ANNO XXVII -N. 4 LUGLIO -AGOSTO 1975 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Pubblicazione bimestrale di servizio ROMA ISTITUTO POLIGRAFICO DELLO STATO 1975 ABBONAMENTI ANNO . . . . . . . . . . . . L. 12.750 UN NUMERO SEPARATO . . . . . . . . . .. . . . . . 2.250 Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: LIBRERIA DELLO STATO PIAZZA G. VERDI, 10 ROMA e/e postale 1/2640 Stampato in Italia Printed in ltal:y Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 luslio 1966 (5219076) Roma, 1976 -Istituto Poligrafico dello Stato P.V. INDICE Parte prima: GIURISPRUDENZA Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE (a cura del/'avv. Michele Savarese) pag. 627 Sezione .seconda: GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E INTERNAZIONALE (a cura del/'avv. Arturo Marzano) 654 Sezione terza: GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE (a cura dell'avv. Benedetto Baccari) 685 Sezione quarta: GIURISPRUDENZA CIVILE (a cura de/l'avvocato Adriano Rossi) . 694 Sezione quinta: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (a cura del/'avv. Ugo Gargiulo) 702 Sezione sesta: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (a cura degli avvocati Giuseppe Angelini-Rota e Carlo Bafile) 716 Sezione settima: GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI (a cura dell'avv. Arturo Marzano} 752 Sezione ottava: GIURISPRUDENZA PENALE (a cura dell'avv. Paolo Di Tarsia di Be/monte) 784 Parte seconda: QUESTIONI -LEGISLAZiONE -IN.DICE BIBLIOGRAFICO CONSULTAZIONI -NOTIZIARIO LEGISLAZIONE pag. 79 CONSULTAZIONI 99 La pubblicazione diretta dall'avvocato: UGO GARGIULO .-?.-.-.-,.,,.....:.....:..r.................-.'..................:..............:.Z.::r..:....:.:-:-:z.z.-z-:..-:z:-:r.-:-:..-:z..-:-::.-:z:-:.-:z:-::z-:-:zzz: .-.-.-...r.....-.-:r.-.-.-..-,..........r..................:'.''-....:..............i'.............J'....-:-z-:.-:-:.o:-:-: CORRISPONDENTI DELLA RASSEGNA DELEGATI PRESSO LE SINGOLE AVVOCATURE Avvocati Glauco NoRI, Ancona; Francesco Cocco, Bari; Michele DIPACE, Bologna; Francesco MARiuzzo, Brescia; Giovanni CoNTU, Cagliari; Americo RALLO, Caltanissetta; Giovanni VACIRCA, Catania; Filippo CAPECE MINUTOLo DEL SAsso, Catanzaro; Franco FAVARA, Firenze; Francesco GuICCIARDI, Genova; Carlo BAFILE, L'Aquila; Giuseppe Orazio Russo,,Lecce; Giuseppe MINNITI, Messina; Marcello DELLA VALLE, Milano; Aldo ALABiso, Napoli; Nicasio MANcuso, Palermo; Pier Giorgio LIGNANI, Perugia; Rocco BERARDI, Potenza; Umberto GIARDINI, Torino; Maurizio DE FRANCHIS, Trento; Paolo ScoTTI, Trieste; Giancarlo MAND, Venezia. INDICE ~Demolizione e sospensione lavori FALLIMENTO -Provvedimento di sospensione emanato dal Ministro per i lavori pubblici -Inammissibilit dei motivi di censura contro l'arunullamento della licenza da parle del Governo -Sussiste, 706 -Licenza ,di costruzfone -Annullamento e revoca -Annullamento del Governo -Necessit della deliberazione del Consiglio dei Ministri -Non sussiste, 706 -Licenza di costruzione -Annullamento e revoca -Annullamento del Governo nel termine di 18 mesi dalla data della relazione di una Commissione di inchiesta Temp, estivit in relazione all'arrt 7 legge 765/1967, 706. -Licenza di costruzione -Annullamento e r,evoca -Annullamento d'ufficio di una licenza ad edificio gi ultimato -Necessit di una congrua motivazione, 706. ESPROPRIAZIONE PER P. U. -Edilizia popolare ed economica Art. 26 I. 865/1971 -Zone di ,espansione -Aree ineluse nel piano delle zone destinate ad edilizia popolwe ,ed ,economica ex legge 167/1962 -Computabilit neHe zone di espansione della legge 865/1971 -Esclusione, 709. -Occupazione d'urgenza -Miniere e cave -Terreni occorrenti per attivit estrattiva -Normativa Applicabilit del r.d. n. 1143/1927 e non della il. 2359/1865 -Irrilevanza della qualit dell'espropriante, 713. -Occupazione d'urgenza -Miniere e cave -T,erreni occorrenti per attivit estrattiva -Rapporti fra interesse privato e interesse pubblico -Discrezionalit di valutazione da parte della p.a., 713. -Termini -Inizio e compimento Lavori -Prowedimento di e>sproprio emanato ad esecuzione ultimata dell'opera -Necessit di osservar, e i termini -Non sussiste, 714. -Fallimento ,e liquidazione coatta ammini,strativa -Speciale e diversa disciplina normativa -Con, corso dell'una o deil.l'altra per talune imprese -Illegittimit costituzionale -Esclusione, 644. GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA -Ricorso giurisdizionale -Atto impugnabUe -Decisione su ricorso g,erarchico -Silenzio rigetto -Limiti di applicabilit dell'art. 6 d.P.R. n. 1199/1971 -Obbligo di decider,e un ricorso gerarchico Ricorso giurisdizionale avverso il silenzio della p.a. -Inammi,ssibilit -Sussiste, 712. - Ricorso giurisdizionale -Atto impugnabUe -Espropriazione per p.u. aTt. 26 I. 865/1971 -Programmi di esproprio -Impugnabilit immediata del vincolo delle aree Sussiste, 709. -Ricorso giurisdizionale -Motivi Necessit della specificazione Inammissibilit di motivi generici, 713. GUERRA -Combattenti e reduci -Condizioni per la concessione di benefici economici e di carriera -Rimprovero solenne per comportamento tenuto all'atto dell'armistizio del1' 8 settembre 1943 -Legittimit del diniego dei benefici, 710 -Combattenti e reduci -Condizioni per la concessione di benefici econom,ici 'e di carrtera -Rimprovero solenne per comportamento tenuto 'all'atto dell'armistizio del1' 8 aettembre 1943 -Legittimit del diniego dei benefici -Successivo condono della sanzione Irri1e, vanza, 710 IMPIEGO PUBBLICO -Benefici combattentistici ex art 3 1 n. 336 del 1970 -Condizioni Presentazione delJ.a domanda successivamente al collocamento a riposo per limiti di et -Inammissibilit, 708. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO X IMPOSTA DI REGISTRO -Agevolazione per la costruzione . di case di ab1~ione non di lusso -Estensione agli ospedali ed altri edifici !Ifoettivi ex legge 19 luglio 1961 n. 659 -Acquisto di edifici gi costruiti -Esclusione, 746. -Agevolazione .per la ricostruzione edilizia -Attuazione piani di II'costruzione Rivendita della area -Realizzazione del fine della ricostruzione da parte di altro soggetto -Decadenza dell'agevolazione -Esclusione, 730. -AgevolziOne per l'industrializzazione del Mezzogiorno -Primo acquisto di teTreni e fabbricati per l'attuazione delle iniziative industriali -Valutazione negativa della Camera di Commercio - Censuraibilit -Mancata constatazione dell'ultimazione -Obbldgo del giudice di eseguire accertamenti, 747. - Costruzione di edificio su suolo comune -Precostituzione di condomi, nio -Concessioni reciproche ad aedificandum o divisione di cosa futura -Distinzione -Regime tributario, 731. IMPOSTA DI SUCCESSIONE -Asse ereditario -Detraibilit dei debiti cambiari -Condizioni -Illegittimit costituzionale -Infondatezza, 651. - Liberalit con scopo di benefi . cienza ist'l'uzione o educazione ovvero dj culto o di religione Indicazione specifka dello scopo del negozio di liberalit -Neces-. sit, 732. IMPOSTE E TASSE IN GENERE -Competenza e giJUrisdizione Imposte dirette -Pagamento per ritenuta -Azione del contribuente contro il sostituto di imposta per il pagamento di somme illegittimamente ritenute -Azione civile sottoposta alle il'egole ordinarie della competenza -Necessit del preventivo ricorso alle Commissioni -Esclusione, 724. -Credito a medio e lungo termine -Imposta in abbonamento sostitutiva delle tasse ed imposte indirette sugli affari -Conformit dell'operazione di finanziamento alJ.e norme di legge e statutarie, con nota di M. SALTINI, 716. -Credito a medio e lungo termine -Imposta in abbonamento so stitutiva delle tasse ed imposte indirette sugli affari -Soggetti ammessi a frruirne -Azienda di credito, con nota di M. $ALTINI, 716. -Estimazione semplice e complessa -Indagine sulla sussistenza di intento speculativo - di estimazione semplice, 747. -Im,poste dirette -Azione ordina rta -Pveventiva pronunzia di una commi,ssione -Pronunzia che definisce il .giudizio su una questione preliminare al merito - sufficiente, 742. -Imposte diil'ette -Concordato Nozione -Impugnazione, 742. -Imposte dirette -Pagamento per ritenuta -Condanna alle spese con distrazione a favore del difensore -Riitenuta di imposta da parte del soccombente -Esclusione, 724. -Imposte indirette -Ingiunzine Motivazione Individuazione della causa del credito - sufficiente, 730. - Imposte indirette -Prescrizione Interruzione -Ricorso del contribuente -Comunicazione degli effetti interruttivi al ondebitore solidale -Esclusione, con nota di C. BAFILE, 735. - Tributi locali soppressi in attuazione della riforma tributaria Attribuzione di somme, in sostituzione di quei tributi, agJ.i enti locali -Cil'iteri di determinazione -Spettanza 1aUo Stato, 64!. LAVORO -Controversia -Foro territoriale Competenza esclusiva del giudice del luogo ove si trova l'azienda Illegittiit~ it costituzionale -Infondatezza, 651. VITI RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO -Responsabilit per atto normativo implicante scelte di politica economica -Presupposti, con nota di A. MARZANO, 655. -Unione doganale -Contributo utilizzato per finanz~e sovvenzioni vietate -Natura di tassa di effetto equivalente ai dazi doganali Esclusione, 676. -Unione doganale -Tasse di effetto equivalente ai dazi doganali Divieto -Efficacia diretta -Decorr, enza, 676. - Unione doganale -Tasse di effetto equivalente ai dazi doganali e tributi interni -Discriminazione, 676. -Unione doganale -Tributi interni -Possibilit di costituire tasse di effetto equivalente ai dazi doganali -Ricorrenza -Estremi, 676. CONTABILIT GENERALE DELLO STATO -Contratti -Scelta del contraente privato -Incanti -Forme -Disciplina -Inderogabilit -Limiti, 754. CONTRATTI PUBBLICI -Evidenza pubblica -Rilevanza nella fase formativa del contratto -Possibile influenza determinante dopo la stipulazione e la perfezione ed effkacia del contratto -PTesupposti, 754. -Revisione dei prezzi -Derogabilit -Inidoneit de1le clausole di stile -Sussiste, 709. -Revisione prezzi -Diniego -Patto Contrario alla l'evisione -Legittimit del diniego di revisione -Coodizione, 713. CORTE COSTITUZIONALE -Giudizi di legittimit costituzionaJ. e in via pirincipa1e -Leggi regionali -Motivi non indicati nel provvedimento di rinvio del Governo -Inammissibilit del ricorso, 627. CORTE DEI CONTI -Giudsdizione sulle controversie di Tapporto di impiego dei propa:- i mag.tstrati -Illegittimit costituzionale -Infondatezza, 630. COSA GIUDICATA -Esecuzione -Licenza edilizia Annullamento de\J. diniego della Autorit comunale -Normativa applicabile in caso di nuova pronuncia del Comune -Necessit di Tiferimento a1la data di notLfca della decisione -Sussiste, 714. -E'secuzione -Ricorso per ottemperanza -Possibilit di conversione di un !ricorso ordiillario in un ricorso ex'art. 27, n. 4 -Fattispeci e -Preclusione, 712. COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA -Principio di uguaglianza ex articolo 3 -Criteri di arppUcazione - Alternativit di trattamento economico con libert di scelta Violazione -dell'art. 3 -Non sussiste, 708. -V., anche Competenza e giurisdizione, Corte costituzionale, Corte dei. conti, Fallimento, Imposta di successione, Imposte e tasse in genere, Lavoro, Pena, Procedimento civile, Procedimento penale, Querela, Regione. DONAZIONE -Condizione :risoJ.utiva o modus -Distinzione, 694. -Consegna di assegni -Girata del- l'assegno da parte dell'intestatario ad un terzo per l'acquisto di un immobile -Donazione di denaro, 694. EDILIZIA -Demoliziop;e e sospensione lavori -Ordine di sospensione -Emanazione dell'ordine in fase .di avanzata costruzione -Legittimit -Sussiste, 706 INDICE VII -Deferimento di ricorso all'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato -Ammissibilit in caso di controversia di competenza del Consiglio di giustizia amministrativa per lai Regione siciliana in primo .grado -Non sussiste, 702. -Giurisdizione ordinaria e amministrativa -Edilizia -Piani regolatori generali -Vincoli urbanistici : imposizione senza indennizzo -Diritto soggettivo, 689. -Giurisdizione ordinaria ed amministxativa -Impiego pubblico Annullamento del provvedimento disciplinare -Ritardo nella coirresponsione degli stipendi Risarcimento del danno: giurisdizione dell'A.G.O., 687. -Giurisdizione ordinaria ed amministxativa -Impiego pubblico Condotta illegittima del superiore gerarchico: risarcimento del danno -Giurisdizione dell'A.G.O., 687. -Igiene e sanit pubblica: servizio farmaceutico -Obbligo dei farmacisti di fornire gratuitamente od a credito i medicinali -Disposizione di ~egge: necessit - Ordinanm prefettizia ex art. 2 della legge di pubblica sicurezza -Illegittimit per carenza di rpoteve -Azione di risarcimento: giurisdizione dell'A.G;O., 685. -Leva militare -Dispens -Provvedimento del .consiglio di leva: natura -Sospensione cautelare: possibilit -Concessione della dispensa in concreto: atto vincolato, 686. -Poteri del giudice -Nei confronti del1a P. A. -Disapplicazione Limiti, 769. -Regione siciliana -Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana -Possibilit di deferimento del rieorso all'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato -Limiti, 702. -Regolamento di giurisdizione Successiva proposizione di questione di legittimit costituziona; te dinanzi al giudice amministrativo -Inammissibilit, 630. -Regolamento di giurisdizione: in genere -Contestuale proposizione di domanda principale e cautela! re -Contestazione della giurisdizione per la sola domanda cautelare -Regolamento preventivo: ammissibilit, 686. COMUNE -Segretario comunale e provincia J.e -Equiparazione agli impiegati civili dello Stato -Limiti -Inapplicabilit dell'art. 67 d.P.R. 30 gigno 1972, n. 748, 705. COMUNIT EUROPEE -Agricoltura -Organizzazioni comuni dei mercati -Scambi di prodotti agricoli -Perturbazioni prodotte da provvedimenti valutari -Norme transitocie -Mancanza -Responsabilit delJ.a Comunit -Configurabilit, con nota di A. MARZANO, 655. -Ente pubblico -Attivit -Normativa comunitaria rilevante, 676. -Normativa comunitaria -Modifiche -Norme transitorie intese a 'garantire il rispetto del principio del legittimo affidamento -iMancanza -Responsabilit della Comunit -Configurabilit, con nota di A. MARzANO, 655. -Norme dell'Atto di adesione Possibili effetti pregiudizievoli Responsabilit ex.txacontrattuale della ComunLt -Configurabilit -Esclusione, con nota di A. MARZANO, 654. -Brogetto di regolamento -Prev~ ntivo assenso del ConsigJ.io delle Com.unit europee -Risoluzione informativa -Mancata segnalazione della possibilit di applicare criteri imposti dalle norme dell'Atto di adesione -Responsabilit extracontxattuale del Con1siglio delle Comunit europee Sussistenza, con nota di A. MARZANO, 654. -Responsabilit extracontrattuale -Nesso causale tra comportamento e danno -Estremi, con nota di ' A. MARZANO, 654. I l l i I PARTE :PRIMA INDICE ANALITICO -ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA ACQUE PUBBLllCHE ED ELETTRICIT. -Canoni -Natura patrimoniale e n.on tributaria -Danni da utilizzazione abusiva -Identica assoggettabilit all'i.g.e., 770. -Concessione e derivazione -Nuova concessione -Incidenza su utenze preesistenti -Responsabilit della P. A. -Sussiste, 782. -Concessione e derivazione -Opposizione -Difetto di requisiti per valere come domande -Concorrenza di domande -Non sussiste, 778. -Concessione e derivazione -Proroga -Rinnovazione -Diritto soggettivo del concessionado Esclusione, 769. -Concessione e derivazione -Proroga -Subordinazione al pagamento dei canoni scaduti -Prefissione di termine perentorio Legittimit -Inosservanza -Effetti, 769. -Derivazioni ed utilizzazioni abusive -Determinazione dei limiti d'uso -Decreto ministeriale Funzione -Necessit -Esclusione, 770. -Derivazioni ed utilizzazioni abusive -Diritto al risarcimento dei danni -Prescrizione applicabile Decorrenza, 770. -Sottensione parziale di utenza Ricorso giurisdizionale -Termine -Decorrenza, 780. , -Sottensione parziale di utenza Ricorso giurisdizionale -Titolarit di IJTleesistente utenza -Difetto di .prova -Inammissibilit del ricorso, 780. APPALTO -Appalto di opere pubbliche -Approvazione del .contratto -Ritar do -Facolt di vecesso dell'appal tatooe -Esoccizio -Limite, 764. -Appilto di opere pubbliche Capitolato generale di appalto Richiamo in clausole contrattuali nei rapporti con enti pubblici diversi dallo Stato -Specifica approvazione per iscritto -Necessit -Esclusione, 752 -Ap:palto di opere pubbliche Consegna dei lavori -Ritardo Automatica responsabilit della amministrazione appaltante Esclusione - Necessit della costituzione in mora, 764 ATTO AMMINISTRATIVO -Atto vincolato -Necessit di motivazione -Non sussiste, 705. AVVOCATURA DELLO STATO -Rappresentanza e difesa di Ammi0nistrazioni pubbliche non statali -Delibera di conferimento dell'incartco -Non necessaria, con nota di S. LAPORTA, 696. COMPETENZA E GIURISDIZIONE -Annullamento di provvedimento della Regione da parte della Commissione di controllo -Tardivit -Ricovso della Regione Giurisdizione del giudice amministrativo -Sussiste, 703. -Attivit di controllo -Giurisdizione del giudice amministrativo . su1 rapporto tra controllore e control1ato, 703. -Consorzi di bonifica -Opere del consorzio -Diritto del consorziato alla esecuzione -Non sussiste -Omessa esecuzione -Risarcimento dei danni -. Improponibilit della domanda, 777. -Corte dei Conti: atti di controllo -Sindacato giurisdizionale: esclusione, 688. ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI BAFILE C., Interruzione della prescrizione e soiidariet tributaria I, 736 LAPORTA S., Interesse pubblico e patrocinio facoltativo di enti non statali da parte dell'avvocatura . . . . . . . . . I, 696 MARZANO A., Suita responsabilit della CEE per atto normativo I, 654 SALTINI M., Sul trattamento tributario di favore per il finan ziamento a medio e lungo termine . . . . . . . . . . . I, 716 I I I I I ~: r: l f: i'. f: INDICE XI -Licenziamenti illegittimi -Tutela del lavoratore -Requisiti soggettivi del lavoratore -Questioni infondate di costituzionalit, 640. MILITARE -Uffictale .Esercito -Esclusione dei benefici combattentistici generali -Legittimit della annotazione nei documenti caratteristici -Legittimit -Sussiste, 710. OPERE PUBBLICHE -Esecuzione -Delegazione amministrativa -Autonomia e responsabilit dell'ente delegato -Rilevanza del rapporto di delegazione -Limiti, 754. -Esecuzione -Rapporto tra 1a Ges.ca.l. e Le stazioni appaltanti Delegazione ammi.nistrativa intersoggettiva -Ravvisabilit Esclusione, 754. PARTE CIVILE -Costituzione -Intervento nelle fasi successive al giudizio di primo grado -Appello -Omessa notificazione del decl'eto di citazione alla parte civile -NuJlit insanabiLe -Fattispecie, 784. -Costituzione -Intervento nelle fasi successive al giudizio di primo grado -Diritto degli eredi di proseguire l'azione iniziata dal de cuius -Sussistenza, 786. - Impugnazioni Ricorso della parte civile -Accoglimento. del ricorso -Giudizio di rinvio, 787. PENA -Pena restrittiva della libert personale -Esecuzione -Condannato in istato dL infermit psichica Ricovero in manicomio giudiziario -Sospensione della pena Illegittimit costituzionale, 639. PROCEDIMENTO CIVILE -Avvocati e procuratori -Credito per il compenso -Ingiunzione Giudice competente per valore Giudice del luogo ove ha sede il Consiglio dell'ordine -Illegittimit costituzionale -Infondatezza, 635. -Capacit di testimoniare -Testi minori degli anni 14 -Esclusione in casi particolari -Illegittimit costituzionale -Fondatezza, 639. -Ricorso per cassazione -Legittimazione attiva de1la Corte dei Conti, 688. PROCEDLMENTO PENALE -Attt pl'eliminari all'istruzione (pl'eistruzione) -Atti di polizia giudiziaria -Difesa e difensori Comunicazione girudiziarta -Ne- cessit -Esclusione, 785. -Atti p11eliminari all ' istruzione (pl'eistruzione) -Istruzione preliminare del procurato11e della Repubblica -Difesa e difensori Comunicazione giudiziaria -Funzione -Natura -Atto insostituibile -;Esclusione, 785. -Atti preliminari all ' istruzione (preistruzione) -Istruzione preliminare del procuratore della Repubblica -Difesa e difensori Comunicazione giudiziaria -Ordine di cattura non preceduto da atti istruttori -Equipollenza Ammissibilit, 785. -Azione civile -Formula assolutoria -Inaimmissibili.t dell'azione da parte di soggetti rimasti estranei al processo penale -Illegittimit costituzionale, 649. -Istruzione sommaria -Nullit Termine per eventuali deduzio ni -Decorr.enza -Illegittimit costituziona1e, 648. -Parte civi1e -Costituzione -Ordinanza che respinge la !1."ichiesta -foammissibilit dell'impugnazione, 650. -Parte civile -Persona offesa dal reato o querelante -Decesso avvenuto prima della costituzione di parte civile -Decreto di citazione a giudizio -Notifica agli eredi -Mancata previsione -IJ.legittimit costituzionale -Infondatezza, 650. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO XII QUERELA -Remissione -Morte della pe11sona offesa -Intrasmissiibilit del diritto di remissione -megittimit costituzionale, 640. REGIONE -Contro1lo -Commissione di controllo di atti meramente esecutivi -Esclusione -Controllo di atti solo apparentemente esecutivi -Costituzione del Consiglio di amministrazione di un Ente ospedaliero -Legittimit del controllo, 703. -Controllo -Potere di annullamento della Commissione di controllo -Omessa sospensione dei provvedimenti regionali sottoposti al controllo -Legittimit dell'ammllamento, 703 -Controllo -Poteri del Commissario del GoV'emo e della Commissione di Controllo -Po.tere di annullamento della Commissione di controllo -Termini -Limiti, 703. - Legge elettorale -Ca~l.'Sa di ineleggibilit -Maneggio di danaro degli enti locali -Sper.equazione rispetto alLe Regiom a Statuto Speciale -Illegittimit Costituzionale -E.sclusione, 629. SERVITU' Passaggio coattivo -Aree esenti Limiti aWesenzione, 695. INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA CORTE COSTITUZIONALE 28 maggio 1975, n. 132 . 11 giugno 1975, n. 134 . 11 giugno 1975, n. 135 . 11 giugno 1975, n. 137 . 11 giugno 1975, n. 139 . 19 giugno 1975, n. 146 . 19 giugno 1975, n. 151 . 19 giugno 1975, n. 152 . 26 giugno 1975, n. 157 . 26 giugno 1975, n. 159 . 26 giugno 1975, n. 162 . 26 giugno 1975, n. 165 . 26 .giugno 1975, n. 166 . 3 luglio 1975, n. 169 3 luglio 1975, n. 171 3 Luglio 1975, n. 173 CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT EUROPEE 4 febbraio 1975, nella causa 169/73 . 14 maggio 1975, nella causa 74/74 . 18 giugno 1975, nella causa 94/74 . . GIURISDIZIONI CIVILI CORTE DI CASSAZIONE Sez. Un., 9 luglio 1974, n. 2003 Sez. Un., 2 ottobre 1974, n. 2531 Sez. II, 2 ottobre 1974, n. 2561 . Sez. II, 3 ottobre 1974, n. 2580 . Sez. Un., 16 novembre 1974, n. 3664 . Sez. Un., 23 novembre 1974, n. 3806 . Sez. I, 18 gennaio 1975, n. 29 . . . Sez. Un., 10 febbraio 1975, n. 511 . Sez. Un., 22 febbraio 1975, n. 672 . Sez. I, 24 f.ebbraio 1975, n. 680 . . Sez. Un., 24 febbraio 1975, n. 700 . Sez. I, 9 apil'ile 1975, n. 1293 . Sez. I, 10 aprile 1975, n. 1319 . . . pag. 627 629 630 635 639 639 640 640 641 644 648 649 650 650 651 651 pag. 654 655 676 pag. 685 686 694 695 687 688 716 724 730 716 696 731 732 XIV RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Sez. Un., 14 aprile 1975, n. 1406 . Sez. I, 16 aprile 1975, n. 1444 . Sez. Un., 7 maggio 1975, n. 1760 . Sez. Un., 12 maggio 1975, n. 1831 . Sez. I, 12 maggio 1975, n. 1844 . Sez. Un., 17 maggio 1975, n. 1926 . Sez. I, 20 maggio 1975, n. 1987 . Sez. I, 21 maggio 1975, n. 2006 . Sez. I, 12 giugno 1975, n. 2333 . Sez. I, 19 giugno 1975, n. 2467 . TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE 15 ottobre 1974, n. 17 . 15 ottobre '1974, n. 18 . 22 ottobre 1974, n. 20 . 29 ottobre 1974, n. 23 . 28 dfoembre 1974, n. 29 GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE CONSIGLIO DI STATO Ad. rplen., 6 marzo 1975, n. 3 . Sez. IV, 18 febbraio 1975, n. 178 . Sez. IV, 25 febbraio 1975, n. 214 . Sez. IV, 4 marzo 1975, n. 232 Sez. IV, 4 marzo 1975, n. 233 S~z. IV, 4 marzo 1975, n. 237 Sez. IV, 11 mairzo 1975, n. 270 Sez. IV, 25 marzo 1975, in. 305 Sez. IV, 8 aprile 1975, n. 404 Sez. IV, 15 aprile 1975, n. 408 S'ez. IV, 29 aprile 1975, n. 477 Sez. V, 7 marzo 1975, n. 310 GIURISDIZIONI PENALI CORTE DI CASSAZIONE Sez. III, 8 marzo 1974, n. 434 Sez. II, 20 maggio 1974, n. 1064 . Sez. V, 25 ottobre 1974, n. 1184 . Sez. Un., 30 novembre 1974, n. 10 . pag. 685 735 689 742 746 747 747 752 > 754 764 pag. 769 777 778 780 782 pag. , 702 703 705 706 708 709 709 710 712 713 713 714 pag. 784 785 786 787 PARTE SECONDA IP.lDICE ANALITICO -ALFABETICO DELLE CONSULTAZIONI AMMINISTRAZIONE PUBBLICA -Amministrazione dello Stato Danni prodotti ad altra Amministrazione o ad Azienda autonoma -Imputazione spesa, 99. -Amministrazioni dello Stato Rapporti -Vaglia postale emesso a favore di P. A. -Mancato incas, so nei termini -Conseguenze, 99. APPALTO -Appalto di opera pubblica -Fal::. limento dell'appaUatore -Conseguenza, 99. CONSIGLIO DI STATO -Atti amininistrativi gi di competenza statale -Pubblicazione della G. U. della Repubblica, 99. -Atti amministrativi gi di competenza statale -Pubblicazione nel B. U. della Regione, 99. -Atti amministrativi gi di competenza statale -Pubblicazione tanto nella G. U. della Repubblica .quanto nel B. U. della Regione -Impugnativa -Decorrenza del termine, 100. CONTABILIT DELLO STATO -Amministrazioni dello Stato - Raipporti -Va~ia postale emesso a favore di P. A. -Mancato incasso nei termini -Conseguenze, 100. - Contratti di pubbliche forniture Revisione prezzi -Ritardato pagamento del compenso revisionale -Interessi, 100. FALLIMENTO -Appalto di opera pubblica -Fallimento dell'appaltatore -Conseguenze, 100. OPERE PUBBLICHE -Appalto di opera pubblica -Falilfunento dell'appaltatore -Conseguenze, 101. -Opere pubbliche -Complessi immobi1iairi per servizi telefonici Concessione d'opera -Compenso , a corpo -Revisione prezzi, 101. POSTE E TELECOMUNICAZIONI -Opere pubbliche -Complessi immobiliairi :per servizi telefonici Concessione d'opera -Compenso a. corpo -Revisione :prezzi, 101. XVI RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO LEGISLAZIONE QUESTIONI DI LEGITTIMIT COSTITUZIONALE I. -Norme dichiarate incostituzionali . pag. 79 XVI RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO LEGISLAZIONE QUESTIONI DI LEGITTIMIT COSTITUZIONALE I. -Norme dichiarate incostituzionali . pag. 79 81 85 II. -Questioni dichiarate non fondate . lii. -Questioni proposte . . PARTE PRIMA I I w; I I GIURISPRUDENZA SEZIONE PRIMA GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE CORTE COSTITUZIONALE, 28 maggio 1975, n. 132 -Pres. Bonifacio - Rel. Volterra -Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Azzariti) c. Presidente Regione Toscana (avv. Bonte, Cheli). Corte Costituzionale Giudizi di legittimit costituzionale in via principale Leggi regionali Motivi non indicati nel provvedimento di rinvio del Governo Inammissibilit del ricorso. ( cost. art. 127). inammissibile il ricorso dello Stato avverso una legge regionale~ fondato su motivi diversi da quelli indicati nel provvedimento di rinvio del Governo (1). (Omissis). -2. -Devesi preliminarmente esaminare l'eccezione sollevata dalla difesa della Regione di inammissibilit del ricorso in quanto i motivi di questo enunciati sono diversi da quello esposto nel telegramma di rinvio con palese violazione dell'unitariet del procedimento di controllo delle leggi regionali disposto dall'art. 127 della Costituzione. L'eccezione fondata. Con costante giurisprudenza (sentenza n. 8 del 1967, n. 147 del 1972 e recentemente n. 123 del 1975) la Corte ha affermato che il procedimento previsto dall'art. 127 della Costituzione per l'impugnativa delle leggi regionali viziate di incostituzionalit ha carattere unitario e che non possono distinguersi in esso, come due fasi autonome e separate, il rinvio al Consiglio regionale per il riesame della legge e l'eventuale impugnativa di questa per vizio di costituzionalit avanti la Corte. (1) Cfr., espressamente Corte Cost. 4 febbraio 1967, n. 8, in questa Rassegna 1967, I, 21. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO.STATO Precisa. la citata sentenza n. 147 del 1972 che l'atto motivato del Consiglio dei ministri di rinvio di .una legge al Consiglio regionale, con il quale rileva vizi di legittimit costituzionale della legge medesima ed inrvita il predetto Consiglio a considerarli e rimuoverli in sede di nuova approvazione, ha una sua componente di volont in relazione ad un comportamento immediatamente successivo (rinvio) o futuro ed eventuale (ricorso per illegittimit costituzionale alla Corte). E come tale non istantaneo, ma perdurante, sia pure in date condizioni... per cui appare... come predeterminazione da parte del Governo delle linee essenziali dell'eventuale ;ricorso alla Corte e del conseguente giudizio di legittimit. evidente pertanto l'esigenza che i motivi del rinvio e quelli della -eventuale successiva impugnativa debbano essere, almeno nelle loro. linee essenziali, predeterminati ed enunciati nell'atto di rinvio e che il Consiglio regionale debba essere posto, sin dalla fase del rinvio, nella condizione di conoscere i vizi di legittimit del suo provvedimento legislativo riscontrati dal Governo, e di poterli cos esaminare ed eliminare nella successiva eventuale rielaborazione ed approvazione della legge. Ci non si affatto verificato nella specie in esame ove l'atto di rinvio indicava espressamente soltanto l'illgittimit costituzionale dell'art. 29 della legge regionale in riferimento all'art. 81 della Costituzione, mentre il ricorso alla Corte denuncia la violazione degli artt. 117, 3, 30, 33 e 34 della Costituzione (vizi questi non enunciati e nemmeno menzionati nell'atto di rinvio) e in base a motivi di cui nel predetto atto non vi traccia. 3. -Non da accogliersi la tesi sostenuta dall'Avvocatura dello Stato che la qualifica di preliminare ed assorbente data dal telegramma di rinvio all'unico motivo finanziario invocato implicitamente inrvitava la Regione a ri da essa emanata. I due aggettivi usati non costituiscono certo enunciativa di vizi di legittimit costituzionale, ma possono solo interpretarsi come una forma di riserva espressa in modo generico e non concreto che comunque, il Governo, iniziata la procedura di riI11Vio, non avrebbe !Pi potuto in afoun modo sciogliere. Non parimenti da accogliersi l'affermazione della medesima Avvocatura circa la non identicit delle leggi regionali 11 febbraio e 1 luglio 1974, risultando invece indiscutibilmente l'identit formale e sostanziale idei due testi, salve le modifiche finanziarie apportate agli articoli 29 e 30 per adeguare la legge medesima al contenuto dei rilievi espressi dal Governo nell'atto di rinvio. Comunque, come esattamente osservava la difesa della Regione, ove la legge regionale 10 luglio 1974 dovesse considerarsi una legge nuova rispetto alla precedente 11 feb PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 629 braio, il Governo non avrebbe potuto impugnarla avanti la Corte se non con previo rinvio della legge al Consiglio. L'omissione della fase di rinvio renderebbe quindi, anche sotto questo profilo, inammissibile il ricorso in esame. 4. -Devesi quindi dtiichiarare' inammissi:bile il ocicoiiso prQ\Posto dal Presidente del Consiglio dei ministri per mancata corrispondenza fra i motivi invocati nell'atto di rinvio al Consiglio regionale e quelli enunciati nel ricorso stesso. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 11 giugno 1975, n. 134 -Pres. Bonifacio Rel. Rocchetti -Calleri (avv. Giovannini), Grosso (avv. Coronas). Regione Legge elettorale Causa di ineleggibilit Maneggio di danaro degli enti locali Sperequazione rispetto alle Regioni a Statuto Spe ciale Illegittimit Costituzionale Esclusione. (cost. art. 3; 1. 17 febbraio 1968, n. 108, art. 5, comma quinto, lettera b). Non fondata la questione di legittimit costituzionale dell'art. 5, quinto comma lettera b, della legge 17 febbraio 1968, n. 108, che sancisce l'ineleggibilit a Consigliere delle R!i?gioni ordinarie di coloro che hanno maneggio di denaro degli enti locali sottoposti al controllo della Regione (1). (Omissis). -2. -La questione non fondata. Occorre innanzi tutto [pa'emettere cli.e, nelle leggi i$titutive delle Regioni a statuto speciale, la competenza a disciplinare la materia elettorale variamente regolata, nel senso che per due di esse (Sicilia e Trentino-Alto Adige) stabilito che debba provvedersi con legge regionale, mentre per le altre tre disposto che debba provvedervi con proprie leggi lo Stato, cosi come in base all'art. 122 Cost., primo comma, la legge statale competente a disciplinare le elezioni nelle Regioni a statuto ordinario. Ne consegue che lo stesso sistema costituzionale che, richiedendo leggi particolari per le singole Regioni a statuto speciale (secondo i casi, legge regionale o statale) da un lato e una legge (statale) per quelle a statuto ordinario, implica necessariamente la possibilit di rego lamentazioni differenziate anche per quanto riguarda i casi di ineleg (1) Sulle cause di ineleggibilit (maneggio del denaro), cfr. Cass. -26 novembre 1971, n. 3460, in Fo10 It. 1972, I, 377, con nota. 630 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO gibilit: di tal che, di per s, tale differenziazione non pu implicare violazione di quel principio di eguaglanza che, affermato in via generale nell'art. 3, viene ribadito nel primo comma dell'art. 51 della Costituzione. Non pu pertanto esser sufficiente ragione di illegittimit costituzionale la circostanza che le disposizioni della legge statale che disciplinano le elezioni dei Consigli regionali a statuto ordinario siano difformi dalle corrispondenti norme dettate dalle singole leggi che regolano la stessa materia per le Regioni a statuto speciale. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 11 giugno 1975, n. 135 -Pres. Bonifacio - Rel. Crisafulli -Ferrucci (avv. Basile), Corte dei Conti -Presidente Consiglio Ministri (sost. avv. gen Stato Azzariti). Competenza e giurisdizione Regolamento di giurisdizione -Successiva proposizione di questione di legittimit costituzionale dinanzi al giudice amministrativo Inammissibilit. Corte dei Conti Giurisdizione sulle controversie di rapporto di impiego dei propri magistrati Illegittimit costituzionale -Infondatezza. Dopo la proposizione dell'istanza di regolamento di giurisdizione il giudice amministrativo (come il giudice ordinario), di primo o di secondo grado, non pi legittimato a sollevare questioni di legittimit che siano rilevanti per la definizione, nel merito, del giudizio ovvero per la risoluzione della questione di giurisdizione, ogni potere in ordine a quest'ultima essendo ormai trasferifo alla Corte regolatrice (1). Non fondata, in rapporto agli artt. 3 e 108, secondo comma della Costituzione, la questione di legittimit costi.tuzionale degli artt. 3, primo comma, e 65 t.u. 12 luglio 1934, n. 1214, che prevedono la giurisdizione della Corte dei Conti in ordine al rapporto di impiego dei propri magistrati ( c.d. giurisdizione domestica) (2). (Omissis). -2. -Dev'essere preliminarmente accolta l'eccezione di inammissibilit della questione sollevata da1: Consiglio di Stato, con ordinanza emessa dopo che era stata proposta dalla parte resistente istanza alle sezioni unite della Corte di cassazione per regolamento preventivo di giurisdizione. Gi in una precedente occasione (sent. n. 73 del 1973) questa Corte, nel dichiarare la non fondatezza delle censure di illegittimit (1-2) Sulla prima massima cfr. Corte Cost. 6 giugno 1973, n. 73, in questa Rassegna 1973, I, 1013; sulla seconda cfr. Corte Cost. 21 gennaio 1967, n. 1, ivi, 1967, I, 1. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE <:ostituzionale che erano state mosse nei confronti di tale istituto, ebbe a rilevare come esso risulti ampiamente giustificato da esigenze di economia processuale, consentendo di ottenere una sollecita e definitiva pronuncia sulla giurisdizione (dove questa sia dubbia e contestata), con evidente vantaggio per tutte le parti, che devono ritenersi egualmente interessate ad una decisione sul merito della causa, della quale sia certa la provenienza dal giudice a ci competente. Tale essendo la ratio del regolamento preventivo di giurisdizione, non pare dubbio che la stessa valga identicamente sia che l'istanza sia proposta davanti ad un giudice ordinario, sia che (come nel caso in esame) sia proposta invece davanti al giudice amministrativo. D'altronde, l'ordinanza del Consiglio di Stato, pur richiamando, sul punto test accennato, la contraria giurisprudenza del Consiglio medesimo, ha piuttosto insistito, nella motivazione, sulla mancanza di effetto sospensivo dell'istanza per regolamento nel giudizio a quo. Se si prescinde, perci, dalla ipotesi in cui sia chiesta la sospensiva del provvedimento impugnato, discende dal gi detto che, dopo e per 1effetto della pcrCJIPosizione della ~stanza d:i OC'egolamento di giurisdizione, anche il giudice amministrativo, cos di primo come di secondo grado, non pi legittimato a sollevare questioni di legittimit costituzionale che siano rilevanti per la definizione, nel merito, del giudizio davanti ad esso instaurato, ovivero, come nel caso di specie, proprio per la risoluzione della questione di giurisdizione: ogni potere in ordine alla quale ultima ormai trasferito alla Corte regolatrice. 3. -Nel merito, questa Corte dunque chiamata a pronunciarsi sulla sola questione di legittimit costituzionale degli artt. 3, primo comma, e 65 del citato t.u. del 1934, nei termini in cui prospettata dalle ordinanze della Corte di cassazione: dubitandosi, cio, che la giurisdizione della Corte dei conti in ordine al rapporto di impiego dei propri magistrati (cosiddetta giurisdizione domestica ) contrasti con l'art. 108, secondo comma, Cost., prescrivente che .la legge assicura l'indipendenza dei giudici delle giurisdizioni speciali, nonch <:on l'art. 3 1(richiamato peraltro, quest'ultimo, sullo sfondo e senza che nessuno specifico profilo di illegittimit sia, in riferimento ad esso, dedotto n risulti sia stato prospettato dalle parti nei giudizi davanti alla Corte di cassazione). Ci posto, da premettere, in linea generale, che, contrariamente all'assunto delle ordinanze, la sopravvivenza della giurisdizione domestica cui sono sottoposti i magistrati (e gli altri dipendenti) della Corte dei conti deve ritenersi consentita -in principio -dal sistema normativo risultante dagli artt. 102, 103, secondo comma, e dalla VI disposizione finale e transitoria della Costituzione. 632 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Per quanto sicuramente orientata in senso sfavorevole nei confronti delle giurisdizioni sp!;!ciali, infatti, la Costituzione, nell'art. 102, secondo l'interpretazione generalmente accoltane e pi volte affermata nella giu , risprudenza di questa Corte, si limita a porre il divieto di istituirne di nuove; mentre, a sua volta, la VI disp. trans., prescrivendo la revisione delle giurisdizioni speciali esistenti, non ne impone la incondizio- nata soppressione (ed eventuale trasformazione in sezioni specializzate, come suggerito dallo stesso art. 102, secondo comma), ma usa la parola revisione nel suo proprio senso. lessicale, facendo obbligo al legislatore di prenderle in esame, sia per sopprimerle, sia per adeguarne la disciplina ai nuovi princpi costituzionali. Risulta altres con certezza, come pure questa Corte ha in precedenza ritenuto (sent. n. 17 del 1965), che da quel generale sfavore di cui appaiono circondate, nel testo costituzionale, le giurisdizioni speciali, sono esenti quelle del Consiglio di Stato, della Corte dei conti e dei tribunali militari, che la stessa VI disp. trans. esplicitamente sottrae al predetto obbligo di revisione, .considerandole a parte tra le giurisdizioni speciali (cosi la sent. n. 1 del 1967, con puntuale riguardo alla Corte dei conti). Per quel che pi particolarmente interessa in questa sede, da osservare ulteriormente che il comma secondo dell'art. 103, oltre a ribadire nei termini pi lati e parzialmente innovativi la giurisdizione della Corte medesima nelle materie di contabilit pubblica, dotandola, per questa parte, di garanzia costituzionale (sen. n. 110 del 1970; n. 68 del 1971; n. 211 del 1972 e n. 205 del 1974), ne richiama poi genericamente quella nelle altre (materie) specificate dalla legge . E non vi ha dubbio che tale formula abbia riferimento (non importa ai fini del presente giudizio stabilire se soltanto od anche) alle altre materie, diverse dalla contabilit pubblica, che, anteriormente alla nuova Costituzione dello Stato ed al momento della sua entrata in vigore, erano dalla legge attribuite alla giurisdizione della Corte dei conti, ivi compresi perci i rapporti di impiego con i suoi magistrati e dipendenti, alla stessa sottoposti fin dal 1862. Ci non equivale necessariamente a ritenere che anche la giurisdizione domestica della Corte dei conti sia stata costituzionalizzata e lascia impregiudicato il problema (che non rileva nel presente giudizio) se tutte le singole norme attualmente disciplinanti i modi di esercizio di essa e lo stesso organo che la esplica siano, per ci solo, esenti dal sindacato di questa Corte, ove abbiano a formare oggetto di particolari censure. Ma porta bensi ad escludere che quella speciale giurisdizione, in quanto implicitamente richiamata e presupposta dall'art. 103 ed espressamente sottratta ad obbligo di revisione in forza della VI disposizione transitoria, sia -di per s -in contrasto con la Costituzione. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E poich le censure proposte dalle ordinanze delle sezioni unite della Corte di cassazione investorio proprio nel suo insieme la sopravvivenza della giurisdizione domestica > della Corte dei conti, quanto precede potrebbe gi essere sufficiente a farne ritenere la infondatezza. 4. -La gravit della questione e l'autorit del giudice a quo inducono tuttavia a scendere ad un esame analitico delle ragioni addotte nelle ordinanze, prescindendo -il ipotesi -dalle conclusioni fin qui raggiunte. La questione viene prospettata essenzialmente sotto un duplice profilo. Da una parte, per la mancanza di dii;ipositivi idonei a garantire. la com,pleta diversificazione tra gli organi di vertice della Corte dei contd e le sezioni riunite, investite della funzione di giudicare sulla legittimit di atti amministrativi della Corte, e cio di atti emanati dai detti organi o alla formazione dei quali gli stessi abbiano concorso in modo determinante. D'altra parte, per il pericolo immanente nel sistema di un interesse sostanzialmente, anche se. non formalmente, diretto dei membri del collegio giudicante in questioni di principio riguardanti il loro stato giuridico ed economico. Entrambi i profili sono da disattendere. 5. -Quanto al primo profilo, con riferimento al quale il Consiglio di Stato, nella sua ordinanza, aveva dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimit costituzionale eccepita dalla parte privata, agevole rilevare che, a partire dalla riforma del 1933, gli organi della Corte dei conti cui sono attribuite funzioni di amministrazione del personale risultano, dal punto di vista istituzionale, nettamente distinti dalle sezioni riunite, che potranno esser chiamate a giudicare degli atti da quelli comunque promananti. Nessun compito di carattere amministrativo in materia residua ormai alle s~zioni riunite, ed perci escluso che queste -come organo differenziato -abbiano a giudicare in ordine ad atti, suscettibili di essere considerati come loro propri. A risultati non dissimili si perviene anche impostando il problema sotto l'aspetto soggettivo, vale a dire con riguardo alle persone dei magistrati della Corte' che, nella loro qualit di Presidente, o di Segretario generale o di Presidente di sezione o di componenti del Consiglio di presidenza, del Consiglio di amministrazione o della Commissione di disciplina, abbiano prima posto in essere (o abbiano concorso a porre in essere) taluno degli atti concernenti i magistrati della Corte e si trovino poi a far parte delle sezioni riunite, chiamate a sindacarne la legittimit. Una siffatta coincidenza nelle stesse persone di funzioni amministrative e di funzioni giudicanti, aventi ad oggetto il modo di 634 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO esercizio delle prime, non necessaria conseguenza del sistema, ma potrebbe soltanto verificarsi come accidentale eventualit, nel qual caso soccorrerebbero gli istituti della astensione e della ricusazione: l'una e l'altra sicuramente applicabili al processo dinanzi alla Corte dei conii, in punto di diritto, stante il rinvio dell'art. 26 del relativo regolamento, regio decreto 13 agosto 1933, n. 1_038, alle norme del codice di procedura civile; ed applicabili altresi in linea di fatto, utilizzando il congegno predisposto dall'art. 2, secondo comma, della legge n. 161 del 1953, a norma del quale il Presidente, sentito il Cpnsiglio di presidenza, assegna annualmente alle singole sezioni, ed a quelle riunite, un congruo numero di magistrati. N pu fondatamente ritenersi che, pur realizzandosi la doverosa separazione personale tra coloro che, avendo formato o concorso a formare atti relativi al personale di magistratura, potrebbero avere interesse alla loro conservazione e coloro cui spetta conoscere in sede giurisdizionale, sussista tuttavia una sorta di condizionamento di questi ultimi da parte dei primi, a causa dei poteri di supremazia anche disciplinare, e comunque inerenti allo stato giuridico ed alla carriera dei magistrati della Corte, attribuiti agli organi di vertice della stessa (e perci esplicati dalle persone che ne sono titolari). A prescindere dal rilievo che le norme che tali poteri conferiscono non sono, e non sono state, oggetto di specifica censura, le stesse ordinanze di rimessione ne riconoscono la rispondenza ad imprescindibili esigenze organizzative , che consentirebbero -come soggiungono -di ipotizzarne una giustificazione plausibile sul piano costituzionale. Ma deve sopra tutto osservarsi che l'attribuzione di quei poteri ad organi della Corte dei conti era necessaria per realizzare l'indipendenza (esterna) della Corte medesima e dei suoi componenti, in special modo di fronte al Governo , cosi come prescritto dall'art. 100, ultimo comma, Cost. (ed infatti una situazione sotto certi aspetti analoga dato riscontrare altresi nell'ordinamento del Consiglio di Stato, al quale contestualmente si riferisce la norma costituzionale adesso ricordata). Proprio perch i magistrati della Corte dei conti non devono dipendere dal Governo (n dal Governo nel suo complesso, n dal Presidente del Consiglio, n dall'uno o dall'altro ministro o ministero), la competenza ad adottare o proporre i provvedimenti ad essi relativi, non poteva che essere affidata alla Corte stessa, e cio, in termini concreti, a determinati suoi organi. 6. -Quanto al secondo profilo di incostituzionalit, sufficiente rilevare che la fondamentale esigenza che il giudice sia disinteressato rispetto alla controversi sulla quale deve decidere, e perci realmente imparziale, non pu essere intesa in modo cosi lato e generico da farvi PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 635 rientrare anche l'interesse che egli, come privato cittadino, possa avere a una determinata soluzione di problemi di principio inerenti a quella controversia, non essendoci giudice che non sia, al tempo stesso, elettore, pubblico dipendente, proprietario od affittuario, creditore o debitore, e vfa dicendo, ed insomma inserito in situazioni e rapporti della vita associata regolati dal diritto oggettivo dello Stato, al quale, nell'esercizio della potest giurisdizionale conferitagli, deve dare concreta attuazione. Non per questo, tuttavia, un giudice si rende incompatibile per difetto di terziet, com' confermato anche dall'art. 51 cod. proc. civ., che, al n. 1, gli fa obbligo di astenersi solo se ha interesse nella causa o in altra vertente su identica questione di diritto : con chiara allusione ad un interesse diretto, e perci giuridicamente rilevante, sia nella causa sottopostagli, sia in altra effettivamente pendente davanti ad un diverso giudice. 7. -Da qualunque punto di vista, dunque, si consideri la questione proposta dalle ordinanze della Corte di cassazione, deve sempre concludersi per la sua infondatezza. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 11 giugno 1975, n. 137 -Pres. Bonifacio - Rel. Trimarchi -Forniti c. Minerbi. Procedimento civile Avvocati e procuratori -Credito per il compenso Ingiunzione -Giudice competente per valore -Giudice del luogo ove ha sede il Consiglio dell'ordine -Illegittimit costituzionale -Infon datezza. (c.p.c., art. 637). Non fondata, in rapporto agli artt. 3 e 24 Cast., la questione di legittimit costituzionale dell'art. 637, terzo comma c.p.c., laddove disposto che gli avvocati e procuratori possono proporre domanda di ingiunzione contro i propri clienti al giudice competente per valore del luogo dove ha sede il Consiglio dell'ordine nei cui albi sono iscritti (1). (Omissis). -1. -Con le due ordinanze del pretore di Ferrara indicate in epigrafe sollevata la stessa questione di legittimit costituzionale e precisamente si domanda se contrasti con gli articoli 3 e 24 della Costituzione l'art. 637, comma terzo, del codice di procedura civile (1) Cfr. su altri aspetti della questione, Corte Cost. 15 maggio 1974, n. 132, in questa Rassegna 1974, I, 835; 1 marzo 1973, n. 22, ivi, 1973, I, 483. 636 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO in forza del quale gli avvocati e procuratori possono proporre domanda di ingiunzione contro i propri clienti al giudice competente per valore del luogo dove ha sede il consiglio dell'ordine nei cui albi sono iscritti. I due procedimenti possono, per ci, essere riuniti e decisi con unica sentenza. 2. -Il giudice a quo ritiene che sia violato l'art. 3 della Costituzione, perch la norma in esame, dettata in materia di competenza del giudice a conoscere della domanda d'ingiunzione, tratta in modo differenziato, e senza che ricorra una adeguata giustificazione, una categoria di cittadini, e precisamente quella degli avvocati e procuratori, a cui 1 riserva una posizione di privilegio per ci che ad essa attribuisce il potere di determinare lo spostamento della competenza ordinaria, e I tutti gli altri cittadini che non hanno lo stesso potere ed anzi vengono I a trovarsi nella correlativa posizione di soggezione. Ai fini della individuazione dei termini della questione, va subito osservato che la detta soggezione, in effetti, ammesso che esista e rilevi, non pu ricorrere nei confronti dei cittadini diversi dai clienti dei professionisti legali che dalla detta norma non sono n avvantaggiati n danneggiati e ricorre tutt'al pi solo nei confronti dei clienti atteso j ~ che gli avvocati e procuratori solamente per i crediti verso di essi possono giovarsi della norma in questione. Ed allora la dedotta discriminazione pi propriamente consisterebbe in ci che unicamente agli avvocati e procuratori attribuito il detto potere ex art. 637, comma terzo, ~ i e non anche a tutti gli altri cittadini (ivi compresi i clienti dei detti ~ professionisti) e che correlativamente all'indicata posizione attiva, riconosciuta agli avvocati e procuratori, si avrebbe quella di soggezione dei I clienti degli stessi. E va ancora tenuto presente che il disposto della norma de qua I acquista pratico rilievo tutte le volte in cui il giudice cosi individuato non sia anche quello del luogo in cui risiede o ha domicilio l'ingiunto (siccome si 'osserva nella stessa ordinanza di rimessione) o quello del I luogo in cui sorta o deve eseguirsi l'obbligazione dedotta in giudizio, ai sensi degli artt. 18 e 20 del codice di rito, ovvero il capo dell'ufficio giudiziario che ha deciso la causa alla quale il credito si riferisce> (art. 637, comma secondo, dello stesso codice); e che quindi, l'ambito di effettiva applicazione della norma ben contenuto e limitato. 3. -Cos precisati i termini e la portata pratica del profilo di illegittimit costituzionale in same, il principio di eguaglianza non risulta violato. Gli avvocati e procuratori in vista e per il fatto dell'esercizio della professione, si trovano in una posizione che ha aspetti di peculiarit che oggettivamente la differenziano da quella di tutti gli altri presta 637 PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE tori d'opera intellettuale, in ordine alla corresponsione della remunerazione loro dovuta (sentenza n. 132 del 1974), ed certamente diversa rispetto a quella di tutti gli altri cittadini. Sono essi, infatti, tenuti a suprare esami di Stato o avere determinati requisiti o anzianit qualificanti, per potere essere iscritti agli albi e per potere esercitare la professione; e sono ancora tenuti, e tra l'altro, ad osservare nello svolgimento della loro attivit norme anche non scritte, sottosrtandb quindi, circa la loro condotta e sotto il profilo deontologico, al controllo del consiglio dell'ordine competente. E tali condizioni, limiti e limitazioni risultano posti a tutela dell'interesse di tutti i cittadini ed in particolare di quelli (che a loro volta possono anche essere dei professi.oniisti legali) che agli avvocati e procuratori si rivolgono per la difesa e rap presentanza in sede giudiziale o nella materia extragiudiziale. Gli avvocati e procuratori, d'altra parte, debbono avere la residenza nella circoscrizione del tribunale nel cui albo degli avvocati sono iscritti, e nel capoluogo del circondario nel quale sono iscritti nell'albo dei procuratori, e onde far fronte ad un'esigenza ognora crescente, sono portati ad organizzare adeguatamente la loro attivit di lavoro autonomo. E la scelta della sede, nella unitariet dei suoi effetti, non pu rilevare in favore di chi legittimamente la compia. La qualit di professionista legale il riflesso soggettivo di una disciplina a cui sottostanno interessi pubblici o collettivi ed in cui concorrono mezzi e modi di tutela, appropriati e coerenti. Essa, quale entit materiale e giuridica, non si presta ad essere esaminata analiticamente, ma deve essere valutata in s, e per ci le singole norme, da cui si originano gli effetti giuridici particolari (e cosi quella della cui legittimit costituzionale si,dubita), vanno, in sede di controllo della loro conformit a Costituzione, considerate nel loro complesso. Non si pu quindi prescindere dall'ampiezza e portata che ha la tutela giurisdizionale prevista in favore di codesti professionisti. Essi, per conseguire le loro pretese di carattere patrimoniale nei confronti dei clienti, possono adire il magistrato dando vita ad un ordinario processo di cognizione o chiedendo l'emissione di un decreto ingiuntivo o giovandosi della speciale procedura di cui all'art. 28 della legge 13 giugno 1942, n. 794 (e successive modifiche). Ora, nell'ambito di tale normativa, relativamente alla quale questa Corte, a proposito della procedura da ultimo ricordata, non ha ravvisato l'illegittimit costituzionale di cui alla denuncia (sentenza n. 22 del 1973), rientra l'art. 637, comma terzo, del codice di procedura civile. Pertanto, l'attribuzione ai professionisti legali del potere di sce gliere unilateralmente, e giusta il criterio sopra riferito, la competenza per territorio in tema di procedimento per l'ingiunzione, appare suffi cientemente giustificata. / 638 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO N contrasta con il principio di eguaglianza il fatto che i clienti di professionisti legali si trovino nella detta posizione di soggezione, giacch questa affatto correlata a quella attiva e positiva dei professionisti legali e non pu di conseguenza non trovare in essa la propria base: le due categorie di soggetti sono diverse e se logico che ad una di esse spetti un potere con effetti nei confronti dell'altra, l'intera situazione giuridica a risultare razionalmente giustificata. Non si quindi in presenza di un ingiustificato privilegio, sibbene di una razionale agevolazione per una categoria di lavoratori autonomi. 4. -Non si ha, d'altra parte, la lamentata violazione del diritto di difesa. Secondo il giudice a quo, l'art. 24, comma secondo, della Costituzione non sarebbe rispettato perch il cliente, oltre a trovarsi nell'in~ dicato stato di soggezione, non avrebbe la possibilit di scegliere il proprio difensore intuitu personae, e perch sarebbe costretto a sopportare spese superiori a quelle a cui andrebbe incontro se il giudizio si svolgesse davanti al giudice del luogo di residenza o di domicilio dii esso diente, e !Pffi'Ch., in definitiva, il di:ritto dii difendersi del cliente sarebbe menomato per ci,che potrebbe proporre opposizione al decreto ingiuntivo concesso ai sensi dell'art. 637, comma terzo, solo colui che fosse in grado di sopportare i detti pi elevati costi processuali. Senonch, in contrario, va rilevato che nei confronti di tutti gli esercenti la professione legale iscritti nei relativi albi, si pu e si deve ,presu[ppol'lre una 1generrea fiducia, coone 11.'ifl.esso delle qualit da essi normalmente possedute, e che quindi alla scelta il cliente pu attendere con facilit e sicurezza anchE! se il processo si svolge in una sede diversa da quella che gli sia abituale; e che l'impossibilit o la notevole difficolt nell'operare la scelta del difensore intuitu personae non ricorrono neppure quando per la migliore assistenza e rappresentanza siano richieste particolari attitudini o specializzazioni nel professionista, perch in tal caso, dovunque si svolga il processo, non mancano i mezzi perch il cliente si possa rivolgere al professionista pi adatto. Tutt'al pi possono aversi semplici difficolt di ordine pratico, ma queste non mancano in ogni processo e per nessuna delle parti e per ci solo non comportano alcuna rilevante menomazione del diritto di difesa. C' poi da tener presente che per il fatto di doversi difendere in localit diversa dalla residenza o dal domicilio, il cliente non incontra in ogni caso e necessariamente maggiori spese: il conferimento del mandato ed i contatti con il professionista possono aver luogo in vari modi e senza rilevante aggravio di spesa. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZINALE 639 Comunque, l'eccedenza di spesa, ammesso che in concreto ci sia, non regola tale da mettere il cliente di fronte alla alternativa di provvedere o rinunziare alla difesa. Infine, e conclusivamente, esclusa la contrariet al principio di eguaglianza della norma denunciata e considerate, quindi, adeguatamente giustificate le posizioni del professionista e del cliente in ordine alla scelta del foro, non pu non rilevare che proprio da tale scelta dipenderebbe l'eventuale maggiore costo del processo per il cliente. ( Omissis).. CORTE COSTITUZIONALE, 11 giugno 1975, n. 139 -Pres. Bonifacio - Rel. Amadei -Esposito c. Brasiello. Procedimento civile -Capacit di testimoniare -Testi minori degli anni 14 Esclusione in casi particolari -Illegittimit costituzionale -Fondatezza. (c.p.c., art. 248). illegittimo, con riferimento all'art. 3 Cost., l'art. 248 c.p.c:, laddove esclude che siano capaci di testimoniare i minori degli anni 14, salvi i casi in cui la loro audizione sia resa necessaria da particolari circostanze (1). (1) Cfr., ,sull'art. 247, Corte Cost. 23 luglio 1974, n. 248, in questa Rassegna 1974, I, 1338. CORTE COSTITUZIONALE, 19 giugno 1975, n. 146 -Pres. Bonifacio - Rel. Reale -Negozio e Presidente Consiglio Ministri (sost. avv. gen. Stato Azzariti). Pena -Pena restrittiva della libert personale -Esecuzione -Condannato in istato di infermit psichica -Ricovero in manicomio giudiziario Sospensione della pena -Illegittimit costituzionale. (cod. pen,, art. 148). illegittimo, con riferimento all'art. 3 Cost., l'art. 148 cod. pen. nella parte in cui prevede che il giudice, nel disporre il ricovero in manicomio giudiziario del condannato caduto in stato di infermit psichica durante l'esecuzione della pena restrittiva della libert personale, ordini che la pena medesima sia sospesa, ed anche nella parte in cui prevede che il giudice ordini la sospensione della pena nel caso in cui 640 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO il condannato sia ricoverato in una casa di cura e di custodia ovvero in un 'manicomio cmune (ospedale psichiatrico) (1). (1) Sulle differenze tra custodia preventiva e pena cfr. Corte Cost. 4 maggio 1970, n. 64 in questa Rassegna 1970, I, 369 e 18 luglio 1973, n. 147, ivi, 1974, I, 32. CORTE COSTITUZIONALE, 19 giugno 1975, n. 151 -Pres. Bonifacio - Rel. Capolozza, Santerini e Moro. Querela Remissione Morte della persona offesa Intrasmissibilit del diritto di remissione Illegittimit costituzionale. (cod. pen., art. 156). illegittimo, in riferimento all'art. 3 della Cost., l'art. 156 cod. pen. nella parte in cui non attribuisce l'esercizio del diritto di remissione della querela agli eredi della persona offesa dal reato, allorch tutti vi consentano. CORTE COSTITUZIONALE, 19 giugno 1975, n. 152 '" Pres. Bonifacio - Rel. Reale -Tavilla c. Soc. Fonti di Baceno -Presidente Consiglio Ministri (sost. avv. gen. Stato Carafa). Lavoro Licenziamenti illegittimi Tutela del lavoratore Requisiti soggettivi del lavoratore -Questioni infondate di costituzionalit. (1. 20 maggio 1970, n. 300; artt. 18, 35). infondata, in riferimento agti artt. 3, 4, 35 Cost., la questione di legittimit costituzionale dell'art. 35, l'o comma, legge 20 maggio 1970, n. 300 (statuto dei lavoratori), per il quale l'art. 18 viene applicato a ciascuna sede, stabilimento, filiale, ufficio o reparto autonomo di imprese industriali e commerciali che occupi pi di 15 dipendnti e, per quanto attiene alle imprese agricole, a quelle che, nel loro complesso, occupano pi di 5 dipendenti {1). infondata, in riferimento agli artt. 3, 4, 35 Cost., la questione di legittimit costituzionale dell'art. 35, secondo comma della legge n. 300 del 1970, per il quale l'art. 18 si applica anche alle imprese commerciali e industriali, che nello stesso comune occupino pi di 15 dipendenti e a quelle agricole che, nel medesimo ambito territoriale, abbiano pi di cinque dipendenti, pur quando ciascuna unit produttiva, singolarmente considerata, non raggiunga tale limite (2). (1-2) Cfr. Corte Cost. 14 aprile 1969, n. 81 e 6 marzo 1974, n. 55, in Foro it., 1969, I, 1384 e 1974, I, 959 con richiami. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE CORTE COSTITUZIONALE, 26 giugno 1975, n. 157 -Pres. Bonifacio - Rel. Volterra -Presidente Regione Siciliana (avv. Sansone) c. Presidente Consiglio Ministri (sost. avv. gen. Stato Savarese). Imposte e tasse in genere Tributi locali soppressi m attuazione della riforma tributaria Attribuzione di somme, in sostituzione di quei tributi, agli enti locali Criteri di determinazione Spettanza allo Stato. Spetta allo Stato, e non alle Regioni (nella specie Regione Siciliana), il potere di emanare circolari (circolare 19 dicembre 1972, n. 19 del Ministero delle Finanze) contenenti disposizioni per l'attribuzione di somme agli enti indicati nell'art. 14 della legge 9 ottobre 1971, n. 825, in sostituzione di tributi, contributi e compartecipazioni e norme per la delegabilit delle entrate. (Omissis). -1. -Il Presidente della Regione siciliana ricorre avverso la circolare del Ministero delle finanze -Direzione generale dei servizi per la finanza locale n. 19 del 19 dicembre 1972, n. 10/4265 (avente come oggetto d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 638. Disposizioni per l'attribuzione di somme agli Enti indicati nell'art. 14 della legge 9 ottobre 1971, n. 825, in sostituzione dei tributi, contributi e compartecipazioni e norme per la delegabilit delle entrate), nella parte in cui dispone che l'attribuzione delle somme agli Enti locali, in sostituzione di tributi e compartecipazioni soppressi in attuazione della riforma tributaria, va fatta calcolando solo il gettito dei tributi erariali riscossi nel territorio dello Stato, con esclusione del gettito dei tributi attribuiti alla Regione in base allo Statuto ed alle norme di attuazione di cui al d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074. La circolare precisa che, per quanto concerne la determinazione delle somme da attribuire ai Comuni e alle Provincie della Sicilia in sostituzione della compartecipazione all'IGE, deve farsi riferimento alle sole quote attribuite a carico dello Stato, con esclusione, cio, di quelle poste a carico della Regione. La medesima circolare dispone che, per quanto attiene alle somme da distribuire ai Comuni in sostituzione delle compartecipazioni sui diritti erariali, sui pubblici spettacoli o sull'imposta unica sui giochi di abilit e sui concorsi pronostici, atteso che le compartecipazioni del genere nella Regione siciliana non vengono erogate dallo Stato, le Intendenze di finanza dovranno astenersi dall'attribuire somme sostitutive a tale titolo. Nelle sue conclusioni la Regione chiede che le somme da pagare agli Enti locali ai sensi del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 638, in sostituzione delle entrate loro derivanti per le quote di gettito di tributi soppressi vengano dichiarate interamente a carico dello Stato in tutto il territorio nazionale compreso quello della Regione siciliana e sia altres RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dichiarato che sino all'emanazione di apposite norme con la procedura di cui all'art. 12, comma secondo, n. 4, del d.l. 1972, n. 638, il gettito dei tributi afferenti al bilancio regionale spetta alla Regione senza vincoli di corrispondere agli Enti locali i contributi sostitutivi di importi che spettavano loro in base alle precedenti disposizioni per riscossione di tributi, contributi e compartecipazioni a tributi erariali attualmente soppressi. Chiede altres l'annullamento della circolare impugnata. 2. -Come esattamente rilevato dall'Avvocato dello Stato e come si preciser pi oltre, la Regione non legittimata a dolersi della asserita incidenza della circolare, o delle norme di legge di cui questa ha inteso fare applicazione, sulla sfera di autonomia dei comuni o sulle situazioni giuridiche di loro pertinenza. La Regione assume per che la circolare, e la su richiamata disciplina della legge del 1972, (qualora si ritenesse che la circolare sia ad essa conforme), siano invasive delle proprie attribuzioni. Ci in quanto la circolare, disponendo che, per la determinazione delle somme da attribuire ai Comuni e alle Provincie della Sicilia, in sostituzione delle compartecipazioni dell'IGE, dovr farsi riferimento alle sole quote attribuite a carico dello Stato, avrebbe posto a carico della Regione l'onere di attribuire ai Comuni e alle Provincie per il periodo considerato le somme corrispondenti alla differenza che era stata versata da essa Regione ai Comuni, in base alla legge regionale del 1953, per conto dello Stato. Senonch la pretesa invasione non sussiste. Le disposizioni relative alla determinazione delle somme da attribuire agli Enti locali della Sicilia in sostituzione di tributi soppressi impartite con la circolare ministeriale 29 dicembre 1972, non toccano in alcuna maniera le attribuzioni della Regione siciliana. N le toccano gli artt. 1, 3, 4, 14, 21 del d.P.R. n. 638 del 1972. Un confronto di queste norme con quelle regolatrici del sistema precedente alla riforma tributaria (legge 2 luglio 1952, n. 703, art. 1, art. 3, modificati dagli artt. 21 e 17 della legge 16 settembre 1960, numero 1014, e dagli artt. 8 e 9 della legge 3 febbraio 1963, n. 56, e dagli artt. 11 e 12 della legge 22 dicembre 1969, n. 964) lo dimostra chiaramente. Prima della riforma ai Comuni che applicavano l'imposta di famiglia o quella sul valore locativo, le imposte sui consumi, le sovraimposte sul reddito dei terreni e dei fabbricati, l'imposta sulle industrie, i commerci, le arti, le professioni, competeva annualmente una quota del provento complessivo netto dell'IGE riscossa nel terzo esercizio precedente quello in cui la quota stessa veniva ripartita con ulteriore quota a favore dei Comuni montani o situati in piccole isole. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE Dato che l'IGE percetta in Sicilia era riscossa dalla Regione, quest'ultima provvedeva a effettuare i versamenti delle relative somme agli enti locali quale anticipo sulle quote do.vute dallo Stato e per conto dello stesso, al quale le somme venivano accreditate, salvo eventuali conguagli. Con la legge regionale siciliana 2 maggio 1953, n. 33, la Regione stabiliva di contribuire al fondo previsto dall'art. 1 della legge dello Stato 2 luglio 1952, n. 703, con una somma, da accreditarsi allo Stato, corrispondente all'll % del provento complessivo dell'imposta generale sull'entrata di spettanza della Regione ai sensi dell'art. 36 dello Statuto, riscosso nell'esercizio finanziario precedente ed accreditto allo Stato. Questo contributo era ripartito dalla Regione per conto dello Stato fra le amministrazioni comunali e provinciali della Regione proporzionalmente alla popolazione residente in base ai dati del censimento ufficiale, a titolo di acconto sulle quote dell'amministrazioni comunali e provinciali spettanti a norma degli artt. 1, 2, 3 e 4 della legge 2 luglio 1952, n. 703, effettuandosi la liquidazione definitiva con i criteri e le modalit di cui al decreto ministeriale 26 luglio 1952, salvo gli eventuali conguagli fra lo Stato e la Regione. Con l'introduzione della nuova normativa tributaria, il legislatore ha sostituito all'obbligo che lo Stato si era assunto di devolvere quota del gettito ad esso spettante a favore degli Enti locali, quello di corrispondere, in sostituzione delle quote di compartecipazione ai tributi erariali aboliti, somme di importo pari a quelle dallo stesso corrisposte fino al 31 dicembre 1972. La circolare impugnata impartisce disposizioni alle Intendenze di ,finanza per l'effettuazione di tali corresponsioni a carico dello Stato per il periodo transitorio corrente sino al 31 dicembre 1977, data in cui entrer in funzione il nuovo sistema dei tributi locali. evidente che la circolare non dispone circa le somme sostitutive del contributo di cui la Regione con la citata legge regionale n. 33 del 1953 si era assunta l'onere di ripartire fra le amministrazioni comunali e provinciali della Sicilia. Trattasi infatti di un onere che trovava la sua fonte in un autonomo provvedimento della Regione. Le su citate disposizioni della legge del 1972 non costituiscono titolo per una pretesa degli Enti locali verso la Regione siciliana. N lo costituisce la circolare impugnata. Essa non introduce modi fiche a disposizioni legislative statuali, n confligge in alcun modo con l'autonomia della Regione, n tocca la sua sfera di competenza e i suoi rapporti con le Provincie e i Comuni, e tanto meno crea aggravi al bilancio regionale. Non sussiste perci la pretesa invasione delle attribuzioni della Regione. Restano quindi assorbite le questioni di legittimit costituzionale, prospettate dalla difesa della parte ricorrente, sull'erroneo presupposto RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 644 che le norme denunciate siano titolo per un aggravio al bilancio regionale. 3. -Per quanto attiene all'asserita lesione dell'autonomia degli enti locali e dei loro diritti, non si vede in base a quali norme la Regione possa essere legittimata a sollevare conflitti d'attribuzione avanti la Corte costituzionale per pretese violazioni dello Statuto regionale che incidono sugli interessi delle Provincie e dei Comuni e non sulla sfera di interessi regionali. N la Costituzione n lo Statuto siciliano prevedono sotto nessuna forma la sostituzione processuale per i giudizi costituzionali della Regione alle Provincie e ai _Comuni e tanto meno l'art. 15 dello Statuto che sancisce anzi la pi ampia autonomia amministrativa e finanziaria degli Enti locali. N dalla circostanza che le Provincie e i Comuni non siano legittimati a sollevare conflitti di compet~nza costituzionali pu desumersi che nel silenzio della legge, questa legittimazione spetti alla Regione. Nell'ordinamento italiano sono previsti altri mezzi per salvaguardare di fronte allo Stato l'autonomia o gli interessi che si pretendano violati delle Provincie e dei Comuni, quali i giudizi di costituzionalit.in via incidentale contro leggi che ledano rtale autonomia e i rimedi giurisdizionali ordinari avverso atti non legislativi. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 26 giugno 1975, n. 159 -Pres. Bonifacio - Rel. -Astuti -Rizzo c. Fallimento Cooperativa Madonna di Porto Salvo -Presidente Consiglio Ministri( sost. avv. gen. Stato Carafa). Fallimento -Fallimento e liquidazione coatta amministrativa -Speciale e diversa disciplina normativa Concorso dell'una o dell'altra per talune imprese Illegittimit costituzionale -Esclusione. (r.d. 16 marzo 1942, n. 267; artt. 2, 196, 202; e.e., art. 2540). Non fondata, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., la questione di legittimit costituzionale degli artt. 2, 196, 202 r.d. 16 marzo 1942, n. 267 (nonch dell'art. 2540 e.e.), laddove prevista una disciplina no1mativa diversa per la liquidazione coatta amministrativa e per la ordinaria procedura fallimentare ed un regime di concorso dell'uno o dell'altro istituto per talune categorie di imprese (soc. cooperative aventi per oggetto una attivit commerciale) (1). (1) Cfr. su altri aspetti della questione, Corte Cost. 17 aprile 1969, n. 87, in questa Rassegna 1969, I, 621. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE (Omissis). -La questione non fondata. I dubbi prospettati nelle ordinanze di rimessione investono da un canto l'istituto della liquidazione coatta amministrativa, per la speciale disciplina normativa diversa da quella dell'ordinaria procedura fallimentare, e si appuntano d'altro canto contro il regime di concorso tra fallimento e liquidazione ammesso dalla legge per talune categorie di imprese, come le societ cooperative aventi per oggetto un'attivit commerciale (cfr. art. 2540 codice civile). Per quanto concerne la legittimit costituzionale della vigente disciplina dell'istituto nei suoi caratteri generali, questa Corte ha gi avuto occasione di dichiarare, -con espresso riferimento agli effetti della liquidazione coatta amministrativa nei confronti dei creditori ed alla speciale procedura amministrativa di accertamento del passivo come tale disciplina sia giustificata dalle finalit pubblicistiche connesse alla attivit delle diverse categorie di imprese ad essa soggette, le quali, sebbene si avvaligano [Pirevalentemente di strutture ed attivit ricadenti nella sfera del diritto privato, involgono tuttavia molteplici interessi, o perch attengono a particolari settori della economia nazionale, in relazione ai quali lo Stato assume il compito della difesa del pubblico affidamento, o perch si trovano in rapporto di complementarit, dal punto di vista teleologico e organizzativo, con la pubblica amministrazione . Per le stesse ragioni che giustificano gli interventi della pubblica amministrazione, mediante la vigilanza sugli organi, nonch l'ingerenza e i controlli sulle attivit delle imprese medesime,... non pu non competere a questa il presiedere alla liquidazione coatta di tali imprese, anche quando ne sia dichiarato lo stato di insolvenza, designandone l'organo liquidatore e controllando l'attivit dello stesso, compresa quella diretta, in particolare, all'accertamento del passivo (sentenza n. 87 del 1969). ConseJituentemente, questa Corte ha altres ritenuto che non sussiste alcuna sostanziale violazione del principio enunciato dall'art. 24, primo comma, della Costituzione, n per il fatto che il procedimento amministrativo (ma pur esso inteso a dare attuazione al criterio della par condicio creditorum) si svolga a cura di un commissario liquidatore, senza l'immediato intervento dell'autorit giudiziaria, diversamente da quanto previsto per l'ordinaria procedura fallimentare, n per le temporanee limitazioni imposte ai creditori per la tutela dei loro diritti, che essi possono far valere anche avanti l'autorit giudiziaria nei modi. e nei tempi prescritti dalla legge fallimentare, rimanendo comunque escluso, in virt dei principi generali dell'ordinamento, che un temporaneo ma indeclinabile e tassativo impedimento all'esercizio dell'azione, disposto dalla legge, possa condurre alla perdita del diritto soggettivo . L'innegabile carattere amministrativo della liquidazione e la prevalente considerazione degli interessi generali, nelle diverse fattispecie 646 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO di liquidazione coatta amministrativa disciplinate dalla legge, non comportano una riduzione dei controlli giurisdizionali tale da abbandonare alla discrezionalit di apprezzamento del commissario liquidatore e dell'autorit amministrativa lo svolgimento della procedura, con ingiustificato sacrificio dei diritti dei creditori e con limitazione dei mezzi di tutela giuridica lesiva del precetto costituzionale. Al contrario, il legislatore si preoccupato di assicurare adeguate forme di controllo giurisdizionale nelle diverse fasi del procedimento amministrativo, ed ha dettato, nella stessa legge fallimentare, a conclusione della disciplina generale delle procedure concursuali, un complesso di norme comuni a tutte le specie di liquidazione coatta amministrativa, proprio per la tUtela dei diritti individuali dei creditori. Come stato autorevolmente osservato, queste norme comuni riguardano appunto il momento .giurisdizionale della liquidazione, per il quale valgono precisamente i principi sistematici che regolano il fallimento e le procedure concursuali in genere; talch si pu fondatamente concludere che la liquidazione coatta realizza una forma di collaborazione tra l'autorit amministrativa e l'autorit giudiziaria, per la coordinata tutela dell'interesse pubblico e degli interessi privati, pienamente compatibile con il vigente ordinamento costituzionale. 3. -Le suesposte considerazioni valgono sicuramente anche in rapporto allo speciale regime sancito dall'art. 2540 del codice civile per il caso di insolvenza delle societ cooperative aventi ad oggetto un'attivit commerciale. Lo scopo mutualistico e' le finalit sociali, che hanno indotto il legislatore a dettare per queste societ una particolare disciplina normativa, diversa da quella comune alle altre imprese commerciali, agenti unicamente per scopo di lucro, giustificano anche l'adozione del regime di concorso tra liquidazione coatta amministrativa e fallimento, il quale pertanto non integra, di per s, alcuna violazione del principio di eguaglianza per disparit di trattamento rispetto alla generalit delle imprese soggette al regime ordinario del fallimento. Per quanto concerne, in particolare, i poteri e mezzi di tutela riconosciuti dalla legge ai creditori delle imprese soggette tanto alla liquidazione quanto al fallimento, vero che i creditori non possono chiedere il provvedimento di liquidazione coatta amministrativa, che questo provvedimento preclude la dichiarazione di fallimento (art. 196 r.d. 16 marzo 1942, n. 267), e che l'eventuale successivo accertamento dello stato di insolvenza pu essere effettuato dal tribunale solo su ricorso del commissariO liquidatore o su istanza del pubblico ministero (art. 202 del citato decreto). Ma occorre non dimenticare che i creditori di queste imprese possono chiedere la dichiarazione di fallimento a norma dell'art. 6 della legge fallimentare, e che tale dichiarazione preclude la 647 PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZI!\ COSTITUZIONALE liquidazione coatta amministrativa (art. 196 citato), sicch, nella carenza o inerzia dell'autorit amministrativa competente ad ordinare la liquidazione, hanno ogni libert di iniziativa per promuovere l'inizio della ordinaria procedura concursuale. Anche il regime di concorso elettivo tra le due procedure in base al criterio della prevenzione non pu dirsi meramente c!lsuale o arbitrario, poich risponde, come unica soluzione tecnicamente possibile, alla duplice esigenza di consentire ad un tempo la tutela degli interessi generali, affidata alla pubblica amministrazione, e la tutela degli interessi particolari dei creditori, la cui iniziativa, se tempestivamente assunta, ed accolta dal tribunale, ha l'effetto di precludere la liquidazione. D'altra parte, ben si comprende la diversa disciplina stabilita dagli artt. 195 e 202, per cui, trattandosi di impresa soggetta solo a liquidazione coatta amministrativa, i creditori sono ammessi a chiedere al tribunale la dichiarazione dello stato di insolvenza, che verr trasmessa all'autorit competente perch disp.onga la liquidazione; mentre dopo disposta la liquidazione, tanto se il fallimento sia escluso quanto se sia ammesso, il tribunale potr procedere all'accertamento dello stato di insolvenza soltanto su ricorso del commissario liquidatore o su istanza del pubblico ministero. In entrambi i casi, i creditori che non abbiano ritenuto di avvalersi tempestivamen{e delle facolt oro accordate dall'art. 195 e dall'art. 196 (in correlazione con l'art. 6), non possono dolersi per la successiva privazione dei mezzi di tutela ad essi offerti dalla legge in via preventiva; l'iniziativa del commissario liquidatore e del pubblico ministero subentra, infatti, solo quando, pur sussistendo lo stato di insolvenza al momento della disposta liquidazione, nessuno ne avesse chiesto la d:ichiatl'azione. 4. -Ai fini ed effetti dell'eventuale accertamento dello stato di insolvenza nel corso della liquidazione, si deve rionoscere che una sufficiente garanzia fornita proprio dal potere di iniziativa del commissario liquidatore e del pubblico ministero, ai quali i creditori, e per essi anche il comitato di sorveglianza, hanno in ogni momento la possibilit di rappresentare le loro istanze. Giova ricordare che il liquidatore, al pari del curatore, per quanto attiene all'esercizio delle sue funzioni, pubblico ufficiale, tenuto ~d adempiere con diligenza ai doveri del proprio ufficio ed a svolgere tutte le operazioni del procedimento secondo le direttive dell'autorit che vigila sulla liquidazione e sotto il controllo del comitato di sorveglianza, e soggetto a revoca e ad azione di responsabilit (cfr. artt. 199, 204 e seguenti), nonch alle eventuali sanzioni penali richiamate dall'art. 237. Anche sotto questo profilo, appare pertanto ingiustificato il dubbio che il procedimento di liquidazione coatta amministrativa, in quanto 648 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO diretto al conseguimento di finalit pubblicistiche di interesse generale, comporti una menomazione della tutela giuridica dei diritti ed interessi dei creditori, con disparit di trattamento priva di ragionevole motivazione, sia per i creditori sia per le imprese che vi sono soggette, rispetto al normale regime delle procedure fallimentari. Propri per quanto concerne la soddisfazione delle pretese creditorie, non sar inutile ricordare che l'intervento della pubblica amministrazione, come esperienze notorie hanno dimostrato, si concreta non soltanto nel controllo delle operazioni di liquidazione per tutela di interessi generali, ma molto spesso anche mediante provvedimenti di carattere economico e finanziario, diretti, in varie forme, a circoscrivere i danni determinati dalla crisi delle imprese, sia nei confronti dei lavoratori dipendenti, sia nei confronti dei creditori. Infine, anche in ordine alla posizione dei responsabili delle imprese sottoposte a liquidazione, non si pu ravvisare alcuna apprezzabile disparit di trattamento, nemmeno sotto il profilo delle eventuali sanzioni penali, perch, quando sia stato giudizialmente accertato lo stato di insolvenza, trovano piena applicazione, con effetto dalla data del provvedimento he ordina la liquidazione, oltre alle disposizioni della legge sul fallimento relative agli atti pregiudizievoli ai creditori e all'esercizio delle zioni revocatorie, anche nei riguardi dei soci a responsabilit illimitata, tutte le disposizioni penali degli artt. 216 e seguenti, nei confronti dei soci, amministratori, direttori generali, liquidatori e componenti degli organi di vigilanza delle imprese in questione (cfr. art. 203 legge fallimentare). Anche sotto questo ultimo profilo la dedotta questione di costituzionalit si rivela dunque priva di fondamento, tanto in rapporto all'art. 3 quanto all'art. 24 della Costituzione. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 26 giugno 1975, n. 162 -Pres. Bonifacio - Rel. Rossi -Giberti. Procedimento penale -Istruzione sommaria -Nullit -Termine per even tuali deduzioni -Decorrenza -Illegittimit costituzionale. (c.p.p., art. 401) illegittimo l'art. 401 c.p.p. nella parte in cui fa decorrere il termine di cinque giorni per la deduzione delle nullit relative intercorse nell'istruzione sommaria, dalla notifica all'imputato del decreto di citazione a giudizio anzich dalla notificazione al difensore dell'avviso della data fissata per il dibattimento. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 649 CORTE COSTITUZIONALE, 26 giugno 1975, n. 165 -Pres. Bonifacio - Rel. Gionfrida -Inam c. Basile. Procedimento penale Azione civile Formula assolutoria Inammissibilit dell'azione da parte di soggetti rimasti estranei al processo penale Illegittimit costituzionale. (c.p.p., art. 25). illegittimo l'art. 25 c.p.p. nella parte in cui dispone che l'azione civile non pu essere proposta (perseguita o 1iproposta) davanti al giudice civile (o amministrativo) -quando in seguito a giudizio stato dichiarato che il fatto non sussiste (che l'imputato non lo ha commesso o che il fatto fu compiuto nell'adempimento di un dovere, ecc.) -, anche da parte di soggetti rimasti estranei al giudizio penale, perch non legittimati a costituirsi parte civile o comunque, di fatto, non posti in grado di parteciparvi (1). (Omissis). -1. -Con riferimento alla fattispecie particolare dell'assicuratore surrogatosi nei diritti dell'assicurato verso i terzi responsabili ex art. 1916 del codice civile -il quale, secondo l'opinione in dottrina dominante, non pu, in quanto non direttamente danneggiato dal reato, costituirsi parte civile nel procedimento contro l'autore del danno -ed avendo, per altro, riguardo alle ipotesi, in genere, di soggetti non legittimati all'esercizio dell'azione civile ex artt. 22 e 23 del codice di procedura penale o, comunque, non posti, in concreto, in grado di partecipare al giudizio penale, dubita -come detto -il giudice a quo, della legittimit, in riferimento all'art. 24 della Costituzione, dell'art. 25 cod. proc. pen., per la parte, appunto, in -cui tale norma fa divieto, anche ai soggetti anzidetti, di proporre l'azione restitutoria o riparatoria in sede civile ove il giudizio penale (cui i soggetti stessi sono, per quanto detto, rimasti estranei) si sia concluso con una delle enunciate formule assolutorie. 2. -La questione fondata. La preclusione -sancita dalla norma impugnata -ad esercitare l'azione in sede civile, in dipendenza della formula assolutoria con cui siasi concluso il giudizio penale -ove riferita a soggetti che a detto giudizio sono rimasti estranei, in quanto per qualsivoglia ragione non legittimati a .costitui11si in ersso parte civ.ile o, comunque, di fatto non (1) Cfr. la sentenza richiamata in motivazione: Corte Cost. 22 marzo 1971, n. 55, in Giur. cost. 1971, 573 e 27 giugno 1973, n. 99, ivi, 1973, I, 1063. 650 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO posti in grado di parteciparvi -contrasta, invero, con il diritto della difesa garantito dall'art. 24 della. Costituzione. La violazione di tale pr~cetto o della connessa esigenza di un effettivo e reale contraddittorio non , d'altra parte; neppure giustificabile sulla base di presunte ragioni di economia processuale o della esigenza di evitare contraddizioni fra giudicati: come qu~sta Corte ampiamente ha rilevato con le precedenti pronunzie n. 55 del 1971 e n. 99 del 1973, con le quali ha dichiarato l'illegittimit costituzionale, rispettivamente, dell'art. 28 e dell'art. 127 cod. proc. pen., per la parte in cui, anche tali norme, estendevano il previsto vincolo -del giudicato penale sull'azione civile conseguente -anche nei confronti di soggetti al giudizio stesso rimasti estranei. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 26 giugno 1975, n. 166 -Pres. Bonifacio - Rel. Gionfrida -Casali. Procedimento penale Parte civile -Costituzione -Ordinanza che respinge la richiesta -Inammissibilit dell'impugnazione. (c.p.p., artt. 99, 100, 190). infondata, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., la questione di legittimit costituzionale degli artt. 190, 99 e 100 c.p.p, nella parte in cui non consentono l'impugnazione dell'ordinanza che respinge la richiesta di costituzione di parte civile (1). (1) Cfr. Corte Cost. 27 gennaio 1970, n. 1, in questa Rassegna 1970, I, 1. CORTE COSTITUZIONALE, 3 luglio 1975, n. 169 -Pres. Bonifacio - Rel. Reale -Caivano. Procedimento penale -Parte civile Persona offesa dal reato o querelante Decesso avvenuto prima della costituzione di parte civile Decreto di citazione a giudizio Notifica agli eredi Mancata previsione -Ille gittimit costituzionale Infondatezza. (c.p.p., art. 408). infondata, in riferimento all'art. 24 Cost., la questione di legittimit cos.tituzionale dell'art. 408 c.p.p., laddove non previsto che, in caso di decesso della persona offesa da reato o del querelante, non 651 PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE ancora costituito parte civile, il decreto di citazione a giudizio sia notificato agli eredi (1). (1) V. anche Corte Cost. 28 dicembre 1971, n. 206 e 30 novembre 1971, n. 190, in questa Rassegna, 1971, I, 1332 e 1317. CORTE COSTITUZIONALE, 3 luglio 1975, n. 171 -Pres. Bonifacio - Rel. Rossano -Soc. Montedison (avv. Prosperetti) e Presidente Consiglio Ministri (sost. avv. gen. Stato Savarese). Lavoro -Controversia -Foro territoriale Competenza esclusiva del giudice del luogo ove si trova l'azienda Illegittimit costituzionale Infondatezza. (c.p.c., art. 434). Non fondata, in riferimento agli mtt. 3, 24 e 35 Cost., la questione di legittimit costituzionale dell'art. 434 c.p.c. che, nel prevedere per la cont1oversia di lavoro la competenza esclusiva del giudice del luogo in cui si trova l'azienda, determina un privilegio non ragionevole per il datore di lavoro (che pu esercitare il suo diritto di difesa nel luogo dove svolge la sua normale attivit) rispetto al lavoratore che deve sostenere l'aggravio dell'eventuale maggior costo del processo conseguente all'esclusione dei fori ordinari, generali e facoltativi (1). (1) In rapporto agli artt. 3 e 35 Cost. la questione di legittimit dell'art. 434 stato dichiarato non fondata con la sentenza 13 marzo 1974, n. 62, di questa Rassegna 1974, I, 564. CORTE COSTITUZIONALE, 3 luglio 1975, n. 173 -Pres. Bonifacio - Rel. De Marco -Lugli ed altri c. Ministero Finanze, Presidente Consiglio Ministri (sost. avv. gen. Stato Carafa). Imposta di successione Asse ereditario Detraibilit dei debiti cambiari Condizioni . Illegittimit costituzionale Infondatezza. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270, art. 45). infondata, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., la questione di legittimit costituzionale dell'art. 45 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270 (legge tributaria delle successioni), nella parte in cui statuisce la detraibilit dell'asse ereditario, ai fini della imposta di successione, dei debiti cambiari, alla sola condizione che essi risultino dai libri di commercio, regolarmente tenuti, del debitore o del creditore. 652 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). -Con le ordinanze di rinvio, infatti, la Corte di appello di Bologna denuncia a questa Cort il quinto comma dell'art. '45 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270 (legge tributaria sulle successioni) con il quale si dispone che i debiti del de cuius risultanti da cambiali o altri effetti possono essere dedotti dell'asse ereditario, tra l'altro, se risultino annotati nei libri di commercio, regolarmente tenuti, del debitore o del creditore, in quanto, data la meccanizzazione dei servizi adottata dagli istituti bancari, per effetto della quale le singole operazioni riguairdanti le cambiali non risultano registrate nei libri delle banche, non ne' pu essere fornita la prova attraverso di essi. Da questo dato di fatto, secondo il giudice a quo, deriverebbe la illegittimit di tale norma: a) per violazione dell'art. 3 della Costituzione sotto il duplice profilo di una irrazionale disparit di trattamento tra' debiti cambiari verso banche e debiti cambiari verso imprese diverse e di una del pari irrazionale disparit di trattamento tra debiti cambiari e debiti costituiti da saldi passivi di conti correnti per i quali, per effetto della legge n. 1038 del 1969, ammessa la detrazione mediante specifica documentazione rilasciata dalla banca creditrice; b) per violazione dell'art. 24 della Costituzione, in quanto nella situazione di fatto sopra specificata, si impedirebbe la detrazione dei debiti cambiari verso le banche, nonostante che all'erede sia riconosciuto il relativo diritto. 2. -Chiariti come sopra i termini delle questioni controverse necessario, anzitutto, stabilire quali siano il contenuto e le finalit dell'art. 45 della legge tributaria sulle successioni, considerato nel suo complesso. Tale norma, nel mentre riconosce che debbono essere ammessi in detrazione dall'asse ereditario i debiti certi e liquidi legalmente esistenti nel momento dell'apertura della successione, dispone in quali forme ed in quali modi ne debbano essere dimostrati i requisiti sopra elencati della legalit, della certezza, della liquidit, della esistenza al momento dell'apertura della successione. Sono, all'uopo, richiamati tutti i mezzi legali di prova pi rigorosi contemplati nell'ordinamento all'evidente fine di evitare eventuali frodi, facilmente ipotizzabili, come risulta in modo evidente dal secondo comma, laddove si esclude, in deroga a quanto disposto dal codice civile, che la data delle scritture private sia certa dal giorno della morte o della fisica impossibilit di scrivere di colui o di coloro che risultino averle sottoscritte. Nel quadro di questa esigenza di rigore probatorio, per i debiti di commercio esercitato nello Stato e per quelli risultanti da cambiali o altri effetti all'ordine, quando almeno una delle parti sia commerciante, } I i PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE dal quinto comma -,che quello la cui legittimit costituzionale contestata - ammessa, in via sussidiaria, la possibilit che la loro esistenza sia provata con la produzione dei libri di commercio regolarmente tenuti a norma di legge. Si detto in via sussidiaria, in quanto il comma in esame dispone che la prova attraverso i libri di commercio ammessa per quei debiti quando non si trovino nelle condizioni previste nei capoversi precedenti , ossia quando non possono essere provati con atto pubblico o scrittura privata di data certa. chiaro, peraltro, che questa disposizione, costituendo una deroga del sistema probatorio, cui si informa in tutto il suo contenuto l'art. 45, di stretta interpretazione e non consente estensioni analogiche. 3. -Alla stregua di quanto precede, le questioni sollevate con le ordinanze di rinvio non possono ritenersi fondate, in quanto: a) In tanto i debiti cambiari -che non siano documentabili negli altri modi preveduti dai commi primo e secondo dello stesso art. 45 -possono essere provati con le scritture dei libri di commercio, in quanto tali libri siano regolarmente tenuti a norma di legge Ove tale condizione non sussista, sia che si tratti di banche sia che si tratti di imprese di tipo diverso, vien meno l'efficacia probatoria in entrambe le ipotesi. Conseguentemente la dedotta violazione dell'art. 3 della Costituzione per disparit di trattamento tra debiti cambiari verso istituti bancari e debiti cambiari verso imprese diverse non sussiste. b) L'artcolo unico della legge 24 dicembre 1969, n. 1038, ammette, bens, la deduzione dall'asse er~ditario dei debiti derivanti da saldo passivo di conto corrente bancario, ma richiede, all'uopo, come prima condizione, la dimostrazione dell'integrale svolgimento del conto a partire dal 31 dicembre dell'anno anteriore all'apertura della successione o dall'ultimo saldo attivo, risultante da dichiarazione dell'istituto di credito autenticata o da estratto notarile, redatto sulla base delle registrazioni operate, anche per riassunto, sui libri inventari e giornale dello stesso istituto di credito. Poich questa condizione, per quanto riguarda i debiti cambiari non pu essere osservata, anche sotto questo profilo non sussiste la denunziata violazione dell'art. 3 della Costituzione. e) La osservanza dei limiti posti dalla legge nel sistema probatorio ispirata alla tutela della certezza dei rapporti giuridici, nell'interesse generale della collettivit cosicch non possono costituire per il singolo violazione del principio di difesa sancito dall'art. 24 della Costituzione. -(Omissis). SEZIONE SECONDA GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E INTERNAZIONALE I CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA EUROPEE, 4 febbraio 1975, nella causa 169/73 -Pres. Lecourt -Rel. Slrensen -Avv. gen. Trab.cchi -Compagnie Continentale France (avv. de Font-Reaulx) c. Consiglio dlle Comunit europee (ag. Vignes e prof. Boulouis). Comunit europee -Norme dell'Atto di adesione Possibili effetti pre giudizievoli Responsabilit extracontrattuale della Comunit -Configurabilit Esclusione. (Trattato CEE, art. 215, secondo comma; trattato di Bruxelles del 22 gennaio 1972, Atto di adesione, art. 55, nn. 1, 2, e 6). Comunit europee -Progetto di regolamento -Preventivo assenso del Consiglio delle Comunit europee Risoluzione informativa Man- cata segnalazione della possibilit di applicare criteri imposti dalle norme dell'Atto di adesione Responsabilit extracontrattuale del Consiglio delle Comunit europee -Sussistenza. (Trattato CEE, art. 215, secondo comma; risoluzione del Consiglio 20 luglio 1972, con allegato progetto di regolamento; regolamento del Consiglio 3.1 gennaio ' 1973, n. 229). Comunit europee -Responsabilit extracontrattuale Nesso causale tra comportamento e danno Estremi. (Trattato CEE, art. 215, secondo comma). I possibili effetti pregiudizievoli derivanti non gi dal comportamento delle istituzioni comunitarie, ma dalle stesse norme dell'Atto di adesione, che parte integrante del trattato concluso fra gli Stati membri, non possono dar luogo a responsabilit extracontrattuale della Comunit (1). Il Consiglio delle Comunit europee responsabile, ai sensi dell'art. 215, secondo comma, del trattato CEE, qualora ometta, in una (1-6) Sulla responsabilit della CEE per atto normativo. 1. -Le due interessanti decisioni vanno -segnalate per la ri1evanza di principio delle questioni discusse, concernenti il principio sulla tutela del legittimo affidamento, gli effetti deUa inosservanza di indicazioni fornite nell'esercizio di un potere discrezionale, le situazioni soggettive dei singoli rispetto a norme comunitarie, la ravvisabilit di diritti quesiti in ipotesi PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COM.UNITARIA E INTERNAZIONALE 655 risoluzione informativa volta a far conoscere agli operatori interessati i termini di un emanando regolamento, di ricordare l'esistenza di 1 norme (non considerate nel progetto di regolamento) che tenuto ad applicare e di ventilare la possibilit di una loro applicazione (2). In tema di responsabilit extracontrattuale il condizionante nesso causale tra il comportamento delle istituzioni comunitarie ed il danno sussiste quando il comportamento risulti tale da poter e dover indurre in errore una persona avveduta (3). II CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA EUROPEE, 14 maggio 1975, nella causa 74/74 -Pres. Lecourt -Rel. Sprensen -Avv. gen. Trabucchi -Comptoir Nationale Technique Agricole (avv. Pricaud) c. Commissione delle Comunit europee (ag. Bourgeois). Comunit europee -Responsabilit per atto normativo implicante scelte di politica economica -Presupposti. (Trattato CEE, art. 215, second comma). Comunit europee -Agricoltura -Organizzazioni comuni dei mercati Scambi di prodotti agricoli -Perturbazioni prodotte da provvedimenti valutari -Importi compensativi -Abolizione con effetto immediato Norme transitorie -Mancanza -Responsabilit della Comunit Configurabilit. (Regolamento del Consiglio 12 maggio 1971, n. 974; regolamenti della Com missione 9 luglio 1971, n. 141, 31 dicembre 1971, n. 17/72, 21 gennaio 1972; n. 142, e 26 gennaio 1972, n. 189). Comunit europee -Normativa comunitaria -Modifiche -Norme transitorie intese a garantire il rispetto del principio del legittimo affida mento -Mancanza -Responsabilit della Comunit -Configurabilit. (Trattato CEE, art. 215, secondo comma). La responsabilit della Comunit per il danno che i singoli possano aver subito in conseguenza di un atto normativg implicante scelte di politica economica sussiste unicamente, tenuto conto di quanto disposto dall'art. 215, secondo comma, del trattato CEE, in caso di violazione grave di una norma superiore intesa a ttelare i singoli (4). di -successione di norme, i limiti derivanti dall'interesse pubblko alla tutela degli interessi dei singoli, e la responsabilit della Comunit per atto normativo. 2. -Nella prima decisione, la responsabilit della Comunit (esclusa, in fatto, per difetto di nesso causale) stata affermata in quanto il Consiglio, nel rendere noto il proprio accordo sul testo del progetto di RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 656 La responsabilit della Comunit non esclusa qualora, non esistendo un inderogabile interesse pubblico contrapposto a quello dei singoli operatori economici, la Commissione abolisca, con effetto immediato e senza preavviso, gli importi compensativi in un determinato settore, senza adottare provvedimenti transitori che, almeno, consentano a detti operatori di evitare la perdita connessa all'esecuzione di contratti di esportazione il cui carattere reale e definitivo sia provato dalla prefissazione delle restituzioni, ovvern di essere risarciti di tale perdita (5). La Commissione che in difetto di un inderogabile interessi:! pubblico ometta di adottare, nel porre una nuova disciplina, norme transitorie intese a garantire il rispetto del legittimo affidamento che l'operatore poteva fare sulla previgente normativa viola una norma giuridica superiore, facendo perci sorgere la responsabilit della Comunit (6). I (Omissis). -In diritto. Col ricorso, presentato il 28 settembre 1973, si chiede che la Comunit economica europea sia condannata a versare la somma di FF 5.728.660,17 come risarcimento del danno che la ricorrente asserisce aver subito in seguito all'applicazione del sistema d'importi compensativi istituito dall'art. 55 dell'atto allegato al trattato 22 gennaio 1972, relativo all'adesione alla Comunit dei nuovi Stati membri. regolamento allegato alla presente risoluzione, che sar formalmente adottato de>po l'entrata in vigore del trattato' di adesione, non aveva tenuto presente il limite stabilito dall'art. 55, n. 6, dell'Atto di adesione, e non aveva quindi ,segnalato la possibilit che la misura degli importi compensativi, preventivata nel pre>getto di regolamento in un determinato ammontare, sarebbe potuta risultare vairiata, ed jn particolar.e diminuita, in applicazione dell'indicata disposizione; e ci nel rilievo che la risoluzione era stata adottata proprio per essere indispensabile che gli operatori economici venissero fin d'allora a conoscenza del contenuto delle future dispe>sizioni d"attuazione., e quindi ,per esser.si l'indicata omissione rieonosciuta atta a fa1saire il compito d'informazione assunto dal Consiglio ed a configurare una responsabiliit di quest'ultimo . La responsabilit extracontrattuale della Comunit, dedotta dalla parte ricorrente con richiamo alla teoria francese del faute de service (sulla responsabilit deUa pubblica ammintstrazione per indicazioni inesatte o promesse non mantenute), risulta affermata, in particolare, nonostante l'effi cacia di norma self executing dell'art. 55, n. 6, dell'Atto di adesione (rico nosciuta da entrambe le parti in causa), pur rilevandosi che tale dispo sizione non lasciava al Consiglio alcuna discrezionalit in merito alla sua applicazione ed quindi impossibile dedurre dal silenzio della risoluzione e dall'allegato progetto di regolamento che il Consiglio intendesse non PARTE I, SEZ. Il, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 657 Il n. 1, lettera a), del prdetto articolo dispone, in relazione agli scambi di determinati prodotti agricoli, che lo Stato importatore riscuota e lo stato esportatore versi tali i~porti al fine di compensare le differenze di livello dei prezzi che potrebbero sussistere fino al 1 gennaio 1978 fra i vecchi ed i nuovi membri della Comunit. Il n. 6 stabilisce, tuttavia, che l'importo compensativo riscosso o versato da uno Stato membro non pu essere superiore all'importo totale riscosso sulle importazioni dai paesi terzi. Nel secondo comma di detto numero per attribuita al Consiglio la facolt di derogare, su proposta della Commissione, alla norma sovrenunciata, in particolare per evitare deviazioni di traffico e distorsioni della concorrenz. Con risoluzione 20 luglio 1972 il Consiglio, considerando che la disciplina comunitaria in materia agricola si sarebbe applicata ai nuovi Stati membri a decorrere dal 1 febbraio 1973 e che le misure transitorie previste per facilitare l'adeguamento di tali Stati alle norme vigenti nella Comunit avrebbero dovuto essere accompagnate da disposizioni d'attuazione, esprimeva il proprio consenso circa un progetto di regolamento da adottarsi formalmente subito dopo l'entrata in vigore del trattato d'adesione. Il testo del progetto figurava in allegato alla risoluzione. applicaxla ., e per quanto irisultasse la contestata omissione comprensibile in ifelazione alla situazione allora esistente sul mercato mondiale, che non lasciava ancora prevedere n successivo aumento dei: prezzi . 3. -La Corte di giustizia, comunque, ha disatteso la impostazione prospettata, in particolare, dall'avv. gen. Trabucchi, e volta a far ravvisare, nella specie, un inadempimento del Consiglio ad una promessa fatta nell'esercizio di un potere discrezionale. NeHe prime conclusioni, invero, l'avv. gen. Trabucchi, aveva affermato che la ckcostanza che 'la risoluzione del 20 luglio 1972 fosse stata .adottata nell'oesercizio di un potere discrezionale (e la discrezionalit -precisava consiste qui, non solo nella scelta della disciplina preannunciata, ma anche nella stessa effettuazione dell'annuncio e della promessa ivi inerente, giacch niente obbligav:a il Consiglio a dare quell'informazione in quel momento) non esclude la validit dell'impegno liberamente assunto dal Consiglio, e quindi la responsabilit eventuale per un suo ingiustificato inadempimento ; e ci nella premessa che l'annuncio effettuato dal Consiglio mediante la pubbUcazione nella Gazzetta Ufficiale n. 86 del progetto di regolamento relativo alla determinazione delle norme generali del regime degli importi compensativi nel settore dei cereali, premettendovi una risoluzione con la quale esso esprimeva il proprio accordo su tale testo e affermava che esso sarebbe .stato formalmente adottato subito dopo l'entrata in vigore del trattato d'adesione, costituisce nn semplicemente un'informazione, ma pi ancora una piromessa nei confronti di tutti i soggetti interessati all'applicazione di questo testo . Seguiva quindi una esposizione comparativa dell'orientamento adottato nei vi;iri Stati membri Sulla questione della responsabilit della pubblica 4 658 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Nel quarto considerando della risoluzione si affermava essere in~ dispensabile che gli operatori economici venissero fin d'allora a conoscenza del contenuto delle future disposizioni d'attuazione, affinch il passaggio dai , sistemi nazionali vigenti nei nuovi Stati membri al sistema comunitario si effettuasse nelle migliori condizioni possibili. In relazione al commercio dell'orzo col Regno Unito il progetto contemplava, fino al 31 luglio 1973, n importo compensativo di 42;33 u.c. la tonnellata. Lo stesso importo s'applicava al frumento tenero denaturato. Nel progetto non si faceva alcun espresso riferimento all'ipotesi di cui all'art. 55, n. 6, dell'atto d'adesione. La risoluzione e l'allega1o progetto di regolamento venivano pubblicati sulla Gazzetta ufficiaie delle Comunit europee parte C (Comunicazioni), del 10 agosto 1972. Il regolamento del Consiglio 31 gennaio 1973, n. 229, relativo alle norme generali del regime degli importi compensativi nel settore dei cereali, riproduceva gli importi indicati nel progetto allegato alla amministrazione per inadempimento di prromesse 1effettuate nell'esercizio di un potere discr,ezionale ; con l'affermazione, in particolare, che in Italia non vi sono difficolt a riconoscere, in linea di principio, la responsabilit dell'ammintstrazione peT danni provocati da atti compiuti nell'esercizio di un potere dtscrezionale, quale pu essere quello d'infmmare le dmprese in merito al tenore di un compo,rtamento futuro della stessa 'amministrazione, quando nel compoxitamenfo dell'autoTit possa ravv~sarsi il'inosservanza di criteri ,elementaTi di diligenza e di prudenza Con 1a connessa violazione della norma fondamentale del neminem Laedere ; e 1sic 'I'i1evava che E' anche ammesso che l'inosservanza di disposizioni contenute in atti essenzialmente informativi quali sono le "-circolari" da lipar,te di uffici della stessa ammi nistrazione che ha 'emanato tali atti pu 'costituire un eccesso di potere . E' peraltro agevole avvertire la irrHeV'.anza, quantomeno, di tali indi cazioni, specialmente iB '.l'elazione all'assunto al quale venivano riferite, quando si consideri, cio, che tali indicazioni avrebbero dovuto avallare l'ipotesi, nel nostro ordinamento, di ,una responsabilit per emanazione di norme diverse da queUe pr1eannunciate, e quindi per " inadempimento di promesse conc,ernenti l'attivit normativa; ed anche a prescindere dalla difficolt stessa di individuare utili precedenti (e cerrtamente non secondo la prospettiva in esame), deve invero escludersi che le indicazioni fornite alla CoTte 'di giustizia 1possano assumersi pertinenti alla questione da deci dere, sia perch i segna1ati princpi non varrebbe,ro certo a far ammettere una responsabilit deila pubblica amministrazione per attivit normativa (e tantomeno per mancata 1emanazione di norme promesse.), sia per esser,e il riferimento all'.eccesso di potere lacunoso, quando non si precisi che non potrebbero comunque derivarne responsabilit e obbligo di risar cimento. 4. -Come si accennato, la Corte di giustizia ha comunque disatteso l'indicata impostazione di principio (condizionata inv,ero da una prospettiva privatistica e addirittura negoziale della questione da risolV'ere), escludendo ): f i I ! ~IAIJflll,.....,AJIW~ PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 659 risoluzione 20 luglio 1972, ma stabiliva espressamente, in conformit all'art. 55, n. 6, dell'atto d'adesione, che, ove il prelievo fosse risultato inferiore all'importo compensativo, la Commissione avrebbe dovuto determinare, sulla base d'una tabella allegata al regolamento stesso, l'importo da applicarsi. In base a tali disposizioni ed in seguito al rialzo dei prezzi verificatosi sul mercato mondiale dall'estate del 1972 in poi, gli importi compensativi effettivamente applicati a decorrere dal 1 febbraio 1973 risultarono inferiori agli importi contemplati nel progetto di regolamento allegato alla risoluzione 20 luglio 1972. Facendo affidamento sulla risoluzione 20 luglio 1972, la ricorrente stipulava nel settembre 1972 alcuni contratti per l'esportazione d'orzo e di frumento denaturato nel Regno Unito; la merce doveva essere consegnata tra il febbraio ed il giugno 1973. Venuta meno la possibilit di percepire gli importi compensativi nell'ammontare previsto, la ditta doveva ugualmente eseguire alcuni contratti, da altri recedeva, altri ne modificava d'accordo con gli acquirenti, ma sempre subendo perdite finanziarie. La ricorrente critica innanzitutto, nel suo complesso, il regime istituito dall'art. 55 dell'atto d'adesione. Essa si sofferma in pal.'lticolare sull'asserita contraddizione tra i nn. 1 e 2, che contemplano importi compensativi fissi, ed il n. 6, che introduce un fattore di variabilit, cio d'incertezza, stabilendo che anzi espressamente che dalla risoluzione del Consiglio potesse desumersi l'intenzione di non applicare l'art. 55, n. 6 dell'Atto di adesione, 'e quindi la ravv.isabilit di una promess.a del cui inadempimento potesse discutersi; e lo Stesso avv. gen. Trabucchi del resto, nelle seconde conclusioni presentate per la stes.sa causa (relativamente alla quale 1a Corte aveva disposto la riapertura del procedimento), aveva gi 1sostanzialmente riveduto la propria impostazione, rilevando che la responsabilit non poteva considerarsi come derivante dal mancato adempimento di una promessa, ed esaminando quindi la questione, secondo l'impostazione condivisa poi dalla Corrte di giustizia, in termini di illecito e di causalit. Certamente, l'impostazione adottata dalla Corte di giustizia appare volta a gal'\antire una soluzione sostanzialmente equa, non potendosi negare che l'ave:r condizionato determinate relazioni commerciali alle aspettative connesse ad una pr.eventivata regolamentazione comunitarr-ia possa :risolveil'si in danno qualora .ia normativa in effetti emanata :risulti poi diversa da quella prevista (ed in particolare quando, come nella specie, gli importi compensativi concessi aWesportazione risultino in misura minore di quella calcolata, sulla base del progetto di regolamento, nello stabili:re H prezzo di vendita dei p:rodotti). Pur nell'esatta prospe.ttiva nell'ambito della quale la Corte ha esami nato la questione di rprincipio, sembra peraltro che la responsabilit del Consiglio dovesse essere negata, nella specie, a p1iori, e per la improponi bilit stessa della domanda di risarcimento,_.e quindi senza necessit di inda 660 RAS~EGNA DELL'AVVOCATURA DEL~O STATO gli importi compensativi varino secondo i prelievi riscossi sulle importazioni dai paesi terzi, senza che sia possibile eliminare l'incertezza mediante la prefissazione degli importi compensativi, come invece avviene per le restituzioni concesse sulle esportazioni nei paesi terzi. Essa rilev inoltre che, in relazione alle importazioni di cereali nei nuovi Stati membri, il regime di importi compensativi variabili risultante dall'applicazione del n. 6 avvantaggia in pratica, su un mercato mondiale con tendenza al rialzo, le importazioni da paesi terzi rispetto a quelle dagli Stati membri originari, il che sarebbe inconciliabile col principio della preferenza comunitaria cui informata l'organizzazione comune dei mercati agricoli. Si deve, tuttavia, osservare che i possibili effetti di cui si discute, in quanto derivanti non gi dal comportamento del Consiglio, bens dallo stesso atto d'adesione che parte integrante del trattato c~ncluso fra gli Stati membri, originari e nuovi, non possono dar luogo a responsabilit extracontrattuale della Comunit. La ricorrente fa carico al Consiglio d'averla indotta, con la riso luzione 20 luglio 1972, a stipulare contratti nell'ambito di un regime di importi compensativi fissi e d'aver invece successivamente adottato, col regolamento n. 229/73, un sistema di importi compensativi variabili. gare (nella pr,emessa che il comportamento del Consiglio era atto a far sorgere una responsabilit com11:mitaria ) sulla ricorrenza, in concreto, di un nesso causale tra il comportamento del Consiglio ed H danno dedotto dalla pa'l.'te Ti.corrente (1). In via di 'P'l"incipio, invero, una responsabilit per i;nformazioni errate sembra potersi ammettere, spcialmente quando si tratti di atto non dovuto, in relazione al quale non siano configurraibili situazioni soggettive dei sin goli, soltanto quando l'dnformazione si riferisca a :!latti (la cui fa1sata conoscenza possa risultare in concreto rpr,egiudizievole), e non quando in vece, come nella spede, si riferisce a norme di legge, la cui esatta cono scenza s'impone indipendentemente dalfinformazione o interPTetazione, in ipotesi erronea, che ne abbia eventualmente data la pubblica amministra zione; e non sembra inV"ero che una tale p!l',edusione di principio possa e1udersi assumendosi, come ha osservato l'avv. gen. Trabucchi neUe seconde conclusioni, che la regola base di ogni ordinamento secondo la qual,e nemo censetur ignorare Leges viene peraltro superata in considerazione del l'informazione erronea che costituisce, come illecito, il fondamento di una pretesa a parte , p'l.'oprio perch la irrilevanza di ;principio di una erronea informazione o interpretazione della ,legge esclude a priori la stessa confi gurabilit dell'illecito. Diversamente, dovrebbe invero ammettersi, secondo. valutazione invece evidentemente non tpotizzabile, che da una circolare con la quale venissero fornite inesatte indicazioni o errati criteri di interpretazione di no,rme (1) Cfr. sulla necessit di un nesso causale, Corte di giustizia, 16 dicembre 1963, nella causa 36/62 ACIRIES DU TEMPLE, Racc., 579, e Foro it., 1964, IV, 81). : : 1111 ~11~11@1l~ilirf1r1r~r1=~:l1::1irr11~1::i111;1#::~:1:1::=11ii=1i?1:~~1=irr;r;ii1!~;::i,,,,11=1@1;1~111&11ii1:11111111J;fJ11,111wJJ!JlilJ~i1;,1;111 PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 661 Va rilevato, in proposito, che la variabilit degli importi compen sativi derivava dall'art. 55, n. 6, 1 comma, dell'atto d'adesione, se condo il quale i predetti importi non potevano superare il totale dei prelievi riscossi sulle importazioni dai paesi terzi. Tale disposizione non lasciava al Consiglio alcune discrezionalit in merito alla sua ap plicazione ed quindi impossibile dedurre dal silenzio della risoluzione e dell'allegato progetto di regolamento che il Consiglio intendesse' non applicarla. pur vero tuttavia che il Consiglio, dato che emanava la riso ulzione per informare ed indirizzare gli operatori economici, avrebbe dovuto ricordare l'esistenza della disposizione di cui trattasi e venti lare la possibilit di una sua applicazione. Una simile omissione, pur spiegandosi con la situazione allora esistente sul mercato mondiale, che non lasciava ancora prevedere il successivo aumento dei prezzi, era atta a falsare il compito d'informazione assunto dal Consiglio ed a configurare una responsabilit di quest'ultimo. Occorre, ad ogni modo, accertare se esista un nesso causale fra li comportamento del Consiglio e l'asserito pregiudizio. Si deve cio . accertare, non solo se il comportamento in esame abbia effettivamente ingenerato nella ricorrente la falsa convinzione che gli importi com di legge potr.ebbero i singoli interessati trarre motivo per chiedere il risar cimento dei danni subiti per aver adeguato le proprie iniziative a tale erronea indicazione o interp (Corte di giustizia, 4 aprile 1968, nella causa 31/67, STIER, Racc., 313, e Dir. scannbi intern., 19i68, 799; v. pure, sempre a proposito di prodotti non in concorrenza, Corte di giustizia, 4 aprile 1968, ne1'1a CaiUSa 20/67, KUNSTMUHLE TIVOLI, Racc., 266, e Dir. scambi intern., 1968, 79'2); ,cosi come staito !I'ilevato che anche una imposizione interna che colpisse i prodotti importati in. misura maggiocre di quella dovuta per i prodotti nazionali :potrebbe solo ri1sultar.e in contrasto con gU artt. 95 e 97 del Trattato, senza divenire per questo una tassa di effetto equivalente (Corte di giustizia, 4 aprile 1968, nella causa 25/67, ciit.). Nel senso che le nozioni del diritto fiscale interno degli Stati membri non costituiscono criteri vincolanti, cfr.: CoDte di giustizia, 16 giugno 1966, nelle caus& 52/65 e 55/65, REPUBBLICA TEDESCA c. COMMISSIONE, Racc., 345, e Foro it., 1967, IV, 1. (2) Negli stessi termini, e relativamente alla stessa questione di merito, dr.: Corte di giustizia, 19 giugno 1973, neHa causa 77/72, GAPOLONGO, Racc., 611, e Foro it., 1973, IV, 132. Il principio sembrerebbe derogare al cTiterio di cui alla prima massima, ma stato in effetti affermato nel rilievo che un siffatto congegno tri 1 butado infatti soltanto in apparenza un sistema d'imposte interne ; e l'avv. gen. Trabucchi anzi, nelle sue conclusioni, ha riferito la Precedente sentenza !I'esa negli stessi termini a un caso -di sostanziale frode deHa 1egge: all'ipotesi cio in cui il provento della tassa parafiscale applicata indiscriminatamente sui prodotti interni e importati, sia -destinata in toto a beneficio esclusivo e specifico dello stesso prodotto nazionale tassato, con .........., , ,. , , ,. , , .-,. -r.,. -r -.,.,. --- -- -- ..........-.........'.,'.-"-.........:...:..:...................'....:.::<:ZZ>:':'.".':".':".'.'.':':".:ZZ".':Z".':':::'.Z':'.".:>:::::: RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO stabilito con la decisione del Consiglio 26 luglio 1966 soltanto ai dazi doganali in senso stretto ed alle restrizioni quantitative) (3). La circostanza che un contributo riscosso da un'O Stato membro sia utilizzato per finanziare un sistema di sovvenzioni ritenuto incompatibile col trattato CEE non consente, in s e per s, d'attribuire a la conseguenza che l'incidenza del tributo su di esso si trover compensato dal vantaggio specifico che lo stesso ne ritrae . Nel merito, era stato gi nella pvecedetnte decisione rtlevato, in coerenza con un costante orientamento, che questa Corte, dovendo Umitarsi ad interpretare il di:ritto comunitario, non !pU sindacare i provvedimenti n le norme di diritto nazionale, anche 1se ci implica i:l rischio che la sua pronuncia non aderisca pedettamente al caso concreto ; e nella sentenza in della Costituzione la previsione della imposizione senza indennizzo da parte dei Piani regolatori generali alle aree urbane di vincoli sostanzialmente espropriativi (cio preordinati ad una esip1rorpriazione incerta an e quando delle aree, ovvero tali da implicarne l'immodificabilit e quindi la inedificabilit) a tempo indeterminato -ha ritenuto compatibile col cennato precetto costituzionale l'imposizione di vincoli temporanei di durata rientrante in limiti di ragionevolezza (compresa in quella dei Piani particolareggiati o d lottizzazione, purch ragionevole), e quindi di durata inferiore o non superiore a dieci anni, durata normale dei Piani particolareggiati. Ci premesso, sostiene che l'art. 2 della legge n. 1187 del 1968, assegnando all'efficacia dei vincoli il termine massimo di quindici anni (cinque per la approvazione del Piano particolareggiato o di lottizzazione ad altri dieci -in riferimento al disposto dell'art. 16 della legge urbanistica n. 1150 del 1942 -in caso di approvazione, per la sua attuazione) abbia largamente superato il limite di ragionevolezza come sopra fissato dalla Corte costituzionale. La questione, la quale involge la legittimit della legge n. 1187 del 1968 per quel che concerne la durata dei vincoli di Piano regola RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tore in generale -indipendentemente, cio, dalla particolare ipotesi dei Piani preesistenti, e di qui la sua priorit logica - manifestamente infondata. La motivazione della richiamata sentenza della Corte Costituzionale non precisa -n avrebbe potuto farlo senza invadere l'ambito di discrezionalit riservato al legislatore -la durata massima dei vincoli compatibile con la legittimit costituzionale di una norma attributiva del potere di imporli senza indennizzo; tanto meno, dunque, essa stabilisce tale durata massima in dieci anni. Nella misura in cui consentito ipotizzare indicazioni da parte della Corte Costituzionale atte a contenere la normazione futura nel rispetto delle norme costituzionali, la sola indicazione desumibile dalla motivazione predetta questa: che a rendere costituzionalmente accettabile una previsione di vincoli a contenuto espropriativo senza indennizzo non sufficiente che ai vincoli sia fissata una durata purchessia, cio di qualsiasi ampiezza, ma necessario che si tratti di un termine giustificato razionalmente, cio riferibile al tempo richiesto per l'attuazione del Piano particolareggiato ovvero ad altra obbiettiva necessit. Orbene, alla stregua degli esposti criteri non pu negarsi che il doppio termine come sopra fissato dalla legge obbiettivamente giustificato in relazione ai tempi normali di approvazione dei Piani particolareggiati o di lottizzazione e di attuazione dei Piani stessi. Le altre questioni di legittimit costituzionale sollevate dal ricorrente possono cos essere sinteticamente esposte nei loro termini: a) se non la durata massima di efficacia futura di quindici anni prevista per i vincoli im(posti con quaLsiaisi Piano regolatore, dowebbe ritenersi eccedente il suindicato limite di ragionevolezza la maggiore durata di efficacia consentita dallo stesso art. 2 della legge n. 1187 del 1968 per i vincoli imposti con i Piani preesistenti -maggiore durata risultante dal cumulo di quella anteriore e di quella successiva alla entrata in vigore della legge -ed in modo particolare quella consentita per il Piano regolatore di Torino (ventiquattro anni dal 1959, anno di sua approvazione al 15 anno successivo all'entrata in vigore della legge). Pertanto, almeno per questa parte, la cennata disposizione sarebbe in contrasto con l'art. 42, comma 30 della Costituzione; b) la cennata disposizione sarebbe inoltre in contrasto con l'art. 3 della Costituzione in quanto, consentendo, per i vincoli imposti con i Piani regolatori preesistenti, il cumulo della efficacia anteriore e di quella successiva alla pirorpria entrata in vigore, finirebbe IP'er consentire, per ciascun Piano preesistente, in relazione alla inevitabile diversit delle date di approvazione dei singoli Piani, una durata complessiva dei vincoli diversa da quella dei vincoli imposti con gli altri Piani e quindi una ingiustificata diversit di trattamento per i proprietari delle aree comprese in ciascun Piano; PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 693 c) Ja cennata disposizione sarebbe, in ogni caso, in contrasto con l'art. 136 della Costituzione in quanto,_ per il fatto stesso di consentire, per i Piani regolatori preesistenti, il cumulo della durata dei vincoli anteriore e di quella successiva alla propria entrata in vigore, valuterebbe le situazioni anteriori alla dichiarazione di illegittimit costituzionale della norma desumibile dagli artt. 7 e 40 della legge urbanistica n. 1150 del 1942, -dichiarazione pronunciata con la sentenza della Corte costituzionale n. 55 del 1968 -, in modo sostanzialmente conforme alla norma dichiarata incostituzionale. e difforme dalla dichiarazione di incostituzionalit, cosi vanificando l'effetto di questa (sentenza Corte Cost. n. 88 del 1966). Orbene la prospettazione di tutte le tre questioni (delle quali l'ultima secondo l'ordine di esposizione la prima dell'ordine logico) ancorata ad un unico presupposto (e per questo esse sono qui esaminate congiuntamente) vale a dire al presupposto che l'art. 2 della legge n. 1187 del 1968 abbia portata retroattiva. Solo in tal caso, infatti -cio ove si ammetta che la legge, per il solo fatto di prendere in considerazione i Piani regolatori preesistenti, li valuti alla stregua di atti di esercizio ora per allora del potere di imporre vincoli da essa nuovamente attribuito ocomunque attribuisca a tali piani anche per il passato, per quel che riguarda i vincoli con essi imposti, l'effetto proprio delle manifestazioni di potere ablatorio -potrebbe parlarsi di cumulo, cio di giustapposizione sul medesimo piano della durata di efficacia pregressa e di quella di efficacia futura dei vincoli imposti con i Piani preesistenti, ai fini della qualificazione, anche per il passato, delle situazioni giuridiche da essi coinvolte. Ma la disposizione non ha tale portata retroattiva. Come pi diffusamente chiarito con la decisione, oggi parimenti resa da queste Sezioni Unite sull'altro ricorso dell'Azzi di cui sopra si fatto cenno, la detta disposizione, allorch fissa un termine anche ai vincoli imposti con i piani regolatori preesistenti, mostra di valutare i detti Piani, per quel che concerne i vincoli con essi imposti, alla stregua di manifestazioni di potere oblatorio operanti soltanto ex nunc, vale a dire che attribuisce loro soltanto a partire da oggi l'effetto proprio delle manifestazioni di potere ablatorio, tanto che fa decorrere il termine della loro durata dal giorno della propria entrata in vigore. E cos dallo stesso giorno, e non anche per il passato, che essa imprime carattere di interessi legittimi alle situazioni giuridiche deducibili rispetto ai vincoli. Le dette questioni di illegittimit costituzionale sono dunque da ritenere manifestamente infondate. E di conseguenza il ricorso, che di esse soltanto si sostanzia, va rigettato. -(Omissis). SEZIONE QUARTA GIURISPRUDENZA CIVILE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. II, 2 ottobre 1974, n. 2561 -Pres. Benedicenti -Est. Volpe -P. M. Raja (conf.) -Giovent Italiana (avv. Stato Imponente) c. Montebugnoli (avv. Formiggini). Donazione Consegna di assegni Girata dell'assegno da parte dell'inte statario ad un terzo per l'acquisto di un immobile Donazione di denaro. (art. 769, cod. civ.). Donazione Condizione risolutiva o modus Distinzione. (cod. civ., art. 793). Si ha donazione di denaro e non di immobili quanto da un atto pubblico risulti che il donante ha consegnato al donatario un assegno a questo ultimo intestato e il donatario medesimo provveda poi, tramite girata dell'assegno, al pagamento del prezzo di un immobile acquistato a suo nome (1). Pe1 stabilire se ricorra una donazione sottoposta a condizione risolutiva (nel qual caso il mancato verificarsi dell'avvenimento previsto funziona oggettivamente come causa di eliminazione degli effetti negoziali) o donazione modale (in cui ha rilevanza l'obbligazione del donatario, sicch la risoluzione pu essere pronunziata solo se espressamente (1-2) La decisione afferma principi la cui esattezza non pu essere messa in dubbio. Risultando dall'atto pubblico che il donante si era limitato a consegnare al raiprpTesentante dell'ente donatario un assegno circolare per un determinato importo, e che il donatario aveva utilizzato detto importo girando l'assegno per pagare il corrispettivo dell'acquisto di un immobile operato con lo stesso rogito, acquisto a cui il donante era rimasto del tutto estraneo, appare del tutto puntuale l'affermazione contenuta nella prima massima secondo cui la donazione ha per oggetto il denaro e non l'immobile. In senso conforme v. Cass. 14 maggio 1973, n. 1315 nella quale1 si insegna che nella donazione di denaro preordinata a far acquistare al donatario un immobile si hanno pi negozi tra loro collegati e non un caso di interposizione reale n fittizia di persone. Sulla seconda massima v. in senso conforme Cass. 29 maggio 1973, n. 1602; Cass. 21 ottobre 1971, n. 2966 e in dottrina, TORRENTE, La donazione, in Trattato di diritto civile e commerciale, a cura di Cicu e Messineo, Milano 1956, pag. 484 e segg. cfr. pure BIONDI, Le donazioni, in Trattato di diritto civile a cura di F. Vassalli, Torino 1961, pag. 670. 695 PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE p1evista e l'inadempimento dell'obbligato non sia determinato da imposisbilit della prestazione per causa non imputabile) non hanno valore le espressioni usate nell'atto, ma l'effettiva interpretazione delle parti il cui accertamento questione di fatto (2). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. II, 3 ottobre 1974, n. 2580 -Pres. Benedicenti -Est. La Torre -P. M. Albanese (diff.) -Menardi (avv. Viola) c. Senigagliesi Ciani (avv. D'Aloia) e.Gescal (avv. Stato Mataloni). Servit. -Passaggio coattivo -Aree esenti -Limiti all'esenzione. (cod. civ., art. 1051). Il divieto legale di asservimento previsto dal 4o comma dell'art. 1051 cod. civ. (case, cortili, gia1dini ed aie) non si applica solo nel caso di constatata, assoluta impossibilit di eliminare altrimenti l'interclusione del fondo a cui favore si invoca il passaggio coattivo (1). (1) Con la sentenza in rassegna si consolida un principio (che se pur gia enunciato con la sentenza 14 febbraio 1948, n. 236) ha trovato la sua piena espressione nella decisione del S.C. 10 febbraio 1968, n. 440 (in Giust. civ. 1968, I, 577 con nota di ALvrno, Esenzione dalla $ervit di passaggio coattivo di case, cortili e giardini: presupposti e limiti, e in Foro pad. 1968, I, 655, con nota di G. BRANCA, Passaggio coattivo ed esenzione di case, ecc.), confermata dalla sent. 19 settembre 1968, n. 2964 (in Giust. civ. 1969, I, 216 con nota di ALVINO, Limiti all'esenzione dalla servit di passaggio coattivo, sui beni di cui al comma 4 dell'art. 1051 cod. civ.; e in Giur. it. 1969, I, 1, 1384 con nota di A. TRABUCCI, Case, cortili, aie e giardini ad esenzione dalla servit coattiva di passaggio. In senso conf. v. da ultimo Cass. 8 ottobre 1971 n. 2773; Cass. 18 giugno 1971, n. 1860; Cass. 24 marzo 1971, n. 843; Cass. 25 gennaio 1971, n. 162; Cass. 25 ottobre 1969, n. 3517, in Giust. civ. 1969, I, 1778. da notare che le sentenze del 1968 avevano esteso l'esclusione dell'esenzione anche al caso dell'interclusione soltanto parziale, con la limitazione che in tal caso assai rigorosi debbono essere i criteri per stabilire se l'ostacolo che si oppone alla creazione dell'accesso autonomo sia tale da non poter essere eliminato se non con eccessivo dispendio e disagio del proprietario . Il principio trascritto nella massima mentre ha trovato consenziente quella dottrina che in precedenza per ottenere risultati presso a poco identici suggeriva di applicare il 4 comma dell'art. 1051 cod. civ. limitatamente all'ipotesi di cui al terzo comma stesso articolo (v. BRANCA, Delle servit prediali, in Commentario al Cod. civ. a cura di Scialoja e Branca, Bologna 1967; 208; Idem, n passaggio coattivo e l'esenzione delle case, in Foro it. 1960, I, 1944; GRosso; Case cortili, giardini ed aie di fronte al passaggio coattivo, in Giur. it., 1952, I, I, 585; IDEM, Considerazioni nel nuovo codice in materia di servit prediali, in Riv. dir. com. 1941, I, 3704 e spec. 371; MESSINEO, Le servit prediali, Milano 1949, p. 216) non ha mancato di sollevare acute critiche (v. TRABUCCHI, op. loc. cit.) alle soluzioni adottate come nella specie dal s,c. 696 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 24 febbraio 1975, n. 700 -Pres. Pece -Rel. Milano -P. M. Pedace (conf.) -Di Somma (avv. Mosca) c. Ente Autonomo Mostra d'oltremare (avv. Stato Conti). Avvocatura dello Stato -Rappresentanza e difesa di Amministrazioni pubbliche non statali Delibera di conferiJ,nento dell'incarico -Non necessaria. (r.d. 30 ottobre 1933, n. 1611, art. 43). La norma di cui all'art. 43 r.d. 30 ottobre 1933 n. 1611 dettata esclusivamente a tutela dell'interesse pubblico a che la rappresentanza e difesa in giudizio delle Amministrazioni e degli Enti in essa indicati siano esercitate dall'Avvocatura dello Stato, cio dall'organo cui istituzionalmente affidata la difesa di tutti gli interessi, patrimoniali e non patrimoniali, dello Stato considerato nella sua unitariet. Consegue che, dovendo -di norma -le funzioni di rappresentanza e difesa di tali Enti ed Amministrazioni essere esercitate dall' Avvocatura, non occorre una particolare delibe1azione per il confe?imento a questa dell'incarico relativo. (Omissis). -Preliminare, rispetto ad ogni altra, la questione circa l'inammissibilit del ric;orso incidentale che la difesa del ricorrente principale Di Somma ha, in memoria, eccepito sul rilievo che l'Avvocatura Interesse pubblico e patrocinio facoltativo di enti non statali da parte dell'Avvocatura. A meno di un anno di distanza dalla sentenza 17 maggio 1974, n. 1492 (1) si offerta al Supremo Collegio l'occasione di tornare sul tema della rappresentanza e difesa in giudizio di Enti pubblici ai quali sia consentito, per legge, di avvalersi del patrocinio dell'Avvocatura dello Stato ed il principio ora affermato -o, pi esattamente, ribadito -dalla sentenza in rassegna destinato a lasciare isolata la recente, contraria pronuncia che i pi accorti commentatori avevano esattamente definito espressione di un momento contingente (2). rilevante, anzitutto, che a ribadire il principio p:revalente siano state le Sezioni Unite, cui affidata la funzione di assicurare l'runiformLt della giurisp: mdenza con la risoluzione dei contrasti verificatisi su questioni gi decise in senso difforme dalle sezioni semplici (art. 374, 2 comma, cod. proc. civ.) (3); (1) I~ Giust. civ., 1975, I, 120. (2) Cos CA!_'PONE, Osservazioni sullo jus postulandi dell'Avvocatura dello Stato nell'ipotesi di assunzione senza mandato del patrocinio facoltativo, loc. cit. sub. 1. (3) Oltre alle sentenze 4 giugno 1955, n. 1738, e 10 gennaio 1954, n. 34, citate in motivazione, si veda -pi recentemente -Cass., 22 novembre 1974, n. 3770; parrebbe, invece, frutto di errore di citazione il richiamo fatto alla sentenza 21 febbraio 1974, n. 494 (v. in Foro it., 1974, I, 2074). PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 697 dello Stato, che ha assunto la difesa dell'Ente Mostra, non sarebbe mu nita della procura speciale richiesta, in base al C()mbinato disposto degli artt. 365 ed 85 c.p.c. per l'ammissibilit del ricorso per cassazione, non ch 1sul rilievo che mancherebbe in atti la iprova che l'Ente Mostra abbia deliberato, nella forma !Propria delle deliberazioni amministrative, os sia in forma scritta, di affidare all'Avvocatura stessa la rappresentanza e difesa in giudizio. L'eccezione priva di consistenza. A confutazione del primo rilievo sufficiente rilevare che per il testuale disposto dell'art. 45 del testo unico approvato con r.d. 30 ottobre 1933, n. 1611, anche per le amministrazioni e gli enti pubblici auto ma ci che maggiormente merita di essere segnalato il particolare risalto dato, nella sentenza, alla funzione istituzionale che l'ordinamento ha riservato all'Avvocatura e che riceve, ora, autorevolissimo riconoscimento nel momento in cui l'Istituto si appresta a celebrare un secolo di vita. Tale profilo d'indagine, che ha consentito alle Sezioni Unite -attraverso l'enucleazione della ratio della norma -di cogliere l'esatta portata della disposizione che prevede l'assunzione da parte dell'Avvocatura del patrocinio di Enti pubblici, era affatto sfuggito a Cass. 17 maggio 1974, n. 1492 cit., la quale -assai sbrigativamente, per vero -si era limitata a considerare che, se l'esplicito rinvio dell'art. 45 r.d. 30 ottobre 1933, n. 1611 al 2 comma dell'art. 1 dello stesso T.U. rendeva manifesta la non necessit di un mandato alle liti, era tuttavia pur sempre necessaria, per l'acquisto dello ius postulandi da parte dell'Avvocatura, la prova che l'Ente avesse concretamente deliberato di avvalersi del patrocinio di questa, conferendole l'incarico di difesa nella specifica controversia. Secondo questo argomentare veniva meno -e nel solo caso dell'assunzione del patrocinio di un Ente da parte dell'Avvocatura -la distinzione, pur costantemente sottolineata dalla giurisprudenza, tra i due momenti o aspetti del rapporto parte-difensore: da un lato, il momento esterno, risolventesi nel rilascio del mandato o procura alle liti, cio della dichiarazione con la quale la parte in causa, o chi per essa, investe della rappresentanza in giudizio il difensore; dall'altro, il momento interno, concretantesi nel conferimento dell'incarico, distinto ed autonomo rapporto extra-processuale disciplinato dalle norme di un ordinario mandato di diritto sostanziale (1). Ma, soprattutto, siffatto modo di ragionare, col richiedere la prova del conferimento dell'incarico e cos proiettando sul terreno della rilevanza verso i terzi il momento interno del rapporto Ente-Avvocatura, finiva in realt, nonostante il conclamato rispetto degli artt. 43, 45 e 1, 2 comma, del r.d. 30 ottobre 1933, n. 1611, col porsi in stridente contrasto col dato normativo: chiaro, infatti, che col isolo fatto di porre un problema di prova del conferimento dell'incarico (2) si affermava la necessit della (1) In tal senso, cfr. Cass., 4 dicembre .1967, n. 2880; 22 luglio 1967, n. 1923; 14 giugno 1965, n. 1214. (2) Cass., 17 maggio 1974, n. 1492, aveva esplicitamente rilevato che non risultava prodotta, e neppur enunciata in alcun atto del processo, la deliberazione dell'Ente di affidare all'Avvocatura il proprio patrocinio nella lite. 698 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO rizzati per legge ad avvalersi del patrocinio dell'Avvocatura dello Stato trova applicazione la norma del secondo comma dell'art. 1 dello stesso testo unico in forza della quale gli avvocati dello Stato esercitano le loro funzioni innanzi a tutte le giurisdizioni ed in qualunque sede e non hanno bisogno di mandato neppure nei casi nei quali le norme speciali richiedono il mandato speciale, bastando che consti la loro qualit. Per disattendere il secondo rilievo va innanzitutto notato che, una volta stabilito che, per il conferimento dell'Avvocatura dello Stato dell'incarico di agire o resistere in giudizio e per l'esperimento del medesimo davanti a tutte le giurisdizioni, non occorre mandato, non pu non riconoscersi come l'eventuale deliberazione, tramite la quale gli enti pub- dimostrazione di una legittima ed opponibile investitura del potere di rappresentare in giudizio l'Ente e quindi, nella sostanza, si richiedeva l'esistenza di una procura alle liti. Il vizio logico del ragionamento e la confusione in tal modo operata tra i due momenti del rapporto parte-difensore non sono sfuggiti alle Sez. Un. le quali, premesso che l'Avvocatura non ha bisogno di mandato per esercitare le funzioni di rappresentanza e difesa in giudizio degli Enti allorch questi si avvalgano del suo patrocinio, hanno rilevato che l' eventuale deliberazione di affidamento dell'incarico di difesa atto interno che non riguarda i terzi e che, pertanto,, non richiede d'essere esteriorizzato. Fin qui pu dirsi che la soluzione poggi ancora su fondamenti di diritto comune, avendo la Corte saggiato la validit del principio affermato col solo ricorso al consolidato insegnamento che vuole distinti ed autonomi il conferimento dell'incarico di difesa e il rilascio della procura: il primo destinato a restare fuori del processo e ad operare esclusivamente nell'ambito del rapporto interno tra parte e difensore; il secondo tipicamente indirizzato all'esterno, cos da comportare un problema di apponibilit e, quindi, di prova (affatto estraneo all'altro momento del rapporto). Agli effetti del processo -ha affermato in definitiva la Corte -ci cht! rileva solo il momento esterno e solo su questo gli altri soggetti del rapporto processuale hanno un potere di sindacato che viene meno quando il patrocinio sia assunto dall'Avvocatura, la quale, appunto, non ha bisogno di mandato alle liti (cio di formale investitura, nei confronti dei terzi, del potere del rappresentare la parte) per l'esercizio dello ius postulandi. Ma -ome accennato -a questi gi persuasivi rilievi la Corte Suprema ne ha :!;atto seguire un altro, definito assorbente e desunto dalla ratio dell'art. 43 del T.U. 30 ottobre 1933, n. 1611, esattamente inquadrato in una generale visione delle funzioni istituzionali dell'Avvocatura, quali si sono venute affermando gi nel primo scorcio di vita dell'Istituto attraverso una continua evoluzione che ha portato l'Avvocatura ad essere dello Stato , e non pi erariale ., come in origine, significativamente ponendola -sotto la direzione immediata dll'Avvocato Generale -alle dipendenze della Presidenza del Consiglio, anzich, come prima, di quelle del Ministro del tesoro o delle finanze. Ebbene, la sentenza in rassegna, cogliendo con efficace sintesi le linee di questa evoluzione -sulle quali non pu, in questa sede, soffermarcisi -, ha rilevato in sostanza come l'estensione del patrocinio dell'Avvocatura agli Enti pubblici non statali poggi 699 PARTE I, 'SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE blici non statali decidano di affidare all'Avvocatura dello Stato il detto incario, sia atto interno degli stessi enti che non riguarda i terzi, tanto vero che non necessario si esteriorizzi nei confronti di costoro mediante il conferimento di un formale mandato. I terzi, perci, quando come fa la difesa del Di Somma, richiedono la prova dell'esistenza di una deliberazione che abbia affidato all'Avvocatura dello Stato l'incarico di agire o resistere in giudizio, contestano, sostanzialmente, l'esistenza del mandato da parte dell'ente. Ma una siffatta contestazione non loro consentita proprio perch il gi ricordato art. 45, per il richiamo in sulla esigenza dell'unit del criterio direttivo cui deve essere ispirata la difesa degli interessi pubblici, siano essi direttamente perseguiti attraverso l'azione dell'apparato amministrativo statuale ovvero attraverso l'opera di Enti appositamente creati. Interest rei pubblicae che gli scopi demandati ai singoli Enti siano legittimamente ed opportunamente perseguiti ed, inoltre, che la loro realizzazione avvenga, anche in sede contenziosa, in maniera coordinata ed armonica e non gi secondo visioni atomistiche e settoriali alla cui stregua ciascuno degli interessi pubblici verrebbe a concepirsi -fatalmente come confliggente con altri: questa esigenza -ha rilevato la sentenza che sta a fondamento dell'estensione del patrocinio dell'Avvocatura agli Enti pubblici, affinch gli interessi di questi, filtrati attraverso l'ottica dell'Organo che ha per suo compito istituzionale quello di considerare e salvaguardare gli interessi dello Stato nlla sua unit, risultino opportunamente coordinati e tutelati secondo una teleologica visione e non gi contingentemente difesi, a discapito di altri, in questa o quella controversia giudiziaria. Ne ha inferito la Corte che, dovendo reputarsi normale, in siffatto sistema ed alla luce della sottolineata sua ratio, il concreto affidamento all'Avvocatura dell'incarico di difesa in giudizio dell'Ente, non necessaria neppure una particolare e specifica deliberazione in tal senso (occorrente nel diverso caso in cui, eccezionalmente e -deve ritenersi -motivatamente, l'Ente ritenga di dover incaricare della propria difesa un avvocato del libero foro, potendosi profilare un conflitto con l'Amministrazione dello Stato). stato, dunque, autorevolmente individuato un principio generale in base al quale spetta istituzionalmente all'Avvocatura dello Stato la difesa in giudizio degli interessi pubblici, siano patrimoniali o no, direttamente perseguiti dallo Stato a mezzo delle varie Amministrazioni ovvero affidati ad altri Enti (per le ragioni pi varie): ci perch sia soddisfatta una esigenza (essa stessa di interesse pubblico) che qualsiasi forma di decentramento non pu far dimenticare, l'esigenza -cio -di un coordinamento generale, da perseguire costantemente ed in ogni sede, dell'azione pubblica affinch questa non si disperda dietro frammentarie iniziative suggerite da contingenti valutazioni o, peggio, ispirate da malintese rivendicazioni di prestigio e di autonomia. All'Avvocatura, nell'orbita delle sue attribuzioni, affidata una parte non indifferente per la realizzazione di tali finalit anzitutto attraverso l'attivit consultiva, destinata a far si che i fini pubblici siano legittimamente ed opportunamente perseguiti , e, in sede contenziosa, attraverso la rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato e 700 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO esso contenuto all'art. 1, 20 comma, del citato testo unico, esclude che l'avvocatura abbia bisogno di mandato. Peraltro assorbente il rilievo che l'art. 43 dello stesso testo unico, secondo il quale l'Avvocatura dello Stato pu assumere la rappresentanza e la difesa, sia attivamente che passivamente, di amministrazioni pubbliche non statali e di enti pubblici soggetti alla tutela o alla vigilanza dello Stato e da questo sovvenzionati, da considerarsi norma di eminente carattere pubblicistico, vplta, non a tutela diretta degli interessi dei predetti enti e amministrazioni, bensi a tutela dell'interesse esclusivo dello Stato. , infatti, esclusivo interesse dello Stato che i fini pubblici delegati ai predetti enti siano legittimamente e opportunamente perseguiti e che, di conseguenza, la difesa e la rappresentanza in giudizio sia degli altri Enti Pubblici in maniera che la lite giudiziaria possa essere gestita, tecnicamente, sempre secondo una prospettiva unitaria e trascendente -come si espressa la Corte -l'aspetto specifico della controversia. Ne scaturiscono, ci sembra, due considerazioni. La prima che, contrariamente a quanto si pur ritenuto altra volta di sostenere in sede autorevole, il rapporto tra Amministrazioni statali ed Enti pubblici, da una parte, e Avvocatura dello Stato, dall'altra, non pu atteggiarsi e concepirsi come un normale rapporto tra cliente e difensore proprio in ragione della funzione particolare che la sentenza ha affermato essere affidata all'Organo legale dello Stato. Il patrono, invero, nell'accettare l'incarico conferitogli dal cliente assume l'impegno di adoperarsi, secondo scienza e coscienza, per il migliore esito della lite ma non vincolato, nella sua azione, a valutazioni diverse da quelle tecnicamente imposte dalla tutela dello specifico interesse affidatogli; l'Avvocatura al contrario, chiamata ex lege al compito di prestare il proprio patrocinio, tenuta a valutazioni pi articolate e diverse, dovendo gestire la lite non solo in vista della tutela dello specifico interesse in essa dedotto ma, altres, alla stregua di una considerazione generale degli altri interessi pubblici a quello correlati. L'insorgere di una situazione litigiosa o, anche, la sola prospettiva di una lite giudiziaria comportano, cos, che alla valutazione dell'interesse specifico, operata inizialmente dall'Ente o dall'Amministrazione scondo le proprie competenze particolari o di settore, si affianchi la valutazione dell'Organo legale cui, in ragione della sua competenza generale, affidato dalla legge il compito di consigliare e dirigere la parte qando si tratti di promuovere, contestare o abbandonare giudizi. Con la conseguenza, insita nel sistema e del resto enunciata con il conferimento all'Avvocato generale dello Stato del potere di risolvere la divergenza di parere tra gli Uffici dell'Avvocatura e quelli dell'Amministrazione, che in caso di contrasto di vedute debba necessariamente prevaiere l'avviso espresso dall'Organo legale, cio dall'Organo che, dotato di competenza generale, l'unico in grado di svolgere azione di coordinamento. Tale conseguenza, espressamente enunciata (art. 13 r.d. 30 ottobre 1933, n. 1611) con riguardo ai rapporti tra l'Avvocatura e gli Uffici delle Amministrazioni statali, crediamo debba ritenersi valida anche nel caso in cui si tratti di un Ente, essendo identica la funzione svolta in tal caso dall'Avvocatura ed essendo il patrocinio di questa, anche nel caso del PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 701 affidata ad un organo, il quale, nell'esplicazione del suo compito, chiamato seilll!Pire a coI11Sidro-are gli interessi dello Stato nella sua unit, interessi che possono trascendere quelli della vittoria nelle 'singole cause. Trattasi, in sostanza, di una norma dettata, non gi in vista di un particolare vantaggio da attribuire alle amministrazioni ed agli enti in essa indicati, bensi unicamente in vista dell'interesse pubblico a ch la loro difesa e rappresentanza in giudizio sia esercitata da quello stesso organo cui istituzionalmente affidata la difesa di tutti gli interessi, patrimoniali e non patrimoniali, dello Stato considerato nella sua unitariet. Ne consegue che nella previsione legislativa le funzioni di cui all'art. 43 del citato testo unico debbono essere esercitate di norma dall'Avvocatura e quindi senza bisogno di una particolare deliberazione da parte degli enti in questione, mentre soltanto nel caso in cui i predetti enti decidano di affidare la loro difesa ad avvocati del libero foro sar necessaria un'ajpposita deliberazione, sulla quale le competenti autorit di controllo dovranno, ovviamente, esercitare i loro poteri per accertarne la conformit alle leggi ed all'interesse pubblico. In questo senso, del resto, questa Corte ha avuto occasione d( pronunciarsi 'con le sentenze 4 giugno 1955, n. 1738 e 10 gennaio 1954, n. 34, e se , vero che con la recente decisione 21 febbraio 1974, n. 494, richiamata dalla difesa del Di Somma, stato invece ritenuto che l'Avvocatura acquista lo jus postulandi per gli enti pubblici non statali soltanto se questi abbiano deliberato di affidarle la loro difesa, anche vero che le svolte considerazioni inducono a mantenere fermo il precedente indirizzo. :___ (Omissis). l'art. 43 r.d. 1611/1933, accordato pur sempre in vista di quella esigenza di unU di indirizzo difensivo di cui si detto. 'La seconda considerazione, strettamente connessa alla prima, concerne un profilo pi generale e riguarda la posizione conferita all'Avvocatura sul piano organizzatorio dell'apparato pubblico, inteso come complesso di Uffici, organi ed Enti deputati alla realizzazione di vari interessi pubblici: l'Organo legale, in posizione di necessaria indipendenza per le funzioni istituzionali affidategli, chiamato, sul piano tecnico (e quindi senza il rischio di un sostanziale soffocamento dell'autonomia dei singoli Enti), ad operare come struttura di collegamento e di intermediazione tra le varie Amministrazioni e fra queste e i diversi Enti pubblici, cosi garantendo, attraverso il filtro di una visione generale, che l'attivit amministrativa sia concretamente indirizzata, sul piano della legittimit, al migliore soddisfaimento dell'interesse pubblico. SERGIO LAPORTA SEZIONE QUINTA GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (*} ' CONSIGLIO DI STATO, Ad. plen., 6 marzo 1975, n. 3 -Pres. Vetrano Est. Pezzana -Soc. itiiliana brasiliana caff ed altri (avv. Selvaggi) c. Presidente Regione siciliana (avv. Stato Terranova). Competenza e giurisdizione -Regione siciliana -Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana Possibilit di deferimento del ricorso all'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato Limiti. Competenza e giurisdizione Deferimento di ricorso all'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato -Ammissibilit in caso di controversia di competenza del Consiglio di giustizia ammnistrativa per la Regione siciliana in primo grado -:Non sussiste. Il Consiglio di giustizia amministrativa pe1 la Regione siciliana pu deferire il ricorso alla Adunanza plenaria del Consiglio di Stato nella composizione p!l'evista dal 4 comma dell'art. 5 d. l.vo 8 maggio 1949, n. 654, solo qualora esso sia investito del ricorso medesimo come giudice di unico o di seconda istanza, non gi quando ne debba conoscere come giudice di primo grado (1). Il ricorso proposto contro un atto del Presidente della Regione siciliana, emanato nell'esercizio di un potere spettantegli quale organo dell'Amministrazione statale ex d.l.lgt. 18 marzo 1944, n. 91 e del d.l.vo 30 giugno 1947, n. 567, rintra nella competenza di primo grado del Consiglio di giustizia amministrativa della Regione siciliana con conseguenziale inammissibilit della remissione all'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, anche se motivata dalla finalit di evitare contrasti giurisprudenziali su un punto di diritto oggetto di decisione (2). (1-2) L'Adunanza Plenaria ebbe gi a precisare con decisione 29 ottobre 1956, n. 15 (in 1l Conisglio di Stato 1956, I, 1116) che il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana conosce in primo grado, con conseguente possibilit di appello al Consiglio di Stato nella sua ordinaria composizione, anche nei casi in cui l'atto impugnato promani da una autorit regionale che agisca non jure proprio, ma per delega dello Stato e quale organo decentrato di quest'ultimo. Si deve, in sostanza aver riguardo al criterio formale e soggettivo dell'Autorit amministrativa che ha emanato l'atto impugnato, ammettendo il gravame se esso appartenga alla organizzazione amministrativa dello Stato (cfr. in termini anche Ad. Plen. 23 giugno 1953, n. 3, ivi 1953, I, 762). (*) Le massime e le note sono state redatte dall'avv. R. TAMIOZZO. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 703 CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 18 febbraio 1975~ n. 178 -Pres. De Capua -Est. Rizzo -Regione Umbria (avv. Piras) c. Commissione controllo Regione Umbria (avv. Stato Ferri). Competenza e giurisdizione Annullamento di provvedimento della Regione da parte della Commissione di controllo Tardivit Ricorso della Regione Giurisdizione del giudice amministrativo Sussiste. Competenza e giurisdizione Attivit di controllo Giurisdizione del giudice amministrativo sul rapporto tra controllore e controllato. Regione Controllo Poteri del Commissario del Governo e della Commissione di controlla Potere di annullamento della Commissione di controllo Termini Limiti. Regione Controllo Potere di annullamento della Commissione di controllo Omessa sospensione dei provvedimenti regionali sottoposti al controllo Legittimit dell'annull~ento. Regione Controllo Commissione di controllo Controllo di atti meramente esecutivi Esclusione Controllo di atti solo apparentemente esecutivi Costituzione del Consiglio di amministrazione di un Ente ospedaliero Legittimit del controllo. Perch possa configurarsi un conflitto di attribuzione necessario che la Regione assuma che un atto dello Stato abbia invaso la sfera costituzionale ad essa spettante; pertanto l'impugnativa, da parte di una Regione a statuto ordinario, del provvedimento della Commissione di controllo sull'Amministrazione regionale, con cui sia stato annullato un atto della Giunta regionale ex art. 45 legge 10 febbraio 1953, n. 62, va sottoposta alla giurisdizione generale di legittimit del Consiglio di Stato e non 1ientra nella competenza della Corte Costituzionale, qualora la Regione ricorrente denunci non gi una interferenza dello Stato nella sua sfera costituzionale, ma solo l'illegittimit del provvedimento impugnato per violazione di legge, per essere stato il controllo della Commissione esercitato oltre il termine di 20 giorni di cui al citato art. 45, lo comma (1). (1-6) In una fattispecie di rifiuto del visto e della registrazione di un atto della Regione siciliana da parte della Corte dei Conti, senza invasione della sfera di competenza regionale, la Corte Costituzionale escluse l'esistenza del presupposto del conflitto di attribuzione (cfr. Sent. n. 20 del 26 gennaio 1957 in Il Consiglio di Stato 1957, II, 11). Sulla natura dei controlli dello Stato sull'azione della Regione cfr. SANDULLI, Ivlanuale di Diritto Amministmtivo, Napoli Jovene 1973, 298 e segg.; SANDULLr, I controlli sugli enti territoriali ')'tella Costituzione, in Riv. trim. dir. pubbl. 1972, 575; PALADIN, Diritto Regionale, Padova Cedam 1973, 314 e segg.; Gu1zz1, Manuale di diritto regionale, Milano, Giuffr 1971, 345 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Qualora non sorga questione di incompetenza statale in contrapposizione a competenza regionale, ma unicamente di rapporti fra amministrazione controllante e amministrazione controllata nell'esercizio della attivit di controllo, detti rapporti rientrano, per costante orientamento giurisprudenziale, nella competenza della giurisdizione amministrativa, in considerazione della loro natura di rapporti di interesse legittimo (2). Poich solo con espressa disposizione di legge possibile la surrogazione, in casi di necessit, di un organo nell'esercizio di ,una attivit normalmente di pertinenza di altro organo e poich l'intervento sostitutivo del Commissario del Governo nell'esercizio di attribuzioni proprie della Commissione di controllo sull'Amministrazione regionale, in caso di funzionamento di quest'ultima, non risulta previsto da alcuna norma, neppure a carattere transitorio, le deliberazioni adottate dagli organi regionali prima della data di costituzione della Commissione di controllo e trasmesse al Commissario di Governo non possono divenire esecutive, stante l'impossibilit da parte di detto Commissario di esercitare il potere di controllo spettante alla Commissione {3). Il potere di annullamento dei provvedimenti regionali da parte della Commissione di controllo sull'Amministrazione regionale pu essere esercitato entro il termine tassativo di' venti gio1ni dalla ricezione dell'atto, di cui pu far prova solo la immediata ricevuta rilasciata dal Segretario della Commissione e ci ai sensi dell'art. 45 i. 10 febbraio 1953, n. 62; pertanto da considerarsi irrilevante qualsiasi altro fatto suscettibile di configurarsi come ricezione in relazione ad altre norme di portata generale in materia civile o amministrativa, e ci anche per i provvedimenti rimasti medio tempore giacenti presso i Commissariati del Governo, che non possono ritenersi acquisiti alle Commissioni di controllo per il semplice fatto dell'intervenuto insediamento di esse: l'acquisizione, secondo il dettato del citato art. 45, si verifica soltanto ad avvenuto rilascio della prescritta ricevuta da parte del segretario (4). Ai sensi dell'art. 45 l. 62/1953 la Commissione di controllo sulla Amministrazione regionale ha la potest di sospendere l'esecutivitcJ; dei provvedimenti degli organi regionali sottoposti ad esame qualora entro 20 giorni dalla ricezione chieda chiarimenti o elementi integrativi alla e segg.; BENVENUTI, I controlli amministrativi dello Stato sulla Regione, in Riv. trim. d.ir. pubbl. 1972, 587; RoEHRSSEN, I poteri dello Stato sull'attivit legislativa ed amministrativa delle Regioni ad autonomia ordinaria, in Rass. lav. pubbl. 1972, 401; GELATI, I controlli sull'amministrazione regionale, in Nuova Rassegna 1974, 561; SPERANZA, Ricognizione dei controlli sugli atti degli enti local nelle 1egioni a statuto ordinario, in Il Foro Amm.vo 1973, II, 38. Sul problema del termine iniziale, con riferimento al termine stabilito nell'art. 2 legge cost. 9 febbraio 1948, n. 1, si segnala la decisione 4 marzo 1971, n. 39 della Corte Costituzionale (in Foro Italiano 1971, I, 1180). t: 1 i 1I PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 705 4mministrazione regionale; qualora, invece, tali estremi non ricorrano, la Commissione procede entro detto termine all'annullamento dei provvedimenti regionali nei quali siano stati riscontrati vizi di illegittimit (5). L'art. 45 della i. n. 6211953 sottrae al controllo della Commissione solo gli atti relativi alla mera esecuzione di provvedimenti gi adottati e perfezionati ai sensi di legge; ne consegue la piena legittimit del controllo esercitato da detta Commissione su un atto (nella specie decreto del Presidente della Giunta Regionale di costituzione del Consiglio di amministrazione di un Ente ospedaliero in forza delle designazioni intervenute ex art. 9 l. n. 132/1968) che solo apparentemente pu qualificarsi esecutivo, ma che tale non in quanto destinato a portare a compimento provvedimenti ancora privi di efficacia; infatti in tale ipotesi l'atto stesso destinato a produrre gli effetti propri dell'atto inefficace e pertanto, indipendentemente dalla sua illegittimit, esso assume connotati di atto autonomo e non di atto con funzione semplicemente ausiliaria (6). CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 25 febbraio 1975, n. 214 -Pres. Uccellatore -Est. Giovannini -Simeone (avv. Viola) c. Ministero Interno (avv. Stato Pistolesi). Comune -Segretario comunale e provinciale -Equiparazione agli impiegati civili dello Stato -Limiti -Inapplicabilit dell'art. 67 d.P.R. 30 giugno 1972, n. 748. Atto amministrativo -Atto vincolato -Necessit di motivazione -Non sussiste. I segretari comunali e provinciali sono equiparati agli impiegati civili dello Stato solo limitatamente a certi effetti, con esclusione di quelli derivanti da speciali disposizioni volute per la soddisfazione di esigenze particolari (1). Poich l'art. 67 del d.P.R. 30 giugno 1972, n. 748, sull'esodo volon tario stato dettato con esclusivo riguardo ai dipendenti (dirigenti e direttivi) esplicanti le loro funzioni presso lo Stato soggetto, esso non pu trovare applicazione in favore di un seg1etario comunale (2). (i-3) Con parere 10 settembre 1957, n. 1541 (in Il Consiglio di Stato 1958, I, 1013), la Sez. I escluse l'applicabilit ai segretari comunali e provinciali delle norme sull'esodo volontario dei dipendenti dello Stato e degli enti locali, contenute nelle leggi 27 febbraio 1955, n. 53 e 11 aprile 1957, n. 258, argomentando che la equiparazione dei segretari comunali e provinciali agli impiegati dello Stato non pu intendersi che per tutti gli effetti posti in essere dall'ordinamento generale e non per quelli derivanti da 7 ~ ci~ ci 706 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Im Non sussiste obbligo di motivazione per i provvedimenti della p.a.~ -:-:-: che risultino emanati in sede di applicazione di una normativa superiore, in materia nella quale non sussista potest discrezionale per l'Amministrazione medesima (3). I Il speciali disposizioni emanate propter aliquam utilitatem, come sono, appunto, quelle emanate per l'esodo volontario. Tale principio venne ribadito con successivo parere 9 ottobre 1958, n. 328 (ivi, 1959, I, 654). Sul principio in base al quale il provvedimento emanato dalla p.a. iii rigorosa e puntuale applicazione di normativa\ superiore, in materia sottratta ad ogni sua potest discrezionale, non abbisogna di una specifica motivazione, ricordiamo, fra le tante decisioni conformi, Sez. IV 20 ottobre 1965, n. 581 (in Foro Amm.vo 1965, I, 2, 1193); Sez. V 21 marzo 1967, n. 203 (in Il Consiglio di Stato 1967, I, 455); Sez. VI, 7 dicembre 1971, n. 1082 (ivi, 1971, I, 2523); Sez. VI 28 giugno 1974, n. 225 (ivi, 1974, I, 981). CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 4 marzo 1975, n. 232 -Pres. Uccellatore -Est. Rizzo -Soc. edilizia costruzioni appalti {E.C.A.) (avv. Sandulli) e Lunetto ed altri (avv. Abbamonte) c. Ministero lavori pubbici (avv, Stato Ferri) e Comune di Napoli (avv. Gleijeses), con intervento di D'Ambrosio ed altri (avv. Viola). Edilizia Licenza di costruzione Annullamento e revoca -Annullamento. del Governo nel termine di 18 mesi dalla data della relazione di una Commissione di inchiesta Tempestivit in relazione all'art. 7 legge 765/1967. Edilizia Licenza di costruzione Annullamento e revoca Annullamentodel Governo Necessit della deliberazione del Consiglio dei Ministri Non sussiste. Edilizia .Licenza di costruzione Annullamento e revoca Annullamento. d'ufficio di una licenza ad edificio gi ultimato Necessit di una congrua motivazione. Edilizia Demolizione e sospensione lavori Provvedimento di sospensione: emanato dal Ministro per i lavori pubblici Inammissibilit dei motivi. di censura contro l'annullamento della licenza da parte del Governo Sussiste. Edilizia -Demolizione e sospensione lavori -Ordine di sospensione Emanazione dell'ordine in fase di avanzata costruzione -Legittimit Sussiste. Il decreto presidenziale di annullamento di una licenza edilizia p10- nunciato entro il termine di 18 mesi dalla data di ricezione, da parte: PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 707 della Di1ezione Generale dell'Urbanistica dell'Amministrazione per i lavori pubblici, della relazione della Commissione di inchiesta all'uopo nominata, da considerarsi legittimamente adottato in quanto tempestivo ex art. 7, 30 comma, l. 6 agosto 1967, n..765 (1). L'art. 7 l. 76511967, malgrado l'espresso richiamo all'art. 6 t.u. 3 marzo 1934, n. 383, contempla una disciplina autonoma in relazione agli organi chiamati ad intervenire nella fase costitutiva per l'adozione del decreto presidenziale di annullamento di una licenza edilizia; in particolare esso --'-contrariamente all'art. 6 t.u. predetto -dispone che a tale fase partecipino solo il Ministro per i lavori pubblici, di concerto con quello dell'Interno, e il Capo dello Stato; non sussiste, pertanto, la necessit della previa deliberazione del Consiglio dei Ministri (2). Poich nell'atto di annullamento d'ufficio necessario che sia esternato l'iter logico relativo all'accertamento e alla valutazione dell'inteTesse pubblico, attuale, concreto e specifico connesso alla caducazione dell'atto annullato (il che comporta una motivazione adeguata), da ritenere illegittimo il provvedimento di annullamento d'ufficio di una licenza edilizia che intervenga a costruzione gi ultimata e rifinita, qualora esso sia motivato con considerazioni analoghe a quelle che determinarono l'annullamento di altra licenza concernente una inziativa edi- lizia ad uno stadio iniziale e comunque non avanzato, senza indicazione di una motivazione logica ed esauriente in ordine alla necessit di sacrificare comunque l'inter~sse privato pur in presenza di un edificio gi completato (3). Po.ich il provvedimento di sospensione dei lavori di costruzione ex art. 7, 40 comma, l. 6 agosto 1967, n. 765, adottato a titolo cautelativo dal Ministro per i lavori pubblici nel corso della procedura di annulla mento d'ufficio della licenza edilizia, si differenzia da tale ultimo prov ved,imento per diversit di presupposti, funzione e requisiti, non possono essere proposti, e sono quindi.inammissibili, in sede di impugnativa del provvedimento cautelativo di sospensione, i motivi proposti contro il de creto di annullamento d'ufficio della licenza (4). (1-5) Sulla tempestivit dell'annullamento d'ufficio, collegata alla semplice emanazione dell'atto cfr. Sez. IV 21 dicembre 1971, n. 1284 (in Il Consiglio di Stato 1971, I, 2429); Sez. IV 13 matrzo 1973, n. 222, che ha ritenuto fra l'altro irrilevante ai fini della indagine sulla tempestivit la data di registrazione .dell'atto da parte della Corte dei Conti (ivi 1973, I, 376); Sez. IV 3 luglio 1973, n. 685 (ivi, 1973, I, 987); Sez. IV 27 luglio 1973, n. 734 (ivi, 1973, I, 1030); Sez. IV 18 ottobre 1974, n. 637 (ivi, 1974, I, 1124). Le citate decisioni 1284/1971 e 637/1974, uniformandosi alla copiosa giurisprudenza precedente (cfr. Ad. Plen. 21 dicembre 1968, n. 32 ivi, 1968, I, 1987; Sez. V 28 novembre 1969 n. 1444, Ivi, 1969, I, 2231; Sez. IV 708 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Finch la costruzione non sia ultimata, e quindi anche allorch es$a sia in fase decisamente avanzata, ben possono essere emessi -e sono pertanto legittimi -provvedimenti di sospensione in materia ediUzia (5). 27 giugno 1970, n. 468, ivi, 1970, I, 1908), hanno ribadito che per l'adozione del decreto presidenziale di annullamento di una licenza edilizia non occorre la previa deliberazione del Consiglio dei Ministri. Infine la stessa decisione 637/1974, che conferma sul punto le decisioni Sez. IV 23 giugno 1970, n. 449 (ivi, 1970, I, 893) e Ad. Plen. 3 luglio 1973, n. 7 (ivi, 1973, I, 869) ha ribadito la inammissibilit in sede di impugnativa del provvedimento di sospensione dei lavori di costruzione, di motivi proposti contro il decreto di annullamento d'ufficio della licenza. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 4 marzo 1975, n. 233 -Pres. De Capua Est. Rizzo -Vignati (avv. D'Agostino) c. Ministero Interno (avv. Stato Cosentino). Impiego pubblico Benefici combattentistici ex art. 3 1. n. 336 del 1970 Condizioni Presentazione della domanda successivamente al collo camento a riposo per limiti di et Inammissibilit. Costituzione della Repubblica Principio di uguglianza ex art. 3 Criteri di applicazione Altemativit di trattamentoeconomico con libert di scelta Violazione dell'art. 3 Non sussiste. Per poter conseguire il beneficio previsto dall'art. 3 della legge 24 maggio 1970, n. 336, necessario richiedere il collocamento a riposo prima deU'intervenuto raggiungimento del limite di et per il colloca mento a riposo d'ufficio; ne consegue la legittimit del diniego di concessione del beneficio in parola qualora l'impiegato richiedente abbia presentato la relativa domanda in epoca posteriore alla data di decorrenza del provvedimento di collocamento a riposo per sopraggiunto limite di et (1). Qualora la legge proponga alternativamente determinati trattamenti economici e lasci libera opzione per la scelta della categoria di beneficiari cui appartenere, non sussister disparit di trattamento in relazione all'art. 3 della Costituzione, ~ancando l'uguaglianza dei presupposti richiesta per la configurabilit del vizio medesimo (2). (1-2) Cfr. in termini Sez. VI 18 ottobre 1974, n. 292 (in Il Consiglio di Stato 1974, I, 1286). PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 709 CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 4 marzo 1975, n. 237 -Pres. Uccellatore -Est. Schinaia -Comune di Perugia (avv.ti Cesarini e Giannini) c. Severi (avv.ti Carbone e Olivi) -(Giudizio di appello, T.A.R. Umbria 29 maggio 1974 n. 12: rigetta). Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale -Atto impugnabile Espropriazione per p.u. art. 26 1. 865/1971 -Programmi di esproprio Impugnabilit immediata del vincolo delle aree -Sussiste. Espropriazione per p.u. -Edilizia popolare ed economica -Art. 261. 865/1971 Zone di espansione -Aree incluse nel piano delle zone destinate ad edilizia popolare ed economica ex 1. 167/1962 -Computabilit nelle zone di espansione della 1. 865/1971 -Esclusione. n provvedimento di vincolo delle aree incluse nel programma di esproprio ex art. 26 l. 865/1971 va impugnato immediatamente in quanto immediatamente lesivo delle posizioni soggettive del proprietario delle aree, poich il vincolo ad esso connesso preclude la destinazione delle aree agli usi consentiti dal piano regolatore generale (1). Le aree incluse nel piano delle zone destinate dalla l. 18 aprile 1962, n. 167, all'edilizia popolare ed economica vanno escluse, ai sensi dell'art. 26 l. 22 ottobre 1971, n. 865, dal calcolo percentuale delle zone di espansione previste dal piano regolatore ai fini della formazione dei comprensori delle aree da includere nel programma contemplato da detto articolo (2). (1-2) La decisione conferma la sentenza n. 12 in data 29 maggio 1974 del T.A.R. dell'Umbria (in Il Consiglio di Stato 1974, parte spec. 53). La Sezione ha, in particolare, puntualizzato che -posto che proprio per effetto dell'art. 35 della legge 865/1971, che ha modificato l'art. 10 della legge n. 167/1962, si stabilito che tutte le aree comprese nei piani ex lege n. 167 siano espropriate dai Comuni e dai loro consorzi -non pu esservi materiale coincidenza fra le aree incluse nel programma ex art. 26 della legge 865, destinate ad essere anch'esse espropriate dallo stesso Comune, ed aree dei piani di zona per l'edilizia economica e popolare (P.E.E.P.). CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 11 marzo 1975, n. 270 -Pres. (ff.) Pezzana -Est. Riccio -Istituto autonomo case popolari di Roma (avv.ti Lustri e Nigro) c. Ministero lavori pubblici (avv. Stato Carafa), Impresa immobiliare ETNA e Impresa V.A.R.E. (avv. Carbone). Contratti pubblici . Revisione dei prezzi Derogabilit Inidoneit delle clausole di stile -Sussiste. L'art. 1 d.l.vo 6 dicembre 1947, n. 1501, fissa il principio che per i lavori relativi ad opere pubbliche da appaltarsi dalle Amministrazioni dello Stato e da ait1i Enti pubblici possa procedersi, salvo patto contra 710 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO rio, alla revisione dei prezzi; nel testo normativo citato sono, infatti, comprese sia l'affermazione del principio della revisione dei prezzi come norma generale, quando le oscillazioni dei prezzi nel periodo di durata del rapporto superino determinati valori (10 %), sia l'affermazione della sua derogabilit con l'introduzione nel contratto di una api?osita clausola di esclusione della revisione; ne consegue che, poich il patto eventuale di esclusione, essendo derogativo di una norma generale, deve essere sempre espresso in forma chiara e non equivoca al 'fine di eliminare la possibilit c_he insorgano dubbi sulla volont delle parti di derogare nel caso di specie al principio generale della rivedibilit dei prezzi, non po ,tr ritenersi idonea a tale effetto derogatorio la clausola consueta e di stile, che sancisca l'invariabilit dei prezzi, quale quella contenuta nei capitolati generali e speciali elaborati anteriormente al d.l.vo citato, in epoca in cui vigeva per l'appunto il precedente sistema di invariabilit dei prezzi (1). (1) Cfr. in termini Sez. IV 11 dicembre 1962, n .. 775 (in Il Consiglio di Stato 1962, I, 1988); Sez. IV 30 novembre 1973, n. 1140 (ivi, 1973, I, 1628). Sulla necessit che l'eventuale patto di esclusione della revisione, proprio perch derogativo di una norma generale, sia espresso in forma esplicita e inequivoca cfr. Sez. V 19 ottobre 1'971, n. 865 (ivi, 1971, I, 1786). In generale, sulla revisione dei prezzi nei contratti di appalto di opere pubbliche, cfr. Sez. IV 12 luglio 1974, n. 548 (in questa Rassegna 1975, I, 179 con nota di commento). In dottrina cfr. BATTINI, In tema di revisione dei prezzi nei pubblici contratti di fornitura e negli appalti di servizi (in Foro Amm.vo 1971, II, 126). . CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 25 marzo 1975, n. 305 -Pres. Uccellatore -Est. Giovannini -Sperandeo (avv. Carbone) c. Ministero difesa (avv. Stato Azzariti). Guerra . Combattenti e reduci Condizioni per la concessione di benefici economici e di carriera Rimprovero solenne per comportamento tenuto all'atto dell'armistizio dell'8 settembre 1943 -Legittimit del di Diego dei benefici. Guerra Combattenti e reduci Condizioni per la concessione di benefici economici e di carriera Rimprovero sofenne per comportamento tenuto all'atto dell'armistizio dell'8 settembre 1943 Legittimit del di Diego dei benifici Successivo condono della sanzione Irrilevanza. Militare Ufficiale Esercito Esclusione dei benefici combattentistici generali Legittimit della annotazione nei documenti caratteristici Legittimit Sussiste. Ai sensi del d.l.vo 4 marzo 1948, n. 137 e della successiva legge 23 febbraio 1952, n. 93, i militari che vanno esclusi dalla applicazione PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 711 dei benefici combattentistici non sono soltanto i soggetti colpiti dalla pena massima della risoluzione del rapporto, ma anche quelli colpiti (avv. Lagonegro) e Soc. it. produzione calce e cementi di Segni (avv. Zamm~t). Espropriazione per pubblica utilit Occupazione d'urgell? Miniere e cave Terreni occorrenti per attivit estrattiva Normativa Appli cabilit del r.d. n. 1143/1927 e non della I. 2359/1865 Irrilevanza della qualit dell'espropriante. Espropriazione per pubblica utilit Occupazione d'urgenza Miniere e cave Terren;. occorrenti per attivit estrattiva Rapporti fra interesse privato e interesse pubblico Discrezionalit di valutazione da parte della p.a. 714 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Espropriazione per pubblica utilit Termini Inizio e compimento lavori . Provvedimento di esproprio emanato ad esecuzione ultimata dell'ope ra Necessit di osservare i termini Non sussiste. L'occupazione d'urgenza e i successivi provvedimenti espropriativi di terreni occorrenti per l'esercizio di attivit estrattive sono disciplinati dalle norme di cui al r.d. 29 luglio 1927, n. 1443 e non da quelle della l. 25 giugno 1865, n. 2359; il r.d. 1443/1927, nel richiamare la l. 235911865, si limita, infatti, a indicare gli effetti dei provvedimenti adottati, senza peraltro imporre l'osservanza della procedura prevista dalla legge generale sulle espropriazioni; in particolare, il r.d. del 1927 con l'art. 32 ha predisposto uno strumento a favore di chi coltiva una mi- niera, dichiarando di pubblica utilit le opere necessarie per il deposito, il trasporto e l'elaborazione dei materiali, nonch per la sicurezza della miniera: gli stessi fini generali della coltivazione e della produzione mineraria che hanno determinato la formulazione dell'art. 32 per le miniere hanno indotto il legislatore a dichiarare l'applicabilit di siffatte disposizioni anche alle cave (1). In relazione alla valutazione comparativa degli interessi privati e pubblici che l'Amministrazione pu e deve operare nell'esercizio dei suoi poteri discrezionali deve considerarsi legittimamente adottato il provvedimento che autorizza il proprietario di una cava alla occupazione di urgenza di una striscia di terreno comunale, ove risulti prevalente l'inte1 esse pubblico connesso alla.necessit di assicurare, nel modo pi rapido ed efficace, il funzionamento e lo sfruttamento della cava (2). Quaiora i provvedimenti espropriativi siano stati emanati quando l'opera dichiarata di pubblica utiHt era stata gi interamente eseguita, risulta destituito di fondamento il rilievo relativo alla inosservanza dei termini stabiliti per l'inizio e la conclusione dei lavori (3). (1-3) L'applicabilit in subiecta materia delle norme contenute nel r.d. 29 luglio 1927, n. 1443 sulle miniere trova conferma nella decisione della Sez. IV n. 796 del 12 dicembre 1962 (in Il Consiglio di Stato 1962, I, 1999). CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 7 marzo 1975, n. 310 -Pres. Breglia Est. Pranzetti -Pesce (avv. Abbamonte) c. Comune di Eboli (avv. Cesareo). Cosa giudicata Esecuzione Licenza edilizia Annullamento del diniego dell'Autorit comunale Normativa applicabile in caso di nuova pronuncia del Comune Necessit di riferimento alla data di notifica della decisione Sussiste. In sede di esecuzione del giudicato di annullamento di un provvedimento comunale di diniego di licenza edilizia, la normativa in vigore PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 715 all'epoca deUa notificazione della decisione da eseguire che dovr essere tenuta presente dalla Autorit .comunale competente alla esecuzione (1). (1) La decisione conferma la prevalente giurisprudenza del Consiglio di Stato in tema di esecuzione del giudicato di annullamento del diniego di licenza edilizia. Peraltro sussistono notevoli oscillazioni in ordine al momento di riferimento, anche in relazione alla giurisprudenza dei T.A.R., dalla quale emergono soluzioni contrastanti. In sintesi, si possono enunciare le seguenti soluzioni prospettate: a) necessit di fare riferimento solo alla normativa in vigore all'epoca della notificazione della decisione di annullamento del precedente diniego (l.n tal senso, oltre alla decisione annotata, cfr. Sez. V 28 giugno 1971, n. 642, in Il Consiglio di Stato 1971, I, 1123; Sez. V 5 novembre 1971, n. 994, ivi, 1971, I, 2145; Sez. V 3 novembre 1972, n. 767, ivi, 1972, I, 2020; Sez. V 13 novembre 1973, n. 843, ivi, 1973, I, 1650; Sez. V 1 marzo 1974, n. 208, ivi, 1974, I, 428); b) riferimento alla data di notificazione della diffida a conformarsi al giudicato (cfr. Sez. V 17 ottobre 1972, n. 670, ivi. 1972, I, 1677); c) riferimento alla data .di notificazione della decisione di annullamento (cfr. Sez. V 23 marzo 1971, n. 255, ivi, 1971, I, 499); d) applicabilit della normativa vigente alia data di emissione del provvedimento annullato (cfr. Sez. V 22 dicembre 1970, n. 1229, ivi, 1970, I, 2297; T.A.R. Toscana 27 agosto 1974, n. 66, ivi, 1974, parte spec. 465, nella quale ultima si specifica che solo in via eccezionale e con apposita motivazione . possibile tener conto della normativa sopravvenuta); e) riferimento alla applicabilit della normativa vigente al momento in .cui vennero adottate le determinazioni comunali in caso di annullamento del silenzio-rifiuto, con salvezza, peraltro, dell'eventuale risarcimento danni per il ritardo (cfr. T.A.R. Piemonte 18 dicembre 1974, n. 131 in Rass. T.A.R. 1975, I, 42); f) riferimento alla scadenza del 60 giorno dalla presentazione della domanda nel caso di silenzio-rigetto (cfr. T.A.R. Lazio, III Sez;, 1 luglio 1974, n. 6, in Il Consiglio di Stato 1974, parte spec. 169). In dottrina si segnala D'ANGELO, Altalena giurisprudenziale in tema di annullamento giurisdizionale di diniego di licenza edilizia e jus superveniens (in Riv. giur. edilizia 1972, I, 712). SEZIONE SESTA I GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA Il I CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 18 gennaio 1975, n. 29 -Pres. leardi Est. Spadaro -P. M. Silocchi (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. I $ w Stato Saltini) c. Bennati (avv. Franco e Levis) e Cassa di Rispar mio di Venezia (avv. Allorio e Cordova). Imposte e tasse in genere -Credito a medio e lungo termine -Imposta in abbonamento sostitutiva delle tasse ed imposte indirette sugli affari -Soggetti ammessi a fruirne -Azienda di credito. (1. 27 luglio 1962, n. 1228, art. 1). La legge 27 luglio 1961, n. 1228, che istituisce, per i finanziamenti a medio e lungo termine, il trattamento tributario agevolato della corresponsione di una imposta annua in abbonamento, sostitutiva -fra altre -delle imposte indirette sugli affari, ha come soggetti destina i tari, oltre agli istituti (di credito speciale) che esercitano, in conformit ~ della legge e dei loro statuti, il credito a medio e lungo termine, anche le "aziende di credito" che eserCitano, semp1e in conforinitd della legge l e dello statuto, le stesse operazioni sia a mezzo di loro sezioni o gestioni non fornite di personalit giuridica, sia a mezzo di un apposito ufficio interno, dotato di organizzazione distinta, con propria contabilit delle operazioni effettuate (1). II II CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 24 febbraio 1975, n. 680 -Pres. Mit lano -Est. Sposato -P. M. Secco (conf.) -Soc. Ferrovia Alto Pi' stoiese (avv. Camici e Baroni) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Cascino). I Imposte e tasse in genere Credito a medio e lungo termine Imposta I ! j in abbonamento sostitutiva delle tasse ed imposte indirette sugli affari Conformit dell'operazione di finanziamento .alle norme di legge e statutarie. I ! Ai fini del trattamento tributario di favore, di cui all'art. 1 della l. 27 luglio 1962, n. 1228, non basta che le operazioni di credito rien- I (l-2) Sul trattamento tributario di favore per il finanziamento a medio l e lungo termine. I La questione che la Corte di Cassazione ha affrontato con la prima sentenza e risolto in senso sfavorevole alle Finanze, ha gi formato oggetto. I di esame con nota in questa Rassegna 1971, I, 1411). .PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 717 trino nella categoria di quelle che il secondo comma dello stesso art. 1 definisce come operazioni a medio e a lungo termine, ma occorre altresi che tali operazioni abbiano luogo nei limiti previsti per ciascun ente, dalle leggi che lo riguardano e dalle sue disposizioni statutarie (2). I (Omissis). -Con il primo motivo, la ricorrente Amministrazione delle Finanze, denunciando la violazione e falsa applicazione dell'art. 1, primo e secondo comma, della legge 27 luglio 1962, n. 1228, in relazione all'art. 3160 un. 3 e 5 c.1P.c., censura la impugnata sentenza per avere ritenuto che la Cassa di Risparmio di Venezia, potendo effettuare, quale azienda di credito, anche operazioni di mutuo a medio e lungo termine, rientrasse tra i soggetti beneficiari, per le operazioni oggettivamente comprese tra quelle a medio e lungo termine, del trattamento fiscale agevolato, previsto dalla citata legge n. 1228. In particolare, sostiene che questa legge ha riguardo, ai fini dell'applicazione del trattamento fiscale in questione, soltanto agli istituti, le sezioni e le gestioni che, secondo l'art. 41 della legge bancaria, esercitano l credito speciale e che gi normalmente fruivano di un particolare regime tributario, rimanendone cos escluse le aziende di credito, quali le casse di Risparmio, che esercitano il credito ordinario e rientrano sotto la separata disciplina dell'art. 5 della legge bancaria. Il motivo infondato. La legge 27 luglio 1961, n. 1228, che istituisce, per i finanziamenti a medio e lungo termine, il tratta~nto tributario agevolato della cor- Nelle vertenze ora decise, la difesa dell'Amm.ne aveva particolarmente insistito sulla circostanza che la legge 27 luglio 1962, n. 1228, intitolata e trattamento tributario degli Istituti di credito a medio e lungo termine fissa gi nel titolo l'ambito di operativit della legge, facendone destinatru:i ,gli istituti di credito a m. o 1. termine, e non le aziende di credito : tesi che trova conforto nella relazione ministeriale e nei lavori preparatori della legge (gi ricordati in detta nota). Si era ancora posto in evidenza come la dizione contenuta nel secondo alinea dell'art. 1 della legge ( la medesima imposta dovuta altresi, dalle aziende di credito per le loro sezioni o gestioni non fornite di personalit giuridica che esercitano in conformit alle disposizioni della legge e degli statuti, il credito a medio e lungo termine ) non apre la porta del trattamento tributario agevolato alle aziende di credito che il primo alinea tiene sicuramente al di fuori. La disposizione sembra inequivoca, ove si tenga presente che esistono .effettivamente a~iende di credito le quali con sezioni o gestioni 1special non .fornite di rpersonalit .giurLdica compiono vere operazioni di credito a medio o lungo termine: operazioni cio che 718 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO responsione di una imposta annua in abbonamento di quindici centesimi per ogni cento lire dell'ammontare dei crediti esistenti alla fine dell'eser cizio per tali finanziamenti, elenca, all'art. 1, i soggetti destinatari di questo trattamento fiscale, e, mentre nella prima parte dello stesso ar ticolo menziona testualmente gli istituti di credito e le sezioni di azien de e di istituti di credito che esercitano, in conformit alle disposizioni della legge e dei loro statuti, il credito a medio e lungo termine, po nendo l'obbligo della corresponsione della imposta a carico degli stessi . Istituti di credito e delle stesse Sezioni ; nella seconda parte indica le aziende di credlito., ohe ese11citano lo stesso tiipo di credito a medio e lungo termine attra'Verso loro sezioni o gestioni, non fornite di per sonalit giuridica ., ponendo quell'obbUgo della correis:pons:ione della im posta a carico delle aziende, non gi delle sezioni o gestioni, e venendo cos, chiaramente, a sottolineare la personalit giuridica che le Sezioni, indicate nella prima parte, rivestono diversamente delle Se zioni e Gestioni, indicate nella seconda parte. La legge, che, nello stesso art. 1, configura i finanziamenti a medio e lungo termine, contemplati ai fini dell'applicazione del trattamento fiscale in argomento, nell' operazioni a scopo di investimento di durata non inferiore a tre anni, indica, all'art. 3, gli istituti, le Sezioni, le aziende, previsti nel detto art. 1, quali destinatari dell'obbligo di di chiarare annualmente le somme sulle quali si commisura la imposta e di ottemperare a tutti gli altri adempimenti ivi prescritti, e, all'art. 4, con riguardo all'abrogazione dei precedenti trattamenti tributari, fa espresso riferimento agli Istituti, Sezioni o aziende che esercitano il credito a medio e lungo termine. Dal significato letterale e logico del testo, in cui questa normativa risulta formulata nei punti essenziali sopra posti in evidenza, deriva che l'agevolazione fiscale in argomento comprende, oggettivamente, le ope vengono alimentate non con le provviste ordinarie (depositi a breve ter mine), bens esclusivamente con le provviste a medio o lungo termine. Trattasi perci di istituti di credito speciale, rientranti nell'ipotesi dell'art. 41 della legge bancaria e successive modificazioni; la loro costituzione sempre prevista da leggi speciali (n basta un atto interno dell'Istituto a costituire tali sezioni o gestioni): v. ad esempio il d.P.R. 30 luglio 1957, n. 813: esso dispone, all'art. 1, che la Cassa di Risparmio di Roma, con sede in Roma, autorizzata ad esercitare nel territorio della Provincia in cui ha le proprie filiali, il credito fondiario in conformit delle disposizioni vigenti in materia; l'art. 2 poi cos detta: per lo espletamento delle operazioni di cui all'art. precedente, la Cassa di Risparmio di Roma istituir una separata gestione avente propria contabilit e propria . bilancio . evidente che la gestione non ha personalit giuridica. Essa opera col fondo di dotazione previsto dall'art. 3 e a sensi della legge fondamentale richiamata nel decreto (e cio del r.d.l. 16 luglio 1905, n. 646, PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIIA 719 razionli. di finanziamento a medio o lungo tel'lliline, che si concretino in operazioni di investimento di durata non inferiore a tre anni, e, soggettivamente, con attribuzioni di una propria e diretta titolarit, tanto gli istituti di credito e le sezioni, fornite di personalit giuridica, degli stessi istituti di credito e delle aziende di credito che esercitano, in conformit alla legge e agli statuti, il credito a medio e lungo termine, quanto le aziende di credito che esercitano lo stesso tipo di credito attraverso loro sezionli. o gestioni, non fornite di iperisonalit giuridica. In sostanza, questa normativa, ai fini dell'agevolazione fiscale, attribuisce rilevanza e prevalenza determinanti al carattere a medio e lungo termine delle operazioni di finanziamento che vengono effettuate, e, iJ. perfetta sincronia logico-giuridica con questo aspetto oggettivo di tali operazioni pone l'agevolazione fiscale e il correlativo obbligo del pagamento dell'imposta agevolata a favore e a carico degli operatori bancari, che esercitano legalmente, in forza della legge e degli statuti tale tipo di operazione sicch in questa configurazione s'inquadra la diversa ter- minologia usata dalla normativa stessa per indicare i detti operatori bancari, individuandoli negli istituti di credito che in base alla disciplina bancaria, sono abilitati, istituzionalmente, ad esercitare tale tipo di operazioni anche attraverso gestioni o sezioni, dotate di personalit giuridica, e nelle aziende di credito che, in base alla medesima disciplina ban caria, sono istituzionalmente abilitate ad esercitare il credito ordinario ma che possono anche esercitare quello a medio e lungo termine sia attraverso sezioni, dotate di personalit giuridica, e sia attraverso Sezioni o gestioni, non fornite di tale pers011alit. La legge, pertanto, non autorizza a consentire la interpretazione ad essa data dalla ricorrente amministrazione delle Finanze, secondo cui l'agevolazione fiscale sarebbe, sogche determina le provviste con le quali il credito speciale fondiario pu essere alimentato), con le cartelle fondiarie. Vedi ancora il d.P.R. 20 maggio 1962, n. 956 col quale stata istituita una separata gestione senza personalit gim;idica presso la Cassa Centrale di Risparmio V. E. per le Provincie Siciliane; ed il d.P.R. 18 giugno 1962, n. 967. per la Cassa di Risparmio della Calabria etc.; v. ancora il r.d. 24 febbraio 1938, n. 256 convertito in 1. 3 giugno 1938, n. 1088 che istituisce la Sezione di Credito Fondiario della Cassa di Risparmio di Gorizia , etc. (per l'elenco completo degli istituti di credito speciale consulta le pubblicazioni La legge bancaria italiana ed altre norme essenziali in materia edilizia, Roma, 1972; La legislazione italiana sul credito speciale alla industria e al commercio. Roma, 1963, La legislazione italiana sul credito agrario >, Roma, 1969; pubblicazioni tutte dell'Associa-' zione Bancaria Italiana; v. anche, per un'ampia rassegna degli istituti di credito speciale, fruenti di imposta sostitutiva, ZAPPALA e LANZA, L'imposta sui redditi mobiliari Napoli 1968, 390). La legge speciale opera per queste ben definite sezioni e gestioni sfor. nite di personalit giuridica la separazione di una parte del patrimonio RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO gettivamente, circoscritta agli Istituti che esercitano, a sensi dell'art. 41 della legge bancaria, il credito speciale, dal momento che, mentre manca nella legge stessa un qualsiasi riferimento terminologico allo esercizio di un credito speciale, viene dalla legge medesima richiamato, invece, specificamente ed espressamente, con riguardo ai destinatari dell'anzidetta agevolazione, il carattere a medio e lungo termine dell'attivit creditizia da essi esercitata legalmente, come si sopra precisato; talch ben fondatamente deve affermarsi che, in relazione con le aziende di credito, questo richiamo viene, comunque, a comportare la inclusione, tra quei destinatari, di tali aziende, che, di regola, esercitano il credito ordinario. tna che possono anche esercitare quello a' medio e lungo termine, quando esse, in forza della relativa disciplina bancaria, sono auto, rizzate a svolgere anche questo tipo di attivit creditizia sia attraverso proprie sezioni, fornite di personalit giuridica, che attraverso sezioni o gestioni, prive di tale personalit. Consegue che la Cassa di Risparmio di Venezia, quale azienda di credito, che, secondo gli accertamenti eseguiti in sede di merito, risulta autorizzata, ai sensi degli art.li 40, 45 e 46 dello Statuto, approvato con d.m. 26 aprile 1954, ad esercitare le operazioni di credito a medio e lungo termine e che tali operazioni svolge, ai sensi dell'art. 22 dello Statuto stesso, attraverso un apposito ufficio, l'ufficio mutuatari, privo di personalit giuridica ma dotato di una organizzazione distinta, con propria contabilit delle operazioni effettuate, viene a rientrare, ai fini dell'agevolazione fiscale in argomento, tra le aziende di credito, contemplate nella seconda parte dell'art. 1 della legge n. 1228 del 1962, ossia tra quelle aziende di credito che esercitano il .credito a medio e lungo terdell'azienda di credito, che viene destinata all'esercizio del credito speciale; esercizio che viene alimentato oltre che col fondo di dotazione, mediante l'emissione di cartelle fondiarie, o con altri titoli, idonei a raccogliere il credito a medio o lungo termine; ma mai col credito raccolto a breve termine. Nessuna confusione avviene perci tra le provviste (a breve termine) che alimentano il credito ordinario, e quelle a medio o lungo termine che alimentano il credito speciale, trattandosi di attivit che, pur intestate al medesimo soggetto giuridico, vivono vita separata e indipen dente e sono sottoposte a distinti controlli (secondo quanto prevedono gli arlt. 2 e 6 della legge bancaria: v. anche art. 2 del d.1. 17 luglio 1947, n. 691). La Corte Suprema peraltro non ha aderito alla tesi dell' Ammini strazione, ritenendo invece che la norma esaminata comprenda anche le aziende di credito ordinario, che esercitano, con le provviste a breve ter mine, in conformit alla legge e agli statuti, il credito a medio o lungo termine, attraverso un apposito ufficio interno, con propria contabilit delle operazioni effettuate. giunta a tale conclusione, attribuendo particolare rilevanza al 2 comma dell'art. 1 della legge che definisce sotto l'aspetto oggettivo cosa PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 721 mine attraverso gestioni, non fornite di personalit giuridica. N il fatto 1che un tale ufficio sia !Pl'ivo d:i un proiprio !Patrimonio e di un autonomo bilancio pu importare la esclusione della sua configurazione come gestione nel senso voluto dalla legge, giacch, contrariamente alla tesi al riguardo sostenuta dalla ricorrente, mentre il citato art. 1 della stessa legge non menziona un tale requisito, la figura della gestione, priva di personalit giuridica, suindicata dallo stesso art. 1 s'identifica, nell'ambito della normativa, in quella di un servizio o di un ufficio, caratterizzato dalla omogeneit pa;rticolare delle operazioni che chiamato a svolgere, ossia da una competenza meramente interna, rispetto alla quale l'autonomia patrimoniale,e di bilancio non si presenta rispondente alla correlativa.funzionale struttura tecnico-amministrativa. D'altra parte, il fatto che la norma pone, in questa ipotesi, la agevolazione fiscale ed i correlativi obblighi in eapo alle aziende, e non gi in capo alle gestioni, convalida la superiore conclusione circa la struttura meramente interna che s' intesa attribuire dal legislatore alle gestioni ; tanto pi, poi, che la indicazione da parte della stessa norma di queste gestioni distintamente dalle sezioni, che rivestono, sul piano tecnico-amministrativo una struttura diversa almeno per quanto attiene alla autonomia funzionale, contrassegna chiaramente la collocazione degradata che rispetto a questi fini strutturali e funzionali, s' inteso attribuire alle gestioni, donde la loro posizione, sotto il profilo tecnico- amministrativo, sul piano di un servizio o di un ufficio delle aziende di credito. Per tutte le esposte considerazioni, la impugnata sentenza, che ha ritenuta legittima l'applicazione in favore della Cassa di Risparmio di Venezia del trattamento tributario, di cui all'art. 1 della citata legge n. 1220 del 1962, non merita le esaminate censure. (Omissis). debba intendersi per operazioni di finanziamento a medio o lungo termine; la legge, essa ha osservto, ammette al trattamento tributario agevolato gli operatori bancari che esercitano legalmente in forza della 'legge e degli statuti, tale tipo di operazioni, senza contenere alcun riferimento termi nologico allo esercizio del credito speciale . La massima sub II trae le logiche conclusioni dal principio cui la Corte Suprema ha attribuito particolare rilevanza anche nelle sentenze precedenti, che cio per rientrare nel sistema agevolato, le operazioni di mutuo debbono essere conformi alla legge e agli statuti; nel caso di specie lo statuto autorizzava l'operatore bancario (Cassa rurale e artigiana) a concedere mutui chirografari ed ipotecari di durata non superiore a cin que anni; poich il mutuo era stato invece concesso per la durata di dieci anni, l'operazione non rientrava nel regime in abbonamento. M. SALTINI 8 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 722 @ ti II f:l (Omissis). -La Commi1ssione Centrale ha :ritenuto 1che ai fini delI l'appicazione del regime forfettario previsto dalla citata legge del 1962. indispensabile la ricorrenza di tre condizioni: che l'istituto di credito sia autorizzato all'esercizio del credito a medio e lungo termine; che l'operazione attiva di finanziamento abbia una durata non inferiore a tre anni; che la detta operazione sia consentita dalle disposizioni di legge in materia e dalle norme statutarie dell'istituto mutuante (o se Izioni o gestioni del medesimo); e che la ricorrenza di questo terzo requisito illdispensabile non meno che quella degli altri due non essendo ammissibile che il legislatore lo abbia indicato senza volervi dare rilevanza e non essendo neppure plausibile che egli abbia voluto estendere il favore tributario ad operazioni compiute irregolarmente. Ha soggiunto che una conferma di tale interpretazione dell'art. 1 della legge si trova nel suo quarto comma in quanto l'estensione di- sposta da questo nei confronti di taluni istituti di credito relativamente ad operazioni diverse dai finanziamenti a medio e lungo termine (ad esempio: ad operazioni a breve termine) stata, anch'essa, subordinata alla condizione che tali operazioni diverse siano compiute in conformit alle norme legislative ed agli statuti. Contro le suesposte considerazioni della Commissione Centrale la societ ricorrente deduce: a) che l'art. 1 della citata legge deve essere inteso nel senso che al particolare trattamento tributario da essa previsto sono ammessi gli istituti o aziende o gestioni autorizzati all'esercizio del credito a medio e lungo termine, e cio, come stabilito dal medesimo articolo nel suo secondo comma, ad operazioni di finanziamento a scopo d'investimento di durata non inferiore a tre anni; che ad operazioni di questo genere la Cassa autorizzata in virt della 1. 26 settembre 1937, n. 1706 modificata dalla 1. 4 agosto 1955, n. 707 e dall'art. 15 del suo Statuto; che la possibilit di concedere mutui sino a cinque anni di durata, prevista dalla citata legge e dallo Statuto, fa rientrare la Cassa nelle. categorie delle aziende autorizzate all'esercizio del credito a medio e lungo termine, cio di durata non inferiore a tre anni, e, quindi, nella categoria delle aziende ammesse allo speciale trattamento tributario; e che la concessione del finanziamento per una durata superiore a quella consentita dallo statuto pu determinare l'illegittimit e l'annullabilit dell'operazione o l'intervento sanzionatorio delle autorit amministrative di vigilanza, ma non l'esclusione della detta operazione dal trattamento tributario di favore (1 motivo: violazione e falsa applicazione dell'art. 1 della 1. 27 luglio 1962, n. 1228, degli art. 18 r.d.l. 26 set PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIIA 723 tembre 1937, n. 1706 modificat dalla 1. 4 agosto 1955, n. 707, e 15 dello Statuto della Cassa Rurale e Artigiana di Pistoia); b) che anche a voler trascurare che il quarto comma dell'art. 1 della legge del 196,2 si riferisce ad altri istituti, resta fermo che esso deve essere interpretato in coerenza con il primo comma dello stesso articolo e cio nel senso che la conformit alle norme legislative ed agli statuti riguarda la capacit istituzionale di quegli istituti di concedere finanziamenti a medio e lungo termine e non gi gli altri atti per i quali il detto quarto comma estende il favore fiscale (2o motirvo : violazione e falsa applicazione dell'a.rt. 1, quarto comma, della legge 27 luglio 1962, n. 1228 in relazione ai commi primo e secondo dello stesso articolo). I due motivi che, riguardando la medesima questione, debbono essere esaminati insieme, sono privi di giuridico fondamento. Questa Corte Suprema ha gi avuto modo di affermare (v. sent. 7 dicembre 1972, n. 3538) che il requisito di conformit alle leggi ed agli statuti, previsto sia nel primo sia nel quarto comma dell'art. 1 della citata legge del 1962, deve essere inteso quale criterio rigorosamente limitativo dell'agevolazione fiscale. Ed invero non si pu prescindere dal chiaro significato della norma di favore e dall'intenzione del legislatore che essa inequivocabilmente manifesta, per operarne l'estensione voluta dalla societ ricorrente. Tale estensione non sarebbe neppure possibile -ove ci fosse ammesso e non fosse, invece, vietato dal carattere eccezionale della norma -in via di applicazione analogica. Difatti l'analogia, per la sua stessa natura, vale per i casi simili, ma non per i casi contrari a quelli considerati nella legge, ed il caso del credito esercitato in difformit dalle norme legislatirv'e, che reggono gli enti mutuanti, e dai loro statuti, nori simile, ma opposto al caso, considerato dal primo comma dell'art. 1 della legge in esame, del credito esercitato in conformit alle disposizioni delle leggi e degli statuti. Non basta, pertanto, ai fini del trattamento tributario di favore, che le operazioni di credito rientrino nella categoria di quelle che il secondo comma dello stesso art. 1 definisce come operazioni a medio e a lungo termine -cio nella categoria dei crediti a scopo d'investimento di durata non inferiore a tre anni ma occorre, altresi, che tali operazioni abbiano luogo nei limiti previsti, per ciascun ente, dalle leggi che lo riguardano e dalle sue disposizioni statutarie (nel caso: dall'art. 18 del r.d.l. 26 settembre 1937, n. 1706 che, con disposizione integralmente riportata nell'art. 15 dello statuto della societ ricorrente, autorizza le casse rurali ed artigiane a concedere, sempre che ci sia previsto nei rispettivi statuti, mutui chirografari ed ipotecari di durata non superiore a cinque anni, con estinzione rateale). 724 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Secol;ldo la ricorrente una conferma della suesposta interpretazione del primo comma dell'art. 1 non potrebbe trarsi -contrariamente a quanto stato ritenuto dalla Commissione Centrale -dal quarto comma dello stesso articolo, che deve essere inteso in coerenza con il primo comma. Giacch, per, il significato del primo comma non quello che la ricorrente gli attribuisce ma quello che stato dianzi precisato, ovvio che, per rendere con esso coerente il quarto comma, non vi bisogno di alterare il senso di quest'ultimo laddove, con espressioni altrettanto univoche rispetto a quelle adoperate nel primo, stabilisce che per determinati istituti di credito speciale l'imposta pu corrispondersi nella forma agevolata dell'abbonamento anche per atti diversi a condizione che siano compiuti -e cio anche questi siano compiuti in conformit alle norme legislative ed agli statuti. Pertanto il ricorso deve essere rigettato e la societ ricorrente deve essere condannata alla perdita del deposito ed alle spese del presente giudizio di cassazione. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 10 febbraio 1975, n. 511 -Pres. Laporta -Est. Montanari Visco -P. M. Pedace (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Graziano) c. Marino e INAIL. I~poste e tasse in genere -Competenza e giurisdizione Imposte dirette Pagamento per ritenuta -Azione del contribuente contro il sostituto di imposta per il pagamento di somme illegittimamente ritenute Azione civile sottoposta alle regole ordinarie della competenza -Necessit del preventivo ricorso alle Commissioni -Esclusione. (r.d. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 22; I. 28 ottobre 1970, n. 801). Imposte e tasse in genere -Imposte dirette -Pagamento per ritenuta Condanna alle spese con distrazione a favore del difensore -Ritenuta di imposta da parte del soccombente -Esclusione. (t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 128; I. 28 ottobre 1970, n. 801, art. 3; c.p.c. art. 9.3). L'azione del soggetto a carico del quale sia stata praticata la ritenuta di imposta contro il debitore che ha eseguito la detta ritenuta e volta a contestare la legittimit della stessa una azione civile di adempimento dell'obbligazione che, se pure legittima l'intervento in causa dell'Amministrazione finanziaria, non ha natura tributaria; detta controversia segue quindi le regole ordinarie della competenza e non condizionata al preventivo ricorso alle Commissioni (1). (1-2) Bisogna prendere atto dell'autorevole pronunzia, conforme ad alcuni precedenti (19 dicembre 1969, n. 4004, in questa Rassegna, 1970, I, 118; 6 febbraio 1970, n. 264, ivi, 119; 7 gennaio 1970, n. 25, Riv. leg. PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA' 725 L'obbligo di opemre la ritenuta di acconto sulle somme corrisposte per p1estazioni professionali di cui all'art. 3 della legge 28 ottobre 1970, n. 801 presuppone un rapp01to di incarico professionale tra debitore e credit9re; non rientra in detta previsione l'obbligo del soccombente di pagare le spese e gli onorari del giudizio in favore del difensore della controparte distrattario ex art. 93 c.p.c. (2). (Omissis). -Col primo motivo l'Amministrazione deduce la violazione e falsa applicazione dell'art. 22 del r.d. 7 agosto 1936, n. 1639 e il difetto temporaneo di giurisdizione in relazione all'art. 360 n. 1, c.p.c1 Essa afferma che la causa verteva in materia di imposte dirette e che quindi il giudice ordinario non poteva conoscerne fin quando non fosse intervenuta una decisione definitiva da 1Parte delle CommiSJSioni delle Imposte. Avrebbe natura tributaria ogni controversia riguardante l'esistenza e la misura del tributo e le eventuali esenzioni o anche soltanto i modi e i termini del pagamento e della riscossione. Nel caso della ritenuta di imposta alla fonte (trattisi di ritenuta secca o di rite-. nuta d'acconto), se da parte di chi ha subito la ritenuta si instaura una controversia, sostenendo che alla ritenuta stessa egli non doveva sottostare, la res dedotta in giudizio avrebbe oggettivamente natura tributaria. La natura tributaria sussisterebbe anche sotto il profilo soggettivo, giacch la ritenuta alla fonte, da chiunque operata, realizzerebbe fisc., 1970, 781). Sono lecite tuttavia alcune riserve sull'esattezza della statuizione, specie in relaziqne alla prima massima. La contestazione della legittimit della ritenuta (sia essa diretta o di acconto) evidentemente inerente al rapporto tributario, anche se riferita al momento della riscossione; e non sembra potersi condividere l'affermazione che il debitore che, quale sostituto di imposta, ha eseguito la ritenuta nell'osservanza di un dovere tributario imposto dalla legge, possa essere convenuto per l'adempimento dell'obbligazione civile arbitrariamente decurtata. Neppure pu dirsi, per .sostenere questa conclusione, che non ricorre sotto il profilo soggettivo la controversia di imposta (che deve intercorrere tra il contribuente e l'Ufficio tributario) perch questo quello che occorreva dimostrare e che, come si vedr, non facilmente dimostrabile. Ma se fosse esatta la premessa che la lite instaurata tra creditore e debitore una mera controversia civile, non sarebbe ammissibile l'intervento (iussu iudicis o ad istanza di parte) della Amministrazione finanziaria nei cui confronti il giudicato deve produrre effetto. Quando si dichiara nei confronti dell'Amministrazione l'illegittimit della ritenuta con effetto di giudicato e di conseguenza si ordina il rimborso (o si precostituisce il relativo obbligo) della somma versata, si decide incontestabilmente una controversia di imposta. Si dovrebbe quindi quanto meno ritenere che se tra creditore e debitore si instaura una controversia civile l'Amministrazione finanziaria vi deve rimanere estranea, con la conse 726 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO un particolare sistema di riscossione dell'imposta, avente rilevanza esterna e riflettentesi direttamente ed immediatamente sull'Amministrazione Finanziaria, in quanto esplicante tutti i suoi effetti sul rapporto tra detta Amministrazione e il contribuente. Il motivo infondato. Va premesso che le disposizioni di cui all'art. 22 del r.d. 7 agosto 1936, J:J.. 1639, che attribuivano alle speciali Commissioni tributarie la risoluzione delle controversie tra l'Amministrazione finanziaria e i contribuenti, relative all'applicazione delle imposte dirette, e disponevano che l'Autorit giudiziaria ordinaria potesse essere adita soltanto dopo che fosse intervenuta la decisione di almeno una delle commissioni, debbono essere interpretate restrittivamente, in quanto comportanti una limitazione e restrciizione della normale competenza giurisdizionale spettante al giudice ordinario in materia di diritti soggettivi. Nel caso di specie, se non si pu negare che la ritenuta d'acconto attiene a un momento del procedimento di riscossione delle imposte sui redditi, va per rilevato che il Marino aveva agito in giudizio per conseguire quanto attribuitogli in virt di un provvedimento giudiziale di distrazione delle spese processuali in suo favore, .assumendo una I condotta illecita dell'obbligato al pagamento delle spese stesse, condotta illecita in quanto detto obbligato e cio l'INAIL aveva decurtato I illeigittirm.aimente l'importo della pirestaz.ione da esso dovuta operando f:. una trattenuta a scopi fiscali al di fuori dei casi consentiti dalla legge f: guenza che ad essa non sar opponibile il giudicato nella successiva azione di rimborso della somma versata. Ma ci porrebbe il sostituto di imposta in una situazione troppo pericolosa e troppo onerosa; esso, mentre esposto all'adempimento coattivo verso la Finanza ed a gravi sanzioni se non esegue la ritenuta, esposto al pi grave rischio ove esegua la ritenuta di subire la condanna verso il creditore a pagare la somma versata senza la certezza del rimborso da parte dell'Amministrazione. Una tale situazione non pu essere normale nel sistema. Se si ritiene invece che legittimamente possa essere ordinato l'intervento dell'Amministrazione perch a sentenza faccia stato nei suoi confronti, si deve ammettere che almeno in questo momento nasca una controversia di imposta con tutte le conseguenze sulla competenza (del Tribunale del Foro dello Stato) e sulla giurisdizione condizionata al preventivo ricorso alla Commissione. Queste incongruenze rivelano la necessit che il problema sia diversamente impostato. Si gi visto che non si pu trasformare in inadempimento di una obbligazione civile l'osservanza di un dovere pubblico; la ritenuta non quindi parte o accessorio di una obbligazione comune, ma l'oggetto della obbligazione tributaria. Se cosi non fosse, bisognerebbe ammettere (per assurdo) che competente a decidere della legittimit della ritenuta, intesa come parte dell'obbligazione civile non esattamente adempiuta, il giudice competente su questa, che potrebbe essere non solo il pretore per ragione PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTAR[A 727 e cio in una ipotesi non disciplinata dall'art. 3 della legge 28 ottobre 1970, n. 801. Se dunque la controversia interessava anche 1'Amministrazione delle Finanze e legittimava l'intervento in causa di quest'ultima, non pu per affermarsi che la controversia avesse soltanto e interamente natura tributaria ed intercorresse esclusivamente tra l'Ufficio fiscale e il contribuente. Legittimato passivamente all'azione era, invece, anzitutto un soggetto estraneo all'organizzazione diretta dell'Amministrazione finanziaria, del quale si deduceva -in assenza di un qualsiasi diretto accertamento tributario da parte della predetta Amministrazione -un'inadempienza alla sua obbligazione per avere diminuito arbitrariamente l'oggetto della prestazione a cui esso era tenuto in virt del provvedimento giudiziale di distrazione e del quale soggetto si chiedeva inoltre la condanna alla corresponsione dell'integrazione del quantum della prestazione anzidetta. sulle somme pagate per prestazioni professionali, e i soggetti che percepiscono le somme stesse sia intercorso un incarico professionale conferito da quelle persone a questi ultimi. Detta interpretazione non sarebbe confortata n dalla lettera della norma, in cui non si fa riferimento alcuno a conferimento di incarichi professionali o a rapporti contrattuali, n dalla ratio della norma stessa, avendo il legislatore inteso estendere, con la disposizione in esame, il di volere, ma anche altro giudice competente per materia, come il giudice del lavoro per la ritenuta sulle retribuzioni e quindi anche il giudice amministrativo per la ritenuta su retribuzioni inerenti a rapporti di pubblico impiego. invece evidente che la contestazione sull'obbligo della ritenuta una controversia di imposta; essa poi speificamente regolata dall'art. 171 del t.u. sulle imposte dirette che non pu evidentemente essere ignorato; non sembra quindi potersi superare la necessit del preventivo ricorso alla Commissione e successivamente l'inderogabilit della competenza del Tribunale del foro dello Stato. Ma l'aspetto risolutivo della questione va ricercato sul punto della legittimazione. Il sostituto di imposta che ha eseguito il versamento della somma ritenl.Jta ha esaurito il suo obbligo e d'un canto non ha legittimazione passiva verso il contribuente e d'altro canto non ha legittimazione attiva a domandare il rimborso; esaurita la funzione sostitutiva, il contribuente titolare del diritto al rimborso da far valere verso l' Amministrazione finanziaria. Ci chiaramente sancito nel menzionato art. 171. In tal modo la domanda del contribuente diretta a contestare la legittimit della ritenuta, che incontestabilmente una controversia di imposta, non pu non essere rivolta all'Ufficio che, ove non intenda accoglierla, deve trasmetterla alla Commissione. Ritenendo invece proponibile la domanda civile di pagamento verso il sostituto, necessariamente si abilita il sostituto di imposta a domandare RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 728 principio della ritenuta d'acconto alla fonte ai redditi dei professionisti. Si sarebbe, in tal modo, voluto agevolare, rispetto ai professionisti e possa essere operata soltanto se e in quanto tra le persone fisiche o giuridiche espressamente indicate, le quali debbono operare la ritenuta Non ricorreva pertanto, sotto il profilo soggettivo, una di quelle tipiche controversie tra ufficio fiscale e contribuente, attribuite alla speciale giurisdizione delle Commissioni tributarie, e per le quali sarebbe occorso il preventivo svolgimento di tale fase giurisdizionale, quale necessario presupposto della proponibilit della successiva azione giudiziaria. Col secondo mezzo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell'art. 128, 2<> comma del T.U. approvato con d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, quale risulta in base all'art. 3 della legge 28 ottobre 1970, n. 801. Essa assume che la sentenza impugnata ha errato quando ha interpretato la norma sopraindicata nel senso che la ritenuta di acconto per i redditi derivanti dall'attivit professionale esplicata, non solo la riscossione ma anche l'accertamento di determinati tributi. Col terzo motivo -che per ragioni di stretta connessione si reputa di dover esaminare congiuntamente al secondo -l'Amministrazione ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell'art. 128, 2<> comma del T.U. approvato con d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, come risulta in base all'art. 3 della legge 28 ottobre 1970, n. 801, nonch dell'art. 93 c.p.c. Essa si duole che nella motivazione della sentenza impugnata si sia affermato che il credito del difensore distrattario quello stesso il rimborso della somma versata, il che contro il siste~a (potrebbe dar luogo al rimborso a favore del sostituto che non abbia a sua volta ritrasferito questa somma al contribu~nte, il che integrerebbe l'ipotesi del reato di cui all'art. 260 del t.u. del 1958). Sulla seconda massima si pu anche ragionevolmente dissentire. A parte il contrasto con numerose pronunzie che, ad altro fine, definiscono il diritto del difensore distrattario come un diritto a,utonomo, separatamente azionabile e direttamente costituito verso il soccombente, sembra dubbio che, in applicazione dell'art. 93 c.p.c., si possa derogare agli obblighi posti dalle norme tributarie in materia di ritenuta. Se si esclude sempre l'obbligo di ritenuta nei casi di distrazione, lo si esclude anche nel caso in cui il difensore avrebbe dovuto subire la ritenuta se il pagamento fosse stato eseguito dal suo cliente (che sia uno dei soggetti di cui all'art. 3 della legge 28 ottobre 1970, n. 801); la distrazione potrebbe diventare il mezzo per sottrarre il professionista alla ritenuta alla quale sarebbe soggetto in mancanza di distrazione. Il problema comunque oggi risolto dal legislatore, in quanto l'art. 25 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 assoggetta alla ritenuta i compensi comunque denominati corrisposti per prestazioni di lavoro autonomo. PARTE I, SEZ'. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 729 spettante al c1iente e che il difensore distr.attario viene a trovarsi, di fronte al soccombente, nella stessa posizione giuridica del proprio cliente. Con la distrazione si verrebbe invece a creare un vincolo diretto tra il difensore del vincitore e il soccombente. Il diritto di credito del distrattario verso il soccombente avrebbe i caratteri dell'autonomia e della personalit, n la distrazione potrebbe configurarsi come una cessione di credito della parte vittoriosa al suo difensore. Pertanto l'INAIL (soggetto che doveva operare la ritenuta di acco_nto) sarebbe stato debitore diretto verso il distrattario per l'attivit professionale da costui svolta, in virt di un rapporto sorto proprio e soltanto tra l'INAIL eil distrattario. Le censure sono infondate. Anzitutto va osservat che l'art. 3 della legge 28 ottobre 1970, n. 801, quando imponeva alle regioni, alle provincie, ai comuni, alle persone giuridiche private e_.pubbliche, alle societ ed assgciazioni di ogni genere e agli imprenditori commerciali di operare la ritenuta d'acconto sui due terzi delle SO!l}me sotto qualsiasi forma corrisposte per prestazioni professionali, implicava -secondo una logica e necessaria interpretazione -che di dette somme gli obbligati alla ritenuta di acconto fossero direttamente debitori verso il soggetto percipiente, come corrispettivo di prestazioni professionali che ovviamente non potevano che riferirsi ed essere state effettuate in favore di quegli stessi soggetti che alla corresponsione delle somme dovevano provvedere; Il riferimento espresso al conferimento di un incarico professionale era pertanto superfluo, considerata la chiarezza del dettato legislativo. Va, infine, rilevato -e il rilievo assorbente -che nella fatti specie in esame la suddetta disposizione non poteva comunque trovare applicazione per il difetto di un essenziale requisito richiesto dalla norma e cio della natura di compenso per prestazione professionale, che ogget tivamente avrebbe dovuto avere la somma sulla quale stata effettuata la trattenuta. Il provvedimento con cui, con la condanna del soccom bente alle spese del giudizio, venga disposta, a norma dell'art. 93 c.p.c., la distrazione, in favore del difensore della parte vittoriosa, degli ono rari non riscossi e delle spese da lui anticipate, se fa sorgere in capo al distrattario un autonomo diritto di credito verso il soccombente, non ha per anche l'effetto di attribuire un diverso carattere intrinseco al credito nascente dalla condanna alle spese, cos da ricollegare il paga mento, secondo un nesso di corrispettivit, all'attivit professionale espletata dal difensore in favore del proprio cliente. Il fondamento cau sale del debito del soccombente non muta a seguito della distrazione, ma rimane sempre quello giustificativo della condanna al rimborso delle spese e cio la soccombenza, nel giudizio. 730 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO t Il rapporto professionale interno intercorrente tra il difensore ed w il proprio cliente vittorioso permane anche dopo il provvedimento di distrazione giacch il secondo comma dell'art. 93 cod. proc. civ. pre ~ r vede che, finch il difensore non abbia conseguito il rimborso che gli - stato attribuito, la parte possa direttamente soddisfare il credito del proprio difensore per gli onorari e le spese, e, ci dimostrando, possa chiedere al giudice, con le forme stabilite per la correzione delle sentenze, la revoca del provvedimento di distrazione. II Va posto poi in evidenza, al riguardo, che la predetta disposiziQne qualifica espressamente come rimborso e non gi come compenso quanto al difensore stato attribuito con la distrazione. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 22 febbraio 1975, n. 672 -Pres. La Porta -Est. Boselli -P. M. Sbrocca (conf.) -Raimondi c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Tarin). Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Ingiunzione -Motivazione Individuazione della causa del credito - sufficiente. (t.u. 14 aprile 1910, n. 639, art. 2; r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 144). Imposta di registro -Agevolazione per la ricostruzione edilizia -Attuazione piani di ricostruzione -Rivendita dell'area -Realizzazione del fine della ricostruzione da parte di altro soggetto -Decadenza dell'agevolazione -Esclusione. (1. 27 ottobre 1951, n. 1402, art. 21). La motivazione dell'ingiunzione sufficiente quando consente la individuazione del credito con le formule sintetiche normalmente adottate dagli uffici impositori; pertanto legittima l'ingiunzione che contiene l'indicazione dell'atto al quale si riferisce e l'imposta suppletiva pretesa ,(1). L'agevolazione dell'art. 21 della l. 27 ottobre 1951, n. 1402 per l'attuazione dei piani di ricostruzione, allo stesso modo di quella della l. 28 giugno 1943, n. 666 per l'attuazione dei piani regolatori, subor( 1-2) Conforme l'altra pronunzia in pari data n. 673. La prima massima oppoxtunamente rinverdisce un criterio interpretativo sempre seguito. Sulla seconda massima sono lecite delle riserve. Se vero che la formula della norma meno incisiva di quella dell'art. 20 della legge 2 luglio PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 731 dinata soltanto ai compimento deHe opere in vista deHe quaLi iL trasferimento convenuto, indipendentemente daL soggetto che aUa reaLizzazione di esse abbia provveduto. Non si verifica quindi decadenza daLl.' agevoLazione in caso di rivendita deHe aree, semprech Le previste costruzioni vengano obiettivamente reaLizzate (2). 1949, n. 408, pur sempre evidente che l'agevolazione diretta ad incentivare la ricostruzione e quindi riferita agli atti stipulati a questo fine; con l'acquisto e la successiva rivendita si opera invece una mera speculazione fondiaria che non giova affatto (ma anzi nuoce) al fine della ricostruzione, si che sulla scorta del criterio propugnato, si premia l'intermediazione a svantaggio di chi esegue in concreto la ricostruzione. Che in taluni casi la rivendita delle aree possa servire per attuare pi celermente e sicuramente e la ricostruzione solo una ipotesi formale; nella sostanza il soggetto che compra e rivende non contribuisce affatto al fine dell'attuazione del piano e non stipula un atto occorrente per il fine della legge. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 9 aprile 1975, n. 1293 -Pres. Rossi Est. Longo -P. M. Pedace (diff.) -Balestra c. Ministero delle Finanze (avrv. Stato Soprano). Imposta di registro Costruzione di edificio su suolo comune Precosti tuzione di condominio Concessioni reciproche ad aedificandum ,. o divisione di cosa futura Distinzione Regime tributariq. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, tariffa A, artt. 1 e 8; 1. 2 l~lio 1949, n. 408, art. 14}. La precostituzione di condominio di edificio da costruire su suoLo di compropriet pu attuarsi o con La -concessione reciproca di diritti di superficie (soggetta aHa ordinaria imposta di trasferimento) o con La divisione di cosa futura (soggetta soltanto aH'imposta graduate); a nessuno dei due negozi invece applicabiLe L'agevoLazione deHa Legge 2 Luglio 1949 n. 408 (1). (1) Viene espressamente confermata la sentenza 12 dicembre 1974, n. 4231 (in questa Rassegna 1975, I, 221) che, con grande ricchezza di argomenti, segna i caratteri delle due possibili operazioni consentite per realizzare la precostituzione di condominio. Bisogna ancora sottolineare che mentre per la costituzione del diritto di superficie l'imposta ordinaria di trasferimento va commisurata al valore del suolo, per la divisione di cosa futura l'imposta graduale va evidentemente commisurata al valore dell'oggetto della divisione, cio suolo e fabbricato. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 732 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 10 aprile 1975, n. 1319 -Pres. Mazzacane -Est. Longo -P. M. Del Grosso (diff.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Soprano) c. Procura Generalizia dei Canonici Regolari Premostratensi. Imposta di successione -Liberalit cori scopo di beneficienza istruzione o educazione ovvero di culto o di religione Indicazione specifica dello scopo del negozio di liberalit Necessit. (r.d. 9 gennaio 1925, n. 380, art. 1; Concordato fra la S. Sede e l'Italia, art. 29, lett. h). Per l'applicabilit dell'esenzione dalle imposte di registro successione e ipotecaria sulle liberalit a favore di provincie comuni ed enti morali con scopo di beneficienza, istruzione o educazione (al quale equiparato per effetto del Concordato fra la S. Sede e l'Italia il fine di culto o di religione) necessario che nz negozio di liberalit sia indicato lo scopo specifico~ a cui tende; non posson pertanto godere dell'esenzione generiche liberalit nemmeno quando esse siano in favore di enti che (quali quelli religiosi) istituzionalmente perseguono i fini previsti nella legge (1). (Omissis). -Con l'unico mezzo del ricorso l'Amministrazione Finanziaria denunzia la violazione di norme di diritto (artt. 1 del r.d.l. 9 gennaio 1925, n. 380; 29, lett. h, della 1. 27 maggio 1929, n. 810; 8 del r.d.. 30 dicembre 1923, n. 3269) e lamenta che sia stato ritenuto applicabile il beneficio di cui al citato decreto del 1925, nonostante che nella specie mancasse, nell'atto mortis causa .in esame, l'enunciazione dello scopo specifico della liberalit. La censura fondata. (1) Decisione esattissima e di molto interesse. Il testo della norma chiarissimo nel senso che lo scopo specifico deve caratterizzare la liberalit (cio il negozio) e non l'istituzione destinataria; e ci ben si spiega perch lo scopo acquistando valore di modus resta vincolante per il benificiato, indipendentemente dalle norme statutarie che possono o non regolare in modo pi o meno rigido l'attivit dell'ente. Non quindi una ineluttabile necessit che un ente religioso svolga immancabilmente attivit di culto o di religione; di conseguenza il verificare se lo scopo specifico della liberalit sia di beneficienza, istruzione o educazione, ovvero di culto o di religione, spetta all'interprete e va eseguito caso per caso in relazione all'attivit specifica cui mira la liberalit e non al soggetto destinatario. Questi principi dovrebbero ritenersi estensibili anche a simili situazioni; poich ben possibile che nti istituzionalmente operanti per un fine determinato possono anche svolgere attivit del tutto diverse, per l'applicazione di determinate agevolazioni occ.orrerebbe far riferimento non alla qualit PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 733 L'art. 1 del r.d.l. 9 aprile 1925, n. 380 (convertito nella 1. 21 marzo 1926, n. 597) ha sancito l'esenzione dalle tasse di registro e di successione e da quelle ipotecarie per le liberalit a qualsiasi titolo (anche se onerose, purch l'eventuale onere sia inerente allo scopo per il quale sono disposte) a favore di provincie, comuni ed altri enti morali od istituti italiani, legalmente riconosciuti, fondati o da fondarsi, quando lo scopo specifico della liberalit sia di beneficienza, istruzione o educazione . Con l'art. 29, lett. h, del Concordato fra l'I!talia e la Santa Sede, al quale stata data esecuzione in Italia con legge 27 maggio 1929, n. 810, si statuito poi che il fine di culto o di religione , a tutti gli effetti tributari, equiparato ai fini di beneficenza e di istrl!zione . Da una piana interpretazione della prima norma, come integrata dalla seconda, appare in tutta chiarezza che, per quanto riguarda l'imposta di successione, l'esenzione prevista dal decreto del 1925 va accordata, per i lasciti in favore di enti italiani riconosciuti, quando, e solo quando, lo scopo specifico della liberalit sia di beneficienza, istruzione, educazione, ovvero di culto o di religione. Nel caso deciso dalla Corte di rrierito, per contro, risultava accertato che la disposizione testamentaria in esame concretava .bensl una attribuzione patrimoniale gratuita all'ente religioso Procura Generalizia dei Canonici Regolari Premostratensi , ma senza menzionare alcuno specifico scopo di culto o di religione cui il lascito avrebbe dovuto essere destinato. Ostava quindi alla concessione del beneficio la mancanza del requisito della specificit dello scopo della liberalit, al quale per legge l'esenzione era condizionata. I giudici hanno creduto di .superare tale ostacolo osservando che, poich il fine di culto o di religione inseparabile dall'essenza stessa dell'ente ecclesiastico -la cui attivit tende istituzinalmente al perseguimento di quei fini ad essi subordinando strumentalmente ogni altro -allorch con l'atto si disponga la liberalit in favore di uno del soggetto, ma alla specifica attivit svolta, che l'interprete deve valutare caso per caso; e cosi, ad esempio, al fine della esenzione dall'imposta sulle societ delle opere pie e istituti di beneficenza o di istruzione o ad essi equiparati (art. 151 lett. g, h, i del t.u. 29 gennaio 1958, n. '645) dovrebbe verificarsi caso per caso se l'attivit in concreto esercitata sia ricompresa nella previsione della legge, indipendentemente dalla qualit del soggetto e dai suoi fini istituzionali ai quali si potr conformare l'azione prevalente ma non necessariamente qualunque attivit. La sentenza in rassegna sembra quindi utile anche per risolvere il contrasto giurisprudenziale in tema di imposta sulla societ (Cass. 8 novembre 1973, n. 2933 e 29 maggio 1974, n. 1539, in questa Rassegna 1974, I, 238 e 1009). 734 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO di siffatti enti, in difetto di diverse specifiche indicazioni debbono presumersi voluti e perseguiti i fini suddetti, quand'anche nell'atto essi non siano distintamente e specificamente designati. Tale ragionamento muove in parte (circa l'asserita inseparabilit dei fini dall'essenza stessa dell'ente in questione) da un criterio che, affermato da questa Corte Suprema in una pronunzia del 1959 (sen. n. 3030, del 22 ottobre 1959, sostanzialmente -ricollegantesi alla .precedente sent. n. 712, del 7 agosto 1945), almeno quanto agli effetti che se ne sono fatti discendere nella presente controversia non si ritiene possa essere pi condiviso. La citata norma dell'art. 29, lett. h, del Concordato sancisce agli effetti tributari un'equiparazione esplicitamente formulata con riguardo ai fini perseguiti :(con un determinato negozio o da un dato ente), non ai soggetti che li perseguono. La ratio cui evidentemente si ispira la disposizione che il fine di culto o di religione riceve dalla legislazione dello Stato un'impronta che lo parifica agli altri fini menzionati (di beneficienza, istruzione o educazione) sulla base di un pubblico interesse giustificante il trattamento di favore. E se da ammettersi ch la legislazione concordataria consideri particolarmente il fine degli istituti ecclesiastici e degli enti di culto; se altres da ammettersi che il fine di religione o di culto formi il sostrato principale degli enti ecclesiastici, e che allo stesso fine siano strumentalmente indirizzate alcune attivit complementari e secondarie degli stessi enti, tuttavia di ovvia percezione la possibilit che questi ultimi svo1gano anethe attivit, 1sia ipure mmrginali, :cui il fine predetto rimane estraneo. Nei confronti di siffatte attivit, non dominate da un fine d'interesse generale, _ma preordinate a uno scopo d'interesse particolare non riconoscibile come oggetto di privilegiata tutela, non v' ragione di escludere l'applicabilit del principio generale di imposizione. Vero che le conclusioni cui, muovendo appunto da tali concetti, era pevvenuta una pronunzia di questa Suprema Corte (Cass. 18 marzo 1943, n. 645) -ma con riferimento a beneficio fiscale e ad imposta diversi, per natura e caratteri, da quelli costituenti oggetto dell'odierna controversia -furono invece disattese da una successiva sentenza (Oa:Ss. 7 agosto 11945, n. 712,, dianzi citata, seguita poi dalla sent. n. 1550 del 30 agosto 1947) che, con riferimento a fattispecie analoga alla precedente, motiv il proprio dissenso in particolare affermando l'erroneit del criterio di attribuire alla norma concordataria (art. 29, lett. h) e traslfeirire in eissa i criteri sipecifki ed i limiti particolari che la legge fiscale, nello stabilire i singoli privilegi -obiettivi o subiettivi ritenga opportuno fissare per la pratica applicazione del fine di beneficienza o di istruzione. PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 731> Ma da siffatta opinione si discostata, sostanzialmente affermando invece la validit di tale criterio, la pi recente giurisprudenza di questa Corte, secondo cui stabilire caso per caso se l'equiparazione, sancita da quella norma, debba operare o meno, spetta all'interprete, il quale a tal fine dovr tener conto della ratio della norma tributaria accordante l'esenzione o l'agevolazione, di cui si chiede l'estensione per i fini di culto, e delle condizioni che quest'ultima norma presuppone (Cass. 14 luglio 1971, n. 2298). Tale ultimo orientamento questo supremo collegio intende confermare, siccome pi consono, per le considerazioni innanzi svolte, alla lettera ed allo spirito della norma concordataria. Nel caso in esame come gi accennato, la disposizione tributaria cui devesi fare riferimento chiaramente subordina il beneficio alla condizione che la liberalit abbia specifica destinazione a scopo di beneficenza o istruzione ovrvero (in virt dell'equivalenza sancita dalla norma concordataria) di culto o religione. Detto requisito, come posto dalla norma, riguarda quindi (nel caso di imposta di successione) la specifica destinazione del lascito, non la persona del destinatario. Un'interpretazione cpme quella data dalla Corte di merito, secondo cui, nel caso di lascito ad ente di culto o di religione, solo l'esplicita menzione di uno scopo diverso escluderebbe l'applicabilit del beneficio, palesemente non pu condirv:idersi giacch condurrebbe ad un capovolgimento del testo della legge: non sarebbe pi la menzione espressa dallo scopo culturale, educativo, assistenziale o religioso a determinare l'applicazione dell'esenzione, ma il riferimento ad altro scopo a determinare, di essa, l'esclusione. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 16 aip:rdle 1.975, n. 144-4 -Pres. kardi Est. Falcone -P. M. Minetti (conf.) -Corbisiero c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Saltini). Imposte e tasse in genere Imposte indirette Prescrizione Interru-. zione Ricorso del contribuente -Comunicazione degli effetti interruttivi al condebitore solidale Esclusione. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 141; e.e. art. 1310). L'estensione dell'effetto interruttivo della prescrizione in pregiudizio di tutti i debitori solidali a norma dell'art. 1310 e.e. si produce soltanto quando l'atto interruttivo proviene dal creditore; quando invece l'atto interruttivo proviene da uno dei debitori l'effetto pregiudiziale non si estende agli altri coobbligati. Di conseguenza il ricorso di 736 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO uno dei contribuenti alla commissione delle imposte (art. 141 Legge di 736 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO uno dei contribuenti alla commissione delle imposte (art. 141 Legge di registro), se pur produce un particolare effetto interruttivo biLateraie, non impedisce i1 decorso deHa prescrizione deLl'imposta verso gLi aitri condebitori soLidaLi (1). ~ (Omissis). -Con testamento in data 10 apnile 1926, Saverio Addeo Q legava a fav-0ire di Antonio Casciello due fondi rustici siti l'uno nel Co~ mune di Marzano e l'altro nel Comune di Pago, con l'onere, tra l'altro, di devolvere parte delle rendite di essi ad un istituendo asilo infantile I in Marzano. Con testamento olografo in data 22 giugno 1951, Antonio Casciello, oltre a di~porre degli altri suoi beni, trasferiva il legato, ricevuto da Saverio Addeo, a suo nipote Luigi Corbisiero. Alla morte di Antonio Casciello, deceduto il primo febbraio 1952, gli eredi denunciarono agli effetti tributari tra gli altri beni relitti, anche i due fondi oggetto del legato predetto, dichiaranclo per essi un valore di L. 700.000. Avverso l'accertamento di valore, notificato in data 20 maggio 1953 I agli eredi di Antonio Casciello, alcuni di essi e cio Michele Casciello, ~ ~ i i: (1) Interruzione della prescrizione e solidariet tributaria. !i f, La pronunzia, che ha un precedente specifico in Cass. 18 novembre 1973, f: n. 2970 (in questa Rassegna, 1974, I, 1212) ha risolto, con disamina limitata ad un campo assai ristretto, un problema assai complesso. Il In via generale non pu contestarsi l'esattezza del principio che l'articolo 1310 e.e. riferisce l'effetto interruttivo della prescrizione verso tutti gli I altri debitori solo agli atti con i quali il creditore interrompe la prescri[ zione contro uno dei debitori in solido ; ci del resto logica e necessaria conseguenza dell'altro principio che gli atti di uno dei debitori possono solo giovare e mai nuocere agli altri obbligati in solido. Pu anche convenirsi II con l'affermazione che il particolare effetto interruttivo regolato nell'art. 141 dell'abrogata legge di registro (interruzione con efficacia bilaterale riferibile a tutta la materia tassabile) non modifica la regola sopra enunciata. Ma quando si prende in considerazione l'atto del contribuente-debitore I1che ha interrotto la prescrizione, necessario verificare se e come questo atto si innesta su un precedente atto dell'Amministrazione creditrice e come gli effetti dei due atti si combinano; nei rapporti tributari, come in quelli civili, l'iniziativa del debitore che si oppone all'atto di esercizio del proprio diritto compiuto dal creditore pu dar luogo a una interruzione con effetto I durevole (art. 2945 e.e.) che impedisce il corso della prescrizione nei confronti di tutti i debitori, in quanto sempre a causa dell'atto interruttivo proveniente dal creditore, sul quale incide l'iniziativa del debitore, che la prescrizione non corre fino ad una certa data. Nel sistema tributario sono assai rari ed atipici gli atti di iniziativa del I debitore che non si innestano su un precedente atto proveniente dalla Aml ministrazione. Solitamente un atto dell'Amministrazione (accertamento, 1 ingiunzione, ordinanza ecc.) che stimola la reazione del contribu.ente (ri PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBVTABilA 737 Antonietta e Viola Saviano, con atto sottoscritto da essi soltanto, ma recante in epigrafe anche i nomi di Casciello Viola Maria, Castaldo Maria-Alfonsina, Corbisiero Maria, Raffaele, Luigi e Antonio, propone vano ricorso alla competente commissione tributaria, in data 16 giu gno 1953, deducendo, tra l'altro, che i beni oggetto del legato erano esenti da imposta perch destinati ad opera assistenziale e scolastica, e che il loro valore era inferiore a quello accertato. La commissione provinciale delle imposte di Avellino -sezione di diritto -con decisione in data 30 ottobre 1959, rigettava il ricorso in quanto trattavasi di fondi legati ad un privato e non era, pertanto, ' applicabile l'esenzione di cui al R.D.L. 9 aprile 1925 n. 380 ed all'art. 9 della legge 22 maggio 1949, n. 206. La Commissione centrale, delle imposte cui Michele Casciello aveva proposto impugnazione, con decisione in data 27 novembre 1963, dichiarava inammissibile l'appello perch proposto oltre i trenta giorni dalla notificazione della decisione di primo grado. La decisione della Commissione centrale era notificata a Michele Casciello in data 3 febbraio 1965, con l'avvertimento che la pratica veniva rimessa alla commissione distrettuale per la questione di valu tazione. corso amministrativo, ricorso alla Commissione, azione ordinaria); l'effetto interruttivo del ricorso del contribuente ex art. 141 si combina con quello gi prodotto da un atto dell'Amministrazione ex art. 140, come nel caso deciso ove una serie eccezionalmente ricca di ricorsi di-alcuni contribuenti sono seguiti all'accertamento di valore notificato dall'Ufficio. Ed in base all'art. 140 (la cui intea.'Pretazione non pu prescindere dalle radicali innovazioni apportate al sistema in epoca successiva) l'atto proveniente dall'Amministrazione, sia esso riferito al pagamento del tributo liquidato, sia esso diretto alla preliminare determinazione della base imponibile, interrompe la prescrizione nei confronti di tutti i contribuenti e il corso di essa non correr finch dura il giudizio e durante il giudizio di opposizione contro l'ingiunzione ; la domanda del contribuente in via amministrativa di cui all'art. 141 (da intendere oggi soprattutto come ricorso alle Commissioni) impedisce il corso della prescrizione fino alla decisione. Ci chiarito, si pone sotto diversa luce il problema dell'effetto pregiudizievole per i coobbligati dell'atto di uno dei debitori diretto, nei vari modi possibili, a contestare ,la pretesa tributaria gi fatta valere dall'Amministrazione. Questo problema si intreccia con quello, assai spinoso, della nuova solidariet tributaria. Un tempo, quando era riconosciuta la regola della speciale solidariet tributaria, caratteriZ:zata dalla mutua rappresentanza processuale fra condebitori, non poteva nascer dubbio sul punto che ogni atto del contribuente che interrompe la prescrizione e fa prolungare l'effetto della prescrizione gi intrrotta dalla Amministrazione, spiegasse effetto nei confronti di tutti i coobbligati non solo in conseguenza della rappresentanza processuale ma essenzialmente per la ragione che la riconosciuta efficacia del p:rovvedimento dedsorio nei confronti di tutti i coobbligati (parte 9 738 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La decisione della commissione distrettuale, in data 16 settembre l965, che riduceva i valori accertati a L. 14.330.000, veniva notificata dall'Ufficio del registro, in data 25 ottobr~ 1965, a Luigi Corbisiero con la richiesta di pagamento dell'imposta liquidata su tale valore. In data 23 novembre 1965, Luigi Corbisiero proponeva ricorso alla commissione provinciale delle imposte, sostenendo che i beni oggetto della disposizione testamentaria non erano stati a lui trasferiti in propriet, sicch non era dovuta per essi l'imposta di successione e, comunque, era stato attribuito ai medesimi un valore eccessivo. Sul ricorsj) provvedeva la commissione distrettuale, la quale con decisione del 26 maggio 1966, attribuhra ai beni in discussione il valore gi determinato con la precedente decisione del 16 settembre 1965, di L. 14.330.000. Luigi Corbisiero proponeva ricorso alla commissione provinciale, con atto del 16 luglio 1966, sostenendo che erroneamente il suo precedente ricorso, con il quale erano state proposte questioni di diritto e, subordinatamente, di valutazione, era stato deciso dalla commissione distrettuale anzich da quella provinciale (sezione di diritto) pre.via sospensione del giudizio di valutazione e chiedeva che l'adita commissione, annullata l'anzidetta decisione, dichiarasse, quale giudice di primo grado, non dovuta l'imposta, perch i beni erano stati trasferiti dal cipanti o meno al giudizio) non poteva non presupporre la conservazione in vita del diritto controverso. Oggi la questione si pone diversamente e prospetta diverse soluzioni, ma non per la ragione troppo semplicisticamente enunciata nella sentenza in nota. Sono necessarie delle distinzioni perch le soluzioni non possono essere unitarie: cio necessario distinguere in base alla natura dell'atto se l'inerzia del debitore pu o no dar luogo alla determinazione irretrattabile della pretesa tributaria. Se un termine di decadenza non osservato fa diventare irretrattabile l'atto dell'Amministrazione. che ha interrotto la prescrizione (accertamento. ordinanza, decreto ministeriale, ingiunzione in limitate ipotesi) si deve escludere che la tempestiva opposizione (intendiamo l'espressione nel senso pi ampio di iniziativa diretta a contestare nella sede opportuna la pretesa. fatta valere) di uno dei contribuenti possa comunicare agli altri che hanno lasciato decorrere il termine l'effetto interruttivo con efficacia durevole. Se invece non previsto un termine di decadenza l'opposizione di uno dei contribuenti comunica i suoi effetti agli altri. A questa conclusione deve pervenirsi applicando il principio contenuto nel capoverso dell'art. 1306 e.e. Secondo giurisprudenza ormai pacifica (Cass. 26 marzo 1973, n. 732, in questa Rassegna, 1973, I, 723) il giudicato favorevole intervenuto nei confronti di uno dei condebitori estensibile soltanto agli altri condebitori che non hanno partecipato al giudizio, mentre per i debitori partecipi del giudizio restano fermi gli effetti del giudicato formatosi nei loro confronti anche se PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIIA 739 testatoce all'asilo infantile con l'incarico fiduciario per esso COO':biisdero di amministrarli, perch la disposizione riguardante l'amministrazione dei suddetti beni era stata gi colpita da imposta all'apertura della successione di Saverio Addeo, e perch si trattava di disposizione a favore di opera di beneficienza. In relazione a questo ricorso, l'Ufficio del registro di Avellino, con avviso notificato il 24 agosto 1966, comunicava che la vertenza di diritto doveva gi considerarsi definita con le decisioni 'della commissione provinciale in data 30 ottobre 1959 e della commissione centrale in data 27 novembre 1963 e, con successivo atto, in data 19 dicembre 1966, ingiungeva a Luigi Corbisiero il pagamento della somma di L. 5.427.155, quale. quota di sua spettanza per imposta di successione, interessi di mora e soprattassa. -(Omissis). Ma la censura fondata sotto il secondo profilo della sua prospettazione. La sentenza impugnata ha ritenuto che il principio secondo il quale gli effetti interruttivi della prescrizione conseguenti all'atto con cui il creditOt"e interroo:npe la ptresc:rizione contro uno dei debitori in solidQ, si estendono ai condebitori solidali rimasti estranei al procedimento (art. 13110 cod. civ.) awUcaibile, in materia tributaria, anche quando ad interrompere la prescrizione non sia stato il creditore (ossia l'amministrazione delle finanze) ma uno dei condebitori d'imposta che abbia instaurato un procedimento in sede amministraUva o giurisdizionale. E meno favorevole (ipotesi di pronunzia in primo grado passata in giudicato nei confronti di alcuni e riformata in senso pi favorevole a seguito di appello di uno soltanto); lo stesso accade quando una determinazione irre trattabile dell'obbligazione si verificata in sede amministrativa per l'effetto di decadenza. Nell'uno e nell'altro caso l'iniziativa di uno dei contribuenti non potr pi influire, quale che ne sia l'esito, sull'obbligazione definitiva mente accertata per gli altri s che l'Amministrazione creditrice pu far valere il suo diritto ormai incontestato verso gli obbligati non opponenti, anche se per iniziativa di uno o di alcuni si apre o prosegue un procedi mento contenzioso utile per questi soltanto. chiaro quindi che l'Ammini strazione non potr giustificare la sua inerzia quando in possesso di un titolo irretrattabile (anche se contestato da alcuni soltanto) in base al quale pu far valere il diritto. Diversa per la situazione quando, non essendo previsto un termirie di decadenza (ad esempio imposta suppletiva) l'opposizione di uno soltanto dei contribuenti capace di provocare un giudicato che sar estensibile ai coobbligati non partecipanti mentre l'Amministrazione non ancora in possesso di un titolo irretrattabile da far valere verso i contribuenti non opponenti; si verifica allora quella tipica situazione di pendenza ( la pre scrizione non coirre ) che giustifica l'attesa fino alla definizione del giudizio. evidente infatti che il contribuente non opponente che pu giovarsi ex art. 1306 del giudicato provocato dall'iniziativa del condebitore non pu 740 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Im questa estensione del principio ha ricavato dalla norma dell'art. 141, primo comma della legge di registro (r.d. 30 dicembre 1923 n. 3269), testualmente identico all'art. 60 della legge tributaria sulle successioni ~il (r.d. 30 dicembre 1923 n. 3270), la quale dispone che la domanda del ontribuente in via amministrativa sia per rimborso di tassa, sia per Il opposizione a richiesta di tassa, interrompe la prescrizione a favore di ambo le parti; norma che, secondo l'amministrazione ricorrente -che ha ribadito il suo assunto anche nelle osservazioni scritte alle conclusioni del P.G. -sebbene dettata nel sistema originario delle leggi ricordate con riguardo al ricorso gerarchico, si deve ritenere estesa, dopo la riforma degli ordinamenti tributari (d.l. 7 agosto 1936 n. 1639), al ricorso alle commissioni tributarie ed alla domanda giudiziale. Ma riconoscere l'esattezza di queste due propsizioni, secondo le quali la norma del citato art. 141 attribuisce alla domanda del contribuente l'effetto interruttivo della prescrizione in favore di entrambe le parti e quindi anche in favore della finanza, e trova, inoltre, applicazione, dopo la riforma del contenzioso tributario, al ricorso giurisdi anche eccepire la prescrizione. L'opposizione che si innesta su un atto proveniente dall'Amministrazione si comporta come la domanda giudiziale (in certo modo come l'opposizione ad ingiunzione che equivale alla domanda ordinaria) s che l'effetto interruttivo del tutto analogo a quello che si produce ex art. 2045 capov. e.e. con efficacia verso tutti i debitori in solido. Nella complessa fattispecie decisa si presentavano commiste ambedue le ipotesi ora illustrate. Dopo la notifica dell'accertamento di valore nei conf:ronti di tutti i contribuenti, alcuni di 'essi avevano contestato l'imponibilit innanzi alla Commissione provinciale per le questioni di diritto; avveniva cos che nei confronti del contribuente non opponente era bens divenuto irretrattabile l'accertamento della base imponibile (il quantum) ma non era definito ancora, per effetto della opposizione degli altri, il se della imponibilit; non si verificava ancor~, pertanto, quella situazione di certezza che imponeva alla Amministrazione di agire, perch il contribuente non opponente poteva ancora invocare (anche in via di rimborso) l'eventuale giudicato favorevole sollecitato dagli altri coobbligati e quindi l'Ufficio non poteva essere tenuto a provocare la riscossione coattiva di un credito di cui avrebbe potuto eventuahnente domandarsi il rimborso. Dopo la decisione della Commissione Centrale che rigett il ricorso sulla imponibilit si venne a determinare definitivamente l'obbligazione del contribuente non opponente vincolato fin dall'origine al quantum dell'accertamento non impugnato e ormai vincolato anche all'an dell'obbligazione definita nel giudicato della Commissione Centrale; in questo momento l'imposta poteva essere pretesa (ed stata in effetti pretesa) sebbene per gli altri obbligati opponenti si dovesse iniziare un'altra fase contenziosa innanzi alla Commissione distrettuale per la determinazione del valore. C. BAFILE PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA zionale alle commissioni tributarie ed alla domanda giudiziale, non significa accettare una. premessa dalla quale derivi come conseguenza necessaria l'affermato principio di estensione soggettiva, ai condebitori solidali, dell'interruzione della prescrizione operata da uno solo di essi. La norma tributaria, infatti, prevede soltanto che l'interruzione operi in favore dell'amministrazione oltre che del contribuente, ma nulla dispone circa l'estensione di questo effetto nei confronti dei condebitori solidali dell'imposta. L'estensione degli effetti interruttivi della prescrizione in pregiudizio di tutti i condebitori solidali disciplinata dal primo comma dell'art. 13110 'cod. eiv., ma riicollegata soltanto all'iipotesi di atti di esercizio del proprio diritto compiuti dal creditore, con la conseguenza che di tale norma non pu esserne -invocata l'applicabilit alla fattispecie che si considera, in cui il cennato effetto interruttivo dovrebbe conseguire ad un comportamento del debitore (Cass. S.U. 10 novembre 1973 n. 2970). Al problema potrebbe essere data soluzione affermativa soltanto attribuendo all'invocata norma della legge tributaria sulle successioni una portata che, come si detto, non emerge dalla sua formulazione, e che costituirebbe una deroga al fondamentale principio della disciplina delle obbligazioni solidali (passive), secondo il quale escluso il riflesso sfavorevole sui condebitori solidali dell'attivit svolta da uno di essi (artt. 1304, 1306 cod. civ.) ed consentita la ripercussione dell'attivit compiuta dal creditore nei confronti di uno dei condebitori in quanto giovi e non pregiudichi gli altri (artt. 1300, 1304, 1305, 1306 cod. civ.), con la sola eccezione introdotta, appunto, dall'art. 1310 cod. civ., ma limitatamente all'ipotesi di atti interruttivi della prescrizione posti in essere dal creditore nei confronti di uno dei condebitori. Non resta, pertanto, che ribadire la conclusione cui pervenuta la citata sentenza di questa Corte (S.U. 10 novembre 1973 n. 2970) ed osservare che nel rispetto del principio ora accennato, la fattispecie contemplata dalla norma tributaria che viene in considerazione (interruzione della prescrizione del diritto dell'amministrazione finanziaria in conseguenza dell'iniziativa del debitore d'imposta, che abbia instaurato un procedimento in sede amministrativa o giurisdizionale) non presenta possibilit di accostamento se non a quella contemplata dall'art. 1309 del cod. civ. (riconoscimento del debito), e rilevare, iri pari tempo, che questa norma, anche se ne fosse consentita l'applicazione analogica a detta fattispecie, condurrebbe egualmente alla soluzione negativa del problema che si esaminato, ossia ad escludere che il ricorso di uno dei condebitori solidali possa valere ad interrompere la prescrizione dell'azione della finanza anche nei confronti degli altri condebitori. -(Omissis). 742 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 12 maggio 1975, n. 1831 -Pres. Maccarone -Est. Mazzacane -P. M. Berri (conf.) -Jachia (avv. Asquini) c. Ministero delle Finanze {avv. Stato Salto). Imposte e tasse in genere Imposte dirette Azione ordinaria Preventiva pronunzia di una commissione Pronunzia che defil)isce il giudizio su una questione preliminar al merito Sufficiente. (d.I. 7 ag.osto 1936, n. 1639, art. 22). Imposte e tasse in genere Imposte dirette Concordato Nozione -lm pugna;rlone. Agli effetti della proponibilit della azione in sede ordinaria, in materia di imposte dirette, definitiva la decisione della Commissione tributaria che esaurisce il giudizio in quella sede, anche se pronunziata su un punto preliminare che non ha intaccato il merito (1). Il concordato un atto unilaterale della P.A. che, con l'adesione del contribuente, pone in essere un accertamento dell'imponibile sul quale deve essere-liquidata l'imposta; detto accertamento definitivo in ordine al quantum e legittima l'iscrizione a ruolo dell'imposta, ma non preclude l'impugnazione per i vizi dell'accertamento illegittimo. Detta impugnazione, tuttavia, deve essere dedotta neimodi e nei termini ordinari dell'impugnazione dell'accertamento (2). (Omissis). -Ci posto, si osserva che il ricorrente, con unico motivo, sostiene che la sentenza della Corte di Appello gravemente viziata per motivi attinenti alla giurisdizione, di norme sulla competenza, per violazione e falsa applicazione di legge e di principi di ordine costituzionale e di ordine tributario, per nullit del procedimento, per omes (1-2) La prima massima esatta. definitiva la decisione della Commissione che, o per sua natura o perch non sono state proposte tempestive impugnazioni, preclude ogni ulteriore svolgimento del processo innanzi a quella giurisdizione; quindi definitiva la decisione che, prima di affrontare il merito, abbia definito il processo senza possibilit di prosecuzione nello stesso grado o in un grad() diverso; non invece definitiva la decisione che pur affrontando la .decisione di merito lascia aperto il proces.so per una prosecuzione innanzi alla giurisdizione speciale nello stesso grado o in grado diverso (decisione interlocutoria, che rimette gli atti ad altra Commissione, che cassa con rinvio); su tutta la questione v. Relazione Avv.'Stato, 1966-70, II, 525. Sulla seconda massima sono necessarie alcune precisazioni. La definizione. di concordato come atto della Amministrazione che, con l'adesione del contribuente, accerta i presupposti dell'obbligazione ormai pacifica; il concordato un atto amministrativo al quale estranea ogni riferibilit al negozio privatistico di transazione o novazione (Cass. 6 ottobre 1972, n. 2864 PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 743 sa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa punti decisivi della controversia prospettati dalla parte (art. 360 nn. 1 e 2, 3, 4, 5 c.p.c.) . Il complesso motivo pu artkolal'lsi in tre diistinte censure: A) La Corte del merito ha erroneamente affermato che, per l'art. 22 u. c. del d.l. 7 agosto 1936, l'azione giudiziaria deve essere preceduta necessariamente da una decisione definitiva di merito, da parte delle commissioni tributarie, laddove avrebbe dovuto ritenere sufficiente, ai fini predetti, una qualsiasi deci!Sli.one, !PUJI'!ch definitiva, anche in senso meramente processuale. Interpretata diversamente la norma citata sarebbe costituzionalmente illegittima, ai sensi degli artt. 24 e 113 della Costituzione, poich il contribuente sarebbe privato di adeguata tutela giurisdizionale. B) La sentenza impugnata ha erroneamente ritenuto definitivi, sia per I'an sia per il quantum, gli effetti derivanti dal concordato fiscale del 13 settembre 1952, mentre, nessuna preclusione, in merito all'an debeatu1 , poteva discendere dalla stipulazione del concordato predetto, il cui oggetto doveva intendersi limitato al quantum della pretesa dell' Amministrazione Finanziaria, con il conseguente diritto del contribuente di proporre senza limiti di tempo l'azione ordinaria per far valere i vizi di legittimit dell'accordo. C) 'La Corte ha omesso di esaminare le domande, espressamente proposte, di ripetizione di indebito, di risarcimento del danno e di arricchimento senza causa. Sub A. -La doglianiza t fondata ma, ipoi!cih la jpl'ommcia della Corte di Trieste si basa su due ragioni distinte ed autonome, ciascuna sufficien~ a sorreggerla (precisamente: quella censurata sub A, e quella censurata sub B), l'errore del primo argomento enunciato non pu determinare la cassazione della sentenza impugnata in quanto, come si dir in seguito, il secondo ed autonomo argomento, di per s idoneo a giustificarla, informato ad esatti principi giuridici e pertanto, essendo il dispositivo in questa Rassegna, 1973, I, 220). Quanto agli effetti del concordato per necessario distinguere tra imposte indirette e imposte dirette. Per le prime il concordato, al pari dell'accertamento, ha per oggetto la sola valutazione della base imponibile limitatamente ai beni soggetti a revisione di congruit secondo il valore in comune commercio, s che esso non intacca affatto le questioni di imponibilit e nemmeno quelle di valore quando la definizione di esse discende dall'applicazione di norme di" legge; di conseguenza, senza necessit di impugnazione del concordato e senza incorrere in termini di decadenza, ambedue le parti possono sollevare questioni attinenti alla applicazione della legge (Cass. 14 febbraio 1974, n. 425, Riv. leg. fisc., 1974, 1382). Nelle imposte dirette, invece, l'accertamento divenuto definitivo e il concordato definiscono, oltre alla quantit dell'imponibile, la qualificazione di esso, l'identificazione dell'aliquota e del soggetto passivo e in genere tutti gli elementi in base ai quali la liquidazione dell'imposta si riduce ad una mera operazione aritmetica; per questo che il concordato consente l'immediata iscrizione a ruolo (Cass. 22 giugno 1972, n. 2072, Riv. leg. fisc., 1972, 744. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO conforme al diritto, questa Corte deve limitarsi a correggere la motiva zione della sentenza stessa (art. 384, 2; comma c.p.c.). La doglianza fondata in quanto, nel sistema del contenzioso tributario anteriore alla attuale disciplina, il contribuente, in materia di imposta' diretta, poteva adire l'autorit giudiziaria, in virt dell'art. 22 ultimo comma del d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, successivamente ad una decisione definitiva delle Commissioni tributarie. La decisione poteva essere definitiva in quanto concl,usiva del giudizio avanti le commissioni tributarie (decisione della Commissione di ultima istanza che normalmente era la Commissione Centrale) oroiure pevch divenuta tale 1Per difetto di ricorso alla Commissione di grado superiore (decisione della Commissione distrettuale non impugnata, rispettivamente, dinanzi alla Commissione Provinciale ed a quella Centrale). La decisione quindi definitiva se vi sia stata una pronuncia conclusiva sul merito della controversia od anche una pronuncia che, pur senza decidere il merito, abbia tuttavda esaurito il IProcedimento dinanzi alle Commissioni tributarie. L'assunto che, ai fini dell'esercizio dell'azione giudiziaria, sia necessario, in ogni caso, un preventivo accertamento di merito, porterebbe alla assurda conseguenza di privare il contribuente della tutela giudiziaria tutte le volte che le Commissioni tributarie abbiano definito il procedimento -senza che questo possa essere ripreso dinanzi alle Commissioni stesse -con una decisione (anche se erronea) su questioni diverse da quelle di merito. Nella fattispecie sia che, fermandosi alla lettera del dispositivo, debba ritenersi che la Commissione Centrale ha affermato il proprio difetto di giurisdizione a decidere la controversia, sia che, integrando il dispositivo con la motivazione, debba invece ritenersi, pi propriamente, che essa abbia emesso una statuizione di improcedibilit 2226, pronunciata in materia di imposte sull'incremento di valore delle aree fabbricabili ma valevole anche per le imposte dirette). Ne consegue che per le imposte dirette, dopo la sottoscrizione del concordato, ogni questione che non attenga ad un errore materiale di liquidazione si presenta come impugnazione del concordato. questo un assai complesso e poco approfondito problema (v. Relazione Avv. Stato 1966-70, II, 465 e segg.). da registrare l'esatta affermazione che l'impugnazione del concordato da parte del contribuente deve essere riportata nella disciplina dell'ordinario ricorso contro l'accertamento, sostituendosi per la decorrenza del termine alla data della notifica dell'accertamento la data della sottoscrizione del concordato (art. 31 del t.u. 29 gennaio 1958, n. 649, salve le particolari previsioni degli artt. 34, 35 e 36 ed oggi art. 16 d.p. 25 ottobre 1972 n. 636). Ma con questo mezzo non pu essere dedotta qualunque questione relativa all'an dell'imposizione, (cosi come non potrebbero proporsi simili questioni dopo che l'accertamento divenuto definitivo per scadenza del termine o acquiescenza); possono solo proporsi le impugnazioni consentite ( assai controverso quali siano) che si articolano in un campo assai limitato. PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 745 della domanda, a causa della tardivit del ricorso contro il concordato fiscale, certo che, nell'uno e nell'altro caso, il procedimento dinanzi alle Commissioni tributarie si esaurito con una decisione definitiva, ai sensi del citato art. 22. Le conclusioni predette non sono affatto in contrasto con le decisioni di questa Suprema Corte .richiamata dalla Amministrazione resistente a sostegno della tesi adottata dalla Corte del merito: non con la sent. n. 2063I 68 la quale escluse che potesse considerarsi definitiva una decisione della Commissione Centrale delle imposte che, ritenendo tassabile, in punto di diritto un certo reddito, o cespite, aveva rimesso gli atti alle commissioni competenti perch accertassero, in fatto, la sussistenza dei presfll!Pposti e degli elementi della imposizione .giacch, in quel caso, il giudizio dinanzi alle Commissioni amministrative non si era esaurito; 'e tanto meno con la sentenza n. 103/1970 che ha esaminato un caso di azione giudiziaria in tema di imposte dirette -escludendone la proponibilit non preceduta dal preventivo svolgimento del processo dinanzi alle Commissioni tributarie. (Sub B). La censura infondata. Il concordato tributario, secondo la giurisprudenza di questa Corte (v. Cass. 1625/1969) e la prevalente dottrina, non ha carattere negoziale o transattivo ma si concreta in un atto unilaterale della P.A. che, con la adesione preventiva del contribuente, pone in essere un accertamento dell'imponibile su cui deve essere applicata l'imposta. E ci in quanto il contribuente che, a seguito della propria denuncia dei beni valutati agli effetti della imposta (nella specie: imposta straordinaria sul patrimonio), ricevuto l'avviso di maggior valore dei beni denunciati, concordi con l'Ufficio delle imposte l'effettivo valore imponibile, mentre riconosce implicitamente di essere soggetto passivo dello specifico rapporto di imposta, rettifica il valore imponibile da lui dichiarato per un importo che l'Amministrazion_e accerta adeguato. Tale accertamento, basato sulla prevenUva adesione del contribuente, definitivo in ordine al quantum e importa che i tributi, nella entit definita, siano successivamente iscritti a ruolo in conformit del concordato, come appunto avvenuto nella specie. Peraltro, la definitivit del concordato, nel quantum, non preclude l'impugnativa dell'accertamento, concoirdato ma illegit1Jlmo, 'poich il con.cordato fiscale, seppure concluso sul presupposto che sussista l'obbligazione di imposta, diretto a stabilire l'entit del reddito e non anche a risolvere questioni di diritto, in ordine ai limiti di efficacia ed alla interpretazione della legge istitutiva di imposta. Pertanto, nell'ambito del rapporto di imposta determinato nel quantum per effetto del concordato, gli eventuali vizi dell'accertamento (come l'errore, dedotto nella specie, in ordine ai limiti territoriali di efficacia della legge istitutiva della imposta, od altre ragion_ i di illegittimit dell'accertamento) possono essere dedotti dal con 746 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tribuente con azione di impugnativa dell'accertamento concordato, ma illegittimo. Il quesito, quindi, che si presentava ai giudici del merito era quello di stabilire quali fossero i mezzi ed i tempi di impugnazione del concordato, per motivi (vizi di accertamento) diversi da quelli relativi alla corrispondenza del ruolo all'accertamento definitivo. E tale quesito stato esattamente risolto, in conformit a quanto ritenuto altre volte da questa Suprema Corte .(v. sent. n. 1625/69, n. 3499/68), nel senso che le impugnazioni del concordato. tributario, per vizi di legittimit relativi all'accertamento, devono E!ssere riportate nella disciplina imposta dall'ordinamento tributario quanto alle forme ed al termine. Conseguentemente l'impugnazione, di cui trattasi, come impugnazione di accertamento illegittimo, doveva essere proposta (prima della entrata in vigore della legge 5 gennaio 1956, n. 1 e poi t.u. n. 645/1958) con reclamo alla Commissione entro trenta giorni dal co,ncordato medesimo, a norma degli artt. 91 r.d. 11 luglio 1907, n. 560 e 41 r.d. 7 agosto 1936, n. 1639, 1sostituendosi, alla decorrenza del temnine della notifica dell'avviso di accertamento, la decorrenza del concordato che di tale notifica produce gli effetti. Nella specie il concordato stato concluso il 13 settembre 1952 ed stl!lto impugnato per rvizi relativi all'accertamnto (non essendo contestato che l'iscrizione a ruolo del tributo definito avvenne in conformit al concordato) soltanto il 20 aprile 1954. Conseguentemente, in difetto di una tempestiva impugnazione, si irrevocabilmente formato un titolo valido, giustificativo della pretesa della Amministrazione alla corresponsione del tributo richiesto. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 12 maggio 1975, n. 1844 -Pres. Caporaso -Est. Sposato -P. M. Gentile (conf.) -Arcispedale di S. Maria Nuova di Firenze c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Saltini). Imposta di registro -Agevolazione per la costruzione di case di abitazione non di lusso -Estensione agli ospedali ed altri edifici ricettivi ex legge 19 luglio 1961 n. 659 Acquisto di edifici gi costruiti -Esclusione. (1. 2 luglio 1949, n. 408, art. 14 e 19; l. 19 luglio 1961, n. 659, art. 1; r.d. 21 gi~gno 1938, n. 1094, art. 2). L'agevolazione dell'art. 14 della legge 2 luglio 1949, n. 408, sempre limitata all'acquisto di aree edificabili e non pu estendersi all'acquisto di fabbricati gi edificati; ci vale anche per la costruzione di ospedali e altri edifici ricettivi ai quali l'agevolazione si estende per effetto dell'art. 1 della legge 19 luglio 1961, n. 659 .(1). (1) Decisione di evidente esattezza da condividere pienamente. PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARiIA 747 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 17 maggio 1975, n. 1926 -Pres. Danzi -Est. Zucconi Galli Fonseca -P. M. Pedace (conf.) -Gardini (avv. Carbone) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Vitaliani). Imposte e tasse in genere -Estimazione semplice e complessa -Indagine sulla sussistenza di intento speculativo - di estimazione semplice. L'indagine sulla sussistenza di un intento speculativo nel compimento di un contratto non esorbita dalla estimazione semplice, anche quando essa implica la valutazione di fatti emergenti da negozi giu1idici che non debbono essere interpretati (1). (1) Decisione conforme ad un indirizzo ormai tradizionale. Sono ritenute di estimazione semplice questioni di simile natura quali lo stabilire se. un reddito determinato sia frutto di una attivit normale o occasionale del contribuente (Cass. 18 febbraio 1974, n. 451 e 20 aprile 1974, n. 1107, Riv. leg. fisc. 1974, 1092 e 1525), valutare le prove sulla fruttuosit delle somme date a mutuo (8 novembre 1971, n. 3141, questa Rassegna, 1972, I, 98), e simili. Notevole la precisazione che indagare sul contenuto di negozi giuridici per desumerne fatti storici non comporta un giudizio di interpretazione o qualificazione di effetti giuridici (17 febbraio 1972, n. 426, Riv. leg. fisc., 1972, 1374). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 20 maggio 1975, n. 1987 -Pres. leardi -Est. Mazzacane -P. M. Mililotti (conf.) -Soc. ITAFEA (avv. Palandri) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Siconolfi). Imposta di registro -Agevolazione per l'industrializzazione del Mezzogiorno -Primo acquistq di terreni e fabbricati per l'attuazione delle iniziative industriali -Valutazione negativa della Camera di Commercio -Censurabilit ~ Mancata constatazione dell'ultimazione Obbligo del giudice di eseguire accertamenti. (d.1. 14 dicembre 1947, n. 1698, art. 5). L'agevolazione dell'art. 5 del d.l. 14 dicembre 1967, n. 1698, subordinata alla presentazione entro un triennio dalla registrazione della certificazione della. Camera di Commercio attestante il conseguimento del fine industriale; tuttavia in caso che la certificazione sia negata il contribuente hail diritto soggettivo di far verificare dall'AGO la legittimit del 1ifiuto e di ottenere il riconoscimento della agevolazione. Ove nel certificato della Camera di Commercio, rilasciato prima della scadenza del triennio, si dichiari che lo stabilimento non stato completato, il giudice ha il dovere di accertare di ufficio se il completamento sia avvenuto entro il termine (1). (1) L decisione desta serie perplessit su pi di un punto. Se vero che la certificazione della Camera di Commercio ha 'per oggetto soltanto la RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 748 (Omissis). -La Societ ricorrente, con unico motivo, denuncia la violazione degli artt. 112,, U3, 115, 18<8, 34 e 187 C.jp.C. dell'art. 5 del d.l. 14 dicembre 1947, n. 598, difetti logici di motivazione per omesso esame di punti decisivi, nonch insufficiente e contraddittoria motivazione (art. 360, n. 3 e n. 5 c.p.c.). SostieJ?.e: la Corte del merito, dopo aver ammesso la inidoneit del primo motivo addotto dalla Camera di Commercio di Reggio Calabria nella sua certificazione (attivit alberghiera non classificabile tra quelle industriali) non ha esaminato la dedotta illegittimit del secondo punto (preteso mancato completam~nto delle costruzioni nel termin,e triennale) nonostante le istanze probatorie formulate al riguardo. Per l'art. 5 del d.l.c.pJS. 14 dkembre 1947 -contenente agevolazioni tributarie per la costruzione ed il potenziamento di industrie nell'Italia meridionale ed insulare -e successive modificazioni (1. 5 ottobre 1962, n. 1492) il primo trasferimento di propriet di terreni e di fabbricati occorrenti per l'attuazione delle iniziative industriali nelle zone menzionate soggetto ad imposta fissa. Tuttavia il tributo dovuto nella misura normale qualora, entro il termine di tre anni dalla registrazione dell'atto, non sia dimostrato, con dichiarazione della Camera di Commercio, Industria ed Agricoltura (sentito l'Ufficio Tecnico erariale territoriale competente) che il fine dello acquisto sia stato conseguito dal primo acquirente. Con riferimento a tali disposizioni stato ritenuto che le agevolazioni da esse previste sono applicabili anche agli alberghi, quali stabilimenti industriali tecnicamente organizzati (sent. n. 1134/ 1967) e che il termine per la richiesta attestazione perentorio onde la tardiva presentazione di essa legittima il fisco a liquidare e riscuotere la imposta normale di registro (sent. n. 2~18173; n. 2046/72). constatazione dell'avv~nuta realizzazione delle iniziative industriale mentre compete all'Ufficio finanziario verificare tutti gli altri presupposti della agevolazione, si che possono essere disattese dall'Ufficio in sed di tassazione o contestate in sede ordinaria dal contribuente eventuali pleonostiche dichiarazioni (Cass. 15 luglio 1965, n. 1548; 28 giugno 1966, n. 1674; 6 novembre 1968, n. 3662; in questa Rassegna, 1965, I, 1051; 1966, I, 430; 1968, I, 1053), non per esatto che il contribuente abbia il diritto soggettivo a far riconoscere la spettanza' dell'esenzione facendo dichiarare l'illegittimit della certificazione della Camera di Commercio pronunciata su materia di sua competenza e ancor meno a far accertare nuovi fatti contrastanti con quelli certificati. Sar possibile denunciare l'illegittimit del rifiuto di emettere la certificazione, ma non anche contestare nel merito la dichiarazione sfavorevole espressamente pronunciata. Se l'attestato della Camera di Commercio insostituibile e deve, come si riconosce, essere presentato all'Uffici nel termine a pena di decadenza (Cass. 22 giugno 1972, n. 2046, ivi, 1972, PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 749 Questa Corte Suprema ha peraltro precisato che le disposizioni del d.l. 14 dicembre 1947, n. 1598, essendo dirette a stimolare l'iniziativa privata, sono rivolte ai singoli imprenditori, che provvedono alla realizzazione del processo di industrializzazione delle aree depresse. Pertanto, una volta esaurita l'attivit che costituisce il presupposto per fruire delle agevolazioni tributarie, il privato imprenditore ha il diritto soggettivo di vedere realizzati correttamente gli adempimenti all'uopo necessari per ottenere il beneficio tributario che la legge direttamente assicura. Conseguentemente nell'ipotesi che il Ministero della Industria e del Commercio (ora: la Camera di Commercio) neghi l'attestazione del compimento delle opere (attestazione che costituisce mezzo di prova esclusiivo per godere delle agevolazioni tributarie) pu chiedere che l'A.G.O. dichiari la illegittimit del rifiuto, con il conseguenziale riconoscimento dei propri diritti. Ci premesso, nella specie accaduto che ia Camera di Commercio di Reggio CaJabria con sua nota dell'll novembre 1966 (a seguito di richiesta inoltrata dalla Societ prima che scadesse'il termine triennale dalla registrazione dell'acquisto) ha negato il rilascio dell'attestazione di raggiunto fine industriale sull'assunto che il terreno non era stato destinato alla costruzione di un opificio industriale, bens di un albergo; ed aggiungendo, del iutto incidentamente, che a quella data (quando, cio non era ancora scaduto il termine triennale dalla registrazione dell'atto di acquisto, perch questo veniva a compirsi il 30 dicembre 1966) l'edificio non era stato completato. I, 826), evidente che (a differenza di altri tipi di certificazione che possono ammettere equipollenti) alla Camera di Commercio riservata una valutazione tecnica e di merito che non sindacabile n dall'Ufficio tributario n dal contribuente in sede ordinaria. E quindi se in sede ordinaria si potr discutere, dissentendo da eventuali non rilevanti dichiarazioni, se si tratti di primo trasferimento, se esso abbia lo scopo di impiantare stabilimenti industriali, se un determinato impianto (come appunto l'albergo) sia da considerare industriale, non potr censurarsi (n dalla Finanza n dal contribuente) la dichiarazione della Camera di Commercio che abbia accertato se l'impianto tecnicamente organizzato e funzionante, se la sua dimensione rispondente alle previsioni per le quali l'acquisto fu concluso, se infine l'opera compiuta. Se in ordine a tali valutazioni l'attestato della Camera di Commercio esplicitamente negativo, non a parlarsi di rifiuto ma di pronuncia di merito incensurabile in sede ordinaria. Ancor meno pu essere condivisa l'altra affermazione che il giudice debba di ufficio accertare se, dopo il rilascio del certificato attestante che l'opera non compiuta, il compimento sia avvenuto nel termine. Ci contrasta nel modo pi evidente con la regola, riconosciuta valida nella stessa sentenza, che la contestazione della realizzazione del fine (quin 750 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La Corte del merito, adeguandosi nella menzionata giurisprudenza di questa Corte (Sent. n. 1134/1967) ha disatteso la ragione di decadenza delle agevolazioni fiscali addotte dall'Ufficio del Registro (vale a dire inapplicabilit di esse agli alberghi) ma ha confermato la legittimit della ingiunzione per un diverso motivo (che l'ufficio del Registro non aveva nemmeno dedotto) e cio perch ia ricorrente societ non aveva prodotto nei tre anni il certificato attestante il raggiunto fine industriale, in quanto, se doveva ritenersi illegittimo il rifiuto di esso da parte della Camera di Commercio di Reggio Calabria (nota 11 novembre 1966) quanto al riconoscimento della natura industriale dell'albergo, il rifiuto stesso era peraltro operante sotto il profilo del mancato completamento dell'edificio. Contro tale pronuncia fondatamente insorge la contribuente rilevando che la mancata produzione del certificato di raggiunto fine industriale era dipesa esclusivamente da un illegittimo comportamento della Camera di Commercio, poich essa avendo posto in essere tutti i presupposti di fatto per godere delle agevolazioni fiscali, ha acquistato il corrispondente diritto e ne pu richiedere la tutela all'AGO; che pertanto la Corte del merito avrebbe dovuto indagare sul tempestivo sorgere dei citati presupposti, e, in particolare, sul contestato completamento nel triennio della costruzione alberghiera. L'omesso esercizio del potere di accertamento su tale presupposto tanto pi rilevante, nella specie, ove si consideri, da un lato, che l'affermazione contenuta nella nota dell'll novembre 1966 era, sul punto, meramente incidentale o marginale poich il rifiuto dell'attestazione fu basato, essenzialmente, di il compimento dell'opera) debba esser fatto esclusivamente dalla Camera di Commercio e il relativo attestato debba essere presentato nel termine a pena di decadenza. Se vi era ancora uno spazio di tempo per un possibile completamento, doveva essere comunque onere del contribuente provocare una successiva certificazione da presentare all'Ufficio e non in giudizio. Poich la ratio della presentazione della certificazione nel termine quella della sollecita definizione delle posizioni tributarie sospese e della imme diatezza di un effica:ce controllo, (cfr. sent. citata) non si pu pensare che H giudice, persino di ufficio, possa accertare anche a lungo intervallo di tempo (,e non si sa con quali mezzi sostitutivi di quello previsto dalla no:rma in via esclusiva) fatti contrastanti con quanto emerge dalla certificazione. Ne vale la considerazione che la non avvenuta ultimazione era una affermazione marginale nel testo della certificazione intesa a negare l'agevolazione agli alberghi; quel che conta che non esiste una attestazione positiva di avve nuto completamento e che questa attestazione, una volta scaduto il termine non pu pi intervenire; che vi sia in atti una constatazione negativa, sia pur emessa pochi giorni prima della scadenza, un quid pluris non ne cessario. PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 751 sull'asserita inapplicabilit agli alberghj dalle invocate agevolazioni fiscali, e, dall'altro, che l'avvenuto completamento sull'opera era stato certificato dal Comune di Reggio Calabria. Il ricorso va pertanto accolto e la causa va rinviata, per nuorvo esame, ed anche per provvedere sulle spese di questo giudizio, ad altro giudice di pari grado -che si designa nella Corte di Appello di Messina -perch accerti se e quando la Societ Itafea esauri compiutamente l'attivit costituente il presupposto. per fruire delle agevolazioni tributarie, e, di conseguenza se fosse o meno legittimo il rifiuto della Camera di Reggio Calabria al rilascio della att(:!stazione necessaria al conseguimento delle agevolazioni predette. -(Omissis). SEZIONE SETTIMA GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI (*) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 21 maggio 1975, n. 2006 -Pres. Caporaso -Est. Mirabelli -P. M. Mililotti (conf.) -Impresa Edilizia Fiorentina (avv. De Marsanich e Petroni) c. I.A.C.P. di Pisa (avv. Menghini, Ramalli e Tortorella) e GES.CA.L. (avv. Stato Di Ciommo). Appalto Appalto di opere pubbliche Capitolato generale di appalto . Richiamo in clausole contrattuali nei rapporti con enti pubblici diversi dallo Stato Specifica approvazione per iscritto Necessit Esclusione. (Cod. civ., artt. 1341 e 1342; d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063). La regolamentazione contenuta nel capitolato generale di appalto per le opere pubbliche di competenza del Ministero dei lavori pubblici non assimilabile ad un complesso di clausole predisposte da un delle parti, ma costituisce non pi che uno schema, cui le parti fanno riferimento con piena facolt di deroga; le pattuizioni che al capitolato generale fanno riferimento si sottraggono, quindi, all'applicazione degli artt. 1341 e 1342 del codice civile (1) . . (1) Il princip10 va riferito alla ipotesi di rarpporti con enti pubblici diversi dal:lo Stato e che non siano tenuti per legge ad arpplicare le norme del capirtolato generale di appalto approvato con d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, e cio al-la ipotesi in cui tali inorme hanno, come stato gi specificamente affermato per i contratti sti1Pulati dagli Istituti autonomi per le case popolari quali stazioni appaltanti della Ges.ca.l. (Cass., 20 marzo 1972, n. 850, in questa ~ssegna, 1972, I, 723), efficacia negoziale. Secondo consolidato ocientamento girurisiprudelllziale, infatti, le norme del capitolato generale di appalto approvato con d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063 (come quelle del capitolato generale -di appalto approvato con d.m. 28 maggio 1895) hanno efficacia normativa nei rapporti -con lo Stato e con gli enti pubblici che siano tenuti per legge ad aipplicarle, e natura contrattuale, invece, quando siano richiamate in conv.enzioni di altri enti pubblici (Cass., 7 aprile 1975, n. 839; 26 marzo 1975, n. 1148; 7 febbraio 1974, n. 334, retro, I, 235; sez. un., 5 novembre 1973, n. 2856, Cons. Stato, 1974, II, 115; 12 ottob!ve 1973, n. 2571, in questa Rassegna, 1973, I, 1189; 6 aprile 1973, n. 958, Giust. civ., 1973, I, 1320; 9 giugno 1972, n. 1813, FOll"o it., 1973, I, 137; 29 ottobre 1971, n. 3035, parte inedita; 22 giugno 1971, n. 1963, Giur. it., 1972, I, 1, 339; sez. un., 18 .settembre 1970, in. 1559, Giust. civ., 1971, I, 125; 7 set(*) Le decisioni in materia di acque pubbliche sono massimate ed annotate dall'avv. PAOLO VITTORIA. PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 753 (Omissis). -Con il secondo motivo l'impresa ricorrente, denunPARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 753 (Omissis). -Con il secondo motivo l'impresa ricorrente, denunciando violazione dell'ultimo comma del citato art. 829 cod. proc. civ. ed insufficienza di motivazione, censura vari punti nei quali la sentenza impugnata ha negato l'esistenza di violazioni di norme di diritto nel lodo impugnato. Probabilmente con questo motivo l'impresa ricorrente intende dolersi dell'interpretazione e dell'applicazione che la Corte di appello ha fatto da talune n()rme; la censura va esaminata, quindi, prendendo in separato. esame i vari accenni esposti nel ricorso. Sembra, in primo luogo, che la ricorrente si dolga che la Corte di appello abbia ritenuto che le clausole di capitolato concernenti la tempestiviti delle riserve non debbano essere considerate clausole one; rose, da assoggettare ad approvazione specifica a sensi del secondo comma dell'art. 1341 cod. civile. La doglianza , per, priva di fondamento, in quanto la regolamentazione contenuta nel capitolato generale non assimilabile ad tembre 1970, n. 1274, in questa Rassegna, 1970, I, 959; 25 marzo 1970, n. 814; 18 marzo 1970, n. 718, in questa Rassegna, 1970, I, 325). In particolare, sulla inapplicabilit del capitolato generale di appalto approvato con d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063 alle opere appaltate dalla Ges.ca.l., che aveva un suo particolare ed autonomo capitolato di carattere contrattuale, cfr.: Cass., 29 ottob!re 1973, n. 2808. Sulla necessit, peraltro, di interpretare le norme del caipitolato generale della Ges.ca.l. in senso conforme alle corrispondenti norme del capitolato generale per le opere di competenza del Ministero dei lavori pubblici, al quale il capitolato generale della Ges.ca.l. doveV'a essere uniformato (STt. 6 del d.P.R. 9 aprile 1956, n. 1265, e d.P.R. 22 giugno 1949, n. 340), cfr.: Cass., 8 settembre 1970, n. 1343, in questa Rassegna, 1970, I, 974; contra: Cass., 27 marzo 1970, n. 836, Giur. it., 1970, I, 1, 1407. Sulla inapplicabilit dell'art. 1341 del codice civile alle norme del capitolato generale di appalto ed a queHe contrattuali che tali disposizioni richiamano dr., ma con motivazioni anche dif:lierenti (ed anche in ipotesi in cui le norme del capitolato generale avevano efficacia contrattuale): Cass., 10 luglio 1973, n. 1993; 15 aprile 1971, n. 1060, in questa Rassegna, 1971, I, 483; 5 aprile 1971, n. 969, Riv. leg. fisc., 1971, 1696; 5 dicembre 1970, n. 2567, in questa Rassegna, 1971, I, 190; 8 settembve 1970, n. 1343, it.; 18 marzo 1970, n. 718, cit. In talune di queste decisioni, come del resto in .quella in ;rassegna (nella quale il principio dovrebbe ri.tenersi affermato per essersi escluso che le norme del capitolato generale di appalto costituiscano clausole predisposte da una delle parti ) non sembra peraltro considerato il ,generale prindpio sulla inapplicabiUt degli artt. 1341 e 1342 del codice civile ai contratti st1pulati con la pubblica amministrazione, al quale dovrebbe invece riconoscersi rHevanza assorbente rispetto ad ogni altra possibile considerazione di merito (Cass., 17 febbraio 1975, n. 626; 18 dicembre 1973, n. 3432; 16 novembre 1973, n. 3071; 29 ottobre 1973, n. 2801; 19 novembre 1971, n. 3331, in questa Rassegna, 1971, I, 1518; 13 mag.gio 1971, n. 1383, Foro amm., 1972, I, 1, 45, richiamata anche nella decisione in rassegna). lP 754 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO un complesso di clausole predisposte da una delle parti, ma costituisce non pi che uno schema, cui le pal'ti fanno riferimento, con piena facolt di deroga; come (,l.Uesta Corte ha costantemente precisato (da ultimo, Cass. 5 dicembre 1970, n. 2567; 13 maggio 1971, n. 1383), le pattuizioni che al capitolato generale fanno riferimento si sottraggono, quindi, all'applicazione degli artt. 1341 e 1342 cod. civile. (Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 12 giugno 1975, n. 2333 -Pres. Gianattasio -Est. Leone -P. M. Serio (conf.) -Impresa Annino (avv. Sansone) c. GES.CA.L. (avv. Sivieri), cui subentra il Ministero dei lavori pubblici, Comitato per la liquidazione della GES.CA.L. (avv. Stato Mataloni), e Assessorato alle finanze della Regione siciliana (avv. Cavoli). Opere pubbliche -Esecuzione -Delegazione amministrativa -Autonomia e responsabilit dell'ente delegato -Rilevanza del rapporto di delegazione -Limiti. Opere pubbliche Esecuzione -Rapporto tra la Ges.caJ. e le stazioni appaltanti Delegazione amministrativa intersoggettiva -Ravvisabilit . Esclusione. (Legge 28 febbraio 1949, n. 43, art. 11; d.P.R. 23 giugno 1929, n. 320, art. 7; d.P.R. 4 luglio 1949, n. 436, art. 9). Contratti pubblici -Evidenza pubblica -Rilevanza nella fase formativa del contratto -Possibile influenza determinante dopo la stipulazione e la . perfezione ed efficacia del contratto -Presupposti. Contabilit generale dello Stato -Contratti -Scelta del contraente privato Incanti -Forme -Disciplina -Inderogabilit -Limiti. ' (R.d. 18 novembre 1923, n. 2440, art. 3 e segg.; r.d. 23 maggio 1924, n. 827. art. 36 e segg.). Nella delegazione amministrativa intersoggettiva che costituisce una delle forme di collaborazione di enti nella realizzazione di opere pubbliche (con l'affidamento, il finanziamento, e la gestione per sostituzione soggettiva), l'ente delegato opera nei confronti dei terzi in nome proprio, nell'ambito di competenza propria, sia pure non tipica ma ampliata per effetto della delegazione, e con piena autonomia e responsabilit, dato che il rapporto di delegazione spiega effetti esclusivamente tra amministrazione delegante e quella delegata (1) . (1-2) Sulle varie questioni che si pongono in tema di collaborazione di enti nell'esecuzione di oper.e pubbliche, e nel 1senso, in genere, che la legittimazione attiva e passiva nei confronti dei terzi debba ess1ere determinata r.-.-.-.-.-.-.-.-r.....-......-..........-.-.......-. .....-...-....,.-." .... ... ... . .................................,.................-,-.-.-."r.-.-.-.-.-.-.-,-.-.-r...-.-.-.------rrr.-r::::r.-.-.-.-.-.-,..-.-.-..-,-.-.-.-,-,..-,-,.,.-.-.-.-r.--.-.-,-.-.-..,----.-.I".-/.! 111111:11r1tt11:r11s!1rrrirrrill=rlrtirrrlilr&ffilrtttft,rtrlftrrrr11rr1rMt1lffllitlf&trtrrMlfl/llllrlm PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 755 La situazione di negoziazione in nome e per competenza propri e con autonomia e responsabilit proprie, che caratterizza la delegazione amministrativa intersoggettiva, non ravvisabile nelle ipotesi della gestione dei lavori della costruzione di case per lavoratori e di opere a tale costruzione attinenti, che la Gestione INA-Casa prima e la Ges.ca.i. poi affidavano alle amministrazioni o enti qualificati stazioni appaltanti, riservandosi i poteri non solo di vigilanza sui lavori, ma anche di procedere essa ai collaudi ed all'approvazione dei collaudi: poteri di intervento diretto della Gestione mantenuti per poter regolare i momenti fondamentali della negoziazione e del rapporto e per potersi sostituire, all'occorrenza, alla stazione appaltante nei confronti dei terzi (2). Nei contratti stipulati jure privatorum dalla pubblica amministrazione, l'evidenza pubblica, cio la presenza della pubblica amministrazione con gli interessi di natura generale che essa nella sua attivit deve tutelare, pu avere influenza e consegunza soprattutto nella fase formativa del contratto, in riferimento agli atti amministrativi che devono essere posti in essere perch sia validamente esternata la volont dell'amministrazione medesima tendente alla stipulazione del contratto, ma normalmente non ha influenza determinante dopo la stipulazione e la perfezione ed efficacia del contratto stesso, nel senso che sempre ed in ogni caso da esso discendono dirtti subiettivi. Dopo la perfezione del contratto, dunque pacta sunt servanda anche da parte della pubblica amministrazione, e perch si ritorni nell'ambito della cosiddetta evidenza pubblica della negoziazione necessario che siano in base alla qualit ed alla quantit dei rpoteri di volta in volta conferiti, all'uno o all'aitro ente, dalla legge o dall'atto amministrativo, cfrr.: Cass., 7 maggio 1975, n. 1767; 13 .gennaio 1975, n. 103; 11 dicembre 1974, n. 4186; 21 giugno 1974, n. 1834, Cons. Stato, 1974, II, 1015; 11 dicembre 1973, n. 3366; 8 novembre 1973, n. 2927; 3 aprile 1973, n. 902; 14 marzo 1973, n. 720; sez. un,. 12 febbraio 1973, n. 410, Foro amm., 1974, I, 1, 16; sez. un., 8 febbraio 1973, n. 382, in .questa Rassegna, 1973, I, 379; 26 ottobre 1972, n. 3289; 13 luglio 1972, n. 2361; 13 giugno 1972, n. 1845; sez. un., 9 maggio 1972, n. 1395, in questa Rassegna. 1972, I, 622; 29 ottobre 1971, n. 3051; 8 luglio 1971, n. 2152, Foro amm., 1972, I, 1, 317; 22 giugno 1971, n. 1969, Giust. civ., 1972, I, 1172, con nota di DI MAJO, SuHa cosiddetta delegazione amministrativa intersoggettiva; 7 apri1e 1971, n. 1037, Foro it., 1971, I, 2302; 12 febbraio 1971, n. 361, in questa Rassegna, 1971, I, 306; 16 novembre 1970, n. 2416, Foro amm., 1971, I, 1, 74; 24 febbraio 1970, n. 433, Foro it., 1970, I, 1744; 22 gennaio 1970, n. 136, Giur. it., 1971, I, 1, 109; 6 maggio 1969, n. 1525, in questa Rassegna, 1969, I, 461; Corte dei conti, sez. giur. reg. sic., 16 dicembre 1971, n. 948, Foro amm., 1972, I, 3, 178; App. Napoli, 7 ottobre 1970, Dir. giur., 1971, 558. Non sembra, peraltro, che la riserva del potere di procedere al collaudo delle opere e di approvarne le risultanze (ricorrente, infatti, anche in ipo 756 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO annullati o revocati con retto esercizio di legittimi poteri gli atti che al contratto hanno attribuito perfezione ed efficacia (3). Nel procedimento previsto dalla legge per la scelta del contraente privato nei rapporti con la pubblica amministrazione non tutte le disposizioni che disciplinano 'le forme dell'incanto nell'interesse della pubblica amministrazione possono considerarsi di natura inderogabile e cogente, di guisa che l'inosservanza delle medesime debba in ogni caso rendere nulla la gara. Poich l'interesse preso in considerazione quello della pubblica amministrazione di giungere ad un serio e proficuo svolgimento della gara, assumono infatti carattere di vizi insanabili solo quelli che compromettono tale interesse. Quanto ai vizi formali, si debbono considerare causa di nullit quelli relativi aii'inosservanza di prescrizioni contenute nell'invito, espressamente previste a pena di esclusione dalla gara, mentre per la inosservanza di prescrizioni contenute in norme legislative o regolamentari che non prevedano l'esclusione dalla gara l'interprete che deve stabilire, attraverso l'indagine sulla finalit della norma, se la prescrizione violata essen tesi qualificate come delegazione amministrativa inter.soggettiva) possa costituire fattore di valutazione utile a far .escludere gli estremi della delegazione amministrativa; n una discriminazione rpu certo ipotizzarsi, in argomento, a seconda che si discuta di rapporti con l'appaltatore o con altri terzi interessati. (3) Nel senso che le situazioni giuridiche favorevoli di cui titolare il contraente privato assumono, in genere, e salve le particolari ipotesi in cui la legge conferisce all'amministrazione committente un rpotere di supremazia, la natura di diritti soggettivi, cfr.: Cass., sez. un., 5 novembre 1973, n. 2856, Cons. Stato, 1974, II, 115; v. pure Cass., sez. un., 7 luglio 1969, n. 2498, in questa Rassegna, 1969, I, 744; sez. un., 27 giugno 1969, n. 2317, ibidem, 743. Non determinano alcuna posizione di diritto soggettivo, comu,nque, le norme dirette a disciplinare in modo esclusivo i Tapparti interor.ganici attinenti alla direzione e contabilizzazione dei lavoTi ed all'istruttOl'ia delle riserve, allo scopo di assicurare che tali attivit amministrative siano conformi all'interesse dell'amministrazione (Coli. arb., 8 luglio 1970, in questa Rassegna, 1970, I, 1179) .. Sull'ultima parte della massima cfr., nel senso che l'annullamento dell'aggiudicazione comporta l'annullamento dell'intero rappOl'to negoziale, che aveva negli atti di gara il suo indispensabile presupposto giuridico., Cass., 16 luglio 1969, n. 2611, in questa Rassegna, 1969, I, 758. (4) La massima riassume 1princpi pi volte enunciati dal giudice amministrativo; clr.: Cons. Stato, sez. V, 27 ottobre 1972, n; 733, in questa Rassegna, 1973, I, 181, con nota di TAMIOZZO, Sul procedimento dei contratti della p.a.: i vizi di forma; sez. V, 26 arprHe 1972, n. 341, Cons. Stato, 1972, I, 676; sez. V, 29 ,settembre 1971, n. 798, ivi, 1971, I, 1604; Cons. giust., arrum.. reg. slc., 14 maggio 1970, n. 345, ivi, 1970, I, 1186; 13 marzo 1970, n. 93, Foro amm., 1970, I, 2, 369; Cons. Sitato, 1sez. V, 26 maggio 1967, n. 441, ivi, 1967, I, 2, 704; Cons. giust. amm. re.g. sic., 28 ottobre 1966, n. 491, ivi, 1966, I, 2, 1682. PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 757 ziale per il proficuo svolgimento della gam ed perci .inderogabile o se invece essa meramente formale e suscettibile di adempimenti sostitutivi a mezzo dei quali sia stata raggiunta la finalitd cui la norma stessa preordinata (4). (Omissis). -I due ricorsi relativi alla medesima sentenza deb bono essere riuniti in applicazione del disposto dell'art. 335 c.p.c. Quello incidentale della Gescal dev'essere esaminato per prima, perch propone questioni pregiudiziali a quelle di merito, incidenti sulla legittimazione alla causa. La Corte d'appello nella sentenza impugnata, come s' detto, ha affermato la legittimazione passirva della Gescal, quale amministrazione che ha dato inc~arico alla Escal, stazione appaltante, di curare la costruzione degli allogi per lavoratori in alcuni comuni della Sicilia, costruzione che rientrava nella sfera di competenza della Gescal, destinataria e beneficiaria dell'opera, che doveva essere eseguita con i mezzi finanziari forniti dall'Ente. In questo incarico la. Corte ha ravvisato un mero affidamento di curare l'esecuzione dell'opera e di provvedere anche ai procedimenti negoziali relativi, spendendo la propria qualit di stazione appaltante: ha escluso d conseguenza l'esistenza di un caso di delegazione ammi nistrativa intersoggettiva. In secondo luogo la Corte ha osservato che, in conformit della disciplina del rapporto cosUtuitosi tra la Gescal e l'Escal con la no mina di questo ultimo ente quale stazione appaltante, nel procedi mento di licitazione per l'appalto dei lavori per cui causa, era stata riservata alla Gescal la ratifica dell'aggiudicazione provvisoria del l'appalto: e poich la contestazione era sorta proprio con riferimento all'esercizio di questo potere di ratifica attuato dalla Gescal, questa doveva ritenersi legittimata passivamente rispetto alla domanda di risarcimento del danno prodotto con l'illegittimo esercizio di tale potere. La Gescal nei primi due motivi del ricorso incidentale censura rispettivamente l'una e l'altra delle argomentazioni surriferite. Nel primo motivo sostiene che il rapporto tra Gescal e le stazioni appaltanti locali concreta una ipotesi di delegazione amministrativa intersoggettiva, con conseguente legittimazione degli enti nominati sta zioni appaltanti alle azioni giudiziali connesse all'attivit da essi svolta. Nel secondo motivo la Gescal sostiene che la disposizione negoziale, inserita col richiamo all'art. 8 del capitolo generale Ina-Casa del 1950, secondo cui all'esito della gara d'appalto sarebbe stata fatta aggiudi cazione provvisoria senz'altro impegnativa per la ditta aggiudicatoria, ma, nei riguardi della stazione appaltante, subordinata alla ratifica 758 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dela Gestione Case Lavoratori, dovrebbe essere intesa nel senso che l'aggiudicazione a seguito della gara era pur sempre l'atto terminate del process formativo del contratto, mentre la cosiddetta ratifica era in realt un provvedimento di approvazione, nell'esercizio di un potere di controllo riservato alla Gestione. Le censure sono prive di giuridico fondamento. L'Amministrazione ricorrente non discute sull'esistenza della distinzione tra le varie forme di collaborazione di enti nella realizzazione di opere pubbliche (delegazione amministrativa, affidamento dell'esecuzione, finanziamento, gestione per sostituzione soggettiva), distinzione che la Corte di Palermo ha ricavato anche dalla ripetuta giurisprudenza di questo S.C. (sent. 17 luglio 1965 n. 1608, 11 luglio 1966 n. 1829, 6 dicembre 1966 n. 2854) basandola sulla qualit e quantit di poteri che siano conferiti dalla legge e dall'atto amministrativo che comportino la detta collaborazione. Discute dell'applicazione di tale distinzione nella concreta fattispecie, nella quale, a suo parere, s' realizzata una forma di delegazione amministrativa intersoggettiva. Ma la tesi non tiene conto del fatto che in tale ipote"si di cooperazione l'ente delegato opera nei confronti dei terzi in nome proprio e nell'ambito di competenza propria sia pure non tipica ma ampliata per effetto della delegazione e con piena autonomia e responsabilit, dato che il rapporto di delegazione spiega effetti esclusivamente tra amministrazione delegante e quella delegata. Tale siituazione di negoziazione in nome e per competenza propria, con autonomia e responsabilit proprie, non ravvisabile nelle ipotesi della gestione dei lavori della costruzione di case per lavoratori e di opere a tale costruzione attinenti, che la gestione Ina-Casa prima e la Gescal poi affidavano alle amministrazioni o enti qualificati stazioni appaltanti> riservandosi i poteri non. solo di vigilanza sui lavori, ma di procedere essa ai collaudi ed all'approvazione dei collaudi (art. 11 1. 28 febbraio 1949 n. 43, art. 7 dee. del 22 giugno 1949 n. 340, art. 9 decr. P.R. 4 lu glio 1949 n. 463}: poteri di intervento diretto della Gestione mante nuti per poter regolare i momenti fondamentali della negoziazione e del rapporto e per potersi sostituire, all'occorrenza, alla stazione appal tante nei confronti coi terzi (Cass. 14 ottobre 1969 n. 3296, 26 otto bre 1972 n. 3289). Tanto pi ci deve essere ribadito nella fattispecie in esame, nella quale viene in rilievo anche l'altro potere riservatosi dalla Gestione di ratificare il risultaJto della gara di appalto o di annullare la gara e viene in decisivo considerazione l'esercizio di tale potere esclusivo e diretto dalla Gescal, quale causa di responsabilit per i danni subiti dall'aggiudicatario, che s' visto annullare l'aggiudicazione divenuta definitiva. PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPLTI PUBBL 759 Vista poi in questi aspetti di disciplina normativa specifica dell'azione della Gescal la convenzione Gescal-Escal, di affidamento delle costruzioni di alloggi per lavoratori nella Sicilia, l'interp~etazione a tale convenzione data dalla Corte d'appello col ravvisare in essa un semplice incarico esecutivo dei lavori che la Gestione avrebbe disposto, finanziato e sostanzialmente diretto, appare pienamente conforme alle rappresentazioni che i soggetti della convenzione dovevano avere ed hanno avuto delle rispettive situazioni di collaborazione nell'espletamento dei lavori di costruzione delle case per lavoratori e dei conseguenti contenuti e limiti dei propri compiti e delle rispettive responsabilit. La censura espressa nel secondo motivo del ricorso incidentale pu ritenersi gi confutata da quanto detto in precedenza, perch il <:ontenuto di incarico concessivo parziale e non di delegazione amministrativa del rapporto Gescal-Escal non stato ricavato dalla Corte di Palermo essenzialmente dal disposto dell'art. 8 del Capit. Gen. Ina Casa del 1950 ma dall'insieme della disciplina normativa applicabile al rapporto. Ad ogni modo giova osservare: a) che la responsabilit della Gescal affermata nella sentenza impugnata ha per causa esplicita non il diniego di ratifica dell'aggiudicazione, bens l'annullamento della gara di appalto disposto dopo che l'aggiudicazione doveva ritenersi ratificata; b) che, si sia trattarto di-ratifica in senso tecnico o di ratifica nel significato e nell'effetto di approvazione quale atto finale dell'ite1 formativo del contratto, questione che non rileva, sia perch non la ratifica o l'approvazione il fatto causale della responsabilit della Gescal dedotta in causa, sia perch l'atto di convalida ora detto doveva essere ed stato atto proprio della Gescal, in virt del suo potere di intervento diretto nella negoziazione dell'appalto, sicch anche per tale atto la Gescal assumeva responsabilit proprie e dirette: e con tale contenuto, a prescindere dalla precisa sua qualificazione giuridica, l'atto stava a confermare che l'Esca! non aveva potere autonomi di determinazione nella conclusione dell'appalto, tale potere essendo riservato alla Gescal, e che di conseguenza, si era fuori dell'ipotesi della delegazione amministrativa. Nel terzo motivo di ricorso la Gescal censura proprio quest'ultima affermazione della sentenza impugnata, cio che la responsabilit dell'annullamento illegittimo della gara d'appalto debba far carico ad essa Gestione, perch causata da fatto proprio. Ma chiaro che, una volta escluso che nel rapporto Gescal-Escal sia ravvisabile l'attuazione di una delegazione amministrativa interoggettiva -tesi sulla quale la censura si fonda -, deve ritenersi che l'attivit della Gescal di annullamento della gara ha inciso su un 760 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO rapporto gi costituito, non solo nell'interesse, espliitamente dichiarato, della Gescal medesima ma anche a nome della Gescal, per lo meno per quanto concerne i poteri ad essa riservati nella negoziazione, in applicazione di esplicite istruzioni e limiti relativi all'incarico commesso dalla Gescal all'Esca!, istruzioni e limiti dichiarati dall'Esca! all'appaltatore sia con la sua indicazione di stazione appellante si~ con gli espliciti riferimenti ai poteri di intervento della Gescal. Passando dopo ci all'esame del ricorso principale, la Corte osserva che ogni questione di giurisdizione deve ritenersi ormai preclusa dalla decisione emessa su tale punto da questo S.C. con la sentenza n. 2784 del 22 novembre 1966, in sede di ricorso ordinario avverso la sentenza d'appello che aveva negato la giurisdizione del giudice civile. La Corte di Cassazione ha affermato sussistente tale giurisdizione sulla base dei seguenti cr~teri: a) l'aggiudicazione dell'appalto nella specie aveva acquisito efficacia definitiva, a seguito dell'approvazione tacita della Gescal; b) che con tale aggiudicazione l'appaltatore aveva acquisito il diritto soggettivo all'esecuzione dell'opera appaltata; e) che la Gescal, anche dopo aver approvato la aggiudicazione risultante dalla gara, aveva il potere di annullare l'aggiudicazione per vizi dell'iter formativo del contratto; d) che, per, tale annullamento, intervenuto dopo. che il con. tratto era divenuto definitivo ed esecutivo, ha inciso sul diritto subiettivo del contraente privato; e) che la decisione sulla domanda di risarcimento del danno proposta dall'appaltatore comportava che il giudice civile ordinario dovesse esaminare l'atto di annullamento e stabilire se l'Amministrazione avesse o meno il potere di emanarlo e se tale potere avesse legittimamente esercitato nel caso di specie. Questi profili della causa sono, dunque, definitivi e vincolanti per questo stesso collegio che li ha posti. Osserva il ricorrente che la Corte d'appello di Palermo in sede di rinvio s' limitata a dire che la Gescal aveva l'astratto potere: di annullamento ma non ha proceduto ad un concreto esame per accertare se esistesse o merro un vizio che giustificasse l'annullamento del contratto da cui era sorto il diritto dell'appaltatore. Un vizio di tale natura non poteva essere ravvisato nella tardiva produzione dei cerificati relativi ad una qualit dell'imprenditore che gi risultava da altro documento e per la presentazione de~ quali non era stabilito un termine perentorio. In pi l'annullamento nella specie riguardava un atto di controllo, ed il potere di controllo si esaurisce con l'emanazione del provvedimento relativo, sicch l'annullamento di esso, ad opera della stessa amministrazione che lo ha emesso, non possibile, PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 761 tanto meno se esso inerisce ad atto costitutivo di un diritto soggettivo in un rapporto di diritto privato; rilevata la mancanza di motivazione dell'atto di annullamento, anche per questo illegittimo, il ricorrente rileva che il collegamento tra il provvedimento ed il ricorso presentato dalla ditta Bondi, collegamento posto nella sentenza impugnata come ragione dell'annullamento, immotivato e giuridicamente irrilevante. Queste censure sono in parte fondate. Risulta dalla comunicazione fatta dall'Esca! all'impresa Annino con la raccomandata spedita 1'8 novembre 1958 che l'annullamento ha riguardato la gara di appalto. Poich la gara medesima conclusasi il 18 ottobre 1958 era stata ratificata per implicito col decorso del quil}dicesimo giorno dalla gara senza alcun comunicato all'impresa, e la ratifica-approvazione, esplicita o implicita, essa stessa un provvedimento amministrativo, tanto che essa condiziona l'efficacia dell'aggiudicazione nei confronti della P.A., l'annullamento doveva riguardare _anzitutto il detto provvedimento di approvazione, del quale avrebbe dovuto indicare il vizio inficiante. Gi nella sentenza 22 novembre 1966 emessa nella medesima causa, questa Corte Suprema ebbe a sottolineare che nei contratti stipulati jure privatorum della P.A., l'evidenza pubblica, cio la presenza della P.A. con gli interessi di natura generale che essa nella sua attivit deve tutelare, pu avere influenza e conseguenza soprattutto nella fase formativa _del contratto, in riferimento agli atti amministrativi che devono esser posti in essere perch sia validamente esternata la volont dell'amministrazione medesima tendente alla stipulazione del contratto: ma normalmente non ha influenza determinante dopo la stipulazione e la perfezione ed efficacia del contratto stesso nel senso che sempre ed in ogni caso da esso discendono diritti subietti!vi. Dopo la perfezione del contratto, dunque, pacta sunt servanda anche da parte della P.A. e perch si ritorni nell'ambito della cosiddetta evidenza pubblica della negoziazione necessario che siano annullati o revocati con retto esercizio di legittimi poteri, gli atti che al contratto hanno attribuito perfezione ed efficacia. Perci nella richiamata precedente sentenza questa Corte accenn all'esigenza che si verificasse l'invalidit del consens dato dalla Gescal al contratto con l'implicita ratifica. Del resto nella stessa disposizione dell'art. 8 del capitolato della cui applicazione qui si controverte ratifica dell'aggiudicazione e facolt di annullare la gara sono considerati due aspetti, l'uno positivo l'altro negativo, perci alternativo, del medesimo potere: sicch una volta emanato il provvedimento con contenuto positivo solo l'annullamento o la revoca di esso pu consentire l'esercizio del medesimo potere in senso negativo. Nella specie s' allegato ..-..-.rrrr.r.-.-.-.-...r.-.-.-.-.-.-..-.-.-.-/..-."r' ....-.......'......,:.:::..,,-.rrr. r. .r ǥ'-" . ᥥᥥᥥ.-.--.-r,.r.-r.-rrr.-. 762 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO e discusso solo di annullamento ma l'annullamento presuppone, come sua causa, un vizio specifico del provvedimento di ratifica e nella specie il provvedimento di annullamento, secondo la comunicazione fatta all'impresa Annino, era del tutto privo di motivazione ed era diretto, come s' detto, all'invalidazione della gara, senza esplicito riferimento a vizi propri del provve~imento di ratifica. La Corte di Palermo ha rirtenuto sussistente un vizio formale del procedimento di gara, consistito nel fatto che il concorrente Annino non aveva allegato all'offerrta per la gara il certificato generale del casellario ed il certificato di buona condotta. A parere della Corte d'appello tale vizio afferente all'ammissione dei concorrenti, infi ciava la legittimirt di tutti gli atti successivi e in particolare dell'atto di ratifica della aggiudicazione dell'appalto. Il ragionamento sommario e semplicistico. Stante che nella specie, secondo la disciplina .negoziale adottata dalle parti, la ratifica della aggiudicazione da parte della Gescal, se non dovuta a trascuratezza o errore dell'organo che l'aveva disposta, doveva essere considerata come accertamento che la gara, conclusa con la dertta aggiudicazione, non presentava vizi insanabili (ch, se la gara avesse presentato vizi formali sanabili, la ratifica del]faggiu dicazione avrebbe comportato anche la rinuncia a farli valere), nella dichiarazione di annullamento, certamente ammissibile anche nei con fronti di atto di approvazione dell'aggiudicazione provvisoria di un appalto, si sarebbe dovuto indicare il vizio insanabile, necessariamente riflettentesi nel provvedimento di ratifica. L'atto di annullamento di un provvedimento amministrativo, specie se esso servito a dare effi eacia definitiva ad un contratto di diritto privato dal quale sono sorti diritti soggerttivi dei terzi, non pu considerarsi completo senza l'indieazione della specifica ragione di invalidit che causa dell'annullamento. Tuttavia nella specie la ragione del decidere non in tale incomplertezza del provvedimento, che poi in corso di causa ha ricevuto contenuto e spiegazione, senza che siano state addotte dall'Annino preclusioni o decadenze a carico dell'Amministrazione, verificatesi nel frattempo e di cui egli possa giovarsi. Rileva, invece, che secondo giurisprudenza concorde, in prevalenza dei giudici amministrativi, non tutte le disposizioni che disciplinano le forme dell'incanto nell'interesse della p.a. possono considerarsi di natura inderogabile e cogente, di guisa che l'inosservanza delle medesime debba in ogni caso rendere nulla la gara. Poich l'interesse qui preso in considerazione quello della P.A. di giungere ad un serio e proficuo svolgimento d.ella gara, assumono carattere di vizi insanabili solo quelli che compromettano tale interesse. Si aggiunto, quanto ai vizi formali, che si debbono considerare causa di nullit quelli relativi all'inosservanza di prescri PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 763 zioni contenute nell'invito, espressamente previste a pena di esclusione della gara; in caso invece di. inosservanza di presunzioni contenuti in norme legislative o regolamentari che non prevedano l'esclusione dalla gara, l'interprete che, attraverso l'indagine della finalit della norma, deve stabilire se la prescrizione violata essenziale per il proficuo .svolgimento della gara ed perci inderogabile o se invece essa meramente formale e suscettibile di adempimenti sostitutivi a mezzo dei quali sia stata raggiunta la finalit cui la norma stessa preordinata. Questo inquadramento della disciplina normativa applicabile ai casi di contestazioni circa' la validit delle gare di appalto sono applicabili anche nella concreta fattispecie. Nella quale l'invito alla licitazione spedito all'Annino non specificava che l'esibizione dei due certificati relativi alla condotta preatta del concorrente era prescritta a pena di esclusione dalla gara, n tale esclusione stata pronunciata, tanto che l'Annino rimasto aggiudicatario e l'aggiudicazione stata finanche ratificata. Sicch per il giudice d'appello, che tra l'altro era chiamato a riesaminare una questione gi decisa dal giudice di primo grado' in senso favorevole all'Annino, l'acce!'tamento del carattere inderogabile o meno della prescrizione relativa alla esibizione tempestiva del certificato generale del casellario giudiziario e del certificato di buona condotta dell'Annino, nel senso che tale esibizione tempestiva fosse, o no, requisito indispensabile per il serio ed utile svolgimento della gara, si poneva con rilievo primario. Ed in esso potevano assumere adeguata considerazione anche i cennati comportamenti degli organi della P.A. che avevano espletato la gara ammettendovi l'Annino ed avevano ratificato l'aggiudicazione a favore dello stesso, mostrando cosl di ritenere non rilevante, per gli interessi dell'amministrazione, la non tempestiva esibizione dei due certificati relativi alla buona condotta del concorrente. Ora nella sentenza impugnata di itale necessaria, penetrante indagine su questo specifico oggetto non c' traccia: con la conseguenza che in definitiva l'annullamento della ratifica portato come mera implicazione dell'annullamento della gara e quest'ultimo annullamento stato ritenuto legittimo senza la dimostrazione della natura invalidante del vizio formale dell'omessa (tempestiva) produzione dei certificati relativi alla condotta dell'Annino. La Corte d'appello, invece, ha dato prevalente rilievo al fatto che altri partecipanti alla gara avevano mosso eccezioni, in base alla detta omissione, circa l'ammissione dell'Annino alla gara ed alla possibilit che la validit di questa e dell'avvenuta giudicazione all'Annino po 764 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tesse essere impugnata dinanzi al giudice amministrativo dalla concorrente impresa Bondi. Ma questi comportamenti ed eventualit, non rilevati in sede di ratifica dell'aggiudicazione, non possono costituire di per s ragione di annullamento di .tale provvedimento e della gara che ha portato all'aggiudiazione, e possono acquisire qualche rilievo solo in quanto aspetto ed effetti della violazione di una o pi prescrizioni inderogabili circa la partecipazione alla gara e allo svolgimento di questa, post.e nell'interesse della P.A. ad una gara regolare che desse risultato utile per l'amministrazione medesima. Sussi.ste perci, il denunziato vizio di motivazione, illogica e giuridicamente erronea ad esso comporta la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio della causa ad altro giudice di appello per il riesame, sulla scorta dei rilievi fatti innanzi circa i profili giuridici da osservare. -(Omissis).' CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 19 giugno 1975, n. 2467 -Pres. Mirabelli -Est. Scanzano -P. M. Serio (conf.) -Impresa Vasile (avv;. De Pompeis e Fiaccavento) c. Assessorati ai lavori pubblici e alle finanze della Regione siciliana (avv. Stato Braguglia). Appalto Appalto di opere pubbliche Approvazione del contratto Ritardo Facolt di recesso dell'appaltatore Esercizio Limite. (R.d. 23 maggio 1922, n. 827, art. 114; d.m. 28 maggio 1895, art. 13; d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, art. 4, quarto comma). Appalto Appalto di opere pubbliche -Consegna dei lavori Ritardo Automatica responsabilit dell'amministrazione appaltante Esclusione Necessit della costituzione in mora. (D.m. 28 maggio 1895, art. 14, primo comma; d,P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, art. 10, primo comma; art. 1217 del codice civile). La data dell'approvazione del contratto di appalto di opera pubblica segna il limite per l'esercizio della facolt di recesso riconosciuta all'appaltat01e per il ritardo nell'approvazione del contratto (1). (1) La sentenza in rassegna, della quale si !ritiene opportuno pubblicare anche parte delle premesse in fatto, va segnalata per la precisazione riprodotta nella prima massima, imposta del resto dal limite espressamente previsto all'art. 114, secondo comma, del ;r.d. 23 maggio 1924, n. 827; e l'affermazione di principio, di cui non constano precedenti giurisprudenziali, certamente oppoTtuna, in quanto il diritto a ;recedere .dal contratto viene talora dedotto, erroneamente, solo quando all'appaltatoTe perviene comunicazione dell'intervenuta (tardiva) approvazione del contratto, e senza PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 765 La semplice scadenza del termine per la consegna dei lavori non determina automaticamente la responsabilit dell'appaltante che ad essa non abbia provveduto; e ci perch detta consegna si configura come cooperazi'one (del creditore dell'opera) necessaria per rendere possibile l'adempimento dell'appaltatore (debitore dell'opera stessa), onde l'omissione della consegna predetta non assume rilevanza se non a seguito di un atto di costituzione in mora, da compiersi dall'appaltatore con le modalit di cui all'mt. 1217 del codice civile (2). (Omissis). -A seguito di licitazione privata, l'Ente Siciliano per le Case ai lavoratori -ESCAL -incaricato dall'Assessorato ai Lavori Pubblici della Regione Siciliana di costruire dodici alloggi popolari in Avola, secondo progetto approvato il 16 marzo 1960 dall'Assessorato stesso, aggiudic i relativi lavori con verbale del 9 giugno' 1962 a Vasile Carmelo, e stipul poi col medesimo, in data 9 gennaio 1963, il contratto di appalto. Tale contratto venne approvato dal ripetuto Assessorato con de creto del 7 ottobre 1963, registrato alla Corte dei Conti il 7 gennaio successivo. Intanto il 2 luglio 1963 il Vasile aveva chiesto all'Esca! la mo difica delle condizioni contrattuali a causa del tempo decorso dall'ag giudicazione e si era dichiarato disposto all'esecuzione dei lavori sempre che glie ne fosse stata effettuata la consegna entro 15 giorni e ne venisse aumentato il corrispettivo, del venti per cento. Detto ente, dopo avere ottenuto con decreto del prefetto del 2 no vembre 1963 l'autorizzazione all'occupazione temporanea d'urgenza dei terreni necessari all'esecuzione dell'opera, inform con lettera 14 apri le 1964 il Vasile che il successivo giorno 22 si sarebbe proceduto alla nessuna preventiva contestazione che consenta all'amministrazione committente di avvertire l'intenzione del contraente privato di r,ecedere dal contratto. (2) Anche l'affermazione di prindpio di cui alla seconda massima, propria in effetti della decisione confermata con la sentenza in rassegna, di evidente 'esattezza, e del tutto coerente, in :particolar;e, con la qualificazione della consegna dei lavori come espressione del dovere di collaborazione dell'amministrazione committente, e non di un obbligo 1giuridico il cui inadempimento possa rendere l'amministrazione ;responsaibile. Mentre per l'appaltatore, infatti, l'accettazione dei lavO!I'i: costituisce oggetto di un ,preciso obbligo contrattuale, il cui inadempimento consente ail'amministrazione committente di risolvere il contratto o di procedere alla esecuzione di ufficio (art. 10, sesto comma, del caipitolato generale di .appalto approvato con d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063), la consegna dei lavori costituisce, per l'amministrazione committente, un atto di cooperazione, necessario perch l'appaltatore possa adempiere la sua rprestazione, ma non 766 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO consegna dei lavori; ma con telegramma del 21 aprile 1964 il Vasile condizion la sua disponibilit alla revisione dei prezzi, chiedendo intanto il risarcimento dei danni derivati dal ritardo frapposto dall'appaltatore nel portare a termine le pratiche per l'approvazione del contratto, e non si present a ricevere la consegna dei lavori. Seguirono un ordine di servizio all'Esca! con invito ad iniziare i lavori il 12 maggio 1964, la conferma, da parte del Vasile, della sua intenzione di vedere aggiornati i prezzi, un nuovo invito dell'Ente ad iniziare i lavori_il 29 ottobre 1964, un telegramma in data 24 ottobre 1964 del Vasile che dichiarava di ritenere risolto il contratto e di essere disposto a stipularne uno nuovo a condizioni adeguate, una lettera del 3 luglio 1965 con cui l'ente prorogava all'otto di quel mese la data di consegna dei lavori e si dichiarava disposto a riconoscere un compenso per i maggiori oneri derivati dal ritardo, un nuovo telegramma del 7 luglio 1965 con cui il Vasile confermava . il proprio recesso salvo che il predetto compenso fosse stato subito determinato, una nuova intimazione in data 26 agosto 1965 dell'Esca! con invito a presenziare alla consegna dei lavori per il 14 settembre 1965 e con_ riserva di determinare il compenso di cui sopra a lavori ultimati, una proroga della data di consegna dei lavori al 21 ottobre 1965, non seguita da alcun riscontro del Vasile, e finalmente un de creto del 23 dicembre 1965, con cui l'Assessorato Regionale per i lavori pubblici dichiar risolto il contratto per colpa dell'appaltatore, disponendo l'incameramento della cauzione da lui prestata con polizza fideiussoria della societ Assicurazioni Generali. In relazione a tale situazione il Vasile con atto del 12 luglio 1966 convenne avanti al Tribunale di Palermo il predetto Assessorato e l'Escal, chiedendo che fosse dichiarata illegittimo il decreto test indi- obbligatorio, in quanto non fondato su un obbligo giurtdico; e quando la consegna dei lavori non avvenga nel termine stabilito per fatto dell'ammi nistrazione, all'appaltatore consentito soltanto di chiedere di recedere dal contratto, rimanendo comunque rimesso all'amministrazione, secondo di screzionale valutazione, di accogliere o no l'istanza di recesso, con le dif ferenti conseguenze stabilite, ~per le due ipotesi, dall'art. 10, ottavo comma, del capitolato generale di appalto. Tali principi hanno quindi indotto ad escludere a priori la possibilit stessa di discuter.e di responsabilit per inadempimento nel caso di ritardo nella consegna dei lavori, ed a negare, di conseguenza, la possibilit per l'appaltatore, in ipotesi di mancata consegna dei lavori, di chiedere la risoluzione del contratto per inadempimento dell'amministrazione commit tente (Trib. Roma, 12 luglio 1973, Arb. app., 1974, 185). In argomento, cfr., con disamina dei vari capitolati generali, e con forme !richiamo all'art. 1217 del codice civile, CIANFLONE, L'appalto di opere pubbliche, 1971, pagg. 353-357. PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 767 cato e risolto il contratto per colpa dell'Amministrazione appaltante, con la condanna della medesima alla restituzione della cauzione ed al risarcimento dei danni. Chiese inoltre la condanna di entrambi i convenuti al rimborso delle spese processuali. -(Omissis). (Omissis). -Col primo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 13 D.M. 28 maggio 1895. Premesso che il contratto era disciplinato dal capitolato generale approvato con tale decreto (espressamente richiamato dalle parti), sostiene che in base alla disposizione su indicata la Corte di merito avrebbe dovuto dichiararne la risoluzione, per il ritardo frapposto dall'Amministrazione appaltante nei curare il procedimento necessario per la sua approvazione. Soggiunge che la volont di risolvere il contratto era stata da lui manifestata con la lettera del 2 luglio 1963 e confermata con telegramma del 21 aprile 1964 e con atto stragiudiziale del 4 maggio successivo, e che tali atti erano sufficienti al fine, senza necessit di una costituzione in mora. La censura non fondata. Il significato che la Corte di merito ha attribuito alla disposizione citata, ed in genere alle disposizioni del capitolato generale che qui interessano, non , in s, oggetto di discussim;ie, onde appare superfluo il rilievo dei controricorrenti secondo cui nell'appalto de quo tale capitolato ha valore contrattuale e la violazione di esso non pu costituire motivo di .ricorso per cassazione. Il ricorrente, infatti, anche se, per inesatta interpretazione della sentenza impugnata, denuncia una tale violazione, investe altri apprezzamenti della Corte d'appello; ma quanto al significato di quella disposizion~, muove le premesse che non si discostano da quelle della sentenza. Orbene, secondo il menzionato avt. 13, quale interpretato da detta Corte nel sistema del testo cui esso appartiene, decorso vanamente il termine di quattro mesi fissato per l'approvazione del contratto, l'appaltatore ha senz'-altro il diritto di recedere dal contratto stesso, mentre, intervenuta l'approvazione e divenuto questo vincolante per entrambe le parti, l'inadempienza di una di esse pu condurre alla risoluzione. Ha aggiunto, per, detta Corte che una volont di recesso non era stata, nel caso, validamente manifestata dal Vasile. Dopo avere premesso, infatti, che il contratto stato approvato con decreto del 7 ottobre 1963 e che pertanto l'unico atto dell'appaltatore suscettibile di essere preso in considerazione a tal fine era costituito dalla sua lettera del 2 luglio precedente, ha escluso che in questa potesse ravvisarsi una valida dichiarazione di recesso perch, da un lato, essa menzionava degli estremi che non consentivano il riferirla con sicurezza al contratto de quo e lasciavano dubitare che riguardasse lavori diversi, e, dall'altro, era diretta all'Esca! che, non essendo RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO titolare del rapporto, non era destinatario idoneo di una tale dichiarazione. Poich tale motivazione contiene un apprezzamento di merito e non censurata sotto il profilo della sufficienza e della coerenza logica, l'intera doglianza perde consistenza. Rimangono, infatti, privi di rilevanza sia il riferimento del ricorrente al telegramma del 21 aprile 1964 ed al successivo atto stragiudiziale (in quanto trattasi di atti posteriori alla data di approvazione del contratto, che segna il limite per l'esercizio della facolt di recesso dell'appaltatore), sia la proposizione con cui si nega la necessit della costituzione in mora, tale necessit essendo stata affermata dalla Corte d'appello ai fini del diverso momento della risoluzione del contratto (per mancata consegna dei lavori) : momento estraneo alla presente doglianza, che riguarda invece la posizione dell'appaltatore nella fase anteriore all'approvazione, e cio le conseguenze della ritardata approvazione. Attiene invece alla risoluzione del contratto l'altro motivo di ricorso, che si ricollega all'assunto, secondo cui l'appaltante omise di effettuare la tempestiva consegna dei lavori, perch non aveva provveduto ad acquisire il suolo da destinare a sede del fabbricato e della relativa strada di accesso. Il ricorrente lamenta appunto che la Corte di merito abbia escluso l'inadempimento dell'appaltante sotto tale profilo, trascurando, senza alcuna motivazione, la richiesta di prova diretta a dimostrare che i proprietari dei suoli da occupare si erano opposti all'occupazione per carenza di titolo da parte dell'Amministrazione, e i documenti da cui risultava questa carenza: prova e documenti -egli soggiunge -che, esaminati in relazione al comportamento da lui espresso con varie lettere e con telegrammi, avrebbero condotto ad affermare la responsabilit sia dell'Assessorato ai Lavori Pubblici sia dell'Esca!. Neppure questa censura fondata. La Corte di merito ha premesso in diritto che la semplice scadenza del termine per la consegna dei lavori non determina automaticamente la responsabilit dell'appaltante che ad essa non abbia provveduto: e ci perch detta consegna si configura come cooperazione (del creditore dell'opera) necessaria per rendere possibile l'adempimento dell'appaltatore (debitore dell'opera stessa), onde l'omissione della consegna predetta non assume rilevanza se non a seguito di un atto di costituzione in mora, da compiersi dall'appaltatore con le modalit di cui all'art. 1217 c. civ. Ha poi osservato in fatto che il Vasile, lungi dal mettere in mora I'Amministrazione dopo che il termine di cui sopra era decorso, rifiut la consegna dei lavori ripetutamente offertagli, ed ha identificato in PARTE.I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 769 tale comportamento del Vasile la vera causa della mancata esecuzione del contratto. Con tali argomentazioni di diritto e di fatto, non censurate, rispettivamente, n sotto il profilo dell'esattezza giuridica n sotto il profilo della sufficienza o coerenza di motivazione (e perci insindacabili in questa sede), detta Corte, ritenuto prevalente ed assorbente, a quell'effetto, il compotitamento del Vasile (prima acquiescente di fronte al ritardo della consegna, ed attivo solo nel chiedere la maggiorazion.e dei corrispettivi, e poi inadempiente all'obbligo di ricevere la consegna stessa) ha implicitamente escluso la rilevanza delle prove offerte a dimostrazione dell'indisponibilit del suolo. Ha comunque precisato che l'Amministrazione appaltante avrebbe potuto disporre di tiitoli diversi dai decreti esibiti (ed noto che la P.A. pu acquisire anche con strumenti di diritto privato, cio con atti negoziali, i suoli necessari all'esecuzione di opere di suo interesse, onde non appaiono decisivi n la documentazione prodotta all'udienza istruttoria del 19 gennaio 1971 circa il diritto di compropriet di Sparviero Venera, n il rilievo del ricorrente che contro quest'ultima non sia stato promosso alcun procedimento di espropriazione). N concerne un punto decisivo la prova testimoniale di_retta a dimostrare che i proprietari dei suoli si erano opposti all'occupazione per mancanza di apposito decreto, in quanto, attraverso la mensione (contenuta nel capitolo di prova) della lettera dell'Esca! del 10 dicembre 1962, la circostanza allegata appare riferibile al periodo anteriore all'approvazione del contratto (prima della quale l'inadempimento della P.A. non configurabile in materia). -(Omissis). TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 15 ottobre 1974, n. 17 -Pres. Giannattasio -Rei. Granata -Ministero delle finanze (avv. Stato Fiumara) c. S.p.a. Idroelettrica Smurra -S.A.I.S. (avv. Mazzei). Acque pubbliche ed elettricit Concessione e derivazione Proroga Subordinazione al pagamento dei canoni scaduti Prefissione di termine perentorio Legittimit Inosservanza Effetti. {t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 22). Acque pubbliche ed elettricit Concessione e derivazione Proroga Rinnovazione Diritto soggettivo del concessionario Esclusione. (t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, artt. 22, 28 e 30). Competenza e giurisdizione Poteri del giudice Nei confronti della P.A. Disapplicazione Limiti. (1. 20 marzo 1865, n ..2248, all. E, artt. 4 e 5). ll 770 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Acque pubbliche ed elettricit -Derivazioni ed utilizzazioni abusive -De terminazione dei limiti d'uso -Decreto ministeriale -Funzione -Necessit Esclusione. (t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 17). Acque pubbliche ed elettricit Derivazioni ed utilizzazioni abusive Di ritto al risarcimento dei danni Prescrizione applicabile Decorrenza. (t.u. 11 dicembre 1933,.. n. 1775, artt. 7 e 17; cod. civ., artt. 2947 e 2948, n. 4). Acque pubbliche ed elettricit Canoni Natura patrimoniale e non tributaria Danni da utilizzazione abusiva Identica assoggettabilit all'i.g.e. Il provvedimento che accorda la proroga della durata di una concessione di acque pubbliche pu essere subordinato al pagamento in un termine perentorio dei canoni maturati a far tempo dalla scadenza, onde l'inutile decorso del termine traduce il provvedimento dell'amministrazione in una statuiziop,e di rigetto, facendo cessare lo stato di pendenza dell'istanza di proroga (1). La situazione in cui versa il concessiona,rio nella fase che precede la decisione su di una domanda di proroga come su quella di rinnovazione della concessione d'acque pubbliche ha consistenza di interesse legittimo (2). (1) Cfr. Trib. sup. acque, 20 ottobre 1964, n. 26, Giust. civ., 1965, I, 587 ed in questa Rassegna, 1964, I, 1170 ed ivi l'affermazione che al di fuori dei casi espressamente p~evisti dal t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775 e dal r.d. 14. agosto 1920, n. 1285 la prefissione di termini da ritenere rimessa al prudente apprezzamento discrezionale ed insindacabile dell'Amministrazione, che vi proceder valutandone necessit ed opportunit, tenendo conto che l'utilizzazione delle acque pubbliche risponde a fini di generale interesse e non pu essere procrastinata dal comportamento negligente od ostruzionistico del privato; Trib. sup. acque, 31 luglio 1959 n. 39, Foto amm., 1959, II, 3, 74, che ha ritenuto legittimo il rifiuto dell'amministrazione di far luogo alla concessione, dopo che l'interessato aveva lasciato decorrere il termine . assegnatogli per la sottoscrizione del disciplinare di concessione ingiustificatamente procrastinata. (2) In tema di rinnovazione, cfr. supra, Trib. sup. acque, 1 ottobre 1974. n. 16 ed i richiami alla massima 5. Le decisioni richiamate in motivazione sono pubblicate, Cass., Sez. Un., 19 ottobre 1954, n. 3863, in Giur. agr., 1955, II, 395; Trib. sup. acque, 17 gennaio 1968 n. 1, in Cons. Stato, 1968, II, 37 (decisioni, queste, contenenti l'affermazione del diritto soggettivo alla rinnovazione, cui pu aggiungersi Trib. sup. acque, 3 giugno 1957 n. 18, Foro amm., 1957., II, 3, 47); Trib. sup. acque 14 ottobre 1965 n. 23, 25 giugno 1964 n. 21, 20 luglio 1960 n. 28 e 19 novembre 1959 n. 30, rispettivamente in Foro. PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 771 La disapplicazione del provvedimento amministrativo illegittimo consentita al giudice ordinario soltanto in ordine ad atti rispetto ai quali persista nel privato una situazione soggettiva di diritto (3). Nei casi di derivazioni o utilizzazioni in tutto o in parte abusivamente in atto, la previsione del procedimento da seguire per la determinazione della quantit d'acqua abusivamente fruita e del corrispettivo dovuto non volta ad imporre all'amministrazione un onere di indiscriminata regolarizzazione delle utenze di fatto, m'a solo a dettare una disciplina delle conseguenze dell'uso abusivo, cui peraltro necessario far ricorso solo quando il quq,ntitativo d'acqua fruito sia controverso (4). Il credito dell'amministrazione per il pagamento delle somme dovute in dipendenza dell'uso dell'acqua protrattasi dopo la scadenza e la mancata pr.oroga della concessione ha natura di diritto al risarcimento dei danni. Ad, esso non applicabile pertanto la prescrizione prevista dall'art. 2948 n. 4 cod. civ., ma quella prevista dall'art. 2941 cod. civ., che inizia a decorrere dal giorno in cui cessa l'utilizzazione abusiva (5). Poich i canoni corrisposti per la concessione di acque pubbliche hanno natura di entrata patrimoniale e non tributaria, non possono aver amm., 1966, I, 148 e 1965, II, 11, 343 e in Acque bonif. costruz., 1960, 394 e 1959, 578. (3) Cass., Sez. Un., 6 aprile 1970 n. 924 e 7 maggio 1965 n. 841, richiamate in motivazione, possono leggersi rispettivamente in Giust. civ., 1970, I, 970 e Foro amm., 1965, II, 162 con nota di CANNADA BARTOLI, Disapplicazione e incompetenza giudiziaria. (4) Sull'applicazione dell'art. 17 del t.u. del 1933 si segnalano Trib. sup. acque, 30 novembre 1956, n. 24, Acque bonif. costruz., 1956, 622, per l'affermazione che dall'art. 17 deriva all'amministrazione il potere di determinare i limiti dell'uso esercitato, ma non quello di fissare il corrispettivo, la cui misura stabilita dalla legge; e App. Firenze 3 marzo 1959, Giust. civ. Rep., 1959, acque'pubbl. priv., 116, che, in contrasto con la decisione in rassegna, ha ritenuto necessaria, per poter procedere a riscossione mediante ingiun- zione, la previa emanazione del provvedimento e di concessione o di riconoscimento che determina l'entit e le caratteristiche dell'utenza ai fini_ dell'applicazione dei canoni nella misura legale . (5) La decisione in _rassegna, dopo aver affermato che nella specie si versava in tema di credito per risarcimento dei danni da fatto illecito, ha escluso che potesse applicarsi la prescrizione ex art. 2948 n. 4 cod. civ. ed ha dichiarato apipUcabile la prescrizione ex art. 2947 cod. civ. Passata a risolvere la questione della decorrenza del periodo prescrizionale, in una fattispecie di danni da c.d. illecito premanente, ha individuato il dies a quo in quello della cessazione dell'illecito. . La natura risarcitoria dell'obbligazione gravante sull'utente abusivo era stata gi affermata da Cassaz. Roma, 31 luglio 1920, Amm. LL. PP. e Finanze c. Ditta Guidotti e Pariani, in Foro it. 1920, I, 963; nello stesso senso, Trib. sup. acque, 12 giugno 1954, n. 24, Acque bonif. costruz., 1955, 43; Cass., Sez. Un., 21 febbraio 1956 n. 485, ivi, 1956, 246; Trib. sup. acque, 6 agosto 1957 n. 35, Cons. Stato, 1957, II, 301, che ha anche messo in evidenza la ininfl.uen 772 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO natura tributaria le somme dovute aU'amministrazione a titoio di abusiva utiHzzazione deUe acque: esse sono pertanto soggette aWimposta generale suH'entrata (6). (Omissis). -L'appello principale dell'Amministrazione finanziaria, fondato su un unico motivo, ed i primi quattro motiivi dell'appello incidentale, proposto dalla societ SAIS, rinnovano anche in questa sede il dibattito sul tema fondamentale della causa, articolato nel duplice quesito .(a) se a far tempo dal 13 gennaio 1946, data di scadenza della originaria concessione assentita in suo favore, la SAIS debba considerarsi essere rimasta abusirvamente nel godimento della derivazione, pur avendo essa presentato domanda di proroga della concessione stessa ai sensi dell'art. 22 t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775; (b) se, in caso affermativo, le somme da essa dovute all'Amministrazione in base al disposto dell'art. i 7 dello stesso t.u. siano, ed in qual misura, prescritte. Alla questione sub a -da cui, per ~l suo carattere preliminare, deve ovviamente prendere le mosse l'esame delle contrapposte impu za, sul titolo dell'obbligazione, della commisurazione dell'ammontare del risarcimento a quello dei canoni dovuti per le derivazioni attuate in base a concessione. La inapplicabilit a tale obbligazione della prescrizione breve ex articolo 2948 n. 4 cod. civ. trovasi parimenti gi affermata in Cassaz. Roma, -31 luglio 1920, con riferimento all'art. 2144 cod. civ., 1865, che dettava peraltro una di:sposizione di identico tenore e pari valore precettivo (Cass., 21 febbraio 1966 n. 521, Giust. civ., 1966, I, 857 e 859). La stessa massima stata poi enunciata da Trib. sup acque 12 giugno 1954 n. 24 e da Cass., Sez. Un., 21 febbraio 1956 n. 485, sentenza egualmente rese in controversie insorte sotto il vigore del codice del 1865. Trattasi di un'applicazione di specie di una regola generale, che in tema di prescrizione del diritto al risarcimento dei danni era stata per la prima volta affermata da Cassaz. Roma, 28 giugno 1895, Fondo pel culto c. Comune di Fontanetto d'Agogna, in Giur. it., 1895, I, 1, 1000. Sotto il vigore del nuovo codice la questione dell'applicabilit dell'art. 2948 n. 4 cod. civ. stata posta e risolta in senso negativo in controversie in cui si discuteva del diritto al risarcimento dei danni, cagionati dalla illecita protrazione dell'occupazione al diritto al godimento dell'immobile poi espropriato: Cass., 16 maggio 1962 n. 1105, Giust. civ., 1962, I, 1004; Cass., 27 marzo 1970 n. 834, Giur. it., 1970, I, 1, 1339. Sulla seconda questione, della decorrenza della prescrizione, non consta dell'esistenza di precedenti con riguardo al fatto illecito rappresentato dalla abusiva derivazione di acque pubbliche. Non costituisce un precedente Cass., Sez. Un., 21 febbraio 1956 n. 485 richiamata dal Tribunale superiore, che ha risolto il diverso problema del tipo di prescrizione applicabile, se quella trentennale prevista come prescrizione ordinaria dall'art. 2135 cod. civ., 1865 o quella breve prevista dall'art. 2144 dello stesso codice. La pi generale questione della decorrenza della prescrizione nei casi di illecito permanente, per solito discussa in tema di illecita protrazione PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 773 gnazioni -si riferiscono il primo ed il terzo motivo dell'appello incidetale, intesi a negare, l'uno, che l'utente in attesa della proroga, per quanto possa l'Amministrazione tardare a provvedere sulla sua domanda, sia da considerarsi abusivo agli effetti dell'art. 17 citato, essendo per contro egli titolare di un diritto soggettivo alla proroga stessa, e, l'altro, che nella specie la proroga richiesta sia mancata per avere la SAIS omesso di ottemperare agli adempimenti prescrittile dall'Amministrazione, laddove, al contrario, sarebbe stato onere della Amministrazione, da questa non soddisfatto, di emettere il decreto di proroga di ufficio per la determinazione dei limiti dell'uso e dei conseguenti oneri, a norma ancora dell'art. 17 citato. La complessa censura cos formulata del tutto destituita di fondamento. Da un lato, perch in punto di fatto non vero che la domanda di proroga sia ancora pendente, essendo vero al contrario che su di essa l'Amministrazione finanziaria si pronunziata definitivamente con il provvedimento (comunicato con nota 4 ottobre 1966 dal Ministero al Genio civile di Cosenza, e da quest'ultimo alla societ Smurra con la nota del successivo 14 novembre) che accordava la proroga richiesta, condizionandola .Peraltro espressamente all'adempimento, da parte della societ stessa, di ben precisati oneri patrimoniali, tra cui il pagamento dei canoni maturati a far tempo dalla scadenza, da effettuarsi entro un termine di trenta giorni, univocamente dichiarato essenziale e perentorio dell'occupazione oltre il biennio con riguardo al risarcimento del danno per la mancata utilizzazione del bene sino al momento dell'espropriazione, trovasi in genere risolta nel senso della prescrittibilit del diritto relativamente ai danni prodottisi oltre cinque anni prima del giorno in cui il diritto stesso esercitato: Cass., 6 aprile 1962 n. 723, Giust. civ., 1962, I, 1258; Cass., 23 agosto 1962 n. 2641, ivi, 1963, I, 1678; Cass., Sez. Un., 29 aprile 1964 n. 1034, ibidem, 1964, I, 1316; Trib. sup. acque, 23 settembre 1964 n. 24, Giust. civ., 1965, I, 193; Cass., 13 luglio 1971 n. 2258, Giust. civ. Mass., 1971, 1230; Cass., Sez. Un., 5 novembre 1973 n. 2855, ivi, 1973, 1482; Cass., 13 marzo 1974 n. 682, ibidem, 1974, 322. (6) Cass., Sez. Un., 29 maggio 1969 n. 1893, 20 gennaio 1970 n. 112 e 25 maggio 1971 n. 1539, richiamate in motivazione, possono legger.si, la prima, in questa Rassegna, 1969, I, 729 con nota di ALBISINNI, in Foro amm., 1970, II, 92 con nota di MoRBIDELLI e in Giur. agr., 1970, 402, con nota di FAVARA; la seconda in questa Rassegna, 1970, I, 318 e la terza in Rass. giur. Enel, 1971, 794. Dalla natura non tributaria del canone sono state desunte conseguenze in rapporto alla soggezione all'imposta di registro (App. Trento, 20 gennaio 1962, Foro pad., 1962, I, 504 con nota di BuscA, Natura dei canoni di utenza di acqua pubblica) e, con riguardo in genere ai canoni di godimento di beni demaniali, in rapporto alla competenza, essendosi esclusa in materia la applicabilit del foro erariale, previsto dall'art. 8 r.d. 30 ottobre 1933 n. 1611 per le cause aventi ad oggetto tributi (Cass., 9 luglio 1973 n. 1964, Giust. civ. Mass., 1973, 1047). 774 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO mediante la comminatoria di decadenza espressamente minacciata per il caso di inottemperanza. Orbene, ammessa la legittimit della prefissione di tal termine (Trib. Sup. Acque Pubbliche 20 ottobre 1964, n. 33), la sua inutile scadenza tradUJce i~ provvedimento dell'Aimminisrtirazione in una statuizione di rigetto, che fa cessare, in senso negativo per l'utente, lo stato di penJdenza della 1sua .]stanza. Sic1ch diviene inutile il 11.'ichiamo giurisprudenziale della tematica circa la posizione soggettiva dell'utente in pendenza, appunto, del procedimento di proroga, una volta che nella specie il procedimento stesso risulta definitivo in senso negativo. N, d'altro icanto, il Collegio !PU conoscere della eventuale illegittimit di questo ~o~dimento. Non dubbio, infatti, che in ogni caso il provvedimento autoritativo di rigetto della domanda di proroga esplicherebbe di per s effetto affievolente di una preesistente situazione soggettiva del privato avente, in tesi, consistenza di diritto (condizionato). Ma, in realt nei confronti della Pubblica Amministrazione ha gi consistenza di mero interesse legittimo, nella fase che precede la decisione, la (situazione di) aspettativa, soggetta all'esito positivo dell'apprezzamento discrezionale, da parte appunto della Amministrazione, circa la compatibiltt con il pubblico interesse, ex art. 22 comma secondo t.u. citato, del beneficio invocato, analogamente a quanto ritenuto da questo Tribunale Superiore riguardo alla rinnovazione prevista dai successivi art. 218 e 30 (sentenze 14 ottobre 19<65, n. 23; 2,5 giugno 1964, n. 2rl; 20 luglio 1960, n. 28; 19 novembre 1959, n. 30), senza che possa utilmente invocarsi l'altro indirizzo giurisprudenziale che, con riferimento ancora alla rinnovazione, ha riconosciuto consistenza di diritto soggettivo alla posizione di attesa del privato (Cass. S. U. 19 ottobre 1954, n. 3863; Trib. Sup. Acque Pubbliche 17 gennaio 1968, n. ~),sembrando pi congruo alla autentica ratio decidendi di queste ultime sentenze, enucleata -al di l delle generalizzazioni verbali -dalle esigenze delle concrete fatispecie decise, restringere l'auto;rit del principio cos affermato alla diversa questione, da esse unicamente affrontata, della tutela spettante al privato di fronte (non alla Pubblica amministrazione deliberante, ma) al terzo, durante la pendenza del procedimento di rinnovazione, specie se accompagnata dalla interinale permanenza in via di fatto della (utilizzazione della) utenza. Sicch il problema della legittimit del diniego opposto alla. SAIS non pu in questa sede essere delibato neppure ai soli fini della eventuale sua disapplicazione, pur sempre consentita al giudice ordinario soltantq in ordine a provvedimenti della Amministrazione rispetto ai quali persista nel privato interessato una situazione soggettiva di diritto r(Cass. S. U. 6 aprile 1970, n. 924; Cass. S. U. 7 maggio 1965, n. 841), esulando dall'ambito della sua competenza giurisdizionale, anche in tema di disapplicazione, ogni controllo circa il legittimo esercizio del potere. Donde la ulteriore deduzione della as PARTE I, SZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 775 soluta ininfluenza, per la decisione delle argomentazioni svolte dalla SAIS con il quarto motivo, al fine di contestare la legittimit del diniego -0pposto dal~a Amministrazione alla conservazione della gratuit della utenza anche in sede di proroga. La censura della SAIS neppure fondata in relazione all'altro profilo, 1Pi so1PI"a ri:ferito, secondlo il quale l'Amministrazione, anzich imporre alla SAIS i pagamenti richiestile a pena di decadenza, avrebbe dovuto essa attivarsi per la emissione del decreto previsto dall'art. 17 t.u. del 1933, n. 1175. La previsione normativa di tale provivedimento, infatti, non tende gi al fine -come sembra ritenere l'appellante incidentale -di im~ porre alla Amministrazione l'onere di curare una sorta di regolarizzazione indiscriminata di tutte le utenze di fatto, da attuarsi mediante l'apprestamento per le stesse di un titolo che ne legittimi la sopravvivenza, ma ha piuttosto lo scopo di stabilire autoritativamente la regolamentazione delle conseguenze dell'illecito gi verificatosi, mediante l'accertamento della quantit di acqua abusivamente fruita e la determinazione del corrispettivo conseguentemente dovuto dall'usurpatore fino alla cessazione della utenza abusiva. Provvedimento, quindi, che certamente non occorreva nella specie, in cui era incontroverso il quantitativo d'acqua goduto e l'ammontare, quindi, delle somme dovute ex artt. 17 e 25 t.u. citato. Alla individuazione del titolo, per il quale a norma dell'art. 17 citato tali somme sono dovute, si ricollega la questione sub b, concernente la prescrizione, riproposta in termini opposti dall'Amministrazione con l'unico motivo dell'appello principale e dalla SAIS con il secondo motivo dell'appello incidentale. Confermato il carattere abusivo (a far tempo dalla scadenza, in data 13 gennaio 1946, della concessione originariamente assentita) della utenza goduta in fatto dalla SAIS, per effetto del venir,meno ex tunc -una volta tradottosi in statuizione di rigetto, per l'inutile decorso del termine come sopra fissato, il provvedimento dalla Amministrazione adottato sulla domanda di proroga -di qualunque posizione legittimante (in tesi) connessa alla pendenza di tale domanda, ne segue ovviamente la inapplicabilit della prescrizione ex art. 2948 n. 4 e.e., invocata dalla SAIS (appunto con il suo secondo motivo) sul contrario presupposto della legittimit della utenza stessa. Rimane invece aperto il problema relativo alla individuazione del dies a quo della prescrizione quinquennale statuita per le obbligazioni ex deticto dall'art. 2947 e.e. Al riguardo il Tribunale ha ritenuto che, trattandosi (del risarcimento) di danni maturantisi periodicamente in dipendenza del permanere della condotta illecita, dovevano considerarsi prescritti tutti i ca 776 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO noni scaduti in tempo anteriore al quinquennio precedente all'atto in terruttivo posto in essere con la nota del Genio civile in data 14 no vembre 1966. Ha opposto l'Amministrazione, con l'unico motivo del suo appello princiipale, icihe .finch permanga l'utilizzazione abusiva della derivazione non pu verificarsi alcuna prescrizione; La censUl'a fondata. La decisione del Tribunale regionale stata influenzata dalla con siderazione del riferimento normativo, nel testo dell'art. 17 t.u. citato, al pagamento dei canoni, inteso quasi come espressione di una valu tazione frazionata, da parte del legislatore, delle unit di danno am messe al risarcimento, con la conseguenza che ognuna di queste unit realizzerebbe un ciclo dannoso a s stante, dalla scadenza di ciascuno dei quali decorrerebbe la prescrizione ad esso relativa. Al contrario, il riferimento al canone ha unicamente una funzione relazionale per la determinazione dell'indennizzo dovuto dall'usur. patore, serve cio soltanto ad indicare il criterio contabile per la liquidazione ex lege del danno risarcibile, ma non elimina la obiettiva uni It tariet della condotta illecita posta in essere con l'utilizzazione abusiva della derivazione d'acqua e con la permanenza della stessa nel tempo, onde non pu aversi prescrizione prima della sua cessazione. Del che conferma la inclusione, fra le voci del danno risarcibile ex art. 17 ! citato, di !POSte commiis:u.rate a valori non periodici, ri1spetto ai quali il [{ : frazionamento postulato dal primo giudice ovviamente non avrebbe modo di operare. I Confermandosi quindi il principio gi enunziato dalle Sezioni Unite I della Suprema Corte di Cassazione {cfr. sentenza 21 febbraio 1956, numero 485), va affermato che non pu darsi prescrizione dei danni dovuti dall'utente abusivo ai sensi dell'art. 17 t.u. citato fino a che per I duri la situazione illecita. infine infondato il quinto ed ultillilo motivo dell'appello iniciden l tale, con cui la SAIS censura la sentenza impugnata per essersi rifiutata di esaminare nel merito la domanda relativa all'i.g.e., sotto il profilo della inapplicabilit di questa ai canoni, attesa la loro natura tributaria, perch tardivamente dedotto soltanto in comparsa conclusionale. Si tratta invero di un profilo autonomo e del tutto diverso da quello che originariamente la SAIS aveva fatto vale11e rctspetto alla pretesa dell'Amtm.inistrazione complessi .> RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 790 motivazione della sentenza impugnata -la quale, sul punto, si basa sulle dichiarazioni rese in giudizio dallo stesso imputato -a questi il Sebenello, non solo si era qualificato come guardiano idraulico e gli aveva inoltre esibito il documento rilasciatogli dalla Pubblica Amministrazione, comprovante tale sua qualifica, ma gli aveva chiesto le generalit, e lo aveva diffidato ad osservare il divieto di .transito, esprimendo la riserva, in caso contrario, di redigere a carico di lui il verbale di contravvenzione. D'altra parte, nessun dubbio stato espresso dai giudici di merito circa la qualit di pubblico ufficiale spettante al Sebenello, n circa la demanialit della strada, sulla quale arbitrariamente transitava l'imputato, ed alla cui tutela, come a quella di ogni altra opera idraulica, pertinente all'attrezzatura fluviale, sovrintendeva la Pubblica Amministrazione, per mezzo del locale Ufficio del Genio civile, da cui dipendeva la parte lesa. Senonch da queste premesse di fatto non sono state tratte le dovute conseguenze, ed stato deliberto il proscioglimento dell'imputato in base alla considerazione che questi, a causa della concitata discussione seguita all'in~imazione del Sebenello, o a causa di un erroneo apprezzamento circa il movente di tale intimazione, e anche perch il Sebenello non indossava alcuna uniforme, n la sua qualit era, in altra guisa, esteriormente riconoscibile, poteva aver creduto, sia pure erroneamente, che si trattasse di un sorvegliante privato e perci di persona non preposta all'esercizio di una pubblica funzione. Ora, come stato correttamente rilevato nei motivi di ricorso, la legge penale tutela il pubblico ufficiale che tale si presenti obiettivamente, cio per il fatto stesso che egli eserciti una pubblica funzione, condizione questa che va stabilita in base all'ordinamento giuridico dal quale disciplinata, sia in generale che con disposizioni particolari (v., con riferimento alla fattispecie in esame, l'avt. 220 del t.u. delle disposizioni di legge sulle acque e sugli impianti elettrici, appr. con r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775), l'organizzazione dello Stato e degli altri enti pubblici, nelle loro varie articolazioni, in relazione ai compiti che, in concreto, l'attivit pubblica destinata a realizzare nell'interesse della collettivit. Da ci consegue che, una volta escluso ogni dubbio circa la materialit del reato di resistenza a pubblico ufficiale, e cio circa l'effetttivo esercizio, da parte del soggetto passivo, di una delle attivit elencate nell'art. 357 c.p., nell'atto in cui si venivano a realizzare gli altri elementi costitutivi della fattispecie criminosa anzidetta, cos come stato ritenuto, in punto di fatto, dal Tribunale di Rovigo, l'erronea opinione dell'agente circa la qualifica del soggetto passivo non vale n ad escludere il dolo n a giustificare qualsiasi altra formula di proscioglimento che si basi sull'elemento psicologico del reato. PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE Al contrario, lo stato di irritazione che, secondo i giudici di merito, avevano suscitato nell'agente le intimazioni e le diffide pronunciate dal soggetto passivo, e a causa del quale l'imputato avrebbe omesso di prestare la dovuta attenzione a ci che il pubblico ufficiale aveva ritenuto necessario per dimostrare la sua qualit, caratterizza un atteggiamento che suppone non soitanto la volontariet dell'azione, ma anche la rappresentazione, quanto meno, della probabilit o della possibilit che il fatto costitutivo del reato in esame si realizzasse in tutti i suoi elementi: \ il che sufficiente, quanto meno sotto il profilo del dolo eventuale, per affermare la piena colpevolezza dell'agente medesimo. E, comunque, ferme restando le premesse, in punto di fatto, contenute nella sentenza impugnata, il dubbio, per qualsiasi causa concepito dall'imputato, non -equivaleva ad ignoranza o ad errore, e perci non poteva ritenersi idoneo ad escludere o a porre in discussione l'elemento psicologico del reato. Il che rende superflua ogni altra esatta considerazione contenuta nei motivi di ricorso circa l'irrilevanza, ai fini dell'accertamento della responsabilit penale, dell'eventuale errore sulla qualit di pubblico ufficiale del soggetto passivo, una volta che questi si sia qualificato o che l'agente abbia in altro modo acquisito la consapevolezza dell'attivit esercitata dalla parte lesa, indipendentemente dalla circostanza che questa indossi na divisa o' presenti altri segni esteriori di riconoscimento. Da quanto stato esposto discende che, in accoglimento della impugnazione proposta dalla parte civile, a tutela del diritto al risarcimento dei danni derivati dal fatto attribuito al Buzzi Flavio, e ad ogni altra reintegrazione patrimoniale accessoria, la sentenza impugnata va annullata, per contraddittoriet di motivazione e per erronea interpretazione degli artt. 43, 337 e 357 c.p., con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello, a sensi dell'art. 541 c.p.p. il quale provveder anche per le spese di questa fase del giudizio. Circa l'applicabilit di quest'ultima norma, in verit, sono sorti dei contrasti sia in dottrina e sia anche nella giurisprudenza delle sezioni singole di questa Corte, e le maggiori perplessit sono state suscitate propriamente dal tenore letterale del dispositivo della sentenza n. 29 del 17 febbraio 1972 con la quale la Corte Costituzionale dichiarava la illegittimit dell'art. 23 c.p.p., nella parte in cui esclude che il giudice penale possa decidere sull'azione civile, anche quando, concluso il procedimento penale con sentenza di proscioglimento, l'azione della parte civile a tutela dei suoi interessi civili prosegua in sede di cassazione ed eventuale successivo giudizio di rinvio. Occorre per in proposito rilevare che, tanto per l'art. 23, quanto per l'art. 195, stato escluso dalla stessa Corte Costi>::-:-:-:-:-:-:-:-:-::: .-..::.-:=-:-::.:-....... . PARTE II, LEGISLAZIONE r.d. 18 giugno 1931, n. 773, art. 220 (artt. 3 e 13 della Costituzione). Sentenza 15 luglio 1975, n. 211, G. U. 23 luglio 1975, n. 195. legge 28 settembre 1939, n. 1922, art. 36 (art. 112 della Costituzione). Sentenza 17 luglio 1975, n. 218, G. U. 23 luglio 1975, n. 195. r.~. 9 settembre 1941, n. 1022, artt. 12, secondo comma, e 22 (art. 25, primo comma, della Costituzione). Sentenza 3 luglio 1975, n. 174, G. U. 9 luglio 1975, n. 181. r.d, 16 marzo 1942, n. 267, artt. 2, 196 e 202 (artt. 3 e 24 della Costituzione). ' Sentenza 26 giugno 1975, n. 159, G. U. 2 luglio 1975, n. 174. F'.d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 10 (art. 3 della Costituzione). Sentenza 17 luglio 1975, n. 223, G. U. 23 luglio 1975, n. 195. r.d. 16 marzo 1942, n. 267, artt. 101, 103 e 70 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Sentenza 10 luglio 1975, n. 195, G. U. 16 luglio 1975, n. 188. legge 29 ottobre 1949, n. 826, art. 1, terzo comma (art. 112 della Costituzione). Sentenza 17 luglio 1975, n. 218, G. U. 23 luglio 1975, n. 195. legge 4 agosto 1 '!55, n. 692, a.r+t. 2 e 4 (artt. 3, 23, 41 e 53 della Costituzione). Sentenza 10 luglio 1975, n. 201, G. U. 16 luglio 1975, n. 188. d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 207 (artt. 2, 24 e 29, secondo comma, della Costituzione). Sentenza 10 luglio 1975, n. 195, G. U. 16 luglio 1975, n. 188. d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, artt. 261 e 262 (artt. 3, 24, secondo comma, e 101 della Costituzione). Sentenza 15 luglio 1975, n. 215, G. U. 23 luglio 1975, n.. 195. d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, artt. 140, 141 e 143 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Sentenza 8 luglio 1975, n. 186, G. U. 16 luglio 1975, n. 188. d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, art. 32, settimo comma (artt. 48 e 51 della Costituzione). Sentenza 10 luglio 1975, n. 203, G. U. 16 luglio 1975, n. 188. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 21 ottobre 1964, n. 1013, art. 1 (artt. 3, 23 e 53 della Costituzione). Sentenza 10 luglio 1975, n. 197, G. U. 16 luglio 1975, n. 188. legge 23 aprile 1965, n. 458 (artt. 2 e 18 della Costituzione). Sentenza 8 luglio 1975, n. 190, G. U. 16 luglio 1975, n. 188. d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 21 (art. 24 della Costituzione). Sentenza 17 luglio 1975, n. 224, G. U. 23 luglio 1975, n. 195. legge 21 luglio 1965, n. 903, artt. 3, primo comma, lett. h, e 5, secondo comma (artt. 38, 2, 3 e 53 della Costituzione). Sentenza 8 luglio 1975, n. 187, G. U. 16 luglio 1975, n. 188. legge 23 dicembre 1966, n. 1139, art. 6 (artt. 23 e 53, primo comma, della Costituzione). Sentenza 8 luglio 1975, n. 185, G. U. 16 luglio 1975, n. 188. legge 18 marzo 1968, n. 238, art. 2 (artt. 38, 2, 3 e 53 della Costituzione). Sentenza 8 luglio 1975, n. 187, G. U. 16 luglio 1975, n. 188. legge 24 dicembre 1969, n. 990, art. 24 (artt. 27, 24 e 3 della Costituzione). Sentenza 10 luglio 1975, n. 198, G. U. 16 luglio 1975, n. 188. legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 35, nella parte in cui limita l'applicabilit delle dispo'sizioni dell'art. 18 alle sole imprese industriali, commerciali ed agricole, e nella parte in cui esclude l'applicabilit delle disposizioni del titolo III Dell'attivit sindacale , nei confronti dei datori di lavoro privati non imprenditori (artt. 3, 4, 35, primo comma, e 41, secondo comma, della Costituzione). Sentenza 8 luglio 1975, n. 189, G. U. 16 luglio 1975, n. 188. legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 1'8, nella parte in cui attribuisce in ogni caso al lavoratore, il cui licenziamento sia stato dichiarato invalido od inefficace, il diritto al risarcimento danni in misura non inferiore a cinque mensilit di retribuzione (artt. 3, primo comma, e 24, secondo comma, della Costituzione). Sentenza 3 .luglio 1975, n. 178, G. U. 9 luglio 1975, n. 181. legge 21 maggio 1970, n. 282, art. 5, lettera &J, nella parte in cui non estende l'amnistia ai reati. di falso in scrittura privata (art. 3 della Costituzione). Sentenza 15 luglio 1975, n. 214, G. U. 23 luglio 1975, n. 195. PARTE II, LEGISLAZIONE d.P.R. 22 maggio 1970, n. 283, art. 5, lettera b, nella parte in cui non estende l'amnistia ai reati di falso in scrittura privata (art. 3 della Costituzione). Sentenza 15 luglio 1975, n. 214, G. U. 23 luglio 1975, n. 195. d.I. 26 ottobre 1970, n. 745, art. 32 (artt. 3, 23, 41 e 53 della Costituzione). Sentenza 10 luglio 1975, n. 201, G. U. 16 luglio 1975, n. 188. legge 1 dicembre 1970, n. 828, art. 9, secondo comma (art. 3 della Costituzione). Sentenza 10 luglio 1975, n. 202, G. U. 16 luglio 1975, n. 188. legge 11 giugno 1971, n. 426, art. 46 (art. 3 della Costituzione). Sentenza 26 giugno 1975, n. 158, G. U. 2 luglio 1975, n. 174. legge 4 agosto 1971, n. 592, art. 2-terdecies, primo comma (art. 3, primo comma, della Costituzione). Sentenza 8 luglio 1975, n. 183, G. U. 16 luglio 1975, n. 188. legge reg. Lombardia appr. 1~ marzo 1973 e riappr. 1 O maggio 1973 (artt. 117 della Costituzione). Sentenza 17 luglio 1975, n. 221, G. U. 23 luglio 1975, n. 195. d.I. 24 luglio 1973, n. 427, artt. 1 e 2 (art. 41 della Costituzione). Sentenza 10 luglio 1975, n. 200, G. U. 16 luglio 1975, n. 188. legge reg. Sicilia, appr. 20 dicembre 1974, (art. 17 dello statuto speciale per la Regione siciliana). Sentenza 3 luglio 1975, n. 175, G. U. 9 luglio 1975, n. 181. legge reg._ Sicilia, appr. 21 dicembre 1974, art. 9, terzo comma (art. 17, lettera c, dello statuto speciale per la Regione sicilia~a). Sentenza 15 luglio 1975, n. 208, G. U. 23 luglio 1975, n. 195. III -QUESTIONI PROPOSTE Codice civile, art. 45, primo comma (artt. 3, 24 e 29 della Costituzione). Tribunale di Roma, ordinanza 14 marzo 1975, G. U. 20 agosto 1975, n. 221. codice civile, art+. 278 e 279 (art. 30, primo, secondo e ultimo comma, della Costituzione). Tribunale di Milano, ordinanza 17 ottobre 1973, G. U. 27 agosto 1975, n. 228. RASSEGNA DELL'AVVOCATU~A DELLO STATO 86 codice civile, art. 468, primo comma (art. 3 della Costituzione). Corte d'appello dell'Aquila, ordinanza 17 marzo 1975, G. U. 30 luglio 1975, n. 202. codice civile, art. 1901 (artt. 41 e 3 della Costituzione). Pretore di Firenze, ordinanza 28 gennaio 1975, G. U. 9 luglio 1975, n. 181. codice civile, art. 1901, secondo comma (artt. 3 e 41 della Costituzione). Pretore di Pizzo, ordinanza 11 marzo 1975, G. U. 9 luglio 1975, n. 181. codice civile, art. 2059 (artt. 3 e 24, primo comma, della Costituzione). Tribunale di Padova, ordinanza 22 marzo 1973, G. U. 27 agosto '1975, h. 228. codice civile, art. 2946 (art. 36 della Costituzione). Giudice del lavoro del tribunale di Lecce, ordinanza 23 aprile 1975, G. U. 6 agosto 1975, n. 209. codice di pl'ocedura civile, art. 140 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Modena, ordinanza 17 marzo 1975, G. U. 6 agosto 1975, n. 209. codice di procedura civile, art. 316 (art. 24, secondo comma, della Costituzione). Tribunale di Luca, ordinanza 20 dicembre 1974, G. U. 9 luglio 1975, n. 181. codice di procedura civile, art. 409 (artt. 3 e 35 della Costituzione). Giudice del lavoro del tribunale di Napoli, ordinanza 25 febbraio 1975, G. U. 23 luglio 1975, n. 195. Pretore di Napoli, ordinanza 23 aprile 1975, G. U. 27 agosto 1975, n. 228. codice di procedura civile, art. 409, .primo comma, quarto paragrafo (artt. 25, primo comma, e 3, secondo comma, della Costituzione). Pretore di Civitavecchia ordinanza 29 aprile 1975, G. U. 23 luglio 1975, n. 195. codice di procedura civile, art. 409, n. 5 (artt. 3, 4, primo comma, 35, primo comma, e 102 della Costituzione). Pretore di Grottaglie, ordinanza 9 maggio 1975, G. U. 20 agosto 1975, n. 221. PARTE II, LEGISLAZIONE codice di procedura civile, art. 416, secondo comma (artt. 3 e 24, secondo comma, della Costituzione). Pretore di Oppido Mamertina, ordinanza 26 aprile 1975, G. U. 23 luglio 1975, n. 195. codice di procedura civile, artt. 429, ultimo comma, e 431, primo e secondo comma (art. 3 della Costituzione). Pretore di Scicli, ordinanza 7 marzo 1975, G. U. 16 luglio 1975, n. 188. codice di procedura civile, artt. 545, quarto ed ultim comma (artt. 3, primo comma, 24, primo comma, e 28 della Costituzione). Tribunale di Vicenza, ordinanza 14 marzo 1975, G. U. 9 luglio 1975, n. 181. codice penale, art. 81, primo e secondo comma (art. 3 della Costituzione). Pretore di Silandro, ordinanza 24 gennaio 1975, G. U. 16 luglio 1975, n. 188. codice penale, art. 164, n . 2 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Firenze, ordinanza 24 febbraio 1975, G. U. 16 luglio 1975, n. 188. codice penale, art. 164, ultimo comma (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Biella, ordinanza 10 giugno 1974, G. U. 27 agosto 1975, n. 228. codice penale, art. 168, n. 1 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Vittorio Veneto, ordinanza 17 aprile 1975, G. U. 30 luglio 1975, n. 202. codice penale, art. 176 p.p. e cpv. (artt. 3 p.p. e 27, terzo comma, della Costituzione). Gidice di sorveglianza del tribunale di Oristano, ordinanza 19 aprile 1975, _G. U. 30 luglio 1975, n. 202. codice penale, art. 176, secondo comma (artt. 3 e 27 della Costituzione). Tribunale di Palermo, ordinanza 23 gennaio 1975, G. U. 30 luglio 1975, n. 202. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 88 codice penale, art. 2122, primo comma (art. 32, secondo comma, della Costituzione). Giudice istruttore del tribunale di Piacenza, ordinanza 30 gennaio 1975, G. U. 30 luglio 1975, n. 202. codice penale, art. 341, ultimo comma (art. 3 della Costituzione). Pretore di Abbiategrasso, ordinanza 26 novembre 1974, G. U. 2 luglio 1975, n. 174. codice di .procedura penale, art. 226-ter (artt. 25, 101 e 112 della Costituzione). Pretore di Foligno, ordinanza 13 gennaio 1975, G. U. 20 agosto 1975, n. 221. codice di procedura penale, artt. 226-ter e quater (artt. 101, secondo comma, 108 cpv., 109 e 112 della Costituzione). Pretore di Tivoli, ordinanza 24 aprile 1975, G. U. 27 agosto 1975, n. 228. codice di procedura penale, artt. 304-bis e 364 (artt. 24 e 3 della Costituzione). Giudice istruttore del tribunale di Roma, ordinanza 13 febbraio 1974, G. U. 9 luglio 1975, n. 181. codice di procedura penale, art. 390 (art. 24, secondo comma, della Costituzione). Pretore di Torino, ordinanza 24 febbraio 1975, G. U. 9 luglio 1975, n. 181. codice della navigazione, art. 653 (artt. 3 e 35 della Costituzione). Pretore di Napoli, ordinanza 23 aprile 1975, G. U. 27 agosto 1975, n. 228. codice penale militare di pace, art. 264 (art. 3 della Costituzione). Tribunale militare territoriale di Padova, ordinanza 21 marzo 1975, G. U. 2 luglio 1975, n. 174. codice penale militare di pace, art. 264 (artt. 3 e 25, primo comma, della Costituzione). Giudice istruttore del tribunale militare territoriale di Padova, ordinanza 15 aprile 1975, G. U. 6 agosto 1975, n. 209. PARTE II, LEGISLAZIONE codice penale militare di pace, art. 270 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Tribunale militare territoriale di La Spezia, ordinanza 16 aprile 1975, G. U. 30 luglio 1975, n. 202. d.I. 15 marzo 1923, n. 692, art. 1, secondo comma (art. 36 della Costituzione). Giudice del lavoro del Tribunale di Milano, ordinanza 13 novembre 1974, G. U. 2 luglio 1975, n. 174. legge 7 gennaio 1929, n. 4, art. 20 (art. 3 della Costituzione). Corte di cassazione, ordinanza 11 novembre 1974 (due), G. U. 2 luglio 1975, n. 174 e 23 luglio 1975, n. 195. r.d. 13 maggio 1'929, n. 928, art. 13 (art'. 38, secondo comma, della Costituzione). Corte d'appello di Venezia, ordinanze 30 maggio 1973 e 27 giugno 1973, G. U. 2 luglio 1975, n. 174. r.d. 6 luglio 1931, n. 981, art. 4,1, primo comma (artt. 3 e 42 della Costituzione). Consiglio di Stato, quarta sezione, ordinanza 25 giugno 1974, G. U. 2 luglio 1975, n. 174. legge 3 dicembre 1931, n. 1580, art. 1 (artt. 3, 32, 38 della Costituzione). Pretore di Mestre, ordinanza 21 marzo 1975, G. U. 2 luglio 1975, n. 174. r.d.I. 20 luglio 1934, n. 1404, art. 24 (art. 3 della Costituzione). Tribunale per i minorenni di Ancona, ordinanza 5 agosto 1974, G. U. 2 luglio 1975, n. 174. r.d.I. 24 luglio 1934, n. 1404, art. 24, secondo, quinto e sesfo comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). Tribunale per i minorenni dell'Emilia-Romagna, ordinanza 10 febbraio 1975, G. U. 6 agosto 1975, n. 209. r.d. 11 ~arzo 1935, n. 281, art. 55 (artt. 5 e 128 della Costituzione). Pretore di Fiorenzuola D'Arda, ordinanza 27 marzo 1975, G. U. 9 luglio 1975, n. 181. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 90 r.d.I. 19 gennaio 1939, n. ~94, artt. 1, 2 e 15 (art. 41 della Costituzione). Pretore di Busto Arsizio, ordinanza 9 maggio 1975, G. U. 6 agosto 1975, n. 209. r.d. 5 giugito 1939, n. 1016, artt. 18, 3,2, primo, quarto e sesto comma, 43 e 7 (artt. 117 della Costituzione). Pretore di Poggibonsi, ordinanza 24 marzo 1975, G. U. 6 agosto 1975, n. 209. r.d. 5 giugno 1939, n. 1016, art. 32, ultimo comma (art. 3 della Costituzione). Pretore _J'.li Orvieto, ordinanza 18 aprile 1975, G. U. 9 luglio 1975, 11. 181. r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 26, primo, secondo e terzo comma (art. 24, primo e secondo comma, della Costituzione). Corte di cassazione, ordinanza 8 febbraio 1975, G. U. 9 luglio 1975, n. 181. legge 17 agosto 1942, n. 907 (artt. 41 e 43 della Costituzione). Tribunale.di Forl, ordinanze 13 dicembre 1974 (G.U. 23 luglio 1975, n. 195), 17 gennaio 1975, 21 gennaio 1975, 28 febbraio 1975 (30 luglio 1975, n. 202). Corte di appello di Catanzaro, ordinanza 24 gennaio 1975, G. U. 9 luglio 1975, n. 181. legge 17 luglio 1942, n. 907, artt. 45 e seguenti (artt. 41 e 43 della Costituzione). Corte suprema di cassazione, ordinanza 11 novembre 1974, G. U. 2 luglio 1975, n. 174. Tribunale di Catanzaro, ordinanza 12 dicembre 1974, G. U. 16 luglio 1975, n. 188. legge 17 agosto 1942, n. 1150, art. 31 (artt. 42, 24 e 113 della Costituzione). Corte d'appello di Palermo, ordinanza 6 dicembre 1974, G. U. 20 agosto 1975, n. 221. d.I. 6 maggio 1948, n. 654, art. 3, secondo comma (artt. 101, secondo comma, e 108, secondo comma, della Costituzione). Consiglio di Stato, quarta sezione, ordinanza 18 ottobre 1974, G. U. 23 luglio 1975, n. 195. PARTE JI, LEGISLAZIONE d.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180,_art. 1 (artt. 3, primo comma, 24, primo comma, e 28 della Costituzione). Tribunale di Vicenza, ordinanza 14 marzo 1975, G. U. 9 luglio 1975, n. 1.81. legge 28 agosto 1950, n. 860, art. 5 (artt. 3 e 38, secondo comma, della Costituzione). Corte d'appello di Venezia, ordinanza 13 novembre 1974, G. U. 9 luglio 1975, n. 181. legge 20 dicembre 1951, n. 1564, art. 1 (artt. 3 e 38, secondo comma, della Costituzione). Pretore di Torino, ordinanza 28 aprile 1975, G. U. 30 luglio 1975, n. 202. d.P.R. 21 maggio 1953, n. 568, art. 26 (artt. 3e 38, secondo comma, della Costituzione). Corte d'appello di Venezia, ordinanza 13 novembre 1974, G. U 9 luglio 1975, n. 181. d.P.R. 30 maggio 1955, n. 797, art. 3. (artt. 3, 29 e 31 della Costituzione). Giudice del lavoro del tribunale di Genova, ordinanza 18 febbraio 1975, G. U. 30 luglio 1975, n. 202. d.P.R. 25 ottobre 1955, n. 932, art. 6 (artt. 3, 24, 25 e 77 della Costituzione). Giudice istruttore del tribunale di Larino, ordinanza 28 dicembre 1974, G. U. 9 luglio 1975, n. 181. d.l.P. reg. Sicilia 29 ottobre 1955, n. 6, art. 253 (artt. 103, secondo comma, 97, primo comma, e 3 della Costituzione). Corte dei conti, sezione giurisdizionale, ordinanza 24 maggio 1974, G. U. 27 agosto 1975, n. 228. legge 27 dicembre 1956, n. 1423, art. 9, terzo comma (art. 13 della Costituzione). Pretore di San Cipriano Picentino, ordinanza 24 .febbraio 1975, G. U. 9 luglio 1975, n. 181. legge 2 luglio 1957, n. 474, art. 15 (art. 3 della Costituzione). Corte di cassazione, ordinanza 11 novembre 1974, G. U. 23 luglio 1975, n. 195. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, art. 80, dodicesimo e quattordicesimo comma (artt. 3 e 27, terzo comma, della Costituzione). Pretore di Scicli, ordinanza 9 maggio 1975, G. U. 27 agosto 1975, n. 228. d.P.R. 15 dicembre 1959, n. 1223, art. 34 (art. 40 della Costituzione). Giudice istruttore del tribunale di Lucera, ordinanze 20 marzo 1975, G. U. 30 .luglio 1975, n. 202. d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, art. 102 (art. 3 della Costituzione). Pretore di San Sosti, ordinanza 15 marzo 1975, G. U. 2 luglio 1975, n. 174. legge 23 ottobre 1960, n. 1196, art. 74, secondo comma (artt. 3 e 40 della Costituzione). Pretore di Catania, ordinanza 26 febbraio 1975, G. U. 20 agosto 1975, n. 221. d.P.R. 2 gennaio 1962, n. 481 (artt. 3 e 36 della Costituzione). Corte d'appello di Venezia, ordinanza 7 dicembre 1970, G. U. 2 luglio 1975, n. 174. legge 2 agosto 1962, n. 1338, art. 2, secondo comma (art. 3 della Costituzione). Corte d'appello di Potenza, ordinanza 30 aprile 1975, G. U. 30 luglio 1975, n. 202. d.P.R. 24 agosto 1963, n. 1331, art. 2 (artt. 3 e 38, secondo comma, della Costituzione). Pretore di Torino, ordinanza 28 aprile 1975, G. U. 30 luglio 1975, n. 202. d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1'124, art. 3