ANNO XXV -N. 2 MARZO-APRILE 1973 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Pubblicazione bimestrale di servizio ROMA ISTITUTO POLIGRAFICO DELLO STATO 1973 ABBONAMENTI j ANNO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . L. 8.500 UN NUMERO SEPARATO . .. .. .. .. .. .. .. .. . 1.500 Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: LIBRERIA DELLO STATO -PIAZZA G. VERDI, 10 -ROMA e/e postale 1/2640 Stampato in Italia -Printed in Italy Autorizzazione Tribunale di Roma -Desciuto . Sulla questione di le~ittimit della richiesta del Ministro della giustizia, per riferimenti: Corte Cost., 5 maggio 1959, n. 22 in Giur. cost., 1959, con nota di CASETTA, La legittimit costituzionale dell'autorizzazione a procedere. (*) Alla redazione delle massime e delle note di questa Sezione ha collaborato anche l'Avv. CARLO SALIMEI. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO questa Corte (sent. n. 48 del 1967), che la rinnovazione del giudizio .nei confronti di un cittadino o straniero che abbia commesso un reato nel territorio dello Stato e sia stato precedentemente giudicato all'estero, non contrasta con alcun precetto costituzionale, si-a per il principio della territorialit dlla legge penale, sia perch il principio ne bis in idem non 'impedisce l'esercizio del potere giurisdizionale per un fatto delittuoso commesso in Italia e gi giudicato all'estero. Contrasterebbe invece con l'art. 3 della Costituzione il capoverso dell'art. 11 del codice penale, che prescrive la rinnovazione del giudizio per reati commessi all'estero, a richiesta discrezionale del Ministro di grazia e giustizia. Si chiede quindi la dichiarazione di illegittimit costituzionale di detto capoverso, da cui discenderebbe, c.onclude l'ordinanza, la rinnovazione obbligatoria del giudizio soltanto per chi abbia commesso un reato in Italia. 2. -Osserva fa Corte che la proposta questione di legittimit costituzionale dell'art. 11 cpv. del codice penale dnammissibile per difetto di rilevanza rispetto al giudizio a quo. I reati che la Corte d'assise di Palermo chiamata a giudicare (rapina e omicidio a scopo di rapina; artt. 575, 576 n. 1, e 628 c.p:) l'ientrano fra i delitti per i quali l'art. 9 c.p. stabilisce che il cittadino che li commette all'estero punifo secondo la \legge italiana, sempre che si trovi, nel territorio dello Stato. Tale norma si coHega all'art. 3 cpv. dello stesso codice, il quale, com' noto, dispone che la legge penale itaUana obbliga tutti coloro che si trovano all'estero, limitatamente ai casi indicarti dalla stessa legg:e. I ,citati artt. 3 e 9 del codice penale non sono denunciati dall'ordi I nanza di rinvio, e non messa in dubbio la legittimit della norma che, 1 nel determinare la sfera di applicazione della legge penale, dispone la \ applicabilit di questa anche a f.atti commessi all'esterro, nei casi staI .i biliti dalla legge medesima in base alla valutazione, compiuta dal legi l slatore, dell'interesse a tutelare penalmente determinati beni ana stre gua dell'ordinamento italiano. N il principio ne bis in idem preclude l'esercizio del potere giurisdizionale per fatti commessi all'estero, suscetI tibili, al pari dei fatti commessi dallo straniero nel territorio, di valuta l zioni diverse nei diversi ordinamenti (v. la citata sent. n. 48 del 1967). Da ci discende che l'eventual dichiarazione di illegittimit 'costituzionale dele, come afferma l'ordi I ! I nanza, la non procedibilit per i reati commessi all'estero e dichiarati punibili secondo la legge italiana, ma, viceversa, determinerebbe per essi la piena e incondizionat procedibilit. ' ' Nella specie, quella dichiarazione non farebbe venir meno la pu nibiUt del reato, ai sensi deill'art. 9 c.p., e la necessit della cefobra zione del nuovo giudizio secondo le norme sostanziali e procedurali PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 295 dell'ordinamento italiano: di qui, la irrilevanza della questione rispetto al giudizio penale in corso. 3. -Ad analoga conclusione si perviene ove, .prescindendo dalla impostazione data nell'ordinanza alla prospettata questione e dal dispositivo di essa, si vogUa interpretare l'ordinanza stessa nel senso che abbia limitato l'impugnativa a quella parte dell'art. 11 cpv. c.p. che subordina I.a rinnovazione del giudizio alla richiesta del Ministro di grazia e giustizia. La dichiarazione di illegittimit-costituzionale di questa parte della disposizfone, col far venir meno la condizione di procedibilit costituita dalla detta richiesta, avrebbe per effetto la rinnovazione obbligatoria del giudizio; vale a dire, non produrrebbe un effetto diverso da quello che, nel.ila specie, si verificato per la intervenuta richiesta. N varrebbe osservare in contrario che quella parte dell'art. 11 cpv. c.p., in pratica, non sarebbe mai impugnabile per illegtttimit costituzionale, in quanto, ove manchi la richiesta, verrebbe a mancare il processo in cui poter sollevare la questione. A parte la considerazione 'cbJe, 1secondo -U vigente ordinamento del giud!izio costituzionale, la concreta impossibHit dell':impugnativa non legittima il giudice a quo a prescindere dal giudizio sull rilevanza, rispetto alla norma di cui trattasi non manca la possibilit della sua impugnativa, che potrebbe, eventualmente, essere esercitata dal giudice istruttore a cui il pubblico ministero abbia chiesto, in seguito a rapporto dell'ufficiale o agente di polizia giudiziaria, la dichiarazione di non doversi procedere per mancanza della richiesta del ministro. Per le esposte ragioni, la questione proposta con l'ordinanza della Corte d'assise di Palermo non pu dar luogo ad una decisione avente influenza sul giudizio a quo, e ne va pertanto dichiarata la inammissibilit. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 1 febbraio 1973, n. 2 -Pres. Chiarelli - Rel. Reale -Frau (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Carafa). Procedimento penale -Reati perseguibili a querela -Testimonianza della parte civile -Sperequazione rispetto all'imputato -Illegit timit costituzionale -Esclusione. (Cost., artt. 3, 24; c.p.p., artt. 106, 366, 408, 441 e 449). , Non sono fondate, con riferimento ai principi di eguaglianzq e di difesa, le questioni di legittimit costituzionale delle norme che preve 296 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dono la test-imonianza della parte civile nei reati perseguibili a querela di parte (1). (Omissis). -2. -Le questioni sono chiaramente infondate. Esse non differiscono da quelle gi prospettate sotto gli stessi profili degLi artt. 3 e 24 Cost. con le ordinanze 21/1970 del pretore di Iseo e n. 57/1971 del 1tribunaile di Bergamo, impugnanti formalmente i soli artt. 106, 408 e 449 c.p.p. ma sostanzialmente, come in modo esplicito emergeva dalla loro motivazione, anche gli artt. 366 e 441 dello stesso codice. Tali questioni furono ritenute infondate da questa Corte con la sentenza n. 190 del 21 novembre 1971, H cui contenuto va integralmente confermato. In detta sentenza stato precisato, in particolare, che, per effetto di una scelta legislativa non irrazionale, la subordinazione della disciplina dell'azione civile alle esigenze connesse all'accertamento dei reati riconosciuta, nel nostro ordinamento, quale corollario dell'interesse pubblico a tale accertamento, interesse, preminente su quello collegato alla risoluzione delle liti civili, in ispecie quando lo st~sso fatto risulti configurabile, nel contempo, come illecito penale ed illecito civile e si prospetti, quindi, il'opportunit che siano evitati contrasti di giudicati. Tale considerazione vale ad inficiare anche il nuovo argomento addotto dal pretore di Mogoro circa la scelta della via giudiziaria lasciata alla discrezione dell'offeso nei reati perseguibili a querela; giacch, a parte >la eventuale responsabilit specifica deill'offeso querelante per il reato di calunnia (articolo 368 c.p.), lo svolgimento del procedi mento penale nei casi di cui sopra non rimane sottratto alle valuta 1 zioni degli organi giudiziari. Nella stessa sentenza 1Si posto, altresi, in rilievo il'essenziale ruolo rivestito dal soggetto off,eso dal reato, costituitosi parte civile, ai fini della prova nel processo penale, risultando sovente egli il principale e talora l'unico testimone per la ricostruzione storica dei fatti dedotti in giudi:ziio. Il che, d'altra parte, non implica disparit di trattamento fra l'imputato, a vantaggio del quale deve essere assicurata fa difesa anche in sede di interrogatorio, e la parte civile, soggetta invece all'obbligo del giuramento e alla possibile incriminazione per falsa testimonianza. E (1) La precedente 1sentenza 30 novembre 1971, n. 190 cui la Corte si richiama pubblicata in questa Rassegna, 1971, I, 1, 1317. In dottrina: VIGORITI, La testimonianza della parte nel processo penale e in quello civile: un'antinomia da eliminare, in Riv. dir. proc., 1972, 156 e CAPPELLETTI, La testimonianza della parte davanti alla Corte Costituzionale, ivi, 1972, 161. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 297 ci 'considerandosi sia la diversit delle rispettive posizioni sostanziali e proceSSHali, sia i temperamenti che apporta al riguardo l'integrale appldcazione, nel giudizio .penale, del principio del libero convincimento del giudice. Donde consegue la potest di valutazione critica della attendibilit delle prove, in ri:Eerimento tanto all'interesse che possa aver mosso la parte civile a fare dichiarazioni volte al trionfo dell'accusa, quanto, per converso, alla credibilit che possono meritare anche le difese dell'imputato. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 1 febbraio 1973, n. 3 -_Pres. ChiareHi - Rel. Rossi -Minchio (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Savarese). Caccia e pesca -Contravvenzioni al testo unico sulla pesca -Domanda di oblazione valutata dal Prefetto -Illegittimit costituzionale Esclusione. (Cost., artt. 24, 102; r.d. 8 ottobre 1931, n. 1604, art. 41). Non fondata, con riferimento agli articoli 24 e 102 della costituzione, la questione di legittimit costituzionale deit'art. 41, ultima parte, del testo unico sulla pesca 8 ottobre 1931, n. 1604, se,condo cui il Prefetto pu respingere la domanda di oblazione proposta dal_ contravventore a certe norme del suddetto testo unico (1). (Omissis). -La Corte chiamata a deddere se contrasti o meno con gli artt. 24, secondo comma, e 102, primo e secondo comma, della Costituzione, l'art. 41, ultima parte, del r.d. 8 ottobre 1931, n. 1604 (testo unico sulla pesca), secondo cui il prefetto pu respingere fa domanda di oblazione del contravventore a certe norme del suddetto testo unico, avuto riguardo alla particolare gravit del fatto, o alla personalit del colpevole . L'ordinanza si fonda interamente sul presupposto che le competenze attribuite al prefetto dalla norma impugnata diano luogo all'esercizio di un'attivit giurisdizionale ordinaria o speciale. Si tratta di un presupposto erroneo. Questa Corte ha ripetutamente riconosciuto (sentenze nn. 25 e 95 del 1967, 55 e 141 del 1969), ed pacifico anche in dottvina, che non pu dirsi eser-cizio di funzione (1) In dottrina, in senso critico alla giurisprudenza della Corte: REscrGNO, Per ia distinzione tra questione di costituzionalit e argomentazioni del giudice a quo. Sul potere del prefetto di respingere la domanda di oblazione, in Giur. cost., 1967, 1053. 298 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO giurisdizionale il potere di valutazione che, come nel caso di istanza di oblazione, viene attribuito all'autorit amministrativa; potere che, pur importando una valutaziione del singolo caso, rimane di natura amministrativa e si svolge prima e al di fuori del processo giurisdizionale.. Tali considerazioni bastano ad escludere che gJi invocati articoli della Costituzione possano essere rifeniti al caso in esame. Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 1 febbraio 1973, n .. 4 -Pres. Chiarelli - Rel. Verz -Montagner (n.'c.) e Esattoria Comunale di Ferrara (avv. Ermetes). Imposte e tasse -Esecuzione esattoriale -Opposizione a pignoramento -Ipotesi di esclusione -Illegittimit costituzionale -Insussistenza. (Cast., artt. 3, 24, 42, 113; t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 207, lett. a). Non fondata, con rife1imento ai principi di eguaglianza, di difesa e di tutela della propriet, la questione di legittimit costituzionale dell'art.. 207, lettera a, testo unico sulle imposte dirette (d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645) nena parte in cui esclude l'.oppsizione contro ii pignoramento dei mobili del contr(buente gi oggetto di vendita esattoriale a carico del medesimo debitore (1). (Omissis). -2. -La questione non fondata. L'art. 207, lett. a), riproduce nel nuovo testo unico delle leggi sulle imposte dirette la norma dell'art. 63 del r.d. 17 ottol;>re 1922, n. 1401, modificata con l'art. 18 de1la legge 16 giugno 1939, n. 942. E la Corte, con la sentenza n. 4 del 1960, ha affermato che questa norma non sopprime il dir1itto di propriet perch non fa altro che imporre al terzo acquirente di beni mobili in una asta esattoriale, l'onere di rimuoverli dalla abitazione di chi ne stato espropriato, se vuole evitare H rischio dell'assoggettamento all'esecuzione; e l'articolo 42, secondo comma, Cost. non esclude che il diritto di propriet sia, in certe situazioni, subordinato 1a condizioni o presupposti, od anche all'onere di un particolare comportamento da parte dello stesso proprietario. 3. -La norma della lett. b) dello stesso art. 207 dispone che l'oppos1izione non pu essere proposta dal coniuge e dai parenti ed affini fino al terzo grado del contribuente e dei coobbUgati, per quanto ri( 1) In dottrina, TARZIO, Sulla legittimit dei limiti dell'opposizione di terzo all'esecuzione esattoriale, in Giur. cast., 1969, II, 1616. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 299 guarda i mobili esistenti nella casa di abitazione del debitore, sempre che non si tratti di beni costituiti iin dote... . questa una norma che stata gi esaminata dalle sentenze di questa Corte nn. 42 e 93 del 1964 e 129 del 19<68 e che presenta stretta analogia con quella oggi impugnata, sia perch entrambe riguardano i mobili esistenti nella casa di abitazione del contribuente, sia perch sono ispirate da ragioni di carattere pubbli.co e di interesse generale, collegate alle finalit proprie del procedimento di esecuzione fiscale, di assicurare la riscossione delle imposte e di evitare possibili fraudolente collusioni. Orbene, le suindicate sentenze affermano H principio che l'art. 207 si inquadra nel sistema delle garanzie patrimoniali delle obbligazioni tributarie, reg~lato da norme di diritto sostanziale. E sono 'infatti di diritto sostanziale le norme che -stabilendo quali beni costituiscono le garanzie del creditore -determinano l'oggetto su cui si pu esercitare l'azione esecutiva, e cio quali beni possono essere sottratti a detta azione e quali possono esservi compresi, quando si trovano iin una certa posizione locale legata al debitore, anche se vi sono terzi che vantano diritti di propriet su di essi. Dal che deriva la conseguenza che n l'art. 2.4 n l'art. 113 Cost. possono dirsi violati -anche nella ipotesi prevista dalla norma iimpugnafa -. in quanto la tutela giurisdizionale dei diritti ed interessi legittimi, sia pure contro gli atti della pubblica amministrazione, non pu superare i limiti posti dalla norma di diritto sostanziale a tutela di altri diritti od interessi giudicati degni di protezione giuridica. 4. -Per quanto attiene alla denunziata violazione del principio di uguaglianza, facile dimostrarne la -infondatezza perch la particolare disciplina del procedimento di esecuzione fiscale giustificata dalle ragioni di interesse generale e dalle finalit messe gi .in evidenza. Ond' che non pu dirsi ingiustificato od irrazionale il diverso trattamento fatto per la opposizione di terzo al pignoramento di mobili esistenti nella casa di abitazione del debitore, a seconda .&he trattisi di procedimento esattoriale o procedimento comune. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 1 febbraio 1973, n. 5 -Pres. Chiarelli Rei. Reale -Soncini (avv. Gaeta) e P.res.idente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Carafa). Imposte e tasse -Imposta complementare -Omessa denuncil\1 dei red diti -Inasprimento pena dell'ammenda -Ille~ittimit costituzio nle -Esclusione. (Cost., art. 76; 1. 5 gennaio 1956, n. 1, art. 63; d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 243, secondo comma). Non fondata, con riferimento aU'osservanza dei principi della deleg" legislativa, la questione di legittimit costituzionale dell'art. 243, 300 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO secondo comma, del testo unico suHe imposte dirette (d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645) che prevede un inasprimento deUa pena deU'ammenda, per l'ipotesi che l'ammontare complessivo dell'imposta complementare per i redditi non denunciati, risulti superiore a lire seicentomila (1). (Omissis). -1. -Le ordinanze deUa Corte d'appello di Roma e del tribunale di Parma hanno sollevato la questione di legittimit costituzionale dell'art. 243, secondo comma, del testo unico delle leggi sulle imposte dirette, approvato con d.P.R. 2'9 gennaio 1958, n. 645, per eccesso di delega, in violazione dell'art. 76 della Costituzione e dei criteri lirettivi stabtltiti nell'art. 63 della legge 5 gennaio 1956, n. 1. Nella prima di dette ordinanze, cui la seconda aderisce esplicitamente nella succinta argomentazione e nelle conclusioni, si ritenuto che la censura avrebbe base nel confronto testuale della norma impugnata con l'art. 34 della legge del 1956. E si asserito che, pr il reato di omessa dichiarazione dei redditi ai fini deUa applicazione delle imposte dirette, l'art. 2.43 del testo unko (emanato dal Governo col citato decreto del 2:9 gennaio 195'8, n. 645), che concerne le sanzioni per i casi di omessa o tardiva dichiarazione unka dei reddLti, ai sensi del precedente art. 17, e prevede, nel comma secondo, un inasprimento della pena dell'ammenda nell'ipotesi che l'ammontare complessivo dell'imposta dovuta risulti superioxe a lire sekentomiila, non avrebbe rispondenza nella preesistente normativa n base nei poteri di coordinamento conferLti con la !egge di delegazione. Quest'ultima legge, si osserva nlle ordinanze, per la pTedetta violazione dell'obbligo di dkhiarazione de,i redditi, comminava, nell'art. 34, l'ammenda da lire trentamila a lire trecentomi.Ja, da r'addoppiarsi in caso di r,ecidiva e da triplicarsi in ,caso di recidiva reiterata, ma non l'agg, ravamento della sanzione precuniaria in proporzione deUa misura del tributo. 2. -La questione non fondata. Come esattamente osserva la dife.sa del P.rnsidente del Consiglio dei ministri, essa basata sull'erroneo presupposto che il secondo comma in questione contenga disposizione innovativa della preesistente disciplina penale delle violazioni in materia dd imposte dirette. Senonch i giudici del merito non hanno considerato 'come la norma che essi denunziano per eccesso dalla delegazione legislativa, di cui all'art. 63 della legge del 5 gennaio 1956, n. 1, trovi rispondenza sostan (1) Le 011dinanze di irinvio, che hanno inspiegabilmente omesso di considerare la noxma di cui al primo comma dell'art. 36 della legge 5 gennaio 1956, n. 1, sono pubblicate in Giu,r. cost., 1970, 1893 ed in Giur. cast., 1971, 1893. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 301 ziale nell'art. 36 di quest'ultima legge, riproducendo, con modificazioni formali irrilevanti sul piano esegetico, la configurazione della fattispecie di aggravamento della pena pecuniaria in riferimento all'ammontare del tributo evaso o di cui 'Si tentata l'evasione: e ci in quanto. prescrive, in conformit appunto del testo dell'art. 36, che, se l'ammontare delle imposte dovute supera le lire sekentomila, la pena pecuniaria non pu .essere applicata in misura inferiore al detto ammontare. E come non pu dubitar.si che, nel rtspetto dell'art. 76 Cost., in sede di redazione di un testo unfoo possa proceder.si ad adattamenti formal: i necessari per fa. struttura unitaria del testo (sent. 54/19p7) e, quindi, anche conglobando in unico articolo norme contenute in articoli diversi di preesistenti fonti legislative, cos nella specie deve concludersi che costituisce esplicazione legittima della pote,st di coordinamento, attribuita al Gov.erno con la citata legge di delegazione 5 genna1o 1956, n. 1, la fusione di preesistenti norme nell'organico contesto dell'art. 243 del vigente testo unico. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 20 febbraio 19<73, n. 7 -Pres. Chiarelli - Rel. Bonifacio -De Campo (n.c.), Presidente Consiglio dei Ministri e Amministrazione Finanze delo Stato (sost. avv. gen. dello Stato Coronas). Imposte e tass_e .. Agevolazioni fiscali in materia di edilizia -Ripetibi lit del tributo solo pei rapporti non definiti -Illegittimit costi tuzionale -Esclusione. (Coat., art. 3; 1. 19 luglio 1961, n. 659, art. 5, comma primo e secondo). Non fondata, con riferimento al principio costituzionale di eguaglianza, la questione di legittimit costituzionale dell'art. 5, comma primo e secondo, della legge 19 luglio 1961, n. 659, che esclude la ripetibilit dei tributi gi corrisposti relativamente ai rapporti tributari gi definiti alla data di entrata in vigore della legge (1). (Omissis). -3. -Nel merito la Corte osserva che la questione ora proposta dal tribunale di Milano non differisce d quella sollevata dal tribunale di Vercelli con ordinanza del 6 ottobre 1965 e ddchiarata non (1) La decisione 14 maggio 1968, n. 45 cui la Corte integralment-e si riporta pubblicata in Giur. cost., 1968, 12, con nota critica di MANZONI, Agevolazioni tributarie retroattive, divieto di rimborso e principio di uguwglianza .e in Giur. it., 1969, I, 1, 1866 con nota critica di LONGO, Brevi considerazioni sui principio costituzionale di uguaglianza e sull'incostituzionalit derivata. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 302 fondata da questa Corte con la sentenza n. 45 del 19.68. Ed infatti, ancorch nella precedente occasione sia .stato impugnato solo il secondo comma dell'art. 5 della legge n. 659 del 1961, mentre ora la denuncia investe quell'articolo nel suo complesso (commi primo e secondo), si controverte, ora .come allora, in ordine all'esclusione del diritto di ripeti~ zione del tributo gi pagato nell'ambito di un rapporto non ancora definito al momento dell'entrata in vigore della legge. Ci posto, .sufficiente, per l'attuale decisione, la constatazione che i motivi dd iJJegittimit prospettati dall'ordinanza di rimessione sono identici a quelli esaminati da questa Corte nella precedente occasione. Anche ora, infatti, si assume la violazione del principio di eguaglianza e, nell'ambito di tale assunto, non vengono prospettati profili nuovi e diversi: sicch la questione deve esser dichiarata non fondata. (Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 20 febbraio 1973, n. 8 -Pres. Chiarelli - Rel. Capalozza -Petrizzo (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Coronas). Imposte e tasse -Violazione delle leggi finanziarie -Tributi diretti Azione penale subordinata all'accertamento definitivo -Illegitti mit costituzionale -Esclusione. (Cost., art. 3; I. 'l' gennaio 1929, n. 4, art. 21, ultimo comma). Non fondata, con riferimento al principio di eguaglianza, la questione di legittimitd costituzionale dell'art. 21, uitimo comma, deLla legge 7 gennaio 1929, n. 4, che subordina la proponibilitd dell'azione penale per reati in materia di imposte dirette all'accertamento definitivo del tributo in contestazione (1). (Omissis). -1. -L'ordinanza di rimessione ha denunziato, per contrasto con l'art. 3 della Costituzione, l'ultimo comma dell'articolo 21 della legge 7 gennaio 192'9, n. 4, assumendo che la norma, nel disporre che (1) La Corte aveva gi esaminato, sia pure del tutto incidentalment, il principio posto dall'art. 21 della ~egge 7 gennaio 1929, n. 4, nena decisione 20 apriile 1968, n. 32, pubblicata in questa Rassegna, 1968, I, 180. Sulla decorrenza e sul .termine della prescrizione per i reati finanziari relativi alle imposte dirette: Cass., Sez. III, 7 dicembre 1970, DE MATTEIS in Cass. pen. mass., 1972, 770 con nota. Agli autori ivi citati adde: VINcIGUERRA, Processo per i reati tributari in Noviss. dig.; GENZANO, La prescrizione degli illeciti penali in materia di imposte dirette -Decorrenza, in Arch. Giur., 104; AcAMPORA, L'azione penale per i reati previsti nel t.u. sulle imposte dirette, in Riv. Trib., 1971, 113. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 303 sia dato corso all'azione penale soltanto dopo l'accertamento definitivo del tributo diretto, farebbe dipendere il decorso della prescrizione da un comportamento insindacabile - diligente, negligente o deliberato -dell'amministrazione finanziaria. 2. -Per quanto la questione Sia formulata tenendo anche pres.ente che il termine prescrizionale stabilito dalla legge speciale diverso da quello stabilito dal codice penale, l'oggetto dell'attuale censura si incentra nella violazione del principio di egtlaglianza, che derdverebbe dalla (pretesa) facolt della pubblica amministrazione di prolungare a suo libito detto termine mediante la protrazione dell'accertamento. 3. -Non vi norma alcuna nella Costituzione che faccia divieto al legislatore di fissare termini prescrizionali differenziati (vedansi le sentenze n. 57/1962 e n. 10/1970 di questa Corte), sicch non rileva, ai fini della decisione, il tempo necessario per la prescrizione del reato (contravvenzionale) di omessa o infedele dichiarazione dei redditi (se, cio, di diciotto mesi: art. 157, n. 6, cod. pen.; o di tre anni: art. 16 legge n. 4 del 1929). , 4. -L'ordinanza si limita ad affermare che la pubblica amministrazione avrebbe la possibilit di tenere una condotta colposa o di commettere arbitrio, senza considerare, all'opposto, Che, ai sensi dell'art. 32 del testo unico delle leggi sulle imposte dirette, approvato con d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, l'amministrazione finanziaria deve provvedere, entro precisi termini di decadenza (successivamente ridotti con la l.egge 31 ottobre 1966, n. 958), alla rettifi,ca dei redditi dichiarati e all'accertamento d'ufficio dei redditi non dichiarati. 5. - da ricordare che la legge n. 4 del 192'9 (che entr in vigore il 1 lugUo 1931, contemporaneamente ai nuovi codici penale e di procedura penale: cfr. r.d. 18 giugno 1931, n. 806) venne discussa ed approvata sotto l'imperio del codke Zanardelli del 1889, per H quale 1a prescrizione estingueva l'azione penale e non il reato: col che, quando l'azione penale non poteva essere promossa (o proseguita), la prescrizione rimaneva sospesa, per riprendere il suo corso dal giorno in cui cessava la causa sospensiva. Ma, a prescindere daHa natura giur,idica (per altro non pacifica) dell'acoertamento fiscale rispetto al reato de quo, ci che conta che, mentre in materia di tributi indiretti, a mente del combinato disposto degli artt. 22 e 60 della legge n. 4 del 1929, il giudice che ha la cognizione del reato competente a risolvere anche la controversia concernente l'imposta, in materia di tributi diretti la controversia va risolta RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO nella sede sua propria, ossia dagU organi tributari ed eventualmente dal giudice civHe. Orbene, la legislazione vigente, anzich rifarsi alla disciplina delle pregiudiziali tipiche, con la sospensione del processo penale (e, conseguentemente, della prescrizione ai sensi dell'art. 159 cod. pen.), ha preferito subordinare l'esercizio dell'azione penale alla definitivit dell'accertamento. 6. -E la soluzione, pur se conduce ad una protrazione nel tempo del termine di inizio e, quindi, di scadenza della prescriz:ione, non irragionevo1e, non solo e non tanto perch assicura uniformit di criteri, che trovano riscontro nell'obbligo di imparz1a1it dei pubblici funzionari (artt. 28, 97 e 98, primo comma, Cost.), quanto perch sorretta dalle stesse ragioni che hanno indotto il legislatore a predisporre una disciplina tutta particolare per le imposte dirette, conforme alla speciale natura dei trtibuti e alla complessit tecnica del relativo accerfamento. Ch se abusi e favoritismi dovessero ipotizzarsi, questi sarebbero realizzabili proprio se i termini prescrizionali decorressero dalla data della dichiarazione del Contribuente, potendo l'amministrazione finanziaria effettuare l'accertamento al di l del tempo in cui matura fa prescrizione. Per di pi, come stato osservato dalla Cassazione, n criterio scelto si risolve in una garanzia per il contribuente, il quale evita di essere esposto ad eventuali vessatorie denunce prima dell'accertamento definitivo dell'imposta. Il sistema accolto , dunque, strumento di eguaglianza e di corretto uso dei poteri d'indagine e di controllo fiscale. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 20 febbraio 1973, n. 9 -Pres. Chiarelli - Rel. Oggioni -Lorenzin e Fiocco (avv. Scieri, Bellavista, Sandulli), Consorzio per la valorizzazione dei Colli Euganei (avv. Bert1i, Mazzarolli, Viola), Presidente Consiglio dei Ministri e Ministero della P.I. (vice avv. gen. dello Stato R. Bronzini). Miniere e cave -Industria estrattiva nei Colli Euganei -Divieto di estensione -Illegittimit costituzionale -Esclusione. (Cost., artt. 117, 41, 42, 13, 4, 35; I. 29 novembre 1971, n. 1097). Non fondata la questione di legittimit costituzionale della legge 29 novembre 1971, n. 1097 contenente norme per la tutela delle bellezze naturali ed ambientali e per le attivit estrattive dei Colli Euganei: sia con riferimento alle competenze regionali in materia di cave e tor PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 305 biere, sia con riferimento alla tutela della propriet e dell'iniziativa economica, sia con riferimento al diritto al lavoro, sia con riferimento al principio di eguaglianza (1). (Omissis). -5. -Superate queste eccezioni e passando all'esame delle singoJe impugnative, la Corte considera per prima quella sollevata in relazione all'art. 117 Cost. che elenca la materia delle cave tra le materie riservate alla competenza normativa regionale. Al riguardo va posto, anzdtutto, in rilievo che, al momento della emanazione della fogge impugnata, il passaggio delle funzioni statali alle Regioni a statuto ordinario in relazione alle cave non era ancora intervenuto, essendosi d verificato solo per effetto del d.P.R. 14 gennaio 1972, n. 2. In secondo luogo, va considerato, anche in funZiione dell'esame che sar svo1to sulle ulteriori censure, che la legge del 1971 ha per oggetto materia che trascende que1la propriamente attinente alle cave e cio ha per oggetto fa tutela delJ.e bellezze naturali ed ambientali dei Colli Euganei. Ci significato in epigrafe e nell'art. 1, mentre nell'art. 5 si fa riferimento, p& tutto quanto ivi non previsto, alla legge 29 giugno 1939, n. 1497, sulla protezione delle bellezze naturali ed al relativo Regolamento. soltanto contenuto nell'art. 3 della legge impugnata un richiamo alla materia riguardante le cave, ma ci con esclusivo riguardo a quelle, tra di esse, di cui sia eccezionalmente consentito, nei limiti di un quinquennio e previa autorizzazione del Soprintendente ai monumenti, il proseguimento provvisorio de1l'attivit estrattiva di un particolare tipo di materiale. La dichiarata tutela di bellezze naturali formanti paesaggio dall'art. 9 inclusa tra i princpi fondamentali della Costituz.ione, unitamente alla tutela del patrimonio storico ed artistico, quale appartenente all'intera comunit nazionale. Pertanto, n nell'elenco dell'art. 117 Cost. n nella legge delega 16 maggio 1'970, n. 281, sul trasferimento delle funzioni statali alle Regioni a statuto ordinario, la materia in esame risulta compr.esa. Ed anche da I'ilevare che l'art. 7 del cennato d.P.R. del 1972: sul trasferimento (1) In dottrina, sui problemi della tutela del paesaggio in relazione aurisprudenza, ove si deline un cCJ111trasto tra Corte di cassazione e Consiglio di Stato, consessi i quali entrambi ritennero di poter sindacare il decreto ministeriale risolutivo della controversia doganale, il primo in forza del 1comma 1se,condo dell'art. 111 Cast., e il secondo in forza dei comma primo e secondo dell'art. 113 Cast. La Oorte costituzionale, con la nota sentenza 27 giugno 1958, n. 40 (in Foro it., 1958, I, 1054, con nota di CuTRERA, ivi, 1400, e in Giur. cost., 1958, 525, con nota di MoRTATI), afferm la natura amministrativa del decreto ministeriale in questione (aderendo su tale punto alla tesi del Consiglio di Stato), ma, invece di operare sul senso di aggiungere, nel comma secondo dell'avt. 2,6 t.u. del 1924, la violazione di legge alla incompetenza e all'eccesso di potere, elimin d11lla norma anzid.etta le parole controversie doganali oppure (cos facendo venire meno il dato normativo sul quale avrebbe potuto basarsi una esplicita quaJificazione come interesse legittimo della situazione soggettiva del contribuente). Dopo questa pronuncia si nuovamente manifestato il contrasto tra Corte di Qassazione e Consiglio di Stato. Il giudice amministrativo ha riaffermato la propria giurisdizione, dopo aver qualificato come interesse legittimo la situazione soggettiva del contribuente nelle controversie doganali di qualificazione merceologic e di valutazione, in quanto le norme e i principi, dei quali si ;sostiene la violazione, disciplinano lo svolgimento dell'attivit amministrativa nel pubblico interesse e solo indirettamente e di riflesso riguardano l'utilit dei soggetti privati (Cons. St., Ad. plen., 21 gennaio 1959, n. 1, in Cons. Stato, 1959, I, 3, e, successivamente, nello stesso senso, la giurisprudenza prevalente, ma non costante, del Consiglio di Stato, anche in recenti manifestazioni, come, ad esempio, nella decisione 11 dicembre 1968, n. 751, sez. IV, in Cons. Stato, 1968, I, 2011). Medta, peraltro, segnalare che lo stesso Consiglio, con la decisione 17 maggio 1967, n. 171, sez. IV (in Foro it., 1967, III, 440 e in Dir. prat. trib., 1967, II, 1012, con nota critica di MAGNANI), ha ritenuto che la qualificazione delle merci d luogo a un giudizio interamente vincolato ed ispirato esclusivamente 344 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO prezzo normale di mercato della merce importata. Pertanto il preteso diritto della societ Macchi alla valutazione della base imponibile sulla base dei prezzi di fattura non sussisteva in quanto l'Amministrazione anche nell'ipotesi, in cui fossero sussistiti i requisiti di cui agli artt. 18 ult. parte e 23 primo comma del d.P.R. del 1961, poteva prescindere da tali prezzi e determinare il prezzo normale delle merci stesse. a criteri tecnii dai quali esula ogni discrezionalit amministrativa nel caso di merci la cui descrizione risulti integralmente da una voce della tariffa, dimodoch la qualificazione si risolva nella perizia merceologica ; mentre quando la merce non trova esauriente rispondenza in una voce della tariffa, la qualificazione in via analogica non si risolve in un puro apprezzamento tecnico . In altre parole, stata sostenuta la giurisdizione ammini,strativa a~lor,oh .sussistono due controversie connesse e riunite, la una di qualificazione e l'altra di assimilazione. Ancora pi di recente (nella decisione, IV, 26 aprile 1968, n. 253, in Foro amm., 1968, I, 2, 482) stata esclusa la giurisdizione amministrativa in una Controversia di valutazione, nella quale era stata lamentata la violazione di norme di legge regolanti in modo preciso i criteri di determinazione del valore. Il giudice amministrativo ha, inoltre, chiaramente riconosciuto la giurisdizione ordinaria nelle controversie doganali di classificazione tariffaria di beni gi qualifi.cati merceologicamente (Cons. Stato, IV, 11 dicembre 1968, n. 751, in Foro amm, 1968, I, 2, 1654 con indicazione di precedenti, e Cons. Stato, IV, 25 novembre 1969, n. 744). Le sezioni unite della Corte di Cassazione hanno finora reso (salvo errore) sette pronunce in materia. Nella sentenza 27 ottohre 1959, 111. 3124 (in Foro amm., 1959, II, 1, 584) stata affermata la totale devoluzione delle controversie di qualificazione merceologica alla giurisdizione ordinaria. Nella sentenza 1 febbraio 1961, n. 207 (in questa Rassegna, 1961, 12) stata, di contro, ritenuta la giurisdizione amministrativa in una controversia circa il valore di merci, e anzi, pi esattamente, il ridotto valore di una partita avariata di zucchero. A queste due prime pronunce seguita la sentenza 4 a'Prile 1964, n. 733 (in questa Rassegna, 1964, I, 844, con nota redazionale critica), la Corte Suprema ha affermato che i deoreti ministeriali di qualificazione doganale... sono soggetti a sindacato da parte del giudice ordinario... poich, essi incidono su diritti soggettivi del privato e non su semplici interessi. Questa affermazione, ;pervero radicale, era basata suUa considerazione dell'assenza di. discrezionalit amministrativa nella classificazione della merce (a ben vedere, quella controversia era pi di classificazione che di qualificazione merceologica). Nell'ultima parte della sentenza, peraltro, si affermava che le controversie di accertamento di valore delle merci concernerebbero interessi legittimi e non diritti soggettivi. Come noto, questa pronuncia stata ritenuta, forse anche al di l del suo reale contenuto, indicativa del principio per cui il giudice (ordinario o amministrativo) competente avrebbe dovuto essere individuato a seconda della consistenza (diritto soggettivo o interesse legittimo) della situazione soggettiva del contribuente (Relazione dell'Avvocat generale dello Stato 'Per gli anni 19611965, par. 262). E' :seguita la sentenza 29 luglio 1965, n. 1834 (in questa Rassegna, 1965, I. 927, con nota di BATISTONI FERRARA, Determinazione ufficiale del PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 345 Le censure non sono fondate. Va innanzitutto rilevato, in relazione ad una censura della ricorrente A:mmiaistrazione, che la societ Macchi non ha chiesto al Tribunale che fosse assunto come valore imponibile quello indicato nelle fatture da essa presentate alla dogana, ma, come risulta dall'atto introduttivo del giudizio, ha assunto che nel caso di specie, il prezzo valore delle merci ai fini della i.g.e. all'importazione e posizione soggettiva del contribuente), resa in una sentenza concernente la determinazione ufficiale del valore a sensi dell'ultimo comma dell'art. 18 legge organica i.g.e.; in questa pronuncia stato affermato, in modo drastico, che nel rapporto tributario tutte le posizioni giuridiche soggettive del contribuente hanno consistenza di diritti soggettivi, anche rispetto alla determinazione del quantum di imposta . Anche nella successiva sentenza 20 maggio 1966, n. 1421 (in Giur. it., 1968, I, 1, 625, con nota di MANGIONE, Discrezionalit amministrativa e interessi legittimi nell'accertamento dell'imposta doganale) stata ritenuta la giurisdizione ordinaria, questa volta per non in considerazione del carattere asseritamente vincolato dell'attivit di accertamento tributario, quanto invece per l'argomento che le norme tributarie in genere tutelano direttamente e immediatamente (e non solo occasionalmente) anche l'interesse del singolo contribuente, interesse che assume, pertanto, consistenza di diritto soggettivo, Con la sentenza 22 giugno 1971, n. 1957 (in questa Rassegna, 1971, I, 1185), la Corte di cassazione ha contrastato l'opinione esp:ressa nella menzionata decisione n. 171 del 1967 del Consiglio di Stato, nuovamente soffermandosi sul carattere vincolato della qualificazione merceologica anche nel caso ad essa sia connessa una attivit di assimilazione, In questa sentenza si fa compiere alla giurisdizione ordinaria un altro passo avanti, argomentandosi che se la assimilazione operata dal Ministro delle finanze , in definitiva, una interpretazione analogica della tariffa, non si vede perch l'operazione... non dovrebbe poter essere sindacata dal giudice (invero un argomento siffatto non pare idoneo a risolvere un problema di riparto tra le due giurisdizioni, la ordinaria e l'amministrativa). La sentenza ora in rassegna presenta, rispetto alle sei che l'hanno preceduta, una motivazione di maggiore respiro. In essa, valorizzandosi l'art. 6 della legge del 1865 abolitrice del contenzioso amministrativo, viene affermat, in linea di principio, l'attribuzione per materia alla giurisdizione ordinaria di tutte le controversie tributarie, attribuzione confermata dalla constatazione che, per la natura delle norme tributarie, le posizioni soggettive dei contribuenti avrebbero .consistenza di diritti sogg.ettivi. Il principio cos affermato conoscerebbe eccezioni, non potendosi escludere che, per determinate materie, il legislatore possa aver voluto affie- volire tale posizione di diritto soggettivo in quella di interesse legittimo o addirittura ridurla a semplice interesse : ed su queste premesse che la Corte ha, nella specie, escluso lo affievolimento , mancando un ambito di discrezionalit amministrativa. Come si detto all'inizio, l'attribuzione del contenzioso doganale ordinariamente (e do di regola) alla giurisdizione ordina:ria deve ritenersi ormai irreversibile. A conclusione di un ciclo quasi secolare si tornati nella situazione anteriore ane sopra ricordate sentenze del 1883 e 1884 della Cassazione romana (con, in pi, la possibilit di una tutela degli eventuali. interessi legittimi dinanzi al giudice amministrativo); risultato 3i6 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO normale della vendita corrispondeva a quello indicato nelle fatture, essendo effetto di una contrattazione svoltasi in condizioni di libera concorrenza. Si contestava inoltre dalla societ che i rapporti economici intercorrenti tra essa societ e quella venditrice avessero influito sulla misura del prezzo concordato, che, pertanto, doveva considerarsi rispondente a condizioni di libero mercato. questo che pu essere non solo accettato, ma persino valutato positivamente per considerazioni di carattere generale che si esporranno nel quarto paragrafo del presente scritto. 3. Il contenzioso doganale e il testo unico n. 43 del 1973. -Il decreto, legislativo n. 18 del 1971, emanato in forza della delega concessa con la legge 23 gennaio 1968 n. 29, ,e quindi confluito nel testo unico approvato1 con d.P.R. 23 gennaio 1973 n. 43, non ha portato sostanziali innovazioni per quanto attiene al riparto tra le giurisdizioni (e, del resto, nessuna innovazione in proposito era autorizzata dalla menzionata legge delegante). L'art. 76 del t.u., coordinato con i precedenti articoli 66 ultimo comma, 68 ultimo comma e 70 secondo comma, ha tuttavia disposto: I) la improponibilit temporanea dei rimedi giurisdizionali in sede civile ed amministrativa ., tali rimedi potendo essere espeTimentati so1lo dopo che l'accertamento (eventualmente in rettifica) divenuto definitivo , e cio solo dopo che stata emessa la decisione del Ministro prevista dall'aTt. 70; II) la improponibilit assoluta di rimedi giurisdizionali per le controversie che concernano iil cosiddetto ,contenzioso doganale (nel significato sopra indicato) nei casi di accettazione della pretesa della dogana ovvero della decisione di prima istanza (accettazione che pu essei!'e espl'essa o, con valutazione legal,e tipica, desumibile dalla omessa proposizione del ricorso rispettivamente al capo del compartimento doganale e al Ministro); III) la improponibilit dei rimedi giurisdizionali per decorso del termine perentorio di sessanta giorni da quando l'accertamento divenuto definitivo (peraltro, ragionevole ritenere che detto termine decona dalla notifica e non dalla emissione della decisione del Ministro); IV) la esperibilit dei rimedi giurisdizionali in sede civile ed ammin1stra, tiva ' solo allorch .la ,eventuale connessa contravvenzione per infedele dichiarazione sia stata estinta mediante oblazione (rectius, solo allorch non pendente procedimento penale per detta contravvenzione), in quanto, nel caso contrario, competente a decidere sulla vertenza il tribunale cui spetta la cognizione del reato. Eccede dal tema di questo scritto l'esame delle questioni cui pu dar luogo il raccordo tra processo penale e rimedi giurisdizionali in sede civile ed amministrativa , Merita invece segnalare come l'e,spressione divenuto definitivo l'accertamento ., che era stata utilizzata con preoccupante equivocit nel decTeto legislativo n. 18 del 1971, stata oppo'l'tunamente precisata e delimitata nel t.u. n. 43 del 1973, ove si dichia;ra definitivo l'accertamento soltanto dopo la decisione del Ministro delle finanze. La precisazione esatta: ad essa necessariamente conducono vuoi il criterio posto dall'art. 2 n. 8 della legge delegante n. 29 del 1968, vuoi la considerazione che la istituzione di appositi collegi consultivi specializzati e la previsione di procedimenti caratterizzati da adeguate garanzie per i con _.,., ........,. >~ PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 347 Ci premesso, va osservato che pi volte questa Suprema Corte ha ritenuto che in materia tributaria, mentre l'Amministrazione finanziaria ha diritto .di percepire il tributo, a sua volta il cittadino ha diritto di non subke imposizioni oltre i limiti di legge (cfr. Cass., 14 giugno 1954, n. 1890; 27 luglio 1962, n. 2176). Pertanto nel rapporto tribuenti non possono andare disgiunte da una valutazione normativa di necessit dei rimedi amministrativi in questione. Va comunque osservato che, in sede di redazione del t.u. menzionato, si ritenuto di non dover adeguare le norme introdotte dal decreto legislativo n. 18 del 1971 ai principi -unico grado di ricorso amministrativo e rilevanza del silenzio -posti da:l successivo d.P.R. 25 norvembre 1971, n. 1199, e alla l"egola della impugnabilit degti atti non definitivi dinanzi al giudice amministrativo introdotta dall'art. 20 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034 (sulla nuova disciplina dei ricorsi amministrativi dettata da questo decreto legislativo, e :sulla sua aipplicaibi!lit in linea di massima in campo tributario, rinvio al mio scritto n ricorso amministrativo dopo la istituzione dei tribunali regiona.li amministrativi, in Riv. dir. proc., 1972,, I, 619 segg.; sul medesimo argomento CAPACCIOLI, Prime considerazioni sulla nuova disciplina dei ricorsi amministrativi, in Giur. it., 1973; IV, 1; VIRGA, I ricorsi amministrativi, 1972, 6; QUARANTA, La nuova disciplina dei ricorsi amministrativi, in Arbitr. appalti, 1971, 277). Questo mancato coordinamento pu rendere arduo il raccordo tra ricorsi amministrativi e giudizio amministrativo, nelle controversie per le quali dovesse riconoscersi la giurisdizione amministrativa; peraltro, questo problema appare soprattutto teorico posto che, come si vtsto, ordinariamente la giurisdizione spetta al giudice ordinario. Pi importanti, per tale ragione, le possibili .questioni in tema di raccordo tra ricorsi amministrativi e giudizio ordinario. Ad esempio, pu porsi il quesito se debba ritenersi definitivo l'accertamento anche in assenza della decisione del Ministro, nel caso di decorso del termine di sei mesi previsto dal primo comma dell'art. 70; o il quesito se il contribuente possa proporre ricorso al Ministro nel caso di silenzio del capo del compartimento doganale perdurante oltre il termine di quattro mesi previsto dal primo comma dell'art. 68; e persino il quesito se il doppio grado di ricorso amministrativo, voluto dalla legge n. 29 del 1968 e realizzato dai provvedimenti applicativi di essa, sia sopravvissuto all'opposto principio dettato dal d.P.R. n. 1199 del 1971. N01n pare invece dia luogo a inconvenienti (e anzi si rivela oltremodo opportuna) l'azione del criterio della necessit .e non facoltativit del previo esperimento dei rimedi amministrativi. Del resto, detto criterio stato costantemente seguito nei recenti decreti delegati per la riforma tributaria: l'art. 24 del d.P.R. n. 639 del 1972 relativo all'imposta sulle pubblicit, l'art. 39 del d.P.R. n. 640 del 1972 relativo all'imposta sugli spettacoli, l'art. 11 del d.P.R. n. 641 del 1972 relativo alle tasse sulle concessioni governative, e l'art. 33 del d.P.R. n. 642 del 1972 relativo all'imposta di bollo, stabiliscono che l'azione giudiziaria promovibile soltanto avverso le decisioni definitive (ovvero decorsi centottanta giorni dalla presentazione del ricorso qualora non sia intervenuta la relativa decisione). 4. Gli apprezzamenti tecnici della P. A. e le situazioni soggettive dei privati. Nel primo paragrafo di questo scritto si sono riferite, in retro 348 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO giuridico d'imposta la posizione soggettiva del cittadino ha la consistenza di un diritto soggettivo, dato che tale posizione viene tutelata dalla legge non gi occasionalmente ma direttamente. D'altronde la legge sul contenzioso amministrativo (legge 20 marzo 1865, n. 2248 all. E) all'art. 6 attribuisce all'A.G.0. la cognizione delle controversie d'imposta, solo sottraendole la competenza a giudicare delle questioni spettiva, le motivazioni addotte dalla giurispruderi.za a sostegno dei diversi orientamenti assunti in materia di giurisdizione sul contenzioso doganale. Alcuni rilievi critici appaiono doverosi. Anzitutto, va osservato come le segnalate sentenze rese nell'ultimo quindicennio dalla Corte di cassazione abbiano esaminato e risolto la questione di giurisdizione facendo ricorso soprattutto, e a volte esclusivamente, alla contrapposizione tra discrezionalit (giurisdizione amministrativa) e vincolatezza (giurisdizione ordinaria). Laddove, com' noto, questa contrapposizione utilizzabile al pi, per cos dire, a senso unico , e cio per escludere la giurisdizione ordinaria, posto che il carattere vincolato e non discrezionale dell'atto non sufficiente di per s ad attribuire !_a controversia relativa alla a.g.o., occorrendo, inoltre, che esso sia vincolato non in funzione di esigenze amministrative bens in funzione della tutela della posizione del soggetto privato, cosicch la illegittimit comporti la violazione di una norma di relazione (cos da ultimo, Cass., Sez. Un., 16 gennaio 1971, n. 87, in Foro it., 1971, I, 358; e, in pre1cedenza, Cass., Sez. Un., 2 ago.sto 196,6, n. 2146, in questa Rassegna, 1967, I, 37; Cass., Sez. Un., 19 settembre 1967, n. 2183, in questa Rassegna, 1967, I, 964; Ca:ss., S:ez. Un., 7 rap!l'ile 1965, n. 593; e Cass., Sez. Un., 14 aprile 1964, n. 894; non difforme l'orientamento della dottrina, ove peraltro GIANNINI M. S., La giustizia amministrativa, 1969, 95, nega valore scientifico al criterio di riparto basato sulla contrapposizione anzidetta). E', in sostanza, mancata una accurata indagine sul significato politico del carattere ordinariamente vincolat delle attivit amministrative di qualificazione, valutazione e accertamento dell'origine delle merci dichiarate in dogana. Indagine questa che sarebbe stata doverosa, se si considera che stata riconosciuta la non eliminabilit di un notevole margine di cosidetta discrezionalit tecnica . Ora, la individuazione e separazione della discrezionalit tecnica dalla discrezionalit tout couri (e quindi la sua distinzione dalla discrezionalit amministrativa), dapprima affiorata per consentire il sindacato del giudice ordinario su fatti e comportamenti della Amministrazione nelle controversie relative alla responsabilit civile; stata successivamente verificata e utilizzata pure con riferimento agli accertamenti e agli apprezzamenti strumentali a provv,edimenti amministrativi ovvero consacrati in atti di certa- zione dotati di piena individualit giuridica. Ed ormai acquisita la differ. enza strutturale esistente tra il giudizio di qualificazione del fatto secondo regole tratte dalle arti tecniche (o sociali) arppllkate e l'apprezzamento discrezionale del valore degli interessi insistenti sulla situazione in ordine alla quale occorre provv,edere (PIRAs, voce Discrezionalit amministrativa, Enc. dir., 88). Tuttavia, appare incompleta e deformata_ una immagine della discrezionalit tecnica che di essa descriva e sottolinei unicamente il profilo della subordinazione della Amministrazione al vincolo della osservanza di criteri tecnici (tale profilo stato giustamente valorizzato dalla giurisprudenza PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 349 di estimo catastale e di riparto di quota (esclusione che, con successive leggi, stata estesa alla valutazione del reddito nei tributi diretti). Tale esclusione, per, non deriva daHa assenza di uri diritto soggettivo in quella direzione (incidendo la valutazione del presupposto d'imposta sull'ammontare del tributo, cui deve soggiacere il citta della Corte costituzionale segnalata da BACHELET, L'attivit tecnica della Pubblica Amministrazione, 1967, 57 1segg., pecr.-affetmJ.are che l'attribuzione all'Amministrazione di una discrezionalit tecnica consentita anche nel caso di riserva relativa di legge). Invero, non va obliterato che la discrezionalit tecnica presuppone, essa pure, una imprecisione della norma attribuiva di potere alla Pubblica Amministrazione; e che, specie per i cosiddetti casi 'complessi (la distinzione tra giudizio tecnico semplice e giudizio tecnico complesso criticata da C'AMMEO, Commentario delle leggi sulla giustizia amministrativa, 1910, 134), finisce per essere solo mitica la convinzione della necessaria univocit e perlezione delle soruzioni che :La 'scienza e la tecnica possono offrire (BACHELET, op. ult. cit., 39). Sicch, il giurista avveduto deve usare una estrema cautela nel far leva sul carattere vincolato di una attivit amministrativa al fine di pervenire a un riconoscimento della giurisdizione del giudice ordinario, allorquando in tale attivit, pur rimanendo assente la discrezionalit amministrativa, presente o addirittura assume soverchiante importanza un apprezzamento tecnico non propriamente elementare. Non consentito affermare che da ogni norma di diritto connessa con condizioni di fatto che 1mportano giudizio tecnico debba derivare un dkitto subbiettivo; infatti molte circostanze possono influire in proposito in un senso o nell'altro (CAMMEO, op. cit., 135). Si pu andare oltr1e, e proporre la tesi che l'attribuzione a organi tecnici della Amministrazione del potere di formulare apprezzamenti di discrezionalit tecnica , di per s, una chiara indicazione di una volont politicolegislativa di di:scipUnare l'attivit amministrativa nell'interesse pubblico (con norme d'azione) e non in funzione della tutela della posizione del soggetto privato. Sembra difficile infatti non avvertire una certa profonda contraddi zione nel qualificare come norma di relazione quella che affida a un organo dell'.A:mrnini,strazione (e, si noti, soltanto all'Amministrazione, e soltanto ad un organo di essa specificamente individuato come competente) il potere e il compito di formulare un apprezzamento caratterizzato da margini di opinabilit ., ancorch condizionato (pi condizionato cl\e vincolato) dalla necessit di osservare le regole tecniche . E ci non per il sospetto (che deve ritenersi grossolano e inammissibile) che la opinabilit si renda veicolo di parzialit, ma perch appare doveroso estrarre ogni possibile significato dal contenuto organizzatorio della norma che attribuisce ad uno specifico organo dell'Amministrazione il potere di esprimere un apprezza mento tecnico. In realt, mutando prospettiva, la migliore delimitazione della nozione di discrezionalit amministrativa (per indicazioni di dottrina, si rinvia a GIANNINI iM. S., Il potere discrezionale della P. A., 1939, 51 segg., e alle voci sul tema rispettivamente di MoRTATI nel Noviss. Dig. It. e di PrnAs nella Enc. dir.) e la .conseguente sostanziale riduzione dehl'ambito rkonosciutale, non detto debbano produrre una automatica corrispondente espansione della giurisdizione ordinaria: come si osservato, il cdnale tra le giuri 350 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dino) ma piuttosto dal fatto che, trattandosi di questioni la cui solu zione esige particolari rilievi ed apprezzamenti tecnici, il legislatore ha voluto riservarne la cognizione a speciali commissioni di giustizia tributaria. Da ci appare chiaro che la esclusione di tali questioni dalla com petenza dell'A.G.0. non espressione di un principio generale vale sdizioni e, con esso, la distinzione tra tipi di situazioni soggettive del privato non coincidono con i limiti della discrezionalit amministrativa. Un secondo rilievo critico pu essere mosso alle motivazioni addotte dalla Corte di cassazione: inesatta e persino paradossale (CAPACCIOLI, L'estimazione semplice, in Studi Calamandrei, val. IV, 1958, 145) risulta la configurazione di un diritto soggettivo del contribuente a non subire una imposizione pi onerosa di quella consentita dalla legge (cos nella sentenza in rassegna e in numerose altre). Come da tempo stato rilevato, il contribuente che resiste ad una pretesa tributaria, si trova in causa per negare il diritto soggettivo (il credito di imposta) dell'ente impositore e non per affermare un proprio di.ritto soggettivo (CAPACCIOLI, op. e loco cit.; GIANNINI. M. S., La giustizia cit., 83; Russo, Diritto e processo nena teoria della obbligazione tributaria, 1969, 167, e anche l'orientamento della giurisprudenza, che costantemente ha qualificato l'azione giudiziaria del contribuente, in tal caso, azione di accertamento negativo, come riferito nelle Relazioni dell'Avvocato generale dello Stato per gli anni 1942-1950, par. 198, per gli anni 1951-1955, par. 162, e per gli anni 1956-1960, par. 121). N in contrario pu argomentarsi che il contribuente allega un prop_rio diritto soggettivo quando pretende il rimborso di un tributo indebitamente pagato; in tal caso l'oggetto del giudizio costituito da una situazione soggettiva nettamente diversa dallo anzidetto diritto a non subire imposizione. Un siffatto pseudo- diritto si rivela quindi strumento concettuale non valido e comunque non utilizzabile per risolvere la questione di giuri-. sdizione. Con questa precisazione si , peraltro, ottenuto soltanto un risultato provvisorio e di metodo. Per pervenire a un risultato costruttivo, occorre portare l'attenzione, come del resto da tempo stato avvertito, sull'attivit amministrativa che accerta o accompagna il sorgere del credito di imposta e della corr.elata obbligazione del contribuente. Acquistano cos rilievo le differenti modalit previste dalla legge per la attivit amministrativa di accertamento tributario (l'espressione usata nel lato significato che le tradizionale). In particolare, acquista rilievo la eventuale presenza, nell'ambito di tale attivit, di un atto costituito da un giudizio valutativo a contenuto tecnico (GIANNINI M. S., Le obbligazioni pubbliche, 1964, 6u). Come gi si osservato, tale atto pu essere dalla legge configurato come soltanto strumentale (e cio collocato in un ruolo servente all'interno di una sequenza che 1si conclude coin il coistddetto accertamento del credito di imposta) ovvero come dotato di autonoma individualit; ovviamente, questa seconda configurazione esprime, sul piano strutturate, fa considerazione da parte del legislatore della maggiore complessit del giudizio valutativo a contenuto tecnico del quale si detto. Quando, per riconoscimento legislativo, l'attivit amministrativa che elabora ed emana detto giudizio valutativo a contenuto tecnico assume autonoma individualit (e ci avviene anche per il giudizio delle com PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 351 vole in ogni caso in cui si controverta in tema di valutazione del reddito, ma ha luogo nei soli casi in cui la legge I~ preveda. Specificamente argomentando da tali premesse questa Suprema Corte ha pi volte affermato che nei casi in cui la legge non provveda ad attribuire ad altri organi le questioni di estimazione semplice, queste rientrano nella competenza dell'A.G.O. (Cass., 9 ottobre 1967, missioni tributarie sulle controversie per la determinazione del valore imponibile, come osservato nel mio scritto Il ricorso all'autorit giudiziaria per grave ed evidente errore di. apprezzamento, in Giur. it., 1967, I, 2, 85), appare consentito quanto meno porre il problema se, in relazione alla attivit della quale si tratta, il contribuente possa chiedere tutela giurisdizionale per negare direttamente la propria obbligazione e il correlato credito di imposta, o se invece egli possa chiedere tutela giurisdizionale allegando una diversa situazione soggettiva prodromica e strumentale rispetto a quella finale facente capo al rapporto obbligatorio (sul problema analogo, ma non identico, delle situazioni giuridiche ,soggettive che si determinano man mano che una serie procedurale si svolge verso la sua conclusione, SANDULLI, Il procedimento amministrativo, ed. 1959, 294 e segg.). Ove si segua questa seconda tesi, deve porsi il successivo problema se la diversa situazione soggettiva, che si detta prodromica e strumentale, abbia consistenza di diritto soggettivo o di interesse legittimo. Questi due problemi non possono essere elusi mediante affermazioni generiche, quali quelle rinvenibili nelle sentenze cui ci si riferisce. Peraltro, risolvere gli anzidetti due problemi con i dati normativi al presente disponibili risulta non proprio agevole. Inevitabilmente il discorso si storicizza e si trasferisce sul piano della politica delle istituzioni. 5. L'attribuzione, in linea di principio, al giudice ordinario di tutte le controversie in materia tributaria. -Dopo circa novanta anni di sottili discussioni sulla distinzione tra diritti soggettivi e interessi legittimi possibile avvertire un diffuso scetticismo in ordine possibilit d reperire criteri utilizzabili per tale distinzione Sempre in modo soddisfacente, e cio con limitate incertezze e senza gravi sprechi di attivit processuali (in proposito, si richiamano le conclusioni del noto Discorso generale sulla giustizia amministrativa di M. S. GIANNIKI). Di qui la tendenza (segnalata anche da NIGRO, Problemi della giustizia amministrativa, in Riv. trim. dir. pub., 1972, 1825) a far ricorso in pi larga misura, per il riparto delle giurisdizioni, allo strumento della competenza per materia, ovviamente nei limiti consentiti dai precetti costituzionali (in ordine a tali limiti, si rinvia a BACHELET, La giustizia amministrativa nella costituzione italiana, 1966, 50). Manifestazioni recentissime di. questa tendenza sono l'art. 5 della legge n. 1034 del 1971, e anche il ridursi della separazione tra questioni di semplice estimazione e altre questioni nel contenzioso tributario dopo la riforma introdo~ta con il d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636. E' comprensibile come una siffatta evoluzione in tema di riparto tra le giurisdizioni abbia a sollecitare l'interprete, specie quando i dati formali non forniscono indicazioni univoche (e cos in situazioni correlate a funzioni amministrative vincolate), a valutare con sensibilit pi viva che per il passato le reali esigenze di tutela, affidando a quest'ultima valutazione un ruolo importante nella individuazione, per ciascuna materia, del giudice pi ad~guato e del processo pi soddisfacente: e ci con riguardo vuoi alle 6 352 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO n. 2346 sull'imposta I.G.E.; 14 giugno 1954, n. 1990 per l'imposta di consumo). Peraltro, sebbene ordinariamente le controversie in materia di tributi abbiano ad oggetto posizioni di diritto soggettivo del cittadino sia nelle loro ragioni di diritto sia nei loro presupposti di fatto, non da escludere che, per determinate materie, il legislatore possa avere modalit del processo (si pensi alle diverse possibilit di accedere al materiale probatorio) vuoi al contenuto della decisione che lo conclude (si pensi alla possibilit di annullamento dell'atto amministrativo). Del resto, giustamente stato osservato (VIRGA, La tutela giurisprudenziale nei confronti della Pubblica Amministrazione, 1966, 24) che la tutela accordata dall'ordinamento agli interessi legittimi non meno piena e perfetta di quella che accordata ai diritti soggettivi: si tratta di una tutela egualmente piena e completa ma di natura diversa... (in termini analoghi, MIELE, Passato e presente della giustizia amministrativa in It'alia, in Riv. dir. proc., 1966, 19). In questo quadro deve essere esaminata la questione di giurisdizione che qu interessa. Le osservazioni fatte nel precedente paragrafo di questo scritto hanno condotto, in sostanza, alla conclusione che, allo stato della legislazione non sussistono ragioni per ritenere inesistente, o chiuso a priori e in astratto, il problema della configurazione, come diritto soggettivo ovvero come interesse legittimo, della situazione soggettiva (descritta come prodromica ) del contribuente in relazione alla attivit amministrativa per la qualificazione merceologica la valutazione o l'accertamento dell'origine delle merci dichiarate in dogana. Giova precisare che la sostenibilit di una configurazione di detta situazione come interesse legittimo non farebbe Leva sulla elasticit , della norma tributaria (ZINGALI, L'elasticit della norma e la discreziona.lit dell'Amministrazione nel campo tributario, in Dir. prat. trib., 1960, I, 1 segg., e PUGLIESE, Diritti soggettivi e interessi legittimi di fronte alla giurisdizione amministrativa speciale, in Riv. dir. fin., 1938, I, 68), ma al contrario, darebbe per ammesso il carattere ordinariamente vincolato della attivit amministrativa di imposizione (questa , del resto, la posizione di ..<\.LLORIO,, Diritto processuale tributario, 1962, 105). Ora, l'affermazione, fatta nella sentenza in rassegna, secondo cui la materia tributaria di regola attribuita dal legislatore alla giurisdizione ordinaria, e quindi deve a tale giurrisdizione es,sere affidato anche il cosiddetto contenzioso doganale, appare rispondente alle esigenze della collettivit. Per stralciare il contenzioso doganale dal genus del contenzioso nella materia tributaria e per sottrarlo alla giurisdizione ordinaria dovrebbe reperirsi -e non pare reperibile -una ragione politica 1Janto significativa e cogente da giustificare una deroga e da rendere sopportabili i costi sociali di una frastagliata linea di confine tra due giurisdizioni (per molti vel'.si simile a quella tra estimazione 1semplice e complessa). :Si pensi alla difficolt di tenere distinte (trattandole, in ipotesi, dinanzi a giudici diversi) le controversie di qualificazione merceologica o di 1assimilazione da quelle di classificazione tariffaria (sul punto, si rinvia alla casistica indicata nello scritto di CHICCO, Controversie doganali e limiti della giurisdizione ordi naria, in Foro pad., 1963, 848); o anche alla difficolt di separare, nelle PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 353 voluto affievolire tale posizione di diritto soggettivo in quella dell'interesse legittimo o addirittura ridurla a semplice interesse, e in queste ipotesi la tutela degli interessi del cittadino attribuita alla giurisdizione amministrativa. Dalla Amministrazione finanziaria si sostiene appunto che nella fattispecie ricorre una ipotesi in cui la posizione del cittadino degredata ad interesse legittimo in quanto, si afferma, le controversie in materia di valutazione nell'imposta doganale, per effetto degli artt. 18 e sgg. del d.P.R. 21 dicembre 1961, n. 1339, sono controversie circa il valore delle merci dichiarate in dogana, le questioni relative alla complessa normativa che regola la valutazione vera e propria. Quanto sin qui sostenuto non deve, peraltro, condurre a sacrificare all'unit della materia tributaria e alila tendenziale gener:alit della giurisdizione ordinaria quei poteri discrezionali che. neH'inteTesse pubblico, necessario assicurare e conservare all'Amministrazione fi.nanziari:a, soprattutto per l'emanazione di norme secondarie e di disposizioni amministrative di carattere g.enerale (com' noto, da tempo stata avvertita, nel caso di attribuzione all'Ammini.strazione di potest discrezionali in merito alla istituzione del tributo, la necessit di tenere distinto la fase della normazione generale da quella successiva dell'imposizione individuale). Cos, in tema di contenzioso doganale, vi una palese esigenza di conservare all'Amministrazione il potere di disiporre, in seguito a valutazione discrezionale degli interessi generali e con provvedimento amministrativo generale (MANTELLINI, op. e loco cit.), la assimilazione delle merci non nominate in tariffa; e anzi sarebbe auspicabile un ripristino della norma che dalla legislazione doganale piemontese era pervenuta inalterata fino all'art. 4 delle disposizioni preliminari approvate con d.P.R. n. 442 del 1950. Parimenti caratterizzato da discrezionalit amministrativa era il potere di determinazione del valore ufficiale delle merci importate, riconosciuto dall'art. 18 della legge istitutiva dell'I.G.E. (conforme BATISTONI FERRARA, op. cit., 935). 6. Gli apprezzamenti tecnici della P. A. e le modalit della tutela dinanzi al giudice ordinario. -L'attribuzione del cosiddetto contenzioso doganale all'ambito della giurisdizione ordinaria non esaurisce, come si anticipato in premessa, il discorso sulla giurisdizione. Non pare infatti possibile omettere un esame sulle modalit della tutela giurisdizionale ordinaria in presenza di atti (siano essi certazioni o anche solo atti serventi ) che racchiudono apprezzamenti tecnici compiuti, in ottemperanza a precise disposizioni di legge, da organi della Amministrazione. Il punto di partenza per l'esame del tema ora indicato offerto da una osservazione elementaire (e tutt'altro che nuova, come si rileva dalla Relazione sulla Avvocatu.ra erariale per gli anni 1912-1925, par. 5): un sistema di risoluzione delle controversie doganali che, dopo ricorsi amministrativi articolati in due gradi, nel corso di ciascuno dei quali raccolto il parere di un collegio di periti imparziali e di elevate capacit tecniche, finisse per dare un peso determinante, in pratica, alla opinione di un consulente nominato nel corso del successivo giudizio, oltre a risultare irrazionale e non funzionale, consentirebbe la sostituzione dell'apprezzamento tecnico raccolto in sede amministrativa con un diverso apprezzamento tecnico raccolto (con garanzie notoriamente tutt'altro che soddisfacenti) in sede giudiziaria; e, in ultima ana'1isi, consentirebbe una sostanziale vanificazione di 354 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO decise dalla Amministrazione finanziaria nell'esercizio di un suo potere discrezionale, potendo essa Amministrazione tener conto sia del prezzo di fattura, come valore imponibile (qualora vi siano le condizioni del successivo art. 23) sia del prezzo normale di mercato, nelle quali ope: razioni, ,secondo lAmministrazione ricorrente, emergerebbero indubbi elementi di dscrezionalit. Alla base di tale argomentazione vi una nozione indiscriminata di potere discrezionale, che non pu invece essere condivisa nella lata accezione usata dalla Amministrazione ricorrente. Invero, nei casi in cui concesso alla Pubblica Amministrazione di valutare una determinata situazione o i fatti da porre a base di un suo provvedimento, occorre d~stinguere le ipotesi in cui l'apprezzamento una competenza attribuita della legge all'amministrazione e la riforma di un atto dell'amministrazione ad opera di un atto della giurisdizione. Invero, la giurisprudenza ha costantemente negato, specie in epoca non recente (ampie indicazioni di giurisprudenza del periodo anteriore al 1910 s.i trovano in CAMMEO, Commentario cit., 785), il sindacato del giudice ordinario sugli apprezzamenti tecnici, riconoscendo in :relazione ad essi un ambito di attribuzioni esclusive dehla arrnn:nimistrazione. Questo principio non stato :ripudiato (ad ese'.ITliPio, nella sentenza Cass., Sez. Un., 1 luglio 1959, n. 2102, in Giust. civ., 1959, I, 1418, si avuto cura di distinguere tra apprezzamento tecnico formulato in esplicazione della funzione amministrativa , e semplice operazione tecnica compiuta bens da un organo dell'Amministrazione ma che non si inserisce in un pTocedimento amministrativo , e nella nota sentenza della Corte costituzionale, 22 dicembre 1961, n. 70, in Foro it., 1962, I, 13, si confermata la distinzione e anzi la contrapposizione tra provvedimento amministrativo e atto istruttorio... ad opera di un ufficio amministrativo ), ma si troV'.a ad essere un po', per cos dire, messo in ombra; ci, forse, per una certa inconsapevole disponibilit alla trasposizione, sul terreno del sindacato sull'atto amministrativo, di orientamenti affiorati e elaborati in tema di fatto illecito e responsabilit civile della P. A.. Anche in epoca recente, peraltro, non sono mancati riconoscimenti dei limiti all'estensione del sindacato giudsdizionale e dei carattere esclusivo di attribuzioni amministrative (cosi, ad esempio, nella sentenza Cass., Sez. Un., 10 giugno 1968, n. 1766, in questa Rassegna, 1968, I, 378). D'altro canto, il Consiglio di Stato ha, com' noto, pi volte confermato (cos, ad esempio, nelle decisioni dlella Sez. IV, 14 luglio 1967, n. 334, in Cons. Stato, 1967, I, 1175, ,e 22 ottobre 1958, n. 736, in Foro amm., 1958, I, 1, 701) il principio secondo cui sfugge al sindacato del giudice di legittimit qualsiasi indagine concernente giudizi e valutazioni emessi dagli organi amministrativi nell'esercizio di un potere tec;nico-discrezionale ., anche se poi non si esclude che il giudice amministrativo possa verificare se, nel caso conoceto, gli organi de11e Amministrazioni pubbliche abbiano. fatto malgoverno dei loro poteri tecnico-discrezionali, facendone uso manifestamente illogico (Il Consiglio di Stato nel triennio 1958-1960, vol. III, 1965, 272). Invero, il problema delle modalit e dei limiti della tutela giurisdizionale ad opera del giudice in presenza di un apprezzamento tecnico (si noti, PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 355 suddetto debba essere fatto con l'osservanza di soli criteri tecniciscientifici o di altro genere, da quelle in cui l'apprezzamento suddetto sia da effettuare anche in dipendenza o in connessione ad un interesse pubblico, al quale in definitiva subordinato il contenuto del provvedimento. In tale ultima ipotesi la intensit del rapporto tra l'apprezzamento della P. A. e la finalit pubblicistica del provvedimento necessariamente i.ncide sulla eventuale posizione di diritto subiettivo del cittadino nei cui confronti 'n provvedimento spiega i suoi difetti, con la conseguenza che detta posizione si affievolisce in una posizione di interesse legittimo o addirittura prende la consistenza di interesse semplice per cui viene in considerazione, in caso di controversia, solamente la giurisdizione amministrativa. apprezzamento e non meno accertamento) compiuto dall'Amministrazione merita una approfondita rimeditazione. A questo proposito due equivoci debbono preliminarmente essere rimossi. In primo luogo deve, a mio avviso, rimanere ben chiaro che la contrapposizione tra discrezionalit amministrativa e cosiddetta discrezionalit tecnica e la inclusione dell'apprezzamento tecnico nell'ambito delle attivit lato sensu vincolate dell'Amministrazione, se possono essere utilizzate (con Le !I'iserve che 'si sono esternate nel \Precedente .parragrafo) agli effetti della qualificazione della situazione soggettiva del privato e del riparto tra le giurisdizioni ordinaria e amministrativa, nn possono invece essere utilizzate anche al fine di estendere la cognizione del giu.dice ordinario oltre i limiti del sindacato di mera legittimit. Affermare che l'attribuzione all'amministrazione del potere di formulare un apprezzamento tecnico non equivale a una attribuzione di discrezionalit amministrativa (e non esclude il diritto soggettivo del privato ) non comporta, come automatica conseguenza, che la cognizione del giudice ordinario sia talmente piena da consentire a detto giudice di ripercorrere tutti i momenti della valutazione tecnica e di sostituire in proprio apprezzamento a quello in precedenza formulato dalla amministrazione. In confine tra apprezzamento tecnico e discrezionalit amministrativa, (eventualmente) rilevante agli effetti del riparto tra le giurisdizioni, non coincide con il confine tra legittimit e merito. Al contrario, nello apprezzamento tecnico compiuto dall'Amministrazione vi un nucleo valutativo che ottiene al merito e che rimane non sindacabile dal giudice, cos ordinario come amministrativo. L'esistenza di questo nucleo. forse stata messa un po' in ombra dalla vicinanza, per cos dire, del pi vistoso fenomeno della discrezionalit amministrativa; ma ci deve indurre a una maggiore attenzione, e non pu di certo condurre a ritenere che l'apprezzamento tecnico formulato dall'Amministrazione non abbia una propria autonomia e compiutezza e sia unicamente un momento preparatorio e pre-istruttorio rispetto al successivo giudizio. A ben vedere, il principio generale della reciproca separazione e autonomia dei poteri dello Stato -principio tutt'ora pienamente valido e operante (dir., ad esempio, Corte cost., 6 luglio 1971, n. 1'61, in Giur. cost., 1971, 1741) anche se non assoluto -integra le disposizioni di legge che attribuiscono all'Amministrazione dl potere di fo['[Uulare un apprezzamento tecnico; e le integra nel senso, appunto, di qualificare come esclusiva '1a competenzia dell'organo cui detto parere attrtbuito, non soltanto 356 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Nel caso in esame non ricorre affatto tale ipotesi giacch il procedimento di accertamento del valore delle merci importate, regolato dal d.P.R. 21 dicembre 1961, n. 1339, risponde solo a criteri tecnici giuridici, senza alcun potere discrezionale della Amministrazione finan-, ziaria nel senso 'Sopra precisato. Invero nell'art. 18 di detto d.p. si stabilisce come criterio generale che tutte le merci sono tassate ad valorem sulla base del valore imponibile, desunto, come viene precisato, dal loro prezzo normale. Nell'art. 19 si definisce quale sia da considerare il prezzo normale delle merci, e a quale momento debba farsi riferimento. Si precisa ancora quali siano gli elementi da tener nei confronti degli altri organi amministrativi ma anche nei confronti della giurisdizione. N, in contrario, da un asserito carattere dichiarativo dell'atto dell'_ 4mministrazione :potrebbe trarsi argomento :per ri:tenere che l'accertamento giudiziale mezzo satisfattivo per eccellenza ed esaurisce l'ambito della ,possibile tutela del diritto (GIANNINI M. S. e PIRAS, voce Giurisdizione amministrativa, Enc. dir., 293). Il carattere meramente dichiarativo di un atto non pu costituire un postulato indimostrato; e, d'altro canto, un a'.Ppl'ezzamento tecnico formulato nell'ambito di un giudizio, se '.PU risultare mezzo satisfattivo per eccellenza con riguardo agli interessi pratici del privato, non necessariamente satisfattivo con riguardo all'ordinamento genera;1e, allorch l'ordinamento stesso abbia valutato come idoneo, e anzi come pi idoneo, J'aipprezzamento ad opera dell'Amrniinistrazione. Amministrazione e giurisdizione possono trovarsi tra loro in rapporto di concOTII'enza; anzi, per l'art. 113, comma '.Primo, della Costituzione la giurisdizione copre tutto il territorio dell'amministrazione. Tuttavia, completa e irriducibile rimane la diversit dei fini che le due attivit, l'amministrazione e la giurisdizione, si propongono. In particolare, nei riguardi dell'azione amministrativa, la giurisdizione -unitariamente considerando la giurisdizione ordinaria e quella amministrativa -si propone un fine -la tutela dei diritti e degli interessi legittimi dalla illegalit -che doppiamente circoscritto (peraltro, i due limiti sono le faccie di un'unica medaglia): rimane infatti escluso l'intervento della giurisdizione a difesa di quegli interessi cui la legge sostanzale non riconosce dignit di diritti soggettivi o di interessi legittimi (sul punto, la Relazione dell'Avvocato generale dello Stato per gli anni 1966-1970, 60 segg.); e rimane, almeno di regola, escluso l'intervento della giurisdizione ove non v' illegalit (art. 5 Iegge n. 2248 ali. E del 1865 e art. 26 t.u. n. 1058 del 1924). A questo punto agevole rimuovere anche il secondo dei due equivoci ai quali dianzi si alluso. Dall'arrt. 113, comma secondo, della Costituzione si vorrebbe argomentare che la giurisdizione piena anche nei confronti dell'apprezzamento tecnico dell'amministrazione, essendo escluso che la tutela giurisdizionale possa essere limitata soltanto a alcuni motivi (CANNADA BARTOLI, La tutela giudiziaria del cittadino verso la Pubblica Amministrazione ed. 1964, 127). In :realt, l'art. 113 {}ost., quando dispone che fa tutela giurisdizionale non pu essere... limitata a particolari mezzi di impugnazione., fa riferimento alle tradizionali distinzioni tra le varie specie di difformit dalla ilegge (incompetenza, violazione di legge, ecc.), e non intende di certo portare l!a cognizione del giudice oltre i limiti del sindacato di mera legitti ::: ( PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 357 presenti, Che cosa debba intendersi, ai fini della tassazione, per prezzo in condizioni di libera concorrenza (art. 20), quali elementi influiscono su di esso (artt. 21 e 22). Si specificano quali oneri del compratore debbano aggiunger'Si, ai fini della tassazione, al prezzo di Ubero mercato (artt. 23 e 24); si stabilisce che il proprietario delle merci importate deve dichiarare il valore imponibile delle merci e denunziare altres le variazioni di prezzo che intervengano prima della verifica delle merci. Pertanto l'attivit di valutazione dell'Amministrazione finanziaria regolata in modo tassativo della legge. pur vero che ai fini della valutazione l'Amministrazione finanizaria pu scegliere i criteri tecnici da adottare, ma ci non equivale a discrezionalit amministrativa, in quanto nella scelta dei mezzi di valutazione essa Amministrazione deve mit. Il merito dell'atto amministrativo era, ed rimasto, al riparo dalle possibilit di intervento della giurisdizione. Non pare consentito perdere di vista che proprio la non sindacabilit del merito dell'atto costituisce la sostanza effettiva della imperativit dell'atto dell'amministrazione; e se si ammettesse la possibilit di un integrale riesame dell'attivit amministrativa ad opera della giurisdizione, e cio una illimitata pienezza della cognizione del giudice, si manderebbe in frantumi quel deUcato equilibrio tra due imperativit -della sentenza e dell'atto amministrativo -che caratteristica del nostro sistema di giustizia amministrativa (in senso lato), e si finirebbe per fare del giudice una sorta di amministratore in grado di appello. Ovviamente, dall'essere la cognizione del giudice, del giudice ordinario come di quello amministrativo, rispetto all'atto dell'amministrazione non piena ma limitata al sindacato di legittimit deriva che la tutela giurisdizionale deve necessariamente assumere modalit peculiari; fenomeno questo che connaturale al processo amministrativo, modellato di regola con riguardo all'atto, ma che non pu verificarsi anche nel processo civile, allorquando, appunto, in esso compaia un atto della amministrazione dotato di autorit. In altre parole, il processo civile non modellato in uno schema rigido, sempre eguale a se stesso, ma presenta multiformi tipologie, a seconda dell'ampiezza (e anche della qualit) della cognizione del giudice. Del resto, la possibilit e anzi l'utilit di una articolata variet di modi di esercizio della giurisdizione stata pienamente avvertita dalla Corte costituziona;le, la quale, proprio in relazione all'iart. 113 della Costituzione, ha pi volte affermato che detto articolo non impedisce alla legge ordinaria di regolare l'esercizio della tutela giurisdizionale nei modi e con la efficacia che pi aderisca alle singole situazioni (cos, tra le molte, Corte cost., 2 luglio 1966, n. 78, in Foro it., 1966, I, 1206). Una sottovalutazione delle possibilit del processo civile di fornire diversificate modalit di tutela giurisdizionale costituisce il substrato del tentativo (non nuovo ma che frequentemente si rinnova) di infrangere i limiti naturali del sindacato di legittimit con l'argomento che il sindacato sull'attivit tecnica attiene... alla quaestio facti , ragione per la quale sarebbe contrario ai principi che un giudke costituzionale competente sul fatto debba decidere una controversia senza poter avere del relativo fatto quella conoscenza che in geneire ha, riguardo ai :fatti di tutte le altre con RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 358 attenersi ai criteri predeterminati dalla legge; sicch il suo operato non si sottrae a sindacato da parte dell'A.G.O. ove i mezzi impiegati contrastino con il sistema regolato dalla legge. L'Amministrazione ricorrente invoca a sostegno della sua tesi anche una sentenza di questa Corte Suprema (1 febbraio 1961, nu~ mero 207) nella quale ,si sarebbe affermato il principio che, in materia di controversie doganali sulla estimazione delle merci da assoggettare a dazio d'impostazione, sussisterebbero solo interessi legittimi e non diritti soggettivi. Ma tale sentenza non ha propriamente riferimento alla materia della valutazione delle merci importate quanto piuttosto all'apprezzamento dello stato di avaria delle merci importate. Difatti, l'art. 1 del d.P.R. citato stabilisce che lo stato di avaria riscontrato nelle merci importate non ha effetti sulla applicazione del tributo, che troversie (CANNADA BARTOLI, op. e loco cit.). Invero, come sopra si osservato, nell'apprezzamento tecnico si ha un nucleo valutativo che non pu essere ridotto all'interno di una quaestio facti; e, comunque, la proposizione che si critica sembra affetta da una petizione di principio laddove asserisce che il giudice costituzionalment-e competente sul fatto mentre in discussione, tra l'altro, appunto la facolt della giurisdizione di riesaminare il fatto gi conosciuto e valutato dall'amministrazione. Una volta sgomberato il Campo dai due equivoci che si sono evidenziati, pu pervenirsi abbastanza agevolmente alla soluzione, a mio avviso, pi corretta del problema in esame, relativo alla modalit della tutela giurisdizionale in presenza di un apprezzamento tecnico .della P. A. Come si visto, la giurisdizione garante unicamente della legalit; ne consegue che il si:ndacato sull'apprezz.amento tecnico pu dal giudice essere esercitato solo in modi compatibili con la non superabilit dei limiti del controllo di legalit. Cos, potrebbe dirsi, per esclusione, si perviene a concludere che il sindacato della giurisdizione, anche di quella ordinaria, pu essere solo indiretto e estrinseco: esso pu cio essere portato non sulla esattezza o preferibilit dell'apprezzamento tecnico, ma unicamente sulla conformit alla legge dell'attivit amministrativa svolta per la sua elaborazione e emissione (lo strumento concettuale del controllo indiretto ed estrinseco ben noto al giurista, e non solo al giurista europeo-continentale, anche se continua ad essere oggetto di un dibattito tra i pi aperti e impegnativi). Come gi da tempo stato osservato, il nostro diritto positivo considera come giudizi di legittimit quelli nei quali, senza compiere in via autonoma l'accertamento e la valutazione dei fatti, ci si Umita a controllare dall'esterno se l'organo che ha proceduto all'apprezzamento di merito lo abbia compiuto correttamente (cos CAPACCIOLI, L'estimazione cit., 156). Il controllo sull'apprezzamento tecnico esercitato dal giudice ordinario risulta, per quanto precede, non pi pieno e non pi intenso di quello esercitato dal giudice amministrativo. L'approccio , in sostanza, il medesimo per le due giurisdizioni; solo pu dubitarsi che il giudice ordinario possa spingersi tanto avanti quanto il giudice alffiffiinistrativo nel controllo sulla logicit (o ragionevolezza ) dell'azione amministrativa. Il carattere indiretto ed estrinseco del sindacato sull'apprezzamento tecnico porta con s la necessit di isolare dal giudizio il momento, per PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 359 nel caso in cui la tassazione avvenga ad vafo1"em pu essere tenuto conto, dalla Amministrazione doganale, dello stato di avaria, ma tale valutazione rimossa al prudente arbitrio della Amministrazione finanziaria sia quanto al riconoscimento dello stato di avaria sia quanto alla misura di incidenza di tale stato sulla tassazione. Tale diversa normativa che, in effetti, concede alla Ammini!strazione finanziaria la facolt di valutare o meno lo stato di avaria, pu giustifi.care l'esistenza in capo all'Amministrazione, di un potere discrezionale al riguardo, ma trattasi di una ipotesi speciale, che non ricorre nella fattispecie di cui alla controversia in esame. -(Omissis). cos dire, rescindente ; e per conseguenza pone il problema di configurare in qualche modo, all'interno ovvero all'esterno del processo, l'eventuale successivo momento rescissorio. Questo problema, ovvio, si pone soltanto per il processo dinanzi al giudice ordinario, il quale conosce dell'atto dell'amministrazione per valutarne la conformit alle leggi (art. 5 ~egge n. 2248 all. E); e si pone soltanto se l'apprezzamento tecnico risulta affetto da i1legittimit, e, pi esattamente, da una illegittimit non margin~le o successiva rispetto al nucleo valutativo dell'apprezzamento medesimo, ma tale da travolgerlo senza possibilit di una sua utilizzazione da parte del giudice. In assenza della previsione di un raccordo tra giurisdizione e amministrazione (ad esempio, analogo a quello previsto tra giudici diversi dall'art. 295 c.p.c.), e posto che il giudice ordinario non pu sostituirsi all'amministrazione e formulare un proprio apprezzamento, per i casi in cui non sia possibile decidere altrimenti la controversia (casi che dovrebbero risultare tutt'altro che frequenti), non rimane che configurare modalit_ di tutela articolate in una dichiarazione giudiziale cui faccia seguito, in ottemperanza, una rinnovazione di attivit amministrativa. In sostanza, un sistema simile a quello operante per la giurisdizione amministrativa, e che in quella sede realizza, con risultati sufficientemente adeguati, l'incontro e l'equilibrio tra due imperativit (BENVENUTI, voce Giudicato amministrativo, Enc. dir., 900), quella della sentenza e quella dell'atto di amministrazione. Tornando al particolare campo del contenzioso doganale, non potr il giudice modificare i risultati dell'analisi della merce, ... non potr valutare se una partita di tessuti lacerati possa ai fini doganali rientrare nella voce anvanzi fuori uso... (CHICCO, op. cit., 851), e, in genere, non potr sostituire la qualificazione merceologica o la valutazione o l'accertamento dell'origine effettuati dall'Amministrazione. Peraltro, a conclusione di questo discorso, deve auspicarsi la predisposizione di un migliore raccordo tra giurisdizione e amministrazione, il quale da un lato consenta a questa di esercitare anche in coordinamento con il processo civile le funzioni attribuitele dalla legge in via esclusiva (ad esempio, mediante lo strumento di una pronuncia interlocutoria temporaneamente sospensiva del procedimento giucliziairio, o quanto meno mediante una sorta di consulenza necessaria e, per la parte tecnica, vincolante dell'organo amministrativo competente), e, d'altro :Iato, conselllta alla giurisdizione di fornire con sollecitudine e a costi contenuti la tutela delle situazioni ,soggettive dei privati e delle Amministrazioni pubbliche. FRANCO FAVARA SEZIONE TERZA GIURISPRUDENZA CIVILE (*) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 19 gennaio 1973, n. 213 -Pres. Maccarone -Est. Bile -P. M. Pedace (conf.) -Stefanucci (avv. Corti e Marchini) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Tarin). Procedimento civile -Competenza della sezione specializzata per le controversie agrarie -Deduzione dell'esistenza di contratti soggetti a proroga -Decisione sulla base delle sole deduzioni delle parti. (1. 3 giugno 1950. n. 392, art. 1; 1. 2 marzo 1963, n. 320, art. 1). Procedimento civile -Competenza sezioni specializzate in controversie agrarie -Contratti agrari delle Amministrazioni dello Stato -Prevalenza della competenza delle sezioni specializzate sul foro dello Stato. (1. 2 marzo 1963, n. 320, art. 1; c.p.c., art. 25; t.u. 30 ottobre 1933, n. 1611, artt. 6 e 7). Quando davanti al giudice ordinario venga in discussione l'esistenza di un contratto agrario soggetto a proroga, ii giudice adito deve rimetitere la controversia alla competente sezione specializzata, salva l'ipotesi che, deliberando la causa ai fini deU'accertamento deUa competenza, ritenga la esistenza del contratto o l'invocata (proroga, sulla1 base delle sole deduzioni delle parti manifestamente infondate e sollevata a scopo meramente dilatorio (1). La competenza delle sezioni specializzale per controversie agrarie p1evale rispetto a quella del foro deUo Stato (2). (1-2) Le due massime estratte dalla annotata sentenza riproducono principi da tempo consolidati (v. 1sulla prima in senso conforme da ultimo Cass., 21 giugno 1972, n. 2005, in Foro it. mass., 1972, 613; Cass., 21 giugno 1972, n. 2031, ivi, 619; Cass., 27 giugno 1972, n. 2202, ivi, 670 e suna seconda Cass., 3 ottobre 1969, n. 3162, in Giust. civ., 1970, I, 239; Cass., 24 luglio (*) Alla redazione delle massime e delle note di questa Sezione ha collaborato anche l'avv. Adriano RossI. -- PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 361 (Omissis). -Con l'unico motivo del ricorso, i ricorrenti lament~ no che il Tribunale di Firenze abbia respinto l'eccezione di incompetenza, da essi sollevata sotto il profilo dell'esistenza di un contratto di affitto di fondi rustici assoggettato alla legislazione vincolistica ed alla competenza delle Sezioni specializzate agrarie, ed abbia invece esaminato il merito della questione negando, malgrado le contrarie risultanze processuali, che fra l'Amministrazione e gli Stefanucci fosse stato stipulato un contratto di affitto. La censura fondata. Questa Corte ha ripetutamente affermato che ove, in sede ordinaria, venga dedotta l'esistenza di un contratto agrario soggetto a proroga legale e conseguentemente venga invocata la proroga medesima, il giudice adito deve rimettere la controversia alla competente sezione specializzata, salva l'ipotesi in cui, delibando la causa ai fini dell'accertamento della competenza, ritenga la relativa eccezione, sulla base delle sole deduzioni delle parti, manifestamente infondata e sollevata a scopo meramente dilatorio. Nella specie gli attuali ricorrenti hanno tempestivamente eccepito l'incompetenza del giudice ordinario a conoscere della domanda di rilascio dei terreni da essi detenuti, invocando l'esistenza di un contratto di affitto, avente ad oggetto tali terreni, soggetto alle leggi di proroga. E poich risulta dallo stesso atto introduttivo del giudizio che l'Amministrazione aveva a suo tempo consegnato i terreni agli Stefa 1969, n. 2815, in questa Rassegna, 1969, I, 661. Contra Cass., 26 gennaio 1968, n. 254, in questa Rassegna, 1968, I, 417). Non sembra q:ier che di tali principi, e specialmente del primo, la sentenza abbia fatto, nel caso sottoposto al suo esame, esatta applicazione. Il Ministero, promuovendo il giudizio, aveva dedotto di aver consegnato in via provvisoria ai convenuti, in vista della successiva stipula di un contratto di fitto, poi non concluso, alcuni appezzamenti di terreno. I convenuti, costituendosi, eccepivano di godere dei terreni in base ad un contratto di affitto sottoposto alla legislazione vincolistica. Il Tribunale di Firenze aveva ritenuto la propria competenza. La Corte di cassazione ha dichiarato, a seguito di istanza di regolamento di competenza promossa dai convenuti, la competenza della sezione specializzata agraria presso il Tribunale di Pisa. A giustificazione di tale conclusione la S.C. ha osservato che, avendo i convenuti eccepito l'esistenza di un .contratto soggetto a proroga e " poich risulta dallo stesso atto introduttivo del giudizio che l'Amministrazione aveva a :suo tempo consegnato i terreni agli Stefanucci affinch essi li coltivassero, determinando un corrispettivo per il loro uso e per quello del fabbricato, su di essi esistente, il Tribunale non avrebbe potuto esdudere, come invece ha fatto, che fra le parti fosse intercorso un rapporto agrario di affitto e coltivatore diretto senza eccedere i limiti di una semplice delebazione . Non sembra invece da condividere l'annotata sentenza laddove ha omesso di considerare che RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO nucci affinch essi li coltivassero, determinando un corrispettivo per il loro uso e per quello del fabbricato su di essi esistente, il Tribunale di Firenze non avrebbe potuto escludere, come invece ha fatto, che fra le parti fosse intercorso un rapporto agrario di affitto a coltivatore diretto senza eccedere i limiti di una semplice delibazione, e quindi violando il principio dianzi enunciato, in base al quale l'indagine volta ad eccertare la sussiJstenza in concreto dell'invocato contratto agrario riservata in via esclusiva alla sezione specializzata.. Esclusa cos la competenza del giudice ordinario, la causa deve essere attribuita alla competenza della Sezione specializzata agraria preS1So il Tribunale di Pisa, nel cui circondario sono situati i terreni, e non a quella presso il Tribunale di Firenze, ove ha sede l'Avvocatura dello Stato. La questione dei rapporti tra foro specializzato e foro erariale ---decisa in un primo momento nel senso della prevalenza di questo ultimo (cfr. Cass., 26 gennaio 1968, n. 254) - stata successivamente riesaminata e pi correttamente decisa da questa Corte nell'opposto senso (cfr. Cass., 24 luglio 1969, n. 2815, e 3 ottobre 1969, n. 3162:), in base alla considerazione che la competenza delle Sezioni specializzate ha non soltanto carattere funzionale ratione materiae, ma anche territorialmente inderogabile -onde prevale rispetto a quella del foro dello Stato -in ragione del collegamento, voluto dal legislatore, fra le definizione delle controversie e la particolare esperienza delle situazioni locali propria dell'organo specializzato, qualificato della presenza degli esperti in veste di giudici non togati. -(Omissis). in forza dell'art. 17 del r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, sulla contabilit generale dello Stato, per la valida conclusione di un contratto da parte di una Pubblica Amministrazione sempre necessario almeno l'atto scritto (v. da ultimo Cass., 27 giugno 1972, n. 2200, in Foro it., mass. 1972, 670; Cass., 6 aprile 1966, n. 905, in questa Rassegna, 1966, I, 1067, ove ulteriori richiami; v. pure Cons. Stato, Sez. I, 10 ottobre 1969, n. 1500, in Foro amm., 1970, I, 2, 247). Ed chiaro come la mancata esibizione dell'atto seri-Ho fosse da s sufficiente per escludere l'esistenza del contratto e tale circostanza era rilevabile anche in sede di mera deliberazione della questione ai fini della pronunzia 1sulla competenza. N, infine, avrebbe potuto escludersi la competenza del tribunale ordinario invocando la nuova disciplina sulle sezioni specializzate contenuta nell'art. 26, primo comma, legge 11 febbraio 1971, n. 11, ,pwch tale norma, pur ampliando la competenza delle sezioni a tutte le controversie relative all'applicazione di J.eggi speciali in materia di contratti agrari, ha mantenuto ferma la competenza del giudice ordinario in ordine all'applicazione delle norme di carattere generale sul contratto di affitto, fra cui certamnete ricompresa quella dell'esistenza del contratto (v. sull'interpretazione della legge n. 11, del 1971 la recente decisione del S.C., 19 gennaio 1972, n. 137, in Foro it., 1972, I, 3559). PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 363 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 19 gennaio 1973, n. 215 -P1es. Malfitano -Est. Sgroi -P. M. Valente (conf.) -Franciolini (avv. Pizzolo) c. Ministero Difesa Esercito (avv. Stato Angelini-Rota). Responsabilit civile -Estinzione del reato per prescrizione -Diritto al risarcimento del danno derivante dal reato -Prescrizione. (e.e., art. 2947; e.p., art.. 198'). Il diritto al risarcimento del danno che deriv da fatto mecito considerato daLla legge come reato si estingue in caso di estinzione del reato stesso per prescrizione (1). (Omissis). -Con il primo motivo il ricorrente, denunciando la violazione degli artt. 74, comma terzo c.p.p., 198 c.p. e 2947 e.e., sostiene che la decorrenza della prescrizione del diritto da lui fatto valere in giudizio avrebbe avuto inizio dopo il procedimento per l'accertamento del reato in 1sede penale, e cio dalla data del decreto di archiviazione (28 febbraio 1962), con il quale stata ritenuta improponibile l'azione penale per sopravvenuta prescrizione del delitto di falsit ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici. Questa censura inaccoglibile, essendo fondata l'eccezione di prescrizione del diritto al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali (sollevata nel giudizio di merito dal Ministero della DifesaEsercito), come ha esattamente ritenuto la Corte d'appello, uniformandosi al principio pi volte enunciato in materia dalla S. C. (cfr. Cass., 17 settembre 1970, n. 1515; Cass., 9 aprile 1964, n. 906). Si deve precisare, in limine, che a fondam.ento della propria pretesa il Franciolini ha invocato il fatto illecito-reato di fa1'so. Su questa individuazione delle ragioni e del contenuto della domanda non (1) L'annotata sentenza ribadisce e consolida l'insegnamento, che costituisce puntuale applicazione del principio contenuto nell'art. 2947, terzo comma cod. civ., gi affermato nelle senteR:zie 17 settembre 1970, n. 1515 (in Giust. civ., 1971, I, 145); 9 aprile 1964, n. 806 (in Giust. civ., 1964, [, 108) (entrambe richiamate in motivazione); nonch 24 marzo 1961, n. 671, (in Resp. civ. e prev., 1961, 435). Conforme in dottrina DE CUPIS, n danno, Milano, 1970, vol. II, p. 253 ss. Il S.C. ha esattamente precisato che il contenuto precettivo del terzo comma dell'art. 294:7 cod. civ., sarebbe disatteso se si ritenesse che in caso di pronunzia irrevocabile del giudice penale, che dkhiari la prescrizione del reato, il termine di decorrenza della prescrizione venisse fatto decorrere dalla data di detta pronuncia. La stessa Corte ha altres puntualizzato che l'art. 198 cod. per., secondo il quale l'estinzione del reato non importa l'estinzione delle obbligazioni civili, va coordinata con la disciplina contenuta nel'art. 294'7 che regola specificamente le conseguenze della prescrizione del reato sull'azione civile. In sostanza l'art. 198 cod. pen., non pu invocarsi per superare il disposto dell'art. 2947 cod. civ., at~so che gli effetti delle cause estintive del RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO pu cadere dubbio alcuno, sia perch essa stata operata, in base ad un convincente apprezzamento discrezionale, dal giudice di primo grado (che sul punto non fu menomamente censurato in sede di gravame, essendosi, anzi il Franciolini attenuto a tale impostazione) sia perch -qualora vi fosse stata da dirimere qualche residua perplessit in proposito -anche nel ricorso per Cassazione e nella memoria difensiva il ricorrente ha ribadito di aver richiesto il risarcimento dei danni conseguenti al reato consumato da pubblico ufficiale e lesivo dei propri diritti. Senonch, essendo ormai trascorso un quarantennio circa dalla data in cui -mediante la redazione del verbale la cui falsit (totale o parziale, non interessa qui stabilire) stata accertata dal giudice civile -sarebbe stato commesso il reato previsto e punito dall'art. 479 c.p. questo, come ha rilevato il giudice penale e come ha confermato la Corte di merito, sicuramente estinto per prescrizione. Ora, quando il diritto al risarcimento del danno derivi da fatto illecito considerato dalla legge come reato, in caso di estinzione del reato stesso per prescrizione, quel diritto si estingue anche esso per prescrizione nello stesso termine. Questa regola si desume dal tenore letterale dell'art. 2947, comma terzo, e.e., che e,spressamente eccettua dall'applicazione della norma relativa alla speciale decorrenza del termine di prescrizione dalla data di estinzione del reato (anzich dal giorno in cui Il fatto si verificato, che la disposizione del primo comma fissa come termine di decorrenza valido in via generale) l'ipotesi di estinzione del reato per prescrizione. Nell'ambito di un sistema che ha voluto tendenzialmente assicurare, per motivi evidenti di razionalit e di equit, la coincidenza dei termini di prescrizione in sede penale e in sede civile, allorch il fatto illecito costituisca reato, il rapporto tra le due regole ricordate si spiega col rilievo che 'Si ritenuto sufficiente la protezione accordata alla persona offesa dal reato mediante la sottoposizione del diritto al risarcimento allo stesso termine fissato per la prescrizione dell'azione penale, allorch questo sia pi lungo di quelli stabiliti dall'art. 2947 e.e. reato sulle obbligazioni civili da esso derivanti sono regolate essenzialmente dalla legge civile. 11 contenuto precettivo dell'art. 198 cod. pen., conforta, invece, la tesi sostenuta in dottrina (v. AZZARITI ScARPELLo, Prescrizioni e decadenza, in Commentario del cod. civ. a cura di ScIALOJA e BRANCA, 1953, rp. 627 ss.) secondo cui, anche in caso di prescrizione del reato, il diritto al risarcimento del danno non si estingue ove il titolare abbia in precedenza posto in essere validi (secondo la legge civile) atti interruttivi della prescrizione. Conf. FERRuccr, Commentario al codice civile, art. 2934-2969, Torino, 1964, p. 462 ss.). Sulla nozione di sentenza irrevocabile nel processo penale v. nota redazionale in questa Rivista, 1970, I, 236. ! ~ PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE L'esistenza della regola applicabile nella particolare ipotesi di estinzione del reato per prescrizione -che si desume chiaramente dal significato letterale e logico dell'art. 2947, comma terzo -sarebbe disconosciuta se si accedesse all'assunto, sostenuto dal ricorrente, secondo cui l'emanazione di un qualsiasi provvedimento del giudice penale, dichiarativo della prescrizione del reato, valesse a spostare, a partire dalla sua data, la decorrenza del termine di prescrizione del diritto al risal'cimento. In contrario non pu invocarsi il disposto dello art. 198 c.p. il quale stabilisce che l'estinzione del reato non importa l'estinzione delle obbligazioni civili derivanti dal reato stesso. Si tratta, invero, di una norma che va coordinata con la disciplina dell'estinzione, per prescrizione, del diritto al risarcimento del danno dipendente dal fatto illecito-reato, quale risulta dettata nella sedes mate- 1iae: in questa --e non nell'art. 193 citato, che ha riguardo genericamente a tutte le cause estintive del 11eato, comprese quelle che prescindono dal trascorrere del tempo e che diretto ad escludere l'automatico e indiscriminato tradursi di tali cause in cause estintive delle obbligazioni civili derivanti dal reato -deve esser ricercato il principio regolatore della questione in esame, che pu essere enunciato nei sensi sopra specificati. La stessa conclusione va accolta in ordine all'asserito danno non patrimoniale, per il quale si applica, quanto alla prescrizione, la stessa disciplina dettata per il risarcimento del danno patrimo,niale. ( Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 29 gennaio F73, n. 269 -Pres. Caporaso -Est. Milano -P. M. Del Grosso (conf.) -Ente Nazionale Energia Elettrica (E.N.E.L.) (avv. Cagliati Dezza, Setti e Volpati) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Coronas) e Societ Italiana per l'Esercizio Telefonico (S.I.P.) (avv. Sequi e Nicol). Energia elettrica -Imprese esercenti in via esclusiva o principale attivit elettriche -Trasferimento all'E.N.E.L di tutti i rapporti giuridici attivi e passivi. (1. 6 dicembre 1962, n. 1643, artt. 1, 2, 4, n. 1; d.P.R. 4 febbraio 1963, n. 36, artt. 2, 5, 6). Imposta di ricchezza mobile -Spese per il pagamento dell'imposta sulle societ -Indetraibilit. (t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, artt. 91 e seg.). Per le im.prese esercenti in via esdusiva o principale attivit elettriche gestite da societ di capitali la nazionalizzazione determina il trasferimento alL'Enel di tutti i beni e i rapporti giuridici facenti RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO capo alle imprese stesse, con la sola possibilit di individuazione e retrocessione di singoli beni materiali che siano riconosciuti estranei all'esercizio di attivit elettrica (1). Le somme corrisposte a titolo di imposta sulle societ non possono essere ri.tenute spese o peidite deducibiii ai fini della determinazione della base impor.iibile dell'imposta di ricchezza mobile (2). (Omissis). -Con i primi tre motivi del suo ricorso -che vanno esaminati congiuntamente perch, sotto diverso profilo, censurano la ritenuta legittimazione, sostanziale e processuale, dell'Enel -quest'ultimo, denunciando la violazione e la falsa applicazione degli artt. 2, 3, 4, 5, 8, 81 e 85 del t.u. delle leggi sulle imposte dirette approvato con d.p. 29 gennaio 1958, n. 645, in relazione agli artt. 1, 2, 4 n. 1 e 10 legge 6 dicembre 1962, n. 1643, 2, comma primo, 5 e 6 d.p. 4 febbraio 1963, n. 36, 1 d.p. 29 marzo 1963, n. 339, 12, comma primo, 14 e 15 disposizioni sulla legge in generale, nonch omessa motivazione su punto decisivo, si duole che la Corte di merito abbia ritenuto: a) che esso ente fosse tenuto al pagamento dell'imposta di ricchezza mobile cat. B, relativa ad un periodo anteriore alla nazionalizzazione del- l'impresa elettrica, nel quale l'azienda era stata gestita dalla societ incorporata, non essendo l'Enel sottentrato in tutti i rapporti afferenti alla pregressa gestione aziendale e, quindi, anche nei debiti di imposta, n a titolo i successione universale, n in conseguenza del trasferimento negoziale dell'azienda; b) che, a seguito della nazionalizzazione, non sopravvisse a carico dell'impresa espropriata alcun rapporto obbligatorio di imposta. Sostiene in proposito che, concretando il trasferimento dell'impresa elettrica una situazione analoga a quella della cessione di Zienda, la Corte di merito avrebbe dovuto applicare nel caso di specie la norma dell'art. 197 del richia( 1-2) Il principio enunciato nella prima massima costituistte conferma dell'i.ndirizzo ormai costante della giurisprudenza del S.C. in ordine all'interpretazione della normativa sulla nazionalizzazione della eriergia elettrtca (oltve le sentenze citate nella decisione annotata, v. da ultimo Cass., 4 dicembre 1971, n. 3527, e C:ass., 4 dicembre 1971, n. 3525, in Foro it., 1972, I, 344 e 345), nonch per ulteriori richiami SICONOLFI, Il trasferimento dell'impresa nella legge di nazionalizzazione elettrica ed i rapporti giuridici, in questa Rassegna, 1970, I, 778). Poich peral!tro la istessa Corte, con giUJrisprudenza anch'essa costante, continua ad affermare che il trasferimento delle imprese elettriche aU'Enel realizza una .succesione a titolo particolare (v. da ultimo Cass., 22 gennaio 1972, n. 162, Giust. civ., 1972, I, 1855, ove nota di richiami) e non universale, per sorge il dubbio se nella seconda affermazione non possa ricavarsi un limite (per ora implicato) alla prima; nel senso che il tra.sferimento dei rapporti passivi attinenti alle imprese nazionalizzate non PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 367 mato t.u. del 1958, che prevede la limitazione dell'accollo dei debiti dell'azienda trasferita. Aggiunge che, d'altra parte, colpendo l'imposta di R. M. c:at. B il reddito e, quindi, il risultato dell'esercizio dell'impresa, il relativo debito, rientrando nel patrimonio del soggetto imprenditore, deve fare carico a quest'ultimo anche in seguito alla nazionalizzazione dell'impresa. Le riassunte censure non sono fondate. Con le stesse si ripropone all'esame di questa Corte Suprema la nota questione, relativa alla individuazione del soggetto passivo nei rapporti relativi alle imprese elettriche nazionalizzate e trasferite all'Enel, che stata risolta in senso sfavorevole all'ente ricorrente con le sentenze delle Sezioni Unite di questa Corte n. 2988 del 28 settembre 1968 e nn. 1173, 1174, 1175 e 1177 del 24 aprile 1970, con le quali si affermato il principio che per le imprese esevcenti in via esclusiva o principale attivit elettriche, gestite da societ di capitali, la nazionalizzazione implica il totale trasferimento di tutti i beni e rapporti giuridici facnti capo alle imprese stesse, con la sola possibilit di individuazione e retrocessione dei beni materiali, riconosciuti estranei all'esevcizio dell'attivit elettrica. L'esattezza di tale principio, anche se non condiviso da una parte della dottrina, stata confermata e ribadita, con dovizia di argomentazioni dalle Sezioni Unite con le recenti decisioni nn. 3525 e 3527 del 4 dicembre 1971, nonch da questa stessa Sezione con sentenza n. 2643 del 7 agosto 1972, per cui ben pu dirsi che la giurisprudenza di questa Corte Suprema si ormai in tale senso consolidata. Da tale giurisprudenza, informata, come , ai canoni della pi stretta ed ortodossa ermeneutica, non intende discostarsi la Corte per la risoluzione della questione sottoposta ora nuovamente al suo esame e ritiene che, a tale fine, non sia neppure necessario un riesame par- incontri per avventura dei limiti derivanti dalle particolari modalit stabilite per la determinazione dell'indennizzo. Come rileva l'annotata decisione, che riassume sostanzialmente le osservazioni svolte nei precedenti arresti, in forza dell'art. 5 della legge n. 1643 del 1962 l'indennizzo viene determinato (in ciascuna delle ipotesi contemplate dai nn. 1, 2 e 4), in misura corrispondente al valore complessivo dell'azienda. Ci presuppone, evidentemente, che i presupposti del debito non solo siano stati posti in essere prima che sia stato operatq il passaggio dei beni dall'impresa espropriata all'Ente elettrico (per la determinazione temporale del passaggio, v. art. 2 d.P.\R. n. 36 del 1963), ma altres, che l'intera fattispecie costitutiva del rapporto sia perfezionata. In mancanza, quando cio la fattispecie concreta del debito si perfezioni soltanto dopo il passaggio dei rapporti (gi costituiti) 1all'Enel, non sembra possibile addossare a quest'ultimo ente .le relative responsabilit, atteso che nella determinazione dell'indennizzo non si pu tenere conto 7 368 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ticolareggiato degli argomenti svolti nelle precedenti pronunce, essendo sufficiente ribadire: a) che nell'art. 4, n. 1, della legge 6 dicembre 1962, n. 1643 e negli artt. 2 e 3 d.p. 4 febbraio 1963, n. 36 sono previsti il trasferimento del complesso dei beni e dei rapporti dell'impresa nazionalizzata e la restituzione soltanto di alcuni beni, sicch da tali disposizioni stato desumere che i rapporti non possono essere restituiti se non inerenti ai beni restituibili e di fatto restituiti; b) che secondo la disposizione dell'art. 5 dell'anzidetta legge l'indennizzo viene determinato in misura corrispondente al valore complessivo dell'azienda e ne prevista la riduzione in corrispondenza dei beni restituiti ma non l'aumento in relazione alla restituzione di debiti, per cui da ritenere che quest'ultima restituzione non sia stata voluta dalla legge; e) che, d'altra parte, estremamente difficoltosu l'accertare l'inerenza o meno di un determinato rapporto giuridico all'attivit caratterizzante dell'impresa elettrica, per il difetto di elementi obiettivi, quali sono quelli, invece, che possono presentarsi in relazione all'utilizzazione di. un bene. Vero che la fondatezza di queste valide e convincenti ragioni contestata dall'ente ricorrente, ma le obiezioni addotte non sono nuove essendo state ampiamente esaminate e disattese dalle Sezioni Unite di questa Corte con le richiamate decisioni n. 3525 e n. 3527 del 1971. Si stima, perci, opportuno, al fine di evitare una inutile ripetizione, richiamarsi alla motivazione delle dette sentenze, respingendosi perci i primi tre motivi del ricorso. Con il quarto motivo l'ente ricorrente, denunciando la violazione degli artt. 31 e 32 t.u. 24 agosto 1967, n. 4021 in relazione agli artt. 91, di un debito, che pu incidere in modo xilevante sul vafore del complesso dei rapporti trasforiti, non ancora evidenziato. Con queste precisazioni la girnrisprudenza in esame, la quale finisce con obbiettivizzare la ragione di impresa, pur senza accogliere la tesi autorevolmente sostenuta che costituisce l'impresa come un diritto (v. NICOL, Riflessioni sul tema dell'impresa e su talune esigenze di una moderna dottrina del diritto civile, in Riv. dir. comm., 1956, I, 177; IDEM, Il trasferimento di impresa nella sistemativa delle leggi di nazionalizzazione, in Riv. dir. comm., 1969, I, 273. Contra FERRI G., Societ e impiesa nelle leggi di. nazionalizzazione, in Riv. dir. comm.; 1967, 287; SANTINI, Le teorie dell'impresa (civillisti e laburisti a confronto), in Riv. dir. civ., 1970, I, 405, ove ampio esame della materia) pu essere accettata. Il principio affermato nella seconda massima costituisce jus recoeptum. V. da ultimo Cass., 4 dicembre 1971, n. 3527, in questa Rassegna, 1972, I, 123, ove ulteriori richiami a cui adde Cass., 13 luglio 1971, n. 22.45, in Dir. prat. trib., 1972, I, 12, con nota contraria di STELLA RICHTER P., Il problema della inerenza della spesa al reddito di ricchezza mobile. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 97 e 99 del gi citato t.u. n. 645 del 1958, si duole che l'impugnata sentenza abbia ritenuto che la spesa sostenuta per il pagamento dell'imposta sulle societ non inerisce alla produzione del reddito e non , quindi, detraibile dal reddito imponibile lordo, ai fini dell'applicazione dell'imposta di R. M. cat. B. Sostiene in proposito che, l'imposta sulle societ ha la sua ragione di essere dall'esistenza stessa, in un determinato modo e momento, del soggetto tassabile, per cui non pu negarsi che l'esborso del tributo inerisca alla produzione del reddito. Anche questo motivo va disatteso, giacch la Corte di merito, nel negare la detraibilit dell'imposta sulle societ dall'imponibile della ricchezza mobile, si uniformata ad una pronuncia di questo Supremo Collegio (Sez. Un., 12 gennaio 1967, n. 125), cui hanno fatto seguito numerosissime altre decisioni conformi (Sez. Un., sentenze nn. 507, 508, 509, 510, 511, 513, 514 e 516 del 1971; Sez. I, sentenze nn. 1888 e 2245 del 1971 e n. 2643 del 1972) con le quali la questione, che il motivo di ricorso ripropone, stato oggetto di un completo riesame. Per respingere il motivo in esame , pertanto, sufficiente ribadire che l'imposta sulle societ, per i suoi caratteri di unicit, globalit, addizionalit e personalit, non inerente alla produzione del reddito, ma soltanto al soggetto tassabile in base al bilancio; non preordinata funzionalmente alla produzione, ma la segue; non costituisce una spesa di carattere produttivo, ma piuttosto una spesa appena legata al reddito da un vincolo vago e generico e non gi strumentale e specifico. Essa, pertanto, non pu essere ritenuta una spesa o perdita deducibile ai fini della formazione della base imponibile dell'imposta di ricchezza mobile. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. II, 2 febbraio 1973, n. 324 -Pres. Ferrati -Est. Barbera -P. M. Chir (conf.) -Valecchi (avv. Assennati) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Siconolfi). Lavoro -In genere -Qualificazione giuridica del rapporto di lavoro - Censurabilit in Cassazione -Limiti. (e.e., artt. 1362, 2094, 2222). Lavoro -Lavoro autonomo -Differenza dal lavoro subordinato. (e.e., artt. 2094, 2222). In tema di accertamento dell'esistenza di un rapporto di lavoTo, censurabi.ie in sede di legittimit l'individuazione dei crriteTi astratrti e generali che caratterizzano e distinguono il rappoTto di lavoro autonomo da quello subordinato, mentre la valutazione delle circostanze RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 370 di fatto, ritenute rilevanti per detta qualificazione, 1e1sta sottratta al controllo da parte della Corte di cassazione, se sorretta da motivazione immune da e?rori di diritto e di logica (1). Mentre nel contratto d'opera il prestato1e di lavoro promevte il risultato dell'attivit svolta a suo rischio, nel rapporto di lavoro subordinato le parti convengono una prestazione di lavoro senza diretto riferimento al risultato dell'opera prestata (2). (Omissis). -La ricorrente denuncia nel primo motivo la violazione ed erronea interpretazione degli artt. 2094 e 2222 e.e. sia per errati Criteri giuridici premessi alla valutazione differenzile dei due istituti sia per errata interpretazione giuridica delle rsultanze delle indagini rprobatorie. Nel secondo mezzo la ricorrente denuncia la violazione degli articoli 161, 132, n. 4, e 360, n. 5, c.p.c. per grave e palese vizio metodologico nella valutazione delle prove, essendo stato adottato nella decisione il .criterio della compatibilit col rapporto di lavoro autonomo anzich quello della tipicit o deila incompatibilit col rapporto di lavoro subordinato, con il totale difetto nella motivazione di ogni valutazione analitica delle risultanze probatorie. Nei due mezzi, che sono collegati fra di loro, la ricorrente muove, in particolare, alla sentenza impugnata, le seguenti censure: a) che, anche nel caso in cui la retribuzione sia commisurata al risultato del lavoro, d non denota senz'altro l'esistenza di un rap (1) Un caso di prestazione di opera a favore dello Stato. La sentenza che ,si annota'fa puntua1e e corretta applicazione dei principi regolanti la materia. In relazione alla caratterizzazione delle censure (adottate) da controparte avverso la pronunzia della Corte di appello di Perugia, il tema di indagine proposto al giudice di legittimit il'isultato contenuto nell'ambito degli schemi usualmente utilizzati nelle controversie tra privati, nelle quali si controverte in ordine ialla ricorrenza dell'una piuttosto che dell'altra categoria negoziale. Ma, anche se esula dall'area della pronunzia la tematica relativa alle prestazioni di opera o di lavoro subordinato nei confronti dello Stato o degli enti pubblici -e su tali aspetti specifici ci si intratterr brevemente di seguito -pare utile verificare, per gli indubbi riflessi pratici, i caratteri discretivi dei due terzi di rapporti. Si trattava, in sostanza, di valutare, ai fini indicati, una prestazione, protrattasi per tredici anni, a carattere manuale, consistente nell'incombenza della pulizia dei locali di un ufficio pubblico e nell'accensione tempestiva dei calorimetri per il periodo invernale, verso un corrispettivo fisso mensile, forfettariamente predeterminato, con l'aggiunta della gratifica natalizia. Pur non essendo stabilito un orario fisso di lavoro, non dovevano ovviamente verificarsi interferenze con la normale attivit dell'ufficio. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 371 porto di lavoro autonomo, perch nel lavoro subordinato prevista anche la retribuzione a cottimo, commisurata al risultato del lvoro prestato; b) che, quando le prestazioni lavorative possono, per la loro natura, formare oggetto sia di n rapporto di lavoro subordinato che di un contratto d'opera, per procedere all'esatta qualificazione del rapporto 'Si deve avere riguardo al modo con cui le parti hanno concretamente configurato il rapporto, avuto rigual'do alla sua tipicit, e non alla compatibilit con gli elementi caratteristici dell'uno o dell'altro istituto; e l'errore di metodo della Corte non stato senza conseguenze, avendo il giudice di merito applicato il criterio della com- I mezzi necesl3ari (scope, detersivi, strofinacci) venivano poi forniti dal committente. Gi i giudici di merito, con sviariate pronunzie, hanno ricompreso tale tipo di prestazione nell'ambito del contratto di opera e, per completezza infoillmativa, qui di ,seguito 'si richiamano: tribunale di S. Maria Capua Vetere, 21 giugno 1967 (massima in Rep. Foro it., 1968, col. 1422, n. 150; tribunale di Napoli 8 luglio 1965 (massima in Rep. Foro it., 1967, col. 1383, n. 155, e motiV'azione in Riv. Tributi locali, 1967, 71); tribunale Napoli 15 gennaio 1962, in Rep. Foro it., 1962, col. 1598, n. 163; tribunale S. Maria Capua Vetere, 11 luglio 1962, in Rep. Foro it., 1962, col. 1598, n. 163; tribunale Vicenza, 17 giugno 1958, in Rep. Giur. it., 1959, col. 2334, n. 11; app. Torino, 3 aprile 1959, in Rep. Giur. it., 1959, col. 2333, n. 3; tribunale Chiavari, 4 marzo 1964, in Rep. Foro it., 19<64, nn. 701-702. (2) Conformandosi ai consolidati e pacifici pr1incipi adottati !L'ipetutamente ltlella materia, il Supl'emo CoUegio ha l'avvisato il criterio distintivo basilare dell'opera autonoma (art. 2222 e.e.), rispetto al lavoro subordinato (art. 2094 e.e.), nel fatto che nel secondo (la locatio operarum del diritto romano) l'oggetto della prestazione ravvisabile nello svolgimento di una attivit, nell'impiego di energie fi.siche o intellettuali, messe a disposizione di un datore di lavoro (v. Cass., 10 luglio 1971, n. 2232; 10 luglio 1971, n. 2226; 5 aprile 1971, n. 995). Nel primo (locatio operis) viene dedotto in contratto invece il risultato di un'attivit, o il fine o lo scopo ultimo cui essa preordinata, rappresentato dall'opera o dal servizio pattuito. (Cass., 14 luglio 1971, n. 68; 28 maggio 1971, n. 1598; 17 ottobre 1970, n. 206-3, MrnABELLI GIUSEPPE, Dei singoli contratti, commento art. 1651 e 2222). In termini pi sintetici, la fattispecie legale di cui all'art. 2222 e.e. postula la promessa di un risultato; quella di cui all'art. 2094 e.e., presuppone solo J.a promesisa di un'attivit (v. Cass., 14 gennaio 1971, n. 68). Magna divisio, quella riportata, da assumersi in via di massima, tanto che sono ravvisabili forme di lavoro subordinato quale quello a cottimo (art. 2100), o nella partecipazione agli utili (art. 2102 e.e.), in cui costituisce punto di riferimento nella dinamica contrattuale il risultato del lavoro prestato, piuttosto che quest'ultimo in s considerato (v. Cass., 15 giugno 1943, n. 1480). Hanno, poi, rilievo di connotati essenziali per la prestazione di opera il requisito dell'autonomia dell'attivit strumentalmente necessaria per il conseguimento del risultato finito con le implicazioni dell'assunzione del 372 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO patibilit con l'unico termine di raffronto del contratto d'opera, anzich comparare gli elementi 'con il rapporto di lavoro subordinato; e) che l'inesistenza di un obbligo di orario non era decisivo per escludere l'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato, non essendo indi'Spensabile che l'attivit lavorativa venisse prestata senza interruzione; e che, peraltro, nella specie, gli stessi giudici di appello avevano dato atto che la ricorrente aveva l'obbligo di prestare il suo lavoro prima che fosse aperto l'ufficio, e per talune incombenze (accensione delle stufe) non molto tempo prima di tale apertura; d) che la subordinazione non doveva essere intesa in senso assoluto, bensi consentiva un margine di autonomia in relazione alla rischio in capo al prestatore e normalmente (ma no con valore assoluto) della predisposizione dei mezzi. Il rapporto di lavoro subordinato postula invece, come dato che gli connaturale, l'inserimento del soggetto, prestatore delle proprie energie, nell'intrapresa economica in cui opera in posizione dipendente col correlato affrancamento dal rischio di gestione o di esercizio di essa. Al fine di una pi precisa caratterizzazione del lavoratore autonomo in senso stretto va rilevato che, questi, che di solito un artigiano o un piccolo imprenditore, compie un'attivit organizzativa od esecutiva che ha il fulcro nella sua stessa persona (LUISA SANSEVERINO, in commento a cura di Scialoi!a art. 2222 e.e.); ove egli affidasse invece il conseguimento del irisultato ;promesso ad un'impresa, iancorch a lui facente capo, si decamperebbe dall'esaminato schema negoziale. , Alla figura generica ed atipica rego1ata dall'art. 2222 e.e., in tal caso, subentrano gli specifici contratti tipici dell'appalto (art. 1655 e.e.), trasporto (art. 1681 e.e.) ed altri, che presuppongono come parti contraenti organizzazioni imprenditoriali di medie o grandi proporzioni (v. GIUSEPPE MmABELLI, Dei singoli contratti, commento iart. 2222 e.e.). (3) Ci premesso in via di principio e considerato che nell'estrema variet del commercio giuridico pu non essere del tutto agevole l'identificazione del tipo negoziale, onde occorre aver sempre presente in una visione globale il modo di configurazione del rapporto (Cass., 6 febbraio 1967, n. 320; 15 maggio 1971, n. 4323), piuttosto che il nomen iuris usato dalle parti, si passa ad un pi compiuto esame dei connotati differenziali dinanzi cennati. A) La subordinazione e collaborazione in contrapposto all'au.tonomia della prestazione. La collaborazione e subordinazione sono aspetti complementari, imprescindibili nel 1avoro subordinato, ed estranei alla prestazione d'opera, anche se la variet di situazioni della vita giuridica pu attenuarne la ricorrenza in concreto. La collaborazione, nella 'sua accezione basilare, rappresenta l'inserimento continuativo e sistematico del lavoratore nell'organizzazione tecnicoamministrativa dell'impresa per il conseguimento delle finalit di quest'ultima (Cass., 15 maggio 1971, n. 1432; 29 .dicembre 1970, n. 2781). Appare, peraltro, fondamentale il rilevato dato dell'inserimento del lavoratore nell'organismo economico con carattere di essenzialit e stabi PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 373 natura delle mansioni, e non doveva concretarsi con la presenza ed ingerenza del datore di lavoro nel corso della prestazione, come era stato erroneamente presupposto dal giudice di merito; e) che essa Valecchi era priva di autonomia, come era agevole dedurre dal fatto che all'ordinazione ed ai pagamenti degli strumenti di lavoro (legna, :scope, detersivi, ecc.) provvedeva l'ufficio; f) che la ricorrente era soggetta all'ingerenza e vigilanza del datore di lavoro, come aveva ammesso la Corte di merito quando aveva osservato che essa Valecchi poteva essere costretta a rifare il lavoro senza compenso maggiore, qualora non lo avesse espletato nel modo pattuito; lit e non anche il tipo di attivit dal medesimo svolta, che pu essere manuale o intellettuale, tecnica o casalinga, sussidiaria o primaria, centrale o marginale. In definitiva, il criterio giuridico per stabilire la ricorrenza dell'inserimento nell'organizzazione del datore di lavoro deve essere dedotto dalle concrete modalit di svolgimento del rapporto per tutta la sua perduranza. La subordinazione esprime invece la dipendenza del lavoratore dal potere diret1Jivo, organizzativo e disciplinare del datOII'e di lavoTo al quale compete di determinare le modalit intrinseche, oltre che di tempo e di luogo inerenti alla prestazione delle energie 1avoraUve (Cass., 10 luglio 1969, n. 2537; 3 marzo 1969, n. 676; 8 novembre 1957, n. 4296; 14 maggio 1962, n. 1005). Peraltro', la rilevata dipendenza dal potere gerarchico dal1e direttive dell'imprenditore non ovviamente da intendersi in senso assoluto, ma va apprezzata in relazione alle mansioni esercitate dal prestatore di lavoro (v. Cass., 28 marzo 1969, n. 1018), e di conseguenza la medesima assume, . nena complessa variet dei rapporti, aspetti diversi con riferimento alla natura ed alla maggiore o minore elevatezza dei compiti espletati (v. Commentario, ToRRENTE-LAMBERTI, libro V, Tomo I, pag. 109 e segg.). In genere, quindi, da un lato, il potere direttivo dell'imprenditore si concretizza 1I1egli mdini ai propri diprolidenti (anche se non appare necessario, per la configurabilit del rapporto Che i medesimi siano continui e dettagliati), dall'altro l'esercizio della vigilanza del datoTe di lavoro, vigilanza che pu in concreto esprimersi in forme ed aspetti diversi, rimane preordinato al controllo delle energie lavorative pa:"estate, perch si svolgano nei termini pattuiti. Tutto ci consente, peraltro, sia pure entro limiti piuttosto rigorosi, un certo margine di autonomia al lavoratore e di discrezionalit nell'espletamento dei suoi compiti (Cass., 5 giugno 1967, n. 875). Il quadro delineato, come in parte si visto, muta radicalmente nel contratto di opera la cui caratteristica saliente l'autonomia del prestatore nei confronti del committente, il che non esclude che questi abbia pur sempre un certo potere di vigHanza, limitata per alla rispondenza dell'opera o del servizio, da riscontrare anche nel corso del loro perfezionamento, ai patti contrattuali, vigilanza che si esplica cio in un contratto attinente alle caratteristiche e modalit del risultato produttivo, ma non investe il tempo e il modo di esplicazione dell'attivit lavorativa, onde l'artefice non viene privato della :sua indirpendenza (v. C1ass., 8 agosto 1961, n. 1923). ,-=:::~g~w:: ..~,_do_V-"W-,:::::,x-~x=llif=-::::..w==:x: =:::x--., Il ~~ ' :_.,,__ ~~.........;:;;,_~"/;~;;;;:. X - II 374 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO I @. g) che l'asserita inesistenza di un rapporto di collaborazione avrebbe dovuto essere messa in correlazione con la conseguente fa ~~ colt di rifiutare la prestazione e con la possibilit di essere retribuita solo saltuariamente; mentre nella stessa sentenza impugnata era ammesso che le prestazioni erano state svolte per dodici anni continuativi, con la retribuzione mensile prestabilita di lire 10.000 e la corresponsione della gratifica natalizia, elemento quest'ultimo tipico del Irapporto di lavoro subordinato. Le censure non hanno fondamento. Questa Corte Suprema ha pi volte affermato nelle sue decisioni (tra le pi recenti, 10 luglio 1971, n. 2226; 28 maggio 1971, n. 1598), Il prestatore invero organizza a suo piacimento il lavoro usando i tempi e le modalit ritenute pi opportune, al di fuori di ogni dipendenza gerarchica. Abbiasi presente come forma tipica, difficilmente catalogabile nell'ambito della caratteristica in ,esame il lavoro a domicilio (art. 2128 e.e.), in cui non dato ravvisare a prima vista una subordinazione tecnica e personale del prestatore, quale da intendersi la subordinazione in senso giuridico. Oltretutto, pare vi sia una incompatibilit fra lo svolgimento del lavoro a domicilio e la direzione e vigilanza dell'impresa committente. Purtuttavia, malgrado la peculiarit di tal tipo di prestazione, il codice civile la inserisce nel lavoro subordinato (v. FRANCESCO SANTORO PASSARELLI, Nozioni di diritto del lavoro, ed. VI, pag. 71-72). Giova evidenziar,e che nel caso ;risolto dal Supremo Col1egio con la pronunzia in esame, non ricorreva alcuno dei contratti della collaborazione e subordinazione come sopra delineati e lo svolgimento del lavoro era connotato dal pi ampio margine di libert per quanto atteneva alle sue modalit e per la mancanza di un controllo da parte del committente che decampasse dal semplice apprezzamento del risultato conseguito. B) Il rischio. Il rischio non rappresenta il dato differenziale tipico del lavoro autonomo. Esiste, invero, in casi particolari come nella retribuzfone a cottimo o in forma pi o meno latamente partecipativa, come si visto, anche per il lavoratore subordinato. Costituisce comunque l'aspetto solitamente complementare dell'autonomia ed peculiare quindi del lavoro autonomo, segnatamente quando la prestazione (nelle forme pi inteUettualizzate) sia caratterizzata da particolare difficolt. Nel nostro sistema per, l'incertezza del risultato non fa scadere il contratto di opera a ,contratto per sua natura aleatorio ai sensi dell'articolo 1469 .c.v. Atteso quindi che il lavoratore autonomo si avva1e, per il conseguimento del risultato, dei mezzi ritenuti pi opportuni, nell'ambito dell'organizzazione da lui creata e predisposta, egli soggetto alle connesse responsabilit, nel senso che fanno a lui carico tutte le difficolt ed ostacoli che si frappongono al conseguimento del risultato conforme ai caratteri e alle qualit pattuite (v. Cass., 22 luglio 1971, n. 2396; 29 dicembre 1970, n. 2781; 26 febbraio 1969, n. 631). PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 375 e deve qui ribadire, che, in tema di accertamento dell'esistenza di un rapporto di lavoro, censurabile in sede di legittimit, al fine di differenziare il rapporto di lavoro subordinato da quello di lavoro autonomo (contratto di opera), l'individuazione dei crited astratti e generali (collaborazione, subordinazione, assenza di rischio) che caratterizzano e distinguono il primo dal secondo rapporto, criteri che il giudice di merito deve applicare per la definizione in concreto dal rapporto stesso; e che, quando tali criteri sono esatti e sono stati applicati dal giudice di merito con motivazione immune da errori di diritto e di logica la valutazione degli elementi di prova che ha condotto il giudice ad affermare od ad escludere l'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato non sindacabile in sede di legittimit, costituendo un apprezzamento di fatto. Tale il concetto di rischio economico che sta a carico del prestatore autonomo, laddove nel lavoro subordinato grava sull'impresa. Nel caso di-spede, era rimasto accertato che, pur nella piena indipendenza nelle modalit di svolgimento delle incombenze affidategli, il lavoratore si riceveva dal datore di lavoro i mezzi necessari per l'espletamento dei suoi compiti. Tale dato, in parte limitativo del rischio del risultato, valutata l'intera economia del rapporto, era stato gi dalla Corte di merito ritenuto elemento sufficiente per la caratterizzazione del rapporto come di lavoro subordinato. Comunque in altre pronunzie (v. Cass., 16 maggio 1960, n. 1112) il Supremo Collegio aveva avuto modo di rilevare che non determinante l'uso da parte del lavoratore di strumenti ed attrezzi propri, in quanto non l'approntamento di essi che determina la qualit e figura del dipendente ma la natura dell'attivit da esso svolta. C) Continuit della prestazione. Costituisce un corollario della subordinazione del lavoratore dipendente ed esprime il portato della continua dedizione funzionale di questi al risultato produttivo perseguito dall'imprenditore (Cass., 10 febbraio 1970, n. 324). Essa comporta la persistenza nel tempo, a carico del lavoratore dell'obbligo giuridico di compiere le prestazioni pattuite e di mantenere a disposizione la propria energia (v. Cass., 10 febbraio 1970, n. 324), onde da intende11si che non venga meno neppure nell'inte['vallo tra prestazione e prestazione, permanendo per l'appunto negli intervalli l'obbligo giuridico del lavoratore di restare a disposizione in relazione ai compiti affidatigli (v. Cass., 1 giugno 1971, n. 1761; 29 ottobre 1969, n. 3572; 19 novembre 1969, n. 3576). Ma la continuit, cos intesa come giuridica permanenza del vincolo obbligatorio nel tempo, non postula, come appare chiaro, sul piano concreto un'interrotta prestazione di lavoro (continuit in senso materiale) e pu, di converso conciliarsi concettualmente anche con una certa saltuariet nel lavoro medesimo (v. Cass., 27 giugno 1968, n. 2181). Pu in definitiva conciliarsi e coesistere anche l'espletamento di altre attivit, purch non subordinate, le quante volte queste ultime non assu 376 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Nella controversia in esame, la Corte di merito ha premesso alle valutazioni delle ri'Sultanze di fatto esatti criteri distintivi del rapporto di lavoro subordinato da quello di lavoro autonomo affermando che, mentre nel contratto d'opera il prestatore di lavoro promette il risultato dall'attivit svolta a suo rischio, nel rapporto di lavoro subordinato le parti convengono una prestazione di lavoro senza diretto riferimento al risultato dell'opera prestata, e ribadendo nella motiva-zione che in tale ultimo rapporto, manca il rischio a carico del lavoratore che deve inserirsi nell'organizzazione del datore di lavoro (collaborazione) col vincolo della subordinazione. La 'censura quindi, di cui al primo mezzo, circa l'asserta affermazione da parte del giudice di merito di errati principi giuridici premessi alla valutazione differenziale dei due istituti, non trova alcuna rispondenza nella motivazione della sentenza mpugnata che si invece attenuta ai criteri distintivi tra i due rapporti gi affermati da questa mano il carattere di prevalenza rispetto alla normale capacit lavorativa del soggetto (Cass., 1 luglio 1971, n. 2226). E' palese che nella fattispecie esaminata dalla Cassazione difettasse del tutto il carattre della continuit nel senso dianzi precisato, per chiari caratteri dell'attivit espletata dal lavoratore, onde sul punto non il caso di spendere parola. D) Orario di lavoro. L'orariet del lavoro costituisce dato sintomatico rilevante, anche se non decisamente univoco, dell'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato. La prestazione del lavoratore dipendente consta in genere di un momento iniziale e di uno finale. Pertanto l'esonero dall'osservanza di un orario prestabilito (come anche quello di effettuare la prestazione nel luogo di lavoro) si presentano come caratteristiche anomale -ancorch non decisive -rispetto al requisito della subordinazione proprio del lavoro dipendente (v. Cass., 2 aprile 1969, n. 1082; 29 maggio 1965, n. 1100) e congeniali invece al rapporto di opera. In quest'ultimo invece -essenziale una notevole se non assoluta dose di discrezionalit del prestatore sui tempi di lavoro. Nel caso esaminato dalla Cassazione mancava l'obbligo di osservare un determinato orario ma era conferita al prestatore la facolt di scegliere liberamente i tempi di esplicazione della sua attivit, con l'unico limite, non determinante, di non interferire, nello svolgimento delle proprie incombenze con l'attivit normale e quindi con le esigenze organizzative dell'ufficio. E) Sistema retributivo. Nel lavoro dipendente solitamente la retribuzione viene convenuta con riferime1nto ad un'unit di misura temporale e perioddca (salario settimanale, stipendio mensile) che prescinde dalle prestazioni di singoli servizi; il compenso del contratto di opera invece viene commism;:ato al risultato conseguito o al lavoro necessario per ottenerlo (v. Cass., 10 febbraio 1970, n. 324). PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 377 Corte (tra le ultime decisioni, 10 luglio 1971, n. 2226; 15 maggio 1971, n. 1432; 14 gennaio 1971, n. 68; 10 luglio 1969, n. 2537). Non neppure esatta la doglianza, contenuta nel secondo motivo del ricorso, secondo cui la Corte di merito avrebbe esaminato le risultanze di causa soltanto in riferimento al rapporto di lavoro autonomo, affermandone la compatibilit, e non raffrontando gli elementi di prove al rapporto di lavoro subordinato, e non avrebbe inoltre esaminato analiticamente i detti elementi probatori. La Corte territoriale ha invece esaminato tutti gli elementi emersi dalle prove, in una valutazione analitica e particolareggiata, indagando, in base ai gi premessi criteri differenziali dei due rapporti, se sussistessero le caratteristiche dell'uno e dell'altro rapporto; e, di fronte all'assunto della Valecchi che gli elementi stessi fossero tipici del rapporto di lavoro subordinato, ha enunciato le rag.ioni per cui, in prevalenza, tali elementi fossero compatibili col contratto d'opera. Peraltro la retribuzione a tempo non costituisce elemento incompatibile con la prestazione di opera anche se rimane pi congeniale al lavoro subordinato (v. Cass., 5 dicembre 1967, n. 2894). Nella specie di cui all'anriotata sentenza, vi era una determinazione forfettaria del compenso, commisurata al periodo-mese cui era da aggiungere la gratifica natalizia che, come rilevato dalla Cassazione,' costituisce dato anomalo rispetto alla prestazione di opera. Peraltro, come statuito, in mancanza di altri elementi caratterizzanti, tale dato non 'stato ritenuto preclusivo, in s considerato, del riconoscimento nella specie della fattispecie legale di cui all'art. 2222 e.e. (4) Verificati ,quindi ,i dati posti a base della pronunzfa deUa Cassazione per la identificazione della categoria negoziale in concreto ricorrente nella specie, per compietezza di indagine, non va obliterato come nella subietta materia non sussista una sottoposizione integrale della Pubblica Amministrazione al diritto comune in quanto esiste tutta una normativa speciale dalla quale non si pu prescindere, anche se la suggestione della equiparazione della Pubblica Amministrazione al privato appare ognor pi o meno evidente nella giurisprudenza pi o meno recente in materia di lavoro. Allo scopo indicato vanno tenuti presenti i 1p1rincipi che seguono, i quali vengono solitamente trasfusi negli schemi difensivi approntati per le Amministrazioni dello Stato: a) poich non esiste un'autonomia dello Stato, pari a quella di cui fruiscono i privati, in quanto ogni momento del concreto agire del medesimo nel mondo giuridico postula l'esistenza di una norma che a tanto lo legittimi, non pu ipotizzarsi una sua concettuale capacit di esser soggetto di rapporti di impiego privato al di fuori dei casi espressamente previsti da disposizione speciale, solitamente di carattere eccezionale (art. 3, legge 26 febbraio 1962, n. 67 per l'assunzione di operai temporanei, art. 7, legge 18 luglio 1957, n. 614 per il personale di servizi lacuali; art. 12, legge 13 aprile 1948, n. 221 per il personale della soppressa G.R.A. ecc.) (Vedasi SANDULLI, Manuale di dir. amm.vo, 1959, 133). b) Necessit imprescindibile dell'atto scritto per l'istaurazione di un rapporto di impiego privato con lo Stato. L'attivit negoziale dello Stato 378 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO \ La Corte di Perugia, dopo l'esame analitico suddetto, ha proceduto ad una valutazione globale delle prove concludendo che la Valecchi aveva svolto il suo lavoro in piena libert ed autonomia, senza il vincolo di subordinazione col datore di lavoro, col rischio deU'attivit svolta ed obbligandosi soltanto al risultato dell'opeTa; e non si nascosto neppure che la corresponsione della gratifica natalizia costituisce elemento estraneo al contratto d'opera ma ha aggiunto che tale elemento da s solo non poteva dare al rapporto una qualificazione diversa da quella risultante dagli altri elementi, dato anche che tale gratifica non era stata corrisposta fino dall'inizio del rapporto, bens negli anni successivi. infatti viene disciplinata, senza discriminazioni o eccezioni, dalle norme di contabilit, legge n. 2440 del 1923 e n. 827 del 1924, le quali pongono in essere un sistema legislativo che ha carattere di specialit rispetto alle disposizioni di diritto comune, come ammesso pacificamente. Dall'annunciato principio discende che la P. A. non pu assumere impegni validi sul piano giuridico, contrarre obbligazioni ed entrare in rapporti, aventi natura contrattuale, sulla base di prestazioni corrispettive con terrzi se non a mezzo della forrma scritta, richtesta ad substantiam a pena di nullit. (Vedasi in dottrina, BENCIVENGA, Contabilit, pag. 56, Cass., n. 267 del 1965; n. 2148 del 1964; n. 149 del 1963; n. 905 del 1966). Tale forma scritta che presiede imprescindibilmente alla costituzione del rapporto preceduta e seguita da un complesso di formalit, anche esse essenziali nella subietta materia (atti preparatori, approvazioni ed altro) (TARASI, Appalti e Contratti, Casa Editrice Iya, 1954, pag. 87). Ora, poich le indicate formalit costituiscono il mezzo fondamentale ed indispensabile attraverso cui pu manifestarsi la volont deUo Stato, con esclusione di manifestazioni tacite desumibili da comportamenti esteriori parr-e che, in difetto, il rapporto di impiego privato in quanto tale, non pu venire a giuridica esistenza (Cass., 26 luglio 1958, n. 2713; Cass., Sez. Un., 6 luglio 1963, n. 1817; Cass., 9 aprile 1964, n. 811; Cass., 5 maggio 1960). Pertanto a causa della richiamata esigenza non pu trovare applicazione, nei rapporti con lo Stato, il principio generale affermato in tema di rapporto di lavoro subordinato secondo il quale, per la costituzione dello stesso non necessaria una stipulazione formale, ma sufficiente il fatto concludente dell'effettiva prestazione del lavoro nell'interesse dell'imprenditore. c) I rapporti che intervengono con lo Stato nella subietta natura, i quali non abbiano una loro regolamentazione convenzionale, in ultima ipotesi o sono inquadrabili nell'ambito della locatio operis ed in tal caso trovano la loro normale tutela davanti al giudice ordinario senza differenziarsi dai similari rapporti intercorrenti tra privati; oppure si atteggiano, per loro caratteri intrinseci, a rapporti di impiego privato (vedansi i dati differenziali del lavoro subordinato dianzi evidenziati). In tale seconda eventualit, sta al loro riconoscimento sul piano giuridico, nella pienezza degli effetti loro propri, la rilevata mancanza dell'atto scritto, imprescindibile ad substantiam. . ./ PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 379 Le censure della ricorrente costituiscono quindi soltanto un apprezzamento delle risultanze di causa diverso, ed opposto, dalla valutazione fattane del giudice di merito con motivazione immune da errori giuridici e da vizi logici; e tale valutazione non sindacabile da questa Corte in sede di legittimit. Il ricorso, proposto dalla Valecchi, deve essere respinto. ( Omissis). L'unico effetto che pu loro attribuirsi, trattandosi di meri rapporti di fatto, que11o limitato che appronta l'actio de in rem verso ex art. 2041 e.e. Tale azione, come noto sulla base di una consolidata e costante giurisprudenza, appare proponibile nei confronti della P. A. nei limiti dell'utilit riconosciuta discrezionalmente dalla medesima. L. SICONOLFI CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 8 febbraio 1973, n. 382 -Pres. Rossano -Est. Aliotta -P. M. Trotta (conf.) -Cassa per il Mezzogiorno (avv. Stato Albisinni) c. Comune di Napoli (avv. Gleijeses e Percerillo) nonch Fusco, Puglisi, Soc. Industriale Metalmeccanica, Soc. Fabbrica Italiana Contenitori e Soc. Partenopea Trasporti. Mezzogiorno -Cassa per il Mezzogiorno -Provvedimenti a favore della citt di Napoli -Affidamento al Comune di Napoli dell'esecuzione di opere programmate della Cassa -Delegazione amministrativa -Occupazione d'urgenza di parte dei suoli da parte della Cassa -Responsabilit del Comune per la mancata esecuzione dell'espropriazione nel biennio -Sussiste. (1. 9 aprile, 1953, n. 297, art. 4). Amministrazione dello Stato e degli Enti pubblici -Delegazione amministrativa -Esecuzione delle opere da parte del delegato in conformit dei programmi predisposti dal delegante -Responsabilit del delegante -Non sussiste. (1. 9 aprile 1953, 'n. 297, art. 4; e.e., art. 2043 e 2055). Allorch I.a Cassa per il Mezzogiorno, a mente dell'art. 4, settimo comma, della legge 9 apriLe 1953, n. 297 affida al comune di Napoli, l'esecuzione di singole opere ptibbliche, pone in essere una delegazione amministrativa intersoggettiva, in virt deLla quale l'ente affidatario ha, di regola, iL potere di provvedere in merito all'oggetto in nome proprio e non in veste di rapp1esentante del delegato con l'assunzione dal lato attivo di ogni potere e diritto e dar lato passivo di ogni ob 380 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO bligo e responsabilit per quanto attiene la realizzazione den'opera oggetto dell'affidamento, comprese le occupazioni di urgenza e le espro priazioni necessarie. In tal caso la circostanza che l'occupazione di ur genza dei suoli necessari per l'esecuzione dell'opera sia stata promossa dalla Cassa in nome e per conto del comune non esclude l'obbligo di quest'uitimo ente di provvedere all'espropriazione dei suoli occupati nel termine biennale (1). In caso di affidamento dei lavori di esecuzione di singole opere da parte della Cassa del Mezzogiorno al comune di Napoli, la Cassa non div~ene responsabile solidale nei confronti dei terzi dei danni p10 dotti dal comune nell'esecuzione deH'opera in conformit dei programmi predisposti dall'ente affidatario (2). (Omissis). -Venendo quindi all'esame del ricorso principale 'Si rileva che con il primo motivo la ricorrente Cassa per il Mezzogiorno denunziando la violazione degli artt. 4 legge 6 aprile 1953, n. 297; 4, 5 e 10 legge 10 agosto 1950, n. 64516 e segg.; 24 e segg., 71 e 73 legge 25 g~ugno 1865, n. 2359; e 2045, 1362 e segg., 1703 e segg., 2699 e.e.; 115, 116 e 360, nn. 3 e 5, c.p.c., sostiene che erroneamente la Corte d'appello ha ritenuto che nella specie es'Sa ricorrente sostituita a norma della citata legge 9 aprile 1953, n. 297 al comune di Napoli nella realizzazione dell'opera pubblica in questione, si sia limitata ad atfldare al comune stesso soltanto l'esecuzione dei lavori, mentre doveva rite (1-2) I principi enunciati nella prima parte della 'Prima massima, come l:a stessa decisione afferma, costituiscono ius recoeptum. V. infatti 1n senso conf. Ca:ss., 14 aprile 1969, n. 1212, in Foro it., 1969, I, 1749, con nota di F. SATTA; Cass., 22 dicembre 1967, 3025, in questa Rassegna, 1968, I, 399; Cass., 30 maggio 1966, n. 1412, in questa Rassegna, 1966, I, 854, decisioni tutte richiamate in sentenza. Che, infatti, l'affidamento in senso improprio ponga in essere una delegazione amministrativa intersoggettiva principio ormaii pacificamente riconosciuto dopo la importante pronunzia del S.C. 31 gennaio 1968, n. 313, in questa Rassegna, 1968, I, 419, la quale ha dato una organica sistemazione ai vari aspetti formali (delegazione, affidamento, sostituzione e finanziamento) che pu assumere la cooperazione di enti p.er la esecuzione di opere pubbliche. Per applicazione di tali principi v. da ultimo Cass., 9 maggio 1972, n. 1395, in questa Rassegna, 1972, I, 622; Cass., 8 luglio 1971, n. 2152:, in Foro amm., 1972, I, 317, ove richiami. E' opportuno, tuttavia, ricordare che secondo autorevole dottrina (BENVENUTI, La connessione di opere pubbliche, in Acque, bon. e costr., 1958,' 3 seg.; CARUSI, Rapporto organico e sostituzione nell'esecuzione di opere! pubbliche, in questa Rassegna, 1965, I, 1152 (spec. 1164-116-5); IDEM, In tem~ di delegazione amministrativa, in questa Rassegna, 1964, I, 704-705 e da ultimo RoEHRSSEN, La concessione nel quadro dei sistemi di esecuzione delle opere pubbliche, in Rass. lav. pu.bbl., 1971, 1) nell'ipotesi considerata dalla sentenza in rassegna il provvedimento amministrativo di affidamento dei lavori dovrebbe qualificarsi come concessione, e non deleg~zione, in quanto PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 381 nersi che si era operato nei confronti di quest'ultimo una delegazione amministrativa intersoggettiva per quanto si riferiva alla realizzazione di detta delegazione comprensiva quindi di ogni relativo potere anche in ordine all'espropriazione dei suoli necess1ari all'esecuzione della stessa il che si evinceva in modo indubbio dal fatto che essa ricorrente aveva messo a disposizione del comune per spese di espropriazione L. 27.000.000 che non aveva alcuna importanza in senso contrario la circostanza che l'occupazione d'urgenza era stata richiesta da essa Cassa per il Mezzogiorno in quanto aveva espressamente dichiarato di agire in nome e per conto del comune di Napoli che in base a tali considerazioni doveva ritenersi che unico responsabile dell'illegittimo protrarsi dell'occupazione dei suoli in questione, per mancato espletamento n~l biennio dopo l'occupazione d'urgenza della procedura di espropriazione, era il comune di Napoli. Con il secondo motivo poi la ricorrente Cassa per il Mezzogiorno denunziando la violazione degli artt. 71 e 73 legge 25 giugno 1865, n. 2359; 2041 e.e.; 4 e segg. legge 6 aprile 1953, n. 297; 10 legge 10 il comune di Napoli ha un interesse proprio all'esecuzione dell'opera. Anzi, come riconosce espressamente la sentenza n. 1212 del 1969, l'opera di sua pertinenza, e diventa del comune non appena realizzata. Devesi, peraltro, precisare che tale ultima conclusione esatta se riferita esclusivamente all'ipotesi contemplata dalla legge n. 297 del 1953, in forza della quale alla Cassa (v. art. 4) viene demandato il compito di provvedere alla progettazione di opere ed, eventualmente, alla loro diretta realizzazione, con denaro proveniente da mutui contratti dalle Amministrazioni territoriali (comune e/o provincia di Napoli) anche se con garanzia (temporanea) della Cassa. A ben diversa conclusione, anzi all'opposta, deve giungersi, invece, quando la Cassa agisce a norma dell'art. 8 della sua legge istitutiva (10 agosto 1950, n. 646, modificato dall'art. 13, legge 29 luglio 1957, n. 634), quando, cio, affida in concessione ad enti pubblici J'.esecuzi01I1e dd opere che essa progetta e finanzia con denari assegnati al suo bilancio. In tal caso, contrariamente a quanto ritenuto da alcuni giudici di merito, (v. Corte appeno L'Aquifa, 30 giugno 1969, in Giur. merito, 1970, I, 371), l'opeo:-a eseguita dall'ente concedente. Sul punto v. Rossi A.,. Considerazioni in tema di concessione da parte della Cassa per il Mezzogiorno dell'esecuzio'Ylle dei lavori per la costruzione di un'opera pubbLica, in Giur. merito, 1970, I, 371 in nota alla sentenza della Corte dell'Aquifa sopra dcoil'data. Il principio enunciato nella seconda massima di ovvia esattezza. Atteso che il danno da risarcire quello derivante dalla mancata tempestiva adozione del decreto di esproprio, nessuna responsabilit pu farsi risalire all'ente concedente per l'esecuzione delle opere da esso programmate, non essendovi nesso di causalit tra lavori programmati e mancato rispetto del termine biennale previsto dall'art. 73, legge 25 giugno 1965, n. 2359. 382 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO agosto 1950, n. 646; 90 e segg. c.p.c., lamenta in conseguenza di quanto dedotto con il primo motivo l'avvenuta estromissione dal giudizio del comune di Napoli. I due motivi che importando la risoluzione di questioni comuni o tra loro intimamente connesse vanno unitamente esaminati sono entrambi fondati. In proposito va premesso che non pu tenersi conto, ai fini della decisione delle questioni proposte con il ricorso della deliberazione 20 aprile 1960 della Cassa per il Mezzogiorno, esibita dalla stessa soltanto nel giudizio di cassazione, dalla quale risuUerebbe che al comune era stato affidato anche l'espletamento delle procedure di espropriazione, ostandovi il tassativo divieto contenuto nell'art. 372 c.p.c. che esclude in tale sede, salvo determinate ipotesi che nella specie non ricorrono il deposito di atti o documenti non prodotti nelle precedenti fasi di giudizio. Ci premesso si rileva che, com' ormai ius receptum di questa Corte (sentenze 17 aprile 1969, n. 1212; 29 dicembre 1967, n. 3025; e 30 maggio 1966, n. 1412) dal complesso delle norme di cui alla legge 9 aprile 1953, n. 297, contenente provvedimenti a favore della citt di Napoli, e particolarmente dal preciso disposto dell'art. 4, comma quinto, si desume che stato attribuito alla Cassa per il Mezzogiorno il potere di realizzare opere pubbliche normalmente di competenza tra l'altro del comune di Napoli sostituendosi quindi allo stesso, con la conS'eguenza che, qualora si realizzi tale ipotesi, la Cassa agisce in nome proprio, assumendo ogni obbligo e reS'ponsabilit derivante dall'esecuzione dell'opel'a. Senonch, consentendo l'art. 4, comma settimo, della citata legge alla Cassa per il Mezzogiorno di affidare al comune di Napoli l'esecuzione delle singole opre, qualora d si verifichi, la Cassa pone in essere una delegazione amministrativa intersoggettiva, in virt della quale l'ente affidatario ha di regola a sua volta il potere di provvedere in merito all'oggetto della delegazione in nome proprio e non in veste di semplice rappresentante del delegante con assunzione dal lato attivo di ogni relativo potere e diritto e dal lato passivo di ogni obbligo e responsabilit per quanto attiene alla realizzazione dell'opera oggetto dell'affidamento, compreso in questo ambito le occupazioni di urgenza e le espropriazioni necessarie, conservando soltanto la Cassa per il Mezzogiorno quale ente delegante un potere di controllo, da esercitarsi nell'interesse pubblico; naturalmente tale l'estensione normale dell'affidamento che per altro pu anche essere attuato in un ambito pi limitato, qualora ci risulti dal contenuto stesso del provvedimento con il quale stato disposto, ed il relativo accertamento, che implica un apprezzamento di merito, suscettibile di sindacato in questa sede soltanto sotto il profilo di un vizio giuridico o logico di motivazione. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE Orbene nella specie la Corte d'appello, dopo avere in sostanza enunciato analoghi principi ha poi con motivazione illogica escluso che l'affidamento dell'esecuzione dell'opera in questione da parte della Cassa per il Mezzogiorno al comune di Napoli avesse portata generale e fosse quindi 'comprensiva dell~ relative occupazioni di urgenza ed espropriazioni. In particolare ha omesso anzitutto di consider:are il fatto decisivo, risultante dallo stesso atto di affidamento del 19 luglio 1969 che la Cassa aveva messo a disposizione del comune la somma di L. 27.000.000 per il pagamento delle indennit per le espropriazioni necessarie per l'esecuzione dell'opera in que3tione, il che presupponeva evidentemente che le espropriazioni stesse dovessero essere effettuate a cUra del comune. Ed ha omesso altres di considerare, ai fini dell'interpretazione dei limiti e della portata dell'atto di affidamento l'altra circostanza del pari d~cisiva che il comune aveva proceduto .all'espropriazione di altri suoli necessari per l'esecuzione dell'opera stessa, provvedendo altres al pagamento delle relative indennit in favore dei proprietari espropriati. Ha invece erroneamente ritenuto che avesse carattere decisivo, ai fini della limitazione dell'affidamento alla semplice esecuzione materiale dei lavori, il fatto che l'occupazione di urgenza dei suoli in questione era stata promossa dalla Cassa per il Mezzogiorno, non considerando che questa aveva espressamente dichiarato di agire in nome e per conto del Comune al quale del resto erano stati successivamente consegnati i suoli stessi e che l'intervento della Cassa per il Mezzogiorno, diretta in sostanza a sollecitare l'attivit del comune all'esecuzione dell'opera pubblica, non escludeva in alcun modo, come gi ritenuto da questa Corte in un caso analogo (sentenza 14 aprile 1969, n. 1212), l'obbligo di quest'ultimo di provvedere all'espropriazione nel termine del biennio. :Pertanto, in accoglimento di tali censure, che ripropongono il problema dell'individuazione del soggetto responsabile dei danni lamentati dai proprietari dei suoli, l'impugnata sentenza va cassata. con rinvio. In quanto ai ricorsi proposti dalle sopraindicate societ e dal Fusco va anzitutto rilevato che non ha alcun fondamento l'eccezione proposta dal comune, il quale sostiene che tali ricorsi sono inammissibili per,ch hanno forma di ricorsi principali e nel contempo sono condizioni all'accoglimento del ricorso principale della Cassa per il Mezz.ogiorrio costituendo questa un'evidente contraddittoriet che importerebbe nullit della volont di proporre gravame. Infatti non sussiste la dedotta contraddittoriet in quanto i ricorsi proposti dalle sopraindicate societ e dal Fusco, anche se erroneamente qualificati principali, in realt, data la preventiva avvenuta proposizione del ricorso principale della Cassa per. il :Mezzogiorno, assumono ai sensi RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 384 dell'art. 371 c.p.c., avendone tutti i requisiti di legge, natura di ricorsi incidentali. Venendo quindi all'esame degli anzidetti ricorsi incidentali condizionati ev1dente che restano assorbiti in conseguenza dell'accoglimento del ricorso principale della Cassa per il Mezzogiorno i due motivi dedotti dalle societ, le quali sostengono che, nel caso di accoglimento del ricorso principale, dovendosi escludere la responsabilit della Cassa, dovrebbe conseguentemente affermarsi quella del comune nonch l'analoga censura contenuta nella seconda parte dell'unico motivo del ricorso del Fusco. Infatti la pronunzia emessa da questa Corte in ordine al ricorso principale ripropone automaticamente come si gi accennato, data la dipendenza di causa (articolo 331 c.p.c.) per il sussistente rapporto di alternativa tra la responsabilit della Cassa per il Mezzogiorno e quella del comune di Napoli, il problema della responsabilit di quest'ultimo, -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. II, 9 marzo 1973, n. 651 -Pres. Rossi Est. Persico -P. M. Pedace (conf.) -Cassa di Previdenza per gli Ingegneri ed Architetti (avv. Sorrentino) c. Cassa per il Mezzogiorno (avv. Stato Tracanna e Gargiulo). Previdenza ed assistenza -Ingegneri ed architetti -Cassa di Previdenza degli ingegneri ed architetti -Obbligo contributivo -Individuazione dei soggetti obbligati -Funzionari degli Enti pubblici e della Cassa per il Mezzogiorno -Esclusione. La Cassa di previdenza per gli ingegneri ed architetti, che ha lo scopo di attuare un trattamento di previdenza a favore degli iscritti agli albi professionali, e cio a favore di tutti gli ingegneri ed architetti che possono per le.gge esercitare la libera professione, trae le sue fonti di finanziamento dai contributi diretti dei destinatari delle prestazioni e dai costa ,di registro, va rilevato che ,con la nuova disciplina di ,cui al d.P.R. 26 ottobl'e 1972, n. 634, neWart. 54, dopo ,essersi previsto nel penultimo comma che lo Stato ha privi1egio. secondo le norme stabilite dal codice civile ., si dispone nell'ultimo .comma che il privi1egio si estingue con il decocso di cinque anni dalla 'data della registrazione ., mentr.e nel 1successivo art. 74 si prevede ,che per gli atti ipresenta:ti per la ['egist!'azione l'imposta deve essere richieista a pena di decadenza entro il termine di tre anni decorreillti dalla data in cui il'accertamento di maggior valore divenuto definitivo ..... . l!n considerazione quindi della nuova regolamentazione della materia il principio di cui alla seconda delle sentenze in esame stato accettato. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA sente al creditore di soddis:liarsi assoggettando alla esecuzione forzata quel determinato bene anche presso il terzo acquirente. Orbene, il fatto stesso che, nella disciplina della cessata imposta di negoziazione, manchino particolari disposizioni concernenti il privileg. io speciale, porta a considerare comprese nel rinvio le norm~ dettate .al riguardo per la imposta di registro, mentre, seguendo la tesi della ricorrente, si dovrebbe pervenire alla implicita, assurda conclusione che il legi1slatore, mentre formulava il rinvio, non abbia tenuto presente il privilegio speciale e la attualit della sua funzione esecutiva nella fase di esazione coa1ttiva dell'imposta. N va1le obiettare che il privilegio, essendo stabilito dalla legge in considerazione della causa del credito, destinato a durare quanto dura il credito, giacch, come questa Suprema Corte ha posto in eviden2) a (Cass. 10 ottobre 1967, n. 2387), i privilegi 1speciali, risolvendosi in veri e propri diritti di garanzia, ben possono e1ssere colpiti da cause di estinzione autonome rispetto a quelle incidenti sul diritto garantito e, tra le cause di tale tipo, da annoverarsi il decorso del termine previsto dall'art. 97, comma secondo, della legge d1 registro, che di decadenza e non di prescrizione e, come tale, non soggetto n a sospensione, n ad interruzione. A tale ultima conclusione il Supremo Collegio pervenuto osservando (Cass. 2,4 aprile 19613, n. 1086; 14 ottobre 1966, n. 2457; 10 ottobre 1967, n. 238'7) che, se detto termine fosse di prescrizione, il !richiamo all'art. 136 contenuto neHa norma in esame sarebbe inutile e il diritto reale di garanzia non potrebbe che seguire, per sua stessa .struttura, le sorti del diritto di credito cui accede; di qui la necessit di ricercare una diversa ratio, che va rinvenuta nella necessit di porre un limite ben determinato alla durata di un privilegio, svincolato da ogni pubblicit immobiliare, per considerazioni che attengono al principio di certezza e tutela della propriet immobiliare. Con il secondo motivo, la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell'art. 2935 e.e. in relazione all'art. 4 del dJ. 15 dicem bre 1938, n. 1975 e agli artt. 4 e segg. del d.l. p settembre 1947, n. 1173. Si duole in particolare che fa Corte del merito, stabilendo che l'Ammi nistrazione doveva, a pena di decadenza., esercitare l'azione esecutiva sugli immobili vincolati al soddisfacimento del credito entro cinque anni a decorrere. dal 25 maggio 1957 (data del1a valutazione dei titoli rappresentativi del capitale sociale e1ffettuata dal Comitato Direttivo degli Agenti di Cambio), non si sia data carico di esaminare e spiegare in forza di quale titolo l'Amministrazione stessa avrebbe potuto eserci tare tale azione esecutiva. La censura fondata. Que1sto Supremo Collegio ha affermato (Cass., 28 gennaio 1963, n. 141; 17 ottobre 1963, n. 2773) che, poich l'Ufficio del Registro pu 400 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO procedere all'accertamento dell'imposta complementare di negoziazione, dopo quello provvisorio, soltanto sulla base della valutazione dei titoli effettuata dal Comitato Direttivo degli Agenti di Cambio, l'accertamento suddetto non pu essere soggetto a prescrizione. Tenendo presente, infutti, la disciplina dell'imposta di negoziazione (artt. 4 e 5. r.d.l. 15 dicembre 1938, n. 1975 e art. 1 d.l. 2;5 maggio 1945, n. 301),. ora soppressa per effetto della legge 6 agosto 1954, n. 503, e considerando che il Comi.tato Direttivo degli agenti di Cambio non organo dell'Amministrazione dello Stato, ma un collegio al di fuori della struttura deHa stessa, che deve procedere secondo un autonomo :procedimento, deve negarsi che la valutazione costituisca atto interno della Amministrazione e deve, invece, affermarsi che essa, prima che sia compiuta, un ostacolo previsto dalla legge stessa, che impedisce l'esercizio del diritto di accertamento e, perci, l'inizio stesso della prescrizione del diritto dell'Amministrazione all'accertamento (art, 2935 e.e.). La imprescrittibilit del diritto di accertamento prima della valutazione esclude, di .conseguenza, che possano ritenersi applicabili, per analogia, i singoli termini di decadenza e di :prescrizione, di cui rispettivamente aU'art. 34 r.d. n. 3269 del 1923 (termine di decadenza previsto per la notificazione dell'imposta complementare di registro) ed. all'art. 16 del d.l. n. 1938 (prescrizione di cinque anni dell'azione della Amministrazione per il conseguimento dell'imposta di negoziazione, decorrente dalla scadenza del termine stabilito per il pagamento dell'imposta o dal giorno dell'effettuato pagamento). Inoltre, dato l'accennato carattere di autonomia del procedimnto collegiale che deve essere osservato dal Comitato, non pu riconoscersi, sul piano giuridico, alcuna rilevanza alle eventuali negligenze del Comitato medesimo a compiere la valutazione o dell'Ufficio del Registro a porre in condizione il Comitato di compierla. In applicazione di codesti princtpi, la Corte del merito ha affermato che il termine quinquennale stabilito dalla legge per il conseguimento del tributo di cui trattasi cominci:a a decorrere, sia ai fini della prescrizione del debito, sia ai fini della decadenza del irelativo privile- gio, dala data della valutazione del citato Comitato (25 maggio 1957), aggiungendo, per, che se, per effetto del ricorso proposto daH'Ufficio alla sezione speciale della Commissione Provinciale delle Imposte (ricorso che ha sostituito quello al Collegio peritale), fa decorrenza della prescriziOne era rimasta interrotta, non altrettanto si era verificato in ordine alla decadenza, in quanto quest'ultima avrebbe potuto trovare ostacolo soltanto nel tempestivo ,esercizio dell'azione esecutiva sui beni immobili vincolati al soddisfacimento del credito. E poich l'ingiunzione era stata notificata ai terzi possessori solo nel novembre 1965, quando il termine quinquennale era ormai largamente trascorso, fo. Stato era decaduto dalla azione privilegiata. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA Tale tesi non pu essere condivisa. La Corte milanese non ha tenuto conto che la valutazione del Comitato, ai 'sensi dell'art. 4 del r.d.l. n. 1975 del 1938,- sospesa dal ricorso in secondo grado e, fino a quando non sia intervenuta la decisione della suddetta sezione speciale, l'Amministrazione non in condizione di poter eseguire l'accertamento del valore del titolo societario e quindi di procedere alla eventuale valutazione dell'imposta complementare. Come ovvio, non possibile parificare negli effetti il ricorso in parola alla Sezione speciale a quello del contribuente alle Commissioni Tributar.ie in materia di valutazione dei cespiti imponibili. Quest'ultimo, infatti, presuppone un accertamento di imposta comp'l.ementare gi effettuato da:ll'Amministrazione, mentre, attesa la ,sospensione degli effetti della valutazione del comitato in seguito al ricor.so, la decisione di quest'ultimo il presupposto dell'accertamento. Prima della emanazione della deci-sione di secondo grado, l'Amministrazione non ha titwo per esercitare l'azione esecutiva. -(Omissis). Il (Omissis). -Con l'unico mezzo di impugnaz.ione l'Amministrazione ricorrente deduce la violazione e .falsa applicazione degli artt. 97 e 136 della legge di .registro (r.d. 30 dicembre 1923, n. 32!69), dell'art. 4 del r.d.l. .5 marzo 1942, n. 186 e degli articoli 2964 e 2935 del e.e., nonch il difetto di motivazione della sentenza impugnata. La ricorrente, in particolare, dichiara di prestare acquiescenza alla qualificazione del termine di cui a:J.l'art. 97 capover1so della legge di registro come termine di decadenza, ma assume che erroneamente la Corte d'Appello ha ritenuto che il termine stesso decorra in ogni ca,so dall:a data di registrazione dell'atto tassato e quindi anche quando il privilegio riguardi un'imposta complementare dovuta sul maggior va lore accertato nel giudizio di st~ma. Poich H .principio stabilito dal l'art. 293,5 c.c. sarebbe applicabile anche in materia di decadenza, il termine stabilito dall'art. 97 capovevso della legge di registro non potrebbe mai decorrere prima del momento in cui il privilegio pu essere fatto valere. Ne conse~e -secondo la dcorrente -che, poten do l'imposta complementare di registro essere liquidata, nel caso di contestazione in ordine alla valutazione dei beni e a sensi dell'art. 4 del r.d.l. 5 marzo 1942, n. 186, soltanto in base al valore stabilito dalla Commissione distrettuale, l'azione di riscossione pTivilegiata non avreb be potuto essere esercitata prima deHa decisione di detta Commissione. Nella .specie non sarebbe perci intervenuta alcuna decadenza, avendo il relativo termine iniziato a decorrere soltanto dal 14 giugno 196'2. e RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 402 cio dalla data della decisione della Commissione distrettuale nella controversia di valutazione. Il motivo infondato. Va premesso che, secondo la giurisprudenza di questa Suprema Corte, il pr:ivilegio che assiste l'imposta di registro ai sensi degli articoli 97 della legge di regi,stro (r.d. 30 dicembre 19i23, n. 3269) e 2772 cod. civ. ha natura reale e passa a carico dei terzi subacquirenti che all'atto dei rispettivi acquisti hanno ricevuto il bene graviato da quell'onere. Per esigenze di certezza dei rapporti giuridici e di sicurezza nella circolazione dei beni, specialmente immobiliari, il termine prev1sto dall'art. 97, 1secondo .comma della ilegge del registro (che .richiama la disposizione di cui all'art. 136, secondo comma della stessa legge, nel caso d'imposta complementare) di decadenza e non di prescrizione e, come tale, non subisce n sospensioni, n interruz.ioni: detto termine decorre, nel caso d'imposta complementare, dalla data di registrazione dell'atto o contratto a cui si rifertsce il tri:buto. Va, inoltre, preliminarmente considerato che i termini di decadenza sono perentori e che, la perentoriet importa che il diritto non esercitato entro il termine prestabilito sia definitivamente perduto, senza che si possa indagare sulla ragione del ritardo. (cfr. Cass., 2,7 luglio 1954, n. 4153). Mentre, infatti, il fondamento della prescrizione sta nell'estinzione di un diritto che, per inerzia del titolare, si presume abbandonato, a base della decadenza sta invece la necessit obiettiva che particolari atti siano compiuti entro un termine perentorio, cosicch il diritto si estingue per decorso del termine stabilito dalla legge o per volont dei privati, senza riguardo alle circostanze subiettive od oggettive dalle quali sia dipeso l'inutile decorso del termine. Assume per la Finanza che nella specie il termine per l'esercizio dell'azione prevista dall'art. 97, capoverso della legge di registro non avrebbe dovuto decorrere dal momento della registrazione dell'atto, dovendo operare la disposizione di cui all'articolo 2935 e.e., relativa alla prescrizione ma applicabile anche .in tema di decadenza. A norma, infatti, dell'articolo 4 del r.d.l. 5 marzo 1942, n. 186, in caso di conte.stazione da parte del contribuente dell'accertamento di maggior valore effettuato dall'Ufficio, l'obbligo di pagamento della relativa imposta complementare diverrebbe attuale soltanto a seguito e .in base alla decisione della Commissione Distrettuale. Si tratterebbe di una causa legale impeditiva dello stesso inizio della decorrenza del termine.. che forma oggetto di discussione. In proposito deve osservarsi, anzitutto, che il principio enunciato nell'art. 2935 e.e. pu ritenersi applicabile anche in materia di decadenza soltanto nei casi in cui, nella legge o nell'atto negoziale che stabilisca la decadenza, manchi l'indicazione del dies a quo : in tale ipotesi evidente che bisogna considerare il giorno in cui l'atto sogget PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA to a decadenza pu essere compiuto. Diversamente si deve opinare nelle ipotesi nelle quali nello stesso atto (legge od atto negoziale) che stabilisce il term1ne di decadenza sia fissata una determinata data di decorrenz, a (come nella specie, in cui -come ,sopra si esposto -la legge ste.ssa fa espresso e specifico riferimento alla data della registrazione dell'atto o contratto). Va inoltre osservato che, quando il fatto che impedisce l'inizio della decorrenza del termine previsto come causa di sospensione.. l'applicabilit dell'articolo 2'935 e.e. sarebbe comunque sottoposta ai limiti stabiliti dall'articolo 21964, ultima parte dello stesso codice. Va rilevato, poi, che quella che la Finanza deduce non una vera e prop.ria causa impeditiva dell'inizio del decorso del termine, causa che dovrebbe avere carattere obiettivo ed essere intesa in senso giuridico e non consistere quindi in un mero ostacolo di fatto. Invero, la .controversia per la determinazione del valore agli effetti dell'applicazione dell'imposta di registro, controversia che sorge a seguito del reclamo proposto dal debitore. d'imposta, un fatto soltanto eventuale. Dare perci rilevanza al fatto accidentale dell'insorgenza della controversia di valutazione tra l'Ufficio finanziario e il contraente debitore d'imposta e alla durata del procedimento davanti alla Commissione Distrettuale s~gnificherebbe dare sostanzialmente ingresso -anche in materia di decadenza (.quale quella che concerne il terzo acquirente e possessore dell'immobUe gravato dal diritto di .seguito spettante alla Finanza) e nonostante il divieto stabilito dall'articolo 2964 e.e. -a quella che, nei .confronti del debitore d'imposta, costituisce -secondo la legge tributaria -una tipica causa di interruzione e di sospensione della prescrizione. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 gennaio 1973, n. 177 -Pres. Giannattasio -Est. Pascasio -P. M. Gentile (conf.) -Forcato (avv. Comba) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato De Francisci). Imposte doganali -Prescrizione -Diritti dovuti in relazione a fatti costituenti reato -Decorrenza -Sentenza penale irrevocabile. (1. 25 settembre 1940, n. 1424, art. 27; e.e., art. 2947). In base aLL'art. 27 deUa legge 25 settembre 1940, n. 1424, che disciplina la speciale materia in modo autonomo e difforme dal principio contenuto nell'art. 2947 e.e., la prescrizione dei diritti doganali dovuti in relazione a fatti costituenti reato decorre sempre dalla data in cui la sentenza o il decreto pronunciati nel procedimento penale diven 404 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tana irrevocabiii, e ci anche nel caso che iL procedimento penale si concLuda con pronunzia di proscioglimento o di dichiarazione di estinzione del reato (1). (Omissis). -Col primo motivo il ricorrente, denunciando la violazione de1l'art. 27, ultimo comma, della legge 2,5 settembre 1940, n. 1424, dell"art. 2947, ultimo comma, e.e. e dell'art. 132, n. 4 c.p.c. in relazione all'art. 360, n. 3 e 5 dello stesso codice, lamenta che erroneamente la Corte d'appello abbia ritenuto che il termine di prescrizione dell'azione per la riscossione dei diritti doganali decorresse dalla data della sentenza dichiarativa della estinzione del reato per prescrizione invece che dalla data in cui il fatto stato commesso. La censura non fondata. La speciale materia infatti compiutamente regolata dalla norma dell'art. 27 della citata legge doganale del 1940 che, dopo avere statuito il termine di cinque anni per la prescrizione dell'azione dello Stato diretta alla riscossione dei diritti doganali, dispone che, qualora il mancato pagamento di tali diritti abbia causa in un reato, il termine anzidetto decorre dalla data in cui hl decreto o la sentenza pronunciati nel procedimento penale sono divenuti irrevocabili. Vero che l'art. 2947 e.e. statuisce che il termine di prescrizione -pure di cinque anni -per i diritti .che derivano da fatto illecito dal giorno in cui il fatto si verificato. Ma l'ambito della norma del tutto diverso da quello del detto art. 2:7 in quanto, mentre oggetto della prima sono i diritti doganali spettanti allo Stato, oggetto della secondo invece il diritto al risarcimento del danno ossia la riparazione del pregiudizio che sia derivato dal fatto illecito. Trattasi quindi di due prescr.Zioni diverse, anche se il termine di entrambe della stessa durata. Inoltre, la norma della legge. doganale ha carattere speciale e quindi non pu ritenersi derogata o modificata dalla citata, posteriore norma dell'art. 2947 e.e., per il .principio che lex posterior generalis non derogat priori speciali, ribadito dall'art. 248, ultimo comma, delle disposizioni transitorie e di attuazione del codice civile. Esattamente pertanto la Corte d'appello ha ritenuto che le disposizioni dell'art. 2947 e.e. sono estranee a que1le dell'art. 27 della legge doganale che regola la prescrizione dei diritti dello Stato e che essa decorre a partire non dalla data del fatto ma da quella in cui divenuta irrevocabile la pronuncia del giudice penale nel procedimento che ne sia seguito. Dal pari esattamente ha ritenuto che detta pronuncia (1) Decisione da condividere pienamente; V. Cass. 20 febbraio 1967, n. 415, in questa Rassegna, 1967, I, 155 con nota. ~ !f: ! ~~~-w~ PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 405 (sentenza o decreto) non debba necessariamente essere di condanna, cos come sostiene il ricorrente. L'ampia dizione del citato art. 27 comprende tutte le pronuncie emanate dal giudice e non soltanto quelle di condanna, per cui non possono escludersi le sentenze di proscioglimento per estinzione del reato, fra cui rientra quella che nel caso in esame ha riconosciuto che il reato di contrabbando si era prescritto. Dalla data in cui tale pronuncia era divenuta irrevocabile decorreva dunque la prescrizione dei diritti doganali non corrisposti: e, poich U 23 ottobre 1958, quando l'ingiunzione venne notificata, il quinquennio non si era compiuto, la decisione impugnata si sottrae alla mossa censura, conformemente a quanto questa suprema Corte ha gi altra volta ritenuto (sent. 20 febbraio 1967, n. 415). -(Omissis). I CORTE DI CASSAZIONE, ~ez. I, 29 gennaio 1973, n. 271 -Pres. Saya Est. Mazzacane -P. M. Minetti (conf.) -Lenti Leo (avv. Calvario) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Salto). Imposte e tasse in genere -Imposta di successione -Interessi -Imposta complementare -Rapporti anteriori all'entrata in vigore della legge 26 gennaio 1961, n. 29 -Decorrenza da tale data. (1. 26 gennaio 1961, n. 29, art. 3; 1. 28 marzo 1962, n. 147, art. unico). Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Interessi -Imposta complementare -Dichiarazione suppletiva di valore in sede contenziosa dinanzi alle commissioni -Non idonea ad escludere l'obbligo degli interessi. (1. 26 gennaio 1961, n. 29, art. 1 e 3; 1. 28 marzo 1962, n. 147, art. unico; 1. 12 giugno 1930, n. 742, art. 12). Gli interessi sulle imposte complementari che non poterono essere liquidate per mancanza, imputabile al contribuente, degli elementi necessari alla liquidazione, sono dovuti, per i rapporti anteriormente sorti e non definiti, dalla data di entrata in vigore della legge 26 gennaio 1961, n. 29 (1). (1-4) Ancora degli interessi sui tributi complementari. Con le due decisioni sopra pubblicate, che si riconnettono, riassumendone la motivazione, alla pronunzia delle Sez. Un. 21 agosto 1972, n. 2695 (in questa Rassegna 1972, I, 855) pu dirsi ormai esaurito ogni problema sugli interessi sui tributi complementari indiretti. Quando la discussione divenne vivace a :seguito della pubblicazione di due dedsioni contrastanti, 406 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Non ha rilevanza ai fini della corresponsione degli interessi sull'imposta complementare, la dichiarazione di riconoscimento di un maggior valore contenuta in un atto del procedimento contenzioso dinanzi alle Commissioni (2). II CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 2 febbraio 1973, n. 318 -Pres. Giannattasio -Est. Brancaccio -P. M. Gentile (conf.) -Benedetti (avv. Zito) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Tomasicchio). Imposte e tasse in genere -Imposta di registro -Interessi -Imposta complementare -Rapporti anteriori all'entrata in vil?,ore della legge 26 gennaio 1961, n. 29 -Decorrenza da tale data. Imposte e tasse in genere -Imposta di registro -Interessi -Imposta complementare -Fatto imputabile al contribuente -Obbligo di I I dichiarazione del valore venale se superiore al prezzo pattuito Non sussiste -Ritardo nell'adempimento - sufficiente a fondare il diritto agli interessi -Esclusione della imputabilit -Onere della prova. i (1. 26 gennaio 19'61, n. 26, art. 1; 1. 28 marzo 1962, n. 147, art. unico; r.d. 30 f: dicembre 1923, n. 3269, art. 73; d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 15 e 17; e.e., art. 1218 e 1224). ' ! Gli interessi sulle imposte complementari che non poterono essere I liquidate per mancanza degli elementi necessari, sono dovuti, per i rapporti sorti anteriormente, dalla data di entrata in vigore della legge I 26 gennaio 1961, n. 29 (3). Sebbene nel sistema della legge di registro non esista un obbligo I del contribuente di dichiarare il valore venal del bene trasferito, ove I questo sia superiore al prezzo pattuito si che non pu parlarsi di neces I saria imputabilit al contribuente della mancanza degli elementi neces I sari alla liquidazione della imposta, tuttavia, essendo l'obbligo di co1I rispondere gli interessi fondato non sulla colpa del contribuente ma semplicemente sulla mora, sufficiente il ritardo nell'adempimento delI l'obbligazione tributaria per giustifica1e la pretesa al pagamento degli interessi, salva la facolt del contribuente di dimostrare che l'inesattezza dei dati sottoposti all'Amministrazione non dipende da fatto ad esso imputabile (4). in una nota su questa RASSEGNA (C. BAFILE, Gli interessi sui tributi com~ plementari, 1971, I, 99), esposi alcuni concetti che hanno trovato conferma nella g,iurisp1rudenza .successiva; se1mbra perci opportuno ritornare sull'argomento per constatare che ormai ogni incertezza fugata. ' PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 407 I (Omissis). - Con il primo motivo i ricorrenti -denunciando la violazione degli artt. 11 disp. prel. e.e., 1 legge 26 gennaio 1961, n. 29 ed art. unico legge 28 marzo 1962, n. 147 in relazione all'art. 360, n. 3 c.p.c. -sostengono che dal carattere innovativo delle disposizioni citate discende che, qualora il rapporto giuridico di imposta complementare sia sorto anteriormente all'entrata in. vigore delle disposizioni stesse, l'applicazione di queste, anche se intervenute quando quel rapporto non aveva ancora esaurito i suoi effetti, importerebbe la violazione del principio dell'irretroattivit della legge, sancito dall'art. 11 delle preleggi; che pertanto, poich nel caso di specie il rapporto giuridico di imposta complementare relativa alla successione di Ceo Angela Pasqualina, apertasi il 3 settembre 1960, era sorto, al pari del presupposto per l'applicazione del tributo complementare, anteriormente alla data del 16 marzo 1961 di entrata in vigore della legge sugli interessi moratori, tale legge non era applicabile a quel rapporto, anche se esso non aveva ancora esaurito i suoi effetti. La censura infondata. Questa Corte ha gi avuto occasione di esaminare la questione se gli interessi moratori, previsti dalla legge 26 gennaio 1961, n. 29 (interpretata dalla legge 28 marzo 1962, n. 147) siano dovuti, con decorso dall'entrata in vigore della prima delle predette leggi, sull'importo dell'imposta complementare di successione rispetto a rapporti tribu- La prima e la terza massima riaffermano in modo ormai definitivo che la nascita dell'obbligo di corrispondere gli interessi sui debiti tributari anteriormente sorti, dalla data di entrata in vigore della legge 26 gennaio 1961, n. 29, non contrasta col principio della irretroattivit della legge: l'obbligazione gi sorta non viene modificata dalla legge sopravvenuta, ma i suoi effetti, cio la mora, rinnovandosi de die in diem, entrano sotto il vigore del.la nuova norma. La giurispll"Udenza ormai fermissima (Cass., 6 ottobre 1972, n. 2865, in questa Rassegna, 1973, I, 224; 17 aprile 1972, n. 1207, ivi, 1972, I, 493 e precedenti ivi richiamati) eira indtpendentemente dalla concreta possibilit di esereizio del diritto; per eliminare questo inconveniente stato appunto successivamente adottato il diveTso sistema del d.l. 11 dicembTe 1967, n. 1150. Se questa pTescrizione si volesse integTalmente applicare peT gli atti Tegistrnti anteTiormente, potrebbe cadere il diTitto della Finanza pTima ancoTa che la decadenza si sia avvernta e la pTescTizione sia cominciata a deconeTe. Ci stato espTessamente escluso: la legge sopravvenuta, cosi applicata, assumerebbe efficacia Tetroattiva, modificando la struttura della fattispecie legale e determinando istantaneamente una gi avveTata pTescTizione per rapporti nei quali, sotto la precedente legge, la prescrizione non era maturata o non era ancora iniziata (Cass., 13 gennaio 1972, n. 101, Riv. leg. fisc., 1972, n. 1583; v. anche la nota sent. della Sez. Un., 27 giugno 1969, n. 2311, in questa Rassegna, 1969, I. 567. Resta allora un punto fermo che per gli atti registrati prima dell'entrata in vigore della legge -2 febbraio 1960, n. 35, la prescrizione decorre dal momento in cui il diritto pu esser fatto valere (conoscenza o conoscibilit della causa di decadenza) e non dal giorno della registrazione. Ma se, sempre per gli atti registrati anteriormente, la decadenza si avvera dopo l'entrata in vigore della legge del 1960 quale sar la prescrizione applicabile? Sempre quella triennale decorrente dal momento della 420 RASSEGNA DELL'VVOCATURA DELLO STATO dalla sua entrata in vigore (12 dicembre 1967), determinando poi in tre anni il termine di pvescrizione con decorrenza dalla denun~a; 6) che il Giglio non aveva mai adempiuto a tale obbligo, cosicch il nuovo termine di prescrizione non aveva iniziato a decorrere quando era entrata in vigor,e la legge regionale siciliana n. 29 de1l 1969, recante una disciplina analoga; 7) che perci, quando l'Amministrazione finanziaria aveva ingiunto il pagamento con l'atto dell'8 settembre 1969, non si era verificata alcuna prescrizione; 8) che, in ordine al motivo d'appello concernente la prescrizione del diritto alla percezione degli interessi moratori, doveva rtlevarsi che gli inter,essi, pur avendo natura accessoria rispetto al credito principale, cosUtuiscono tuttavia un'entit giuridica ed economica a s stante e che tale autonomia trova un riconoscimento in materia di prescrizione, giacch l'art. 2948, n. 4 e.e. fissa in cinque anni il termine relativo agli interessi indipendentemente da quello per l'obbligazione principale che li ha prodotti; 9) che pertanto nella specie il Giglio doveva pagare alla Finanza L. 1.260.600 per imposte di registro ed ipotecarie e per le addizionali e, su tale somma, gli interessi moratori del 3% per semestre a decorrer,e dal giorno 8 settembre 1964 e cio per il quinquennio precedente alla notifica dell'ingiunzione fiscale (avvenuta in data 8 settembre 1969). Contro la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione Giglio Giovanni, deducendo due motivi. Resiste con controricor,so l'Amministrazione delle Finanze dello Stato, la quale ha anche proposto ricorso incidentale, con un uni'Co motivo. decadenza, oppure quella quinquennale o settennale pure decorrente dal momento della decadenza? La sentenza in nota per la seconda soluzione ed da condividere. Posto che per gli atti registrati prima del 1960 la prescrizione non pu decorrere dalla registrazione e per quelli registrati invece successivamente vige il sistema introdotto con il d.l. n. 1150 del 1967, per le ipotesi particolari degli atti registrati prima del 1960 ma per i quali la decadenza si avvera successivamente il regime della prescrizione necessariamente composito: se il fatto generatore della obbligazione (decadenza) si verifica sotto il vigore della legge n. 35 del 1960 la prescrizione non pu essere che quinquennale, ma questa, non potendo decorrere dalla registrazibne, deve decorrere dalla data della decadenza. Diversamente si dovrebbe concludere che ancora oggi, dopo un susseguirsi di leggi, la decadenza che si avveri rispetto ad un atto registrato prima del _1960 mette in moto la prescrizione triennale dell'art. 136. La sentenza in rassegna ha invece opportunamente precisato che in tali ipotesi, se pure non pu dirsi applicabile l'art. 6 del d.l. 11 dicembre 1967, n. 1150 che fa espresso riferimento agli atti registrati dopo il febbraio 1960, invece applicabile la prescrizione quinquennale decorrente dal momento dell'avvenuta decadenza che si prolunga ulteriormente in quella settennale con l'emanazione della legge 6 ottobre 1962, n. 1493. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA MOTIVI DELLA DECISIONE Con H primo mezzo del ricorso il Giglio lamenta che la Corte d'appello abbia ritenuto applicabili alla fattispecie le disposizioni di cui alle leggi n. 35 del 1960 e n. 1493 del 1962, nonch il d.l. n. 1150 del 1967. Egli assume che la Regione siciliana ha, in materia di tributi erariali, potest legislativa concorrente rispetto a quella dello Stato e che la materia delle agevolazioni fiscali per l'edilizia stata compiutamente ed autonomamente disciplinata dalla Regione siciliana con proprie leggi, cosicch -avendo detta Regione disciplinato soltanto con la legge 30 luglio 1969, n. 29 la materia della prescrizione dell'azione della Finanza nel caso di decadenza dai benefici fiscali accordati dalle leggi regionali -avrebbe in precedenza operato in Sicilia il normale termine di prescrizione triennale previsto dall'art. 136 della legge del Registro. La prescrizione dell'azione della Finanza si sarebbe perci verificata il 28 marzo 1964 e cio tre anni dopo il giorno in cui l'Amministrazione finanziaria aveva avuto notizia dell'avvenuta decadenza dai benefici fiscali per effetto della sentenza del tribunale di Caltanissetta, che aveva pronunciata fa revoca dell'atto 31 marzo 1958. Il motivo infondato. Premesso che l'art. 36 dello Statuto della Regione siciliana attribuisce alla Regione stessa il potere di deliberare tributi, riservando, per tale materia, alla legislazione esclusiva nazionale le imposte di produzione e determinati monopoli e che da tale disposizione, coordinata con tutte le altre dello Statuto medesimo, risulta che la materia tributaria non stata attribuita alla legislazione esclusiva della Regione ma costituisce oggetto di legislazione concorrente (sent. n. 2625/71 di questo Supremo Collegio), consegue che -in assenza di una specifica norma regionale regolante la prescrizione dell'azione di recupero della Finanza nel caso di decadenza dalle agevolazioni fiscali per la materia edilizia doveva operare (prima dell'entrata in vigore della legge re2ionale 30 luglio 1969, n. 29, che disciplin espressamente il caso della prescrizione anzidetta) la normativa dettata al riguardo nelle leggi statali e cio non soltanto la disposizione contenuta nell'art. 136 della legge del Registro, come pretende il ricorrente, ma altres le disposizioni di cui all'art. 4 della legge 2 febbraio 1960, n. 35 e all'art. 21 della legge 6 ottobre 19612, n. 1493, che elevarono rispettivamente a cinque e sette anni il termine di prescrizione per l'azione dell'Amministrazione finanziaria diretta al recupero dei tributi dovuti nella misura o~dinaria in materia di tasse e di imposte indirette sugli affari, per effetto di decadenza dalle agevolazioni fiscali in materia edilizia. Altrettanto deve 422 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dirsi per il d.l. n. 1150 del 1967 (convertito con legge 7 febbraio 1968, n. 26), il quale ha disposto che l'azione di recupero si prescrive con il decorso di tre anni dalla data di presentazione della denuncia dell'avvenuta decadenza dall'agevolazione tributaria. Trattasi di una speciale normativa per la particolare materia delle decadenze dai benefici fiscali per }'.edilizia e tafo normativa non poteva non derogare alla disciplina ordinaria dettata nell'art. 136 della legge del Registro, ci anche per le decadenze dai benefici fiscali accordati con le leggi della Regione siciliana, mancanti -fino alla emanazione della legg.e 30 luglio 1969, n. 29, come sopra si esposto -di una specifica norma relativa al termine e al decorso della prescrizione dell'azione di recupero del tributo ordinario da .parte della Finanza. Con il secondo mezzo il Giglio censura -in via subordinata e per il caso di ritenuta applicabilit delle norme statali alla prescrizione in questione -la statuizione con cui la Corte di appello ha ritenuto applicabile alla specie l'art. 6 del d.l. n. 1150 del 1967, convertito con modificazioni nella legge n. 26 del 1968. Secondo il ricorrente l'applicazione della predetta norma era da escludersi, avendo il quarto comma di essa precisato che le disposiziO!lli precedenti si applicavano agli atti stipulati dopo l'entrata in vigore della legge 2 febbraio 1960, n. 35. Polch l'atto di cui trattavasi era stato stipulato il 31 marzo 1958 e registrato il 19 aprile 1958, esso esulava -secondo il Giglio -dall'ambito di applicazione della nuova normativa contenuta nell'art. 6 del decreto citato. Al caso in esame si sarebbero dovuti applicare soltanto i termini di prescrizione previsti' dall'art. 4 della legge n. 35 del 1960 (cinque anni) e dall'art. 2 della legge n. 1493 del 1962 (sette anni), con la conseguenza che, il termine avrebbe dovuto riconoscersi gi decorso alla data di notifica dell'ingiunzione fiscale, avvenuta il giorno 8 settembre 1969. Il predetto motivo fondato. Va rilevato che il quarto comma dell'art. 6 del d.l. 11 dicembre 1967, n. 1150, convertito con modificazioni nella legge 7 febbraio 1968, n. 26, stabiliva -con norma transitoria -che le disposizioni di cui ai precedenti commi (concernenti l'obbligo della denuncia della causa di decadenza dalle agevolazioni tr1butarie e la fissazione del termine di prescrizione di tre anni per l'azione di recupero dei tributi nella misura ordinaria, con decorrenza dalla data di presentazione della denuncia stessa) si dovevano applicare anche agli atti stipulati dopo l'entrata .in vigore della legge 2 febbraio 1960, n. 35. Quali atti stipulati dopo l'entrata in vigore della legge n. 35 del 1960 dovevano intendersi non gi gli atti generatori della decadenza dai benefici fiscali, ma soltanto gli atti originari agevolati e cio gli atti ammessi a fruire in un primo tempo delle agevolazioni in materia di edilizia e registrati con richiamo alle norme agevolative. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 423 A tale interpretazione inducono le seguenti considerazioni: a) lo stesso legislatore ha dimostrato, nel testo del quarto comma dell'art. 6 citato, di distinguere i termini letterali di atti e decadenze ; b) gli atti soggetti alla tassazione di cui trattasi e:rano unicamente costituiti dagli atti registrati COIIl l'agevolazione tributaria e non gi gli atti successivi comportanti l.a decadenza dall'agevolazione; e) non sussiste la possibilit di far richiamo alla disposizione di cui all'art. 2!935 e.e., come ha ritenuto la giurisprudenza di questo Supremo Collegio in ordine alla questione specifica della determinazione del momento iniziale di decorrenza del termilile prescrizionale (momento fatto perci coincidere con quello della registrazione dell'atto importante la decadenza dell" agevolazione), giacch nel caso in questione si tratta up.icamente di determinare a quale momento il legislatore ha fatto riferimento come dato rilevante per stabilire, nella speciale materia, da quale delle diverse leggi susseguitesi nel tempo debba considerarsi regolato un determinato atto ammesso al beneficio fiscale. Quanto, poi, alla disposizione contenuta nella seconda parte del quarto comma dell'art. 6 citato -secondo cui per le decadenze gi verificatesi le denuncie relative avrebbero dovuto essere prodotte entro un anno dall'entrata in vigore dello stesso decreto n. 11'50 del 1967 -si deve osservare che tale disposizione, seguendo immediatamente a quella della prima parte dello stesso comma ed essendo ad essa strettamente collegata, esige -ai fini della sua applicabilit -la condizione che ricorra, comunque, l'ipotesi di un atto agevolato stipulato dopo l'entrata in vigore della legge n. 35 del 1960, come disposto in via genera~e con la disposizione di cui alla prima parte del quarto comma dello stesso art. 6. La Corte del merito avrebbe perci dovuto disapplicare e non ritenere operante nella specie la nuova disciplina dettata nell'art. 6 del d.l. n. 1150 del 1967 convertito con legge 7 febbraio 1968, n. 26. La sentenza impugnata deve essere quindi cassata, in relazione alla censura accolta, e la causa deve essere rinviata ad altro giudice per nuovo esame e precisamente al fine di accerta!re se, al momento in cui entr in vigore la legge della Regione siciliana del 30 luglio 1969, n. 29, a favore del Giglio si fosse gi compiuta (cOIIl decorrenza dalla data del passaggio in giudicato della sentenza del tribunale di Caltanissetta del 18 marzo 1961, pronunciante la revoca della compravendita agevolata tra l'Andriolo e il Giglio e comportante pertanto la decadenza dalla agevolazione fiscale) la prescrizione dell'azione di recupero del tributo nella misura ordinaria da parte della Finanza, secondo il termine prescrizionale stabilito nella precedente normativa (termine di sette anni previsto dall'art. 2 della legge 1493 del 1'962). -(Omissis). 424 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ' CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 12 febbraio 1973, n. 406 -Pres. Flore -Est. Milano -P. M. Di Mayo (diff.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Vitaliani) c. Banca del Lavoro (avv. Del Nunzio). Imposta di registro -Enunciazione -Requisiti -Mancanza della indicazione del corrispettivo -Convenzione nella quale il corrispettivo stabilito in percentuale -Determinazione in un momento successivo -Legittimit. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 62). Imposta di registro -Disposizioni necessariamente connesse e derivanti per loro natura le une dalle altre -Fattispecie -Mutuo cinematografico con cessione dei proventi del noleggio e contratto di distribuzione -Esclusione. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 9). Imposta di registro -Solidariet -Enunciazione -Parte della convenzione enunziante estranea alla convenzione enunciata -Dipendenza fra le due convenzioni -Sussiste la solidariet. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 91). Imposta di registro -Tassazione provvisoria -Disposizione dell'art. 32 della legge di registro - di portata generale. (r.d. 3o dicembre 1923, n. 3269, n. 32). Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Competenza e giurisdizione -Valutazione -Correzione di errori di apprezzamento nella determinazione del valore presunto di una convenzione enunciata Difetto di giurisdizfone dell'A.G.O. (1. 20 mrzo 1865, n. 2248, all. E, art. 6; d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 29). Se vero che per aversi enunciazione tassabiie l'atto enunciante deve costituire non solo la prova ma anche il titolo dell'esistenza e dell'efficacia della convenzione verbale enunciata, pu ritenersi contenuta l'enunciazione di un contratto di distribuzione e noleggio cine -matografico in un atto di finanziamento e di cessione in garanzia dei proventi del noleggio, quando tutti gli elementi dell'atto enunciato sia in ordine ai soggetti che al contenuto oggettivo e alla reale portata siano desumibili dall'atto registrato; n di ostacolo aLla tassazione la mancanza di determinazione del corrispettivo della convenzione enunziata se essa per sua natura strutturata con un corrispettivo a percentuale PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 425 che potr essere determinato in un momento successivo alla conclusione del contratto (1). L'unicit della tassazione p1evista nell'art. 9 della legge di registro presuppone un'inscindibile connessione tra molteplici negozi aventi carattere di obiettivit e necessit, non dipendente da mera opportunit o volont delle parti; una tale connessione non ravvisabile tra il contratto di noleggio cinematografico e il contratto di mutuo con cessione in garanzia dei proventi della distribuzione (2). La solidariet fra le parti contraenti nell'imposta di registro, nel caso di pluralit di convenzioni contenute in unico atto, si estende anche alle convenzioni alle quali le parti contraenti sono estranee se tra le convenzioni esiste un rapporto di reciproca dipendenza (3). La disposizione dell'art. 32 della legge di registro di portata generale e trova quindi applicazione anche ai contratti di distribuzione \ cinematografica con corrispettivo a percentuale sugli incassi (4). Difetta di giurisdizione il giudice ordinario per verificare se la determinazione del corrispettivo convenuto in un contratto sia esatta; l'errore di apprezzamento che si assume contenuto nella valutazione in sede amministrativa della base imponibile non pu essere portato direttamente innanzi all'A.G.O. alla quale spetta soltanto, a norma del terzo comma deU'art. 29 del d.l. 7 agosto 1936, n. )639, di controllare, in sede di impugnazione, la legittimit della decisione della commissione provinciale di valutazione (5). (Omi.ssis). -Ci premesso, e premesso ancora che le questioni di diritto nuovamente riproposte dalla banca, in quanto concernenti I'an del debito d'imposta, vanno esaminate con precedenza rispetto al ricorso (1-5) La prima massima, esatta nelle premesse, risolve la questione della mancanza di determinazione del corrispettivo con riferimento al caso di specie, senza porsi quindi il problema se ai fini dell'enunciazione sia necessaria anche l'individuazione del prezzo o corrispettivo attraverso l'atto enunciante. Ma evidente che ci non ma!i necessario per l'atto enunciato, come non lo nemmeno per l'atto palese; gli elementi costitutivi della convenzione enunciata, la cui presenza nell'atto enunciante necessaria, sono gli elementi che integrano il presupposto della tassazione. Fra questi non rientra il prezzo o il corrispettivo che pu ben mancare nell'atto che pure produce gli effetti che danno luogo al presupposto della tassazione; in tal caso il corrispettivo o il valore determinato dall'ufficio a norma dell'art. 17, n. 1 del d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, senza che mai la mancanza di un prezzo o valore dichiarato possa essere di ostacolo alla imposizione. La seconda massima da condividere pienamente ed conforme alla tradizione dalla quale peraltro si registrata qualche deviazione. Per analoghe questioni in tema di rapporti bancari v. Cass., 15 marzo 1972, n. 751, in questa Rassegna, 1972, I, 345, con richiami. Nella terza massima si riconferma la tendenza giurisprudenziale a limitare la solidariet, nei casi di pi convenzioni contenute in unico atto, 426 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO principale dell'Amministrazione finanziaria riguardante il quantum, osservasi che priorit logica nell'ordine di trattazione va data alle questioni relative all'esistenza o meno di un'enunciazione tassabile ed alla valutazione del contenuto dell'atto enunciato. Quanto alla prima, si sostiene dalla banca che erroneamente la Corte di merito ha ritenuto che nell'atto di finanziamento sussistevano tutti gli elementi per l'enunciazione del contratto di distribuzione e noleggio cinematografico perch in realt la reale portata di tafo contratto non era determinata, n determinabile nell'atto enunciante. L'assunto non fondato. certamente esatto e, come tale, pi volte stato affermato da questa Corte che per la tassabilit, a norma dell'art. 62 della legge organica di registro, della convenzione verbale enunciata in un atto presentato alla registrazione, necessaria, non soltanto la prova della sussistenza della convenzione verbale enunciata, ma anche la possibilit di identificare la detta convenzione in tutti i suoi elementi essenziali, in modo che l'atto enunciante sia idoneo a funzionare anche 'a titolo della sua esistenza ed efficacia. Ma '.la sentenza impugnata, lungi dal disapplicare o dal malamente interpretare la norma ed il prmcipio test richiamati, come si afferma dalla banca, si uniformata perfettamente ad essi nel giudicare nel caso concreto sottoposto al suo esame. La Cor.te, infatti, rilevato che dagli artt. 6 e 7 della scrittura di finanziamento erano chiaramente identificabili tutti gli estremi essenziali del .rapporto enunciato, sia in ordine ai soggetti, che al contenuto ogg>ettivo ed alla sua reale portata, ha ritenuto che l'atto enunciante consentisse di identificare la convenzione >enunciata e di ricostruirla autonomamente ed in modo completo, sicch l'atto stesso era idoneo a funzionare non solo da prova ma anche da titolo rispetto alla convenzione intervenuta tra le societ finanziate e la societ Magna, distributrice del film e parte dell'atto enunciato. ai soggetti che hanno partecipato alla formazione di ogni singolo negozio (cfr. Cass., 26 luglio 1971, n. 2500 e 7 settembre 1970, n. 1260, ivi, 1971, I, 1464 e 1970, I, 871), pur precisando che ci si verifica quando le diverse convenzioni sono indipendenti, mentre la solidariet sussiste, nel caso di reciproca dipendenza tra le convenzioni, tra tutte le parti. Anche a questo proposito la decisione, ancorata al caso di specie, non ha approfondito la questione. Bisogna per rilevare che le due ricordate decisioni, del tutto contrarie ad una giurisprudenza consolidata per decenni, sono state pronunciae .su controversie in cui la solidoo-iet era discussa nel suo aspetto proces1suaie ed in un momento in cui le difficolt della sHuazione prodottasi nei rapporti pregressi dal superamento della speciale solidariet tributaria hanno dato origine a pronunce contrastanti (v. C. BAFILE, Su. nuovi problemi della solidarietd tributaria, ivi, 1972, I, 663). Sotto l'aspetto sostanziale, invece, la solidariet per il pagamento dell'imposta di registro sempre rimasta rigorosamente estesa a tutti! le parti contraenti, comunque PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 427 N a favore della tesi della insussistenza, nel1a fattispecie, di una enunciazione rispondente alla esigenza di un'autonoma e completa ricostruzione della convenzione, vale l'obiezione che le circostanze esposte nell'atto di finanziamento non erano tali da consentire, di per s, la determinazione, al momento della registrazione, del preciso ammontare del compenso spettante alla societ distributrice. Come gi fu osservato dalla sentenza impugnata, a vincere l'ol:iiezione sufficiente considerare che la indeterminatezza di quell'importo dipendeva, non gi da un'incompletezza di elementi dell'atto enunciante, bens dal particolare sistema retributivo, commisurato in via percentuale sull'ammontare dei proventi delle proiezioni. Nel caso in esame indubbio che l'ammontare dei proventi sui quali avrebbe dovuto essere calcolata la percentuale spettante alla societ distributrice, anche se non equivalente al costo del film, come ritenuto dalla Finanza, era facilmente determinabile in un momento successivo ,alla conclusione del contratto. Quanto, poi, all'altra questione, quella cio relativ'a alla valutazione del contenuto della convenzione enunciata, non pu del pari essere condivisa l'affermazione della banca secondo cui la Corte del .merito, nel ritener,e che la percenuale del 35, % prevista in favore della societ distributrice rappresentava, non gi un rimborso di spese come dichiarato dalle parti, ma il compenso per il servizio prestato, non si sia attenuta aUe obiettive risultanze del documento, secondo la regola fondamentale dell'art. 8 della legg,e di registro, ma abbia fatto ricorso ad inammissibili presunzioni che non trovavano nell'atto enunciante base alcuna. partecipanti allo stesso atto e recentemente (sent. 5 maggio 1972, n. 1358, ivi, 1972, I, 678) stata riaffermata la solidariet delle parti contraenti per la convenzione alla quale sono estranee, anche se la convenzione enunziata. Esattissima la quarta massima conforme a giurisprudenza recente: Cass. 12 febbraio 1971, n. 363 e 5 gennaio 1972, n. 18 (ivi, 1971, I, 621, e 1972, I, 279). Da condividere pienamente l'ultima massima. L'errore di apprezzamento nella fase amministrativa di determinazione della base imponibile cosa del tutto diversa dalla impugnazione della dcisione definitiva della Commissione provinciale per difetto di calcolo e errore di apprezzamento ex art. 29, terzo comma del d.l. 7 agosto 1936, n. 1639 (Cass.-, 6 maggio 1972, n. 1374, ivi. 1972, I, 686). In nessun caso, pertanto, pu essere conosciuta dall'A.G.O. una questione di semplice estimazione. Inoltre, anche se una questione di diritto preliminare all'estimazione si presentasse, questa non potrebbe mai essere deferita all'A.G.0. con la stessa azione avente per oggetto le questioni di imponibilit, giacch una tale questione potrebbe essere portata all'A.G.O. solo in via incidentale o pregiudiziale al giudizio di valutazione riservato alla Commissione competente (v. nota a Cass., 7 marzo 1972, n. 647, ivi, 1972, I, 447). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Ed invero il principio dettato dal richiamato art. 8 della legge di registro non fu violato dal1a Corte di merito perch questa si fond sul contenuto dell'~tto, compiendone, per altro, una interpretazione, che, come giudizio di fatto, si sottrae al sindacato di questa Corte, il cui potere correttivo trova, tra gli altri limiti, anche quello che la sostituzione della motivazione sia solo in diritto e non importi una indagine o valutazione di fatto. La citata disposizione, d'altra parte, non impone, come si afferma dalla banca, di stare al contenuto letterale del documento, bens di valutarne, anche in contrasto con la forma apparente, la intrinseca natura e gli effetti che esso destinato a produrre con la considerazione del risultato economico al cui conseguimento esso idoneo per la sua giuridica portata. E la regola dettata in tale disposizione, la quale, come noto, tende a reprimere le simulazioni relative dei negozi giuridici a scopo di evasione fiscale, non poteva non trovare applicazione in un caso come l'attuale in cui il contrasto tra la natura giuridica del negozio enunciato (contratto di distribuzione e noleggio cinematografico) e la formale dichiarazione delle parti circa .Ja natura della percentuale prevista in favore delia societ Magna risultava evidente dal momento che nel contratto di agenzia, al quale assimilabile quello di distribuzione di film (Cass., 15 apri1e 195'8, n. 12.32), il compenso dovuto all'agente costituisce la prestazione principale a carico del preponente ed esso, comunque venga determim.ato dalle parti, deve in ogni caso sussistere, come requisito essenziale del negozio, non potendo dare luogo ad un contratto di agenzia l'assolvimento dell'incarico a titolo gratuito. D'altra parte noto che il compenso per il distributore di films viene norma1mente commisurato in base ad una percentuale sull'importo lordo degli introiti della proiezione, e se innegabile che nella percentuale compreso il rimborso del1e spese per l'esplicazione dell'incarico, tuttavia da rilevare che, contrariamente a quanto si afferma dalla banca, la Corte di appello non avrebbe potuto occuparsi della questione relativa alle spese da detrarsi dall'imponibile perch, come gi ritenuto da questa Corte, la semplice operazione aritmetica di detrazione delle spese dal reddito lordo e, a maggior ragione, quella di accertare, con indagine di mero fatto, l'ammontare delle spese stesse al fine di determim.are quantitativamente l'imponibile, costituisce questione, non gi relativa alla applicazione d'ella legge, ma di mera estimazione e, come tale, sottratta alla giurisdizione del giudice ordinario (Cass., 20 febbraio 1969, n. 565 e 24 aprile 1970, n. 1181). L'altra questione riproposta a questa Corte, ai fini della correzione della motivazione della decisione, quella relativa alla pretesa esenzione soggettiva dall'obbligo del pagamento del tributo, ed al I \~ !i ~ PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 429 riguardo si sosUene che i giudici di appello nell'escludere che anche tale contratto potesse essere registrato in abbonamento e, cio, con l'agevolazione prevista dall'art. 2 del d.l. 7 agosto 1936, n. 1704 per le operazioni di credito cinematografico, non hanno considerato che la cessione dei provenit di distribuzione del film era necessariamente connessa con l'operazione di finanziamento, per cui doveva trovare applicazione la disposizione del secondo comma dell'art. 9 della legge di registro. Anche tale assunto non pu essere condiviso. Come pi volte questa Suprema Corte ha avuto occasione di stabilire (cfr. da ultimo, sentenze n. 1845 e n. 2419 del 1970 e n. 751 del 1971) la unicit della tassazione prevista dalla richiamata disposizione nella sola ipotesi che i molteplici negozi risultino inscindLbi:lmente connessi per virt di una norma di legge oppure per la loro intrmseca natura, talch tra loro sussista un vLncolo di connessione oggettiva, immedtata e necessaria; occorre, cio, tra le convenzioni, ai fini della tassazione unica, un collegamento che non sfa occasionale e non dipenda dalla volont delle parti, ma sia, con carattere di obiettiva causalit, connaturato, come necessario, giuridicamente e concettualmente, alle stesse convenzioni. Nella fattispecie, se -stando agli accertamenti dei giudici del merito -non pu essere neg.ato che il contratto di distribuzione del film era connesso sia con la garanzia del finanziamento, costituita dalla cessione pro solvendo dei proventi di noleggio (art. 6 della scrittura di finanziamento), in quanto ne assicurava le modalit di esecuzione, obbligando la societ distributrice a versare direttamente alla banca i detti proventi, sia con il finanziamento perch con le dette modalit di esecuzione garantiva ed assicurava la restituzione della somma mutuata, devesi per riconoscere che una connessione del genere oltre a non trovare la sua fonte nella legge, non pu neanhe configurarsi come oggettiva: sicch, resta l'unica ipote,si possibile di una connessione dovuta alla volont delle parti e, quindi, assolutamente insufficiente a produrre, in deroga ai principi generali, unicit di tassazione. Da quanto si innanzi detto in ordme al vincolo di connessione, anche se meramente soggettivo, esistente tra l'atto enunciato e quello enunciante, facile dedurre l'infondatezza anche dell'altro assunto della banca secondo cui, essendo rimasta estranea alla convenzione enunciata, non potrebbe trovare applicazione nei suoi confronti il principio della solidariet per il pagamento dell'imposta di registro sancito dall'art. 91, n. 1 della legge organica. Se vero, infatti, che la solidariet per il pagamento dell'imposta di registro riguarda non tutti i soggetti comun,que intervenuti nell'atto soggetto a registrazione, ma le persone che concorrono alla formazione di ogni singolo negozio giuridic~ e nel caso di pi convenzi~ del tutto autonome ed indipendenti, soltanto ai distinti gruppi di contraenti di ogni autonomo negozio (Cass., 7 settembre 1970, n. 1260 e 26 luglio 1971. 430 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO n. 2500) pur vero che nella fattispecie, non gi di convenzioni autonome ed indipendenti si tratta, bens di convenzioni tra di loro poste dalle parti in un rapporto di reciproca dipendenza, con la conseguenza che, ripercuotendosi le vicende dell'una sull'altra, condizionandone la vaHdit e la esecuzione, la bainca non pu ritenersi estranea agli effetti della convenzione enunciata, e, quindi, anche a quello relativo al pagamento del tributo. Infondato, , infine, l'ultimo assunto della banca secondo cui dall'art. 32 della legge di registro non potrebbe desumersi, contrariamente a quainto si ritenuto dalla sentenza impugnata, un principio generale valido per la .tassazione di tutti i contratti a corrispettivo variabile e determinabile solo a posteriori, riferendosi tale disposizione solo ai trasferimenti di immobili ed agli appalti a prezzo presunto, cio, ai trasferimenti di cose facilmente misurabili, secondo le regole dettate dagli artt. 15 e segg. del decreto n. 1639 del 1936 sulla riforma degli ordinamenti tvibutari. Ed invero la questione del modo di tassazione dei contratti a corrispettivo variabile e, quindi di V'alore determinabile soltainto in momento successivo alla loro conclusione, che gi aveva formato oggetto di contrastanti decisioni da parte di questa Corte Suprema (sentenze n. 076 del 20 aprile 1942 e n. 117 del 22 gennaio 1965, sebbene entrambe non abbiano affr01I1tato ex professo il problema, ma l'abbiano esaminato sotto un aspetto diverso e particolare), stata di recente riesaminata, con le decisioni n. 363 del 12. febbraio 1971 e n. 18 del 5 gennaio 19-72 e risolta nel senso che il citato art. 32 del1a legge organica di registro non ha carattere eccezionale, ma costituisce estrinsecazione di un principio generale dell'ordinamento tributario, quello per cui, quando al momento della registrazione, non si possa procedere alla determinazione della base imponibile, la imposta si liquida provvi. sodamente in base agli elementi di V1alutazioni derivanti dal contratto, salvo procedere, non appena possibile, alla liquidazione definitiva. Questo pi vecente indirizzo giurisprudenziale -ptenamente condiviso dalla dottrina e gi da tempo fatto proprio dalla commissione centrale delle imposte (decisioni 20 marzo 1964, n. 7549 e 20 luglio 1949, n. 5635) va mantenuto fermo perch ispirato ad una maggiore comprensione della esigenza di una pronta tassazione di quei contratti, validi ed efficaci, di cui non possa conoscersi, al momento della registrazione, quale sia l'ammontare definitivo del prezzo o corrispettivo. invero, principio fondameintale in materia d'imposta di registro che la tassazione deve basarsi sulle risultanze dell'atto, per cui da esso deve essere tratto il valore del bene oggetto del trasferimento. Ove detto valore sia indicato come meramente probabile, ovvero sia prevista la .possibilit di un'ulteriore definitiva determinazione sorge il problema PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA di conciliare la tutela del diritto del contribuente a non pagare se non quanto sia effettivamente dovuto con la esigenza dell'Amministrazione ad una sollecita percezione del tributo. Ora una tassazione provvisoria sulla base del valore presunto, desumibile dall'atto, la quale, per altro, faccia salvi sia il diritto dell'Amministrazione sia quello del contribuente di ottenere, a11orch sar divenuta possibile una valutazione definitiva, rispettivamente il pi ancora dovuto o 1a restituzione di quanto indebitamente pagato, non pu non rappresentare la logica soluziione del problema. Pertanto, la disposizione del primo comma dell'art. 32 della legge organica, anche se dettata esclusivamente per 1e alienazioni di immobili, il cui prezzo o corrispettivo debba essere ulteriormente liquidato o accertato, bene pu intendersi riferita a tutte le categorie di contratti, qualsiasi ne sia l'oggetto, qualificati da siffatto predicato di oggettiva indeterminatezza, allo stato, del valore e non limitata al tipo negoziale specificatamente previsto. Come esattamente stato gi rilevato, questa interpretazione estensiva della norma in esame trova giustificazione e fondamento nella identit di situazione che si pone in essere, qualunque sia l'oggetto del trasferimento, rispetto 1alla necessit di una disciplina idonea ad appagare le contrastanti esigenze correlate a quel particolare atteggiarsi del contenuto del contratto, senza, per converso, che 1971, I, 649). Le assegnazioni conformi al diritto di ciascun comproprietari o socio sono dichiarative e soggette alla imposta graduale; sono invece traslative e soggette all'imposta proporzionale le assegnazioni che danno luogo a conguaglio o maggiore assegno, ossia le attribuzioni non conformi al diritto di quota ideale sui beni comuni. In particolare per le societ di persone sono dichiarative le attribuzioni, corrispondenti alla quota di diritto, degli stessi beni conferiti dal socio a cui vengono attribuiti e dei RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 442 Secondo l'opinione delle ricorrenti -non rientrando l'assegnazione inferiore alla cosiddetta quota di diritto nella previsione normativa della nota apposta in calce all'art. 88 della tariffa all. A della legge di registro -ad una siffatta assegnazione dovrebbe applicarsi l'imposta graduale prevista dal citato articolo. Fra le due ntitetiche proposizioni del dilemma, que,sta Corte ritiene di doversi orientare nel senso del secondo indirizzo. Ai fini della disamina del problema, occorre muovere, dai limiti della sfera di applicazione dell'art. 88 della tariffa all. A. Tale disposizione normativa -riferendosi l'art. 87 della tariffa soltanto (agli atti di scioglimento della societ ed) alle dichiarazioni di recesso (totale o parziale) dalle medesime -trova applicazione anche in ordine alle assegnazioni effettuate ai soci in seguito a recesso (oltre che a scioglimento e liquidazione della societ), costituendo questo lo scioglimento del rapporto sociale limitatamente ad un socio (o ad una parte di soci). Con la cessazione della qualit di socio, conseguente alla dichiarazione di volont, intesa alla risoluzione del rapporto (plurilaterale) sociale, si determina, limitatamente al socio recedente, lo scioglimento del rapporto societario. Con la nota apposta in ca,Ice alla cennata disposizione legislativa, si , per, inteso escludere dalla sfera applicativa dell'art. 88, e cio dall'assoggettabilit all'imposta graduale, le assegnazioni superiori alle quote di diritto, sussumendo le stesse, in virt del richiamo dell'art. 48 della legge di registro, nella disciplina regolativa di questo. In base alle statuizioni normative contenute nel primo e quarto comma dell'art. 48 della legge, mentre le asisegnazioni effettuate nelle divisioni (di beni mobili od immobili tra comproprietario o fra soci) non possono considerarsi traslative (della propriet dei beni rispetti- beni acquistati dalla societ, mentre sono traslative, anche se conformi in valore alla quota di diritto, le assegnazioni di beni in favore di socio diverso da quello che li confer. In sostanza con lo scioglimento (totale o parziale) della 1societ, 1se ciascun socio riacquista quel che aveva conferito o quel che la societ ha acquistato e viene ripartito in proporzione alle quote si ha una vera divisione dichiarativa, in caso contrario si ha trasferimento. In appUcazione di questo principio 1si sempre considerata traslatirva non solo l'assegnazione non conforme alla quota, ma anche il recesso del socio non seguito nel termine dell'art. 2289 e.e. dalla liquidazione della quota (che si risolve in una liberalit del socio recedente), ovvero la liquidazione della quota del socio recedente in danaro o in beni di cui non risulta dai bilanci che la societ avesse la disponibilit e analogamente la liquidazione di quota di compropriet con danaro o beni mobili che non fanno parte della stessa comunione (art. 48). In ogni caso di scioglimento di societ limitatamente ad un socio, deve essere attribuito ad esso un valore equivalente al suo diritto e deve verificarsi un corrispondente impoverimento del patrimonio sociale; se ci non avviene o perch viene fatta PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 443 vamente assegnati) quando ciascun condividente riceve una quota corrispondente ai diritti realmente spettantigli, le stesse debbono ritenersi tali -nei limiti della differenza c valore -quando siano pattuiti maggiori assegni o conguagli attributivi di beni per importi superiori a quelli spettanti. Natura attributiva va, quindi, riconosciuta esclusivamente alle assegnazioni effettuate nelle divisioni fra soci e corrispondenti alle quote di sp.ettanza; mentre la natura traslativa contraddistingue soltanto le assegnazioni di quote superiori a quelle di diritto. E, poich le assegnazioni ai soci recedenti da una societ pel'.sonale di quote corrispondenti a quelle loro spettanti non integrano una divisione (della comunione) dei beni sociali -la quale pu aveTSi a norma dell'art. 2272, n. 3, e.e. (implicitamente richiamato negli articoli 2293 e 2315 e.e.), soltanto (attraverso lo scioglimento della societ e la conseguente ripartizione dei beni formanti il patrimonio sociale) con il consenso di tutti i soci -ad esse -non rientrando le cennate assegnazioni nell'ambito della disciplina dell'art. 48 della legge -va imposta la regolamentazione predisposta dall'art. 88 della tariffa. Riguardo a questa -in ordine alle assegnazioni superiori alle quote di diritto, aventi (sia pure nei lilniti della differenza di valore) carattere traslativo -la nota riportata in calce esplica una precisa funzione limitativa, riservando ad esse, in virt dell'espresso richiamo dell'art. 48 della legge, lo stesso regime stabilito per i conguagli eccedenti le quote dei condividendi ed i maggiori assegni effettuati ai compartecipi della comunione in sede di divisione dei beni comuni. La sussunzione sotto tale disciplina regolativa anche delle assegnazioni effettuate ai soci recedenti (da una societ personale) in mi- al socio una assegnazione maggiore o perch viene conseguito dalla societ un arricchimento, si verifica trasferimento (Cass., 10 novembre 1971, n. 3184, in questa Rassegna, 1972, I, H'll). Appare pertanto poco perspicuo affermare che l'art. 88 della tariffa A richiama l'art. 48 solo nel caso di assegnazione superiore alla quota si che lo stesso richiamo deve ritenersi escluso nel caso di assegnazione inferiore. L'assegnazione inferiore produce, in parte, lo stesso effetto della totale mancanza della liquidazione, cio un arricchimento del patrimonio sociale. Ma il principio dell'art. 48 della legge che, come si detto, l'art. 88 della tariffa integra e non limita, consiste nel considerare traslative le assegnazioni non corrispondenti alla quota, quelle cio che si risolvono necessariamente nell'assegno minore per l'uno e maggiore per l'altro; nell'espressione della norma, maggiore assegno o assegnazione superiore perfettamente equivalente a minore assegno o assegnazione inferiore ". Nella divisione generale, al minore assegno in favore di uno dei compartecipi non pu non corrispondere un maggiore assegno in favore di altri; nella divisione parziale (liquidazione di quota limitatamente ad un socio o straldo di quota limitatamente ad un condomino) il minore assegno non RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sura inferiore al valore delle quote di diritto -sul riflesso della natura traslativa dell'incremento proporzionale delle quote dei soci rimasti in seno alla societ e sulla considerazione del risultato economico .effettivamente conseguito (arricchimento dei sod restanti) non , per, contrariamente a quanto si assume dalla resth;tente, realizzabile. L'estensione applicativa dell'area previsionale della nota apposta in calce all'art. 88 della tariffa incontra un'insuperabile ragione ostativa, giacch -non provvedendosi, in conseguenza del ree.esso, al totale scioglimento della societ di persone ed alla divisione dei behi sociali -gli incrementi conseguenti alle assegnazioni inferiori alle quote spettanti ai soci uscenti -pur risolvendosi indirettamente e di riflesso in un vantaggio potenziale per i soci rimasti -non vengono a concretarsi in effettivi ed attali arricchimenti delle 1sfere patrimoniali di questi, integrando essi un esclusivo incremento del patrimonio (autonomo) di pertinenza della societ personale, la quale, sopravvivendo, nella prospettiva finalistica del conseguimento dell'oggetto sociale, al recesso del socio (o di parte dei soci) e continuando ad operare, mediante nuovi atti d'impresa, pu incontrare, nello svolgimento della sua attivit imprenditoriale, ulteriori rischi economici, con 1cons1eguente eventuale diminuzione (od anche distruzione) delle sue attivit patrimoniali. La persistenza del rapporto sociale -durativo sia pure limitatamente ai soci rimasti nella societ personale -e la permanenza in vita dell'ente societario, con il suo autonomo patrimonio sociale (le pu non corrispondere ad un incremento del patrimonio sociale o del patrimonio comune. Ma fuor di dubbio che la divisione parziale soggiace alle stesse regole di quella totale. E' bensi vero che l'assegnazione al socio recedente di beni di valore inferiore alla quota di diritto, incrementa il patrimonio sociale (autonomo) e non direttamente il patrimonio degli altri soci. Ma ci irrilevante, perch con l'incremento del patrimonio sociale (come con l'incremento dei beni che restano in comunione) si gi realizzato un trasferimento in favore della societ (e per di pi da parte di chi non pi socio) che gi realizzano i presupposti dell'imposizione; non necessario che vi sia trasferimento da uno ad altro socio, perch gi di per s tassabile il trasferimento da un ex socio alla societ; inoltre con l'incremento del patrimonio sociale si accresce immediatamente il diritto di quota dei soci, diritto che pu tradursi in qualunque momento nella liquidazione della quota accresciuta. Sarebbe cio assai facile, sulla base della regola ora affermata, realizzare il risultato di effettuare assegnazioni disuguali senza 1scontare l'imposta proporzionale assegnando ad un socio recedente assai meno di quanto ad esso spetta e sciogliere immediatamente dopo la societ dividendo fra i soci restanti il patrimonio accresciuto. Nessun valore ha ovviamente la considerazione che con la sopravvivenza della societ il patrimonio accresciuto a seguito del recesso del socio ' X mm :-x__.~ ' X mm :-x__.~ PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 445 cui attivit, mobiliari e immobiliari sono attribuibili ai soci, mediante ripartizione fra essi, soltanto dopo la chiusura del procedimento, legale o convenzionale, di liquidazione, e cio successivamente al soddisfacimento dei creditori della. societ), esicludono che, attraverso le assegnazioni ai soci recedenti di quantit di beni in nsura inferiore alle quote loro ,spettanti, possano integrarsi assegnazioni, in favore dei soci restanti, corrispondenti agli importi attribuiti in meno ai soci uscenti, giacch -essendo il conseguente incremento patrimoniale esclusivamente di spettanza della societ -non potrebbe ritenersi che sostanziali assegnazioni patrimoniali siano state attualmente ed effettivamente realizzate in favore dei soci rimasti, attraverso la complessa operazione attributiva di beni intervenuta nella fa.se procedimentale recessiva dei soci uscenti. Inoltre di fronte alla chiara formulazione della statuizione legislativa, sancita nella nota riportata in calce all'art. 88 della tariffa, la quale pone dei precisi limiti all'ambito previsionale della norma, restringendo l'incidenza effettuale del richiamo dell'art. 48 della legge alle sole assegnazioni (ai soci receduti) superiori alle cosiddette quote di diritto deve escludersi ogni possibilit di estensione della sfera applicativa della disposizione normativa dettata nella nota in calce all'art. 88, intesa a ricomprendere nella disciplina regolativa dell'art. 48 anche le assegnazioni inferiqri alle quote di diritto, con la conseguente implicazione dell'assoggettamento all'imposta proporzionale di trasferimento degli incrementi patrimoniali derivati ai soci rimasti in seno alla societ. Per modo che, le assegnazioni ai soci recedenti da una societ persO!Ilale di quote inferiori a quelle loro spettanti (cosiddette quote di diritto) -non rientrando nella previsione normativa della nota in calce all'art. 88 della tariffa all. A della legge di rregistro -sono soggette alla disciplina regolativa predisposta dal cennato art. 88 e vanno tassate con l'imposta graduale. -(Omissis). potr risultare nel futuro momento dello scioglimento, a seguito di nuovi atti di impresa ed a causa di ulteriori rischi economici ., diminuito o inesistente (o, all'inverso, aumentato), si che potrebbe non concretarsi l'incremento del diritto dei soci rimasti nella societ. Gli eventi futuri non hanno rcerta:rnente rilevanza n 13ulle vicende del patrimonio sociale n su quelle dei beni in comunione; quando lo scioglimento delle comunioni avviene in due tempi non pu pi esservi eguaglianza tra le quote dei compartecipi specie per le societ che affrontano nuove imprese e nuovi rischi. Ma, ai fini dell'imposta in discussione, l'equivalenza deve sempre sussistere al momento dello scioglimento e, in caso di scioglimento limitato, l'eguaglianza deve essere assicurata tra l'attribuzione fatta al socio uscente e il coacervo delle quote restanti. C. BAFILE 446 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 febbraio 1973, n. 474 -Pres. :J!cardi -Est. Virgilio -P. M. Mililotti (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Salto) C. Ponzio. Imposta di successione -Presunzione per mobili, denaro e ~ioielli Inventario -Requisiti -Mancanza di stima -lnopponibilit. (r.d. 30 dicembre 1973, n. 3270, art. i31; c.p.c., art. 775). L'invenvario idoneo a vincere la presunzione deU'art. 31 della legge sulle successioni deve avere tutti i requisiti di sostanza e di forma prescritti agli effetti civiLi e deve contenere in ogni caso l'indicazione del valore dei beni; non quindi efficace nei confronti della Finanza l'inventario il quale, di fronte alla contestata opportunit, da parte degli interessati, di inventariare alcuni oggetti, contenga la semplice descrizione di essi e non anche la stima (1). (Omissis). -Con unico motivo, articolato in pi censure, l'Amministrazione ricorrente. denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 31 r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270, e 775 c.p.c., in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5, dello stesso codice, per avere la Corte di appello erroneamente ritenuto che anche un inventario nel quale sia stata omessa la stima di alcuni beni mobili (su richiesta degli interessati, secondo la facolt prevista dall'ultima parte dell'art. 775 c.p.c.) possa qualificarsi documento idoneo a superare la presunzione di cui all'art. 31, primo comma, deila legge tributaria sulle successioni, e per escludere, conseguentemente, l'applicabilit della tassa sulle percentuali di valore stabilite dalla stessa norma. Deduce, inoltre, l'Amministrazione ricorrente che nell'inventario in contestazione non neppure contenuta una sufficiente descrizione dei mobili non stimati, e che anche sotto tale ulteriore profilo la Corte del merito non avrebbe potuto considerare superata la suddetta presunzione. Per quanto riguarda la prima delle indicate censure la ricorrente sottolinea che la possibilit (contemplata in via del tutto eccezionale dalla legge) di escludere il ricorso al criterio presuntivo sancito in lnea generale dall'art. 31 strettamente collegata all'esigenza che attraverso l'inventario risulti provata l'inesistenza dei beni oggetto di (1) Decisione esattissima. Per l'affermazione che solo un inventario capace di produrre tutti gli effetti sostanziali civili e formalmente perfetto pu vincere la presunzione dell'art. 31, v. Cass., 10 febbraio 1971, n. 343, in questa Rassegna, 1971, 617. Ma, in aggiunta a ci, l'inventario deve contenere una completa indicazione del valore, giacch .il valore ha una ragione determinante ai fini della determinazione della base imponibile. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 447 presunzione, oppure un loro valore inferiore a quello derivante dall'applicazione dei coefficienti presuntivi. In base a tale premessa sostiene che, ove manchi uno di questi requisiti essenziali (e cio ]a prova dell'inesistenza assoluta dei beni mobili considerati dalla legge, ovvero l'indicazione del loro valore), il documento-inventario, anche se redatto in conformit delle norme che ne disciplinano il contenuto agli effetti civili, non pu assumere rilevanza sul piano tributario, e che in tale ipotesi riprende vigore il principio dell'operativit della presunzione sancita nell'art. 31. La censura fondata. Questa Corte Suprema ha pi volte affermato (sentenz.e nn. 3837 del 28 novembre 1968; 448 del l marzo 1967; 2768 del 20 novembre 1964; 2645 del 23 ottobre 1964) che soltanto l'inventario completo, ossia contenente tutte le tassative indicazioni di cui all'art. 775 c.p.c., pu considerarsi idoneo a far venir meno la presunzione stabilita dall'art. 31, primo comma, della legge tributaria sulle succ.oosioni, mentre l'omissione delle formalit prescritte per la completezza del documento, anche :se non ascrivibile a colpa degli eredi, lo rende inidoneo a costituire la prCJ1Va contraria alla detta presunzione. Ancora pi dettagliatamente, con la sentenza 25 marzo 1966, n. 797, questa Corte precis che l'inventario deve contenere la riproduzione esatta della consistenza del patrimonio del defunto, e che la norma tributaria -agli effetti della validit del documento come unico mezzo consentito per vincere la presunzione -presuppone la perfezione dell'inventario stesso, sia sotto il profilo formale che sotto quello sostanziale, a nulla rilevando che -in caso di incompletezza -esso conservi talvolta piena efficacia a scopi diversi. Con la medesima sentenza fu altres osservato che per le finalit d'ordine fiscale quel che interessa l'inventario in s, inteso come documento considerato dalla legge atto idoneo alla rilevazione della consistenza dell'asse ereditario, sfoch la legge stessa si richiama all'inventario nella sua tipicit e perfezione, e cio in quanto accerti e certifichi l'esistenza e l'entit di tutti i beni di un patrimonio. L'esattezza delle affermazioni contenute nelle citate pronunce di questo Supremo Collegio appare di tutta evidenza se si considera che il terzo comma della norma tributaria in esame (art. 31) e:sclude il ricorso al criterio presuntivo -stabilito nel primo comma -solo quando da inventari di tutela o di eredit beneficiata o fallimentare, ecc. risulti un valore minore od anche l'inesistenza assoluta di gioielli, denaro e mobilia, oppure quando dagli stessi inventari o da atti o dichiarazioni delle parti risulti un valore superiore. In tali casi (come stabilisce. il quarto comma della stessa norma) si ha riguardo al valore dei gioielli, del denaro e della mobilia quale risulta da detti documenti . 448 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO L'attestazione dell'inesistenza assoluta dei beni considerati dalla legge o l'indicazione del loro valore hanno, quindi, rilevanza decisiva per escludere l'applicazione del criterio presuntivo, giacch nella prima ipotesi viene ovviamente a mancare ogni possibilit di tassazione, mentre nella seconda l'aliquota dell'imposta commisurata al valore (minore o maggiore rispetto a quello derivante dal calcolo presuntivo) risultante dall'inventario. Posto, dunque, che il valore dei beni oggetto di presunzione (salvo il caso della loro assoluta inesistenza, comprovata sempre dall'inventario) costituisce un dato essenziale che la le.gge tributaria richiede affinch la Finanza sia posta in grado di effettuare i calcoli delle aliquote applicabili nelle singole fattispecie -deve concludersi che la mancanza di tale dato toglie all'Jnventario stesso quena capacit di documentazione che indispeIIBabile al suddetto scopo. La fattispecie legale dalla quale unicamente ed eccezionalmente pu derivare, a vantaggio del .contribuente, l'inapplicabilit del criterio di valutazione presuntiva non si configura perci con la semplice osservanza delle norme che regolano la compilazione dell'inventario agli effetti civili, ma presuppone il collegamento di tali disposizioni con quelle del citato art. 31 della legge tributaria sulle successioni. Da questo necessario coordinamento deriva che in ogni ipotesi di omissione della stima, e quindi del valore, dei beni in esame (anche se tale omisisione sia consentita dalle norme che regolano la compilazione dell'inventario, come avviene per gli oggetti rispetto ai quali gli interessati abbiano contestato l'opportunit di inventariarli, e che siano stati pertanto semplicemente descritti nel processo verbale, ai sensi dell'art. 775, ultimo comma, c.p.c.), il documento non utilizzabile per vincere la presunzione, la quale conserva piena operativit. Si pu aggiungere, a titolo di convalida delle esposte: considerazioni e delle conseguenze che esse coni.portano, che anche l'abrogato codice di procedura ,civile (art. 872, penultimo comma) -nel vigore del quale sorse la norma tributaria di cui si discute -conteneva una disposizione analoga a quella dell'ultimo comma dell'art. 775 dell'attuale codice di rito (e cio consentiva, quando vi era contesa tra gli interes1sati, la sempHce descrizione di taluni ogg.etti), e -ci nonostante -il legislatore si rifer al requisito del valore dei beni emergente dal documento-inventario, come indispensabile presupposto per vincere la presunzione stabilita nell'art. 31. Questo rilievo conferma che la fattispecie legale pu ritenersi completa, per le precipue finalit tributarie dianzi esaminate, soltanto se il documento (che a causa della sua particolare attendibilit considerato, come si gi detto, l'unico mezzo di cui pu valersi il contribuente per vincere la presunzione) offre gli indispensabili elementi di calcolo. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA Tutto ci, peraltro, in armonia 'con la ratio delle norma, la quale mira in definitiva a tutelare la Finanza contro le possibili evasioni tributarie in ordine ad oggetti facilmente disperdibili, sostituibili, od occultabili. Il ricorso dell'Amministrazione finanziaria va, quindi, accolto in relazione alla prima censura, con assorbimento di ogni altra questione. La causa va rinviata alla stessa Corte di appello, che si uniformer al seguente principio di diritto: Perch gli inventari di tutela, di eredit beneficiata o fallimentare o fatti in seguito ad apposizione di suggelli, disposta dall'autorit .giudiziaria immediatamente dopo l'apertura della successione, possano ritenersi idonei a vincere la presunzione di cui al primo comma dell'art. 31 del r.d. 30 dkembre 1923, n. 3270 (con le ,conseguenze previste nei successivi commi della stessa norma), necessario che i detti inventari siano redatti secondo le tassative disposizioni dell'art. 775 c.p.c., e che contengano -in ogni caso -o la certificazione dell'inesistenza di gioielli, denari e mobilia, ovvero l'indicazione del loro valore (diverso da quello risultante dall'applicazione del criterio presuntivo), sul quale possa essere concretamente calcolata l'aliquota dell'imposta. In particolare, non idoneo a vincel'e la .suindicata presunzione l'inventario per accettazione di eredit beneficiata che, di fronte alla contestata opportunit, da parte degli interessati, di inv,entariare alcuni oggetti (nella specie, mobili), contenga la sempJ.ice descrizione di essi e non anche la stima, giacch in questa ipotesi, pur producendo l'inventario effetti civili, difetta di un dato essenziale per i calcoli richiesti dalla norma tributaria. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 febbraio 1973, n. 478 -Pres. Leone -Est. Alibrandi -P. J.V!. Chir (conf.) -Soc. Spexco (avv. Volli) e Soc. Giuliano (avv. De Luca) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Corsini). Imposta di registro -Agevolazioni per il fondo di rotazione per il territorio di Trieste di cui alla legge 18 ottobre 1955, n. 908 -Operazioni di finanziamento -Estensione alle fideiussioni prestate da terzi -Esclusione. (1. 18 ottobre 1965, n. 908, art. 6; r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, tariffa A, art. 54). L'agevolazione dell'art. 6 della legge 18 ottobre 1955, n. 908 sul fondo di rotazione per iniz.iative economiche nel territorio di Trieste limitata alle operazioni di finanziamento e non quindi estensibile 450 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO aUe fideiussio1ii prestate da te1zi che restano quindi soggette all'imposta deWart. 54 tariffa A allegata alLa legge di registro (1). (Omissis). -Al ricorso principale della Soc. per az. Navigazione E. Sperco va riunito quello incidentale della Soc. per az. Cantiere Navalgiuliano, trattandosi di impugnazioni distinte con diversi numeri di ruolo e proposte contro la medesima sentenza (art. 335 c.p.c.). Con l'unico motivo del ricorso principale della Navigazione E. Spero, al quale aderisce il Cantiere Navalgiuliano con il suo ricorso incidentale, si denunzia la violazione dell'art. 6 della legge 18 ottobre 1955, n. 908; dell'art. VII dell'ordine 370 del 16 dicembre 1948 dell"ex G.M.A. e degli artt. 1230 e segg. e.e., in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c. Sostengono le ricorrenti, in via di censura della sentenza impugnata, che all'atto del 7 mag.gio 1962 applicabile il beneficio dell'esenzione dall'imposta di registro, stante l'ampia previsione del citato art. 6, in cui sono. incluse le operazioni poste in esse:rn dal fondo di rotazione e tutti gli atti di consolidazione dei mutui, tra i quali va compreso quello relativo alla fideiussione, prestata dagli Sperco in proprio, della cui tassazione controversia. Il motivo non fondato. La questione sollevata con le identiche e convergenti censure svolte dalle societ ricorrenti consiste. nello stabilire se siano tassa 1 bili con l'ordinaria imposta di registro (art. 54, ali. A, al r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269) le fideiussioni prestate da Enrico Alberto e da Enrico Alfredo Sperco, contenute nell'atto di accollo del 7 maggio 1962, oppure se alle dette fideiussioni siano applicabili le .esenzioni tributarie di cui alla legge del 18 ottobre 1955, n. 908. Questa legge, che ha istituito il fondo di rotazione per iniziative economiche nel territorio di Trieste e nella provincia di Gorizia, dopo aver disposto l'applicazione delle agevolazioni tributarie ai mutui per la costruzione di alloggi (art. 6, comma primo), aggiunge che: Le altre operazioni di finanziamento che saranno effettuate a norma della presente legge e tutti i provvedimenti, contratti, atti e formalit relativi alle operazioni stesse ed alla loro esecuzione ed estinzione sono esenti da tasse, imposte e tributi spettanti sia all'Erario dello Stato, sia agli enti locali, ad eccezione dell'imposta di boUo sulle cambiali, (1) Decisione da condividere pienamente di cui va segnalato il metodo interpretativo della norma di agevolazione. Altre volte la S.C., ricorrendo all'interpretazione estensiva o alla connessione di mezzo al fine, ha proposto interpretazioni assai diverse delle norme di agevolazione e specificamente per le operazioni di finanziamento bancario ha compreso nei benefici atti accessori ed accidentali estranei al fine .specifico della norma (cfr. Cass., 3 aprile 1971, n. 944, in questa Rassegna, 1971, I, 852, con richiami). PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA le quali saranno assoggettate al bollo nella misura fissa di lire 0,10 per 1.000 lire (art. 6, comma secondo). La norma, considerata nella sua letterale formulazione, non prevede tra gli atti cui si applicano le esenzioni tributarie, quelli di fideiussione prestata da terzi per garantire l'adempimento delle obbligazioni assunte dai mutuatari. Infatti, il secondo comma dell'art. 6, pur essendo formulato in termini alquanto ampi (tutti i provvedimenti, contratti, atti e formalit ), limita tuttavia la previsione legale alle operazioni di finanziamento, che saranno effettuate a norma della presente legge, cio ai soli mutui accordati dal fondo di rotazione. Di ci possibile trarre conferma considerando ed interpretando la disposizione anzidetta in relazione al sistema della legge n. 908 del 1955 in cui inserita e nel cui ambito destinata ad operare. Invero, la legge rstitutiva del fondo di rotazione prevede esclusivamente i contratti di mutuo col disporre sia che le somme affluenti al fondo sono destinate alla concesSlione di mutui (art. 2), sia l'organo (comitato per la gestione del fondo) che delibera i finanziamenti (art. 4), sia le modalit per la concessione dei finanziamenti medesimi (art. 5). Anche l'interpretazione logica dell'art. 6, comma secondo, al pari di quella letterale e sistematica, induce a condividere la soluzione accolta dalla Corte del merito. Rilevasi, infatti, che l'obbligazione fideiussoria non soltanto autonoma, sul piano soggettivo e su quello oggettivo, dall'obbligazione garantita, ma anche soggetta ad un suo proprio trattamento tributario agli effetti dell'imposta di registro (arti- colo 54, tariffa all. A, al r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269), distinto da quello riservato al negozio dal quale trae origine l'obbligazione cui la garanzia fideiu&soria si applica, come gi questa Corte Suprema ha avuto occasione di affermare (sentenza 14 ottobre 1966, n. 2453). N possibile pervenire a soluzione diversa tenendo conto della ratio che ispira la norma agevolatrice. Il fine perseguito dalla legge n. 908 del 1955, la quale va considerata nel complesso quadro dei provvedimenti legislativi dir.etti ad incentivare una sollecita ripresa dell'attivit -industriale, senza alcun dubbio quella di rendere meno onerosi i mutui accordati dall'istituito fondo di rotazione, appunto mediante esenzione tributaria. Ma questa, applicabile ai finanziamenti che il fondo concede per il suddetto fine di generale utilit, non pu estendersi a negozi diversi da mutui, quali le fideiussioni, e ci a maggior ragione quando si tratti, come nella specie, di fideiussioni prestate non a garanzia dell'originario mutuo accordato dal fondo, ma di accollo da parte di soggetto diverso dal mutuatario originario. Le constderazioni esposte inducono ad escludere, contrariamente a quanto sostengono le ricorrenti, che quella del pi volte citato art. 6 sia una disposizione lacunosa, rispetto alla quale sarebbe giustificata 452 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO un'interpretazione diretta a far coincidere il test della norma, formulato in modo incompleto, con l'intenzione del legislatore (art. 12 delle preleggi). Infatti, la chiara dizione dell'art. 6, che fa esclusivo riferimento ai mutui, al pari degli articoli che lo precedono, dimostra che non ricorre l'ipotesi giustifkatrice dell'interpretazione estensiva, cio quella in cui il legislatore, pur nella lacunosit del dettato normativo, ha effettivamente voluto pi di quanto non manifesti la dizione letterale. In altre parole, la disposizione dell'art. 6 concerne fattispecie ben precisata, che non lascia alcun margine all'interprete per integrare la portata precettiva della norma intendendone, estensivamente, la sua formulazione. D'altro lato, anche se le norme relative ai benefici tributari consentono, come noto, l'interpretazione estensiva, quando sia ben certo che la volont della legge pi ampia della sua letterale espressione, a ci non consentito pervenire quando invece detta volont sia dubbia. In tal caso, prevale il rigore esegetico delle norme agevolative, le quali, essendo dettate in deroga al generale principio d'imposizione non sopportano allargamenti interpretativi di dubbio fondamento (v. Cass., 24 marzo 1971, n. 825). N, ad orientare in dive11so senso il giudizio della Corte vale l'argomento che le societ ricorrenti traggono dalla Sez. II dell'art. VII dell'ordine n. 380 del 16 novembre 1948 del cessato G.M.A., secondo cui l'esenzione tributaria si applicava oltre che agli atti a contratti con i quali il mutuo viene concesso anche agli atti velativi alle consolidazioni, all'estensione ed alla risoluzione del mutuo. Infatti, a superare tale argomento sufficiente rilevare che l'atto del 7 maggio 1962, per la cui tassazione controversia, stato concluso e registrato nel vigore della legge n. 908 del rn55, la quale, per essere manifestamente innovativa rispetto alla precedente legislazione in materia, disciplina, compiutamente ed esclusivamente, le esenzioni tributarie invocate dalle societ ricorrenti, senza che sia possibile ricorrere a precedenti e difformi fonti normative. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 23 febbraio 1963, n. 534 -Pres. Mirabelli -Est. Mazzacane -P. M. Pedace (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Coronas) c. Soc. C.I.S. Imposta sulle societ -Agevolazioni per il territorio di Assisi -Legge interpretativa 25 febbraio 1971, n. 110 -Limitazione alle imposte di ricchezza mobile, I.C.A.P. e di patente. (1. 9 ottobre 1957, n. 976, art. 15; I. 25 febbraio 1971, n. 110, art. l, 2). Per effetto deHa legge 25 febbmio 1971, n. 110, di dichiarato ed effettivo camttere interpretativo e di efficacia retroattiva, le agevola PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 453 zioni per le imprese artigiane e industriali installate nel territorio di Assis.i, limitate esplicitamente aU'imposta di ricchezza mobile, all'I.C.A.P. e alL'imposta di patente, non si estendono alL'imposta suUe societ (1). (Omissis). -La rkorrente con unico motivo -denunciando la violazione dell'art. 15 della legge 9 ottobre 1957, n. 976 in relazione agli artt. 145 t.u. 29 gennaio 1958, n. 645 e all'art. 1 della legge 25 febbraio 1971, n. 100 -sostiene che, successivamente alla pubblicazione della sentenza impugnata, stata emanata la legge 25 febbraio 1971, n. 110 la qale, interpretando autenticamente l'art. 15 della legge 9 ottobre 1957, n. 976, ha chiarito che l'imposta sulle societ non compresa nelle esenzioni fiscali previste dal citato art. 15 della legge n. 976 del 1957. Il motivo fondato. L'art. 15 della legge 9 ottobre 1957, n. 976 stabilisce: allo scopo di agevolare il trasferimento o il nuovo impianto delle imprese artigiane o industriali nelle zone prescelte a termini dell'articolo precedente sar concesso alle imprese che istituiranno in queste ultime i loro impianti nel periodo di cinque anni dalla presente legge l'esenzione da ogni imposta erariale, provinciale e comunale e relative sovraimposte per la durata i dieci anni dall'istituzione dell'impianto medesimo. I giudici del merito hanno sostenuto, seguendo l'opinione gi espressa da questa Corte (sent. 10 aprile 1968, n. 1079), che l'esenzione prevista dalla norma trascritta comprende tutte le imposte erariali, sia dirette che indirette. Ma 1'Amministrazione finanziaria, con il ricorso proposto, ha invocato l'applicazione della legge 25 febbraio 1971, n. 110 (interpretazione autentica dell'art. 15 della legge 9 ottobre 1957, n. 976, concernente provvedimenti per la salvaguardia del carattere storico, monumentale e artistico della citt e del territorio di Assisi nonch per (1) La legge 9 ottobre 1957, n. 976 per la salvaguardia del carattere storico, monumentale ed .artistico della citt e del terr.iitoa:io di Assisi, dette subito ,luogo a vivaci controver.sie sulla ampiezza delle ag.evolazioni tributar. ie contenute nell'art. 15. La S.C. ritenne (sentenza 10 aprile 1968, n. 1079, in .questa Rassegna, 1968, I, 611), Che l'agevolaZJione concernesse tutte le imposte erariali sia dirette che indirette. La que.stione ora risolta dalla legge interpretativa 25 febbraio 1971, n. 110, espressamente dichiarata retroattiva tanto che prevede per le imposte precedentemente maturate la concessione di speciali rateazioni. Su questa legge stata gi sollevata eccezione di illegittimit costituzionale per contrasto con gli artt. 3, 53 e 41, Cost. (ordinanze pretore di Assisi 26 febbraio 1972, G.U. 24 maggio 1972, n. 134 e Tribunale di Roma 24 giugno 1972, G.U. 7 marzo 1973, n. 62). 454 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO conseguenti opere di interesse igienico e turistico, e nuove norme per l'appJicazione della legge stessa), pubblicata nella G. U. n. 80 del 31 marzo 1971,. successivamente al deposito in cancelleria della sentenza impugnata. L'art. 1 della legge predetta dispone: La sfera di applicazione dell'art. 15 della legge 9 ottobre 1957, n. 976, deve intendersi riferita ai seguenti tributi, afferenti il reddito prodotto dalle imprese artigiane o industriali che hanno istituito i loro impianti a norma del predetto articolo : 1) l'imposta sul reddito di riochezza mobile; 2) l'imposta comunale sulle industrie, i commerci, le arti, le professioni e la relativa addizionale provinciale; 3) l'imposta di patente. L'art. 2 della legge medesima aggiunge: Per 1a riscossione ed il recupero delle imposte non comprese nell'elen,co di cui all'articolo precedente maturate alla data di entrata in vigore della presente legge, da corrispondersi da parte delle imprese alle quali applicabile l'art. 15 della legge 9 ottobre 1957, n. 976, l'Amministrazione finanziaria dello Stato, i comuni e le province sono autorizzati alla concessione di congrue rateazioni fino al massimo di 40 bimestri. La legge 'Sopravvenuta invocata dall'Amministrazione finanziaria applicabile nel corso di questo giudizio poich viene ad incidere su un rapporto giuridico tuttora controverso. Peraltro, occorre stabilire se essa abbia efficacia retroattiva. La questione va ora esaminata con riferimento alla norma dell'art. 11 disp. prel. c..c., secondo cui la legge non dispone che per l'avvenire e non ha effetto retroattivo. Il divieto della irretroattivit, per, ha carattere assoluto soltanto nel campo delle lggi penali (art. 25 Cost.). Negli altri casi esso va valutato in relazione alla natura della norma, ed il legislatore ha facolt di derogarvi espressamente oppure implicitamente: facolt tradizionalmente esercitata nelle leggi interpretative in considerazione del fine cui tendono che quello di chiarire la mens legis non per un mutato intendimento ma risalendo a quello originario. La natura mterpretativa, con efficacia retroattiva, della legge n. 110 del 1971 non dubbia per molteplici e concorrenti motivi. a) La qualificazione espressamente data alla legge: interpretazione autentica... . b) La ratio della legge. Emerge chiaramente dalla relazione al progetto di legge, e da tutti i successivi lavori preparatori, che il legislatore ha voluto precisare, con effetto dichiaratamente retroattivo, l'ambito delle agevolazioni concesse nel 1957, per evitare applicazioni estensive ritenute in contrasto con l'originario intento legislativo, e fonte di illegittime speculazioni. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 455 c) Il contenuto della legge pienamente conforme alla ratio, nella costruzione delle sue disposizioni e nella successione logica di queste. Infatti l'art. 1, di,sponendo espressamente che la sfera di applicazione dell'art. 15 della legge n. 976 del 1957 deve intendersi riferita ai tributi specificamente elencati ha posto in evidenza la natura interpretativa, con effetto ex tunc, della legge. E l'art. 2, stabilendo le modarlt di risco1Ssione e di recupero delle imposte gi maturate , non comprese nell'elencazione di cui all'art. 1, conferma l'efficacia retroattiva della legge. Con tali disposizioni il legislatore, senza modificare il precetto di legge, ha specificato a quali imposte sono riferibili le agevolazioni concesse con l'art. 15 della legge n. 976 del 1957. Non ha rilievo, ai fini della qualificazione della legge in questione, la cirnostanza che, per effetto di essa, !'ambito della norma originaria sia stato modificato con l'esclusione di fattispecie varia astrattamente ipotizzabile: questo proprio !'.effetto della legge interpretativa che vuole appunto evitare l'applicazione della norma ai casi che l'interpretazione autentica esclude. Pertanto deve ritenersi che l'imposta sulle societ non compresa fra quelle che fruiscono delle agevolazioni fiscali previste dall'art. 15 della legge n. 976 del 1957, poich, come si detto, essa non inclusa fra quelle specificamente elencate dall'art. 1 della legge interpretativa n. 110 del 1971. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 16 marzo 1973, n. 752 -Pres. leardi -Est. Montanari -P. M. Trotta (conf.) Ministero delle Finanze (avv. Stato Gargiulo) c. Soc. Coop. Braccianti Riminese. Imposta di registro -Agevolazioni fiscali -Costruzione di strade obbligatorie, che presentano aspetti di necessit -Nozione -Limiti. . Ai sensi dell'art. 6 della legge 8 luglio 1903, n. 312, il beneficio fiscale previsto dall'art. 10 della legge 30 agosto 1869, n. 4613 si appUca ai contratti di appalto che riguardano sia le strade indicate nell'art. 1 della stessa legge n. 312, sia le strade considerate obbligatorie dall'art. 1 deUa citata legge. n. 4613; e cio le strade la cui costruzione considerata necessaria dal profilo della loro stretta indispensabilit ai fini del collegamento che esse sono destinate ad operare. Pertanto, la strada non da considerarsi "necessaria" laddove appare solo utile per una maggiore comodit dei frazionisti o per un migliore appaga RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 456 mento delle esigenze del traffico, essendo i frazionisti collegati al capoluogo (e quindi alla stazione ferroviaria ed al porto) da due altre strade, ampie e comode (1). (Omissis). -Con il primo motivo la Cooperativa lamenta la violazione degli artt. 1 e 10. della leg.ge 30 agosto 18'68, n. 4613, deducendo che la strada per cui causa unisce, parallelamente al Viale Regina Elena, l'importante frazione di Bellariva, assai popolata anche durante la stagione invernale, al capo'luogo e maggior centro di popolazione di Rimini, nonch alla stazione ferroviaria ed al porto. Essendo i:I Viale Regina Elena insufficiente anche d'inverno a smaltire il traffico, anche a senso unico, conseguirebbe che la costruzione della nuova strada era stata necessaria per assicurare la comunicazione con il centro e la stazione, cosicch l'appalto avrebbe dovuto godere dell'agevolazioni previste dalle norme citate. La ricorrente assume che la necessit della costruzione di una strada va stabilita in relazione anche alle esigenze del traffico turistico e stagionale. Il motivo non pu trovare accoglimento. Va premesso che l'art. 6 della legge 8 luglio 1903, n. 312, stabil l'applicabilit del beneficio fiscale previsto dall'art. 10 della legge 30 agosto 1868, n. 4613, sia alle strade indicate nell'art. 1 della stessa legge n. 312 del 1903, sia alle strade considerate obbligatorie dall'art. 1 deHa citata legge n. 4613 del 1868. Tutte tali disposizioni -per la chiara espressione letterale e per la ratio perseguita dal legislatore -implicano un caratter.e di necessit nella strada da costruire, sotto il profilo della sua stretta indispensabilit ai fini del collegamento che fa strada medesima destinata ad operare. Nella specie la Corte di Appello ha accertato in punto di fatto che la frazione Bellariva era gi collegata con il capoluogo di Rimini (e (1) Si tratta di un principio gi altre volte affermato dalla Corte Suprema: cfr. Cass., 28 maggio 1935, Riv. leg. fisc., 1935, 546, in base al quale potrebbe ritenersi che le strade, per le quali il beneficio pu spettare, sono soltanto quelle strettamente necessarie e taili da qualificare, peraltro, non secondo un .criterio generico, bens in base alla precisa concezione che era a fondamento della legge del 1868, ed alfa stregua degli accertamenti in via amministrativa (formazione degli elenchi), che 'la legge medesima richiedeva al fine. Del resto, anche nelle pi recenti leggi, si trova conferma al concetto, che potrebbe dirsi formale, di obbligatoriet; e cos, ~n particolaa:e, nella legge 3 agosto 1949, n. 589, recante provvedimenti petr agevolare l'esecuzione di opere pubbliche di interesse degli enti locali, si trova menzione di strade classificate come obbligatorie (art. 2, n. 4), che vengono distinte PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 457 quindi con la stazione ferroviaria e con il porto) da ben due strade, ampie e comode, e cio la statale Adriatica e la Litoranea denominata Viale Regina Elena. La Corte ha perci ritenuto di escludere, ai fini delle comunicazioni anzidette, la necessit della terza strada, affermando che essa risultava soltanto idonea a rendere pi fluida la circolazione gi svolgentesi sulle preesistenti arterie. Il giudizio espresso dalla Corte congruamente motivato ed esente da errori di diritto o logki. Non si pu, infatti, non distinguere concettualmente tra la vera e propria necessit di una strada e la semplice sua utilit sotto l'aspetto di una maggiore comodit per i frazionisti o di un migliore appagamento delle esigenze del traffico. (Omissis). da altre strade (n. 1 dello stesso art. 2), le quaU -pur contemplate con riguardo alla funzione che, secondo la legge del 1868, me avrebbe consentito quella qualificazione (strade di ,allacciamento delle frazioni e strade di accesso alla stazione ferroviaria) -tuttavia sono considerate in s e rper s, senza alcun riferimento ad una particolare classificazione. E poich, peraltro, proprio il confronto tra le accennate disposizioni dei nn. 1 e 4 della legge del 1949, anche per la diver,sa misura del contributo .statale (minore per le strade gi qualificate focma!lmente come obbligatorie), potrebbe indurre a considerare ,che il ,diverso trattamento 'sia stato voluto in funzione degli ulteriori benefici gi da altre leggi disposti per le strade da:ssifka:te a suo tempo come obbligatorie, sembra che anche da ci possa tral'si conforma della validit del rilievo circa la esigenza di ritenere che il beneficio di cui all'art. 10 della legge del 1868, ove sia da considerare ancora applicabile, possa esserlo, rpeT, soltanto peT le strade da qualificare obbligatorie, giusta le delibeTazioni adottate ai sensi e nei termini delle disposizioni innanzi citate, e cio esclusivamente per le strade gi incluse negli elenchi a suo tempo compilati che non si,ano allora state costruite, e siano, invece, oggi reailizzate. SEZIONE SESTA GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE SEZIONE SESTA GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE PUBBLICHE, APPALTI E FORNITURE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 12 marzo 1973, n. 677 -P:res. Caporaso -Est. Santosuosso -P.M. Padalino (conf.) -Amministrazione PP.TT. '(avv. Stato Azzariti Giorgi~o) c. Imp/i'esa Pizz!:ino (avv. Giuffrlda). Appalto -Appalto di opere pubbliche -Intempestivit della riserva dell'appaltatore -Decadenza -Rinunzia dell'Amministrazione a farla valere -Ammissibilit -Accertamento da parte del giudice di merito -Incensurabilit in Cassazione -Condizioni. Appalto -Appalto di opere pubbliche -Richieste dell'appaltatore di maggiori compensi o indennizzi -Offerta transattiva da parte dell'Amministrazione -Rinunzia implicita al diritto di far valere la decadenza dalle riserve in cui sia incorso l'appaltatore -Esclusione. Appalto -Appalto di opere pubbliche -Pretesa dell'appaltatore da indenizzo pel caso di aggravi della prestazione derivante da fatto continuativo -Onere della riserva -Momento di operativit del medesimo -Applicazione. La Pubblica Amministrazione appaltante pu rinunciare al diritto di far valere la decadenza nella quale sia incorso l'appa.ltatore per non aver tempestivamente inserito nel registro di contabilit le riserve che intendeva formulare. Ma ci vale sempre che il Giudice di merito abbia accertato, sulla base di tutte le circostanze del caso, l'effettiva volont della P.A. di rinunciare a far valere detta decadenza. Tale accertamento incensurabile in Cass.azione, se sorretto da congrua motivazione, immune da vizi logici e g.iuridici (1). Non ravvisabile un riconoscimento del diritto, efficace ad impedire la decadenza, nell'offerta di una somma fatta dalla P.A. a solo scopo transattivo, e in un momento successivo a quello in cui la decadenza dai diritti vantati dall'appaltatore si sia verificata (2). (1-2) Cfr. Oass., 28 ottobre 1965, n. 2290, Riv. giur. edil., 1966, I, 30; in genere, Cass., 13 dicembre 1969, n. 3970, Giur. it., Mass., 1969, 1569; 25 PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 459 Nel caso di aggravi derivanti da fatti continuativi l'appaltatore di opera pubbLica ha l'onere di proporre le prescritte riserve, aUorch disponga di elementi sufficienti a metterlo in grado di segnalare doverosamente all'Amministrazione appaltante le cause delle situazioni a lui pregiudizievoli, indicandone con la maggiore arpprossimazione possibile l'aggravio economico conseguenziale, sia pure con salvezza di precisarne definitivamente la misura nelle successive registrazioni o nel conto finale (nel caso di sospensione dei lavori disposta daU'Amministrazione, la sentenza ha ritenuto che, secondo il parametro deUa media diligenza, l'appaltatore, al momento della ripresa del lavo!l'o:, in grado di avvertire e denunziare il maggiore aggravio subito per spese di guardiania del cantiere, mentre, quanto aUe voci di danni per maggiori spese generali ed aumento del costo della mano d'opera direttiamente dipendenti dalla sospensione, il giudice di merito deve accert~re se l'appaltatore disponesse di elementi sufficienti per formulare la riserva -salva ulteriore quantificazione -nel momento della ripresa od in quello dell'ultimazione dei lavori) (3). (Omissis). -Con il contratto 1 marzo 1955, l'Amministrazione delle poste e te1ecomuni:cazioni affidava all'impresa Antonino Pizzino l'appalto per la costruzione della centrale amplificatrice ed i relativi edi: llici _pei servizii telefonici di Catania per un importo di L. 139.523.000. Nel coriso dei lavori, lAmministrazione appaltante disponeva otto sospensioni, ed i rispettivi verbali di sospensione e di ripresa venri.vano sottoscritti senza riserve da parte dell'appaltatore. L'opera veniva ultimata il 1 mar:w 1!958, come dal verbale redatto dal direttore dei lavori in contraddittorio con il Pizzino. Questi, in sede di chiusura del registro di contabilit, il 4 febbraio 1959, formulava diverse riserve in ordine ai danni derivatigli dalla omessa fornitura dell'area del cantiere, dalla maggiore entit del lavoro eseguito, dal r.Uardo nella liquidazione dei prezzi e soprattutto per le disposte sospensioni. Non avendo l'Amministrazione accettato queste richieste, le stesse venivano fatte valere dal Pizzino dinanzi al TDibunale di Catania, con citazione 4 giugno 1962. Si costituiva la convenuta, sollevando diverse eccezioni preliminari e contestando la domanda nel merito. Il Tribunale, dopo una pronuncia in tema di competenza ed espletata una con- agosto 1969, n. 3022, ivi, 1235; 9 novembre 1971, n. 3163, id., Mass., 1971, 1656; 21 febbraio 1972, n. 513, id., Mass., 1972, 186. (3) V., pi in generale, C:ass., Sez. Un., 20 giugno 1972, n. 1960, in questa Rassegna, 1972, I, 862, I, 862, ed ivi ulteriori riferimenti a nota 2. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sulenza tecnica, accoglieva quasi integralmente la domanda, liquidando a :favore dell'impresa il risarcimento dei danni in L. 12.310.732. L'impugnazione principale, proposta dall'Amministrazione dello Stato, veniva respinta dalla Corte d'appello; la quale, distinguendo le riserve relative ai c.d. fatti continuativi e quelle relative all'andamento dei !avori, riteneva che i primi fatti, in quanto accertabili in ogni tempo e produttivi di effetti pregiudizievoli che non possono essere stabiliti immediatamente con precisione, legittimano la formulazione di riserve per la ~ima volta in sede di chiusura del registro di contabilit. Aggiungev: a che l'offerta da parte dell'Amministrazione di L. 4.800.000 " annullerebbe in ogni caso la dedotta decaden:w., peraltro non verifioatasi , I La Corte d'appello riteneva, inoltre, in parziale accoglimento del~ l'impugnazione ineidentale del Pizzino, che il ritardo delle sospensioni, addebitabile all'Amministrazione, ammont complessivamente a 588 I giorni, dovendosi riduvre la sospensione per il maltempo a soli venti giorni. ~ Contro questa pronuncia, l'Amministvazione delle poste e telecomunkazioni propone ricorso per cassazfone, affidato a quattro motivi. I Resiste l'impresa Pizzino con controricorso. fl I I r? MOTIVI DELLA DECISIONE Deve preliminarmente precisarsi, in punto di fatto, che l'ambito del ~' , la disputa risulta in questa sede pi ristretto di quello che si presentava . ai giudici di merito. Ed invero, la Corte d'appello, pur aumentando la misura della liquidazione delle spese di guardiania -che, unitamente I . a quelle generali e di mano d'opera, venivano collegate al fatto genera ! tore delle sospensioni di lavori -ha confermato la liquidazione, compiuta dal Tribunale, dei danni derivanti dall'omessa fornitura dell'area per il cantiere, dalla richiesta di pi onerosi lavori e dal ritardo nel- l'approvazione dei nuovi prezzi. In ordine alla liquidazione di queste tr voci, 1'Amministrazione ri-& corrente non muove pi alcuna censura, volta che i quattro motivi di ricorso ruotano intorno all'unica questione dei danni (distinti nelle voci I di spese di guardiania, generali e di mano d'opera) conseguenti alle so~ Ir, spensioni dei lavovi. Fi precisamente, col primo motivo, l'Amministrazione delle poste e telecomunicazioni si duole che la sentenza impugnata abbia ritenuto j: tempestive le riserve dell'impresa per danni conseguenti a sospensioni I ~ dei lavori, formulate soltanto in sede di chiusura del registro di contaf bilit ; con il secondo mezzo denunzia vizi di motivazione per non avere la Corte d'appello spiegato perch e fino a quale momento non I PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 461 fossero in concreto valutabili i danni, dopo aver affer~ato in astratto che la riserva immediata non richiesta quando non sia prevedibile la entit del danno; con il terzo motivo, osserva che, av;endo la sentenz,a impugnata riconosciuta legittima la sospensione per soli 20 giorni di maltempo, avrebbe dovuto quanto meno tener conto di questo periodo nella liquidazione dei danni richiesti; per tuziorismo, infine, la ricorrente contesta l'esattezza della frase del1a motivazione che potrebbe essere interpretata come r1inunzfa alla decadenza nella formulazione delle riserve. Quest'ultimo motivo deve essere esaminato con priorit, poich, se ci fosse stata un'effetiva e valida rinunzia a far valere la decadenza per la proposizione tardiva delle riseTve, non sarebbe pi determinante, ai fini del .decidere, precisare quale fosse nella specie l'ultimo termine per la formulazione delle riserve stesse. La preoccupazione dell'Amministrazione ricorrente, per l'eventuale interpretazione in senso ad essa sfavorevole della frase della sentenza impugnata, non ha ragion d'essere. Nell'economia della pronuncia d'appello, invero, il breve inciso, espresso peraltro in forma condiziionata e subordinata, non ha avuto alcuna portata determinante; esso non sorretto da adeguata motivazione ed , comunque, errato in diritto. E' ben vero che la Pubblica Amministrazione appaltante pu rinunciare al diritto di far valere la decadenza nella quale sia incorso l'appaltatore per non aver inserito nel registro di contabilit le riserve che intendeva formulare (Cass., sent. n. 22'90/65). Ma ci vale sempre che il giudice di merito abbia accertato, sulla base di tutte le circostanze del caso, l'effettiva volont della P. A. di rinunciare a far valere detta decadenza. Tale accertamento incensurabile in sede di cassazione solo se sorretto da congrua motivazione, immune da vizi logici e giuridici. Nella specie, la motivazione della sentenza impugnata, oltre che insufficiente, risulta anche contrastante col principio che non ravvisabile un riconoscimento del dkitto, efficace ad impedire la decadenza, nell'offerta di una somma da parte della P. A., al solo scopo transattivo ed in un momento successivo a quello in cui la decadenza dai diritti vantati dall'appaltatore si sia gi verificata. Deve, quindi, affrontarsi la questione fondamentale, che forma og getto del primo motivo, col quale collegato anche l'esame del secondo e del terzo mezzo. La censura sostanzialmente fondata, nei limiti che saranno ora precisati. La sentenza impugnata opera una netta distinzione fra riserve relative ai cosiddetti fatti continuativi, sempre rilevabili, e riserve rela tive all'andamento dei lavori . Chiarisce che vanno qualificati fatti continuativi quelli che possono essere accertati in ogni tempo... e quelli RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 462 di cui possibile stabilire immediatamente e con precisione gli effetti pregiudizievoli., Tesi del tutto opposta quella sostenuta dalla P. A., che nega qualsiasi possibilit di configurare ragioni di compenso che siano sottratte al sistema di misurazione e determinazione del compenso globale dovuto all'appaltatore, e quindi all'onere della tempestiva riserva, giacch tutte si riverberano e si esauriscono nelle singole unit di lavoro . Questo Collegio, in coerenza con quanto gi affermato nelle sentenze della S.C. negld ultimi anni, ritiene inesatte entrambe le tesi: lo orientamento, cui aderisce la pronuncia ora impugnata, di esclusione di termini per le riserve riguardanti i fatti continuativi, contrasta con la lettera e la ratio delle norme contenute nel regolamento approvato con r.d. 25 maggio 1895, n. 350, sostanzialmente frustrando l'effilcacia dell'istiotuto delle riserve; d'altra parte, la tesi della P. A., partendo da una interpretazione. eccessivamente rigida delle norme e dal presupposto che tutte le ragtoni di compenso si riverberano nelle singole unit di lavoro, finisce con l'esigere un comportamento preveggente dell'appaltatore, prima ancora della cessazione di fatti, la cui determinazione pu essere valutata soltanto ex post. Per cercare di focalizzare esattamente la fisionomia dell'istituto delle riserve nella disciplina dell'appalto di opere pubbliche, non si pu certo prescindere dalla vigente disciplina della materia, sia pure evolutivamente interpretata. Specie riguardo a leggi emanate molti anni prima, infatti, l'dnterprete non esaurisce il suo compito nel momento ricognitivo della volont del legislatore, ma deve .essere sensibile ad avvertire se la normativa, per la sua ratio e la sua interna carica v1tale, non abbia obbiettivamente maturato un signdfieato ulteriore rispetto al contesto sociale che la occasion, e se, quindi, nei limiti del senso proprrio delle ,sue parole, essa sia suscettibile di soddisfare anche le esigenze dei nuovi casi dall'esperienza emersi. Di fronte alle nuove situazioni che si venivano determinando in materia di appalti pubblici ed alle nuove prospettive generali dell'ordinamento giuridico, con il quale era doveroso coordinare anche la vecchia disciplina sulle opere pubbliche, la giurisprudenza, arbitrale ed ordinaria, non poteva non avere una linea evolutiva, cosi come descritto nella recente sentenza n. 1960/72 di questa Suprema Corte. Per cogliere, in sintesi, soltanto lo stato attuale della giurisprudenza del S.C. sul problema delle riserve, pu affermarsi che il sistema della normativa vigente in tema di contabilit dei lavori di esecuzione delle opere pubbliche prescrive un procedimento formale e vincolato, svolgentesi in una serie di registrazioni e certificazioni, al1a cui formazione l'appaltatore chiamato di volta in volta a partecipare, con l'onere specifico di contestare immediatamente le circostanze che ri PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 463 guardano le sue prestazioni e che siano suscettibili di produrre un incremento delle spese previste. Ci essenzialmente per un triplice scopo: a) consentire all'Ammini- strazione appaltante la verificazione di quei fatti con !',immediatezza che ne rende pi sicuro e meno dispendioso l'accertamento; b) assicurare la conttnua evidenza delle spese dell'opera, in relazione alla corretta utilizzazione ed eventuale integrazione dei mezzi finanziari all'uopo predisposti; c) mettere l'Amministrazione tempestivamente in grado di adottare altre possibili determinazioni (fino alla potest di ri:soluzfone unilaterale del contratto). Se queste sono le finalit volute dalla legge per gli appalti di opere pubbliche, le del'oghe al principio della generaHt e della tempestivit possono ravvisarsi in casi eccezionali, e quindi da interpretarsi con un certo rigore. Quelli finora ammessi dalla giurisprudenza di questa Corte possono riportarsi alle seguenti categorie: a) fatti estranei all'oggetto dell'appalto o alla finalit di documentazione cronologica dell'iter esecutivo dell'opera, come la rivalsa delle imposte o la decorrenza degli interessi di mora (v. sent. n. 2035/65, 2:290/65, 4046/69); b) comportamento doloso o gravemente colposo della P. A. nell'eseguire adempimenti amministrativd, quando non incida direttamente sull'esecuzione dell'opera e sia quindi indifferente con le finalit delle riserve (v. sent. n. 2868/67, 1384/71; c) fatti c.d. continuativi, cio quelli riguardanti l'opera nel suo complesso, fatti prodotti da cause costanti, e quel1i in cui una serie di frequenti episodi pregiudizievoli acquisti rilevanza onerosa soltanto per effetto della ripetizione degli epi.sodi medesimi (v. sent. n. 2393/69, 830/72, 1960/72). Mentre le due prime categorie hanno come denominatore comune la caratteristica dell'esorbitanza del fatto dalla gestione dell'esecuziane deUa opera, che -per l'art. 36 reg. cit. -forma l'oggetto della contabilit prescritta, i fatti della terza categoria incidono sulla spesa di detta esecuzione, con la conseguenza che la giustificazione della deroga al menzionato principi.o generale sulla tempestivit delle riserve discende da altre ragioni, tra le quali essenzialmente quella della difficolt per l'appaltatore di proporre riserve in ordine a fatti non ancora esauriti e valutabili. Se, comunque, una deroga al principio generale sulle riserve viene ritenuta giustificata per i c.d. fatti continuativi, deve piuttosto precisarsi se gli stessi siano o meno svincolati del tutto da detto onere, nel senso che essi possano essere fatti valere dall'appaltatore in ogni tempo. Coerentemente con quanto gi 1affermato nei citati precedenti, va in proposito ripetuto che il concetto di fatto continuativo non pu giu stificare una deroga cos lata al principio della decadenza per mancata riserva da consentire la denuncia dei fatti, sia pure protratti e ripe RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 464 tuti, anche dopo che essi siano ormai cessati, e ci soltanto perch i fatti stessi sono pur sempre destinati a ripercuotersi sul costo globale complessivo. Come affermano le sentenze sopra citate (v., per tutte, 1a n. 1902172), in armonia del resto con autorevole dottrina, il momento in cui scatta l'obbligo per l'appaltatore deve essere identificato, nelle singole fatUspecie, secondo i principi della media diligenza e della buona fede. In applicazione di questo criterio, pu in generale nega!rsi che per i fatti continuativi l'obbligo delle riserve si identifichi nel momento in cui ini:zJi a manifestarsi la rilevanza causale del fatto generatore della situazione onerosa; e negarsi, d'altra parte, che .la possibilit della formulazione delle riserve si estenda fino a che l'appaltatore non disponga di tutti gli elementi utili per precisare in modo completo e definitivo l'importo del compenso che ritiene esserg1i dovuto. Deve, invece, affermarsi che di regola l'appaltatore ha l'obbligo di pr-0porre le riserve prescritte dalla legge quando disponga di elementi sufficienti per ,segnalare doverosamente all'Amministrazione appaltante le cause delle situazionii a lui pregiudizievoli, indicandone, con la maggiore approssimazione. possibile, l'aggravio economico conseguenziale, s.ia pure c-0n salvezza di precisarne definitivamente la misura nelle sue- cessive registrazioni o in chiusura del conto finale. Nella presente c-0ntroversia, come si prima accennato, l'Amminist! razione appaltante ha prestato acquiescenza alla parte della sentenza impugnata !riguardante '1a liquidazione dei danni prodotti all'impresa per omessa fornitura dell'area per dl cantiere, per la richiesta .di maggiori lavori e per il ritardo nell'approvazione dei nuovi prrezzi; denunzia, invece, gli errori giuridici della 'Sentenza nel liquidare le grosse voci (spese di guardia:nia, spese generali e aumento del costo di manod' opera) relative alle sospensioni disposte nel corso dei 1avorL Per quanto riguarda le spese di guadiarria, la citata sentenza n. 196,2/72, pur dubitando che detto onere dipendente dalla forzata so-. spensione sia inquadrabile nei c.d. fatti continuativi, ha ritenuto che la relativa serie cessa nel momento della ripresa dei lavori, momento in cui l'obbligo della riserva diviene attuale. Per il parametro della media diligenza, infatti, l'impresa in g,rado in quel momento di avvertire e di denunziare una situazione ormai esaurita, palesantesi come generatrice di un pregiudizio gi realizzatosi, ed in grado di definire contemporaneamente, o a breve scadenza, la somma in cui tale giudizio si traduc,e. Da tale conclusione non c' motivo di discostarsi anche pe!r le spese di guardiania richieste nella presente lite e che l'appaltatore omise di fare oggetto di r ~ Impiegato pu.bblico -Condanna penale o provvedimento disciplinare t Perdita pensione od altro trattamento -Ripristino -Ius superveniens. (l. 8 giugno 1966, n. 424, artt. 1 e 2). ~ Se la legge 8 giugno 1966, n. 424, che ripristina il trattamento di pensione e di ogni altro assegno od indennit da liquidarsi alla cessazione del I I PARTE II, CONSULTAZIONI 55 rapporto di pubblico impiego, abrogando le disposizioni che prevedevano la perdita o riduzione di detto trattamento a seguito di condanna penale o di provvedimento disciplinare, sia applicabile anche qualora il predetto ra1pporto si:a venuto a cessare prima del 10 agosto 1966 (n. 754). Insegnante incaricato -Namina in ruolo con riserva -Scioglimento della riserva -Decorrenza giuridica della namina ex tunc -Effetti economici -Sospensione cautelare -Sanzione disciplinare definitiva -Assegni arretrati -Spettanza -Limiti. (l. 1 febbraio 1963, n. 357, art. 2; l. 19 marzo 1955, n. 160, artt. 20 e 21). Se, nell'ipotesi in cui un insegnante incaricato, gi vincitore di concorso a cattedra di ruolo, venga nominato in ruolo con riserva di accertamento del requisito della buona condotta (allo stato mancante per pendenza di procedimento penale a carico), e successivamente, conclusosi il procedimento penale, in sede di revisione, con sentenza di estinzione del reato per amnistia, si dia luogo alla definitiva nomina in iruolo con decoit'renza giuddica ex tunc, ~'insegnante abbi1a diritto agli assegni arretrati in qualit di insegnante di ruolo a partire dalla data della decorrenza giuridica della nomina ovvero abbia diritto agli assegni in questione solo dalla data di effettiva assunzione nel servizio di ruolo (n. 755). Se un insegnante incaricato, sospeso cautelativamente dal servizio in pendenza di procedimento penale a carico, qualora il procedimento penale si concluda, in sede di revisione, con sentenza di estinzione del reato per amnistia e venga quindi applicata a suo carico una sanzione disciplinare non espulsiva di durata inferiore a quella della sosp,ensione cautelare sofferta, abbia diritto alla percezione degli assegni arretrati, in qualit di insegnante incaricato, relativi al periodo di tempo in cui stato in posizione di sospensione cautelare (n. 755). IMPORTAZIONE ED ESPORTAZIONE Diritti amministrativi all'importazione -Abolizione -Importazione di navi armate. (l. 24 giugno 1971, n. 447). Se, ai fini della legge 24 giugno 1971, n. 474, che ha abolito i diritti amministrativi sulle importazioni di merci, con diversa decorrenza a seconda che le merci provengano o meno dalla e.E.E., l'importazione di navi armate possa considerarsi importazione di merci (n. 68). IMPOSTA DI BOLLO Contratti della P. A. -Licitazione privata -Documentazione dell'offerta Bollo -Insufficienza -Esclusione del concorrente. (d.P.R. 25 giugno 1953, n. 492, artt. 27 e 28). Se sia legittima la decisione del presidente del1a gara di appalto ad offerta segreta di escludere il concorrente la cui domanda venga riscontrata non regolare agli effetti della legge sull'imposta di bollo ammettendosi l'apertura della relativa busta segreta di offerta (n. 47). , Se l'Autorit cui compete la funzione deliberante nel contratto eserciti legittimamente il potere correttivo diretto ad eliminare le irregolarit commesse nella ~rocedurra concorsuale quando, dopo l'aggiudicazione da parte del presidente della g,ara, disponga la tardiva aperturia della busta contenente l'offerta segreta di un concorrente la cui previa esclusione sia stata ritenuta illegittima (n. 47). 56 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Istituti clinici universitari -Equiparazione ad ospedali regionali -Trattamento tributario. (l. 12 febbraio 1968, n. 132, art. 3; d.P.R. 27 maggio 1969, n. 129, art. 5; l. 24 luglio 1962, n. 1073, art. 45). Se_ gli istituti clinici universitari (nella specie, Policlinico Gemelli dell'Universt Cattolica del Sacro Cuore), equiparati ad ospedali regionali, possano ritenersi equiparati all'Amministrazione dello Stato per quanto concerne il trattamento tributario (n. 48). IMPOSTA DI REGISTRO Avicoltura -Contratto di alle1iamento -Regime tributario. (cod. civ., articoli 1655 e 2170). Se i contratti di allevamento in avicoltura, ai fini tributari di registro, siano da qualificare come contratti di appalto ovvero di soccida (n. 383). Imposta graduale -Sentenza di condanna -Indennizzo per trasferimento impresa elettrica -Imponibiie. (r.d.l. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 68; r1d.l. 30 dicembre 1923, n. 3269, tab. all. A., art. 114; l. 6 dicembre 1962, n. 1643, art. 5, n. 5). Se l'imposta graduale di registro, di cui agli artt. 68 r.d.l. 30 dicembre 1923, n. 3269 e 114 tab. all. A, sulla sentenza che condanna l'ENEL a pagare, a titolo di indennizzo per il trasferimento di un'impresa elettrica, una I somma maggiore di quella determinata in sede amministrativa, vada applicata sull'imponibile rappresentato dall'intero ammontare della condanna ovvero soltanto su quello rappresentato dalla differenza tra l'ammontare della condanna e l'ammontare dell'indennizzo riconosciuto in sede amministrativa (n. 384). I I ;! Trasferimento fabbricato -Agevolazione -Trasferimento immobili da costruire -Applicabilit. (d.l. 15 marzo 1965, n. 124, art. 44, primo comma). Se la riduzione dell'imposta di registro prevista dall'art. 44, primo comma, d.l. 15 marzo 1965, n. 124, convertita con modificazioni in L 13 maggio 1965, n. 431, per i trasferimenti a titolo oneroso e rpex i conferimenti in societ di fabbricati, che avvengano entro un certo termine, sia applicabile ranch ai contratti traslativi di immobili ancora da costruire (n. 385). IMPOSTE VARIE Istituti clinici universitari -Equiparazione ad ospedali regionali -Trattamento tributario. (l. 12 febbraio 1968, n. 132, art. 3; d.P.R. 27 maggio 1969, n. 129, art. 5; l. 24 luglio 1962, n. 1073, art. 45). Se gli istituti clinici universitari (nella specie, Policlinico Gemelli delil'Universit Cattolica del Sacro Cuore), equirparati ad ospedali regionali, possano ritenersi equiparati all'Amministrazione dello Stato per quanto concerne il trattamento tributario (n. 67). Violazione tributaria -Persona giuridica -Sopratassa -Ammenda -Pena pecuniaria -Responsabilit del legale rappresentante. (l. 7 gennaio 1929, n. 4, art. 12). Se sussista responsabilit solidale del legale rappresentante di persona giuridica per violazioni tributarie per le quali sia prevista la sola sanzione della sopratassa (n. 68). '! PARTE II, CONSULTAZIONI Se sussista responsabilit solidale del legale rappresentante di persona giuridica per violazioni tributarie per le quali siano previste le sanzioni dell'ammenda ovvero della pena pecuniaria (n. 68). ISTRUZIONE Commissione esami abilitazione all'insegnamento -Componente estraneo Compenso indebitamente corrisposto -Buona fede -Recupero coattivo. (d.l. 7 maggio 1948, n. 1076, art. 5; t.u. 14 aprile 1910, n. 639). Se ai componenti estr.anei delle Commissioni giudicatrici degli esami di abilitazione all'insegnamento medio competa il compenso, (Pari al trente~ simo della retribuzione iniziale per ciascun giorno di partecipazione alle riunioni della commissione, di .cui all'art. 5, secondo Comma, del d.l. 7 maggio 1948, n. 1076, ovvero solo il gettone di presenza ai sensi dell'art. 1 del d.P.R. 11 gennaio 1956, n. 5 (oppure, in alternativa del gettone di presenza, i compensi e la indennit di cui agli artt. 4 e segg. e 7 dello stesso d.P.R. n. 5/56 (n. 28). Se nella ipotesi di indebita corresponsione a un componente estraneo di una Commissione giudktrke di esami di abilitazione all'insegnamento medio del compenso di cui all'art. 5, .secondo comma, del d.l. 7 maggio 1948, n. 1076, possa dal percipiente invocarsi il principio giurisprudenziale, secondo Cui ,sono irripetibili gli assegni indebitamente corrisposti dalla P.A. ai propri dipendenti, ove l'indebita percezione sia avvenuta nella ragionevole convinzione, determinata dalla presenza di situazioni obbiettivamente controverse, che le somme inquestione fossero effettivamente dovute (n.28). :Se il recupero di somme indebitamente corrisposte dalla P.A. a titolo di compenso a componenti estranei delle Commissioni giudicatrici di esami di abilitazione all'insegnamento medio rpMsa procedersi med1ante procedimento coattivo ai sensi del t.u. 14 aprile 1910, n. 639, sulla riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato (n. 28). Comuni e Provincie -Istruzione pubblica statale di pertinenza -Contributo statale -Delegazione -Mutuo -Finalit. (l. 16 settembre 19601 n. 1014, art 7; l. 22 dicembre 1969, n. 964, art. 15). Se i contributi annui erogati dallo Stato in favore di Comuni e Provincie per far fronte alle spese relative all'istruzione pubblica statale di pertinenza dei 1suddetti Enti lo.cali, siano delegabili a garanzia di mutui contratti per il raggiungimento di finalit diverse dall'istruzione pubblica (n. 29). LAVORO Azienda esercente pubblico autoservizio di trasporto -Contributo straordinario dello Stato -Posizione soggettiva -Debito verso l'INPS Versamento diretto. (l. 25 febbraio 1971, n. 94; l. 29 ottobre 1971, n. 889, art. 9). Se gli Enti pubblici ed i privati imprenditori, che esercitano professionalmente autoservizi pubblici di linea in concessione statale, siano titolari di un diritto soggettivo ovvero di un interesse legittimo alla attribuzione 58 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO del contributo straordinario dello Stato, previsto dalla legge 25 febbraio 1971, n. 94 e destinato ad assicurare la prosecuzione dei pubblici autoservizi ed a .garantire lo stato di efficienza del materiale (n. 78), Se l'Amministrazione possa provvedere d'ufficio al versamento diretto al fondo di previdenza dei contributi dovuti per il personale da un'azienda esercente pubblici servizi di trasporto, qualora detta azienda non sia sovvenzionata o sussidiata dallo Stato, ma fruisca soltanto di contributi straordinari (n. 78). MATRIMONIO Divorzio -Dipendente P. A. -Ordine di corresponsione diretta reddito al coniuge -Esecuzione -Eccedenza limite legale -Appello P. A. parte in causa. (l. 1 dicembre 1970, n. 898, art. 8; d.P.R. 10 gennaio IJ.957, n. 3, art. 33). Se l'Amministrazione, che abbia partecipato al giudizio di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili di cui sia .stato tparte un proprio dipendente, possa. impugnare la sentenza, qualora l'ordine all'Amminist: mzione di corrispondere direttamente al coniuge del dipendente statale una quota del il'eddito di lavoro ai sensi dell'art. 8, terzo comma, deUa legg.e 1 dicembre 1970, n. 898, contenuto niella sentenza medesima, ecceda il !limite del quinto di cui all'art. 33, ottavo comma, del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 (n. 26). Se, qualora l'Amministrazione sia rimasta estranea al giudizio di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili, di cui sia stato parte un proprio dipendente, essa debba dare esecuzione alla sentenza, che contenga l'ordine ad essa Amministrazione di corrispondere diirettamente al coniuge del dipendente statale una quota del reddito di lavoro ai sensi Idell"art. 8, terzo comma, della legge 1 dicembre 1970, n. 898, solo nei li:miti del quinto della retribuzione di cui all'art. '33, ottavo comma, del d.P.R... I ~ 10 gennaio 1957, n. 3, ovvero nella misura, eventualmente eccedente il detto limite fissato dal giudice (n. 26). OPERE PUBBLICHE I Zone terremotate nel 1962 -Piano di ricostruzione e rinascita -Espropriazione aree -Assegnazione gratuita al Comune. (l. 3 dicembre 1964,. n. 1259, art. 12). Se l'assegnazione gratuita ai Comuni, da parte dell'Amministrazione statale espropriante, per l'attuazione dei piani di ricostruzione e rinascita delle zone colpite dal terremoto del 1962,. avvenga automaticamente a seguito dell'espropriazione ovvero dipenda da un ulteriore intervento del!' Amministrazione espropriante (n. 102). I ~ ~ PENSIONI ~ Impfegato pubblico -Condanna penale o provvedimento disciplinare -1 Perdita pensione od altro trattamento -Ripristino -Lus superveniens. (l. 8 giugno 1966, _n, 424, artt. 1 e 2). Se la legge 8 giugno 1966, n. 424, che ripristina il trattamento di pen I sione e di ogni altro assegno di indennit da liquidarsi alla cessazione del rapporto di pubblico impiego, abrogando le disposizioni che prevedevano I PARTE II, CONSULTAZIONI 1a perdita o riduzione di detto trattamento a seguito di condanna penale o di provvedimento disciplinare, sia applicabile anche qualora il predetto rappoo-to sia venuto a oessar,e prima del 1 agosto 1966 (n. 140). POSTE E TELECOMUNICAZIONI Assicurazione obbligatoria -Veicoli adibiti al trasporto di dispacci postali aH'interno deHe stazioni ferroviarie. (L. 24 dicembre 1969, n. 990, art;. 1; d.P.R. 24 novembre 1970, n. 973, art. 2). Se sia obbliiatoria l'assicurazione per la responsabilit civile dei trattori appartenenti all'Amministrazione P. T., circolanti all'interno delle stazioni ferroviarie per il trasporto di dispacci postali dagli uffici ai treni e viceversa (n. 140). Comunicazioni telefoniche etc. -Impianto od esercizio -Concessione -Mancanza -Divieto -Violazione -Estinzione del reato -Sopratassa. (r.d. 27 febbraio 1936, n. 645, art. 178; cod. pen. art. 16). Se per le violazioni al divieto di impianto od esercizio di comunicazioni telefoniche, telegrafiche e radielettriche senza la preventiva concessione, il trasgressore, qualora il reato sia estinto per amnistia, sia tenuto a pagare, oltre ai canoni per il periodo di esercizio, anche la sopratassa di cui all'art. 178 codice postale (n. 141). PROCEDIMENTO CIVILE Foreste demaniali -Trasferimento alle Regioni -Operativit -Giudizio pendente -Effetti. (l. 16 maggio 1970, n. 281, art. 11; d.P.R. 28 dicembre 1971, n. 1121, art. 1; c.p.c., art. 111). Se possa consideratt1Si operativo, con effetto dal 1 aprile 1972, il trasferimento delle foreste al patrimonio indisponibile :regionale (n. 48). Se il trasferimento alla Regione di un bene o rapporto relativamente al quale pendente procedimento giudiziale per-un fatto avvenuto prima del trasferimento medesimo, comporti il venir meno della legittimazione processuale dello Stato (n. 48). Trasferimento di beni o rapporti -Giudizio pendente -Effetti. (c.p.c. art. 111). Se, nel caso di trasferimento alla Regione di un bene o rapporto relativamente al quale pendente procedimento giudiziale, sia applicabile l'art. 111 c.p.c. nel senso che il processo continua tra il priviato e lo Stato (n. 49). REGIONI Foreste demaniali -Trasferimento alle Regioni -Operativit -Giudizio pendente -Effetti. (l. 16 maggio 1970, n. 281, art. 11; d.P.R. 28 dicembre 1971, n. 1121, art. 1; c.p.c. 111). Se .possa considerarsi operativo, con effetto dal 1 aprile 1972, il trasferimento delle foreste al patrimonio indisponibile regionale (n. 194). Se il trasferimento alla Regione di un bene o rapporto relativamente 60 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO al quale pendente procedimento giudiziale per un fatto avvenuto prima del trasferimento medesimo, comporti il venir meno della legittimazione processuale dello Stato (n. 194). Trasferimento di beni o 1apporti -Giudizio pendente -Effetti. (c.p..c., art. 111). Se, nel caso di trasferimento alla Regione di un bene o rapporto relativamente 1al quale pendente procedimento giudiziale, sia applicabile l'art. 111 c.p.c. nel senso che il processo continua tra il privato e lo Stato (n. 195). RICOSTRUZIONE Zone terremotate nel 1962 -Piano di ricostruzione e rinascita -Espropriazione aree -Assegnazione gratu.ita al Comune (l. 3 dicembre 1964J n. 1259, art. 12). Se l'assegnazione gratuita ai Comuni, da parte dell'Amministrazione statale espropriante, per l'attuazione dei piani di ricostruzione e rinascita delle zone colpite dal terremoto del 1962, avvenga automaticamente a seguito dell'espropriazione ovvero dipenda da un ulteriore intervento del!' Amministrazione espropriante (n. 21). SANZIONI AMMINISTRATIVE Comunicazioni telefoniche ecc. -Impianto od esercizio -Concessione -Mancanza -Divieto -Violazione -Estinzione del reato -Sopratassa (r.d. 27 febbraio 1936, n. 645, art. 178; cod. pen., art. 16). Se per le violazioni al divieto di impianto od esercizio di comunicazioni telefoniche, telegrafiche e radioelettriche senza la preventiva concessione, il trasgressore, qualora il reato sia estinto per amnistia, sia tenuto a pagare, oltre ai canoni per il periodo di esercizio, anche la sopratassa di cui all'art. 178 codice postale (n. 3). STRADE Opere di bonifica -Contributi -Autostrada -Soggetto passivo. (r.d. 13 febbraio 1933, n. 215, art. 10). Se, qualora l'opera autostradale tragga beneficio dai lavori di bonifica, al pagamento dei relativi contributi consortili sia tenuta la Societ concessionaria della costruzione e dell'esercizio dell'autostrada (n. 96). TRASPORTO Azienda esercente pubblico autoservizio di trasporto -Contributo straordinario dello Stato -Posizione soggettiva -Debito verso l'INPS -Versamento diretto. (l. 25 febbraio 1971, n. 94; l. 29 ottobre 1971 n. 889, art. 9). Se gli Enti pubblici ed i privati imprenditori, che esercitano professionalmente autoservizi pubblici di linea in concessione statale, siano titolari di un diritto soggettivo ovvero di un interesse legittimo alla attribuzione PARTE II, CONSULTAZIONI del contributo straordinario dello Stato, previsto dalla legge 25 febbraio 1971, n. 94 e destinato ad assicurare la prosecuzione dei pubblici autoservizi ed a garantire lo stato di efficienza del materiale (n. 81). Se l'Amministrazione possa provvedere d'ufficio al versamento diretto al fondo di previdenza dei contributi dovuti per il personale da una azienda esercente pubblici servizi di trasporto, qualora detta azienda non sia sovvenzionata o sussidiata dallo Stato, ma fruisca soltanto di contributi straordinari (n. 81). TURISMO E SPORT Mutui agevolati per opere turistiche alberghiere -Istruttoria preliminare Decisione di accoglibilit della domanda -Istruttoria definitiva -Poteri della P. A (l. 22 luglio 1966, n. 614). Se la decisione di accoglibilit delle domande di mutui a tasse agevolate, presentate da imprese operanti nel settore turistico-alberghiero ovvero da Enti locali o loro Consorzi, ai sensi della legge 22 luglio 1966, n. 614, resa all'esito dell'istruttoria preliminare, possa essere legittimamente annul1ata o revocata qualora nel corso dell'istruttoria definitiva emergono elementi che inducano a diversa valutazione (n. 23). VIOLAZIONI TRIBUTARIE Violazione tributaria -Persona giuridica -Sopratassa -Ammenda -Pena pecuniaria -Responsabilit del legale rappresentante (l. 7 gennaio 1929, n. 4, art. 12). Se sussista responsabilit solidale del legale rappresentante di persona giuridica per violazioni tributarie per le quali sia prevista la sola sanzione della sopratassa (n. 4). Se sussista responsabilit solidale del legale rappresentante di persona giuridica per violazioni tributarie per le quali siano previste le sanzioni dell'ammenda ovvero della pena pecuniaria (n. 4).