ANNO XXVII -N. 6 NOVEMBRE -DICEMBRE 1975 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Pubblicazione bimestrale di servizio ROMA ISTITUTO POLIGRAFICO DELLO STATO 1975 ABBONAMENTI ANNO . . . . . . . . . . . . . . L. 12.750 UN NUMERO SEPARATO . . . . . . . . . . 2.250 Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: LIBRERIA DELLO STATO -PIAZZA G. VERDI, 10 ROMA e/e postale 1/2640 Stampato in Italia Printed in ltal:y Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 lu1dlo 1966 (6219007) Roma, 1976 -Istituto Poligrafico dello Stato P.V. A decorrere dal presente numero la Sezione di Giurisprudenza Costituzionale viene curata dal collega Giuseppe AngeliniRota, che lascia l'incarico di redigere la Sezione di Giurispru~ denza Tributria. Al collega Michele Savarese, collocato a riposo a domanda, la Redazione rivolge un cordiale saluto ed il pi vivo ringraziamento per la proficua attivit svolta. La Redazione INDICE Parte prima: GIURISPRUDENZA Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE (a cura de/J'avv. Giuseppe Angelini-Rota) pag. 953 Sezione seconda: GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E INTERNAZIONALE (a cura dell'avv. Arturo Marzano) 985 Sezione terza: GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE (a cura dell'avv. Benedetto Baccari) I 009 Sezione quarta: GIURISPRUDENZA CIVILE (a cura dell'avvocato Adriano Rossi) . . . . I 02 6 Sezione quinta: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (a cura de//'avv. Ugo Gargiulo) . . I040 Sezione sesta: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (a cura de/l'avvocato Carlo Bafile) . . . . . . I072 Sezione settima: GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI (a cura del/'avv. Arturo Marzano) . I 123 Sezione ottava: GIURISPRUDENZA PENALE (a cura del/'avv. Paolo Di Tarsia di Be/monte) . I I 46 Parte seconda: QUESTIONI -LEGISLAZIONE -INDICE BIBLIOGRAFICO CONSULTAZIONI -NOTIZIARIO QUESTIONI pag. 119 LEGISLAZIONE 143 CONSULTAZIONI 153 La pubblicazione diretta dall'avvocato: UGO GARGIULO CORRISPONDENTI DELLA RASSEGNA DELEGATI PRESSO LE SINGOLE AVVOCATURE Avvocati Glauco NoRI, Ancona; Francesco Cocco, Bmi; Michele DIPACE, Bologna; Giovanni CoNTU, Cagliari; Americo RALLO, Caltanissetta; Filippo CAPECE MINUTOLO DEL SASSO, Catanzaro; Raffaele TAMIOZZO, Firenze; Francesco GuICCIARDI, Genova; Adriano Rossr, L'Aquila; Giuseppe Orazio Russo, Lecce; Giuseppe MINNITI, Messina; Marcello DELLA VALLE, Milano; Aldo ALABISO, Napoli; Nicasio MANcuso, Palermo; Pier Giorgio LIGNANI, Perugia; Rocco BERARDI, Potenza; Umberto GIARDINI, Torino; Maurizio DE FRANCHis, Trento; Paolo ScoTTI, Trieste; Giancarlo MAND, Venezia. ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI RossI A., L'insolvenza del concessionario dell'esecuzione di opera pubblica . . . . . . . . . . I, 1031 RossI A., Perdita dell'avviamento commerciale per espropriazione per p.u. . . . . . . . . . . . . . . . . . . I, 1039 PARTE PRIMA INDICE ANALITICO -ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA ACQUE PUBBLICHE ED ELETTRICITA -Canoni -Decorrenza -Grandi derivazioni -Termine originario di ultimazione dei lavori -Sospensione del canone -Possibilit -Limiti, 1132. -Competenza e giurisdizione -Dei tribunali delle acque -Controversie per danni da opere eseguite dalla P.A. -Danni derivanti da comportamento colposo -Ricomprensione -Condizioni, 1125. -Competenza e giurisdizione -Incrementi alluvionali -Incontestata estraneit all'alveo -Controversia sull'aa;>partenenza -Tribunali delle acque -Competenza -Esclusione, 1127. -Competenza e giurisdizione -Tribunale superiore delle acque e Consiglio di Stato -Provvedimenti in materia di acque pubbliche -Competenza del Tribunale superiore, 1137. -Diritto all'uso dell'acqua -Concessione -Scadenza -Rifiuto di rinnovazione -Illegittimit per contrasto col diritto d'uso -Esclusione, 1141. -Giudizio e procedimento -Tribunale superiore -Consulenza tecnica -Inammissibilit, 1141. -Piano regolatore generale degli acquedotti -Ricorso giurisdizionale -Termine -Decorrenza, 1139. ADOZIONE -Famiglia -Adesione speciale dei figli legittimi -Effetti -Questione di legittimit costituzionale -Non fondata, 964. APPALTO -Appalto di opere pubbliche -Capitolato generale di appalto per i lavori di competenza del Ministero dei lavori pubblici -Richiamo nei contratti con enti pubblici diversi dallo Stato -Efficacia negoziale -Modifiche del capitolato generale di appalto Irrilevanza nella disciplina del rapporto, 1123. -Appalto di opere pubbliche -Capitolato speciale di appalto Prezzi unitari -Indicazione in lettere ed in cifre -Discordanza -Prevalenza dell'indicazione pi vantaggiosa per l'amministrazione, 1129. ATTO AMMINISTRATIVO -Eccesso di potere -Travisamento dei fatti -Accertamento nel giudizio -Condizioni, 1141. -Obbligo di motivazione Natura -Limiti, 1063. CIRCOLAZIONE STRADALE -Patente di guida -Sospensione prefettizia -Questione di legittimit costituzionale -Non fondata, 965. COMPETENZA E GIURISDIZIONE -Credito e risparmio -Esercizio I del credito -Revoca -Impugnativa -Competenza del T.A.R. La~ zio, 1060. -Dipendenti della Presidenza della I Repubblica -Giurisdizione del t giudice amministrativo, 1020. I r i. -Giurisdizione ordinaria e amministrativa -Urbanistica -Vincoli urbanistici senza indennizzo: giu- I INDICE risdizione dell'AGO -L. 19 novembre 1968, n. 1187: irretroattivit, 1009. Impiego pubblico -Esazione Passaggio di gestione dall'appaltatore al Comune: status del personale -Iscrizione dei dipendenti nel quadro del personale delle imposte di consumo -Giurisdizione amministrativa, 1015. -Impiego pubblico -Iscrizione nel quadro del personale delle imposte di consumo -Diritto soggettivo: esclusione, 1016. -Impiego pubblico e privato -Diritti patrimoniali -Cumulo di trattamento di attivit con trattamento di pensione -Recupero somme corrisposte indebitamente -Giurisdizione del giudice di legittimit, 1058. -Principi generali -Regolamento di giurisdizione -Giudizio dinanzi al-T.A.R. -Sos~ensione del procedimento -Obbligo -Sussiste -Automaticit -Esclusione Poteri di indagine del T.A.R. Esclusione, 1068. -Regolamento di competenza Rapporto tra lo strumento regolato dagli artt. 42 e 43 c.p.c. e il regolamento di cui all'art. 31 L. 1034/1971 -Diversit -Sussiste, 1071. -Regolamento di competenza nei giudizi innanzi al T.A.R. -Sospensione del processo, 1071. COMUNIT EUROPEE -Agricoltura -Organizzazioni comuni dei mercati -Scambi di prodotti agricoli -Perturbazioni prodotte da provvedimenti valutari -Importi compensativi -Determinazione -Periodo di validit -Situazione soggettiva degli esportatori, 985. -Agricoltura -Organizzazioni comuni dei mercati -Scambi di prodotti agricoli -Perturbazioni prodotte da provvedimenti valutari -Importi compensativi -Metodo di calcolo -Modifica -Lesione del principio dell'affidamento -Esclusione, 985. CONFLITTO DI ATTRIBUZIONI Tribunali di Torino e di Milano Richiesta di trasmissione di documenti inerenti al fenomeno della mafia in Sicilia -Commissione parlamentare d'inchiesta Rifiuto -Illegittimit -Limiti, 953. . CONTABILIT GENERALE DELLO STATO -Esigibilit di crediti verso lo Stato -Interessi -Decorrenza, 1028. CONTRATTI DELLA P.A. -Revisione prezzi -Prezzi correnti alla data di aggiudicazione e alla data delle intervenute variazioni -Minimi di paga sopravvenuti -Applicazione' -Legittimit -Sussiste, 1055. COSA GIUDICATA Effetti -Possibilit, in relazione a norme sopravvenute, di adozione di un provvedimento analogo a quello annullato -Sussiste, 1063. Esecuzione -Diniego di licenza edilizia -Annullamento e successiva sopravvenienza di piano regolatore -Nuovo diniego -Legittimit -Sussiste, 1063. COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA -Referendum abrogativo -Procedimento -Competenze dell'ufficio centrale per il referendum e della Corte Costituzionale, 981. -V., anche Adozione, Circolazione, Conflitto di attribuzioni, Delitti contro la integrit e sanit della stirpe, Lavoro, Procedimento civile, Regione, Trentino -Alto Adige. DELITTI CONTRO LA INTEGRIT E SANIT DELLA STIRPE -Ammissibilit del referendum abrogativo in ordine alle relative disposizioni del codice penale, 981. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO EDILIZIA -Contenuto del programma di fabbricazione -Figura tipica -Individuazione degli standards di cui all'art. 41 quinquies della L. 17 agosto 1942, n. 1150, 1066. -Contenuto del programma di fabbricazione -Figure tipiche e atipiche del programma -Differenze in rapporto alla possibilit di imporre vincoli, 1065. -Contenuto del programma di fabbricazione -Imposizione di vincoli a spazi e servizi pubblici su aree di propriet privata -Illegittimit -Sussiste, 1052. -Contenuto dei programmi di fabbricazione -Possibilit di imposizione di vincoli di inedificabilit o comunque a contenuto sostanzialmente espropriativo -Non sussiste, 1065. - Figura tipica del programma di fabbricazione -Relazione con la L. 30 novembre 1973, n. 756 Possibilit di imporre vincoli a propriet private -Non sussiste, 1065. -Licenza di costruzione -Attivit vincolata -Limiti -Effetti, 1063. - Piano di lottizzazione -Art. 8 L. 6 agosto 1967, n. 765 -Lottizzazioni antecedenti al 2 dicembre 1966 -Prescrizioni nuove e difformi rispetto al piano di lottizzazione, introdotte con piano regolatore generale Necessit della motivazione Sussiste, .1054. -Programma di fabbricazione Deliberazione di accoglimento di osservazioni -Adozione da parte della Giunta e non del Consiglio Comunale -Illegittimit -Sussiste, 1051. -Programma di fabbricazione Imposizione ex novo di vincoli assoluti di inedificabilit -Esclusione, 1051. - Programma di fabbricazione. Osservazione -Accoglimento Omissione della ripubblicazione della deliberazione di adozione del programma modificato -Illegittimit -Sussiste, 1051. -Programma di fabbricazione Vincolo di inedificabilit su fascia di terreno confinante con strada non pubblica -Illegittimit, 1051. -Programma di fabbricazione Zona di rispetto di cimiteri Determinazione del Medico Provinciale -Competenza -Sussiste, 1052. -Programma di fabbricazione e regolamento edilizio -Decorrenza del termine per impugnazione -Pubblicazione all'albo pretorio -Rilevanza, 1051. ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILIT -Edilizia scolastica -Commissione Provinciale per l'edilizia scolastica -Giudizio di idoneit sull'area da vincolare -Necessit Sussiste, 1056. -Edilizia scolastica -Decreto di vincolo dell'area -Parere dell'Ingegnere Capo dell'Ufficio del Genio Civile -Necessit -Non sussiste, 1057. -Edilizia scolastica -Mancato rispetto del termine di emanazione del decreto di vincolo dell'area -Natura -Decadenza Non sussiste, 1057. -Edilizia scolastica -Procedimento di approvazione del vincolo Relazione con diversa destinazione di piano particolareggiato Possibilit di modificazione -Legittimit -Sussiste, 1056. -Esecuzione da parte dello Stato di piani di ricostruzione di comuni danneggiati dalla guerra Concessione a privati dell'esecuzione dell'espropriazione -Fallimento del concessionario -Obbligo del pagamento dell'indennizzo a carico dello Stato, con nota di A. ROSSI, 1031. -Indennit Immobile urbano adibito dal proprietario all'esercizio di attivit commerciale Compenso per avviamento commerciale -Esclusione, con nota di A. ROSSI, 1039. INDICE XI -Normativa -Titolo II L. n. 865/ 1971 -Opere pubbliche non connesse ad opere di urbanizzazione -Applicabilit -Effetti, con nota di R. TAMIOZZO, 1049. -Occupazione d'urgenza -Giudizio sulla durata della proroga Discrezionalit -Sussiste, con nota di R. TAMIOZZO, 1049. Occupazione d'urgenza -Impugnativa del decreto prefettizio di occupazione -Area non di propriet del ricorrente -Censure Carenza di interesse -Sussiste, 1057. Occupazione d'urgenza -Mancata notificazione ad un comproprietario del decreto di introduzione nel fondo -Redazione stato di consistenza -Intervento dell'interessato -Sanatoria -Sussiste, 1057. -Occupazione d'urgenza -Proroga del termine -Proroga successiva al deposito dell'indennit ma anteriore alla scadenza del termine -Legittimit -Sussiste, con nota di R. TAMIOZZO, 1049. -Occupazione d'urgenza -Proroga del termine -Trasferimento alle Regioni delle funzioni amministrative in materia urbanistica Regime transitorio -Legittimit del provvedimento prefettizio Sussiste, con nota di R. TAMIOZZO, 1049. -Occupazione d'urgenza -Proroga del termine in caso di indifferibilit e urgenza ex lege -Obbligo di motivazione -Non sussiste, con nota di R. TAMIOZZO, 1049. -Occupazione d'urgenza -Provvedimento emesso dopo la scadenza del termine per l'inizio delle espropriazioni ma prima della scadenza del termine per eseguire i lavori -Legittimit Sussiste, 1057. Occupazione d'urgenza -Rapporto con il provvedimento di espropriazione -Autonomia -Effetti in relazione alla diversit dei termini, con nota di R. TAMIOZZO, 1050. -Occupazione d'urgenza -Termine quinquennale ex art. 20 L. 865/1971 -Applicabilit di detto termine alle occupazioni anteriori alla legge 865/1971 -Sussiste, con nota di R. TAMIOZZO, 1049. FERROVIE -Tranvie -Concessione -Passaggio di ferrovie su strada ordinaria -Allargamenti e deviazioni -Appartenenza, 1035. GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA -Ricorso giurisdizionale -Espropriazione per pubblica utilit Provvedimenti della Commissione provinciale per l'edilizia scolastica -Giudizio di idoneit dell'area -Atto autonomamente impugnabile -Ricorso proposto in sede di impugnativa del decreto di occupazione e del decreto di imposizione del vincolo -Irricevibilit -Sussiste, 1057. . -Ricorso giurisdizionale -Proponibilit -Limiti in materia di pretese patrimoniali di pubblici dipendenti -Pretese derivanti direttamente dalla legge -Impugnativa di provvedimento formale -Necessit -Non sussiste, 1067. GUERRA -Danni di guerra -Contributo di ripristino -Detrazione -Somme corrisposte a titolo diverso dal risarcimento -Indennizzi di assicurazione -Vanno detratti, 1059. IMPIEGO PUBBLICO Orario di lavoro -Personale ausiliario -Inizio un'ora prima degli altri impiegati -Settima ora -Retribuzione come lavoro straordinario -Non spetta, 1046. -Orario di lavoro -Uffici della Capitale -D.C.G. 17 settembre 1939 -Non pi in vigore Applicabilit dell'art. 106 R.D. n. 2960 del 1923, n. 1046. - Stipendi, assegni e indennit Assegno ad personam -Fattispecie di passaggio di carriera XII RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Aumenti periodici -Criteri di valutabilit -Effetti -Divieto di reformatio in peius, 1053. Stipendi, assegni e indennit Passaggio di carriera -Differenza fra vecchia e nuova retribuzione -Conservazione del trattamento -Diritto alla corresponsione di un importo compensativo -Provvedimento. di determinazione dell'assegno ad personam -Natura -Non autoritativo -Impugnabilit nel termine di prescrizione, 1053. IMPOSTA COMPLEMENTARE SUL REDDITO Azionisti -Aumento del valore nominale delle azioni e distribuzione di azioni gratuite a seguito di passaggio a capitale delle riserve -Non costituisce percezione di utili -Non tassabilit, 1083. IMPOSTA DI REGISTRO Agevolazione per le case di abitazione non di lusso -Decadenza -Prescrizione -Rivendita dell'area senza indicazione di provenienza -Sospensione della prescrizione, 1112. Agevolazione per l'industrializzazione del Mezzogiorno -Primo acquisto di terreni e fabbricati Trasferimento di stabilimento industriale gi attivato e in dissesto -Esclusione dell'agevolazione, 1119. Agevolazione per l'industrializzazione del Mezzogiorno -Primo acquisto di terreni e fabbricati per l'attuazione di iniziative industriali -Certificazione di raggiungimento del fine -Termine per la presentazione -Rilascio di certificato negativo contenente indirettamente la attestazione Necessit di tempestiva presentazione, 1111. Conferimenti in societ -Costituzione di patrimonio destinato allo scopo sociale -Distinzione tra conferimento a titolo di propriet o a titolo di godimento Irrilevanza, 1083. Prezzi e corrispettivi -Indicazione unica riferita a pi beni Diversi regimi tributari -Scissione del corrispettivo unico Ammissibilit -Supplemento di accertamento, con nota di C. BAFILE, 1102. IMPOSTA DI RICCHEZZA MOBILE -Esenzione per nuove imprese artigiane e piccole industrie nell'Italia settentrionale -Costituzione in data anteriore all'entrata in vigore della legge 29 luglio 1957, n. 635 -Esclusione Ampliamento o rinnovamento di azienda gi esistente -Irrilevanza, 1085. Esenzione per nuove imprese artigiane e piccole industrie nell'Italia settentrionale -Imprese di autotrasporti -Compete, 1086. Esenzione per nuove imprese artigiane e piccole industrie nell'Italia settentrionale -Trasferimento di imprese e industrie esistenti nei territori agevolati -Si applica, 1085. IMPOSTA DI SUCCESSIONE Deduzione di passivit -Conto corrente bancario -Legge 24 dicembre 1969, n. 1038 -Utilizzazione con emissione di assegni Necessit -Rinuncia alla contestazione afferente alla documentazione -Concetto e limiti, 1080. IMPOSTA SULLE SOCIET Opere Pie -Gestione di aziende con fini di lucro -Esenzione Limiti, con nota di C. BAFILE, 1077. IMPOSTE DOGANALI -Responsabile di imposta -Spedizioniere doganale -Operazione di contrabbando alla quale lo spedizioniere sia estraneo -Sua responsabilit per l'obbligazione di imposta -Esclusione, 1084. IMPOSTE E TASSE IN GENERE Accertamento -Carattere dichia! rativo -Competenza e giurisdi ! Ij INDICE XIII zione -Momento della nascita dell'obbligazione tributaria -Avveramento del presupposto -Ufficio competente a liquidare il tributo, 1109. -Azione in sede ordinaria -Precedente decisione di commissione -Termine semestrale -Sospensione feriale -Si applica, 1112. -Imposte dirette -Maggiorazione di aliquota per ritardata iscrizione a ruolo -Infedele dichiarazione -Concetto, con nota di C. BAFILE, 1072. -Imposte indirette -Condono di cui al d.l. 5 novembre 1973, n. 6'6-0 convertito con la legge 19 dicembre 1973, n. 823 -Controversia concernente soltanto interessi e soprattasse Inapplicabilit, 1106. -Imposte indirette -Interessi Prescrizione -Durata -Termine quinquennale -Si applica -Termine pi breve per la prescrizione dell'imposta -Irrilevanza, 1095. Interessi --Decadenza da agevolazioni -Decorrenza dalla data di esigibilit dell'imposta principale, 1113. -Pena pecuniaria -Prescrizione Decorrenza -Imposta di successione -Denuncia infedele -Decorrenza del giorno della commessa violazione, 1116. LAVORO Diritto di svoLgere attivit sindacale all'interno dei luoghi di lavoro -Inapplicabilit ai lavoratori autonomi -Illegittimit costituzionale -Esclsione, 979. LEGGI, DECRETI E REGOLAMENTI Criterio di interpretazione -Legge innovativa -Limiti in relazione alla legittimit della norma -Conseguenze in ordine alla interpretazione deLla L. 756/1973, 1065. PENSIONI -Pensionati riassunti -Comulo di trattamenti -Ex indennit integrativa speciale I.N.A.I.L. -Cumulabilit -Sospensione della corresponsione Illegittimit, 1058. PROCEDIMENTO CIVILE -Appello -Obbligazioni solidali Litisconsorzio necessario -Esclusione, 1026. -Convalida di sfratto per cessazione del rapporto di lavoro Inapplicabilit del regime vincolistico delle locazioni -Illegittimit costituzionale -Esclusione, 967. PROCEDIMENTO PENALE -Notificazioni all'imputato irreperibile -Nomina di difensore d'ufficio residente sul posto -Imputato munito di difensore di fiducia residente in luogo diverso -Necessit, 1154. REATO - Acque pubbliche -Pesca -Art. 6 R.D. n. 1604 dell'8 ottobre 1931 Riferimento alla sola ipotesi che l'ammissione avvenga a scopo di pesca -Erroneit, 1146. - Pesca -Scarico di rifiuti di stabilimenti industriali in acque pubbliche -Reato di pericolo, 1146. REGIONE -Provincie autonome del Trentino- Alto Adige -Questioni di costituzionalit di leggi statali proposte in via principale -Limiti di ammissibilit, 969. RICORSO GIURISDIZIONALE -Motivi -Specificazione -Necessit -Criterio -Fattispecie Inammissibilit per genericit, 1059. XIV RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Tassa e bollo -Inosservanza del;. le norme sul bollo -Sanzione di improcedibilit ex art. 28 D.P.R. n. 492 del 1953 -Abrogazione ex D.P.R. n. 642 del 1972 -Adempimenti d'ufficio, 1059. TRATTATI E CONVENZIONI INTERNAZIONALI -G.A.T.T. -Clausola di riserva limitativa -Legislazione nazionale vigente alla data del 10 ottobre 1949 in tema di i.g.e. sui medicinali -Disparit di trattamento tra medicinali importati e medicinali di produzione nazio nale -Persistenza -Legittimit, con nota di A. MARZANO, 991. TRENTINO-ALTO ADIGE -D.L. 2 febbraio 1948, n. 23 sul riacquisto della cittadinanza italiana da parte degli alto atesini Contrasto col principio di tutela delle minoranze linguistiche Insussistenza, 969. -D.P.R. 1 febbraio 1974, n. 50 sull'esercizio del diritto di voto per l'elezione del consiglio regionale e dei consigli comunali della provincia di Bolzano -Illegittimit costituzionale -Esclusione, 972. INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA CORTE COSTITUZIONALE 22 ottobre 1975, n. 231 pag. 953 30 ottobre 1975, n. 234 964 30 ottobre 1975, n. 235 965 17 dicembre 1975, n. 238 967 17 dicembre 1975, n. 239 969 17 dicembre 1975, n. 240 972 17 dicembre 1975, n. 241 979 22 dicembre 1975, n. 251 981 CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT EUROPEE 10 dicembre 1975, nelle cause 95-98/74, 15/75 e 100/75 . . . . pag. 985 GIURISDIZIONI CIVILI CORTE DI CASSAZIONE Sez. III, 25 ottobre 1974, n. 3119 . pag. 1026 Sez. I, 11 novembre 1974, n. 3523 1028 Sez. I, 12 novembre 1974, n. 3566 1031 Sez. I, 12 novembre 1974, n. 3570 1035 Sez. I, 13 novembre 1974, n. 3596 1039 Sez. I, 16 gennaio 1975, n. 166 1086 Sez. Un., 7 maggio 1975, n. 1759 1009 Sez. Un., 10 maggio 1975, n. 1815 1072 Sez. I, 28 maggio 1975, n. 2173 1077 Sez. Un., 12 giugno 1975, n. 2332 1015 Sez. I, 19 giugno 1975, n. 2461 1080 Sez. I, 16 luglio 1975, n. 2800 1083 Sez. I, 25 luglio 1975, n. 2902 1083 Sez. Un., 5 agosto 1975, n. 2979 1020 Sez. III, 26 agosto 1975, n. 3018 1123 Sez. I, 19 settembre 1975, n. 3072 1084 Sez. I, 1 ottobre 1975, n. 3089 1085 Sez. I, 2 ttobre 1975, n. 3110 1095 Sez. I, 2 ottobre 1975, n. 3114 1085 Sez. I, 7 ottobre 1975, n. 3185 1102 Sez. III, 10 ottobre 1975, n. 3250 1125 Sez. I, 13 ottobre 1975, n. 3276 1106 Sez. I, 16 ottobre 1975, n. 3362 . 1109 Sez. Un., 20 ottobre 1975, n. 3403 991 Sez. I, 20 ottobre 1975, n. 3409 1111 Sez. I, 20 ottobre 1975, n. 3426. . 1112 XVI RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Sez. I1I, 25 ottobre 1975, n. 3561 Sez. I, 27 novembre 1975, n. 3966 Sez. I, 27 novembre 1975, n. 3967 Sez. I, 13 dicembre 1975, n. 4098 CORTE D'APPELLO DI PALERMO 23 settembre 1975 ............ TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE 13 giugno 1975, n. 14 27 giugno 1975, n. 16 15 luglio 1975, n. 19 18 luglio 1975, n. 20 GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE CONSIGLIO DI STATO Ad. plen., 1 luglio 1975, n. 8 Sez. IV, 17 giugno 1975, n. 594 Sez. IV, 24 giugno 1975, n. 611 Sez. IV, 8 luglio 1975, n. 665 . Sez. IV, 11 luglio 1975, n. 688 Sez. IV, 11 luglio 1975, n. 695 Sez. IV, 11 luglio 1975, n. 696 Sez. IV, 11 luglio 1975, n. 699 Sez. IV, 26 settembre 1975, n. 776 Sez. IV, 26 settembre 1975, n. 778 Sez. IV, 26 settembre 1975, n. 838 Sez. V, 27 giugno 1975, n. 924 Sez. V, 4 luglio 1975, n. 937 Sez. V, 11 luglio 1975, n. 1024 Sez. V, 11 luglio 1975, n. 1027 Sez. V, 30 settembre 1975, n. 1233 Sez. VI, 3 giugno 1975, n. 178 GIURISDIZIONI PENALI CORTE DI CASSAZIONE Sez. II, 11 aprile 1975, n. 7985 Sez. II, 20 giugno 1975, n. 1086 pag. 1127 1112 ' 1116 1119 pag. 1129 pag. 1132 1137 1139 1141 pag. 1046 1049 1051 1053 1054 1055 1056 1057 1058 1059 1060 1063 1065 1065 1067 1068 1071 pag. 1146 1154 PARTE SECONDA INDICE ANALITICO -ALFABETICO DELLE CONSULTAZIONI COMPETENZA E GIURISDIZIONE -Giurisdizione civile -Straniero Ingresso nel territorio nazionale, 152. CONTABILIT DELLO STATO -Amministrazione dello Stato Danni prodotti ad altra Amm.ne o ad Azienda autonoma -Imputazione spesa, 152. FALSO -Falso -Impiegato dello Stato Falsit ideologica in tabella di missione, 152. IMPIEGO PUBBLICO -Falso -Impiegato dello Stato Falsit in tabella di missione, 152. IMPOSTA SUL PATRIMONIO -Imposta straordinaria sul patrimonio -Privilegio -Estinzione, 152. IMPOSTE DIRETTE _:_ Reati finanziari -Omessa denuncia dei redditi -Prescrizione Du: i:ata, 153. PRESCRIZIONE -Reati finanziari -Omessa denuncia dei redditi -Prescrizione Decorrenza, 153. PUBBLICO UFFICIALE -Falso -Impiegato dello Stato Falsit ideologica in tabella di missione, 153. -Reati finanziari -Omessa denuncia dei redditi -Prescrizione - Durata, 154. -Reati finanziari -Omessa denuncia dei redditi -Prescrizione - Decorrenza, 154. REGIONI -Atti amministrativi gi di competenza statale -Pubblicazione nella G.U. della Repubblica, 154. -Atti amministrativi gi di competenza statale -Pubblicazione del B.U. della Regione, 154. -Atti amministrativi gi di competenza statale -Pubblicazione tanto nella G.U. della Repubblica quanto nel B.U. della Regione -Impugnativa -Decorrenza del termine, 154. RESPONS.AiBILIT CIVILE -Giurisdizione civile -Straniero Ingresso nel territorio nazionale, 154. RICORSI AMMINISTRATIVI -Atti amministrativi gi di competenza statale -Pubblicazione nella G.U. della Repubblica, 155. -Atti amministrativi gi di competenza statale -Pubblicazione nel B.U. della Regione, 155. -Atti amministrativi gi di competenza statale -Pubblicazione tanto nella G.U. della Repubblica quanto nel B.U. della Regione -Impugnativa -Decorrenza del termine, 155. XVIII RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ' QUESTIONI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 119 LEGISLAZIONE XVIII RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ' QUESTIONI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 119 LEGISLAZIONE QUESTIONI DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE I. -Norme dichiarate incostituzionali . pag. 142 II. -Questioni dichiarate non fondate . 142 III. -Questioni proposte . . . . . . . 143 PARTE PRIMA GIURISPRUDENZA SEZIONE PRIMA GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE CORTE COSTITUZIONALE, 22 ottobre 1975, n. 231 -Pres. Bonifacio -Rei. Crisafulli -Tribunali di Torino e di Milano (avv.ti Dall'Ora e Bovio) c. Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno della mafia in Sicilia (avv.ti Sandulli e Pisapia). Conflitto di attribuzioni Tribunali di Torino e di Milano Richiesta di trasinissione di documenti inerenti al fenomeno della mafia in Sicilia . -Cominissione parlamentare d'inchiesta -Rifiuto -Illegittimit Limiti. (1. 11 marzd 1953, n. 87, art. 47). La Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia in Sicilia non ha l'obbligo di trasmettere ai Tribunali di Torino e di Milano gli atti e documenti da essa formati o direttamente disposti, gli scritti e gli anonimi ad essa originariamente rivolti, atti tutti che la Commissione medesima abbia ritenuto di mantenere segreti ai fini dell'adempimento delle proprie funzioni, mentre ha l'obbligo di trasmettere gli altri atti e documenti in suo possesso, che, a norma di legge, non siano coperti all'origine da segreto o siano esposti da seg1eto non opponibile all'autorit giudiziaria penale. (Omissis). -1. -I giudizi per conflitto di attribuzione, promossi con le due ordinanze dei tribunali di Torino e di Milano nei confronti della Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno della mafia , a seguito del rifiuto da questa opposto di trasmettere ai tribunali medesimi, che ne avevano fatto formale richiesta, determinati atti e documenti in suo possesso, ritenuti dai giudici predetti necessari ai fini dell'accertamento della verit nei rispettivi processi, involgono sostanzialmente le stesse questioni e vanno perci decisi con unica sentenza. 2. -La difesa della Commissione eccepisce pregiudizialmente la inammissibilit dei conflitti, sia sotto il profilo soggettivo che sotto il profilo oggettivo. Deduce, infatti, per un verso, che n i tribunali ricorrenti n essa Cqmmissione sarebbero legittimati -rispettivamente -,-a solleva~e i conflitti in oggetto ed a resistervi, non essendo RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO organi competenti a dichiarare definitivamente la volont del potere cui appartengono , come prescritto dall'art. 37, primo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e che manchevebbe altresl, per alitro verso, la materia di conflitto e difetterebbe nei tribunali l'interesse a ricorrere, perch gli atti e documenti, cui si riferivano le loro richieste e i dinieghi della Commissione, o non sarebbero validamente utilizzabili come mezzi di prova nei processi in corso in sede dibattimentale o avrebbero potuto e potrebbero essere richiesti ai soggetti, pubbliche autorit e privaU, che li avevano autonomamente formati e da cui provenivano. Gli argomenti addotti, peraltro, non sono tali da indurre la Corte a mutare l'avviso gi espresso in linea di prima delibazione nelle ordinanze nn. 228 e 229 del corrente anno, alla motivazione delle quali, con le ulteriori precisazioni che seguono, si fa quindi espresso rinvio. 3. -Pi particolarmente, sotto il profilo soggettivo, riecheggiando una nota tesi dottrinale che, nell'interpretazione del primo comma dell'arit. 37, tende a distinguere gli organi che possono entrare tra loro in conflitto da quelli legittimati al relativo giudizio (i quali ultimi sarebbero unicamente gli organi supremi dei poteri cui i primi appartengono), si assume che, nella specie, i conflitti avrebbero dovuto essere proposti dalla Corte di cassazione, anzich dai tribunali direttamente interessati, e nei confronti delle Camere, anzich della Commissione d'inchiesta. Senonch, a prescindere dalle difficolt che allo accoglimento, in generale, di siffatta tesi, derivano dallo stesso testo dell'art. 37, dove parlandosi di conflitto si allude all'oggetto del giudizio, e non viceversa al giudizio sul conflitto, e dove pe11tanto il riferimento agli organi competenti a dichiarare definitivamente la volont dei poteri va inteso come rivolto a designare gli organi confl. iggenti, e non soltanto quelli legittimarti ad processum, significativo rilevare che la difesa della Commissione esplicitamente ammette -da un lato -che alle Commissioni d'inchiesta deve riconoscersi (ed positivamente riconosciuta) un'amplissima autonomia, tanto pi quando, come nel caso in oggetto, siano istituite con legge e senza prefissione di termini, quindi destinate a durare oltre le 1slingole legi:slature; ed aLtres ammette -d'11-ltro lato -che attualmente l'ordinamento non predispone (almeno, espressamente ) i congegni attraverso i quali l'organo giudiziario minore potrebbe sollecitare l'intervento della Corte di cassazione, la quale a sua volta (si aggiunge) non pu essere considerata giuridicamente come superiore rispetto agli altri, senza dire delle perplessit (anch'esse accennate, ma non risolte, nelle deduzioni di costituzione della Commissione) che la struttura com PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 955 posita della stessa Corte di cassazione farebbe sorgere quando si volesse pi precisamente stabilire in quale delle due articolazioni (Plrimo Presidente, Sezioni Unite, ecc.) dovrebbe ritenersi .concentrata la competenza a proporre conflitto. Ma tutte queste ammissioni, riserve e perplessit finiscono per avvalorare indirettamente, anche sul terreno pratico, le conclusioni cui la Corte ebbe a pervenire nelle ordinanze nn. 228 e 229, evidenziando -da un lato -il carattere diffuso che tipicamente contrassegna il potere giudiziario, ciascuna componente del quale idonea a porre in essere pronuncie sulle quali la Corte di cassazione non sarebbe in grado di esercitare il proprio sind~cato, se non nei casi previsti dai codici di rito e (con la sola eccezione di cui all'art. 41, primo comma, cod. proc. civ.) sempre dietro iniziativa di chi sia parte in giudizio; nonch -d'altro lato -l'indipendenza di cui godono, durante il corso del loro mandato, le Commissioni parlamentari d'inchiesta, anche nei confronti delle Camere, le quali, come non potrebbero procedere esse stesse, direttamente, ad inchieste ex art. 82 Cost., cosi nemmeno 'sono autorizzate ad interferire nelle deliberazioni adottate dalle Commissioni medesime per il pi proficuo svolgimento dei loro lavori. da soggiungere che l'art. 37 della legge n. 87, nel definire i conflitti tra poteri la cui risoluzione spetta alla Corte costituzionale, non muove dal criterio della definitivilt degli atti che ne possono essere all'origine, ch anzi in rtali conflitti (a differenza che in quelli tra Stato e Regioni o tra Regioni) un atto pu addirittura mancare, essendo sufficiente a determinarli un mero comportamento, anche omissivo; ma designa gli organi legittimati a sollevarli ed a resistel'IVi alla stregua della loro capacit ad impegnare l'intero potere. N, in tale ordine di idee, ha riferimento agli organi che -in concreto abbiano dichiarato definitivamente la volont del potere, quanto invece agli organi a ci competenti, vale a dire che ne abbiano l'astratta possibilit. Perde perci consistenza il rilievo della difesa della Commissione, secondo cui, a norma dell'art. 200 cod. proc. pen., le ordinanze istrut torie dei tribunali ricorrenti, aJ:le quali seguirono le risposte negative della Commissione, sarebbero state (e sarebbero), oltre che revocabili come ogni ordinanza, impugnabili unitamente alla sentenza di merito. 4. - anche da disattendere l'eccezione di inammissibilit sotto il profilo oggettivo, per mancanza di materia di conflitto e carenza di interesse, che, peraltro, nella parte in cui accenna a distinguere tra le diverse specie di atti richiesti dai tribunali e rifiutati dalla Commissione, finisce per involgere questioni inerenti al merito della . 956 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO controversia, o comunque con questo strettamente connesse, sulle quali occorrer soffermarsi in prosieguo. Ferma restando tale riserva, pu e deve essere ribadito che sussiste indubbiamente nei casi in esame materia di conflitto e interesse a sollevarlo, assumendosi dai tribunali ricorrenti che dal rifiuto illegittimamente opposto dalla Commissione risulterebbe menomata la sfera di attribuzioni ad essi garantita dalla Costituzione, per l'impedimento derivantene all'acquisizione delle prove ritenute necessarie per l'accertamento della verit. N pu contestarsi che ogni valutazione sulla utilit e sulla valida utilizzabilit in giudizio dei mezzi di prova di esclusiva competenza dell'autorit giudiziaria procedente, sottraendosi pertanto a qualsiasi sindacato che non sia quello esplicabile dal giudice eventualmente adito in sede di gravame. 5. -Nel merito, la controversia concerne determinati atti e documenti dell'inchiesta antimafia, non inseriti negli Atti parlamentari (Documento n. XXIII-2, Septies, della V Legislatura) come allegati alla Relazione sui lavori svolti e sullo stato del fenomeno mafioso al termine della V Legislatura, ivi pubblicata, ma specificatamente indicati nell'elenco, anch'esso allegato alla relazione predetta (n. 62), denominato Indice analij;ico della documentazione esistente agli atti della Commissione. Ed il problema di fondo che si dibatte in entrambi i giudizi , dunque, pi precisamente, se la Commissione abbia l'obbligo giuridico di trasmettere all'autorit giudiziaria tali atti e documenti, potendo esimersene soltanto nei casi ed alle condizioni di cui all'art. 342 cod. proc. pen. (in relazione anche all'art. 352), ovvero se, in considerazione delle finalit di pubblico interesse cui costituzionalmente preordinato il potere di inchiesta e delle prerogative di cui godono le Assemblee legislative ed i loro organi, nell'esercJzio delle loro funzioni istituzionali (delle quali soltanto questione nella specie e tra le quali certamente rientra la funzione ispettiva, esprimentesi tra l'altro attraverso le inchieste), sia da riconoscere alla Commissione predetta la facolt di stabilire se e quali dei suoi atti e relativa documentazione debbano essere coperti da segreto, opponibile anche agli organi giudiziari. La posizione di assoluta indipendenza del Parlamento, come di altri organi ai vertici dello Stato, anche nei loro rapporti reciproci (sent. n. 143 del 1968), stata pi volte riaffermata da questa Corte (sent. n. 15 del 1969 e sent. n. 110 del 1970: quest'ultima, C)On particolare riferimento alle deroghe alla giurisdizione, ammissibili nei loro confronti pur se , sempre di stretta interpretazione ), che non ha mancato, in occasione del conflitto insorto tra la Commissione parla-'~ mentare inquirente per. i giudizi di accusa e il giudice istruttore del I !I I PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 957 tribunale di Roma, di sottolineare la necessit di contemperare l'autonomia e l'indipendenza del potere giudiziario da ogni altro potere con l'indipendenza del potere politico rispetto ad ogni indebita ingerenza , anche da parte del potere giudiziario (sent. n. 13 del 1975). Pi analiticamente, l'indipendenza delle Camere (riflettentesi naturalmente sui loro organi) si articola, nella normativa direttamente dettata dal testo costituzionale, nell'autonomia organizzativa e normativa spettante a ciascuna di esse (riserva di regolamento : art. 64, primo comma); nella loro esclusiva competenza alla convalida dei propri membri (art. 66); nella non responsabilit dei medesimi per i voti dati e le opinioni espresse nell'esercizio delle loro funzioni (art. 68, primo comma: immunit, sotto questo aspetto, assoluta, che, in omaggio al principio democratico rappresentativo, l'art. 122, ultimo comma, estende anche ai membri dei Consigli regionali), oltre che nella immunit, che pu dirsi relativa, di cui al secondo comma del detto art. 68 (non proseguibilit dell'azione penale e di:vieto di arresto e perquisizione personale o domiciliare senza autorizzazione dell'Assemblea, fuori dei casi di flagrante delitto che comporti obbligatoriet di mandato di cattura). Alle quali disposizioni, contenute nella Costituzione, si aggiungono poi, svolgendone ed applicandone i principi, quelle dei regolamenti parlamentari, tra cui sono specialmente da ricordare, ai fini che qui interessano, l'art. 62 del Regolamento della Camera e il corrspondenite art. 69 del Regolamento del Senato, che attrbuiscono ai rispeibtivi Presidenti l'esercizio dei poteri di polizia e la disposizione della forza pubblica nell'interno delle Assemblee: poich da queste disposizioni, per lunga tradizione, si suole trarre la regola della cos detta immunit della sede (valevole anche per gli altri supremi organi dello Stato) in forza della quale nessuna estranea autorit potrebbe far eseguire coattivamente propri provvedimenti rivolti al Parlamento ed ai suoi organi. Di guisa che, ove gli organi parlamentari non vi ottemperassero, sarebbe unicamente possibile provocare l'intervento di questa Corte, in sede di conflitto di attribuzione, cos come precisamente avvenuto nel caso in oggetto. 6. -Ma soprattutto da rilevare che, fermo restando che il principio fondamentale in materia quello della pubblicit degli atti parlamentari (art. 64, secondo comma, Cost.), tuttavia rimesso alla valutazione delle Camere (e rientra nella autonomia costituzionale ad esse, come sopra accennato, garantita) di derogarvi in singoli casi, deliberando di riunirsi in seduta segreta (nella quale ipotesi, gli art:t. 34, punto 3, Reg. Camera e 60, punto 4, Reg. Senato consentono che possano altresi stabilire di non farne stendere processo verbale). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO A sua volta, l'art. 72 Cost., nel terzo comma, demanda ai regolamenti parlamentari di determinare le forme di pubblicit dei lavori delle Commissioni legislative: al che, codificando una prassi gi formatasi sotto il vigore dei precedenti regolamenti, provvede ora l'art. 65 del Regolamento della Camera, disponendo che tale pubblicit sia assicurata medianite resoconti pubblicati nel Bollettino delle Giunte e delle Commissioni parlamentari, a cura del Segretario Generale. E del principio implicito in questa disposizione, espressamente dettata per le Commissioni legislative, ha fatto applicazione, nel caso in oggetto, la Commissione di inchesta, cosi stabilendo nell'art. 1 del suo Regolamento interno del 31 luglio 1969 e nell'art. 1 del successivo Regolamento del 16 maggio 1973. Sempre in tema di pubbliciplicabili, in via di principio, con la condizione della reciprocit, comporterebbe la verifica, anche in sede giudiztale, della ricorrenza di tale 'condizione: verifica necessaria :proprio per un'applicazione che meglio realizzi gli scopi per i quali i Trattati stessi sono stati conclusi , per essere ovvio che ciascuno Stato interessato ha aderito al G.A.T.T. per agevolare J.e proprie esportazioni, e non quelle degli altri aderenti, e che si ,quindi obbUgato a non ostacolaire ,le :i;mportazioni :proprio e soltarr:i,to in vista dei vantaggi che alla esportazione dei propri prodotti sarebbero derivati dall'analogo obbligo assunto dagli altri Stati, e non certo allo scopo di favorire le loro espo-rtazioni. 6. -Le argomentazioni ,che inducono a dubitare della poirtata self-executing delle .clausole del G.A.T.T. so-no state gi altre volte riicoirdate, anche con riguardo alla necessit di distinguere tra diretta applicabilit di una norma e sua eventuale idoneit ad attribuire ai 'Singoli didtti suscettibili di tutela in sede giurisdiziDnale. La esigenza di taile distinzione stata di recente so-ttolineata, anche nell'ambito de1l'or,dinamento 0comUil!itario, dall'avv. gen Warner (e secondo imipostazione condivisa poi dalla Corte di giustizia delle Comunit europee nella sentenza 22 gennaio 1976, resa nella causa 60/75, Russo) nelle conclusioni presentate per la 'causa 31/74, nelle quaH ha rilevato, dopo aver premesso-che senza l'art. 189 del trattato CEE ciascun iregolamento comunitario avrebbe dovuto venir recepito mediante la procedura prevista dalla PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 997 modifiche ne1la g1iurisprudenza di questa Corte Suprema, [>e1'Ch le decisiond ora citate de11a Corte di Giustizia id:e1la CC.EE. ,p,reiscindono diatlla valutazione di concretezza ,che le noTme ,del:L'Accordo Generail.e possono acquisire con l'!nserzfone dehla legisaziooe di questo o dli quel1o tra gJi Stati aderenti, 'concretezza 1che si pone in termini diiversJ e che probabilmente solo hl giudice nazionale pu \ntlutare in p1i1eno, neHa considerazione unitaria del!l'ordlinamento in 1cui O!era. Ma giova pure aggiungere che l'interpret1azfone adottata da questia Corte di Cas1sazione pi apevta e pi consona ai plt'dndpi interinazionali d!l'ca l'obbligo degli Sta1Ji aderenti ai Trattati dli dare ad 1essi, 1nelil'011dinamento interno, l'apip1ldicazione ,che megiUo rea1lizzi g1lri scopi per i qua1i i 'I1rattati :stessi ,sono stati condusi. Premesso tutto quanto fin qui detto, si !)1otl'ebbe perveni:l'e rapiida 1 mente alila decisione di rigetto del r1corso, per essere 1sitata proposta la domanda attrke e condotta la causa (Sul presurpposto, non CQII'retto, che si potesse valutare la parit tributariia voluta dall'Accordo per 1oia;scun tLpo di imposta. Ma aJWa completeza deH'indagine .giova l'esame srpeooco del motivo dii ricooiso. costituzione dello Stato interessato., che da ci non si ['kava per che qualsiasi norma di qualsiasi regolamento attribuisce ai ,cittadini degli Stati membri diritti soggettivi che i giudici nazionali devono tutelare. Noi tutti conosciamo -ha osservato al riguardo l'avv..gen. Warner leggi interne, che senza dubbio fanno parte della legislazione nazionale, contenenti norme che impongono aUo Stato o ad enti pubblici degli obblighi senza con d attribuire ai cittadini col1!'ispondenti diritti soggettivi. Tale pure il caso dei regolamenti comunitari. Le J.oro norme hanno efficacia diretta, nel senso di attribuire diritti soggettivi .che possono essere tutelati dai giudici nazionali, solo quando possiedono 4 ben noti requisiti fissati dalla Corte, vale a dire siano .chiare ,e non sottoposte a condizioni, ed altres non richiedano ulteriori provvedimenti d'attuazione . Tali argomentazioni, riferite ad una normativa di per s direttamente applicabiile, ed utili ad evidenziare che il solo chiaro ed incondizionato contenuto di una norma non e.sclude la necessit di ulteriori :provvedimenti di attuazlione, sono a maggior rilevanti, naturalmente, per quanto cmJicerne le norme contenute negli accordi internazionali, conclusi nell'ambito di un ordinamento del ,quale i singoli (a differenza di quanto pu dirsi per l'ordi namento Comunitario) non .sono 1soggetti, re volti in via di :principio ad impegnare 1gli Stati, quali .soli soggetti del diritto internazionale; ed anche nella Legislazione nazionale, del resto, la sola ,chiarezza e completezza della norma non sufficiente ad attribuire ai si:ngoli diritti soggettivi, cos come non derivano certamente dLritti soggettivi (e sarebbe agevole fare esempi) dalla sola scadenza di un termine Iegi,sil.ativamente fissato per determinati adempimenti del legislatore, ,quando le preventivate norme non siano invece di fatto emanate. N pu non essere considerato che garantiTe ai singoli, in sede giuri sdizionale, l'osservanza degli obblighi assunti dallo Stato in sede interna 5 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 998 Tale motivo ,si articola in due propostizioni !Plrimarie: a) Quando le di.iS[loS!izioni del Trattato G.A.T.T. !P'l'evedono il.a prevalenza sul prindpfo di parit tributaTia (da esso affenm1ato) della contraria leg;~Silazione nazdonale eventualmente vigente al 10 ottobre 1949, esse non possono che fa1r ~iferimento ad una J.egisit.azione che fosse in vigore a quella data e sempTe che e finch essa fussie :rl1maista in wgoire; ogni quaJ. volta, invece, per qualis~asi motivo fosse venuto a cesisare il vigore della contrale e 1come contenuto del s1stema di 1iimposizione J:a diis:ca clausola di riserva limitativa sa1lvaguar:d'a hl collltenuto no!I'lllliativo sostanziaJ.e della legiisl:azione vdgente ai1l:a data di rdtfel"imento, quale verifica del contrario orientamento giurisprudenziale della Corte di cassazione. La questione assume invero un rilievo di non indifferente portata, sia perch la normativa G.A.T.T. oramai parte dell'ordinamento comunitario (e deve nell'iambito di tale ordinamento essere interp:retata), sia in quanto, comunque, la stessa .questi001e di principio non mancher prima o poi di riproporsi, come gi dinanzi al giudice tedesco, con sipecdfico riferimento alla normativa comunitaria; e non pu evidentemente ammettersi che una stessa norma possa essere diversamente interpretata a seconda che la incompatibilit dedotta dal singolo interessato sia riferita ad una norma interna o ad una norma comunita:ria. 10. -Per quanto concerne, in particolare, il diritto per i servizi amministrativi, la riJevanza comunitaria della questione risulta del resto ancora pi evidente, per la incompatibilit con la normativa comunitaria della interpretazione della legge 24 giugno 1971, n. 447 fornita con la sentenza 21 maggio 1973, n. 1455 della Corte di cassazione. Con tale decisione, invero, la legge 24 giugno 1971, n. 447 stata intesa come rivolta ad abrogare il diritto per i servizi amministrativi negli scambi con i Paesi non aderenti al G.A.T.T., ma senza considerarsi che la legge si riferisce espressamente anche agli scambi intracomunitari, e quindi agli scambi con Paesi tutti aderenti al G.A.T.T.: rilievo utile a far affermare che l'indicata interpretazione (che conduce in effetti a disapplicare sia la legge 15 giugno 1950, n. 330 sia la legge 24 giugno 1971, n. 447) in contrasto con la normativa comunitarda e con lo stesso criterio adottato dalle Sezioni unite del'l1a Corte di cassazione neilla sentenza 7 gennaio 1975, n. 10. Assume quindi rilievo, anche sotto questo profilo, la necessit, in argomento, di una pronuncia pregiudi:zJiale di interp:retazione della Corte di giustizia delle Comunit europee: richiesta intesa a dirimere una questione 1002 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO insieme di pvecetti che lo Stato aderente considera irrJnunziabili :per il proprio ordine giuridko : tale contenuto no.rmativo sostanzdaJe, presieinde dai mezzi di attuazione e di esecuzione di questo o di que1l ,precetto. Con riferimento alla specte, a1la daita del 10 ottobre 1949, l':imposfaione della I.G.E. sui prodotti. medtcinali ora rego:1ata, ol1tr:e che dalifa 1legge fondamentale del 1940, dal d.U. 19 ottobre 1944 n. 348, dalla legge 7 gennaio 1949 n. 1, dal d.l. 9 febbraio 1949 determdnativo delle ailiquorbe, ma il criterio di impos1izione a mezzo di aliquote differenziate tra p1rodotti importati e 1prodotti na2iionaili simila~i era g:i ddspo13lto nelile nonne legislative ora indk:ate e, per effetto della dausrnla di riiserva lim:itatirva dli cui trattasi, legittimamente stato mantenuto anche oltre la data del 31 dicembre 1949, gforno di scadenza deUa validit del detto d.m. 9 febbraio 1949. Naturalmente le. ricorventi 1contestano l'esattezza deill'a:ssuruto che il tvattamento differenziato, deteriore per H prodotto estero, di cui ai dd.mm. 9 febbraio 1949 e sucessivi, trovasse la rs1uia g,ius1tiificazione neHo stesso dtS!Posto dahl'art. 17 della legge n. 762 del 1940, dell'art. 40 del d.1.1. la cui rilevanza ai fini della dedsione, ai sensi dell'art. 177 del trattato di Roma, non pu essere negata quando 1Si consideri che il quesito da rivolgere alla Corte di giustizia dovrebbe essere formulato al fine di conoscere se le norme del trattato CEE .consentano ad uno Stato membro di attribuire alle clausole del G.A.T.T., sul territorio naziona:l.e, e sulla base delle norme interne, una portata ed una efficacia, nei confronti dei singoli, diverse da q_uelle riconosciute da tutti gli altri Stati membri e dalla Comunit economica europea. 11. -La necessit di investire della questione la Corte di giustizia delle Comunit europee assume del resto rilievo anche sotto un ulteriore, autonomo, ed assmbente profilo. Le sopra riassunte consiiderazioni sembrano in effetti gi sufficienti a consentire una autonoma verifica del precedente orientamento giurisprudenziale, e tali da condurre ad una interpretazione delle clauso1le del G.A.T.T. coerente con quella adottata in sede comunitaria; e ci renderebbe possibile, secondo il consolidato e concorde indirizzo della dottrina e della giurisprudenza, una pronuncia sul'la questione senza preventivo interessamento della Corte di gtiustizia deUe Comunit europee. Non pu non essere ril:evato, tuttavia, che se a diverso avviso dovesse invece pervenirsi e ritenesse quindi la Corte dii cassazione di dover confermare la 1propria divergente mterpretazione sulla portata delle clausole del G.A.T.T., non altra altrnativa risulterebbe consentita se non quena di chiedere in argomento una ulteriore specifica pronuncia pregiudiziale di interpretazione alla Corte di giustizia delle Comunit europee, discutendosi in effetti di una questione di diritto .comuil!itario, ed essendo il giudice nazionale d'ultima istanza obbligiato, ai sensi dell'art. 177, terzo comma, del trattato CEE, ad investire della questionc il giudice comunitario. 12. -Con dl trasferimento dei poteri attuato con ii trattato CEE, l'istituzione dell'unione doganale prevista dagli artt. 12 e seguenti del Trattato, PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 1003 n. 348 del 1944 e dell'art. 11 della 1Legge n. 1 del 1'940 e sostengono che queste due ultime fonti normative non avrebbero ,conferito al Miniistro il potere di determinare aU:quote condensate iper i prodotti 1importati, tanto meno differenziate xdispeitto a quelle stabilite ;per i prodotti na:zionali. Mia i Cennati decreti ministeriaJJi 1S10no 1srtati emessi In Viirt del compito commeisso al Ministro daH'art. 11 deHa J.egl?Je 7 ,gennaio 1949 n. 1, che ha esteso alle entrate derivanti da1l commercio dei med'icina1i la facolt prevista dall'art. 10 del d.1.1. 19 ottobre 1944 n. 348 ai fini della determinazione degJ.i .s.peciali ,regimi di imposd.ziione de1l'I.G.E.; iMi 1contemplati . Col definire 1in tal modo la facolt ,conceSISla a11 Mi.n:ilstro, la norma ha .vibadito, interpretandolo, il 'contenuto d:e1l'a,rt. 10 del d.il. del 1944, nel senso che la facolt 'conc~meva non :soilo la determdinazione del modo di corre151Ponsiione dell'imposta (con ral?Jgua~o al volume de.gli affari o con aliquote condensate ,iJn rapporto al ipvesunto numero degli atti economk.i imponibili), ma pi in generale la determinazione dli spedali regimi di imposizione deH'l.G.E., do la determinazione in concreto del 'Sistema dii tassazione da aip1plic1are in via ;particolare. Del ,resto, gd dalla norma del 1944 questo contenuto apipaTiva chiaro, dato che, per akuni prodotti specificamente indicati, al crriteT:io normale ed il subingresso delLa Comunit economica europea nei rapporti concernenti la normativa G.A.T.T., tale normativa stata infatti recepita nell'ordinamento comunitardo e ne ,costituisce parte integrante; e nessun attuale auonomo rilievo di conse,guenza possibile attribui!re ai "singoli provvedimenti nazionali, in ragione dei quali possano i ,giudici di ciascuno Stato membro assumersi competenti al:la interpretazione dell'Accordo. Come risulta daUa prassi internazionale e dalle stesse sentenze della Corte di giustizia delle Comunit europee (v. pure oltre le decisioni gi dtate, quelle rese nelle cause 10/62, Racc., 1962, 1, 14/69, Racc., 1969, 349, e 26/69, Racc., 1970, 565, sulla prevalenza del trattato CEE sulle convenzioni stipulate nell'ambito G.A.T.T. e sulla disciplina fra la Comunit e i paesi terzi ), il fatto stesso che il G.A.T.T. vincolasse gi tutti gli Stati membri della Comunit economica europea e costituisse gi una comune normativa nei rapporti con i Paesi terzi evidenzia invero la rilevanza del trasferimento dei poteri attuato nella materia doganale e tariffaria con la istituzione della Comunit economica europea, ed esclude a priori che alla normativa G.A.T.T. possa attribuirsi, sulla base delle ipotesi divergenti disposizioni di diritto interno, una diversa portata in ciascuno Stato membro. In particolare, le leggi nazionali di ratifica e di esecuzione sono divenute necessariamente 1prive di una loro autonoma riilevanza ai fini i:n esame, e non possono costituire strumento che consenta al giudice nazionale una interpretazione rilevante oramai a livello comunitario; e quanto tale considerazione sia risolutiva subito si avverte, invero, quando si consideri che nessun potere possibile riconoscere ai singoli Stati membri della Comunit di denunciare l'Accordo G.A.T.T. o di abrogare i provvedimenti nazionali di ratifica e di esecuzione, risultando eventuali inizi1ative a tal fine rivolte prive di qualsiasi senso concreto, per essere RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 1004 di app:liioazione dell'I.G.E., basato 1s:ull'1imposizione cli ciascun atto economico relativo al medesimo prodotto e s:igin.1i.ificativo di entrata , is' sostituito il diverso siistema dell'aliquota condensata in :riapporto al numero presunto degli atti economki dmponibdil:i, 1cio dell'aliquota uniica e .compJ.essiva per un'intera fase della ciil"C-Olazione dei beDI: a tale fine era imprescindiibile l'attribuzione a;l Ministro del potere sia di 1stabild!re Ja fase da prendere in collllSliderazione, sia dii viailurtare il numero degJ.i atti economici che essa 'co~ortava e che a'Vevano fuilJZ)iione, di 'P["esupposto dell'imposizione, siia infine di ,stabiliire, in ra~iporto alfa struttura tecnica ed economica della fase presa in com;iidemziione, J.'aJiquota 'condensata di iimposta che si crileva1sse adeguata ri!Jipetto a quehle piarziaili a cascata applicabili ai 1singoli atti econom&ci secondo U orite'.I'io genera.ile. Quanto poi al potere di stabhlire aliquote condensate non solo per i prodotti nazionali ma ancihe per quelli imporrtati, taiLe ipote:re deve ritenersi attr:ibu:ito al Ministro in conseguenza del criterio di 1coiI'Tdis1Pondenza ., stabilito dalla legge 19 giugno 1940 n. 762, tra iim,posta dovuta per la .cessione dei beni o ila :prestazione dei se!I"Vizi effiertJtuate nello Stato ed imposta (cosiddetta aJJ.'importazione) sulle meroi imporrtate daJll'estecro e dovute per il fatto obiettivo deH'dmportazione: corriisipiondenza che impJ.foava l'esigenza sistematiica ,cli variare quest'ultima imposta in rela ciascuno Stato comunque tenuto ana osservanza della poUtica doganale, tariffaria e commerciale comunitaria, e non potendo di conseguenza violare gli obblighi assunti nell'ambito G.A.T.T. senza al tempo stesso violare quelli rilevanti nell'ordinamento comunitarrio. Di conseguenza, e per il fatto stesso che le trattative G.A.T.T. sono ora gestite, nel comune interesse degli Stati membri, dalle Comunit europee, non consentito a1le autorit nazionali dei singoli Stati membri, in esse comprese quelle giurisdizionali, di procedere ad una propria ed autonoma valutazione sulla portata della normativa G.A.T.T., che deve ora essere necessariamente uniforme (a prescindere dai singoli provvedimenti nazionali a Suo teffilPO adottati dai vari Stati rper l'adesione all'Accordo e per la sua ricezione nelil'orditnamento interno) in tutto il territorio delle Comunit eurropee; ed iniziative in tale senso, ,quindi, si risolverebbero in una violazione del trattato CEE. 13. -In altri termini, la Comunit economica europea, nel subentrare negli obblighi assunti dagli Stati membri nell'ambito G.A.T.T., divenuta titolare in proprio ed in esclusiva dei poteri in argomento prima spettanti ai singoli Stati membri. Nell'ambito e nelil'esercizio di tale gestione la Comunit ha ritenuto, attraverso la interpretazione della Corte di giustizia che le clausole del G.A.T.T. non .sono idonee ad attribuire ai singoli diritti che i giudici nazionali siano tenuti a tutelare e non possono per questo motivo compromettere la validit della normativa comunitaria; e ci nella premessa che le clausole del G.A.T.T, sono vincolanti per la Comunit, nei confronti dei Paesi terzi e dei Cittadini comunitari, negli ,stessi termini in cui erano :prima vincolati i singoli Stati membri. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 1005 zione aJla variazione dell'I.G.E. interna. Ma quesita corris;pcmdenza de11a imposta sui prodotti importati a quella deihl'impoista 1sui p!l'odotti nazionali non .signifi.100/Vla pa:rit di .imposdzfone; d due concetti s0010 diversi sia ne1l'inddcazdone testuale dei nomi, sia neUa 1srtruttura iintrmseca delle due sipecie di imposizioni: l'I.G.E. aUa imPortiazione non escludeva l'apipil.ica,., icme dell'I.G.E. sugli atti economicd. pOlsti in ess:eire nello Stato s:uiccessivao: nente al1l'importazione (anco:rich .effettuati da filiaiLi, rappresentanti e depositari di ditte estere: e ci a differenza dii quanto sit:aOO.lito per i pil'odotti nazionali, i di cui ipassag,gd d!al ;produttore a:i ll'awresentanti deposdtari non davano luogo ad entrata imponibhle) e peirci sii poteva determinare un divairio tr:a call'iico Lg.e. sui !Prodotti nazi001al1i e CaT>ico I.G.E. sui prodotti importati, essendo l'I.G.E. a11l'rimportazdone 1stabhlita in via largamente dfacll'ezionale o presuntiva dli adeguatezza. Ritenuto, dunque, che alla data del Protocollo di Annency la legisllazione italiana previedeva la discriminazione triobutarda tra pirodotti impotati e prodotti nazionali 'Similari quanto 1all'I.G.E., ilegittd.mamente taJ.e dtscricminazione stata mantenuta anche dopo il'inserimento nell'Oll'd:dnamento italiano dei principi e diel\le norme dell'Aic1cortdo G.A.T.T. !in aipplicazione della cfausola di l'lilserva limitativa, Iill viirt deJ.ilia quale i principi di non preferenza protettiva peir i prodottd nazionali e di parit di trattamento tributairfo tra essi ed i iprodotti impoirtati dovevano trovaTe In tale prospettiva, evidente che nessun margine :residua (quaJ.e che sia la fattispecie da decidere) per autonome ed in ipotesi divergenti valutazioni delle autorit nazionali dei singoli Stati membri; cos come evidente che gli stessi provvedimenti di diritto interno adottati in attuazione degli obblighi assunti con il G.A.T.T. sarebbero da intendere comunque abrogati dalla .successiva ed in ipotesi incompatibile normativa comunitaria: abrogazione .che sarebbe invece da escludeire, per invalidit della normativa comunitaria, se le clausoJ.e del G.A.T.T. dovessero ritenersi idonee ad attribuire, per effetto dell'ordine di esecuzione, di.ritti soggettivi ai singoili dttadini nazionali. 14. -Certamente, il giudice nazionale pu dissentire dalla interpretazione in ipotesi gi fornita dalla Corte di giustizia delle Comunit europee relativamente a disposizioni di rilevanza comunitaria. Mentre per ove a tale interpretazione intenda adeguarsi pu il giudice nazionale prescindere dall'investire (nuovamente) della questione la Corte di giustizia, non pu invece da tale preventivo interessamento astenersi, senza violare il trattato CEE, qualora ritenga Censurabili le valutazioni espresse dal giudice comunitado; n pu del Testo escludere la competenza della Corte di giustizia per n carattere nazionale della norma in ragione del quale ritenga di poter valutare fa portata dell'Accordo internazionale, proprio 1per0ch non pi ammissibile una gestione nazionale del G.A.T.T. e non pu alla normativa dell'Accordo attribuirsi, sulla base delle norme di diritto inteirno, una portata diversa da quella riconosciuta rilevante in sede comunitaria. Non pu non essere considerato, del resto, che se la rilevanza della normativa G.A.T.T. dovesse essere verificata con riferimento alle norme 1006 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO aippUoaziione com,patibilmente con la legfallazione (italiana) eststendo a:lla data del 10 ottoibre 1949, alla data c:io del RrotocoLlo d:i Annency. La ricorrente sostiene poi, nel p:msieguo delle censure contenute nell'unico motivo, che esattamente la Co!t'te dii. AppeLlo ha ritenuto che la parit tributaria voluta con il Trattato G.A.T.T. non dev'els1sere riferita a ciascuna imposta ma al cartco tributarto CompJ.essivo incidente rispettdvamente sul prodotto importato e sul prodotto naziona1le s:irrni:lare: ma, a confutazione di quanto ritenuto dalla Corte d'Appeslfo, 1sostiene altres che nella comparazione desve liberamente valutairsd l'incidlooza dell'I.G.E. aLl'im,portazione, deill'I.G.E. per i fiatti economtci successivi a1l'iIT11Portazione e de1la imposita di conguaglio di cui aMa 1legge n. 570 del 1954, doviendosi eisdudesre che l'I.G.E. alla importazdone e J.'imposta di conguaglio abbiano avuto, neU'intenzione manifestata dal legfa1latore, effkacdla ipeirequativa dell'imposizione sui prodotti importati a quelsla sui prodottii. nazionali, efficaieia che l'interprete, qual' il gudke, non potrebbe sottoporre a riesame per stabilirne la 1corriispondenza ailla reale misura quantitativa dei ca11ichi tributari. Sul punto dlev'essere richiamata La giudsprudenza contraria di queste Sezioni Unite, gi riassunta .innanzi: il .giudice, quando 1J:1avviis1a che una legge da applicarie persegue .Jo scoi:po di adeguare H trattamento tributario, seicondo ap,positi or.iteri o misure, a.I fine dii elimina!t'e una ipos[zione che il legisilatore .conistderato di pregiudizio del ipTodotto nazionale rtsipetto a quello importato, deve applt1carie 1La legge, senza possibilit dli accertare se il presuppolsto priegiuddzio sussistesse nella T'ealt e senza di diritto interno, verrebbero in considerazione soltanto gli Stati contemplati nei protocolli e negli accordi di Annecy, di Torquay, di Ginevra del 7 giugno 1955, di Ginevra del 27 giugno, 25 luglio, 30 novembre 1955, e 18 aprile 1956, di Ginevra del 23 maggio 1956, e di Ginevra del 22 novembre 1958 (cfr., rispettivamente, leggi 5 aprile 1950, n. 295, 27 ottobre 1951, n. 1172, 14 aprile 1957, n. 356, 9 novembre 1957, n. 1164, 2 gennaio 1958, n. 25, e 12 agosto 1962, n. 1637), e soltanto i prodotti compresi nelle liste allegate a ciascun accordo o protocollo; e ci in quanto nessun ulteriore provvedimento di diritto interno intervenuto relativamente alle adesioni di altri Stati (oggetto, di norma, di specifici negoziati e accordi), e nessun ordine di esecuzione pu relativamente a tali altri Stati ravvisarsi dal quale possano assumersi derivati diritti soggettivi dei singoli: rilievo che conferma la validit della impostazione di principio sopra commentata (tanto pi che la inapplicabilit del diritto per i servizi amministrativi nei confronti degli altri Stati ora aderenti al G.A.T.T. non potrebbe certo desumersi dall'ordinamento comunitario, nell'ambito del quale la legittimit dell'imposizione stata riconosciuta anche negli scambi intracomunitari), e la cui rilevanza risulta ancora pi evidente quando si consideri che sulla sola base dei provvedimenti di diritto interno dovrebbe escludersi l'applicabilit del diritto per i servizi amministrativi anche per i prodotti importati dagli Stati che hanno medio PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 1007 1poter stabilire se i criteri o le misure adottate dal legis1atore siano o meno idonee a stabilire la perequazione di trattamento. Posto questo prinioipio, del resto molto ovvio, deve diTsi po1i innegabile che .l'imposta di conguaglio stabilita con la leg,ge del 1954 e rapiportat: a alla imposta generale srulil'entrat:a che gli ste1s1si pTodotti (.cio i prodotti industria1i importati da1'l'estei'o) avrebbero asisolto durante la loro fabbrkazione in Italia abbia avuto appunto ilo sc(l(po ili rendere eguale, per i 1prodotti impO!rtati, il carko tributario LG.E. r:iisipetrto a queno incidente sui beni prodotti in Italia; nessun'altra spiegazione legittima, 1secondo il significato letterale, logico e .gfoiridko delle locuzioni ora riportate. Il legislatore .italiano, che con la medesima legge di-spose la restituzione dell'I.G.E., sui prodotti esportati, nella sua sovrana valutazione si reso conto che 1con eguale mezzo giuridiico i prodotti importati si presentavano generalmente sul mer.cato italiano p.i favoriti, pel'ch liberati dall'incidenza deLI'iimp01Sta sulle fasi della foro lavorazione all'estero ed ha inteso eliminare tale rag.ione di favore. Avendo anzi disposto che il diritto compensativo sulle importazioni cosi ~stituito doveva aggiunger.si all'imposta di cui all'art. 17 L 19 giugno 1940 n. 762 (cosiddetta I.G.E. all'importazione), i1l legislatore ha nello stesso tempo ribadito il 1carattere perequativo anche dell'imposta ora detta, che gi si ri:cava dal siisterna proprio della fogge del 1940. Bisogna anche aggiungere che, posto che il pirinc1iipio G.A.T.T. di parit tributa.ria dev'essere riferito al trattamento tributario complessivo e non alla parit delle singole imposte, com,porta cio trattamento tributario quantitativamente eguale anche lse dsultante da imposte qualitativamente diverse, l'intera ilite appare ipromossa, in concreto, e con tempore denunciato l'Accordo (come ad esempio la Cina, il Libano e la Siria; o le Filippine, che hanno nuovamente aderito solo dal 10 agosto 1973). 15. -Quanto al merito delle valutazioni adottate nelle tre sentenze in rassegna, ed in particolare 1alle considerazioni con le quali stata giustificata la persistente discriminazione nel trattamento tributario dei medicinali importati rispetto a quelli di produzione nazional,e, utili spunti sembrano potersene desumere quanto alla necesist di tener presente, nel valutare la portata della clausola di riserva limitativa, non tanto lo specifico importo del tributo dovuto alla data del 10 ottobre 1949 su ciascun prodotto importato, quanto piuttosto il criterio impositivo differenziale rispetto a quello adottato per i prodotti nazionali: considerazione che dovrebbe risultare utile a giustificare, come si gi osservato commentando la sentenza 4 gennaio 1975, n. 2 (retro, I, 82, v. pag. 84, in nota, e pagg. 94 e segg.), la compatibilit con l'art. IV del G.A.T.T. del d.iritto erariale su1le acqueviti importate, anche per quanto concerne le maggiorazioni disposte, per ovvie esigenze di adeguamento monetario, successivamente al 10 ottobre 1949. 16. -Da segnalare, infine, l'affermazione di principio, contenuta nella sentenza n. 3407, sulla diversit della domanda volta ad ottenere il rimborso di quanto si assuma pagato in pi per una determinata imposta rispetto a RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 1008 dotta nei vari gradi, su una base non con.ferente con la dlis1cli\.nlina giuridica appliicabile, potendo essere oggetto di tutela ;giurisdraionale non il rirnbomso di quanto 1si aissume ipagiato in !Pi per questa o 1Petr que>Ha imposta II"el:ativa al prodotto importato, bens iil di pi pagato in riferimento a1l'im.porto com1Plessivo dei trrbuti diretti o mdi.retti grarvanti sulle due <:ategol'ie di prodotti e superiore quantitativamente rper queHi !!m(portati. La Soc. Glaxo, ne1l'ulitima parte del ricorrso, pro[pon wn';im(postazione della vertenza, a .suo parere, pi seIIllpldce, precisamente a mezzo d!el collegamento tra l:a ,clausola della nazione !Pi favorita 1prev:ista d!aHo accordo G.A.T.T. e wa d~ausola del prodotto nazionale prewsta dalilo airt. 7 del Trattato commerciale itafo-elvetico, ;relativo rpropriio ai prrodotti farmaceutici; fale norma avrebbe instaurato il trattamento pi favorevole per l'importa2lione dei medLcinali ed avrebbe 1stabi1ito !l'assoluta pardt tributaria tra i medici111ail.i importati e queilli nazionali. sufficiente enunciarre la prO(posta [per doverla di'satt&JJdere, in quanto la nuova impo,sta.z.ione della ieaus:a comporta non solo un tOltale cambiamento dei profili giur.idid di essia, ma anche nuovi accertamenti di fatto, relativi appunto a quale sfa il trattamento pi favorevolie che l'Italia ahbda stabiliito con altri Paesi per l'importaziooe dei prodotti medicinali. -(Omissis). quella diretta ad ottenere Ja restituzione di quanto pagato in pi in violazione del principfo della parit di trattamento, e quindi da valutare previo accertamento del carko fiscale complessivo gravante, rispettivamente, sul prodotto importato e su quello nazionale. Perch il giudice possa esplicare tale potere di accertamento -hanno infatti osservato J.e Sezioni unite - necessario che la domanda giudiziale sia proposta col preciso contenuto che sia verificata J.a parit globale nel snso indkato innanzi al fine di conseguire il rimborso non di ci che si assume pagato in pi per questa o per quell'imposta singolarmente indicata, bens di quanto pagato in pi in violazione del principio della paidt globale. Non c' rapporto di Continenza, che presuppone una domanda di maggior contenuto nella qua1e possa intendersi compresa quella di minore portata, tra la domanda di rimborso per quanto pagato per i.g.e. o per imposta di conguaglio non dovuta e domanda di rimborso per quanto pagato in pi xispetto al carico tributario gJ.obale legittimo, concernente un determinato settore di produzione o di distribuzione di beni o di servizi. Si tr,att invece di domande intrinsicamente di primo grado (Cass. 31 maggio 1971 n. 1747; Cass. 10 novembre 1970 n. 2325; Cass. 23 aprile 1968 n. 1243). Applicando la nozione di cause dipendenti, come sopra individuata,. all'ipotesi in cui l'azione di responsabilit civile contro il proprietario dell'autoveicolo e quella contro il conducente dello stesso siano state esperite in primo grado in un unico processo, se ne tratta la conclusione che nel giudizio di gravame viene a profilarsi un litisconsorzi<> 1028 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO processuale, in quanto la decisione dell'una causa si estende logicamente e necessariamente all'altra. Ed questa la tesi che viene propugnarta dall'amministrazione resistente. Ritiene, per, la Corrte che la configurazione prospettata non pu essere condivisa: invero, occorre tenere presente che per le obbligazioni solidali vige il principio sanciito dall'art. 1306 e.e., secondo cui la sentenza pronunciata fra il creditore ed uno dei debitori in solido non ha effetto contro gli altri debitori, i quali, peraltro, possono opporla al creditore salvo che sia fondata sopra ragioni personali al condebitore. Tale regola, evidentemente riguarda il merito della decisione contenuta nella sentenza, ma non vi dubbio che essa abbia inevitabili ripercussioni anche alla situazione processuale di cui ci si occupa. Infatti, poich le statuizioni della sentenza emessa nei confronti di uno dei debitori solidali non fanno stato nei confronti degli altri, l'estensione che la decisione della causa riguardante uno dei condebitori, alla causa concernente altro conclebitore solidale, anche se opera dal punto di vista logico, giuridicamente non pu estrinsecarsi: pertanto, la regola enunciata dall'art. 1306 e.e. si traduce, per quanto attiene alle obbligazioni solidali, sul piano procedurale, nell'impossibilit di stabilire un litisconsorzio processuale in sede di gravame, fra le varie cause dei debitori solidali, anche se esse hanno riceVUJto una trattazione unitaria nel giudizio di primo grado. Conclusivamente, quindi, va affermaito che per le obbligazioni solidali non pu trovare applicazione la nozione di cause dipendenti quale risu11ta dall'art. 331 c.p.c. e, di conseguenza, non pu trovare appliczione la r.egola dettata dal detto arrticolo ai fini dell'integrazione del contraddiittorio nel giudizio d'impugnazione. :_ (Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 11 novembre 1974, n. 3523 -Pres. Maccarone -Est. Pajardi -P. M. Silocchi (conf.) -Ministero del Tesoro (avv. Stato Carafa) c. Soc. a.s. SAFAR di Brauzzi e C. (avv. M. Casella). Contabilit generale dello Stato -Esigibilit di crediti verso Io Stato Interessi Decorrenza. (cod. civ., art. 1224 e 1282; r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, art. 54 e 55; r.d. 23 maggio 1924, n. 827, art. 269 ss.). I crediti verso lo Stato diventano esigibili solo dopo che la spesa stata ordinata dall'Amm.ne con l'emissione del relativo titolo, e da tale data decorrono gli interessi a favore del creditore (applicazione PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 1029 al caso in cui l'Amm.ne aveva eccepito la compensazione, peraltro in, parte riconosciuta non sussistente, di un proprio credito col credito privato derivante da liquidazione di contratti di guerra (1). (Qmissis). -Con unico motivo di ricorso, il Ministero del Tesoro afferma che il diritto della Safar alla somma relativa alla prima delibera divenne definitivo con il giudicato. La Corte d'Appello inoltre ha deliberaito che secondo l'art. 9 del Decreto Luogotenenziale 25 marzo 1948, n. 674, le delibere del Commissario divengono esecutive con decreto del Ministro del Tesoro. Ne consegue, secondo il ricorrente, che la delibera in oggetto divenne definitiva solo quando venne emesso il decreto del Ministro del Tesoro in esecuzione del giudicato della Safar sulle somme accantonate. Infine ed in ogni caso in ordine a queste ultime il fermo era giustificato proprio dalla incertezza sui limiti della compensazione. Il motivo fondato. Va premesso che i giudici di merirto sono partiti da una esatta serie di proposizioni. Anzitutto che la Pubblica Amministrazione non pu considerarsi in mora fino a quando non abbia esplicato tutti gli accertamenti e controlli prescritti secondo la procedura cui tenuta per legge, con la conseguenza che fino a tale momento, essendo la sua attivit regolata da norme che la vincolano, l'iter prescritto per l'accel'ltamenrt;o e la liquidazione delle somme che spettano ai creditori dello Stato deve svolgersi in conforrrut di quelle norme, e con la conseguenza ulteriore che, nei limiti in cui l'eventuale ritardo nel pagamento non pu riferirsi a colpa dell'Amministrazione, non (1) Con la sentenza che si annota il S.C., a breve distanza di tempo, rettifica l'orientamento espresso con la sentenza 27 settembre 1974, numero 2527 (in questa Rassegna 1975, I, 528 ove in nota richiami), riaffermando il principio che soltanto con l'emissione del formale titolo di spesa i crediti nei confronti dello Stato diventano esigibili e, quindi, solo da tale momento cominciano a decorrere gli interessi (sia corrispettivi che moratori). Si nega in tal modo il diverso principio che andato a volte affio rando in alcuni recenti arresti dello stesso S.C., secondo cui, ove la mancata emissione del formale titolo di spesa sia dovuta ad un com portamento, poi riconosciuto non legittimo, dell' Amm.ne, il credito do vrebbe ugualmente ritenersi esigibile e, quindi, sarebbero dovuti gli interessi. Devesi iribadire che tale orientamento non pu essere condivis'o: il titolo di spesa in base alle disposizioni sulla contabilit generale pu essere emesso solo dopo che ogni contestazione superata. E solo con l'emissione del formale titolo di spesa il credito verso l' Amm.ne diventa esigibile, e quindi produttivo di interessi a mente delle norme comuni. 7 1030 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO pu parlarsi di mora. Ancora che, quando, al contrario, l'attivit di accertamento si esaurita e si sono compiuti tutti quegli atti che la legge sulla contabilit dello Stato prescrive prima che un pagamento possa essere autorizzato, l'ulteriore ritardo diventa colpevole e sorge l'obbligo degli interessi. Peraltro, la soluzione della controversia stata alterata da due elementi concettualmente inquinanti, uno di carattere speciale legato alla faittispecie, uno di carattere generale. Il primo riguarda la vicenda del controcredito opposto in compensazione. L'evenrto ha cosi attirato l'attenzione delle parti contraenti, che la stessa Pubblica Amministrazione ha riconosciuto la decorrenza degli interessi dalla data del giudicato formatosi in ordine al regime giuridico di tale controcredito (se cio da pagarsi interamente o falcidiato), quando invece certamente, anche secondo la sua stessa tesi fartta valere in questo giudizio, tale data non aveva alcun significato per gli interessi maturati o maturandi a favore della Safar sul proprio credito..Pu dirsi concretamente ed in sintesi che la vicenza di questa compensazione contestata ha il solo significato, in ordine ai crediti Safar, di causa di contestazione in ordine alla loro liquidazione e al loro pagamento. L'elemento di carattere generale riguarda la individuazione. del momento e dell'atto che rende esigibili i crediti dello Stato. Non gi soltanto liquidi, concetto che attiene all'accertamento della quantit del credito, ma anche, va ripetuto, esigibili, cio concretamente richiedibili da parte del privato con conseguente maturazione degli interessi in 1 caso di ritardo. Su tale punto questa Suprema Corte intervenuta con varie decisioni, affermando che pu parlarsi di esigibilit soltanto dopo che la spesa della competente Amministrazione sia stata ordinata con la emissione del relativo titolo di spese e non prima. Tale atto non pacificamente mai stato posto in essere nel caso, con la conseguenza, in relazione a quanto sopra osservato, che costi tuisce un vantaggio di fatto per la Safar che la liquidazione preveda interessi decorrenrti dalla formazione sul giudicato del credito dello Stato. Pi specificamente, l'art. 9 del decreto sopra richiamato del 1948 sancisce che se la delibera accettata, il Commissario ne d notizia al Ministro del Tesoro per la esecuzione, da effettuarsi con apposito decreto, mentre invece la impugnazione della delibera ne sospende la esecuzione. Si evince da ci ancora pi con evidenza non soltanto il rappovto tra il provvedimento commissariale e il provvedimento ministeriale, ma anche l'effetto che l'impugnazione della delibera commis ~ sariale ha sulla emanazione del provvedimento ministeriale. r: ~ !! I' PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 1031 E non vi dubbio che il presente giudizio possa essere identificato come una puntuale impugnazione da parte della Safar della delibera commissariale. In questo quadro di per s assorbente si colloca il ricorso al mezzo giuridico amministrativo del cosiddetto fermo con effetti cawtelari, cui il Ministero del Tesoro ha fatto ricorso. Peraltro si tratta di un fattore parentetico che, quale ne sia la configurazione giuridica generale, non ha avuto il potere di influire sulla sorite della controversia, la quale non pu essere decisa che alla luce del principio pi volte ribadito delle esigibilit come fenomeno produttivo di interessi sulle somme costituenti il credito, collegata indissolubilmente col decreto ministeriale. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 12 novembre 1974, n. 3566 -Pres. Giannattasio -Est. Mirabelli -P. M. Secco (conf.) -Ministero Lavori Pubblici (avv. Stato Galleani) c. Fusco. Espropriazione per pubblica utilit -Esecuzione da parte dello Stato di piani di ricostruzione di comuni danneggiati dalla guerra -Conces sione a privati dell'esecuzione dell'espropriazione -Fallimento del concessionario -Obbligo del pagamento dell'indennizzo a carico dello Stato. (cod. civ., art. 1272; I. 20 marzo 1865, n. 2248, all. F, art. 334; I. 24 giugno 1929, n. 1127, art. 1; I. 27 ottobre 1951, n 1402, art. 16). L'Amm.ne dei LL.PP., che si sostituita ad un comune per la realizzazione delle opere pubbliche previste nel piano di ricostruzione dei danni bellici ed ha poi dato in concessione ad una societ privata l'esecuzione delle espropriazioni a tali fini necessarie, obbligata al pagamento delle -indennit spettanti ai proprietari espropriati ove il concessionario sia dichiarato fallito (1). (1) L'insolvenza del concessionario dell'esecuzione di opera pubblica. A chi voglia studiare la giurisprudenza per cogliere le ragioni sostanziali delle sue oscillazioni e, sopratutto, per individuare i motivi che le hanno giustificate, la sentenza che si annota pu rappresentare un caso paradigmatico. Dopo che con ripetuti arresti (oltre le sentenze 10 dice~bre 1970, n. 2630; 11 maggio 1964, n. 1129; 9 maggio 1962, n. 928; v. Cass. 22 gennaio 1970, n. 136, in Giust. civ. 1970, I, 1230 ove ulteriori richiami) il S.C. aveva affermato il principio che l'esecuzione dei lavori richiesti per l'attuazione dei piani di ricostruzione dei comuni danneggiati dalla guerra pu essere data in concessione: poich tale concessione traslativa il concessionario, entro i limiti dell'atto di concessione, succede alla 1032 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). -L'Amministrazione ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1 della legge 24 giugno 1929, n. 1137, 11 della legge 25 giugno 1949, n. 409, 16 della legge 27 ottobre 1951, n. 1402, 3 e 4 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, ali. E 1703 sgg. cod. civ., 78 legge fallimentare, 110 e 111 cod. proc. civ., nonch vizio di motivazione. L'Amministrazionededuce, infatti, che la sentenza impugnata, dopo avere esattamente ritenuto che alla societ Consedil era stata data la concessione di ricostruzione di Isernia e dopo avere esattamente riitenuto, altres, che in base alle norme di legge ed al decreto di concessione doveva individuarsi nella Societ Consedil il soggetto tenuto al pagamento dell'indennit di esproprio e di occupazione agli espropriati ed altres il soggetto legiittimato passivamente all~ domande giudiziali dei proprietari dei terreni occupati od esproprianti aventi ad oggetto le indennit do'VUte, ha poi errato nel ritenere che la societ Consedel era tenuta a pagare in forza di un mandato che, pur trovando fondamento nella concessione, non si confondeva con essa; che la concessione si era estinta gi prima del fallimento della Consedil per il raggiungimento dello scopo; che il mandato a pagare si estinto a seguito del fallimento e che, in conseguenza, la legittimazione passiva passata all'Amministrazione, quale mandante. L'Amministrazione ricorrente fa rilevare, al riguardo, da un canto che nell'ambiito del rapporto pubblicistico di concessione non appare p.a. concedente e, quindi, il solo legittimato passivamente ad avere parte nel giudizio relativo alla liquidazione e al pagamento delle indennit dovute alle ditte espropriate , con la sentenza che si annota lo stesso S.C. equiparando la concessione ad un appalto, afferma che ove all'appaltatore dei lavori vengono accollate anche le espropriazioni necessarie per la realizzazione delle opere appaltate, tale accollo non privativo e conseguentemente nega che l'Amm.ne sia liberata dall'obbligo del pagamento dell'indennizzo dai proprietari espropriati, in caso di insolvenza del concessionario. Finch la controversia rifletteva il conflitto -tra concessionario ed Amm.ne -circa chi dovesse ritenersi legittimato a resistere alle pretese dei terzi espropriati, la S.C. ha ritenuto di addossare tale onere, in via esclusiva al concessionario. Quando, invece, si trattato di stabilire tra l'espropriato ed Amm.ne su chi dovesse gravare l'insolvenza dello stesso concessionario, tale onere stato addossato all'Amm.ne. Mentre appaiono evidenti le ragioni di equit che sorreggono tale decisione, non altrettanto limpido l'iter giuridico seguito per giungervi. Secondo il S.C. poich nell'm-t. 324 legge n. 2248 del 1865 all. F previsto che l'Amm.ne possa accollare all'appaltatore le espropriazioni e tale accollo non dichiarato espressamente privativo, in caso di insol PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 1033 isolabile un rapporto di mandato, di natura privatistica; che non sembra esatta l'affermazione che la concessione si estingua con il compimento dell'opera; e che, comunque, neppure secondo le norme di diritto privato il mandante legittimato passivo nei confronti delle pretese dei creditori del mandatario, qualora questo sia insolvente. Da questi rilievi l'Amministrazione ricorrente trae la deduzione che qualora nell'incaricato, per appello o concessione, dell'esecuzione dell'opera pubblica sopravvenga l'insolvenza, questa resta a carico dei terzi che con l'appaltatore o il concessionario abbiano contrattato, senza che ci possa portare ad addossare all'Amministrazione appaltante o concedente oneri diversi da quelli previsti dalla legge o dal disciplinare, e quindi anche dei terzi espropriati, se a carico dell'appaltatore o concessionario sia stata posta l'espropriazione. Questa Corte , per, d'avviso che, se la costruzione prospettata nella sentenza impugnata non pu essere ritenuta accettabile, neppure le conclusioni cui perviene l'Amministrazione ricorrente appaiono conformi alla disciplina della materia. Ed invero, l'art. 16 della legge 27 ottobre 1951, n. 1402, prevedendo che i lavori da eseguire per l'attuazione dei piani di ricostruzione possano essere dati in concessione, con il pagamento delle spese in annualit, applica a tale ipotesi la previsione dell'art. 1 della legge 24 giugno 1929, n. 1137, secondo cui possono essere concesse in esecuzione a province, comuni, consorzi o privati opere pubbliche di qua venza del concessionario l'obbligo del pagamento dell'indennit spettante ai proprietari delle aree oggetto di espropriazione dovrebbe far carico ali'Amm.ne. Alla base di tale ragionamento sta la totale assimilazione della concessione per l'esecuzione di lavO'l'i, all'appalto. Ma a tale assimilazione ostano troppi argomenti sia formali che sostanziali perch ne sia consentita una completa esposizione. Sar sufficiente accennare, innanzitutto, alla circostanza che la dottrina assolutamente prevalente nega qualsiasi accostamento fra i due istituti, essendo strutturalmente l'appalto un atto di autonomia privata e la concessione un atto amministrativo soggetto in tutto alla disciplina pubblicistica (v. BENVENUTI, La concessione di opere pubbliche, in Acque, bonifiche ecc. 1958, 3 ss.; CARUSI, Rapporto organico e sostituzione nell'esecuzione di opere pubbliche, in questa Rassegna 1965, I, 1152; RoEHRsSEN, La concessione nel quadro dei sistemi di esecuzione delle opere pubbliche, in Rass. Lav. Pubbl. 1971, 1 ss.). In secondo luogo -e sopratutto -appalto e concessione sono funzionalmente diversi. Mentre con l'appalto l'appaltatore si assume l'obbligo nei confronti del committente di eseguire l'opera ed, eventualmente (art. 324 legge sui lavori pubblici), l'obbligo di provvedere al pagamento delle indennit di espropriazione, mentre lo svolgimento della procedura di esproprio resta compito dell' Amm.ne, nel caso di concessione di esecuzione di opere 1034 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO lunque natura ed il pagamento della spesa pu essere previsto in unica soluzione od in annualit ed essere stabilito in modo invariabile a corpo oppure a misura secondo la quantit dei lavori. Nella spesa non da ritenere cm:npreso, di regola, l'indennizzo per espropriazioni. Tuttavia opinione unanime che all'ipotesi sia applicabile la previsione contenuta nell'art. 324 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. F, secondo cui le espropriazioni possono essere accollate all'appaltatore. Ed infatti tale accollo rist1lta espressamente previsto, nel caso in esame e nella maggior parte dei casi consimili, dal disciplinare di concessione, secondo cui all'ente concessionario , appunto, devoluto il compito di predisporre ed espletare le operazioni e gli artti necessari per l'occupazione temporanea delle aree e per l'espropriazione delle medesime, comprese il pagamento per conto della Amministrazione concedente delle indenniit dovute ai proprietari. sulla base di queste disposizioni che questa Corte ha affermato, con le pronunce invocate dall'Amministrazione ricorrente (Cass. 9 maggio 1962, 928; 11 maggio 1964, n. 1129; 10 dicembre 1970, numero 2630) la legittimazione attiva e passiva del concessionario delle opere nelle controversie concernenti la liquidazione delle indennit, di occupazione e di espropriazione. Va rilevato, per, che n nella disposizione contenuta nell'art. 324 della legge sui lavori pubblici n in altra norma si trova sancito che l'accollo sia da considerare privativo, ossia liberatorio, nel senso pubbliche (con o senza gestione della stessa) comprensiva delle espropriazioni necessarie, il concessionario si sostituite in toto all'Amm.ne, compreso lo svolgimento della procedura di esproprio, assumendo a tutti gli effetti la veste dell'espropriante. Ne segue allora che, mentre nel primo caso pu ben parlarsi di accollo cumulativo tra appaltatore ed Amm.ne, per cui in caso di insolvenza dell'appaltatore rAmm.ne deve ritenersi obbligata al pagamento dell'indennizzo ai proprietari espropriati, in caso di concessione non pu parlarsi di accollo (n privativo n tanto meno cumulativo) trovandoci del tutto fuori dalla sfera privatistica. In tale ipotesi si parla in giurisprudenza di affidamento impll'oprio (v. da ultimo Cass. 11 luglio 1974, n. 2060, in questa Rassegna 1975, I, 156 ove in nota richiami) intendendosi con ci l'integrale sostituzione di un soggetto ad un altro nello stesso svolgimento di un'attivit pubblicistica. Essendovi sostituzione integrale del privato nella posizione della P.A., vi anche deroga al principio fondamentale in tema di espropriazione per p.u. secondo il quale parte del rapporto il soggetto a cui favore l'esproprio stato pronunziato (cos espressamente Cass. 31 gennaio 1968, n. 313, in questa Rassegna 1968, I, 419). Il concessionario assume, in sostanza, la veste di espropriante e su di lui in via esclusiva gravano tutti gli obblighi relativi alla esecuzione dell'opera pubblica, compreso il pagamento delle indennit di espropriazione. A. ROSSI PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE che con l'accollo all'appaltatore od al concessionario l'Amministrazione espropriante resti liberata dall'obbligo di indennizzo nei confronti degli espropriati. .Non risulta_, cio, dimostrato che con la norma suddetta si sia apportata deroga alle due regole fondamentali in materia di debilto di indennizzo e di accollo, quali sono enunciate negli artt. 324 della legge 25 giugno 1865, n. 2359, e 1273 cod. civile. Ai sensi della prima il debito dell'indennizzo a carico di chi promuove l'espropriazione; ai sensi della seconda, l'accollo non libera il debitore originario se non per disposizione o convenzione espressa. Questa Corte nell'affermare, con le pronuncie citate, la legittimazione passiva del concessionario cui sia stata accollata l'espropriazione, ha implicitameillte ritenuto che, per la nah1ra stessa dei rapporti, non si applichi a tale ipotesi la regola che prevede la solidariet tra accollante ed accollato, nell'ipotesi di accollo cumulatiivo, non liberatorio (art. 1273, rterzo comma, cod. civ.). Ma questa Corte non ha mai affermato, n poteva affermare, che con l'accollo ai sensi della legge sui lavori pubblici sia derogata anche la regola secondo cui l'accollo naturalmente cumulativo, e pu avere efficacia liberatoria solo per previsione espressa (art. 1273, secondo comma, cod. civ.). Non essendo, dunque, liberatorio l'accollo previsto dalle disposizioni citate, deve essere ritenuto che, qualora il concessionario o l'appaltatore, cui sia starta accollata l'espropriazione, diventi insolvente, il debito rimane a carico dell'Amministrazione esproprianrte. La diversa soluzione, che l'Amministrazione ricorrenrte ipotizza, pu forse adattarsi al caso in cui, come essa stessa ha indicato, il debito discenda da vincolo contrattuale tra l'appaltatore o concessionario ed il terzo, ma non certo all'ipotesi in cui sia stato accollato all'appaltatore o concessionario il debito dell'Amministrazione. Poich la soluzione alla quale in tal modo si perviene coincide con quella adottata dalla sentenza impugnata, il ricorso deve essere respinto. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Eez. I, 12 novembre 1974, n. 3570 -Pres. Maccarone -Est. Zucconi Galli Fonseca -P. M. Cutrupia (diff.) Soc. p.az. Ferrovia Padana-Piazzola (avv. Sambiagio) c. ANAS (avv. Stato Tarin). Ferrovie Tranvie Concessione Passaggio di ferrovie su strada ordina ria Allargamenti e deviazioni Appartenenza. (r.d. 9 maggio 1912, n. 1447, art. 74). Affinch, a mente dell'art. 74, primo comma, del t.u. 9 maggio 1912, n. 1447, l'ente ptoprietario della strada, su cui imposta la 1036 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO servit di passaggio di una ferrovia in concessione, acquisti la propriet degli allargamenti e delle parziali deviazioni realizzate dalla concessionaria della _ferrovia, occorre accertare -e tale accertamento demandato al giudice ordinario -se dette opere siano state rese necessarie dall'occupazione della sede stradale con la ferrovia (1). (Omissis). -La sentenza impugnata, dopo aver accertaito che la societ concessionaria aveva acquistato a sue spese, in forza di espropriazione per pubblica utilit, le aree di cui si controverte, cui poi si aggiunse il cavalcavia, cosi come previsto dalla convenzione del 10 gennaio 1910 relativa alla costruzione della ferrovia, ha ritenuto che si era successivamente realizzato il passaggio di propriet delle aree stesse, a norma del su riportato terzo comma dell'art. 74 t.u. 9 maggio 1912, all'ente proprietario della strada deviata sul cavalcavia, per le considerazioni che seguono: a) perch l'interpretazione da dare alla norma, laddove contempla le deviazioni che possano occorrere, che in essa sono considerate non tanto le deviazioni resesi necessarie, ma quelle comunque realizzate, dovendosi assumere il verbo occorrere , piuttosto che nel suo significato di abbisognare, in quello di accadere, verificarsi, nel quale esso pure correntemente usato; b) perch, a pal'\te ci, la costruzione del cavalcavia ferroviario sui sottostanti binari della ferrovia Padova-Bassano e sulla strada provinciale Tirolese fu resa necessaria dalla diffi.col!t, che altrimenti si sarebbe incontrata, di innestare1a nuova ferrovia sui binari dell'altra e di farla correre iungo la detta strada provinciale; c) perch, inoltre, per poter ritenere concretamente integraiettivamente necessaria essa possa non apparire. Col primo e col secondo motivo di ricorso (violazione e falsa ap plicazione dell'art. 74 t.u. n. 1447 del 1912; contraddittoriet e difetto (1) Trattasi di questione nuova, per quanto consta. L'interpretazione dell'art. 74 T.U. n. 1447 del 1912 fornita dal S.C. con la sentenza in rassegna, attenta alla lettera della legge, apipaxe eccessivamente restrittiva. chiaro, al contrario, che, proprio perch trattasi dell'interpretazione di una norma che ha pi di sessant'anni di vita e che stata formulata con riferimento ad un-tipo di circolazione (chiaramente indicata dall'espres sione ordinario carreggio ) che da tempo definitivamente scomparsa, l'interprete deve dare maggior peso al senso attuale della norma. Ed in tale prospettiva andr, quindi, dalla Corte di rinvio, valutato se la costruzione di un cavalcavia ferroviario costituisca una deviazione necessaria per consentire l'ordinario carreggio su una strada statale. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE essenziale della motivazione, in relazione all'art. 360 n. 3 e 5 c.p.c.) la societ ricorrente censura questa motivazione, adducendo in sostanza, da un lato, che la norma ritenuta applicabile stata dalla Corte d'Appello erratamente interpretata, poich non vero che essa contempla qualsiasi deviazione decisa in connessione con la costruzione della ferrovia, anche se non collegata alla concreta e obbiettiva necessit della costruzione ferroviaria secondo le modalit stabilite, cosicch al riguardo non poteva essere data esclusiva rilevanza alla convenzione, per il solo fatto che la deviazi_one era stata in essa prevista e considerata utile; e, d'a1tro lato, che la corte d'Appello ha omesso di considerare la circostanza decisiva che nel caso non s'era trattato d'una deviazione della strada provinciale (rimasta tale e quale, anche se in aggiunta al vecchio tronco fu costruito quello sopra il cavalcavia, accanto ai binari della nuova ferrovia) attuata per l'adattamento della sede ferroviaria, ma invece di un adaittamento del manufatto ferroviario per agevolare il traffico stradale, consentendo di evitare il sottostante passaggio a livello. La duplice censura fondata. Quanto al primo profilo, attinente all'interpretazione del terzo comma del citato articolo 74, la corte suprema rileva che devesi distinguere fra le modalit delle modificazioni (allargamenti o parziali deviazioni) apportate ad una strada preesistente in dipendenza dello adattamento ad essa della sede ferroviaria, ele ragioni delle modificazioni stesse. Le modalit delle modificazioni, nei limiti in cui servono ad assicurare l'ordinario carreggio, sono per certo rimesse alla discrezionalit della pubblica amministrazione (cos come ad essa sono rimesse le modalit di costruzione della ferrovia data in concessione). non sostituibile con diverso apprezzamento da parte del giudice; la dipendenza delle modificazioni dell'adattamento della sede ferroviaria, ovverosia !'.esigenza di assicurare con essa l'ordinario carreggio stradale, compromesso o alterato dalla costruzione della sede ferroviaria, invece richiesta dalla norma, e la sua esistenza dev'essere verificata dal giudice come elemento della fattispecie costitutiva del passaggio di propriet degli allargamenti o deviazioni all'ente proprietario della strada. Ci risulta di tutta evidenza coordinando, come devesi, il comma in esame con quello precedente, il quale prende in considerazione le spese di allargamento o di parziale deviazione che possano occorrere per la occupazione della sede stradale colla ferrovia ; ai medesimi casi si riferisce la successiva previsione del passaggio di propriet, con la conseguenza che l'occupazione della sede stradale colla ferrovia il presupposto dell'applicabilit della norma. In altri termini, le scelte con cui si pone rimedio all'interferenza delle ferrovie sull'esercizio delle strade non sono -entro i limiti 1038 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sopra detti -sindacabili (si pensi alle decisioni di consentire un passaggio a livello oppure di ricorrere a un sopra o sotto-passaggio della ferrovia rispetto alla strada o viceversa); ma il giudice non pu prescindere dall'accertare se gli allargamenti o le parziali deviazioni delle strade siano stati i mezzi per ovviare a quell'interferenza. La Col'lte del merito, che non ha distinto fra il necessario accertamento delle ragioni della deviazione, e la valutazione, preclusa n\; ece al giudice, delle scelte tecniche che l'avevano fatta adottare, non ha fatto corretta applicazione della legge al caso concreto, poich l'errore di interpretazione non rimasto senza conseguenze nel procedimento formativo della decisione, ma ha condotto la covte ad omettere l'accertamento sopradetto. Viene con ci in considerazione il secondo profilo, che pure si plesa fondato, della censura prospettata dalla ricorrente. Questa aveva dedotto anche in grado d'appello che la costruzione del cavalcavia ferroviario era stata decisa appunto per evitare ogni interferenza fra la nuova ferrovia e la strada provinciale Tirolese, la quale infatti rimase inalterata col suo passaggio a livello della ferrovia Padova- Bassano, e che la previsione di un cavalcavia itanto ampio da consentire che su di esso passasse non solo la ferrovia, ma anche la deviazione della strada provinciale, fu convenzionalmente stabilita per profittare dell'occasione ed attuare un miglioramento del traffico stradale, traffico che peraltro la nuova ferrovia, proprio per il progettato passaggio sul cavalcavia, non avrebbe affatto pregiudicato. Orbene, questa dedotta circostanza, che era stata oggetto di accertamento positivo da parte del tribunale, non stata presa in esame dalla sentenza impugnata. Delle parti della motivazione dedicate alla valutazione del fatto, la prima (sopra, sub b) riguarda infatti la necessit della costruzione del cavalcavia ferroviario come itale, e non prende in considerazione l'abbinamento ad esso della deviazione stradale; la seconda (supra, sub c) si limita a dare determinante rilievo alla circostanza che l'esigenza della deviazione era stata valutata in sede amministrativa, esplicitamente dichiarando irrilevante l'accertamento della obbiettiva necessiit di essa come conseguenza del collocamento della nuova sede ferroviaria. Esiste pertanto anche il dedotto vizio di omessa motivazione su fatto decisivo. Col terzo motivo di ricorso (nullit della decisione impugnata: art. 360 n. 4 e 5 in relazione all'art. 112 c.p.c.), la ricorrente lamenta, sotto il profilo di omessa pronuncia ovvero di insufficienza e contraddittoriet della motivazione, che la sentenza impugnata abbia trascurato che la pretesa di risarcimento riguardava anche l'occupazione di aree diverse dal cavalcavia stradale (sede della ferrovia sul cavalcavia, aree adiacenti giacenti sul piano di campagna), e la abbia per tale PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 1039 parte respinta senza motivazione ritenendola erratamente assorbita nel giudizio emesso intorno all'area interessata dalla deviazione stradale, senza peraltro neppure ipotizzare un rapporto pertinenziale fra la strada e le altre aree. Anche questa censura fondata. Giudicando nel modo che s' visto circa l'avvenuto passaggio di propriet ai sensi dell'art. 74, la corte d'appello ha dichiarato assorbito ogni altro aspetto del thema decidendum sottoposto al suo esame, non avvertendo che la questione della applicabilit della norma suddetta poteva riferirsi soltanto alla parte del cavalcavia su cyi era stata fatta passare la deviazione stradale, ma non alle adiacenti e diverse aree che pure erano state oggetto, secondo l'accertamento del tribunale, di occupazione illegittima. Il rigetto della domanda di risarcimento relativa a tali aree quindi assolutamente privo di motivazione. In relazione ai vizi riscontrati, l'impugnata sentenza dev'essere -cassata. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 13 novembre 1974, n. 3596 -Pres. Maccarone -Est. Milano -P. M. De Marco (di:ff.) -ANAS (avv. Stato Lancia) c. Merlonghi (avv. Brancaccio). Espropriazione pubblica utilit -Indennit Immobile urbano adibito dal proprietario all'esercizio di attivit commerciale Compenso per avviamento commerciale -Esclusione. (1. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 39; 1. 27 gennaio 1963, n. 19, art. 6). L'indennit di espropriazione deve essere commisurata al valore venale del bene senza tener conto di qualsiasi pregiudizio a carattere personale subito dall'espropriato, anche nell'ipotesi che oggetto della espropriazione sia un immobile mbano adibito dal proprietario all'esercizio di un'attivit comme1ciale (1). (1) Perdita dell'avviamento commerciale per espropriazione per p.u. Il principio enunciato costituisce una conferma del consolidato orien tamento del S.C. in tema di determinazione dell'indennizzo per espropifia zione per p.u., secondo il quale l'indennit va commisurata esclusivamente al valore in comune commercio del bene, senza tener conto dei vantaggi a carattere personale ricavabili dallo stesso proprietario o da terzi che godono -a qualsiasi titolo del bene espropriato (v. per richiami LANDI QuARANTA, Rassegna di giurisprudenza sull'espropriazione di pubblica uti lit, Milano 1973, p. 137). La novit della decisione sta nell'aver confermato tale principio anche in riferimento all'ipotesi in cui nell'immobile espropriato sia esercitata 1040 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). -Con l'unico motivo, l'Azienda ricorrente denuncia la violazione degli artt. 39, 27, 46, 52 e 54 legge 25 gennaio 1865 n. 2359, 1, 4 e 6 legge 27 gennaio 1963 n. 19, per aver la Corte di merito erroneamente ritenuto, peraltro con motivazione insufficiente e contraddiittoria, che alla Merlanghi Viola, gestendo essa una trattoria nello stabile espropriato, spettava, oltre all'indennit di espropriazione, anche un indennizzo per la perdita dell'avviamento commerciale. Lamenta, in particolare, la ricorrente che la sentenza impugnata, oltre ad aver erroneamepte richiamato l'al't. 46 della citata legge n. 2359 del 1865, trovando tale norma applicazione solo nei riguardi dei proprietari degli immobili che, senza essere colpiti dalla espropriazione, I abbiano subiito un danno permanente dall'esecuzione dell'opera pubblica, non abbia considerato che la Merlanghi era, non gi conduttrice, bens comproprietaria dei locali espropriati ed adibiti all'esercizio dell'attivit commerciale e che, pertanto, nella specie, era applicabile, non la disciplina contenuta nella legge n. 19 del 1963 sulla tutela dell'avviamento commerciale, bens quella sulle espropriazioni per pubblica utilit e, in particolare la norma dell'art. 39, la quale stabilisce che l'indennit di esproprio deve essere commisurata al valore venale dell'immobile senza che possa tenersi conto dei danni personali o indiretti. Il ricorso fondato. necessario, innanzi tutto, chiarire che, contrariamente a quanto si afferma dalla ricorrente, i giudici di merito hanno accertato che la un'attivit commerciale, avente diretto contatto con il pubblico degli utenti o consumatori, e cio in un'ipotesi che ricade nell'ambito dell'applicazione della legge 27 gennaio 1963, n. 19 sulla tutela giuridica dell'avviamento commerciale (La determinazione dell'indennizzo in caso di espropriazione di fondi rustici condotti in affitto oggi espressamente regolata dall'art. 17 della legge 22 ottobre 1971, n. 865). In realt nella motivazione della decisione che si annota, lo sforzo del S.C. tutto diretto ad escludere che la legge in parola possa, comunque, incider~ sulla .iateria in esame sottolineandosi che il richiamo contenuto nell'art. 6 legge cit. all'art. 27 della legge n. 2359 del 1865, conferma che l'indennit di esproprio ha come unico destinatario il proprietario (o l'enfiteuta) nei cui confronti (quale titolare dell'indennit) tutti gli altri titolari di diritti (reali o personali) sul bene possono far valere le proprie pretese. Peraltro non pu sottacersi che se tale argomento certamente efficace nel caso di specie, in cui era uno dei comproprietari dell'immobile espropriato che, svolgendo in detto immobile un'attivit imprenditoriale con diretto contatto con il pubblico, pretendeva un compenso per l'avviamento commerciale perduto per effetto dell'esproprio, non del tutto convincente potrebbe apparire nella diversa ipotesi in cui l'indennizzo per un avviamento commerciale fosse richiesto sia dal proprietario espropriato, sia dal conduttore, i quali agissero congiuntamente, come consente l'art. 54 PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 1041 Merlonghi gestiva l'esercizio commerciale, avente sede nei locali espropriati, non in virt di rappo11to di locazione, ma in qualit di comproprietaria dei locali stessi e che, pe11tanto, nell'attribuirle l'indennizzo per la perdita dell'avviamento commerciale, hanno inteso, non gi fare diretta applicazione dell'art. 6 della legge n. 19 del 1963, bens desumere da tale disposizione una nuova interpretazione delle norme che regolano la determinazione della indennit di esproprio, e, in particolar~, dell'al'lt. 39 della legge n. 2359 del 1865 (il richiamo all'al'lt. 46 della stessa legge, come si riconosce in memoria dagli stessi resistenti, frutto di un mero errore materiale, rivelato dal contenuto della pronuncia). Pur non disconoscendo il principio generale, comunemente accettato e pi volte ribadito da questa Corte Suprema, che l'art. 39 della legge sulle espropriazioni per pubblica utmt, ai fini della determinazione dell'indennit di esproprio, non considera altri diritti se non quelli di carattere reale afferenti all'immobile espropriato, con esclusione di ogni pregiudizio di carattere personale, i giudici di merito hanno tuttavia ritenuto che tale principio deve essere riveduto alla luce delle nuove disposizioni normative contenute nella legge n. 19 del 1963, e, in particolare, del disposto dell'art. 6 di detta legge, il quale, nel disporre che, in caso di espropriazione per pubblica utilit, il conduttore ammesso a reclamare ed a pretendere, sull'indennit di espropriazione, un compenso per la perdita dell'avviamento nei limiti e secondo i criteri stabiliti nell'art. 4 e, cio, nella misura legge n. 2359 del 1865, richiamato dall'art. 6 legge n. 19 del 1963 (e questa sembra l'ipotesi decisa dal Trib. Roma, 9 luglio 1968, in Foro it. rep. 1969, voce Esprop. p.u., n. 96, il quale ha ritenuto che il conduttore abbia diritto di reclamare dal locatario il compenso sull'indennit, nei lirrliti dell'aumento di questa determinato dall'avviamento commerciale). In tale caso l'ulteriore argomento addotto dal S.C. secondo cui lecito ritenere che nell'ipotesi prevista dall'art. 6, a differenza delle altre ipotesi di cessazione del rapporto di locazione prese in considerazione dalla legge in esame, questa abbia intest> riferirsi, non gi ad un diretto e concreto vantaggio del locatore espropriato, bens alla semplice possibilit astratta di un vantaggio indipendentemente dalla circostanza che egli, in concreto, si giovi dell'incremento che l'immobile abbia conseguito dall'attivit del conduttore , lascia perplessi, solo che si consideri che la giurisprudenza costante dello stesso S.C. ritiene che il diritto del conduttore al compenso per l'avviamento commerciale a mente dell'art. 4 legge n. 19 del 1963 condizionato alla prova _.,.. da darsi dal conduttore medesimo -della utilit concreta che deriva al locatore dall'attivit commerciale svolta nel locale (v. in tal senso da ultimo Cass. 8 febbraio 1974, n. 366). ulteriore ragione di perplessit deriva nella circostanza che seguendo l'argomento enunciato dalla decisione che si annota il proprietario espropriante subirebbe una duplice limitazione del suo diritto: la 1042 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dell'utilit che pu derivare al locatore, presuppone necessariamente che nel calcolo dell'indennit di espropriazione si debba tenere conto dell'avviamento perch altrimenti il conduttore non potrebbe mai far valere n diritto al compenso mancandone l'oggetto. Ma la Corte ritiene che tale opinione non possa essere condivisa. Non si pu negare che la nuova legge sulla tutela dell'avviamento commerciale, ove si guardi al suo contenuto normativo, anche indipenentemente dagli intendimenti politici perseguiti da chi la propose, manifesti chiaramente l'intendimento di tutelare prevalentemente l'interesse del conduttore. Giustamente stato rilevato che la legge n. 19 del 1963 redatta come se il legislatore guardasse esclusiivamente ad una delle parti del rapporto di locazione e cio al conduttore, al quale soltanto essa esplicitamente a.ttribuisce dei diritti al punto che la posizione giuridica del locatore ne risulta solo negativamente configurata come riflesso e conseguenza dei limiti stabiliti ai diritti della controparte. Il conduttore appare, infatti, l'unico beneficiario delle disposizioni contenute nella legge, essendogli attribuito un diritto di prela . zione ove il proprietario intenta locare l'immobile a terzi, un diritto ad essere compensato per la perdita dell'avviamento che l'azienda subisca in conseguenza della cessazione del rapporto di locazione, sia pure nella misura dell'utilit che ne pu derivare al locatore, un diritto di optare, rinunciando al predetto compenso, per la proroga biennale del contratto di locazione e; infine, un diritto al compenso anche nel caso in cui l'immobile venga espropriato, in un caso, cio, in cui, come prima derivante dai criteri fissati dalla legge sull'espropriazione per p.u. per la liquidazione dell'indennizzo e la seconda derivante dall'ulteriore compenso spettante -in ogni caso -al conduttore. E mentre sulla legittimit costituzionale del primo non possono esservi dubbi, non altrettanto pu ritenersi del secondo limite, non potendosi considerare tale limite come posto nell'interesse generale, o, comunque allo scopo di assicurarre la funzione sociale (della propriet) e renderla accessibile a tutti (art. 42 cit.). , La soluzione preferibile sembra allora quella, del resto conforme all'indirizzo accolto dallo stesso S.C. nell'interpretazione dell'art. 4 legge cit., e cio di ritenere spettante al conduttore un compenso per l'avviamento solo ed in quanto l'avviamento medesimo venga ad incidere sul valore in comune commercio del bene espropriato a cui va commisurato l'indennizzo per l'espropriazione. (Sulla soluzione accolta dal S.C., in senso conforme TABET, Espropriazioni per pubblico interesse e perdita dell'avviamento commerciale, in Giur. civ. 1975, I, 410 partendo peraltro dal diverso presupposto che il compenso dovuto dal legislatore al conduttorre spetti indipendentemente da un effettivo arricchimento del locatore dall'avviamento commerciale). A. ROSSI PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE ovvio, il proprietario espropriato non ricava alcuna specifica utilit del precedente avviamento, dato che l'immobile finisce per avere una destinazione del tutto diversa da quella precedente. Dispone, infatti, l'art. 6 della legge in esame che, in caso di espropriazione per pubblica utilit, il diriitto del conduttore al compenso per la perdita dell'avviamento viene soddisfatto, nei limiti e secondo i criteri stabiliti dall'art. 4, sull'indennit di espropriazione, e che a tale fine il conduttore pu valersi delle norme di cui agli artt. 27 e 54 della legge sulle espropriazioni per pubblica utilit. Ora non sembra che possa affermarsi che con tale disposizione, chiaramente diretta a favorire la sola parte per la quale si rendeva necessario intervenire, il legislatore abbia inteso rinnovare o modificare la norma fondamentale che regola la determinazione dell'indennit di espropriazione, sancendo che nel giusto prezzo da attribuire all'immobile in una libera contrattazione di compravendita debba tenersi conto anche del plusvalore locativo postulato dall'art. 4 della legge n. 19 del 1963. In primo luogo non si pu non rilevare che l'avviamento azien dale, inteso, secondo la comune accezione, come qualit dell'azienda, non incide minimamente nella libera contrattazione in caso di com pravendita e, cio, sul puro valore di scambio, indipendentemente dal danno subito dall'espropriato, e che, d'altra parte, l'espropriazione col pisce l'immobile e non l'attivit commerciale in essa esercitata. Ma a prescindere da tali rilievi, sembra evidente che con la dispo sizione in esame ed inteso sancire unicamente che il fatto dell'espro priazione, in quanto determina la cessazione immediata del rapporto di locazione, deve essere considerato alla stregua del precedente art. 4, agli effetti della attribuzione al conduttore del compenso per la per dita dell'avviamento, stabilendo l'entit del compenso stesso ed i modi con cui il conduttore pu soddisfare il suo diritto. Nulla, invece, la norma dispone in ordine alla posizione del pro prietario espropriato nei confronti dell'espropriante, mentre, come chia ramente si evince dal suo testo, ove si parla di soddisfacimento del compenso sull'indennit di esproprio ed ove richiamato l'art. 27 della legge n. 2359 del 1865, a norma della quale i terzi aventi diritti sull'immobile sono resi indenni dagli stessi proprietari, la norma stessa configura il compenso riconosciuto al conduttore come un'obbli gazione del solo locatore espropriato, e ci in applicazione del principio, fondamentale in tema di espropriazione per pubblica utilit, che l'in dennit di esproprio unica ed ha come destinatario il proprietario (o l'enfiteuta), sicch questi, e non l'espropriante, il soggetto passivo di eventuali diritti che possono valutare i terzi estranei al procedimento di esproprio. 1044 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Vero che la disposizione in esame, con il richiamare anche l'art. 54 della legge fondamentale sulle espropriaziorii., abilita il conduttore anche ad impugnare come insufficiente la indennit di esproprio provvisoriamente determinata, ma se si rtiene presente che il pregiudizio patrimonial che subisce il conduttore dalla cessazione del rapporto locativo, essendo mutevole da caso a caso, entro i limiti stabiliti dall'art. 4, non determinabile a priori dal perito di cui all'art. 32 .ella legge n. 2359 del 1865, e, soprattutto, se si considera la ben norta ed ampiamente criticata imperfezione delle norme contenurte nella legge in esame, si pu a ragione ritenere, come stato gi ritenuto da autorevole dottrina, che il richiamo all'art. 54 legirttimi il conduttore ad impugnare la stima per la sua non rispondenza della indennit preventiva al valore effettivo dell'immobile espropriato e non anche per la mancata o inadeguata determinazione dello speciale nocumento patrimoniale subito a seguito della cessazione del rapporto locativo. D'alrtra parte non chi non veda come ben scarso sia l'interesse del condwttore a proporre la impugnazione ad una stima che sostanzialmente non lo pregiudica, posto che l'indennizzo per la perdita dell'avviamento gli deve essere in ogni caso corrisposto dal locatore. Non sembra, poi, alla Corte che abbia pregio l'unica argomentazione dalla quale la sentenza impugnata ha tratto la conclusione che anche al proprietario imprenditore, in virt della norma in esame, spetti l'indennizzo per la perdita dell'avviamento e, cio, che, dovendo, anche nel caso di espropriazione, il compenso al conduttore essere rapportato al vantaggio tratto dal locatore dal precedente avviamento, tale vantaggio non pu non consistere in quello derivato al locatore dall'essersi tenuto conto dell'avviamento ai fini della determinazione. dell'indennirt di esproprio. A parte, infatti, ogni rilievo in ordine alla possibilit di desumere una cosi rilevante modifica della norma che indica i criteri da applicare nella determinazione dell'indenni.t di esproprio da un inciso di assai incerto significato, non esatto che, come affermato -dalla sentenza impugnata, il condurttore non potrebbe mai far valere il diritto riconosciutogli dalla norma in esame, mandandone l'oggertto , qualora non si tenesse conto dell'avviamento nella liquidazione dell'indennit di esproprio perch, come si gi detto, secondo il sistema della legge, il diritto del conduttore al compenso autonomo rispetto alla misura dell'indennit di esproprio liquidata al locatore, il quale tenuto in ogni caso alla corresponsione dell'indennizzo per la perdita dell'avviamento. Se cos e se si tiene presente che, nel caso di cessazione del rapporto derivante da espropriazione per pubblico interesse, nessuna utilit possono conseguire n l'espropriante, n l'espropriato da un avviamento incorporatosi in un immobile destinato ovviamente ad essere PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE demolito, lecito ritenere, ad avviso della Corte, che nella ipotesi prevista dall'art. 6, a differenza delle altre ipotesi di cessazione del rapporto di locazione prese in considerazione dalla legge in esame, questa abbia inteso riferirsi, non gi ad un diretto e concreto vantaggio del locatore espropriato, bensi alla semplice possibilit astrartta di un vantaggio, indipendentemente dalla circostanza che egli, in concreto, si giovi dell'incremento che l'immobile abbia conseguito dall'attivirti'l del conduttore. Devesi, pertanto, concludere che la sentenza impugnata incorsa in errore nel ritenere che la disciplina attuata nella legge n. 19 dei 1963 abbia innovato ai criteri di determinazione dell'indennit di esproprio. -(Omissis). SEZIONE QUINTA GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA(*) CONSIGLIO DI STATO, Ad. pJ.en., 1 lugJ.io 1975, n. 8 -Pres. Ve trano -Est. Iannelli -Barboni ed altri (avv. Martuscelli) c. Mini stero tesoro (avv. Stato Azzariti). Impiego pubblico -Orario di lavoro -Uffici della Capitale -D.C.G. 17 settembre 1939 -Non pi in vigore -Applicabilit dell'art. 106 R.D. n. 2960 del 1923. Impiego pubblico -Orario di lavoro -Personale ausiliario -Inizio un'ora prima degli altri impiegati -Settima ora -Retribuzione come lavoro straordinario -Non spetta. Il decreto del Capo del Governo 17 settembre 1939, con il quale venne fissato l'orario degli uffici statali e degli enti pubblici della Capitale, comunque soggetti alla vigilanza dello Stato; dalle ore 8 alle 14 nei giorni feriali e dalle ore 8 alle 12 nelle domeniche e nei giorni festivi, senza alcuna interruzione, aveva carattere tempoiraneo, essendo strettamente legato alle circostanze e alle finalit, che avevano determinato la sua emanazione (economia nelle spese per il funzionamento degli uffici e dei servizi); pertanto, una volta venuti meno i decreti 22 ottobre 1941 e 18 marzo 1942 (che -ferma la durata dell'orario di servizio in sei ore nei giorni feriali -dettarono nuove disposizioni in materia di orario per l'intero territorio nazionale, ivi compresa la Citt, di Roma, rispettivamente valide fino al 31 marzo 1942 e al 31 ottobre 194.2) ha ripreso vigore ed efficacia l'art. 106 R.D. 30 dicembre 1923 n. 2960, tuttora vigente ai sensi dell'art. 385 primo comma T.U. 10 gennaio 1957 n. 3, che fissa in sette ore giornaliere l'orario di lavoro dei pubblici impiegati (1). Ai sensi dell'art. 106 R.D. 30 dicembre 1923 n. 2960, tuttora in vigore ai sensi dell'art. 385 primo comma T.U. 10 gennaio 1957 n. 3, (1-2) Sulla questione circa l'orario di servizio negli uffici statali della Capitale, se di sei ovvero di sette ore, che ora definitivamente risolta dall'Adunanza Plenaria in aderenza alla tesi sostenuta dalla Amministrazione dopo il contrasto di giurisprudenza delle Sezioni semplici, vedasi tale giurisprudenza e la nota in questa Rassegna 1973, I, 1142. (*) Alla redazione delle massime e delle note di questa sezione ha collaborato anche l'avv. RAFFAELE TAMIOZZO. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 1047 l'orario di lavoro dei pubbHci impiegati fissato in sette ore giornaliere; pertanto, legittimamente l'Amministrazione nega il riconoscimento, a favore di dipendenti della carriera ausiliaria, della retribuzione, a titolo di lavoro straordinario, dell'ora di servizio in pi (la settima) prestata rispetto alle sei ore giornaliere di lavoro che attualmente effettuano gli altri impiegati pubblici (2). (Omissis). -L'ordinanza di rimessione, nel richiamare alcuni pareri espressi dalla prima e dalla seconda Sezione di questo Consiglio (I Sez. n. 2506 detl. 1969; II Sez. n. 282 del 1970, ed a.Lcune deciisi-On1i giurisdizionaJ. i rese semiPre da questo CoI11Se1s.so (IV Sez .. 30 ottobre 1968 n. 676; IV Sez. 28 luglio 1971 n. 756), rfoorda che un dec:reto del Capo del Go .verno del 17 1s1ettembre 1939 fiss l'orall'io degli uffici 1stata!li e degJ.i enti pubb1iiei della capitaJ.e in sei ore giornaliere, dail!le Oil'e otto alJle ore quattordici nei giorni ferialii, senza alcuna interruzione e senza distinzione alcuna fra le varie cateigorie di impiegati. Richiama, poi, la c:i.rcostianza he gli ausilia1ri prestalllo un'ora di lavoro in pii rispetto aigH ailtri impiega- ti delle altre C'ategorie, e d per provvedere a(!Je incombenze di loro competenza (mantenere l'ordine la pulizia dei loca[i) prima delLl'dinizio del lavoro d'ufficio, cos come chiaramente 1s.tabdJito dlaU'art. 189 del T.U. n. 3 del 1957, che .prevede, appunto, le mansfoni del personale aus.Uiario. Ci premesso, l'ordinanza chiede che lAdunanza plenaria, ai fini di stabilire un principio di carattere generale, si pronunzi sul quesito se al personale ausiliario spetti o meno la retribuzione come laivoro straordinario dell'.ora di servizio prestata quotidianamente in pi rispetto agli impiegati delle altre categorie. Al quesito stesso lAdunanza plenaria non'pu dare una compiuta risposta senza aver prima accertato la validi1t o meno, sotto il profilo giuridico, delle premesse, da cui muove l'ordinanza di rimessione. L'art. 106 del R.D. 30 dicembre 1923 n. 2960, dispose, originariamente, nel primo comma, che l'impiegato deve osservare l'orario di ufficio, la cui durata normale giornaliera di sette ore e deve essere divisa in due periodi, salvi i casi di servizi speciali per i quali, con disposizione del Ministro, sia diversamente stabilito. Tale disposizione era applicabile anche al personale subalterno (ora, ausiliario), in virt dell'art. 119 dello stesso R.D. n. 2960 del 1923. Successivamente, il R.D.L. 3 ottobre 1935 n. 1856, autorizz il Capo del Governo ad emanare con i suoi decreti, anche in deroga alle vigenti disposizioni legislative e regolamentari, norme intese a conseguire economia nelle spese per il funzionamento degli uffici e dei servizi, nei confronti delle Amministrazioni statali, delle amministrazioni, 1048 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO istituti ed enti indicati nell'art. 2 R.D.L. 1 giugno 1933 n. 641, e degli istituti scolastici pubblici e privati di qualsiasi ordine e grado. In base al detto R.D.L. n. 1856 del 1935, con decreto 17 settembre 1939, il Capo del Governo fiss l'orario degli uffici statali e degli enti pubblici della capitale, comunque soggetti alla vigilanza dello Stato, dalle ore 8 alle 14 nei giorni feriali e dalle ore 8 alle 12 nelle domeniche e nei giorni festivi, senza alcuna interruzione. Questa Adunanza plenaria rileva che il decreto 17 settembre 1939 aveva indubbiamente carattere temporaneo, era legato strettamente, cio, alle circostanze e alle finalit, che avevano determinato la sua emanazione (economie nelle spese per il funzionamento degli uffici e dei sei:vizi). Il caraittere della sua temporaneit dimostrato dal fatto che il detto decreto venne abrogato dal decreto 22 ottobre 1941 che, ferma la durata dell'orario di servizio in sei ore nei giorni feriali, dett nuove disposizioni in materia di orario per l'intero territorio nazionale, ivi compresa perci la ci.itt di Roma, valide fino al 31 marzo 1942. Ancora prima che scadesse questo ultimo termine, il 18 marzo 1942 venne emanato un ulteriore decreto, stabilendosi, sempre in materia di orario, una nuova normativa valida fino al 31 ottobre 1942. Scaduto, anche, quest'ultimo termine, non fu emanata alcuna altra disposizione al riguardo. Epper riprendeva vigore ed efficacia la citata norma dell'art. 106 del R.D. 30 dicembre 1923 n. 2960, che, come si detto, fissava in sette ore giornaliere l'orario di lavoro dei pubblici impiegati. Che la norma sancita nell'art. 106 primo comma sia tuttora vigente, dimostrato dalla circostanza che essa stata fatta espressamente salva dall'art. 385 primo comma del T.U. n. 3 del 1957. Ed proprio in virt di questo esplicito richiamo, contenuto nell'art. 385, che il legislatore del 1957 si potuto limitare ad affermare, nell'art. 14 primo comma dello stesso T.U., soltanto il principio secondo cui l'orario di servizio dei pubblici impiegati rimane regolato dalle norme in vigore, individuate queste norme, appunto, nelle disposizioni del pi volte citato art. 106, abrogando, in quanto incompatibili, tutte le a1tre norme. Vero che nel secondo comma dello stesso art. 385 sancito il princip,io secondo cui rimangono in vigore le disposizioni regolamentari particolari delle singole Amministrazioni, ma pur vero che la validit di tali disposizioni, come esplicitamente detto, , subordinata alla loro compatibilit con le norme del T.U. Epper non pu ritenersi in vita l'art. 231 del regolamento approvato con R.D. 23 marzo 1933 n. 185, esteso, con decreto luogotenenziale del 31 agosto 1945 n. 532, all'Amministrazione del tesoro, in quanto il cita>to art. 231, proprio perch stabilisce per gli ausiliari un orario di otto ore giornaliere, incompatibile con il principio generale di cui all'art. 106. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 1049 'In definitiva, tuttora vigente la norma dell'art. 106 primo comma del menzionato R.D. 30 dicembre 1923 n. 2960, che stabilisce l'orario di lavoro degli impiegati, compresi gli ausiliari, in sette ore giornaliere. Perde, pertanto, pregio il primo motivo del ricorso, con il quale si lamenta la violazione dell'art. 14 del T.U. 10 gennaio 1957 n. 3, per mancato pagamento della settima ora a titolo di lavoro straordinario, poich la detta settima ora compresa nell'orario normale di lavoro. , poi, manifestamente infondata la questione di legittimit costituzionale sollevata, in via subordinata, con il secondo motivo, in quanto la norma sopra citarta stabilisce una eguale durata dell'orario giornaliero di lavoro per rtutrti gli impiegati. Altra e diversa la questione della disparit di trattamento oggi esistente tra gli ausiliari e gli altri impiegati, i quali, pur in presenza di un'unica disciplina legislativa, prestano, in effetti, sei ore giornaliere di lavoro. Ma per tale questione nessun specifico motivo starto dedotto dai ricorrenti, onde essa esula oggi dalla cognizione del giudice. -(Omissis). CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 17 giugno 1975, n. 594 -Pres. (ff.) Benvenuto -Est. Rizzo -Ingenito ed alwi (avv.ti Montuori e Allodi) c. Prefetto di Napoli (avv. Stato Siconolfi) e Ospedale civile di Torre Annunziata (avv. Bonifacio). Espropriazione per pubblica utilit -Normativa -Titolo II L. n. 865/1971 Opere pubbliche non connesse ad opere di urbanizzazione -Applicabilit Effetti. Espropriazione per pubblica utilit -Occupazione d'urgenza -Proroga del termine -Proroga successiva al deposito dell'indennit ma anteriore alla scadenza del termine -Legittimit -Sussiste. Espropriazione per pubblica utilit -Occupazione d'urgenza -Proroga del termine -Trasferimento alle Regioni delle funzioni amministrative in materia urbanistica -Regime transitorio -Legittimit del provvedimento prefettizio -Sussiste. Espropriazione per pubblica utilit -Occupazione d'urgenza -Termine quinquennale ex art. 20 L. 865/1971 -Applicabilit di detto termine alle occupazioni anteriori alla legge 865/1971 -Sussiste. Espropriazione per pubblica utilit -Occupazione d'urgenza -Proroga del termine in caso di indifferibilit e urgenza ex Iege -Obbligo di motivazione -Non sussiste. Espropriazione per pubblica utilit -Occupazione d'urgenza -Giudizio sulla durata della proroga -Discrezionalit -Sussiste. 1050 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Espropriazione per pubblica utilit -Occupazione d'urgenza -Rapporto con il provvedimento di espropriazione -Autonomia -Effetti in relazione alla diversit dei termini. La normativa prevista dal titolo II della L. 22 ottobre 1971 n. 865, ai sensi dell'art. 9 come interpretato autenticamente dalla'rt. 1 ter legge 25 febbraio 1973 n. 13 (quale risulta dalla successiva rettifica pubblicata nella G.U. 6 marzo 1972 n. 62), trova applicazione anche in tema c!i opere pubbliche non connesse ad opere di urbanizzazione; la norma dell'art. 1 ter citato ha carattere dichiarativo e non innovativo e quindi valore retroattivo; ne consegue che l'art. 20 della L. 865/1971 applicabile anche alla realizzazione di un ospedale che concreta un'opera pubblica senza essere necessariamente connessa con un programma di fabbricazione (1). Atteso il carattere dichiarativo e quindi ?etroattivo della disposi zione di cui all'art. 1 ter L. 13/1972, legittimamente viene disposta la proroga dell'occupazione d'urgenza, quando detta proroga intervenga successivamente all'ordinanza di deposito dell'indennit, ma anterior mente alla scadenza del termine originario di durata della occupa zione (2). Anche successivamente all'entrata in vigore del D.P.R. 15 gen naio 1972 n. 8 che ha trasferito alle Regioni a Statuto Ordinario le funzioni amministrative statali in materia di urbanistica, di viabilit, acquedotti e lavori pubblici di interesse regionale, il Prefetto pu ema nare il provvedimento di proroga dell'occupazione d'urgenza ex art. 20 L. 865/1971 nel periodo transitorio e precisamente qualora alla data del 1 aprile 1972 risulti gi iniziata la procedura espropriativa e risulti altres gi disposta l'occupazione d'urgenza con assunzione di impegni a carico dello Stato ex art. 49 R.D. 18 novembre 1923 n. 2440 (3). Trova applicazione sia ai provvedimenti da adottare in epoca successiva sia a quelli adottati prima della sua entrata in vigore la disposizione contenuta nell'art. 20 L. 865/1971, a norma della quale l'occupazione d'urgenza pu essere protratta fino a cinque anni dalla data di immissione in possesso, e ci in deroga al principio .generale affermato dall'art. 73 della L. 25 giugno 1865 n. 2359, che prei,edeva un pe1iodo di occupazione non superiore ai due anni (4). (1-7) Decisione di indubbia esattezza, che conferma in motivazione la soluzione legislativa circa le difficolt interpretative sollevate dall'art. 9 L. 865/1971 in merito alle singole opere pubbliche, e cio se queste fossero da .ritenersi ipotesi autonoma e distinta rtspetto alle opere di urbanizzazione primaria e secondaria, ovvero da considerarsi nel loro stesso contesto. Come noto, con l'art. 1 ter della Legge 25 febbraio 1972 n. 13 (come successivamente rettificato nella Gazzetta Ufficiale 6 marzo 1972 n. 62, errata-corrige pag. 865) si stabil che le singole opere pubbliche non sono una species rispetto al genus costituito dalle opere di urbanizzazione PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 1051 Qualora presupposti della occupazione d'urgenza siano la indiffe- 1ibilit e urgenza dell'opera, presupposti che conseguono direttamente dalla legge, non sussiste alcun obbligo di motivazione del provvedmento prefettizio di occupazione (5). Fermo il limite temporale di cinque anni, la durata della occupazione comporta valutazione ampiamente discrezionale, che attiene esclusivamente al merito (6). Poich sussiste autonomia tra il provvedimento di espropriazione del Provveditore alle opere pubbliche e il provvedimento di occupazione d'urgenza del Prefetto, non pu ravvisarsi il vizio di eccesso di potere nella semplice diversit dei termini in essi posti, anche considerato che essi si riferiscono a valutazioni della situazione di fatto operate in epoche diverse (7). primaria e secondaria, ma costituiscono una categoria distinta rispetto a tutte le altre. Ne consegue, pertanto, l'applicabilit della normativa di cui al titolo II L. 865/1971 alla realizzazione di singole opere pubbliche anche nella ipotesi in cui esse non siano connesse ad opere di wrbanizzazione. Sulla natura dichiarativa, e quindi ad effetti retroattivi, dell'art. 1 ter della L. 25 febbraio 1972 n. 13 cfr. parere Commissione speciale 24 giugno 1972 n. 18 (in Il Consiglio di Stato 1972, I, 1911); Di Ci'Ommo~ Il procedimento di espropriazione deHa legge sulla casa (in questa Rassegna 1973, II, 137); T.A.R. Lazio Sez. I, 27 novembre 1974 (ivi, 1975, I, 549). R.T. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 24 giugno 1975, n. 611 -Pres. De Capua -Est. Schinaia -Palopoli (arvv. Pallottino) c. Provveditorato regionale 00.PP. per la Calabria e Regione Calabria (n.c.) e Comune di Crucoli (avv. Amatucci). Edilizia -Programma di fabbricazione e regolamento edilizio -Decorrenza del termine per impugnazione -Pubblicazione all'albo pretorio -Rilevanza. Edilizia -Programma di fabbricazione -Osservazione -Accoglimento Omissione della ripubblicazione della deliberazione di adozione del programma modificato -Illegittimit -Sussiste. Edilizia -Programma di fabbricazione -Deliberazione di accoglimento di osservazioni -Adozione da parte della Giunta e non del Consiglio Comunale -Illegittimit -Sussiste. Edilizia -Programma di fabbricazione -Imposizione ex novo di vincoli assoluti di inedificabilit -Esclusione. Edilizia -Programma di fabbricazione -Vincolo di inedificabilit su fascia di terreno confinante con strada non pubblica -Illegittimit. l 1052 RASSEGNA DELL'AVV_OCATURA DELLO STATO i I Edilizia Programma di fabbricazione Zona di rispetto di cimiteri ! Determinazione del Medico Provinciale Competenza -Sussiste. I I Edilizia Contenuto del programma di fabbricazione -Imposizione di vincoli a spazi e servizi pubblici su aree di propriet privata -Illegittii ~ mit -Sussiste. Poich, a norma dell'art. 31 L. 17 agosto 1942 n. 1150 e successive modificazioni, il programma di fabbricazione fa parte del regolamento edilizio, solo successivamente al periodo di pubblicazione all'albo I! pretorio x art. 63, 3 co. T.U. 3 marzo 1934 n. 383 inizia a decorrere il termine per la sua impugnazione (1). Qualora la Giunta municipale, nell'adottare il programma di fabbricazione, accolga le osservazioni dei progettisti inerenti non gi alla semplice eliminazione di errori materiali, ma a sostanziali modifiche del programma, senza procedere alla ripubblicazione della deliberazione di adozione del programma modificato, tale delibera risulter illegittima (2). Illegittimamente la Giunta municipale procede, al posto del Consiglio comunale, alla adozione di una delibera che approva proposte di modifiche dell'originaria deliberazione consiliare di adozione del programma di fabbricazione (3). P.oich il programma di fabbricazione ha un contenuto di piano ridotto, esso non pu imporre ex novo vincoli assoluti di inedificabilit o di destinazione specifica delle singole aree, eccezion fatta per quei vincoli particolari che sono suscettibili di essere inseriti nei programmi di fabbricazione con piani particolari, con valore di variante e causativi di determinati effetti sulla propriet privata, come il piano per l'edilizia economica e popolare, e per quei vincoli gi gravanti su determinati beni, come, ad esempio, quelli che destinano aree all'esecuzione di opere pubbliche gi in atto o in fase attuativa (per le quali siano in corso i procedimenti relativi connessi alla pubblica utilit dell'opera e con efficacia espropriativa): in tali casi il programma di fabbricazione riveste, infatti, un carattere meramente .ricognitivo o esplicativo; conseguenteme1de, in difetto delle predette condizioni, non pu essere contemplata da un programma di fabbricazione la previsione vincolante della costruzione di una superstrada, con connessa imposizione di zona di rispetto caratterizzata dal vincolo di inedificabilit assoluta, su estese (1-7) Sul contenuto e i limiti del programma di fabbricazione esiste contrasto giurispirudenziale fra T.A.R. e Consiglio di Stato. Fra le pi recenti decisioni cfr. Sez. V, 8 gennaio 1966 n. 27 (in Il Consiglio di Stato 1966, I, 60); Sez. V 22 dicembre 1970 n. 1194 (ivi, 1970, I, 2289); Sez. V 14 aprile 1972 n. 262 (ivi, 1972, I, 634); Sez. V, 22 febbraio 1974 n. 192 (ivi, 1974, I, 276); Sez. V, 15 marzo 1974 n. 259 (ivi, 1974, I, 459); Ad. PI. 9 aprile 1974 n. 3 (ivi, 1974, I, 505); T.A.R. Veneto 15 luglio 1974 n. 19 PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 1053 fasce laterali, qualora di tale opera non sia gi intervenuta la dichiarazione di pubblica utilit (4). Il D.M. del Ministro LL.PP. 1 aprile 1968 n. 1404, emanato a norma dell'art. 19 L. 6 agosto 1967 n. 765, prevede limiti applicabili solo a strade pubbliche, ivi comprese quelle provinciali e comunali, ma non alle strade private, sia pur gravate da servit di uso pubblico, relativamente alle quali, pertanto, nelle previsioni di un programma di .fabbricazione resta preclusa la possibilit di imporre vincoli di inedificabilit su strisce di terreno ad esse adiacenti (5). L'art. 338 del T.U. sulle leggi sanitarie del 1934 n. 1265, cosi come sostituito dall'art. 1 della legge 17 ottobre 1957 n. 983, prevede di norma un raggio non inferi01e ai 200 metri quale zona di rispetto dei cimiteri; tale vincolo pu peraltro essere ridotto con decreto del competente Medico provinciale; pertanto la maggiore estensione di dtta zona rispetto a quella determinata dal Medico provinciale non pu essere determinata con la delibera approvativa del programma di fabbricazione, non essendo ricognitiva, ma anzi contrastante con il vincolo precedente (6). Con il pro~ramma di fabbricazione non possono essere imposti positivamente sulle aree d propriet privata vincoli relativi a spazi pubblici e riservati alle attivit collettive, a verde pubblico o a parcheggi (7). (ivi, 1974, parte speciale, 73); Sez. V 30 settembre 1974 n. 399 (ivi, 1974, I, 1038); T.A.R. Piemonte 5 febbraio 1975 n. 17 (in Rassegna T.A.R. 1975, I, 519); T.A.R. Piemonte 25 febbraio 1975 n. 47 (ivi 1975, I, 542). CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 8 luglio 1975, n. 665 -Pres. De Capua -Est. Giovannini -Quaglia e altri (avv. Lorenzoni) c. Ministero Finanze (avv. Stato Bruno). Impiego pubblico -Stipendi, assegni e indennit Passaggio di carriera Differenza fra vecchia e nuova retribuzione Conservazione del trattamento -Diritto alla corresponsione di un importo compensativo Provvedimento di determinazione dell'assegno ad personam Natura Non autoritativo Impugnabilit nel termine di prescrizione. Impiego pubblico Stipendi, assegni e indennit Assegno ad personam Fattispecie di passaggio di carriera -Aumenti periodici Criteri di valutabilit Effetti Divieto di reformatio in peius. Il diritto all'assegno ad personam, con funzione compensativa della differenza fra la vecchia (maggiore) e la nuova (minore) retribuzione, che si acquista nel passaggio di carriera del dipendente civile dello Stato, trova la sua disciplina negli artt. 3 L. 9 agosto 1957 n. 751 e 202 T.U. 10 gennaio 1957 n. 3, a norma dei quali la p.a. non esercita 1054 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO alcun potere discrezionale e di natura autoritativa nella determinazione dell'assegno ad personam; ne consegue che il provvedimento relativo impugnabile nel termine di prescrizione (1). L'assegno ad personam nel caso di passaggio di carriera istituto ricollegabile al principio della conservazione del trattamento economico gi raggiunto e mira a impedire la reformatio in peius del trattamento medesimo; di tal che, pur in presenza di una fiotio juris in ordine alla rP.trodatazione del passaggio aHa data di nomina al nuovo impiego rispetto a quella dell'effettiva assunzione nel nuovo servizio, non pu essere ign-0rato l'aumento economico medio itempore conseguito, e ci al fine di non frustrare la finalit propria di detto beneficio, volta pe1 l'appunt-0 a impedire che al dipendente venga corrisposta una retribuzione inferiore a quella goduta al momento della assunzione effettiva delle nuove funzioni, malgrado l'Amministrazione abbia continuato medio tempore ad avvalersi dell'operato del dipendente nel vecchio impiego assoggettandolo ai relativi doveri e responsabilit (2). (1-2) Sulla natura e la finalit specifica dell'assegno ad personam,. previsto dall'art. 202 T.U. 10 gennaio 1957 n. 3 cfr. Sez. IV, 21 marzo 1969 n. 80 (in Il Consiglio di Stato 1969, I, 707); Sez. IV, 2 luglio 1969 n. 333 (ivi, 1969, I, 1136); Sez. IV, 13 luglio 1971 n. 713 (ivi, 1971, I, 1347); Sez. VI, 23 novembre 1973 n. 546 (ivi, 1973, I, 1776). Con effetto dal 1 luglio 1970, ai esnsi del 3 co. art. 12 del D.P.R. 28 dicembre 1970 n. 1079, nel caso di passaggio di carriera di cui al citato art. 202 e alle disposizioni analoghe, al personale delle Amministrazioni dello Stato, compreso quello ad ordinamento autonomo, che goda di uno stipendio, paga o retribuzione superiore a quello spettante nella nuova qualifica o grado o categoria sono attribuiti, in luogo dell'assegno personale gi previsto, gli aumenti periodici necessari per assicurare uno stipendio, paga o retribuzione di importo pari o immediatamente superiore a quello in godimento all'atto del passaggio. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 11 luglio 1975, n. 688 -Pres. Uccelcellatore -Est. Giovannini -Soc. Boscotre e altre (avv.ti Minieri, Mastropasqua e Sorrentino) c. Ministero lavori pubblici e altri (n.c.) e Comune di Cesano Boscone (avv..ti Bassani e Boitani). Edilizia Piano di lottizzazione Art. 8 L. 6 agosto 1967 n. 765 Lottizzazioni antecedenti al 2 dicembre 1966 Prescrizioni nuove e difformi rispetto al piano di lottizzazione, introdotte con piano regolatore generale Necessit della motivazione . Sussiste. L'assoggettamento di una zona del territorio comunale alle prescrizioni di un piano di lottizzazione non impedisce la successiva formazione ed emanazione di un piano regolatore generale contenente previsioni relative alla stessa zona, nuove e difformi; la assimilazione del piano di lottizzazione ad un piano regolatore particolareggiato e la PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 1055 sua conseguenziale posizione di minorit rispetto al piano regolatore generale postulano necessariamente la possibilit di una modifica, da parte del secondo, della regolamentazione contenuta nel primo qualora sopravvengano specifiche ragioni di pubblico interesse. Tale principio resta operante anche per quanto concerne le lottizzazioni anteriori al 2 dicembre 1966 perch fatte salve dall'art. 28, 8 CO., della L. 17 agosto 1942 n. 1150 come modificato dall'art. 8 della L. 6 agosto 1961 n. 765, e ci i_n quanto tale ultima disposizione si limita esclusivamente a consentire la permanenza in vigore di lottizzazioni antecedenti alla predetta data anche se prive di una complementare convenzione edilizia. Peraltro la introduzione a mezzo di piano regolatore generale di prescrizioni nuove e difformi rispetto al piano di lottizzazione deve essere congruamente e analiticamente motivata, poich in relazione al fondamento sostanzialmente pattizio dei piani di lottizzazione e delle convenzioni edilizie si costituisce in capo alla parte privata pur sempre una legittima aspettativa al completo compimento dei lavori previsti; cosicch l'obbligo della motivazione del sopravveniente piano regolatore generale che modifichi il piano di lottizzazione si ricollega al noto principio secondo il quale la p.a. non pu incidere sfavorevolmente mediante provvedimenti discrezionali su posizioni giuridiche attive se non evidenziandone espressamente le ragioni giustificative (1). (1) Sul rapporto fra piano di lottizzazione e piano regolatore generale, nonch sulla necessit della motivazione di quest'ultimo in caso di modifiche del primo, e, in genere, -del provvedimento che incida negativamente su situazioni soggettive degli amministrati, si richiamano -oltre alla acuta e approfondita indagine contenuta nella motivazione della presente decisione -le seguenti decisioni: Sez. II, 11 novembre 1969 n. 747 (in Il Consiglio di Stato 1973, I, 102); Sez. V 11 maggio 1973 n. 488 (ivi, 1973, I, 488); Sez. VI, 19 ottobre 1973 n. 360 (ivi, 1973, I, 1397); Sez. V, 30 novembre 1973 n. 986 (ivi, 1973, I, 1723); Ad. Pl. l"l maggio 1974 n. 5 (ivi, 1974, I, 697); Sez. VI, 19 aprile 1974 n. 145 (ivi 1974, I, -020); Sez. V, 28 febbraio 1975 n. 293 (ivi, 1975, I, 157); CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 11 luglio 1975, n. 695 -Pres. Uccellatore -Est. Rizzo -Soc. Oleificio Riforma fondiaria (avv. SpineJli) c. Ministero LL.PP. (avv. Stato Freni) e Impresa Mitaridonna (avv. Carbone). -Contratti della p.a. -Revisione prezzi -Prezzi correnti alla data di aggiudicazione e alla data delle intervenute variazioni -Minimi di paga sopravvenuti -Applicazione -Legittimit -Sussiste. Poich il disposto di' cui all'art. 1 D.Lvo 6 dicembre 1941 n. 1501 prevede -salvo patto contrario -la facolt di procedere per lavori relativi ad opere pubbliche alla revisione dei prezzi, qualora sia riconosciuto da parte dell'Amministrazione -un aumento o una diminuzione 1056 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO del costo complessivo in misura superiore al 10 % a seguito di variazioni di prezzi che siano intervenute successivamente alla presentazione delle offerte, legittimo l'operato del Ministero dei LL.PP. il quale -accogliendo il ricorso proposto dalla ditta appaltatrice -stabilisca la revisione dei prezzi sulla base di nuovi minimi di paga fissati da un contratto interconfederale entrato in vigore in epoca successiva alla data di presentazione dell'offerta (1). (1) In tema di revisione dei prezzi nei contratti di appalto di opere pubbliche cfr. Sez. IV, 12 luglio 1974 n. 548 (in questa Rassegna 1975, I, 179 con nota di commento); Sez. IV, 11 marzo 1975 n. 270 (in Il Consiglio di Stato 1975, I, 282). CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 11 luglio 1975, n. 696 -Pres. Uccellatore -Est. Carbone -Soc. Immobiliare Servio Tullio (avv. Lavitola) c. Provveditorato regionale 00.PP, del Lazio ed a1tri (avv. Stato Ricci) e Comune di Roma (avv.ti Rago e Carnovale). Espropriazione per pubblica utilit Edilizia scolastica -Procedimento di approvazione del vincolo Relazione con diversa destinazione di piano particolareggiato Possibilit di modificazione Legittimit Sussiste. Espropriazione per pubblica utilit Edilizia scolastica Commissione Provinciale per l'edilizia scolastica Giudizio di idoneit sull'area da vincolare Necessit Sussiste. Una precostituita destinazione di piano particolareggiato non pu precludere la facoltd di apportare varianti al piano regolatore generale in sede di procedimento di approvazione di un vincolo per edilizia scolastica ex art. 14 l. 28 luglio 1967 n. 641; viene, infatti, in. tal caso a cad~re lo stesso presupposto del piano particolareggiato, mentre l'opera di edilizia scolastica che dovrd essere ubicata nell'area vincolata, possedendo i requisiti della pubblica utilitd e della urgenza, altresi dotata di esecutivitd; ne consegue che il decreto del Provveditore alle 00.PP., che vincola a fini di edilizia scolastica un'area,. del tutto legittimamente modifiche1d il p1eesistente piano particola- 1eggiato che in ipotesi destini ad altre finalitd l'area medesima (1). Ai sensi dell'art. 14 l. 28 luglio 1967 n. 641 la competente Commissione provinciale deve,solo rendere un giudizio di idoneitd sull'area da vincolare, e non affatto obbligata ad effettuare scelte comparative e motivate fra una pluralitd di aree (2). (1-2) Sul provvedimento di approvazione e scelta dell'area da destinare a costruzione di un edificio scolastico cfr. Sez. IV, 17 dicemb:re 1974 n. 1065 (in Il Consiglio di Stato 1974, I, 1635); Sez. IV, 20 dicembre 1974 n. 1301 (ivi, 1974, I, 1639). PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 1057 CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 11 luglio 1975, n. 699 -Pres. Uccellatore -Est. Schinaia -!d (avv.ti Vitale G. e G.) c. Prefetto di Reggio Calabria ed altri (avv. Stato Cosentino). Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale -Espropriazione per pubblica utilit -Provvedimenti della Commissione provinciale per l'edilizia scolastica -Giudizio di idoneit dell'area -Atto autonomamente impugnabile -Ricorso proposto in sede di impugnativa del decreto di occupazione e del decreto di imposizione del vincolo Irricevibilit Sussiste. Espropriazione per pubblica utilit -Occupazione d'urgenza -Mancata notificazione ad un comproprietario del decreto di introduzione nel fondo -Redazione stato di consistenza -Intervento dell'interessato Sanatoria -Sussiste. Espropriazione per pubblica utilit -Occupazione d'urgenza -Provvedimento emesso dopo la scadenza del termine per l'inizio delle espropriazioni ma prima della scadenza del termine per eseguire i lavori Legittimit -Sussiste. Espropriazione per pubblica utilit Occupazione d'urgenza -Impugnativa del decreto prefettizio di occupazione -Area non di propriet del ricorrente -Censure -Carenza di interesse -Sussiste. Espropriazione per pubblica utilit -Edilizia scolastica -Mancato rispetto del termine di emanazione del decreto di vincolo dell'area -Natura Decadenza -Non sussiste. Espropriazione per pubblica utilit -Edilizia scolastica -Decreto di vincolo dell'area Parere dell'Ingegnere Capo dell'Ufficio del Genio Civile Necessit Non sussiste. Il provvedimento della Commissione per l'edilizia scolastica, con il quale viene espresso giudizio di idoneit sull'area indicata dal Comune per la costruzione di una scuola, essendo equiparato alla dichiarazione di pubblica utilit ex art. 2, ottavo comma l. 26 gennaio 1962 n. 17, incide direttamente sul bene e pertanto autonomamente impugnabile, con L'ulteriore conseguenza della irricevibilit di un: ricorso avverso il medesimo proposto a termini scaduti, in sede di impugnativa dei decreti di occupazione di urgenza e di vincolo dell'area (1). Qualora uno dei comproprietari dell'area da occupare intervenga personalmente alle operazioni relative alla redazione dello stato di eonsistenza, si sana ogni vizio concernente la notificazione del decreto (1-6) cfr. prec. dee. Sez. IV, 11 luglio 1975 n. 696. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO prefettizio che autorizza i funzionari ad introdursi nell'area al predetto scopo accertativo (2). Legittimamente viene emanato il provvedimento di occupazione di urgenza, preordinato alla futura esp1opriazione, successivamente alla scadenza dei termini per l'inizio delle espropriazioni e dei lavori, ma anteriormente alla scadenza di quelli relativi al compimento dell'opera (3). Non ammissibile, per carenza di interesse, la censura relativa ad una erronea indicazione di appartenenza al ricorrente di un'area oggetto di un provvedimento di occupazione di urgenza, che sia invece di propriet di un altro soggetto, qualora il ricorrente non abbia subito '!-lcuno specifico pregiudizio da detta erronea indicazione (4). Ai sensi dell'art. 2, quarto comma, l. 26 gennaio 1962 n. 17 il Provveditore alle Opere Pubbliche ha il termine di quindici giorni per l'emanazione del decreto di vincolo dell'area destinata a fini di edilizia scolastica; in mancanza di una esplicita previsione di decadenza, il termine in parola deve essere considerato semplicemente ordinatorio ad ogni effetto (5). Legittimamente il Provveditore alle 00.PP. pronuncia il vincolo di un'area da destinare alla costruzione di un edificio scolastico senza acquisire preventivamente il parere dell'Ingegnere Capo dell'Ufficio del Genio Civile; infatti, per effetto dell'art. 2 l. 26 gennaio 1962 n. 17,. che ha tacitamente abrogato l'art. 8 l. 9 agosto 1954 n. 615, il giudizio di idoneit dell'area prescelta per fini di edilizia scolastica di spettanza della Commissione Provinciale competente, di cui fa parte in qualit di Presidente il predetto Organo del Genio Civile (6). CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 26 S.ettembre 1975, n. 776 -p.res. Uccellatore -Est. Pezzana -Perrotti ed altro (avv.ti C. e N. Sciacca) c. Min~stero Tesoro e I.N.A.iLL. (avv.ti FJ.amini e Schillaci). Competenza e giurisdizione -Impiego pubblico e privato -Diritti patri moniali -Cumulo di trattamento di attivit con trattamento di pensione -Recupero somme corrisposte indebitamente -Giurisdizione del giudice di legittimit. Pensioni -Pensionati riassunti -Comulo di trattamenti -Ex indennit integrativa speciale I.N.A.I.L. -Cumulabilit -Sospensione della corresponsione -Illegittimit. Data la discrezionalit -collegata ad esigenze di equit, di buona amministrazione e di tutela della buona fede dei percipienti -dei provvedimenti con i quali la P.A. esercita la repetitio indebiti nei confronti dei propri dipendenti e pensionati per somme loro erroneamente PARTE I, SEZ. V, G,IURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 1059 corrisposte, annullandone implicitamente il pagamento e stabilendone le modalit, rientra nella giurisdizione del giudice di legittimit la controversia relativa al recupero collegato alla corresponsione di emolumenti con violazione del divieto di cumulo fra trattamento di servizio attivo e trattamento di pensione, nei riguardi di un pensionato riassunto (1). L'ex indennit integrativa speciale, una volta corrisposta autonomamente dall'Istituto nazionale contro gli infortuni sul lavoro (I.N.A.I.L.) ai propri dipendenti e poi conglobata nello stipendio, ha natura giuridica diversa dall'indennit integrativa speciale spettante ai pensionati statali; pertanto, illegittimo il provvedimento di sospensione della corresponsione della detta indennit e di addebito delle somme corrisposte. (1) La stessa IV Sezione, di recente con ord.ze 3 giugno 1975 n. 568 e 569 (v. Consiglio di Stato, 1975, I, 713), con riguardo a sentenza della Corte di cassazione che ha dichiarato sussistente la giurisdizione della Corte dei conti, ha deferito la questione all'Adunanza plenaria delle Sezioni giurisdizionali. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 26 settembre 1975, n. 778 -Pres. De Capua -Est. Rizzo -Romano (avv. Liguori) c. Ministero tesoro (avv. Stato dei Greco). Ricorso giurisdizionale -Tassa e bollo -Inosservanza delle norme sul bollo -Sanzione di improcedibilit ex art. 28 D.P.R. n. 492 del 1953 Abrogazione ex D.P.R. n. 642 del 1972 -Adempimenti d'ufficio. Guerra -Danni di guerra -Contributo di ripristino -Detrazione -Somme corrisposte a titolo diverso dal risarcimento -Indennizzi di assicurazione -Vanno detratti. Ricorso giurisdizionale -Motivi -Specificazione -Necessit -Criterio Fattispecie -Inammissibilit per genericit. L'improcedibilit del rieorso per infrazione delle norme sul bollo, prevista dall'art. 28 D.P.R. 25 giugno 1953 n. 492, venuta meno con l'e.?1-trata in vigore del D.P.R. 26 ottobre 1972 n. 642; pertanto, in caso di ricorso giurisdizionale redatto su foglio di carta semplice, il segretario della Sezione tenuto ad inviare l'atto irregolare al competente Ufficio del registro, ai sensi dell'art. 19 .terzo ~omma D.P.R. n. 642 del 1972 cit. Ai sensi dell'art. 11 l. 27 dicembre 1953 n. 968, dal rismcimento dei danni di guerra corrisposto in forma di contributo per il ripristino 1060 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO del bene danneggiato di cui all'art. 23 l. cit. vanno detratte tutte le provvidenze per il recupero e il ripristino del bene, comunque corrisposte, e cio anche a titolo diverso dal risarcimento del danno di guerra, nonch gli indennizzi liquidati da societ assicuratrici. La specificazione del motivo di censura basato su fatti e circostanze gi noti all'atto della proposizione del ricorso gerarchico, ma non precisati nella generica formulazione del detto ricorso, da considerare tardiva se effettuata solo in sede di ricorso giurisdizionale; pertanto, in tale ipotesi la doglianza conserva il suo camttere di genericit e va disattesa per inammissibilit. CONSIGLIO DI . STATO, Sez. IV, 26 settembre 1975, n. 838 -Pres. Uccellatore -Est. Giovannini -Banca d'Italia (avv.ti Sangiorgio. e Guarino) c. Fidotti ed altri (avv.ti Galateria e Ciufolini) e Ministero tesoro (avv. Stato Azzariti). Competenza e giurisdizione -Credito e risparmio -Esercizio del credito Revoca -Impugnativa -Competenza del T.A.R. Lazio. Il provvedimento di revoca dell.'autorizzazione all'esercizio del credito non ha efficacia territorialmente limitata alla sola circoscrizione giudiziaria in cui ha sede principale l'Impresa bancaria; pertanto, la relativa controversia rientra in primo grado nella competenza del Tribunale regionale del Lazio, ai sensi dell'art. 3 secondo e terzo comma L. 6 dicembre 1971 n. 1034. (Omissis). -Il ricorso per regolamento di competenza fondato. Come noto, ai sensi dell'art. 3 secondo e terzo comma della L. 6 dicembre 1971 n. 1034 la competenza a conoscere delle impugnazioni giurisdizionali avverso atti degli organi centrali dello Stato spetta in primo grado al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, all'infuori delle ipoitesi in cui tali atti abbiano efficacia limitata terriJtorialmente alla circoscrizione di un diverso Tribunale amministrativo (ovvero riguardano pubblici dipendenti in servizio presso uffici ivi aventi sede), nel qual caso la competenza in questione spetta a quest'ultimo. Nella specie ritiene il Collegio che all'impugnato provvedimento di revoca dell'autorizzazione all'esercizio del credi,to non possa riconoscersi efficacia territorialmente limiitata alla sola circoscrizione giudiziaria ove ha sede principale l'impresa bancaria. All'uopo in via preliminare da rilevare che, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa degli attuali resistenti, l'individuazione dell'ambito di efficacia territoriale del suddetto provvedimento di re PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 1061 voca deve necessariamente venir effettuato in relazione all'ambito di efficacia territoriale del provvedimento positivo di auitorizzazione: essendo infatti iii. piI'limo pTeordinato al riibiro itntegir:ale del secondo, i suoi effetti non possono non avere una identica estensione spaziale (giacch altrimenti la revoca finirebbe col non soddisfare, quanto meno in parte, la sua naturale funzione caducatoria). Ora noto che, come la dottrina ha da rtempo posto in luce, l'efficacia sostanziale delle autorizzazioni amministrative sta nella rimozione dell'impedimento stabilito dall'ordinamento all'esercizio di un diritto o, pi in generale, di una determinata posizione giuridica soggetti:Va; l'autorizzazione, cio a dire, costituisce tiJtolo di legittimazione alla esplicazione di un'attivit che , in sua mancanza, vietata dalla legge. L'efficacia territoriale di tal genere di provvedimenti non pu pertanto che essere individuata in relazione all'ambito spaziale entro cui detti effetti sosrtanziali sono destinati ad operare. Al riguardo invero da rilevare che in talune ipotesi l'autorizzazione vale a legittimare una attivit esperibile esclusivamente, o per sua natura o per volont dell'ordinamento, in una delimitata sfera territoriale (la quale pu a sua volta essere intraregionale o ultraregionale: ci avviene ad esempio, riguardo agli atti di competenza degli organi centrali dello Stato, per le autorizzazioni a demolire, modificare o restaurare cose di interesse artistico o storico ai sensi dell'art. 11 della L. 1 settembre 1939 n. 1089; per le autorizzazioni ad apportare modificazioni in aree soggette a servi1t miutare, ai sensi dell'art. 19, quarto comma ultima parte del R.D. 4 maggio 1936 n. 1388; per le autorizzazioni alla installazione ed esercizi di impianti di diffusione sonora e televisiva via cavo, ai sensi degli arrtt. 25 e 26 della legge 14 aprile 1975 n. 103, etc.); in altre ipotesi, viceversa, l'autorizzazione vale a legittimare una arttivit spazialmente indefinita. Ritiene il Collegio che per l'appunto entro tale seconda categoria debba venir ricompreso il provvedimenrto di autorizzazione all'inizio delle operazioni di credito. Invero, nel sistema stabilito dall'art. 28 della L. 7 marzo 1938 n. 141, in materia prevista una prima autorizzazione vo1ta a consentire la costituzione dell'azienda di credito, a seguito della quale l'Autorit giudiziaria pu procederne alla iscrizione nel registro delle imprese ai sensi dell'art. 2330 Cod. dv. (attualmente nel registro tenuto presso la cancelleria del tribunale competente, in forza dell'art. 100 delle disposizioni di attuazione e transitorie del codice civile). A questo punto l'Impresa bancaria, in una con l'acquisto della personalit di diritto, diviene titolare di una capacit giuridica che la rende, al pari di quel che accade per ogni altro Ente morale, astrattamente idonea all'imputazione di atti e di rapporti giuridici svolgentisi RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO in una qualsiasi parte del territorio nazionale e degli stessi territori esteri, idoneiit che peraltro ad essa in concreto inibito di attuare fino alla emanazione dell'autorizzazione all'inizio delle operazioni. Quest'ultima autorizzazione, pertanto, compor.tando dal punto di vista sostanziale la rimozione dell'impedimento disposto dallo stesso citato art. 28 all'esercizio della suddetta generale capacit giuridica, costiituisce titolo di legiittimazione all'esperimento di attivit non territorialmente localizzata di talch non pu non ricomprendersi nell'ambito dei delineati provvedimenti ad efficacia spazialmente indefinita. N detto rilievo in contrasto con la disposizione contenuta nel medesimo art. 28 secondo cui sono necessarie ulteriori autorizzazioni per l'istituzione di sedi, filiali, succursali, agenzie, dipendente e recapi. ti: ci in quanto tali pro'V'Vedimenti sono richiesti per la creazione di particolari organizzazioni stabili periferiche, ma non impingono sul semplice ordinario svolgimento delle funzioni istituzionali dell'Impresa bancaria, anche al di fuori della circoscrizione ove sita la sua sede principale. Di conseguenza, poich come si innanzi detto al provvedimento di revoca dell'autorizzazione all'esercizio del credito deve riconoscersi efficacia terri,toriale identica a quella afferente il provvedimento posi tivo di autorizzazione, va ritenuta nella specie la fondatezza del ricorso per regolamento in esame eppertanto la competenza del Tribunale re gionale amministrativo del Lazio a conoscere dell'impugnato decreto ministeriale 27 settembre 1974, giusta il disposto dell'ari. 3 terzo com ma, della L. 6 dicembre 1971 a. 1034. Alla stessa conclusione pu d'altra parte pervenirsi anche sotto un secondo profilo specifico al caso in questione. Risulta invero che la Banca Privata Italiana ha una filiale in Roma. Ora, nori c' dubbio che la revoca dell'autorizzazione all'esercizio del credito concretizzi i suoi effetti oltrech in Milano, ove l'Impresa ha }a sua sede, anche direttamente nella stessa Roma, comportando la immediata perdita della potest di svolgimento delle operazioni da parte della suddetta filiale ivi esistente. Non ritiene al riguardo il Collegio di poter condividere il con trario assunto prospettato dalla difesa dei resistenti, secondo cui tale fenomeno costituirebbe mero effetto riflesso del provvedimento impu gnato eppertanto sarebbe irrilevante ai fini della individuazione del foro amministrativo competente. noto infatti che, come pi volte la giurisprudenza ha avuto modo di rilevare, le filiali sono organi degli enti bancari cui appartengono (cfr. Cass. 20 ottobre 1956 n. 3717); in quanto tali sono pertanto esse stesse titolari della potest di agire per conto dell'Ente, di italch un provvedimento, quale quello nella specie impugnato, che espropri . l: t ~ f: f: ! PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA quella potest non pu che incidere non gi di riflesso bensi in via diretta su di esse. Deve aggiungersi che di analoga efficacia territoriale ultraregionale va altres definita la parte del decreto ministeriale impugnato con la quale stata disposta la messa in liquidazione coatta ammini.strativa della Banca Privata, giacch le relative operazioni dovranno essere compiute oltrech presso la sede centrale in Milano anche presso, o quanto meno con riferimento, alla filiale di Roma. Nessuna influenza in ordine alla determinazione del Tribunale amministrativo competente da ultimo ravvisabile nella parte dell'originario gravame con cui stato impugnato il provvedimento del Governatore della Banca d'Italia di nomina del commissario liquidatore e del comi.taito di sorveglianza della Banca Privata Italiana. A parte ogni altra considerazione, trattandosi infatti di atto esecutivo del decreto ministeriale ed essendo pertanto il relativo giudizio legato da un vincolo di accessoriet rispetto al giudizio avente ad oggetto quest'ultimo, deve ritale stato lo scopo del legislatore non possibile limitare, nel senso propugnato dall'Amministrazione finanziaria, la concessa agevolazione fiscale, ma si deve riconoscere che essa spetti anche alle imprese che si trasferiscono nelle zone depresse da altre localit, incontrando tutta quella serie di costi e svantaggi, che pu essere ovviamente affrontata solo in vista di un vantaggio futuro. Va da ultimo rilevato che la ricorrente Amministrazione, sostegno del suo contrario assunto, non pu fare utile riferimento alla sentenza di questa Corte Suprema n. 1712 del 21 giugno 1971. Tale sentenza, invero, esaminava una questione ben diversa da quella oggetto della presente controversia e, cio, se il carattere di novit, cui va connesso il diritto alla agevolazione fiscale di cui trattasi, potesse essere riconosciuta ad una societ che, gi costituita al momento dell'entrata in vigore della legge, aveva iniziato la sua attivit di impresa produttiva successivamente. E questa Corte ribadendo il principio gi affermato nella precedente sentenza 9 giugno 1971 n. 1712, ha dato risposta negativa al quesito, rilevando che l'agevolazione fiscale non invocabile da parte di un organismo produttivo esistente in epoca anteriore alla legge, ancorch non operante, posto che la costituzione di esso non pu ritenersi determinato dal particolare regime tributar.io a quella epoca non ancora esistente. -(Omissis). III (Omissis). -L'Amministrazione ricorrente deduce la violazione ed erronea interpretazione dell'art. 8 della legge 29 luglio 1957 n. 635, dell'articolo unic:o della legge 13 giugno 1961 n. 625 e degli artt. 8 e 12 della legge 22 luglio 1966 n. 614 con riferimento all'art. 360 nn. 3 e 5 cod. proc. civ. e sostiene che l'esenzione fiscale di cui all'art. 8 della citata legge sia applicabile esclusivamente alle imprese industriali produttrici dei beni e non anche a quelle produttrici di servizi, escluse le imprese alberghiere e di rtrasporto a mezzo funi in ragione della loro struttura tipicamente industriale. Tale assunto, secondo la ricorrente, emergerebbe dal contenuto letterale della nor-j ma, dalle risultanze dei lavori reparatori, dell'articolo unico della PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1093 legge 1961 n. 526, dall'art. 8 della legge 1966 n. 614, dal rilievo che l'impresa di autotrasporti per conto terzi non pu essere qualificata come impresa artigiana agli effetti tributari ed, infine, dal difetto, nella specie, del collegamento funzionale tra attitivazione, sono aderenti al contenuto letterale logico della disposizione della quale si assume la violazione. Invero, l'art. 8 1. 1957 n. 635 non pu interpretarsi nel senso dell'esclusione delle agevolazioni delle imprese artigiane produttive di servizi e rispondenti, per epoca di costituzione, dimensioni e sede, ai requisiti voluti -dalla citata nol'lffia che 'concede il beneifido ail:1e nuove imprese artigiane e alle nuove piccole industrie costituite nel territorio dei comuni aventi particolari caratteristiche di sviluppo demografico ed economico. Il tenore letterale della norma, che prevede le agevolazioni e le condizioni alle quali subordinata, non consente la discriminazione, sostenuta dalla ricorrente, tra ,attivi,t produttive di beni e di servizi che entrambe realizzano lo scopo dell'agevolazione di promuovere nelle localit economicamente depresse iniziative, volte ad incrementare l'occupazione e a promuovere il benessere nei comuni con densit demografica limitata ad una popolazione inferiore ai diecimila abitanti. N possono desumersi argomenti contrari dai lavori preparatori e dal preteso parallelismo con le disposizioni incentivanti attivit produttive di beni dei territori del mezzogiorno, nonch dalla concezione ristretta del termine industria, come limitata all'attivit di trasformazione della materia, atteso che l'interpretazione restrittiva della norma risulterebbe in contrasto con la lettera e la ratio della stessa, escludendo dal beneficio proprio quelle imprese che pi agevolmente possono sorgere in comuni siti in zone economicamente depresse e che pm sono utili per migliorarne le condizioni non solo economiche ma anche di sviluppo e di evoluzione dei servizi. Non , inoltre, acceitta- Il 1094 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO bile l'assunto di limitare il contenuto del termine industria attribuendogli un signilloarto in ,contrasto con la a,cceziooe comune e giwridica del termine stesso, nonch con la definizione datane dalla giurisprudenza, che intende per attivit industriali non soltanto quelle tipicamente produttive di beni mediante la ,trasformazione, la modificazione o la manipolazione della materia prima, ma anche quelle che si esplicano nella prestazione dei servizi. Ed, infine, non pu attribuirsi alcun valore decisivo alle risultanze dei lavori preparatori che non sono univoci nel senso assunto dalla ricorrente e non possono, nella loro gene-ricit, fornire validi elementi contrari al contenuto della legge ricostruito attraverso il significato delle parole e la ratio che ha ispirato la norma. La contraria interpretazione non pu derivare dalla legge del 1961 n. 526 che, anzi, offJ:".e ulteriori elementi fuvmevoili alla tesi delLla ires~stenrte. La ,cli.tata le~ge, con un articolo unico, nel isosrtituire gilti. ulrtimi due commi dell'art. 8 della legge n. 635 del 1957 e dettare i criteri per la identificazione delle localit economicamente depresse, ha chiarito che l'esenzione decennale compete anche alle nuove imprese alberghiere e alle nuove imprese esercenti impianti di trasporti a mezzo funi comunque denominati. Tale disposizione, la cui natura interpretativa stata riconosciuta da questa Corte (Cass. 7 settembre 1970 n. 1244), sta ad indicare che, gi nella disciplina originaria, la agevolazione non era limitata alle imprese produttive di beni, ma si estendeva anche a quelle produttive di servizi quale l'impresa di trasporti, cosicch dall'espressa menzione delle imprese esercenti traspovto a mezzo funi, diretta a chiarire la povtata della precedente legge, si deduce che questa comprendeva anche le imprese produttrici di servizi e che non possono escludersi dalla sua portata le imprese di trasporto con altri mezzi. A diversa conclusione non pu indurre l'art. 8 della successiva legge del 1966 n. 614 che concede l'agevolazione decennale alle nuove imprese artigiane e alle nuove piccole e medie imprese industriali, con investimenti industriali in impianti fissi non superiori a due miliardi, aventi per oggetto la produzione di beni. A parte il rilievo che a tale disposizione non pu attribuirsi, come pretende la ricorrente, contenuto interpretativo contrario al contenuto interpretativo della precedente legge del 1961, senza incorrere in contraddizione, la povtata innovativa della legge emerge dalle disposizioni inerenti i criteri di identificazione delle imprese destinatarie dell'agevolazione ed, in particolare, della previsione anche delle medie imprese dell'ampliamento delle aziende gi estsrtenti e dalle dtsrposizioini spec1iali contenute nel capo secondo della legge per i territori montani, che, pur t richiamando, per certi aspetti, la normativa generale enunciata nel i: r: ~ .. ! f ~MlfW~ PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1095 capo primo con riguardo alle zone depresse, non limitano i benefici alle sole imprese produttrici di beni, includendo anche, in deroga alla disposizione generale, le imprese esercenti impianti di trasporto a mezzo funi. La normativa, quindi, della legge del 1966 per il suo contenuto innovativo non pu essere applicata ad imprese sorte prima della sua entrafa in vigore. Inconferente, poi, l'assunto che le imprese di trasporto per conto terzi non abbiano carattere artigianale e che, comunque, le espressioni imprese artigiane e piccole industrie abbiano un significato sostanzialmente equivalente. Al contrario, ai fini dell'applicazione della norma agevolativa, la legge, come reso palese dall'endiadi usata, ha posto sullo stesso piano delle piccole industrie le imprese aritigiane senza esigere la sussistenza di particolari requisiti per individuare queste ultime. Infine, circa la mancanza del collegamento funzionale tra il territorio della zona depressa e l'attivit di trasporto, che potrebbe svolgersi anche al di fuori di esso, non consentito negare a siffatte imprese, qualunque sia il mezzo impiegarto nello svolgimento dell'attivit di trasporto, il collegamento, stabile e continuativo, con il territorio ove si trova la sede amministrativa dell'impresa che comporta l'impianto di uffici e di servizi ed il reperimento della mano d'opera, realizzando quell'incremento economico della zona depressa cui l'agevolazione fiscale preordinata. La sede legale dell'impresa cost1tuisce il centro di produzione del reddito derivante dall'attivit imprenditoriale e aziendale e ad essa fanno capo i rapporti di indole giuridica ed economica. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 2 ottobre 1975, n. 3110 -Pres. Rossi Est. Lipari -P. M. Serio (conf.) -Ministero delle FinaJ:?.ze (avv. Stato Mazzella) c. Ferrante. Imposte e tasse in genere Imposte indirette Interessi Prescrizione Durata Termh1e quinquennale Si applica Termine pi breve per la prescrizione dell'imposta Irrilevanza. (1. 26 gennaio 1961, n. 29; r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270, art. 86; e.e. art. 2948). Gli interessi moratori sulle imposte indirette, pur costituendo debito coUegato aUa obbligazione tributar~a, sono sempre soggetti aUa p1escrizione quinquennale dU'art. 2948 e.e., quale che sia la durata, pi breve o pi lunga, stabilita per la prescrizione deUa imposta cui accedono (1). (1) Malgrado qualche esitazione, la soluzione seguita nella sentenza sopra riportata, di evidente logicit e coerenza, quella gi in passato prevalente. (Cass. 29 ottobre 1973 n. 2805 in questa Rassegna, 1974, I, 1096 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). -1. -La questione sottoposta al Collegio consiste nello stabilire se il credito dell'amministrazione finanziaria per interessi moratori in tema di imposte indirette sugli affari, introdotti con la legge 26 gennaio 1961 n. 29, autenticamente interpretata dalla 1. 28 marzo 1962 n. 147, si prescriva nel termine fissato per l'imposta considerata cui tali interessi accedono (che di tre anni sia per l'imposta di registro che per quella di successione alla stregua delle leggi del 1923: art. 136 r.d. n. 3269, art. 86 r.d. n. 3270, mentre esula dalla presente controversia la problematica posta dalla nuova legislazione tributaria che fa capo all'istituto della decadenza), ovvero quello quinquennale in applicazione del generale principio fissato dall'art. 2948 comma quarto e.e. La tesi della pr,escrizione triennale adottata dalla Commissione Centrale in tema di interessi accedenti ad imposta di successione, viene a ragione censurata dall'amministrazione con l'unico motivo del ricorso. Atteso l'ambito della materia del contendere in questa sede, il Collegio, nel presupposto incontestato dell'applicabilirt delle citate leggi n. 29 del 1961 e n. 147 del 1962 anche ai rapporti tributari sorti prima della loro entrata in vigore, ma non ancora esauriti, e senza che venga in considerazione l'entit degli interessi pretesi (in relazione alla offerta irretrattabile di maggior valore effettuata dai contribuenti 235; 5 gennaio 1972 n. 20, ivi, 1972, I, 281). La risoluzione, ormai definitiva, della questione non deve tuttavia ing~nerare dubbio sulla efficacia sul corso della prescrizione degli interessi degli atti interruttivi intervenuti sul credito di imposta, sulla base della dichiarata autonomia delle obbligazioni. Non esiste un necessitato collegamento delle soluzioni dei due problemi si che la diversa durata del termine (che sussiste anche per la pena pecuniaria) non si risolve ineluttabilmente nella indifferenza della obbligazione di interessi allo svolgimento del rapporto di imposta. Infatti la prescrizione per gli interessi non comincia a decorrere finch controverso e non definitivamente esigibile il credito di imposta (sent. 5 dicembre 1972, n. 20, citata) e ci risponde alla :regola che non pu prescriversi un credito che non pu esser fatto valere. Ma anche dopo la liquidazione del credito di imposta, gli atti interruttivi ad esso inerenti sono efficaci anche sul credito di imposta (Cass. 13 luglio 1973 n. 2023, ivi, 1973, I, 960) ma non tanto per una identit di natura dei due crediti quanto perch gli interessi sono una obbligazione ex lege irrinunciabile che necessariamente accedono all'obbligazione di imposta si che ogni volta che l'Amministrazione interrompe la prescrizione del rapporto di imposta, l'interruzione si produce su tutto quanto per quel titolo dovuto e quindi non solo per la somma domandata, ma per tutta la materia tassabile, e per gli accessori che ne sono necessario completamento, quali soprattasse, pena pecuniaria e interessi, poco rilevando a questo fine che per la prescrizione (come per taluni altri aspetti) gli interessi, al pari della pena pecuniaria, siano soggetti ad un regime diverso dall'imposta. PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1097 in data 23 marzo 1957, che avrebbe consentito alla finanza di riscuotere immediatamente il tributo corrispondente al valore dichiarato, restando escluso che su tale maggior valore fossero dovuti, a far tempo dalla data della dichiarazione stessa, interessi moratori giusta l'indirizzo che si venuto affermando: Cass. 29 ottobre 1973 n. 2804; 12 febbraio 1974 n. 404; 21 giugno 1974 n. 1831; 11 luglio 1974 n. 2056); deve limitarsi, dunque, a stabilire la durata del termine prescrizionale (triennale, ovvero quinquennale) agganciato ad una certa data di decorrenza degli interessi medesimi, esclusa qualsiasi controversia sull'ammontare dei medesimi in relazione al loro ambiito temporale di applicazione. 2. -Va dato atto che sul punto riscontrabile qualche oscillazione nella giurisprudenza di questa Suprema Corte, la quale pur ammettendo generalmente l'autonomia del credito per interessi rispetto a quello per il tributo cui accedono, (per escludere che le cause di sospensione ed interruzione della prescrizione relative al tributo si riflettono sul debito di interessi), non stata sempre univoca nel riconoscere la durata quinquennale della prescrizione giusta la regola generale posta dal codice civile. La soluzione della durata quinquennale comunque quella seguita ogni qualHna non contemplava in modo specifico '1a corresponsione degli interessi; di conseguenza doveva farsi ricoriso al.le ordinarie norime del 1codke dvile, deducendola dall'inadempienza del debitoire d'imposta. Ln taamente determinato (in via amministrativa con accertamento non opposto o concordato o in via contenziosa con decisione passata in giudicato) resta incerto non solo il quanto ma il se della pena pecuniaria. Non quindi concepibile che il diritto alla pena pecuniaria si prescriva prima che si possa verificare se esso mai venuto ad esistenza. Ma va considerato un ulteriore profilo. L'avviso di accertamento di valore interrompe la prescrizione per tutti quei diritti discendenti dalla determinazione di una maggiore base imponibile e quindi non solo per l'imposta complementare, ma anche per le sopratasse, le pene pecunarie e gli interessi. Ci per la duplice considerazione che tutti questi accessori, legati nell'an e nel quantum all'accertamento di un maggior valore non potrebbero essere azionati separatamente e prima della definizione della valutazione e che, costituendo essi un credito indisponibile della Amministrazione, sono necessariamente legati alla sorte del credito di 1118 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Vale, tuttavia, la pena di chiarire come la norma (speciale) dell'art. 17 della legge del 1929 e quella (generale) dell'art. 2935 del <:od. civ. vigente non siano fra loro incompatibili. Sono note le dispute che, sotto l'impero del codice civile abrogato, il quale non dettava una norma espressa in proposi.io, si facevano in dottrina circa il momento iniziale della prescrizione. Dottrina e giurisprudenza prevalenti non tardarono, peraltro, ad .adottare, come criterio risolutivo, quello tradizionale dell'actio nata, determinando -sulla base di una sostanziale identificazione fra la .azione e la ragione (ossia il diritto) -come momento iniziale della prescrizione quello stesso in cui sorge la ragione. Orbene, a questo stesso criterio che hanno prestato sostanzialmente adesione tanto il legislatore fiscale, con la norma dell'art. 17 della legge n. 4 del 1929 (in materia di repressione delle violazioni delle leggi finanziarie) quanto -pi tardi -il codice civile del 1942; <:on la disposizione dell'art. 2935, sebbene nei due casi la formula adottata sia diversa a cagione della dirversa ampiezza del rispettivo <:ampo di applicazione. Alla stregua del principio dell'actio nata -e cosi pure alla stregua dell'art. 2935 e.e. che quel principio ha codificato -si fa distinzione fra diritti che possono farsi valere appena costituiti e diritti che, in tanto consentono l'esercizio dell'azione, in quanto siano stati violati. Orbene, se residuano ancora dubbi circa la precisa/ identificazione di questi ultimi diritti, non dubbio invece che rientrino nella prima categoria i diritti di obbligazione in genere (ed, in ispecie) le obbliga zioni di dare, in base appunto alla considerazione che l'obbligazione, .appena sorta, attribuisce al credi:tore il diritto a chiederne l'adempi .mento, anche se non sia determinata nel suo ammontare. jmposta, come se l'accertamento, contenga o no superflue formule di .salvezza (sanzioni come per legge; oltre sanzioni ed interessi e simili), sia sempre (e necessariamente) diretto ad interrompere la prescrizione, <>ltre che per l'imposta, per tutti gli altri diritti accessori. Ci pacificamente riconosciuto dalla giurisprudenza per quanto con <:erne gli interessi la cui prescrizione non comincia a decorrere finch il credito d'imposta controverso ed comunque interrotta dagli atti con i quali l'Amministrazione coltiva il suo diritto al tributo (Cass. 5 gen naio 1972, n. 20, in questa Rassegna, 1972, I, 281; 13 luglio 1973, n. 2023, ivi, 1973, I, 960). D'altra parte l'accertamento di valore contiene una generica dichia razione destinata a costituire la base imponibile sulla quale saranno liqui , con la conseguenze di =: legge. -(Omissis). SEZIONE SETTIMA GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI (*) CORTE DI CASSAZIONE, sez. III, 26 agosto 1975, n. 3018 -Pres. DeIfiil! i. -R.el. Baciconi -P.M. Pedace (conf.) -Impire1sa De Luca (avv. Freno) c. Ministero dei lavori pubiblid (avv. Stato Tariin) e I.A.C.P. di Reggio Calabria (avv. Oala;rco). Appalto -Appalto di opere pubbliche -Capitolato generale di appalto per i lavori di competenza del Ministero dei lavori pubblici. -Richiamo nei contratti con enti pubblici diversi dallo Stato -Efficacia negoziale -Modifiche del capitolato generale di appalto -Irrilevanza nella disciplina del rapporto. (d.m. 28 maggio 1895, artt. 42 e segg.; d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, artt. 43 e 47). Nei rapporti di appalto con enti pubblici diversi dallo Stato, e cio quando le norme del cap~tolato generale di appalto richiamate dalle parti contraenti hanno natura contrattuale, il rapporto rimane disciplinato, anche per quanto concerne le previsioni di carattere processuale, dalle norme del capitolato genemle di appalto vigente alla data di conclusione del contratto (1). (Omissis). -Con il iprimo motivo, il a:<.i.tcoirrente afferma di aver correttamente .piroposto la domanda davanti al g1iudice 011d.inairi-0 competente, avvalendosi delil.a facolt di scelta conces1sa alle jparti dagU artt. 43 e 47 del nuovo caipitolato generale d'appalto peir il.e opere di competenza del Mini1stero dei Lavori pubbJ.ici, a,ppirovato con d.P.R. 16 lugliio 196:2, n. 1063; e sOlstiene che il Tiribunale avirebbe eI"fato nell'affermare apoditticamente che le norrme suddette non oono appilicabi.Jl (1) Sui prindpi affermati nella sentenza in rassegna (ed in base ai quali stata esclusa, nella specie,, 1a .comipetenza del .g.iudice ordinado relativamente a contratto di appalto stipulato con richiamo alle norme del capitolato generale di appalto approvato con d.m. 28 mag.gio 1865) cfr., da ultimo, Cass., 21 maggio 1975, n. 2006, 1etro, I, 752, con nota di richiamo ai precedenti, ed in particolare App. Roma, 17 luglio 1975, retro, I, 930. con nota contraria di ALBISINNI, Capitolato generale oo.pp. approvato con. d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063. Estensione obbligatoria alle opere di competenza della Regione siciliana: wpplicabilit delle norme di procedura alle controversie arbitrali in corso. (*) Le decisioni in materia di ac.que pubbliche sono massimate ed: annotate dall'avv. PAOLO VITTORIA. 1124 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO al contratto in questione (stipulato il 26 maggio 1961), dato Che appa~tante un ente dlive1riso da.110 Stato, rper il quale le drsrpo1siziioni del capitolato generale hanno carattere pattizio e non nol"Inativo. Lia nuova discipliina dovrebbe, invece, trovare appUcazione pier tutti i contratti non ancora' giunti ala fase contenziosa pirima deihla sua entrata 1in vii.gore: tanto pi che gli IACP sono tenuti per legge .ad uniformare i prQiPri capitoilati a quello generale dall'arprpalto di opere di comrpetenza del Min1stero dei lavori pubbHci. Il motivo i.infondato. Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, il capitoato generale dli appa1lto per le opere pubbliche di COffi[letenza del MiniJ.siteiro dei Lavori Pubblici ha natura e vialore normativo (di regolamento di ol'ganizzazione) soltanto nei confronti delHe ammin1strazioni delt1o Stato. Per gli altri enti, ancorch tenuti ad uniformare i .piroipri capitolato a quello generale dello Stato, le .previsioni de.I suddet-to capitolato costitui1se1ono clausole neg101Zliali, O!P)'jranti !PE'lt" vicilont rpattizia e non in quanto impoote autoritativamente nel quadro di un ra:prporto Che 1mpil.ica, entro certi limiti, la subordinazione di un soggetto a1l'altro a!llJche durante il suo svolgimento. Ne segue, che, una volta for:mata1si la volont contrattuale secondo la disciiplina dettata da1l capitolato generale per i lavori di competenza del Ministero dei Lavoiri Pubbltci, vigiente nel momento in cui il contratto 1stato conclwso (nelila 1spede quello del 28 maggio 1895), '1'intero rapporito retto e deve 1svolg~si secondo quella drsc1plina: e le eventuali modificazioni 1soptravv.enute del oaipitolato suddetto, varranno bensl 1come ,prescrizionii alle qu:ali l'ente deve unifo['oma'I'e il proprio Capito-lato ed i propri contratti, ma non possono alterare il regime pattizio dei contratti in covso. Ci vale, ovviamente, sia .per il.e previsioni dli carattere sostanziale, sia per Le previsioni di carattere procets; suale, come queUa concernente la competenza del giudice oTdinario in alternativa con fa competenza del Colil.egio arlbitraJe. La natura ip!I"Ooesisuale delle norme 1nvocate dal De Luca, dunque, non pu ionc1dere sulla dau:sola, di diverso contenuto, inserita nel contratto di Cui si discute. Anche U secondo motivo (con cu:i il rico:ra'ente .sostene che, ammessa la natura pattizia deilla, dausola 'compiromissoria, esl>:a dovrebbe ditenersi priva di effetto perch non aipprov:ata :E1pecificamente peT iscritto, a norma del!l'art. 1341, comma 2, cod. dv.) infondato. La questione prospettata , infatti, predUJsa, perch gi deciosa da questa stessa Coirte, tra le .stesse parti ed in ordine al medesimo rapporto, con fa sentenza n. 1343 del 1970, 1sopra richiamata. Va pevci dichiarata la competenza del Collegio avbitrale, con condanna del1'1stante al rimborso delle Sl!lese ad entrambi gili intimati. (Omissis). PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 1125 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 10 o'ttobre 1975, n. 3250 -Pres. Stile -Est. Guerrieri -P. M. Pedace (conf.) -Mastrandrea (avv. Messina) c. Ente acquedotti siciliani -E.A.S. (avv. Stato Fiumara). Acque pubbliche ed elettricit Competenza e giurisdizione Dei tribunali delle acque Controversie per danni da opere eseguite dalla P.A. Danni derivanti da comportamento colposo . Ricomprensione . Condi zioni. (t.u. 11 dicembre 193.3, n. 1775, art. 140, lett. e). A norma dell'art. 140 lett. e) t.u. 11 dicembre 1933 n. 1775 sono da considerare controversie per risarcimenti di danni dipendenti da qualunque opera eseguita dalla pubblica amministrazione, quelle in cui il danno sia conseguenza di un comportamento colposo, attivo od omissivo, posto in essere nel corso di operazioni che, attinenti alla sua esecuzione. o manutenzione, rientrino nel processo produttivo dell'opera pubblica, perch in tal caso la valutazione della colpa importa apprezzamenti tecnici sulla corretta e razionale esecuzione dell'opera stessa in relazione agli interessi pubblici connessi al regime delle acque (1). (Omissis). -Con l'unico motivo di ricorso il Mastrandrea denunziando violazione degli artt. 140 (lett. e) del T.U. n. 1775 del 1933 e artt. 822 e 824 del cod. civ., sostiene che la affermazione della Conte di Messina, concernente il carattere demaniale dell'acquedotto dell'E.A.S., non sufficiente a sorreggere la decisione in merito alla competenza del giudice specializzato, perch non tutte le cause per risarcimento di danni collegati ad opere di derivazione o manutenzione di acque pubbliche rientrano nella previsione dell'art. 140 citato. La Corte di Messina, che aveva preso in esame solo quell'aspetto della controversia (e tale punto della decisione non costituisce oggetto di censura) non .avrebbe tenuto presente che sono invece riservate alla cognizione di tali tribunali quelle controversie in cui o si discuta della demanialit delle acque, ovvero nelle quali colui che agisce per ottenere il risarcimento dei danni in conseguenza di tale esecuzione o manutenzione di opere, non lamenti la comm1ss1one di un fatto illecito, bens deduca soltanto un rapporto di causalit fra l'esecuzione delle opere ed i danni subiti. Orbene, proseguiva il ricorrente, sia nella citazione che nei successivi scritti difensivi di primo grado era stata prospettata la tesi della (1) Nello stesso senso, tra le pi recenti decisioni della Corte di Cassazione, cfr., Sez. I, 22 giugno 1974 n. 1897 e Sez. II, 29 gennaio 1974 n. 240, in Giust. civ. Rep., 1974, acque pubb. e priv., 32 e 37. 1126 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO colpa, e quindi il fatto illecito, della pubblica amministrazione per cattiva installazione dell'acquedotto e omessa manutenzione. Nella. specie poi era risultato, in base alla consulenza tecnica esperita in primo grado, che l'acquedotto era stato costruito con erronei criteri tecnici e che era stata trascurata la manutenzione di esso. Concludeva pertanto chiedendo che fosse ritenuta la competenza del tribunale ordinario. Replicava l'E.A.S. 'che :l'illecito dedotto dal Mastrandrea era attinente alla cattiva installazione e omessa manutenzione dell'opera idraulica, e pertanto, a prescindere dalla generale previsione di cui all'art. 2043 e.e., si collegava alla specifica previsione di cui alla lett. e) del citato art. 140. Il ricorso non fondato. Premesso che in base alla citata norma appartengono alla competenza del Tribunale delle acque pubbliche le controversie per risarcimento di danni dipendenti da qualunque opera eseguita dalla P.A. va rilevato che il Mastrandrea nel sostenere che sussisterebbe la competenza dei tribunali ordinari semprech a fondamento della domanda di risarcimento venga dedotto un fatto illecito della pubblica amministrazione si avvale di una interpretazione schematica e sostanzialmente errnta di talune massime di questa Supremo Collegio. Infatti .il ricorrente omette di considerare che il danno, conseguenza dell'eventuale illecito della P.A. deve essere occasionato dalla esecuzione della opera pubblica, il che deve intendersi nel senso, che il comportamento colposo della P.A. deve inerire ad operazioni le quali, con l'esecuzione delle opere o la manutenzione di esse, siano solo genericamente, o indirettamente, o addirittura occasionalmente connesse (Cass. 29 genaio 1974, n. 240). La opposta tesi del ricorrente, che presuppone che in ogni caso in cui si deduca comunque un comportamento della pubblica amministrazione e quindi un suo fatto illecito, savebbe da escludere la competenza del Tribunale delle acque pubbliche, ha il torto di eludere la norma di cui all'art. 140 lett. e) del citato t.u., posto che difficilmente ipotizzabile un danno che dipenda obiettivamente dalla esecuzione o manutenzione dell'opera pubblica senza che sia configu- rabile un comportamento colposo della stessa (tranne le ipotesi di caso fovtuito o forza maggiore in cui in ogni modo sa.rebbe da escludere ogni responsabilit della P.A.). Al contrario ragionevole ritenere, invece, che l'ipotesi prevista dalla normativa in oggetto riguardi proprio i casi in cui il danno si presenti come ~a conseguenza di un comportamento colposo, attivo ed omissivo, posto in essere nel corso delle operazioni lato sensu attinenti alla esecuzione o manutenzione dell'opera concernente le acque pubbliche, vale a dire ad operazioni rientranti nel relativo processo produttivo: ci perch in tal caso,, PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 1127 la valutazione della colpa importa apprezzamenti tecnici sulla corretta e razionale esecuzione dell'opera stessa in relazione agli interessi pubblici connessi al regime delle acque e quindi richiede indagini per le quali il giudice specializzato particolarmente competente e attrezzato. In questo senso, dirimendo eventuali perplessit che potessero persistere in proposito, si del resto gi espressa la Suprema Corte con la gi citata sentenza n. 240 del 1974. Posta dunque la questione in questi termini, e poich nella specie non vi contestazione su~ punto che la colpa della P.A. sia dedotta per cattiva installazione dell'acquedotto e omessa manutenzione, e non in relazione ad attivit indirette o occasionali (punto questo che comunque, coinvolgendo apprezzamento di fartto, non potrebbe essere oggetto di esame in questa sede di legittimit) sono le stesse premesse e gli stessi argomenti del ricorrente che si dtorcono contro la tesi da lui sostenuta, sicch, cos integrata la motivazione della sentenza della Corte di Messina, il ricorso deve, conseguentemente, essere rigettato. Il ricorrente deve essere condannato, in favore dell'Ente Acquedotti Siciliani, al pagamento delle spese del procedimento di cassazione liquidate come in dispositivo. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. II, 25 ottobre 1975, n. 3561 -Pres. Ferrati -Est. Sagnelli -P'. M. Pedace (conf.) -Boccalari, Cavallari e S.p.az. Immobiliare Alluvione (avv. G. Stella Richter, Bianchi e Chiesa) c. Ministero delle finanze (avv. Stato Cavalli). Acque pubbliche ed elettricit -Competenza e giurisdizione -Incrementi alluvionali -Incontestata estraneit all'alveo -Controversia sull'appar tenenza -Tribunali delle acque Competenza Esclusione. (cod. civ., artt. 941 e 947; t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 140, lett. b). La causa, in cui, sul presupposto pacifico della loro estraneit all'alveo di un fiume, si controv.erte sulla appartenenza di terreni alluvionali ai proprietari confinanti o al patrimonio dello Stato, rientra nella competenza del giudice ordinario non specializzato e non in quella dei tribunali delle acque pubbliche (1). (1) Il princ1p10 affermato nella sentenza in rassegna stato prn volte enunciato dalla. Corte di cassazione, da ultimo con la sentenza, Sez. I, 3 dicembre 1974 n. 3936, in Foro it., 1975, I, 312 e Giust. civ., 1975, I, 639. Sulla nozione di alveo, cfr. la giurisprudenza richiamata in nota a Trib. sup. acque 7 marzo 1974 n. 4, in questa Rassegna, 1974, I, 737. 1128 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). -Con l'unico motivo i ricorrenti sostengono che 1) pacifico che gli incrementi fluviali non fanno pi par,te dell'alveo del fiume Po, tanto che la stessa Amministrazione nel. 1963, nel delineare l'attuale tracciato dell'alveo (non in contestazione) li ha lasciati alle spalle della curva di navigazione n. 15; 2) lo stabilire se tali incrementi, non pi demaniali, siano tuttavia beni patrimoniali della pubblica amministrazione o siano acceduti alle propriet private confinanti, non involge indagini tecniche, che possano giustificare la competenza del giudice specializzato secondo la ratio della previsione dell'art. 140 citato. Il ricorso fondato. Oggetto della controversia non la delimitazione dell'alveo del fiume Po ed, in particolare, la ripartizione -in senso orizzontale -dei terreni tra demanio idrico e propriet privata, ma, nella impostazione data alla causa petendi e al petitum nella loro valutazione univoca (petitum sostanziale), lo stabilire se i terreni alluvionali di cui causa, che non fanno pi parte dell'alveo, debbano essere considerati di origine naturale o artificiale e siano, quindi, di pertinenza degli attori oppure rientrino nel patrimonio dello Stato. L'ev,entuale opportunirezzo indicato ,iJn letteire, 1per concorrentii ragioni fo11mali e 1sos.tanziali. Secondo .I'ap.pellante, infatti, cin caso di diffoTmit nel!lo stesso atto, la indicazione in lettere ptreva1e 1su quella in cifre, in forza di 1princtpio generale deH'ordianmento, esipirmsamente codificato per la materia della cambiale e degli assegni ma apipUcahile ad ogni altra materia; e peraltro, nel caso, in concreto, il ,prezzo indicato in l'esigenza di aver riguardo alla condizionante .correlazione dell'offerta con gli estremi delle indicazioni alle quali tale offerta deve necessariamente riferirsi, e quindi anche alle clausole del capitolato speciale di appalto ed al re1ativo elenco dei prezzi unitari. La validit, anche sotto il profilo sostanziale, della so.luzione adottata risulta del resto confermata, nell'ultima parte della motivazione, da ulteriori e molteplici argomentazioni desunte dai dati di progetto, dal computo metrico estimativo, dai vari atti forniti in visione ai partecipanti alla gara, dal raffronto con gli altri prezzi unitari previsti per analoghe e pi onerose categode di lavoro, e dallo stesso costo complessivo preventivato per l'esecuzione dei lavori appaltati, tutti elementi Che concorrevano inve.ro a dimostrare, anche nel merito, ed anche indipendentemente damaffermata presunzione legale, che il prezzo voluto dalle parti contraenti era effettivamente quello indicato in cifre. Considerato che tale prezzo era stato applicato, senza alcuna contestaz, ione o riserv.a, a tutti i lavori contabilizzati fino al decimo stato di avanzamento (pari alla quasi totalit dei lavori di scavo di sbancamento previsti in contratto ) va piuttosto osservato che la riserva in argomento iscritta alla firma dell'undicesimo stato di :avanzamento, e che i giudici di appello hanno ritenuto di dover esaminare nel merito sia pur con limitato riferimento al quantitativo contabilizzato in tale stato di avanzamento, si PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 1131 lettere, e questo soltanto, , per la sua congruit Gsia pure apiproS1Simrata per eccesso), quel.ilo che effettivamente corri!sponde 'aHe p1revLsiion!i e alfa volont dell'amm.inistriazione a1ppaltante, quello 1che fu da questa tenuto a calcolo nella progettazfone dell'opera, e quello, inffine, 1che ,costitui H punto dt incontro e il vero oggetto de11a volont 1contrattuale, esclusa la 'stessa ~potizzahilit di una concovde cooo1derazlione diel minore prezzo .erroneamente indicato in cifre, di assoJ.uta evidente insufficienza rispetto al costo e:lfettivo notorio della iparrticoJare (pl'estazione. SEHi deduzioni dell'aipipeUante sono prive di fondamento, giuridieo e di fatto, e vanno dLsattese. Il criterio di stLp1.111'azione del ,contratto di appalto mediante a1Sta. pubblica o ,licitazione ,privata, invero, comporta 1che ciascuno dei pa~tecipanti ailla g~a per l'aggiudltcazione 0SSIUlme, mediante la formulazione de1la propria offerta posizione e vesti di proponenti 'e 1che all'amministrazione aPtP'altante, dell'offerta destinataria, spetti la veste di iPaJrt,e accettante. E ,certamente, nel caso m 1cui !l'offerta 1sia formulata in bai.se e con riferimento al 'capitolato !Slpecdaile piredi1sposto daH"ammini.istrazione appaltante, questo capito!lato aissume !significato e rilievo di elemento dell'oflierta, in ogni sua parte, tecnka ed economica. Ci posto, trova aippLicazione, direttamente o quanto meno in via di interpretazione eistensiva, H ipr.i:nci'PiO sancito daJ.l'art. 72 del regolamento suHa amministrazione d!el 1patri:rnonio e sulla contabiilit genevwe dello Stato a1pprovato 'con ir.d. 23 maggio 1192,4, n. 827, se,condo cui quando in una offerta alla asta vi sia diisic0111danza 'tra il prezzo indicato in lettere e quello indicato in cifre, valtda 1l'indkazione pi sarebbe dovuta riconoscere invece a priori inammissibile, per l'acquiescenza prestata dall'appaltatore al criterio di contabili.zzazione in precedenza, e senza contestazioni, adottato. In via di prindpio, invero, non pu negarsi la rilevanza preclusiva che assume, in tali casi, l'acquiescenza dell'appaltatore al criterio di contabilizzazione (o di misurazione) adottato dal direttore dei lavori, anche perch Tisulta evidentemente privo di senso concreto e viziato, nella sostanza, il formalistico criterio di ammettere la Tiserva, in ,quanto in tali limiti tempestiva, per il solo residuo quantitativo (spesso di irdsoria portata) al quale la riserva sia stricto jure riferibile; e deve quindi rritenersi, proprio sulla base del principio secondo cui si avranno coone accertati i fatti Tegistrati senza riserve, che il difetto di tempestiva contestazione comporti la consolidazione del criterio applicato ne11a contabilizzazione o nella misurazione dei lavori, tale da precludere la possibilit di rimettere tale criterio in discussione anche relativamente a successive registrazioni contabili. Da 'segnalare, infine, che criterio diverso da quello stabilito con l'art. 72, secondo comma, del r.d. 23 mag,gio 1924, n. 827 risulta ora contemplato, per il caso di licitazione mediante offerta di prezzi unitari, dall'art. 5, quarto .comma, della legge 2 febbraio 1973, n. 14, secondo cui come prezzo unitario offerto (da indicare in cifre ed in lettere) vale in caso di .discordanza il prezzo indicato in lettere. ll32 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO vantaggiosa per l'amministrazione appaltante. Se, quindi, dovesse ritenel'!si, con l'aippellante che, nell'appa:lto cui sii ha rtguardo, [a parrteciipazione alla Ucitazione privata diell'imprenditoce fallito, !Per cui sta in giudizio H dratore, e Ja sua ofterta 1siano avvenute in base al capitolato speciale poi allegato in 'copia al contratto istipuJ.ato (e aill'elenco dei prezzi che ne fa parte), ove rilevabile J.a divierrsa indicazii.one in letterre e in .cifre del pirezzo dei lavori di ,scavo di i.sbancamento, dovrebbe nece1s1sariamente giudical1Si, prescindendo da qualsiasi inrdagin1e dn oTdine alla volont effettiva dell'iimiprenditore anzidetto, che il 1contTa'tto di appalto si formato sulla base del prezzo minoTe inciicato in cifre, perch in esso ad evidenza rkonosaibhle l'offerta pi vantaggiosa per l'amminiistrazionre ~paltante, e per tCi l'offerta che deve rritenertsi vail1damente accettata dall'amminiistrazicme medesima. E, per la 1~pecialit della matel[' lia e la .sipecificit della d~scip]dna del caso, resa per un ver1so esctluso il riicorso ai diversi criterri ai quaili l'tliPpel:lante fa riferimento (1peraltro anch'essi ~ecifid alla materia particolare della cambLiale e deN'assegno, e per d incapaci di e~rimere un principio generra1e detltl'ocdinamento valido in ogni caso e i:n ogni campo), e perr altro verso non consentita l'applkaziione della subordinatamente dnvocarta dilsc~plin deH'errore neJ.la formazione o nella enunciaz1one della volont ,contrattuale (cui fa prevalenza legistlativamente riconosciuta per mera corusdderazione di carattere oggettivo, a una sola tra due ddchiaraziioni che intuitivamente, sOiltanto per errore, non 'coincidono, come inv1ece dovrehberro, non lascia margine di operare. -(Omissis). I f: TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 13 giugno 1975, n. 14 -P1es. Danzi -Rel. Moscone -Amministrazione delle finanze (avv. Stato Albisinni) c. E.N.E.L. (avv. Bartoluzzi e Conte). I Acque pubbliche ed elettricit Canoni -Decorrenza Grandi derivazioni I Termine originario di ultimazione dei lavori -Sospensione del canone . Possibilit -Limiti. (t.u., 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 37, comma 2; r.d. 14 agosto 1920, n. 1285, art. 17). I Per le grandi derivazioni di acqua pubblica l'obbligo di pagamento del canone decorre improrogabilmente dalla scadenza del ter~= ~ mine originariamente assegnato per la ultimazione dei lavori, ma ci r non esclude che pur dopo la scadenza del termine originario l'obbligo ' f resti sospeso se l'Amministrazione concedente, nell'esercizio del potere I \ PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 1133 discrezionale di tutela dei pubblici interessi e non per ragioni riconducibili a fatto del concessionario, ordini di sospendere la realizzazione di opere indispensabili per l'uso dell'acqua (1). (Omissis). - opportuno ricapitolare le seguenti circostanze, su cui ci si dovr soffermare nell'esame dell'impugnazione e che risultano provate dai documenti prodotti o sono, comunque, pacifiche fra le parti: a) con l'atto di concessione e col relativo disciplinare venne stabilito fra l'altro, che i lavori concernenti il secondo gruppo di centrali avrebbero dovuto essere ultimati entro il 12 novembre 1959 e che da questa data sarebbe decorso "l'obbligo di corrispondere il canone annuale di L. 9.766.941,28, comprendente anche il canone di Lire 4.534.619,68, gi dovuto con decorrenza dal 12 novembre 1957 per il primo gruppo di centrali; b) dal 12 novembre 1959 al 29 maggio 1963 fu sempre pagato anticipatamente il suddetto canone di L. 9.766.941,28 finch, a partire dal 30 maggio del 1964, l'E.N.E.L. ricominci a versare una somma corrispondente a quello che, fra il 12 novembre 1957 e il 12 novembre 1959, era stato il canone dovuto soltanto per il primo gruppo di centrali; c) con decreto 29 maggio 1956 il Ministro per i lavori pubblici, su richiesta del concessionario motivata da un anticipo della realizzazione delle opere del primo gruppo e da altri suoi impegni, prorog, relativamente al secondo gruppo di centrali, al 12 maggio 1958 la presentazione del progetto esecutivo, al 12 novembre 195B l'inizio dei lavori e al 12 novembre 1961 la loro ultimazione; d) con decreto 15 gennaio il medesimo ministro, su richiesta del concessionario motivata dalla necessit di pi compiute indagini geoidrologiche per la progettazione della diga di Caprile, accord un'ulteriore proroga dei termini suddetti, rispettivamente, al 12 maggio 1961, al 12 novembre 1961 e al 12 novembre 1964; (1) La sentenza confermata, Trib. reg. Venezia 27 ottobre 1972 pu leggersi in Rass. giur. Enel, 1972, 938. Sulla decorrenza dell'obbligo di pagamento del canone dalla scadenza del termine originariamente assegnato per la ultimazione dei lavori, Cass., 12 giugno 1969 n. 2080, Rass. giur. Enel, 1969, 635; sulla irrilevanza a tal fine della concessione di proroghe, Trib. sup. acque, 1 dicembre 1959 n. 32, Acque bonif. costruz., 1959, 592. Trib. sup. acque 3 febbraio 1967 n. 2, Cons. Stato, 1967, II, 141 ha affermato che se la p.a. non trasferisce al concessionario il possesso materiale del bene oggetto della concessione non pu pretendere di trattenere le somme riscosse sine causa a titolo di canone per la concessione. 1134 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO e) l'Ufficio del Genio Civile di Belluno con fonogramma del 28 dicembre 1963, in considerazione degli studi e ricerche in corso sulla stabilit delle pendici del serbatoio di Caprile, dispose la sospensione di tutti i lavori inerenti allo sbarramento sul Cordevole; indi con lettera del 28 febbraio 1964 conferm la disposta sospensione, rimettendo all'E.N.E.L. di valutare l'opportunit o meno di sospendere anche i lavori d'altro genere, relativi alla costruzione dell'impianto; f) con decreto 22 dicembre 1964 il Ministro dei lavori pubblici, su richiesta del concessionario motivata dalla disposta sospensione di tutti i lavori inerenti allo sbarramento del Cordevole, prorog al 12 novembre 1967 il termine per l'ultimazione dei lavori relativi al secondo gruppo di centrali. Ci premesso, si rileva che col primo motivo lAmministrazione appellante denunzia la violazione del secondo comma dell'art. 37 t.u. 11 dkembre 1933, n. 1775, e dell'art. 17 r.d. 14 agosto 1920, n. 12185, deducendo che il Tribunale Regionale di Venezia err nel ritenere che l'ordine di sospensione dei lavori, emesso dal Genio Civile quando era scaduto da tempo il termine del 12 novembre 1959, originariamente fissato per l'ultimazione delle opere, potesse sospendere l'obbligo di corrispondere il canone, giacch l'improrogabile decorrenza di questo obbligo non era suscettibile di spostamento per effetto delle tre proroghe concesse per l'ultimazione delle opere e giacch, comunque, di tali proroghe la prima era stata accordata nell'esclusivo interesse del concessionario e le altre per la necessit di ovviare a difetti di progettazione imputabili al medesimo. Tali censure non sono fondate. indubbio che, ai sensi del secondo comma dell'art. 37 t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, il pagamento del canone per le grandi derivazioni decorre improrogabilmente dalla scadenza del termine originariamente assegnato per l'ultimazione dei lavori e che, ai sensi della lett. b) dell'art. 17 Reg. 14 agosto 1920, n. 1285, esso dovuto quando anche il concessionario non faccia uso volontariamente della concessione, ovvero non possa farne uso per fatti o circostanze non riconducibili all'Amministrazione concedente. N qui vi discussione al riguardo, tanto vero che l'E.N.E.L. non contesta di aver pagato debitamente il canone relativo alle centrali Saviner II e Alleghe per tutto il periodo dal 12 novembre 1959 al 28 dicembre 1963, nonostante che il termine del 12 novembre 1959, originariamente fissato per l'ultimazione dei lavori, fosse stato prorogato dapprima al 12 novembre 1961 e poi al 12 novembre 1964. Ma nel presente giudizio si discute se l'obbligo del pagamento venga meno qualora l'impossibilit di far uso ~ielle acque sia deter minata da un fatto della stessa Amministrazione concedente: fatto che, PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 1135 nella specie, viene indicato nell'ordine dell'Ufficio del Genio Civile di Belluno di sospendere sine die la realizzazione delle opere occorrenti per l'esercizio di tale uso. Ora, la possibilit della soluzione positiva non si pu respingere a priori, perch in taluni casi lo stesso t.u. .n. 1775 del 1933 ammette esplicitamente che fatti della concedente possano far venir meno o ridurre l'obbligo di corresponsione del canone (terzo comma dell'art. 48, in tema di modificazione delle acque per l'esecuzione di opere da parte dello Stato; sesto comma dell'art. 55, in tema di pronuncia di decadenza dalla concessione). A un simile quesito il primo giudice ha dato risposta affermativa, ponendo come presupposto che il canone ha funzione di corrispettivo pecuniario del bene concesso e che, quindi, sono applicabili senz'altro i principi fondamentali vigenti in materia di rapporti giuridici a carattere sinallagmatico, e deducendone poi che, per la cessazione dell'obbligo di corrispondere il canone, sufficiente un comportamento Qbbiettivo dell'Amministrazione concedente, che determini il mancato godimento dell'acqua assenti:ta. La pronuncia sostanzialmente esatta, sebbene non si possano condividere talune affermazioni troppo categoriche della sentenza impugnata. Come si desume dal complesso delle norme dettate dagli artt. 35, 36, 37, 48 e 55 del t.u. n. 1775 del 1933 in materia di dete:rminazione del canone e di obbligo del relativo pagamento, il canone rappresenta la prestazione dovuta per legge in correlazione al godimento dell'acqua pubblica assenUta, onde il rapporto di concessione si qualifica come bilaterale oneroso e le rispettive obbligazioni delle parti hanno un certo carattere di corrispettivit in senso ampio, pur mancando fra esse un rapporto riconducibile nell'ambito del sinallagma proprio dei contratti a prestazioni corrispettive del diritto privato. In base a questi principi, sulla cui fondatezza sarebbe superfluo dilungarsi, avendo questo Tribunale Superiore avuto ripetutamente occasione di affermarli (da ult. 16 giugno 1971, n. 14), in conformit, per di pi, con una costante giurisprudenza della Corte di Cassazione (da ult. 25 maggio 1971, n. 1539), si deve escludere che, in controversie del genere di quella attuale, si possa fare indiscriminato ricorso a norme e principi che regolano i rapporti giuridici privatistici a carattere sinallagmatico. Tuttavia non sembra possibile porre in dubbio che, qualora l'Amministrazione concedente impedisca essa stessa di poter disporre dell'acqua assentita per ragioni non riconducibili in alcun modo al comportamento del concessionario, questi rimanga esonerato dall'obbligo della corresponsione del canone per tutta la durata dell'impedimento, in virt di quella stretta correlazione fra disponibilit dell'acqua e ,canone, di cui sopra si detto, e considerato al tempo stesso che anche nel campo delle concessioni-contratto sicuramente applicabile, quanto 1136 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO meno, il principio generale e fondamentale che ogni contratto va eseguito secondo buona fede. D'altra parte, anche nel caso dei rapporti giuridici privatistici a carattere sinallagmatico, un contraente non pu valersi del diritto di sospendere o di rifiutare definitivamente l'esecuzione della propria prestazione per il puro e semplice fatto oggettivo dell'inadempimento della controprestazione, quando questo sia giustificato da un comportamento di lui. Venendo alla specifica fattispecie in esame, il rifiuto dell'E.N.E.L. di continuare a corrispondere il canone appare legittimo, giacch da un lato la stessa Amministrazione concedente gli impose di sospendere sine die la realizzazione delle opere indispensabili per esercitare l'uso dell'acqua, e giacch, dall'altro, non risulta che una siffatta imposizione fosse giustificata da un qualsiasi comportamento dell'E.N.E.L. stesso, costituente inadempienza agli obblighi specificamente assunti e alJ.'obbligo generale del neminem laedere e di non mettere in rpertLcoJo I la pubblica incolumit. ~ Sotto il primo aspetto, non si regge in alcun modo la distinzione ]~ che, in .sede di diisieus1sione omle, l'appellante ha prete,so di poter faire ; tra il Servizio Dighe, al quale si riallaccia l'ordine di sospensione I impartito dal Genio Civile di Belluno, gli altri organi dell'Amministrazione dei lavori pubblici, competenti in materia di rilascio e di ~: ~! attuazione della concessione, e l'Amministrazione delle Finanze dello , Stato, a cui spetta la riscossione dei canoni. Infatti, stante l'unicit I i] della personalit giuridica dello Stato, sicuramente sempre il medesimo soggetto quello che accord la concessione, che dispose in data lj 28 dicembre 1963 di sospendere tutti i lavori per lo sbarramento del f Cordevole e che agisce nel presente giudizio per ottenere il pagamento di canoni scaduti. I Sotto il secondo aspetto, non si pu ovviamente contestare la legittimit del provvedimento con cui lAmministrazione concedente, I nell'ambito del suo potere discrezionale per la tutela dei pubblici interessi, ritenga di disporre la sospensione di tali lavori, essendo emersi I ' a suo giudizio nuovi elementi circa la stabilit delle pendici del serba-~ I toio di Caprile, per cui appariva necessario che l'attuazione del detto & sbarramento fosse preceduta da ulteriori studi e ricerche. Resta per il fatto, per quanto concerne la questione dell'obbligo del canone, che, . se il concessionario aveva ormai acquisito il diritto di procedere alla ' . attuazione di tutte le opere occorrenti per lo sfruttamento dell'acqua, ' Ia seguito di tempestiva presentazione del relativo progetto e di regolare approvazione di esso, incombeva sull'attuale appellante l'onere di l!l fornire la prova eventuale che la mancata considerazione anteriore di ,,, quegli elementi fosse dipesa, non gi da un suo modo di valutare le i i. cose, ma da errori di progettazione o da altre ragioni, di cui non I 1: : i: 11111rifr1w1:1r11il11111~;1rill111rt1i11rar11111::r~1;1~1t11111r1~,1111111~1:1~;11111~::::1l~'rrrlrt11;:t1111rtlfll~\llrtf:r111 PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 1137 fosse stato possibile rendersi conto al momento dell'approvazione del progetto, per fatto addebitabile ,esclusivamente al concessionario. Ora, una prova di questo genere non stata data e, anzi, nemmeno offerta o prospettata. Per contro, a quanto risulta dagli atti di causa, devesi ritenere che, prima della sospensione disposta il 28 dicembre 1963, il progetto esecutivo era stato approvato e quindi i lavori erano stati iniziati, e che, successivamente alla sospensione stessa, rimase fermo il medesimo progetto, senza che alcuna variante fosse richiesta dalla Amministrazione concedente o proposta dal concessionario. Infatti, mentre col d.m. 15 gennaio 1959 si d atto della volont del concessionario di procedere a pi compiute indagini e all'uopo si prorogano i termini per la presentazione del progetto esecutivo e per l'inizio dei lavori (presupponente, questo inizio, l'approvazione del progetto), nel d.m. 22 dicembre 1964 si d atto soltanto dell'intervenuta sospensione, nulla si dice circa modificazioni del progetto esecutivo precedente su richiesta dell'Amministrazione concedente o per iniziativa del concessionario, e ci si limita a prorogare il termine per l'ultimazione dei lavori. ( Omissis). TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 27 giugno 1975, n. 16 -Pres. Danzi -Rel. Salvatore -Azienda municipalizzata acquedotto di Palevrno (avv. Fornario, Aocavdi, Mi.istretta e Seruseri) c. Prefetto di Palermo e altro (avv. Stao Al!bi'S[nni). Acque pubbliche ed elettricit Competenza e giurisdizione . Tribunale superiore delle acque e Consiglio di Stato Provvedimenti in materia di acque pubbliche Competenza del Tribunale superiore. (t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 143). La giurisdizione del Tribunale superio1e delle acque pubbliche quale giudice degli interessi ricomprende tutte le controversie derivanti da provvedimenti in materia di utilizzazione di acque pubbliche da qualunque organo adottati (1). (Omissis). -I ricorsi, oggettivamente e soggettivamente connessi, vanno riuniti ai fini di una unica decisione. (1) Cass., Sez. un., 7 dicembre 1974 n. 4089, richiamata in motivazione, pubblicata in questa Rassegna, 1975, I, 428: ivi, al punto 9 della nota Requisizione e limitazioni temporanee dell'uso di acque pubbliche oggetto di concessione, dr. la giurisprudenza relativa alla questione cui ha :riguardo la massima. Cfr., altresl, infra, Trib. sup. acque, 15 luglio 1975 n. 19 e la relativa annotazione. 1138 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO l I Ci premesso, ha carattere preliminare l'esame della eccezione di I' difetto di giurisdizione di questo Tribunale Superiore, adito in sede I I I di legittimi1t, sollevata dall'Avvocatura Generale dello Stato sotto il 1 profilo che la requisizione disposta dal Prefetto non inciderebbe su l \ acque pubbliche. Tale eccezione destituita di fondamento e va, quindi, disattesa. La giurisdizione di questo Tribunale Superiore, quale giudice degli interessi, ricomprende tutte le controversie derivanti da provvedimenti I in materia di utilizzazione di acque che, a norma dell'a:vt. 1 del testo unico n..1775 del 1933, abbiano od acquistino attitudine ad usi di pubblico generale interesse (cfr. Cass. SS.UU. 7 dicembre 1974 n. 4089),. I a nulla rilevando la natura dell'organo che abbia adottato i relativi provvedimenti (cfr. Trib, Sup. 17 maggio 1973 n. 19). Ora la natura pubblica delle acque in ordine alle quali inter I venuto il provvedimento prefettizio di requisizione non pu essere I validamente contesta:ta atteso che le stesse, con l'impugnato provvedimento, sono state destinate a soddisfare le esigenze, indiscutibilmente ~ pubbliche, di approvvigionamento idrico dei Comuni di Casteldaccia, S. Flavia, Bagheria, Ficarazzi e Villabate. ~ ~ Sussiste, pertanto, la giurisdizione di questo Trib'llnale Superiore sulla controversia introdotta con il ricorso proposto dall'azienda muni f: It cipalizzata di Palermo avverso il decreto prefettizio del 29 gennaio 1971. Tale ricorso, peraltro, si appalesa inammissibile per difetto di interesse processuale. i: L'azienda ricorrente, prima del provvedimento surricordato, per l'approvvigionamento idrico della ci dovrebbe intendersi semplicemente .ci che stato deciso . Distinzione, questa, che ci appare non tanto originale, quanto, in tutta franchezza, del tutto sconcertante. Senza diffonderci in critiche al riguardo, gi da altri acutamente avanzate (5), da notare qui che l'indirizzo giua-ilsprudenziale aperto con la decisione n. 10/69 dell'A.P. stato ulteriormente ribadito da decisioni pi recenti dello stesso Consiglio ,di Stato (6) e persino di qualche Tribunale Amministrativo Regionale (7). Da ultimo, in concordanza con quanto ritenuto da gran parte della dottrina che si occupata dello specifico argomento con riferimento alla nuova disciplina relativa ai T.A.R. (8), l'indirizzo stesso ,stato espressamente esteso anche al:le decisioni emesse da questi ultimi organi giurisdizionali, giungendosi all'affer( 4) In Foro amministrativo, 1969, I, 2, 171. (5) efr. AZZARITI, loc. cit.; adde: TAMIOZZO, in Rass. Avv. Stato, 1974, I, 1202 e segg.; e soprattutto eEJUNo-eANoVA, in Giur. lt., 1970, IV, 88 e segg. (6) efr. sez. VI, 27 giugno 1969, n. 319, in Cons. Stato, 1969, I, 255: :i:>oi di nuovo A.P., 10 aprile 1970, n. 1; in Foro amministrativo, 1970, I, 2, 375: sez. IV, 14 aprile 1970, n. 265, ivi, 1970, I, 2, 389; sez. IV, 24 novembre 1970, n. 938, ivi, 19'70, I, 2, 1194; sez. V, 22 dicembre 1970, n. 1248, ivi, 1970, I, 2, 1470; e.SI., 19 giugno 1971, n. 349, ivi, 1971, I, 2, 789; sez. V, 17 aprile 1973, n. 404, ivi, 1973, I, 2, 440; sez. IV, 15 maggio 1973, n. 564, in Cons. Stato, 1973, I, 697; sez. IV, 30 ottobre 1973, n. 938, ivi, 1973, I, 1306; sez. V, 15 marzo 1974, n. 245, ivi, 1974, I, 451: sez. V, 25 ottobre 1974, n. 430, ivi, 1974, I, 1233; e.SI., 24 febbraio 1975, n. 8, ivi, 1975, I, 194. (7) efr. T.A.R. Piemonte, 9 maggio 1974, n. 17, in Cons. Stato, 1974, spec., 19. (8) efr. VIRGA, I tribunali amministrativi regionali (1972), 84 nt. 66; nello stesso senso, ma del tutto immotivamente, anche LucIFREDI-eAIANIELLO, I tribunali amministrativi regionali (1972), 247; e da ultimo PALEOLOGO, in Foro amministrativo, 1975, II, 440 e segg. contra SEPE-PES, Le nuove leggi di giustizia amministrativa (1973), 405, per cui deve escludersi che nell'art. 37 della legge n. 1034 del 1971 il termine -I PARTE II, QUESTIONI mazione che in relazione all'art. 33, secondo e terzo comma della legge 6 dicembre 1971 n. 1034, deve ritenersi ammissibile il ricorso per esecuzione delle sentenze del T.A.R. anche se esse siano state impugnate o siano ancora impugnabili in sede di grnvame (9). 2. -IJ .problema di cui intendiamo occuparci in questo scritto appunto quello consistente nel veil'ificare se siffatta estensione della immediata proponibilit del ricorso ex art. 27 n. 4 (ed ora ex art. 37, 3 e 4 comma della legge istitutiva dei T.A.R.) alle sentenze emesse in primo grado dai T.A.R. e gravate d'appello innanzi al Consiglio di Stato, o tuttora suscettibili di essere appellate, possa o meno ritenersi fondata. A nostro avviso, anche indipendentemente da una soluzione in senso affermativo -per quaJe permangono tuttora serie perplessit sia sul piano teorico che da un punto di vista pratico -del problema relativo alla ainmissibilit dell'immediato ricorso per ottemperanza rispetto alle decisioni emesse in unico g!t',ado (ed oggi, di regola, in grado di appello) dal Consiglio di Stato, deve comunque ritenersi assolutamente ingiustificata una estensione dell'indirizzo favorevole all'immediata proponibilit del detto ricorso anche rispetto alle decisioni dei T.A.R. non ancora passate formalmente in cosa giudicata. 3. -A tale estensione non pu essere per certo di ,aiuto, come potrebbe sembrare a prima vista, il fatto che le decisioni dei T.A.R. siano dichiarate, dall'art. 33, 1 comma della legge n. 1034 del 1971, esecutive (10). In proposito non _sembra inopportuno rammentare come la stessa Suprema Corte, con le pronunce sopra ricordate, abbia chiaramente messo in evidenza che il processo che segue ad un ricorso diretto ad ottenere l'ottemperanza della pubblica Amministrazione alla decisione giurisdizionale non un mero pxocesso di esecuzione. Nella prima delle citate pronunce, in particolare (11), la Cassazione si in primo luogo richiamata ai principi fondamentali in tema di esecuzione forzata nei Confronti della pubblica Amministrazione; e tra di essi, innanzi tutto, a quello desumibile dall'art. 4, 2 comma, della Jegge abolitiva del contenzioso amministrativo (leg,ge 20 marzo 1865, n. 2248, ali. E), che, dopo aver posto al giudice 011dinario, nell'esercizio della sua funzione giurisdizionale, il ben noto limite costituito dal divieto di revocare o modificare, cio annullare, l'atto amministrativo, stabilisce .che le autorit amministrative si atterranno al giudicato dei tribunali in quanto riguarda il caso deciso. Con riferimento a tale norma, .la Suprema Corte, con argomentazioni di esempla,re chiarezza che meritano di essere riferite per esteso, ha in particolare rilevato quanto segue. Questa norma, in cui il cosiddetto giudizio di ottemperanza trova la sua prima giustificazione, nonch la determinazione del suo contenuto, giudicato sia usato impropriamente; v. anche, da ultimo, le acute, ancorch fugaci, note di CANNADA-BARTOLI, in Foro amministrativo, 1975, II, 71. (9) Cos sez. V, 15 marzo 1974, n. 245, in Cons. Stato, 1974, I, 451; nello stesso senso, da ultimo, T.A.R. Sicilia, 23 maggio 1975, n. 120, in I trib. amm.vi reg., 1975, I, 1744 (e ivi, III, 188 e segg. nota adesiva di TASSONE). (10) Sulla dizione dell'art. 33 della legge istitutiva dei T.A.R. fa principalmente leva, infatti, la decisione sez. V, n. 245 del 1974, citata sopra, nonch VIRGA, loc. cit. e CAIANIELLO, Zoe. cit. (11) Cass. SS. UU., 18 settembre 1970, n. 1563, in Foro It., 1970, I, 2349. 122 RASSEGNA DELL'AvvoATURA DELLO STATO dimostra che l'obbligo di conformarsi alla decisione non attiene alla esecuzione de1la sentenza o, quanto meno, non attiene meramente ad essa, bens allo svolgimento di un'attivit conseguenziale a tale pronuncia e di natura prevalentemente pubblicistica. Invero, coordinando le due disposizioni contenute nella norma stessa, appare chiaro che l'obbUgo di ottemperanza imposto alle autorit amministrative non riguarda tanto il comando giurisdizionale espresso nella decisione, che si impon per forza propria ai soggetti cui rivolto, quanto la rimozione dell'atto illegittimo e lo svolgimento di ogni ulteriore attivit conseguente, che non possono essere stati disposti dal giudice, per il divieto fattogli di revoca;re l'atto amministrativo. Ci vale anche a spiegare perch il dovere di esercitare la suddetta attivit divenga operante solo quando la p;ronuncia giurtdizionale abbia acquistato certezza, attraverso il passaggio in cosa giudicata. Fino a quel momento, perci, attenersi alla decisione del giudice per l'amministrazione soltanto una facolt e non anche un obbligo. In conseguenza deve escludersi che nell'art. 4 legge del 1865, .come nell'art. 27 n. 4 t.u. del 1924, il termine giudicato sia usato impropriamente per indicare una decisione esecutiva. Le ;ragioni sopra esposte sussistono poi, e sono pienamente valide, anche quando si tratti di applicare il rimedio dell'art. 27 n. 4 ai casi di inosservanza di decisioni dei giudici amministrativi ed in particolare del Consiglio di Stato. Vero infatti che pe;r questo or.gana giurisdizionale non opera il limite imposto ai giudici ordinari, consistente nel divieto di annullare l'atto amministrativo, ma ugualmente certo che non smpre le disposizioni contenute nella decisione, ancorch questa abbia annullato l'atto illegittimo, valgono da sole a restaurare l'ordine giuridico leso n a soddisfare l'interesse del privato a detta restaurazione, come gi innanzi si detto e come dimost;rerebbe, ove fosse necessario, lo stesso caso di cui ci si sta occupando, giacch l'annullamento di alcuni atti relativi alla predisposizione della gara non bastato a soddisfare l'interesse di chi, come la Camst, trovandosi nelle condizioni richieste, ha fatto valere la pretesa di partecipare ad un'altra gara da disporre ed espletare conformemente a legge. Pertanto si pu ;rendere necessaria, ai fini della predetta restaurazione, un'attivit conseguenziale de1l'autorit amministrativa, nel caso in cui vi sia stata decisione del Consiglio di Stato -come nel caso di decisione del giudice ordinario: proprio in tale ipotesi si giustifica ed sperimentabile il ricorso previsto dall'art. 27 n. 4. Ci dimostra che il p.rocesso che ne segue non pu essere inteso come un mero. processo di esecuzione, neppure quando in esso si fa valere la pretesa che l'amministrazione conformi la sua attivit alla decisione del giudice amministrativo. Del resto, propdo per le decisioni del Consiglio di Stato, l'art. 88 reg. 17 agosto 1907 n. 602 stabilisce che l'esecuzione si fa in via amministrativa, eccetto che per la parte relativa alle spese. Ci che pu chiedersi al giudice deve quindi essere necessariamente cosa diversa, cio l'espletamento dell'attivit conseguenziale alla pronuncia, perci tale pretesa non pu essere fatta valere in giudizio, ai sensi dell'art. 27 n. 4, ancorch si tratti di pronuncia di un giudice amministrativo, se non in !presenza del requisito di certezza della pronuncia stessa, derivante dal passaggio in giudicato . Con riguardo, poi, al mutato avviso espresso sulla questione dall'A.P. del Consiglio di Stato con la rammentata decisione n. 10 del 1969, le Sezioni PARTE II, QUESTIONI Unite, nella stessa sentenza n. 1563 del 1970, hanno sottoposto a serrata critica il nuovo orientamento dell'Organo di giustizia amministrativa, affermando, tra l'altro, quanto segue. Come dsulta dalla precedente esposizione, il Consi-glio di Stato muove dunque, nell'esporre le ragioni della sua dedsione, dall'affermazione che, quando si ricorra ad esso per ottenere dall'amministrazione l'adempimento dell'obbligo di uniformarsi alle decisioni dei giudici amministrativi, si 'verta in tema di applicazione analogica dell'art. 27 n. 4. 1.1 Consiglio di Stato nega quindi che i principi .che regolano il giudicato nel codice di procedura civile siano applicabili alle deci-sioni dei giudici amministrativi, ed in particolaa.-e a quelle dello stesso Consiglio di stato, ed infine espone ulteriori ragioni logico-giuridiche che escluderebbero la possibilit che l'esistenza di un giudicato amministrativo costituisca presupposto necessario per l'esperibilit del rimedio previsto dall'art. 27 n. 4 t.u. n. 1054 del 1924. Sul primo punto questa corte ha gi manifestato innanzi di ritenere che l'esperibilit del rimedio di cui sopra, per ottenere osservanza delle decisioni dei giudici amministrativi, non costituisca applicazione analogica della norma, ma sia soltanto frutto di una interpretazione estensiva di essa. Null'altro ritiene di dover aggiungere a quanto gi esposto, anche per la Considerazione, pur essa gi svolta, che, anche se si trattasse di applicazione analogica, in nessun caso potrebbe ritenersi consentito di mutare la struttura stessa dell'azione. Se questa non potesse essere inclusa nell'ambito del sistema proprio delle pronunce giurisdizionali amministrative, dovrebbe invero concludersi per l'inammissibilit del rimedio, non gi ritener lecito la creazione di altro rimedio sostanzialmente diverso, seppur simile a quello dato dalla legge. Ma il vero che l'impossibilit di inquadrare il rimedio, quale esso risulta dalla norma che lo appresta e lo disciplina, ai casi in cui si tratti dell'obbligo di conformarsi alle decisioni dei .giudici amministrativi in realt non sussiste. Che avverso le suddette decisioni ed in particolare avverso la decisione del Consiglio di Stato non siano ammesse tutte le impugnazioni normalmente consentite contro le sentenze dei tribunali ordinari un dato certo ma non punto risolutivo. Infatti indubitabile, stante la possibilit di esperire contro di esse un sia pur limitato numero di impugnazioni, che anche per le decisioni dei giudici amministrativi manca ogni caa.-attere di immutabilit fino a quando tali impugnazioni siano esper~bili o, se .siano state in realt proposte, fino a quando esse non siano state definite. Solo se le impugnazioni siano precluse o siano state definite, la decisione vale perci a chiudere il processo ed assume il carattere di immutabilit che costituisce l'essenza del giudicato, quale pu desumersi proprio dal disposto dell'art. 324 cod. proc. civ., che non si pone dunque in contrasto, ma si armonizza con l'intero sistema del procedimento dinanzi ai giudici amministrativi ed in particolare del procedimento dinanzi al Consiglio di Stato. Questo poi regolato bensl da norme particolari ma non per questo solo pu escludersi l'applicazione di una qualsiasi norma del codice di procedura civile. Del resto si sa bene che neppure contro le sentenze dei giudici ordinari sono sempre consentiti tutti i tipi di impugnazione menzionati nell'art. 324; ci non toglie per che la disciplina del giudicato, desumibile da tale norma, sia applicabile anche a quelle sentenze contro le quali sono consentite solo limitate impugnazioni, nel senso che il loro passaggi6 in RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 124 gludicato si verifichi solo con l'inutile decorso del termine per proporle o con la loro definizione. Quanto poi alla pretesa esigenza di fare ossequio immediato alle decisioni del Consiglio di Stato, in ,quanto immediatamente esecutive, l'argomento si appalesa di ben scarsa consistenza ove si ,consideri che vi sono numerose categorie di sentenz.e dei tribunali ordinari le quali hanno efficacia esecutiva senza costituire giudicato: basti :pensar.e a tutte le sentenze di appello ed anche a quelle di primo grado, dichiarate provvisoriamente esecutive. Anche per tutte queste sentenze dovrebbe perci consentirsi il rimedio del cosiddetto giudizio di ottemperanza, se esso dovesse trovare applicazione in dipendenza della forza esecutiva della pronuncia, ma questo escluso dalla legge. D'altra parte far leva sull'efficacia esecutiva della sentenza, per imporre all'amministrazione di .conformarsi all'ordine in essa contenuto, significa configurare il giudizio di ottemperanza come un giudizio meramente esecutivo, mentre ci non appatre esatto pe;r le ragioni gi esposte, in aggiunta ed a conferma delle quali .pu rilevarsi che i provvedimenti che possibile emettere a conclusione del giudizio di ottemperanza non vanno in nessun caso oltre il limite .di ordini rivolti all'amministrazione di espletare l'attivit ,conseguenziale alla precedente pronuncia, ci significa che neppure in questo g,rado del prrocesso ha luogo la diretta ed immediata tutela invocata dal prrivato, n per effetto degli atti di questo processo si verificano quelle caratteristiche modificazioni della sfera giuridica del soggetto passivo, ,che sono proprie del processo esecutivo. Infine, gli inconvenienti ai quali pu dar luogo il differire al momento della formazione del giudicato amministrativo la possibilit di esperire il rimedio dell'art. 27 n. 4, non sono diversi da quelli che si verificano o si possono verificare differendo, come indubbiamente deve ritenersi differita, al momento del passaggio in ,giudicato delle sentenze dei tribunali ordinari, la possibilit di proporre al Consiglio di Stato il rrico;rso contro il rifiuto dell'amministrazione di conformarsi alla pronuncia del giudice. Gli inconvenienti, quali che essi siano, non possono comunque dispensare dal rispetto dei limiti posti dalla legge per l'esercizio dell'azione . Questi stessi concetti si trovano successivamente ribaditi, anche se in modo pi sintetico, ma non per questo meno energico, nelle motivazioni delle due pi recenti sentenze delle Sezioni Unite sopra ricordate (12). Non vi poi motivo alcuno per ritenere che tale orientamento giurisprudenziale, pur maturatosi con riguardo alle decisioni emesse dal Consiglio di Stato in grado uni,co, non .sia oggi applicabile anche alle decisioni emesse dai T.A.R. in primo grado. J?er le quali, come pu apparire pe;rsino ovvio, ancor meno che per le pronunce emesse dal Consiglio di Stato in grado unico (ed oggi in grado di appello) pu parlarsi di giudicato in senso proprio, dal quale soltanto pu discendere a carico dell'Amministrazione un obbligo di conforma,re la propria ulteriore attivit. 4. -D'altro canto, . appena il caso di rammenta.re che la giurisprudenza delle Sezioni Unite sopra riferita non rappresenta una assoluta novit. E ci sia per i non certo remoti precedenti conformi dello stesso Consiglio (12) Cass. SS. UU., 5 novembre 1973, n. 2863 e 7 novembre 1973, n. 2897 (rispett. in Foro amministrativo, 1974, I, 188 e in Cons. Stato, 1974, II, 125). PARTE II, QUESTIONI di Stato sulla questione (13), 'sia soprattutto perch, con le sopra riferite decisioni, la Suprema Corte non ha fatto altro, in sostanza, che far propria, autorevolmente rafforzandola, la distinzione, gi da vari anni avvertita dalla dottrina, tra esecuzione e c.d. ottemperanza (14) ovvero tra esecutivit e obbligo di conformarsi al giudicato. Intendiamo riferirci qui, innanzi tutto, ai risultati raggiunti nel convegno di studiosi tenutosi a Napoli nell'aprile del 1960 sul tema dell'adempimento del giudicato amministrativo. Ed in primo luogo alla relazione ivi tenuta dal Sandulli (15), con la quale, dopo ampia illustrazione delle vicende ,storiche che condussero all'introduzione nel nostro ordinamento, con l'art. 4 n. 4 della legge 31 marzo 1889, n. 5992 (da cui direttamente deriva l'art. 27 n. 4 del t.u. n. 1054 del 1924), dell'obbligo di cui trattasi, si analizzano in profondo la consistenza, l'estensione e la natura di tale obbligo, ravvisandone in pa.rticolare il contenuto (16) non gi nell'obbligo dell'Amministrazione di dare esecuzione a ci che disposto nella pronuncia giurisdizionale, bens nell'obbligo di porre in essere tutte le attivit occorrenti perch -a parte e oltre l'esecuzione -lo 'stato di fatto determinato dall'amministrazione sia reso conforme, e cio consono, allo stato di diritto definito dal giudice, eliminando ogni contrasto giuridico con esso (17). Come chiarisce ulteriormente il ,citato autore, tale obbligo consiste cio nella eliminazione delle situazioni di fatto (precedentemente poste in essere) in contrasto col (sopravvenuto) giudicato, nonch nella realizzazione delle situazioni di fatto necessarie per raggiungere una corrispondenza (qualsiasi possa essere) con Io stato di diritto affermato dal giudicato. Pi precisamente consiste nel porre in essere tutti ,gli atti .giuridici e tutte le operazioni occorrenti per la realizzazione del fine anzidetto. Si tratta di una attivit la quale presuppone esaurita quella giudsdizionale, ed istituzionalmente destinata a svolgersi al di fruori e al di l dei limiti in cui questa in grado di operare. Una attivit, la quale si esplica in un campo precluso a quella giurisdizionale, e pu aver inizio soltanto dove l'altra cessa. Una attivit, inoltre, che non presuppone necessariamente esaurita (13) Cfr. sez. VI, 21 novembre 1950, n. 413, in Giur. compl. Cass. Civ., 1951, I, 855; cfr. altresi la giurisprudenza citata sub nt. 1, alla quale aggiungansi anche: C.SI., 17 giugno 1963 n. 166, in Cons. Stato, 1963, 1127 e C.SI., 27 agosto 1964 n. 319, ivi, 1964, 1585. A questo orientamento (che parte dal 1950) il C.d.S. era stato indotto anche per le vivaci critiche che la dottrina pi autorevole (cfr. per tutti RANELLETTI, in Riv. trim. dir. pubbt., 1951, 76 e segg.) aveva mosso alla contraria, sia pure per implicito, decisione presa dalla sez. V con ord. 31 gennaio 1947 (in Foro It., 1947, III, 166), la quale aveva affermato l'ammissibilit del giudizio di ottemperanza nei confronti delle pronunce giurisdizionali esecutive, anche se non passate in giudicato; per maggiori dettagli vedasi AZZARITI, in Rass. Avv. Stato, 1969, I, 1100 seg.. ' (14) L'espressione, originariamente propria del gergo curiale, divenuta ormai usuale in dottrina, per autorit soprattutto del GIANNINI M.S., Contenuto e limiti del giudizio di ottemperanza, in Atti del convegno sull'adempimento del giudicato amm.vo (1962), 117 e segg. (15) Cfr. SANDULLI, Consistenza ed estensione dell'obbligo delle autorit amm.ve di conformarsi ai giudicati, in Atti, cit., 17 e segg.; concetti sostanzialmente riprodotti, in sintesi, nella successiva opera dello stesso autore: cfr. ancora SANDULLI, Il giudizio davanti al C.d.S. e ai giudici sottordinati (1963), 167 e segg.; nonch SANDULLI, Manuale di dir. amm.vo, 12a ed. (1974), 959 e segg., in partic. 963 e segg. (16) SANDULLI, Consistenza ed estensione, cit., 44 e segg.; per la precedente dottrina orientata nei medesimi sensi vedi ivi, 44 nt. 38. (17) SANDULLI, op. cit., 46 e seg. . \ 126 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO l'attivit di esecuzione, ben potendo esplicarsi in una sfera del tutto diversa da quella di quest'ultima (18). Ben chiaro era quindi, nel dibattito dottrinale negli anni che hanno preceduto la emanazione della legge istitutiva dei T.A.R., che altro la esecuzione ed altro lo adempimento dell'obbligo di conformarsi al giudieato da parte dell'Amministrazione (19). 5. -A questo punto, e tralasciando per brevit ogni ulteriore richiamo di dottrina (20), si pone per, necessariamente, un interrogativo. E precisamente quello consistente nell'accertare, o meglio definire, ci che propriamente debba intendersi per esecutivit delle sentenze dei T.A.R. ai sensi dell'art. 33, 1 comma, della legge n. 1034 del 1971; e, pi in generale, per esecutivit delle decisioni dei giudici amministrativi. Quale sia stata l'intenzione del legislatore nel dichiarare che le sentenze dei T.A.R. sono esecutive non certo facile stabilire sulla scorta dei lavori preparatori della legge ora citata (21). E tuttavia, posto che -come si sopra visto -dottrina e giurisprudenza pi autorevoli distinguono tra esecuzione e ottemperanza ovvero tra esecutivit e obbligo di conformarsi., gioco forza, a nostro avviso, ricorrere ad una interpretazione restrittiva, o forse sarebbe meglio dire riduttiva, del dettato legislativo, se non si vuol cor.rere il rischio di ravvisare in esso una espressione del tutto sfornita di significato concreto (22). Nel far ci occorre innanzi tutto distinguere tra decisioni di annullamento di atti amministrativi emesse dai T.A.R. (ossia le decisioni di natura costitutiva che sono senz'ombra di dubbio le pi frequenti e comunque (18) SANDULLI, op. cit., 47 e seg, (19) Vedasi ancora al riguardo, tra i relatori del ricordato convegno, BENVENUTI, Valore delle pronunce ex art. 27 n. 4 T.U. del C.d.S. e lol'o esecuzione, in Atti, cit., 243 e segg., partic. 255. (20) Per quella precedente al ricordato convegno vedasi soprattutto NIGRO, in Rass. dir. pubbl. 9 (1954), 228 e segg. (21) Pu essere forse interessante rilevare che il I0 comma dell'attuale art. 33 non esisteva nel testo approvato dalla I Commissione permanente della Camera e fu aggiunto dal Senato in sede di discussione sui singoli articoli in assemblea (Seduta del 17 novembre 1971) in accoglimento di apposito emendamento proposto dal sen. MURMURA, peraltro senza particolare motivazione (cfr. resocont stenografico della seduta, in Atti Senato, V Legislatura, 28876 e segg.); il testo, cosi modificato, ritorn alla Camera, ove il relatore (on. LUCIFREDI), nella seduta del 1 dicembre 1971 della I Commissione permanente in sede legislativa, ebbe a rilevare, con riguardo all'art. 33, che : stato introdotto un comma iniziale che pu forse ritenersi superfluo, ma certamente contribuisce alla chiarezza della normativa disposta (cfr. Atti Camera, V Legislatura, Discuss. I Comm. in s.l., 368). Per quanto attiene alla nomogenesi, questo tutto: l'unico dato che si pu ricavare che, secondo il relatore on. LUCI FREDI, il 1 comma riprodurrebbe, in sostanza, il contenuto del precetto contenuto nel 2 comma: il ricorso in appello al Consiglio di Stato non sospende l'esecuzione della sentenza impugnata.; il che per non risolve il problema di stabilire che cosa debba propriamente intendersi per esecuzione del1a sentenza, se cio nel termine esecuzione sia da ritenere ricompreso anche il conformarsi.. ad essa da parte della p.A. oppur no. (22) Il che non pare ammissibile, dovendosi avere per certo che anche per la interpretazione delle leggi valga il generale canone ermeneutico, positivamente previsto dal vigente ordinamento per l'interpretazione dei contratti (cfr. art. 1367 cod. civ.), secondo cui, nel dubbio, ogni atto giuridico deve interpretarsi nel senso in cui possa avere un qualche effetto anzich in quello secondo cui non ne avrebbe alcuno (cenni sulla portata generale del principio in BETTI, Interpretazione della legge e degli atti giuridici (1949), 151 e sul significato della norma civilistica, ivi, 310 e seg.). PARTE II, QUESTIONI quelle tipiche e peculiari al sistema della giustizia amministrativa) e decisioni di condanna emesse dai T.A.R. a carico dell'Amministrazione, quali sono ora previste, sia pure in determinate e circoscritte ipotesi (23), per il pagamento di somme di cui l'Amministrazione risulti debitrice, dall'art. 26, 3 comma, dena legge n. 1034 del 1971. Cominciando dalle prime, . da ritenere che per esecutivit., ai sensi dell'art. 33, 1 ,comma, citato, delle decisioni di annullamento di atti amministrativi emesse dai T.A.R., le quali siano tuttora suscettibili di appello o addirittura siano state gi gravate di appello innanzi al Consiglio di Stato, non possa intendersi altro che la immediata operativit della pronuncia (costitutiva) di annullamento emessa dal giudice amministrativo nei confronti delle ulteriori conseguenze giuridiche che l'atto annullato sarebbe stato ancora, di per s, idoneo a produrre, qualora fosse stato riconosciuto legittimo e per.ci fatto salvo dall'ol'gano giurisdizionale. La norma in esame (art. 33, 1 comma) non pu, in particolare, voler dire che, una volta resa pubblica col deposito la sentenza del T.A.R., sussista eo ipso un immediato obbligo giuridico per l'Amministrazione soccombente di prestare ottemperanza al comando giudiziale in essa contenuto mediante la messa in essere di una qualsiasi attivit, giuridica o materiale, di carattere ulteriore e conseguenziale; ossia una attivit che sia diversa ed ulteriore rispetto a quella strettamente necessaria per la sospensione delle ulteriori conseguenze che l'atto originariamente impugnato fosse ancora, per avventura, idoneo a produrre nella realt sia giuridica che materiale. Per scendere al concreto, ossia per fare degli esempi, si immagini che un bando di concorso 'sia annullto da un T.A.R. per illegittima esclusione di taluna categoria di aspiranti; le esecutivit di tale pronuncia di annullamento pu importare unicamente che il suddetto atto amministrativo sia temporaneamente da considerare tamq'l.lam non esset e che non possa quindi spiegare ulteriori effetti, s che l'Amministrazione sia tenuta a non indire le prove di concorso o, se queste siano state per avventura espletate, a non procedere alla formazione ed approvazione della graduatoria ovvero ancora, ove ricorra il caso, a non procedere alle nomine in servizio dei vincitori; ma non potrebbe certamente affermarsi che la predetta esecutivit importi anche l'obbligo per l'Amministrazione di bandire subito, .pur nelle more del giudizio di appello promosso avverso la decisione di annullamento del T.A.R., un nuovo concorso con inclusione della categoria di aspiranti prima pretermessa. Ed ancora: si immagini che uno scrutinio di .promozione a scelta sia annullato dal T .A.R. per illogicit dei criteri di massima adottati; la esecutivit di tale pronuncia di annullamento pu importare unicamente ,che l'Amministrazione non possa, tempol'aneamente, procedere alla emanazione dei decreti di promo (23) Precisamente nei casi di controversie relative a diritti attribuiti alla ... ... competenza esclusiva e di merito dei T.A.R.: casi, per vero, non molto frequenti secondo la normativa vigente; per indicazioni al riguardo vedasi SANDULLI, Il giudizio, cit., 105 e segg., 136 e segg., 147 e segg. e ancora SANDULLI, Manuale, cit., 946 e segg.; ed ivi, 947, proposta di interpretazione lata della norma in questione (art. 26, 30 comma), nel senso cio che essa attribuisca il potere di condannare l'Amm.ne al pagamento ogni volta che il T.A.R. abbia competenza in materia di diritti, tanto se la legge la indichi come competenza esclusiva, quanto se la indichi come competenza di merito (v. pure nello stesso senso Nmao, in Cons. Stato, 1972, Il, 152; e CAIANIELLO, op. cit., 220 e seg.): il che, a nostro avviso, non pu non indurre alle pi ampie riserve e perplessit, stante la dizione letterale chiaramente in senso congiuntivo della norma in questione. Ji8 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO zione ,ma non pure che essa sia tenuta subito a retrocedere gli impiegati eventualmente gi promossi alla superiore qualifica e tanto meno a rinnovare subito lo scrutinio con l'adozione, in luogo dei precedenti, di nuovi criteri di massima immuni dai vizi riscontrati dall'organo giurisdizionale di primo grado. Ed ancora: si immagini che una gara per l'aggiudicazione di un appalto di servizi venga annullata da un T.A.R. per una qualche illegittimit del procedimento seguito; la esecutivit di tale pronuncia di annullamento pu importare unicamente che non si proceda, da parte dell'Amministrazione, alla formale stiopula del contratto (nei casi in cui ne occorTa una apposita) ovvero alla sua approvazione, registrazione, esecuzione, ecc. ecc.; ma non pure che l'Amministrazione sia tenuta ad indire subito un'altra gara. Ed ancora: si immagini .che un'ordinanza di demolizione di edificio per violazione di norme urbanistiche o di vincolo paesistico sia annullata dal T.A.R. per un qualsiasi vizio formale o sostanziale; la esecutivit di tale pronuncia di annullamento pu importare unicamente che l'Amministrazione non proceda alla mate!riale esecuzione coattiva dell'ordine di demolizione, non .pure che essa sia tenuta subito, qualera tale demolizione sia stata in tutto o in parte gi eseguita, alla rimessione in pristino stato. I casi potrebbero moltiplicarsi all'infinito, ma riteniamo che non occorra, perch quanto sin qui esemplificato appare gi pi che sufficiente ad evidenziare ci che, a nostro avviso, deve propriamente intendersi per esecutivit delle sentenze di T.A.R. E, soprattutto, come tale esecutivit sia qualcosa di ben diverso e di ben pi limitato rispetto all' obbligo di conformarsi ovvero obbligo di ottemperanza alla pronuncia giurisdizionale. Tralasciando, per il momento, di porre l'accento sulle gravissime, e per ci solo inaccettabili, conseguenze pratiche .che deriverebbero dall'affer mazione della sussistenza immediata, ossia per effetto della sola pronuncia di primo grado non passata in cosa giudicata, del suddetto obbligo, con il rischio pi che evidente di spiegare tutta una complessa attivit ammini strativa destinata a .cadere nel nulla in caso di riforma della sentenza da paTte del Consiglio di Stato in grado di appello, quello che maggiormente ci preme sia chiaro in questa sede che nel concetto di esecutivitd delle decisioni di annullamento di atti amministrativi emesse dai T.A.R. deve escludersi che possa essere ricompreso l'obbligo di ottemperanza, inteso, cos Come lo intendono la giurisp'l'udenza e la dottrina sopra ricordate, come obbligo di porre in essere attivit ulterioil'.'i e conseguenziali alla pronuncia giurisdizionale di primo grado; e deve altres escludersi, di conseguenza, la coercibilit di un siffatto obbligo con il rimedio di cui agli ultimi due comma dell'art. 37 della legge n. 1034 del 1971. In altri termini, e guardando alla sostanza delle cose, ci significa, a nostro avviso, che alla esecutivit delle sentem;e di annullamento dei T.A.R. non pu attribuksi una portata molto diversa da quella di una sospensione della efficacia dell'atto amministrativo impugnato (sospensione, peraltro, essa stessa sospendibile ., o forse meglio revocabile ., con lo strumento previsto dai successivi comma dello stesso art. 3~ della legge n. 1034 del 1971, nei casi in cui tale esecutivit, di per se stessa, sia per arrecare un danno grave e irreparabile all'Amministrazione: si pensi, nel primo degli esempi fatti sopra, all'ipotesi di una necessit assoluta per l'Amministrazione di coprire i posti messi a concorso e quindi di nominare i vincitori, ma1grado l'intervenuto annullamento del bando di concorso da parte del T.A.R., avverso la cui decisione sia stato dall'Amministrazione proposto appello); sospensione valevole sino a quando la decisione di primo PARTE II, QUESTIONI grado non sia passata in cosa giudicata, a seconda dei casi, o per il decorso inutile del termine di impugnativa o per il rigetto della stessa da parte del Consiglio di Stato. .Appare 'Per contro impossibile intendere, nella esecutivit., l'obbligo immediato (nel senso, cio, che esso sussista per il solo effetto della pronuncia non ancora passata in giudicato nei modi anzidetti) di porre in essere attivit ulteriore e conseguenziale alla 1pronuncia ancora appellabile o addirittura gi appellata innanzi al Consiglio di Stato. Per conseguenza -trattandosi in fondo della stessa cosa, vista per dall'angolo visuale dell'actio anzich da ,quello del diritto soggettivo (24) -_non pu neppure ammettersi la proponibilit immediata del giudizio di ottemperanza al giudkato rispetto ad una decisione del giudice amministrativo di primo grado :ancora suscettibiJ,e di essere appellata ovvero addirittura gi appellata innanzi al Consiglio di Stato. . 6. -Venendo ora a prendere in esame, assai brevemente, le decisioni di condanna (25), da rilevare che solo per questo tipo, assai meno fre,quente, di pronuce che possono essere emesse dagli or.gani di giurisdizione amministrativa (26) appare forse possibile istituire un parallelo .con le sentenze di condanna dei giudici ordinari provvisoriamente (o forse meglio: immediatamente) esecutive o per loro natura (27) o per disposto di legge (28). In ,questo parallelo, per, esecutivit immediata vuol dfo:oe, a nostro avviso, semplicemente possibilit per la parte vittoriosa in primo grado di procedere alla esecuzione forzata in via ordinaria delle sentenze mede;. sime, come disciplinata dal libro terzo del codice di procedura civile, sia pure con tutte le riserve e le limitazioni che al riguardo valgono quando (24) appena il caso di notare, con riguardo alla posizione giuridica attiva tutelabile con il rimedio di cui all'art. 27 n. 4 del T.U. n. 1054 del 1924 (ed oggi art. 37 della legge n. 1034 del 1971) che non di diritto soggettivo perfetto trattasi, bensi di interesse legittimo (cfr. SANDULLI, Consistenza ed estensione, in Atti, cit., 59 e segg.; SANDULLI, Il giudizio, cit., 170; SANDULLI, Manuale, cit. 960; contra, per, nel senso della sussistenza di un vero e proprio diritto soggettivo all'osservanza del giudicato, da ultimo: A.P., 9 marzo 1973 n. 1, in Foro amm.vo, 1973, I, 2, 203); ci non esclude, a nostro avviso, che la correlata posizione passiva dell'Amm.ne sia qualificabile come e obbligo e non come mero e dovere (in questo secondo senso, invece, CANNADA-BARTOLI, in Riv. It. Se: Giur., 86 (1949), 253 e seg.): in quest'ultima questione, di natura prevalentemente teorica (e che in taluni autori appare impostata su una non esatta concezione della categoria del dovere giuridico) .non qui il luogo di addentrarci. (25) Anche riguardo alle decisioni di natura dichiarativa -quali sono in primo luogo quelle di rigetto del ricorso -pu porsi a nostro avviso, il problema della esecutivit come concetto diverso da quello dell' obbligo di conformarsi (cfr. SANDULLI, Il giudizio, cit., 417): la questione, per, salvo forse nei casi in cui vi sia stata sospensione, in via cautelare, della esecutivit dell'atto originariamente impugnato, presenta un interesse pi teorico che pratico. (26) Cfr. art. 26, 3 comma, della legge n. 1034 del 1971; potere da estendere ora anche al C.d.S. in sede di appello (non per in grado unico) in base al disposto dell'ultimo comma dell'art. 28 della stessa legge (cfr. in tal senso SANDULLI, Manuale, cit., 932; SANTANIELLO, I tribunali amm.vi regionali (1974), 79; SEPE-PES, op. cit., 345). (27) Sentenze del giudice di appello: cfr. art. 373, 1 comma, c.p.c. (28) Sentenze di primo grado provvisoriamente esecutive: cfr. art. 282 c.p.c.; nonch art. 431 c.p.c. (nuovo testo introdotto con la legge 11 agosto 1973, n. 533), norma che non ha mancato di sollevare dubbi di costituzionalit, sui quali v. da ultimo MONTESANO, in Giur. It., 1974, IV, 33 e segg.; e, pi in generale, TARZIA, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1974, 467 e segg. 130 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO la parte nei cui confronti si procede esecutivamente sia una pubblica Amministrazione (29). L'ammissibilit, in via di principio, della esecuzione forzata in via ordinaria per ci che attiene alle pronunce di condanna (o al capo di pronuncia in cui sia contenuta una condanna) dell'Amministrazione risulta, del resto, positivamente prevista dallo stesso art. 8'8 del Regolamento di proeedw:a innanzi al Consiglio di Stato approvato con R.D. 17 agosto 1907 n. 642 (30), ove precisamente stabilito .che la esecuzione delle decisioni si fa in via amministrativa, eccetto che per la parte relativa alle spese . Il disposto di tale norma, laddove essa prevede appunto che la esecuzione delle decisioni degli organi giurisdizionali amministrativi si fa in via amministrativa., il che vuol dire in primo luogo escludere la possibilit di esecuzione forzata in via ordinaria, rappresenta anzi un'ulteriore conferma che per le decisioni (costitutive) di annullamento di atti amministrativi -le uniche che fossero cognite al legislatore del 1907 -non pu neppure in astratto ipotizzarsi una esecuzione forzata in senso proprio, bens unicamente una conformazione o adeguamento alle stesse dell'ulteriore operato dell'Amministrazione, nel che propriamente consiste l' obbligo di ottemperanza (31). Col riferimento all'eccezione relativa al capo delle .spese, invece, appare possibile ravvisare l'esistenza di un principio generale in base al quale la possibilit di esecuzione forzata in via ordinaria potre,bbe aversi con riguardo a tutte le decisioni di condanna emesse a cairico dell'Amministrazione, anche diverse da quelle alle spese del giudizio (32). Purch, per, si tratti 'di condanna vera e propria, ossia di pronuncia contenente un esplicito comando giuridico particolare di dare (ovvero di tacere o di non tacere, nei casi, parvero difficilmente immaginabili, in cui anche pronunce di tal fatta siano possibili) emesso a carico di una pubblica Amministrazione. Arppare di conseguenza possibile, per tornare all'argomento, intendere, anche sotto questo profilo, l' esecutivit immediata delle decisioni dei T.A.R., di cui all'art. 33, 1 comma, della legge istitutiva, siccome relativa alle pronunce di condanna nel senso test chiarito; e quindi prospettare una interpretazione pro-imenti possibile, ancorch apparentemente riduttiva o restrittiva, della norma stessa, idonea comunque ad attribuirle un concreto ed effettivo significato. (29) Per le sentenze di condanna al pagamento di somme a carico dello Stato, vedasi, infatti, l'art. 277 del Reg. cont. gen. Stato, secondo cui la liquidazione delle spese deve essere appoggiata a titoli e documenti comprovanti il diritto acquisito dei creditori : ove nella espressione, di indubbio sapore arcaicizzante, diritto acquisito non pu intendersi altro che un diritto (in ipotesi: di credto nascente da sentenza di condanna) scaturente da una decisione divenuta irrevocabile. (30) Norma applicabile al giudizio innanzi ai T.A.R. ai sensi dell'art. 19, 1 comma, della legge istitutiva; lo stesso prevedeva l'art. 61 del Reg. di proc. innanzi alla G.P.A. in s.g. approvato con R.D. 17 agosto 1907 n. 643. (31) Per uno spunto in tal senso v. TAMiozzo, in Rass. Avv. Stato, 1974, I, 1205; e prima ancora SANDULLI, Consistenza ed estensione, in Atti, cit., 45 ed ivi nt. 39. (32) Cfr. da ultimo, sia pur con riferimento a sentenza di condanna emessa dall'A.G.O. a carico dell'Amm.ne, A.P., 9 marzo 1973 n. 1 (in Foro amm.vo, 1973, I, =!. 203), con cui stato ritenuto ammissibile il ricorso ex art. 27 n. 4 per la esecuzione di sentenze recanti condanna al pagamento di somme in alternativa con la esecuzione forzata ordinaria, confermandosi cos l'indirizzo del e.SI. 18 maggio 1972 n. 337 (in Foro amm.vo, 1972, I, 2, 708), per altro non del tutto pacificamente accolto in dottrina (vedasi per talune perplessit GESSA, in Cons. Stato, 1971, II, 1139 e segg., partic. 1141; in senso favorevole al nuovo indirizzo SEPE-PEs, op. cit., 409 e segg.). I I I ~ l I I fil f i; ~= ) PARTE II, QUESTIONI 7. -Del resto, la proposta interpretazione restrittiva o riduttiva del termine esecutive ., riferito alle sentenze dei T.A.R. dall'art. 33, 1 comma, della legge istitutiva, appare confermata, in entrambi gli aspetti sopra illustrati, da considerazioni di carattere pi generale, relative sia ai principi generali dell'attivit amministrativa sia a quelli del vigente ordinamento processuale generale, delle quali necessario fare un rapido accenno. A) Innanzi tutto, va qui ricordato uno dei .caratteri propri ed essenziali dell'attivit amministrativa di diritto pubblico, la quale, per sua natura, non pu essere condizionata (33). La pubblica Amministrazione, cio, non pu agire, con ri1evanza pubblica esterna, se non in modo definitivo, vale a dire non precario n soggetto a condizione. Si tratta qui di un modo di essere connaturato ad o.gni manifestazione esterna dei pubblici poteri sia nella sfera legislativa che in quella amministrativa e giurisdizionale, ma che assume una particolare rilevanza proprio nell'ambito dell'attivit amministrativa anche, se non soprattutto, per effetto della statuizione costituzionale (art. 97, 1 comma), secondo la quale la legge che disciplina l'attivit dei pubblici uffici deve assicurare il loro buon wndamento . Orbene, non chi non veda come, se fosse da accogliere la tesi secondo cui non sarebbe necessario il giudicato, ma basterebbe la sola pronuncia di primo grado esecutiva a determinare eo ipso l'obbligo dell'Amministrazione di conformarvisi, una grave lesione verrebbe inferta, non soltanto al cennato principio costituzionale, ma altres al predetto carattere di definitivit o non condizionabilit proprio dell'attivit amministrativa di diritto pubblico. Infatti' l'attivit ulteriore e conseguenziale, che l'Amministrazione sarebbe obbligata, in ipotesi, a svolgere immediatamente, dovrebbe di necessit confgurarsi come attivit sottoposta a condizione risolutiva, essendo essa destinata a risolversi nel nulla in caso di riforma della sentenza di primo grado da parte del giudice dell'appello. Con quale vantaggio per i singoli interessati e per la collettivit dei cittadini in generale non certo dato scor.gere, laddove, al contrario, pi che manifesti si rivelano gli inconvenienti che .deriverebbero dall'affermazione di un siffatto obbligo immediato di procedere. Anche dal ~unto di vista qui esaminato, si rivela dunque esatto e in ogni caso pienamente consono al sistema il principio secondo il quale l'obbligo dell'Amministrazione di conformarsi alla pronuncia giurisdizionale pu sorgere soltanto col e dal giudicato, onde evitare che la pubblica Amministrazione sia costretta a svolgere la propria attivit, volta al conseguimento dei fini df pubblico interesse, quando ancora tale pubblico interesse (33) Com' noto, controversa, al di fuori dei casi espressamente previsti dalla legge, la possibilit stessa di apporre condizioni o altri elementi accidentali agli attivi amm.vi; possibilit che va comunque esclusa riguardo agli atti a contenuto vincolato (cfr. ALESSI, Dir. amm.vo ital., 3 ed. (1960), 332 e 336 e seg.; SANDULLI, Manuale, cit., 479; e pi ampiamente LucIFREDI, L'atto amm.vo nei suoi elementi accidentali, 273 e segg., 286 e segg.). peraltro appena il caso di avvertire che la non condizionabilit o non precariet di cui parola nel testo concerne un profilo essenzialmente diverso da quello della possibilit o meno di apporre condizioni (sospensive o risolutive) o termini (iniziali o finali) agli atti amm.vi: infatti, ad esempio, un atto amm.vo sottoposto a termine (iniziale o finale) , ci non di meno, pur sempre un atto, per sua stessa natura, ad efficacia assoluta e definitiva (ed ben per ci che la revoca dell'atto amministrativo non !:>U mai avere effetto retroattivo); analogamente, le leggi transitorie o temporanee, valevoli cio per un certo periodo di tempo, non sono, per questo, leggi meno incondizionate e definitive di quelle che tale carattere di temporaneit non hanno. 132 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO o i modi per pe