12/5). Pi in particolare, nella stessa sentenza Van Duyn, come gi nella precedente sentenza in causa 9/70 Grad, la Corte ha proceduto ad un collegamento tra gli articoli 189 e 177 del Trattato ed ha in proposito affermato: D'altra parte l'articolo 177, che autorizza i giudici nazionali a domandare alla Corte di Giustizia di pronunziarsi sulla validit e sull'interpretazione di tutti gli atti compiuti dalle istituzioni, senza distinzione, implica il fatto che i singoli possano far valere tali atti dinanzi ai giudici nazionali (paragrafo 6 sentenza Grad; paragrafo 12/4 sentenza Van Duyn). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 724 in via pregiudiziale a questa Corte una questione mirante ad accertare se l'art. 6, n. 4, della seconda direttiva del Consiglio di data 11 aprile 1967 (in G.U.C.E. n. 71 del 14 aprile 1967) debba interpretarsi nel senso che per la prestazione di servizi ed in particolare per i contratti d'ap palto il fatto generatore dell'imposta si verifichi al momento in cui viene effettuato il servizio, restando i singoli Stati membri autorizzati ad identificare tale momento anche col rilascio di una fattura o con l'incasso di un acconto, e ci tanto nell'ipotesi che tali fatti precedano il compimento dell'opera come pure nell'ipotesi (ricorrente nella specie) che seguano al compimento predetto , 2. -Quest'ultima precisazione fatta dalla Corte presenta, ad avviso del Governo italiano, un duplice significato: a) da un lato essa conferma, traendo argomento dall'art. 177, che anche atti comunitari diversi dai regolamenti possono essere, in certi casi, immediatamente applicabili; b) dall'altro, essa stabilisce che il procedimento ex art. 177 deve riguardare un atto comunitario immediatamente applicabile. Questo secondo significato va brevemente illustrato, soprattutto alla luce della funzione che l'art. 177 assegna alla decisione pregiudiziale d'interpretazione o di validit. Non il caso qui di indugiare su quale sia tale funzione e sulla fondamentale importanza dell'interpretazione ed applicazione uniformi del diritto comunitario, sia di quello stabilito nel Trattato, sia di quello derivato. Non pare neanche il caso di sottolineare che la suddetta funzione pu esplicare ed esplica tutto il suo effetto in tanto in quanto il giudice nazionale sia tenuto ad applicare la norma comunitaria della quale chiede l'interpretazione o della cui validit dubita. Ed, infatti, se la norma comunitaria non immediatamente applicabile nell'ordinamento interno e se quindi il giudice nazionale non soltanto non tenuto ma neanche legittimato ad applicarla, l'interpretazione che ne desse la Corte quanto al suo significato resterebbe priva di effetto. Orbene, non sembra che la ratio dell'art. 177 possa condurre ad un simile risultato; non sembra, in altri termini, che il procedimento previsto da detta norma possa essere utilizzato fino al punto da richiedere alla Corte l'interpretazione di una norma comunitaria, che la Corte stessa riconosce non immediatamente applicabile. , Occorre precisare, a tal punto, che -per comodit di esposizione -la fase del giudizio sulla immediata applicabilit o meno della norma stata tenuta distinta .dalla fase di interpretazione, cio di esplicazione del significato della norma stessa. Il che, a stretto rigore, non esatto in quanto il primo momento dell'interpretazione proprio quello di verificare se la norma sia o meno immediatamente applicabile. Quella distinzione serve peraltro a chiarire che il problema qui delineato non attiene n alla rilevanza della questione proposta n alla ricevibilit della domanda pregiudiziale. Il problema della rilevanza, :ip.vero, pre_suppone che la norma comunitaria sia immediatamente applicabile in astratto, mentre dubbia la sua applicabilit al caso concreto. Il problema della ricevibilit attiene alla natura dell'atto del quale si chiede l'interpretazione o della cui validit si dubita: e la Corte ha espressa PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 725 Tale questione stata sollevata nell'ambito di una controversia ver tente sull'importo dovuto; a titol di imposta generale sull'entrata, op pure d'imposta sul valore aggiunto, sulla somma versata nel 1973 dalla Ferrovia del Renon all'impresa Mazzalai (convenuta e, rispettivamen te, attrice nella causa principale) a saldo del corrispettivo di taluni la vori relativi alla costruzione della funivia Bolzano -Sopra Bolzano, ulti mati nel 1967. In ossequio alla normativa nazionale entrata in vigore il 1 gennaio 1973, l'attrice versava sulla somma incas.sata l'imposta sul valore ag giunto nella misura del 12%, e ne chiedeva il rimborso alla convenuta. Questa rifiutava il rimborso richiesto sostenendo che nella fattispecie, poich i lavori in questione erano stati ultimati nel 1967, andava ver mente affermato, in proposito, che l'art. 177 relativo a tutti gli atti compiuti dalle Istituzioni comunitarie, senza distinzioni. Una domanda di pronuncia pregiudiziale relativa ad una norma comuni taria non immediatamente applicabile sar quindi ricevibile; sar certamente anche non rilevante (ma questo problema che riguarda il giudice nazionale). Ma la pronuncia interpretativa della Corte, una volta accertato che la norma non immediatamente applicabile, dovr limitarsi a stabilire questo carattere della norma ovvero dovr comunque estendersi sino a chiarire il significato della norma medesima? Ritiene il Governo italiano, sulla base della ratio e della funzione dell'art. 177, nonch tenendo conto dello stretto collegamento che la Corte ha ravvisato tra le stesso art. 177 e le norme immediatamente applicabili, che nella ipotesi sopra prospettata la pronuncia interpretativa della Corte dovrebbe limitarsi ad accertare che la norma comunitaria non immediatamente applicabile. Diversamente opinando, si andrebbe incontro a delle difficolt. Restringendo l'esame al campo delle direttive, in particolare delle direttive di coordinamento, potr avvenire che la legge nazionale di attuazione della direttiva consenta al giudice un margine di interpretazione (nel senso di scelta tra i pi significati che la norma nazionale apparentemente present~). : anche possibile, allora, che l'interpretazione della direttiva da parte della Corte giovi al giudice nazionale ... ai fini di una applicazione conforme al diritto comu nitario della legge di attuazione della direttiva... (sentenza in causa 32/74 Haaga, Racc. 1974, 1201). Potr anche avvenire, peraltro, che la legge nazionale contrasti con la di rettiva e non sia altrimenti interpretabile che nel senso in cui contrasta. Il giu dice nazionale -non dubbio -sarebbe comunque tenuto ad applicare la legge nazionale, anche se l'interpretazione della direttiva resa dalla Corte gli rendesse ancora pi evidente il contrasto. In questa ipotesi occorre chiedersi quale effetto avrebbe l'interpretazione resa dalla Corte. Assolutamente nessuno che possa giovare al giudice nazionale per risolvere la sua questione; mentre, sotto altro profilo, potrebbe rappresen tare l'anticipazione di un giudizio in un procedimento ex art. 169 che la Com missione venisse ad intraprendere. : soprattutto il pericolo di questa commistione tra il procedimento ex art. 177 e quello ex art. 169 -con tutti i rischi che comporta -che induce il Governo italiano a prospettare la soluzione sopra delineata. Occorre infatti evitare, nel modo pi assoluto, che uno Stato membro, il quale non sia inter 726 RASSEGNA Dm.L'AVVOCATURA DELLO STATO sata unicamente l'imposta generale sull'entrata secondo l'aliquota del 4% allora vigente. In conformit alle direttive comunitarie, l'imposta sul valore aggiun to veniva istituita in Italia dal 1 gennaio 1973, in forza della legge di delega 9 ottobre 1971, n. 825 (G.U.R.I. n. 263 del 16 ottobre 1971) e del relativo decreto presidenziale 26 ottobre 1972, n. 633 (G.U.R.I. n. 292 del 1'11 novembre 1972). L'art. 76 di tale decreto stabilisce che l'imposta si applica sulle ces sioni di beni e sulle prestazioni di servizi (alle quali sono assimilati i lavori eseguiti in forza di un contratto d'appalto); a norma dell'art. 6, terzo comma, le prestazioni di servizi si considerano effettuate all'atto del pagamento del corrfspettivo . venuto in un procedimento ex art. 177 di interpretazione di una direttiva che lo concerne, si trovi successivamente pregiudicato, nell'eventuale procedimento ex art. 169, dall'interpretazione gi resa dalla Corte nell'ambjto dell'art. 177. 3. -Seguendo l'impostazione prima tracciata, bisogna ora verificare se la norma comunitaria di cui il Tribunale di Trento chiede l'interpretazione, cio l'art. 6 n. 4 della seconda direttiva del Consiglio 67/228/C.E.E. in data 11 aprile 1967, sia immediatamente applicabile o meno. In caso negativo, ad avviso del Governo taliano la pronuncia della Corte dovrebbe limitarsi ad accertare la non immediata applicabilit, senza estendersi al significato della norma. L'art. 6 della direttiva citata riguarda, come noto, le prestazioni di servizi quali operazioni da assoggettare all'IVA, ai sensi dell'art. 2. Il n. 4 dell'art. 6, in particolare, definisce il momento nel quale si verifica il fatto generatore dell'imposta. Orbene, come risulta dall'ordinanza di rinvio, il giudice nazionale riferisce tale norma al contratto di appalto, cio a quel contratto col quale una parte assume, con organizzazione di mezzi necessari e con gestione a proprio. rischio, il compimento di un'opera o di un servizio verso un corrispettivo in danaro,. (codice civile, art. 1655). Sembra anzitutto doversi dubitare dell'esattezza del riferimento e, pi in generale, del fatto che le norme della seconda direttiva_ siano obbligatoriamente applicabili alle prestazioni di servizi rese in virt di contratto d'appalto. Nella direttiva, come noto, la consegna di un lavoro eseguito in base ad un contratto d'opera (art. 5 n. 2 lett. d), ovvero la consegna di un lavoro immobiliare (art. 5 n. 2 lett. e) sono considerate come cessioni di beni e non gi come prestazioni di servizi. Il punto 5 dell'allegato A autorizza tuttavia gli Stati membri, che per particolari motivi nazionali non possono considerare le suddette operazioni come cessioni, a collocarle nella categoria delle prestazioni di servizi assoggettandole all'aliquota che sarebbe applicabile se fossero considerate .cessioni. La Repubblica italiana, seguendo una tradizione che risale al diritto romano, ha esercitato quella 'facolt ed infatti, ai sensi dell'art. 3 del D.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633 sull'istituzione e disciplina dell'IVA, le prestazioni verso corrispettivo dipendenti da cntratti d'opera, appalto, trasporto, mandato, spedizione, agenzia, mediazione, deposito e in genere da obbligazioni di fare, di non fare e di permettere, costituiscono prestazioni di servizi. D'altro canto, il paragrafo 2 dell'art. 6 della seconda direttiva dispone che le norme previste nella presente direttiva relative alla imposizione delle pre PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 727 Nel corso del procedimento, il Governo italiano ha messo in dubbio tanto la rilevanza della questione ai fini della decisione della causa principale, quanto la competenza della Corte: in primo luogo, infatti, la normativa comunitaria di cui trattasi (la seconda direttiva del Consiglio) non avrebbe efficacia diretta e, in secondo luogo, la controversia verterebbe in sostanza su problemi di diritto transitorio non contemplati dalla normativa comunitaria e da risolversi alla luce del solo diritto interno. A norma dell'art. 177, la Corte competente a statuire, in via pregiudiziale, sull'interpretazione degli atti emanati dalle istituzioni comunitarie, indipendentemente dal fatto che essi abbiano o meno efficacia diretta. Poich la questione sollevata dal Tribunale di Trento concerne esclusivamente l'interpretazione dell'art. 6, n. 4, della direttiva, la Corte competente a pronunziarsi in merito. stazioni di servizi, sono applicabili obbligatoriamente alle sole prestazioni di servizi elencate nell'Allegato B >>, tra le quali non sono certamente ricomprese quelle dipendenti da contratti d'opera ovvero d'appalto. Se dunque le prestazioni di servizi dipendenti dai suddetti contratti non rientrano nella disciplina dell'art. 5 della seconda direttiva in virt della deroga consentita dall'Allegato A, se esse non rientrano neppure nella disciplina dell'art. 6 non essendo ricomprese nell'elenco dell'Allegato B, sembra doversi ritenere che la seconda direttiva non si applichi a quelle prestazioni. E questa conclusione potrebbe trovare conferma, con argomento a contrario, dal fatto che la proposta di sesta direttiva presentata dalla Commissione al Consiglio il 29 giugno 1973 (GUCE C 80 in data 5 ottobre 1973) prevede di assoggettare alla disciplina comune d'imposta sul valore aggiunto . l'insieme delle prestazioni di servizi... (4 considerando, in fine), cos eliminando quella transitoria parzialit prevista dall'art. 6 n. 2 della seconda direttiva. Una prima osservazione potrebbe esser dunque, secondo quanto breve mente illustrato, che la seconda direttiva non riguarda le prestazioni di servizi dipendenti da contratti d'opera e d'appalto. E tale accertamento in astratto renderebbe senza oggetto le successive indagini sull'applicabilit immediata o meno della norma di cui all'art. 6 n. 4, nonch sul significato di questa norma. 4. -Occorre tuttavia, per completezza, verificare se la norma suddetta sia o meno immediatamente applicabile. La base legislativa delle direttive adottate dal Consiglio in materia di IVA fornita dagli articoli 99 e 100 del Trattato relativi, il primo, all'armonizzazione in materia fiscale ed il secondo al ravvicinamento delle legislazioni che incidano direttamente sull'instaurazione o sul funzionamento del mercato comune. Trattasi quindi di direttive di coordinamento e questa constatazione porta gi a ritenere che, in generale, esse non possono contenere norme immediatamente applicabili e sulle quali i singoli possano fondare pretese soggettive che i giudici nazionali debbono tutelare. Uno dei caratteri della norma immediatamente applicabile, invero, che il precetto della norma medesima non richieda alcun provvedimento d'attuazione da parte delle Istituzioni comunitarie o degli Stati membri. Mentre, come chiaramente risulta dall'art. 189 del Trattato, la direttiva (specialmente quella 726 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Inoltre, non spetta alla Corte valutare la pertinenza delle questioni sottopostele in forza dell'art. 177: tale norma, infatti, informata al principio della netta separazione delle competenze e lascia ai giudici nazionali il compito di decidere circa l'opportunit, ai fini della defini zione delle controversie dinanzi ad essi pendenti, del rinvio pregiudiziale. Prescindendo poi dall'efficacia della direttiva, la sua interpretazione, in casi quali quello di specie, pu. costituire per il giudice nazionale un utile criterio orientativo al fine di garantire l'interpretazione e l'appli cazione della legge interna d'attuazione in senso conforme ai dettami del diritto comunitario (causa 32/74, Haaga; Racc. 1974, pag. 1201). Lo stesso vale anche per quanto concerne i problemi di diritto tran sitorio sollevati nella causa principale. Per quanto riguarda la questione formulata dal giudice a quo, l'art. 6, n. 4, della seconda direttiva del Consiglio 11 aprile 1967, in materia di di coordinamento; di armonizzazione) vincola lo Stato membro ad un risultato che viene raggiunto attraverso forme e mezzi di competenza degli organi nazionali. Ci comporta che l'effetto voluto da una norma di una direttiva di coordi namento pu essere legittimamente raggiunto, da parte degli Stati membri, mediante un mezzo diverso. Quel che rileva, invero, la conformit del risul tato raggiunto dalla normativa nazionale -nel suo insieme -all'effetto voluto dalla direttiva di coordinamento; e non gi la conformit di ogni singola norma nazionale, che faccia parte di un sistema, a quella che si pretende essere la cor rispondente norma della direttiva. In ordine alle direttive di coordinamento la sola forma di controllo pos sibile, pertanto, risulta essere il giudizio globale di conformit (o meno) che pu ottenersi tramite il procedimento di cui all'art. 169 del Trattato; mentre l'interpretazione (ed il conseguente, ineliminabile giudizio di conformit o dif formit) di singole norme del sistema, avulsa dalla valutazione globale del sistema stesso, non appare strumento idoneo a stabilire se il sistema nazio nale, nella sua globalit, abbia ottenuto il risultato voluto dalla direttiva. Ribadito cos che le norme aventi un vero e proprio contenuto di coordi namento non possono, per loro stessa natura, costituire norme di immediata applicabilit, va peraltro osservato che talvolta, in atti comunitari denominati direttive di coordinamento, possono rinvenirsi anche norme aventi un contenuto diverso. il caso, ad avviso del Governo italiano, della norma di cui all'art. 1 n. 3 della prima direttiva che vieta agli Stati membri di mantenere od istituire -dopo la sostituzione del vecchio sistema d'imposte sulla cifra di affari con il sistema comune IVA -misure forfettarie di compensazione all'importazione od all'esportazione a titolo d'imposte sulla cifra d'affari per gli scambi tra Stati membri. In questo caso, invero, la norma non intesa a coordinare le attivit degli Stati membri in vista di un risultato, bens a porre un precetto chiaro e pre ciso, non condizionato da ulteriori provvedimenti ed al quale corrisponde una precisa posizione soggettiva dei singoli che i giudici nazionali devono tutelare. Caratteri -quelli da ultimo indicati -che mancano totalmente e non possono non mancare, per quanto sopra detto, nelle norme aventi un puro contenuto di coordinamento e di armonizzazione. PARTE I, .SEZ. 1!, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 729 armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative all'imposta sulla cifra d'affari -struttura e modalit d'applicazione del sistema comune d'imposta sul valore aggiunto -recit: Il fatto generatore dell'imposta si verifica al momento in cui viene effettuato il servizio. Tuttavia, nelle prestazioni di servizi di durata indeterminata o che superano un certo periodo di tempo o che danno luogo al versamento di acconti, pu essere previsto che il fatto generatore si verifichi al momento del rilascio della fattura o, al pi tardi, al momento dell'incasso dell'acconto, e ci limitatamente all'importo fatturato o incassato . Tale norma stabilisce quindi una regola generale e al tempo stesso prevede talune deroghe. Dette deroghe concernono tuttavia solo i casi m cui vi sia versamento di acconti prima che il servizio o i servizi siano stati interamente 5. -Da quanto fin qui osservato risulta chiaro che anche la norma di cui all'art. 6 n. 4 della seconda direttiva -la cui interpretazione stata richiesta dal giudice nazionale -non costituisce norma di immediata applicazione. Essa si limfta a dettare il criterio direttivo secondo il quale il fatto generatore dell'imposta si verifica al momento in cui viene effettuato il servizio ed indica, inoltre, delle eccezioni a tale criterio per le ipotesi di rilascio anticipato di fattura ovvero di versamenti in acconto. La norma, anzitutto, non diretta a porre obblighi o divieti nei confronti degli Stati membri; tanto meno, obblighi o divieti cui corrispondano posizioni soggettive dei singoli. In secondo luogo, la disposizione non n chiara n precisa. Essa infatti indica un presupposto ovvio, cio che il fatto generatore dell'imposta -che costituito, nel caso, dalla prestazione del servizio -si verifica al momento in cui questo prestato. Resta incerto ed imprecisato, tuttavia, quando tale momento si verifichi relativamente ad ognuna delle ipotesi contrattuali o legali dalle quali pu derivare una prestazione di servizio e, quindi, un'operazione da assoggettare ad IVA. Per rimanere nel campo del contratto d'appalto italiano, infatti, sulla base della sola norma di cui all'art. 6 n. 4 della seconda direttiva non si potrebbe stabilire se il fatt<> generatore dell'imposta si verifichi quando i lavori sono terminati, ovvero quando il risultato dell'impresa (cio l'opera od il servizio) stato formalmente consegnato al cominittente, ovvero ancora quando l'opera od il servizio sono stati sottoposti a favorevole collaudo. D'altro canto, stabilire che il fatto generatore dell'imposta si verifica al momento dell'effettuazione del servizio rappresenta ~oltanto un principio di disciplina: che deve essere necessariamente completata con la individuazione del momento in cui l'imposta si rende esigibile, del tempo e delle modalit di pagamento, delle sanzioni per omessa od inesatta dichiarazione in ordine al verificarsi dell'operazione imponibile, ovvero per omesso od inesatto pagamento dell'imposta. 6. -Verificato, in tal modo, che la norma dell'art. 6 n. 4 della seconda direttiva non immediatamente applicabile, nel senso che essa non fa sorgere diritti soggettivi in capo ai singoli che i giudici nazionali devono tutelare, la Corte dovrebbe limitarsi a statuire -secondo quanto osservato sopra, al 730 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO effettuati, nei quali, cio, venga anticipato il momento in cui, di regola, l'imposta sarebbe divenuta esigibile. Per contro, la norma in questione non contempla affatto la possibilit di differire tale momento ad epoca successiva a.I compimento del servizio o dei servizi. Pertanto, le disposizioni interne che identifichino il momento in cui viene effettuato il servizio con il pagamento del corrispettivo esorbitano dai limiti posti dalla norma di cui trattasi. La questione del giudice a quo va quindi risolta come segue: l'art. 6, n. 4, della direttiva non pu essere interpretato nel senso che esso consente di identificare il momento in cui il servizio effettuato con quello in cui viene rilasciata la fattura o incassato un acconto, qualora tali operazioni siano posteriori al compimento del servizio. -(Omissis). punto 3, n. 2 -che la questione proposta dal Tribunale di Trento sen~a oggetto. E tale conclusione non muterebbe anche ove si volesse considerare che, come ricordato dal giudice nazionale, le norme comunitarie (cio la prima e la seconda direttiva) sono state indicate nell'art. 5 della legge di delega 9 ottobre 1971, n. 825, come norme alle quali si doveva informare il legislatore . delegato. In effetti se, disponendo in tal modo, il citato art. 5 ha operato un rinvio alla prima e seconda direttiva, la conseguenza di tale rinvio sar che le norme della prima e seconda direttiva saranno divenute norme di diritto interno. Con l'ulteriore conseguenza che spetter unicamente al giudice nazionale verificare se ed entro quali limiti le norme delle due direttive siano state 'recepite nell'ordinamento nazionale quali norme di diritto interno; nonch interpretare il contenuto di queste norme. Neanche per questa via, dunque, un'interpretazione che la Corte fornisse in ordine al significato dell'art. 6 n. 4 della seconda direttiva potrebbe produrre alcun effetto. -(Omissis). I. M. BRAGUGLIA CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT EUROPEE, 7 luglio 1976, nella causa 118/75 -Pres. Lecourt -Avv. gen. Trabucchi -Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Pretore di Milano nel procedimento penale nei confronti di Lynne Watson e Alessandro Belmann (avv. Nascimbene) -Interv.: Commissione delle Comunit europee (ag. Sch e de March), Governo italiano (avv. Stato Braguglia), e Governo inglese (ag. Gibson). Comunit europee -Libera circolazione delle persone -Normativa comunitaria Efficacia diretta e prevalenza sulle norme di diritto interno. (Trattato CEE, artt. 48-66; regolamento del Consiglio 15 ottobre 1968, n. 1612, art. 1; direttiva del Consiglio 15 ottobre 1968, n. 360, art. 4; direttiva del Consiglio 21 maggio 1973, n. 148; d.P.R. 30 dicembre 1965, n. 1656; d.P.R. 29 dicembre 1969, n. 1225). PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E IN11lRNAZIONALE 731 Comunit europee -Libera circolazione delle persone Obbligo di notifica imposto da norme nazionali -Compatibilit con la normativa comu nitaria Limiti. (Trattato CEE, artt. 7 e 48-66; r.d. 18 giugno 1931, n. 773, artt. 17, 142, primo comma, 150, quarto comma, e 151, primo comma; d.!. 11 febbraio 1948, n. 50, art. 2; legge 12 luglio 1961, n. 603, art. 3; d.P.R. 30 dicembre 1965, n. 1656, artt. 1-3; d.P.R. 29 dicem bre 1969, n. 1225, art. 1). Gli artt. 48-66 del trattato CEE ed i provvedimenti comunitari adottati in applicazione di detti articoli attuano un principio fondamentale del Trattato, attribuiscono ai soggetti che essi contemplano diritti soggettivi che il giudice nazionale deve tutelare e prevalgono su qualsiasi norma di diritto interno contraria (1). Le norme di diritto interno che prescrivono un obbligo di notifica alle autorit nazionali per tutti i cittadini degli altri Stati membri destinatari delle disposizioni di cui agli artt. 48-66 del trattato CEE e che impongono ai residenti dello Stato di notificare alle autorit nazionali (1-2) Brevi spunti sulla ragionevolezza e sulla proporzionalit come criteri di verifica della compatibilit con la normativa comunitaria di norme di diritto interno. 1. -Con la decisione in rassegna, relativa alla compatibilit con la normativa comunitaria dell'obbligo di denuncia imposto a carico degli stranieri e dei cittadini che li ospitino, rispettivamente, dall'art. 142 del testo unico approvato con r.d. 18 giugno 1931, n. 773 e dall'art. 2 del d.!. 11 febbraio 1948, n. 50, la Corte di giustizia ha per la prima volta valutato la rilevanza del limite dell'ordine pubblico con riferimento a disposizioni legislative nazionali: questione finora esaminata, invero, soltanto rispetto a specifici provvedimenti amministrativi (cfr.: Corte di giustizia, 4 dicembre 1974, nella causa 41/74, VAN DUYN, Racc., 1337, e Foro it., 1975, IV, 99; 26 febbraio 1975, nella causa 67/74, BoNSIGNORE, Racc., 297; 28 ottobre 1975, nella causa 36/75, RUTILI, Racc., 1219, e in questa Rassegna, 1975, I, 838, con nota di BRAGUGLIA; 8 aprile 1976, nella causa 48/75, ROYER). Nella motivazione della sentenza, sopra massimata nei termini del dispositivo, non risultano esaminate, almeno in modo specifico, talune delle questioni discusse tra le parti; e ci sembra potersi rilevare quanto alla portata da attribuire, nell'ambito dell'ordinamento comunitario, alle clausole della Convenzione europea dei diritti dell'uomo ed alla stessa applicabilit, nella specie, della normativa comunitaria. ' Quanto alla prima questione, erano state richiamate, nelle osservazioni presentate ai sensi dell'art. 20 dello Statuto della Corte, le sentenze 17 dicembre 1970, nella causa 11/70, INTERNATIONALE HANDELSGESELLSCHAFr (Racc., 1125), 27 novembre 1973, nella causa 130/73, VANDEWEGHE (Racc., 1329), e 14 maggio 1974, nella causa 4/73, Now (Racc. 491), sui limiti in cui possono venire in rilievo, nell'ordinamento comunitario, taluni princpi fondamentali comuni agli Stati membri. Il Governo italiano ed il Governo inglese, inoltre, deducendo la limitata riferibilit del trattato CEE all'attivit economica (cfr.: Corte di giustizia, 12 dicembre 1974, nella causa 36/74, WALRAVE, Racc., 1405, e in questa Rassegna, 1975, I, 77; 14 luglio 1976, nella causa 13/76, DoN, retro, I, 537), avevano conte RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 732' l'identit dei cittadini di altri Stati membri da essi ospitati sono in linea di principio compatibili con la normativa comunitaria, purch i termini posti per l'adempimento degli obblighi suaccennati siano contenuti entro limiti ragionevoli, e le sanzioni comminate per l'inosservanza di detti obblighi non siano sproporzionate rispetto alla gravit dell'infrazione e non contemplino l'espulsione. Qualora non implichino restrizioni alla libera circolazione delle persone, tali norme non costituiscono una discriminazione vietata dall'art. 7 del trattato CEE (2). (Omissis). -In diritto. Con ordinanza 18 novembre 1975, pervenuta alla cancelleria della Corte il 1 dicembre 1975, il Pretore di Milano ha sottoposto alla Corte, a norma dell'art. 177 del Trattato CEE, varie questioni vertenti essenzialmente sull'interpretazione degli articoli 7 e 48-66 di detto Trattato. Le questioni sono sorte nell'ambito di un procedimento penale promosso nei confronti di una cittadina britannica che si era recata in Italia per soggiornarvi qualche mese, nonch nei confronti di un cittadino italiano che l'aveva ospitata. stato che le norme del trattato CEE sulla libera circolazione delle persone, espressamente riferite ai .lavoratori e ai prestatori di servizi, possano intendersi volte a tutelare anche i cittadini in veste di turista. Tale soluzione era stata invece sostenuta dalla Commissione delle Comunit eilropee, per essere il turista destinatario delle prestazioni considerate dalla normativa comunitaria, ma lo stesso avv. gen. Trabucchi, pur dando atto degli elementi in tal senso desumibili dall'orientamento espresso dalle Istituzioni comutarie nei programmi generali del 28 luglio 1960 e del 18 dicembre 1961 e nelle direttive 25 febbraio 1964, n. 220 e 21 maggio 1973, n. 148, aveva rilevato la necessit, a tal fine, di provvedimenti da adottare a norma dell'art. 235 del trattato CEE (o quantomeno, per ammettere la possibilit di una evoluzione spontanea del sistema comunitario, tale da ampliare l'ambito di applicazione soggettiva delle norme del Trattato, un mutamento che corrispondesse a esigenze funzionali del sistema, s'inquadrasse quindi nell'ambito delle finalit del Trattato, e, soprattutto, poggiasse sul consenso generale), ed aveva anzi espressamente segnalato la opportunit di evitare la finzione di ricondurre al testo del Trattato l'estensione a tutti i cittadini, della Comunit di un diritto di libera circolazione che il Trattato aveva invece voluto riconoscere in favore di categorie ben determinate di soggetti ; e la validit di tali considerazioni non pu invero essere disconosciuta quando si consideri che qualsiasi cittadino comunitario ovviamente destinatario di servizi, e che la specificazione, nel trattato CEE, dei soggetti ai quali attribuito il diritto di libera circolazione risulterebbe priva di senso se tale diritto dovesse essere riconosciuto in ragione della sola qualifica di destinatario di servizi. 2. -Quanto al merito della decisione, pu certamente convenirsi sulla esigenza di ispirare a criteri di ragionevolezza e di proporzionalit la determinazione dei termini da osservare e delle sanzioni da comminare per la violazione . delle norme sull'obbligo di denuncia degli stranieri; cos come pu ammettersi che l'espulsione dello straniero inadempiente sia di per s incompatibile con il PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 733 Alla cittadina britannica si fa carico di non aver adempiuto all'obbligo di notificare la sua presenza all'autorit di polizia territorialmente .competente entro i tre giorni dal suo ingresso nel territorio della Repubblica Italiana onde dare contezza di s ed effettuare la dichiarazione di soggiorno; tale obbligo prescritto dalla legislazione italiana per tutti gli stranieri, eccezione fatta per alcune categorie di lavoratori subordinati cittadini degli altri Stati membri; l'inosservanza pu essere punita o con un'a1p.menda fino a 80.000 Lit., o con l'arresto fino a tre mesi, oppure con l'espulsione dal territorio della Repubblica, nel quale l'espulso potr rientrare solo previa autorizzazione del Ministro dell'Interno. Al cittadino italiano si fa carico di non aver comunicato all'autorit competente, nel termine di 24 ore, le generalit della cittadina britannica in questione, in violazione dell'obbligo imposto dalla legge italiana a chiunque, a qualsiasi titolo d alloggio ovvero ospita uno straniero od un apolide... o lo assume, per qualsiasi causa, alle proprie dipendenze , obbligo per la cui inosservanza sono comminati un'ammenda fino a 240.000 Lit. e l'arresto fino a 6 mesi. diritto di circolazione in suo favore attribuito dalle norme del Trattato di diretta ed immediata applicabilit. Non pu non essere rilevato, tuttavia, che il ricorso ai criteri della ragionevolezza e della proporzio:p.alit univoco ed efficace, in effetti, soltanto quando all'applicazione del criterio in concreto possa provvedere lo stesso giudice che l'ha enunciato, soltanto in tale ipotesi potendo risultare garantite, per la elasticit stessa dei concetti da tenere in considerazione, una reale adere:o.za della soluzione al criterio da adottare, ed una effettiva uniformit di applicazione. La validit di tale rilievo non pu non essere avvertita, invero, quando si consideri che le indicazioni fornite, in via di principio, dalla Corte di giustizia non potranno certo impedire che termini di eguale durata e sanzioni della stessa natura e di eguale misura siano o no ritenuti ragionevoli e proporzionate a seconda delle soggettive e variabili valutazioni del singolo giudice che dell'indicato criterio debba fare in concreto applicazione. La interpretazione fornita dalla Corte di giustizia conduce in effetti, con inconvenienti di non indifferente portata, a condizionare la validit e 1a efficacia della norma di diritto interno al giudizio che in ordine ad essa ritenga di dover esprimere ciascun giudice nazionale, con la conseguenza che una stessa norma potrebbe essere ritenuta o no compatibile con il diritto comunitario a seconda che i termini e le sanzioni con essa stabiliti e previste siano o no nella singola fattispecie riconosciuti, rispettivamente, ragionevoli e proporzionate. 3. -Negli ordinamenti nei quali consentito al giudice di disapplicare la legge nazionale, o comunque quando si tratti di norme di diritto interno anteriori (che possano assumersi, cio, abrogate dalla successiva e contrastante norma comunitaria), l'applicazione o non applicazione della norma verrebbe a dipendere, in particolare, dal giudizio di congruit dell'interprete, con una possibile variet di soluzioni tale da compromettere il principio della certezza del diritto, e tale da rendere il singolo comportamento, che pur si riconosce suscettibile di sanzione, punibile o non punibile (e solo per difetto di una sanzione 734 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO In sostanza le questioni sottoposte mirano a far stabilire se tale disciplina sia incompatibile con l'art. 7 e gli artt. 48-66 del Trattato, in quanto si risolve in una discriminazione effettuata in base alla cittadinanza ed in una restrizione alla libera circolazione delle persone nel territorio della Comunit. Si chiede inoltre se le summenzionate norme comunitarie costituiscano principi fondamentali che conferiscono diritti ai singoli e che prevalgono sulle norme nazionali contrarie. 1) opportuno esaminare le questioni nel loro complesso. Il giudice proponente, senza specificare il motivo per cui l'imputata soggiornava in Italia e senza chiarire la sua posizione sotto il profilo delle norme di diritto comunitario che potrebbero venir applicate nella fattispecie, si richiamato indistintamente ai primi tre capi del titolo III della seconda parte del Trattato, che riguardano rispettivamente i lavoratori, il diritto di stabilimento ed i servizi. Da un rnffronto tra le varie disposizioni summenzionate emerge che, esse, in quanto siano applicabili a fattispecie come quella in esame, si fondano sugli stessi principi, sia per quel che riguarda l'ingresso e il soggiorno sul territorio degli Stati membri dei. soggetti disciplinati dal diritto comunitario, che per quel che riguarda il divieto di discriminazioni effettuate a loro danno in ragione della cittadinanza. ad essa applicabile) a seconda che ciascun giudice nazionale ritengo o no congrua la norma dettata dal legislatore; con l'ultel:iore pregiudizievole conseguenza (oltretutto non eliminabile a posteriori) che comportamenti ritenuti penalmente rilevanti verrebbero a risultare in concreto non suscettibili di sanzione, per essere invero evidente che l'interprete, una volta ritenuta inapplicabile (o abrogata) la norma di diritto interno per contrasto con la normativa comunitaria, non potrebbe sostituire propri termini o minori sanzioni a quelli stabiliti dalla legge. Minori inconvenienti dovrebbero derivare dalla soluzione in esame, in effetti, proprio nel caso di norme di diritto interno posteriori alla contrastante normativa comunitaria e per gli ordinamenti nei quali, come in quello italiano, non sia consentito al giudice di disapplicare la legge. In tale ipotesi, infatti, richiedendosi una preventiva valutazione d~lla stessa legittimit costituzionale della norma di diritto interno, il giudizio sulla ragio nevolezza dei termini e sulla proporzionalit delle sanzioni, riservato al giu dice nazionale, sarebbe quantomeno oggetto di una unica ed assorbente valuta zione, vincolante (almeno nel caso di declaratoria della illegittimit costituzio nale della norma) per tutti i giudici del singolo Stato membro, s che sarebbe in definitiva garantita una uniforme applicazione dello stesso diritto comunitario; ed anche in tale ipotesi, tuttavia, rimarrebbe non evitabile la possibilit che risultino a posteriori non suscettibili di alcuna sanzione (oltretutto indipendente mente dalla ragionevolezza o meno dei termini stabiliti per determinati adem pimenti) comportamenti che il legislatore ha in.vece ritenuto di perseguire penal lllente, e che lo stesso giudice comunitario ha riconosciuto suscettibili di sanzione. 4. -Non pu disconoscersi, d'altra parte, che non altra soluzione si offriva alla Corte di giustizia, nella specie, se non quella di discutere in termini di ragi~ nevolezza e di proporzionalit, specialmente in materia in ordine alla quale, PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 735 Spetta al giudice proponente stabilire se, ed eventualmente a quale titolo, l'imputata fruisca delle disposizioni di uno dei capi succitati. 2) A norma dell'art. 48, la libera circolazione dei lavoratori garantita nell'ambito della Comunit. Essa implica il diritto (cfr. il n. 3 dello stesso articolo) di accedere al territorio degli Stati membri, di spostarvisi liberamente, di dimorarvi al fine di svolgervi un'attivit lavorativa, e di dimorarvi dopo la fine di questa. A norma degli artt. 52 e 59, le restrizioni alla libert di stabilimento e alla libert di prestazioni di servizi all'interno della Comunit vengono gradatamente soppresse; la soppressione deve essere completa alla fine del periodo transitorio. Queste disposizioni, che si risolvono nel divieto per gli Stati membri di porre restrizioni all'ingresso nel loro territorio di cittadini degli altri Stati membri, attribuiscono direttamente dei diritti a chiunque rientri nella sfera di applicazione ratione personae di detti articoli, ulteriormente precisati in alcuni provvedimenti adottati dal Consiglio in applicazione del Trattato. Cos l'art. 1 del regolamento 15 ottobre 1968, n. 1612, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all'interno della Comunit (G. U. n. L 257, pag. 2) dispone che ogni cittadino di uno Stato membro, qualunque sia il luogo di residenza, ha il diritto di accedere ad una attivit subordinata e di esercitarla sul territorio di un altro Stato membro . L'art. 4 della direttiva n. 68/360 del 15 ottobre 1968, relativa alla soppressione delle restrizioni al trasferimento e al soggiorno dei lavoratori degli Stati membri e delle loro famiglie all'interno della Comunit (loc. cit. pag. 13) dispone che gli Stati membri riconoscono il diritto di soggiorno sul loro territorio alle persone contemplate dalla norma ed aggiunge che tale diritto comprovato mediante il rilascio di una speciale carta di soggiorno . Inoltre la direttiva 73/148 del 21 maggio 1973, relativa alla soppressione delle restrizioni al trasferimento e al soggiorno dei cittadini degli come per quella penale, nessun trasferimento di competenza in favore delle Istituzioni comunitarie a priori ipotizzabile. Deve pure riconoscersi, tuttavia, che talune interpretazioni della Corte di giustizia, pur nella dichiarata e i:ibadita premessa sulla incompetenza a conoscere della normativa nazionale, si risolvono in effetti in un sindacato di merito sulle norme di diritto interno: sindacato che pu anche essere utile, in concreto, al fine di una pi efficace affermazione e di una auspicabile uniforme applicazione della normativa comunitaria, ma che sembra sarebbe quantomeno da riservare ai procedimenti ex art. 169 del trattato CEE, per la possibilit se non altro, in questa sede (e per la necessit stessa di dover accertare o escludere il denunciato inadempimento), di valutare in concreto. la ragionevolezza dei termini o la proporzionalit delle sanzioni, e di applicare quindi il criterio, in piena aderenza alla sua portata, e senza gli inconvenienti sopra segnalati, ad opera dello stesso giudice che l'abbia enunciato. A.M. RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 736 Stati membri all'interno della Comunit in materia di stabilimento e di prestazione di servizi (G. U. n. L 172, pag. 14) rileva nel preambolo che la libert di stabilimento pu essere pienamente attuata soltanto se ai beneficiari riconosciuto un diritto di soggiorno permanente e che la libera prestazione di servizi implica che al prestatore e al destinatario sia garantito un diritto di soggiorno corrispondente alla durata della prestazione . Le disposizioni del Trattato e del diritto comunitario derivato test ricordate attuano il principio fondamentale sancito dall'art. 3, lett. c) del Trattato che recita: Ai fini enunciati dall'articolo precedente, l'azione della Comunit importa... l'eliminazione tra gli Stati membri degli ostacoli alla libera circolazione delle persone, dei servizi... . Tali disposizioni prevalgono su qualsiasi altra norma interna contraria. Il diritto comunitario, pur proclamando la libert di circolazione delle persone ed attribuendo ai singoli che rientrano nella sua sfera d'applicazione il diritto di poter accedere al territorio degli Stati membri, per gli scopi contemplati dal Trattato, non ha soppresso la competenza degli Stati membri a prendere i provvedimenti atti a consentire alle autorit nazionali di essere costantemente e tempestivamente informate circa i movimenti della popolazione sul loro territorio. A norma degli artt. 8, n. 2 della direttiva n. 68/360 e 4, n. 2 della direttiva 73/148, le autorit competenti degli Stati membri possono prescrivere, per i cittadini degli altri Stati membri, l'obbligo di denunciare la loro presenza alle autorit dello Stato in cui si trovano. Detto obbligo non costituisce, di per s, una violazione delle norme sulla libera circolazione delle persone. Una violazione di queste norme potrebbe tuttavia risultare dalle formalit di legge suaccennate, qualora le modalit del controllo cui tali formalit mirano, siano concepite in modo da limitare la libert di circolazione voluta dal Trattato o il diritto, conferito dal Trattato ai cittadini degli Stati membri, di recarsi e di soggiornare sul territorio degli Stati membri, di recarsi e di soggiornare sul territorio di qualsiasi altro Stato membro, per gli scopi contemplati dal Trattato. Per quanto riguarda, pi particolarmente, il termine per la notifica d'ingresso del cittadino straniero, potrebbe ravvisarsi una violazione del diritto comunitario solo se il termine prescritto non contenuto entro limiti ragionevoli. Tra le sanzioni comminate per l'inosservanza delle formalit pre scritte per la notifica e per la registrazione, indubbiamente in con trasto con la disciplina comunitaria l'espulsione dei soggetti tutelati dal diritto comunitario, in quanto tale provvedimento costituisce la nega zione del diritto stesso conferito e garantito dal Trattato, come la Corte ha gi affermato in altre occasioni. Circa le altre penalit, quali l'ammenda e l'arresto, se le autorit nazionali hanno facolt di comminare, per l'inosservanza dell'obbligo PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE di notifica imposto agli stranieri, sanzioni della stessa gravit di quelle previste per equivalenti infrazioni del diritto interno sarebbe tuttavia ingiustificato ricollegare a quell'inosservanza sanzioni talmente spropor zionate rispetto alla gravit dell'infrazione da risolversi in un ostacolo alla libera circolazione delle persone. Nel caso in cui le norme sul controllo degli stranieri non implicano restrizioni alla libera circolazione delle persone ed al diritto, che il Trattato conferisce a coloro che sono tutelati dalle sue disposizioni, di entrare e soggiornare sul territorio di tutti gli Stati membri, la loro applicazione, secondo criteri obiettivi, non costituisce una discriminazione effettuata in base. alla nazionalit, vietata dall'art. 7 del Trattato. Quanto all'obbligo imposto ai residenti nello Stato. membro interessato, di notificare gli stranieri che essi ospitano, le relative disposizioni, facenti sostanzialmente parte delle norme poste a tutela dell'ordine interno, non potrebbero essere censurate sotto il profilo comunitario che qualora comportino indirettamente una restrizione alla libera circolazione delle persone. Per questo motivo le' considerazioni esposte in precedenza circa gli obblighi incombenti ai cittadini degli altri Stati membri valgono altres nei riguardi di detto obbligo. CORTE DI CASSAZIONE, sez. un., 9 luglio 1976, v. i595 -Pres. Stella Richter Rel. Bile -P. M. Berri -Brandi ed altri (avv. D'Abbiero) e De Carolis (avv. Costa) c. Ministero degli affari esteri (avv. Stato Giorgio Azzariti) e Ministero della Pubblica istruzione. Trattati e convenzioni internazionali Convenzione di Lussemburgo relativa alla istituzione della Scuola europea Interpretazione Competenza della Corte di giustizia delle Comunit europee .Esclusione. (Convenzione di Lussemburgo del 12 aprile 1957, ratificata con legge 3 gennaio 1960, n. 102; Protocollo di Lussemburgo del 13 aprile 1962, ratificato con legge 19 maggio '965, n. 577; trattato CEE, art. 177). ~ompetenza e giurisdizione Questione di .legittimit costituzionale di norme applicate dal giudice amministrativo Deducibilit nel ricorso per cassazione ex art. 111, terzo comma, della Costituzione Esclusione. (Cast., art. 111, terzo comma; legge 13 luglio 1965, n. 891; d.P.R. 23 gennaio 1967, n. 215, artt. 26 e 29). L'art. 177 del trattato CEE non applicabile per l'interpretazione delle norme sulla Scuola europea di cui alla Convenzione di Lussemburgo del 12 aprile 1975 (ratificata con legge 3 gennaio 1960, n. 102) ed al 738 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Protocollo di Lussemburgo del 13 aprile 1962 (ratificato con legge 19 maggio 1965, n. 577) (1). Non costituisce motivo inerente alla giurisdizione, e non quindi deducibile in sede di ricorso per cassazione proposto ai sensi dell'art. 111, terzo comma, della Costituzione, la questione di legittimit costituzionale concernente non la norma attributiva della giurisdizione, ma la norma che il Consiglio di Stato abbia applicato nel decidere la controversia sottoposta al suo esame (2). (Omissis). -1. -Con il primo motivo -deducendo violazione dell'art. 177 del Trattato istitutivo della CEE, ratificato con legge 14 ottobre 1957, n. 1203, della Convenzione del Lussemburgo, ratificata con legge 3 gennaio 1960, n. 102, e del Protocollo del Lussemburgo, ratificato con legge 19 maggio 1965 n. 577, in relazione all'art. 360 n. l, 3 e 5, c.p.c. -i ricorrenti affermano che il Consiglio di Stato incorso nel vizio di temporaneo difetto di giurisdizione in quanto, essendo sorta contestazione sull'interpretazione di accordi internazionali rientranti nell'ambito della Comunit europea, avrebbe dovuto astenersi dal decidere e provocare la pronunzia interpretativa della Corte di giustizia delle Comunit europee, laddove ha ritenuto di poter affermare direttamente la natura non vincolante delle proposte provenienti dagli organi delle scuole europee. (1) Con il princ1p10 enunciato nella prima massima le Sezioni unite della Corte di cassazione hanno considerata assorbita, come risulta dalla motivazione della sentenza, la necessit di valutare se sia applicabile al Consiglio di Stato l'obblig>, il correttivo costituito dall'indennit integrativa a carico dello Stato, garantisce agli ufficiali giudiziari (ed aiutanti ufficiali giudiziari), una retribuzione a carattere continuativo e predeterminato, commisurata a quella di altri impiegati dello Stato e corrispondente alla progressione in carriera, mentre non mancano, altres, l'aggiunta di famiglia e un'eventuale gratificazione annuale, assimilabile alla tredicesima mensilit. In relazione, poi, ai c;d. diritti >>, che sono versati direttamente dai cittadini agli ufficiali giudiziari, essi sembrano assimilabili a tasse pagate da privati per un pubblico servizio e non ad onorari dovuti per il compimento di attivit professionali. Sono conformi alla presente, le decisioni emesse dalle SS.UU. in pari data, dal numero 3312 al numero 3319. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 6 novembre 1975, n. 3719 -Pres. Stella Richter -Est. Miani -P. M. Di Majo (conci. conf.) -Immo-TransHolding S.A. (avv. Della Campa) c. Ministero di Grazia 'e Giustizia (avv. Stato Azzariti). Competenza e giurisdizione -Difetto assoluto di giurisdizione -Mancanza di norme o principi giuridici: limiti. (cod. proc. civ. artt. 1, 99). Il difetto assoluto di giurisdizione sussiste soltanto nel caso in cui la mancanza di una norma o di un principio di diritto, che tutelino la posizione soggettiva invocata, risulti incontestabilmente dalla stessa formulazione dell'oggetto della domanda astrattamente considerato, e non anche quando occorra risolvere questioni concernenti la contrastata interpretazione, di norme giuridiche o, comunque, riflettenti l'applicabilit alla detta posizione soggettiva delle norme e dei princip giuridici invocati dall'attore. In tal caso infatti anche se la controversia debba risolversi negando l'esistenza di una norma che protegga la situazione dedotta, non si verte in ipotesi del difetto assoluto della giurisdizione, bens d'infondatezza, nel merito, della domanda, da accertarsi, appunto, attraverso l'esercizio della giurisdizione. (Omissis). -Con la prima, la ricorrente, denunziando la violazione o la falsa applicazione degli art. 1 e 99 cod. proc. civ. in relazione ai Il caso di specie riguardava l'azione proposta da un soggetto danneggiato, da un provvedimento giurisdizionale penale risultato illegittimo. La Suprema Corte ha deciso che proponibile azione di risarcimento contro il giudice che ha emesso il provvedimento solo quando esso gli sia imputabile per dolo, frode o concessione secondo il disposto delrart. 55, primo comma, c.p.c. Siffatta li PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 745 nn. 3 e 5 dell'art. 360 dello stesso codice, lamenta che la sentenza impugnata abbia dichiarata improponibile la sua domanda per difetto assoluto di giurisdizione, mentre non poteva esimersi dal dichiarare se le ragioni poste a fondamento della sua pretesa risarcit9ria fossero esatte o erronee e se la pretesa stessa fosse o meno fondata in diritto; cosa che peraltro la sentenza stessa ha, in realt, finito col fare nella sua parte motiva: cosicch la Corte di merito, esercitando la giurisdizione che aveva negato di avere, l'ha implicitamente affermata, ed ha emesso, in contrasto con la formulazione del suo dispositivo, una pronunzia di merito con la quale, confermando quella di primo grado, ha rigettato la domanda. La conclusione a cui perviene la ricorrente deve riconoscersi esatta; ma proprio per questo le sovrapposte censure vengono ad investire, non l'effettivo decisum in tema di giurisdizione, ma l'apparente sua formulazione. La Corte di merito, ha, in effetti, esercitato la giurisdizione, agendo, quindi, conformemente al diritto; con la conseguenza che l'erronea motivazione pu, a norma dell'art. 384 u.p. cod. proc. civ., e!;sere corretta senza che la sentenza debba, sul punto, essere cassata. mitazione opera anche nell'ipotesi in cui la domanda di risarcimento venga proposta nei confronti della P.A. (Ministero di Grazia e Giustizia) cui il giudice appartenga: infatti un'estensione della responsabilit dello Stato per l'oprato dei giudici, oltre i casi in cui sia configurabile una responsabilit dei giudici stessi, non prevista da alcuna norma, cui esimibiledall'art. 28 Costituzione. Quest'ultima disposizione, al contrario, fissa, come presupposto .della responsabilit dello Stato per gli atti dei propri organi, la sussistenza della responsabilit diretta di questi ultimi, secondo le leggi penali, civili ed amminsitrative . Per quanto riguarda pi specificamente il tema della giurisdizione, le SS.UU. hanno dichiarato proponibile la suddetta domanda, andando in contrario avviso rispetto alla sentenza della Corte d'appello, la quale, viceversa, aveva ravvisato l'improponibilit assoluta della predetta domanda per coerenza di una norma specifica o di un principio regolante la fattispecie invocata. Peraltro come gi in precedenza (cfr. Cass. SS.UU. 9 maggio 1973 n. 1247 in Foro it. 1973, I, 2784, nota di C. M. BARONE) agevole avvertire che facendosi dipendere la proponibilt della domanda dall'elemento contestabilit della norma invocata , si inserisce nei limiti del giudizio sulla proponibilit, un elemento che dipende, in definitiva, dalla prospettazione della parte nteressata. Viceversa l'improponibilit dovrebbe derivare solo dall'estraneit dell'azione agli schemi tipici predisposti dall'ordinamento, contestata o no che sia la fattispecie astratta, invocata da colui che asserisce di essere portatore di una posizione giuridica fornita di tutela. Del resto il problema dei limiti fra giudizio sulla proponibilit della domanda e giudizio di merito, sebbene di agevole soluzione teorica, presenta, nelle applicazioni pratiche difformit dalle quali non sempre agevole cogliere un dato di riferimento generale (cfr. sul punto I giudizi di costituzionalit e il contenzioso dello Stato 1971-75, vol. II -Questioni di giurisdizione, 1.9, pag. 72). c. c. 146 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO Il difetto assoluto di giurisdizione stato affermato dalla sentenza impugnata in base alle seguenti considerazioni: l'ordinamento giuridico non protegge una pretesa risarcitoria fondata genericamente sulla mera illegittimit di un provvedimento penale disposto senza la piena osservanza delle norme di legge; quindi manca un'azione a tutela di quella pretesa; e dove manca l'azione, non pu esistere giurisdizione, intesa come attuazione dell'ordinamento giuridico. Ma queste considerazioni non possono essere condivise, sia perch non corrispondono esattamente alla causa petendi della pretesa dedotta dalla societ attrice, sia perch ampliano eccessivamente il concetto, adombrato nella prima parte del secondo comma dell'art. 382 cod. proc. civ., di difetto assoluto di giurisdizione. Invero, la soc. Immo, come essa esattamente rileva nel suo ricorso, aveva fondato la propria pretesa risarcitoria non, genericamente, sulla mera illegittimit del provvedimento dal quale si assumeva danneggiata, bens sulla lesione del suq diritto soggettivo di perseguire un fine di lucro mediante un'iniziativa in campo economico, lesione di cui essa indicava come autrice l'Amministrazione convenuta in quanto era stata l'attivit di un suo organo (e cio del giudice che aveva ordinato il sequestro) a porre in essere, illegittimamente e colposamente, un atto dannoso, violando il principio neminem laedere; dal che l'attrice stessa traeva la conseguenza che, anche se quel giudice non era personalmente responsabile del danno, ne doveva comunque rispondere l'Amministrazione cli.e per mezzo di lui lo aveva cagionato. Tale essendo la. tesi posta a fondamento della domanda ed il tenore di questa, deve ammettersi che, deducendola in giudizio, l'attrice non aveva chiesto al Tribunale n di esercitare una potest spettante ad organi legislativi o amministrativi, n di far derivare l'emananda pronunzia da una fonte che non fosse l'ordinamento giuridico. Assumendo, a ragione o a torto, che la situazione allegata era equiparabile a quella, indubbiamente tutelata dall'ordinamento stesso, del privato il cui diritto soggettivo sia stato leso da un atto riferibile ad una pubblica Amministrazione, invocando, pi o meno a proposito, il principio neminem leadere, e chiedendo, fondatamente o infondatamente, che venisse affermata la responsabilt dell'anzidetta Amministrazione per il danno cagionato da quello che si assumeva costitu.re il fatto illecito di un organo dell'Amministrazione stessa, l'attrice chiedeva al Tribunale di vagliare una tesi che faceva derivare le ragioni della sua domanda da norme e principi di diritto, di dichiarare, in esito a tale indagine, quale fosse nel caso concreto la volont, positiva o negativa, dell'ordinamento giuridico, e, cos, di attuarlo sostituendone la volont a quella delle parti. La funzione che essa gli chiedeva di esercitare era, quindi, quella giurisdizionale, e non una funzione diversa. PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE Non appare perci esatta l'affermazione della sentenza impugnata che, se la legge non appresta un'azione a tutela della posizione allegata a sostegno della domanda, tanto basta perch rispetto a questa manchi in assoluto la giurisdizione. Ci pu dirsi nel caso in cui la mancanza di una norma o di un principio che tuteli la posizione dedotta risulti senza contestazione, giacch in tal caso chiaro che non si chiesta l'attuazione dell'ordinamento; ma se invece occorra risolvere questioni riflettenti la contrastata interpretazione di norme giuridiche (come questa Suprema Corte ha avuto occasione di affermare con la sentenza 9 maggio 1973, n. 1247), o comunque risolvere questioni concernenti l'applicabilit alla situazione dedotta di norme di legge i principi di diritto da cui l'attore la pretende tutelata, in tal caso, anche se la controversia debba risolversi negando l'esistenza di una norma che protegga quella posizione, non pu pi dirsi che dalla formulazione dell'oggetto della domanda, astrattamente considerato, gi risulta evidente e pacifico non esservi materia perch il giudice possa_ esercitare la funzione che gli propria. Gli si chiede, infatti, di stabilire se la posizione dedotta corrisponda o meno a quella prevista in astratto dalle norme di legge da cui si assume che essa tutelata. Risolvendo la questione cos sottopostagli, il giudice dicit jus, e quindi esercita la giurisdizione. Non su questa, pertanto, verte il suo giudizio, bens sul merito, giacch, col risolvere negativamente l'anzidetta questione, egli dichiara l'infondatezza in diritto della domanda ed emette una pronunzia di rigetto della domanda stessa. Tale per l'appunto il contenuto sostanziale della sentenza impugnata, di cui va perci corretta cOine sopra la motivazione in diritto sul punto concernente la giurisdizione. Se poi la pronunzia, cos considerata, sia giuridicamente esatta quanto alle ragioni del rigetto della pretesa della societ attrice, questione che, formando oggetto della sua terza censura, andr esaminata in seguito. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 28 aprile 1976, n. 1490 -Pres. Boccia Est. Bacconi -P. M. Del Grosso (conci. conf.) -Todaro (avv.ti Clarizia, Barile c. Presidenza del Consiglio dei Ministri e Corte dei conti (avv. Stato Azzariti). Competenza e giurisdizione -Regolamento preventivo di giurisdizione Competenza giurisdizionale del Consiglio di Stato o della Corte dei Conti -Questione di costituzionalit -Riproposizione per altri motivi, nello stesso giudizio di questione gi rigettata dalla Corte costituzio nale: ammissibilit. (Cost. art. 136; I. 11 marzo 1953 n. 87, art. 23; t.u. 12 luglio 1934 n. 1214, artt. 3, 65). Le sentenze di 'rigetto della Corte costituzionale si limitano a dichiarare infondata la questione presa in esame e non conferiscono alle dispo 74& .RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sizioni legis.lative esaminate alcuna qualificazione di legittimit che presenti caratteristiche di assolutezza e di irreversibilit; pertanto la preclusione operante nel giudizio a quo riguarda soltanto la riproponibilit della stessa questione: intendendo per tale quella concernente le medesime disposizioni, in riferimento alle medesime norme costituzionali e prospettate. in base alle medesime ragioni di contrasto tra le une e le altre. (Omissis). -La preclusione invocata dalla difesa dei resistenti, non sussiste. Il problema della natura e dell'intensit del vincolo che le sentenze di rigetto della Corte Costituzionale impongono al giudice a quo, presenta aspetti delicati e controvertibili, soprattutto quando si tratta di sentenze nelle quali la pronunzia di rigetto stata determinata da un'interpreta zione delle disposizioni legislative denunziate, diversa da quella che lo stesso giudice a quo aveva ipotizzato. Ma, per risolvere il caso in esame, sllfficiente richiamare alcuni princip, inerenti alla struttura e alla fun zione del giudizio incidentale di legittimit costituzionale, sui quali nessun dubbio sembra seriamente profilabile. La questione di legittimit costituzionale, pur costituendo una pregiu diziale che si innesta nello svolgimento del processo a quo, ha caratteri stiche peculiari (al punto da sopravvenire all'eventuale cessazione del giu dizio in cui sorta: cfr. l'art. 22 delle norme integrative), dovute al fatto di essere lo strumento attraverso il quale si evita l'applicazione di dispo sizioni legislative costituzionalmente illegittime e si perviene addirittura alla loro eliminazione dall'ordinamento. Per questa ragione essa pu essere sollevata, dalle parti o d'ufficio, nel corso di un giudizio (art. 1 legge cost. 9 febbraio 1948 n. l, art. 23 legge 11 marzo 1953 n. 87): ossia fino a Il principio enunciato dalle SS.UU., nell'importante sentenza di cui si riporta pm sopra l'intera motivazione, appare chiaramente enunciato anche se molti dubbi sulla sua esattezza possono porsi. Ed infatti la nozione di corrispondenza fra il richiesto ed il pronunciato acquista, dinanzi alla Corte costituzionale, un significato del tutto particolare dal momento che quest'ultima ha il duplice potere sia di sollevare dinanzi a s questioni non prospettate nell'ordinanza di rinvio, sia di (( enucleare la sintesi delle questioni da esaminare dall'intero contesto dell'ordinanza di rimes sione. Alla luce di tali poteri -pure puntualmente descritti nella motivazione della decisione in rassegna -perde certo d'importanza il concetto che la deci sione della Corte costituzionale non conferisce alle disposizioni legislative esa minate qualificazioni di legittimit assolute ed irreversibili perch, nello stesso processo, quei poteri dovrebbero rendere preclusa ogni questione, sulle stesse norme, non dedotta o, comunque, deducibile (rectius: esercitata od esercitabile dalla Corte costituzionale). Sulla possibilit di riproporre alla Corte costituzionale la stessa questione gi respinta cfr. Cass. 12 marzo 1973 n. 675 in Giust. civ. 1973, I, 1182. c. c. PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE quando il giudizio stesso non sia definitivamente chiuso, qualunque sia lo stato o il grado a cui pervenuto. Che, in quello stesso giudizio, sano state sollevate altre questioni di legittimit costituzionale e la Corte Costituzionale le abbia gi risolte in senso negativo, , dunque, circostanza affatto priva di rilievo. La cosa di intuitiva ed immediata evidenza, se si tratta di questioni concernenti disposizioni legislative, di cui il giudice debba fare applicazione, diverse da quelle che hanno formato oggetto della denunzia precedente e sulle quali -pertanto -la Corte Costituzionale non ha emesso alcuna pronuncia. Ma la stessa conclusione si impone allorch la nuova denunzia investa le stesse disposizioni che avevano datcr luogo al precedente giudizio incidentale: raffrontate, per, a norme o principi costituzionali diversi da quelli posti a base della precedente denunzia; o, perfino, raffrontate alle medesime norme o principi, ma sotto profili diversi da quelli prospettati dal giudice e valutati dalla Corte Costituzionale nella precedente occasione. Secondo l'opinione prevalente e pi persuasiva, infatti, anche il giudizio di legittimit costituzione retto dal principio della corrispondenza tra il richiesto ed il pronunziato, sicch la Corte Costituzionale (salvo il potere di sollevare davanti a se stessa questioni non prospettate nell'ordinanza di rinvio, ma ritenute rilevanti ai fini della decisione da emettere) non pu esaminare se non le questioni che il giudice a quo le ha rimesso, sia pure enucleandole dall'intero contesto dell'ordinanza di rimessione, senza doversi limitare alle enunciazioni testuali e formali, prescritte dalle lettere a) e b) del primo comma dell'art. 23 della legge n. 87 del 1953. D'aJtronde, le sentenze di rigetto della Corte Costituzionale, si limitano a dichiarare infondata la questione presa in esame, senza. affatto conferire alle disposizioni legislative esaminate una qualificazione (e, tantomeno, una qualificazione assoluta ed irrever sibile) di legittimit. La preclusione operante nel giudizio a quo, dunque, riguarda soltanto la ripropqnibilit della stessa questione: intendendo per tale quella concernente le medesime disposizioni, in riferimento alle medesime norme costituzionali e prospettata in base alle medesime ragioni di contrasto tra le une e le altre. Fuori di questi limiti, il giudice a quo che dubiti per altro verso della legittimit costituzionale delle disposizioni di cui chiamato a fare applicazione, non tanto pu, quanto deve, sottoporre il suo nuovo dubbio all'organo deputato a risolverlo, ancorch siano stati gi dichiarati privi di fondamento altri dubbi che le stesse disposizioni gli avevano suscitato. , perci, necessario prendere i nesame le ulteriori questioni di legittimit costituzionale prospettate dal ricorrente, quantomeno per accertare se esse presentino, nel senso chiarito sopra, il requisito della novit. Nel dichiarare non fondate le questioni di legittimit costituzionale degli artt. 3, primo comma e 65 del t.u. n. 1214 del 1934, in riferimento agli artt. 3 e 108 Cost., che queste Sezioni Unite avevano sollevato, la 750 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Corte Costituzionale ha fatto essenzialmente leva sul sistema normativo risultante dagli artt. 102, 103, secondo comma e dalla VI disposizione finale e transitoria della Costituzione>>, per negare che la giurisdizione domestica della Corte dei conti, in quanto implicitamente richiamata e presupposta dall'art. 103 ed espressamente sottratta ad obbligo di revisione in forza della VI disposizione transitoria, sia -di per s -in contrasto eon la Costituzione . Ha, per, soggiunto che ci lasciava impregiudicato il problema-se tutte le singole norme attualmente disciplinanti i modi di esercizio di quella giurisdizione e lo stesso organo che la esplica, siano, per ci solo, esenti dal sindacato di legittimit costituzionale. A questa riserva si richiama il ricorrente per prospettare profili d'illegittimit che atterrebbero, appunto, al modo di esercizio della giurisdizione domestica (con riguardo alle specifiche norme che la disciplinano), all'indipendenza dell'organo che la esercita e all'illgiustificata disparit di trattamento riservata ai magistrati che vi sono soggetti. L'ultimo dei suddetti vrofili, per vero, dedotto e illustrato piuttosto sotto forma di critica alla sentenza della Corte Costituzionale, che quale argomento propriamente nuovo, giacch lo stesso ricorrente riconosce che esso era ricompreso tra le ragioni che avevano indotto queste Sezioni Unite a sollevare la questione di legittimit costituzionale con l'ordinanza del 25 ottobre 1973. Le altre questioni investono una nutrita serie di disposizioni concernenti: il passaggio dei magistrati della Corte dei conti delle funzioni giudicanti alle requirenti e viceversa (art. 4, comma secondo, d.l.vo 5 maggio 1948 n. 589); la loro destinazione agli uffici di controllo centrali o regionali a(rtt. 22 e 23 t.u. n. 1214 del 1934; art. 7 legge 20 dicembre 1961 n. 1345); la loro assegnazione alle sezioni giurisdizionali (art. 2 legge 21 marzo 1953 n. 161); il sistema con cui si sono regolate le loro promozioni (art. 10, commi secondo e terzo; art. 13 legge 20 dicembre 1961 n. 1345; artt. 1 e 3 legge 13 ottobre 1969 n. 681); l'ingerenza attribuita al Governo nella nomina del Procuratore Generale della Corte (art. 7, commi primo e secondo, t.u. n. 1214 del 1934; art. 4 d.1.vo 5 maggio 1948 n. 589; art. 13, comma secondo, legge 20 dicembre 1961 n. 1240); e il conferimento di incarichi (art. 7 del t.u.; art. 9 legge 21 marzo 1953 n. 161). Tutte queste norme, non contenendo idonee garanzie contro i trasferimenti arbitrari, contro l'emissione di pareri o giudizi di promovibilit del tutto discrezionali perch privi della predeterminazione dei criteri di massima la seguire, contro il conferimento o la revoca abusivi di incarichi e attribuendo al Governo ingerenze determinanti, menomerebbero l'indipendenza dei magistrati della Corte (e quindi anche di quelli facenti parte delle Sezioni riunite), in violazione dell'art. 108, comma secondo e dell'art. 3 Cost. L'indipendenza dei magistrati della Corte, poi, oltre a non essere garantita dalle suddette norme generali sul loro status, non lo sarebbe neppure dagli stessi artt. 3 e 65 del t.u. n. 1214 del 1934 (la cui legittimit do PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE vrebbe, pertanto, essere nuovamente vagliata dalla Corte Costituzionale) non in quanto attribuiscono alla Corte dei conti la giurisdizione cos detta domestica, ma in quanto non assicurano l'indipendenza dell'organo che la esercita. Si tratta di questioni di cui va dichiarata la manifesta infondatezza. Esse possono bens essere riconosciute diverse -almeno in parte e for malmente -da quelle prospettate nella precedente ordinanza di rinvio, ma trovano la loro confutazione, se non proprio in puntuali affermazioni contenute nella sentenza di rigetto n. 135 del 1975, nella ratio decidendi che la ispira. Ed evidente che altro negare a tale sentenza l'effetto preclusivo invocato dall'Avvocatura dello Stato, secondo i rilievi svolti all'inizio della presente motivazione, altro valutarne il contenuto e la portata, ai fini del giudizio sulla non manifesta infondatezza delle ulte riori questioni di legittimit costituzionale in esame. Specialmente quando (come in questo caso) la pronunzia di rigetto della Corte Costituzionale si basa, non sul significato delle disposizioni denunziate, ma su quello delle norme e dei principi costituzionali di raffronto, essa deve essere consi derata come espressione del pensiero dell'organo al quale il nostro ordi namento affida istituzionalmente l'interpretazione e la tutela di quelle norme e di quei principi. Se ci non inibisce ai giudici di prospettare ipotesi interpretative diverse, li obbliga per a vagliare la non manifesta infondatezza delle questioni sottoposte al loro esame anche e, soprat tutto, alla luce della pronunzia gi emessa in materia dalla Corte Costi tuzionale, utilizzando la ragione del decidere che la ispira come la pi autorevole e probante pietra di paragone dell'effettiva s.eriet dei dubbi che possono sorgere o permanere, sulla legittimit costituzionale delle di sposizioni legislative da applicare. Nella specie, la sentenza della Corte Costituzionale, non ha soltanto escluso che la sopravvivenza della giurisdizione domestica della Corte dei Conti sia .....,.. considerata nel suo insieme e di per se stessa -in contrasto con la Costituzione repubblicana. Ha anche analizzato (ancor ch vi sia di ipotesi e per completezza di indagine) le specifiche ragioni dalle quali, poteva derivare, secondo l'ordinanza di .rinvio, la prospet tata illegittimit e le ha ritenute a loro volta prive di fondamento. Ora, la prima argomentazione sufficiente per escludere qualsiasi fondatezza alla questione sollevata sotto il profilo dell'ingiustificata disparit di trattamento che verrebbe riservata ai magistrati della Corte dei Conti, rispetto agli altri pubblici dipendenti, perch (a parte il fatto che l'art. 3 era menzionato, nell'ordinanza di rinvio, tra le norme costituzionali che si assumevano violate ed menzionato nella sentenza tra le norme in riferimento alle quali stata negata l'illegittimit della normativa denunziata) essa si risolve proprio nella contestazione della legit' timit della giurisdizione domestica della Corte dei Conti -in quanto tale e per il semplice fatto di esistere come competenza giurisdizionale 752 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO differenziata e peculiare -che, viceversa, la sentenza n. 135 del 1975 afferma categoricamente. La seconda argomentazione, d'altronde, cos articolata e comprensiva da imporre la stessa conclusione a proposito delle altre questioni prospettate nella memoria del ricorrente. Bench nella sentenza non figuri il testuale richiamo delle numerose disposizioni ora denunziate specificamente, la situazione ed il sistema che esse determinano (e cio, in sostanza, l'attribuzione di poteri di supremazia anche disciplinare e comunque inerenti allo stato giuridico ed alla carriera dei magistrati della Corte a persone che, facendo parte delle Sezioni riunite, potrebbero condizionare in qualche modo gli altri membri, con riflessi negativi sull'indipendenza dell'organo) risultano valutati dalla Corte Costituzionale, che li ha ritenuti giustificati, oltre che da imprescindibili esigenze organizzative, anche e soprattutto dalla necessit di realizzare, per questa via, l'indipendenza esterna della Corte e dei suoi componenti, garantita dall'art. 100 Cost. vero che, nella memoria, si insiste particolarmente, non tanto sull'esistenza di tali poteri, quanto sulla loro discrezionalit pressoch illimitata, che non conferirebbe agli interessati nessuna seria garanzia contro eventuali abusi e si sottolinea come persista persino la possibilit di ingerenze esterne (da parte del Governo), con la conseguenza che la giurisdizione domestica sarebbe esercitata da un organo non dotato della necessaria indipendenza e, per questa ragione, addirittura privo della capacit di essere giudice. Ma, a ben vedere, neppure questo aspetto del problema sfuggito al vaglio della Corte Costituzionale, giacch tutta la seconda parte della motivazione della sentenza n. 135 del 1975 risulta incentrata sul tema dell'indipendenza, dato che proprio in ci consiste la ragione di fondo del sospetto d'illegittimit costituzionale avanzato nell'ordinanza di rinvio. Si deve, anzi, aggiungere che i dubbi pi consistenti sulla possibilit di condizionamento e sulla conseguente mancanza di indipendenza dei magistrati addetti alle Sezioni riunite, derivano appunto dall'esistenza di quei poteri, per i riflessi che essi potevano determinare sulla piena libert di valutazione degli atti impugnati, attinenti allo stato e alla carriera dei magistrati della Corte. Quei dubbi sono stati ritenuti privi di fondamento dalla Corte Costituzionale e la conclusione vale a maggior ragione per confutare 17 ulteriori argomentazioni, attualmente svolte. Invero, gli inconvenienti ora messi in luce, non attengono semplicem_ente alla capacit della Corte dei Conti a giudicare gli atti riguardanti il proprio personale, a causa dei rapporti tra membri del collegio posti, rispetto a quegli atti, in delicate situazioni (almeno potenziali) di soggezione, di preminenza o di contrasto; ma alla sua capacit di essere giudice in qualsivoglia materia, data l'asserita mancanza istituzionale di indipendenza dei magistrati che la compongono. Una volta negata dalla Corte Costituzionale la fondatezza del primo profilo, anche il secondo deve PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 753 essere dichiarato manifestamente infondato, se non altro perch l'eventuale accoglimento dell'assunto che esso propugna condurrebbe all'eliminazione di qualsiasi competenza giurisdizionale della Corte dei Conti, in aperto contrasto con il dettato della Costituzione. Stante, dunque, la pronunzia di rigetto della Corte Costituzionale e la dichiarazione di manifesta infondatezza delle ulteriori questioni prospettate, gli artt. 3 e 65 del T.U. 12 luglio 1934 n. 1214 devono essere applicati e va dichiarata la giurisdizione della Corte dei Conti, che essi prevedono in modo espresso. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 8 maggio 1976, n. 1616 -Pres. Danzi Est. Persico -P. M. Del Grosso (conci. conf.) -Lauda (avv. Ludovisi) c. Ministero degli Affari Esteri (avv. Stato Saltini). Competenza e giurisdizione - Impiegati locali all'estero del Ministero AA.EE.: impiego pubblico -Giurisdizione amministrativa. (r.d. 26 giugno 1924 n. 1054, artt. 29, 30; I. 30 giugno 1956 n. 775, art. 15). Il rapporto di lavoro dei c.d. impiegati locali all'estero dell'Amministrazione degli Affari Esteri da considerare pubblico, anche se le particolari esigenze degli Uffici all'estero imprimono al medesimo, per la fonte ed il contenuto, quelle note devianti che la normativa specifica in materia esprime; pertanto esso soggetto alla giurisdizione del giudice amministrativo. (Omissis). -Con.J'unico motivo del ricorso incidentale -da esaminarsi per primo perch prospetta una questione pregiudiziale di rito si denunzia la sentenza impugnata per violazione degli artt. 29 e 30 del t.u. 26 giugno 1924 n. 1054 in relazione all'a~t. 360 n. 1 e 3 c.p.c. e si deduce il difetto di giurisdizione del giudice ordinario. L'Amministrazione degli Esteri sostiene che i vari ed autonomi periodi di servizio prestati dall'attore, ancorch instaurati in forma contrattuale, a tempo determinato e con soggezione a leggi od usi stranieri, abbiano realizzato altrettanti periodi di servizio avente natura di pubblico impiego, come tale rientrante nella giurisdizione esclusiva del Consiglio di Stato. Con la memoria il resistente Lauda sottolinea ehe -a differenza dei casi oggetto delle precedenti pronunzie di queste Sezioni Unite A quanto risulta trattasi di questione nuova anche se sulla 1. 30 giugno 1976 n. 775 -per fattispecie diverse -sono reperibili alcuni precedenti del Consiglio di Stato (cft. per l'elencazione di tali decisioni Giust. civ. 1976, I, 991). In dottrina V. VIRGA, Il pubblico impiego, I, Giuffr, Milano, 1973, pag. 812. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 754 richiamate dall'Avvocatura Erariale -, il rapporto de quo regolato da una legge speciale, la n. 775 del 30 giugno 1956 la quale, intesa a fronteggiare esigenze eccezionali degli Uffici all'estero del Ministero degli Esteri, definisce espressamente la natura dei rapporti con i contrattisti, sottoponendoli a disciplina sostanziale non nazionale. Il motivo fondato e va dichiarata la giurisdizione del giudice amministrativo. Certo, poich la sentenza impugnata (e sulla scia di essa il resistente) deriva la qualificazione come privato del rapporto di impiego da una predeterminazione normativa, non pertinente il richiamo a principi giurisprudenziali generali -che la sentenza non disconosce e che qui si ribadiscono -(quali: quello che desume la natura giuridica di un atto dal contenuto oggettivo ed intrinseco piuttosto che dall'opinabile nomen iuris attribuitovi; quello che riconosce il contratto idonea forma costitutiva di un rapporto di impiego pubblico allorch fonte dell'assunzione sia un provvedimento autoritativo ed unilaterale al quale la volont del privato, espressa nella forma dell'adesione o dell'accettazione, acceda come mera condizione di efficacia; quello che risolve in termini di compatibilit la relazione tra l'elemento essenziale della continuit della prestazione e la temporaneit della stessa che non induca provvisoriet, sporadicit, occasionalit, eccezionalit; quello che analogamente risolve la relazione tra la natura pubblica del rapporto di impiego e la fonte eventualmente privatistica della sua disciplina sostanziale). Tali principi, per il solo fatto di presupporre soluzioni alternative nel modo di conseguire prestazioni coessenziali ai fini non economici di istituto, risultano di forza attenuata se riferiti allo Stato, per la rigida ed inderogabile tipicit che informa il procedimento costitutivo dello status di pubblico dipendente e riescono del tutto inapplicabili nei casi nei quali sia stata operata gi in sede legislativa la qualificazione del rapporto in senso derogatorio alle note comuni di caratterizzazione di esso come pubblico (ferma, s'intende, la particolare cautela che deve accompagnare una simile ricostruzione della norma positiva e la ricerca della ratio ispiratrice). Ed in tale ultimo schema che la sentenza impugnata ha inquadrato l'art. 15 della legge n. 775 del 1956, sul duplice rilievo che l natura a termine del contratto di assunzione esclude la stessa possibilit di una inserzione nel ruolo ~organico (e, con ci, lo scopo che l'avvocatura erariale attribuisce alla locuzione di diritto privato), e che il rapp~rto regolato da leggi od usi stranieri. Senonch entrambe tali ragoni non sono risolutive: la prima, perch la copertura di un posto di ruolo nell'organico dell'Amministrazione non requisito essenziale per l'instaurazione del rapporto di pubblico impiego (il quale si costituisce non in virt della sola inerenza delle mansioni ai fini istituzionali, bens per effetto dell'atto formale di nomina, PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE mancando il quale il rapporto si aratterizza come privato) e perch lo stesso r.d. 18 gennaio 1943 n. 23 che sta alla base della norma in esame ribadisce (art. 8) la mancanza di diritto a stabile collocamento nell'atto stesso in cui sancisce . il potere dell'Amministrazione di licenziare ad nutum il personale locale, compreso quello giornaliero; la seconda perch non ravvisabile alcuna incompatibilit logico-giuridica o contrasto con i principi generali dell'ordinamento, anche di ordine pubblico, nel fatto che la disciplina sostanziale di un rapporto di pubblico impiego sia mutuata dalle leggi od usi dello Stato nel quale esso destinato a sorgere ed a svolgersi. Queste Sezioni Unite, per contro, esprimono l'avviso che il rapporto dei c.d. impiegati locali all'estero dell'Amministrazione degli Affari Esteri e rimane pubblico, anche se le particolari esigenze degli Uffici all'estero imprimono al medesimo, per la fonte ed il contenuto, quelle note devianti che l'art. 15 in esame esprime. Gi sul piano testuale (posta la piena compatibilit della determinatezza nel tempo di un rapporto di impiego pubblico e la prevalenza del sistema normativo speciale su quello comune di cui agli artt. 2071 e.e. e 1. n. 230/62) sembra che la norma iscriva il momento autoritativo del1' assunzione da parte dell'Amministrazione come istitutivo (fonte) del rapporto, assegnando al contratto la funzione strumentale attuativa di veicolo per l'adesione del personale, preferito all'atto formale per conferire snellezza al funzionamento degli Uffici all'estero; e che le locuzioni di diritto privato e secondo le leggi o gli usi locali lungi dall'introdurre estremi di qualificazione privatistica del rapporto, deroghino soltanto al rigore formale dell'atto costitutivo ed indichino i criteri di collegamento (ordinamento privatistico straniero) di quello prescelto. Una tale interpretazione non soltanto in consonanza con la pacificamente ritenuta natura pubblica delle assunzioni per contratto o fuori ruolo nei molteplici casi in cui consentita dalla legge (art. 7 r.d. n. 100 del 1937; cart. 5 d.l. c.p.s. n. 207 del 1947; art. 21 1. n. 959 del 1962; art. 21 l. n. 249 del 1968; art. 1 1. n. 270 del 1968; art. 25 1. n. 175 del 1970; S.U. sent. n. 1811/69), salvo che per prestazioni di carattere eccezionale e straordinario (art. 12 n. 3 d.l.c.p.s. n. 207/47), ma altres coerente all'assetto speciale conferito normativamente alla specifica materia nonch ad una puntuale indagine sistematica. Quanto all'autosufficienza del sistema delle assunzioni e dell'immissione nei ruoli speciali transitori ad esaurimento del personale locale degli Uffici dell'Amministrazione degli Esteri all'estero (ed alla conseguente non riconducibilit dei relativi rapporti nella disciplina generale sui divieti, deroghe, modificazioni ed abolizione delle assunzioni di personale fuori ruolo, anche per contratto), basti ricordare che il d.l. n. 262/48 sulla istituzione di tali ruoli per le amministrazioni dello Stato, espres 756 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO samente limita (art. 12) la cessazione di efficacia delle disposizioni che consentivano assunzioni fuori ruolo con qualsiasi denominazione, al territorio della Repubblica e che .la 1. n. 376/51 chiar (art. 10) la inapplicabilit delle disposizioni del detto d.l. al personale assunto presso gli Uffici diplomatici e consolari all'estero con la qualifica di impiegato locale (eccezi~n fatta per coloro che, destinati a prestare servizio presso l'Amministrazione centrale, ivi prestavano attualmente servizio). Quanto alla ricostruzione sistematica della ratio normativa, da rilevare come il r.d. 18 gennaio 1933 n. 23 conferisca al Ministro per gli Affari Esteri il potere di assumere, nei rispettivi paesi ed eventualmente altrove, personale (nel quantitativo determinato con suo decreto) non di ruolo senza diritto a stabile collocamento per i servizi a carattere normale ed istituzionale delle regie rappresentanze e dei regi Uffici all'estero>>, con la qualifica di impiegato locale, mediante decreto da registrarsi alla Corte dei Conti (art. 1, 2, 4, 5, 8); come la 1. n. 775/56 istituisca un ruolo speciale transitorio ad esaurimento presso il Ministero Affari Esteri nel quale collocabile precisamente il personale di cui al suddetto r.d. n. 23/43 che sia in possesso di determinati requisiti, ferma rimanendo per i rapporti di impiego dei non collocati la >. Dal raffronto di queste disposizioni con quella dell'art. 26 della pre cedente legge del 1941 dato evincere che, dopo la ristrutturazione e la nuova disciplina dei servizi antincendi, il principio della gratuit dei detti servizi non pi circoscritto agli interventi determinati da neces sit attuali di spegnimento di incendi, ma comprende anche gli inter venti diretti a prevenire imminenti pericoli di danno da incendio, cui siano sottoposte persone o cose. Depone in tale senso l'ampia formula adoperata dal legislatore per identificare, all'art. 14 della legge del 1961, PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE i requisiti dei servizi che rientrano nei compiti istituzionali dell'amministrazione dell'Interno. La nuova legge parla, non soltanto di estinzione di incendi gi sviluppatisi o di prestazione di servizi tecnici urgenti, ma genericamente di prevenzione degli incendi e di servizi, comunque, rivolti alla tutela della incolumit delle persone ed alla preservazione dei beni. Tale interpretazione , poi, confortata dai lavori preparatori che, come questa Corte ha pi volte affermato, ben possono servire a chiarire il contenuto e la finalit di una norma. Nella relazione ministeriale presentata al Senato si afferma che il disegno di legge era ispirato alla esigenza di realizzare il riassetto dei servizi antincendi in armonia col progresso tecnico ed industriale del Paese, osservandosi che i detti servizi debbono mantenere sempre una struttura tale che, oltre ad assicurare le ordinarie prestazioni di soccorso, consenta di entrare automaticamente in funzione per fronteggiare ogni calamit; si rileva, al riguardo, che tale finalit si era raggiunta, oltre che mediante l'assunzione diretta dei servizi da parte dello Stato, con l'aumento dell'organico dei vigili del fuoco, e si avverte che se si vuole un servizio veramente efficace, in ogni raggio non superiore ai quindici chilometri deve esservi un distaccamento in modo che l'intervento sia immediato e, comunque, in grado di raggiungere in pochissimi minuti il luogo del sinistro . Pu, quindi, affermarsi che la nuova legge di riordinamento e di ristrutturazione dei servizi antincendi, nell'identificare le prestazioni gratuite a separarle da quelle effettuate a pagamento, ha innovato l'anteriore regime normativo, includendo nelle prime tutte quelle situazioni di pericolosit immanente che richiedano, per il bene di tutta la collettivit, una efficace opera, pronta ed immediata, dei vigili del fuoco. Ora che una siffatta situazione si presenti in un aeroporto aperto al traffico civile, con continui movimenti di arrivi e partenze di aerei costituisce affermazione sulla cui esattezza non lecito dubitare. , infatti, a tutti noto che il grave rischio del verificarsi di un incendio, se ha un'incidenza normale sugli aeromobili in assetto di volo, invece presente con particolare accentuazione nelle loro fasi di decollo e di atterraggio, donde la imprenscindibile necessit della costante presenza negli aeroporti di un servizio che, come si legge nella citata relazione ministeriale, sia automaticamente pronto, in qualsiasi momento, ad intervenire in difesa della generalit indistinta degli equipaggi, dei passeggeri, degli accompagnatori e, in genere, di tutti coloro che, per ragioni personali o di lavoro, frequentano simili luoghi, nonch per le preservazioni delle cose e, in particolare, dei velivoli. Da tale accentramento di situazioni di sempre immanenti rischi di incendio deriva l'elevato grado di pericolosit attribuito agli aeroporti, che impone la necessit di. un attrezzato servizio antincendi, il quale non per assimilabile ai servizi di sorveglianza ordinariamente svolti dai vigili del fuoco a richiesta dei privati, ma \> propriamente da ritenersi quale generale servizio di 772 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO prevenzione degli incendi che, ai sensi dell'art. 1 della legge del 1961, primario compito istituzionale dello Stato. Si deve, d'altra parte, rilevare che la gestione degli aeroporti aperti al traffico civile, privata o pubblica che sia, costituisce esercizio di pubblico servizio (Cass. 6 dicembre 1966, n. 2861 e 4 febbraio 1972, n. 415); l'attivit, pertanto, del soggetto che gestisce l'aeroporto, ponendolo a disposizione del vettore utente, in quanto finalizzata al regolare svolgimento dei traffici aerei soggetta ad una complessa regolamentazione che prescinde dalla natura pubblica o privata della gestione, ed essenzialmente diretta alla tutela della regolarit e dell'efficienza dei voli, assunte come valori di interesse generale. Basti, in proposito, corisiderare che, ai sensi dell'art 3 della legge. 30 gennaio 1963, n. 141, i servizi di assistenza al volo sono forniti gratuitamente, in tutti gli aeroporti, comunque gestiti, dall'Ispettorato delle telecomunicazioni e dell'assistenza al volo del Ministero della Difesa; per avere un decisivo indice del grado di incisivit che l'interesse collettivo presenta nella materia in esame. Ma se cos , un'ulteriore ragione giustificatrice dell'espletamento del servizio antincendi negli aeroporti ad opera dei vigili del fuoco bene pu essere ravvisata nella esigenza dell'organizzazione periferica del servizio stesso, esigenza soddisfatta, come previsto dall'art. 11, 2 comma, della legge del 1961, con l'istituzione di un'apposito distaccamento per l'esercizio, in una zona caratterizzata da immanente pericolosit, dei compiti generali di istituto del Ministero dell'Interno. Stabilisce, infatti, la succitata disposizione che il numero, le sedi e le circoscrizioni territoriali dei distaccamenti e dei posti di vigilanza sono determinati con decreto del Ministro per l'Interno, in relazione alle esigenze delle zone interessate, tenuto conto dello sviluppo industriale, delle distanze da altre sedi dei servizi antincendi, della natura dei luoghi e degli interventi effettuati nell'ultimo quinquennio. Anche, quindi, in considerazione del ricorrente termine distaccamento adoperato, in conformit della suddetta disposizione, da tutti gli organi della Pubblica amministrazione per designare il complesso del personale distaccato nell'aeroporto di cui trattasi, ricorrono, in altri termini, ragionevoli motivi per affermare che, nella specie, l'Amministrazione dell'Interno, in base ai propri insindacabili criteri, abbia ritenuto che costituisse un preciso dovere discendente dall'art. 2 lett. a) della stessa legge del 1%1, istituire nell'aeroporto un distaccamento dei vigili del fuoco per l'espletamento di un servizio considerato indispensabile per scongiurare un sempre immanente pericolo di gravi danni all'incolumit pubblica ed all'integrit di beni di pubblica utilit, come devono considerarsi gli aeromobili adibiti a servizi regolari di linea. I suesposti rilievi consentono di ritenere, a giudizio della Corte, che, sebbene nessuna norma, prima dell'entrata in vigore della legge 8 dicembre 1970, n. 996, contemplasse specificamente a chi spettasse il ser PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE VIZIO antincendi negli aeroporti aperti al traffico civile e quale ne fosse il regime finanziario, le summenzionate disposizioni della legge del 1961 autorizzano a comprendere il detto servizio tra i compiti istituzionali del Mini~tero dell'Interno, trattandosi di un servizio diretto alla prevenzione di un costante pericolo di danni da incendio a persone ed a cose e, quindi, in definitiva, rivolto allo soddisfacimento di bisogni collettivi. N vale obiettare, come si obietta dalla difesa dell'Amministrazione che se il legislatore avesse inteso includere l'anzidetto servizio tra i compiti dello Stato lo avrebbe stabilito espressamente, cos come lo ha fatto per il servizio antincendi nei porti, richiamando, nell'art. 1, lett. b) della legge del 1961, la legge 13 maggio 1940, che demandava ai corpi provinciali dei vigili del fuoco di provvedere a tutte le spese necessarie per i servizi antincendi nei porti. Il richiamo, invero, alla legge n. 690 del 1940 si giustifica con la necessit di introdurre nella sua disciplina le modifiche portate dalla fondamentale legge del 1961 nell'ordinamento sostituendo alle attribuzioni dei disciolti corpi provinciali, soggetti forniti di autonomia giuridica e con proprio patrimonio, quelle dell'amministrazione dell'Interno, nonch con la esigenza di evitare l'eventuale iscrizione in bilancio del relativo onere, essendo tale onere compreso, in virt dell'art. 85 della legge del 1961, in quello globale derivante dall'espletamento dei servizi di cui all'art. 1 della stessa legge. Tali necessit ed esigenze non sussistevano, invece, per il servizio antincendi negli aeroporti, dato la carenza di norme specificamente ad esso riferibili. Soltanto con la gi citata legge 8 dicembre 1970, n. 966, si provveduto a sopperire a tale carenza integrando, a mezzo dell'art. 10, l'art. 1 della legge del 1961 ed aggiungendo a questa disposizione il seguente comma Il Ministero dell'Interno provvede, infine, con il proprio personale all'espletamento dei servizi antincendi negli aeroporti civili o aperti al traffico civile. Ma, per quanto dianzi si detto, si deve escludere che la suddetta disposizione abbia, cos come si afferma dalla difesa dell'Amministrazione, carattere sostanzialmente innovativo, dovendosi invece ritenere che la medesima abbia soltanto reso esplicito che era gi insito nella norma di cui all'art. 1 della legge del 1961. La sua dichiarata finalit di integrare quest'ultima norma ed il senso che discende dalle espressioni usate dal legislatore sono, del resto, significativi della portata concretamente interpretativa implicita della suddetta norma. N pu essere condivisa l'altra affermazione della stessa Ammini strazione secondo cui da tale disposizione potrebbe soltanto dedursi l'obbligo inderogabile dei gestori degli aeroporti di avvalersi dell'orga nizzazione dei vigili del fuoco, ma non anche la gratuit del servizio prestato. 774 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO L'inconsistenza di questa affermazione sembra evidente ove si consideri che la nuova disposizione, essendo incorporata in seno all'art. 1 della legge del 1961 e, quindi, essendo espressamente destinata ad integrare quest'ultima norma, non pu non essere armonizzata e correlata con. le altre disposizioni della stessa legge e, in particolare, con quella del gi citato art. 85, che espressamente statuisce che gli oneri dell'espletamento dei servizi di cui all'art. 1 fanno carico allo stato di previsione delle spese del Ministero dell'Interno . Qualora, d'altra parte, si aderisce alla prospettata tesi, non potrebbe non sorgere un dubbio sulla costituzionalit del comma aggiunto, .considerato che non sono conformi alla Costituzione le prestazioni patrimoniali autoritativamente imposte, per le quali la stessa legge non provveda a fissarne i criteri di determinazione. In esito a quanto sopra esposto si ritiene, quindi, di dover concludere che i servizi antincendi negli aeroporti aperti al traffico civile rientravano, anche prima dell'entrata in vigore della legge n. 966 del 1970, tra i compiti d'istituto e d'obbligo del Ministero dell'Interno. Dovendosi, alla stregua di questo principio, accogliersi i primi tre motivi del ricorso principale; anche gli altri motivi dello stesso ricorso con i quali si nega che, nella fattispecie sussistessero i presupposti dell'azione di indebito arricchimento e si contestano i criteri di liquidazione dell'indennizzo, non possono non essere accolti. Poich, infatti, l'azione di arricchimento di cui agli artt. 2041 e 2042 cod. civ. deriva dall'assenza di una giusta causa la propria caratterizzazione, evide~te come l'azione stessa debba ritenersi inammissibile quando, come nella specie si verifica, l'ordinamento giuridico giustifichi lo squilibrio patrimoniale allegato dalla parte che si pretende depauperata. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 28 giugno 1976, n. 2463 -Pres. Toro - Rel. Delfini -P. M. Gentile (conf.) -Ministero dell'Interno (avv. Stato Cosentino) c. Ag (avv. Tentori). Responsabilit civile Responsabilit precontrattuale Culpa in contrahendo Responsabilit della P .A. Pubblico funzionario Art. 28 Cost. Trattative Principio della lealt e correttezza Violazione Risarci mento del danno. La responsabilit per culpa in contrahendo ha natura extracontrat tuale e pertanto non si possono richiedere per la sua sussistenza le condizioni di legittimazione richieste per l'attivit contrattuale (1). (1-3) La massima si inserisce esattamente in quanto affermato dalle SS.UU. nella sentenza 21 ottobre 1974, n. 2972 in Giust. Civ. Rep. 1974, II, 2611, n. 8). PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE Da ci discende che qualora il comportamento della pubblica Amministrazione incorra in tale forma di responsabilit sufficiente, da un punto di vista generale, che l'attivit dell'agente possa essere riferita alla p. A. a norma dell'art. 28 della Costituzione (2). La fase delle trattative contrattuali investe sempre e comunque un ambito privatistico, che non esime la pubblica Amministrazione dal dovere di comportarsi secondo i principi della lealt e della correttezza, la cui violazione conferisce al privato un vero e proprio diritto soggettivo con il conseguente obbligo di risarcimento a carico dell'Amministrazione stessa a titolo di responsabilit precontrattuale (3). (Omissis). -Con il secondo motivo si denuncia la violazione delle norme della legge e del regolamento sulla contabilit generale dello Stato, osservando che possono aversi trattative precontrattuali della pubblica amministrazione soltanto quando chi tratta per lo Stato il funzionario competente a stipulare il contratto. Questa tesi, in astratto, priva di fondamento perch, avendo la responsabilit per culpa in contrahendo natura extracontrattuale (come pi volte ha stabilito la giurisprudenza di questa Corte:. v. sentenza n. 2385 del 1974), non si possono richiedere per essa quelle condizioni di ~egittimazione che sono richieste per l'attivit contrattuale; al contrario sufficiente,. da un punto di vista generale, che l'attivit dell'agente possa essere riferita alla pubblica amministrazione a norma dell'art. 28 della Costituzione. Altra questione stabilire, in concreto, se le iniziative di un funzionario non autorizzato a stipulare possano dar luogo ad una trattativa seria e concludente, ma questa indagine di fatto non stata omessa dalla sentenza impugnata, la quale ha esaurientemente indicato le ragioni poste a fondamento della decisione positiva, sicch i rilievi critici che -a tale proposito -sono stati formulati con il quarto motivo di ricorso, risultano, in realt, una censura di merito, inammissibile in questa sede. Con il terzo motivo si denuncia la violazione del principio sancito dalla legge sulla contabilit generale dello Stato, secondo il quale prima della stipulazione (o dell'aggiudicazione) e dell'approvazione non sono configurabili diritti soggettivi, ma solo interessi legittimi, e si nega che l'esercizio del potere discrezionale della pubblica amministrazione in ordine alla conclusione del contratto ed alla sua approvazione sia soggetto al diritto privato e, segnatamente, all'art. 1337 del codice civile. La negazione dell'esistenza di diritti soggettivi, prima della stipulazione del contratto, riguarda -ovviamente -soltanto i diritti che derivano dal contratto stesso; essa non importa un privilegio della pubblica amministrazione, ma riguarda anche i privati contraenti che stipulano fra di loro secondo le norme del diritto civile; e -quel che pi conta -non esclude in assoluto l'esistenza di diritti soggettivi, div~rsi da quelli di 776 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO pendenti dal contratto ed aventi oggetti distinti, in capo a coloro che trattario e stipulano contratti. Sono appunto questi diritti soggettivi e, in particolare, il diritto alla integrit del proprio patrimonio che pu essere leso dal fatto illecito produttore della cosiddetta responsabilit precontrattuale, onde -salvo per quanto concerne la concreta valutazione dei fatti -del tutto fuor di luogo a questo proposito risultano i concetti pubblicistici di interesse legittimo e di discrezionalit della pubblica amministrazione. Invero in materia di contratti ad evidenza pubblica necessario distinguere, ai fini della qualificazione della posizione soggettiva del privato, tra i procedimenti amministrativi rivolti a disporre in ordine alla stipulazione del contratto, a determinare la scelta del contraente e, dopo la stipulazione, ad assoggettare il contratto ai necessari controlli, e l'attivit privatistica vera e propria dell'amministrazione, attinente al perfezionamento e all'operativit del contratto medesimo; ed infatti, mentre con riferimento alla sfera pubblicistica, il privato titolare di un interesse legittimo, tutelabile dinanzi al giudice amministrativo, per quanto concerne, invece, l'ambito privatistico dell'attivit della pubblica amministrazione e, pi precisamente, il dovere della stessa di comportarsi in buona fede e secondo i principi della lealt e della correttezza, nella fase delle trattative contrattuali, al privato compete un vero e proprio diritto soggettivo, la cui lesione importa un obbligo di risarcimento a carico dell'amministrazione stessa a titolo di responsabilit precontrattuale. (Omissis). SEZIONE QUINTA GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (*) CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 9 marzo 1976, n. 174 -Pres. (ff.) ed Est. Melito -Impresa Dolcino (avv.ti Boglione e Pallottino) c. Ministero Poste e Telecomunicazioni (avv. Stato Ferri). Contratti pubblici -Revisione prezzi -Termine di operativit -Riferibilit alla data di presentazione dell'offerta -Sussiste. Agli effetti della decorrenza del computo della revisione in tema di appalti pubblici non si deve tener conto della data di stipulazione del eontratto, ma della data di presentazione dell'offerta, in relazione alla disciplina introdotta con l'art. 1 D.L. 6 dicembre 1947, n. 1501, conv. in L. 9 maggio 1950, n. 329 e con l'art. 1 L. 23 ottobre 1963, n. 1481, e ci indipendentemente dalla forma di contrattazione adottata, in quanto solo il riferimento alla presentazione dell'offerta consente di dar rilievo all'unico atto che fissa il contenuto della volont delle parti, nonch il momento cui va riferita la produzione degli effetti giuridici (1). (1) La decisione chiarisce i criteri interpretativi della vigente normativa in fatto di revisione prezzi con riferimento al momento di decorrenza del termine di operativit per l'applicazione del detto beneficio. L'art. 1 del d.l. 6 dicembre 1974 n. 1501, ratificato dalla legge 9 maggio 1960 n. 329 e l'art. 1 della successiva 1. 23 ottobre 1963 n. 1481, costituiscono una innovazione rispetto alla normativa di cui ai dd.ll.pp. 5 aprile 1945 n. 192 e 5 aprile 1946 n. 226, che distinguevano tra gara, trattativa privata e appaltoconcorso, per i quali rispettivamente il termine in parola era ancorato alla aggiudicazione, alla stipulazione del contratto e alla presentazione dell'offerta; con la nuova disciplina -si precisa nella annotata decisione -il termine di operativit per la revisione resta ancorato solo al momento della presentazione dell'offerta, indipendentemente dai criteri di scelta del contraente. Per fattispecie analoga in tema di tempestivit della domanda di ammissione al beneficio, con riferimento anche alla 1. 21 giugno 1964 n. 463 (sei mesi dalla ultimazione dei lavori) cfr. Sez. IV 23 giugno 1972 n. 575 (in Il Consiglio di Stato 1972, I, 947). Per richiami, in genere, sulla revisione, cfr. Rel. Avv. Stato 1971-75, III, 368 e sgg.; Cass. Sez. I, 6 marzo 1976 n. 760 (in R.A.S. 1976, I, 280); Cons. Stato Sez. IV, 12 ruglio 1974 n. 548 (ivi, 1975, I, 179 con nota). R. T. (*) Alla redazione delle massime e delle note di questa sezione ha collaborato l'avv. R. TAMIOZZO. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 778 CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 16 marzo 1976, n. 191 -Pres. De Capua Est. Schinaia -Ministero Difesa (avv. Stato Sernicola) c. Sisti (avv. N. Sciacca) -(Appello, T.A.R. Lazio, I Sez., 4 dicembre 1974, n. 115). Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale -Ricorso in appello al Consiglio di Stato Decorrenza del termine Notificazione della sentenza del T.A.R. -Criteri -Applicabilit della normativa prevista dal codice di procedura civile -Sussiste. Militare -Ufficiale Esercito Ufficiale della Riserva Art. 6 L. 20 dicem~ bre 1973 n. 824 Rapporto con l'art. 6 L. 28 marzo 1968 n. 371 -Limiti. Il termine per proporre appello al Consiglio di Stato avverso una sentenza del T.A.R. decorre dalla data della notificazione della sentenza di primo grado purch detta notificazione sia stata effettuata nei confronti del destinatario presso il procuratore costituito, ovvero, se la parte si costituita personalmente, nella residenza dichiarata o nel domicilio eletto dalla parte, e ci in relazione al capoverso dell'art. 28 L. 6 dicembre 1971, n. 1034, che richiama espressamente l'art. 330 c.p.c., nonch, per conseguenza, al principio desumibile, per analogia, dall'art. 285 c.p.c., che rinvi a al precedente art. 170, l e 2 co., c.p.c.; pertanto la notifica delle sentenze del T.A.R. andr fatta nei confronti delle amministrazioni dello Stato costituitesi nel giudizio di primo grado presso l'Ufficio dell'Avvocatura dello Stato competente per territorio e, in difetto di notificazione con le predette modalit, non inizier a decorrere il termine di 60 giorni per la proposizione dell'appello al Consiglio di Stato, previsto dall'art. 28 L. 1034/1971 (1). Posto che l'art. 6 della L. 20 dicembre 1973, n. 824 estende il beneficio della promozione fino al grado di tenente colonnello, in deroga alle vigenti disposizioni, non a tutti gli ufficiali di complemento trattenuti in servizfo e trasferiti nella riserva, ma solo a quegli ufficiali trattenuti in servizio e trasferiti nella riserva ex artt. 2 e 3 della stessa legge e considerato, altres, che l'art. 2 della citata L. 824/1973, menzionato dal successivo art. 6 per delimitare la sfera dei beneficiari, non richiama tutte le norme della legge 28 marzo 1968, n. 371, ma solo gli artt. 1 e 6, con ci escludendo dal beneficio della promozione gruppi di ufficiali della (1-2) Ricordiamo che l'art. 28, secondo comma, I. 6 dicembre 1971 n. 1034, prescrive l'onere della notificazione del ricorso in appello nel termine di giorni sessanta dalla ricevuta notificazione della sentenza di primo grado. e impone altres l'osservanza dell'art. 330 c.p.c. che indica il luogo . di notifica della impugnazione. Qualora l'atto di appello non risulti notificato a tutte le parti del giudizio di primo grado, dovr applicarsi l'art. 331 c.p.c., a norma del quale nelle cause inscindibili l'impugnazione va contestata nei confronti di tutti coloro che parteciparono al giudizio di primo grado; resta fermo, peraltro, l'effetto conservativo della notifica della impugnazione ad almeno uno dei vincitori del giudizio di primo grado, nel senso cio che il giudice dispone l'integrazione PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 779 riserva di complemento che gi avessero in precedenza usufr,uito di analogo beneficio, e che gli ufficiali contemplati dall'art. 3 della L. 824/1973 non potevano aver fruito in precedenza del beneficio di una promozione nella riserva di complemento, detto beneficio pu essere attribuito ai soli ufficiali della riserva di wmplemento trattenuti in servizio ex artt. 2 e 3 citata legge 824/ 1973, non gi agli ufficiali i quali siano stati richiamati o trattenuti in servizio e abbiano conseguito una promozione ai sensi della L. 28 marzo 1968, n. 371 (2). del contraddittorio e solo se nessuna delle parti provvede nel termine fissato potr conseguire la pronuncia di inammissibilit dell'appello. Gli esposti principi hanno trovato recente conferma giurisprudenziale nella decisione della Sez. V, 29 novembre 1974 n. 577 (in Il Consiglio di Stato 1974, I, 1475), la quale ha altres confermato il principio fissato dalla Cassazione per l'ipotesi di appello con pluralit di parti (cfr. Cass. 14 dicembre 1962, n. 3355, in Giust. Civ. Mass. 1962, 1564): la notificazione dell'impugnazione quando pi parti sono domiciliate presso lo stesso procuratore, deve avvenire mediante consegna di un numero di copie uguale al numero delle parti e, ove ci non avvenga, la notificazione deve ritenersi giuridicamente inesistente. R. T. CONSGLIO DI STATO, Sez. V, 22 aprile 1976, n. 669 -Pres. Pranzetti Est. Cossu -Societ VIDE in a.s. (avv. Varvesi) c. Comune di Lecce (avv. Lojodice e Sorrentino) -(Appello, T.A.R. Puglia 25 giugno 1975, n. 92). Giustizia amministrativa -Procedimento -Riunione di ricorsi -Poteri e discrezionalit del giudice -Denegata riunione -Insindacabilit in appello. Giustizia amministrativa -Appello avverso sentenze del T.A.R. -Applicabilit del principio devolutivo -Sussiste. Giustizia amministrativa -Appello -Limiti ai poteri del Consiglio di Stato -Valutazione della effettiva volont del ricorrente -Gravame formulato secondo la tecnica della impugnazione cassatoria -Irrilevanza. Imposte e tasse -Tributi comunali e provinciali -Imposta sulla pubblicit su automezzi adibiti a trasporto pubblico urbano -Riserva comunale per la pubblicit -Limiti di applicazione dell'art. 38 d.P.R. n. 639/1972. Imposte e tasse in genere -Imposta sulla pubblicit -Accertamento e riscossione -Concessione a terzi -Conferma ex art. 44 d.P.R. n. 639/1972 Applicabilit ai contratti di appalto del servhio -Sussiste. Qualora fra due ricorsi sussista un rapporto di mera connessione (non gi di litispendenza o continenza), la loro riunione rimessa alla RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 780 discrezionale valutazione del giudice, insindacabile da parte del giudice di appello (1). Il principio devolutivo, secondo cui al giudice di appello resta preclusa la possibilit di esaminare censure nuove o censure gi proposte in primo grado, disattese nella decisione e non riproposte come motivi di appello, si applica anche al giudizio di appello innanzi al Consiglio di Stato (2). (15) Sui poteri del Consiglio di Stato in grado di appello. La prima massima sulla riunione di ricorsi connessi costituisce conferma di un principio gi fissato in passato in sede di giudizi di appello avverso decisioni delle G.P.A. (cfr. ad es. Sez. V, 17 novembre 1956, n. 1010, in Il Consiglio df Stato 1956, I, 1370; Sez. V, 30 dicembre 1960 n. 1078, ivi, 1960, I, 2326; Sez. V, 10 luglio 1964, n. 870, ivi, 1964, I, 1235; Sez. V, 28 giugno 1968, n. 1019, ivi, 1968, I, 993): la riunione di pi ricorsi, bench connessi, dunque demandata alla valutazione discrezionale dell'organo giudicante e pertanto non solo la mancata riunione pu costituire vizio della decisione, ma non neppure consentito alcun sindacato di merito da parte del Consiglio di Stato sulle ragioni per le quali essa non stata disposta. In verit l'iniziativa della riunione resta rimessa alla valutazione del giudice che considera la opportunit o meno di provvedervi in relazione al principio dell'economia processuale. In materia di diritto processuale civile -come noto -il provvedimento di riunione o. il rigetto della istanza di riunione, cio l'esercizio in concreto della facolt discrezionale ex art. 274 c.p.c. spettante al giudice di merito insindacabile in sede di legittimit, anche sotto il profilo del vizio di extrapetizione, essendo preclusa la possibilit di rimproverare al giudice di aver provveduto senza istanza di parte in una materia in cui la legge consente di decidere anche d'ufficio (cfr. da ultimo Cass. 3 febbraio 1971 n. 254 in Giust. Civ. Mass. 1971, 134; Cass. 8 settembre 1970 n. 1363 in Giust. Civ. Rep. 1970, v. Proc. Civ. n. 296). La seconda massima assume particolare importanza in quanto costituisce una delle prime conferme giurisprudenziali della applicabilit, in sede di giudizio di appello di sentenze del T.A.R. innanzi al Consiglio di Stato, del principio devolutivo, applicabilit gi riconosciuta -e ampiamente -in sede dottrinaria in quanto ricavabile dal sistema normativo, con la sola eccezione di cui all'art. 35, primo e secondo comma, della legge 6 dicembre 1971 n. 1034, che prevede il rinvio al T.A.R. qualora la decisione risulti viziata per difetto di procedura, vizio di forma o erronea pronuncia di incompetenza da parte del giudice di primo grado. In particolare, in dottrina, ricordiamo: SCIACCA, L'appello nella legge sui Tribunali Amministrativi Regionali, in Il Consiglio di Stato 1973, II, 1069; SEPE PEs, Le Nuove Leggi di Giustizia Amministrativa, Milano 1972, 334 e sgg.; CASTAGNA, Sull'ammissibilit dell'appello della P.A. contro le sentenze dei T.A.R., in Il Consiglio di Stato 1973, II, 1075; ALESSI, La giurisdizione amministrativa dopo l'istituzione dei Tribunali amministrativi, Milano 1972, 42 e sgg.; VIRGA, I Tribunali Amministrativi Regionali, Milano 1972, 90 e sgg.; NIGRO, La legge istitutiva dei T.A.R. (prime considerazioni con particolare riguardo alle norme sulla procedura), in Il Consiglio di Stato 1972, II, 138; SANDULLI, I Tribunali Amministrativi Regionali, Napoli 1972, 77 e sgg.; LUBRANO, I Tribunali Ammi PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 781 Fermi gli effetti del principio devolutivo, il Consiglio di Stato investito di cognizione piena in appello e pertanto non sussiste alcuna necessit di individuare preventivamente (e cio prima dell'esame di merito della vertenza) specifici vizi della sentenza impugnata, dovendo il giudice di appello esaminare direttamente il provvedimento impugnato in primo grado al fine di valutare la fondatezza o meno delle censure contro di esso dirette, senza tener alcun conto delle formule, delle rubriche e della tecnica adottate dall'appellante, ma solo del reale contenuto sostanziale delle censure formulate nell'atto di appello (3). nistrativi Regionali, Milano 1974, 72 e sgg.; LUBRANO, Il processo di appello, in Riv. Amm. 1975, I). Secondo l'insegnamento tradizionale, il ricorso al giudice amministrativo pu configurarsi o come ricorso-impugnativa (oggetto del ricorso la decisione di primo grado quale manifestazione di attivit e la causa petendi l'errore nell'attivit del giudice di primo grado, cio l'error in procedendo, con potere decisorio del giudice di secondo grado limitato alla eliminazione della decisione viziata), o come ricorso-gravame (oggetto del ricorso la decisione d primo grado quale manifestazione di giudizio e causa petendi sar allora la soluzione data dal giudice di primo grado alla controversia, soluzione ritenuta lesiva -error in iudicando -da una delle parti; il potere del giudice di 2 grado comprender anche il riesame della soluzione adottata dal primo giudice per sostituirla con la propria). Poich il sindacato del Consiglio di Stato si estende sia agli errores in procedendo che agli errores in iudicando, tale giudizio di secondo grado si configura sotto un profilo formale unitariamente, sia rescindente che rescissorio e della stessa sostanziale natura del giudizio di primo grado (cfr. SCIACCA, op. cit. 1070). L'unitariet del giudizio appare confermata in sede normativa dal terzo e quarto comma dell'art. 28 e dal terzo comma dell'art. 35 I. 1034/1971. Sotto un profilo sostanziale, esso comunque principalmente un giudizio di gravame, al quale conseguono la rescissione, ove sia accolta l'impugnazione, della sentenza di primo grado e il riesame -sia di legittimit sia, ove previsto, anche di merito -dell'oggetto del primo giudizio. Cosicch, qualora il T.A.R. ritenga sussistere una ragione pregiudiziale, che precluda una pronuncia nel merito circa il chiesto annullamento del provvedimento impugnato, deve individuarla e dichiararla esplicitamente; in tale ipotesi, poich il principio del doppio grado di giudizio comporta solo che la domanda sia presa in esame da due giudici di diverso grado (e non anche che il merito della domanda stessa sia sottoposto a doppia decisione), ben pu il Consiglio di Stato in grado di appello, disattesa la addotta ragione pregiudiziale ostativa, pronunciarsi anche sul merito. Infatti il rinvio della controversia al T.A.R. prescritto solo quando il ricorso in appello sia accolto per difetto di procedura o per vizio di forma (cfr. citato art. 35 in relazione all'art. 34 legge T.A.R.), non gi quando si verta in errore di giudizio, sia pure sulla sussistenza di una pregiudiziale ostativa (cfr. Sez. V, 20 giugno 1975, n. 879, giudizio di appello avverso T.A.R. Lazio, II Sez. 16 ottobre 1974 n. 38, in Il Consiglio di Stato 1975, I, 825; Sez. V, 12 febbraio 1976, n. 239, ivi, 1976, I, 173). Collegato alla sopraesposta problematica un altro aspetto che ha formato anch'esso oggetto di vivo dibattito in dottrina che riguarda pi preci 782 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Non sussiste alcun contrasto con la normativa di cui all'art. 38 D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 639, nella riserva del Comune di provvedere direttamente all'accertamento e alla riscossione della imposta sulla iIJUbblicit visiva sui mezzi di trasporto pubblico urbano, di tal che l'affidamento in concessione pu ben essere disposto solo qualora sussista una eff ettiva convenienza sotto l'aspetto organizzativo ed economico (4). Posto che il D.P.R. n. 639 del 1972 e la relativa legge di delegazione n. 825/1971 non hanno apportato alcun mutamento nel sistema di affisamente l'indagine circa l'oggetto specifico dell'impugnazione, e cio se il giudizio di appello sia diretto solo contro la sentenza di primo grado o se attraverso l'indagine mediata sulla sentenza -non si incida direttamente sull'atto amministrativo, che finisce per essere cos il sostanziale oggetto del giudizio (cfr. LUBRANO, I Tribunali Amministrativi Regionali, cit. 79 e sgg.). Una risposta espressa al quesito contenuta proprio nella motivazione della decisione che si annota, ove leggesi, fra l'altro, testualmente: .nel giudizio che si svolge in grado di appello avanti questo Consiglio di Stato trova piena applicazione il principio devolutivo, in base al quale il giudice di appello non pu esaminare n censure nuove (cio non dedotte in primo grado, salvo che come con il 1 motivo -si facciano valere vizi della sentenza o del procedimento di primo grado), n censure gi proposte al primo giudice e da questi disattese, ma non riproposte come motivi d'appello. Entro questi limiti, per, la cognizione del gtuatce di appello piena, nel senso cio che non necessentenza impugnata e tali da provocarne l'annullamento: la sentenza di primo sario individuare, prima di passare all'esame del merito, specifici vizi della grado ha qui un rilievo ben pi modesto, quello cio di far sorgere l'interesse del soccombente ad impugnarla. Ma, una volta proposta l'impugnazione, il giudice di appello deve, nel limite dei motivi dedotti in primo grado e riproposti in appello, esaminare direttamente il provvedimento impugnato in prime cure e vedere se le censure ad esso rivolte siano esatte o errate. a tale proposito interessante notare che proprio sul principio devolutivo dell'appello -sotto il profilo che il giudizio di secondo grado, nell'esaminare o meglio riesaminare tutto il processo, si dirige sostanzialmente sull'atto o sul provvedimento impugnato, con la conseguenza che anche il giudizio di appello sarebbe cos diretto alla sola tutela degli interessi legittimi dei quali si addotta la lesione -che il Castagna (cfr. op. cit.) pretende basare la sua originale tesi della inammissibilit di appello da parte della P.A. (sulla quale cfr. anche LuCIFREDI-CAIANIELLO, .I Tribunali Amministrativi Regionali, U.T.E.T. Torino 1972, commento all'art. 28). La legge, invero, non sembra offrire facili strumenti di soluzione del problema: il 2 comma dell'art. 28 recita testualmente: contro le sentenze ammesso ...ricorso al Consiglio di Stato... : appare evidente, pertanto, che il ricorso configurato, sul piano formale, come appello della sentenza. Peraltro, fermo restando che nessuna preclusione comunque espressamente imposta per la p.a. soccombente in primo grado, sembra sufficiente rilevare che la sostanziale natura del giudizio di appello, che emerge con particolare evidenza nel caso di appello da parte del ricorrente in primo grado che abbia avuto una pronuncia di rigetto del T.A.R., non muta affatto quando ricorrente in appello sia invece la p.a. avverso la decisione di accoglimento del ricorso da parte del T.A.R. r1111111r1111111111111111r1r111111111111tr11;11111111111r111111r111i11111111@ PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 783 damento a terzi del servizio di accertamento e riscossione dell'imposta sulla pubblicit sui mezzi adibiti a trasporto pubblico, la conferma del sistema di riscossione dell'imposta medesima, di cui all'art. 44 D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 639, si riferisce non solo ai rapporti di concessione, ma anche ai contratti di appalto del servizio (5). Invero, in entrambe le ipotesi non sembra possibile negare che oggetto sostanziale del giudizio di appello resta sempre l'atto amministrativo originariamente impugnato: sempre l'annullamento dell'atto il .risultato che il ricorrente si propone con la proposizione del ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale ed al quale ancora tende nel corso del grado di appello, sia che questa fase lo veda ancora come ricorrente, sia che lo veda in posizione opposta, essendo egli risultato vincitore in primo grado (cfr., in termini, I Giudizi di Costituzionalit e il Contenzioso dello Stato negli anni 1971-75, Relazione Avv. Gen. Stato, vol. III, 133). a tale proposito da ricordare che l'art. 22 del t.u. delle leggi sulla Giunta Provinciale Amministrativa (r.d. 26 giugno 1924, n. 1058) contemplava espressamente anche la possibilit di ricorso al Consiglio di Stato da parte della p.a.; proprio in detto art. 22 era contenuta una precisa limitazione: nel giudizio di appello innanzi al Consiglio di Stato, il giudice di secondo grado, qualora il vizio denunciato consistesse in una violazione di legge, doveva ritenere il fatto stabilito dalla decisione impugnata . Tale grave limitazione impediva cos di attribuire al giudizio di secondo grado l'effetto devolutivo che gli proprio e che ora invece appare incontestato e incontestabile, ci in conformit, altres, con il dettato costituzionale (cfr. art. 125, secondo comma, Cost.); caduta siffatta limitazione e ritrovata tutta la ampiezza di espansione del principio devolutivo in discorso, la normativa specifica sul giudizio di appello al Consiglio di Stato non pu ora essere interpretata -tutte le volte in cui offra il fianco a dubbi e perplessit di indagine -se non nel senso di c.onsentire costantemente la riprodusizione al Consiglio di Stato dell'intera controversia gi portata innanzi al primo giudice, in ci concretandosi la caratteristica essenziale, definitoria e garantistica di un vero giudizio di appello, criterio ermeneutico questo pi volte auspicato, del resto, in sede dottrinaria gi prima della entrata in vigore della vigente normativa sui T.A.R. (cfr., con ampi richiami, Pototscnig, Appello-diritto amministrativo, in Enciclopedia del Diritto, Giuffr 1958, 781 e sgg.). RAFFAELE TAMIOZZO CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 27 aprile 1976, n. 204 Pres. Aru -Est. Dato . Ministero Poste e Telecomunicazioni e Ministero Lavoro (avv. Stato Mataloni), Terranova e altri (avv. Prosperetti), Cerrata (avv. Guarino). Competenza e giurisdizione -Pubblico impiego Qua'tfica attribuita all'atto del collocamento a riposo -Giurisdizione del giudice amministrativo sulla relativa controversia Sussiste. 784 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Impiego pubblico -Collocamento a riposo -Equiparazione a primo diri gente dei dipendenti promossi direttore di divisione ad esaurimento ex artt. 65 e 67 d.P.R. 748/1972 -Sussiste. Il provvedimento di collocamento a riposo ha natura autonoma e strettamente collegata allo status del pubblico impiegato; pertanto lad dove esso contenga l'attribuzione di una determinata qualifica, in ordine alla quale insorga controversia, quest'ultima rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (1). In relazione al combinato disposto degli artt. 65 e 67 D.P.R. 30 giugno 1972, n. 748 i funzionari statali che sono stati promossi alla qualifica di direttore di divisione del ruolo ad esaurimentp, con effetto dalla data di entrata in vigore del citato D.P.R., debbono essere assimilati -ai fini della applicazione delle norme sull'esodo volontario -ai primi dirigenti, con l'ulteriore attribuzione del titolo a conseguire il collocamento a ri poso con la qualifica di dirigente superiore, e ci ind~pendentemente dalla eventuale emanazione del provvedimento di promozione (con decorrenza retroattiva) in epoca successiva alla predetta data di entrata in vigore del D.P.R. n. 748/1972 (2). (1-2) Il princ1p10 di riconoscere sussistente la giurisdizione del Consiglio di Stato ogniqualvolta si verta su questioni attinenti ad un diritto che trova il 'suo titolo nel rapporto di pubblico impiego ha avuto in passato costanti conferme giurisprudenziali, anche in relazione alle pretese patrimoniali collegate al trattamento pensionistico e alle indennit di buonuscita. In particolare, esso ha trovato applicazione in un caso in cui il ricorrente faceva valere pretese che, pur incidenti tutte sul complessivo trattamento di quiescenza e di previdenza, e non sul trattamento economico di attivit di servizio, tuttavia non si riferivano al solo ammontare del trattamento pensionistico (che costituisce l'ipotesi tipica in cui, trattandosi di impiegato statale, la giurisdizione va attribuita alla Corte dei Conti ex artt. 13 e 62 del t.u. 17 luglio 1934, n. 1214 e 29 n.l. del r.d. 26 giugno 1924, n. 1054), ma anche all'in~ dennit di buonuscita e, precisamente, all'ammontar della medesima, che il ricorrente asseriva essere stato determinato in misura inferiore al dovuto (cfr. Sez. IV, 19 febbraio 1974, n. 194, in Il Consiglio di Stato 1974, I, 214). Si segnalano, sempre con riferimento alla attribuzione della qualifica ex art. 67 d.P.R. 30 giugno 1972, n. 748, Sez. IV, 9 dicembre 1975, n. 1203 (in Il Consiglio di Stato 1975, I, 1322); Sez. IV, 30 marzo 1976 n. 230 (ivi, 1976, I, 323); T.A.R. Lazio, 5 marzo 1975, n. 138 (in I Tribunali Amministrativi Regionali 1975, I, 751), nelle quali tutte vengono ribadite esplicitamente la antecedenza e la autonomia del provvedimento di attribuzione della qualifica rispetto al prov vedimento di liquidazione della pensione. R. T. 1r11tlllltlllllllllWllll~lllll&llJrlllllllllflfl SEZIONE SESTA GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 22 aprile 1976, n. 1442 Pres. Boccia Est. Boselli. P. M. Del Grosso (diff.) Regione Valle d'Aosta (avv. Romanelli) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Galleani). Imposta di registro Atti soggetti ad approvazione ed omologazione Verbali definitivi di aggiudicazione Equivalgono al contratto Oh bligo di registrazione Termine Decorrenza. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, artt. 80 e 81; r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, art. 16). Imposta di registro Atti soggetti ad approvazione ed omologazione Regione della Valle d'Aosta Verbali definitivi di aggiudicazione Obbligo di registrazione Esclusione Successivo contratto Vi soggetto. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, artt. 80, 81; r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, art. 16; 1. 6 dicembre 1971, n. 1065, art. 16). I verbali di aggiudicazione definitiva, che in forza dell'art. 16 della legge di contabilit di Stato equivalgono per ogni effetto al contratto, sono soggetti a registrazione in ogni caso, anche quando per essi sia prevista la successiva stipulazione di un contratto; il termine decorre, a norma degli artt. 80 e 81 della legge di registro, dalla data dell'aggiudicazione o dalla data della notizia .dell'avvenuta approvazione (1). Per i contratti della Regione della Valle d'Aosta, a norma dell'art. 16 della legge 6 dicembre 1971, n. 1065, i verbali di aggiudicazione, anche se definitivi non sono mai soggetti a registrazione, alla quale dovranno invece assoggettarsi i successivi contratti (2). (1-2) La soluzione data dalle Sez. Unite alla dibattuta questione della registrazione dei contratti della Valle d'Aosta d luogo a ragionevoli perplessit. L'ultima delle pronunce intervenute sull'argomento (Cass. 16 maggio 1973, n. 1394, in questa Rassegna, 1973, I, 1155) precisato che l'art. 16 della legge 6 dicembre 1971, n. 1065, non poteva avere che ntura dichiarativa (non potendo n modificare n interpretare una norma costituzionale dello Statuto regionale), aveva affermato che dovessero applicarsi le norme generali dell'art. 80 e 81 della legge di registro e dell'art. 16 della legge di contabilit e che di conseguenza fossero soggetti a registrazione a termine fisso i verbali di aggiudicazione, se non soggetti ad approvazione. ()ggi si riconferma il principio ormai pacifico (v. Relazione Avv. Stato, 1970-75, II, 734 e segg.) che in via generale gli atti di aggiudicazione sono soggetti a registrazione, entro il termine che decorre dalla data della aggiu RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 786 (Omissis). -Con l'unico motivo del ricorso la Regione Autonoma della Valle d'Aosta denunzia violazione e falsa applicazione del R.D. 6 maggio 1923, n. 1064 sull'imposta di registro; della Legge 6 dicembre 1971, n. 1065, sulla revisione dell'ordinamento finanziario della Regione Valle d'Aosta; del D.L.L. 7 settembre 1945, n. 545, sull'ordinamento amministrativo della Valle d'Aosta; della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4, sullo Statuto della Valle d'Aosta; del R.D. 18 novembre 1923, n. 2440 e del R.D. 23 maggio 1924, n. 327 (e successive modifiche) sulla contabilit generale dello Stato;e sostanzialmente assume che -contrariamente a quanto la sentenza impugnata ha ritenuto, in base ad una errata interpretazione dell'art. 16 della Legge 6 dicembre 1971, n. 1065, sopra citata il verbale di aggiudicazione definitiva dell'appalto di cui si tratta era soggetto ad approvazione da parte del Presidente della Giunta Regionale e, pertanto, non doveva essere presentato per la registrazione fiscale prima che l'ufficiale rogante avesse avuto notizia dell'apposizione del visto di esecutoriet da parte di detto organo. Il motivo, sia pure sotto un profilo alquanto diverso da quello secondo il quale viene prospettato, appare fondato e deve essere accolto. Problema centrale della controversia quello di stabilire se il verbale di aggiudicazione in data 22-4-1964 n. 3714, relativo all'appalto dei lavori di costruzione di cui si tratta, dovesse essere sottoposto a registrazione fiscale (ex art. 80 L.R.) nei prescritti venti giorni dell'avvenuta aggiudicazione, oppure (ex art. 81 L. R.) ni venti giorni successivi a dicazione stessa o dalla data della comunicazione dell'avvenuta approvazione, ed ha opportunamente precisato che i verbali di aggiudicazione sono sempre definitivi, anche quando espressamente prevista come necessaria la successiva stipulazione del contratto, che sar pur sempre un negozio riproduttivo. Ma con questa affermazione, ponendo a raffronto le espressioni definitiva>>, contenuta nell'art. 16 della legge di contabilit di Stato, e preparatoria>>, contenuta nell'art. 16 della legge 6 dicembre 1971 n. 1065, si inteso affermare l'inesistenza come categoria giuridica di verbali di aggiudicazione non definitiva, per trarne l'illazione che le due norme ora citate, bench contengano due aggettivi di significato antitetico, sono di identica portata e si riferiscono ambedue alla medesima aggiudicazione che non pu essere che definitiva. Questa affermazione non pu essere condivisa, non potendosi ammettere che il legislatore abbia impiegato degli aggettivi in senso opposto al loro significato comune. :. esattissimo che l'aggiudicazione sempre definitiva, se ne ha il contenuto sostanziale, anche quando deve essere seguita dalla stipulazione di un successivo contratto con effetti soltanto riproduttivi. Ma ci non esclude che, ad altro titolo, l'aggiudicazione possa anche non essere definitiva. L'art. 16 della legge di contabilit nel riferirsi, per parificarne gli ffetti al contratto, alle aggiudicazioni che ha ritenuto necessario qualificare come definitive, ha necessariamente tenuto presente la distinzione tra aggiudicazione definitiva a unico inanto da quella soggetta ad offerte di ribasso o di aumento (art. 65 n. 9 del Regolamento); nel secondo caso si ha una aggiudicazione provvi .. PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 787 quello in cui sarebbe dovuta pervenire all'ufficiale rogante notizia del l'apposizione del visto di esecutoriet da parte del Presidente della Giun ta Regionale. Ancora prima per di rispondere ad un tale quesito si rende intui tivamente necessario accertare se, essendo stato nella specie stipulato dalla Regione valdostana un contratto d'appalto in seguito ad asta pub blica, dovesse alla registrazione fiscale essere presentato proprio il ver bale di aggiudicazione definitiva (che lo aveva preceduto) o noh piutto sto il contratto medesimo. Il problema, cos posto, si risolve -e questo almeno sembra essere pacifico fra le parti -alla stregua della sopravvenuta legge statale 6 di cembre 1971, n. 1065, che ha proceduto ad una revisione dell'ordina~ mento fiiianziario della Regione Valle d'Aosta, e precisamente alla stre. gua dell'art. 16 di detta legge. Non pacifica invece la interpretazione che di detta norma deve essere data e neppure sembrano essere stati avvertiti dalle parti n dalla Corte di merito i criteri che debbono seguirsi nella sua appli cazione. Procedendo, pertanto, a pi attento esame della norma, si rende subito evidente come la stessa contenga due disposizioni sufficientemente precise e distinte, ancorch collegate fra di loro all'identico fine di ri soria che diventa definitiva se nessuna altra offerta viene presentata nel termine (fatali) ovvero perde efficacia per essere sostituita dalla successiva aggiudicazione il cui deliberato sempre definitivo (art. 84-88 del Regolamento). Ben a ragione pertanto si precisa che l'aggiudicazione che equivale al contratto soltanto quella definitiva. Riguardo poi all'aggiudicazione preparatoria, l'utilit di una tale qualificazione emersa in tempo pi recente a seguito della introduzione della prassi delle gare ufficiose che, quando pure possono avere un effetto vincolante, hanno sempre funzione di atto preparatorio rispetto al successivo contratto a trattativa privata dal quale soltanto sorge il vincolo negoziale (v. Relazione avv. Stato, loc. cit.). Non pu dunque affermarsi che l'art. 16della legge di contabilit di Stato e l'art. 16 della legge n. 1065 del 1971 si riferiscono allo stesso oggetto parlando l'una di aggiudicazione definitiva e l'altro d'i aggiudicazione preparatoria. Sembra invece evidente che .la legge del 1971, con effetto solo dichiarativo della normativa generale, ha inteso chiarire che i contratti e gli atti ad essi equiparati (ossia le aggiudicazioni definitive) devono essere presentati alla registrazione entro 20 giorni, mentre solo le sole aggiudicazioni preparatorie (che non equivalgono ai contratti) sono esenti da registrazione. La contraria affermazione non appare accettabile anche per due ulteriori considerazioni. Non sembra potersi giustificare una disciplina particolare per la sola Regione della Valle d'Aosta del regime tributario dei contratti in deroga all'art. 16 della legge di contabilit di Stato. Ma sopratutto la norma, pur di portata solamente tributaria, se avesse, come si afferma, derogato anche al l'art. 16 della legge di contabilit, avrebbe eliminato per i verbali (definitivi) di aggiudicazione, sempre limitamente a quella Regione, il valore sostanziale di contratti, con tutte le importantissime conseguenze (non vincolativit delle 788 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO solvere talune questioni e dubbiezze palesatesi proprio in ordine alla registrazione dei contratti della Regione Val d'Aosta. La prima, relativa propriamente ai contratti della Amministrazione regionale e degli altri enti pubblici territoriali (che eccedano determinati limiti di importo), e la seconda relativa ai verbali ed agli atti di aggiudicazione preparatori di quei contratti. In relazione ai contratti,. la norma dispone che gli stessi debbano essere presentati per la registrazione fiscale entro venti giorni dalla data in cui l'ufficiale rogante ha avuto notizia dell'apposizione sul contratto del prescritto visto di esecutoriet da parte del Presidente della Giunta Regionale . Relativamente ai secondi (verbali ed atti di aggiudicazione preparatori), la norma dispone invece che gli stessi non sono soggetti a registrazione fiscale . Sono noti e non ancora composti i dispareri cui segnatamente la prima delle disposizioni ora riferite (quella relativa ai contratti) ha dato luogo sia in dottrina sia nella stessa giurisprudenza delle Sezioni semplici di questo S.C.: essendo volta a volta prevalsa, con diversa incidenza sulla soluzione dei casi proposti, ora la tesi che le attribuisce carattere innovativo della precedente disciplina della materia, ora quella che le attribuisce carattere interpretativo (di interpretazione autentica), ora infine quella che le attribuisce carattere meramente dichiarativo; ed essendo, per giunta, discordi gli stessi sostenitori di quest'ultima tesi aggiudicazioni, possibilit di modifica in sede di stipulazione del contratto ecc.), il che non sembra concepibile e creerebbe un serio sospetto di illegittimit costituzionale. Se invece si fosse inteso mantenere alle aggiudicazioni la validit sostanziale di contratto e tuttavia dichiararle esenti da registrazione, creando un ulteriore ingiustificata discriminazione di esonero dalla registrazione di un contratto perfetto, si darebbe la possibilit di eludere la registrazione giacch il contratto successivo (meramente riproduttivo e non necessario) potrebbe non essere mai stipulato se il valore di negozio si riconosce alla aggiudicazione. Infine si ripresenta il problema della modifica da parte della legge ordinaria dello Statuto Regionale. Per evitare una tale eventualit la menzionata sentenza n. 1394 del 1973 aveva ritenuto che l'art. 16 della legge 6 dicembre 1971, n. 1065, avesse valore meramente dichiarativo (richiamava cio norme preesistenti applicabili in via autonoma) si che quella parte che stabilisce che il termine per la registrazione decorre dalla data in cui l'ufficiale rogante ha avuto notizia dell'apposizione del visto di esecutoriet da parte del Presidente della Giunta, ha lo stesso valore delle disposizioni dell'art. 81 della legge di registro, cio fa decorrere il termine per la registrazione dalla data della comunicazione dell'eseguita approvazione se ed in quanto questa sia prescritta dalle norme sostanziali. Ma se all'art. 16 si deve attribuire valore innovativo e derogativo alle norme generali della contabilit di Stato, ci deve valere anche per quella parte che sottopone i contratti della Regione al visto di esecutoriet del presidente della giunta, che verrebbe cos a modificare lo Statuto regionale. PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA allorch si tratta di stabilire se dalle norme dello Statuto che ha istituito la Regione della Valle d'Aosta e, pi in genere, da tutte quelle che entrano a comporre il suo ordinamento autonomo, possa ritenersi postulata la necessit di un visto di esecutoriet del Presidente della Giunta Regionale come condizione di efficacia dei contratti stipulati dalla Regione medesima. Orbene, queste Sezioni Unite ritengono che non si renda necessario procedere qui ad una scelta fra le varie opinioni che si sono finora espresse sulla portata della predetta disposizione, n tanto meno che si debba provvedere a dirimere l'accennato contrasto di giurisprudenza; e ci per la assorbente ragione che la presente controversia (relativa, come si precisato, ad un verbale di aggiudicazione) deve essere risolta mediante applicazione della seconda (che riguarda appunto i verbali di aggiudicazione) e non in base alla prima (che riguarda i contratti) delle citate disposizioni dell'art. 16 della legge n. 1065 del 1971. L'obiezione, che a questo punto potrebbe apparire spontanea alla stregua dell'art. 16 del r.d. 18 novembre 1923 n. 2240 sulla contabilit generale dello Stato -non potersi cio far luogo a differenza di trattamento fra verbali di aggiudicazione e contratti, posto che i primi sono da equiparare ad ogni effetto legale ai secondi -non ha pregio. Cos come non avrebbe pregio ritenere, argomentando dalla diversit delle espressioni adoperate, che le due norme ora citate abbiano un diverso campo di applicazione: nel senso cio che quella sulla contabilit generale dello Stato si riferisca ai verbali di aggiudicazione definitiva, e quella sulla revisione dell'ordinamento finanziario della Regione Val d'Aosta si riferisca invece ai verbali di aggiudicazione preparatori. La precedente proposizione, relativa al criterio risolutivo che deve adottarsi nella presente controversia, si giustifica invece proprio se si chiarisca -ponendole a raffronto fra di loro -il rapporto in cui queste due norme sono venute a trovarsi. noto che, a mente dell'art. 16 del r.d. 18 novembre 1923 n. 2240 sulla contabilit generale dello Stato, i processi verbali di aggiudicazione definitiva in seguito ad incanti pubblici o a private licitazioni equivalgono, per ogni legale effetto, ai contratti . Orbene, pure noto che, parlando di verbali di aggiudiczione definitiva, la norma non ha inteso affatto istituire una contrapposizione, con conseguente differenza di disciplina, fra verbali di aggiudicazione definitiva e verbali di aggiudicazione preparatori (intendendo per tali quelli che intervengano nei casi in cui sia stata prevista la successiva stipulazione del formale contratto). Come viene chiarito -se ve ne fosse bisogno -dall'art. 88 del relativo Regolamento, per verbali di aggiudicazione definitiva si intendono quelli con i quali si verbalizza la avvenuta definitiva aggiudicazione (della cosa, del servizio, dell'opera, della fornitura, etc.). RASSEGNA DELL'AWOCA.TURA DELLO STATO 790 E l'aggiudicazione in tale senso definitiva -come gi questa S.C. ha avuto modo di avvertire (Cass. 9 ottobre 1956 n. 3421) -non solo nei casi in cui non prevista la stipulazione formale del contratto ma anche in quelli in cui una tale stipulazione successiva sia prevista, perch anche in questi casi l'aggiudicazione non ha carattere preparatorio ma l'atto conclusivo del procedimento dal quale nasce il vincolo contrattuale gi perfetto. Pertanto, la proclamata equiparazione, ad ogni effetto legale, dei verbali di aggiudicazione ai contratti, implica -secondo la norma sulla contabilit generale dello Stato -l'assoggettamento all'obbligo della registrazione fiscale (a pari titolo, appunto, dei contratti) di tutti indistintamente i verbali di aggiudicazione (definitiva), sia per essi prepista o meno la stipulazione (successiva) formale del contratto: obbligo (questo della registrazione) da assolversi poi entro ventl giorni dalla data della aggiudicazione medesima oppure entro venti giorni successivi alla notizia della approvazione; secondo che, per il contratto in tal guisa concluso, non sia o sia richiesta l'approvazione degli organi a ci competenti (artt. 80 e 81 della Legge organica di Registro). Le osservazioni che precedono dovrebbero chiarire che allorquando, con l'art. 16 della legge n. 1065 del 1971, stato disposto non essere (pi). soggetti a registrazione fiscale i verbali di aggiudicazione preparatori dei contratti stipulati dalla Amministrazione regionale della Val d'Aosta, il legislatore, per ovvie ragioni di coerenza normativa, non pu avere attribuito (e non avrebbe avuto senso n giustificazione) autonomo rilievo. ad una categoria di atti che ne era prima sprovvista; ossia non pu avere attribuito all'aggettivo preparatori il senso . e lo scopo di separare, nell'ambito dei verbali di aggiudicazione definitiva, quelli che intervengono nei casi in cui prevista la successiva stipulazione formale del contratto da quelli che intervengono nei casi in cui simile previsione non sussista. Queste considerazioni e la stessa collocazione che la norma assume nell'ambito della disposizione di legge esaminata -vale a dire il suo collegamento logico ed eziologico con la disposizione che immediatamente la precede e che riguarda i contratti -inducono invece, e pi fondatamente, a ritenere che intento del legislatore sia stato quello di trasferire (derogando in tal guisa alla disposizione dell'art. 16 della legge sulla contabilit generale dello Stato) l'obbligo della registrazione fiscale esclusivamente sui contratti e di mandarne esenti, in ogni caso, i verbali o gli atti di aggiudicazione (definitiva). In breve, risultando identico l'ambito di applicazione delle due disposizioni messe qui a confronto (ultima parte dell'art. 16 della legge n. 1065 del 1971 ed art. 16 quarto comma della legge sulla contabilit generale dello Stato), il rapporto di incompatibilit che si pone fra le stesse (l'una affermativa, l'altra esclusiva dell'obbligo della registrazione 1111111Gat11!raif1'1J111l11rrr11111,111111111111111r1111;11r111r1111r1111 PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA per i verbali di aggiudicazione) non pu essere risolto altrimenti se non intendendo la norma successiva come derogativa, nell'ambito della sua applicazione (atti della Regione Val d'Aosta), della norma anteriore. Pi precisamente e con riferimento al caso in cui vi sia stata stipulazione formale di un contratto da parte della Regione Valdostana, rientri o meno questa nella previsione della ipotesi, la legge con~idera il verbale di aggiudicazione come atto preparatorio del contratto medesimo e dispone che alla registrazione sia presentato quest'ultimo e non il primo. A tale soluzione questa Suprema Corte era d'altronde gi pervenuta nell'esame della norma dell'art. 16 della legge n. 1065 del 1971, quando aveva avvertito come la autentica novit introdotta da questa norma consistesse appunto in questa particolare disposizione dettata per la Regione Val d'Aosta che derogando all'art. 16 della legge sulla contabilit generale dello Stato, dichiara non pi soggetti a registrazione gli atti di aggiudicazione definitiva (Cass. 10 gennaio 1973 n. 38). Superfluo aggiungere che la deroga di cui si tratta, concernendo una legge ordinaria dello Stato (quella appunto sulla contabilit generale) e non lo Statuto della Regione, non solleva qui quelle questioni di legittimit costituzionale cui aveva dato luogo l'attribuzione di un carattere innovativo alla prima parte dell'art. 16 della legge n. 1065 del 1971 (quella che si riferisce propriamente ai contratti). In quanto, adunque, denunzia violazione della norma ora citata (art. 16), il ricorso, nei pi precisi termini che risultano dalla presente motivazione, deve essere accolto. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 27 aprile 1976, n. 1484 -Pres. Caporaso -Est. Pascasio -P. M. Trotta (conf.) -E.N.P.A. (avv. Piva) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Cascino). Imposta di successione Liberalit a favore di enti morali con scopo di beneficenza, istruzione e educazione Scopo specifico risultante dal l'atto ii: necessario Fine istituzionale dell'ente Insufficienza Ente Nazionale Protezione Animali Non persegue scopo di istruzione o educazione. (d.l. 9 aprile 1925, n. 380, art. 1). Nella liberalit a favore di enti morali lo scop_o di beneficienza, istruzione ed educazione, che d luogo all'esenzione a norma dell'art. 1 della legge 9 aprile 1925 n. 380, deve essere specifico e deve risultare dall'atto, non essendo sufficiente a qualificare la liberalit la sola destinazione a favare di un ente che ha per fine statuario la beneficienza, l'istruzione e l'educazione. Inoltre l'Ente Nazionale Protezione Animali non persegue 792 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO fini di beneficienza, istruzione e educazione, dovendo questi avere per oggetto specifico la persona umana e non i suoi rapporti con gli animali (1). (Omissis). -Col primo motivo l'Ente ricorrente sostiene che la sentenza impugnata sarebbe incorsa nel vizio di contraddittoriet di motivazione previsto dall'art. 360 n. 5 c.p.c. in quanto, dopo avere affermato che la norma dell'art. 1 del d.l. 9 aprile 1925 n. 380 (secondo la quale sono esenti dalle imposte di registro, di successione ed ipotecarie le liberalit disposte a favore di Enti morali quando esse hanno come fine specifico la beneficienza, l'istruzione e l'educazione) non pu essere invocata in quanto esiste una norma speciale istitutiva dell'E.N.P.A. (art. 6 della legge n. 612 del 1938 ed 8 della legge 19 maggio 1954 n. 303 secondo la quale gli atti di liberalit a favore dell'Ente per il raggiungimento degli scopi di istituto sono soggetti alla tassa fissa minima di registro ed ipotecaria), ha poi affermato, contraddicendosi, che non applicabile neppure la norma speciale perch limitata alle imposte di registro ed ipotecarie. La censura non fondata. Infatti, con la norma del 1925 (che pure eccezionale di fronte alla regola generale dell'obbligo del pagamento dei tributi e, come tale, non estensibile a casi non previsti) stata concessa agli enti in essa indicati un'esenzione dal pagamento delle imposte di registro, successione ed ipotecarie, mentre la norma specifica riguardante l'Ente per la protezione degli animali, ha prevista una semplice agevolazione consistente nel pagamento di una tassa minima per le sole imposte di registro ed ipotecarie. Ora, appare manifesto che quest'ultima agevolazione sarebbe stata superflua se l'Ente fosse stato compreso fra quelli aventi diritto all'esenzione. E poich la tassa minima prevista soltanto per le imposte di registro ed ipotecarie, non pu riguardare quelle di successione. Non sussiste pertanto la contraddizione denunciata. Col secondo motivo si deduce che l'E.N.P.A. avrebbe dovuto essere compreso fra gli enti aventi gli scopi specifici di beneficienza, istruzione ed educazione previsti dall'art. 1 della legge n. 380 del 1925, ma neppure questa censura appare fondata. In primo luogo perch l'esenzione pre vista dal d.l. n. 380 del 1925 concesso non in vista dello scopo dell'ente o istituto beneficiario della liberalit, ma quando lo scopo specifico della liberalit sia di beneficienza, di istruzione o educazione. (1) Sulla necessit della specificazione dello scopo di beneficienza attraverso il negozio v. Cass. 21 giugno 1971 n. 1923 e 10 aprile 1975 n. 1319, in questa Rassegna, 1971, I, 1177 e 1975, I, 732. PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA Un simile scopo non stato provato n_ dedotto e piuttosto che agli scopi del legato, l'Ente ricorrente ha preteso di dimostrare che la beneficienza, l'istruzione e l'educazione rientrano fra i suoi scopi, il che non ha rilevanza per affermare il diritto all'esenzione tributaria senza dare anche la dimostrazione che tali finalit siano far quelle specifiche del legato medesimo. Tuttavia neppure pu ritenersi esatta l'affermazione dell'Ente ricorrente che i suoi scopi rientrino fra quelli indicati. Lo ha escluso la Corte di merito osservando che la beneficienza, l'istruzione e l'educazione debbono avere per oggetto specifico la persona umana e non i suoi rapporti con gli animali. La protezione di questi senza dubbio una manifestazione di civismo, ma da ci non deriva che possa qualificarsi educativa o istruttiva la funzione affidata all'E.N.P.A. Se pertanto si tratta di un legato disposto senza indicazione del suo scopo specifico ed a favore di un ente che non annovera fra i suoi scopi quelli in relazione ai quali l'esenzione tributaria prevista, esattamente stato negato dalla Corte di merito il diritto a tale esenzione. L'insussistenza di tali scopi costituisce peraltro apprezzamento riservato al giudice del fatto che, essendo congruamente motivato, incensurabile e si sottrae al sindacato di legittimit demandato a questa Corte Suprema. (Omissis). I CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 8 maggio 1976, n. 1619 -Pres. Caporaso -Est. Valore -P. M. Trotta (conf.) -Varrica c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Cascino). Imposte e tasse in genere -Notificazione -Cambiamento di abitazione Notifica ad irreperibili ex art. 143 c.p.c. Legittimit. (c.p.c., artt. 139, 140 e 143). La notifica a norma dell'art. 140 c.p.c. presuppone che la residenza, la dimora o il domicilio del destinatario siano individuati e che la copia dell'atto da notificare non possa essere consegnata solo per difficolt di ordine puramente materiale, che esista cio una casa di abitazione, un ufficio o un'azienda dove l'ufficiale giudiziario possa fare utilmente la ricerca del destinatario. Quando una tale ricerca non sia possibile, perch del destinatario non esiste traccia nella residenza indicata (s che non vi sarebbe possibilit di affiggere avviso alla porta dell'abitazione e di spedire la raccomandata) non possono trovare applicazione 794 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO n l'art. 139, secondo, terzo e quarto comma, n l'art. 140, ma deve procedersi con le forme dell'art. 143, e ci anche se la residenza anagrafica risulta invariata (1). II CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 12 maggio 1976, n. 1663 -Pres. Giannattasio -Est. Carnevale -P. M. Pedace (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Pierantozzi) c. Mastropietro. Imposte e tasse in genere -Notificazione -Indicazione nella dichiarazione del contribuente di domicilio diverso dalla residenza anagrafica -Notificazione nel luogo di residenza anagrafica a norma dell'art. 140 Nullit. (c.p.c., art. 140; t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, artt. 9 e 38). La notifica a norma dell'art. 140 c.p.c. presuppone che la residenza, la dimora o il domicilio del destinatario siano esattamente individuati e che la copia dell'atto di notificazione non possa essere consegnata solo per difficolt di ordine puramente materiale, quali l'irreperibilit del destinatario o il rifiuto o l'incapacit delle. persone legittimate a ricevere la copia. Ove il destinatario nella dichiarazione dei redditi cui si riferisce l'atto da notificare abbia indicato un domicilio diverso dalla residenza anagrafica, deve essere ricercato nel luogo indicato nella dichiarazione ed quindi nulla la notifica eseguita a norma dell'art. 140 dopo aver eseguito le ricerche nel luogo di residenza anagrafica (2). I (Omissis). -Con il primo mezzo, le ricorrenti -denunciando la violazione e falsa applicazione degli artt. 143 c.p.c., 43 e 44 e.e., in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c. -sostengono che, dovendo ritenersi immutata la residenza originaria fin quando il relativo trasferimento non fosse stato denunciato, esse erano formalmente residenti in Palermo, (1-2) Le due sentenze chiariscono opportunamente un punto oscuro della normativa sulle notificazioni, complicato dalla poco felice formulazione del. l'art. 38 lett. f) del t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, cui corrisponde l'art. 60 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600. La irreperibilit di cui all'art. 140 c.p.c. cosa diversa da quel che nella pratica comune e nella terminologia del cod. proc. pen. si intende per persona irreperibile. L'art. 140 riguarda infatti solo le difficolt di ordine puramente materiale che impediscono di consegnare la copia dell'atto in un luogo (domicilio fiscale o eventualmente domicilio eletto) individuabile e nel quale il destinatario ha effettivamente la casa, l'ufficio o l'azienda. L'art. 140 trova dunque applicazione quando in questo luogo non si trovano presenti (in tal senso irreperibili) il destinatario o le altre persone PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 795 alla via Cesare Battisti 8, onde non era applicabile, in sede di notifica dell'avviso di accertamento, l'art. 143 c.p.c., ma il precedente art. 140. La censura priva di fondamento. opportuno anzitutto puntualizzare che le stesse ricorrenti hanno ammesso, nell'atto di opposizione, che il loro recapito, alla data del 4 gennaio 1964 (giorno della notifica dell'avviso di accertamento), non era in via Cesare Battisti 8, ma in via Trinacria 15. Esse, per, sostengono che, essendo pacifiche le risultanze anagrafiche, dovevano ritenersi residenti e domiciliate in Palermo, in via Cesare Battisti, e che, pertanto, la Corte del merito, non tenendo conto di tale situazione giuridica, avrebbe errato nell'affermare che la residenza e il domicilio non erano conosciuti e nell'approvare, conseguentemente, l'operato del messo e, quindi, la notifica ai sensi del citato art. 143, mentre, trattandosi di irreperibilit delle destinatarie, avrebbe dovuto trovare applicazione l'art. 140. Inutilmente, secondo le ricorrenti, la sentenza avrebbe fatto riferimento a risultanze anagrafiche non vincolanti ed alla insussistenza dell'obbligo, da parte del messo notificatore, della menzione nella relata, delle ricerche fatte>>, in quanto il messo avrebbe dovuto limitarsi all'accertamento del domicilio anagrafico ed ivi procedere alla notifica. Siffatti rilievi ed argomentazioni non sono calzanti. Prescindendo dall'ipotesi della notifica a mani proprie che pu essere effettuata in qualunque luogo, nell'ambito della circoscrizione dell'ufficio a cui la consegna pu essere fatta a norma dell'art. 139 o queste rifiutano di ricevere la copia o sono manifestamente incapaci. Ma se in questo luogo non esiste (non mai esistita o non esiste pi quale che ne sia la causa) la casa, l'ufficio o l'azienda del destinatario, non evidentemente possibile la consegna dell'atto in uno dei modi previsti nell'art. 139 e non nemmeno possibile l'affissione dell'avviso di deposito alla porta e la spedizione dell'altro avviso per lettera raccomandata di cui all'art. 140; in questo caso la notifica pu essere eseguita solo a norma dell'art. 143. Le sentenze sopra riportate risolvono la controversia solo sulla base delle norme del cod. proc. civ., ma sono utili per chiarire la portata delle norme speciali tributarie. Nella disposizione dell'art. 38 del t.u. del 1958 e dell'art. 60 del d.P .R. numero 600/1973 che richiama gli artt. 137 e segg. c.p.c., salvo le modifiche espressamente indicate, compreso il richiamo all'art. 140, dato cle non sono dettate norme derogative per l'ipotesi che la consegna, nel luogo ben individuato, non possa avvenire per difficolt di ordine puramente materiale; la sola deroga contenuta nella lettera e) dell'art. 38 del t.u. del 1958, non riprodotta nell'art. 60 del d.P.R. n. 600/1973 e riprodotta invece nell'art. 32 del d.P.R. n. 636/1972, concernente l'esonero dalla spedizione dell'avviso per raccomandata, stata eliminata con la sentenza della Corte Costituzionale 26 giugno 1974, n. 189 (in questa Rassegna, 1974, I, 1064). Deve dunque trovare applicazione integralmente per le notificazioni degli atti del procedimento tributario l'art. 140 c.p.c. sia quanto al deposito della copia presso il comune, sia quanto all'affissione RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 796 al quale l'ufficiale giudiziario addetto (art. 138 c.p.c.), l'art. 139, nel designare il luogo ove deve essere eseguita la notificazione degli atti, stabilisce, non un ordine facoltativo o alternativo di scelta, ma un sistema obbligatorio a successione preferenziale (residenza del destinatario, con ricerca nella casa di abitazione, ufficio, industria o negozio; se il destinatario non viene trovato, consegna a persona di famiglia o addetta alla casa, ufficio o azienda; in mancanza di tali persone, consegna a portiere o vicino che accetti; se ignota la residenza, notifica alla dimora e, se anche questa ignota, al domicilio). L'art. 140 prescrive che se non possibile eseguire la consegna per irreperibilit o per incapacit o rifiuto delle persone indicate nell'articolo precedente, l'ufficiale giudiziario deposita la copia dell'atto nella casa del comne dove la notificazione deve eseguirsi, affigge avviso del deposito alla porta dell'abitazione o dell'ufficio o dell'azienda del destinatario e gliene d notizia per raccomandata con avviso di ricevimento . L'art. 143, poi, detta le norme da seguire in caso di notificazione a persona di residenza, dimora o domicilio sconosciuti (deposito di copia dell'atto nella casa comunale dell'ultima residenza o, se questa ignota, in quella del luogo di nascita del destinatario ed affissione di altra copia nell'albo dell'ufficio giudiziario davanti al quale si procede). Come si evince dalle riportate disposizioni, la notifica ai sensi dell'art. 1~0 presuppone che la residenza, la dimora o il domicilio del destinatario siano individuati e che la copia dell'atto da notificare non possa di avviso sulla portata e alla spedizione di altro avviso per lettera raccomandata. Quando nel comune nel quale deve eseguirsi la notifica non esista abitazione, ufficio o azienda del destinatario e non quindi possibile ottenere lo scopo in uno dei modi previsti negli artt. 139 e 140, si provvede nel modo stabilito nella lett. f) dell'art. 38 del t.u. del 1958 e nella lettera e) dell'art. 60 del d.P.R. n. 600/1973; come ovvio queste norme disciplinano in modo autonomo e completo l'ipotesi che dal cod. proc. civ. regolata nell'art. 143. Ci confermato dalla dichiarazione (rispettivamente lett. g) e f) delle norme ora citate) che l'art. 143 non si applica; questa norma non si applica non gi perch l'introvabilit (irreperibilit nel senso pi corrente) non sia rilevante per il procedimento tributario, ma evidentemente perch sono dettate norme particolari derogative. Ma nel disciplinare la notifica nelle ipotesi di inesistenza di abitazione, ufficio o azienda, si richiama l'art. 140 c.p.c. Evidentemente questo richiamo va inteso nel senso che l'avviso dell'eseguito deposito della copia dell'atto presso il comune si deve affiggere nell'albo del comune, non essendo possibile l'affissione nell'albo dell'ufficio giudiziario davanti al quale si procede (art. 143) che non esiste. Ma chiaro che le norme tributarie in esame si collegano alla previsione dell'art. 143 e non a quella dell'art. 140, come emerge dall'altra disposizione che la notificazione si ha per avvenuta ai fini della decorrenza del termine per ricorrere nell'ottavo giorno successivo a quello dell'affissione, norma questa che corrisponde all'ultimo comma dell'art. 143. Que sto disorientante richiamo all'art. 140 si spiega perch la norma tributaria PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 797 essere consegnata solo per difficolt di ordine puramente materiale: presuppone, cio, che vi siano una casa di abitazione, o un ufficio o una azienda, dove il destinatario possa essere ricercato e pi facilmente trovato e dove l'ufficiale giudiziario , perci, tenuto a fame ricerca. Ma quando una tale ricerca non sia possibile, in quanto il destinatario dell'atto non abita nella residenza indicata, non possono trovare applicazione n il secondo, terzo e quarto comma dell'art. 139, n il successivo art. 140. Nel caso di specie, le ricorrenti non contestano la veridicit delle dichiarazioni rese dal messo nella relata di notifica, e cio che il messo ebbe effettivamente a recarsi in via Cesare Battisti 8 ed accert che le destinatarie della notificazione ivi, in quel tempo, pi non abitavano, ma sostengono che il messo, per poter ricorrere al procedimento di cui all'art. 143, avrebbe dovuto accertare la non conoscibilit n della residenza n della dimora n, infine, del domi,cilio di esse, alla stregua dei criteri della comune diligenza, e che se ci avesse fatto, avrebbe appurato agevolmente che, pur essendo momentaneamente ignota la dimora (in via Trinacria 15), la residenza ed, in special modo, il domicilio delle medesime erano senz'altro in via Cesare Battisti 8 . Le ricorrenti, per, non spiegano come, mancando una abitazione, il messo avrebbe potuto eseguire due delle tre formalit necessarie per la validit della ha inteso stabilire che sufficiente l'affissione presso l'albo del comune di un avviso dell'eseguito deposito in luogo dell'affissione di una copia integrale dell'atto come prescrive l'art. 143; per esprimere questa statuizione s1 e richiamato l'art. 140 in cui si prevede l'affissione di un avviso, senza con ci riferirsi alle situazioni in tale norme ipotizzate. Una ulteriore confusione provocata dall'art. 26 terzo comma del d.P.R. n. 602/1973 che, per le notificazioni nel procedimento esattoriale richiama l'art. 60 del d.P.R. n. 600/1973, in relazione ai casi previsti dall'art. 140, stabilendo tuttavia, in deroga, che la notifica si ha per eseguita il giorno successivo a quello in cui l'avviso affisso nell'albo del comune. Anche qui si fa confusione tra le due ipotesi che nel procedimento ordinario si riferiscono, come bene hanno chiarito le sentenze in nota, all'art. 140 e 143 c.p.c. Nei casi previsti dall'art. 140 la notifica si esegue nei modi che questa norma prescrive, nulla stabilendo in deroga l'art. 60 del d.P.R. n. 600, e la notifica si ha per eseguita a tutti gli effetti lo stesso giorno in cui ha luogo il deposito. Solo nei casi di inesistenza di abitazione, ufficio o azienda pu trovare applicazione l'art. 60 lett. e) del d.P.R. n. 600/1973 ed in tal caso per il procedimento esattoriale la notifica si ha per eseguita il giorno successivo (invece dell'ottavo giorno successivo) a quello dell'affissione. Le sentenze in rassegna, soprattutto la seconda, sono assai importanti per un ulteriore problema. Quando il contribuente ha indicato (come suo dovere a norma dello art. 1 per le persone fisiche e 36 per le persone giuridiche nonch dell'art. 58 del pi volte citato d.P.R. n. 600/1973) il suo domicilio fiscale, o facoltativa 798 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO notifica ai sensi dell'art. 140, e cio l'affissione dell'avviso alla porta dell'abitazione e l'invio della raccomandata con avviso di ricevimento. Deve, quindi, concludersi che, non abitando pi le ricorrenti in via Cesare Battisti 8 ed essendo ignoto il nuovo recapito, correttamente la notifica stata effettuata ai sensi dell'art. 143 attesa la ininfluenza, nella specie, delle risultanze anagrafiche. -(Omissis). II (Omissis). -Con il secondo motivo -denunciando la violazione e la falsa applicazione degli artt. 9 e 38 del t.u. 29 gennaio 1958, n. 645 e 140 cod. proc. civ. nonch la mancanza, l'insufficienza e la contraddittoriet della motivazione -l'Amministrazione ricorrente si duole che la Corte del merito abbia dichiarato la nullit della notificazione dell'avviso di accertamento, senza considerare che la notificazione doveva essere eseguita nel luogo in cui, al momento della sua esecuzione, il contribuente risultava avere la sua residenza anagrafica (con la quale s'identifica, di regola, il domicilio fiscale) e che, come risultava dai documenti prodotti, il contribuente aveva cercato di ingenerare uno stato di incertezza circa il suo domicilio anche durante il procedimento svoltosi davanti alle commissioni tributarie, per cui l'affermazione della stessa mente il suo domicilio eletto, in luogo eventualmente diverso dalla residenza anagrafica, l'Amministrazione ha il dovere di eseguire la notifica nel luogo dichiarato, si che nulla la notifica eseguita in altro luogo anche se corrispondente alla. residenza anagrafica. La residenza (domicilio fiscale) dichiarata e il domicilio eletto prevalgono sulla residenza effettiva, come nel processo ordinario. Ma ci posto si deve necessariamente affermare che la dichiarazione di residenza e l'elezione di domicilio . sono sempre vincolanti per il dichiarante fino a quando non sia stata data formale comunicazione di variazioni. L'Amministrazione ha quindi il dovere ma anche il diritto di eseguire la notificazione nel luogo risultante dagli atti ed ove in detto luogo non si trovi per qualsiasi ragione l'abitazione, l'ufficio o l'azienda del destinatario si pu procedere senz'altro, nel modo che si illustrato, a norma della lettera e) dell'art. 60 del d.P.R. n. 600/1973 senza dover effettuare ricerche di una nuova abitazione nello stesso o in altro comune. Ci era gi stato affermato dalla Corte Costituzionale con la menzionata sentenza che aveva riconosciuto la necessit della spedizione dell'avviso solo nel caso che il luogo di consegna dell'atto fosse noto, ma escludendo l'onere dell'Amministrazione di inseguire il contribuente. Sono quindi da rivedere molte affermazioni della meno recente giurisprudenza per quanto concerne la nullit delle notificazioni a causa della mancata ricerca del destinatario (cfr. Relazione Avv. Stato, 1970-75, II, 578 e segg.). C. BAFILE PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA Corte del merito che, in una situazione di incertezza come quella creata dal contribuente, l'ufficio non dovesse attenersi alle risultanze anagrafi che, dopo avere esperito le opportune indagini, appare illogica, contraddittoria e viziata da omesso esame delle risultanze processuali. Anche questo motivo non coglie nel segno. La notificazione ai sensi dell'art. 140 cod. proc. civ., come quella dell'avviso di accertamento eseguita nei confronti del Mastropietro, presuppone che la residenza, la dimora o il domicilio del destinatario siano esattamente individuati e che la copia dell'atto da notificare non possa essere consegnata solo per difficolt di ordine puramente materiale, quali la irreperibilit del destinatario o il rifiuto o l'incapacit delle persone legittimate a ricevere la copia. Il primo dei due presupposti necessari per l'applicabilit della norma era indubbiamente sussistente nel caso in esame, in quanto incontroverso che il Mastropietro avesse il domcilio fiscale nel comune di Roma, nel quale aveva anche la residenza anagrafica. Il richiamo, fatto dall'Amministrazione ricorrente, al principio, fissato dall'art. 9, secondo comma, del t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, secondo cui i cittadini italiani hanno il domicilio fiscale nel comune nella cui anagrafe civile sono iscritti e alla regola, stabilita dall'art. 38, primo comma, lett. e), dello stesso testo unico, che, salvo il caso di consegna dell'avviso o dell'atto in mani proprie, la notificazione deve essere fatta nel comune di domicilio fiscale del contribuente, risulta perci del tutto fuori luogo, non avendo la Corte del merito posto in dubbio che la notificazione dell'avviso di accertamento dovesse essere eseguita nel Comune di Roma. Non sussisteva, invece, l'altro presupposto -alternativamente previsto con il rifiuto o l'incapacit delle persone legittimate a ricevere la copia -dell'irreperibilit del destinatario. Perch tale presupposto ricorra , infatti, necessario che il pubblico ufficiale che procede alla notificazione dell'atto (ufficiale giudiziario o messo notificatore) abbia ricercato il destinatario nei luoghi, compresi nel comune di residenza, indicati nell'art. 139, primo comma, cod. proc. civ. (casa di abitazione, ufficio o luoghi di esercizio dell'industria o del commercio) e non abbia trovato in alcuno di tali luoghi n costui n altre persone legittimate a ricevere la copia. Nel caso in esame, invece, come stato accertato dalla Corte di merito, il contribuente nella denunzia dei redditi relativa all'anno al quale si riferiva l'accertamento notificatogli, aveva indicato come abita zione quella di via Collazia n. 20 e non aveva comunicato successivamente all'ufficio alcun cambiamento di indirizzo, per cui, essendo questa l'abitazione del contribuente nota all'Amministrazione, la ricerca del destinatario della notificazione avrebbe dovuto essere fatta in quel luogo 800 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO e non gi in via Populonia n. 30, anche se egli, secondo le risultanze anagrafiche, appariva abitare in quel luogo. L'omissione della ricerca del Mastropietro nell'abitazione di via Collazia n. 20 rendeva, quindi, inapplicabile il procedimento di notificazione previsto dall'art. 140 cod. ptoc. civ., per cui esattamente la Corte del merito ha dichiarato nulla la notificazione dell'avviso di accertamento, anche se la motivazione addotta in proposito deve essere in parte corretta e integrata dalle precedenti considerazioni, che assorbono la censura di difetto di motivazione formulata dall'Amministrazione ricorrente. -(Omissis). CORTE DI C~SSAZIONE, Sez. I, 10 maggio 1976, n. 1636 -Pres. Giannattasio Est. La Torre -P. M. Pedace (conf.) . Ministero delle Finanze (avv. Cascino) c. Branciforti. Imposta di registro -Agevolazione per le case di abitazione non di lusso I Regione Sicjliana -Primo trasferimento di appartamenti -Estensione a locali ad uso di ufficio -Esclusione. (l. Reg. Sic. 28 aprile 1954, n. 11, artt. 1, 2 e 6). La legge regionale siciliana 28 aprile 1954 n. 11 nel riferire l'agevolazione di cui all'art. 6 agli appartamenti ha inteso, secondo l'uso corrente della parola, comprendere nel beneficio soltanto le porzioni di fabbricato destinate ad abitazione civile e non quelle destinate ad altro uso (1). (Omissis). -L'art. 1 della legge reg. sic. 28 aprile 1954 n. 11 (recante sgravi fiscali per le nuove costruzioni edilizie ) dispone che per la costruzione di edifici destinati ad abitazione civile o ad albergo, anche se comprendano ambienti a p.t. destinati a negozio o ad altro uso... sono applicabili le agevolazioni tributarie di cui agli artt. seguenti'" L'art. 2, primo comma, stabilisce che le imposte di registro e di trascrizione sugli atti di compravendta di aree ai fini di cui all'art. 1 sono dovute nella misura fissa >>. Ed il successivo art. 6 estende tale agevolazione al primo trasferimento a titolo oneroso di appartamenti in corso di costruzione, costruiti o da costruire... . (1) Decisione di evidente esattezza di cui va segnalata la perspicua motivazione in punto di metodo di interpretazione. PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA Alla parola appartamenti, contenuta in quest'ultimo inciso, la Corte d'appello di Catania ha attribuito un significato ampio e generico comprensivo anche dei locali ad uso di ufficio: ai quali perci ha ritenuto applicabile il beneficio della registrazione a tassa fissa previsto dal precedente art. 2. Di ci si duole la Finanza che l'unico mezzo del ricorso, censurando l'impugnata sentenza per violazione e falsa applicazione delle norme legislative (statali e regionali) vigenti in mate..ria. In particolare la ricorrente giudica arbitraria l'interpretazione estensiva del termine appartamenti, che, avuto riguardo alla lettera e alla ratio del citato art. 6, non pu riferirsi se non agli edifici destinati ad abitazione civile di cui all'art. 1, in armonia alle finalit della legge nel suo complesso (volta a favorire la costruzione di alloggi); deduce quindi che ne rimangono esclusi i locali destinati ad ufficio, quando essi -come nella specie formano oggetto di vendite isolate; con l'ulteriore conseguenza che per il trasferimento di tali locali pu solo applicarsi, come ha fatto l'ufficio, il minor beneficio della riduzione d'imposta ex art. 17, primo comma, della legge 2 luglio 1949 n. 408. Il ricorso fondato e dev'essere accolto. Risponde ad un fondamentale canone di ermeneutica, codificato nell'art. 12 disp. prel., il criterio secondo cui nell'applicare la legge non si pu ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole: criterio che riposa, da un canto, sulla ragionevole presunzione che la scelta delle parole delle quali si compone un testo legislativo non n causale n approssimativa; dall'altro, sull'ovvia constatazione che il tessuto lessicale della norma giuridica trae fonte, al pari da ogni pensiero espresso in forma linguistica (scritta o orale), dal vocabolario comune. possibile, bench infrequente, che un certo termine sia talora assunto del legislatore in una accezione convenzionale o impropria e comunque diversa da quella corrente; ma a parte questa eventuale divergenza, che in ogni caso da accertare merc una valida e plausibile spiegazione, la normale coincidenza fra il significato giuridico e quello usuale di un termine regola che trova fondamento nell'unit del linguaggio. Ora nessun dubbio pu sussistere, dal punto di vista lessicale, circa il significato della parola appartamento: voce che, senza assumere nel gergo giuridico uno speciale valore espressivo, registrata nel vocabolario comune ed usata nel linguaggio corrente nel senso, concorde ed univoco, di immobile urbano adibito a casa privata, aggregato di pi stanze che formano un'abitazione , alloggio completo ed autonomo in un edificio che ne comprende pi d'uno . Tutte formule, queste ed altre consimili, con le quali si intende chiaramente designare il concetto specifico di casa di abitazione, cio di immobile strutturalmente RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO concepito e funzionalmente organizzato come luogo di svolgimento della vita domestica. Che tale sia l'esatto riscontro lessicale del termine appartamento mostra di non mettere in dubbio neanche la Corte d'Appello; la quale, ci malgrado, ha ritenuto di poterne forzare il senso fino a ricomprendervi i locali, a qualunque piano si trovino, ad uso di ufficio, argomentando dalla ratio legis che sarebbe quella di accordare pi incisivi benefici fiscali in considerazione delle particolari esigenze della regione . Che tale per sia la ratio legis l'impugnata sentenza si limita ad affermare apoditticamente e senza spiegare come, da una cos generica finalit, possa dedursi che l'intenzione del legislatore regionale sia stata quella di attribuire alla parola appartamenti un significato comprensivo anche dei locali ad uso di ufficio. N, di una siffatta deduzione, potrebbe trovarsi conferma nel contesto normativo in cui quel termine inserito. Di esso, infatti, si parla, nell'art. 6, per estendere alla vendita isolata di appartamenti le agevolazioni tributarie che l'art. 2 riserva agli atti di compravendita di aree ai fini di cui all'art. 1 >>, ossia per le costruzioni di edifici destinati ad abitazione , anche se comprensive di ambienti destinati a negozio o ad altro uso (art. 1): categoria, quest'ultima, che, risultando da una definizione negativa ( altro uso), idonea, appunto per il suo carattere elastico e residuafo, ad attrarre nella sua orbita ogni immobile che non rientri nella prima e pi ristretta categoria; la quale, per contro, risultando da una definizione positiva ed individuante (abitazione), lascia al di fuori del suo ambito tutti gli altri immobili. Se dunque, stando alla stessa nomenclatura legislativa, i locali di ufficio non possono rientrare nella nozione di ambienti destinati ad altro uso, che l'art. 1 tiene distinti e contrappone agli immobili destinati ad abitazione >>, evidente che solo a questi e non a quelli ha inteso riferirsi l'art. 6 quando ha parlato, scegliendo un termine preciso e chiaramente discriminatorio, di appartamenti . Solamente a questi, quali immobili destinati ad altro uso (come uffici, negozi ecc.), si voluto perci largire il beneficio della registrazione a tassa fissa di cui all'art. 2. Della qual distinzione, del resto, agevole cogliere il fondamento razionale appena si consideri che, nella mens legis, volta ad incentivare l'attivit edilizia a scopo abitativo, proprio in vista di questo scopo che si giustifica quel trattamento fiscale di particolare favore. E se, per incoraggiare l'iniziativa dei costruttori, si ammette che del favore tributario goda l'intero atto di acquisto dell'area su cui sorger l'edificio, ancorch comprensivo di ambienti non destinati ad alloggio (art. 1 e 2), ben spiegabile che, a costruzione in corso o gi avvenuta, analogo beneficio vada riservato solo alla prima vendita degli appartamenti (art. 6), cio di quelle unit immobiliari -e non di altre -che, conformemente allo scopo perseguito dalla legge, sono destinate ad abitazione civile. -(Omissis). PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 803 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 20 maggio 1976, n. 1804 Pres. Mira belli Est. Milano P. M. Berri (conf.) Provasoli c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Marzano). Imposta di successione Imposta sul valore globale Autonomia Esenzioni e riduzioni dell'imposta di successione Non si estendono all'im posta sul valore globale. (d.!. 8 marzo 1945, artt. 1, 7 e 13). Imposta di successione Imposta sul valore globale Momento della nascita dell'obbligazione Legge 20 novembre 1955 n. 1123 Applicabilit alle successioni aperte anteriormente e denunciate successivamente all'entrata in vigore Esclusione. (!. 20 novembre 1955, n. 1155, art. un.). Imposte e tasse in genere Azione in sede ordinaria Proposizione implicita di domanda Limiti Proposizione in grado di appello Inammissibilit. (c.p.c. art. 345). Data l'autonomia tra l'imposta di successione e l'imposta sul valore globale, le agevolazioni e le riduzioni dell'imposta di successione (nella specie successione tra adottante e adottato di cui all'art. 1 del d.l. 8 marzo 1945 n. 90) non si applicano all'imposta sul valore globale per la quale le riduzioni e agevolazioni sono disciplinate in modo autonomo dal1' art. 7 (1). L'obbligazione tributaria sorge in astratto, sia quanto all'esistenza che alla misura, nel momento in cui si determina la situazione di fatto che la legge considera generatrice del debito di imposta costituendone il presupposto, che per l'imposta di successione coincide con l'apertura (1-3) Decisione esattissima da condividere pienamente. Sulla prima massima la riaffermata autonomia tra imposta di successione e imposta sul valore globale pacifica; di ci si fatta applicazione per escludere che gli inasprimenti e le addizionali alla imposta di successione si estendono all'imposta sul valore globale (Cass. 9 febbraio 1970, n. 304; 10 febbraio 1970, n. 321; 2 aprile 1970, n. 1132, in questa Rassegna, 1970, I, 294 e 636). La seconda massima riconferma un tradizionale orientamento della giurisprudenza sulla origine dell'obbligazione tributaria e la natura dichiarativa del procedimento di accertamento (da ultimo Cass. 16 ottobre 1975, n. 3362, in questa Rassegna, 1975, I, 1109 con richiami) ed interessante perch applica il principio anche con riferimento alla data della denuncia di successione che viene considerata un atto (iniziativa) del procedimento che, bench possa essere compiuto entro un termine, non ha rilevanza costitutiva sull'obbligazione. L'obbligazione cio, anche se non adempibile coattivamente, pur, sempre sorta al momento dell'apertura della successione. Il principio della terza massima anch'esso ius receptum (V. Relazione Avv. Stato, 1970-75, II, 989). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO della successione; di conseguenza la norma entrata in vigore successivamente all'apertura della successione, se pure anteriormente alla presentazione della denuncia inapplicabile (applicazione alla ipotesi della legge 20 novembre 1955 n. 1123 che estende alla successione tra adottante e adottato la riduzione dell'imposta sul valore globale (2). Nel giudizio innanzi all'A.G.O. il contribuente, che ha la veste formale e sostanziale di attore, deve indicare sin dall'atto introduttivo le ragioni su cui si fonda l'assunto della illegittimit della pretesa tributaria, proponendo cio domande (e non eccezioni) che non possono essere prospettate per la prima volta in appello. La proposizione implicita i una domanda si pu configurare nella, totale contestazione della pretesa tributaria che comprende anche componenti di essa, non quando si contesti soltanto la misura dell'imposta pretesa senza dedurre espressamente l'illegittimit di una pretesa accessoria (applicazione all'ipotesi di domanda diretta ad ottenere la riduzione a met dell'imposta globale che non comprende implicitamente la contestazione delle legittimit della imposta addizionale) (3). (Omissis). -Con il primo motivo del ricorso principale, la Provasoli denunzia la violazione dell'art. 13 capov., d.lg, legt. 8 marzo 1945, n. 90, e lamenta che la impugnata decisione abbia erroneamente interpretato la summenzionata disposizione, fn quanto la medesima, con il suo richiamo alle leggi sull'imposta di successione, rendeva applicabile agli eredi, figli adottivi, lo . speciale beneficio della riduzione alla met dell'imposta sul valore globale, accordato ai medesimi, con l'art. 1 dello stesso decreto, per l'imposta di successione. Siffatta censura, che riproduce pedissequamente la tesi prospettata nelle fasi di merito senza critica alcuna delle contrarie argomentazioni contenute nella sentenza impugnata, destituita di fondamento. Giustamente, infatti, i giudici di merito per disattendere tale tesi hanno posto in evidenza, in conformit al consolidato orientamento di questa Corte (Cass. sentenze nn. 304, 321 e 1132 del 1970, nn. 1583 e 2993 del 1971 e nn. 481 e 2916 del 1973), l'autonomia delfimposta s.ul valore globale rispetto a quella sulle successioni, e la conseguente impossibilit di applicare alla prima disposizione dettate per l'imposta di successione, come del pari gli stessi giudici hanno rettamerite escluso che il principio dell'autonomia possa venire meno per il disposto dell'art. 13, 2 comma, del citato decreto n. 90 del 1945, che genericamente estende all'imposta sul valore globale le norme relative all'imposta di successione in quanto applicabili ed in quanto non sia diversamente disposto dal presente decreto . Questa norma, infatti, proprio per la sua generalit, in relazione alla indiscussa autonomia dell'imposta globale, ha l'unico scopo-inforn: iatore, del resto, di tutto il decreto n. 90 del 1945, di semplificare al PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA massimo tutta la procedura relativa all'accertamento, liquidazione e percezione dell'imposta globale, richiamando, a tal fine, tutte le norme della legge organica sulle successioni, ma non certo quello di estendere all'imposta globale norme di carattere eccezionale, quali sono indubbiamente quelle che regolano le. esenzioni e le riduzioni d'imposta. D'altra parte, anche ammettendo che il rinvio contenuto nella disposizione in esame sia di tale ampiezza da ricomprendere anche le norme relative alle esenzioni ed alle riduzioni di imposta, non per questo lo speciale beneficio della riduzione alla met dell'aliquota dell'imposta di successione, stabilito, a favore dei figli adottivi, dall'art. 1 del decreto del 1945, potrebbe essere applicato per l'imposta globale, dato che, in materia, il suddetto decreto ha stabilito diversamente, con il disporre che della riduzione alla met dell'aliquota dell'imposta globale possono godere solo le persone indicate nell'art. 7, tra le quali non sono inclusi i figli adottivi. Il primo motivo del ricorso principale deve essere, pertanto, rigettato. Con il secondo motivo dello stesso ricorso la Provascoli denuncia la violazione dell'articolo unico della legge 20 novembre 1955, n. 1123, secondo cui le imposte di successione e sul valore globale nelle sucsioni tra adottante ed adottato sono applicate in misura pari a quelle dovute per le successioni tra genitori e figli legittimi , rilevato che tale disposizione, per la sua natura interpretativa, applicabile anche ai rapporti costituiti prima della sua entrata in vigore, lamenta che la denunziata sentenza abbia completamente omesso di motivare su tale punto. Il motivo inammissibile perch involgere l'esame di una questione gi preclusa da giudicato. I giudici di primo grado, invero, uniformandosi all'insegnamento di questa Corte (Cass. 6 novembre 1964, n. 2693 e 10 agosto 1966, n. 2181), avevano gi escluso espressamente la natura interpretativa dell'articolo unico della citata legge n. 1123 del 1955 e la sua applicabilit, quindi, a rapporti sorti primi della sua entrata in vigore. Tale specifica statuizione non soltanto non ha formato oggetto di impugnazione, ma l'odierna ricorrente nello stesso atto di appello, ribadendo quanto gi affermato negli scritti difensivi di primo grado, aveva esplicitamente riconosciuto l'inapplicabilit della nuova disposizione al rapporto tributario in discussione. Ne deriva che la questione sulla natura di tale disposizione, se, cio, innovativa e interpretativa, non pu pi formare oggetto di ricorso perch irrimediabilmente preclusa dal giudicato, formatosi su di essa con la sentenza del Tribunale, non impugnata su tale capo di statuizione. Con il terzo motivo la ricorrente denuncia la violazione della medesima disposizione di legge, in relazione all'art. 104 della legge tributaria sulle successioni e 360, nn. 3 e 5 cod. proc. civ., e sostiene che, RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO anche ad ammettere la natura innovativa della disposizione di cui all'articolo unico della legge n. 1955, la Corte di appello avrebbe dovuto egualmente applicare la predetta norma al rapporto in contestazione, per essere stata la denuncia di successione presentata dopo l'eritrata in vigore della nuova legge. Il motivo privo di fondamento. Premesso che la novit della tesi, con esso prospettata, non ne impedisce l'esame, essendo consentito in questa sede l'applicazione di norme e di principi giuridici precedentemente trascurati, sempre che i nuovi profili di diritto non implichino accertamenti e valutazioni di fatto, va rilevato che questa Corte Suprema ha costantemente ribadito il principio secondo cui l'obbligazione tributaria sorge in astratto, sia quanto all'esistenza che alla misura, nel momento in cui si determina la situazione di fatto che la legge considera generatrice del debito d'imposta, costituendone il presupposto, e che questo momento, rispetto all'imposta di successione, coincide con l'apertura della successione, comportante per l'erede il diritto. alla surrogazione nei diritti e nelle obbligazioni del de cuius, anche se l'obbligazione tributaria si ricollega ad una serie di atti e procedimenti degli enti creditori od ad iniziativa del soggetto passivo, ed importa la necessit della verifica in concreto dei presupposti per l'applicazione del tributo, della valutazione dei cespiti e della concreta determinazione della somma che il debitore dovr corrispondere (Cass. 17 marzo 1967, n. 604; 10 agosto 1966, n. 2181 e 20 marzo 1972, n. 846). Alla stregua di questo principio rilevato, con riferimento al caso di specie, che la morte del Provasoli avvenuta il 2 aprile 1955, l'applicazione al caso della legge 20 novembre 1955, n. 1123 deve essere senz'altro esclusa, essendo la irretroattivit della legge principio generale, al quale non si sottraggono nemmeno le leggi tributarie. Quanto alla questione di legittimit costituzionale sollevata, nella memoria, dalla ricorrente con riferimento agli artt. 3 e 53 della Costituzione, va osservato che se innegabile, cos come si afferma dalla stessa ricorrente, che la norma agevolatrice dell'art. 1 della legge n. 1123 del 1955, dovendo, per la sua natura innovativa, trovare applicazione solo alle successioni apertesi successivamente alla sua entrata in vigore, venuta a creare una disparit di trattamento rispetto ai figli adottivi il cui adottante si:l deceduto in epoca anteriore, devesi per riconoscere che con ci non si verifica una violazione del principio di eguaglianza, n tanto meno di quello dell'imposizione in base all'effettiva capacit contributiva,. trattandosi, non di una mera disparit di diritto, ma di una mera disparit di fatto, inevitabile, e in tutti i provvedimenti del genere, mentre noto che la concessione o meno di un beneficio tributario scaturisce da una complessiva valutazione della situazione economica del Paese e dall'inc.idenza che sulle finanze dello PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA massimo tutta la procedura relativa all'accertamento, liquidazione e percezione dell'imposta globale, richiamando, a tal fine, tutte le norme della legge organica sulle successioni, ma non certo quello di estendere all'imposta globale norme di carattere eccezionale, quali sono indubbiamente quelle che regolano le esenzioni e le riduzioni d'imposta. D'altra parte, anche ammettendo che il rinvio contenuto nella disposizione in esame sia di tale ampiezza da ricomprendere anche le norme relative alle esenzioni ed alle riduzioni di imposta, non per questo lo speciale beneficio della riduzione alla met dell'aliquota dell'imposta di successione, stabilito, a favore dei figli adottivi, dall'art. 1 del decreto del 1945, potrebbe essere applicato per l'imposta globale, dato che, in materia, il suddetto decreto ha stabilito diversamente>>, con il disporre che della riduzione alla met dell'aliquota dell'imposta globale possono godere solo le persone indicate nell'art. 7, tra le quali non sono inclusi i figli adottivi. Il primo motivo del ricorso principale deve essere, pertanto, rigettato. Con il secondo motivo dello stesso ricorso la Provascoli denuncia la violazione dell'articolo unico della legge 20 novembre 1955, n. 1123, secondo cui le imposte di successione e sul valore globale nelle sucsioni tra adottante ed adottato sono applicate in misura pari a quelle dovute per le successioni tra genitori e figli legittimi , rilevato che tale disposizione, per la sua natura interpretativa, applicabile anche ai rapporti costituiti prima della sua entrata in vigore, lamenta che la denunziata sentenza abbia completamente omesso di motivare su tale punto. Il motivo inammissibile perch involgere l'esame di una questione gi preclusa da giudicato. I giudici di primo grado, invero, uniformandosi all'insegnamento di questa Corte (Cass. 6 novembre 1964, n. 2693 e 10 agosto 1966, n. 2181), avevano gi escluso espressamente la naturainterpretativa dell'articolo unico della citata legge n. 1123 del 1955 e la sua applicabilit, quindi, a rapporti sorti primi della sua entrata in vigore. Tale specifica statuizione non soltanto non ha formato oggetto di impugnazione, ma l'odierna ricorrente nello stesso atto di appello, ribadendo quanto gi affermato negli scritti difensivi di primo grado, aveva esplicitamente riconosciuto l'inapplicabilit della nuova disposizione al rapporto tributario in discussione. Ne deriva che la questione sulla natura di tale disposizione, se, cio, innovativa e interpretativa, non pu pi formare oggetto di ricorso perch irrimediabilmente preclusa dal giudicato, formatosi su di essa con la sentenza del Tribunale, non impugnata su tale capo di statuizione. Con il terzo motivo la ricorrente denuncia la violazione della medesima disposizione di legge, in relazione all'art. 104 della legge tributaria sulle successioni e 360, nn. 3 e 5 cod. proc. civ., e sostiene che, RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO anche ad ammettere la natura innovativa della disposizione di cui all'articolo unico della legge n. 1955, la Corte di appello avrebbe dovuto egualmente applicare la predetta norma al rapporto in contestazione, per essere stata la denuncia di successione presentata dopo l'entrata in vigore della nuova legge. Il motivo privo di fondamento. Premesso che la novit della tesi, con esso prospettata, non ne impedisce l'esame, essendo consentito in questa sede l'applicazione di norme e di principi giuridici precedentemente trascurati, sempre che i nuovi profili di diritto non implichino accertamenti e valutazioni di fatto, va rilevato che questa Corte Suprema ha costantemente ribadito il principio secondo cui l'obbligazione tributaria sorge in astratto, sia quanto all'esistenza che alla misura, nel momento in cui si determina la situazione di fatto che la legge considera generatrice del debito d'imposta, costituendone il presupposto, e che questo momento, rispetto all'imposta di successione, coincide con l'apertura della successione, comportante per l'erede il diritto alla surrogazione nei diritti e nelle obbligazioni del de cuius, anche se l'obbligazione tributaria si ricollega ad una serie di atti e procedimenti degli enti creditori od ad iniziativa del soggetto passivo, ed importa la necessit della verifica in concreto dei presupposti per l'applicazione del tributo, della valutazione dei cespiti e della concreta determinazione della somma che il debitore dovr corrispondere (Cass. 17 marzo 1967, n. 604; 10 agosto 1966, n. 2181 e -20 marzo 1972, n. 846). Alla stregua di questo princ1p10 rilevato, con riferimento al caso di specie, che la morte del Provasoli avvenuta il 2 aprile 1955, l'applicazione al caso della legge 20 novembre 1955, n. 1123 deve essere senz'altro esclusa, essendo la irretroattivit della legge principio generale, al quale non si sottraggono nemmeno le leggi tributarie. Quanto alla questione di legittimit costituzionale sollevata, nella memoria, dalla ricorrente con riferimento agli artt. 3 e 53 della Costituzione, va osservato che se innegabile, cos come si afferma dalla stessa ricorrente, che la norma agevolatrice dell'art. 1 della legge n. 1123 del 1955, dovendo, per la sua natura innovativa, trovare applicazione solo alle successioni apertesi successivamente alla sua entrata in vigore, venuta a creare una disparit di trattamento rispetto ai figli adottivi il cui adottante sia, deceduto in epoca anteriore, devesi per riconoscere che con ci non si verifica una violazione del principio di eguaglianza, n tanto meno di quello dell'imposizione in base all'effettiva capacit contributiva, trattandosi, non di una mera disparit di diritto, ma di una mera disparit di fatto, inevitabile, e in tutti i provvedimenti del genere, mentre noto che la concessione o meno di un beneficio tributario scaturisce da una complessiva valutazione della situazione economica del Paese e dall'incidenza che sulle finanze dello PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 807 Stato esso pu produrre, vale a dire da una valutazione discrezionale, affidata alla competenza ed. alla responsabilit del legislatore. Anche, quindi, il terzo motivo del ricorso principale deve essere rigettato. Devesi ora esaminare l'unico motivo del ricorso incidentale che propone la questione sull'ammissibilit della domanda, proposta in appello, dalla Provasoli, volta a fare dichiarare non dovuta l'addizione sull'imposta globale perch, qualora tale motivo dovesse essere accolto, resterebbe precluso l'esame della questione circa la debenza della predetta addizionale, che forma oggetto del quarto motivo del ricorso principale. Con il suo ricorso incidentale l'Amministrazione finanziaria denun eia la violazione dell'art. 345 cod. proc. civ., e censura la impugnata decisione per aver ritenuto ammissibile la richiesta di eliminazione dell'addizionale sebbene si trattasse di una richiesta formulata per la prima volta nell'atto di appello. La censura fondata. Come si accennato nell'esposizione dei fatti di causa, la. Corte di. appello ha ritenuto l'ammissibilit della domanda in questione sia perch la medesima anche se proposta soltanto in sede di gravame, doveva considerarsi implicitamente contenuta nella originaria richiesta di riduzione alla met dell'imposta globale, sia, comunque, perch essa aveva sostanziale natura di eccezione rispetto alla pretesa tributaria. Ma, n l'una, n l'altra di queste considerazioni possono ritenersi validi argomenti per giustificare l'adottata statuizione. Non la prima, perch una implicita inclusione della richiesta di eliminazione delfaddizionale nell'originario petitum avrebbe potuto ravvisarsi qualora fosse l)tata contestata la debensa dell'imposta sul valore globale essendo evidente che, in tale ipotesi, l'accoglimento della domanda principale avrebbe resa non dovuta anche l'addizionale; ma, nella specie, la contestazione riguardava, non gi l'intera imposta globale, ma soltanto la misura di essa e, precisamente, la sua riducibilit alla met in ragione del rapporto di adozione esistente tra il de cuius e gli eredi, ed inoltre la nuova domanda non si riferiva, n avrebbe potuto riferirsi, all'intera addizionale con l'aumento disposto col d.l. 18 febbraio 1946, n. 100, applicabile, per espressa disposizione, anche all'imposta sul valore globale, ma soltanto alla successiva maggiorazione di cui all'art. 1 del d. I. 7 novembre 1954, nn. 1025. , quindi, da escludere che, nella specie, ricorressero i presupposti per l'applicazione del principio pi volte affermato da questa Corte secondo il quale, ai fini dell'accertamento dei limiti della domanda, si deve aver riguardo alla sostanza, anche implicita, delle richieste della parte, avendo la nuova domanda un autonomo contenuto petitorio rispetto alla originaria richiesta di riduzione alla met dell'imposta globale. lii RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Linconsistenza, poi, della seconda argomentazione risulta manifesta ove si consideri, nel giudizio instaurato avanti all'autorit giudiziaria ordinaria alla stregua dell'art. 146 della legge di registro, il contribuente ha veste formale e sostanziale di attore, e se vero che, in tale giudizio, che non si configura come un giudizio di impugnazione .della decisione della Commissione provin~iale, l'attore pu far valere ogni ragione a sostegno della illegittimit della pretesa tributaria e, quindi, anche una ragione diversa da quella prospettata in sede di contenzioso amministrativo, tuttavia anche certo che egli tenuto ad indicare, sin dall'atto introduttivo, le ragioni su cui si fonda l'assunto della illegittimit della pretesa tributaria e non pu, in appello, introdurre nuovi e differenti temi di indagine e di decisione, e neppure prospettare altre ragioni che implichino la valutazione di fatti e situazioni non dedotti in primo grado. Dovendo, per le suesposte considerazioni, accogliere il ricorso incidentale, resta precluso, come dianzi detto, l'esame del merito del quarto motivo del ricorso principale, mentre, non avendo i giudici di merito dichiarato l'inammissibilit della domanda formulata per la prima volta in sede di gravame, la cassazione della sentenza, su tale punto, deve essere pronunciata senza rinvio a norma dell'ultimo comma dell'art. 382 cod. proc. civ., trattandosi di una domanda che, in appello, non avrebbe potuto essere proposta e in ordine alla quale, pertanto, il processo non pu proseguire. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 28 giugno 1976, n. 2439 -Pres. Giannattasio -Est. Pascasio -P. M. Minetti (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Mataloni) c. Istituto Romano di Beni Stabili (avv. Biamonti). Imposta di registro -Locazione -Legge 29 dicembre 1962, n. 1744 Registrazione di denuncia verbale relativa a contratto con decorrenza da momento successivo . Applicazione della norma vigente al momento della registrazione. (!. 29 dicembre 1962, n. 1744, artt. 2, 3, 6 e 7; r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, artt. 1, 82, 105 e 150; d.J. 15 novembre 1937, n. 1924, art. 2). Poich la denuncia del contratto verbale di locazione assume la qualit di atto, si che la presentazione della denuncia equivale a registrazione di contratto scritto, in base al principio generale fissato nell'art. 150 della legge di registro, deve applicarsi la tariffa vigente al momento della registrazione anche se il contratto ha decorrenza da una data successiva PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 809 rispetto alla quale operante un'aliquota pi gravosa (ipotesi specifica della legge 29 dicembre 1962 n. 1744) (1). (Omissis). -Con l'unico motivo, denunciando la violazione degli artt. 1, 79, 82 e 150 del r.d. 30 dicembre 1923 n. 3269 (legge di registro), dell'art. 44 della tariffa All. A al predetto decreto, degli artt. 1, 2 e 3 della legge 29 dic. 1962 n. 1744 in relazione all'art. 360, n. 3, c.p.c. l'Amministrazione ricorrente sostiene che per le locazioni stipulate verbalmente, l'obbligazione tributaria nascerebbe soltanto dal momento in cui la locazione comincia ad avere esecuzione, per cui doveva essere applicata la disciplina della legge 29 dicembre 1962, n. 1744, in quanto i contratti di locazione, bench denunciati in precedenza, dovevano avere esecuzione dal 1 gennaio 1963, data in cui era entrata in vigore la predetta legge. La censura non fondata. Giover ricordare che l'art. 1 della citata legge di registro del 30 dicembre 1923 stabilisce che gli atti posti in essere nel territorio dello Stato sono soggetti a registrazione ed al pagamento della relativa imposta, a norma della legge medesima, ed inoltre sono soggetti a registrazione ed al relativo tributo, a seguito di denuncia, le locazioni di immobili. L'art. 44 della tariffa All. A alla stessa legge specifica che sono assoggettati all'imposta di registro i contratti di locazione comunque conclusi. A tal fine i contratti verbali di locazione sono dall'art. 2 del d.l. 7 agosto 1936, n. 1657, equiparati ai contratti scritti e la denuncia di contratto verbale, che deve indicare le parti, la prestazione e la durata del contratto medesimo, nonch il corrispettivo della prestazione, deve altres contenere la firma del dichiarante. La denuncia di contratto verbale ha pertanto valore di stipulazione del medesimo agli effetti fiscali e la relativa imposta deve essere corrisposta al momento della registrazione cos come dispongono l'art. 91 della citata legge di registro del 1923, secondo la tariffa vigente in tale momento, cos come questa Corte Suprema richiamandosi alle disposizioni di cui innanzi ed anche agli artt. 150 e 151 della medesima legge di registro del 1923, e 77 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634, che ne riafferma i principi, ha gi altra volta ritenuto (sent. n. 1533 del 25 maggio 1973). Sostiene la diligente difesa dell'Amministrazione ricorrente che la na scita dell'obbligazione tributaria coinciderebbe col momento dell'esecuzione del contratto e non con quello della sua stipulazione, ma la tesi non pu essere seguita. Vero che l'art. 82 della legge di registro del 1923 impone che la denuncia dei contratti verbali debba avvenire, al pi tardi, entro i venti (1) Si conferma la statuizione gi fatta con la sentenza 25 maggio 1973, n. 1533 (in questa Rassegna, 1973, I, 1166 con nota critica alla quale si rinvia); restano valide le ragioni di dissenso, ma bisogna prendere atto dell'orientamento ormai saldo della Corte regolatrice. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO giorni dall'inizio della loro esecuzione, cos come l'art. 80 richiede per i contratti conclusi per iscritto, che la registrazione avvenga entro venti giorni dalla data dell'atto. Comunque, poich la denuncia di contratto verbale assume, come gi si rilevato, a termini dell'art. 1 della stessa legge di registro, la qualit di atto , certo che dal momento della presentazione o meglio, della esplicitazione della denuncia di un contratto verbale, questo deve intendersi stipulato ed quindi possibile registrarlo. Il cennato termine di venti giorni non ha quindi la funzione di stabilire il mome~to in cui sorge l'obbligazione tributaria, ma soltanto quella di stabilire la data entro la quale la formalit della registrazione deve essere adempiuta. Stabilito pertanto che le denucie di contratto verbale potevano essere registrate -come lo furono -prima dell'inizio dell'esecuzione delle obbligazioni previste del contratto e poich, quando esse furono registrate non era entrata in vigore la nuova tariffa prevista dalla legge n. 1744 del 1962, consegue che l'aliquota applicabile era quella vigente al momento della registrazione e che le aliquote entrate successivamente in vigore, cio il 1 gennaio 1963, non potevano essere applicate alle denuncie registrate anteriormente, cos come la Corte d'Appello ha esattamente ritenuto. Del resto, anche prima dell'inizio dell'esecuzione, le denuncie di contratto verbale di locazione vennero registrate prima dell'inizio dell'esecuzione, prescindendo da questa ed avendo riguardo soltanto agli elementi essenziali della convenzione verbale, in conformit di quanto ritenuto da questa Corte Suprema con sentenza 24 maggio 1968, n. 1589. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 9 luglio 1976, n. 2604 -Pres. Rossi Est. Milano -P. M. Martinelli (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Vitaliani) c. Soc. Gerosa. Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Procedimento innanzi alle Commissioni -Revocazione -Decisione della Commissione Centrale in grado di appello -Ammissibilit. (r.d. 8 luglio 1937, n. 1516, art. 44; d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 41; c.p.c. art. 395). Per un principio generale del vigente ordinamento giuridico ammesso il rimedio della revocazione avverso qualunque provvedimento che abbia natura di sentenza e che sia emesfo in grado di appello o in unico grado. Di conseguenza la norma dell'art. 44 del r.d. 8 luglio 1937, n. 1516, riferita alle decisioni della Commissione provinciale (in grado di appello) non esclude ma anzi conferma l'ammissibilit del rimedio della revocazione contro le decisioni della Commissione centrale pronunciate (nelle PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 811 imposte indirette) in grado di appello con cognizione piena e non limitata ai soli problemi di diritto riguardanti l'applicazione della legge (1). (Omissis). -Con l'unico motivo del suo ricorso l'Amministrazione finanziaria, denunciando la violazione degli artt. 395, cod. proc. civ. e 44 r.d. 8 luglio 1937, n. 1616, in relazione all'art. 360 n. 3, cod. proc. civ., censura l'impugnata decisione per aver ritenuto che nei confronti delle decisioni della Commissione Centrale delle imposte non sia consentito il ricorso per revocazione. Sostiene, in particolare, che la formulazione letterale dell'art. 44 del citato decreto n. 1516 del 1937 non tale da poter indurre l'interprete ad escludere il rimedio della revocazione avverso le decisioni della Commissione Centrale allorquando questa, in materia di imposte indirette, sia giudice di secondo grado. Il motivo fondato. Pu, invero, essere affermata l'esistenza nel vigente ordinamento giuridico, di un principio generale dell'ammissibilit del rimedio della revocazione avverso qualsiasi provvedimento che abbia natura di sentenza e che sia emesso in grado di appello o in unico grado. La dottrina e la giurisprudenza di questa Corte Suprema (Cass. 28 giug~o 1949, n. 1622 e 12 luglio 1966, n. 1848) hanno, in proposito, messo in evidenza che questo rimedio ha bens carattere straordinario, ma solo perch straordinari (1) Decisione di molto interesse. L'ammissibilit in via di princ1p10 generale del rimedio della revocazione anche ove espresse norme. nulla dispongono sembra incontestabile. Tuttavia l'art. 44 del r.d. 8 luglio 1937, n. 1516, avrebbe una sua logica perch la Commissione Centrale, anche quando decide in grado di appello, (nelle imposte indirette in materia diversa dalla estimazione semplice) giudica sempre, come anche in primo grado la commissione provinciale, sulla applicazione della legge (art. 29, quarto comma, d.l. 7 agosto 1936, n. 1639). Tuttavia l'ambito della materia conoscibile dalla Commissione Centrale non si identifica con la mera legittimit, che caratterizza il giudizio della Corte di Cassazione, ma piuttosto con quella limitata cognizione di merito che, prima della recente riforma, era tipica del giudizio in sede ordinaria; spetta cio al giudice delle c.d. questioni di diritto l'accertamento dei fatti che costituiscono la premessa necessaria per l'applicazione della legge. Di conse guenza, entro questi limiti, la revocazione non pu essere esclusa, cosa che risulta confermata dalla considerazione che la stessa questione sulla quale era chiamata a pronunziarsi, in grado di appello, la Commissione Centrale poteva essere portata, anche in pendenza del procedimento innanzi alle Commissioni, al giudice ordinario e decisa dalla Corte di appello la cui pronunzia era sicuramente soggetta a revocazione per applicazione diretta dell'art. 395 c.p.c. La questione risolta diversamente nel nuovo ordinamento del contenz. ioso che dichiara proponibile il ricorso alla Commissione Centrale (e alla Corte di appello) per questioni di fatto diverse dalla estimazione semplice (valutazione estimativa) e ammette la revocazione contro tutte le decisioni che involgono accertamenti di fatto e che sul punto non sono ulteriormente impugnabili o non sono state impugnate (art. 26 e 41 d.P.R. n. 636/1972). 812 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sono i motivi per i quali concesso, mentre come istituto deve conside rarsi di carattere generale in quanto trova fondamento nella necessit assoluta di giustizia che impedisce di tenere ferme le decisioni che siano toccate dai vizi gravissimi indicati nell'art. 395 cod. proc. civ., necessit tale da superare anche quella di porre un termine alle liti ed alla certezza del diritto, che giustifica e richiede l'istituto della cosa giudicata. Pertanto, anche se in materia di contenzioso tributario, l'ora abrogato art. 44 del decreto n. 1516 del 1937, nel consentire, chiudendo le discus sioni precedentemente insorte in argomento, l'impugnativa per revocazione contro le decisioni delle commissioni tributarie nei casi consentiti dal codice di procedura civile, faceva riferiment a quelle delle commissioni provinciali, non pare, arbitrario ritenere che questo riferimento non era tassativo, ma piuttosto manifestazione dell'anzidetto principio generale. Giustamente, infatti, stato rilevato che la menzionata disposizione aveva semplicemente previsto e richiamato in grado di appello, ma non aveva inteso stabilire una espressa deroga alla norma processuale generale dell'art. 395. Anche, quindi, secondo l'ordinamento del contenzioso tributa:io anteriore alla riforma tributaria attuata con il d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, ben poteva essere affermata, nel procedimento davanti alle varie commissioni tributarie, l'ammissibilit della revocazione come rimedio generale sia sulla base dell'art. 44 del decreto del 1937 sia, comunque, sulla base della disposizione generale del diritto processuale comune. Conseguentemente questo rimedio doveva considerarsi consentito, sempre che ricorressero i casi contemplati in quest'ultima disposizione, nei confronti delle decisioni della Commissione Centrale, allorquando questa, in materia di imposte indirette, sulle questioni devolute in primo grado alle Commissioni provinciali, aveva, come giudice di secondo grado, la cognizione piena e non limitata ai soli problemi di diritto riguardanti l'applicazione della legge. L'ammissibilit, del resto, in tali ipotesi dell'impugnativa per revocazione nei confronti delle decisioni della Commissione Centrale, stata, sia pure implicitamente, gi da tempo affermata da questa Corte Suprema (Cass. 5 febbraio 1954, n. 282 e 12 dicembre 1953, n. 3698), mentre, com' noto, l'art. 41 della citata legge qi riforma del contenzioso tributario ha ~spressamente ammesso la generale esperibilit del rimedio della revocazione contro tutte le decisioni delle commissioni tributarie che involgono accertamenti di fatto e che sul punto non sono ulteriormente impugnabili o non sono state impugnate. E per quanto dianzi si detto, sembra lecito escludere che tale norma sia una disposizione sostanzialmente innovatrice e ritenere, invece, che la medesima abbia solamente reso esplicito un principio che era gi insito nella precedente normativa del contenzioso tributario. -(Omissis). PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 813 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 1 ottobre 1976, n. 3202 -Pres. Novelli Est. Virgilio -P. M. Pedace (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Cascino) c. Galletti. Imposte e tasse in genere -Imposte dirette -Riscossione -Iscrizione a ruolo provvisoria in base ad accertamenti non definitivi -T.U. 29 gennaio 1958 n. 645, art. 175 -Applicabilit alla riscossione delle imposte sui redditi di esercizi anteriori. (t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 175). Imposte e tasse in genere -Imposte dirette Riscossione -Iscrizione a ruolo provvisoria in base ad accertamenti non definitivi -T.U. 29 gennaio 1958 n. 645, art. 175 -Illegittimit costituzionale -Manifesta infondatezza. (t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 175). Imposte e tasse in genere -Imposte dirette -Riscossione -Iscrizione a ruolo provvisoria in base ad accertamenti non definitivi -Criteri e modalit. (t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 175). Le norme del t. u. 29 gennaio 1958, n. 645 relative alla riscossione, in considerazione del loro carattere procedurale, sono di immediata applicazione anche per la riscossione di tributi relativi ad esercizi precedenti; a ci non di ostacolo il principio di irretroattivit della legge perch la legge tributaria sopravvenuta e sempre applicabile ai rapporti che non abbiano esauriti i loro effetti, purch la norma innovatrice non sia diretta a regolare il fatto o l'atto generatore del rapporto (1). manifestamente infondata l'eccezione di illegittimit costituzionale dell'art. 175 del t. u. 29 gennaio 1958, n. 645, sia sotto il profilo della disparit di trattamento tra situazioni anteriori e posteriori alla sua entrata in vigore, sia sotto il profilo dell'eccesso di delega, sia sotto il profilo della violazione . del principio di tutela giurisdizionale (2). (1-3) La prima massima di evidente esattezza. L'immediata applicabilit delle norme del procedimento una regola generale; l'attuazione processuale di un diritto che resta immutato nella sostanza non pone affatto un problema di retroattivit. La seconda massima merita completa adesione. Qualche incertezza suscita la terza massima. L'iscrizione a ruolo provvisoria in base ad accertamenti non definitivi, disciplinata oggi nell'art. 15 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 con un meccanismo analogo a quello dell'art. 175 del t.u. del 1958 sulle imposte dirette, si fa come ovvio per l'imposta corrispondente ad una parte del reddito accertato, parte che aumenta man mano che si progredisce verso la definitivit fino a comprendere l'intero reddito determinato, bench non ancora definitivo. Nel caso di accertamento in rettifica esiste gi una base di reddito non controverso indicato nella dichiarazione per il quale l'imposta stata gi pagata eventualmente RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 814 Ai fini dell'iscrizione a ruolo provvisoria in base ad accertamenti non definitivi in forza dell'art. 175 del t. u. 29 gennaio 1958, n. 645, il maggior imponibile accertato dall'ufficio, . costituito non dall'imponibile complessivo accertato ma dalla differenza tra l'imponibile accertato e quello dichiarato. Su questa differenza da ridurre nelle varie ipotesi alla met o a due terzi, e non sull'imponibile complessivo, va liquidata l'imposta, anche se progressiva, da iscrivere a ruolo (3). (Omissis). -Ha carattere pregiudiziale l'esame del ricorso incidentale. Con il primo motivo il Galletti -denunciando violazione e falsa applicazione dell'art. 175 del T.U. 29 gennaio 1958, n. 645, in relazione all'art. 11 delle disposizioni preliminari al codice civile -sostiene che erroneamente la Corte del merito ha ritenuto applicabile al caso di specie il citato art. 175 del T.U. n. 645 del 1958 (entrato in vigore il 1 gennaio 1960), mentre il tributo di cui si chiedeva il pagamento si riferiva al 1956; La censura non ha fondamento. La Corte di appello ha giustamente rilevato che la iscrizione a carico del Galletti per l'imponibile del 1956 fu effettuata nei ruoli di seconda serie dell'anno 1960, e cio nei ruoli pubblicati nel dicembre di tale anno, quando era gi entrato in vigore il T.U. del 1958, per cui -in considerazione del carattere procedurale e, quindi, di immediata applicazione dell'art. 175, in quanto volto a disciplinare le modalit di esazione del tributo -legittimamente la suddetta iscrizione a ruolo era avvenuta secondo il nuovo sistema. con ritenuta e oggi con versamento diretto del contribuente e comunque mediante iscrizione nel ruolo principale. Si deve pertanto necessariamente determinare la differenza tra il reddito dichiarato ed il maggior r:eddito accertato o deciso dalla Commissione. Su questa differenza (e non sul reddito complessivo) va calcolata la percentuale (met, due terzi) di cui -alla lettera a) e b) dell'art. 175. Non potrebbe calcolarsi la percentuale sul reddito complessivo perch si avrebbe il risultato assurdo di assumere come imponibile provvisorio su cui liquidare l'imposta una somma assai spesso inferiore a quella dichiarata. Esempio: reddito dichiarato 100; reddito accertato 150; la met del maggior reddito imponibile accertato sar (150--100)=50:2=25; se si calcolasse la met sul reddito complessivo accertato si avrebbe 150:2=75, somma inferiore a quanto risulta gi dalla dichiarazione. Anche quando la differenza tra l'imponibile dichiarato e il maggiore imponibile accertato molto elevata, si avrebbe sempre un risultato ingiustamente favorevole al contribuente se si prendesse a base il reddito complessivo: esempio: reddito dichiarato 100; reddito accertato 600; la met da determinare sar (600--100) =500: 2 =250; se si calcolasse la met su 600 si avrebbe una somma (300) apparentemente maggiore ma che risulter a vantaggio del contribuente quando si andr a detrarre l'imposta gi pagata in base alla dichiarazione. PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 815 Con tale statuizione la Corte del merito s1 e, peraltro, uniformata al principio affermato da questa Suprema Corte (Cass. 29 gennaio 1973, n. 271), secondo il quale in tema di irretroattivit delle leggi, la legge sopravvenuta deve essere comunque applicata quando il rapporto giuridico disciplinato, sebbene sorto anteriormente, non abbia ancora esaurito i suoi effetti, e purch la norma innovatrice non sia diretta a regolare il fatto o l'atto generatore del rapporto, ma gli effetti di esso. Questo principio deve ritenersi senza dubbio operante anche nella fattispecie, fn quanto l'art. 175 del T.U. del 1958 -limitandosi a regolare soltanto le modalit di riscossione dell'imposta, peraltro in via provvisoria e con salvezza dei diritti del contribuente sulla definitiva misura del tributo -non incideva sulla sostanza del rapporto tributario o sui presupposti della imposizione, ma ne disciplinava soltanto gli effetti, in s stessi considerati, in ordine alle modalit della riscossione provvisoria. Con i motivi secondo e quarto, che vanno esaminati congiuntamente perch riguardano la medesima questione, il Galletti eccepisce la illegittimit costituzionale dell'art. 175 del T.U. del 1958, in relazione agli articoli 3 e 53 della Costituzione, ed osserva che l'applicazione del sistema di riscossione introdotto dall'art. 175 (ora abrogato) con riferimento ad imposte dovute per periodi anteriori all'entrata in vigore Sin qui la motivazione della sentenza appare esatta, ma essa non pu essere pi seguita quando passa ad affermare che la liquidazione dell'imposta si deve fare soltanto sulla differenza anzich sommando questa differenza al reddito dichiarato e detraendo l'imposta gi pagata. Se cos fosse, nell'imposta progressiva, non si liquiderebbe il tributo sull'imponibile preso in considerazione, ma solo un acconto di esso, s che resterebbe sempre da liquidare in seguito un conguaglio. 1:!. invece evidente che la legge persegue lo scopo di operare una liquidazione integrale dell'imposta sull'imponibile da prendere in considerazione, con la conseguenza che nessuna ulteriore liquidazione dovr farsi ove quell'imponibile diventasse definitivo; ci risulta di tutta evidenza per la liquidazione dell'imposta sull'intero ammontare dell'imponibile determinato dalla commissione (art. 175 lett. e) del t.u. del 1958; art. 15 lett. e) del d.P.R. n: 602); se la decisione della Commissione (rispettivamente di secondo grado o cen Tale) diventer definitiva o non sar riformata, la liquidazione della imposta ':ritta provvisoriamente a ruolo diventer definitiva e nessun ulteriore con6aaglio sar dovuto. D'altra parte quando si procede a successive liquidazioni dell'imposta su un imponibile che, nello sviluppo del procedimento, va acquistando una crescente esecutivit, si detrae sempre l'imposta gi pagata non l'imponibile gi preso in considerazione per liquidare l'imposta; quando cio l'imposta iscrivibile a ruolo superiore a quella gi iscritta (o pagata per ritenuta) si iscrive a ruolo la differenza (art. 177 e 178 del t.u. del 1958) e nel procedere alla liquidazione prendendo a base un determinato imponibile si detrae l'imposta gi pagata e non mai l'imponibile sul quale stata operata una precedente liquidazione per applicare l'imposta solo sulla differenza. RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 816 di tale norma si risolve in una disparit di trattamento tra cittadini in pari condizioni tributarie e di capacit contributiva. Sostanzialmente il ricorrente osserva che l'applicazione o meno dell'art. 175 -rispetto ad imposte riferentesi ad anni precedenti dipende, per ciascun contribuente, non da elementi oggettivi predeterminati, ma dalla circostanza dell'avvenuto o non avvenuto esaurimento, alla data di entrata in vigore del T.U. del 1958, della procedura di iscrizione a ruolo. La eccezione di incostituzionalit manifestamente infondata. Il fenomeno segnalato dal ricorrente normale in ogni caso di successione di leggi, ed lmporta una semplice disparit di fatto tra situazioni gi esaurite, sulle quali la legge sopravvenuta non pu ovviamente incidere, e situazioni ancora aperte, in ordine alle quali -con i limiti precisati a proposito dell'esame del primo motivo -lo jus superveniens esplica la sua efficacia: La Corte Costituzionale, con le sentenze 23 dicembre 1963, n. 171, e 22 dicembre 1965, n. 85, ha affermato che in taluni casi l'applicazione della nuova legge (pur di far fronte a situazioni astrattamente eguali) Pertanto, tornando all'esempio numerico se il reddito dichiarato 100 e il reddito accertato 150, dopo aver calcolato la met del maggiore imponibile, che come si visto di 25, non si dovr liquidare l'imposta su 25, ma su (100+25) = 125 e quindi detrarre l'imposta gi pagata per iscrivere a ruolo la differenza, scontando cos man mano gli effetti della progressivit. Se poi con la decisione della Commissione di primo grado il reddito imponibile sar stato determinato in 130, si dovranno calcolare i due terzi della differenza (130-100) =30 e si avr 20, per noi liquidare l'imposta su (100+20) =120 e quindi procedere o alla iscrizione a ruolo dell'imposta ancora dovuta o al rimborso dell'imposta pagata in eccedenza. Solo cos concepibile il diritto del contribuente allo sgravio delle somme pagate in pi rispetto al debito di imposta (art. 178 del t.u. del 1958; art. 40 d.P.R. n. 602) e solo cos si pu giustificare l'obbligazione di interessi con riferimento alla data del versamento (art. 44 d.P.R. n. 602). Se l'imposta sul maggiore imponibile venisse liquidata solo sulla differenza, si iscriverebbe a ruolo soltanto un acconto o una serie di acconti, che non potrebbero dar titolo al rimborso e meno che mai al pagamento degli interessi. Riprendendo ancora l'esempio, se l'imponibile dichiarato 100 e quello accertato 150, e se solo sulla met della differenza (25) si liquida l'imposta, non s1 e ancora pagata per intero l'imposta (progressiva) dovuta su 125, s che se dopo la decisione di primo grado la differenza (2/3 di 30) si riduce a 20, non nasce ancora il diritto al rimborso. Cos procedendo si dovrebbe sempre arrivare alla definitivit dell'accertamento per procedere alla liquidazione integrale del tributo, anche nel caso che si sia eseguita l'iscrizione a ruolo provvisoria per l'intero ammontare del maggiore imponibile deciso. Ma non prevista affatto nel sistema una tale liquidazione di tanto ritardata, n una specie di ruolo nella quale la relativa imposta possa essere iscritta. Il principio seguito dalla legge che l'imposta viene liquidata sempre in via definitiva anche quando l'imponibile preso in considerazione non lo . PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA soltanto nei confronti di alcuni soggetti per i quali ricorrano determinate condizioni, e non anche di altri soggetti in diverse condizioni, costituisce una mera ed inevitabile disparit di fatto, cui rimane estranea la legge, e che non vulncra il principio di eguaglianza sancito dall'art. 3 della Costituzione, e tanto meno, quello della capacit contributiva sancito nell'art. 53 della Costituzione stessa. Non pu quindi dolersi il ricorrente che il sistema della iscrizione provvisoria nei ruoli, introdotto dall'art. 175 del T. U. del 1958, sia stato applicato nei -suoi confronti, essendo la relativa procedura ancora in corso alla data di entrata in vigore della nuova normativa, e che eguale applicazione sia invece rimasta preclusa per le situazioni gi esaurite sotto l'impero del precedente sistema. -(Omissis). SEZIONE SETTIMA GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE E APPALTI PUBBLICI CORTE BI CASSAZIONE, Sez. I, 9 luglio 1976, n. 2613 -Pres. Caporaso - Rel. Caturani -P. M. Serio (conf.) -Ministero dei lavori pubblici (avv. Stato Onufrio) c. s.a.s. Compagnia Generale Sarda di Vittorio Longo (avv. Pittalunga). Appalto Appalto di opere pubbliche -Riserve dell'appaltatore -Onere Carattere generale. (R.d. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 16, 36, S>J, 64 e 89). Appalto -Appalto di opere pubbliche -Lavori non contabilizzati -Richiesta di compenso da parte dell'appaltatore -Onere della tempestiva riserva. (R.d. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 36 e 54). Appalto Appalto di opere pubbliche -Contabilit provvisoria dei lavori Maggiori richieste dell'appaltatore -Onere della tempestiva riserva. (R.d. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 36 e 54; capitolato generale di appalto approvato con d.m. 28 maggio 1895, art. 36; capitolato generale di appalto approvato con d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, art. 26). Nell'esecuzione delle opere pubbliche l'onere della riserva che incombe sull'appaltatore ha carattere generale, al fine di realizzare, in armonia con le esigenze del bilancio pubblico, la continua evidenza delle spese dell'opera, in relazione alla corretta utilizzazione ed eventuale tempestiva integrazione dei mezzi finanziari all'uopo predisposti nonh alle altre possibili determinazioni dell'Amministrazione, le quali possono risiedere tra l'altro nella possibilit di risoluzione unilaterale del contratto (1). Quando la contabilit dei lavori escluda, per assenza, una diversa o maggiore contabilit del lavoro eseguito nel periodo di tempo cui essa si riferisca, l'appaltatore non pu essere esonerato dal presentare la riserva (2). (1) Giurisprudenza consolidata. Cfr., da ultimo: Cass., 15 aprile 1976, n. 1337, retro, I, 624; 5 gennaio 1976, n. 8, retro, I, 124. Amplius, cfr.: Rei. Avv. Stato, 1971-1975, Ili, pag. 287 e seguenti. (2) Sulla rilevanza dell'onere della tempestiva riserva anche per il compenso chiesto per lavori eseguiti e non contabilizzati cfr.: Cass., 5 maggio 1972, n. 1355, in questa Rassegna, 1972, I, 508; 29 dicembre 1969, n. 4046, ivi, I r 1970, I, 1177. PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 819 L'appaltatore di opere pubbliche ha l'onere della tempestiva proposizione della riserva, a pena di decadenza, anche nel caso di contabiliz' v,zione provvisoria dei lavori, dovendosi tale onere escludere soltanto nel >o di contabilit informe ed irricostruibile (come in semplici appunti, "Ogliacci) (3). V:issis). -Col primo motivo del ricorso il Ministero dei Lavori deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 30 e se~uenti \lato generale sulle Opere Pubbliche 28 maggio 1895 (art. 26 \capitolato 16 luglio 1962, n. 1063), degli artt. 36 e seguenti, \~ del regolamento sulle Opere Pubbliche 25 maggio 1895, ''one all'art. 360, n. 3 cod. proc. civ., vizio logico di motiva\~ o che la Corte di Roma, dopo di aver accertato in fatto ...si sarebbe trattato di registrazioni provvisorie e non \}nforme e irricostruibile, per la quale ha ricordato \~iurisprudenza l'onere dell'immediata riserva, ha poi \:he la provvisoriet delle risultanze contabili avreb'' onere della tempestiva riserva, in contrasto con ~ta Suprema Corte (Cass. 5 maggio 1972, n. 1355). \stesso motivo la sentenza impugnata per vizio traddittoriet, avendo tratto da una premessa \>er le registrazioni provvisorie) una conclu( esclusione dell'onere della riserva per un \forme ma provvisoria), sia per vizio lo\ p nel(a specie si sarebbe trattato di \iale, come sostenuto dal Ministero. ,'<> si censura la sentenza denunciata \zione e falsa applicazione dell'art. 2 \>ere Pubbliche 28 maggio 1895 cor~ nte 16 luglio 1962, n. 1063), del \ artt. 1362 e seguenti sulla inter \:Ila prova, in relazione all'arti\ Corte di merito si sarebbe tecnico di ufficio, il quale 'li di una sorpresa geolosul piano tecnico; b) per vio .~ 1975, n. 1458, in questa Rassegna, 1975, I, 447; ,,,, 1974, I, 259; 5 maggio 1972, n. 1355, ivi, 1972, I, 508. .:fUestioni discusse tra le parti (equo compenso ex art. 1664, ...., deL codice civile e decorrenza degli interessi sulle somme ..: all'appaltatore), che sono rimaste assorbite nell'accoglimento del motivo di ricorso, cfr.: Rel. Avv. Stato, 1971-1975, III, rispettivamente pag. 246 e segg. e 296, ed a pag. 266 e segg. 820 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO lazione degli artt. 132, n. 4 e 118 disp. att. al cod. proc. civ., in relazione all'art. 360, n. 5, omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa punti decisivi della controversia, per avere la Corte romana liquidato l'equo compenso nell'intera somma richiesta dall'impresa che aveva pur chiesto di provare ci che si ritenuto inutile provare. Col terzo ed ultimo motivo del ricorso il Ministero dei Lavori Pubblici deduce la violazione dell'art. 40, ultimo comma, del capitolato generale ~er le Opere Pubbliche 25 maggio 1895 (corrispondente all'art. 36 del capitolato vigente) in relazione all'art. 360, n. 3, cod. proc. civ., mancanza assoluta di motivazione per avere la Corte di merito liquidato gli interessi legali con decorrenza dalla data della domanda (3 giugno 1966) invece che con decorrenza dalla fine del secondo mese successivo alla data di registrazione da parte della Corte dei Conti del decreto emesso in esecuzione della sentenza di condanna, sulle orme della giurisprudenza della Suprema Corte la quale ha affermat.o il principio secondo cui nella nozione di somme contestate rispetto alle quali gli interessi cominciano a decorrere dopo il bimestre indicato nel capitolato generale per le Opere Pubbliche, debbono comprendersi anche le somme richieste a titolo di risarcimento dei danni per inadempienze contrattuali della P.A. e perci a maggior ragione quelle liquidate a titolo di equo compenso. Il primo motivo del ricorso fondato. L'indirizzo seguito dalla giurisprudenza di questa Corte Suprema (Cass. 26 marzo 1975, n. 1148; 12 marzo 1973, n. 677; S. U. 20 luglio 1972, n. 1960) nel senso che nella esecuzione delle opere pubbliche l'onere delle riserve che incombe sull'appaltatore ha carattere generale, al fine di realizzare, in armonia con le esigenze del bilancio pubblico, la continua evidenza delle spese dell'opera, in relazione alla corretta utilizzazione ed eventuale tempestiva integrazione dei mezzi finanziari all'uopo predisposti nonch alle altre possibili determinazioni dell'Amministrazione, le quali possono risiedere tra l'altro nella potest di risoluzione unilaterale del contratto di appalto (art. 345 della legge sui Lavori Pubblici 20 marzo 1865, n. 2248, All. F). A parte le deroghe al principio della generalit e della tempestivit delle riserve in casi eccezionali (pei fatti estranei all'oggetto dell'appalto, per comportamenti dolosi o gravemente colposi della P. A. nell'eseguire adempimenti amministrativi, e pei fatti c. d. continuativi: Cass. 12 marzo 1973, n. 677) che non interessano nella eonomia della motivazione, questa Corte Suprema ha gi avuto occasione' di affermare il principio secondo cui nei contratti d'appalto con la P. A., l'obbligo della presentazione tempestiva delle riserve viene meno in caso di contabilit informe e irricostruibile oppure se la materia controversa non contenuta, neppure per implicazione, nella scrittura contabile, onde ove la contabilit escluda, per assenza, una diversa o maggiore contabilit del lavoro eseguito nel periodo di tempo cui essa si riferisce, l'appalta PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 821 tore non pu essere esonerato dal presentare la riserva (Cass. 5 maggio 1972, n. 1355). Egli inoltre ha l'onere della tempestiva proposizione della riserva a pena di decadenza, anche nel caso di contabilizzazione provvisoria dei lavori dovendosi tale onere escludere solo nel caso di contabilit informe e irricostruibile (come in semplici appunti e brogliacci) (Cass. 10 gennaio 1974, n. 78; 5 maggio 1972, n. 1355). La Corte di merito, nel disattendere l'appello incidentale del Ministero dei Lavori Pubblici -con cui si eccepiva la decadenza dell'appaltatore dal far valere le sue pretese di maggiori oneri, per non essere state le riserve iscritte nel registro di contabilit per le singole poste riguardanti i quantitativi di pietrame e di sabbia, ma formulate soltanto nell'ultima registrazione che indicava la quantit complessiva -dopo di aver rilevato il carattere provvisorio delle registrazioni riflettenti i quantitativi di pietrame e di sabbia, indicati dall'Amministrazione in cifra tonda, e la non confondibilit di tale contabilit provvisoria con una contabilit informe e irricostruibile per la quale esclusa dalla giurisprudenza l'onere della immediata riserva, ha esteso anche ad una fattispecie riconosciuta come di contabilit provvisoria la esenzione dall'onere della riserva da parte dell'appaltatore. Cos motivando tuttavia la Corte romana non solo si discostata dalla giurisprudenza del S. C. che estende l'onere della riserva anche alle registrazioni provvisorie, ma non ha considerato che la semplice incertezza in cui pu incorrere l'impresa circa l'accoglimento o meno delle sue pretese di fronte ad una registrazione contabile provvisoria non esclude, ma anzi presuppone che l'appaltatore, ove ritenga che le spese a carico dell'amministrazione appaltante siano pi onerose rispetto a quelle previste al momento della stipula del contratto di appalto per' eventi sopravvenuti ha l'onere di proporre immediatamente le sue riserve rispetto alle registrazioni operate dalla P. A., in quanto la provvisoriet della iscrizione contabile non esclude, ma rende possibile l'evento che essa sia confermata in sede di conteggio definitivo e consente pertanto all'appaltatore di contrapporre subito la maggiore spesa dovuta dall'Amministrazione a quella, sia pure in via provvisoria, menzionata nel registro. E cme questa Corte Suprema ha gi avuto occasione di sottolineare (Cass. 10 gennaio 1974, n. 78) la provvisoriet della contabilizzazione procrastiner l'onere della proposizione della riserva, solo quando -a causa di tale provvisoriet -non sia consentita l'individuazione di un maggior aggravio, della spesa che l'Amministrazione chiamata a sopportare. E poich nella specie una tale evenienza fuori discussione, devesi affermare il principio che di fronte ad una contabilizzazione provvisoria l'appaltatore non pu sottrarsi all'onere delle riserve, rimandando il suo adempimento al conteggio finale, a pena di decadenza dal far valere le sue pretese di maggiori oneri, non appena dalle scritture contabili risultino dati di qualsiasi specie idonei a dargli RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO la consapevolezza della loro incompatibilit con le pretese che egli intende far valere; l'esigenza di dare all'Amministrazione il potere di un riscontro continuo dei lavori e della incidenza della relativa spesa sul costo totale dell'opera non pu consentire che di fronte ad una registrazione sia pure provvisoria, la quale sia in contrasto con le pretese che l'appaltatore intende far valere, costui possa rimandare la registrazione delle sue riserve, facendo in tal modo venir meno la stessa ratio che alla base del procedimento formale e vincolato all'uopo previsto dalla legge, svolgentesi in una serie di registrazioni e certificazioni alla cui formazione chiamato di volta in volta a partecipare, con l'onere specifico di contestare immediatamente le circostanze che riguardano le sue prestazioni e che siano suscettibili di produrre un incremento della spesa prevista (Cass. 12 marzo 1973, n. 677). La difesa della resistente ha sostenuto la tempestivit delle riserve dell'appaltatore nel conteggio finale sotto un duplice profilo: 1) in quanto i giudici di merito avrebbero posto in rilievo che la prima annotazione in contabilit in base alla quale era stata possibile per l'impresa avanzare la riserva era stata quella del 14 luglio 1962 e che nel termine di legge da tale data era stata scritta la riserva; 2) le sentenze di primo e di secondo grado avrebbero accertato la tenuta irregolare della contabilit da parte della P. A. giacch le annotazioni non corrispondevano agli accertamenti giornalieri. Senonch tali rilievi urtano con quanto ritenuto dalla sentenza impugnata (la sola che viene in esame in questa sede di legittimit) la quale da un canto ha attribuito al carattere provvisorio delle registrazioni operate dalla P. A. la impossibilit per l'appaltatore di stabilire se gli era stato accreditato tutto il compenso che riteneva essergli dovuto e per tale ragione ha escluso che fosse soggetto all'onere della riserva immediata, in cntrasto -come si premesso -con la giurisprudenza di questa Corte Suprema, dall'altra ha escluso che nella fattispecie ricorresse una ipotesi di contabilit informe e irricostruibile, per la quale soltanto questo S. C. esclude l'onere delle riserve. In conclusione, la Corte di merito, di fronte al carattere provvisorio della registrazione circa l'ammontare dei quantitativi di pietrame e sabbia, ha ritenuto di esonerare la Compagnia Generale Sarda dall'onere dell'immediata riserva, incorrendo in tal modo nella violazione di legge (art. 30 del Capitolato generale 28 maggio 1895 corrispondente all'art. 26 dell'attuale capitolato 16 luglio 1962, n. 1063, in relazione all'art. 360, n. 3 c.p.c.). L'accoglimento del primo motivo del ricorso comporta l'assorbimento degli altri due con i quali si denuncia rispettivamente la insussistenza in concreto della sorpresa geologica e la liquidazione dell'equo compenso (art. 1664 cod. civ.) nonch la decorrenza degli interessi legali, PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 823 con la conseguente cassazione della sentenza denunziata e rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte di Appello di Roma, la quale, nella definizione della controversia si atterr al principio di diritto dianzi denunciato e provveder altres alle spese di questa fase di Cassazio ne. -(Omissis). TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 2 aprile 1976, n. 7 -Pres. Rosso - Rel. Gran1:1ta -Zuppa (avv. Gallo) c. Cassa per il Mezzogiorno (avv. Stato Albisinni). Acque pubbliche ed elettricit -Giudizio e procedimento -Appello -Termine Decorrenza. (T.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, artt. 183, comma quarto, e 189, comma primo). Acque pubbliche ed elettricit -Giudizio e procedimento -Appello Di , sciplina dei termini -Questione di legittimit costituzionale -Viola zione del principio di eguaglianza e del diritto alla difesa -Manifesta infondatezza. (T.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, artt. 183, comma quarto, e 189, comma primo; Cost., artt. 3, comma primo e 24, comma secondo). Notificatosi dal cancelliere il dispositivo della sentenza del tribunale regionale delle acque, il termine per l'appello al tribunale superiore decorre dalla data della notifica (1). manifestamente infondata la questione di legittimit costituzionale dell'art. 189, primo comma, T. U. 11 dicembre 1933, n. 1775 per contrasto con gli artt. 3, primo comma, e 24, primo e secondo comma, Cast. La decorrenza del termine per l'appello dalla notifica del dispositivo della sen (1) Gli artt. 189, comma primo, t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775 -per quanto ha riguardo all'appello avverso le sentenze definitive dei tribunali delle acque pubbliche -e 202, comma quarto -per il ricorso alle sezioni unite della Corte di cassazione avverso le sentenze del tribunale superiore delle acque, pronunziate in grado di appello (art. 200) o in sede di giurisdizione ammini strativa (art. 201) -fanno decorrere il termine per l'impugnazione dalla notifica della copia integrale del dispositivo della sentenza eseguita a cura del cancelliere nelle forme stabilite per la notifica degli atti di citazione (art. 183, comma quarto): con riguardo all'appello, cfr. trib. sup. acque, 29 febbraio 1956, n. 3 in Acque bonif. costr., 1956, 267; al ricorso per cassazione, Cass., Sez. Un., 21 febbraio 1976, n. 576, in questa Rassegna, 1976, I. In un caso di ricorso per cassazione, si posta la questione se la no tifica del dispositivo, che previsto debba farsi alle parti sia valida ove eseguita al procuratore o avvocato legalmente costituito; questione risolta in senso affermativo in base al testuale disposto dell'art. 154, comma secondo, del t. u. del 1933, secondo il quale la parola parte indica anche i procu 13 824 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO ST.41'0 tenza a cura della cancelleria, anzich da quella della copia della sentenza su richiesta della parte, da un lato giustificata da un'esigenza di pi sollecita definizione dei giudizi di cui ragionevole fondamento la natura del bene e dell'interesse pubblico coinvolti nelle controversie sottoposte al rito speciale avanti ai tribunali delle acque, dall'altro concede uno spazio di tempo tuttavia sufficiente all'esercizio del diritto di impugnazione, onde non pu ritenersi che ne risultino compressi lo scopo o la funzione o ne sia sacrificato o reso estremamente difficoltoso l'esercizio (2). (Omissis). -Diritto. -Il ricorso in appello della Zuppa inammissibile, perch proposto oltre la scadenza del termine di legge. In punto di fatto, la tardivit del ricorso con riferimento, come dies a quo di decorrenza del termine, alla ( data di) notificazione del dispositivo della sentenza impugnata fuori questione. Tuttavia, la ricorrente tenta di sottrarsi alla ineluttabile conseguenza della dichiarazione di inammissibilit, denunziando la illegittimit costituzionale della disposizione dettata dall'art. 189 primo comma, T. U. 11 dicembre 1933 n. 1775, che, facendo appunto decorrere il termine per appellare la sentenza nei Tribunali regionali delle acque pubbliche non dalla notificazione in forma integrale della sentenza a richiesta di parte, bens dalla notificazione del suo solo dispositivo a cura della cancelleria, violerebbe manifestamente i precetti costituzionali di cui agli artt. 3, primo comma e 24 primo e secondo comma, della Costituzione. La prima disposizione costituzionale, ad avviso della ricorrente, sarebbe violata per ratori o avvocati legalmente costituiti: Cass., Sez. Un., 6 aprile 1962,, n. 730 in Giust. civ., 1962, I, 1256; Cass., Sez. Un., 17 febbraio 1964, n. 350, in Foro it. 1964, I, 1297. Nei procedimenti in contumacia, la notificazione fatta mediante inserzione nella Gazzetta Ufficiale (art. 183, comma 6). Nell'applicazione di questa norma si discusso della am.iissibilit dell'impugnazione proposta oltre il termine, con riguardo ad un caso in cui non s'erano osservate le norme per la dichiarazione di contumacia (art. 176, comma quarto) e ad un altro in cui il convenuto era stato erroneamente ritenuto contumace. Nel secondo caso si ritenuto che, mancata la notificazione alla parte nelle forme previste dall'art. 183, tomma quarto, il termine per l'impugnazione vada desunto dall'art. 327 c.p.c. (Trib. sup. acque, 11 ottobre 1972, n. 36, Cons. Stato, 1972, II, 1157 e Giust. civ., 1972, I, 1864), nel primo che l'impugnazione possa essere proposta anche oltre questo termine (in applicazione dell'art. 327, comma secondo, c.p.c.) quante volte il convenuto non comparso sia rimasto assente perch non citato in persona propria ancorch la motivazione della sentenza non lasci comprendere se la notificazione del ricorso fosse per altro verso nulla o da qualificare come tale per non essere stata fatta in persona propria (Trib. sup. acque, 8 ottobre 1969, n. 24, in Foro amm., 1970, I, 1, 34 e Giust. civ., 1969, ,I, 1949). L'applicazione dell'art. 327 c.p.c. poi stata ritenuta possibile in linea generale quante volte la notificazione prevista dall'art. 183 non sia stata PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 825 ch, per effetto del citato art. 189..., viene reso praticamente inoperante il termine annuale per l'impugnazione ex art. 327 cod. proc. civ. (salvo il caso meramente accidentale di omissione della notificazione da parte della Cancelleria), determinandosi cos una assolutamente ingiustificata ed irrazionale situazione di diseguaglianza rispetto all'ordinario sistema delle impugnazioni . Sarebbe pure violata, poi, la seconda disposizione perch la norma in questione costringe la parte soccombente sia a dover decidere, entro uno spazio di tempo assai pi ridotto che non nel giu dizio civile ordinario, sulla opportunit o meno dell'appello ed a predi sporre i motivi a suo sostegno, sia a dover sopportare, entro un termine assai pi ridotto, tutti gli oneri patrimoniali rimanendo in tal modo... inutilmente compressi o resi assai pi gravosi i diritti di difesa . Sotto entrambi i profili prospettati, peraltro, la questione mani festamente infondata. Il titolo IV del T. U. del 1933, n. 1775 detta una serie di disposizioni volte a regolare in modo speciale e con un complesso organico di norme il procedimento in materia di controversie sulle acque pubbliche davanti ai tribunali regionali ed al tribunale superiore (Cass. Sez. un. 2 febbraio 1973, n. 311). In questo peculiare ed organico sistema si inse riscono l'art. 183, quarto comma, che commette alla cancelleria la noti ficazione delle sentenze alle parti, da effettuarsi mediante consegna di copia integrale del dispositivo nella forma stabilita per la notifica degli eseguita o sia affetta da nullit o sia infine avvenuta tardivamente (Cass., Sez. Un., 15 marzo 1956, n. 761, Acque bonif. costr., 1956, 471; sul punto, cfr., altres, Cass., Sez. Un., 25 febbraio 1948, n. 295, Foro it., 1949, I, 46; Trib. sup. acque, 30 dicembre 1952, Foro it., 1953, I, 239). In argomento vanno ancora segnalate Trib. sup. acque, 31 ottobre 1970, n. 42 in Temi, 1971, 493 con nota di SALOTTI, Termine per appellare al Tribunale superiore delle acque pubbliche e rinvii alle norme del codice di procedura civile, e Trib. sup. acque, 13 febbraio 1971, n. 2 in Cons. Stato, 1971, II, 175, che hanno ritenuto decorrere il termine dalla notifica della copia integrale della sentenza su istanza di parte, se questa intervenga prima di quella del dispositivo a cura del cancelliere (nella specie ritardata oltre il termine di cinque giorni successivo alla restituzione degli atti da parte dell'ufficio del registro, previsto dall'art. 183, comma quarto). L'ultima delle decisioni richiamate in motivazione, Cass., Sez. Un., 2 febbraio 1973, n. 311 pu leggersi in Giust. civ., 1973, I, 560 con nota di SGROI V., Sistema processuale in materia di acque pubbliche e rinvio alle norme del codice di procedura civile. (2) Non constano precedenti in termini. suna questione della congruit dei termini per l'impugnazione, avuto riguardo alla loro decorrenza e durata, cfr., Corte cost., 22 novembre 1962, n. 93, Giur. cast., 1962, 1371; Corte cost., 22 giugno 1963, n. 107, Giur. cast., 1973, 836; Corte cost., 1 febbraio 1964, n. 2, Giur. cast., 1964, 16; Corte cost., 15 dicembre 1967, n. 139, Giur. cast., 1967, 1653; Corte cost. 22 dicembre 1969, n. 159, Giur. cast., 1969, 2388; Corte cost., 4 marzo 1970, n. 34, Giur. cast., 1970, 450; 826 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO atti di citazione, e l'art. 189, primo comma, che, al pari di quanto dispone il successivo art. 202, ultimo comma, per il ricorso per cassazione, fa decorrere il termine per appellare dalla notificazione del dispositivo ai sensi dell'art. 183 . Ora, il dubbio, che nell'ambito del particolare sistema processuale configurato dal T. U. sulle acque pubbliche la sostituzione, quanto alla notifica della sentenza, dell'impulso di ufficio a quello di parte, operante invece nel sistema processuale comune vigente sia oggi (art. 326 cod. proc. civ. del 1942), che al momento dell'emanazione del T. U. citato (art. 467, cod. proc. civ. del 1865; pure artt. 476 e 548 e stesso codice), possa violare il principio di eguaglianza sancito dall'art. 3 della Carta costituzionale, si appalesa privo di ogni fondatezza, sol che si rifletta, come, anche nell'aspetto specifico qui considerato, la specialit del rito nasce, nella rappresentazione del legislatore, dalla specialit del bene economico coinvolto nelle controversie assoggettate a quel rito ed implicante indefettibilmente, proprio per la sua natura, un particolare tipo di interesse pubblico, la cui presenza, a p~opria volta, spiega con sufficiente ragionevolezza la posizione di una norma volta ad assicurare, attraverso la provocazione ex officio della decorrenza del termine c. d. breve per impugnare, una pi sollecita definizione di siffatti giudizi. Sicch, la circostanza che, secondo il normale funzionamento del sistema normativo approntato per questi processi, la operativit del c.d. termine lungo di decadenza (previsto all'art. 327 cod. proc. civ. attuale, ritenuto applicabile -Cass. 15 marzo 1956, n. 761; Trib. sup. acque pubbl. 11 ot- Corte cost., 19 giugno 1973, n. 85, Giur. cost., 1973, 901; Corte cost., 12 novembre 1974, n. 255, Giur. cost., 1974, 2865. La decorrenza del termine per l'impugnazione, dalla notifica del dispositivo anzich da quella della copia della sentenza, prevista dall'art. 189 del t.u. del 1933, d luogo ad un sistema di non infrequente applicazione: esso ad es. previsto dall'art. 38 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636 sulla revisione della disciplina del contenzioso tributario; altra figura di termine decorrente dalla data della notificazione del dispositivo risulta dalla dichiarata incostituzionalit degli artt. 183, primo e ultimo comma, e 131, commi primo e terzo, c. fall., in materia di appello e ricorso per cassazione contro le sentenze che omologano o respingono il concordato fallimentare e preventivo, in quanto per le parti costituite facevano decorrere il termine dall'affissione della sentenza anzich dalla data di ricezione della comunicazione. La Corte (sent. 12 novembre 1974, n. 255, cit.) ha osservato che a prescindere dal problema di ordine concettuale, se la comunicazione possa corret tamente considerarsi, come spesso si ritiene, una forma abbreviata di noti ficazione, e sebbene, conoscendo essa il solo dispositivo, ne derivi a carico degli interessati l'onere di prendere visione integrale della sentenza, pu concludersi, dunque, che, nel sistema della legge fallimentare, la illegittimit costituzionale della norma denunciata per contrasto su l'art. 24 Cost. si accentra nella decorrenza del termine dalla data (incerta e mal nota) dell'affissione, anzich da quella della ricevuta comunicazione a cura della cancelleria >>. PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI tobre 1972, n. 36; Trib. sup. acque pubbl. 30 dicembre 1952 -anche davanti al giudice speciale delle acque, pur se ignoto sia al T. U. del 1933, n. 1775, che al cod. proc. civ. del 1865 vigente all'epoca della sua emanazione) si presenti come evenienza affatto eccezionale, non pu assolutamente porre un problema di violazione del principio di parit di trattamento rispetto ai giudizi regolati dal rito ordinario, posta la diversit delle due situazioni processuali raffrontate, delle quali la prima soltanto caratterizzata ontologicamente dalla presenza di quel certo tipo di pubblico interesse. D'altro canto, gli innegabili svantaggi, che nei giudizi davanti ai Tribunali delle acque alla parte soccombente derivano, a confronto dei processi ordinari, dall'adozione della particolare disciplina circa la decorrenza del termine per impugnare, non sono tali da giustificare un dubbio non manifestamente infondato di violazione dell'art. 24 Cost., posto che lo spatium temporis concesso appare, apprezzato in s stesso, comunque sufficiente per escludere che, pur con i maggiori oneri di attivit ricadenti sulla parte interessata alla impugnazione, possano dirsi compromessi lo scopo e la funzione del diritto costituzionalmente garantito da quella disposizione, o che di esso resti vanificato o reso estremamente difficoltoso l'esercizio, e quindi per escludere con asso Iuta evidenza e certezza, alla stregua dei criteri fissati in materia dalla Corte costituzionale, la ipotizzabilit della denunziata violazione dell'articolo 24 citato. N la incostituzionalit pu prospettarsi in via di raffronto con la diversa disciplina del processo comune, in tal guisa tornandosi a proporre il profilo correlato al principio di eguaglianza, della cui manifesta infondatezza si gi discorso. Con la conseguenza che, ferma l'operativit dell'art. 189 primo com ma, T. U. del 1933, n. 1775 nella parte in cui fa decorrere il termine per appellare dalla notifica, a cura della cancelleria, del dispositivo della sentenza impugnata, l'appello della Zuppa va dichiarato tardivo e quindi inammissibile, con la condanna dell'appellante stessa alle spese anche di questo grado, liquidate come in dispositivo. -(Omissis). SEZIONE OTTAVA GIURISPRUDENZA PENALE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. VI, 5 marzo 1975, n. 494 -Pres. Perfetti - Rel. Del Pozzo -P. M. Scotti (conf.) -Rie. Migarini ed altro. Comunit Economica Europea -Produzione, commercio e consumo -In genere -Prodotti alimentari (singoli prodotti) -Latte -Regolamento C.E.E. -Efficacia abrogativa legge 29 novembre 1965, n. 1330 -Esclusione. (Reg. e.E.E. 29 giugno 1971, n. 1411; I. 29 novembre 1965, n. 1330). Contrabbando Contrabbando per quantitativo non accertato Continuazione nel reato i\pplicabilit. (art. 294 d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43). (c.p. art. 81). Essendo rivolto il regolamento C.E.E. n. 1411/71 del 29 giugno 1971 ad assicurare che il latte scremato ed il latte scremato in polvere ai quali sono concessi aiuti siano effettivamente utilizzati per l'alimentazione degli animali in armonia con la legge 29 novembre 1965, n. 1330, che disciplina tale materia e che quindi conserva pienamente vigore (1). La fattispecie prevista dall'art. 294 del d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43 non prevede la graduazione della pena in modo proporzionale alla quan (1-2) La prima massima corrisponde ad una corretta interpretazione delle norme esaminate. La seconda massima applicazione esatta della norma dell'art. 294 della legge doganale che, in questa figura autonoma di noto esclude esplicitamente la pena proporzionale. Come noto, anche recentemente la Cassazione ha affermato: La disciplina del reato continuato non applicabile ai reati puniti con pena pecuniaria proporzionale. Pertanto, allorch in sede di rettificazione della sentenza ex art. 538, ultimo comma, cod. proc. pen., dei vari reati (tutti astrattamente inquadrabili nella continuazione) alcuni sono puniti con pene pecuniarie, proporzionali ed altri con pene pecuniarie fisse, la Corte di Cassazione, in applicazione del nuovo testo dell'art. 81 cod. pen., pu ritenere la continuazione e determinare la pena unica conseguenziale soltanto in ordine ai secondi; mentre per i primi dovr conformare le singole situazioni emesse dal codice di merito. Ci in quanto all'applicazione della continuazione di reati puniti con pena proporzionale di ostacolo it particolare sistema sanzionatorio, il quale verrebbe eluso se la pena venisse fissata secondo i criteri dell'art. 81 cod. pen. giacch verrebbe meno la proporzionalit della sanzione in rapporto all'illecito che il legislatore ha ritenuto -per ragioni di politica criminale legata alla particolare tutela accordata al lavoro subor PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALI'! 829 tit dell'oggetto del reato ed pertanto ad essa applicabile la 'disciplina del reato continuato (2). I ricorrenti di cui in epigrafe venivano tratti al giudizio del Tribunale di Perugia, per rispondervi, oltre che di violazioni alla 1. 29 novembre 1965, n. 1330 (dichiarate estinte per amnistia) del delitto di cui all'art. 102 I. 25 settembre 1940, n. 1424 per avere dato una destinazione diversa a quintali 2072,0568 di latte magro in polvere importato dall'estero per uso dell'industria degli alimenti per il bestiame, vendendo il Mignini detto latte ad un'industria per la fabbricazione degli alimenti destinati all'uomo, ed acquistandoli il Colussi, destinandoli alla preparazione di prodotti per uso alimentare umano. Con sentenza del 3 dicembre 1973 il Tribunale dichiarava l'imputati colpevoli del ricordato reato, e tenuto conto per entrambi della ;recidiva reittrata (esclusa la specificit) condannava entrambi alla pena di lire 2.250.000 di multa. Proponevano appello gl'imputati, le cui difese deducevano a motivo di gravame: nullit dell'istruttoria sommaria e dell'intero consequenziale giudizio (nullit gi dedotta nel 'dibattimento di primo grado e disconosciuta dal primo giudice) per il compimento di atti di perquisizione domiciliare e di sequestro, senza partecipazione dei difensori, e precedenti l'avviso di procedimento; erronea mancata assoluzione quanto meno per insufficienza di prove; erronea applicazione della pena in misura eccessiva. Con sentenza del 23 aprile 1974 la Corte d'appello di Perugia, reietti tutti i motivi di gravame, confer:rpava l'impugnata decisione. Proponevano ricorso per cassazione gl'imputati, la cui difesa presentava poi in termini i seguenti motivi di gravame: Mignini Mario: q.) violazione di legge in rel. agli art. 185 n. 3, 401, 304 bis, ter e quater, 367 c.p.p.; la mancata partecipazione ai difensori e il mancato deposito prima dell'interrogatorio degli atti di cui si detto, costituirebbero nullit insanabile, e non sanata come stato ritenuto dal giudice di appello; b) l'aumento di pena per effetto della continuazione non poteva essere disposto, per effetto dell'art. 294 del d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43. Colussi Giacomo: a) come per l'imputato precedente, sub a); b) per effetto del Regolamento C.E.E. n. 990 del 1972 deve intendersi caducato l'art. 1 della 1. n. 1330/1965; c) nel merito, si deduce che latte per uso umano e per uso animale non si differenziano, e il ricorrente era soggettivamente ignaro dell'originaria destinazione ad uso diverso dall'alimentazione umana; d) comundinato -meritevole di un trattamento penale diverso da quello normale. '. appunto questa specialit del sistema sanzionatorio che rende inapplicabile ai reati puniti con pena proporzionale il regime proprio della continuazione (v. Cass. 8 agosto 1974, n. 1377 in Massimario delle decisioni penali, 1975, p. 527, n. 130.138). 830 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO que, il ricorrente ignorava l'origine estera del latte; e) come per l'imputato precedente, sub b). I ricorsi, infondati, vanno r~ietti. Deve preliminarmente esaminarsi il motivo di carattere processuale, dedotto del resto per primo da entrambi i ricorrenti. Esso non pu trovare accoglimento; non tanto per la ragione, severamente criticata dai ricorrenti, e posta a principale fondamento della decisione negativa del giudice di appello, che trattisi nel caso di nullit sanabile; ma per la ben pi risolutiva ragione che di nullit processuale non pu discorrersi, essendosi essa verificata in una fase pre-processuale, nella quale la polizia tributaria indagava su altri e diversi fatti, prima quindi che sorgesse nei confronti dei ricorrenti lo stesso sospetto di reato, in ordine ai fatti di cui si occupa il presente procedimento. In tale situazione non era neppure pensabile un adempimento in relazione agli artt. 304 bis, ter e quater, non solo non essendo ancora individuati gli ipotetici autori di reato, ma neppure essendo ipotizzato reato alcuno. Possono poi essere esaminati i motivi del Colussi comunicabili al Mignini. Si sostiene, quanto all'imputazione ex legge 29 novembre 1965, n. 1330 (reati dichiarati estinti per amnistia) che il proscioglimento dovrebbe seguire con ampia formula, la fattispecie avendo cessato di costituire reato per effetto del Regolamento C.E.E. n. 990/72. L'obbiezione del giudice di appello (che l'art. 152 c.p.p. non potrebbe riguardare il caso) giustamente criticata dal ricorrente Colussi; ma la decisione in concreto della Corte di Perugia tuttavia esatta, sotto altro e ben pi pregnante e risolutivo punto di vista. Ritiene per vero questo S.C., conformemente alla propria giurisprudenza in tema di regolamenti C.E.E. nel settore del latte e pi particolarmente in tema di armonizzazione fra il regolamento C.E.E. n. 1411/71 del 29 giugno 1971 e legislazione interna, che i regolamenti C.E.E. siano armonizzabili con talune disposizioni dell'ordinamento interno, e particolarmente con tutte quelle che sono rivolte alla tutela della salute pubblica e pi in generale del consumatore. Procedendo all'esame particolareggiato del regolamento n. 990/72, si rileva, alla lettura alla parte introduttiva, essenziale per l'interpretazione della norma, che il terzo considerando chiarisce come il regolamento di cui trattasi non solo non contrasta e non si oppone alla ratio iuris ed alla lettera della I. 29 novembre 1965, n. 1330, ma anzi vi collima esattamente ed espressamente, essendo rivolto, il regolamento medesimo, proprio come la 1. n. 1330, ad assicurare che il latte scremato ed il latte scremato in polvere ai quali sono concessi aiuti siano effettivamente utilizzati per l'alimentazione degli animali. E che questa sia la ragione basilare del regolamento citato, si desume proprio dalla normativa comunitaria, e precisamente dall'art. 1 n. 1 e dall'art. 2 del regolamento 990, che per assicurare che il latte ad uso di alimentazione animale sia riservato all'uso stesso, dispone l'obbligo della denaturazione, PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE con aggiunta di farina di erba medica o di farina di erba; il che ovviamente esclude la possibilit di frodi rivolte a stornare l'uso del latte in parola verso l'alimentazione umana: e lo stesso art. 8 citato dal ricorrente collima esattamente con siffatta conclusione, disponendo al n. 3 lett. g) l'obbligo d'indicazioni atte ad assicurare l'esclusivit dell'uso d'alimentazione animale. Che poi al regolamento C.E.E. n. 990/72 non possa essere attribuita funzione abrogativa delle norme interne rivolte alla tutela del consumatore e della salute pubblica, si ricava indiretta mente -ancora -dal fatto che l'Italia, successivamente alla data di entrata in vigore del regolamento ricordato, ha emanato in materia, la I. 11 aprile 1974, n. 138, perfettamente allineata con lo spirito della precedente normativa interna. E pertanto il motivo di ricorso ricordato non ha pregio. Passando ad esaminare i motivi esclusivamente personali del ricorrente Colussi, deve osservarsi com'essi, rifacendosi alla tesi non accolta n in primo n in secondo grado dai giudici di merito, dell'ignoranza da parte di quell'imputato della provenienza estera del latte di cui causa, nonch dell'originaria destinazione a mangime animale, deducendo in questa sede di mera legittimit censure di mero ed esclusivo fatto che non sono, per tal ragione appunto, ammissibili quali mezzi di ricorso. Ci, in quanto la motivazione della sentenza gravata appare, sul punto, chiara, completa e persuasiva, ed in tutto aderente a sicure, ed in gran parte obbiettive e documentali risultanze. Resta da esaminare l'ultimo comune motivo di gravame, dedotto vuoi dal Mignini, vuoi dal Colussi, ed attinente alla contestata misura della pena. Secondo i ricorrenti i giudici di merito avrebbero fatto inesatto governo della legge, ritenendo di poter applicare l'istituto della continuazione in una fattispecie criminosa che abbia richiesto, come nel caso, applicazione dell'art. 294 del d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43. La tesi, in apparenza suggestiva, frutto di un sofisma. Esatta invero una delle premesse maggiori del ragionamento dei ricorrenti: quando, invero, la pena graduata in modo proporzionale alla quantit dell'oggetto del reato, o degli oggetti su cui cade il reato, per ci solo esclusa in radice la possibilit di applicare le norme sul reato continuato. Ed questa, badisi bene, situazion del tutto sfavorevole all'imputato, e che il pi sovente si verifica appunto laddove la legislazione appare pi drastica e rigorosa, come in tema di repressione dei reati finanzia< e doganali. Siffatta esaLa premessa effettuata, manchevole si presenta la seconda premessa logica dei ricorrenti: che, cio, nel caso dell'art. 294 ricordato sempre siamo in tema di pena proporzionalmente calcolata sulla quantit della merce oggetto del reato. L'illazione dei ricorrenti ( quindi non vi si possono ap~licare le regole sulla continuazione) pertanto errata in toto. Una semplice riflessione sulla validit della premessa minore dei ricorrenti, avrebbe infatti portato a scoprire il sofisma che vi si annida: l'art. 294, 832 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO determinando in particolari fattispecie, che si attagliano al caso, la ri nuncia al sistema della pena proporzionale, e ristabilendo il sistema normale di una pena determinata in un minimo ed in un massimo, si sottrae per ci appunto all'eccezione costituita, nei riguardi del reato continuato, dalle norme fissanti, per reati finanziari o doganali, la pena esattamente proporzionale all'oggetto del reato. Bene pertanto, ristabilita la normale validit di applicazione dell'art. 81 c.p., ha effettuato il calcolo delle pene il primo giudice, in ci confermato dal secondo. Pu qui soggiungersi che il calcolo della pena appare esatto anche nei confronti della ritenuta recidiva; che i reiterati, numerosi precedenti dei prevenuti si adeguano alla ritenuta recidiva anche in base ai pi larghi criteri ora consacrati da d.l. 11 aprile 1974, n. 99 e da I. 7 giugno 1974. n. 220. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 13 ottobre 1975, n. 1756 -Pres. Straniero -Rel. Iannaccone -P. M. Ambrosio (parz. diff.) -Rie. P. M. in proc. Tamburini ed altri. Reato -Pesca marittima Tutela delle risorse biologiche e dell'attivit di pesca Reato di immissione di sostanze inquinanti Luogo e tempo di consumazione del reato. (1. 14 luglio 1965, n. 963, art. 15, lett. e). Reato Pesca marittima Tutela delle risorse biologiche e dell'attivit di pesca Reato di immissione di sostanze inquinanti -Momento perfezionativo del reato Raggiungimento del mare Momenti e luoghi anteriori Eventuale concorrenza di altri reati . Irrilevanza. (r.d. 8 ottobre 1931, n. l604, artt. 6 e 9). (r.d. 27 luglio 1934, n. 1265). (I. 14 luglio 1965, n. 963, art. 15, lett. e). Reato Pesca marittima Tutela delle risorse biologiche e dell'attivit di pesca Reato di immissione di sostanze inquinanti Immissione indiretta Afflusso al mare di altre acque Versamento delle sostanze in queste ultime Momento consumativo del reato. (I. 14 luglio 1965, n. 963, art. 15, lett. e). Reato Pesca marittima Tutela delle risorse biologiche e dell'attivit di pesca Divieti penalmente sanzionati Parziale corrispondenza con quelli previsti dal t.u. sulla pesca Inquinamento di acque interne e marine Diversit di disciplina. (r.d. 8 ottobre 1931, n. 1604, art. 6). (1. 14 luglio 1965, n. 963, art. 15). PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE Reato -Pesca marittima -Tutela delle risorse biologiche e dell'attivit di pesca -Reato di immissione di sostanze inquinanti Concetto normativo della idoneit inquinante Parametri -Valutazione in concreto. (I. 14 luglio 1965, n. 963, art. 15, lett. e). Reato Pesca marittima -Tutela delle risorse biologiche e dell'attivit di pesca -Reato di immissione di sostanze inquinanti -Nozione di sostanza inquinante . Parametro del nocumento diretto per la fauna ittica -Ampiezza. (I. 14 luglio 1965, n. 963, art. 15, lett. e). Reato -Pesca marittima -Tutela delle risorse biologiche e dell'attivit di pesca -Reato di immissione di sostanze inquinanti Immissione indiretta -Nozione. (r.d. 8 ottobre 1931, n. 1604, art. 6). (I. 14 luglio 1965, n. 963, art. 15, lett. e). Reato -Pesca marittima -Tutela delle risorse biologiche e dell'attivit di pesca Reato di immissione di sostanze inquinanti -Immissione indiretta Carattere pubblico o privato dell'acqua che funga da vettore -Irrilevanza -Disciplina delle acque interne Irrilevanza rispetto all'inquinamento marino. (r.d. 8 ottobre 1931, n. 1604, art. 6). Reato -Pesca marittima Tutela delle risorse biologiche e dell'attivit di pesca -Versamento di rifiuti industriali in acque pubbliche destinate ad afiluire in acque marine -Duplicit di autorizzazione. (r.d. 8 ottobre 1931, n. 1604, artt. 6 e 9). (I. 14 luglio 1965, n. 963, art. 15, lett. e). Reato -Pesca marittima -Tutela delle risorse biologiche e dell'attivit di pesca -Acque interne -Autorizzazione al versamento di rifiuti Presupposto per l'autorizzazione alla immissione nelle acque marine. (r.d. 8 ottobre 1931, n. 1604, art. 9). (I. 14 luglio 1965, n. 963, art. 14). (d.P.R. 2 ottobre 1968, n. 1639, art. 145). Reato Pesca marittima -Tutela delle risorse biologiche e dell'attivit di pesca -Versamento di rifiuti nel mare -Autorizzazione del capo del compartimento marittimo -Vincolo alle determinazioni dell'autorit competente all'autorizzazione per le acque interne Esclusione Conseguenze. (r.d. 8 ottobre 1931, n. 1604, art. 9). (I. 14 luglio 1965, n. 963, art. 14). (d.P.R. 2 ottobre 1968, n. 1639, art. 145). Reato . Pesca marittima -Tutela delle risorse biologiche e dell'attivit di pesca -Reato di immissione di sostanze inquinanti -Norma perfetta . Contributo di altre norme per la sua operativit -Esclusione. (I. 14 luglio 1965, n. 963, art. 15, lett. e). 834 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Reato -Pesca marittima -Limiti e modalit dell'esercizio della pesca . Regolamento previsto -Regolamento delegato a precisare i divieti penali relativi alla tutela delle risorse biologiche e dell'attivit di pesca -Esclusione -Fonte secondaria -Suoi obiettivi -Fattispecie. (1. 14 luglio 1965, n. 963, artt. 14 e 15). (d.P.R. 2 ottobre 1968, n. 1639). Reato -Pesca marittima -Tutela delle risorse biologiche e dell'attivit di pesca -Reato di immissione di sostanze inquinanti -Disposizione definitoria di sostanza inquinante -Significato di immediata operati vit del precetto. (!. 14 luglio 1965, n. 963, art. 15, lett. e). Reato Pesca marittima -Tutela delle risorse biologiche e dell'attivit di pesca -Divieti -Clausola di esonero -Significato. (!. 14 luglio 1965, n. 963, art. 15). Reato -Pesca marittima Tutela delle risorse biologiche e dell'attivit di pesca Divieti Clausola di esonero Limite di operativit. (!. 14 luglio 1965, n. 963, art. 15). Reato Pesca marittima Tutela delle risorse biologiche e dell'attivit di pesca Autorizzazione alla immissione di rifiuti in acque marine Versamento di rifiuti innocui o innocuizzati Necessit. (!. 14 luglio 1965, n. 963, art. 15, lett. e). (d.P.R. 2 ottobre 1968, n. 1639, artt. 145, 148, 150 e 152). Reato Pesca marittima Tutela delle risorse biologiche e dell'attivit di pesca Autorizzazione alla immissione di rifiuti industriali contenenti sostanze inquinanti Illegittimit Responsabilit del pubblico ufficiale autorizzante. (cod. pen., art. 110). (1. 14 luglio 1965, n. 963, artt. 14 e 15, lett. e). (d.P.R. 2 ottobre 1968, n. 1639, artt. 145 e 148). Reato Pesca marittima Tutela delle risorse biologiche e dell'attivit di pesca Autorizzazione alla immissione di rifiuti in acque marine . Potere attribuito alla pubblica amministrazione. (!. 14 luglio 1965, n. 963, artt. 14 e 15, lett. e). (d.P.R. 2 ottobre 1968, n. 1639, artt. 145, 148, 150, 152). Reato Pesca marittima -Tutela delle risorse biologiche e dell'attivit di pesca -Autorizzazione alla immissione di rifiuti in acque marine Finalit. (1. 14 luglio 1965, n. 963, artt. 14 e 15, lett. e). {d.P.R. 2 ottobre 1968, n. 1639, artt. 145, 148, 150, 152). PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 835 Reato -Pesca marittima -Tutela delle risorse biologiche e dell'attivit di pesca -Autorizzazione alla immissione di rifiuti -Sindacato di le gittimit del giudice ordinario sul provvedimento -Ammissibilit. (1. 20 marzo 1865, n. 2248, ali. E, art. 5). (I. 14 luglio 1965, n. 963, art. 15, lett. e). (d.P.R. 2 ottobre 1968, n. 1639, artt. 145, 148, 150, 152). Reato -Pesca marittima -Tutela delle risorse biologiche e dell'attivit di pesca -Reato di immissione di sostanze inquinanti -Reato di mera condotta ad oggetto materiale qualificato -Prova tecnica -Oggetto. (I. 14 luglio 1965, n. 963, art. 15, lett. e). Reato -Pesca marittima -Tutela delle risorse biologiche e dell'attivit di pesca -Reato di immissione di sostanze inquinanti -Requisiti di sussistenza Prova. (!. 14 luglio 1965, n. 963, art. 15, lett. e). Reato -Pesca marittima -Tutela delle risorse biologiche e dell'attivit di pesca -Reato di immissione di sostanze inquinanti -Elemento psicologico Prova. (1. 14 luglio 1965, n. 963, art. 15, lett. e). Il reato di immissione diretta o indiretta di sostanze inquinanti nelle acque marine si perfeziona nel momento e nel luogo in cui le sostanze raggiungono dette acque, che costituiscono l'oggetto specifico della tutela penale apprestata con la norma incriminatrice di cui all'art. 15, lettera e), legge 14 luglio 1965, n. 963, e in cui si verifica, perci, la lesione del bene giuridico con tale norma protetto (1). Il reato di immissione diretta o indiretta di sostanze inquinanti nelle acque marine di cui all'art. 15 lettera e) legge 14 luglio 1965, n. 963, si perfeziona nel momento e nel luogo in cui dette sostanze raggiungono il mare, non in momenti e luoghi anterioti, quando cio le sostanze stesse escano dalla sfera di controllo dell'autore del reato, per eventuale con corrente antigiuridicit della stessa condotta per altri titoli di reato (violazioni della legge sanitaria e della legge sulla pesca in acque in terne) (2). Quando l'immissione indiretta di sostanze inquinanti nelle acque marine, di cui all'art. 15 lettera e) legge 14 luglio 1965, n. 963, si realizza mediante l'aflusso al mare di altre acque, pubbliche o private, nelle quali le sostanze inquinanti siano state direttamente immesse e che ab biano perci agito come mezza vettore delle medesime, ci non pu (1-2-3-7) Le prime tre massime e la settima costituiscono corretta applicazione della lettera e della ratio della norma prevista dall'art. 15 lettera e) della legge, la quale punisce appunto l'immissione diretta o indiretta nelle acque del mare delle sostanze inquinanti, facendo cos coincidere con il momento dell'immissione il realizzarsi della fattispecie astratta. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 836 valere ad anticipare il momento consumativo (e di conseguenza a spostare. il locus commissi delicti) del reato, che potrebbe anche non verificarsi se lungo il percorso le sostanze vengano a subire variazioni di quantit, qualit e concentrazione tali da far loro perdere l'attitudine a produrre inquinamento del mare (3). L'art. 15 legge 14 luglio 1965, n. 963, sulla disciplina della pesca marittima, al fine dichiarato di tutelare le risorse biologiche delle acque marine ed assicurare il disciplinato esercizio della pesca, elenca una serie di divieti penalmente sanzionati (dagli artt. 24, 25 e 26) che solo in parte corrispondono nei precetti e nelle sanzioni a quelli gi previsti dall'articolo 6 t.u. delle leggi sulla pesca approvato con r.d. 8 ottobre 1931, n. 1604, in origine contenente la disciplina dell'intera materia, ora ripartita tra le due fonti normative con riguardo al carattere interno o marino delle acque. In particolare, nel caso di inquinamento di acque, mentre l'art. 6 del t.u. del 1931 fa divieto di gettare od infondere nelle acque materie atte ad intorpidire, stordire od uccidere i pesci e gli altri animali acquatici ponendo una fattispecie di reato contravvenzionale, che l'elaborazione giudisprudenziale ha ritenuto comprensiva dell'infusione indiretta e non richiesto un danno effettivo per i pesci, l'art. 15 lettera e) della legge del 1965 fa divieto di immettere direttamente o indirettamente o diffondere nelle acque sostanze inquinanti ; ponendo una fattispecie di delitto, strutturata oggettivamente su una condotta di introduzione immediata o mediata nel mare di sostanze idonee a produrre l'inquinamento e soggettivamente sulla cosciente volontariet di tale condotta comprensiva della consapevolezza del carattere inquinante dell'oggetto materiale della condotta stessa. Consapevolezza che, oltre alla forma della rappresentazione psichica di detta idoneit (dolo diretto), pu assumere anche quella dell'accettazione del rischio che essa possa sussistere (dolo eventuale) (4). In base al concetto normativo della idoneit inquinante della sostanza immessa o infusa nelle acque marine, di cui all'art. 15 lettera e) legge 14 luglio 1965, n. 963, riferito alternativamente al parametro del diretto (4-24) Con queste affermazioni, che pongono l'accento sul dolo eventuale la Suprema Corte ha dimostrato, con corretta aderenza alla realt, di tener presenti i pi frequenti casi di inquinamento -quelli cio di dispersione in mare di idrocarburi da navi cisterna e petroliere -nei quali spesso l'omessa adozione di determinate regole tecniche e nautiche (pompaggio a pressione eccessiva, riempimento non alternato dei compartimenti, s da provocare sfondamento della nave ecc.) dettata da ragioni economiche pu ben configurarsi come quella tipica previsione ed accettazione del pi grave evento come eventuale conseguenza della propria condotta (sul dolo eventuale v. Cass. 8 novembre 1971, in Cass. pen. mass. annotato 1973, p. 232, n. 221). (5-22-23) Con queste massime la Suprema Corte conferma l'indirizzo giurisprudenziale che ravvisa nell'art. 15 lettera e) della legge n. 963 del 1965 PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 837 nocumento per la fauna ittica o all'alterazione chimico-fisica dell'ambiente, pregiudizievole per la vita degli organismi acquatici, richiesta una valutazione in concreto di tale idoneit, cio una concreta adeguatezza dell'oggetto materiale del reato a ledere penalmente l'interesse protetto alla integrit della fauna ittica e del suo habitat natura (5). Nella nozione di sostanza inquinante, che l'art. 15 lettera e) legge 14 luglio 1965, n. 963 vieta sia immessa nelle acque marine, il parametro del nocumento diretto per la fauna ittica, cui va riferita la adeguatezza della sostanza inquinante a ledere l'interesse protetto, non deve essere ristretto alla insidia tossica (cosiddetta ittiotossicit) che la sostanza immessa nel mare pu rappresentare per la fauna ittica, ma, in conformit all'ampiezza di significato del termine usato dal legislatore, estendersi all'intero spettro di nocivit della sostanza, comprensivo anche dell'insidia irritativa, "flogistica, asfittica, traumatica, con o senza componente tossica (6). La figura dell'immissione indiretta di sostanze inquinanti nel mare -espressamente introdotta nel precetto relativo all'inquinamento marittimo .di cui all'art. 15 lettera e) legge 14 luglio 1965, n. 963, ma gi identificata dalla giurisprudenza nell'ampio tenore del precetto di cui all'art. 6 r.d. 8 ottobre 1931, n. 1604 che accomunava la tutela penale delle acque interne e di quelle del mare -si concretizza allorch la sostanza inquinatrice non venga originariamente ed immediatamente a contatto con l'ambiente marittimo, ma da esso sia raggiunta (per marea o mareggiata) o ad esso pervenga o sia necessariamente destinata a raggiungerlo (con la consapevolezza dell'agente), per via di scorrimento, infiltrazione, dilavamento, spostamento, dopo che sia stata versata in acque diverse da quelle del mare o deposta in luogo dal quale possa essere avviata verso tale sbocco, conservando in itinere la sua potenzialit inquinante (7). Il carattere pubblico o privato dell'acqua che funga da mezzo vettore della sostanza inquinante, di cui l'art. 15 lettera e) legge 14 luglio 1965, n. 963, vieta l'immissione nel mare, costituisce una mera qualificazione giuridica, che, sul piano naturalistico, non pu valere a diff erenziare i due veicoli come strumenti di penetrazione indiretta del loro contenuto nell'acqua del mare. N il diverso regime giuridico-amministrativo della pesca in acque pubbliche interne ed in acque pubbliche marine, pu far ritenere accentrata nel precetto relativo alle acque pubbliche in- un'ipotesi di reato di pericolo concreto (v. in questo senso in dottrina AMENDOLA -Inquinamento idrico e legislazione penale, 1972, p. 200; contra, nel senso che sia un reato di danno, RICCOMAGNO -L'inquinamento del mare e l'art. 15 della L. 14 luglio 1965, n. 963; e, nel senso che sia un reato di pericolo presunto, v. AGNOLI -Osservazioni sul fenomeno dell'inquinamento delle acque marine e nella relativa disciplina giuridica in Giur. Agr. It. 1971, 628). V. in tema di inquinament0, in questa Rassegna 1976, I, 160, 304 e 306. 838 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO terne, direttamente investite dalla condotta di immissione delle sostanze proibite, la valutazione legislativa tipica dell'offensivit di tale condotta, cos da rendere inoperante l'ulteriore e pi grave profilo di off ensivit di essa con riguardo ad un bene giuridico diverso (le risorse biologiche del mare) pi intensamente tutelato (8). Il versamento di rifiuti industriali in acque pubbliche, nocive ai pesci e destinate ad affluire in acque marine, assoggettato ad un duplice procedimento autorizzatorio da parte dell'ente territorialmente competente per le acque interne e dello Stato per le acque del mare (9). L'autorizzazione al versamento dei rifiuti nelle acque pubbliche interne, rilasciata dal presidente della giunta provinciale a termini dell'art. 9 r.d. 8 ottobre 1931, n. 1604, si viene a porre di fatto come presupposto per il rilascio dell'autorizzazione, da parte del capo del compartimento marittimo, al versamento degli stessi nelle acque del mare (art. 145 del regolamento esecutivo alla legge 14 luglio 1965, n. 963, approvato con d.P.R. 2 ottobre 1968, n. 1639) non essendo concepibile che la seconda sia concessa quando sia stata negata la prima (10). Il capo del compartimento marittimo cui compete l'autorizzazione al versamento dei rifiuti nelle acque del mare (art. 145 del regolamento esecutivo alla legge 14 luglio 1965, n. 963, approvato con d.P.R. 2 ottobre 1968, n. 1639) non vincolato nelle sue determinazioni da quelle adottate dall'autorit provinciale per il versamento dei rifiuti nelle acque pubbliche interne (art. 9 r.d. 8 ottobre 1931, n. 1604) e, negando l'autorizzazione, far s che non si costituisca il diritto del privato di utilizzare il mare controllato come ricettore di residui di lavorazioni industriali (11). La norma penale di cui all'art. 15 lettera e) legge 14 luglio 1965, n. 963, che vieta l'immissione di sostanze inquinanti nelle acque marine, , una norma perfetta, nel senso che l'applicazione di essa non esige il contributo di altre norme, equiordinate o sottordinate nella gerarchia delle fonti (12). Il regolamento cui si riferisce l'art. 14 legge 14 luglio 1965, n. 963, sulla pesca marittima (dettante limiti e modalit dell'esercizio della pesca), emanato con d.P.R. 2 ottobre 1968, n. 1639, non regolamento delegato a precisare i divieti penali del successivo art. 15 (tutela delle risorse biologiche e dell'attivit della pesca), ma soltanto una fonte secondaria di produzione normativa per regolare uniformemente i rapporti amministrativi discendenti dalla attuazione delle norme di azione contenute nella legge. (12-13-14-17-18-19-21) Le affermazioni contenute in queste massime respingono, conformemente agli elementi interpretativi desumibili dalla legge e dalla sua finalit la tesi difensiva che tendeva ad attribuire all'Autorit amministrativa un potere discrezionale puro (discrezionalit amministrativa) nello scegliere, ai fini delle autorizzazioni, i provvedimenti a tutela dell'interesse protetto che viceversa determinato esclusivamente dalla legge. PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE (Fattispecie relativa al delitto di immissione con sostanze inquinanti di cui all'art. 15 lettera e) legge n. 963 del 1965) (13). Nell'art. 15 lettera e) legge 14 luglio 1965, n. 963, che vieta l'immissione di sostanze inquinanti nel mare, la stessa esistenza di una disposizione definitoria delle sostanze inquinanti, inutile se il legislatore avesse voluto trasferire alla sede regolamentare la determinazione specifica della medesima, indica la autossufficienza operativa del precetto e perci la sua immediata vigenza (14). La clausola di esonero dall'osservanza dei divieti posti dall'art. 15 legge 14 luglio 1965, n. 963, sulla pesca marittima, contenuta nell'ultima parte dell'articolo con la formula: gli anzidetti divieti non riguardano la pesca scientifica e le altre attivit espressamente autorizzate non introduce nella struttura dei reati ipotizzati degli elementi negativi (in alcune delle ipotesi di reato tali elementi sono infatti gi descritti con la formula senza autorizzazione), ma pone una norma di liceit secondo una tecnica inusitata che si esplicata con la indicazione di una ragione particolare di attivit lecita (la pesca scientifica) e di una ragione generale, di carattere formale, consistente nell'espressa autorizzazione amministrativa di quella come di ogni altra attivit che possa incorrere nei divieti (15). Il limite di operativit della clausola di esonero dall'osservanza dei divieti posti dall'art. 15 legge 14 luglio 1965, n. 963 sulla pesca marittima, contenuta nell'ultima parte dell'articolo, dato dall'autorizzabilit dell'attivit altrimenti penalmente illecita e dal rispetto delle condizioni e limitazioni cui in base alla legge, al regolamento e al provvedimento del[' autorit amministrativa, l'attivit autorizzata deve sottostare (16). L'oggetto della potest autorizzatoria in materia di immissione di rifiuti in acque del mare circoscritto, dagli artt. 145 e seguenti del rego lamento alla legge 14 luglio 1965, n. 963 sulla pesca marittima, al versamento di rifiuti industriali innocui o innocuizzati e non si estende all'immissione di sostanze inquinanti, come risulta evidente dal tenore degli artt. 148, 150 e 155 (17). Un'autorizzazione eventualmente concessa dalla P.A. ad immettere nelle acque marine rifiuti industriali contenenti sostanze inquinanti sarebbe contra legem e, lungi dal costituire causa di esonero dalla responsabilit penale, ex art. 15 lettera e) legge 14 luglio 1965, n. 963 sulla pesca marittima, del soggetto che abbia compiuto l'immissione consentita pu essere causa di responsabilit penale, a titolo di concorso nel reato, del pubblico ufficiale che l'abbia rilasciata (18). Dal sistema posto dalla legge 14 luglio 1965, n. 963, sulla pesca marittima in tema di immissione di sostanze inquinanti non risulta che sia stato attribuito alla P.A. un potere di libera ed illimitata disponibilit dell'interesse penalmente protetto (risorse biologiche del mare), cio di amministrazione dell'inquinamento (cosiddetto inquinamento amministra 840 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO to), ma al contrario, come si evince dall'art. 14 della legge, soltanto un potere di controllo preventivo e successivo volto a garantire la tutela ed il migliore rendimento costante delle risorse biologiche del mare anche con riguardo a quelle attivit che possono negativamente incidere sulle medesime (19). L'art. 14 della legge 14 luglio 1965, n. 963 sulla pesca marittima, rimettendo alla regolamentazione esecutiva la immissione di rifiuti industriali nelle acque del mare ed attribuendo alla P.A. la potest di autorizzarla in base a tale regolamentazione dei limiti e delle modalit di essa, ha soltanto voluto apprestare uno strumento di intervento pubblico diretto a prevenire il fatto inquinatorio o ad impedirlo nel caso che comunque si sia verificato, ed in quel procedimento trova cura l'interesse pubblico ad evitare versamento di rifiuti che, pur non contenendo sostanze inquinanti o da sole non inquinanti siano altrimenti disdicevoli o pregiudizievoli a causa di combinazione sinergica o saturativa con altre sostanze gi presenti nelle acque, per effetto di precedenti immissioni autorizzate ed anche per evitare fenomeni di inquinamento indiretto da eutrofizzazione ed altro (20). Il provvedimento dell'autorit amministrativa in materia di immissione di rifiuti industriali nelle acque del mare, che emesso_ in una sfera di discrezionalit che trova limite nel fine di tutela delle risorse biologiche del mare, soggetto al sindacato di legittimit del giudice ordina rio (21). Il reato di cui alla lettera e) dell'art. 15 legge 15 luglio 1965, n. 963, sulla pesca marittima, che vieta l'immissione di sostanze inguinanti nel mare, non un reato di danno, ma un reato di mera condotta ad oggetto materiale gualificato dall'idoneit in concreto a produrre determinati eventi (nocumento diretto per la fauna ittica od alterazioni fisico-chimiche dell'ambiente di vita degli organismi acquatici). Pertanto la prova tecnica dovr vertere sull'accertamento del carattere inquinatorio delle sostanze immesse nelle acque marine al momento dell'immissione, non potendosi far carico all'agente della produzione dell'evento inquinativo indotto dal contributo di altre sostanze coevamente immesse da altri soggetti o da fattori estranei preesistenti o sopravvenuti al fatto dell'immissione (22). Perch sussista il reato di cui all'art. 15 lettera e) legge 14 luglio 1965, n. 963, sulla pesca marittima, le sostanze inquinanti immesse devono essere di per s, per la loro qualit, quantit e concentrazione, nocive al pesce o pregiudizievolmente alteranti l'ambiente acquatico in cui vengono a diffondersi. Di conseguenza, fenomeni anche ricorrenti di moria di pesci in un determinato specchio d'acqua non possono costituire prova del carattere inquinante delle sostanze in esso immesse, indipendentemente dal[' accertamento di tale carattere come intrinseco alle sostanze identificate e prescindendosi, nell'accertamento, dalle variazioni combinatorio e di grandezza che esse possono subire dopo l'immissione, divenendo attive o ,_ PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRDENZA PENALE 841 iperattive in forza della presenza o della sopravvenienza di altro materiale inquinatorio. Infatti, l'intervento preventivo di pubblici poteri volto precipuamente ad evitare proprio siffatti fenomeni di accumulo, sinergismo e combinazione di sostanze confluenti nella unit' di tempo nel medesimo settore marittimo (23). L'elemento psicologico del reato di cui all'art. 15 lettera e) legge 14 luglio 1965, n. 963, sulla pesca marittima, che vieta l'immissione di sostanze inquinanti nel mare, consiste nella volont di immettere in mare sostanze di cui l'agente conosce il potere direttamente inquinante, o se ne sia rappresentata la eventualit senza escluderla. Pertanto la prova del dolo diretto o eventuale deve vertere su detta reale conoscenza e rappresentazione (24). La sentenza di cui si pubblicano le massime molto importante per i principi affermati in tema di inquinamento e per il numero delle questioni affrontate, alcune delle quali per la prima volta. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. VI, 21 maggio 1976 n. 7563 -Pres. Forlenza -Rel. Taglienti -P. M. Sisti (conf.) rie. Cantarella. Reato -Falsit in atti -Atto pubblico -Nozione -Cedola di convalida dei vaglia postali - tale -Bollettino di spedizione tale. Debbono ritenersi atti pubblici, agli effetti dell'art. 476 c.p., tutti que-. gli atti che sono stati formati al pubblico ufficiale nell'esercizio delle sue funzioni che siano sostitutivi di diritti per alcuno o di obblighi per la Pubblica Amministrazione, ovvero quegli atti che contengano attestati di fatti compiuti dallo stesso Pubblico Ufficiale o avvenuti in sua presenza in quanto destinati ad avere una funzione probatoria autonoma perch non ricollegata al contenuto di altri atti prestanti (1). La ricevuta del vaglia costitutiva di un diritto per l'Amministrazione postale che tenuta al pagamento dell'importo in esso indicato, per cui nessun dubbio pu sorgere sulla natura pubblica del documento. Il bollettino di spedizione che accompagna la raccomandata ovvero il pacco postale cqntrassegnato. (1) noto ed stato affermato in giurisprudenza che il concetto di atto pubblico in materia penale pi ampio di quello civilistico previsto dall'art. 2699 e.e., e comprende anche gli atti puramente interni, quando abbiano attitudine ad assumere rilevanza agli effetti della documentazione di fatti inerenti all'attivit spiegata ed alla regolarit delle operazioni amministrative dell'ufficio cui il pubblico ufficiale addetto (v. Cass. 12 gennaio 1972 n. 593 in Cass. pen. mass. annotato 1973, p. 496, n. 593). Si sostiene altres che sono atti pubblici non solo gli atti originali compiuti dal pubblico ufficiale che 842 ~ RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). -Cantarella Salvatore ricorre avverso la sentenza della Corte d'Appello di Roma in data 10 giugno 1975 con la quale stato ! condannato ad anni tre di reclusione e L. 100.000 di multa per i reati ! I t ~ di peculato aggravato e continuato, falso materiale aggravato e continuato e falso ideologico aggravato e continuato riuniti sotto il vincolo della continuazione. risultato accertato, in punto di fatto, fra l'altro, che il ricorrente, I per appropiarsi di somme portate da vaglia posti ordinari ha usato il seguente sistema: ritirava dagli utenti i vaglia da emettere ed il relativo I importo, comprese le tasse postali, rilasciandone regolare ricevuta (parte prima del Mod. I/A). Sottraeva, poi, i vaglia e si appropriava delle relative somme. I Per occultare l'illecito commesso il Cantarella indicava sulle matrici di emissione (altra parte del Mod. I/A) destinata a rimanere agli atti del I l'Ufficio) emittenti e destinatari diversi ed importi di lieve entit, stac I cando, sulla base di detti importi, le cedole di convalida (terza parte del Mod. I/A) che tratteneva o distruggeva. Infine, per completezza, indicava I lo stesso importo fittizio del Mod. XIV destinato alla contabilizzazione degli importi dei vaglia che viene inviato giornalmente alla Ragioneria f g Provinciale ai fini contabili e di riscontro. Nel ricorso proposto, il Cantarella si duole soltanto della presunta i' violazione ed erronea applicazione degli artt. 490 e 476 per avere la Corte i: di merito ritenuto atti pubblici, al momento del fatto, le cedole di convalida dei vaglia postali ed i modelli 286. Rileva la Corte che, identica tesi il ricorrente aveva svolto dinanzi I ai giudici di appello i quali hanno ritenuto sussistenti tutti gli estremi di delitti di falso materiale. ed ideologico contestati. Tale decisione non merita censure. I Si deve premettere, al riguardo, che, giusta la costante Giurisprudenza I di questa Suprema Corte, debbono ritenersi atti pubblici, agli effetti dell'art. 476 c.p., tutti gli atti che sono stati formati dal pubblico ufficiale nell'esercizio delle sue funzioni che siano sostitutivi di diritti per alcuno I o di obblighi per la Pubblica Amministrazione, ovvero quegli atti che contengano attestazioni di fatti compiuti dallo stesso Pubblico Ufficiale o I avvenuti sua presenza in quanto destinati ad avere una funzione probatoria autonoma perch non ricollegata al contenuto di altri atti pree I sistenti. I i: t: rappresentano o comprovano un fatto avente rilevanza giuridica, ma anche quegli atti formati dal pubblico ufficiale che, pur riproducendo dati risultanti da altri documenti e pur riferentisi alle risultanze di altri atti, hanno una propria individualit e una propria autonomia (v. Cass. 10 febbraio 1972, n. 594 in Cass. pen. mass. annotato 1973, p. 498, n. 594). PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE indubbio che l'anzidetta attivit sia stata compiuta nell'esercizio delle sue funzioni di impiegato postale e, come tale, di rappresentante dell'Amministrazione statale nell'ambito della quale agiva. Ma altrettanto certo che la cedola di convalida dei vaglia, che parte integrante del Mod. I/A, atto pubblico in quanto utilizzata dal Cantarella quando la staccava per ricevuta al mittente del vaglia. appena il caso di ricordare che la ricevuta del vaglia costitutiva di un diritto per l'emittente del titolo e di un obbligo per l'Amministrazione postale che tenuta al pagamento dell'importo in esso indicato, per cui nessun dubbio pu sorgere sulla natura pubblica del docume.nto. Alle stesse conclusioni si deve pervenire in ordine ai modelli 286. Si tratta, infatti, di un bollettino di spedizione che accompagna la raccomandata ovvero il pacco postale contrassegno, per cui non pu dubitarsi che fossero atti pubblici nel momento in cui venivano riempiti nella parte riservata all'utente del servizio su in quella riservata all'ufficio postale di partenza contenente il timbro, la data e la firma dell'ufficiale postale. N J?U sostenersi che tale modello abbia soltanto il compito di certificazione avendo esso funzione documentale di una situazione giuridica complessa e cio della relazione fra il mittente e la simbolica Amministrazione e fra questa ed il destinatario, e non ricollegata ad alcun atto preesistente del quale possa attestarne il contenuto. -(Omissis). PARTE SECONDA LEGISLAZIONE QUESTIONI DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE III -QUESTIONI PROPOSTE Codice civile, art. 314/12, primo comma (art. 24, primo comma, della Costituzione). Corte d'appello di Roma, sezione minorenni, ordinanza 24 marzo 1976, G. V. 29 settembre 1976, n. 260. codice civile, art. 454 (artt. 2 e 4 della Costituzione). Tribunale di Livorno, ordinanza 12 febbraio 1976, G. V. 22 settembre 1976, n. 253. codice civile, artt. 747, 750 e 751 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Salerno, ordinanza 4 maggio 1976, G. V. 15 . settembre 1976, n. 246. codice civile, art. 1901 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Cremona, ordinanze (cinque) 13 novembre 1974, 14 maggio, 11 giugno (due) e 25 giugno 1975, G. V. 1 settembre 1976, n. 232, e 22 settembre 1976, n. 253. codice civile, art. 2671 (artt. 3 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Genova, ordinanza 11 luglio 1975, G. V. 29 settembre 1976, n. 260. codice civile, artt. 29411, n. 4, 2955, n. 2 e ,2956, n. 1 (artt. 3, 24 e 36 della Costituzione). Pretore di Ascoli Piceno ordinanza 7 giugno 1976, G. V. 6 ottobre 1976, n. 267. codice di .procedura civile, artt. 41 e 367 (artt. 24 e 113 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 3 marzo !976, G. V. 15 settembre 1976, n. 246. codice di procedura civile, art. 416 (art. 24, secondo comma della Costituzione). Pretore di Aulla, ordinanza 24 febbraio 1976, G. V. 1 settembre 1976, n. 232. ~~.!..ti*"-"':U...-., codice penale, art. 57 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Milano, ordinanze (due) 3 marzo 1976, G. V. 8 settembre 1976, n. 239. 132 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO codice .penale, artt. 102 e 109 (art. 111, primo comma, della Costituzione). Tribunale di Firenze, ordinanza 23 aprile 1976, G. V. 8 settembre 1976, n. 239. codice penale, art. 164 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Pescara, ordinanza 21 maggio 1976, G. V. 20 ottobre 1976, n. 281. codice penale, artt. 204, secondo comma, e 222, primo comma (art. 3, primo comma, 13, secondo comma, 27, primo comma, 111, primo e secondo comma, della Costituzione). Tribunale di Firenze, ordinanza 21 aprile 1976, G. V. 8 settembre 1976, n. 239. codice penale, artt. 204 e 2212 p.p. (artt. 3 e 13, secondo comma, della Costituzione). Tribunale di Siena, ordinanza 30 giugno 1976, G. V. 6 ottobre 1976, n. 267. codicepenale, art. 313 (art. 104 della Costituzione). Corte d'assise di Milano, ordinanza 26 aprile 1976, G. V. 29 settembre 1976, n. 260. codice penale, art. 590, ultimo comma (art. 3 della Costituzione). Pretore di Empoli, ordinanza 6 luglio 1976, G. V. 6 ottobre 1976, n. 267. codice penale, art. 688 (artt. 3 e 32 della Costituzione). Pretore di Brescia, ordinanza 6 maggio 1976, G. V. 15 settembre 1976, n. 246. codice di procedura penale, art. 70, ultimo comma (art. 25, primo comma, della Costituzione). Tribunale di Enna, ordinanza 12 maggio 1976, G. V. 15 settembre 1976, n. 246. codice di procedura penale, art. 177-bis (artt. 3 e 24 della Costituzione). Tribunale di Milano, ordinanza 10 marzo 1976, G. V. 15 settembre 1976, n. 246. codice di procedura penale, artt. 304 e 390 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Nard, ordinanza 8 aprile 1976, G. V. 29 settembre 1976, n. 260. codice di .procedura penale, art. 316, quarto comma (art. 25, primo comma, della Costituzione). Tribunale di Roma, ordinanza 28 aprile 1976, G. V. 15 settembre 1976, n. 246. codice di procedura penale, artt. 342 e 352 (artt. 101, 102 e 112 della Costituzione). Tribunale di Torino, ordinanza 5 maggio 1976, G. V. 22 settembre 1976, n. 253. codice di .procedura penale, artt. 348, secondo comma, e 351 (art. 21, primo comma, della Costituzione). Pretore di Cagliari, ordinanza 24 marzo 1976, G. V. 8 settembre 1976, n. 239. PARTE IJ, LEGISLAZIONE 1H codice di procedura penale, art. 387 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Corte di cassazione, quinta sezione penale, ordinanza 13 maggio 1976, G. U. 22 settembre 1976, n. 253. codice di procedura penale, art. 489 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Livorno, ordinanza 17 febbraio 1976, G. U. 1 settembre 1976, n. 232. codice di procedura penale, art. 513, n. 2 (artt. 3, primo comma, e 24, secondo comma, della Costituzione). Corte di cassazione, ordinanza 17 marzo 1976, G. U. 13 ottobre 1976, n. 274. codice di procedura penale, art. 628 (art. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Pescara, ordinanza 21 maggio 1976, G. U. 20 ottobre 1976, n. 281. r.d. 30 dicembre 1923, n. 3282, art. 11 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Corte di cassazione, seconda sezione civile, ordinanza 10 febbraio 1976, G. U. 8 settembre 1976, n. 239. legge 7 gennaio 1929, n. 4, art. 20 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Como, ordinanze (quattro), 1 ottobre 1975, G. U. 1 settem bre 1976, n. 232, e 15 settembre 1976, n. 246. legge 27 maggio 1929, n. 81 O, art. ~ (artt. 2, 24 e 102 della Costituzione). Corte d'appello di Palermo, ordinanza 23 aprile 1976, G. U. 22 settembre 1976, n. 253. legge 27' maggio 1929, n. 847, art. 17 (artt. 2, 3, 7, 24, 25, 101 e 102 della Co stituzione). Corte d'appello di Torino, ordinanza 12 marzo 1976, G. U. 22 settembre 1976, n. 253. Corte d'appello di Palermo, ordinanza 23 aprile 1976, G. U. 22 settembre 1976, n. 253. r.d. 28 febbra'io 1930, n. 289, art+. 13, 14 e 15 (artt. 8 e 20 della Costitu zione). Tribunale di Trieste, ordinanza 29 aprile 1976, G. U. 29 settembre 1976, n. 260. r.ct. 18 giugno 1931, n. 773, art. 156 (artt. 8, 19, e 20 della Costituzione). Pretore di Bologna, ordinanza 11 maggio 1976, G. U. 15 settembre 1976, n. 246. r.d. 31 agosto 1933, n. 1592, art. 52 (artt. 3, 24, 28, 42, 54 e 97 della Costituzione). Corte dei conti, seconda sezione; giurisdizionale, ordinanza 27 novembre 1975, G. U. 22 settembre 1976, n. 253. 134 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 7 marzo 1938, n. 141, art. 78 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Tribunale di Milano, ordinanze 14 novembre e 18 dicembre 1975, G. U. 29 settembre 1976, n. 260. d.P.R.. 9 luglio 1939, n. 1238, artt. 165 e 167 (artt. 2 e 4 della Costituzione). Tribunale di Livorno, ordinanza 12 febbraio 1976, G. U. 22 settembre 1976, n. 253. r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 209 ultimo comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). Tribunale di Milano ordinanze (tre) 14 novembre e 18 dicembre 1975, 29 gennaio 1976, G. U. 1 settembre 1976, n. 232, e 29 settembre 1976, n. 260. legge 17 luglio 1942, n. 907 (art. 43 della Costituzione). Corte d'appello di Venezia, ordinanze (tre) 20 novembre 1975, 8 e 10 marzo 1976, G. U. 29 settembre 1976, n. 260, e 6 ottobre 1976, n. 267. legge 17 luglio 1942, n. 907, artt. 45 e seguenti (artt. 41 e 43 della Costituzione). Tribunale di Como, ordinanze (tre) 1 ottobre 1975, G. U. 1 settembre 1976, n. 232. legge 17 agosto 1942, n. 1150, art. 41, lettera b (art. 3 della Costituzione). Pretore di Rivarolo Canavese, ordinanza 21 aprile 1976, G. U. 15 settembre 1976, n. 246. r.d.I. 31 maggio 1946, n. 511 (artt. 101, secondo comma, 104 primo comma, e 107, primo e secondo comma, della Costituzione). Consigliq superiore della magistratura, sezione disciplinare, ordinanza 25 febbraio 1976, G. U. 8 settembre 1976, n. 239. r.d.I. 31 maggio 1946, n. 51'1, artt. 17, 21, 26 e 38 (artt. 101, secondo comma, 104, primo comma, e 107, primo e secondo comma, della Costituzione). Consiglio superiore della magistratura, sezione disciplinare, ordinanze (due) 25 febbraio e 25 marzo 1976, G. U. 15 settembre 1976, n. 246. d.l.C.p.S. 1 aprile 1947, n. 273, art. 1, lettera a (artt. 3 e 44 della Costituzione). Tribunale di Brescia, ordinanza 18 maggio 1976, G. U. 29 settembre 1976, n. 260. legge 8 febbraio 1948, n. 47, art. 3 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Milano, ordinanze (due), 3 marzo 1976, G. U. 8 settembre 1976, n. 239. PARTE II, LEGISLAZIONE HJ d.I. U febbraio 1948, n. 50, art. 2 (artt. 2, 3, 10, 14 e 23, della Costituzione). Pretore di Comacchio, ordinanza 12 maggio 1976, G. U. 22 settembre 1976, n. 253. legge 11 aprile 1950, n. 130, art. 4, quinto c:omma (artt. 3, 36, 37 e 38 della Costituzione). Consiglio di Stato, quarta Sezione, ordinanza 16 dicembre 1975, G. U. 29 settembre 1976, n. 260. legge 1 O agosto 1950, n. 648, artt. 58 e 69 (artt. 3, 29 e 31 della Costituzione). Corte dei conti, terza sezione giurisdizionale, ordinanza 3 marzo 1975, G. U. 6 ottobre 1976, n. 267. legge 3 gennaio 1951, n. 27 (artt. 41 e 43 della Costituzione). Corte di cassazione, terza sezione penale, ordinanza 4 dicembre 1975, G. U. 15 settembre 1976, n. 246. Tribunale di Como, ordinanza 1 ottobre 1975, G. U. 15 settembre 1976, n. 246. d.P.R. 27 ottobre 1953, n. 1068, art. 31, nn. 4 e 5 (art. 33, quinto comma, della Costitu~ione). Tribunale di Pistoia, ordinanza 29 maggio 1976, G. U. 29 settembre 1976, n. 260. d.P.R. 19 agosto 1954, n. 968, art. 7 (artt. 5 e 130 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale della Liguria, ordinanza 29 aprile 1976, G. U. 8 settembre 1976, n. 239. legge reg. TrentinoAlto Adige 6 aprile 1956, n. 5, art. '18, secondo c:omma (art. 51 della Costituzione). Tribunale di Bolzano, ordinanza 14 maggio 1976, G. U. 22 settembre 1976, n. 253. legge 1 dicembre 1956, n. 1426 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Fernia, ordinanza 3 aprile 1976, G. U. 29 settembre 1976, n. 260. legge ,27 dicembre 1956, n. 1423, art. 9 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Rovdgo, ordinanza 5 aprile 1976, G. U. 1 settembre 1976, n. 232. d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, artt. 103, 110 e UO (artt. 101, secondo comma, 104, primo comma, e 107, primo e secondo comma, della Costituzione). Consiglio superiore della magistratura, sezione disciplinare, ordinanza 25 feb braio 1976, G. U. 8 settembre 1976, n. 239. legge 2 luglio 1957, n. 474, art. 15 (art. 3 della Costituzione). Corte d'appello di Venezia, ordinanze (due) 15 novembre 1975, e 10 marzo 1976, G. U. 6 ottobre 1976, n. 267. 136 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 24 marzo 1958, n. 195, artt. 4, 5, 6, 10, 14 e 17 (artt. 101, secondo comma, 104, primo comma, e 107, primo e secondo comma, della Costituzione). Consiglio superiore della magistratura sezione disciplinare, ordinanze 25 febbraio e 25 marzo 1976, G. U. 15 settembre 1976, n. 246. legge 29 genna,io 1958, n. 645, art. 131, secondo comma (artt. 3, 29, 31 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Tolmezzo, ordinanza 8 aprile 1976, G. U. 15 settembre 1976, n. 246. d.P.R. 16 settembre 1958, n. 9'16 (artt. 101, secondo comma, 104, primo comma, e 107, primo e secondo comma, della Costituzione). Consiglio superiore della magistratura, sezione disciplinare, ordinanza 25 febbraio 1976, G. U. 8 settembre 1976, n. 239. d.P.,R. 16 settembre 1958, n. 916, artt. 57 e 62 (artt. 101, secondo comma, 104, primo comma, e 107, primo e secondo comma, della Costituzione). Consiglio superiore della magistratura, sezione disciplinare, ordinanze 25 febbraio e 25 marzo 1976, G. U. 15 settembre 1976, n. 246. d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, art. 15, n. 6 (artt. 3 e 51 della Costituzione). Corte d'appello di Venezia, ordinanza 22 gennaio 1976, G. U. 6 ottobre 1976, n. 267. d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, art. 120 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Castelnuovo Garfagnana, ordinanza 24 marzo 1976, G. U. 8 settembre 1976, n. 239. d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, art. 102, ultimo comma (art. 3 della Costituzione). Pretore di Valentano, ordinanze (due) 23 aprile 1976, G. U. 22 settembre 1976, n. 253. d.P.R. i2 gennaio 1962, n. 324, (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Lecce, ordinanza 29 gennaio 1976, G. U. 8 settembre 1976, n. 239. legge 12 agosto 1962, n. 1338, art. 2, secondo comma (art. 3 della Costituzione). Pretore di Mantova, ordinanza 11 maggio 1976, G. U. 15 settembre 1976, n. 246. legge 221 novembre 1962, n. 1646, art. 6, secondo comma (art. 3 della Costituzione). Corte dei conti, terza sezione giurisdizionale, ordinanza 13 giugno 1975, G. U. 29 settembre 1976, n. 260. PARTE II, LEGISLAZIONE 1'7 legge 4 dicembre 1962, n. 168'2, art. S (artt. 32 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Bolzano, ordinanza 2 dicembre 1975, G. U. 22 settembre 1976, n. 253. !egge 3 febbraio 1963, n. 69, art. 2 (art. 21, primo comma, della Costituzione). Pretore di Cagliari, ordinanza 24 marzo 1976, G. U. 8 settembre 1976, n. 239. legge 6 agosto <1967, n. 699, art. 10, settimo comma (artt. 3, 29, primo comma, 31, primo comma, 36, primo comma, della Costituzione). Corte dei conti, terza sezione giurisdizionale, ordinanza 25 ottobre 1974, G. U. 6 ottobre 1976, n. 267. legge 2 agosto 1967, n. 799, art. 1 O (art. 3 della Costituzione). Pretore di Torino, ordinanza 26 aprile 1976, G. U. 8 settembre 1976, n. 239. legge 112 febbraio 1968, n. 132, art. 43, lettera d (artt. 3, 4 e 76 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale della Lombardia, ordinanza 7 aprile 1976, G. U. 22 settembre 1976, n. 253. legge 18 marzo 1968, n. 313, art. 44 (artt. 3, 29 e 31 della Costituzione). Corte dei conti, terza sezione giurisdizionale, ordinanza 3 marzo 1975, G. U. 6 ottobre 1976, n. 267. legge 28 marzo 1968, n. 341, art. 6 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Firenze, ordinanza 4 giugno 1976, G. U. 20 ottobre 1976, n. 281. d.P.R. 27 marzo 1969, n. 130, art. 133 (artt. 3, 4 e 76 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale della Lombardia, ordinanza 7 aprile 1976, G. U. 22 settembre 1976, n. 253. legge 30 aprile 1969, n. 153, art. 23 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Mantova, ordinanza 11 maggio 1976, G. U. 15 settembre 1976, n. 246. legge 24 dicembre 1969, n. 990 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Nard, ordinanza 8 aprile 1976, G. U. 20 settembre 1976, n. 260. legge 24 cllicemlbre 1969, n. 990, art. 4, leti'er1.11 c) (art. 3 della Costituzione). Pretore di Riva del Garda, ordinanza 25 maggio 1976, G. U. 29 settembre 1976, n. 260. legge 24 dicembre 1969, n. 990, art. 8 (art. 3 della Costituzione). Sesto ufficio di conciliazione di Roma, ordinanza 12 aprile 1976, G. U. 22 settembre 1976, n. 253. 138 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO legge 24 dicembre 1969, n. 990, art. 21 (art. 3 e 32 della Costituzione). Giudice istruttore del Tribunale di Lucera, ordinanza 13 aprile 1976, G. U. 8 settembre 1976, n. 239. legge 24 dicembre 1969, n. 990, art. 32/1 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Cremona, ordinanze (cinque) 13 novembre 1974, 14 maggio, 11 giugno (due) e 25 giugno 1975, G. U. 1 settembre 1976, n. 232, e 22 settembre 1976, n. 253. legge 25 marzo 1971, n. 213, art. 4, secondo, terzo e quarto comma (artt. 3, 36 e 38 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 17 marzo 1976, G. U. 13 ottobre 1976, n. 274. legge 9 ottobre 1971, n. 8~4. art. 3, secondo comma ( artt. 3 e 35 della Costituzione). Tribunale di Lecce, ordinanza 6 aprile 1976, G. U. 15 settembre 1976, G. U. 15 settembre 1976, n. 246. legge 6 dicembre 1971, n. 1034, artt. 30, ter:o comma, e 37 (artt. 24 e 113 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 3 marzo 1976, G. U. 15 settembre 1976, n. 246. legge 6 dicembre 1971, n. 1034, art. 42 (artt. 3 e 24, della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale dell'Emilia-Romagna, ordinanza 14 gennaio 1975, G. U. 20 ottobre 1976, n. 281. legge 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 17, secondo comma (artt. 3, primo comma, 31 e 37, primo comma, della Costituzione). Pretore di Bologna, ordinanza 10 aprile 1976, G. U. 8 settembre 1976, n. 239. legge 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 17, secondo comma (artt. 3, primo comma, 31 e 37, primo comma, della Costituzione).. Tribunale di Milano, ordinanza 29 aprile 1976, G. U. 8 settembre 1976, n. 239. d.P.R. 3:1 dicembre 1971, n. 1432, art. 5, primo comma (artt. 3, 76 e 77, primo comma della Costituzion). Pretore di Modena, ordinanza 21 aprile 1976, G. U. 1 settembre 1976, n. 232. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 63o2, art. 44 (artt. 3, 24 e 76 della Costituzione). Commissione tributaria di secondo grado di Lucca, ordinanza 15 maggio 1976, G. U. 29 settembre 1976, n. 260. d.P.R. 26 otobre 1972, n. 633, art. 58 (art. 3 della Costituzione). Commissione tributaria di secondo grado di Benevento, ordinanza 10 maggio 1976, G. U. 15 settembre 1976, n. 246. PARTB II, LBGISLAZIONE d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636 (artt. 24, 102 e 108 della Costituzione). Tribunale di Torino, ordinanza 9 aprile 1976, G. U. 6 ottobre 1976, n. 276. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 39 (artt. 3 e 24, primo e secondo comma, della Costituzione). Commissione tributaria di secondo grado di Lucca, ordinanza 15 maggio 1976, G. U. 29 settembre 1976, n. 260. d.P.R. 26 otobre 1972, n. 636, art. 44 (artt. 3, 24 e 76 della Costituzione). Commissione tributaria di secondo grado di Pesaro, ordinanze (undici) 4 dicembre 1975, G. U. 15 settembre 1976, n. 246. Commissione tributaria di secondo grado di Macerata, ordinanza 3 marzo 1976. G. U. 8 settembre 1976, n. 239. Commissione tri\:mtaria di primo grado di Vicenza, ordinanza 31 dicembre 1975, G. U. 29 settembre 1976, n. 260. Commissione tributaria di primo grado di Paola, ordinanza 6 marzo 1976, G. U. 6 ottobre 1976, n. 267. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, art. 6 (artt. 3 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di 2 grado di Bergamo, ordinanza 23 febbraio 1976, G. U. 20 ottobre 1976, n. 281. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, artt. 6 e 14 (artt. 42 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Bari, ordinanze (due) 11 febbraio e 10 marzo 1976, G. U. 22 settembre 1976, n. 253, e 6 ottobre 1976, n. 267. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, art. 14 (artt. 3 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di 1 grado di Larino, ordinanza 20 aprile 1976, G. U. 13 ottobre 1976, n. 274. d.P.R. 23 giugno 1972, n. 749, artt. 21 e 23 (artt. 3 e 76 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 11 giugno 1975, G. U. 15 settembre 1976, n. 246. d.I. 18 dicembre 1972, n. 788, art. 1 (artt. 3, primo e secondo comma, 24, secondo comma, e 76 della Costituzione). Commissione tributaria di 1 grado di Orvieto, ordinanze (due) 12 luglio 1976, G. U. 13 ottobre 1976, n. 274. legge reg. Cam.pania 21 gennaio 1973, n. 7 (artt. 1, secondo comma, e 133 della Costituzione). Pretore di Sessa Aurunca, ordinanza 12 aprile 1976, G. U. 22 settembre 1976, n. 253. legge reg. Lazio 29 maggio 1973, n. 20, artt. 40, 72, 76 e 81 (artt. 3, 35, 36, 97, 117 e VIII disposizione transitoria della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanze (tre) 18 febbraio 1976, G. U. 20 ottobre 1976, n. 281, e 27 ottobre 1976, n. 288. JS 140 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 11 agosto 1973, n. 533, art.444 sub. 1 (artt. 3, primo comma, e 24 della Costituzione). Pretore di Vercelli, ordinanza 19 maggio 1976, G. U. 22 settembre 1976, n. 253. legge 30 novembre 1973, n. 766, sesto comma, numeri 1, 2, 3, 4 e 5 (artt. 1, 3, primo e secondo comma, 33, primo comma, 34, 35, primo comma, 51, primo comma, e 97, primo comma, della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, ordinanza 13 e 20 gennaio 1976, G. U. 8 settembre 1976, n. 239. legge reg. Campania 16 marzo 1974, n. 11, artt. 36 e 39 primo, secondo e terzo comma (artt. 3, primo comma, 35, primo comma, e 97, primo e secondo comma, della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale della Campania, ordinanza 23 marzo 1976, G. U. 29 settembre 1976, n. 260. legge 8 aprile 1974, n. 98, art. 8 (artt. 3, primo comma, e 112 della Costituzione). Corte d'appello di Rom~. ordinanza 14 febbraio 1975, G. U. 15 settembre 1976, n. 246. d.I. 20 aprile 1974, n. 104, art. 1 (artt. 24 e 11 della Costituzione). Corte di cassazione, quarta sezione penale, ordinanze (due) 24 maggio 1974, G. U. 8 settembre 1976, n. 239. legge 18 maggio 1974, n. 217 (art. 3 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale della Calabria, ordinanza 14 novembre 1975, G. U. 29 settembre 1976, n. 260. legge reg. Toscana 4 luglio 1974, n. 35, artt. 23, 38, 55 (artt. 3 e 117 della Costituzione). Pretore di Pontremoli, ordinanza 20 ottobre 1975, G. U. 8 settembre 1976, n. 239. legge reg. Toscana 4 luglio 1974, n. 35 art+. 23, 38, 55 (artt. 3 e 117 della Costituzione). Pretore di Pontremoli, ordinanza 20 ottobre 1975, G. U. 8 settembre 1976, n. 239. legge reg. Toscana 4 luglio 1974, n. 35, art. 55 (art. 25, secondo comma, della Costituzione). Corte di cassazione, ordinanze (due) 31 ottobre e 14 novembre 1975, G. U. 22 settembre 1976, n. 253. legge reg. Toscana 4 luglio 1974, 11. 35, art. 55, primo comma (artt. 3 e 117 della Costituzione). Pretore di Arcidosso, ordinanza 30 marzo 1976, G. U. 15 settembre 1976, n. 246. PARTE II, LEGISLAZIONE legge 2 agosto 1974, n. 350 (artt. 3, primo e secondo comma, 24, secondo comma, e 76 della Costituzione). Commissione tributaria di 1 grado di Orvieto, ordinanze (due) 12 luglio 1976, G. U. 13 ottobre 1976, n. 274. legge 12 agosto 1974, n. 351, art. 1 (artt. 3 e 24, secondo comma, della Co stituzione). Pretore di Firenze, ordinanza 16 aprile 1976, G. U. 20 ottobre 1976, n. 281. legge reg. Cam,pania 9 settembre 1974, n. 52, art. 3, secondo, terzo, quarto, quinto e sesto comma (artt. 3, primo comma, 35, primo comma, e 97, primo e secondo comma, della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale della Campania, ordinanza 23 marzo 1976, G. U. 29 settembre 1976, n. 260. legge reg. Veneto 23 dicembre 1974, n. 59, artt. 1 e 4 (art. 117 della Costi tuzione). Pretore di Bassano del Grappa, ordinanza 3 marzo 1976, G. U. 15 settembre 1976, n. 246. legge 14 aprile 1975, n. 103, artt. 1, 2 e 45 (artt. 2, 3, 10, 21, 41 e 43, della Costituzione). Pretore di Bologna, ordinanza 24 aprile 1976, G. U. 8 settembre 1976, n. 239. Pretore di Fidenza, ordinanza 28 aprile 1976, G. U. 15 settembre 1976, n. 246. Pretore di Gorizia, ordinanze (due) 3 e 21 maggio 1976, G. U. 15 settembre 1976, n. 246, e 22 settembre 1976, n. 253. Pretore di Messina, ordinanza 4 maggio 1976, G. U. 22 settembre 1976, n. 253. legge 14 aprile 1975, n. 103, art. 45 (artt. 3, 21, 41 e 43, della Costituzione). Pretore di Torino, ordinanza 8 giugno 1976, G. U. 13 ottobre 1976, n. 274. legge 18 aprile 1975, n. 110 art. 4 (art. 25 della Costituzione). Pretore di Milano, ordinanza 7 maggio 1976, G. U. 29 settembre 1976, n. 260. legge 22 maggio 1975, n. 152, art. 4 (artt. 13 e 24 della CostituZione). Pretore di Pizzo, ordinanza 22 aprile 1976, G. U. 15 settembre 1976, n. 246. legge 22 luglio 1975, n. 319 e tabella A, B, C, E, F (artt. 3, 36, 38 e 53 della Costituzione). Pretore di Vercelli, ordinanza 19 maggio 1976, G. U. 22 settembre 1976, n. 253. legge 31 luglio 1975, n. 363, art. 1 quinques (art. 3 della Costituzione). Pretore di Torino, ordinanza 23 gennaio 1976, G. U. 8 settembre 1976, n. 239. 142 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 24 dicembre 1975, n. 706, art. 16 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Bologna, ordinanza 1 marzo 1976, G. U. 8 settembre 1976, n. 239. legge 1 O maggio 1976, n. 319, artt. 3, primo, secondo e terzo comma, 13, nn. 1 e 2, lettera a, 15, secondo comma, lettera a, ottavo e nono comma, 21, 22, 23, 25, ultimo comma, 26, primo comma (artt. 3, primo comma, 11, secondo inciso, 32 e 101, secondo comma, della Costituzione). Pretore di Padova, ordinanza 22 giugno 1976, G. U. 27 ottobre 1976, n. 288. CONSULTAZIONI AGRICOLTURA Esenzioni e agevolazioni Territori montani Contributi agricoli unificati Esclusione . (l. 3 dicembre 1971, n. 1102, art. 12; l. 25 luglio 1952, n. 991, art. 8). Se il rinvio che l'art. 12 della legge 3 dicembre 1971, n. 1102, in cui sono previste agevolazioni fiscali per i territori montani, fa all'art. 8 della legge 25 luglio 1952, n. 991, recante altre agevolazioni e sgravi per i territori montani, debba intendersi limitato alle sole agevolazioni da oneri tributari ovvero debba invece comprendere anche l'esenzione dal pagamento dei contributi agricoli uni ficati (n. 78). AMMINISTRAZIONE PUBBLICA Enti liriti Trattamento di missione del personale: dipendenti amministrativi e personale artistico e tecnico (art. 26 l. 18 dicembre 1973, n. 836; art. 25 l. 14 agosto 1967, n. 800). Se l'art. 26 della legge 18 dicembre 1973, n. 836 (secondo il quale il trattamento di missione e di trasferimento del personale degli enti ed istituti di diritto pubblico e degli enti comunque sottoposti a vigilanza dello Stato non pu eccedere quello stabilito per i dipendenti dello Stato di qualifica o categoria parificabili) per quanto concerne gli Enti lirici torni applicabile al solo personale amministrativo ovvero anche al personale artistico e tecnico (n. 382). ASSICURAZIONE Infortunio in servizio e a causa di servizio -Equo indennizzo -Assicurazione r.c. Risarcimento -Cumulabilit -(d.P.R. 3 maggio 1957, n. 686, art. 50,.2 comma). Se per effetto del disposto dell'art. 50, 2 comma, del d.P.R. 3 maggio 1957, n. 686 che fa obbligo di ridurre dall'equo indennizzo quanto eventualmente percepito dall'impiegato in virt di assicurazione a carico dello Stato o di altra pubblica amministrazione sia da escludere la cumulabilit tra l'importo dell'equo indemzzo corrisposto ad un dipendente infortunatosi in un incidente stradale occorso in servizio ed a causa di servizio a bordo di un automezzo dell'Amministrazione e l'ammontare del risarcimento corrisposto dalla societ assicuratrice del veicolo (n. 91). ATTI AMMINISTRATIVI Circolazione stradale -Spazi riservati alla sosta degli agenti del corpo diplomatico -Legittimit -(art. 4 lett. B, l. 15 giugno 1959, n. 393). Se, in relazione al disposto dell'art. 4 della legge 15 giugno 1959, n. 393 -che contempla la facolt per i Comuni di riservare, mediante ordinanza sindacale, 144 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO appositi spazi alla sosta di determinati veicoli quando c10 sia necessario per motivi di interesse pubblico -rientra nel detto concetto di interesse pubblico quello relativo all'esplicazione da parte degli agenti del Corpo diplomatico accreditato presso il nostro Governo a svolgere la loro missione (n. 29). Ordinanza sindacale istitutiva di parcheggi riservati, legittimazione all'impegnativa, autonoma in relazione alla pendenza di procedimento di contravvenzione: insussistenza -(d.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199, art. 4 lett. B; l. 16 maggio 1959, n. 393; art. 5 l. 20 marzo 1965, n. 2248 All. E). Se la pendenza di un procedimento di contravvenzione possa costituire titolo di legittimazione all'impugnativa autonoma dell'ordinanza sindacale istitutiva di parcheggi riservati ovvero se la questione di legittimit dell'ordinanza sindacale possa essere sollevata in via incidentale (ai fini della disapplicazione) soltanto in sede di impugnativa giudiziaria del provvedimento prefettizio di rigetto dell'opposizione al verbale di contravvenzione (n. 28). AUTOVEICOLI Autoveicoli -Carta di circolazione -Immatricolazione -Rinnovo -Ritardo Responsabilit della P.A. -(t.u. 15 giugno 1959, n. 393, artt. 58 e 59, 2 comma). Se in linea generale sussista responsabilit dell'amministrazione per il ritardo nella reimmatricolazione di un autoveicolo qualora il nuovo proprietario non abbia provveduto alla relativa richiesta (n. 80). Autoveicoli -Carta di circolazione -Rilascio -Immatricolazione Rinnovo Diritto soggettivo -Interesse legittimo -(t.u. 15 giugno 1959, n. 393, artt. 58 e 59, 2 comma). Se il proprietario dell'autoveicolo sia titolare di un diritto soggettivo ovvero di un interesse legittimo al rilascio della carta di circolazione, ovvero al rinnovo di immatricolazione (n. 79). CIRCOLAZIONE STRADALE Circolazione stradale -Spazi riservati alla sosta degli agenti del Corpo diplomatico -Legittimit -(art. 4 lett. B, l. 15 giugno 1959, n. 393). Se, in relazione al disposto dell'art. 4 della legge 15 giugno 1959, n. 393 -che contempla la facolt per i Comuni. di riservare, mediante ordinanza sindacale, appositi spazi alla sosta di determinati veicoli quando ci sia necessario per motivi di interesse pubblico -rientri nel detto concetto di interesse pubblico quello relativo all'esplicazione da parte degli agenti del Corpo diplomatico accreditato presso il nostro Governo a svolgere la loro missione (n. 50). Ordinanza sindacale istitutiva di parcheggi riservati, legittimazione all'impugnativa, autonoma in relazione alla pendenza di procedimento di contravvenzione; insussistenza -(d.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199, art. 4 lett. B, l. 16 maggio 1959, n. 393; art. 5 l. 20 marzo 1965, n. 2248 All. E). Se la pendenza di un procedimento di contravvenzione possa costituire titolo di legittimazione all'impugnativa autonoma dell'ordinanza sindacale istitutiva di parch~ggi riservati ovvero se la questione di legittimit dell'ordinanza sindacale possa essere sollevata in via incidentale (ai fini della disapplicazione) soltanto in sede di impugnativa giudiziaria del provvedimento profettizio di rigetto dell'opposizione al verbale di contravvenzione (n. 49). PARTE II, .CONSULTAZIONI 14.f COMPETENZA E GIURISDIZIONE Autoveicoli Carta di circolazione Immatricolazione Rinnovo Ritardo Responsabilit della P.A. (t.u. 15 giugno 1959, n. 393, artt. 58 e 59, 2 comma). Se in linea generale sussista responsabilit dell'amministrazione per il ritardo nella reimmatricolazione di un autoveicolo qualora il nuovo proprietario non abbia provveduto alla relativa richiesta (n. 33). Autoveicoli Carta di circolazione Rilascio Immatricolazione Rinnovo Diritto soggettivo Interesse legittimo (t.u. 15 giugno 1959, n. 393, artt. 58 . e 59, 2 comma). Se il proprietario dell'autoveicolo si titolare di un diritto soggettivo ovvero di un interesse legittimo al rilascio della carta di circolazione, ovvero al rinnovo di immatricolazione (n. 32). CONTENZIOSO TRIBUTARIO Contenzioso tributario Commissione centrale Decisione Impugnativa giudiziaria Riforma tributaria Effetti Proponibilit -Termine Diritto transitorio -( d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 42, 2 comma, 43 4 comma, e 46; r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, artt. 22 e 29; d.l. 18 dicembre 1972, n. 788; l. 15 febbraio 1973, n. 9, r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269 art. 146). Se sia possibile in forza delle disposizioni transitorie di cui all'art. 43, 4 comma del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, ed in quale termine, proporre azione giudiziaria ex art. 146 della L.O.R. a seguit di decisione della commissione centrale emanata, in controversia di diritto, prima della data di insediamento delle nuove commissioni tributarie (n. 12). CONTRABBANDO Contrabbando -Merce integralmente sequestrata Costituzione di parte civile dell'Amministrazione finanziaria .nel processo penale Ammissibilit. (art. 145 1 comma l. 25 settembre 1940, n. 1424; art. 338, 1 comma, t.u. 23 gennaio 1973, n. 43). Se l'Amministrazione finanziaria possa costituirsi parte civile nei processi penali di contrabbando nei casi in cui la merce oggetto del contrabbando sia stata interamente sequestrata e tale costituzione sia opportuna in presenza di circostanze che facciano presumere un grave pregiudizio a seguito di sentenza assolutoria o di fatto di particolare gravit (fermo di navi ai limiti di acque territoriali) o che possano dar luogo ad interpretazioni opinabili (n. 54). COMUNI E PROVINCE Acquisti immobiliari Beni demaniali delle FF.SS. Acquisto con facolt di p.i. e con vincolo di destinazione -Autorizzazione governativa Deroghe (l. 21 luglio 1896, n. 218, art. 2, r.d. 26 luglio 1896, n. 361, art. 7, primo comma). Se sia necessaria l'autorizzazione governativa ai sensi dell'art. 2 della legge 21 luglio 1896, n. 218 per l'acquisto da parte di Comuni e Province di beni di RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DE'LLO STATO propriet delle Ferrovie dello Stato, alienabili perch non pi necessari all'esercizio ferroviario, qualora tali acquisti siano effettuati per l'esecuzione di opere dichiarate di pubblica utilit o quando i beni stessi entrino a far parte del demanio provinciale o co.munale o quando l'alienazione avvenga per esigenze di pubblico interesse e con vincolo di destinazione degli immobili (n. 155). Comune, contratti stipulati dal Comune nell'esercizio di una delegazione amministrativa, controllo dell'organo tutorio (art. 87 r.d. 3 marzo 1934, n. 383; art. 296 r.d. 3 marzo 1934, n. 383; art. 6 d.P.R. 9 aprile 1956, n. 1265). Se i contratti stipulati dal Comune nell'esercizio di una delegazione amministrativa per conto della Gestione INA-CASA siano soggetti oltre che alla ratifica dell'ente delegante al controllo dell'autorit tutoria (n. 156). Panda per il Culto -Assegno supplementare di congrua assunzione dell'obbligo da parte del Comune in corrispettivo della devoluzione di rendite -Limiti dell'obbligo all'attualit (l. 7 luglio 1866, n. 3036, art. 28, n. 4; l. 18 agosto 1867, n. 3848, art. 2; l. 4 giugno 1899, n. 191; r.d. 29 gennaio 1937, n. 227, art. 3). Se il Comune sia attualmente tenuto soltanto nei limiti delle rendite e dei sensi ad esso devoluti, sia pure rivalutati ai termini di legge, a corrispondere assegno supplementare di congrua a favore del parroco della locale chiesa ri cettizia, nella ipotesi in cui cenni, livelli e decime siano stati a suo tempo dimessi dal fondo per il culto al Comune in corrispettivo dell'obbligo di quest'ultmo a provvedere all'erogazione, in favore del parroco pro tempore, dell'assegno supplementare di congrua giusta il disposto dell'art. 2 della legge 15 agosto 1967, n. 3848 (n. 158). lmposta di registro Contratti stipulati dal Comune nell'esercizio di una delegazione amministrativa, controllo dell'organo tutorio, decorrenza del termine di registrazione (art. 80 r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269; art. 110 r.cl. 30 dicembre 1923, n. 3269; art. 87 r.d. 3 marzo 1934, n. 383; art. 296 1".d. 3 marzo . 1934, n. 383; art. 6 d.P.R. 9 aprile 1956, n. 1265). Se per i contratti stipulati dal Comune nell'esercizio di una delegazione amministrativa per conto della Gestione INA-CASA il termine di registrazione decorra dalla data del controllo dell'organo tutorio (n. 157). DAZI DOGANALI Sospensione tariffaria Introduzioni di merci estere in periodo di sua urgenza Sdoganamento successivo -Trattamento daziario (d.P.R. 26 giugno 1965, numero 723, All. A; regol. CEE 28 giugno 1973, n. 1764). Se a una partita di merci estere, pervenuta in territorio nazionale ad una certa data e definitivamente sdoganata con ritardo imputabile a fatto del vet tore e/o a forza maggiore, possa applicarsi l'esenzione tariffaria vigente al momento in cui la merce pervenuta in Italia ovvero il trattamento daziario pieno successivamente ripristinato e in vigore al momento~della nazionalizzazione della merce stessa (n. 89). PARTE II, CONSULTAZIONI ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILIT Espropriazione per pubblica utilit; l. 22 ottobre 1971, n. 865; 1. 22 giugno 1974, n. 247 espropriazione parziale; applicabilit dell'art. 40 1. 25 giugno 1865, numero 2359 (art. 40 l. 25 giugno 1865, n. 2359; l. 22 ottobre 1971, n. 865; d.l. 2 maggio 1974, n. 115; !. 22 giugno 1974, n. 247). Se, dopo l'entrata in vigore della legge 22 giugno 1974, n. 247 (che ha con vertito con modifiche il d.I. 2 maggio 1974, n. 115 recante norme per accelerare i programmi di edilizia residenziale) che richiama i criteri della legge 22 ottobre 1971, n. 865 (cfr. legge sulla casa) per le determinazioni dell'indennit di esproprio, possa farsi luogo all'applicazione dell'art. 40 della legge 25 giugno 1865, n. 2359 concernente l'espropriazione parziale (n. 351). FERROVIE Enti portuali Gestione servizio ferroviario, oneri a carico dell'Azienda Autonoma Ferrovie dello Stato: identificazione (art. 1 l. 17 dicembre 1971, n. 1157). Se le spese conseguenti all'espletamento del servizio, da stabilire con apposita convenzione, poste a carico dell'Azienda Autonoma delle Ferrovie dello Stato dall'art. 1 legge 17 dicembre 1971, n. 1157 -che ha attribuito agli enti oortuali di Genova, Savona e Napoli l'esercizio ferroviario nei porti, la costruzione e manutenzione dei relativi impianti e l'espletamento dei servizi connessi nell'ambito della giurisdizione portuale -vadano identificati nei soli oneri economici dell'esercizio del servizio ferroviario gi a carico dell'Azienda F.S. vi gente il presistente regime degli appalti, cio solo in quelle spese occorrenti per l'espletamento del servizio che prima veniva svolto a mezzo di appaltatori (n. 441). IGIENE E SANIT Sanit marittima Uffici speciali Medico provinciale preposto Personale regionale Utilizzabilit (r.d. 27 luglio 1934, n. 1265, art. 28; 1. 13 marzo 1958, n. 296, art. 4, n. 3; d.P.R. 14 gennaio 1972, n. 4, artt. 6, n. 2 e 12). Se il personale regionale addetto agli Uffici dei medici provinciali possa essere utilizzato per lo svolgimento dei servizi di competenza degli Uffici speciali di sanit marittima qualora a tali uffici continui ad essere preposto, in virt dell'art. 12, ultimo comma, del d.P.R. 14 gennaio 1972 n. 4, il medico provinciale c;iuale organo dello Stato (n. 13). IMPIEGO PUBBLICO 1 Infortunio in servizio o a causa di servizio Equo indennizzo Assicurazione r.c. Risarcimento Cumulabilit ( d.P.R. 3 maggio 1957, n. 686, art. 50, secondo comma). Se per effetto del disposto dell'art. 50, secondo comma, del .d.P.R. 3 maggio 1957, n. 686 che fa obbligo di ridurre dall'equo indennizzo quanto eventualmente percepito dall'impiegato in virt di assicurazione a carico dello Stato o di altra pubblica amministrazione sia da escludere la cumulabilit tra l'importo dell'equo indennizzo corrisposto ad un dipendente infortunatosi in un incidente stradale occorso in servizio ed a causa di servizio a bordo di un automezzo dell':Ammi nistrazione e l'ammontare del risarcimento corrisposto dalla societ assicura trice del veicolo (n. 787). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO IMPOSTA DI BOLLO Atti soggetti -Quietanze -Prestatori di lavoro -Fogli o moduli predisposti Sottoscrizione -Sufficienza (d.P.R. 25 giugno 1953, n. 492, art. 7; d.P.R. 25 giugno 1953, n. 492, art. 19, tariffa a). Se costituiscano quietanze assoggettabili all'imposta di bollo, ai sensi del l'art. 7 del d.P.R. 25 giugno 1953, n. 492 e dell'art. 19 della Tariffa ali. A. l'apposizione di firme dei prestatori di lavoro percipienti su fogli o moduli opportunamente intestati con indicazioni o meno delle somme percepite (n. 54). Atti soggetti -Quietanze -Requisiti di forma e sottoscrizione -Non necessariet (d.P.R. 25 giugno 1953, n. 492, art. 7; Cod. Civ. art. 1199). Se le quietanze, per essere assoggettabili all'imposta di bollo, ai sensi dell'art. 7 del d.P.R. 25 giugno 1953, n. 492, necessitino di forme sacramentali e della sottoscrizione del percipiente (n. 53). Atti soggetti Quietanze non liberatorie Assoggettabilit (d.P.R. 25 giugno 1953, n. 492, art. 7; Cod. Civ. art. 1199). Se, ai sensi dell'art. 7 del d.P.R. 25 giugno 1953, n. 492, siano soggette all'imposta di bollo anche le quietanze meramente confessorie ossia le dichiarazioni o riconoscimenti dati perpagamenti fatti a qualsiasi titolo con denaro (n. 52). IMPOSTA DI REGISTRO Comune, contratti stipulati dal Comune nell'esercizio di una delegazione amministrativa, controllo dell'organo tutorio (art. 87 r.d. 3 marzo 1934, n. 383; art. 296 r.d. 3 marzo 1934, n. 383; art. 6 d.P.R. 9 aprile 1956, n. 1265). Se i contratti stipulati dal Comune nell'esercizio di una delegazione amministrativa per conto della Gestione INA-CASA siano soggetti oltre che alla ratifica dell'ente delegante anche al controllo dell'autorit tutoria (n. 433). Contenzioso tributario Commissione centrale -Decisione -Impugnativa giudiziaria Riforma tributaria -Effetti -Proponibilit -Termine -Diritto transtiorio (d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, artt. 42, secondo comma, 43, quarto comma, e 46; r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, artt. 22 e 19; d.l. 18 dicembre 1972, n. 788; l. 18 febbraio 1973, n. 9; r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 146). Se sia possibile in forza delle disposizioni transitorie di cui all'art. 43, quarto comma del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, ed in quale termine, proporre azione giudiziaria ex art. 145 della L.O.R. a seguito di decisione della commissione centrale emanata, in c6ntroversia di diritto, prima della data di insediamento delle nuove Commissioni Tributarie (n. 432). lmposta di registro Contratti stipulati dal Comune nell'esercizio di una delegazione amministrativa, controllo dell'organo tutorio, decorrenza del termine di registrazione (art. 80 r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269; art. 110 r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269; art. 87 r.d. 3 marzo 1934, n. 383; art. 296 r.d. 3 marzo 1934, n. 383; art. 6 d.P.R. 9 aprile 1956, n. 1265). Se per contratti stipulati dal Comune nell'esercizio di una delegazione amministrativa per conto della Gestione INA-CASA il termine di registrazione decorra dalla data del controllo dell'organo tutorio (n. 434). PARTE II, CONSULTAZIONI IMPOSTA DI SUCCESSIONE Dichiarazione di rettifica del valore dichiarato -Interessi di mora -Efficacia (l. 26 gennaio 1961, n. 29). se la dichiarazione di rettifica di valore dei beni caduti in successione, contenuta nel ricorso del contribuente alla commissione distrettuale, sia idonea ad arrestare il corso degli interessi di mora dovuti ai sensi della legge 26 gennaio 1961, n. 29 sul tributo complementare dfinitivamente accertato (n. 91). IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA Esenzioni -Istituti autonomi case popolari -Costruzione edifici Appalti -Corrispettivi -Applicabilit (d.l. 25 maggio 1972, n. 202, art. 5; d.l. 9 gennaio 1940, n. 2; d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, .art. 1; cod. civ. art. 2195). Se i corrispettivi di appalto per la costruzione di edifici degli Istituti autonomi case popolari possano essere ritenuti esenti dall'imposta generale sul l'entrata ai sensi dell'art. 5 dl d.l. 25 maggio 1972, n. 202, che prevede l'applicabilit di tale esenzione alle attivit imprenditoriali indicate dall'art. 2195 cod. civ. (n. 159). IMPOSTA SUL VALORE AGGIUNTO Soggetti passivi Obbligo di versamento all'erario -Evasione Illecito penale Configurabilit -Esclusione (d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, artt. 17, 18, 19, 44, 50; cod. pen., artt. 314 e 646). Se il mancato versamento all'erario dell'imposta sul valore aggiunto da parte di coloro che effettuano cessioni di beni o prestazioni di servizi imponibili, come prescritto dall'art. 17 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, possa configurare un illecito penale (appropriazione indebita o peculato) concorrente con quello previsto dall'art. 50, primo comma, stesso d.P.R. ovvero concretizzi un mero inadempimento di obblighi tributari (n. 4). IMPOSTE DI FABBRICAZIONE Acquavite di vino Furto -Causa di forza maggiore Esonero dal pagamento (Circ. Min. Finanze 1 dicembre 1973, n. 923/7737). Se possa godere dell'esonero .dal pagamento dell'imposta di fabbricazione un quantitativo di acquavite di vino asportato da ignoti ladri dal magazzino di invecchiamento, invocandosi l'ipotesi di perdita o distruzione del prodotto per causa di forza maggiore (n. 20). Imposte di fabbricazione: elevazione del saggio di foteresse sui pagamenti dilazionati sui prodotti petroliferi: data di entrata in vigore delle disposizioni dell'art. 3 quater d.l. 6 luglio .1974, n. 251 che prevede tale elevazione (art. 3 quater l. 14 agosto 1974, n. 346; d.l. 6 luglio 1974, n. 251). Se gli emendamenti innovativi contenuti nell'art. 3 quater introdotto con la legge di conversione 14 agosto 1974, n. 346 nel testo del d.I. 6 luglio 1974, n. 251 concernente modificazioni a regime fiscale di alcuni prodotti petroliferi (con elevazione del livello del saggio d'interesse sui pagamenti dilazionati dell'impo tJO RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sta di fabbricazione sugli anzidetti prodotti) trovino applicazione dalla data cli pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della stessa legge di conversione, e conseguentemente il maggior saggio d'interesse ivi previsto si applichi ai versamenti effettuati a partire dalla ridetta data di pubblicazione della legge di conversione (n. 23). lmposte di fabbricazime: Elevazione del saggio di interesse sui pagamenti dilazionati sui prodotti petroliferi: carattere retroattivo della disposizione dell'art. 3 quater d.l. 6 luglio 1974, n. 251 che prevede tale elevazione (art. 3 quater legge 14 agosto 1974, n. 346; d.l. 6 luglio 1974, n. 251). Se la norma di cui all'art. 3 quater del d.I. 6 luglio 1974, n. 251 concernente modifiche al regime fiscale di alcuni prodotti petroliferi, con elevazione del livello del saggio d'interesse sui pagan1enti dilazionati dell'imposta di fabbricazione sugli anzidetti prodotti -introdotta con la legge di conversione 14 agosto 1974, n. 346 -abbia carattere retroattivo ed estenda quindi il suo ambito di applicazione anche i periodi di dilazione anteriori alla sua entrata in vigore (numero 24). Imposta di fabbricazione Spiriti Distillazione e lavorazione -Licenza di esercizio -Titolarit -Persona giuridica (t.u. 8 luglio 1924; r.d. 27 novembre 1933, n. 1604, art. 1). Se la licenza di esercizio per distillazione e lavora;idone spiriti possa essere concessa ad una persona giuridica (n. 21). Imposte di fabbricazione -Spiriti Distillazione e lavorazione -Licenza di esercizio -Titolarit -Societ in accomandita semplice -Mutamento socio accomandatario e ragione sociale Effetti (t.u. 8 luglio 1924; r.d. 27 novembre 1933, n. 1604, art. 1). Se nel caso di mutamento del socio accomandatario e della ragione sociale di una societ in accomandita semplice titolare di licenza di esercizio per distillazione e lavorazione spiriti, siano necessarie il rinnovo della licenza, la prestastazione di nuova cauzione e se si verifichi un trasferimento di prodotto gravati da imposta di fabbricazione (n. 22). IMPOSTE E TASSE Contenzioso -Esecuzione immobiliare -Intervento di un terzo -Definizione per condono -Possibilit del terzo di surrogarsi al debitore d'imposta -Esclusione (d.l. 5 novembre 1973, n. 660; l. 19 dicembre 1973, n. 823; cod. civ. art. 2900). Se un creditore concorrente con l'Amministrazione Finanziaria in una proce dura di esecuzione forzata immobiliare possa surrogarsi al debitore di imposta, definendo per costui la situazione tributaria, che ha determinato l'intervento della finanza creditrice nell'esecuzione intrapresa a danno del medesimo debitore, ai sensi del d.I. 5 novembre 1973, n. 660 (convertito in legge 19 dicembre 1973, n. 823) sul condono tributario (n. 586). PARTE II, CONSULTAZIONI Contenzioso tributario -Commissione centrale -Decisione -Impugnativa giudiziaria -Riforma tributaria -Effetti -Proponibilit -Termine -Diritto transitorio (d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, artt. 42, secondo comma, 43, quarto comma, e 46; r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, artt. 22 e 29; d.l. 18 dicembre 1972, n. 788; l. 15 febbraio 1973, n. 9; r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 146). Se sia possibile in forza delle disposizioni transitorie di cui all'art. 43 quarto comma del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, ed in quale termine, proporre azione giudiziaria ex art. 146 della L.O.R. a seguito di decisione della Commissione Centrale emanata, in controversia di diritto, prima della data di insediamento delle nuove Commissioni Tributarie (n. 587). Esenzioni e agevolazioni -Territori montani -Contributi agricoli unificati Esclusione (l. 3 dicembre 1971, n. 1102, art. 12; l. 25 luglio 1952, n. 931, art. 8). Se il rinvio che l'art. 12 della lgge 3 dicembre 1971, n. 1102, in cui sono previste agevolazioni fiscali per i territori montani, fa all'art. 8 della legge 25 luglio 1952, n. 91, recante altre agevolazioni e sgravi per i territori montani, debba intendersi limitato alle sole agvolazioni da oneri tributari ovvero debba invece comprendere anche l'esenzione dal pagamento dei contributi agricoli uni ficati (n. 591). , Imposta sulla pubblicit; esposizioni pubblicitarie relative a giornali, esenzione, limiti (d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 639, art. 20, n. 6). se l'esenzione dall'imposta sulla pubblicit prevista dall'art. 20, n. 6, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 639 a favor.e delle esposizioni pubblicitarie relative ai giornali in vedita nelle edicole e nei negozi ricorra anche nell'ipotesi in cui il mezzo pubblicitario non venga esposto all'interno o sulla facciata esterna delle edicole o dei negozi medesimi ma venga invece collocato in spazi diversi ancorch prossimi all'edicola o a negozio (n. 590). Ipoteca legale -Per accertate violazioni fiscali -Iscrizione e cancellazione -Pre notazione a debito -Ripetibilit dell'imposta Condizioni (l. 7 gennaio 1929, n. 4, art. 26; l. 5 giugno 1943, n. 340, artt. 8, 15 e 17). . Se l'iscrizione e la cancellazione dell'ipoteca legale di cui all'art. 26 della legge 7 gennaio 1929, n. 4, che autorizza l'Intendente di Finanza a richiedere l'iscrizione di ipoteca sui beni del trasgressore in caso di accertate contrav venzioni in materia d'imposte, comporti la ripetizione delle imposte ipotecarie prenotate a debito a carico del debitore contravventore, qualora le constatate violazioni non vengano a risultare insussistenti (n. 588). Notificazioni in materia tributaria; nullit, sanatoria (cl.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 32; cocl. proc. civ. artt. 137 segg. 156, 160). Se la violazione dell'art. 32 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636 (che detta la disciplina delle comunicazioni e notificazioni nel procedimento avanti agli organi della Giustizia tributaria) in relazione agli artt. 137 e seguenti del cod. proc. civ. sulle notificazioni in materia civile importi nullit assoluta non, suscettibile di sanatoria neppure nel caso in cui vi sia la prova che il destinatario giunto a tempestiva conoscenza dell'atto notificato ovvero debba trovare applicazione in questo caso il principio di sanatoria posto agli artt. 160 e 156 dello stesso cod. proc. civ. con riferimento all'effettivo raggiungimento dello scopo cui l'atto, inficiato di nullit, destinato (n. 589). 152 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO IMPOSTE IPOTECARIE Ipoteca legale -Per accertate violazioni fiscali -Iscrizione e cancellazione -Pre notazione a debito Ripetibilit dell'imposta -Condizioni (l. 7 gennaio 1929, n. 4, art. 26; l. 25 giugno 1943, n. 540, artt. 8, 15 e 17). Se l'iscrizione e la cancellazione dell'ipoteca legale di cui all'art. 26 della legge 7 gennaio 1929, n. 4, che autorizza l'Intendente di Finanza a richiedere l'iscrizione di ipoteca sui beni del trasgressore in caso di accertate contravvenzioni in materia d'imposte, comporti la ripetizione delle imposte ipotecarie prenotate a debito a carico del debitore contravventore, qualora le constatate violazioni non vengano a risultare insussistenti (n. 8). IMPOSTE VARIE Imposta sulla pubblicit e diritti sulle pubbliche affissioni -Accertamento e riscossione -Concessionario del servizio -Ditta individuale -Societ di capitali subentrante " Iscrizione all'albo -Requisito di anzianit -Trasmissibilit (d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 639, artt. 40 e 57). Se una societ a responsabilit limitata subentrata a due ditte individuali, gi concessionarie del servizio per l'accertamento e per la riscossione dell'imposta comunale sulla pubblicit e dei diritti sulle pubbliche affissioni, possa, agli effetti del requisito concernente l'esercizio di riscossione dell'imposta e dei diritti per non meno di un anno, avvalersi dell'anzianit di servizio delle ditte ong11narie, ai fini della iscrizione nell'albo dei concessionari del servizio ai sensi dell'art. 40 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 639 (n. 93). INVALIDI DI GUERRA Invalidi di Guerra -Profugo giuliano titolo a diversi trattamenti assistenziali, applicabilit del pi favorevole (artt. 3-8 l. 4 marzo 1952, n. 137; art. 27 l. 18 marza 1968, n,. 313; art. 29 l. 18 marza 1968, n. 313). Se il demente che, in quanto profugo giuliano avrebbe titolo al ricovero in ospedale psichiatrico con rette a carico dell'Amministrazione dell'Interno e in quanto invalido di guerra con diritto a pensione avrebbe titolo al ricovero in ospedale psichiatrico con obbligo di sottostare a trattamento della pensione di guerra sino ad un terzo, abbia diritto di fruire del trattamento assistenziale pi favorevole (n. 34). ISTRUZIONE Edilizia scolastica: l. 28 luglio 967, n. 641; programma nazionale di edilizia sco lastica a carico dello Stato (l. 28 luglio 1967, n. 641). Se le opere eseguite in attuazione del programma nazionale di edilizia sco lastica previsto dalla legge 28 luglio 1967, n. 641 siano di competenza statale (n. 42). Istruzione secondaria -Alunni -Disciplina -Poteri dell'Autorit scolastica -Sospensione cautelare dalle lezioni (r.d. 4 maggio 1925, n. 653, artt. 14 e 19). Se in forza dell'art. 19 del r.d. 4 maggio 1925, n. 653 compete all'Autorit scolastica (nella specie: Collegio dei Professori di un Istituto Tecnico per Geo PARTE II, CONSULTAZIONI metri) il potere di sospendere cautelativamente dalle lezioni gli alunni che abbiano contravvenuto o siano gravemente sospettati di aver contravvenuto ai doveri e alle regole indicati nel precedente art. 14 dello stesso r.d. (n. 40). Opere statali: necessit di licenza edilizia: esclusione (art. 29 l. 17 agosto 1942, n. 1150; art. 31 l. 17 agosto 1942, n. 1150; art. 32, ultimo comma, l. 17 agosto 1942, n. 1150; art. 10 l. 6 agosto 1967, n. 765). Se, tenuto conto delle modifiche ed integrazioni apportate alla legge urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150 della legge 6 agosto 1967, n. 765 e legge-ponte ed in particolare della sostituzione dell'art. 81 della legge 1150/942 con l'art. 10 della legge 765/967, deve ritenersi che le opere statali siano sottratte all'obbligo della licenza edilizia solo in quanto costruite su beni demaniali ovvero in via generale (n. 41). PROCEDIMENTO CIVILE Peculato e malversazione -Can.celliere -Somme e valori depositati per giudizi civili -Appropriazione (cod. pen. artt. 314 e 315,' disp. atti c.p.c. artt. 38 e 39). Se commetta reato di peculato, ovvero quello di malversazione a danno di privati, il cancelliere che si appropri delle somme e dei valori depositati dalle parti che promuovono giudizi civili (n. 53). Peculato e malversazione -Cancelliere -Somme e valori depositati per giudizi civili -Appropriazione -Pubblica Amm.ne -Obbligo di restituzione (Cod. pen. artt. 314 e 315; disp. atti artt. 38 e 39; cod. civ. art. 1782). Se la Pubblica Amm.ne sia tenuta a restituire le somme ed i valori depositati dalle parti che promuovono giudizi civili, qualora di dette somme e valori si sia appropriato un cancelliere (n. 54). Ufficiale giudiziario -Ingiunzione fiscale -Notificazione -Ritardo -Responsabilit (Cod. proc. civ. art. 60, n. 1). Se sia civilmente responsabile ai sensi dell'art. 60, n. 1 cod. proc. civ. l'ufficiale giudiziario che cagioni la caduta in prescrizione di un credito erariale ritardando, senza giusto motivo, la notifica dell'ingiunzione fiscale oltre la data richiesta dall'Ufficio finanziario procedente o dall'urgenza del caso (n. 55). LOCAZIONI DI COSE Locazioni urbane -Regime vincolistico -Applicabilit alle locazioni passive della P.A. (d.l. 24 luglio 1973, n. 426). Se, in materia di locazioni urbane, le disposizioni vincolistiche di cui al d.l. 24 luglio 1973, n. 426 tornino applicabili anche alle locazioni passive della P.A. (n. 148). Locazioni urbane -Regime vincolistico -Periodo 1 luglio 1974-2 settembre 1974 insussistenza di vuoto (l. 22 dicembre 1973, n. 841; d.l. 19 giugno 1974, n. 236; l. 12 agosto 1974, n. 351). Se, in materia di locazioni. urbane, deve ritenersi sussistere dal 1 luglio 1974 (termine della proroga disposta. dalla legge n. 841/1973) al 2 settembre 1974 (data 154 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO d'entrata in vigore della legge n. 351/1974, che ha convertito con modifiche il d.I. 19 giugno 1974, n. 236) tm vuoto nel regime vincolistico il quale avrebbe ripreso ad operare ex novo solo in ordine ai contratti in corso alla data del 3 settembre 1974 in quanto non disdettati con effetto anteriore o aventi sca