NOVEMBRE -DICEMBRE 1972 ANNO XXIV -N. 6 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Pubblicazione bimestrale di servizio ROMA ISHTUTO POLIGRAFICO DELLO STATO 1972 ABBONAMENTI A.NNo ................................ L. 8.500 UN NUMERO SEPARATO ..._. . . 1.500 Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: LIBRERIA DELLO STATO -PIAZZA G. VERDI, 10 -ROMA e/e postale 1/2640 Stampato in Italia -Printed in Italy Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 (2219063) Roma, 1973 -Istituto Poligrafico dello Stato P.V. INDICE Parte prima: GJU1RJSPRUDENZA Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE (a cura del/'avv. Michele $avarese} pag. 905 Sezione seconda: GIURISPRUDENZA SDIZIONE (a cura SU QUESTIONI DI GIURIdel/' avv. Benedetto Baccari} I058 Sezione terza: GIURISPRUDENZA CIVILE (a cura dell'avv. Pietro de Francisci} . . . . . . . . . . . . I O 7 I Sezione quarta: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (a cura del/' avv. Ugo Gargiulo} . . . . . . . . . I097 Sezione quinta: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (a cura degli avvocati Giuseppe Angelini -Rota e Carlo Bafile} I 125 Sezione sesta: GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE PUBBLICHE, APPALTI E FORNITURE (a cura del/'avv. Franco Carusi} . . . . . . . . . . . . I 2 I 9 Sezione settima: GIURISPRUDENZA PENALE (a cura de/l'avv. Paolo Di Tarsia di Be/monte} . . . . . . . . . . 1229 Parte seconda: QUESTIONI -LEGISLAZIONE -IND.ICE BIBLIOGRAFICO CONSULTAZIONI -NOTIZIARIO LEGISLAZIONE pag. 159 RECENSIONI 168 INDICE BIBLIOGRAFICO 172 CONSULTAZIONI 173 NOTIZIARIO 206 La pubblicazione diretta dall'avvocato: UGO GARGIULO ARTICOLI, NOTE. OSSERVAZIONI, QUESTIONI CARAFA R., Insindacabilit in s. g. degli atti della Corte dei conti .. I, 1098 GARGIULO U., Le questioni pregiudiziali alla valutazione nelle imposte indirette: procedimento e decisione . I, 1128 TERRANOVA A., Recensione del libro di E. ZAMPETTI -G. IPSEVICH, Burocrazia, me,zze maniche e .computer, Pan Editrice, Milano, 1972 II, 168 INDICE ANALITICO -ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA ACQUE PUBBLlCHE ED ELETTRWIT Occupazione di fondi per l'esecuzione o manutenzione di opere destinate a regolare il regime delle acque pubbliche -Controversie -Competenza dei tribunali regionali delle acque -Sussiste, 1219. AMMINISTRAZIONE DELLO STATO E DEGLI ENTI PUBBLICI -Legittimatio ad processum -Amministrazione competente -Individuazione -Onere limitato ai terzi, 1071. APPALTO -Appalto di opere militari -Decisioni dell'Amministrazione sul:le riserve dell'appaltatore -Ob.:. bligo dell'Amministrazione di motivare le decisioni di rigetto Insussistenza, 1221. -Appalto di opere militari -r:re: tese dell'appaltatore a maggiori compensi o indennizzd per fatti accertabili in ogni tempo -Onere della tempestiva riserva Sussiste, 1221. ARBITRATO -Appalto -Appalto di opere militari -Natura processuale del termine previsto per la proposizione della domanda di arbitrato -Sussiste -Applicabilit della sospensione per il period? feriale dei termini processuali, relativi alle giurisdizfoni ordinarie ed a quelle amministrative, previste dalla 1. 7 ottobre 1969, n. 742 -Sussiste, 122.1. ASSICURAZIONI Surrogazione verso il terzo danneggiato -Concorso di colpa dell'assicurato -Illegittimit costituzionale -Esclusione, 990. ATTO AMMINISTRATIVO -Atti confermativi -Reiezione di nuova i-stanza basata su elementi diversi -Non atto confermativo -Impugnativa -Ammissibilit, 1113. -Controllo -Atti regionali -Friuli- Venezia Giulia -Controllo Corte dei Conti -Diniego di visto del C'onsigliere Delegato - Deforimento alla Sezione del controllo -Leg.ittimit, con nota di R. CARAFA, 1097. AUTOVEICOLI ED AUTOLINEE -Disciplina dei contratti di compravendita -Casi e procedura per la vendita -Illegittimit costituzionale -Esclusione, 944. COMPETENZA E GIURISDIZIONE -Concessioni -Ghwisdizione dei Tribunali amministrativi regionali -Diritti di applicabilit, 1069. -Concessiond .amministrative e contratti di diritto privato -Di. stinzione -Effetti sulla giurisdizione, 1064. -Impiego pubblico e privato -Diritti patrimoniali -Diniego con deliberazione negativa di controllo della Corte dei Conti Giurisdizione del C.d.S., con nota di R. CARAFA, 1097. -Poteri della P. A. -In merito a funzioni di prevenzione e di polizia -Discrezionalit -Insussistenza di diritti soggettivi alla tutela -Difetto di giurisdizione dell'Autol'it giudiziaria, 1058. CONTRATTI AGRARI -Affitto di fondi rustici -Sistema di determinazione dei canoni in base al reddito dominicale -Legittimit costituzfonale -Insufficienza dei criteri di rivaluta ! RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO j zione ed inclusione degli affittuari imprenditori -Illegdttimit costituzionale, 1045. CONTRATTI PUBBLICI/ -Attivit della P.A. relativa alla fase di esezione dei contratti Competenza in materia, 1070. CONSliGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA -Magistrato -Conferimento di uf.: fici direttivi -Autolimitazione del Consiglio superiore -Inosservanza -Illegittimit -Fattispecie, 1117. CORTE COSTITUZIONALE -Giudizi per conflitto di attribuzione -Pubblicazione del provvedrimento impugnato meramente facoltativa -Irrilevanza sul termine del ricorso -Inammissibilit, 922. CORTE DEI CONTI -Funzione di controllo -Organo ausiliario del Governo -Cbnseguenza, con nota di R. CARAFA, 1097. COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA -Licenza di costruzione -Misure di salvaguardia -L. n. 1902 del 1952 -Contrasto con gli artt. 42 e segg. Cost. -Manifesta infondatezza, 1107 -Regioni -Competenza -Passaggio di funzioni statali -Disciplina legislativa -Questione di incosttuzionalit -Manifesta infondatezza, 1107. -V. anche Assicurazioni, Autoveicoli e autolinee, Contratti agrari, Corte Costituzionale, Fallimento, Farmacia, Imposta di registro, Imposte doganali, Imposte e tasse in genere, Istruzione pubblica, Lavoro, Leggi, decreti e regolamenti, Locazione, Pensioni, Privilegio, Procedimento civi le, Procedimento penale, Reato, 1 Regione, Responsabilit civile, Sicilia, Stampa. EDILIZIA I -Oostruzione edilizia -Licenza di ~ costruzione -Edificio illegittimamente costruito -Sequestro Ammissibilit, 1229. -Licenza .di costruzione -Misure di salvaguardia -Momnto -P.rima dell'inizio del procedimento di approvazione del piano -Legittimit, 1111. -Licenza di costruztione -Misure di salvaguairdia -Presupposti Approvazione del piano regolatDire -Sufficienza -Piani rparticolaireggiati Non occorrono, 1111. -Lfoenza di costruzione -Misure di salvaguardda -Provvedimento prefettizio -Carattere recettizio -Attualit -Accertamento -Riferimento alla data di notifica, 1111. -Licenza di costruzione -Misure di salvaguaroia -Provvedimento prefettizio -Motivazione Elementi da valutare -Carenza di motivazione .: ,Illegittimit 1111. -Licenza di costruzione -Misure di .salvaguardia -Provvedimento prefettizio -Pairere della Commissione edilizia comunale -Non occorre, 1111. -Licenza di costruzione -Misure di salvaguardia -Provvedimento prefettizio -Presupposti -Insostenibilit dell'onere finanziario per !"attuazione del piano Non OCCOrTe, 1111. -LicenZia di costruzione -Misure di salvaguardia -Rapporti con le espropriazioni connesse al piano regolatore -Esclusione, ' 1111. -Licenza di costruzione -Misure di salvaguardia -Tempestivit Accertamento -Momenti di riferimento, 1111. -Piano iregolatore -Sospensione quinquennale ex 1. n. 517 del 1966 -Decorr.enza quinquennio effetti, 1111. INDICE VII EDILIZIA POPOLARE ED ECONOMICA -Cooperativa edilizia -Soci Cooperative fra dipendenti pubblici e Cooperative promiscue Cittadinanza italiana - pre SCritta solo per le prime, 1116. ENTI E BENI EOCLESIASTICI -Beni soggetti a conversione in virt della leg:islazione eversiva -Automatica devoluzione al demanio dello Stato -Presa di possesso' da parte dell'Amministrazione -Effetti, 1080. -Leggi eversive -Beni immobili acquisiti al Demanio dello Stato -Successiva legislazione concordataria -Irretroattivit, 1080. ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILIT -Espropriazione -Linea ferroviaria -Mancanza delle autorizzazioni per cavalcavia e ponti -Irrilevanza, 1118. -Immobile detenuto senza titolo dalla P.A. -Risarcimento del danno -Esecuzione dell'opera pubblica -Effetti, 1090. -Indennit -Determinazione Deposito presso la Cassa DD.PP., 1087. FALLIMENTO -Bancarotta semplice -Omessa tenuta dei libri contabi1i -Illegittimit costituzionale -Esclusione, 929. -Mancata audizione degli interessati da parte del Tribunale -Illegittimit costituzionale, 929. FARMACIA -Sconto obbligatorio dei medicinali agli Enti mutualistici Aleatoriet della rivalsa verso il produttore -Illegittimit costituzionale -Esclusione, 905. -Sconto obbligatorio dei medicinali agli Enti mutualistici -Illegittimit costituzionale -Esclusione, 905. FILIAZIONE Obbligazione alimentare -Vdncolo di sangue tra genitori e figlio non riconoscibile nato all'estero -Sentenza straniera di condanna agli alimenti -Dichiarazione di efffoacia -Ammissibilit, 1094. GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA -Cessazione della materia del contendere -Licenza di costruzione -Misure di salvaguardia -Impugnazione -Sopravvenienza del piano regolatore -Non fa cessal'e la materia del contendere, 1110. -Licenza di costruzione -Misure di salvaguardia -Provvedimento pTefettizio -Sopravvenienza del piano regolatore -Non fa cessare la materia del .contendere, 1107. -Ricorso .giurisdizionale -Atto impugnabile -Concorso -Bando -Impugnabilit immediata Esclusione -Conseguenze -Fattispecie, 1105. -Ricorso giurisdizionale -Atto impugnabile -Deliberazione di controllo della Corte dei Conti Deliberazione negativa - .impugnabile, con nota di R. CARAFA, 1097. -Ricol'so giurisdizionale -Atto . impugnabile -Deliberazione di controllo della Ooil'te dei Conti Deliberazione negativa -Su atto regionale -Ammissibilit del ri Corso, con nota di R. CARAFA, 1097. -Ricorso giurisdizionale -Notifi. cazione all'Autorit emanante Deliberazione di controllo della Corte dei Conti su atti della Regione Friuli-Venezia Giulia -Ricorso -Notificazione alla Corte dei Conti, con nota di R. CARAFA, 1097. IMPIEGO PUBBUCO -Concorso -Concorso per titoli - Limtazione in merito alla pubblicazione -Illegittimit, 1105. ,VIII RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO -Concorso -Clriteri di massima Punteggio UIIlco per voci eterogenee -Illegittimit, 1105. -Concorso -Titoli -Valutazione Pubblicazioni -Lavori in collabOTazione -V'alutabilit; -Lii: rliti, 1105. -Concovso per titoli -Valutazione -Pubblicazioni -Lavori in collaborazione -Lavori di un candidato in collaborazione con un Commissardo di esame -Non sono valutabili, 1105. -Interesse -In tema di concorso - Valutazone titoli -Fattispecie Valutazione di titoli anche a favore del ricorrente -Sussiste interesse, 1105. -Stiipendi, assegni e indennit Avvocati dello Stato -Comandati presso la Regione Friuli-Venezia Giulia -Propiin.e -Sono computabili, con nota di R. CARAFA, 1097. -Stipendi, assegni e indennU Diritto -Pensionabilit dell'emolumento -Non occorre -Fattispecie -Avvocato dello .Stato comandato presso la Regione FriuliVenezia Giulia, con nota dii R. CARAFA, 1097 IMPOSTA DI REGISTRO -Agevolazioni per la fusione di societ ex elettriche -Limite Capitale della societ risultante dalla fusione non 'superiore al doppio del capitale delle societ ex elettrdche -Criteri di determinazione, 1185 -Agevolazioni per la ricostruzione edilizia -Sono limitate alle attivit di ricostruzione specificamente regolate nel d.l. 10 aprile 1947, n. 261, 1146. -Agevolazioni .per le case di abitazione non di lusso -Ambulatordo -Si estende, 1209. -Agevolazioni per le case di abitazione non di lusso -Aree inedificabili destinate a strade -Esclusione, 1182. -Agevolazioni per le case di abitazione non di lusso -Aree soggette a limitazioni urbanistiche L. 7 febbraio 1968, n. 26, articolo 6 ter -Efficacia retroattiva Esclusione, 1182. -Atti sottoposti a condizione sospensiva -Successione di leggi nel tempo -Legg.e vigente al momento dell'avveramente della condizione - applicabile, 1149. -Azione giudiziaria avverso le decisioni delle Commissioni -Decorrenza dalla data di notifica -Scelta esclusiva dell'Amministrazione -Illegittimit costituzionale, 1053. -Concessione di pubbldco serv1z10 -Acqua, gas e energia elettrica Somma pagata dal concedente una tantum per spese di impianto -\Tassazione ex iirt. 28 tariffa A legge di registro -Esclusione -Costituisce corrispettivo della concessione tassabile, 1194. -Contratti verbali di appalto -Registrazione di ufficio -Esclusione della prova testimoniale contraria -Illegittimit costituzionale, 977 -Decreto ingduntivo -Percezione dell'imposta graduale quando diviene esecutivo -Omissione -Atto non registrato -Prescrizione ventennale, 1162. -Imposta speciale sulle automobili nuove -Prima immatricolazione di automobili acquistate anteriormente all'estero Si estende, 1160. Imposta sulle sentenze -Riforma della sentenza -Irrepetibilit dell'imposta -Illegittimit costituzionale, 1055. -Lavoro autonomo -Prestazione di attivit lavorativa di persone diverse da quella che ha contratto l'obbliigazione - assimilabile all'appalto, 1158 -Privilegio -Priorit sulle ipoteche -Ipoteche iscritte anteriormente -Esclusione, 1170. -Responsabilit solidale di parti contendenti e di proouratori legali -Illegittimit costituzionale, 957. -Simulazione -Atto dissimulato Irrilevanza ai funi della tassazione -Impugnazione della Finanza -Difetto di legittimazione, 1215. INDICE IX Societ per azionii -Unico azionista -Trasferimento del pacchetto azionario -Imposta d.i trasferimento 'sui beDJi della societ -Esclusio1I1e, con nota di C. BAFILE, 1172. -Vendita fra parenti -Presunzione di liberalit -Prova co1I1trarfa della provenienza del prezzo e del :suo impiego -Necessit, 1203. -Vendita fra parenti -Presunzione di liberalit -Prova della proveruenza del prezzo pagato -Liberalit rispetto al. maggior valore del bene -N egozdo misto - Arrnmissibilit -Requisiti, 1203. -Vendita fria parenti -Presunzione di Liberalit -Pll'ovia della provenienza del prezzo pagato 1'11sultante dall'atto -Prova della prov enie1I1za del prezzo in relazione al maggior valore del bene accertato successivamente -Non richiesta, 1203. IMPOSTA DI RICCHEZZA MOBILE -Canone corrisposto al comune di Chlancia111Jo dalla Societ concessionaria delle terme demaniali Entrata di diritto pubblico -Non tassabile, 1175. -Presupposto del tributo -Provvigd: onii a favore dellla S.I.A.E. sui proventi riscossi -CostituiS'cono reddito tassabile, 1166. Spese pluriennali -Detraibilit in pi esercizi -Accantonamento di somme per costituire un fondo pensioni -Ripartizio111Je dell'accantonamento in pi esercli.zi Detrazione della spesa nello stesso numero di eserdzi, 1166. IMPOSTA DI SUOC'ESSJONE -Presunzione per mobili, denaro e giodelliLi -Inventario -Beni esistenti nella casa dell'autore della successione -Esclusione di ,alcuni di essi -LnvaUdU dell'inventario, 1192. -Presunzione per mobili, denaro e gioielli -Inventa11io -Requisiti -Contesta:zJione dia parte del1' Ammirustrazione -Ammissibilit, 1191. IMPOSTE DOGANALI -Imposte di fabbricazione -Qua' lit del pmdlotto difforme dal dichiarato -Accertamento nei laboratori chimki dell'AmministrastraziJone -Illegittimit costituzionale -lnammissibi1it della questione, 982. IMPOSTE E TASSE IN GENERE -Acceirtamento -Natura, 1152. -Con1cetto .di tributo -Canone corrisposto al Comune d.i Chi.anciano dalla Sodet concessionaria delle terme demaniali -Non ha natura tributaria, 1175. -Oo1nda!lJilR dell'Arrnministraziione Alle sp,ese -Lmposta ili registro Imposta suppletiva -Inapplicabilit del!Ja regola dell'art. 148 legge di registro; 1188. Condam.na dell'Amministrazione alle spese -Imposta geineraJ.e sull'entrata -Rinuncia al1a ptretesa entro il novantesimo giorno Esclus~ one, 1188. -Diritti eramali sugli spettacoli Spettacoli sportivi -Compensi pagati daUa RAI per la ripresa dli manifestazioni -Non vi sooo sogg: etti, 1201. -Imposta di registro -Decisione Commissicone distrettuale -Ingiunzione per il pag:amento dell'imposta complementare sul valore non definitivairnente accertato -Legittimit -Lmpugnazione di nullit delJla deciisione -Irrilevanza, 1153. -Lmposte ill1ld!IDette -Accertamento di maggior valore -Motivazione -Requisiti, 1152. -Lmposte ~ndirette -Avviso di accertamento -Funzione di provocatio ad opponendum -Termine per l'impug~tiva -Decorrenza Decadenza dail diritto dd. contesta! l'.\e il v~ore notificato -Suc, cessiva dm.giunzione di ~agamento -In.a:mmissib!ilit di ulterio;re sindacato 'IliOn solo sul valo;re ,accertato, ma anche sulla legittimit deli criteri .dJi valutazione e della procedura ,di accertamento, con nota di u. GARGIULO, 1125. X RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO -Imposte indirette -Controversie -Stato contribuente -Imposte erain tema di valutazione e controriali -Esclusione -Enti assimiversie in tema di applicazione lati -Non sono soggetti alle imdella legge -Procedimento e poste erariali, 1141. decisione delle une e delle altre -Questione pregiudiziale alla valutazione -Procedimento e decisione (fattispecie in tema di accessione ex art. 47 l.r.), con nota di u. GARGIULO, 1126. Imposte indirette -Interessi Imposta complementare -Successioni -Dichiarazione suppletiva di valore contenuta nel ricorso alla commissione distrettuale -Non idonea ad escludere l'obbligo degli interessi sulla parte dell'imposta afferente al valore dichiarato, 1211. -Imposte indirette -Questione di valutazione e questioni relative all'applicazione della legge Procedimento e decisione delle une e delle altre -Questione pregiudiziale alla valutazione -Nozione -Fattispecie, con nota di U. GARGIULO, 1126. - Imposte indirette -Questioni di diritto pregiudiziali alla valutazione -Nozione-'-Procedimento e decisione delle questioni pregiudiziali e delle questioni scindibili. -Ammissibilit, per le questioni sclndibili dell'azione giudiziaria in autonomo giudizio nonostante sia intervenuta la decisione definitiva sulla valutazione e possibilit di caducazione pro parte di tale decisione -Fattispecie, con nota di U. GARGIULO, 1127. -Imposte indirette -Questioni di valutazione e questioni di diritto pregiudizialt alla valutazione Procedimento e decisione -Nozione di questione pregiudiziale Fattispecie, con nota di U. GARGIULO, 1128. -Imposte indirette -Valutazione automatica dei fondi rustici Atti diversi dal trasferimento Divisione -Inapplicabilit, 1151. -Legge delega per la riforma tributaria -Violazione delle competenze regionali -Mancanza di interesse attuale -Inammissibilit della questione, 937. -Titoli azionari -Atti amministrativi regionali derogatori al principio della nominativit -Ricorso per conflitto di attribuzione Inammissibilit, 938. I I ~ ISTITUZIONE PUBBLICA DI ASSISTENZA E BENEFICENZA -Ente ospedaliero -Consiglio di amministrazione -Composizione I -Decreto del Presidente della Repubblica -Prima del passaggio della competenza alla Regione -Legittimit, 1121. -Ente ospedaliero -Consiglio di amministrazione -Composizione -Sostituzione dei membri non eletti con quelli eletti dalla Regione -Legittimit, 1121. ISTRUZIONE PUBBLICA -Istruzione superiore -Concorsi a cattedre universitarie -Illegittimit costituzionale della normativa -Esclusione, 1036. LAVORO -Norme sui licenziamenti individuali -Inapplicabilit ai dirigenti -Illegittimit costituzionale -Esclusione, 961. LEGGI, DECRETI E REGOLAMENTI -Decreto-legge -Mancata conversione in legge -Disciplina dei rapporti pregressi -Sanatoria retroattiva -Ammissibilit, 906. LOCAZIONE -Proroga relativamente agli immobili urbani -Collegamento con i dati dell'imposta complementare -Illegittimit costituzionale -Altre ipotesi -Infondatezza, 985. INDICE XI OPERE PUBBLICHE -Rapporti col piano regolatore Armonizzazione -Criterio -Fattispecie -Ferrovia Roma-Firenze -Contrasto col piano regolatore di Roma -Non sussiste, 1117. PENSIONI -Riversibilit a favore del marito -Condizioni dell'inabilit e della, convivenza a carico -Illegittimit costituzionale -Esclusione, 954. -Riversibilit delle pensioni ordinarie -Determinazione della nullatenenza in base al reddito non' superiore a L. 240.000 annue -Illegittimit costituzionale, 98,9. PRIVILEGIO -Privilegio speciale dell'INPS Modifica dell'ordine di pr.elazione -Applicazione nei procedimenti in corso -Illegittimit costituzionale, 979. PROCEDIMENTO CIVILE -Appello -Eccezioni non accolte in primo grado -Riproposizione -Forma, 1090. -Azione risarcitoria -Domande relative a distinti danni determinati da un unico evento -Proposizione in separato giudizio Ammissibilit, 1090. -Compenso al consulente tecnico -Liquidazione senza contraddittorio e senza motivazione Illegittimit costituzionale Esclusione, 973. -Disponibilit delle prove -Fatto notorio -Cognizioni tecniche -Non sono tali -Indennit di espropriazione per p.u. -Valutazione -Criteri equitativi Presupposto, 1087. -Esecuzione mobiliare -Vendita con incar\to senza nuova determinazione del prezzo base -Illegittimit costituzionale -Esclusione, 981. -Impugnazioni -Acquiescenza anteriore alla pubblicazione della sentenza -Inammissibilit, 1076. -Legittimatio ad causam -Eredit giacente -Legittimazione del curatore -Successione dello Stato -Effetti, 1071. -Obbligazioni e contratti -Cauzione per la ricerca di sostanze minerali -Contestazione giudiziale -Competenza territoriale Forum destinatae solu.tionis Domicilio del debitore, 1076. -Ordinanze collegiali -Natura e funzioni -Responsabilit, 1071. -Regolamento di competenza Deposito scritture difensive Termine ordinatorio, 1076. -Regolamento di competenza Gravame per le spese -Inammissibilit, 1076. PROCEDIMENTO PENALE -Accertamento da parte del Tribunale fallimentare -Trasmigrazione nel processo penale -Illegittimit costituzionale -Esclusione, 930. -Arresto in flagranza -Reato di ubriachezza -Illegittimit costituzionale -Esclusione, 975. -Competenza per connessione Spostamento dei procedimenti Illegittimit costituzionale Esclusione, 952. -Difesa di ufficio -Illegittimit costituzionale -Esclusione, 1039. -Diritti del difensore ad estrarre copia degli atti -Pagamenti diritti di cancelleria -Illegittimit costituzionale -Esclusione, 1039. -Formula di proscioglimento per insufficienza di prove -Illegittimit costituzionale -Esclusione, 970. -Misura di sicurezza detentiva Trattenimento in carcere del condannato -Illegittimit costituzionale -Esclusione, 920. -Relazione tra la sentenza e l'accusa contestata -In genere Contestazione di truffa aggrava XII RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ta -Condanna per frodi in pubbliche forniture -Legittimit, 1231. Sentenza della Corte di Cassazione -Inoppugnabilit assoluta Illegittimit costituzionale Esclusione, 993. Sentenze, ordinanze, decreti Correzione di errori materiali Mancata previsione della assistenza di un difensore -Illegittimit costituzionale, 966. REATO Esercizio abusivo di gioco non di azzardo -Determinazione dell'autorit di P.S. -Violazione della riserva di legge e del principio di eguaglianza -Esclusione, 941. -Proscioglimento per totale infermit di mente -Ricovero in manicomio giudiziario per un periodo minimo -Illegittimit costituzionale -Esclusione, 929. Recupero delle spese di mantenimento in carcere -Applicazione anche per la carcerazione preventiva -Illegittimit costituzionale -Esclusion, 991. Scriminante dell'ordine superiore -Illegittimit costituzionale Esclusione, 968. Truffa -Atto di disposizioni patrimoniali -Pu avere carattere omissivo, 1237. REGIONE -Regione Marche -Approvazione del conto consuntivo per il 1970 Illegittimit costituzionale, 922. Regioni a statuto ordinario Trasferimento delle funzioni in materia di agricoltura e foreste, caccia e pesca -Illegittimit costituzionale -Esclusione, 1024. Regioni a statuto ordinario Trasferimento delle funzioni in materia di assistenza sanitaria e ospedaliera -Illegittimit costituzionale -Esclusione, 1009. -Regioni a statuto ordinario Trasferimento delle funzioni in materia di beneficenza pubblica Illegittimit costituzionale Esclusione, 1002. Regioni a statuto ordinario Trasferimento delle funzioni in materia di fiere e mercato -Illegittimit costituzionale -Esclusione, 995. Regioni a statuto ordinario Trasferimento delle funzioni in materia di urbanistica, viabilit, acquedotti .e lavori pubblici. di interesse regionale -Illegittimit costituzionale -Esclusione,, 1013. RESPONSABILIT CIVILE Configurabilit di un obbligo della p.A. per evitare danni cagionati da cosa in custodia -Correlativo diritto soggettivo del danneggiato, 1058. Prescrizione del diritto al risarcimento -Sentenza istruttoria di proscioglimento Decorrenza dalla data di irrevocabilit -Legittimit costituzionale, 951. SEQUESTRO -Sequestro penale -Finalit, 1229. SICILIA -Composizione dei comitati provinciali e regionali I.N.P.S. Mancata rappresentanza della Regione -Illegittimit costituzionale, 919. Concessione di impianti di raffinazione oli minerali -Conflitto di attribuzione con lo Stato -Appartenenza del potere alla Regione, 922. Controversie per l'elezione del1' Assemblea regionale -Deferimento ai Tribunali amministrativi regionali -Illegittimit costituzionale -Esclusione, 947. -Legge regionale -Modalit di pagamento dell'IGE -Illegittimit costituzionale, 920. INDICE Legge regionale di applicazione della legge statale sulle enfiteusi -Disciplina dei rapporti privati -Competenza preclusa alle Regioni -Illegittimit costituzionale, con nota di M. SAVARESE, 1041. -Potest tributaria Imposta sulle societ -Esclusione dalla imposta per le imprese armatoriali -Disapplicazione dei relativi decreti regionali -Potere non spettante allo Stato, 1053. -Tributi doganali -Riscossione delle risorse proprie della Comunit economica europea ~ Mo difica dei capitoli di bilancio Conflitto di,attribuzione -Inammissibilit, 918. STAMPA Riposo settimanale degli addetti -Fissazione obbligatoria tra la domenica e i luned -Illegittimit costituzionale; 926. TRUFFA Artifizi e raggiri diretti a conseguire abbuoni dell'imposta di fabbbricazione -Sussistenza del reato, 1237. .INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA 27 luglio 1972, n. 149 905905918 919 92(} 920 922 922 926 9W 929 937 938 941 944 947 951 952 954 957 961 966 968 970973 975 977 979 981 982 985 989 990 991 993 995 1002 1009 1013 1024 1036 1039 .' ' CORTE COSTITUZIONALE 18 maggio 1972, n. 92 24 luglio 1972, n. 144 18 maggio 1972, n. 94 18 maggio 1972, n. 96 18 ma.ggio 1972, n. 98 . 15 giugno 1972, n. 102 15 giugno 1972, n. 103 15 giugno 15 giugno 15 giugno 27 giugno 27 giugno 27 giugno 27 giugno 27 giugno 1972, n. 114 27 girugno 1972, n. 115 27 giugno 1972, n. 116 27 giugno 1972, n. 117 pag. 1972, n. 104 1972, n. 105 1972, n. 106 1972, n. 110 1972, n. 111 1972, n. 112 1972, n. 113 6 luglio 1972, 6 luglio 1972, 6 !ruglio 1972, 6 luglio 1972, 6 luglio 1972, 6 luglio 1972, 6 luglio 1972, 6 luglio 1972, 12 luglio 1972, 12 luglio 1972, 12 luglio 1972, 12 luglio 1972, 12 lugldo 1972, 12 luglio 1972, 12 luglio 1972, 12 luglio 1972, 12 luglio 1972, 24 !ruglio 1972, 24 luglio 1972, 24 luglio 1972, 24 luglio 1972, 24 luglio 1972, 24 luglio 1972, n. 119 n. 120 n. 121 n. 122 n. 123 n. 124 n. 125 n. 126 n. 128 n. 129 n. 130 n. 131 n. 132 n. 133 n. 134 n. 135 n. 136 n. 138 n. 139 n. 140 n. 141 n. 142 n. 143 i~ ~ > ~ ! ~ ~~ INDICE xv 27 luglio 1972, n. 154 pag. 1041 27 luglio 1972, n. 155 1045 21 dicembre 1972, n. 184 1053 21 dicembre 1972, n. 186 1053 29 dicembre 1972 ,n. 200 1055 GIURISDIZIONI CIVILI CORTE DI CIASSAZIONE Sez. I, 12 febbraio 1971, n. 360 . . pag. 1125 Sez. Un., 16 ottobre 1971,. n. 2926 . 1126 Sez. Un., 7 marzo 1972, n. 647 . 1126 Sez. I, 9 giugno 1972, n. 1804 . . 1141 Sez. I, 13 giugno 1972, n. 1857 . 1146 Sez. I, 13 giugno 1972, n. 1858 . 1149 Sez. I, 13 giugno 1972, n. 1861 . 1151 Sez. Un., 15 giugno 1972, n. 1888 .. 1152 Sez. I, 19 giugno 1972, n. 1959 . 1188 Sez. I, 22 giugno 1972, n. 2042 . 1158 Sez. I, 23 giugno 1972, n. 2091 . 1160 Sez. II, 7 luglio 1972, n. 2274 . . 1071 Sez. Un., 13 luglio 1972, n. 2349 . 1127 Sez. I, 14 luglio 1972, n. 2393 . ,. 1076 Sez. I, 26. luglio 1972, n. 2561 . 1162 Sez. I, 27 luglio 1972, n. 2566 . 1166 Sez. I, 27 luglio 1972, n. 2567 . 1170 Sez. I, 28 luglio 1972, n. 2577 . 1172 Sez. I, 28 luglio 1972, n. 2578 . 1175 Sez. I, 28 luglio 1972, n. 2583 . 1182 Sez. I, 7 agosto 1972, n. 2644 . 1185 Sez. I, 9 agosto 1972, n. 2654 . 1128 Sez. I, 11 agosto 1972, n. 2667 . 1188 Sez. I, 11 agosto 1972, n. 2683 . 1191 Sez. I, 29 agosto 1972, n. 2713 . 1194 Sez. I, 6 ottobre 1972, n. 2848 . 1080 Sez. I, 6 ottobre 1972, n. 2851 . 1201 Sez~ I, 6 ottobre 1972, n. 2853 . 1203 Sez. I, 6 ottobre 1972, n. 2858 . 1219 Sez. I, 9 ottobre 1972, n. 2941 . . 1209 Sez. I, 9 ottohre 1972, n. 2949 . 1211 Sez. I, 13 ottobre 1972, n. 3024 .. 1215 Sez. Un., 14 ottobre 1972, n. 3060 .. 1058 Sez. Un., 14 ottobre 1972, n. 3062 . 1064 Sez. I, 16 ottobre 1972, n. 3090 . . 1087 Sez. I, 19 ottobre 1972, n. 3131 ... 1090 Sez. I, 19 ottobre 1972, n. 3133 . . 1094 Sez. Un., 8 novembre 1972, n. 3348 . 1069 LODO ARBITRALE 29 apri1e 1972, n. 23 (Roma) . . . . . . . . . . . . . . . pag. 1221 XVI RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE ,CONSIGLIO DI STATO .Sez. IV, 6 giugno 1972, n. 501 . Sez. IV, 4 luglio 1972, n. 622 . Sez. IV, 4 luglio 1972, n. 626 . .Sez. IV, 4 luglio 1972, n. 629 . Sez. IV, 4 luglio 1972, n. 636 . S'ez. IV, 11 luglio 1972, n. 702 . Sez. IV, 27 luglio 1972, n. 767 . Sez. IV, 29 agosto 1972, n. 768 . ,Sez. IV, 29 settembre 1972, n. 828 . GIURISDIZIONI PENALI CORTE DI CASSAZIONE .Sez. III, 11 novembre 1971, n. 2690 . Sez. VI, 19 febbraio 1972, n. 879 .Sez. II, 10 agosto 1972, n. 368 . . . pag. 1097 1105 1107 1110 1113 1116 1117 1117 1121 pag. 1229 1231 1237 SOMMARIO DELLA PARTE SECONDA LEGISLAZIONE ) Norme dichiarate incostituzionali pag. 159 II) Questioni dichiarate non fondate 160 III) Questioni propoote . . . 161 RECENSIONI pag. 168 INDICE BIBLIOGRAFICO pag. 172 INDICE DELLE CONSULTAZIONI (secondo l'ordine di materia) Agricoltura Alberghi ..... Amministrazione pubblica . . . . Antichit e belle arti Appalto Associazione Autoyeicoli Bellezze artistiche e naturali Beneficenza e assistenza Catasto. Circolazione stradale Competenza e giurisdizione Comuni e province Comunit economica europea Concessioni amministrative. Concorsi Contabilit , generale dello Stato Contenzioso tributario Contrabbando Contributi e finanziamenti Dazi doganali Debito pubblico Demanio Difesa dello Stato pag. 173 Edilizia economica e 173 popolare Enti e beni ecclesia173 stici 174 Esecuzione fiscale 174 Esecuzione forzata 175 Espropriazione per p.u. 176 Fallimento Farmacie 176 Ferrovie Giudizio civile e pe176 nale . ., ... 176 Idrocarburi 176 Igiene e. sanit . Impiego privato 177 Impiego pubblico 177 Importazione ed esportazione . , . 177 Imposta di bollo Imposta di fabbrica 178 zione . 178 Imposta di registro Imposta di ricchezza 178 mobile . , . . , . 180 180 Imposta di successione Imposta generale sul181 l'entrata 182 Imposte dirette .. 182 Imposte e tasse .. 182 Imposte ipotecarie 183 Imposte varie pag. 183 184 184 185 185 186 188 188 189 189 190 190 190 191 191 191 192 193 193 194 194 195 195 196 :2 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO SJ'ATO Interessi pag. 196 Regioni pag. 201 Istruzione . 196 Responsabilit civile . 202 Lavor. 197 Sanzioni amministra- Lotto e lotterie 197 tive .... 202 Mezzogiorno . 197 Scambi e valute 202 Militari. 198 Societ . 203 Miniere. 198 Strade 203 Piani regolatori 199 Telefono 203 Poste e telecomunica-Titoli di credito 204 zioni . . . . . . . 199 Transazione . 204 Previdenza e assistenza 199 Trasporto. . . . 204 Prezzi . . . 200 Trattati e convenzioni Procedimento civile 200 internazionali 204 Procedimento penale 201 Turismo e Sport . . 205 Reati finanziari 201 Violazioni tributarie 205 NOTIZIARIO . pag. 206 ,, ~ f , - PARTE PRIMA '~ I f ! - GIURISPRUDENZA SEZIONE PRIMA GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE (*) I CORTE COSTITUZIONALE, 18 maggio 1972, n. 92 -Pres. Chiarelli - Rel. Oggioni -Sbarigia (avv. Ugi), ENPAS (avv. Carbone) e. Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Savarese). Farmacia -Sconto obbligatorio dei medicinali agli Enti mutualistici Aleatoriet della rivalsa verso il produttore -Illegittimit costituzionale -Esclusione. (Cost., art. 53; I. 4 agosto 1955, n. 692, art. 4; d.1. 26 ottobre 1970, n. 745, art. 32). Non fondata, con riferimento al principio di capacit contributiva, la quest'ione di legittimit costituzionale dell'art. 4, l. 4 agosto 1955, n. 692, nonch dell'art. 32 del decreto-legge 26 ottobre 1970, n. 745, che prevedono lo sconto obbligatorio, da parte dei farmacisti, sui medicinali acquistati dagli enti mutualistici, salvo la rivalsa, per la quota a loro carico, nei confronti dei produttori (1). II CORTE COSTITUZIONALE, 24 luglio 1972, n. 144 -Pres. Chiarelli - Rel. Oggioni -Soc. Armour Erba ed altre (avv. Sandulli, BalladorePallieri, Barile, Acquarone, Bettoni), ENPAS, ENPAIA, INAM (avv. Sorrentino, Jemolo) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Soprano). Farmacia -Sconto obbligatorio del medicinali agli Enti mutualistici Illegittimit costituzionale -Esclusione. (Cost., art. 3, 53, 23, 32, 41 e 43; I. 4 agosto 1955, n. 692, art. 4; d.l. 26 ottobre 1970, n. 45, art. 32). (1-2-3) La iprima questione era stata sottoposta all'esame della Corte cbn ordinanza emessa il 25 maggio 1971 dalla Corte d'appello di Roma (Gazzetta Ufficiale n. 240 del 22 settembre 1971). (*) Alla redazione delle massime e delle note di questa Sezione ha collaborato anche l'avv. CARLO CARBONE. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Leggi, Decreti e Regolamenti -Decreto-legge -Mancata conversione in legge -Disciplina dei rapporti pregressi -Sanatoria retroattiva -Ammissibilit. (Cost., art. 77; dl. 26 ottobre 1970, n. 745, art. 43; I. 18 dicembre 1970, n. 1035, articolo unico). Non fondata, con riferimento ai principi di eguaglianza, di legittima imposizione tributaria e di libert di imprsa, la questione di legittimit costituzionale dell'art. 4, i. 4 agosto 1955, n. 692, nonch dell'articolo 32 del decreto-legge 26 ottobre 1910, n. 145, che prevedono lo sconto obbligatorio da parte delle imprese produttrici, sui medicinali acquistati dagli Enti mutualistici (2). Non fondata, con riferimento alla normativa costituzionale sulla dec1etazione di urgenza, per i casi di mancata conversione da parte del Parlamento, la questione di legittimit costituzionale dell'articolo unico della l. 18 dicembre 1910, n. 6.21, che attribuisce efficacia ai rapporti sorti anteriormente sulla base del d.l. 21 agosto 1910, n. 621, non convertito in legge (3). I (Omissis). -2.. -Un primo gruppo di censure, come si esposto in narrativa, riguarda l'art. 4 della legge 4 agosto 1955, n. 692, con cui fu istituito lo sconto a favore degli enti mutualistici; l'art. 32 del d.l. 216 ot tobre 1970, n. 745, con cui stata aumentata la misura dello sconto,, e l'art. 43 del d.l. 217 agosto 1970, n. 621, non convertito in legge, di cui l'art. 32 suddetto riproduce peraltro esattamente n contenuto, ed rife rito alla lamentata violazione, sotto vari profili, del principio di egua glianza sancito dall' art. 3 della Costituzione. Le questioni come sopra sollevate non sono fondate, anzitutto sotto l'aspetto con cui si lamenta l'ingiustificata sperequazione a danno dei produttori di medicinali destinati all'uso dei mutuati nei confronti di quelli che, invece, producono farmaci destinati al consumo ordinario. Trattasi evidentemente di due situazioni non omogenee, per la diversa destinazione dei prodotti, diretti a categorie di consumatori caratterizzate da essenziali differenze obbiettive, quali appunto, da un lato, gli assistiti La seconda questione era stata sottoposta all'esame della Corte con ordinanze emesse: il 14 luglio 1971 dal pretore di Trento (Gazzetta Ufficiale n. 290 del 17 novembre 1971); il 10 novembre 1971 dal pretore di Roma (Gazzetta Ufficiale n. 65 dell'8 marzo 1972); il 16 dicembre 1971 dal giudice Conciliatore di Bogliasco (Gazzetta Ufficiale n. 78 del 22 marzo 1972); il 24 gennaio 1972 dal pretore di Firenze in tre procedimenti civili (Gazzetta Ufficiale n. 97 del 12 aprile 1972). I I! PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 907 da enti mutualistici, che per la loro particolare condizione di lavoratori e la correlativa situazione di inferiorit economica, lo Stato, in attuazione dei suoi compiti istituzionali sanciti dagli artt. 32 e 38 della Costituzione, ha giustamente considerato degni di una particolare prestazione; e, dall'altro, i consumatori ordinari, cui per la intrinseca diversit della loro posizione, non si ritenuto di estendere tale particolare protezione. La razionalit della differenziazione per quanto riguarda l'assoggettamento agli sconti, scaturisce strettamente da tale diversit, perch risponde indubbiamente ad un criterio accettabile dal punto di vista logico l'i!mporre lo sconto, destinato a finanziare l'assistenza mutualistica farmaceutica, proprio sui prezzi dei medicinali che sono destinati a quel tipo di assistenza. Questa Corte ha gi ritenuto infondato un analogo profilo di Hlegittimit quando, con la sentenza n. 70 del 1960, ha escluso la violazione del principio di eguaglianza per effetto della imposizione dello sconto in esame a carico della sola categoria .dei produttori di medicinali, rinvenendone la giustificazione nel fatto che trattasi di quella categoria di industriali la cui attivit si ricollega in particolare all'assistenza farmaceutica e, come tale, ritenuta da legislatore, nella sua discrezionalit, la pi idonea a sostenere in parte l'onere. Quest'ultimo profilo di illegittimit stato di nuovo sottoposto anche presentemente alla Corte, che peraltro non ritfene di discostarsi dalla precedente decisione, poich l'incremento della mutualit, che avrebbe provocato un aggravamento della situazione economica dei produttori, non costituisce un elemento idoneo, pur se fosse dimostrato, a mutare i termini logici della questione. Tali argomenti valgono anche relativamente all'altra censura di il legittimit, secondo cui l'incidenza dello sconto sarebbe indipen.dente dalla proporzione fra il volume della vendita di farmaci destinati o no ai mutuati, il che rappresenta sostanzialmente una ulteriore specificazione ed articolazione di quanto test esaminato. Neppure appare violato l'invocato principio di eguaglianza per effetto della dedotta limitazione dello sconto a beneficio di alcuni soltanto degli tmti mutualistici esistenti. Deve osservarsi, anzitutto, che con il decreto n. 745 del 1970 (art. 32) le norme circa la concessione dello sconto sono state estese agli altri nu merosi enti mutualistici ivi indicati, oltre quelli gi compresi nell'art. 4 della legge del 1955. Inoltre va ricordato che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, il confronto fra il trattamento previdenziale di categorie diverse non pu prescindere dalla considerazione di ordine generale che ogni tipo di assi curazioni, non escluse quelle sociali, necessariamente disciplinato da un sistema proprio di norme e di clausole in funzione di svariati fattori (numero degli assicurati, frequenza e gravit dei rischi, durata dei rap porti, misura delle retribuzioni e cos via), i quali influiscono sensibil 908 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO mente sulle condizioni assicurative, e la cui analisi sfugge, per la sua natura di circostanza di fatto, al controllo della Corte costituzionale (sent. n. 44 del 1'965). La non omogeneit delle situazioni previdenziali esclude, pertanto, in linea di principio, che le differenze in esse riscontrabili concretino, per ci solo, la violaz~one del principio di eguaglianza, il che tanto pi vero con riferimento a1le ipotesi attualmente in esame. Infatti, 1a censura, anche se riferita ad enti non specificamente indicati, sembrerebbe tuttavia riguardare i Comuni e le istituzioni locali di assistenza, i quali non risultano compresi nell'elenco degli enti beneficiari dello sconto. Ma di tutta evidenza la diversit delle situazioni raffrontate, sol che si consideri che gli enti esclusi erogano prestazioni sostanzialmente diverse da quelle cui sono tenuti gli enti mutualistici, specialmente per quanto riguarda la somministrazione dei farmaci che vengono in tali casi forniti da farmacie proprie o convenzionate, o diret . tamente dagli ospedali, a cui giungono gi convenientemente scontati. D'altra parte, noto che la legge n. 692 del 1955 fu ispirata alla finalit sociale di estendere ai pensionati di.invalidit e vecchiaia il trattamento assistenziale di malattia, e, come risulta dal testo della stessa legge (art. 2) il legislatore segu, al riguardo, il criterio di attribuire agli enti il compito di provved.ere alla erogazione delle prestazioni per quei soggetti che, prima del pensionamento, erano da essi enti rispettivamente assistiti. Con ci gi individuabile un chiaro motivo specifico della indicazione analitica degli enti beneficiari dello sconto disposto appunto quale mezzo al fine di agevolare i nuovi compiti assistenziali, e si evidenzia cos quella razionale giustificazione che, come si detto, costituisce sufficiente motivo per escludere che la diversit di disciplina adottata per regolare situazioni div~rse si 1ponga in contrasto col principio di e.guaglianza. Non ha poi, ad avviso della Corte, maggior pregio la censura secondo cui il principio di eguaglianza sarebbe violato per la irrazionalit che vizierebbe la imposizione di cui all'art. 125 lel testo unico delle leggi sanitarie, che prevede il prezzo fisso per i medicinali e che stato det- tato dalla opportunit di sottrarre questo delicato settore alla concorrenza, e quindi ad eventuali ribassi di prezzo, nel timore che questi ultimi potessero in qualche modo influire sulla qualit dei prodotti e, di conseguenza, .sulla salute pubblica. Ed invero, mentre agevole rinvenire una sostanziale coincidenza di fini fra le disposizioni ora menzionate, poich entrambe tendono, sia pure attraverso mezzi diversi, alla tutela della salute pubblica, non potendosi certo dubitare che tale sia lo scopo anche dello sconto in esame, devesi ritenere che la disposizione sullo sconto non si pone, comunque, in contrasto cn l'esigenza rappresentata dal citato art. 12.5, poich trattasi di sconto non rimesso alla discrezionalit del fabbricante, ma disposto con legge per i fini di finanziamento della mutualit e, quindi, operante PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 909' in un campo del tutto diverso da quello nel quale invece destinato ad incidere il citato art. 125. 3. -Devesi ora procedere alla trattazione della questione sollevata in relazione alla presunta violazione del principio della capacit contributiva di cui all'art. 53 della Costituzione, data l'infl.uenz~ che le considerazioni da svolgere al riguardo, posso;no avere circa la soluzione di talune delle altre questioni prospettate. ~a illegittimit, sotto il detto profilo, stata sostanzialmente dedotta sulla base di argomentazioni tendenti a dimostrare la eccessivit dello sconto imposto a carico dei produttori, che inciderebbe in misura percentualmente eguale su tutte le aziende, indipendentemente dalla loro potenzialit economica e dalla proporzione delle vendite dei prodotti soggetti allo sconto e,, comunque, finirebbe col compromettere la redditivit delle aziende. Questa tesi stata sostenuta altres da considerazioni relative al sistema di determinazione dei prezzi dei medicinali da parte del CIP (Comitato interministeriale prezzi), in base alle quali si afferma che, in concreto, il detto organo non potrebbe tener conto della illlcidenza dello sconto, sia perch il prezzo dovrebbe essere riferito esclusivamente ai costi di produzione dei medicinali, e quindi indipendentemente da un fattore estrinseco e successivo quale lo sconto ex lege, sia perch, comunque, non potrebbe conoscersi reffettiva incidenza dello sconto sull'economia dell'azienda, se non in relazione all'effettivo volume delle vendite, sia perch, a tutto concedere, l'imposizione dovrebbe essere riferita alla capadt contributiva attuale dell'azienda, e non a quella che potrebbe risultare da eventuali e futuri correttivi operati sui prezzi, che concorrerebbero a modificare la situazione economica solo successivamente, e di non poco, all'assoggettamento delle imprese allo sconto. Occorre anzitutto ricordare, con riguardo alle obbiezioni mosse dall'Avvocatura dello Stato e dalla difesa degli istituti mutualistici, circa l'applicabilit nella specie della invocata norma costituzionale e riferite alla asserita natura non tributaria dell'imposizione in discorso, che appunto escluderebbe l'operativit del principio della capacit contributiva, che questa Corte con la sentenza n. 70 del 1960, dopo avere riconosciuto nello sconto la sostanza di un sacrificio pecuniario derivante dalla privazione di una parte dell'utile altrimenti spettante ai produttori, che si traduce in prelievo di ricchezza a Carico dei soggetti ed a favore di enti pubblici, istituito con atto dell'autorit e senza il concorso del soggetto passivo, ne ha ravvisato la natura giuridica di prestazione patrimoniale ai sensi dell'art. 23 della Costituzione. Questa Corte inoltre con la sentenza n. 92 del 1972, occupandosi dello sconto sulla vendita dei medicinali 1mposto dalla stessa norma ora denunziata a carico di farmacisti, ha ritenuto applicabile in materia il 910 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO citato art. 53 Cost. espressamente riconoscendo la conformit delle norme al sistema delle leggi tributarie quando prevede che l'intera obbligazione di sconto ricade in primo tempo e luogo sul farmacista, salvo successiv,a rivalsa sul produttore ed altrettanto esplicitamente ravvisando un evidente parallelismo fra la situazione del farmacista e quella del sostituto d'imposta, rispondente a criteri di tecnica tributaria, basati sulla finalit di agevolare l'accertamento e la riscossione dei tributi . Ed appena il caso di aggiungere che l'imposizione dello sconto trova piena analogia in quella serie di prestazioni coattive che sono imposte per sopperire ai fini pubblici riservati allo Stato o affidati ai suoi organi speciali o ad enti che Io Stato stesso crea o riconosce per il conseguimento dei fini stessi, essendo evidenti la sussistenza del fine pubblico, quale appunto la tutela della salute, anche se riferita ad una individuata categoria di soggetti: la destinazione del provento ad enti pubblici, nonch la coattivit della prestazione, che si concreta nel diritto alla riscossione dell'tmporto dello sconto da parte dell'ente e che, sostanzialmente, si atteggia come un vero e rprorprio contributo, promanante direttamente dalla leg.ge. Non vi dubbio, quindi, che nella specie si versi In materia regolata dall'art. 53 della Costituzione. Peraltro, la questione infondata nel merito.. Questa Corte, occupandosi di analoga questione sollevata proprio in relazione alla lamentata eccessivit degli sconti imposti ai farmacisti, con la citata sentenza n. 92 del 1972 ha gi ritenuto che per capacit contributiva deve intendersi l'idoneit soggettiva all'obbligazione d'imposta deducibile dal :presupposto al quale la prestazione collegata, senza che spetti al giudice della legitUmit delle leggi valutare e determinare, in funzione dell'art. 53. Cast., l'entit e la proporzionalit dell'onere tributario imposto, trattandosi di compito riservato al legislatore, salvo il controllo di legittimit sotto il profilo dell'assoluta arbitrariet o irrazionalit delle norme . Applicando anche al caso in esame il riferito principio, ne segue che precluso alla Corte, sia quell'esame analitico delle varie componenti della situazione economica delle aziende in funzione della incidenza dello sconto sui loro bilanci, pur cosi diffusamente compiuto dalla difesa delle societ produttrici e che riflette precipuamente la valutazione del margine di utile loro spettante in relazione al calcolo delle componenti del prezzo nella determinazione che ne effettua l'organo competente; sia, a maggior ragione, la valutazione della situazione economica generale del settore e particolare delle singole aziende. Ed invero, non pu negarsi, nella specie, la realt del presupposto del tributo, identificabile nella concreta esistenza del 1prezzo di vendita, mentre la misura dell'obbligazione appare conforme al precetto costituzionale, perch rapportata PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 911 percentualmente al presupposto stesso di cui rappresenta una funzione, e risulta cos direttamente da esso deducibile. certamente possibile che dal maggiore o minore equilibrio del rapporto fra tali elementi nascano, in pratica, conseguenze di natura economica afferenti la redditivit delle imprese, e quindi la loro stessa funzionalit, ma trattasi di elementi che, giusta il criterio di massima sopra richiamato, sfuggono al controllo di legittimit costituzionale, riflettendo un giudizio sulla equit ed opportunit della legge che andrebbe ad incidere nel campo riservato all'esclusivo apprezzamento del legislatore, il quale, del resto, ne assume ovviamente piena e intera responsabilit politica. 4. -La difesa delle imprese ha particolarmente insistito, a questo proposito, sull'impossibilit di apportare un correttivo alla gravezza della imposizione in sede di determinazione del prezzo base dei medicinali, da parte del CIP e, per questa via, ha prospettato la irrazionalit del sistema collegando casualmente la presunta illegittimit della norma impugnata alla circostanza che essa si inserirebbe in un sistema di determinazione dei prezzi che renderebbe arbitraria ed irrazionale la disciplina legislativa. Ma, anzitutto, si deve osservare che, nella interpretazione che ne stata fornita dalla giurisprudenza di questa Corte, e da quella ordinaria, non dato rinvenire elementi che suffraghino la lamentata impossibilit di valutare la incidenza dello sconto sulla situazione economica delle aziende ai fini della' determinazione del prezzo, e rivelino cos la presenza del vizio lamentato, ed anzi dato desumere il contrario. L'art. 2 del d.1.1. n. 3163 del 1946, si limita infatti a prevedere genericamente una fase istruttoria del procedimento di determinazione dei prezzi, affidato alla Commissione centrale prezzi, che ha facolt di avanzare proposte al CIP e l'art. 13 del d.l.c.p.s. n. 896 del 1947 accenna all'accertamento dei costi delle merci, dei servizi e delle prestazioni che il CIP pu affidare ad ispettori all'uopo nominati, che hanno facolt di prendere in esame registri, libri e corrispondenza delle imprese interessate, oltre che ad indagini, accertamenti e rilievi che lo stesso Comitato pu richiedere ad uffici statali, ai fini dell'espletamento del suo compito istituzionale, che resta definito dall'art. 1 del d.1.1. n. 347 del 1944 nel coordinamento e nella disciplina dei prezzi e che si concreta (art. 4 dello stesso d.1.1.) nella facolt di determinare i prezzi di qualsiasi merce, in ogni fase di scambio, anche all'importazione ed alla esportazione, nonch i prezzi dei servizi e delle prestazioni, e modificare, se del caso, quelli gi fissati dalle competenti autorit. Questa disciplina legislativa, dettata dalla esigenza di unificazione e perequazione dei prezzi ai fini della tutela della stabilit della moneta e del valore reale dei salari, pur nella sua lata formulazione, prevede RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dunque una fase di accertamento di elementi obbiettivi, che si estende indubbiamente alla totalit dei fattori economici che incidono sui prezzi (sent. 103 del rn5,7). E la pur ampia discrezionalit del CIP richiede comunque l'uso dei -criteri tecnici il cui ambito, come pure questa Corte ha gi avuto occasione di affermare espressamente con la menzionata sentenza, segnato dall'accertamento del costo delle merci con un margine di utile . Ci vuol dire, anzitutto, che necessario che le attivit del CIP come ha riconosciuto ri.ipetutamente la giurisprudenza del Consiglio di Stato, si svolgano in forme tali da garantirne la piena legittimit attraverso l'osservanza dei criteri suddetti e med_iante l'emanazione di provvedimenti motivati congruamente, in modo da consebbligazione di sconto ricada, in primo tempo e luogo, sul farmacista, .salvo suci;:essiva rivalsa sul produttore. La questione di costituzionalit coerentemente sollevata in dipendenza di questa premessa interpretativa. Ci posto, la Corte esclude, tuttavia, che si tratti di disposizione anomala, divergente dal sistema delle leggi tributarie. Al contrario, il sistema comporta ed ammette che, come riconosciuto in via generale dall'art. 14 del testo unico sulle imposte dirette, chi, in forza di disposizioni di legge, obbligato al pagamento della imposta, in luogo di altri, per fatti o situazioni a questi riferibili, ha diritto di rivalsa . La configurazone di sostituti d'imposta ., in luogo e vece di altri soggetti, con i quali intercorrano rapporti giuridico-economici, risponde a criteri di tecnica tributaria, basati sulla finalit di agevolare l'accertamento e la riscossione dei tri:buti. A tale fine, quei rapporti, di fronte ai beneficiari del tributo, vengono considerati in modo unitario, onde eliminare difficolt pratiche. Tale l'esempio fornito dalla situazione in esame, in cui, nell'ambito dei rispettivi rapporti tra le parti, la posizione del farmacista di fronte al rapporto interno con gli istituti ed enti beneficiari dello sconto, assume diretta e palese connessione, diversamente dalla posizione distaccata e meno evidenziata dei soggetti produttori dei medicinali di provenienza. Il che spiega e giustifica la concentrazione dell'obbligo di prestazione in unico soggeto, salvo a questi regolare successivamente, dal lato esterno al suaccennato rapporto con enti ed istituti, il suo personale stato creditorio. 3. -Questi concetti vanno ora .integrati con le seguenti considerazioni, particolarmente attinenti all'art. 53 della Costituzione di cui si denunciata la violazione. Si assume che il collegamento tra imposizione e capacit contributiva viene qui ad essere distorto, per effetto della dilatazione del carico tributario, con alterazione in eccesso del risultato quantitativo. Ma l'as .3 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sunto non considera, nel suo preeiso contenuto, il concetto di capacit contributiva, quale delineato uniformemente nella giurisprudenza di questa Corte (sentenze n. 45 del 1964; nn. 16 e 50 del 1965; n. 89 del 1966; n. 97 del 1968). Per capacit contributiva deve intendersi l'idoneit soggettiva alla obbligazione d'imposta, deducibile dal presupposto al quale la prestazione collegata. Questo collegamento ad un presupposto condiziona esclusivamente, e nello stesso tempo _esaurisce, il riconoscimento di detta idoneit. Ci senza che spetti al giudice della legittimit delle leggi valutare e detevminare, in funzione dell'art. 53, Cost., l'entit e la proporzionalit dell'onere tributario imposto, trattandosi di compito riservato_ al legislatore (sentenze n. 89 del 196-6; n. 124 del 1971): salvo .il controllo di legittimit sotto il pro-filo dell'assoluta arbitrariet o Irrazionalit delle norme, i!potesi da escludersi nel caso in esame per le ragioni spiegate al numero precedente. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 18 maggio 1972, n. 94 -Pres. Chiarelli - Rel. Benedetti -Presidente Regione Siciliana (avv. Sorrentino, Virga) c. Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Savarese). Sicilia -Tributi do~anali -Riscossione delle risorse proprie della Comunit economica europea -Modifica dei capitoli di bilancio -Conflitto di attribuzione -Inammissibilit. (Cost., art. 134; d.P.R. 16 aprile 1971, n. 321). inammissibile per tardivit il ricorso per confiitto di attribuzione proposto dal Presidente della Regione Siciliana contro la circolare 22" marzo 1971, n. 155 del Ministero delle Finanze, sulla istituzione di nuovi capitoli di bilancio per la riscossione dei tributi propri della Comunit. economica europea, in attuazione del d. P. R. 16 aprile 1971, n. 321 (1) (1) La questione era stata sottoposta aH'esame della Corte per conflitto di attribuzione sorto a seguito della circolare 22 marzo 1971, n. 155 del Ministero delle Finanze avente ad oggetto istituzione di nuovi capitoli di entrate e modifica alla ,denominazione di altri capitoli nel corrente esercizione finanziario 1971 . La decisione ripropone il problema suH'ammissibilit delle impugnative di atti esecutivi rispetto ad altri non impugnati. Per i precedenti in materia della Corte, vedasi Foro it. 1972, I, 1920. . PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 919 CORTE COSTITUZIONALE, 18 maggio 1972, n. 96 -Pres. Chiarelli - Rel. Crisafulli -Presidente Regione Siciliana (avv. Sansone, Villari) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Savarese). Sicilia -Composizione dei comitati provinciali e regionali I.N.P.S. Mancata rappresentenza della Regione -Illegittimitcostituzionale. (St. Reg. Sic. art. 17 lett. f, 20; d.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, artt. 34, 33). Sono costituzionalmente illegittimi gli articoli 34 e 33 del decreto del Presidente della Repubblica 30 aprile 1970, n. 639:, nella parte in cui non prevedono, rispettivamente, che l'amministrazione regionale siciliana sia rappresentata in seno ai comitati provinciali e regionali dell'INPS (1). (Omissis). -Considerato: che gli artt. 17, lett. f), e 20 dello Statuto della Regione siciliana attribuiscono alla Regione stessa potest legislativa e amministrativa in materia di previdenza ed assfatenza ~ociale ; che, in -Ottemperanza a tali norme statutarie, l'art. 4 del d. P. R. giugno 1952., n. 1rns, nell'operare il trasferimento alla Regione del i;:reto esercizio delle funzioni amministrative in detta materia, sta ~e espressamente che l'Amministrzione regionale sia rappresentata organi locali degli enti ed istituti pubblici esplicanti attivit in rientranti; .tra questi enti compreso l'Istituto nazionale della !'evidenza ' ordine al quale, tuttavia, l'art. 34 del decreto legislativo n. 639, 'i,nare la composizione dei relativi Comitati provinciali, omette e in seno ad e'ssi la rappresentanza della Regione; .rappresentanza non potrebbe ritenersi .in alcun modo assiiJD una tesi dubitativamente prospettata dalla difesa .dello ttori degli Uffici provinciali del lavoro e della massima ~uanto chiamati ad esercitare, nella Regione, anche funi, all'uopo posti alle dipendenze della Regione, giacch, ~,gni altra considerazione di ordine pi generale, nella \gli Uffici provinciali del lavoro partecipano ai comi'\ le ed istituzionale fig1,1ra di organi dell'Aniministra e era stata sollevata dalla stessa Corte Costituzionale ~ iO novembre 1971, n. 181 (Gazz. Uff. 22 dicembre 1971, n. 323). _ coeva sentenza 18 maggio 1972, n. 97, la Corte ha poi annullato, ..ede di conflitto di attribuizione, sei decreti di costituzione dei comitati provinciali I.N.P.S., senza la rappr.esentanza della Regione. Vedi, ora, la legge 11 agosto 1972, n: 466, che colma la lacuna aperta dalla sentenza in rassegna. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 920 zione statale di cui fanno valere gli interessi, che potrebbero anche, in ipotesi, essere in conflitto con quelli dell'Amministrazione regionale; che deve pertanto essere dichiarata l'illegittimit costituzionale dell'art. 34 del decreto legislativo n. 639 del 1970, limitatamente alla sua applicazione nella Regione siciliana e nella parte in cui omette di prevedere, e quindi esclude, che la Regione stessa sia rappresentata nei Comitati provinciali dell'INPS, e la pronuncia va estesa, in applicazione dell'art. 27 della I. 11 marzo 1953, n. 87, al precedente art. 33, relativo al Comitato. regionale per la Sicilia, che, per identici motivi ed entro i medesimi limiti, contrasta del pari con la competenza costituzionalmente attribuita in materia alla Regione. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 18 maggio 1972, n. 98 ~ Pres. Chiarelli - Rel. Crisafulli -Commissario dello Stato per la Regione siciliana (Sost. avv. gen. dello Stato Savarese) c. Presidente Regione siciliana (avv. Ottaviano). Sicilia -Legge regionale -Modalit di pagamento dell'IGE -Illegittimit costituzionale. (St. Reg. Sic. art. 17; 1. reg. 24 marzo 1972). costituzionalmente illegittima la legge regionale siciliana 24 marzo 1972, recante modalit di pagamento dell'imposta generale sull'entrata afferente a fattispecie tribut.arie maturate nel territorio della Regione (1). (1) La questione era stata sottoposta all'esame della Corte a seguito di ricorso del Commissario dello Stato per la Regione Siciliana contro la legge approvata dall'Assemblea regionale siciliana nella seduta del 24 marzo 1972 recante Modalit di pagamento dell'imposta generale sull'entrata affer.ente a fattispecie tributarie maturate nel territorio della Regione . Per le decisioni citate in motivazione (n. 9 del 1957 e n. 14 del 1962) vedasi Foro it., 1957, I, 340; id. 1962, I, 1061, vedi, anche, Corte cost. 21 giugno 1971, n. 138, in questa Rassegna, 1971, I, 1,965). CORTE CO$TITUZIONALE, 15 giugno 1972, n. 102 -~res. Chiarelli - Rel. Reale -Orlandi (n. c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Savarese). Procedimento penale -Misura di sicurezza detentiva -Trattenimento in carcere del condannato -Illegittimit costituzionale -Esclusione. (Cost., art. 13; c.p.p. art. 633, terzo comma). Non fondata, con riferimento alla tutela della libert personale, la questione di legittimit costituzionale dell'art. 633 codice di proce PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 921 dura penale, relativa al trattenimento in carcere del condannato ad una misura di sicurezza detentiva, ancorch abbia gi espiato la pena (1). (Omissis). -2. -Secondo la prospettazione dell'ordinanza la legittimit dell'art. 633, terzo comma, del c.p.p. posta in dubbio sul presupposto che ne venga integrata la disposizione con la norma regolamentare che risulta dettata dal Governo, con il procedimento e con la forma propria della normazione secondaria regolamentare, di cui all'art. 7 della 1. n. 100 del 1926 (sent. n. 40/1970; 72 e 91/1968 di questa Corte), al fine di stabilire le concrete modalit esecutive del trasferimento del condannato dall'istituto di pena ad una casa di lavoro o ad una colonia agricola. Ma dalla stessa prospettazione risulta chiaramente il vizio che ne inficia la correttezza logici-giuridica. principio generale, infatti, non essere consentito all'interprete df identificare il contenuto di una norma di legge sulla scorta di disposizioni aventi, secondo 'ia gerarchia delle fonti del diritto positivo (art. 1 Disp. sulla legge in generale), valore inferiore e secondario; disposizioni, cio, che non possono contenere norme contrastanti con quelle della legge (art. 4, primo comma, Disp. cit.). Al contrario, alla legge devesi riconoscere, nell'ordinamento, posizione gerarchica e funzione prevalente, che la pone quale dato inderogabile di raffronto ai fini della conformit ad essa della norma regolamentare. perci da escludersi il giudizio sulla costituzionalit della legge per una asserita illegittimit del contenuto della norma regolamentare, anche se emanata per l'esecuzione della legge medesima. Orbene, limitando l'esame al solo comma terzo dell'art. 633 c. p. p., in relazione al quale lo stesso giudice a quo non ha enunciato autonome censure, evidente che questa norma, nella genericit della sua formulazione, non risulta in contrasto col precetto costituzionale dell'art. 13. E ci in quanto ne esula il significato che, come si rilevato, si pretende desumere dalla concessione, erroneamente supposta, con la norma di cui all'art. 266, secondo comma, seconda parte, del citato Regolamento; il significato cio che, se la persona sottoposta a misura di sicurezza preventiva sia gi detenuta in espiazione di pena in uno stabilimento ordinario, vi debba rimanere, anche a pena espiata, fin. quando l'Autorit di pubblica sicurezza non la prelevi per l'internamento altrove. (Omissis). (1) La questione era stata sottoposta all'esame della Corte con ordinanza emessa il 31 marzo 1970 dal pretore di Voltri sull'incidente di esecuztone proposto da ORLANDI MAURO (Gazzetta Uff. n. 143 del 10 giugno 1970). 922 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE COSTITUZIONALE, 15 giugno 1972, n. 103 -Pres. Chiarelli Rei. Verzl -Presidente Consiglio de'i Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Savarese) c. Presidente Regione Marche (n. c.). Regione -Regione Marche -Approvazione del conto consuntivo per il 1970 -Illegittimit costituzionale. (Cost., art. 125, 119; 1. reg. 24 novembre 1971). costituzionalmente illegittima la legge della Regione Marche 24 novembre 1971, sull'approvazione del conto generale dell'amministrazione regionale per l'esercizio 19:70 (1). (1) La questione era stata sottoposta all'esame della Corte con ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri contro la legge regionale 22 luglio 1971, riapprovata dal Consiglio regionale delle Marche il 24 n9vembre 1971, recante Approvazione del conto general dell'Amministrazione regionale per l'esercizio 1970 . Slle conseguenze della mancata istituzione della Commissione di controllo, vedasi Corte cost. 1 marzo 1972, n. 36 in questa Rassegna, 1972, I, 179. CORTE COSTITUZIONALE, 15 giugno 1972, in. 104 -Pres. Chiarelli - Rel. De Marco -Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Carafa) c. Presidente Regione Siciliana (avv. Jemolo, Orlando-Cascio). Corte Costituzionale -Giudizi per conflitto di attribuzione -Pubblicazione del provvedimento impugnato meramente facoltativa Irrilevanza sul termine del ricorso -Inammissibilit. (Cost., art. 134; 1. 11 marzo 1953, n. 87, art. 39; r.d. 17 agosto 1907, n. 642, art. 2). Sicilia -Concessione di impianti di raffinazione oli minerali -Conflitto di attribuzione con lo Stato -Appartenenza del potere alla Regione. (St. Reg. Sic., art. 14, lett. d, 20). Nei giudizi per conflitto di attribuzione, dovendosi applicare il regolamento di procedura davanti al Consiglio di Stato, non rilevante, ai fini della identificazione del dies a quo per l'impugnativa, la pubblicazione del provvedimento, per estratto, sulla Gazzetta Ufficiale della Region, non prescritta da alcuna legge o regolamento, ma meramente facoltativa (1). (1) La questione era stata sottoposta all'esame della Corte con ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri, notificato il 21 dicembre 1971, per conflitto di attribuzione fra lo Stato e la Regione siciliana sorto a seguito del decreto 21 maggio 1971, n. 537, con il quale l'Assessore per l'industria e il commercio aveva concesso alla ISAB S.p.A. di installare PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 923 Spettano alla Regione Siciliana i poteri relativi alla materia della concessione di impianti ed esercizio di raffinerie di oli minerali (2). (Omissis). -1. -In via pregiudiziale occorre esaminare la eccezione di tardivit del ricorso sollevata dalla Regione. Al riguardo si rileva : Ai sensi del secondo comma dell'art. 39 della legge 11 marzo 1953, n. 87, i ricorsi per conflitto di attribuzione tra Stato e Regioni e tra Regioni e Stato e altre Regioni debbono essere proposti nel termine di sessanta giorni a decorrere dalla notificazione o pubblicazione ovvero dall'avvenuta conoscenza delratto impugnato. Per il precedente art. 22, poi, nel procedimento davanti alla Corte costituzionale (esclusi i procedimenti e giudizi di accusa) si osservano, in quanto applicabili, le norme del regolamento di procedura per il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale. In materia di pubblicazione di atti o provvedimenti amministrativi, l'art. 2 di tale regolam.ento (approvato con r.d. 17 agosto 1907, n. 642) dispone testualmente: Qualora si pretende che Uil1 atto o provvedimento amministrativo offenda interessi di individui o di enti giuridici, i quali non essendo direttamente con~emplati nell'atto o provvedimento medesimo non ne abbiano avuto notificazione nelle forme prescritte dagli articoli seguenti, il termine per ricorrere alle sezioni giurisdizionali decorre dal giorno della pubblicazione di un estratto di quell'atto o provvedimento nella Gazzetta Ufficiale (del regno) o nel Bollettino degli annunzi' legali per la provincia . e gestire nel Cbmune di Melilli un impianto per la raffinazione di oli minerali. La Corte costituzionale, con sentenza 16 luglio 1968, n. 105 (in questa Rassegna, 1968, I, 1, 879) aveva chiarito .che il termine per la proposizione del ricorso per conflitto di attribuzione da parte dello Stato contro atti regionali va riferito esclusivamente all'organo legittimato a proporlo, cio al Presidente del Consiglio dei Ministri, a nulla rilevando la pregressa conoscenza dell'atto da parte della Corte dei conti e dell'Avvocatura dello Stato, le quali non possono considerarsi incorporate nella Presidenza del Consiglio dei Mini:stri. Con sentenza 16 dicembre 1960, n. 74, in Foro it., 1961, I, 378, il Giudice costituzionale aveva stabilito .che nell'impugnativa per conflitto di attribuzione da parte dello Stato di un decreto del Presidente della Regione (siciliana), non riferentesi in akun modo allo Stato stesso e, quindi, non soggetto a specifica notificazione, il termine per ricorrere decorreva dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale regionale. In applicazione del principio generale di diritto processuale secondo cui l'atto che pu formare oggetto di impugnazione deve essere portato a conoscenza del soggetto, cui la legge attribuisce la potest di agire, il termine per proporre ricorso per conflitto di attribuzione fra Stato e Regione e fra Regioni, avanti la Corte costituzionale, decorre, fuori dalle RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 924 Che l'atto impugnato nella specie, anche se adottato con la forma di decreto assessoriale, sia un semplice atto amministrativo (concessione) e non di governo non contestato. Poich lo Stato non vi direttamente contemplato, non doveva essergli notificato. stato, per, pubblicato, non risulta se d'ufficio o a richiesta di inte ressato, nella Gazzetta Ufficiale della Regione, seconda parte. Per l'art. 15 delle Norme di attuazione dello Statuto speciale per la Regione siciliana, adottate con d.l.c.p.s. 2.5 marzo 1947, n. 204, nella seconda parte della Gazzetta Ufficiale di detta Regione debbono essere pubblicati gli annunzi e gli avvisi prescritti dalle leggi e dai regola menti vigenti nella Regione e, su richiesta degli interessati, gli annunzi e gli avvisi di cui obbligatoria la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica. Non risulta che ci sia legge o regolamento regionale da cui quella pubblicazione fosse prescritta. Deve, dunque, ritenersi che si tratti di una pubblicazione non obbli-' gatoria ma facoltativa, alla quale, per ovvie considerazioni, non pu attribuirsi l'effetto contemplato nel sopra trascritto art. 2 del regolamento di procedura per il Consiglio di Stato. Non pu, in conseguenza, ritenersi che il termine per l'impugnativa in esame dovesse decorrere da quella pubblfoazione, ma deve, invece, ipotesi di pubblicazione imposta da una specifica norma, dalla notifi.cazione o dalla conoscenza del provvedimento riferite agli organi legittimati alla proposizione del ricorso (Presidente del Consiglio dei Ministri, Presidente della Giunta regionale). Siffatto orientamento, gi delineato con sentenza 30 dicembre 1958, n. 82, in Giur. cost., 1958, 1003, rimane attualmente confermato; nell'ipotesi di specie era stato, poi, adottato, con la forma del . decreto assessoriale, un atto di concessione avente natura amministrativa e non di governo, nel quale lo Stato non era contemplato; atto non soggetto per espressa disposizione normativa a pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della regione. (2) Riprendendo i concetti gi enunciati nella gi citata sentenza n. 82 del 1958, la Corte ha confermato il principio secondo cui essendo la specifica materia regolata dal d.l. 2 novembre 1933, n. 1741, conv. nella legge 8 febbraio 1934, n. 367 e dal regolamento approv;lto con r.d. 20 luglio 1934, n. 1303, contenenti soprattutto norme di prevenzione per la pubblica incolumit ed evasioni fiscali, non necessario che la Regione provveda a previi accordi anche con il Ministro per l'industria e commercio. auspicabile che de iure condendo si tenga conto della necessit di siffatti accordi, .posto che la materia degli idrocarburi da considerarsi di preminente interesse nazionale, soggetta a programmazione generale, suscettibile di regolamentazioni comunitarie in via di elaborazione; alle quali lo Stato a doversi uniformare. Per una disciplina del genere, sempre in tema di impianti di distributori di carburanti, cfr. la successiva sentenza della Corte 27 luglio 1972, n. 151, di cui infra. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 925 riconoscersi che dovesse decorrere da quello della conoscenza che il Presidente del Consiglio ne ha avuto attraverso la nota del Ministero dell'industria e commercio del 21 ottobre 1971, in atti depositata, rispetto alla quale il ricorso risulta tempestivo. N pu in contrario invocarsi la sentenza n. 74 del 1960 di questa Corte, perch l'atto che formava oggetto del giudizio con tale sentenza definito -decreto del Presidente della Regione di annullamento d'ufficio per motivi di interesse pubblico di un provvedimento amministrativo definitivo -era un decreto del Governo regionale, la cui pubblicazione nella prima parte della Gazzetta Ufficiale della Regione prescritta espressamente dal sopra citato art. 15 del d.l.c.p.s. n. 204 de.I 1947. L'esaminata eccezione risulta, pertanto, infondata. 2. -Nel merito il ricorso infondato. La qtJestione circa il trasferimento all'Assessore per l'industria e commercio della Regione siciliana dei poteri relativi alla materia della concessione di impianto ed esercizio di raffinerie di oli minerali gi stata sottoposta all'esame di questa Corte, sotto il profilo che, allo stato della legislazione, non fosse configurabile un concerto tra Assessore regionale e Ministro e che, quindi, dovendo la potest del Ministro per l'industria e commercio in materia essere esercitata di concerto con il Ministro per le finanze ed, eventualmente, con il Ministro per la marina mercantile, le competenze dei quali non erano state trasferite alla Regione, non potesse ammettersi la possibilit giuridica per l'Assessore all'industria e commercio della Regione di provvedere. Ma questa Corte, con sentenza 18 dicembre 1958, n. 82, respinse tale tesi, in sostanza, affermando: 1) che la materia tuttora disciplinata soltanto dal decreto-legge 2 novembr 1933, n. 1741 (conv. nella legge S. febbraio 1934, n. 367) e dal relativo regolamento approvato con r.d. 20 luglio 1934, n. 1303; 2) che non possono porsi ai poteri attribuibili alle Regioni da norme costituzionali limiti che non siano costituzionalmente giustificati; 3) che l'esigenza del concorso nell'emanazione del provvedimento, voluto dalla legge, di altre Amministrazioni centrali dello Stato, i cui poteri non siano stati trasferiti alla Regione, pu ben essere manifestato senza la forma tilpica del concerto, mediante accordi tra Stato e Regione. Nel caso in esame, l'Assessore regionale, uniformandosi scrupolosamente alla citata sentenza, come risulta dalla premessa dell'impugnato decreto, prima di emetterlo, ha ottenuto il consenso non soltanto del Ministro per le finanze e di quello per la marina mercantile, ma anche dello Stato Maggiore della Difesa e di tutti gli organi statali, che, ai sensi del regolamento n. 1303 del 1934 possono avere interesse, anche indiretto, nella materia. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO A sostegno del gravame viene, perci, prospettata una nuova tesi che, logicamente, dovrebbe condurre alla negazione di ogni competenza in materia da parte della Regione, ma che, in concreto, sembra limitata alla richiesta che la Regione 'Provveda previo accordo anche col Ministro per l'Industria e Commercio. Come si esposto in narrativa, infatti, si sostiene: -che la materia degli idrocarburi e degli impianti che li concernono di innegabile, preminente interesse nazionale; -che, pertanto, deve formare oggetto di una programmazione globale, che abbracci tutto il territorio nazionale, anche ai fini di una organica e funzionale collocazione territoriale degli impianti; -che la materia presenta anche una notevole rilevanza nei rapporti con il MEC tanto che in corso l'elaborazione di un regolamento, al quale l'Italia, quale membro della Comunit, dovrebbe uniformarsi. Anche questa tesi, peraltro, risulta completamente destituita di giuridico fondamento. Come stato affermato anche nella sopra citata sentenza n. 82 del 19'518, la competenza attribuita in materia alla Regione dal relativo Statuto trova limiti soltanto nelle leggi costituzionali dello Stato. A tutt'oggi, sul piano della leg.islazione, la materia disciplinata soltanto dal d.l. n. 1741 del 19'33 e relativo regolamento, che non hanno certo carattere di leggi costituzionali. Per giunta, tale disciplina ha chiaramente per oggetto soprattutto la sorveglianza diretta ad evitare ~vasioni fiscali e la garanzia della pubblica incolumit. Ne consegue che le deduzioni dell'Avvocatura dello Stato, pur apprezzabili, in senso astratto e forse anche de jure condendo, non hanno in atto alcuna base concreta sul piano legislativo ordinario e tanto meno su quello costituzionale. Non si possono, pertanto, in base ad esse disapplicare norme che, invece, come s1 e posto pi volte in rilievo hanno indiscusso carattere costituzionale. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 15 giugno 1972, n. 105 -Pres. Chiarelli - Rel. Crisaf~li -Pasiiii (avv. Amigoni), Galli (avv. Sorrentino e Bovio). Stampa -Riposo settimanale degli addetti -Fissazione obbligatoria tra la domenica e il luned -Illegittimit costituzionale. (Cost., art. 21; I. 22 febbraio 1934, n. 370; artt. 13, 14, 22, 23, 24, 25, 26, 28). Sono costituzionalmente illegittime, con riferimento aUa libertd di manifestazione del pensiero, le disposizioni della l. 22 febbraio 1934, PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 927 -n. 370 che fissano obbligatoriamente il riposo settimanale degli addetti alle aziende editrici di giornali fra le ore 13 della domenica e le ore 14 del luned (1). (Omissis). -3. -Agiudizio della Corte, le disposizioni fin qui ricordate sono tra loro interdipendenti, formando nel loro insieme un sistema unitario che conduce -obiettivamente -al risultato di impedire, dalle ore 13 della domenica alle 12 del lunedl, la libera diffusione e circolazione delle notizie e delle opinioni, sia a mezzo della stampa periodica, sia attraverso altri mezzi equipollenti, eccezion fatta per il mezzo radiofonico (oggi, radiotelevisivo). Tuttavia, poich alcune tra esse, e specificamente gli artt. 13 e 14, appaiono rivolte al fine primario di garantire che il riposo settimanale dei dipendenti dalle agenzie giornalistiche e similari abbia sempre e necessariamente luogo la domenica, deve essere qui preliminarmente rilevato che una siffatta rigida disciplina non potrebbe, oggi, ritenersi imposta dal principio costituzionale che tutela il diritto (irrinunciabile) dei lavoratori al riposo settimanale (oltre che alle ferie annuali). Nessun accenno alla domenica o ad altro giorno determinato si rinviene, infatti, nel terzo comma dell'art. 36, che -come questa Corte ha gi avuto occasione di affermare nelle sentenze n. 150 del 1967 e n. 146 del 1971 -si limita ad enunciare il principio del riposo settimanale, senza regolarne l'esercizio e senza prescrivere, per tutte le possibili ipotesi, una rigorosa periodicit. Sgombrato cos il campo dell'indagine da insussistenti esigenze di rispetto dell'art. 36, la cui attuazione bene pu assumere, invece, forme pi elastiche e comunque differenziate secondo la varia natura propria di ciascuna attivit, deve riconoscersi per il particolare regime dettato per la stampa periodica, per le agenzie di notizie ed altrettanti mezzi ,di diffusione del pensiero contrasta con l'art. 21 Cost., che solennemente proclama uno tra i principi caratterizzanti del vigente ordinamento democratico, garantendo a tutti il diritto di manifestare liberamente (1) La questione era stata sottoposta all'esame della Corte con ordinanze: 30 novembre 1970 del pretore di Trieste (Gazzetta Uff. n. 42 del 17 febbraio 1971); 31 dicembre 1970 del pretore di Bari (Gazzetta Uff. n. 99 del 21 aprile 1971); 18 marzo 1971 del pretore di Bologna (Gazzetta Uff. n. 151 del 16 giugno 1971); 5 aprile 1971 del pretore di Napoli (Gazzetta Uff. n. 170 del 7 luglio 1971), 6 agosto 1971 del pretore di Milano (Gazzetta Vff. n. 323 del 22 dicembre 1971); 30 settembre 1971 del pretore di Torino (Gazzetta Uff. n. 23 del 26 gennaio 1972). Per pcrecedenti giurisprudenziali e dottrinali relativi, in ispecie, alla tutela del riposo settimanale (art. 36, 3 comma, Cost.), all'art. 21 Cost., al .sequestro di giornale, vedasi Foro it. 1972, I, 1912. 928 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO il proprio pensiero ogni mezzo di diffusione e dettando per di prn ulteriori e specifiche norme a tutela della stampa, quale mezzo di diffusione tradizionale e tuttora insostituibile ai fini dell'informazione dei cittadini e quindi della formazione di una pubblica opinione avvertita 928 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO il proprio pensiero ogni mezzo di diffusione e dettando per di prn ulteriori e specifiche norme a tutela della stampa, quale mezzo di diffusione tradizionale e tuttora insostituibile ai fini dell'informazione dei cittadini e quindi della formazione di una pubblica opinione avvertita e consapevole. Naturalmente, che tutti abbiano diritto di manifestare il proprio pensiero con ogni mezzo, non pu significare che tutti debbano avere, in fatto, la materiale disponibilit di tutti i possibili mezzi di diffusione, ma vuol dire, pi realisticamente, che a tutti la legge deve garantire la giuridica possibilit di usarne o di accedervi, con le modalit ed entro i limiti resi eventualmente necessari dalle peculiari caratteristiche dei singoli mezzi o dalla esigenza di assicurare l'armonica coesistenza del pari diritto di ciascuno o dalla tutela di altri interessi costituzionalmente apprezzabili, giusta i criteri di cui questa Corte ha fatto applicazione in varie occasioni (sentenze n. 59 del 1960, n. 48 del 1964, n. 11 del 1968). 4. -Ora, come risulta dalla analitica espos1z10ne che se n' fatta qui sopra al punto 2, le disposizioni della legge del 1934, di cui questione, contengono una disciplina ispirata a criteri del tutto opposti rispetto a quelli innanzi precisati. Per un verso, e con particolare riguardo alla stampa periodica, determinano, infatti, un 'rigoroso sistema di limiti temporali alla diffusione, manifestamente eccedenti rispetto al fine di realizzare il riposo settimanale dei lavoratori addetti al settore ed in nessun modo giustificati da esigenze di tutela di interessi c9stituzionalmente rilevanti. Per altro verso, spingendosi oltre l'ambito della stampa periodica, giungono sino a inibire (art. 26, primo comma) l'uso di una serie indefinita di altri mezzi di diffusione al pubblico (quali potrebbero essere, ad esempio, notiziari parlati, filmati, ecc.) nel corso di un periodo di tempo press'a poco coincidente con quello durante il quale sospesa la pubblicazione dei giornali. Ne risulta perci, dal lato attivo, indebitamente compressa la libert di manifestazione (libert di dare e divulgare notizie, opinioni, commenti); e ne risulta altres menomato -dal punto di vista, invece, dei destinatari della manifestazione -l'interesse generale, anch'esso indirettamente protetto dairart. 21, alla informazione; il quale, in un regime di libera democrazia, implica pluralit di fonti di informazione, libero accesso alle medesime, assenza di ingiustificati ostacoli legali, anche temporanei, alla circolazione delle notizie e delle idee. 5. -L'accennato contrasto delle disposizioni denunciate con l'art. 21 Cost. ne comporta la declaratoria di illegittimit costituzionale, restando assorbiti gli altri profili dedotti nelle ordinanze. Fa eccezione il secondo PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 929 comma dell'art. 14, che si limita a stabilire le regol,e del riposo settimanale per turno nei confronti del personale addetto alla vendita dei giornali, in ordine al quale la questione di legittimit costituzionale deve dichiararsi non fondata. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 15 giugno 1972, n. 106 -Pres. Chiarelli - Rel. Mortati -Nieddu (n. c.). Reato -Reato e pena -Proscioglimento per totale infermit di mente Ricovero in manicomio giudiziario per un periodo minimo -Ille gittimit costituzionale -Esclusione. (Cost., art. 3; c.p. art. 222). Non fondata, con riferimento al principio costituzionale di eguaglianza, la questione di legittimit costituzionale dell'art. 222 codice penale, che stabilisce il periodo minimo di ricovero in manicomio giudiziario per l'imputato prosciolto per totale infermit di mente (1). (1) La questione era stata sottoposta all'esame della Corte con ordinanza emessa il 9 settembre 1971 dal giudice istruttore del Tribunale di Nuoro (Gazzetta Uff. n. 37 del 9 febbraio 1972). Per le precedenti decisioni sul problema di legittimit costituzionale della presunzione di pericolosit sociale (art. 204, primo e secondo comma, cod. pen.), Corte cost. 10 marzo 1966, n. 19 in Foro it.; 1966, I, 349, Corte cost. 9 giugno 1967, n. 68, idem 1967, I, 1366). Circa il contrasto dell'art. 224, secondo comma, cod. pen. con l'art. 3 Cost. nella parte in cui rende automatico il ricovero in riformatorio giudiziario di tutti i minori di anni 14, resi colpevoli di delitti, cfr. Corte cost. 20 gennaio 1971, n. 1, in questa Rassegna 1971, I, 1, 213. CORTE COSTITUZIONALE, 27 giugno 1972, n. 110 -Pres. Chiarelli - Rel. Trimarchi -Antinori (n. p.) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Carafa). Fallimento -Mancata audizione degli interessati da parte del Tribunale -Illegittimit ~ostituzionale. (Cost., art. 24; r.d. 16 marzo 1942, n. 267, artt. 147, 162, 195). Fallimento -Bancarotta semplice -Omessa tenuta dei libri contabili Illegittimit costituzionale -Esclusione. (Cost., art. 3; r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 217). 930 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Procedimento penale -Accertamento da parte del tribunale fallimen tare -Trasmigrazione nel processo penale -Illegittimit costitu zionale -Esclusione. (Cost., art. 24; c.p.p. artt. 19, 21). Sono costituzionalmente illegittime, per violazione del diritto di difesa, le seguenti disposizioni della legge fallimentare (r. d. 16 marzo 1942, n. 267): art. 147, comma primo, nella parte in cui non prevede l'obbligatoria convocazione in camera di consiglio dei soci illimitatamente responsabili, nei cui confronti produce effetti il falliment della societ; art. 162, comma primo, nella parte in cui non prevede analoga convocazione del debitore richiedente il concordato preventivo; art. 195, comma secondo, nella parte in cui non prevede analoga convocazione del debitore neiza procedura di accertamento dello stato di insolvenza per la liquidazione coatta amministrativa (1). Non fondata, con riferimento alL'art. 3 della Costituzione, la questione di legittimit costituzionale dell'art. 217, comma primo e secondo, della legge fallimentare, sul reato di bancarotta semrptice (2). Non fondata, con riferimento all'art. 24 della Costituzione, la questione di legittimit costituzionale degli artt. 19 e 21 codice di procedura penale, in base ai quali fanno stato, nel processo penale, gli accertamenti effettuati da parte del tribunale fallimentare (3). (Omissis). -3. -Sulla legittimit costituzionale dell'art. 147, comma primo, della legge fallimentare, e sempre con riferimento all'art. 24, comma secondo, della Costituzione, vengono avanzati dubbi dal tribu nale di Milano con l'ordinanza del 23 aprile 1970. Ad aviso del giudice a quo la dedotta illegittimit costituzionale risiederebbe nel fatto che la norma non prevede che siano personalmente sentiti o comunque pre viamente avvertiti i soci illimitatamente responsabili nei cui confronti produce effetto la sentenza che dichiara il fallimento della societ con soci a responsabilit illimitata. La Corte ritiene che in relazione alla norma in esame ed a fonda mento della pronuncia che di seguito viene adottata, valgono i motivi posti a base della citata sentenza n. 141 del 1970 nonch della sentenza (1) La questione era stata sottoposta all'esame della Corte con ordinanze emesse: il 13 febbraio 1970 dal Tribunale di Roma (Gazzetta Uff. n. 125 del 20 maggio 1970); il 16 aprile 1970 dal Tribunale di Potenza (G'azzetta Uff. 222 del 2 settembre 1970); il 23 aprile 1970 dal Tribunale di Milano (Gazzetta Uff. n. 106 del 28 aprile 1971); 1'11 marzo 1971 dal pretore di Siracusa (Gazzetta Uff. n. 163 del 30 giugno 1971); il 23 marzo 1971 dal Tribunale di Bologna (Gazzetta Uff. n. 259 del 13 ottobre 1971; il 24 giugno 1971 dal pretore di Verona (G'azzetta Uff. n. 297 del 24 novembre 1971); PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 931 n. 142 dello stesso anno (con cui stata dichiarata l'illegittimit costituzionale dell'art. 147, comma secondo, nella parte in cui non consente ai soci illimitatamente responsabili l'esercizio del diritto di difesa nei limiti .compatibili con la natura del procedimento di camera di consiglio prescritto per la dichiarazione di fallimento). La circostanza che. la norma dell'art. 15, di cui stata dichiarata l'illegittimit costituzionale nei sensi sopra detti, sia una norma di portata generale e quindi applicabile anche all'ipotesi del fallimento delle societ, non di ostacolo all'accoglimento della tesi sostenuta dal giudice a quo che per il primo comma dell'art. 147 il tribunale possa non sentire personalmente o non previamente avvertL~ i soci illimitatamente responsabili in quanto tali. Era in facolt ed ora, dopo la pubblicazione della sentenza n. 141 del 1970, obbligo del tribunale di disporre la comparizione dell'imprenditore in camera di consiglio per l'esercizio del suo diritto di difesa, e ci tanto se il debitore sia un imprenditore individuale quanto se lo stesso sia una societ. Ma in questo secondo caso, e nella specifica ipotesi di societ con soci a responsabilit illimitata, tuttavia vigente la norma denunciata che riguarda i soci illimitatamente responsabili in quanto tali, e non nella loro eventuale qualit di amministratori o liquidatori della societ. Giustamente il tribunale di Milano ritiene che in caso di fallimento di una societ con soci a responsabilit illimitata, non basti la convocazione dell'imprenditore collettivo in camera di consiglio prima della dichiarazione di fallimento, ovvero di alcuno dei soci aver>';i la rappresentanza della societ perch, qualora si operi in codesti modi, pu essere soddisfatto il diritto di difesa della societ, ma non quello di tutti i soci, soggetti personalmente al fallimento. Stante ci, la Corte dell'avviso che il diritto di difesa debba essere garantito anche nella prima fase della procedura fallimentare, sia pure compatibilmente con le finalit di tutela dell'interesse pubblico a cui essa preordinata, per dar modo ai soci illimitatamente responsabili di contrastare con l'eventuale ausilio di difensori, in confronto della societ e dei creditori istanti (ed a ciascuno dei soci in confronto degli altri), la veridicit dell'asserito stato di insolvenza e l'assoggettabilit all'esecuzione fallimentare. E conseguentemente ritiene che la norma denunciata sia illegittima costituzionalmente nella parte in cui non prevede che il 7 luglio 1971 dal pretore di Napoli (Gazzetta Uff. n. 311 del 9 dicembre 1971); il 2 luglio 1971 dal pretore di Mantova (Gazzetta Uff. n. 323 del 22 dicembre 1971); il 20 aprile 1971 della Corte di Appello di MHano (Gaz zetta Uff. n. 323 del 22 dicembre 1971). Per la dottrina cfr. NuvoLONE, Fallimento (nota), in Enciclopedia del diritto, 1967, XVI, 180; per qualche riferimento giurisprudenziale v. Foro it. 1972, I, 1902. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO prima della dichiarazione del fallimento della societ con soci a responsabilit illimitata, il tribunale debba ordinare la comparizione in camera di consiglio dei soci illimitatamente responsabili nei cui confronti produce effetto la detta sentenza. Ovviamente, gli atti che potranno essere compiuti nel rispetto del diritto di difesa riconosciuto ai soci illimitatamente responsabili, in concreto non potraqno non essere armonizzati con le esigenze di urgenza e tempestivit proprie della procedura fallimentare e con le finalit di giustizia, a cui lo stesso diritto di difesa essenzialmente coordinato. 4. -Deve parimenti essere dichiarata fondata nei limiti di cui appresso, la questione di legittimit costituzionale dell'art. 162, commi primo e secondo, della legge fallimentare, sollevata dal tribunale di Potenza e dalla Corte d'appello di Milano con ordinanze rispettivamente del 16 aprile 1970 e del 20 aprile 1971. Secondo il primo giudice, la norma sarebbe in contrasto con l'art. 24, comma secondo, sotto due profili: anzitutto, perch prevede come facoltativa l'audizione del debitore che abbia proposto domanda di ammissione al concordato preventivo, e prima della dichiarazione di inammissibilit dell'istanza; e perch non prevede per il debitore, durante questa stessa fase, l'assistenza del difensore; ed in secondo luogo, perch dichiara non soggetto a reclamo il decreto di inammissibilit. Relativamente al primo profilo, ricorrono, e non il caso quindi che siano ripetuti, i motivi posti nel precedente numero a base della pronuncia di parziale illegittimit dell'art. 147, comma primo. Non pu dirsi, in effetti, sufficiente, per garantire il diritto di difesa del debitore, la semplice facoltativit della sua audizione. N rilevano in senso contrario peculiari caratteristi-che della fase preliminare del procedimento di concordato preventivo; vero che il debitore posto in grado di far conoscere le proprie ragioni e richieste con la domanda di ammissione alla procedura, ma dopo che questa ha avuto inizio, al debitore non consentito pi di svolgere utili difese. Anzi, va tenuto presente che non costituiscono sufficienti garanzie per il debitore le possibilit che secondo la giurisprudenza gli sono date di proporre reclamo ex articolo 111 della Costituzione avverso il decreto .di inammissibilit, qualora a questo non segua la dichiarazione di fallimento, o di impugnare la sentenza dichiarativa del fallimento, perch il reclamo pu proporsi solo per violazione di legge, e dall'eventuale s.entenza di revoca del fallimento residuano in danno del debitore evidenti effetti pregiudizievoli. E si deve quindi ritenere costituzionalmente illegittima la norma de qua nella parte in cui non prevede che il tribunale prima di decidere sulla ammissibilit della proposta, debba invitare il debitore istante a comparire in camera di consiglio perch possa essere sentito. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 933 Risulta non fondato l'assunto dello stesso tribunale di Potenza, che la norma in oggetto sia costituzionalmente illegittima perch non prevista l'assistenza ad opera di difensore. , nel sistema, anche a iProposito dei procedimenti speciali, e delle fasi preliminari o sommarie di pi ampi procedimenti giurisdizionali, infatti, che la parte si possa far rappresentare o almeno assistere da un difensore. In mancanza di una norma che vieti codesta assistenza, si deve quindi ritenere che la stessa sia implicitamente ammessa e consentita. E pertanto il lamentato vizio a proposito della norma de qua non sussiste. invece inammissibile la questione l ove mossa doglianza in relazione alla non reclamabilit del decreto con cui il debitore non venga ammesso alla procedura di concordato preventivo. di tutta evidenza, infatti, che manca per il giudice a quo ogni interesse alla dichiarazione d'illegittimit della norma sul punto in esame, dato che, qualora la Corte dovesse ravvisare la dedotta illegittimit, la pronuncia in quanto afferente ad una norma non applicabile dal tribunale, non inciderebbe in alcun modo sul procedimento in corso. Rilevata l'illegittimit costituzionale dell'art. 162 in relazione al primo profilo, risulta non meritevole di accoglimento la prospettazione che della questione viene effettuata dalla Corte di appello di Milano, per la quale si avrebbe la violazione dell'art. 2'4, comma secondo, per il fatto che la norma denunciata, nel suo secondo comma, non prevede che il tribunale debba disporre la comparizione dell'imprenditore in camera di consiglio per l'esercizio del diritto di difesa prima di procedere alla dichiarazione del fallimento. Infatti, il decreto di inammissibilit della domanda di concordato preventivo e la sentenza dichiarativa del fallimento del debitore istante sono i modi e i mezzi di formazione ed esteriorizzazione dell'unica o contestuale volont dell'ufficio di takh, prescritto che del debitore debba essere disposta la comparizione in camera di consiglio, prima che il tribunale possa emettere il decreto, il diritto alla difesa assicurato anche in relazione all'eventuale dichiarazione di fallimento. 5. -Sarebbe, infine, in contrasto con l'art. 24, comma secondo, della Costituzione, l'art. 195, comma secondo, della legge fallimentare nella parte in cui non prevede l'obbligo per il tribunale di disporre la comparizione del debitore in camera di consiglio per l'esercizio del diritto di difesa, in contradditorio con la parte che abbia richiesto la dichiarazione dello stato di i~solvenza dell'impresa soggetta a liquidazione coatta amministrativa con esclusione del fallimento, e con l'autorit governativa che ha la vigilanza sull'impresa stessa. La questione, sollevata dal tribunale di Bologna con ordinanza del 23 marzo 1971, fondata. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La norma dell'art. 195, comma secondo, dispone che, prima di provvedere, il trtbunale deve sentire l'autorit governativa he ha la vigilanza sull'impresa. Ma non prevede per lo stesso tribunale l'obbligo di disporre la comparizione in camera di consiglio dell'imprenditore perch questo possa esercitare il diritto di difesa. L'imprenditore, quindi, non posto in grado, nela fase anteriore alla dichiarazione del tribunale, di affermare e dimostrare le proprie ragioni e di avanzare le proprie richieste, eventualmente con assistenza tecnica, in confronto dei creditori istanti e dell'autorit governativa di vigilanza, e a tale carenza, sul terreno delle garanzie della difesa, non si supplisce con il riconoscimento del diritto alla opposizione, operato con il quarto comma dello stesso art. 195. La norma denunciata perci illegittima costituzionalmente nella parte in cui non prevede l'obbligo per il tribunale di disporre la comparizione in camera di consiglio dell'imprenditore per l'esercizio del diritto di difesa, prima che il tribunale stesso si pronunci sulla richiesta di dichiarazione dello stato di insolvenza dell'impresa soggetta a liquidazione coatta amministrativa, con esclusione del fallimento. 6. -Non invece fondata la questione di legittimit costituzionale degli artt. 19 e 21 del codice di procedura penale, in riferimento all'articolo 24, comma secondo, della Costituzione. Secondo il pretore di Mantova si avrebbe una paralisi della difesa. nel procedimento penale a carico di un imputato del reato previsto e punito dall'art. 217, comma secondo, della legge fallimentare, come conseguenza della paralisi della f_unzione .primaria del giudice penale che in base ai dettf artt. 19 e 21 vincolato a tener fermo un presupposto (status di imprenditore) contenuto in una sentenza resa in un procedimento no.n garantito da adeguato contraddittorio per. non esserv previsto l'intervento obbligatorio del pubblico ministero. Senonch l'asserita impossibilit e difficolt per l'imputato di difendersi non sussiste. Proprio tenendosi conto delle norme impugnate, e sul presupposto della loro applicabilit alla specie, non pu ammettersi che l'imprenditore commerciale, il quale, dichiarato fallito con sentenza passata in giudicato, sia imputato del reato di bancarotta semplice, subisca una menomazione del proprio diritto di difesa. Infatti, in ordine alle condizioni oggettive e soggettive necessarie e sufficienti per la dichiarazione di fallimento, esso imprenditore ha a propria disposizione i mezz. e i modi pi adeguati per dimostrarne l'inesistenza o la non sufficienza, sia nella fase anteriore alla dichiarazione di fallimento sia avverso la relativa sentenza e sino all'eventuale passaggio in giudicato di essa. Con la dichiarazione di parziale illegittimit degli artt. 15 e 147, comma primo, e in base al disposto dell'art. 147, secondo comma (alla luce della citata sentenza n. 142 del 1970), il tribunale tenuto a convocare in camera di consiglio l'imprenditore commerciale e i soci illimitatamente PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 935 responsabili perch ogni interessato possa esercitare il proprio diritto di difesa, anche con l'assistenza tecnica, nei limiti consentiti dalla natura e funzione del procedimento. E, d'altra parte, attraverso l'opposizione alla sentenza dichiarativa di fallimento, all'imprenditore assicurata un'ampia difesa. > Non si vede, d'altronde, come ed in che senso l'esercizio del diritto di difesa venga limitato in dipendenza del fatto che nel procedimento civile di fallimento non obbligatoria la presenza del pubblico ministero, la cui partecipazione ad ogni processo civile, per altro, non imposta dal vigente sistema costituzionale. 7. -Il pretore di Verona per i primi due commi dell'art. 217 della legge fallimentare ed i pretori di Siracusa, di Napoli e di Mantova solo per il secondo comma dello stesso articolo, avanzano dubbi di legittimit costituzionale, assumendo che sarebbe in contrasto con l'art.' 3 della Costituzione la norma risultante dai detti commi, considerata in s ed in relazione ad istituti quali l'amnistia e la prescrizione, ed allo specifico provvedimento di clemenza di cui al d. P. R. 22 maggio 1970, n. 283. Con le ordinanze di rimessione si ritiene in primo luogo, premesso che l'oggetto della pretesa punitiva statuale consisterebbe non tanto nel comportamento (mancata od irregolare tenuta dei libiri contabili e delle scritture contabili obbligatorie) quanto nell'insolvenza del debitore, che soggetti trovantisi in pari condizioni (e cio imprenditori commerciali che non abbiano osservato il detto obbligo di comportamento) vengono trattati differentemente in base e a seconda delle proprie vicissitudini economiche. Si rileva in secondo luogo che, dovendosi intendere il reato in oggetto consumato alla data della sentenza dihiarativa del fallimento, si avrebbe una ingiustificata disparit di trattamento anche in relazione al momento consumativo del reato che dipenderebbe dal gioco delle pi varie circostanze o di fattori del tutto casuali o ind~pendenti dalla volont dell'agente, ovvero dalla solerzia o celerit degli organi giudiziari preposti alla procedura concorsuale di fallimento. Codeste ragioni, ad avviso della Corte, non hanno sufficiente fonda mento e quindi non possono essere condivise. Spetta al legislatore di dire se, come e quando un dato fatto costituisca reato. Rientra nell'ambito della sua discrezionalit la valutazione degli interessi meritevoli di tutela, e cos pure la diversificazione, nel trattamento giuridico, di situazioni che, pur presentando notevoli elementi in comune, non siano identiche. A proposito dell'ipotesi criminosa dell'art. 217, comma secondo, e giusta l'interpretazione che ne d la Corte di cassazione, il legislatore ha ritenuto che il semplice comportamento dell'imprenditore commerciale, consistente nella mancata, irregolare o incompleta tenuta dei libri 936 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO e delle altre scritture contabili, in violazione dell'obbligo posto dagli artt. 2214 e seguenti del codice civile, non metta in pericolo il 'bene che con quella i,p<;>tesi ha inteso tutelare; ed ha invece ravvisato come attuale, codesta messa in pericolo solo se e all'atto in cui l'imprenditore com merciale venga dichiarato fallito. L'attivit dell'imprenditore commer ciale, per gli interessi che tocca o su cui incide, fonte per lo stesso suo autore di responsabilit, collegata al rischio dell'impresa. Ed in rela zione ad essa, appare quindi razionale che solo alcuni dei comportamenti che quella attivit integrano, siano penalmente riprovati e che lo siano se ed in quanto si presentino con una certa gravit. Il legislatore avrebbe potuto considerare la dichiarazione di falli mento tra l'altro come semplice condizione di procedibilit o di puni bilit, ma ha invece voluto -come riconosciuto dalla giurisprudenza della Corte di cassazione -richiedere l'emissione della sentenza ;per l'esistenza stessa del reato. E d perch, intervenendo la sentenza dichia rativa del fallimento, la mes~a in pericolo di lesione del bene protetto si presenta come effettiva ed attuale. Stante ci, fuor di luogo parlare di soggetti che si trovano in pari condizioni e di trattamenti giuridici differenziati. L'art. 217, comma se condo, prende in considerazione un'unica o unitaria situazione di fatto (della quale, come si detto, fa parte integrante ed essenziale Ja dichia razione di fallimento dell'imprenditore commerciale) e per essa opera una unitaria previsione del fatto come reato, e delle sanzioni penali. E del pari non ha ragione di essere l'assunto che, potendo influire in ordine al momento consumativo del reato fattori del tutto casuali o indiJ>endenti dalla volon~ dell'imprenditore commerciale, la' ripetuta norma dell'art. 217, comma secondo, dia vita ad una discriminazione nel trattamento giuridico. Giova al riguardo considerare ancora una . volta che la norma pone in essere una sola previsione valida per tutti gli'imprenditori commerciali soggetti al fallimento, per cui questi commettono il reato solo quando siano dichiarati falliti. E l'eventualit che per imprenditori commerciali che abbiano cessato contemporaneamente la loro attivit, la data del commesso reato debba coincidere con quella della dichiarazione di fallimento relativa a ciascuno di essi del tutto conseguenziale. Considerati, per ci, insoddisfacenti gli argomenti addotti in gene rale a sostegno della pretesa disparit di trattamento, vanno egualmente disattese le ragioni che a detta dei giudici di merito militerebbero a di mostrazione di quella disparit in casi particolari ed in relazione a dati istituti. Come non ricorre una disparit di trattamento nell'ipotesi sopra ricordata di imprenditori commerciali che, pur cessando l'attivit con temporaneamente, commettano il reato di bancarotta semplice in mo menti diversi perch dichiarati falliti sotto differenti date, cos per quan PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 937 to in precedenza detto, quella disparit non sussiste neppure nella ipotesi estrema di pi soci illimitatamente responsabili che, pur avendo svolto una unica attivit di impresa, vengano dichiarati falliti in tempi diversi (secondo le previsioni .dei primi due commi dell'art. 147) e qundi commettono il reato de quo nei detti tempi. Dato il carattere personale della responsabilit penale, questa non ,pu non essere ricollegata, per il singolo socio, all'effettivo ed attuale pericolo di lesione del bene protetto e specificamente alla dichiarazione di fallimento che lo riguardi; e d'altra parte, innegabile l'autonomia dei singoli fallimenti dei vari soci. Non si ravvisa, infine, alcuna disparit di trattamento mettendo a raffronto le ipotesi fin qui considerate (ed altre analoghe, prospettate anch'esse nelle ordinanze di rimessione) nonch quella di soggetti imputati in forza di altre ipotesi criminose, e per il caso in cui si renda necessario accertare il momento consumativo del reato, in vista dell'applicazione di amnistie e indulti ed in particolare del d. P. R. n. 283 del 1970. Ci che caratterizza il modo di accertamento del momento consumativo del reato, come si visto, non pone la previsione criminosa di cui all'articolo 217, comma secondo, in contrasto con l'art. 3 della Costituzione; e quindi logicamente coerente e conseguenziale che ,possano essere di , versi i momenti di consumazione del reato anche quando le attivit prefallimentari dell'imprenditore siano state contemporanee o siano . finite nello stesso tempo. Posto ci, del tutto giustificato che dell'amnistia o indulto o di un dato provvedimento di clemenza possano giovarsi solo i soggetti per i quali i momenti consumativi dei rispettivi reati intervengano entro il termine di efficacia del singolo provvedimento. E va infine considerato che la denuncia di incostituzionalit che qui viene esaminata concerne unicamente l'art. 217, commi primo e secondo. -(Omissis). I CORTE COSTITUZIONALE, 27 giugno 1972, n. 111 -Pres. Chiarelli - Rel. Fragali -Presidente Regione Siciliana (avv. Sorrentino), Prestdente Regione Trentino-Alto Adige (avv. Benvenuti) Presidente Regione Sardegna (avv. Guarino) c. Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Savarese). Imposte e tasse in genere -Legge delega per la riforma tributaria Violazione delle competenze regionali -Mancanza di interesse attuale -Inammissibilit della questione. (Cost., art. 134, 76; 1. 9 ottobre 1971, n. 825, art. 10, secondo comma, n. 13). Sono. inammissibili, per mancanza di interesse attuale, i ricorsi proposti dalle Regioni della Sicilia, del Trentino-Alto Adige e della Sar RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 938 degna avverso la norma della legge delega per la riforma tributaria (art. 10, secondo comma, n. 13, l. 9 ottobre 1971, n. 825) che po.ne fra i criteri direttvi al Governo l'abrogazione delle leggi regionali derogative alla nominativit dei titoli azionari (1). II CORTE COSTITUZIONALE, 27 giugno 1972, n. 112 -Pres. Chiarelli - Rel. Fragali -Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Savarese) c. Presidente Regione Sardegna (avv. Guarino) e Presidente Regione Sicilia (avv. Sorrentino). Imposte e tasse in genere -Titoli azionari -Atti amministrativi regionali derogatori al principio della nominativit -Ricorso per conflitto di attribuzione -Inammissibilit. (Cast., art. 134; 1. 11 marzo 1953, n. 87, art. 39. I. reg. Sardegna 12 aprile 1957, n. 10; 1. reg. Sicilia 8 luglio 1958, n. 32). Sono inammissibili i ricorsi per conflitto di attribuzione proposti dallo Stato contro provvedimenti amministrativi delle Regioni Sardegna (1) La questione era stata sottoposta all'esame della C:orte dalla Regione Siciliana, dalla Regione Sardegna, dalla Regione Trentino-Alto Adige, con ricorsi ntifkati il 13 ,novembre 1971. La denuncia di costituzionalit concerneva l'art. 10, secondo .cot~ma, n. 13, della legge statale 9 ottobre 1971, n. 825, contenente delega al Governo per l'attuazione legislativa della riforma tributaria. Il citato articolo pone, fra i criteri direttivi d'esercizio del potere di delegazione, l'abolizione delle deroghe al principio della nominativit dei titoli azionari previste nelle leggi di regioni a statuto speciale. Il Giudice costituzionale ha accolto la preliminare eccezione di inammissibilit del ricorso sollevata dalla difesa dello StatO'. La legge di delegazione, infatti, legge strumentale, come fonte del potere del Governo ed solo indirettamente o mediatamente legge materiale -cfr. LIGNOLA, La delegazione legislativa, Milano, 1950, 151 -anzi, pu dirsi, lo solo condizionatamente all'affettivo esercizio della delega. Se il termine iprefissato scade, la legge delegante, bench formalmente e sostanzialmente valida, inutiliter data. Pertanto il controllo di legittimit costituzionale, ammesso per le leggi formali re.canti disposizioni in senso materiale -cfr. REDENTI, Legittimit delle leggi e Corte costituzionale, Milano, 1957, 20 -non esercitabile in ipotesi nelle quali le conseguenze connesse all'esercizio della funzione legislativa sono quiescenti e condizionate. Corollario di siffatta premessa l'ammissibilit della denuncia costituzionale in via principale della legge delegata con termine scaduto rispetto alla legge delegante, derivando, appunto, l'attualit della lesione dalla predetta legge delegata. La sentenza citata nel testo -Corte cost. 24 febbraio 1964, n. 13 leggersi in Giur. costit., 1964, 96 (nota di CRISAFULLI). PARTE i, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 939 e Sicilia, autorizzativi delL'emissione di titoli azionari ai portatore, in Leggi regionali suita deroga aHa nominativit obbligatoria dei titoli azionari (2). I (Omissis). -3. -Tutti e tre i ricorsi hanno per oggetto una norma della .su menzionata legge statale, che accord al Governo delegazione per la riforma tributaria. Precisamente hanno per oggetto uno dei criteri che il Governo deve seguire nell'attuazione della potest attribuitagli: la legge delegata dovrebbe infatti abrogare le leggi regionai.i che hanno portato deroga al principio della nominativit dei titoli azionari. Le Regioni sostengono che le loro leggi sono atti di esercizio di una competenza statutaria che lo Stato non pu concul!!are; ma non avvertono che i loro ricorsi .investono una norma che non porta lesione attuale a quella competenza, perch ne destinatario il Governo dello Stato, non le Regioni. Determina infatti l'oggetto dell'attivit delegata e ne d un limite, senza innovare direttamente e immediatamente l'ordinamento preesistente, cio l'ordinamento costituito dalle Regioni. Cosicch potr discutersi della validit delle leggi delegate, dopo che il Governo avr esercitato la potest che gli stata conferita, ma non oggi della validit della legge delegante. (2) I ricorsi del Presidente del Consiglio dei Ministri, notificati il 23 dicembre 1971,. ed il 12 gennaio 1972, con i quali era stata sottoposta all'esame della Crte con prospettazione di conflitto di attribuzione e deduzione, in via incidentale, come mezzo al fine, dell'illegittimit costituzionale della legge regonale sarda 12 aprile 1957, n. 10, e della legge regionale siciliana 8 luglio 1948, n. 32, sono stati esaminati sotto il profilo formale dell'ammissibilit dell'impugnazione. Sul punto, v. Corte cost. 18 maggio 1972, n. 94 in questa Rassegna, I, 1, pag 918. Circa l'incostituzionalit di una disciplina regionale dei titoli azionari che deroghi al .principio della nominativit non possono qui che ribadirsi i concetti gi esposti nelle difese dinanzi alla Corte. Sostanzialmente, come pu legge~si nelle premesse di fatto della decisione, secondo lo Stato non rientra nella potest legislativa delle Regioni modificare la disciplina di materie giuridiche, come quelle della societ e dei titoli di credito, che hanno, nell'ordinamento generale, una loro regolazione unitaria. Per la riaffermazione recente da parte della Corte Costituzionale, della esclusione di ogni competenza regionale in tema di rapporti privatistici, dr. la sentenza 27 luglio 1972, n. 154, di cui infra, 1041. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO In altre parole, la legge di delegazione legislativa soltanto funte di un potere governativo, ha valore preliminare e, pei: non essere legge materiale interessante la Regione, dovr essere integrata dall'atto di esercizio della delegazione. Il suo controllo di legittimit strumentale a quello relativo alla legittimit della legge delegata; non pu essere cio promosso come fine a se stante, tanto pi che non si pu escludere in via di fatto che il termine della delegazione trascorra inutilmente. N si obietti che vi lesione attuale dell'interesse delle Regioni perch la norma impugnata ,ponendo al Governo la direttiva di disporre l'abrogazione di leggi regionali, implicitamente afferma che lo Stato sia a ci competente: v.ale anche per tale obiezione, proposta nella discussione orale, il rilievo per cui la norma, concernendo unicamente i rapporti fra Parlamento e Governo, incide sulla competenza rivendicata dalle Regioni condizionatamente .all'attuazione concreta della potest delegata. In altra occasione la Corte ha deciso che la lesione di un diritto o di un interesse sorge dalla legge delegata, non da quella delegante; ed ha giudicato ammissibile la denuncia in via principale di questa seconda legge quando gi erano decorsi i termini per la denuncia della incostituzionalit. -(Omissis). II 1. -Con riferimento a decreti del Presidente della Giunta regionale sarda e rispettivamente dell'Assessore regionale siciliano per l'industria e il commercio, che hanno autorizzato l'emissione di nuove azioni al portatore di societ commerciali aventi sede :11elle rispettive isole o hanno prorogato o confermato autorizzazioni anteriori o concesso lo svincolo della cauzione depositata a garanzia degli adempimenti che ineriscono ad autorizzazioni del genere, il Presidente del Consiglio dei ministri, con atti notificati rispettivamente il 23 dicembre 1971 ed il 12 gennaio 1972,, ha ricorso a questa Corte per conflitto di attribuzione e ha dedotto, in via incidentale, come mezzo al fine, l'illegittimit costituzionale rispettivamente della legge regionale sarda 12 aprile 19<57, n. 10, e della legge regionale siciliana 8 luglio 1948, n. 32, su cui si basavano i decreti suindicati. Il Presidente del onsiglio ha dedotto ch(;! non rientra nella potest legislativa delle Regioni modificare, in relazione alle singole attivit di propria competenza, la disciplina di materie giuridiche, come quelle delle societ e dei titoli di credito, che hanno, nell'ordinamento generale, una loro regolamentazione unitaria ispirata a propri principi e a individuate esigenze generali. \i: 1:: ~~ ~~ ;:: !; PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 941 La legge 9 ottobre 1971, n. 825, accordando al Governo una delegazione legislativa per la riforma tributaria, ha posto fra i principi direttivi l'abolizione delle deroghe al principio della nominativit obbligatria dei titoli azionari previsti nelle leggi di regioni a statuto speciale; le due leggi regionali denunciate sono in contrasto: a) con l'art. 3 della Costituzione, perch / creano sperequazioni nel sistema di accertamento tributario fra cittadini di diverse regioni; b) con l'art. 53, secondo comma, della Costituzione, perch frustrano le finalit della riforma tributaria, che sono rivolte ad attuare il precetto costituzionale della .Progressivit del carico tributario; c) cn l'art. 42, secondo comma, della Costituzione, perch solo alle leggi dello Stato pu essere riconosciuta l'idoneit a garantire. disciplinare e limitare la propriet privata; d) con il limite territori,ale di efficacia delle leggi regionali, perch le azioni emesse dalle societ esistenti nelle due isole possono circolare liberamente fuori dal territorio regionale, e fuori da tale territorio essere acquistate, negoziate, cedute, cos che la legge regionale si sovrapporrebbe .geograficamente, oltre che nella sostanza, al procedimento di accertamento fiscale apprestato dalla legge dello Stato. La legge sarda contrasta con l'art. 4, lett. a, dello Statuto speciale della Sardegna e quella siciliana con l'art. 14, lett. a, dello Statuto speciale della Sicilia; i quali, vero, danno alle rispettive Regioni competenza in materia di industria e di commercio, ma, dovendosi escludere il criterio finalistico nelle delimitazioni di tale competenza, ne fanno escludere la disciplina derogatrice alla regola della nominativit dei titoli azonari, che ~ttiene direUamente a rapporti di diritto privato e strumentalmente alla riforma tributaria, esclusi dalla competenza regionale. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 27 giugno 1972, n. 113 -Pres. Chiarelli - Rel. Capalozza -Paci (n. c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Carafa). Reato -Esercizio abusivo di gioco non di azzardo -Determinazione dell'autorit di P. S. -Violazione della riserva di legge e del prin cipio di eguaglianza -Esclusione. (Cost., art. 25, 3; c.p., art. 723; r.d. 18 giugno 1.931, n. 773, art. 110). Non fondata, sia con rife1imento alla riserva di legge in materia penale che al principio di eguaglianza, la questione di legittimit costituzionale dell'art. 723 codice penale e all'art. 110 t.u. leggi di P.S., che 942 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO affidano aH'autorit di P.S. la determinazione dei giochi non d'azzardo, passibili di divieto al loro esercizio (1). (Omissis). -1. -Il pretore di Livorno ha sottoposto alla Corte la questione se gli artt. 723 del codice penale e 110 del testo unico delle I leggi di pubblica sicurezza -concernenti, rispettivamente, l'esercizio abusivo dei ~iochi non d'azzardo, proibiti dall'autorit amministrativa, ed il potere di quest'ultima di stabilire quali giochi siano da vietare violino l'art. 25,, secondo comma, della Costituzione, in quanto la valutazione della 1pubblica amministrazione sulla pericolosit dei gioch(i sfuggirebbe, non essendo strettamente tecnica, al controllo di mera le~ittimit del giudice ordinario e attribuirebbe aU'amministrazione la potest a creare autonomamente nuove figure di illecito; e l'art. 3 della Costituzione, per ingiustificata disparit tli trattamento tra i cittadini delle varie provincie, a causa del differenziato apprezzamento dei questori circa la proibizione dei giochi, nell'ambito della loro competenza territoriale. 2. -Non violato il principio della riserva di legge di cui all'articolo 25, secondo comma, della Costituzione. da premettere che l'elencazione dei giochi non d'azzardo da parte dell:a 1pubblica amministrazione risponde -come ha esattamente osservato l'Avvocatura dello Stato -ad una valutazione da cui non esula il carattere tecnico, ove si attdbuisca a tale espressione un significato non meramente meccanico; e che gli atti e i provvedimenti amministrativi di siffatto carattere, connessi a precetti penali posti a garanzia della loro osservanza, sono da ritenere legittime manifestazione dell'attivit normativa dell'ammmistrazione: per cui il precetto penale risulta costituito dalla generica imposizione di obbedienza a quegli atti e provvedimenti (si vedano, fra le altre, le sentenze di questa Corte n. 103 del 1957; n. 4 del 1958; nn. 36 e 96 del 1964). La Corte, inoltre, -senza prendere posizione sul controverso problema se, inosservato che sia l'atto o .provvedimento dell'autorit amministrativa, cui sia collegata la sanzione penale comminata da una norma, il precetto penalmente sanzionato vada identificato in questa norma o in quell'atto o provvedimento -ha avuto gi occasione di affermare che non violato il principio della riserva di legge in ma (1) La questione era stata sottoposta all'esame della Corte con ordinanza emessa il 27 novembre 1969 dal pretore di Livorno (Gazzetta Ufficiale n. 143 del 10 giugno 1970). Per 1precedenti giurisprudenziali e dottrinari specie in materia di repressione penale del giuoco d'azzardo, v. Foro it. 1972, I, 2741; cfr. Corte cost. 4 maggio 1972, nn. 80, 81 in questa Rassegna, I, 571, 741. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 943 teria penale quando sia una legge (o un atto equiparato) dello Stato non importa se ione (n per regolarla n per escluderla) e che la Regione siciliana anche nell'esercizio delle sue attribuzioni ,sulle elezioni deve rispettare i principi costituzionali, le disposizioni contenute nella legge statale che disciplin le prime elezioni regionali (d.l.c.p.s. 25 marzo 1947, n. 204), nella legislazione regionale (legge reg. 20 marzo 1951, n..29) e nel Regolamento interno dell'Assemblea (specialmente nell'art. 41) devono essere interpretate in un modo che le renda compatibili con la Costituzione: di tal che il giudizio definitivo sui reclami elettorali, la convalida delle elezioni , la incontestabilit della pronunzia finale e cos via sono tutte espressioni che correttamente vanno riferite alla fase conclusiva del complesso procedimento elettorale e che qualificano come definitivi gli atti relativi nel senso che questi concludono, appunto, quel procedimento: non certo nel senso della preclusione di una successiva fase giurisdizionale ,nella quale le situazioni subiettive degli interessati possano trovare quella tutela che la Costituzione a tutti:. riconosce. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 951 4. -Risultando pertanto che con le disposizioni impugnate lo Stato ha esercitato una competenza propria senza recar lesione alla sfera di attribuzioni spettanti alla Regione siciliana, il ricorso deve essere respinto. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 27 giugno 1972, n. 116 -Pres. Chiarelli - Rel. Fragali -Algeri (n. c.). Responsabilit civile -Prescrizione del diritto al risarcimento -Sen tenza istruttoria di proscioglimento -Decorrenza dalla data di irrevocabilit -Legittimit costituzionale. (Cast., art. 3, 24; e.e., art. 2947, terzo comma), Non fondata, con riferimento ai principi di eguaglianza e di difesa, la questione di legittimit costituzionale delL'art. 2947, terzo comma, codice civile, che fa decorrere la prescrizione del diritto al risarcimento danni da reato datla data in cui acquista irrevocabilit la sentenza istruttoria di proscioglimento (1). (Omissis). -Facendo decorrere la prescrizione del diritto al risarcimento del danno da reato dalla data in cui acquista irrevocabilit la sentenza istruttoria di proscioglimento, l'art. 2.947, terzo comma, del (1) La questione era stata sottoposta all'esame della Corte con ordinanza emessa il 25 maggio 1970 dal pretore di Voghera (Gazzetta Uffi:.. ciale n. 235 del 16 settembre 1970). V. ANDRIOLI (F particolare a quello dell'imputato. Con diverse sentenze (n. 130 dell'anno 1963, n. 1 dell'anno 1965,. n. 15 dell'anno 1970, n. 139 dell'~no 1971) questa Corte ha rilevato che la nozione di giudice naturale non si cristallizza nella determinazione legislativa di una competenza generale, ma si forma anche di tutte quelle disposizioni le quali derogano a tale competenza sulla La Corte costituzionale gi precedentemente, nell'escludere il contrasto tra le norme che disciplinano l'istituto della connessione ed il principio del giudke naturale, aveva posto in risalto che il potere di apprezzamento attribuito al giudicante perch concilii l'esigenza di evitare la cognizione distinta dei iprocedimenti con il criterio della speditezza processuale, non un potere svincolato da limiti, perch esso esercitabile nei soli casi regolati dalla legge, e non d luogo ad una scelta insindacabHe. Insegnamento ribadito dalla stessa Corte in successive decisioni, nelle quali era stata riconosciuta la legittimit costituzionale degli spostamenti di competenza conseguenti a provvedimenti regolati da precise disposizioni e non insindacabili. Vedi, su tali proposizioni, Corte cost. 13 luglio rn63, n. 130 in Foro it., 1963, I, 1602; Corte cost. 22 giugno 1971, n. 139 in questa Rassegna, I, 1. Per le sentenze indicate in motivazione, oltre le due precedenti e per la dottrina sulla competenza per connessione, cfr. Foro it., 1972, I, 2737. 954 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO base di criteri che razionalmente valutano i disprati interessi posti in giuoco dal processo. Il principio della precostituzione del giudice, sancito nel primo comma dell'art. 2:5 Cost., rispettato allorch l'organo giudicante sia istituito dalla legge sulla base di criteri generali fissati in anticipo e non gi in vista di singole controversie, n risulta violato nei casi nei quali la legge preveda la possibilit di spostamenti di competenza da un giudice a uno diverso, purch anch'esso precostituito, allorch tali come quello costituzionale dell'indipendenza ed imparzialit, o quello spostamenti siano necessari per assicurare il rispetto d'altri principi, dell'ordine e coerenza nella decisione di cause fra loro connesse. Il giudice che viene a conoscere, in forza delle norme sulla con~ nessione, di un processo che senza di essa dovrebbe venir deciso da altro magistrato, pure esso giudice naturale e precostituito. Arbitrio e violazione del principio del giudice naturale ci sarebbero se il giudice potesse disporre la riunione dei giudizi fuori dei casi indicati negli artt. 45 e 413 c.p.p.; se egli non av~sse obbligo di motivare; se le parti non potessero discutere, presentando istanze e conclusioni. Un margine di relativa discrezionalit nell'accertare la sussistenza delle condizioni volute dalla legge inseparabilmente connesso all'esercizio del potere-dovere d'interpretazione proprio del giudice, ma si tratta di una discrezionalit regolata, razionalmente .indispensabile e del tutto legittima. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 6 luglio 1972, n. 119 -Pres. Chiarelli - Rel. Trimarchi -Luciano (avv. Dottarelli). Pensioni -Riversibilit a favore del marito -Condizioni dell'inabilit e della convivenza a carico -Illegittimit costituzionale -Esclusione. (Cost., art. 3; 1. 15 febbraio 1958, n. 46, art. 11, sesto comma). Non fondata, con riferimento al principio di eguaglianza, la questione di Legittimit costituzionale dell'art. 11, sesto comma Legge 15 febbraio 1958, n. 46, contenente nuove norme sulle pensioni ordinarie a carico deHo Stato nelia parte in cui esclude la riversibilit a favore del marito della titolare, se questi non sia riconosciuto inabile a proficuo lavoro ed a carico della moglie (1). (1) La questione era stata sottoposta al Giudice costituzionale con ordinanze emesse: il 17 ottobre 1970 dalla Corte dei Conti -Sezione terza pensioni civili (Gazzetta Ufficiale n. 163 del 30 giugno 1971); il 17 ottobre 1970 dalla Corte dei Conti -Sezione terza pensioni civili (Gazzetta Ufficiale n. 170 del 7 luglio 1971). t ~: -r-:: i=: ~:: i=: 11 =: PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 955 (Omissis). -1. -La Corte dei conti, in sede giurisdizionale, con le due ordinanze indicate in epigrad:e, solleva, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, la questione di legittimit costituzionale dell'art. 11, eomma sesto, della legge 15 febbraio 1958, n. 46 (contenente nuove norme sulle pensioni ordinarie a carico dello Stato) nella parte in cui dispone che in caso di decesso della dipendente o pensionata la pensione di riversibilit spetta al marito quando questi sia riconosciuto inabile a proficuo lavoro e a carico della moglie. Uni_ca essendo la questione sottoposta all'esame della Corte, i relativi giudizi vengono riuniti e decisi con una sola sentenza. 2. -Secondo la Corte dei conti la norma denunciata, messa a raffronto con quanto dispone lo stesso art. 11 per il caso di morte del dipendente o pensioaato e nei confronti della vedova, porrebbe in essere, a proposito della spettanza del diritto alla riversibilit, una disciplina differenziata, basata unicamente sulla diversit di sesso dell'avente causa. Si fa al riguardo notare che, mentre per il vedovo della dipendente o pensionata statale viene richiesto al sopradetto fine, e tra l'altro, che esso sia inabile a proficuo lavoro ed a carico della moglie al momento della di lei morte, queste condizioni non nec_essario che sussistano perch quello stesso diritto sia riconosciuto alla vedova del dipendente o pensionato statale. E da ci si deduce che la rilevata disparit di trattamento, tra due soggetti forniti di eguali mezzi economici propri ., sia connessa alla differenza di sesso o pi semplicemente che la norma denunciata sancisca, ai fini della pensione di ri~ersibilit, una palese disparit di trattamento tra il vedovo e la vedova, basandola unicamente sulla differenza di sesso . 3. -La questione, cos proposta in riferimento all'art. 3 della Costituzione, non fondata. Il giudice a quo, come si ora ricordato, riconduce la disparit di trattamento alla differenza di sesso, nei due casi, degli aventi diritto alla riversibilit, o puramente e semplicemente o argomentando dall'ipotesi che la vedova ed il vedovo siano forniti di eguali mezzi economici propri. Ma da ritenersi che presupponga su un piano pi generale come unica o eguale la situazione di fatto e di diritto del coniuge del dipendente o pensionato statale: altrimenti non potrebbe ascrivere solo alla differenza di sesso la diversit della disdplina giuridica. Ma, a quest'ultimo riguardo, e per valutare la validit dell'implicita premessa, necessario tenere nella dovuta considerazione che con l'art. 104 d_el testo unico delle leggi sulle pensioni civili e militari RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO approvato con r.d. 21 febbraio 1895, n. 70, venne riconosciuto alla vedova dell'impiegato o pensionato statale il diritto alla riversibilit del trattamento di quiescenza maturatosi in favore del marito o da questo gi acquisito, e che tale diritto ha trovato definitiva disciplina nei primi due commi del citato art. U della legge n. 46 del 1958; e che, con quest'ultima legge, il diritto alla riversibilit stato concesso ad altri soggetti, tra cui il vedovo della dipendente o pensionata. Si operato in tal modo un ampliamento della cerchia e del nu mero degli aventi diritto alla riversibilit, attraverso una graduale evo luzione della normativa. II legislatore del 1958, subordtnando l'acquisto del diritto da parte del marito della dipendente o pensionata deceduta alla sussistenza, tra l'altro, delle dette due condizioni, non ha introdotto nell'ambito dell'istituto' della riversibilit -come invece ritiene la Corte dei conti -modifiche sostanziali circa i criteri di riconoscimento del di ritto, ma ha solo dettato una disciplina distinta e articolata della materia. Per ci, nulla pu dedursi circa la asserita illegittimit costitu zionale della norma in questione dal semplice fatto che siano diffe renti i trattamenti per il coniuge superstite nei due casi di decesso del marito o della moglie. Occorre, invece, risalire alla premessa implicita dalla quale come si detto -su un piano generale procede il giudice a quo nel sottoporre la questione. Ora codesta premessa, in realt, non valida. Non consentito infatti ritenere che sia unica o unitaria la situa zione di fatto e di diritto del coniuge del dipendente o pensionato statale. Non si pu non considerare tra l'altro che, sia all'epoca in cui entrata in vigore la legge n. 46, sia attualmente, i lavoratori subor dinati di sesso maschile occupati nell'agricoltura, nell'industria e nelle altre attivit erano e sono pi dei due terzi dell'intero complesso delle forze di lavoro operanti in quei ,settori; che in relazione agli stessi anni tra i di.pendenti dello Stato e di altri enti pubblici certamente preva lente il numero di quelli di sesso maschile; e che analoghe considera zione potrebbero farsi a proposito della titolarit di redditi non deri vanti da lavoro subordinato. Tutto ci comporta la minore probabilit che sia il marito anzich la moglie a dipendere economicamente dal coniuge, dipendente o pen sionato statale, e fa s che tale situazione possa ritenersi normale ed essere assunta a base della previsione normativa de qua. Appare conseguentemente razionale che l'accertamento in fatto dello stato di bisogno sia richiesto solo per il marito e non anche per la moglie. Ed del pari giustifca,ta la previsione del requisito dell'ina 1: ~: PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 957 bilit a proficuo lavoro, specie se si ponga mente alla normale coesistenza di tale stato con la vivenza a carico dell'altro coniuge. Conclusivamente, la norma in esame perci il riflesso di una situazione di fatto e giuridica che non comune a tutti i coniugi dei dipendenti o pensionati, e trova nella peculiarit sopra messa in evidenza la sua logica ragione d'essere. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 6 luglio 1972, n. 120 -P1es. Chiarelli Rei. Reale -Ciscato (n.c.), Ministero delle Finanze e Presidente Consiglio dei Ministri (Vice avv. gen. dello Stato Tracanna). Imposta di re~istro -Responsabilit solidale di parti contendenti e di procuratori le~ali -Ille~ittimit costituzionale. (Cost., art. 53; r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 93, n. 2). costituzionalmente illegittimo, con riferimento al principio della capacit contributiva, l'art. 93, n. 2 della vigente legge di registro (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269:) nella parte in cui dichiara solidalmente tenuti verso l'amministrazione finanziaria le parti istanti nei giudizi civili relativamente alle tasse di registro in sentenze e convenzioni cui , esse siano rimaste estranee, ed i procuratori legali reltivamente alle tasse giudiziali (1). (Omissis). -Con l'art. 93, n. 2, del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, (la c.d. legge di registro) si dispone che, salvo gli obblighi dei funzionari e delle persone indicate negli artt. 80, 81, 82, 83, 84 e . 86, sono inoltre solidalmente tenute verso l'Amministrazione dello Stato, per il pagamento delle tasse sulle sentenze, sui decreti, provvedimenti ed altri atti giudiziari, nei procedimenti contenziosi in materia civile e (1) La questione era stata sottoposta all'esame della Corte con ordinanza emessa il 26 febbraio 1970 dal Tribuna-le di Venezia (Gazzetta Uff. n. 267 del 21 ottobre 1970). La sentenza Corte Cost. 18 maggio 1972, n. 92 leggesi in questa Rassegna, 1972, I, 1, pag. Per l'art. 93, n. 2, legge di registro, cfr. fra gli altri, AzzARITI, Le imposte di registro, 1959, nn. 9 segg.; .GUGLIELMI e AZZARITI, L'imposta di registro, nn. 35 segg.; in giurisprudenza Cass. 25 febbraio 1967, n. 433, Foro it., 1967, I, 2141 (nota). 958 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO commerciale, le parti istanti e quelle che fanno uso delle sentenze, dei decreti ed altri atti, ed i rispettivi loro procuratori, nonch le parti a carico delle quali siano state poste le relative spese in proporzione della loro condanna nelle medesime; la responsabilit dei procuratori per limitata alle tasse giudiziali. Il tribunale di Venezia, nel corso di un giudizio di opposizione alla liquidazione dell'imposta di registro su una sentenza riguardante varie parti con pluralit di domande principali e riconvenzionali, ha denunziato la illegittimit della norma suddetta, in riferimento al principio della capacit contributiva (art. 53., primo comma, Cost.). E ci in primo luogo sul riflesso che l'obbligo del pagamento della c.d. imposta di titolo, riguardante (ai sensi dell'art. 72 della legge di registro) convenzioni sui cui si basano le domande oggetto della pronuncia giudiziale, grava solidalmente su tutte le parti istanti, anche se estranee alle convenzioni enunziate in sentenza; in secondo luogo, in quanto viene estesa ai procuratori delle parti l'obbligazione solidale relative alle c.d. tasse giudiziali. Le questioni sollevate non concernono, quindi, le ulteriori disposizioni del citato art. 93, n. 2, le quali prevedono l'obbligazione per la imposta di titolo sia a carico delle parti che fanno uso delle sentenze o di altri provvedimenti giurisdizionali, sia delle parti nei confronti delle quali sia stata pronunciata condanna alle spese processuali. 2. -In ordine alla prima questione si rileva nell'ordinanza che l'art. 93, n. 2, nella genericit del suo dettato, consente una interpretazione per effetto della quale l'obbligo d'imposta viene a gravare anche su soggetti estranei alle convenzioni su cui si basano domande giudiziali da essi non proposte o pendenti davanti allo stesso giudice a seguito d_ella riunione di procedimenti separatamente instaurati. Ci in contrasto con l'art. 53, primo comma, della Costituzione. La questione fondata. 3. -Il precetto enunciato nell'art. 53, primo comma, della Costituzione, per cui tutti sono temiti a concorrere alle spese pubbliche, in ragione della loro capacit contributiva; va interpretato quale specificazione del generale principio di uguaglianza, nel senso che a situazioni uguali devono corrispondere uguali regimi impositivi e, correlativamente, a siutazioni diverse un trattamento tributario disuguale. Sul piano garantistico costituzionale esso deve essere inteso come espressione della esigenza che ogni ;prelievo tributario abbia causa giustificatrke in indici concretamente rivelatori di ricchezza. In riferimento a tali indici, costituenti il presupposto dell'imposizione tributaria, i soggetti rivelano, come questa Corte ha pi volte ,:::. affermato, capacit contributiva e idone\t alla obbligazione d'imposta, !,, -~j f !i: t PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 959 deducibile esclusivamente dal collegamento fra i soggetti medesimi e le fattispecie cui la norma tributaria attribuisce tale efficacia, .secondo valutazioni riservate al legislatore. Il che, secondo il disposto dell'art. 53, comma primo, Cost., cui deve riconoscersi, disattendendosi l'assunto dell'Avvocatura dello Stato, valore precettivo e non meramente programmatico e applicabilit anche in materia d'imposte indirette, non esclude tuttavia il controllo della legittimit della norma sotto il profilo dell'assoluta arbitrariet ed irrazionalit. Concetto que>;>t'ultimo che fa Corte ha avuto occasione di affermare anche nella recente sentenza n. 92 del 1972. In materia di imposte indirette, in particolare, il necessario collegamento con la ca,pacit contributiva non esclude che la legge stabilisca prestazioni tributarie a carico solidalmente oltre che del debitore prindpale, anche di altri soggetti, non direttamente partecipi dell'atto assunto come indice di capacit contributiva. In tali casi, peraltro, occorre che una siffatta imposizione risulti legittimata da rapporti giu-. ridico-economici, intercorrenti fra i soggetti predetti, rapporti idonei alla configurazione di unitarie situazioni che possano giustificare razionalmente il vincolo obbligatorio e la sua causa. Alla .stregua di tali criteri non pu ravvisarsi il presupposto dell'obbligazione solidale per il pagamento dell'imposta di registro sul titolo, preventivamente non registrato, nella mera situazione processuale in cui versi il soggetto rimasto estraneo alla convenzione considerata in sentenza e che abbia formulato domande non aventi immediato fondamento sulla convenzione stessa. Situazione che l'ordinanza del giudice a quo delinea nelle due fattispecie in esame, con riferimento all'imposizione del tributo solidalmente a carico di parti convenute e relativa alla registrazione di un contratto di mutuo dedotto in causa qu~le titolo legittimamente, in via surrogatoria, l'esercizio di diritti di credito contro le medesime parti, ancorch rimaste estranee al contratto, nonch in riferimento ad analoghe imposizioni relative a contratti intercorsi fra altre -parti, con vincolo di solidariet basato, in questo .secondo caso, sulla semplice circostanza formale delle unicit del processo, a seguito della riunione discrezionalmente disposta dal giudice, di procedimenti distin tamente promossi dagli interessati. E non vale opporre,' come si fa dall'Avvocatura dello Stato, la spedale configurazione unitaria dell'imposizione di registro come tributo .sugli atti privati o giudiziali, tale cio da non ammettere il frazionamento del contenuto e l'individuazione, nel suo contesto, di presupposti d'imposta oggettivamente e soggettivamente diversi. Non esattamente invocato in proposito l'effetto c.d. documentaiivo e rappresentativo della sentenza rispetto alle convenzioni in essa richiamate e soggette all'imposta di titolo. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Tale effetto, invero, mentre esprime la funzione probatoria documentale svolta dalla sentenza a seguito degli accertamenti che in essa siano contenuti, non comporta sicuramente estensione dei limiti soggettivi di rilevanza degli atti e delle convenzioni dedotte, cosi come l'eventuale efficacia della cosa giudicata formatasi sugli accertamenti che le concernono, senza alcun vincolo di inscindibilit, non potrebbe riguardare dal lato attivo o passivo i soggetti delle pretese non aventi causa dalle convenzioni medesime. Deve pertanto, e nei sensi suindicati, essere dichiarata la illegittimit dell'art. 93, n. 2, nella disposizione in cui si consente l'imposizione del tributo di registro anche sulle parti che abbiano proposto domande principali e riconvenzionali, ma che siano rimll.ilte del tutto estranee al titolo considerato nella sentenza o in altro provvedimento giurisdizionale, titolo assunto quale indice rivelatore di ricchezza soggetta a prelievo fiscale. 4. -La seconda questione riguarda i procuratori costituiti in giudizio cui la norma impugnata, come sopra accennato, impone l'obbligo di pagamento limitatamente alle cos dette tasse giudiziali e in solido con le parti istanti o che fanno uso delle sentenze o degli altri provvedimenti giudiziari. Alla norma stessa rivolta la censura di incom,patibilit con il principio dell'art. 53, primo comma, Cost., giacch, si assume, non sussisterebbe nei confronti dei soggetti predetti un indice di collegamento con il presupposto dell'imposta, sufficiente a giustificare l'imposizione. L'interesse dei procuratori alla retribuzione delle prestazioni professionali risulterebbe, infatti, del tutto indipendente da quelli regolati con la sentenza soggetta a registrazione e considerati dalla legge come para~ metro dell'imposizione. La questione fondata. 5. -In merito alla estensione dell'obbligazione solidale per le tasse giudiziali a carico dei procuratori che si siano costituiti in giudizio in rappresentanza dei propri clienti, si rilevato dall'Avvocatura che essi sono chiamati a rispondere dell'adempimento di un'obbligazione tributaria rifertbile ad un presupposto di cui sono partecipi soltanto i rispettivi clienti. Si riconosce, cio, essere i procuratori estranei a quelle situazioni e fatti di cui la sentenza d atto ed ai quali la legge ha riguardo ai fini della imposizione tributaria. Essi sono indicati, tuttavia, quali soggetti passivi di una misura fiscale, inquadrata nell'ambito di una responsabilit d'imposta, il cui tratto saliente quello di garanzia e rafforzamento dell'adempimento del debito altrui. ~: ~~ ~: t f.~ ~\ PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 961 La loro responsabilit risulta cosi preordinata all'interesse del fisco alla realizzazione del credito d'imposta, senza che emerga dall'interpretazione della norma in questione alcun elemento che valga a collegare razionalmente, come invece avviene per altre categorie di responsabili d'imposta, l'obbligazione dei procuratori al presupposto del tributo. Senza attardarsi nelle dispute circa la definizione della posizione giuridica dei soggetti in questione, va ricordato che le prestazioni del procuratore legale so.no dall'ordinamento considerate servizio di pubblica necessit e costituiscono, normalmente, strumento necessario per l'esercizio del diritto di difesa garantito dalla Costituzione (art. 24). Agli stessi procuratori l'ordinamento impone l'obbligo di assumere il patrominio legale; la legge stessa, per vero, prevede il rifiuto dell'incarico per giusto motivo, ma appare quanto meno dubbio, al lume dei principi giuridici e di deontologia professionale, che sia sempre giustificato il diniego di prestazioni legali in caso di mancato o di inadeguato deposito dei fondi occorrenti per sostenere le spese giudiziali ed in particolare quelle, il cui ammontare oltre tutto non agevolmente preventivabile, inerenti alla registrazione del provvedimento cosi come invece preveduto in altri casi di legge. Da quanto sopra emerge .che il rapporto intercorrente fra il procuratore legale e il cliente, per quanto concerne la rappresentanza giudiziale, non consente alcun razionale collegamento con il presupposto del tributo di registro. N un simile collegamento pu basarsi su di un supposto interesse del procuratore alla decisione; interesse che , invece, diretto al conseguimento dei compensi preveduti dalle tariffe vigenti ed ha fondamento nella prestazione professionale e non certo nella pronuncia giudiziale. Da queste considerazioni deriva che l'art. 93, n. 2, della legge di rgeistro deve essere dichiarato illegittimo per la parte in cui pone a carico dei procuratori legali la responsabilit per il pagamento delle c.d. tasse giudiziali. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 6 luglio 1972, n. 121 -Pres. Chiarelli - Rel. Trimarchi -Gualtieri (avv. Mazzei e Simi) e Presidente Consiglio dei JV[inistri (Sost. avv. gen. dello Stato Tarin). Lavoro -Norme sui licenziamenti individuali -Inapplicabilit ai diri genti -Illegittimit costituzionale -Esclusione. (Cost., art. 3; 1. 15 luglio 1955, n. 604, art. 10). Non fondata, con riferimento al principio di eguaglianza, la que. stione di legittimit costituzionale dell'art. 1 O legge 15 luglio 1966, 962 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO n. 604, contenente norme sui licenziamenti individuali, nella parte in cui esclude che le norme stesse si applichino ai dirigenti (1). (Omissis). -2. -Si assume dai tre pretori che, disponendo il citato art. 10 che le norme della legge di cui fa parte, si applicano nei confronti di prestatori di lavoro che rivestano la qualifica di impiegato e di operaio, ai sensi dell'art. 2095 del codice civile , le stesse norme non siano applicabili nei confronti dei prestatori di lavoro subordinato, aventi la qualifica di dirigenti. Per codesti prestatori di lavoro subordinato si avrebbe una disciplina legislativa diversa da quella dettata per gli impiegati ed operai. E sfocome le situazioni di fatto e di diritto dei dirigenti e degli impiegati ed operai sarebbero eguali, il trattamento differenziato in tal modo posto in essere, sarebbe in contrasto con il principio di eguaglianza. 3. -Si ritiene anzitutto che siano eguali le situazioni di fatto e di diritto dei dirigenti, da una parte e degli impiegati ed operai, dall'altra. L'eguaglianza delle due situazioni discenderebbe, secondo il pretore di Milano, dagli artt. 2060, 208'6, 2094, 2095, 2.096 e seguenti del codice civile, e 96 e 98 delle disposizioni per l'attuazione dello stesso codice; e dagli artt. 4, 6 e 10 del r.d.l. 13 novembre 1924, n. 1825, convertito nella legge 18 marzo .1926, n. 562, sul contratto di impiego privato; e secondo il pretore di Reggio Calabria, dalle norme che allo stato regolano 1a categoria dei dirigenti amministrativi e tecnici e cio di detti artt. 2'060, 2.086, 2094 e 2095 del codice civile e dal detto r.d.l. n. 18i25 del 1924, nonch dal r.d.l. 15 marzo rn23, n. 692, art. 1; dall'art. 3 del regolamento approvato con !r.d. 10 settembre 1923, n. 19,5'5; dall'art. 3 del regolamento approvato con il r.d. 10 settembre 1923, n. 1056; dalla legge 22 febbraio 1934, n. 370, art. 1; e dalla legge 18 aprile 1962, n. 230, artt. 1 e 4. Senonch, a parte il fatto che da alcune delle anzidette fonti (come dagli artt. 2060, 2094 e 2096 e seguenti .del codice civile e dal r.d.l. n. 1825 del 1924) nulla pu ricavarsi in favore dell'asserita uguaglianza delle situazioni di fatto e di dinitto dei dirigenti e delle altre categorie di prestatori di lavoro subordinato, gli artt. 2086 e 2095 del codice civile, e quest'ultimo unitamente agli artt. 95 e 96 delle disposizioni per l'attuazione dello stesso codice, precisano che nell'ambito (1) La questione era stata sottoposta all'esame della Corte con ordinanze emesse: il 1 agosto 1970 dal pretore di Milano (Gazzetta Ufficiale n. 87 del 7 aprile 1971); il 9 luglio 1971 dal (pretore di Marano di Napoli (Gazzetta Ufficiale n. 259 del 13 ottobre 1971); il 31 agosto 1971 dal pretore di Reggio Calabria (Gazzetta Ufficiale n. 323 del 22 dicembre 1971). Per precedenti, specie dottrinali, cfr. Foro it., 1972, I, 2731. PARTE I, .SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 963 dell'impresa accanto all'imprenditore vi sono i prestatori di lavoro subordinato e che questi si distingono in dirigenti amministrativi o tecnici, impieg,ati e operai, sulla base dei requisiti di appartenenza a.ne singole categorie determinati dalle leggi special e dalle norme di autonomia collettiva in relazione a ciascun ramo di produzione e alla particolare struttura dell'impresa. Anteriormente al 1942 i dirigenti avevano trovato una prima, anche se non specifica, considerazione nella legge 15 giugno 189'3, n. 2,95, art. 14, comma secondo, in cui sia pure ai limitati effetti di essa, i di;rettori e gli amministratori di fabbriche o imprese industriali che davano abitualmente lavoro a non meno di 50 operai, erano posti sullo stesso piano degli industriali. Al personale direttivo delle aziende, ,poi si erano riferiti il r.d.l. n. 692 del 192:3 sull'orario di lavoro e i relativi regolamenti approvati con i rr.dd. nn. 1955 e 1956 del 1923. Ancora, la legge sull'impiego pr~vato (r.d.L n. 1825. del 1924, convertito nella legge n. 562 del 19126) aveva riservato agli impiegati di grado pi elevato un trattamf}nto di maggor favore in caso di licenziamento. Inoltre, il r.d.l. 1 luglio 1926, n. 1.130, aveva prescritto che il personale dirigente dovesse far parte di associazioni sindacali autonome distinte da tutte le .altre, ma inserite nell'organizzazione degli imprenditori. Ed infine al personale avente funzioni direttive con responsabilit dell'andamento dell'azienda o dei servizi, non erano state applicate le norme di cui alla legge n. 370 del 1934 sul riposo domenicale e settimanale e neppure quelle poste con la legge 10 gennaio 19315, n. 112, sull'istituzione del libretto di lav'oro. Il legislatore del 1942, con le sopracitate norme, quindi ha preso atto di una realt giuridica e normativa gi esistente ed ha tenuto altres conto della specifica e distinta regolamentazione collettiva. Successivamente a quella data e fino ad oggi, sul piano legislativo e su quello della contrattazione. collettiva, ha avuto conferma e sviluppo il precedente orientamento volto a fare dei dirigenti una categoria a s stante di prestatori di lavoro subordinato. Di codesto indirizzo sono sicuri segni l'esclusione dei dirigenti dalla disciplina del cosiddetto blocco dei licenziamenti (d.g.Igt. 21 agosto 1945, n. 523; d.lg.lgt. 9 novembre 1945, n. 788, e d.Ig.lgt 3,febbraio 1946, n. 50) e dall'obbligo della assunzione tramite gli uffici di collocamento (art, 11, terzo comma, n. 2, della legge 29 aprile 1949, n. 264); nonch la possibilit di richiesta nominativa per l'assunzione di impiegati amministrativi e tecnici con mansioni direttive n agrcoltura (art. 11, comma secondo, Jett. a, del d.l. 3 febbraio 1970, n. 7, convertito nella legge 11 marzo 1970, n. 83); ed infine, la mancata applicazione delle forme di previdenza previste gli gli altri dipendenti; e cos pure delle limitazioni poste dalla legge n. 230 del 1962. 964 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO In sede sindacale, poi, i dirigenti godono di un inquadramento autonomo; e gli atti di autodisciplina collettiva (sino al contratto collettivo nazionale del 29 luglio 1970 per i dirigenti di aziende industriali) pongono del pari discipline autonome (ed in quanto assoggettate al regime della legge n. 741 del 1959, operanti erga omnes con la valorizzazione della categoria sul piano normativo) . Tutto ci conduce a ritenere che la categoria dei dirigenti presenta peculiari caratteristiche che sono oggetto di una disciplina particolare e trova riscontro nella definizione che del dirigente viene offerta in giurisprudenza ed in terrriini, nella sostanza, sufficientemente costanti. A caratterizz,are la categoria dei dirigenti si ritiene che concorrano la collaborazione immediata con l'imprenditore per il coordinamento aziendale nel suo complesso od in un ramo importante di esso; il carattere fiduciario della prestazione; l'ampio potere di autonomia neWattivit direttiva; la supremazia gerarchica su tutto il personale dell'azienda o di un ramo importante di essa, anche senza poteri disciplinari, ma sempre con poteri organizzativi; la subordinazione esclusiva all'imprenditore o ad un dirigente superiore; e l'esistenza di un potere di rappresentanza extra o infraziendale. Ora, tali aspetti del fenomeno che peraltro non devono in concreto tutti specificamente concorrere perch il prestatore di lavoro subordinato possa e debba essere qualificato dirigente, servono certamente, in una loro considerazione complessiva, a evidenziare la particolare posizione che il dirigente ha nell'ambito dell'impresa ed a fare intendere come di codesta posizione sia dato cogliere l'essenza solo attraverso la valutazione delle relazioni che intercorrono tra l'imprenditore ed il dirigente tra questo e gli altri prestatori di lavoro subordinato. a tal riguardo appena il caso di osservare come le categorie dei dirigenti, degli impiegati e degli operai non determinino dei salti nella scala gerarchica dei prestatori di lavor,o e come invece si passi da una categoria all'altra e ,particolarmente da quella degli impie,gati a quella dei dirigenti, attraverso qualifiche intermedie. Con ci, per, non si mette in forse la realt e legittimit della categoria in esame, con le sue note caratterizzanti le quali sono affatto evidenti solo che l'impresa nella quale il dirigente sia inserito, possegga date dimensioni. Anche se non rimane escluso, tenuto conto che in sede collettiva le norme dettate per il rapporto di impiego valgono anche per i dirigenti, in quanto compatibili (art. 17 del citato contratto collettivo nazionale del 1970 per i dirigenti di aziende industriali), che, sempre nei limiti della compatibilit ed evidentemente in relazione alle note che caratterizzano la categoria dei dirigenti ed alle circostanze del singolo caso, possano valere per gli stessi le norme legislative dettate per gli impiegati. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 965 Al dirigente, in sostanza, che occupa il posto pi elevato nella scala gerarchica dei prestatori di lavoro subordinato, assicurata nell'impresa una posizione che trova nel potere direttivo la sua pi vera qualificazione. L'imprenditore, singolo o collettivo, ha nel dirigente il collaboratore che lo sostituisce o lo assiste nello svolgimento delle funzioni che gli sono proprie, e l'esecutore, con discrezionale responsabilit, delle sue direttive. Appare per ci essenziale che in tal caso tra l'imprenditore ed il dirigente s'instauri e si mantenga un rapporto di reciproca fiducia e di positiva valutazione, ed in armonia .con codesta esigenza che. il rapporto possa venir meno per determinazione unilaterale solo che soggettivamente vengano considerate cessate le condizioni idonee a soddisfare la detta esigenza. Si pu pertanto ritenere, senza bisogno di far ricorso a formule o qualit che non sempre rispecchiano la realt effettuale del fenomeno colto nel suo complessivo accadere, che la situazione dei dirigenti non di per s eguale o assimHabile a quella degli impiegati ed operai. 4. -Non si pu ritenere d'altra parte che il legislatore del 1966 abbia ecceduto dai suoi poteri in sede di valutazione della situazione materiale e giuridica dei dirigenti considerata in s e raffrontata a quella degli impiegati ed operai. In effetti il rapporto di lavoro dei dirigenti presenta caratteristiche ed offre garanzie per cui pu ben essere considerato come speciale; e proprio tali caratteristiche e garanzie sono le note differenziali nei confvonti dell'ordinario rapporto di lavoro subordinato. ' Analogamente a quanto avvenuto per le altre categorie di lavoratori subordinati, per i dirigenti la legge n. 604 ha sostanzialmente tenuto conto dello stato della regolamentazione collettiva. Per essi in particolare si avuta la conferma della pertinenza di una disciplina che leggi anche recenti (come la n. 230 del 1962), contratti collettivi e accordi resi esecutivi erga omnes e contratti collettivi successivi avevano posto in essere. Dato ci e considerato altresi che le norme che regolavano il rapporto dirigenziale non sono state abrogate n espressamente n tacitamente, appare del tutto conseguenziale e logico che sul terreno dello scioglimento unilaterale del rapporto dirigenziale, continuino ad aver vigore le regole legislative e convenzionali preesistenti, fermo rimanendo che le stesse si accrescano e si evolvano per la migliore tutela della categoria, in forza delle nuove e pi recenti pattuizioni di autonomia collettiva ed eventualmente con disposizioni legislative, in coerenza con la specialit della materia. 966 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 5. -Il pretore di Reggio Calabria ritiene che l'art. 10 sia illegittimo costituzionalmente tra l'altro nella parte in cui esclude che sia applicabile ai dirigenti l'art. 9 in forza del quale l'indennit di anzianit dovuta al prestatore di lavoro in ogni caso di risoluzione del rapporto di lavoro . Decisa nei sensi anzidetti la questione di legittimit costituzionale dell'art. 10 'in generale, e cio affermato che la disciplina relativa ai licenziamenti unilaterali per giusta causa e per giustificato motivo non si riferisce, e senza alcun contrasto con l'art. 3 della Costituzione, ai dirigenti, il regime dell'indennit di anzianit per codesta categoria di prestatori di lavoro fissato, in termini sostanzialmente eguali a quelli posti dall'art. 9 della legge n. 604, e con portata generale, dall'art. 2120 del codice civile, cos come risulta a seguito delle sentenze n. 75 del 1968 e n. 204 del 1971, e, per i dirigenti di imprese tndustriali, dall'art. 12 (nel testo risu~tante dalla sentenza n. 7 del 1971 di questa Corte) del contratto collettivo nazionale del 31 dicembre 1948 reso efficace erga omnes dal d.P.R. 2 gennaio 1962, n. 483. La questione quindi, anche sotto il profilo in esame, non pu non a,pparire infondata. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 6 luglio 1972, n. 122 -Pres. Chiarelli - Rel. Capalozza -Romano (n. c.). Procedimento penale -Sentenze, ordinanze, decreti -Correzione di errori materiali -Mancata previsione della assistenza di un di fensore -Illegittimit costituzionale. (Cost., artt. 24, 3; c.p.p., art. 149, comma primo). costituzionalmente illegittimo, con riferimento ai principi di difesa e di eguaglianza, la questione di legittimit costituzionale dell'art. 149, primo comma, codice procedura penale, nella parte in cui non prevede che all'interessato, il quale non abbia un difensore di fiducia, sia nominato un difensore di ufficio, e che sia notificato al difensore l'avviso della data di discussione (1). (1) La questione era stata sottoposta all'esame della Corte con ordinanza emessa il 26 ottobre 1970 dal Pretore di Napoli (Gazzetta Uffeciale n. 22 del 27 gennaio 1971). Il Giudice costituzionale .con sentenza 14 aprile 1969, n. 83, richiamata in motivazione (in questa Riassegna, 1969, I, 1, 611) aveva gi rilevato che l'art. 149, primo'comma, codice procedura penale, con il quale disciplinato il procedimento per la correzione degli errori materiali delle sentenze, delle ordinanze e dei decreti, prescrivendo la citazione, se possibile, della parte che vi ha interesse, con la limitazione posta da dett<> PARTE J:, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 967 (Omissis). -1. -Il pretore di Napoli ha sollevato questione di legittimit costituzionale dell'art. 149 del codice di procedura penale, nelle parti .in cui non prevede la nomina d'ufficio di un difensore, ove l'interessato non l'abbia nominato di fiducia, n la notifica al difensore dell'avviso del giorno fissato per la discussione, in riferimento agli artt. 3 24 della Costituzione. 2. - da premettere che l'ammissibilit della procedura di correzione ex art. 149 c.p.p. ritenuta dal giudic~ a quo sulla base dell'art. 82 dello stesso codice, implicitamente richiamato dall'art. 476, che prevede, nel n. 1, la rettificazione delle generalit dell'imputato o di altre persone nella sentenza (e il decreto penale ha carattere sostanziale di sentenza). Vero , per, che l'interessata rimasta estranea, gi nella fase cognitiva, al rapporto processuale di specie, sicch mancherebbe il presupposto (richiesto dalla giurisprudenza della Cassazione) della immutabilit della condizione dell'imputato, non esistendo qui una precedente condizione processuale. Problema che, per quanto non rientri nella promossa questione, tuttavia da tenere presente, perch vi sono casi in cui sarebbe posta in essere una lesione particolarmente vistosa del diritto di difesa, qualora questo non fosse pienamente garantito, nel procedimento disciplinato dal denunziato art. 149, nel duplice a.spetto personale e tecnico-professionale. 3. -Per ci che attiene alla difesa personale, questa Corte s1 e gi pronunziata con su sentenza n. 83 del rn69, che ha dichiarato l'illegittimit dell'art. 149, primo comma, cod. proc. pen., limitatamente all'inciso se possibile ., sotto il profilo dell'art. 2.4 Cost., per far s che venga garantita -a tutte le parti -la possibilit di opporsi, mediante l'esercizio del diritto di difesa, alla richiesta correzione. Ma gli che tale esercizio non sarebbe pieno, se non fosse dato ingresso al difensore: tra l'altro, essendo l'ordinanza, che dispone la correzione, ricorribile in cassazione, il pretore ha esattamente rilevato che, con la esclusione de_l difensore, si viene a sottrarre all'imputato il diritto di poter proporre l'impugnazione anche tramite il difensore stesso, ex art. 192, ultimo comma, cod. proc. pen. . inciso non attua in ogni caso il princ1rp10 del contraddittorio e pertanto viola l'rt. 24 della C:ostituzione. Per la sentenza rn maggio 1970, n. 69 relativa alla necessit, nell'incidente di esecuzione, della nomina di un difensore di ufficio, in mancanza di uno di fiducia, v. in questa Rassegna, 1970, I, 1, 501. La sentenza 16 dicembre 1970, n. 190, leggesi in questa Rassegna, 1971, I, 1, 14. 968 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 4. -Se si accede alla tesi che il modello di tutti i procedimenti incidentali, compreso quello della correzione dell'errore materiale, sia l'incidente di esecuzione previsto dagli artt. 628 e seguenti ,cod. proc. pen., va rihiamata la sentenza n. 69 del 1970 di questa Corte, la quale ha deciso che, nell'incidente di esecuzione, necessaria la nomina del difensore d'ufficio, quando non ve ne sia gi uno di fiducia. '5. -Comunque, si faccia o non si faccia richiamo agli artt. 628 e seguenti: cod. proc. pen., l'art. 24 Cost. postula l"esi,genza della nomina obbligatoria del dtfensore (e, nel primo caso, della notificazione dell'estratto dell'ordinanza, a mente dell'art. 631 .p.p.; nel secondo caso, della notifica dell'avviso dell'avvenuto deposito, a mente dell'art. 151, terzo comma, dello stesso codice). 6. -La norma denunziata viola anc;he l'art. 3 Cost. per la diversa posizione attribuita al pubblico ministero e alle altre parti, dato che, ai sensi dell'art. 76 c.p.p., nel corso di ogni procedimento penale, il giudice non pu, a pena di nullit (art. 185, n. 2, c.p.,p.), deliberl:\re, se non sia stato sentito il pubblico ministero, tenuto a proporre richieste motivate e conclusioni specifiche (salvo, s'intende, le eccezioni allorch il procedimento sia di competenza pretoria). Si richiama, all'uopo, la sentenza n. 190 del 1970 di questa Corte (vedasi pure la sentenza n. 62 del 1971). CORTE COSTITUZIONALE, 6 luglio 1972., n. 123 -Pres. Chiarelli - Rel. Oggioni -Casilli (n. c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Azzariti). Reato -Descriminante dell'ordine superiore -Illegittimit costituzionale -Esclusione. (Cost., artt. 28, 3; c.p., art. 51, ultimo comma). Non fondata, sia con rife1imento al principio della responsabilit personale dei funzionari pubblici, sia con riferimento al principio di eguaglianza, la questione di leigitUmit costituzionale dell'art. 51, ultimo comma, codice penale, che prevede la non punibilit dell'agente p,er ordine superiore non sindacabile (1). (1) La questione era stata sottoposta all'esame della Corte con ordinanza emessa il 21 maggio 1970 dal Pretore di Castelnuovo di Garfagnana (Gazzetta Uffi,ciale n. 222 del 2 settembre 1970). Per riferimenti vari, cfr. Foro it., 1972, I, 2727. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 969 (Omissis). -2. -La questione non fondata. Il richiamo all'art. 28 della Costituzione, per desumerne, premessa l'equivalenza tra responsabilit diretta e responsabilit personale., l'assoluta inderogabilit di quest'ultima, dovendo prevalere in ogni caso il principio di legalit sul principio di autorit, non richiamo idoneo a sostenere l'assunto di incostituzionalit. Infatti, l'art. 28 non generalizza ma espressamente riconduce il concetto di responsabilit a quanto dispongono le leggi penali, civili e amn;iinistrative: cio, come questa Corte ha ritenuto con la sentenza n. 2: del 1968, la norma rinvia alle leggi ordinarie, che codesta responsabilit disciplinano variamente per categorie o per situazioni . Ci, analogamente a quanto dispone l'art. ,97, comma secondo, della Costituzione nel comprendere le responsabilit proprie dei funzionari come elementi essenziali ai singoli ordinamenti dei pubblici uffici. Il rinvio alle leggi ordinarie significa, pertanto, rtnvio alla disciplina positiva cui assoggettata, nelle leggi stesse, la responsabilit soggetiva dei funzionari e dei dipendenti, anche in considerazione di regole particolari, che, in deroga alle regole comuni, determinino il contenuto ed i limiti di detta responsabilit. Come precisato nella suindicata sentenza di questa Corte, la disciplina dei limiti pu essere variamente individuata anche per categorie di soggetti o per speciali situazioni. Tale, appunto, come esempio caratterizzante, che inerisce, nel caso, all'oggetto del procedimento a quo, la categoria e la situazione di quegli organi, che, come I'Arma dei Carabinieri, fanno parte, direttamente o per equiparazione, dell'Amministrazione mlitare dello Stato. Per questi ol"lgani vigono norme particolari che pongono come primario il dovere di obbedienza dell'inferiore in grado al superiore, restringono il potere di sindacato degli ordini attinenti al servizio, puniscono il rifiuto, l'omissione e il ritardo nella loro esecuzione. Ci risulta testualmente dagli artt. 40 e 173 del codice penale militare di pace, che costituiscono, rispettivamente, adattamenti specifici della situazione normativa generale di cui agli artt. 51, ultimo comma, e 3'29 del codice penale. Ne consegue che l'art. 51, ultimo comma, c.p., in luogo d'essere tn contraddizione con l'art. 28 della .Costituzione, viceversa fa parte df un sistema che vi si adegua, in quanto entrambi gli articoli contengono un richiamo alla legge come regolatrice di determinati rapporti e non come espressione di un principio uniforme e livellatore. Il dubbio, prospettato nell'ordinanza, secondo cui il riconoscimento della legittimit dell'art. M, ultimo comma, c.p. condurrebbe all'inammissibile conseguenza di ritenere legittima la compressione di fondamentali diritti di libert individuale, non fondato. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Va considerato che l'esenzione da pena accordata dall'art. 51 agli esecutori di ordini illegittimi (sempre subordinatamente al verificarsi di determinate condizioni, il cui accertamento spetta al giudice di merito) non discriIico ufficiale che ha dato l'ordine, risponde sempre del reato, dall'altro lato la responsabilit dell'esecutore affermata in via di principio (terzo comma) salvo esclusione per errore di fatto dell'agente (stesso comma) o per situazione speciale prevista da legge (ultimo comma). 3. -Quanto si osservato al punto precedente, vale ad escludere la fondatezza della questione, anche sotto il pry:ofilo di cui all'art. 3, della Costituzione. La denunciata disparit di trattamento non esiste, sia se considerata in rapporto a categorie affini, ma non uguali nel loro ordinamento (agenti di p.s.) sia, tanto pi, se considerata in rapporto a categorie diverse (dipendenti civili, funzionari di p.s.): il tutto in difetto di quei criteri di omogeneit di situazione, che caratterizzano l'ambito di applicazione dell'art. 3 della Costituzione. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 6 luglio 1972, n. 124 -Pres. Chiarelli - Rel. Capalozza -Canova Gelli (n. c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Giorgio Azzariti). Procedimento penale -Formula di proscioglimento per insufficienza di prove -Illegittimit costituzionale -Esclusi01:1e. (Cost., art. 27, secondo comma; c.p.p. art. 479, terzo comma). Non fondata, con riferimento al principio della presunzione di non colpevolezza dell'imputato, la questione relativa all'art. 479, terzo comma, codice procedura penale sulla formula di proscioglimento per insufficienza di prove (1). (Omissis). -Il pretore di Dolo dubita che la formula di assoluzione per insufficienza di prove (in giudizio: art. 479, terzo comma, del co dice di procedura penale) sia in contrasto con l'art. 27, secondo comma, della Costituzione. La questione non fondata. (1) La questione era stata sottoposta all'esame della Corte con ordinanza emessa il 13 aprile 1970 dal pretore di Dolo (Gazzetta Uff. n. 286 del1' 11 novembre 1970). Per richiami dottrinali, Foro it. 1972 I, 1897; in giurisprudenza cfr. Corte Cost. 14 luglio 1971, n. 175 in questa Rassegna, 1971, I, 1, 1298 e Cass. 19 novembre 1971, in Foro it. 1972, II, 121 (nota di M. BoscHI). PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 971 Questa Corte ha avuto occasione di affermare (sia pure a fini diversi da quello che viene oggi in questione) che la disposizione dell'art. 27, secondo comma, Cost., nel dichiarare che l'imputato non considerato colpevole sino alla condanna definitiva, vuol garantirgli la esclusione della presunzione di colpevolezza durante tutto lo svolgimento del rapporto processuale (sent. n. 107 del 1957; vedasi anche sent. n. 115 del 1964): la condizione giuridica di imputato - stato osservato -si ricollega al processo, mentre la condizione giuridica di condannato, cio di colpevole, segue il processo., E ci, sia alla stregua del concetto stesso di colpevolezza (lato sensu), che per la dottrina generale del reato comunemente intesa come presupposto indispensabile per l'appHcazione della pena; sia in conformit alla espressione testuale usata dall'Assemblea Costituente, che, nel contrasto delle opinioni, non ha sancito l presunzione di innocenza, ma, con l'emendare l'originaria proposta della I Sottocommissione, ha voluto presumibilmente asserire che durante il processo non esiste un colpevole, bens soltanto un imputato. 1. -Nel nostro sistema e nella terminologia corrente, dunque, la condizione di non colpevole non sembra identificarsi con quella di innocente: chi, durante il processo, non colpevole pu essere giudicato, con la sentenza definitiva, innocente oppure colpevole. Se fosse vero il contrario, sarebbe illegittima ogni misura di carcerazione preventiva, che , invece, ammessa dall'ultimo comma dell'art. 13 Cost. (vedasi.la sent. n. 64 del 1970 di questa Corte), e, al limite, sarebbe illegittima -contrariamente a quanto dichiarato da .questa Corte con sentenza n. 78 del 1969 -l'applicazione provvisoria di pene accessorie e~ artt. 140 del codice penale e 301 del codice di procedura penale. 3. -Secondo la giurisprudenza della Corte di cassazione, l'assoluzione per insufficienza di prove presuppone una serie incompleta di elementi di responsabilit, ovvero la sussistenza di elementi probatori di accusa che possono di per se stessi giustificare un'affermazione di colpevolezza e, insieme, quella di altri elementi favorevoli che, pur senza svalutare i primi, sono tali da legittimare l'incertezza. La quale rispecchia, nel giudice di merito, l'impossibilit a vincere gli ostacoli che la realt processuale frappone alla scoperta e alla ricostruzione della verit. Orbene, se il presidio costituzionale della presunzione di non colpevolezza importa che non sia la mancanza di prove di innocenza, ma la presenza di pertinenti e concludenti prove a carico a giustificare una sntenza di condanna (sent. n. 175 del 1970 di questa Corte); non va dimei;iticato che, nella realt, l'insufficienza di prove pu riguardare una vasta gamma di situazioni (la sussistenza del fatto materiale; la commissione o la partecipazione al fatto; l'elemento psicologico; i presupposti del RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 972 reato; le condizioni di punibilit; le cause di esclusione del reato o di esenzione dalla penal). E l'assoluzione per insufficienza di prove, la quale -come ha giustamente posto in rilievo l'Avvocatura generale dello Stato - il risultato concreto di un giudizio, che non sempre pu superare la perplessit -manifestazione di raziocinio e momento ineliminabile del pensiero -, lungi dal confliggere col principio di non colpevolezza, apertamente lo convalida, dappoich tutte le sentenze di proscioglimento, nella molteplicit delle formule adottate nel dispositivo, hanno in comune il riconoscimento della non fondatezza dell'azione penale. 4. -Vi , poi, da tener conto della imprescindibilit della motivazione (art. 111 Cast.), che, come noto, il maggior impegno del giudice, perch deve contenere la ricostruzione logica e critica delle prove, per dare ragione della fondatezza della pronunzia e soddisfare le esigenze di giustizia dei consociati (e la contraddittoriet e la mancanza, in un'accezione non restrittiva, della motivazione sono censurabili in Cassazione: art. 475, n. 3, cod. proc. pen.): la valutazione e la enunciazione della insufficienza delle prove per la condanna dovrebber:o pur sempre essere contenute nella sentenza, anche se la legge non prevedesse l'assoluzione con formula dubitativa. 5. -L'Avvocatura dello Stato afferma che le stesse considerazioni fatte per l'art. 27, secondo comma, Cast., valgono a dimostrare che la disposizione impugnata non contrasta neppure con l'art. 6, paragrafo 2, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libert fondamentali (firmata a Roma il 4 novembre 1950 e ratificata e resa esecutiva dall'Italia con 1. 4 agosto 1955, n. 848), il quale reca: Ogni persona accusata di un reato presunta innocente sino a che la sua colpevolezza non sia stata legalmente accertata. Si apre qui un problema di interpretazione e di coordinamento affidato al giudice ordinario: problema che parrebbe debba risolversi nel senso della identit sostanziale di significato delle dizioni dell'art. 27, secondo comma, Cost., e di detto art. 6, paragrafo 2, e di un allineamento di questo a quello, dato che la Convenzione contiene norme sulla carcerazione preventiva (art. 5, lett. b e c), che sembrano incompatibili con la presunzione di innocenza, ma conciliabili con la presunzione di non colpevolezza. 6. - indiscutibile, per altro, che il proscioglimento per non provata reit rende possibile che l'imputato, quantunque assolto, subisca conseguenze a lui sfavorevoli, che discendono anche da disposizioni di legge : art. 604 cod. proc. pen. (vedasi pure l'art. 606 dello stesso codice); art. 64, primo comma, disp. att. cod. proc. pen. 28 maggio 1931, n. 602. Ma codeste disposizioni non sono oggetto della dedotta impugnativa. -(Omissis). PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 973 CORTE COSTITUZIONALE, 6 luglio 1972, n. 125 -Pres. Chiarelli - Rel. Reale -Torrini (n. c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Savarese). Procedimento civile -Compenso al consulente tecnico -Liquidazione senza contraddittorio e senza motivazione -Ille~ittimit costi tuzionale -Esclusione. (Cost., art. 24, III; r.d. 18 dicembre 1941, n. 1368, art. 24, primo comma). Non fondata, con riferimento al diritto di difesa ed all'obbliga di motivazione, la questi"one di legittimit costituzionale de-ti'art. 24, primo comma, disposizioni di attuazione del codice di procedura civile (r. d. 18 dicemb1e 1941, n. 1368) sulla liquidazione del compenso al consulente tecnico (1). (Omissis). -Nell'art. 24, primo comma, delle disposizioni di attuazione del codice di procedura -civile (approvate col r. d. 18 dicembre 1941, n. 1368) stabilito che la liquidazione del compenso al consulente-tecnico fatta con decreto del giudice che lo ha nominato. Il decreto costituisce titolo esecutivo contro la parte a carico della quale posto il pagamento. Nel secondo comma previsto che il compenso 1 commisurato alle difficolt e durata delle indagini, tenuto conto della partecipazione del consulente alle udienze e dell'entit della materia controversa ed osser-. vate le tariffe esistenti approvate, dalla legge. Dopo aver richiamato l'art. 135, terzo comma, del codice di procedura civile, nel quale disposto che il decreto non motivat.o salvo chela motivazione sia prescritta espressa~ente dalla legge, il pretore di Orvieto, ha denunziata l'illegittimit della norma di attuazione sopramenzionata in riferimento agli artt. 24; primo e s~condo comma, e 111,. primo comma, della Costituzione: sotto un primo profilo, in quanto la norma non stabilisce che il decreto di liquidazione del compenso al consulente tecnico sia pronunziato in contraddittorio con il soggetto a caricodel quale posto il relativo obbligo di pagamento, mentre allo stesso non data potest di contestare la pretesa del consulente in successive fasi di (1) La questione era stata sottoposta all'esame della Corte con ordinanza emessa il 2 maggio 1970 dal pretore di Orvieto (Gazzetta Uff. n. 235 del 16 settembre 1970). Per la giurisprudenza deHa Cassazione alla quale si riferisce il giudice costituzionale in motivazione, dr. Cass. 9 giugno 1969, n. 2016, Foro it. rep. 1969, Cons. tecnico, n. 87. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO procedimento o in sede di impugnazione; sotto un secondo profilo, inoltre, nella parte in cui non viene disposto espressamente che il decreto predetto sia motivato. Le questioni non sono fondate. 2. -Sono noti i contrasti che la disposizione in esame ha suscitato fra gli interpreti impegnati nella ricerca volta a delineare, cos sul piano dogmatico come su quello applicativo, la configurazione giuridica del procedimento di liquidazione del compenso al consulente tecnico, i requisiti formali del decreto, i rimedi riservati alla parte condannata alla prestazione. Ma noto altres che, anche sulla base di orientamenti dottrinali, la ormai consolidata giurisprudenza della Corte di cassazione, con argomentazioni giuridiche alle quali si ritiene di aderire, ha ricondotto il decreto in esame fra i provvedimenti speciali a carattere monitorio, emessi dal giudice in via provvisoria e senza preventiva contestazione della domanda. Nell'ambito di questa categoria, ha precisato ancora la Corte di cassazione, detto decreto deve assimilarsi al decreto ingiuntivo disciplinato dagli artt. 633 e seguenti del codice di procedura civile nel titolo concernente i procedimenti sommari. Ad esso si ritenuto, in particolare, applicabile, con opportuni adattamenti procedurali, la normativa concernente l'opposizione degli interessati, ammettendosi contro il predetto decreto un mezzo di impugnazione idoneo ad introdurre un giudizio ordinario di cognizione anche si.Il merito della domanda creditoria, con l'osservanza della regola del contraddittorio. 3. -Considerata, quindi, in siffatta pi ampia p:r;ospettiva sistematica la disposizione impugnata, deve ammettersi che essa non preclude il co~traddittorio, ma ne differisce l'attuazione alla fase processuale di opposizione, nella quale appunto pu realizzarsi la piena cognizione del giudice sulle domande e sulle difese delle parti. In questa fase trova congrua applicazione la garanzia del diritto di difesa preveduta dall'articolo 24, primo e secondo comma, della Costituzione, la quale, come pi volte affermato da questa Corte, esige che siano assicurati effettivamente lo scopo e la funzione dialettica del processo, per l'attuazione dell'ordinamento giuridico secondo il principio di parit delle parti. Ma il diritto di difesa non resta infirmato dalla legge che ne adegua le modalit di esercizio alle speciali caratteristiche di struttura dei singoli procedimenti. 4. -Alla stregua dei criteri interpretativi sopra esposti deve ritenersi priva di fondamento altresi la questione sollevata dal giudice a quo in riferimento all'art. 111, primo comma, della Costituzione. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 975 L'obbligo della enunciazione, da parte del giudice, delle argomentazioni di fatto e di diritto che sorreggono il decreto medesimo, assoggettato come sopra detto alla disciplina monitoria, deriva ovviamente dalla natura giurisdizionale e dalle finalit decisorie di esso nonch dall'esigenza che attraverso la motivazione possa svolgersi concretamente, in sede di opposizione, il sindacato sul merito della decisione con speciale riguardo alle circostanze ed agli elementi di cui il giudice deve tener conto .ai fini della determinazione del compenso. Ci toglie congruenza al collegamento che il giudice del merito ha inteso ravvisare fra la norma impugnata e l'art. 135 del codice di procedura civile e fa ritenere adeguata la norma stessa al dettato costituzionale. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 6 luglio 1972, n. 126 -Pres. Chiarelli - Rel. Rossi -Verna (n. c.) e Presidente Constglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Savarese). Procedimento penale -Arresto in flagranza -Reato di ubriachezza Illegittimit costituzionale -Esclusione. (Cost., artt. 3, 13; c.p.p., art. 236, ultimo comma; c.p., art. 688). Non fondata, con riferirnento al principio di eguaglianza, ed manifestamente infondata con riferimento alla tutela della libert personale, la questione di legittimit costituzione dell'art. 236, ultimo com-. ma, codice di procedura penale, che consente l'arresto per chi sia colto in flagranza del reato di ubriachezza (1). La questione di legittimit costituzionale dell'art. 236, ultimo com ma, c.p.p. sollevata di ufficio dal pretore di Genova sotto due profili: a) se la norma impugnata non contrasti con il principio della uguaglianza dei cittadini davanti alla legge (art. 3 Cost.) in quanto prevede l'arresto facoltativo per il reato di ubriachezza semplice (arti (1) La questione era stata sottoposta all'esame della Corte con ordinanza emessa H 4 luglio 1970 dal pretore di Genova (Gazzetta Ufficiale n. 254 del 7 ottobre 1970). Il Giudice costituzionale ha pienamente condiviso la tesi sostenuta dall'Avvocatura dello Stato. Secondo. un .consolidato indirizzo dottrinario, l'ubriachezza uno dei fattori criminogeni pi insidiosi ed incontrollabili, talch la sua intrinseca pericolosit sociale rende indispensabile l'adozione di opportuni mezzi di prevenzione. Pertanto la previsione contenuta nella norma impugnata, essendo fondata su una valutazione discrezionale del legislatore, non arbitraria e ponderata, non contrasta con l'art. 3 della RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 976 colo 68'8, primo com.ma, c.p.), mentre non lo prevede per altre contrav venzioni punite pi gravemente, come la somministrazione di bevande alcooliche a persona gi ubriaca (art. 691 c.p.), o l'esercizio di giuochi d'azzardo (art. 718 c.p.); b) se la norma stessa non contrasti con l'art. 13 della Costituzione in quanto lo stato di ubriachezza manifesta in luogo pubblico o aperto al pubblico non rientrerebbe .in quei casi eccezionali di necessit ed urgenza indicati tassativamente dalla legge per cui l'autorit di pub blica sicurezza pu adottare misure provvisorie di limitazione della libert personale. Entrambi i rilievi sono infondati. A) Non vi lesione del principio di uguaglianza. Se il legisla tore ha ritenuto di dover prevedere l'arresto facoltativo di colui che viene colto in stato di manifesta ubriachezza e non di altri che siano sorpresi mentre commettono reati puniti con pena uguale ed eventual mente superiore a quella prevista dall'art. 688 c.p., ci ha fatto perch l'ubriachezza non pu considerarsi alla stregua delle altre contravven zioni. Essa costituisce un fattore di pericolosit specifica, ancora in atto durante il permanere dell'etilismo, indipendentemente dalla gravit del reato gi consumato. L'ubriachezza una delle cause criminogene pi comuni, tanto che nel nostro sistema penale, come del resto avviene in tutti i paesi civili, essa viene considerata, in una complessa serie di norme particolari : norma particolare, del tutto razionale e non confliggente col principio d'u~uaglianza, anche la previsione dell'art. 236, ultimo comma, del codice di procedura 'penale. L'arresto in flagranza dell'individuo colto in condizioni di manifesta ubriachezza una misura di pubblica cau tela che pu anche salvare l'incolumit della stesso arrestato e met terlo al riparo da eventuali responsabilit penali e civili. B) Quanto alla prospettata ipotesi di una violazione dell'art. 13, terzo comma, Cost., questa Corte con sentenza n. 173 del 1971 dichiar non fondata la questione di legittimit costituzionale dell'art. 236 del codice di procedura penale. Successivamente la Corte, ancora investita Costituzione. Le medesime considerazioni valgono ad escludere la viola zione dell'art. 13 della Costituzione poich dimostrano che il legislatore ha ravvisato, nell'ipotesi prevista dalla norma impugnata, uno dei casi in cui necessario ed urgente permettere misure restrittive al fine di evitare il pericolo che pu nascere per la collettivit dalla libert dell'ubriaco. D'altronde le misure consentite all'autorit di pubblica sicurezza -in . casi tassativamente indicati.-sono provvisorie e soggette ad immediato controllo dell'autorit giudiziaria. Per alcuni precedenti giurisprudenziali, cfr. Foro it., 1972, I, 2725. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 977 della questione proprio con riferimento a persona assoggettata a giudizio direttissimo perch colta in flagranza del reato di cui all'art. 688 c.p., ha emesso ordinanza di manifesta infondatezza (n. 107 del 1972), riaffermando che l'ebriet pu determinare, nei termini dell'art. 236, ultimo comma, c.p.p., la necessit e l'urgenza di un intervento dell'autorit di pubblica sicurezza, intervento che previsto dalla legge con l'autorizzazione all'arresto in flagranza. E poich non sono proposti motivi nuovi, la Corte non pu che confermare le proprie decisioni. ( Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 12 luglio 1972, n. 128 -Pres. Chiarelli - Rel. Verzi -Ghisoni (avv. Biamonti) Amministrazione Finanze dello Stato e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Savarese). Imposta di re~istro -Contratti verbali di appalto -Re~istrazione di ufficio -Esclusione della prova testimoniale contraria -Ille~itti mit costituzionale. (Cost., artt. 3, 24; r.d.I. 15 novembre 1937, n. 1924, art. 6, primo comma). fondata, con riferimento ai principi di eguaglianza e di difesa, la questione di legittimit costituzionale del primo comma dell'art. 6 r. d. l. 15 novembre 19:37, n. 1924, nella parte in cui esclude la prova testimo- niale per vincere la presunzione legale dell'esistenza di un contratto di .appalto (1). (Omissis).--:-L'ordinanza del tribunale di Genova denunzia, perviolazione degli artt. 3 e 2,4, secondo comma, della Costituzione, il primo comma dell'art. 6 del r. d. 1. 15 novembre 1937, n. 1924, che, in merito ~l pagamento dell'imposta di registro sui contratti di appalto di lavori (1) La questione era stata sottoposta all'esame della Corte con ordinanza emessa il 10 luglio 1970 dal Tribunale di Genova (Gazzetta Uff. n. 286 dell'll novembre 1970). In giurisprudenza, Cass. 7 settembre 1970, n. 1249, Foro it. rep. 1971, Registro n. 192; per la prova nel processo tributario, . U. GARGIULO, Sull'ammissibilit della prova testimoniale nel processo tributario, con riguardo .all'applicazione, riduzione o esenzione, dell'imposta di r0egistro ., nota a Cass. 30 giugno 1971, n. 2053 in questa Rassegna, 1971, I, pag. 914. 978 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO in caso di mancata presentazione della prescritta denunzia, dispone che, per procedere di ufficio, sufficiente che l'esecuzione del contratto risulti da fatti, da atti o da scritti, o da ogni altro elemento informativo adeguato che facciano presumere il negozio giuridico, ma, per il contribuente, pur ammettendo la prova contraria, esclude quella testimoniale. Deriverebbe da ci una ingiustificata discriminazione fra la pubblica Amministrazione ed il contribuente rispetto ai mezzi di prova ammessi in giudizio. La Corte non pu aderire alla tesi sostenuta dall'Avvocatura generale dello Stato che la presunzione della esistenza di un contratto di appalto, essendo prevista e regolata da una norma di legge, rientri nella categorie delle presunzioni legali, la cui legittimit in materia fiscale stata riconosciuta da varie sentenze di questa Corte. Ed invero, la norma impugnata, che vuol stabilire.in quali casi l'ufficio pu procedere per la riscossione dell'imposta di registro, indica alcune circostanze che possono avere un effetto dimostrativo senza voler dare ad esse effetto probatorio assoluto. Anche, quindi, a volere ammettere che il termine si presumono non sia usato impropriamente, si pu trattare di una presunzione semplice, onde esattamente l'ordinanza di rimessione richiama l'art. 2729 del codice civile, per cui le presunzioni non si possono ammettere nei casi in cui la legge esclude la prova per testimoni. Il solo fatto della esclusione di un mezzo di prova come quello della testimonianza non costituisce di per se stesso violazione del diritto di difesa. In molti casi, e specie nella materia contrattuale (artt. 2721, 2722, 2723 C. c.), la prova per testimoni guardata con disfavore e, perci, esclusa o limitata per motivi, che il legislatore pu apprezzare in piena discrezionalit. Ma, nel caso in esame, l'illegittimit deriva dal trattamento differenziato fatto alle parti in giudizio: alla pubblica Amministrazione Consentito di provare l'esistenza di un contratto di appalto con qualsiasi mezzo, compreso ogni elemento informativo adeguato, e quindi compresa la prova testimoniale, mentre al contribuente non concesso di provarne con testimoni la inesistenza. Di fronte alla ampia tutela giurisdizionale accordata alla pubblica Amministrazione sta la limitazione della stessa tutela per il contribuente, limitazione che appare tanto pi grave in quanto nella variet dei rapporti contrattuali, nei quali una delle prestazioni consiste nella esecuzione di un lavoro, l'accertamento del fatto obiettivo dell'adempimento di siffatta prestazione non porta necessariamente alla conseguenza di dover ritenere che sia stato stipulato e realizzato un contratto di appalto. La distinzione fra le parti, che dinanzi al giudice dovrebbero tro varsi in condizioni di perfetta uguaglianza, non appare giustificata dal- l'interesse generale della pubblica Amministrazione nella riscossione r:::. dei tributi contro ogni tentativo di evasione. -(Omissis). 1:: r --llB11l\l!0fiiJiBIP%0 PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 979 CORTE COSTITUZIONALE, 12 luglio 1972, n. 129 -Pres. Chiarelli - Rel. Rocchetti -Brondi (n. c.), INPS (avv. Giorgi) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Azzariti). Privilegio -Privilegio speciale dell'I.N.P.S. -Modifica dell'ordine di prelazione -Applicazione nei procedimenti in corso -Illegittimit costituzionale. (Cost., artt. 3, 24; I. 30 aprile 1969, n. 153, art. 66, quinto comma). costituzionalmente illegittimo, con riferimento ai principi costituzionali di eguaglianza e di difesa, l'art. 66, quinto comma, della legge 30 ap1ile 1969, n. 153, nella parte in cui non prevede che i titolari di crediti privilegiati, ammessi al passivo fallimentare in data anteriore all'entrata in vigore di detta legge, possano contestare i crediti che, per effetto della nuova disciplina, sono stati anteposti ai loro nel grado del privilegio (1). 3. - noto che l'applicazione dell'art. 66, quinto comma, della legge 30 aprile 1969, n. 153, nelle procedure fallimentari in cui sia stato gi approvato lo stato passivo, ma non sia ancora divenuto definitivo il piano di riparto, ha dato luogo, in dottrina e in giurisprudenza, a valutazioni e decisioni contrastanti. Secondo l'orientamento, divenuto prevalente dopo le decisioni emesse dalla Corte di cassazione, l'approvazione dello stato passivo, non esaurendo la procedura fallimentare, non preclude l'applicazone della nuova disciplina. Ci sul presupposto che, nel processo fallimentare, l'accertamento del privilegio che assiste il credito ammesso al passivo si svolge in due fasi: nella prima, di verificazione deHo stato passivo, l'indagine limitata alla esistenza delle cause di prelazione in s considerate, senza alcuna comparazione con i privilegi che assistono i crediti concorrenti; nella seconda, di ripartizione dell'attivo, in cui si procede invece alla graduazione dei privilegi e alla conseguente reciproca CoHocazione dei crediti, secondo il grado spettante a ciascuno di essi. 4. -Con rid:erimento alla articolazione di tale accertamento in due fasi, e alla efficacia comunemente attribuita al decreto di approvazione dello stato passivo (art. 96 l.f.), che preclude ogni contestazione sulla (1) La questione era stata sottoposta all'esame della Corte con ordinanza emessa il 12 febbraio 1970 dal Tribunale di Genova (Gazzetta Ufficiale n. 170 dell'8 luglio 1970). "980 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO .esistenza del credito e delle cause di prelazione che lo assistono, la difesa dell'INPS sostiene che, se un creditore concorrente non ha eser. citato tempestivamente fo quella sede il diritto di impugnazione nei -confronti dei crediti ammessi, deve subire le conseguenze della sua inattivit, ivi comprese quelle prodotte da una modificazione legislativa concernente i~ grado dei privilegi, che intervenga prima che si con- eluda la fase di ripartizione dell'attivo. Tale rilievo, se valido per quei creditori che pur avendone inte / resse, non si sono opposti all'ammissione di determinati crediti, non pertinente per quegli altri creditori che, in rapporto a quei crediti la Cui ammissione non 1pregiudicava la soddi'Sfazione della loro pretesa, tale interesse non avevano. Il che appunt si verifica nel caso dei c~editori privilegiati che, per carenza di interesse, non possono contestare crediti -chirografari n crediti privilegiati assistiti da un privilegio di grado inferiore. 5. -Solo che si tengano presenti l'orientamento giurisprudenziale .sulla applicazione dell'art. 66 della legge n. 153 del rn69, e i principi generali sopra ricordati sull'interesse ad agire, risulta evidente il con- trasto della norma impugnata con gli artt. 3 e 24, secondo comma, della Costituzione. Quella norma, infatti, nel disporre che la modifica del grado dei privilegi si applica anche neHe procedure ancora in corso al momento -dell'entrata in vigore della legge, altera sostanzialmente, quando sia gi intervenuto il decreto di esecutivit dello stato passivo, il meccanismo del processo fallimentare, perch, pur incidendo in modo tanto :rilevante sulla situazione anteriore, non propone alcun rimedio per rimuovere, nei confronti dei creditori che, prima di quella disposizione, non potevano opporsi all'ammissione dei crediti previsti dall'art. 66, _preclusioni che, irrimediabilmente, incidono sulla lro posizione processuale. Il che determina una situazione Ghe in contrasto con la ga. ranzia di un ..regolare e normale svolgimento del contraddittorio. Pertanto la norma impugnata non assicura ai'creditori, cui pi volte .si fatto riferimento, il diritto di difesa in modo adeguato ed effettivo .e crea altresi una disparit di trattamento fra i suddetti creditori e tutti .gli altri che fin da principio erano collocati p~steriormente a quelli cui la legge ha ora conferito un privilegio di grado poziore. Deve, quindi, dichiararsi l'illegittimit costituzionale dell'art. 66, .quinto comma, della legge 30 aprile 1969, n. 153, nella parte in cui non prevede, nelle procedure fallimentari in cui sia stato reso esecutivo lo stato pssivo, ma non sia stato ancora approvato il piano di riparto, il diritto del creditore pretermesso nel grado del privilegio a contestare i crediti fruenti prima di un privilegio inferiore. -(Omissis). PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 981 CORTE COSTITUZIONALE, 12 luglio 1972, n. 130 -Pres. Chiarelli - Rel. Fragali -Soc. Pilla (n. c.) e Presidente Consiglio dei Min}stri (Sost. avv. gen. dello Stato Savarese). Procedimento civile -Esecuzione mobiliare -Vendita con incanto senza nuova determinazione del prezzo base -Ille~ittimit costituzio nale -Esclusione. (Cost., art. 3; c.p.c., art. 538, secondo comma), Non fcm~ata, con riferimento ai principio dli eguagLianza, La questione di legittimit costituzionale deU'art. 538, secondo comma, codice di procedura civile che ammette, per i beni mobili, i successivi incanti senza prefi,ssione di un prezzo base minimo (1). (Omissis). -Nell'art. 538, secondo comma, del codice di procedura civile non v' quella lesione del principio di uguaglianza che il pretore denuncia. Nella vendita mobiliare l'incanto posteriore al primo viene disposto senza nuova determinazione di un prezzo di base, necessaria invece nella vendita immobiliare (art. 591, secondo comma), perch pi ridotto il valore dei beni mobili, cosicch gi nel provvedimento di cui all'art. 53'5, secondo comma, determinata una base di incanto corrispondente alla minima stima. Cosi essendo, la fissazione di un altro prezzo irriducibile per le offerte potrebbe agevolare una nuova diserzione dall'incanto con pregiudizio dello stesso debitore che verrebbe gravato dell'aumento del costo dell'esecuzione talora in modo sproporzionato all'entit del debito. Il giusto prezzo non si raggiunge nemmeno (1) La questione era stata sottoposta amesame della Corte con ordinanza emessa il 3 luglio 1970 dal pretore di Orvieto (Gazzetta Ufficiale n. 235 del 16 settembre 1970). Nel corso del giudizio era stato posto in risalto dalla difesa dello Stato che, se nelle disposizioni normative previste dal codice di rito effettivamente diversa la previsione per la esecuzione mobiliare rispetto a quella immobiliare, ci non .comporta necessariamente una disparit di trattamento in contrasto con l'art. 3 della Costituzione. Il principio di eguaglianza deve assicurare ad ognuno parit di trattamento quando eguali siano le condizioni soggettive ed oggettive alle quali le norme giuridiche si ri:lieriscono, ma consentito adeguare la disciplina giuridica delle situazioni agli 1svariati aspetti della vita sociale, distinguendo situazione da situazione, si da rendere effettivo, e non meramente formale, il principio di eguaglianza. Nella specie, la diversit oggettiva fra le due normative pu rinvenirsi nel minore e pi ridotto valore dei beni mobili rispetto agli immobili, nella tutela che anche in tema di esecuzione mobiliare esiste per particolari beni (arg. ex art. 539 c.p.c.), nella particolare onerosit del 7 982 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO attraverso la ripetizione dell'incanto senza base fissa, se intervengono turbative; contro le quali, a parte la vigilanza dell'ufficiale procedente, valgono le sanzioni apprestate dal codice penale. Quanto all'altro profilo di illegittimit costituzionale addotto dal pretore, che cio il sistema non garantisce ), dello Statuto della Sardegna e nell'art. 6, n. 2, dello. Sttuto del Friuli-Venezia Giulia; cos pure, sostanzialmente, nell'art. 17, lett. f) dello Statuto della Regione siciliana. Ed ovvio che siffatte previsioni, che ben si accordano con i princpi posti dall'art. 38 Cost., non avrebbero senso, ove la assistenza sociale gi fosse ricompresa in quella assistenza e beneficenza pubblica ., alla quale puntualmente corrisponde, secondo quanto fin qui rilevato, la beneficenza pubblica di cui all'art. 117 della Costituzione. Se questa la materia che l'art. 117 Cost. prescrive sia trasferita alla potest legislativa delle Regioni a statuto ordinario (e conseguentemente, alla loro potest amministrativa), deve soggiungersi che, in conformit al testuale disposto della VIII disposizioiie transitoria della Costituzione (avente specifico rirerimento al passaggio alle regioni delle funzioni statali ad esse spettanti, nonch dei funzionari e di ~i i,, :~ i ~,... PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1005 pendenti delle amministrazioni anche centrali dello Stato ., l'oggetto della delega conferita al Governo dall'art. 17 sicuramente cireoscritto alle sole competenze per l'innanzi spettanti ad organi statali, come risulta d'altronde confermato dalla succes,siva disposizione dell'art. 18 concernente le soppressioni o riduzioni da apportare conseguentemente agli stanziamenti previsti nei singoli stati di previsione, della spesa dei ministeri competenti . N il legislatore de.legato avrebbe potuto, senza incorrere in viola- zione dell'art. 76 Cost., attuare quel riordinamento degli enti a carattere nazionale o interregionale, pveannunciato nel primo comma dell'art. 4 e che rientra d'altronde nella pi lata previsione della IX disp. trans. Cost., a seguito del quale soltanto potrebbero eventualmente enuclearsi ulterfori settori di materia attribuibili alle regioni. 4. -Alla stregua di tali premesse, risulta la non fondatezza delle censure all'art. 4, poc'anzi richiamato, nella parte in cui -per l'appunto -mantiene ferme le attribuzioni statali concernenti istituti od enti a carattere nazionale o pluriregionale, sino al loro riordinamento. A quanto gi osservato in proposito non superfluo aggiungere il rilievo, di ordine pratico, della inammissibile confusione che si determinerebbe ove enti con finalit, dimensioni e strutture nazionali o comunque eccedenti l'ambito di una singola regione, fnch perdurino con siffatti caratteri, venissero disciplinati, pur nel rispetto dei limiti dei princpi e degli interessi stabiliti dall'art. 117 Cost., da una molteplice variet di distinte e diverse legislazioni, emanate da ciascuna Regiooe per la sua parte. Strettamente connessa con l'art. 4 la questione proposta nei con- fronti del criterio adottato nell'art. 1, comma secondo, lett. a), per la. localizzazione regionale delle istituzioni pubbliche assistenziali, in forza del quale passerebbero alle singole Regioni quelle tra esse che operano nel territorio regionale: con la possibile conseguenza -come si assume dalle Regioni Lombardia ed Emilia-Romagna -di sottrarre illegittimamente dal trasferi~ento le funzioni attualmente esplicate da organi statali in ordine ad istituzioni che, come spesso accade, svolgono la loro attivit operativa fuori del territorio della Regione in cui hanno la loro sede. Ma diverso il significato che deve correttamente attribuirsi alla disposizione impugnata. V.espressione va, infatti, intesa come avente riferimento a quelle istituzioni che nella Regione hanno la loro sede (e in essa quindi operano ., nel senso che quivi si esplica la loro attivit organizzativa e decisionale) e che -da norme di leggi o regolamenti, dagli statuti o dalle tavole di fondazione, e in mancanza 9-lla stregua della prassi costante -risultano al tempo stesso destinate, esclusivamente o prevalentemente, a vantaggio della rispettiva popo 1006 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO !azione (ed anche in questo senso, finalistico, operano perci nella Regione). Cosi interpretata, la disposizione. dell'art. 1, comma secondo,, lett. a), non costituzionalmente illegittima. 5. -Discende altresi dalle premesse sopra affermate al punto 3 l'infondatezza delle censure all'art. 3, n. 3, 'Che mantiene ferme le comI petenze statali in ordine ai comitati di soccorso ed altre istituzioni I private di benefi.cenza operanti nel territorio regionale, fino a quando 1a materia non .sar disciplinata con successivo provvedimento da emanarsi entro il 6 giugno 1972 (vale a dire entro il biennio prefissato per l'esercizio della delega conferita al Gov,erno dall'art. 17 della I legge n. 281 del 1970): giacch gli enti privati, l'attivit esplicata dai quali oggi ricoperta dalla garanzia dell'ultimo comma dell'art. 38 I Cost. ( L'assistenza privata libera ), non rientrano nella materia I I della beneficenza pubblica. Ch, anzi, gi la legge fondamentale del I I 1890, nell'art. 2, riferendosi alla fenomenologia del tempo, dichiarava I -espressamente sottratti alla diisciplina da essa dettata i comitati di soc corso ed altre istituzioni temporanee, in ragione del foro carattere I precario; le fondazioni in pro dei membri di famiglie determinate, non soggette a devoluzion alla beneficenza pubblica, a causa della natura I i \ particolaristica dei loro scopi; nnch le associazioni e societ, regolate dalle disposizioni del codice ,civile (e cio, aventi struttura meramente \l ' privatistica). t f .Ed perci che, nei confronti degli anzidetti enti assistenziali prif i vati, i poteri attribuiti dalla nostra legislazione alle pubbliche autorit ff .sono diversi, e comunque pi tenui, rispetto a quelli esercitabili in ~ ordine alle istituzioni assistenziali pubbliche, come risulta dallo stesso ff 1 .art. 2, commi secondo e terzo, della legge del 1890 e pi l'ecentemente ' ~ i dall'art. 4, lett. e), del d.l.lgt. 22 marzo 1945, n. 173, sui comitati prof \: vinciali di assistenza e beneficenza. ~ L'infondatezza della censura principale coinvolge l'infondatezza ! anche delle ulteriori questioni sollevate nei confronti della disposizione I dell'art. 3, n. 3, pokh queste muovono tutte dal presupposto della ~ .appartenenza delle istituzioni private alla materia spettante alle regioni. Ifi 6. -Rappresenta ulteriore corollario dei criteri in precedenza enundati al punto 3 la infondatezza delle censure rivolte al n. 4 dell'art. 3, ~ che riserva allo Stato le attuali competenze in ordine alle pensioni ed assegni a carattel'e continuativo, cui hanno diritto, ricorrendo le *r:;. condizioni rispettivamente stabilite dalle leggi 27 maggio 1970, n. 382, i: :26 maggio 1970, n. 381, 30 marzo 1971, n. 118, i ciechi, i sordomuti ed !! i mutilati e invalidi civili; in ordine ai soccorsi, a norma della legge 22 gennaio 1934, n. 115, e successive modificazioni, all:e famiglie dei PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1007 militari richiamati o trattenuti alle armi; all'assistenza -a nOl'ma della legge 12 aprile 1962, n. 185, e successive modificazioni -agli orfani dei caduti per servizio e alle donne uscite dalle soppresse case di tolleranza o che, gi avviate alla prostituzione, intendano tornare ad onest di vita (legge 20 febbraio 195'8, n. 75), nonch -limitatamente alla fase del primo intervento -i profghi italiani e rimpatriati, di cui alle leggi 19 ottobre 1970, n. 744, e 25 luglio 1971, n. 568. Tutte queste .ipotesi, infatti, pur nella variet delle rispettive discipline, hanno in comune, per un verso, la tipizzazione legislativa, su piano nazionale, di particolari categorie di aventi titolo all'assistenza, l'appartenenza alle quali accertabile alla stregua di criteri oggettivi; e, per altro verso, la predeterminazione, talora minuziosamente regolata, delle prestazioni ad essi spettanti. Per quanto concerne, infine, il riferimento dello stesso n. 4 dell'art. 3 ai profughi stranieri , la competenza statale si giustifica in base al rilievo che si tratta di ottemperare, con misure immediate, ad obblighi internazionali dello Stato (accordo tra Governo italiano e IRO, reso esecutivo con legge 25 giugno 1952, n. 907, e Convenzione di Ginevra, resa esecutiva con legge 24 luglio 1954, n. 722), del cui inadempimento, sia pure per un singolo caso, lo Stato medesimo diverrebbe responsabile: di guisa che non sarebbe sufficiente il ricorso a quella funzione di indirizzo e coordinamento cui si richiamano i ricorsi e che, comunque, contrariamente a quanto in essi si afferma, non prevista dall'art. 17 della legge n. 281 del 1970 come l'unico modo per fare legittimamente fronte -nelle materie di competenza regionale -agli obblighi internazionalmente assunti dallo Stato. 7. -Infondate sono anche le altre questioni, di ordine .pi partico1are, proposte dalle Regioni ricorrenti. Da un lato, infatti, 1'1i;pplicabilit della norma denunciata, come della legge n. 996 nel suo insieme, condizionata alla ipotesi di cala. mit naturali che per la loro natura o estensione debbano essere fronteggiate con interventi tecnici straordinari , secondo il principio affermato nell'art. 1: onde l'esigenza di assicurare -in presenza di eventi che trascendono l'ambito regionale e nel corso della fase operativa -effettiva unit di indirizzo e di azione, accentrandone il compito e la responsabilit nello Stato, quale ente esponenziale dell'intera collettivit. D'altro lato, come pure venne messo in rilievo nella menzionata sentenza, gli interventi di competenza statale non incidono sulle normali attribuzioni regionali in materia di assistenza e beneficenza, ch anzi, come risulta da numerose disposizioni della legge n. 996, gli enti territoriali e locali, comprese le pubbliche istituzioni assistenziali, sono chiamati a dare il loro contributo, secondo i .programmi predisposti dai comitati regionali per la protezione civile, nei pi vari settori, e tra 1008 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO l'altro proprio nel campo dell'assistenza (testualmente richiamato nel l'art. 7 della legge). Nemmeno possono .considerarsi lesivi dell'autonomia regionale nella materia assistenziale gli altri interventi previsti nello stesso n. 2 del l'art. 3, poich essi hanno carattere aggiuntivo rispetto ai compiti ordinariamente esplicabili dalle Regioni, in relazione a situazioni parti colari ed imprevedibili, cui esse non sarebbero in grado di far fronte (o di far fronte con la necessaria tempestivit ed efficacia). E non pertinente, con specifico riguardo agli 1nterventi perequativi, il richiamo al terzo conun_a dell'art. 119 Cost., che prescrive, bens, lo strumento della legge, ma per l'assegnazione a singole Regioni di contributi isti tuzionaMzzati, rivolti al conseguimento di scopi permanenti o comun que duraturi nel tempo: che sono cosa di.Jersa da quei bisogni sporadici, che possano m.anifestarsi qua e l, secondo 1e circostanze e le condizioni locali, cui si riferisce la disposizione impugnata. Vanno altres disattese le doglianze delle Regioni Lombardia ed Emilia-Romagna quanto alla riserva allo Stato delle competenze relative alla autorizzazione agli enti assistenz:iali ad accettare lasciti e ad acqui stare immobili (n. 5 dell'art. 3), trattandosi di una particolarissima figura di controlli, oggi disciplinata nell'art. 17 del codice civile e negli artt. 5 e 7 delle rispettive Norme di attuazione, inerente al regime comune a tutte le persone giuridiche, quali che ne siano la natura e gli scopi listituzionali. Sono del pari prive di fondamento le censure all'art. 8, che dette norme transitorie per quel che riguarda i procedimenti amministrativi in corso, mantenendo la competenza statale per la definizione di quelli che abbiano comportato l'assunz:ione di impegni anteriormente alla data del trasferimento delle funzioni o che trovino il proprio finanziamento in somme imputate al conto dei residui del bilancio dello Stato. Il cri terio adottato razionale e, mentre si adegua alle norme generali sulla contablilit di Stato, non contrasta con alcun principio costituzionale n pu diTsi sottragga frazioni di materia alla competenza regionale o disconosca -come si assume dalle Regioni ricorrenti -il diritto delle stesse, a norma del secondo comma dell'art. 119 Cost., ad avere assi curati i mezzi per assolvere ai loro compiti normali . , infatti, carat teristica naturale delle disposizioni transitorie di dettare una disciplina provvisoria e differenziata, per regolare il passaggdo da una vecchia ad una nuova disciplina legislativa di determinati oggetti, com' il caso, appunto, dei procedimenti in corso previsti da'll'art. 8: i quali, proprio perch in corso al momento dell'inizio dell'attivit delle Regioni a sta tuto ordinario, non rientrano tra i compiti normali a questa spettanti, La non fondatezza delle questioni fin qui prese in esame implica la non fondatezza anche delle censure -prospettate d'altronde come con seguenziali -all'art. 9, che conserva ai comitati provinciali di assi PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1009 stenza e beneficenza le attuali funzioni, ad eccezione di quelle trasferite alle Regioni a statuto ordinario, e gli artt. 13 e 14 che, in connessione al medesimo trasferimento, indicano -rispettivamente -le soppressioni e riduzioni di apportare agli stati di previsione della spesa dei Ministeri dell'interno e del tesoro, 111.onch i criteri per il computo delle spese aggiuntive, determinandone l'ammontare, per l'anno 1972, in lire 5.733,8 milioni. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 24 luglio 1972, n. 140 -Pres. Chiarelli - Rel. De Marco -Presidente Regione Liguria (avv. Acquarone, Pulvirenti) c. Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Savarese). Regione -Regioni a statuto ordinario -Trasferimento delle funzioni in materia di assistenza sanitria e ospedaliera -Illegittimit costituzionale -Esclusione. (Cost., artt. 117, 118, 76, VIII disp. trans.; I. 16 maggio 1970, n. 281, art. 17; d.P.R. 14 gennaio 1972, n. 4, art. 6 n. 5, 13 n. 2). Non sono fondate, con riferimento aUe norme deUa Costituzione attributive deHa competenza in materia di assistenza sanitaria e ospedaliera alle Regioni a statuto ordinario, ed aHa legge di delega .16 maggio 1970, n. 281, ie questioni di legittimit costituzionale del d.P.R. 14 gennaio 1972, n. 4 sul trasferimento alle Regioni a statuto ordinario delle funzioni amministrative statali in materia di assistenza sanitaria e ospedaliera (1). (Omissis). -1. -Il decreto del Prestdente della Repubblica 14 gennaio 1972, n. 4, emanato in forza della delega conferita al Governo dall'art. 17 della legge n. 281 del 1970, dispone H trasferimento delle funzion~ amministrative esercitate dagli organi centrali e periferici dello Stato in materia di assistenza sanitaria, nelle sue fasi di intervento preventivo, curativo e riabilitativo, alle Regioni a statuto ordinario per il rispettivo ternitorio. (1) La questione era stata sottoposta all'esame della Oorte con ricorso del Presidente della Regione Liguria, notificato il 18 febbraio 1972. La sentenza Corte cost. 4 marzo 1971, n. 39, leggesi in questa Rassegna, 1971, I, 503. 1010 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO L'art. 1 di tale decreto elenca, poi, dettagliatamente le attribuzioni trasferite e, fra queste, gli artt. 2 e 3 espressamente prevedono le attribuzioni in materia di assistenza ospedaliera nonch le attribuzioni di vigilanza e tutela in ordine agli enti, consorzi, istituti ed organizzazioni locali operanti nella materia di assistenza sanitaria ed ospedaliera. Senonch l'art. 6 elenca ben 23 ordini di attribuzioni per le quali restano ferme le attuali competenze degli organi statali ed, in particolare, al n. 5, quelle relative all'assistenza sanitaria agU invalidi civili ed agli altri soggetti di cui alla legge 30 marzo 1971, n. 118, fino all'entrata in vigore della riforma sanitaria, viene delegato alle Regioni, per il relativo territorio. Come 'Si esposto in narrativa, la Regione Liguria ha impugnato i sopra citati artt. 6, n. 5, e 13, n. 2, del d.P.R. n. 4 del 1972 davanti a questa Corte, c):liedendone la dichiarazione di i:Hegittimit costituzionale: a) per violazione degli artt. 117 e 118 della Costituzione, nonch della relativa VIII disposizione transitoria, in quanto tutta la materia dell'assistenza sanitaria attribuita dai citati articoli della Carta costituzi. onale alle Regioni e non vi n stato addotto alcun razionale motivo per escludere da tale attribuzione l'assistenza sanitaria agli invalidi civili; b) per eccesso di delega, con violazione dell'art. 76 della Cstituzione, sia perch il trasferimento non stato effettuato per settore organico come prescritto dall'art. 17, Iett. b), deila legge n. 2,31 del 1970, sia perch lo schema di quello che poi diventato il d.P.R. n. 4 del 197.2, sottoposto al parere della Regione, prescritto dal citato art. 17, non conteneva le norme impugnate, che vennero, quindi, introdotte senza tale parere; c) per contraddittoriet, tn quanto la delega alla Regione, ai sensi deH'art. 118 della Costituzione, dell'eserciz:io di funzioni che lo 'Stato si riservato, denunzia chiaramente che quelle fumdoni ben possono essere esercitate dalla Regione, jure proprio e non per delega. 2. -Poich, in seguito al:la eccezione di inammissibilit del ricorso, per quanto attiene a:lla difformit tra lo schema del decreto n. 4 del 1972, sul quaie stato chiesto il parere delle Regioni a statuto ordinario, ed il testo definitivo, sollevata dall'Avvocatura dello Stato, il patrocinio della Regione ha chiarito di aver denunziato quella difformit al so~o fine di rafforzare la tesi della violazione degli artt. 11 7 e 118 della Costituzione, con la circostanza di fatto che, in un primo tempo lo stesso Governo non aveva posto, evidentemente perch ne ammetteva la illegittimit, quei limiti contro i quali la Regdone insorta e di fronte a questo chiarimento l'Avvocatura dello Stato non vi ha insistito, quella eccezione pu ritenersi superata sull'accordo delle parti PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1011 e si pu, quindi, .Passare all'esame del ricorso, nei termini che risultano da quanto precede. '3. -Prima di procedere a tale esame necessario richiamare taluni principi che questa Corte ha gi affermati con la sentenza n. 39 del 1971 e coniermati l.llteriormente, chiarendoli e precisandoli, con le sentenze n. 13i8 e n. 13:9 del 1972. Anz:itutto si chiarito (sentenza n. 39 del 1971) quale sia il significato da attribuire alle norme di delega contenute nelle lettere a) e b} dell'art. 17 della legge n. 281 del 1'970 e specie al concetto di trasferimento per settori organici di materia . Fermo rimanendo il principio che il trasferimento deve riferirsi alle dntere materie contemplate nell'art. 117 della Costituzione, evitando quel frazionamento che sempre fonte di incertezze e di contestazioni, si chiarito che si deve, peraltro, assicurare l'unit d'indirizzo che sia di volta in volta richiesta dal prevalere -conforme alla Costituzione di esigenze unitarie che debbono bens essere coordinate, ma non sacrificate agU interessi regionali. Con le sentenze n. 138 e n. 139 del 1972 questi concetti sono stati ulteriormente precisati e possono riassumersi nella formula che il criterio fondamentale di identificazione del settore organico di materia ,, sia quello che alle Regioni spettino solo poteri inerenti ad interessi a livello regionale. Nell'applicazione concreta, peraltro, questa formula, in apparenza tanto chiara, incontra notevoli difficolt, in quanto presuppone una esatta ricognizione, non sempre agevole, del contenuto sostanziale e funzionale, e non semplicemente nominalistico, delle materie da tra sferire. Se ne ha prova nel decreto in esame che, come sopra si notato, all'art. 6 contiene l'elencazione di ben .23 ordini di attribuzione, che restano riservate allo Stato e che, in linea generale, sembrerebbero riguardare funzioni effettivamente riferibili ad interessi unitari, non limitabili aH'ambito dl territorio regionale. Come se non bastasse, la materia sanitaria nel suo complesso forma oggetto di una vasta riforma, notoriamente in corso, che, indubbia mente, dovrebbe contenere una pi razionale e funzionale ripartizione delle sfere di competenza statale e regionale, in relazione ai rispettivi interessi unitari o locali. Il legislatore delegato si trovato, quindi, nella necessit di evitare, nei limiti del possibile, sostanziali mutamenti allo status quo, suscettibili di essere travolti da quella riforma, all'entrata in vigore della quale, del resto, va limitata la validit delle norme adottate. 1012 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO In conformit con gli esposti principi e nel quadro della razionale .distribuzione che ne deriva, alla stregua di quanto si premesso, vanno esaminate Je questioni che formano oggetto del presente g,iudizio. 4. -La legge n. l,18 del 1971 -che pur ispirata a tale rispetto .delle autonomie regionali da disporre, all'art. 34, che le sue disposizioni, limitatamente a:He materie di cui all'art. 117 della Costituzione, .cesseranno di avere efficacia in corrispondenza e all'atto dell'entrata in vigore della legislazione regionale nelle materie medesime -contiene un complesso organico di norme che, oltre ad interessare le sfere di -competenza di ben tre Ministeri (Interno, Lavoro e previdenza sociale, .Sanit), in modo non facilmente scindi (come espressamente afferma nella relazione, la Commissione d'indagine per la tutela e la valorizzazione del patrimonio storico, archeologico, artistico e del paesaggio, costituita con la citata legge n. 310. del 1964). E trova concreta conferma, da un canto, nel raccordo posto con l'art. 9, ultimo comma, n. 1 del decreto delegato, l ove si dice che, in sede di esercizio della funzione di indirizzo e di coOTdinamento, debbono essere identificate le linee fondamentali dell'assetto del territorio, con particolare riferimento (tra l'altro) alla tutela paesistica, relativamente alla quale, per quanto non previsto dal citato art. 1, comma quarto, implicitamente presupposta la competenza statale; e dall'altro, nel disposto, gi richiamato, dell'ultimo comma dell'articolo in esame. Non quindi sostenibile -diversamente da quanto assume la Regione ricorrente -che abbiano in realt natura urbanistica le funzioni di tutela generica dell'ambiente attribuite dalla legge n. 1497 del 1939 al Ministero della pubblica istruzione. Alle Regioni a statuto ordinario, in conclusione, e in maniera costituzionalmente non illegittima, sono state trasferite solo le funzioni ed attribuzioni del Ministero della pubblica istruzione previste dalle leggi di disciplina dell'urbanistica, nonch dall'art. 5 della ripetuta legge n. 1497 del 1939. 1018 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO /'. 4. -Secondo la Regione ricorrente violerebbe altres la sfera di competenza regionale, garantita dagli artt. 117 e 118 della Costituzione, la conservazione in capo ad organi statali delle attribuzioni relative agli enti ed istituti pubblici a carattere nazionale o pluriregionale operanti nella materia dell'urbanistica ed in quella della viabilit, acquedotti e lavori pubblici di interesse regionale, conservazione disposta con l'art. 5 del decreto in esame, con il quale si stabilito che restano ferme le attribuzioni degli organi dello Stato in ordine agli enti indicati fino a quando non sar provveduto al loro riordinamento con legge dello Stato . La censura non fondata. Dalla corretta premessa che le materie elencate nell'art. 117 della Costituzione debbono essere assegnate per intero aUe Regi-0ni a statuto ordinario, non si pu dedurre c;he in sede di individuazione delle fun zioni oggetto di trasferimento, si debba prescindere completamente dal modo attraverso il quale esse erano concretamente ,espletate prima della effettiva istituzione delle Regioni . Codesta conclusione della Regione ricorrente, ulteriormente specifi ca:ta nel senso che spettano alle Regioni anche le funzioni attribuite a denti dipendenti dallo Stato (i cosiddetti Enti strumentali) o eser citate da figure soggettive pubbliche appartenenti ad enti strumentali dello stesso Stato-ente ., non pu essere condivisa. L'art. 5, come si ricordato, considera le attribuzioni degli organi dello Stato in ordine agli enti ed istituti pubblici a carattere nazionale o pluriregionale operanti nelle materie di cui agli artt. 1 e 2, e mantiene ferme tali attribuzioni degli organi dello Stato fino a quando non sar provveduto al riordinamento, con legge dello Stato, di quegli enti ed istituti pubblici. Data la portata della norma non consentito ritenere .che con essa si siano elusi gli artt. 117 e 118 della Costituzione, e l'art. 17 della legge n. 281 del 1970, ed a maggior ragione che ci possa avve nire in seguito. , infatti, presa in esame la situazione in atto esistente (sicura mente non preordinata ad alcuna riserva di attribuzioni allo Stato) ed in piena coerenza con essa viene dettata una disciplina temporanea, nel rispetto delle disposizioni deHa Costituzione e della delega di cui r al citato art. 17. Il Governo ha disposto cos come doveva. Le attribuzioni di cui si tratta, in effetti, sono dello Stato, ma si ricollegano strettamente alla struttura !:! funzione degli enti ed istituti, che non sono espressione o portatori di interessi propri di singole Regioni. Da un punto di vista pratico, p.oi, non sarebbe stato opportuno consentire che enti con finalit, dimensioni e strutture nazionali o co- munque eccedenti l'ambito di una singola Regione, conservando tali lii ~:: PARTE I; SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1019 caratteristiche, venissero disciplinati, pur nel rispetto dei limiti, dei principi e degli interessi stabiliti dall'art. 117 della Costituzione, da distinte e diverse normative, emanate dalle varie Regioni. Co.i:t la norma di raccordo e di attesa di cui all'art. 5 segnata una linea di politica legislativa che appare pienamente compatibile con l'VIII disposizione transitoria; anzi, dalle leggi che saranno emanate, potrebbe aversi in favore delle Regioni l'attribuzione di altre funzioni, entro i limiti consentiti dalle competenze statali e regionali nelle materie di cui agli artt. 1 e 2 del decreto delegato n. 8 del 1972. 5. -Il decreto delegato, provvedendosi in particolare in merito alla funzione di indirizzo e di coordinamento, dispone, all'art. 9, ultimo comma, n. 2, che mediante l'esercizio di codesta funzione, su proposta del Ministro per i lavori pubblici, tra l'altro, sono definiti gli aspetti metodologici e procedurali da osservare nella formazione dei piani territoriali regionali nonch gli standard urbanistici ed edilizi, quali minimi o massimi inderogabili da osservare ai fini della formazione dei piani urbanistici . Tale norma, secondo la Regione ricorrente, in violazione degli artt. 5, 117, U8 e 123 della Costituzione, non garantirebbe alle Regioni a statuto ordinario il potere di dare una autonoma regol:amentazione alfa propria organizzazione interna ed ai propri uffici, ed avrebbe svuotato la competenza costituzionalmente spettante alle dette Regioni, di provvedere alla politica del territorio con diretta e specifica soddisfazione delle diverse esigenze da ogni singola Regione manifestate. L'attribuzione al Governo dei sopradetti poteri, per, ad avviso della Corte, non integra la lamentata invasione della sfera di competenza delle Regioni a statuto ordinario. La definizione degli aspetti metodologici e procedurali da osservare nella formazione dei piani territoriali regionali, infatti, non incide, in quanto compiuta mediante l'esercizio della funzione di indirizzo e di coordinamento, sul potere delle Regioni di dare un'autonoma regolamentazione alla propria organizzazione ed ai propri uffici. Giova a tal riguardo considerare che nello stesso art. 9 del decreto, al penultimo comma, viene precisato che la detta funzione si esercita al fine di assicurare anche unitariet e coordinamento all'attivit di pianificazione urbanistica ai vari livelli di circoscrizione territoriale , e che, al n. 1 dell'ultimo comma, disposto che sempre mediante l'esercizio della ripetuta funzione sono identificate le linee fondamentali dell'assetto del territorio nazionale e viene.verificata periodicamente la coerenza di tali linee con gli obiettivi della programmazione economica nazionale . L'attribuzione di cui si sta valutando la conformit al dettato costituzionale, rientra, per ci, in tin pi ampio contesto relativamente al 1020 RASSE.GNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO quale la ricorrente non ha ravvisato esistenti ragioni di illegittimit 1020 RASSE.GNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO quale la ricorrente non ha ravvisato esistenti ragioni di illegittimit costituzionale. Essa risponde certamente alla necessit che vengano indirizzate e coordinate le attivit amministrative delle Regioni che attengano ad / esigenze di carattere unitario. Non sarebbe, infatti, coerente con tale necessit una formazione di piani territoriali regionali svincolata dal rispetto di metodi e procedure comuni a tutte le Regioni. Comunque, il limite alla regolamentazion~ dell'organizzazione in a statuto ordinario non possono non mirare. Non , d'altra parte, invasiva della sfera di competenza regionale la riserva allo Stato del potere di definire, nella sede e nei modi gi indicati, gli standard urbanistici ed edilizi, quali minimi e massimo inderogabili da osservare ai fini della formazione dei piani urbanistici. Con codesta attribuzione, infatti, non risulta svuotata la competenza regionale di provvedere alla politica del territorio e in particolare negata la possibilit che siano in maniera diretta e specifica soddisfatte le esigenze, eventualmente diverse, manifestate da ogni singola Regione. La definizione degli standard urbanistici ed edilizi, quali minimi e massimi inderogabili da osservare ai fini deUa formazione dei piani urbanistici non comporta ovviamente di per s lo svuotamento della competenza regionale in materia. La sopra richiamata previsione e indicazione delle funzioni trasferite a sensi dell'art. 1 del decreto alle Regioni (a prescindere da quanto disposto con precedenti leggi tra cui la n. 81515 del 1971, art. 7), infatti sufficiente a fornire un segno sicuro dell'ampiezza e della portata della competenza regionale nella materia dell'urbanistica, e ad escludere. che con la norma denunciata si sia verificato il temuto. svuotamento. Potrebbe, ad ogni modo, mancare per le Regioni la possibilit di tenere presenti e tutelar.e le si'ecifiche esigenze proprie di ciascuna di esse. Senonch una eventualit del genere deve in realt ritenersi esclusa solo che si mettano in rilievo i modi di definizione dei detti standard. Di fronte alla diversit, da Regione a Regione, delle ripetute esigenze (e la ricorrente ha cura di segnalare le particolari caratteristiche del suo territorio, che imporrebbero l'adozione di speciali standard), la fissazione degli standard non pu che avvenire, allo stato della legislazione ordinaria, per zone territoriali omogenee siccome disposto con l'u1'timo comma dell'art. 41 quinquies della legge 17 agosto 1942, n. 1150 (legge urbanistica), e, in sede di prima applicazione deHa legge 6 agosto 1967, n. 765, con il d.m. 2 aprile 1968. terna e degH uffici di cui si lamenta la Regione, potrebbe in pratica essere di assai scarso rilievo, e trova ampia e piena giustificazione nel soddisfacimento di interessi unitari e generali a cui anche le Regioni PARTE 11 SEZ. I, GIURIS. ~OSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1021 Il fatto che codesto criterio, nella sua pratica attuazione, abbia potuto (come lamenta la Regione ligure) o possa non rispondere alle aspettative delle singole Regioni, non significa che esso non meriti conferma; e soprattutto da quella ,considerazione non pu inferirsi che la norma che riserva allo Stato, in sede di esercizio della funzione di indirizzo e di coordinamento, la definizione degli standard, sia costituzionalmente illegittima. All'inconveniente che possa non aversi una esatta corrispondenza tra le esigenze localmente avvertibili e gli atti di esercizio della detta funzione, si pu ovviare, e non c' dubbio che, nei limiti della ragionevolezza, 1o Stato in concreto ovvier, dando largo spazio anche in questo specifico campo alle intese con le Regioni (per altro, previste al quarto comma dell'articolo in esame). Di modo che consentito augurarsi e prevedere che alla omogeneit delle zone territoriali si faccia ricorso nel modo pi appropriato possibile e comunque rispondente alle tipiche necessit locali, nel quadro del rispetto e della migliore tutela delle esigenze di carattere unitario. Alle Regioni in definitiva, con la corretta applicazione della norma oggetto della denuncia, non-viene impedito di operare, con gli strumenti urbanistici, una autonoma e responsabile politica del territorio: la loro attivit al riguardo non ridotta, in molti casi, come sostiene la ricorrente, ad una mera applicazione di decisioni che trovano aliunde la loro fonte. La prefissione, in sede centrale, degli standard quindi materia suscettibile d'essere disciplinata attraverso l'esercizio della funzione di indirizzo e di coordinamento. E non vale, in contrario, il rilievo che almeno in un caso limite (e cio quando si fissino minimi tali da ledere il contenuto essenziale del didtto di propriet che costituzionalmente garantito) si versa in una materia che attiene ai principi fondamentali dell'ordinamento e la cui disciplina coperta da riserva di legge, ai sensi dell'art. 42, comma secondo, della Costituzione. E ci, per escludere che sulla stessa materia lo Stato possa esercitare la funzione di indirizzo e di coordinamento. Per lo Stto, la possibilit che con atto avente forza di legge si disciplini una data materia o se ne fissino i principi generali, non esclude che sul terreno dell'attivit amministrativa, ferme restando le competenze delle Regioni a statuto ordinario, sia attraverso l'esercizio della ripetuta funzione, legittimamente perseguita la tutela dell'interesse unitario che, 'Come si gi ricordato, rappresenta il limite di quella competenza ed il risvolto di esso. 6. -Ad avviso della Regione ricorrente la competenza regionale sarebbe anche invasa a mezzo della disposizione dell'art. 12 del decreto 1022 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO in esame con la quale, trasferiti alla Regione i provveditorati alle opere pubbliche e gli uffici provinciali del Genio civile, si stabilito in ordine alla titolarit di detti organi, la permanenza della preposizione esistente .all'atto del trasferimento. L'illegittimit costituzionale di detto articolo verrebbe in rilievo sotto un duplice profilo: per ci che sarebbe stata unilateralmente sta bilita la codipendenza di un organo da pi enti e sarebbe stato, sempre unilateralmente, addossato l'intero carico finanziario alla Regione. Con la norma oggetto di censura, in effetti, sono stati trasferiti alle Regioni a statuto ordinario i detti uffici periferici del Ministero dei lavori pubblici, con esclusione di date sezioni e servizi dei provveditorati; e si disposto che i provveditori alle opere pubbliche e gli ingegneri capi continuassero ad essere preposti ai rispettivi uffid, nonch alle sezioni, servizi ed uffici speciali esclusi dal trasferimento. Solo della seconda delle due norme, come si visto, si lamenta in sostanza la Regiooe ricorrente, e, ad avviso della Corte, non fon datamente. Indubbiamente, al trasferimento delle funzioni non poteva non accompagnarsi quello del personale preposto agli uffici dello Stato e che quelle funzioni esercitava..Una differente soluzione del problema sarebbe stata oltre tutto illogica e avrebbe determinato una tempo ranea difficolt nella vita amministrativa delle Regioni. D'altra parte non appare ingiustificato o irrazionale che i funzio nari preposti ai provveditorati e agli uffici provinciali del Genio civile mantengano, quali organi dello Stato, la preposizione agli uffid non trasferti. Tale situazione prevista come temporanea, fino al riordinamento dei servizi del Ministero dei lavori pubblici ai sensi della legge 28 otto bre 1970, n. 775. Ed in quanto tale, del tutto ammissibile. Come lo Stato provveder a disciplinare la sorte del proprio per sonale, cos sin d'ora alle :r;:tegioni consentito ampia :lacolt di strut turare gli uffici tecnici trasferiti, secondo le rispettive esigenze, ovvia mente nei limiti dei principi delle leggi dello Stato, giusta l'art. 117, prima parte della Costituzione. Siffatte possibilit, ammesse dalla stessa Avvocatura generale dello Stato, concorrono a che sia considerata inconsistente la lamentata de nuncia dell'art. 12. La regolamentazione del trasferimento e dello stato giuridico ed economico del personale fino alla istituzione dei ruoli regionali ed alla copertura dei relativi posti con il personale trasferito, non poteva non essere disposta dal legislatore statale, data l'importanza dei rela tivi problemi, e per il rispetto egualitario dei diritt.i e delle legittime aspettative del personale trasferito. E per quanto sopra detto, non PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1023 compromette la libert delle Regioni di strutturare gli uffici trasferiti secondo le esigenze organizzative di ciascuna di esse: la contin.ata preposizione a detti uffici dei provveditori e degli ingegneri capi non presuppone e non comporta, infatti, che gli uffici (trasferiti) debbano mantenere l'attuale strutturazione. Ed infine, come ammissibile che dati funzionari dipendano e dalla Regione e dallo Stato (per l'esercizio delle funzioni attribuite agli uffici riservati), cos non censurabile la disposta disciplina in ordine aU'incidenza del trattamento economico spettante al personale trasferito. Tutt'al pi si sarebbe potuto prevedere una ripartizione dell'onere relativo, ma, come facile osservare, le funzioni trasferite sno di gran lunga pi numerose e pi impegnative di quelle riservate, e quindi !'accolta soluzione potrebbe apparfre, soprattutto perch temporanea, del tutto equa e non lesiva del potere di organizzazione degli uffici e del connesso dovere di sopportarne gli oneri anche per il personale. 7. -Infine, secondo la Regione ricorrente, sarebbe stato violato l'art. 117 della Costituzione, per cui la Regione competente in tema di organizzazione dei propri uffici, quando, con l'art. 20, comma terzo, del.d.P..R. n. 8 del 1972., si stabilita una regolamentazione per l'attribuzione dei posti risultati vacanti nei r'uoli regionali dopo il primo inquadramento del personale statale trasferito. Seno~ch, l'avere previsto che sino ad un anno dall'entrata in vigore delle singole leggi regionali sui ruoli organici, la met dei posti disponibili dopo l'inquadramento del personale statale trasferito, debba essere conferita nelle singole qualifiche di tali ruoli, per mezzo di concorsi di trasferimento riservati al personale di pari qualifica e di ruoli corrispondenti gi trasferito ad altra Regione ai sensi del detto decreto, non integra una disposizione invasiva della competenza regionale, violando il potere di autorganizzazione spettante alle Regioni in relazione ai rispettivi uffici. Non giova osservare, come fa la Regione ricorrente, che l'invasione c' perch con il terzo comma dell'art. 20 si detta una disciplina per un personale che proprio per effetto dell'avvenuto inquadramento, non pi statale ma regionale. Non va trascurato, in contrario, che la norma de qua dettata per un personale statale, che diverr regionale solo dopo l'inquadramento nei ruoli, ed destinata ad operare per un breve periodo (e cio per l'anno immediatamente successivo alla entrata in vigore delle leggi regionali istitutive dei ruoli regionali) e sofo per la copertura di met dei posti a quel tempo ancora disponibili, ed in fatto operer se ed in quanto verranno dalle Regioni banditi entro quel periodo i previsti concor~i. 1024 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO E per ci non pu non essere riconosciuto il conveniente peso all'esigenza di salvaguardia delle posizioni del personale trasferito, per cui la tutela di tali posizioni non si deve esaurire con il primo inquadramento ma va opportunamente mantenuta sino a quando, nei tempi e con le forme di cui al comma in esame, il personale gi statale sia messo in grado di conseguire la sua definitiva sistemazione nei ruoli regionali. ( Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 24 luglio 1972, n. 142 -Pres. Chiarelli - Rel. Mortati -Presidente Regione Emilia-Romagna (avv. Galgano), Presidente Regione Lombardia (avv. Benvenuti, Elia), Presidente Regione Lombardia (avv. Benvenuti, Elia), Presidente Regione Umbria (avv. Piras, Cervati) c. Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Savarese). Regione -Regioni a statuto ordinario -Trasferimento delle funzioni in materia di agricoltura e foreste, cacci e pesca -Illegittimit costituzionale -Esclusione. (Cost. artt. 117, 118. 119, 135, 76, VIII disp. trans.; 1. 16 magio 1970, n. 281, artt. 17, 18; d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 11, artt. 2, 3. 4 lett. a, b, e, d, e, f, g,. h, i, l, m, n, o, p, q, r, s, t, 10, 11, 13, 15, 16, 17, 18, 19). Non sono fondate, con riferimento alle norme della Costituzione attributive della competenza in materia di agricoltura e foreste, caccia e pesca alle Regioni a statuto ordinario, ed alla legge di delega 16 maggio 1970, n. 281, le questioni di legittimit costituzionale del d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 11 sul trasferimento alle Regioni a statuto ordinario delle funzioni amministrative statale in materia di agricoltura e foreste, caccia e pesca, nelle acque interne, e del relativo personale (1). (Omissis). -2. -Le censure rivolte a molte disposizioni del d.P.R.. 15 gennaio 1972, n. 11, con cui sono state trasferite alle Regioni a statuto ordinario le funzioni amministrative statali in materia di agricoltura e foreste, riguardano per la pi gran parte la riserva disposta a favore dello Stato di settori che si assumono rientranti nella materia (1) La questione era stata sottoposta all'esame della Corte con ricorsi proposti dalla Regione Emilia-Romagna, Lombardia e Umbria notificati rispettivamente il 16, 17 e 20 marzo 1972. Corte Cast. 18 febbraio 1970, n. 20, citata in motivazione, leggesi in questa Rassegna, 1970, .I, 182; rper Corte cast. 3 marzo 1972, n. 40, vedi id., I, 185. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1025 stessa e pertanto da affidare alla competenza regionale, e ci in contrasto con gli artt. 117 e 118 nonch con l'art. 76 Cost., per l'incorsa inosservanza dei princip contenuti nell'art. 17 della legge di delega 16 maggio 1970, n. 281. Si censurano poi le disposizioni le quali hanno ad oggetto o la delegazione alle Regioni di materie che non sono da considerare di competenza statale in contempo,raneit al passaggio degU uffici, o l'invasione della competenza regionale da parte di disposizioni concernenti il trattamento del personale trasferito, o infine l'affidamento allo Stato, n via transitoria, di provvedimenti amministrativi che abbiano importato precedenti assunzioni di impegni nel bilancio statale. 3. -Per potere valutar~ la fondatezza dei cennati motivi di impugnativa occorre determinare l'esatta portata dell'art. 17 della legge di delegazione, della quale si assume la violazione da parte dei provvedimenti denunziati. Non appare dubbio che detto articolo, come risulta dalla sua dizione letterale e dal richiamo da esso fatto aH'VIII disposizione transi.toria, ha disposto il trasferimento alle Regioni solo di quelle funzioni amministrative che, per una parte, risultino inerenti alle materie elencate nell'art. 117 Cost., e siano contenute nel limite degH interessi connessi alle esigenze delle singole Regioni senza travalicare in quelli propri dello Stato e di altre Regioni, e, per l'altra parte, esercitate all'atto del trasferimento, da organi centrali o periferici dello Stato. Sicch dovevano rimanere fuori dell'obbligo del trasferimento tanto le competenze non rientranti nella materia, obiettivamente considerata, quanto le altre che, se pure ad essa riconducibili, riguardassero interessi trascendenti la sfera regionale, e infine quelle estranee alla competenza dell'organizzazione diretta, centra:te o periferica, dello Stato. solo nell'ambito delle materie in tali limiti suscettibili di trasferimento che l'art. 17" mentre, ha da un lato voluto tutelare le esigenze di carattere unitario attribuendo allo Stato la funzione di indirizzare e di coordinare ,l'attivit amministrativa oggetto del trasferimento tutte le volte che essa lo richiedesse, ha poi, dall'altro, curato di assicurare, per quanto possibile, l'organicit nell'esercizio della medesima, assegnando alla Regione, a titolo di delegazione, compiti statali quando essi venissero a costituire un residuo rispetto a quelli prevalenti oggetto del trasferimento. Risulta perci 'Chiaro che l'art. 17 nel richiedere che il passaggio di attribuzioni dovesse avvenire per settori organici di materie non ha inteso, n avrebbe potuto, influire sulla determinazione delle materie stesse, ed anzi, prevedendo la delegabilit di competente statali residue , ha dato per ammessa possibilit di una non perfetta coincidenza della parte trasferibile con quella argomentabile da una generica loro qualificazione. 1026 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 4. -Passando ora all'analisi, alla stregua dei principi enunciati, delle singole censure fatte valere, da escludere la fondatezza di quella rivolta avverso l'art. 2, secondo comma, che, in via transitoria e cio fino a quando non si proceder al loro riordinamento , affida allo Stato ogni competenza in ordine agli enti pubblici in agricoltura a carattere nazionale o pluriregionale. L'Emilia-Romagna e l'Umbria fanno rilevare che il rinvio a tempo indeterminato del riordinamento che avrebbe dovuto regionalizzare gli enti di cui si tratta costituirebbe inadempimento della delega ex art. 17 citato, secondo cui si sarebbe dovuto, entro il biennio ivi previ-sfo, adottare ogni specie di provvedimento necessario ad investire le Regioni della pienezza delle loro funzioni. A contestare l'esattezza di tali asserzioni basta richiamarsi a quanto si detto sull'esclusione dell'bbligo del trasferimento delle funzioni non esercitate dallo Stato, sicch nessun fondamento pu riconoscersi all'invocato rispetto del termine del biennio, trattandosi di settori di attivit ai quali esso non si riferisce. Egualmente infondata poi la censura mossa all'art. 3 che si limita a riprodurre il disposto dell'VIII disp. trans. e finale-della Costituzione. 5. -Non suscettibili di trasferimento devono considerarsi anche quelle materie che non possono ricondursi al settore dell'agricoltura. Settore che, per la sua comple,ssit e disorganicit, appare di non agevole delimitazione. Ad essa non si pu pervenire avendo riguardo al fatto dell'attribuzione dei compiti affidati al Ministero dell'agricoltura, poich ad essa si a volte provveduto per considerazioni di opportunit politica che hanno condotto ad accentrare nel medesimo una serie di funzioni che solo in via generica e senza un nesso diretto possono farsi. rientrare nella cura degli interessi connessi ai prodotti del suolo. chiaro invece c.he a quest'ultima specie di interessi occorre aver riguardo per la determinazione dell'am)Jito della materia dell'agricoltura di cui l'art. 117 ha disposto il trasferimento. Da tale premessa facile argomentare l'assoluta estraneit ad essa dell'oggetto considerato alla lettera i) dell'art. 4 relativo all'ordinamento del credito agrario, che, come settore particolare di un'attivit pi generale, comprensiva di ogni specie di operazione bancaria, si deve uniformare alla regolamentazione aq essa indirizzata. Ci pu risultare comprovato, oltre che dal cnfronto con gli Statuti sJ,ieciali, i quali, quando attribuiscono competenze riguardanti H credito, lo fanno differenziandole da quelle dell'agricoltura, anche dai lavori preparatori della Costituzione dai quali risulta che la proposta che era stata formulata di attribuire competenza in materia di credito alle Regioni a statuto ordinari~ teneva distinta quest'ultima da quella dell'agricoltura. Proposta che PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1027 venne respinta nella considerazione che la disciplina del credito non potesse avvenire altrimenti che a livello nazionale per la stretta correlazione con l'intera politica economica e monetaria. Al che pu aggiungersi anche il rilievo che gli aspetti privatistici dell'attivit creditizia la rendono' incompatibile con l'intervento delle Regioni. Un'ulteriore riprova dell'esattezza delle precedenti considerazioni pu trarsi dalle stesse deduzioni di parte che, per r.ivendicare alle Regioni la materia del credito, fanno ricorso ad un criterio finalistico che ~ovrebbe presiedere alla ripartizione delle competenze, e cos condurre ad assegnare agli enti regionali quelle fra esse che, pur non proprie dell'agricoltura, vi ,dovrebbero essere ricondotte perch strumentali alle altre, e quindi necessarie all'integrale soddisfazione di tutti gli interessi in essa convergenti. La Corte ha gj. statuito in senso contrario con la sentenza n. 20 del 1970, s1econdo cui la determinazione della materia regionale deve farsi in modo obiettivo senza riferimento al risultato da conseguire, cio senza riguardo all'influenza che su essa pu deri~ vare dall'esercizio di poteri appartenenti a sfere diverse. Pu ammettersi che sussista un indubbio interesse di queste ultime all'incremento di misure creditizie corrispondenti alle esigenze di sviluppo di potenziamento della produzione agricola, ma esso deve ritenersi sufficientemente soddisfatto con gli interventi loro consentiti dalla lettera m) dell'art. 1, indirizzati allo scopo di agevolare l'accesso al credito (ivi compresi i rapporti con gli istituti di credito), effettuabili con l'erogazione di sussidi in conto capitale, con il concorso nel pagamento degli interessi, cui fa rimerimento l'art. 35 della legge 27 ottobre 1966, n. 910, e simili. Ugualmente estranea alle competenze delle Regioni, perch trascendente l'ambito della materia dell'agricoltura, quella dell'alimentazione di.cui alla lettera o) dell'art. 4, che la Regione Umbria ha impugnato, senza tuttavia addurre alcun motivo a sostegno. 6. -Esulante dalla materia dell'agricoltura deve considerarsi anche quella riguardante i parchi nazionali, per i quali la lettera s) dispone una riserva a favore dello Stato, impugnata dalle Regioni EmiliaRomagna e Umbria. Infatti la formazione di tali parchi vuole soddisfare l'interesse di conservare integro, preservandolo dal pericolo di alterazione o di manomissione, un insieme paesistico dotato ,di una sua organicit e caratterizzato da valori estetici, scientifici, ecologici di raro pregio, quali possono presentarsi anche in confronto a territori privi di vegetazione o comunque, pur quando que eliminare l'efficacia o la pratica deducibilit. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 29 dicembre 1972, n. 200 -Pres. Chiarelli -Rel. Verz -Marino (n.c.) e Amministrazione delle Finanze dello Stato (Sost. avv. gen. dello Stato Coronas). Imposta di registro -Imposta sull\ sentenze -Riforma della sentenza -Irripetibilit dell'imposta -Illegittimit costituzionale. .(Cost., artt. 3, 53; r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, artt. 12, 14). Sono costituzionalmente illegittime, in relazione ai principi di eguaglianza e di capacit contributiva, gli artt. 12 e 14 della legge di registro 30 dicembre 1923, n. 3269 nella parte in cui non prevedono, ai fini della restituzione dell'imposta proporzionale, l'ipotesi che sia stata rif01mata la sentenza con la quale si attua il trasferimerito di un diritto (1). , (1) La questione era stata sottoposta all'esame della Corte con ordinanza 1 lugHo 1971 della Corte di Appello di Messina (Gazzetta Ufficiale 27 ottob!re 1971, n. 273). Essa ha perduto di attuaLit, a decorrere dal 1 g.ennaio 1973, a fronte del nuovo testo dell'imposta di r,egistro (art. 35 d.P.R. 26 ottobre 1972, 1056 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). --3. -La questione fondata. L'Avvocatura generale dello Stato premette .che l'imposta, quale imposta di atto, applicabile indipendentemente dal verificarsi o meno dei suoi effetti, e che le sentenze per le quali -per il loro contenuto obbiettivo -deve essere corrisposto tale tributo al momento della registrazione, non possono sottrarsi alla disciplina degli artt. 12 e 14 della legge sul registro, che fa divieto di restituzione delle tasse pagate, anche nel caso che esse siano annullate in sede di gravame. Ed osserva che la questione deve ritenersi infondata perch, quando nello stesso procedimento vengono pronunziate pi sentenze, il carko complessivo di imposta rappresenta la somma di tributi relativi ad atti diversi, susseguitisi nel tempo e determinati talvolta anche dal comportamento degli interessati. Conseguentemente, l'art. 53 non potrebbe dirsi violato in quanto la capacit contributiva, come idoneit del contribuente a corrispondere la prestazione imposta, deve porsi in relazione non gi con la concreta capacit di ciascun contribuente, ma col presupposto al quale la prestazione stessa collegata e con gli elementi essenziali della obbligazione. 4. -La Corte non pu condividere siffatte argomentazioni. esatto che le sentenze pronunciate nei vari gradi di uno stesso processo costituiscono altrettanti atti fra loro distinti; ma, ai fini della imposizione tributaria, rilevante soltanto quell'unico trasferimento, che, nel susseguirsi delle suddette decisioni, ristilti effettuato dalla sentenza passata in giudicato. Per l'imposta di atto, dovuta per la sentenza traslativa, la proporzionale, bench pagata nel momento della registrazione della sentenza, ha carattere autonomo ed indipendente in quanto colpisce soltanto il trasferimento. Pertanto, all'atto della registrazione della sentenza, alla tassa fissa giudiziale si aggiunge quella :proporzionale, se ed in quanto sussista il detto trasferimento. Dimostrata la netta distinzione fra i due tributi, appare chiaro che il primo deve essere corrisposto tante volte quante sono le sentenze emesse nelle varie fasi del giudizio, mentre la proporziona! dovuta soltanto sull'unico trasferimento da tass'.re. Sotto il profilo costituzionale non ha rilevanza il fatto che il tributo sia corrisposto all'atto della registrazione di una o pm sentenze non ancora passate in giudicato. rilevante -invece -agli effetti degli artt. 3 e 53 Cost., che le norme impugnate non consentono che la somma versata sia restituita _:_ per intero o proporziona!~ mente -nel caso in cui dalla sentenza passata in cosa giudicata risulti n. 634) che ammette il conguaglio o il rimborso dell'imposta corrisposta sulle sentenze, in ba:se agld eV'enti successivi fino alla formazione della cosa giudicata. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1057 che il trasferimento non esiste -in tutto od in .parte -e quindi sia venuto a mancare, totalmente o parzialmente, l'oggetto della imposizione tributaria. Ed invero, l'art. 12 della legge del registro dispone che le tasse regolarmente .percette non possono essere restituite in caso di riforma, risol.zione, rescissione od anche .per effetto di condizione risolutiva, alla quale l'atto o il tl'asferimento si trovasse vincolato, n per qualsiasi altro evento ulteriore fuorch nei casi previsti dalla legge. E fra le eccezioni alla suindicata norma, tassativamente previste dall'art. 14, non compresa la riforma in sede di gravame della sentenza di primo grado, in base alla quale stato corrisposto il tributo. Non si tratta di inconvenienti o disarmonie nella disciplina di un determinato tributo, che possono essere valutate in sede di politica legislativa, come ritiene l'Avvocatura dello Stato, ma di una violazione dei principi della capacit contributiva, che condiziona la misura massima del tributo nel senso che questo non pu essere mai fissato ad un livello superiore alla capacit dimostrata dall'atto o dal fatto economico. Ed evtdentemente il pagamento di un tributo indebito, che talvolta pu superare, attraverso la ripetuta esazione, il valore del bene, oggetto del trasferimento e la impossibilit di rimborso di quanto indebitamente pagato, concretano mia violazione del principio costituzionale, anche in riferimento all'art. 3 Cost. in quanto la discrezionalit legislativa trova sempre un limite nella ragionevolezza delle statuizioni volte a giustificare la disparit di trattamento fra cittadini. Rimane assor-bita la questione in riferimento all'art. 24, secondo comma, della Costituzione. -(Omissis). SEZIONE SECONDA GIURISPRUDENZA SEZIONE SECONDA GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE CORTE DI CASSAZIONE, Serz. Un., 14,ottobre 1972, n. 3060 -Pres. Marletta -Rel. Cusani -P. M. Di Majo (parz. diff.) -Ministero dei LL.PP., Ministero dell'Interno e ANAS (avv. Stato Lancia), contro Chiti e Lenzini (avv.ti Gobbo, Lessona e Marese). Competenza e giurisdizione -Poteri della P. A. in merito a funzioni di prevenzione e di polizia -Discrezionalit -Insussistenza di diritti soggettivi alla tutela -Difetto di giurisdizione dell'Autorit giudiziaria. (e.p.e., artt. 37 e 41; e.e., art. 2043). Responsabilit civile -Configurabilit di un obbligo della P. A. per evitare danni cagionati da cosa in custodia -Correlativo diritto soggettivo del danneggiato. (e.e., art. 2051). Il mancato esercizio.da parte della Pubblica Amministrazione di po teri inerenti alle funzioni di prevenzione e di polizia va pur sempre considerato come esplicazione di una pubblica funzione discrezionale, in relazione alla quale l'astratto dovere di pll'ovvedere non si concreta in una obbligazione che vincoli l'Amministrazione stessa nei confronti de gli altri soggetti onde non sussista un diritto soggettivo di questi ad esse re tutelati (uti singuli, anzich uti cives) dagli effetti dei fenomeni e calamit naturali (o di comportamenti illeciti dei consociati) mediante misure preventive, che la Pubbtica Amministmzione ha solo un g'enerico dovere di adottare: risulta da ci chiaro il difetto di giurisdizione del giudice ordinario sulle domande proposte nei confronti delle Amministra zioni dei lavori pubblici e ~ell'interno in rapporto ad un tale generico dovere (1). L'attivit di vigilanza e di prevenzione di eventi dannosi costituisce ii contenuto di un vero e proprio obbligo posto a carico di chi ha la (1-2) Sul princ1p10 ineccepibile contenuto nella prima massima cfr. Cass., Sez. Un., 30 maggio 1966, n. 1417 in Rass. Avv. Stato 1966, I, 1379 ed tvi 1380 nota 1 nonch Cass. Sez. Un., 10 giugno 1968, n. 1769 in Rass. Avv. Stato 1968, I, 512 ed ivi 513 nota 1, entrambe richiamate nella sentenza, di cui si tratta. ~:: t:: ~:: ~-: r: ~!. i:: f:'. .. -~: f;. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 1059 disponibilit di una cosa ed a favore degli altri soggetti, la cui posizione soggettiva si configura correlativamente come diritto soggettivo e non gi come mero intereisse: di qui la giurisdizione del giudice ordinario sulle domande proposte nei confronti Cell'ANAS in ra.pporto aiza funzione di questa rispetto alla strada pubblica anche in quanto bene demaniale e non solo in q'lfanto otpera posta a d.isposizi.ol)'l,e dei citrtadini per l'uso della viabilit (2). (Omissis). -Premesso che il 24 febbraio 1968 una collina gravante su pubblica strada era franata distruggendo anzitutto H piano viabile e, poi, la loro propriet immobiliare e mobiliare a questo sottostante, Chiti Gino ed altri citavano dinanzi al tribunale di Firenze il proprietario della collina, Gianni Giannino, il Ministero dell'Interno, il Ministero dei LL. PP., nonch l'ANAS per sentirli condannare al risarcimento dei danni. Pronunciandosi sull'eccezione pregiudizialmente sollevata dalle amministrazioni convenute, il Tribunale, con sentenza non definitiva in data 17 maggio 1.969, ha ritenuto la competenza dell'autorit giudiziaria ordinaria osservando: che l'indagine va effettuata in riferimento al modo di tutela offerto in astratto dall'ordinamento giuridico alla posizione sogget~ iva delle parti, sulla scorta del contenuto sostanziale della domanda attrice con la combinata utilizzazione del petitum e della causa petendi; che nella fattispecie non si deduce una mera omis.sione sic et simpliciter ma si afferma' una inerzia delle Amministrazioni, le quali, malgrado una palese situazione di immanente pericolo.... non hanno adottato i provvedimenti che rientravano nei loro .compiti istituzionali ; che il cittadino non ha il diritto di esigere che la P. A. operi cos come le norme di azione impongono alla stessa ma, se l'amministrazione medesima non opera, trascurando di ovviare ad una situazione di immanente pericolo pur rimediabile viola, nel caso in cui il pericolo diventi danno, la norma di cui all'art. 2043 e.e. e, pi particolarmente in relazione alla fattispecie, la norma di relazione che impone l'obbligo di non sacrificare la ,propriet altrui; che alla P. A. non incombono soltanto doveri pubblicitari ; ma anche, in virt del citato art. 2043 e.e., obbligo a contenuto negativo di non operare a danno dei beni primari assoluti obbligo che pu essere violato anche medianteuna condotta omissiva. Ricorrono per regolamento di giurisdizione le amministrazioni convenute. Resistono le controparti con controricd'.l's.i illustrati da memoria. Sul principio di cui alla seconda massima va espressa ogni riserva in quanto attiene alla applicabilit della responsabilit per danno cagionato da cosa in custodia con riferimento ad una strada pubblica (cfr. sull'argomento Cass. 18 marzo 1968, n. 882 in Rass. Avv. Stato 1968, I, 731 e in proposito I giudizi di costituzionalit ed il contenzioso dello Stato negli anni 1965-1970, vol. II, p. 257) sebbene le affermazioni fatte ai fini della giurisdizione non possono pregiudicare la soluzione di ogni altra questione attinente al merito della causa. 1060 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO MOTIVI DELLA DECISIONE Le Amministrazioni ricorrenti deducono che prima di affermare la colposit di un comportamento omissivo necessario esaminarlo in sede causale e che la mera inerzia pu essere assunta come causa di un evento soltanto nel concorso della violazione di un obbligo giuridico di impedire l'evento medesimo. Rilevano, poi: a) che l'art. 2043 c.c. non implica un generale ed incondizionato dovere di intervenire a protezione dei diritti assoluti dei terzi, ma impone solo di improntar.e a cautela le eventuali azioni; b) che non esisteva altra norma che facesse obbligo nella specie alla P. A. di impedire la frana, posto che, n rispetto al potere di ordinanza del Sindaco .(che di limitazione della posizione soggettiva dei privati), n rispetto ai poteri di polizia sono ipotizzabili diritti soggettivi. Il ricorso, nelle sue.linee essenziali, fondato. La sentenza del Tribunale basata su di una nozione erronea -o, quanto meno, confusa dell'omissione e su di una contraddittoria determinazione sia del contenuto dell'obbligo imposto ai consociati dall'articolo 2043 e.e., sia della natura del rapporto tra la P. A. ed i privati in ordine alla funzione di prevenzione di cui la prima investita. E tali vizi risultano determinanti rispetto alla soluzione adottata in ordine alla giurisdizione. anzitutto incongrua la contrapposizione tra mera omissione da un lato ed inerzia dall'altro. E non affatto chiaro quale sia la nozione di condotta omissiva che si inteso accogliere quando si affern: iato che l'obbligo di non operare ben pu essere violato con detto contegno. Sul primo punto deve rilevarsi che -se, come noto, l'omissione non implica necessariamente un non facere ma pu consistere anche in un non face.re quod debetur onde pu essere sia un contegno di inazione sia un comportamento attivo non corrispondente tuttavia all'attivit dovuta (aliud agere) -il rapporto tra inerzia ed omissione di species a genus e non gi di contrapposizione. E -quel che pi - era proprio perch alle convenute veniva ascritta una inazione piuttosto che un aliud agere che il problema circa l'esistenza, la fonte e la natura dell'obbligo, avente come contenuto il comportamento contrario a quello posto in essere, assumeva preminente rilevanza con gli inevitabili riflessi sulla Competenza giurisdizionale. Ed invero -mentre nella omissione concernente singole modalit dello svolgimento di una attivit, il nesso causale rispetto ad un evento derivato dalle modificazioni del mondo esterno prodotte da questo fuori discussione, in quanto trova base sul piano natuvalistico, onde l'indagine limitata al controllo dell'osservanza delle cautele necessarie (s.iano esse generiche, do \} suggerite dalla comune esperienza, ovvero tipizzate, cio normativamente !::: ~=~ f.~j~ ~..,,#'..,,~~' PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 1061 specificate) -nell'ipotesi di totale astnsione da una qualsiasi attivit lo stesso rapporto di causalit che nel nostro ordinamento (art. 40 c.p.c.) condizionato all'esistenza di un obbligo avente come contenuto l'attivit necessaria ad impedire l'evento lamentato, si che il giudice , in definitiva, Chiamato a tutelare la posizione soggettiva del danneggiato in ordine alla. prestazione di detta attivit e non soltanto ad accertare un generico connotato di doverosit sociale dell'azione protettiva. Quanto alla nozione di condotta omissiva, chiaro che -se, come .si visto, questa pu consistere anche in una azione difforme dal comportamento attivo costituente il contenuto di un obbligo (aliud agere) quando si risolve in vera e propria inazione non pu certo costituire vi~lazione di un obbligo, a contenuto negativo, di non operare come, invece, ha ritenuto il Tribunale con riferimento al pripricio del neminem laedere sancito dall'art. 2043 e.e., posto che la prestazione dovuta dal soggetto passivo di un obbligo di non facere consiste proprio in un contegno negativo, il quale perci costituisce adempimento giammai violazione di obblighi di tale genere. Totalmente irrazionale, infine, l'affermazione dell'obbligo della P. A. di ovviare a situazioni di immanente pericolo .pur rimediabile basata sulla constatazione che il cittadino non ha diritto di esigere che la P. A. operi cosi come le norme di azione impongono alla st(;lssa . A questo proposito, comunque, sufficiente richiamarsi al fermo orientamento giurisprudenziale di questa Corte Suprema (ad es. 1417 /66 e 1769/68) nel senso che il mancato esercizio da parte della P. A. dei poteri inerenti alle funzioni di prevenzione e di polizia va pur sempre considerato come esplicazione di una pubblica funzione discrezionale, in relazione alla quale l'astratto dovere di' provvedere non si concreta in una obbligazione che vincoli lAmministrazione nei confronti del privato, si che non sussiste un diritto sggettivo di questo ad essere tutelato (uti singulus anzich uti civis) dagli effetti dei fenomeni e calamit naturali (o di comportamenti illeciti dei consociati) mediante misure preventive, che la P. A. ha invece solo un dovere generico di adottare. Risulta con ci chiaro il difetto di giurisdizione del Giudice Ordinario in ordine alle domande proposte nei confronti delle Amministrazioni dei LL.PP. e dcll'Interno cui nella specie incombeva quel generico dovere, giacch si reso evidente che la reale posizione soggettiva dall'ordinamento assegnata agli attori in relazione all'interesse all'intervento protettivo di dette Amministrazioni, fatto valere in sostanza nel presente giudizio, non configurabile come diritto soggettivo ma stata erroneamente prospettata come tal~ e non , quindi, suscettibile di tutela dinanzi all'Autorit giudiziaria Ordinaria. Diversa la situazione per ci che concerne la domanda proposta contro I'A.N.A.S. Invero alla strada pubblica gli attori hanno fatto rife 1062 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO rimento anche nel suo aspetto di bene demaniale e non solo in quello di opera pubblica posta a disposizione dei cittadini per l'uso della viabilit. E deducono pure che i loro beni sono stati distrvtti da immissioni franose che comprendevano non soltanto il terriccio staccatosi dalla sovrastante collina "ina anche il materiale che costituiva il piano viabile, che era rimasto distrutto per primo ed era rovinato sul sottostante fondo assieme alla frana superiore. Sotto questo profilo alla P. A. si addebita la responsabilit prevista dall'art. 2051 e.e. ed entro questi limiti la giurisdizione del giudice oroinario va riconosciuta, posto che l'attivit di vigilanza e di prevenzione di eventi dannosi costituisce il contenuto di un vero e proprio obbligo che la norma citata pone a carico di chi ha la disponibilit di una cosa ed a favore dei consociati e che, correlativamente, la posizione soggettiva di questi ultimi si configura come diritto soggettivo e non gi come mero interesse. I resistenti deducono in contrario essenzialmente: 1) dato il limite che l'art. 2043 e.e. pone alla libert, non pu riconoscersi alla P. A. la facolt di non adottare' le cautele idonee ad evitare danni ai privati ; 2) che, ad ogni modo trattandosi di esaminare la sussistenza o meno di una fattispecie di illecito civile della P. A. e di stabilire se si verifichino in concreto Ie condizioni per la tutela invocata, gli argomenti addotti nel ricorso potrebbero condurre a declaratoria di difetto di legittimazione passiva delle amministrazioni in causa ovvero addirittura alla loro assoluzione nel merito, e non gi di diniego della giurisdizione del Giudice ordinario. In proposito conviene osservare quanto segue: fuori discussione che, come queste S. U. hanno ripetutamente statuito (cfr. ad es. 2039/66): a) anche la P. A. nell'agire incondizionatamente soggetta al precetto del neminem laedere, che costituisce l'invalicabile limite della discrezionalit ad essa attribuita e la cui inosservanza non potrebbe perci trovare giammai esimente nelle esigenze dell'interesse pubblico; b) spetta al Giudice ordinario la competenza giurisdizionale in ordine alle domande di risarcimento di danni causati dalla P. A. con attivit svolte in violazione di regole <1;i circospezione e cautela suggerite dalla ,comune esperienza normativamente prescritta a tutela preventiva dei diritti di cui viene lamentata la lesione. Per altro; nella specie il problema attinente alla giurisdizione si pone in termini diversi, giacch alla P. A. non si imputa di avere compiuto azioni dannose, di avere do operato modificazioni del mondo esterno comportanti lesioni di diritti fondamentali dei ,consociati. Al contrario alle amministrazioni convenute si imputa una mera inazione, in quanto ad esse viene addebitato di essersi astenute dal produrre nel mondo esterno le modificazioni idonee ad imp,edire che un fenomeno 'PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 1063 naturale assumesse sviluppi dannosi per gli attori. Si verte dunque in ipotesi di causalit giuridica od indiretta, la quale -come gi si detto -postula l'inadempimento di un obbligo giuridico di agire a difesa degli altrui beni, obbligo che non va confuso con quello imposto dalla citata norma primaria del neminem laedere. Questa -invero, come la Corte Suprema ha gi posto in risalto nella sentenza n. 1957/68 -impone soltanto il dovere di improntare le proprie azioni alle regole di circospezione intese ad evitare che esse abbiano risultato pregiudizievoli per i terzi, ma non anche quello di adoperarsi attivamente per pro-teggere i diritti altrui e per interrompere all'uopo serie causali originate e ,sviluppantisi al di fuori della propria sfera. Nella citata sentenza si altresi osservato che non , quindi, a quel precetto che pu farsi riferimento per l'individuizione di un obbligo di intervento la cui inosservanza possa integrare la nozione normativa di causa di un evento lesivo e che, al contrario, si deve caso per caso accertare l'esistenza di un vincolo giuridico -derivante o direttamente dalla legge o da uno specifico rapporto -intercorrente tra il titolare dell'interesse leso ed il soggetto chiamato a rispondere della lesione per non averla impedita. La posizione soggettiva di chi prentende il risarcimento di danni per una omissione , dunque, pi complessa: di quella di colui che basa la domanda sulla violazione del principio del neminem laedere mediante attivit antidoverosa. In essa, infatti, assume pregnante rilievo -specie ai fini della individuazione del giudice cui attribuita la competenza giurisdizionale -la reale posizione soggettiva che all'attore deriva dalla tutela che l'ordinamento concede al suo interesse a che altri si adoperi per impedire eventi per lui pregiudizievoli. Pertanto, -se vero che la qualificazione della posizione sogget tiva del danneggiato nei confronti del preteso autore del danno vale, in ipotesi di causalit giuridica e non gi materiale, a stabilire l'esistenza del nesso di causalit~ ci non toglie che, quando convenuta sia la P. A., essa incide ancor prima sull'indagine preliminare volta a verificare se si tratta oppur no di posizione suscettibile di tutela dinanzi all'Autorit Giudiziaria Ordinaria. A quest'ultimo proposito i resistenti hanno osservato che essi non lamentano fa mancata adozione di misure di o.rdine generale per la prevenzione di frane, perch ovvio che di fronte all'astratto e generico dovere della P. A. i cittadini non sono portatori altroch di un interesse semplice bens di quelle specifiche e concrete cautele che erano rese necessarie dal preavvertimento e perci dalla prevedibilit concreta di quella frana. Ed aggiungono: a) che -incombendo al Sindaco ex art. 153 T. U. 4 febbraio 1915, n. 148, l'obbligo di fare i provvedimenti contengibili ed urgenti in materia di sicurezza pubblica - da impu tarsi a colpa del sindaco del Comune in questione (nella sua qualit di ufficiale di governo), l'aver omesso sia l'adozione che l'esecuzione di 1064 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ufficio dell'ordine ai proprietari del terreno di eseguire immediatamente i necessari lavori di contenimento della collina omissione che si era risolta nella mancata prevenzione di un grave ed imminente pericolo alla sicurezza pubblica; b) che analoghe considerazioni valgono per l'Amministrazione dei LL.PP. alla quale -avendo essa una precisa competenza in ordine alla sistemazione di quei terreni - si potr addebitare di aver omesso l'attuazione dei compiti ad essa demandati dalla legge . Ma si .gi rilevato che la posizione del privato in ordine all'esplicazione dei compiti attribuiti alla P. A. e, in particolare, all'astratto dovere di questa di prevenire calamit, di interesse e non gi di diritto perfetto. Si pu aggiungere che il maggior grado di prevedibilit di uno specifico evento dannoso -dovuto oppure no ad un preavvertimento o ad una istanza di chi si ritenga esposto a pericolo -pu valere a differenziare la posizione di questo soggetto rispetto all'interesse collettivo facente capo alla generalit, e, quindi, a qualificarla come interesse legittimo anzich come interesse semplice ma non a trasformare in diretta ed immediata quella protezione che l'ordinamento accorda in via soltanto occasionale e riflessa. Si rivela .perci arbitrario l'assunto dei resistenti, secondo cui sarebbe da configurarsi come diritto soggettivo la posizione di Coloro che si trovano ad essere pi direttamente minacciati da una determinata calamit. Deve dichiararsi pertanto la giurisdizione dell'autorit giudiziaria ordinaria nei soli confronti dell'A.N.A.S. e dichiarare, per .converso, il difetto di .giurisdizioni: nei confronti delle altre Amministrazioni ricorrenti. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 14 ottobre 1972, n. 3062 -Pres. Pece Rei. Mirabelli -P. M. Secco (diff.) -Ente Musicale Catanese (avv. Falzea) contro Assessorato regionale turismo della Regione Siciliana (avv. Stato Terranova) e Comune di Catania (avv.ti Amaduri, Ferri e Silvestri). Competenza e giurisdizione -Concessioni amministrative e contratti di diritto privato -Distinzione -Effetti sulla giurisdizione. (c.p.c., art. 37; I. 20 maTzo 1865, n. 2248, all. E, artt. 2 e 4). n rapporto, che si pone in essere tra la Pubblica Amministrazione ed il privato per la utilizzazione di un bene patrimoniale indisponibile a fini compatibili con la sua destinazione, va ricondotto al regime della concessione specialmente quando il godimento di un bene non demaniale sia stato conferito per lo svolgimento di un'attivit di pubblico interesse ossia per l'attuazione di U'IJ: servizio a favore delta collettivit, ma, pure PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 1065 se si controverte sulla legittimitd degli atti che abbiano posto termine a un rapparto di conessione, ~n riferimento alla lesione di posizioni soggettive sorte in capo al privato con la costituzione del rapporto stesso, viene parzialmente portata in giudizio una questione che rientra nella giurisdizione deU'Autoritd giudiziaria ordinaria, in quanto_ da ogni concessione sorgono a favore del privato concessionario posizioni che trovano tutela piena entro i limiti imposti dal pubblico interesse (1). (Omissis). -In primo luogo va esaminata l~ questione di giurisdizione, specificamente sollevata con il terzo motivo del ricorso incidentale, proposto dal Comune di Catania, ed implicitamente posta a fondamento anche del primo motivo del ricorso principale; proposto dall'Ente Musicale Catanese. La sentenza impugnata ha ritenuto che il rapporto instauratosi tra il Comune e l'Ente per la gestione del Teatro Massimo Bellini da qualificarsi rapporto di concessione; sulla base di tale qualificazione la stessa sentenza, da un canto, ha affermato la giurisdizione dell'autorit giudiziaria ordinaria a conoscere delle pretese dell'Ente, rilevando che questo, nel contestare tale qualificazione e nel sostener.e che si sia trattato di un rapporto di diritto privato, ha posto a fondamento delle pretese portate in giudizio la lesione di un proprio diritto soggettivo; ma, dall'altro, ha respinto le pretese medesime in quanto, avendo giudicati legittimi gli atti dell'amministrazione comunale, con cui questa ha posto fine al rapporto e si assunta la ,gestione diretta del Teatro, ha negato che sussistesse, in concreto, una lesione di diritti spettanti all'Ente. Queste statuizioni sono censurate da entrambi i ricorrenti. L'Ente, infatti, insistendo nel contestare che il rapporto rientri nell'ambito del diritto pubblico, approva la sentenza impugnata nel punto in clii questa ha affermato la giurisdizione del giudice ordinario, ma la critica nel punto in cui ha negato che vi sia lesione di diritti dell'Ente; il Comune, per contro, mentre con'corda nell'attribuire al rapporto la natura di concessione amministrativa, sostiene che, peraltro, la Corte di merito sia caduta in errore nell'affermare la propria giurisdizione, giacch, a suo avviso, venendo in contestazione la legittimit degli atti compiuti da una Pubblica Amministrazione nell'ambito di un rapporto di diritto pubblico, unko giudice della controversia dovrebbe essere ritenuto il giudice amministrativo. (1) Per i precedenti, ricordati pure nella sentenza di cui si tratta, in quanto riguarda la prima parte della massima cfr. Cass. Sez. Un., 25 maggio 1968, n. 1604 in Foro it. 1968, I, 1773 e in Giust. civ. 1968, I, 1402 nonch Cass. Sez. Un., 30 ottobre 1969, n. 3587, ined., in quanto riguarda l'ultima parte della massima cfr. Cass. Sez. Un., 24 luglio J9.68, n. 2721 in questa Rassegna 1968, I, 559 ed ivi nota 1 nonch Cass., Sez. Un., 15 ottobre 1968, n. 3292 in questa Rassegna 1968, I, 725 ed ivi nota 1. llrlrrilll#lillill::Mwi!@flf:llflJ#t1t"iif{Ml;Wri1tl&t=fil1Iti(t:fil~lfi@mw1ii@fff~f!EIWtWlftfff#='SMfflfftJ@ : 1066 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Le censure, per, sono entrambe infondate. Le ragioni in base alle quali l'Ente contesta che nel rapporto istitutivo tra esso e il Comune possa essere ravvisato un rapporto di concessione concernono sia la forma e l'oggetto dell'atto con cui il rapporto ha avuto inizio, sia la determinazione della durata del rapporto, sia il regolamento del rapporto medesimo. Risulta, invero, che il ra;pporto sorto, non con la formazione di un atto di concessione, nelle forme usuali, ma attravel\so un complesso di atti dell'amministrazione comunale, e cio con una deliberazione del Comune di partecipare alla costituzione dell'Ente Musicale Catanese e con l'effettiva partecipazione di rappresentanti del Comune all'atto costitutivo dell'Ente, nel quale si trova statuito il conferimento del godimento del Teatro, da parte del Comune all'Ente, con l'impegno del Comune stesso a versare un contributo annuo per la gestione. Si sostiene dall'Ente ricorrente che in tali attivit non ravvisabile un atto di concessione e che, invece, il Comune, cosi operando, null'altro ha posto in essere che un atto di adesione ad una assosciazione privata, non avente personalit giuridica, con conferimento del godimento di un proprio bene a titolo di parteci;pazione alla formazione del patrimonio dell'associazione stessa ossia un'attivit di mero diritto privato. Ma tale deduzione non pu essere accolta. La sentenza impugnata P,a precisato, pervero, che la tesi avanzata dal Comune, secondo cui il Teatro Massimo Bellini avrebbe natura di bene demaniale, e come tale non potrebbe essere dato in godimento se non a mezzo di atti di concessione, non risultata sorretta da prova adeguata ed ha conseguentemente ritenuto che, trattandosi di bene di propriet del Comune, avente una specifica destinazione a scopi di pubblico interesse, il bene sia da includere nella categoria dei beni patrimoniali indisponibili; e tale statuizione, sorretta da una motivazione logica e giuridica che questa Corte fa ,propria, giustificata dalle risultanze di causa che, trattandosi di questione di giurisdizione, questa Corte medesima pu valutare direttamente. Questa Corte ha, per, gi altra volta statuito che il rapporto che si pone in essere tra la Pubblica Amministrazione ed il privato per l'utilizzazione di un bene patrimoniale indisponibile per fini compatibili con la sua destinazione va ricondotto al regime della concessione (Cass. 27 maggio 1968, n. 1604; 30 ottobre 1969, n. 3587). Ma quand'anche si ammetta che, in ipotesi particolari, il godimento di un bene non demaniale possa essere conferito a mezzo di contratti di diritto privato, e non attraverso atti di concessione, tale, non pu essere il caso in cui il conferimento abbia come fine lo svolgimento-di una attivit di pubblico interesse, che tale sia obiettivamente e come tale sia assunta dell'amministrazione medesima la quale ad essa destini specifici V b @ ~~]~~I~fil rf1 111111J1111111&1111111:1:11#ii~111if=l:rf:fiflllit1J1111~111~r1~==~;,1~ir~r111ar1::111r11:1111r11J:ri11:1JJ PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 1067 stanziamenti, curandone particolarmente lo svolgimento; in questa ipotesi, infatti, il conferimento deve ritenersi compiuto, non al mero fine di attribuzione di godimento dietro corrispettivo, ma per l'attuazione di un pubblico servizio, in senso proprio, il rapporto che sorge in questo caso non pu essere considerato altrimenti che come rapporto di concessione, giacch il godimento del bene patrimoniale si pone come elemento per l'attuazione di un servizio a favore della collettivit. A questo riguardo la sentenza impugnata, con dettagliata argomentazione, sostanzialmente neppure contestata dall'Ente ricorrente, ha dato atto che, appunto, il Comune ha adottato la deliberazione di partecipazione all'Ente, di attribuzione del godimento del Teatro e di contrilbuzione alle spese di gestione, come mezzo al fine di rendere possibile l'attl:lazione di rappresentazioni liriche da offrire alla cittadinanza, quale contributo al generale increm~nto culturale. L'esame degli atti che, ripetesi, queste Sezioni Unite possono compiere direttamente, giustifica la valutazione fatta, sul punto, dalla Corte di Appello di guisa che resta confermato che il contenuto del rapporto consistito, appunto, nella concessione di. godimento di un bene pubblico per lo svolgimento di un pubblico servizio. L'Ente ricorrente sostiene, peraltro, che alla configurazione del rapporto come concessione amministrativa osti la circostanza che nessun termine di scadenza appariva fissato per il rapporto medesimo. Contro tale asserzione, per, va rilevato come gi fatto, del resto, nella stessa sentenza impugnata, che il termine della concessione del godimento risulta determinato in modo specifico nell'atto costitutivo dell'Ente, con il quale il conferimento viene effettuato, giacch il godimento era conferito per la durata dell'Ente, che si andava a costituire; poich questa data a seguito della delibera assembleare di proroga della durata dell'Ente risult fissata al 30 giugno 1965, logicamente a dedursene che tale data si poneva anche come termine ultimo di scadenza della concessione. Al riguardo, l'Ente ricorrente fa rilevare che la durata di esso Ente venne successivamente prorogata, che l'Ente esiste tuttora e che il Comune ha posto in essere gli atti diretti a far cessare concretamente il rapporto, con la reimmissione nella detenzione del bene conferito, in tempo notevolmente posteriore alla data suindicata del 30 giugno 1965: da ci l'Ente ricorrente vorrebbe dedurne che, in effetti, nessun termine era stato fissato per la durata del godimento, si che nell'atto di conferimento sarebbe mancante un elemento essenziale per la configurabilit di un atto di concessibne. I rilievi suesposti non possono essere condivisi. Si gi detto perch doveva intendersi fissato per la concessione un termine finale che scadde il 30 giugno 1965; pu aggiungersi che la persistenza dell'Ente successi vamente a tale data, se ha riflessi giudirici di altra natura, non pu, i I fri!lfilir@:::::r;1~1r1rtrr@~r1rmmr1~mrtrrtifiltw1:r11retrE111@rt1trrmir111w1rrt=rww.1mmr~ r1)@:rililf;1r!&1trf~irililllllr1 1068 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO per avere determinata la proroga della conce.ssione dell'uso dei beni di cui discussione. Infatti, mentre la durata della concessione era stata collegata alla durata dell'Ente secondo le norme dello Statuto, manca come giustamente .sottolineato dalla Corte d'Appello una delibera assembleare (e, comunque, una delibera antecedente al 30 giugno 1965) che, a termini dell'art. 3 del predetto Statuto, abbia prorogata la prevista qurata dell'Ente .stesso, si da potere importare, per 1elationem, anche lo spostamento del termine di scadenza della concessione. Inoltre, il fatto che il Comune solamente a novembre 1965 e cio dopo 5 mesi dalla scadenza della concessione decise di richiedere 1a disponibilit dei beni oggetto della concessione stessa importa solamente un rita11do, da parte del Comune, nella realizzazione dei diritti ad esso Comune rivenienti dalla verificatasi scadenza della concessione. Tale ritardo, per, non poteva importare una proroga della concessione. Infatti, e giusta i principi sulla proroga degli atti amministrativi, una eventuale proroga della concessione, per essere tempestiva, avrebbe dovuto intervenire prima della scadenza del termine finale della concessione e cio come si gi detto prima del 30 giugno 1965. L'Ente ricorrente sostiene inoltre che caratteristica del rapporto di concessione sia la predeterminazione delle modalit di comportamento del concessionario e delle sanzioni per la ino.sservanza dei doveri gravanti a suo carico, ed anche sotto questo aspetto contesta che nel caso in esame possa essere ravvisato un rapporto di concessione, appunto perch n nella deliberazione del Comune n nell'atto costitutivo dell'Ente n nel conferimento del godimento risultano contenute statuizioni al riguardo. Neppure questa deduzione pu essere, per, ritenuta accettabile. Il contenuto delle facolt attribuite al conces.sionario e dei doveri di questo da ritenere sufficientemente determinato quando sia .fissata, con adeguata precisione ed in modo specifico, l'attivit che il concessionario chiamato a compiere: e nel caso in e.same incontestata la sussistenza di tale determinazione, avendo l'attribuzione del godimento lo .scopo specifico della gestione del Teatro per lo svolgimento di spettacoli lirici di adeguato livello. Le sanzioni, se non particolarmente previste, sono quelle proprie della inosservanza dei dovri imposti al privato gestore di pubblico servizio ed il controllo per l'accertamento dell'osservanza di tali doveri deve ritener.si adeguatamente assicurato dalla partecipazione di rappresentanti dell'Ente concedente negli organi dell'Ente concessionario. Tutte le ragioni sulle quali l'Ente ricorrente ha fondato la contestazione della qualificazione di rapporto di concessione amministrativa, che la sentenza impugnata ha attribuito al rapporto in contestazione, devono, dunque, essere ritenute prive di fondamento, s che la pronuncia su tale punto deve essere confermata. ' ~:=: F ,..:.; ~jjj PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 1069 J I La qualificazione del rapporto controverso quale rapporto di concessione amministrativa non sottrae, per, la lite alla giurisdizione dell'autorit giudiziaria ordinaria, come sostiene il Comune, ricorrente incidentale. In applicazione del principio c. d. del petitum sostanziale, ormai incontestato in dottrina e .giurisprudenza (da ultimo, Cass. 2:4 giugno 1969, n. 2266), quando si controverte se trattasi di rapporto di concessione o di rapporto di diritto privato, viene in discussione la sussistenza, o meno, di posizioni di diritto soggettivo, ossia materia che rientra senza altro nell'ambito di esclusiva competenza dell'autorit giudiziaria ordinaria; ma anche quando si controverte sulla legittimit degli atti che abbiano posto termine ad un rapporto di concessione, in riferimento alla lesione di posizioni soggettive sorte in capo .al .privato con la costituzione del rapporto stesso, viene parimenti portata in giudizio una questione di diritto soggettivo, giacch da ogni concessione sorgono a favore del privato concessionario posizioni che trovano tutela piena, entro i limiti imposti dal pubblico interesse (Cass. 29 luglio 1968, n. 2721; 15 ottobre 1968, n. 3292). La pretesa esercitata dall'Ente ricorrente, quindi, vuoi che la si qualifichi come pretesa fondata suH'affermazione della lesione di un diritto nascente da un rapporto di mero diritto privato, sia che la si consideri come pretesa di rtparazione delle pregiudizievoli conseguenze di un illegittimo comportamento della pubblica amministrazione nello svol-gimento di un rapporto di concessione, concerne comunque posizioni di diritto soggettivo e rientra, pertanto, nella giurisdizione dell'autorit giudiziaria ordinaria. La circostanza che la pretesa sia dichiarata, poi, infondata, per insussistenza, in concreto, della lesione lamentata non ha, ovviamente, alcuna influenza sulla determinazione della competenza giurisdizionale. L'eccezione di difetto di giurisdizione, sollevata dal Comune di Catania con il terzo motivo del ricorso incidentale, deve essere, pertanto, respinta, cosi come vanno respinte le censure mosse con il primo motivo del ricorso principale dall'Ente Musicale Catanese alla qualificazione assegnata dalla sentenza impugnata al rapporto in contestazione. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 8 novembre 1972, n. 3348 -Pres. Gionfrida -Rel. Sposato -P. M. Trotta (conf.). -Amministrazione delle Finanze dello Stato (avv. Stato Carafa) contro Medde (avv. Caprifichi). Competenza e giurisdizione -Concessioni -Giurisdizione dei Tribunali amministrativi regionali -Limiti di applicabilit. (l. 6 dicembre 1971, n. 1034, artt. 5 e 38). 1070 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Contratti pubblici -Attivit della P. A. relativa alla fase di esecuzione 1070 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Contratti pubblici -Attivit della P. A. relativa alla fase di esecuzione dei contratti -Competenza in materia. (r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, art. 19; r.d. 23 maggio 1924, n 827, art. 117). Sono devoluti alla competenza dei Tribunali amministrativi regionali i ricorsi contro atti e provvedimenti relativi a rapporti di concessione di beni e servizi pubblici salva la giurisdizione dell'Autorit giudiziaria ordinaria per le controversie concernenti indennit, canoni ed altri corrispettivi e, quindi, sebbene non sia detto esplicitamente, a maggior ragione, per quelle concernenti obblighi risarcitori per inadempienze; d'altra parte, la norma in materia tra quelle che hanno effetto dopo tre mesi dalla data di insediamento dei tribunali amministrativi regionali e per i relativi giudizi promossi anteriormente a quella data rimane ferma l'attribuzione di competenza prevista dalle leggi in vigore (1). L'attivit contrattuale della Pubblica AmminisPrazione, posteriore a quella della stipulazione e della approvazione del contratto, relativa cio alla fase di esecuzione di questo, dalle norme in materia assoggettata ad una disciplina distinta da quella dettata per le fasi precedenti: pi precisamente, per quanto in via generale si esclude la possibilit di aggiunte o variazioni ai contratti stipulati, tali aggiunte o variazioni nella eventualit che si rendano necessarie (non solo in rapporto ai contratti di fornitura trasporti o lavori, ma anche per tutti gli altri contratti) non possono mandarsi ad effetto se non quando siano autorizzati dail'Autorit competente ad approvare il contratto, ossia dal Ministro o dall'ufficiale all'uopo delegato (2). (1-2) Sulla prima massima non si rinvengono precedenti ed ovvio. La .elaborazione giurisprudenziale chiarir poi i molteplici aspetti delle varie questioni che volta per volta si porranno in argomento e che nella specie non evidenziavano particolari problemi. Sulla seconda massima pure non pare che siano da farsi speciali osservazioni, salvo a chiarire che, nella specie, una nota della Direzione generale del Demanio (nota della quale si era sostenuta l'assoluta inidoneit a porre in essere un vincolo contrattuale, nuovo e div.erso da quello precedente, valido nei confronti della Amministrazione finanziaria dello Stato), ritenuta competente a provvedere per l'esecuzione del contratto, avrebbe rappresentato molto meno di un'aggiunta o di una variazione al contratto, un semplice differimento del termine finale della concessione in armonia per le circostanze del caso con il principio della buona fede che deve ispirare l'interpretazi~ne e l'esecuzione del contratto ex artt. 1366 e 1375 e.e. SEZIONE TERZA GIURISPRUDENZA CIVILE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. II, 7 luglio 1972, n. 2.274 -Pres. Gionfrida -Est. Persico -P. M. Gentile (conf.) -Teocrito (avv. Teocrito) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Carafa). Procedimento civile -Legittimatio ad causam -Eredit giacente Legittimazione del curatore -Successione dello Stato -Effetti. (c. c. artt. 529, 586; c.p.c. art. 100). Amministrazione dello Stato e degli Enti Pubblici -Legittimatio ad processum -Amministrazione competente -Individuazione Onere limitato ai terzi. (c.p.c. art. 75; t.u. .30 ottobre 1933, n. 1611, art. 11, mod. con 1. 25 marzo 1958, n. 260, art. 1). Procedimento civile -Ordinanze collegiali -Natura e funzioni Responsabilit. (c.p.c. artt. 177, 279). L'esercizio delle ragioni ereditarie e la risposta alle istanze proposte contro l'eredit giacente, incombono al curatore fino ai .momento in cui non siano venuti meno gli scopi che attengono all'Ufficio dei curatore; pertanto La efficacia retroattiva della devoiuzione di diritto della eredit \ allo Stato, in mancanza di aitri suocessibiH, non incide sulla legittimatio ad causam medio tempore esercitata dal curato1e (1). La ripartizione delle competenze tra le varie Amministrazioni de,llo Stato, mentre impone ai terzi L'onere deila precisa individuazione di quella da chiamare in giudizio, non ha rilevanza processuale ove sia (1) Non constano precedenti in termini, ma la sentenza appare rigorosamente conforme ai principi in materia. Le funzioni del curatore della eredit giacente, come si desume dalle varie disposizioni oltre -che dalla stessa relazione al e.e., sono infatti improntate alJa necessit di assicurare l'amministrazione e la gestione del patrimonio, nei casi in cui il chiamato per legge o per testamento, non intenda provvedere, onde i presupposti per farsi luogo alla nomina del curatore consistono nella non accettazione del chiamato e nel non essere costui nel possesso dei beni ereditari -cfr. Cass. 11 giugno 1940, n. 190.6' in Foro It., 1940, I, 252. 1072 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO lo Stato che si faccia attore o proponga impugnazione, in quanto il riferimento agli organi dell'Amministrazione competente ha luogo, ad ogni effetto utile, con attivit interna da parte dell'Avvocatura Generale dello Stato, che l'unico organo cui spetta la rappresentanza e la difesa della P. A. in giudizi9 (2). Le ordinanze collegiali, al pari di quelie proinunziate dal G. I., hanno carattere meramente strumentale in dipendenza della loro natura e funzione processual, e pertanto non possono produrre effetti preclusivi per la decisione della causa e sono sempre revocabili, salvo le previste limitazioni, anche implicitamente con la successiva sentenza (3). (Omissis). -Col quinto, ottavo e nono motivo dal ricorso, da esaminarsi con precedenza perch di natura pregiudiziale e contestualmente per l'interferenza delle questioni si denunzia violazione degli art. 105 cpv. 329-99 e 306 c. p. c. Sostanzialmente il ricorrente assume: ~,che il curatore .dell'eredit era privo della legittimatio ad caiisam la quale presuppone la titolarit del diritto posto a fondamento della domanda, in quanto il compendio ereditario era stato acqui,stato dallo Stato ex tunc; -che la diserzione del medesimo dal procedimento di primo grado era stata esattamente configurata dal Tribunale come rinunzia alla domanda, non bisognevole di formali conclusioni a seguito dell'inter.venuta acquisizione del compendio da parte dello Stato e s,piegante effetti di rigetto nel merito; -che l'Amministrazione del Demanio non era legittimata ad processum, n poteva, quale parte adiuvatrice, ulteriormente coltivare la domanda rinunziata. -che l'Amministrazione della Finanza non poteva surrogarsi in appello all'Amministrazione non legittimata, n subentrare al posto del curatore nel processo ormai estinto per rinunzia, anche perch carente d'interesse, non avendo alcun bene ereditario da rivendicare; -.che, essendosi formato, per acquiescenza, il giudicato sul capo di pronunzia relativo alla rinunzia alla domanda, era precluso al giudice di appello di diversamente valutare la condotta processuale delle parti; e non rimarrebbe per lo Stato che una azione distinta, volta a chiedere il pagamento della sopratassa. (2) Giur. costante -cfr. Cass. 19 settembre 1970, n. 1594 in questa Rassegna 1970, I, 807 e giurisprudenza ivi richiamata. (3) pacifico che nel sistema del codice di rito alle ordinanze collegiali viene attribuito lo stesso carattere delibativo e provvisorio delle ordinanze del giudice istruttore in quanto, come queste, mirano alla continuazione dell'istruzione, senza pregiudicare il merito delila causa, sempre riservato alla fase decisoria -cfr. Cass. 15 giugno 1955, n. 1825. t 111 ~:: IFAIJl7411171~~ PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE Tutte le censure esposte risultano infondate. Anzitutto da chiarire che, se l'esercizio e la promozione delle ragioni ereditarie e la risposta alle istanze proposte contro la medesima (art. 539 c. c.) rientrano tra gli obblighi connessi all'ufficio di curatore dell'eredit giacente, essi devono persistere fino a quando vengano a cessarne gli estremi, conseguentemente, l'efficacia retroattiva dell'accettazione (costruita come onere integrativo della vocazione) o della devoluzione di diritto allo Stato ex art. 586 c. c. (che addirittura prescinde dall'accettazione) mediante la quale si tende ad evitare una vacanza nella titolarit del. patrimonio ereditario, non pu incidere sulla legittimazione ad causam medio tempore esercitata dal curatore, e solo dal momento in cui risultano realizzati gli scopi cui tale legittima,zione sostitutiva tende, vengono a cessare di diritto e lo stato di giacenza dell'eredit e l'ufficio del curatore. Nella specie, per tale momento, come la sentenza impugnata ha incensurabilmente accertato, si verificato solo in appello (nonostante che gi in primo grado si fosse formato il giudicato reiettivo della petitio hereditatis degli asserti chiamati) col trasferimento del patrimonio relitto allo Stato il quale, divenuto esclusivo titolare delle posizioni giuridiche sostanziali, ha sostituito nella medesima posizione processuale il curatore (nei cui confronti la pronunzia da ritenersi, nella sua portata, estromissiva). Con riguardo alla fase precedente -in cui al detto curatore (titolare di una legittimazione sostitutiva temporanea) si affianc lo Stato (quale possibile parte sostituita e po.ssibile titolare della legittimazione principale) -non si sarebbe potuto configurare una rinunzia alla domanda non collegata alla cessazione dello stato di giacenza che non integrasse nel contempo una violazione degli obblighi connessi all'ufficio di curatore, n una diserzione successiva alla cessazione di quello stato riconducibile ad una rinunzia alla domanda insenso proprio (con effetto di reiezione nel merito), attesi gli effetti della cessazione de jure dall'ufficio (sia sulla titolarit del rapporto che sulla legittimazione sostanziale) i quali escludono che si pregiudichi la prosecuzione dlle istanze nell'ambito del medesimo procedimento. Ma una tale rinunzia non fu riscontrata in primo grado (salvo che con riguardo alle spese), tant' che la pronunzia fu resa proprio in favore del curatore, ed il giudice di appello potette (fondatamente, epperci incensurabilmente: sent. 2285/60) riscontrarla aderente alla fattispecie processuale dell'assenza (derivata 'dalla prevista sollecita immissione in possesso da parte dello Stato (dopo il .giudicato reiettivo della suddetta petitio hereditatis). In ogni caso fuor di ~uogo il riferimento a preclusioni che, per acquiescenza, avrebbero circoscritto il potere cognitivo del giu~ice di appello, al quale, viceversa, spetta di valutare la condotta processuale 1074 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO della parte influente sull'ammissibilit del gravame e sui limiti della devoluzione. Quanto (poi all'asserita mancanza di legittimatio ad processum dell'amministrazione del Demanio in primo grado ed alle conseguenze che per la legittimazione all'impugnazione si pretende derivarne per l'amministrazione finanziaria, sar sufficiente il richiamo alla regola la quale dalla rifrazione delle competenze tra le varie branche dell'unico sogg~tto giuridico che lo Stato desume per i soli terzi un onere di precisa individuazione del ramo dell'Amministrazione statale da chiamare in giudizio, mentre ne dichiara l'irrilevanza processuale nel caso che lo Stato si faccia attore od impugnante, e ci pecrch la comunicazione agli organi dell'Amministrazione competente pu essere compiuta, ad ogni effetto utile, con attivit meramente interna (irrilevante ai fini della validit del rapporto processuale), dalla stessa Avvocatura Generale dello Stato, che l'unico organo competente per la rappresentanza e la difesa della P. A. in giudizio (sent. 1594/70; 694/63). Col quarto motivo del ricorso anche esso di carattere pregiudiziale, si denunzia violazione degli artt. 279, n. 2 e 177 in relazione al 360, nn. 3 e 5 cpv, Il ricorrente lamenta che l'ordinanza collegiale dell'll giugno 1965 (con la quale, tra altro, era stata data una certa interpretazione del contenuto della domanda in relazione alla tesi della Finanza) sia stata, in sentenza, revocata da un collegio compostoda persone fisiche diverse e con una statuizione contraddittoria perch non giustificata da fatti nuovi sop.ravvenuti. L.a censura infondata in entrambe leprospettazioni. Anche se emesse dal collegio, le ordinanze conservano il loro carattere strumentale insito nella natura e funzione processuale, ancorch involvano questioni attinenti al merito, sicch, mentre non possono produrre effetti preclusivi od altrimenti pregiudizievoli per la decisione della causa, sono viceversa, sempre modificabili e revocabili, anche per implicito (salve le limitazioni di cui all'art. 177 c. p. c.) mediante la successiva sentenza, la quale rimane tipico e definitivo provvedimento decisorio. Non , perci, configurabile un vizio di contraddittoriet tra questo ultimo provvedimento e la precedente ordinanza, il contrasto risolvendosi in un implicita revqca (sent. 581/71; 5-09 e 1302/70; 886-1 836 2754/69). Che poi il potere di revoca debba intendersi attribuito alle stesse persone fisiche che deliberarono l'ordinanza .soggetta a revoca, asser zione errata per inesatta interpretazione della norma. La locuzione stesso collegio usata dal comma 4 dell'art. 279 c. p. c. (estensibile, ex art. 359 c. p. c. al giudizio di appello, con le limitazioni di cui all'art. 357 ultimo comma c. p. c.) va riferita all'organo giurisdizionale cui spetta la deliberazione della decisione, all'economia della quale si correla, come momento logicamente pregiudiziale, il riesame del con PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1071) tenuto ordinatario dei provvedimenti dell'istruttore e propri non dichiarati espressamente non impugnabili n revocabili (art. 177 in relaz. 357 c. p. c.); e la identificazione del collegio va fatta, a norma dell'art. 114 disp. att. c. p. c., con criteri che ne legano la compensazione ad ogni singola udienza. Col primo e secondo motivo che per interdipendenza delle questioni giova esaminare congiuntamente, si denunzia violazione degli artt. 528586- 532 c. c. nonch degli artt. 55 e 72 della legge sulle successioni, in relazione agli artt. 12-586 e 532 c. c. Il ricorrente sostiene che, non essendovi alcun chiamato all'eredit, essa non era giacente bens vacante, sicch egli, impropriamente qualificato curatore, non era che un custode dei beni, devoluti fin dall'apertura della successione allo Stato, e non aveva veste per denunziare detta successione; donde l'assoluta inefficacia della tardiva denunzia e del successivo concordato fiscale. Aggiunge, poi, che, non potendo farlo rientrare nel novero dei curatori ai quali si riferisce J.'art. 55 della legge successoria (quelli, cio, di eredi che non abbiano la libera .disponibilit dei beni o che, pur chiamati, non abbiano accettato l'eredit), alla mancanza di un obbligo di denunzia si accompagnerebbe, correlativamente, la mancanza dell'obbligo di corrispondere la sopratassa .per ritardata denunzia. Nella memoria, infine, contestata la legittimit della dicotomia alla stregua del diritto positivo e precisato che giacente solo l'eredit rispetto alla quale esista un chiamato che ancora non abbia accettato, esclude che la devoluzione ex lege allo Stato possa dar luogo ad una situazione di giacenza e ne desume che sul curatore, illegittimamente investito, non graverebbe alcun obbligo. Anche tali censure non possono attendersi. Effettivamente, con .riguardo al diritto comune, la distinzione tra giacenza e vacanza dell'eredit (costruita sul piano dogmatico in base al carattere interinale e cautelare del primo stato dell'eredit rispetto al secondo, per la mancanza originaria in quest'ultimo di un successibile a titolo testamentario o legittimo quale diaframma tra il patrimonio ereditario relitto e lo Stato tenuto ad acquistarlo) deve ritenersi scevra di conseguenze pratiche; basti pensare alla possibilit di una vacanza apparente alla quale faccia seguito la .scoperta di un erede legittimo o testamentario, e, viceversa, di una giacenza che si converta in vacanza ,per rinunzia alle vacazioni testamentarie e legittime (sent. 1754/68). Inoltre quella distinzione sembra 1mche claudicante sul piano ontologico, dovendo lo Stato considerarsi vero e proprio successore legittimo del de cuius e non acquirente a titolo originario dei beni relitti da questo ultimo (nonostante l'anomalia dell'acquisto ipso jure, contro il principio generale dettato dall'art. 459 c. c., il predicato di erede nece:ssario, cui non consentita la rinunzia; il particolare fondamento razionale, cor 1076 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO relato al dovere, d'interesse generale, di impedire che i beni relitti, vacui possessionis, siano oggetto di occupazione da parte di chi non vanti su di essi alcun diritto: sent. 1197I 63), con la conseguenza, pi sopra rilevata, che in entrambi i casi la decorrenza dal momento dell'apertura della successione (quale effetto dell'acquisto ipso jure in un caso e della retroattivit dell'accettazione nell'altro) soccorre all'unico comune intento di evitare una vacanza nella titolarit del patrimonio ereditario, affidato interinalmente, con finalit cautelari ed eventualmente liquidatorie, al curatore (e della cura ed amministrazione di quel compendio si sostanzia il relativo ufficio, in questo come in ogni altro caso in cui l'asse relitto attenda l'identificazione del proprio titolare. . E proprio nella specie la definitiva certezza in ordine allo stato di vacanza dell'eredit e la materiale acquisizione del compendio ereditario da parte dello Stato si sono avute dopo lungo interVallo per 'ragioni connesse all'esposta vicenda della petizione di eredit. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 14 luglio 1972, n. 2393 -Pres. Giannattasio -Est. Carnevale -P. M. Pedace (conf.) -Pollice (avv. Bagulo e Mattiello) c. Ministero dell'Industria e Commercio (avv. Stato Alibrandi) e Cintcola (avv. Iannarelli) -regolamento di competenza. Procedimento civile -Regolamento di comptenza -Deposito scritture difensive -Termine ordinatorio. (c.p.c. art. 47). Procedimento civile -Impugnazioni -Acquiescenza anteriore alla pubblicazione della sentenza -Inammissibilit. (c.p.c. art. 329). Procedimento civile -Regolamento di competenza -Gravame per le spese -Inammissibilit. (c.p.c. art. 42). Procedimento civile -Obbligazioni e contratti -Cauzione per la ricerca di sostanze minerali -Contestazione. giudiziale -Competenza territoriale -Forwn destinatae solutionis -Domicilio del debitore. (r.d. 29 luglio 1927, n. 1443, art. 10; e.e. art. 1182, comma 4, c.p.c. art. 20). Il termine di venti giorni previsto dall'art. 47 c. p. c., per il deposito nella cancelleria della Corte di Cassazione di eventuali scritture difensive delle parti cui stata notificata l'istanza pe1 il regolamento di compe PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1077 tenza o comunicata l'ordinanza con cui ne sia stata fatta richiesta di Ufficio, ha natura ordinatoria e quindi, in mancanza di opposizione del ricorrente, tali scritti ancorch depositati in ritardo possono essere esa minati (1). L'acquiescenza espressa o tacita, quale atto od efficacia preclusiva del diritto deU'impugnazione, non pu precedere la pubblicazione della sentenza (2). Le censure estranee alla questione di competenz,a, come quelle con cernenti il capo relativo alLe spese giudiziali, non sono ammissibili in sede di regolamento di competenza e pertanto, senza influire sulla rego larit dell'istanza per quanto attiene alla questione di competenza, deb bono essere fatte valere con gli ordinari mezzi di impugnativa (3). Nelle controversie concernenti la determinazione de Ha cauzione do vuta dal ricercatore al proprietario del fond'o soggetto a ricerca di sostan ze minerali (art. 10 r. d. 29 luglio 1927, 'n. 1443), le .quali afferiscono ad una obbligazione relativa a somma di denaro da determinarsi giudizial mente, agli effetti della competenza territoriale concorre elettivamente ed alternativamente con il forum obligationis il forum destinatae solu tionis, che si identifica con il do.micilio del debitore ai sensi del 4 comma dell'art. 1184 c. c. ( 4). (Omissis). -La circostanza che il resistente Cinicola abbia depositato in cancelleria la propria scrittura difensiva dopo la scadenza (22 aprile 1971) del termine di venti giorni dalla notificazione del ricorso (24 marw 1971), stabilito dall'ultimo comma dell'art. 47 c. p. c., non ne impedisce l'esame, in mancanza di opposizione della ricorrente, giacch, data la natura ordinatoria del detto termine la sua inosservanza non d luogo ad inammissibilit rilevabile d'ufficio. (1-4) Per quel che concerne la prima massima, pacifica nella giurisprudenza la natura meramente ordinatoria del termine di venti giorni per il deposito di scritture difensive, previsto dall'art. 47 u.p. c.mma dell'art. 38 c. p. c., dal momento che, 1come risulta dagli atti, all'indicazione del Tribunale di Lucera come competente a conoscere la controversia non aderl anche l'altro convenuto. Pu procederi;i, perci, all'esame dell'istanza. opportuno precisare -anzitutto -che dei due motivi in cui essa si articola, il secondo, avente per oggetto la pronuncia sulle spese del giudizio, manifestamente inammissibile, essende> noto che le censure estranee alla questione di competenza, come quelle concernenti il capo relativo alle spese giudiziali, non sono ammissibili in sede di regolamento di competenza, ma debbono essere fatte valere con gli ordinari mezzi di impugnazione, anche se la prospettazione di censure estranee non rende inammissibile l'istanza di regolamento -per quanto attiene alla questione di competenza. Con l'altro motivo -che, investendo per l'appunto quest'ultima questione, pu essere esaminato il ricorrente sostiene che il Tribunale ha erroneamente dichiarata la propria incompetenza, in quanto l'obbligazione dedotta in giudizio sorta e deve essere e.seguita a Napoli, dove stato notificato il decreto autorizzativo dell'occupazione dei fondi di sua propriet, essa ricorrente ha la sua residenza e hanno la loro sede il Corpo delle miniere e l'Avvocatura distrettuale dello Stato. L'istanza fondata, anche se le ragioni che giustificano la dichiarazione di competenza del Tribunale di Napoli sono in parte diverse da quelle prospettate dalla ricorrente. Deve premettersi che dal principio generale, secondo il quale la competenza si determina unicamente in base alla domanda, quale essa proposta e indipendentemente dalla sua fondatezza, discende, come evidente corollario, che nessuna rilevanza pu riconoscersi, ai fini della determinazione della competenza, all'eccezione del Corpo delle miniere di non essere titolare della posizione soggettiva passiva nascente dal rapporto obbligatorio posto a fondamento della domanda. Conseguentemente, ai fini dell'individuazione del Tribunale competente ratione loci, non pu non tenersi conto anche della domanda proposta nei confronti del detto convenuto. da aggiungere che, nelle cause relative a diritti di obbligazioni -fra le quali deve comprendersi quella in cui il proprietario di un fondo soggetto alla ricerca di sostanze minerali chieda la determinazione della cauzione prevista dall'art. 10 del r. d. 29 luglio 1927, n. 1443, in misura pi elevata di quella stabilita dall'ingegnere capo del distretto minerario -il forum obligationis e il forum destinatae solutionis concorrono elettivamente ed alternativamente, con la duplice conseguenza che la scelta dell'uno o dell'altro foro spetta all'attore, il quale pu, quindi, liberamente proporre la sua domanda tanto davanti al giudice IOEO RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO del luogo nel quale l'obbligazione dedotta in giudizio sorta, quanto davanti al giudice del luogo in cui la stessa obbligzione deve essere eseguita, e che, essendo sufficiente che sussista uno dei due anzidetti momenti di collegamento, l'identificazione nella circoscrizione del giudice adito del luogo in cui deve eseguirsi l'obbligazione rende superflua l'indagine volta a stabilire dove la detta obbligazione sia .sorta. Trattandosi nella specie di un'obbligazione avente per oggetto una somma di danaro, da determinarsi giudizialmente mediante indagini diverse dal semplice calcolo aritmetico, ai fini dell'individuazione del locus solutionis, deve applicarsi il principio fissato nel quarto comma dell'art. 1182 c. c., secondo cui la obbligazione deve essere adempiuta nel domicilio del debitore. Non pu, infatti, trovare applicazione il criterio stabilito nel terzo comma del citato art. 1182 e.e., per il quale l'obbligazione avente per oggetto una somma di danaro deve essere adempiuta nel domicilio del creditore, giacch, come questa Corte ha costantemente ritenuto, l'applicazione di tale criterio postula che l'obbligazione sia gi determinata in virt di un titolo negoziale o giudiziale, che ne abbia stabilito la misura e la scadenza. Ora, poich, vertendosi in un'ipotesi di cumulo sogggettivo la causa ai sensi dell'art. 33 c.ip.c., poteva essere proposta davanti al giudke competente a conoscere della domanda nei confronti di uno solo dei due convenuti, e uno di essi -il Corpo delle miniere - un organo decentrato dell'Amministrazione dello Stato avente la sede in Napoli, l'obbligazione dedotta nei confronti del detto convenuto deve eseguirsi nello stesso luogo e, conseguentemente, deve dichiararsi la competenza del Tribunale di Napoli. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 6 ottobre 1972, n. 2848 -Pres. Capo- raso -Est. Leone -P. M. Trotta (conf.) -Mensa Arcivescovile di Bologna (avv. Dallari) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Carusi). Enti e beni ecclesiastici -Beni soggetti a conversione in virt della legislazione eversiva -Automatica devoluzione al demanio dello Stato -Presa di possesso da parte dell'Amministrazione -Effetti. (1. 7 luglio 1866, n. 3036, art. 11; reg.to 21 luglio 1866, n. 3070, art. 61). Enti e beni ecclesiastici -I.:eggi eversive -Beni immobili acquisiti al Demanio dello Stato -Successiva legislazione concordataria Irretroattivit. (1. 27 maggio 1929, n. 810; artt. 29 e 45; 1. 27 maggio 1929, n. 848, art. 35). Il trasferimento al Demanio dello Stato della propriet dei beni immobili appartenenti ad Enti ecclesiastici soggetti a conversione, si !ii~ t;.:::: f:: faj 1 ........,..,,...,....,.jl1l PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1081 verificato per effetto diretto ed automatico delle disposizioni emanate con la legge 7 luglio 1866, n. 3036, indipendentemente dalla effettiva presa di possesso da parte dell'Amministrazione, la quale rileva invece, a termine dell'art. 61 del registro 21 luglio 1866, n. 3070, al solo effetto della decorrenza deUa rendita a favore dell'Ente. La nuova disciplina dettata dai patti stipulati tra la Santa Sede e l'Italia nel 1929 non ha abrogato l'intera precedente legislazione in materia. ecclesiastica, ma regolato soltanto quanto ha formato oggetto di specifica previsione, sicch la prevista esclusione di ulteriori provvedimenti eversivi ha effetto soltanto per l'avvenire e non incide sulle conversioni di beni immobili gi realizzate in passato con il trasferimento dei beni allo Stato (1). (Omissis). -La Mensa Arcivescovile, che in un primo tempo aveva fondato la domanda sul presupposto che i beni .per cui causa non fossero stati appresi dallo Stato, con regolare presa di possesso, a titolo di conversione in rendita di beni immobili di ente ecclesiastico conservato, dinanzi alla realt che i beni erano stati trasferiti allo Stato proprio a tale titolo, vorrebbe far dichiarare che tale trasferimento, da avvenire mediante iscrizione della rendita nel libro del debito pubblico, iscrizione non ancora effettuata, non perfezionato: e dovendosi dare attualmente applicazione all'art. II del r. d. 7 luglio 1966, n. 3036 ed all'art. 61 del relativo regolamento approvato con r. d. 21 luglio 1866, n. 3070, sarebbe possibile invocare su tale provvedimento il controllo di legittimit costituzionale al fine di farli dichiarare costituzionalmente illegittimi. sufficiente, quindi, dimostrare che il trasferimento dei beni avvenuto per effetto stesso del decreto n. 3036 del 1866, a prescindere dalla iscrizione della rendita relativa ai beni a carico dello Stato Italiano, perch si rilevi l'inconsistenza della costruzione giuridica svolta dalla ricorrente. Seppure ispirati a prudenza ed a completezza di indagine, non sono quindi rilevanti e giuridicamente conferenti i primi tre motivi del ricorso, con i quali si sostiene che la Corte d'Appello avrebbe errato nell'affermare che il d. 1. suindicato avrebbe sancito l'incapacit, per gli enti ecclesiastici conservati, di essere proprietari di beni immobili (I motivo) e nel considerare gli istituti della devoluzione dei beni degli enti soppressi e della conversione in rendita dei beni degli enti conservati come aspetto di un unico fenomeno (II motivo), assimilando poi la conversione ora detta alla confisca (III motivo). (1) Le sentenze della Corte di Cassazione, 11 marzo 1930, n. 803 e 5 marzo 1934, n. 682, richiamate in motivazione, si leggono rispettivamente in Giur. It. 1930, I, 1, 475 ed in Foro It. 1934, I, 1441. 1082 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La Corte d'Appello, sulla spinta delle dissertazioni delle parti, ha richiamato nell'elaborata sentenza il clima storico-politico dell'epoca dell'unif,cazione dello Stato italiano e delle vkende dei rapporti tra I Stato e Chiesa, ma non pu dirsi che, con ci, abbia inteso accertare la ratio, delle norme giuridiche che erano state applicate, norme che la Corte ha interpretato con esame diretto del loro testo. Con questo contenuto marginale e di sfondo, rispetto alla ricerca giuridica, l'indagine storico-politica non assume rilievo determinante in questa sede di legittimit. Tuttavia pu essere utile precisare: a) che la Corte d'Appello, contrariamente a quanto ssume la Mensa Arcivescovile, non ha confuso devoluzione al Demanio dei beni iegli enti ecclesiastici soppressi con la conversione in rendita dei beni immobili degli enti .conservati, ma, sottolineata tale distinzione in modo esplicito, ha osservato che la disciplina normativa, ad essa riferibile, poneva poi regole eguali per i due istituti quanto al trasferimento dei diritti reali ed alla presa di possesso dei beni da parte dell'Amministrazione dello Stato: il che esattissimo come si vedr; b) che in effetti la dottrina ha sempre accreditato ia tesi che il r. d. n. 3070 del 1866 ha stabilito il principio della incapacit -sia pure non assoluta -degli enti ecclesiastici conservati di essere titolari di diritti reali sugli immobili; e) che l'accostamento alla confisca della conversione in rendita dei beni immobili stato fatto dalla Corte d'Appello in via di lata approssimazione, senza trarre da esso alcun apporto di ragionamento essenziale; e ci ragionevolmente, dato che ispirata allo scopo indiscusso di provvedere, in via eccezionale, a modificare un equiltbrio sociale ed economico, turbato dal progressivo accumulo, con mezzi legittimi ma non per questo privi di inconvenienti, di una grande mass,a di beni immobili nel possesso della Chiesa, la conversione ora detta si presenta come istituto peculiare, _eccezionale rispetto alla tipologia giuridica tradizionale: sicch l;accostamento a questo o a quello dei detti istituti tipici assume valore di approssimazione cosi generica da non presentare utilit ai fini della interpretazione e dell'applicazione concreta della relativa disciplina normativa. La Corte di merito invece, come si accennato, ha opportunamente basato la propria decisione, circa l'immediato effetto traslativo ope legis dei beni immobili degli enti ecclesiastici conservati, sull'esame diretto degli artt. 11 e 12 del r. d. 7 luglio 1866, e dell'art. 61 del regolamento 21 luglio 1866, n. 3070. La Mensa critica tale punto de.Ila sentenza impugnata con i motivi sesto e settimo del ricorso, nei quali sostiene che l'art. 11 suindicato non prevede il trasferimento automatico dei beni degli enti conservati, come stabilito per quello dei beni degli enti soppressi, in quanto per essi RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO usa il verbo al futuro (.saranno convertiti) e stabilisce .che la conversione si attua mediante l'iscrizione della rendita (sesto motivo). Sulla base di questa interpretazione, la ricorrente osserva che l'articolo 61 del regolamento non pu essere inteso come determinativo della data del trasferimento (altrimenti avrebbe portata innovativa rispetto alla norma primaria) ma stabilisce solo la data della decorrenza della rendita (settimo motivo). L'assunto, per, non ha fondamento giuridico. Gi nel r. d. n. 3036 del 1866, dopo aver stabilito gli istituti della devoluzione e della conversione dei beni, il legislatore ha disposto uniformemente per i due istituti quanto alla presa di possesso dei beni, nel senso che questa sarebbe stata eseguita secondo le norme da stabilirsi nel regolamento. Ed il regolamento ha stabilito in modo uniforme, disponendo che i beni immobili si intendono trasferiti al demanio dalla data di presa di possesso e da questa epoca decorre la. rendita da iscriversi a favore del beoificio o altro ente morale. Riferita ai beni devoluti al Demanio, questa disposizione, come quella dell'art. 12 del r. d. n. 3036 del 1866, non pu regolare .che la presa di possesso, dato che per tali beni non sussiste dubbio che il trasferimento al demanio dello Stato sia avvenuto ope legis, come automatica stata la soppressione degli enti ecclesiastici cui i beni stessi appartenevano. Ma, stante l'uniformit di disciplina attuata con le cennate fonti normative, imprescindibile che la stessa struttura di efficacia automatica deve essere dalla conversione in rendita dei beni immobili degli enti conservati. logicamente impossibile, in mancanza di qualsiasi riferimento discriminatorio, interpretare le medesime norme in due modi diversi di operare, secondo che oggetto del trasferimento siano beni devoluti o beni da convettire in rendita. Il contenuto di tali norme, perci, il collegamento tra la presa di possesso ~ la decorrenza della rendita, da iscriversi, nel caso di beni devoluti, come indennizzo, nel caso dei beni immobili degli enti conservati come mezzo di conversione del preesistente diritto reale nella rendita corrispondente con una palese uniformit di disciplina e di effetti in questa fase esecutiva che le cennate fonti normative tendono a regolare. Questa interpretazione non in contrasto con la dizione usata nell'art. 11 del r. d. n. 3036 del 1866 l dove dispone che, i beni degli enti soppressi sono devoluti al Demanio, i beni immobili di qualsiasi altro ente morale ecclesiastico, fatte alcune eccezioni espresse, saranno pure convertiti per opera dello Stato, mediante iscrizione in favore degli enti morali cui appartengono, di una rendita ecc.; l'uso del tempo futuro riferito alla conversione, non all'effetto del trasferimento del diritto sugli immobili ed fatto ovvio che la conversione avviene solo con l'iscrizione della rendita, che rende certo, liquido ed esigibile il credito 1084 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dell'ente conservato. Ma nella norma ora riportata il collegamento quanto ai diritti sui beni oggetto della conversione non opera nel senso che, prima della conversione in rendita, i beni immobili si debbano con sideraTe ancora di propriet degli enti, bensi nel senso che l'iscrizione della rendita avrebbe trovato il suo titolo nell'avvenuto trasferimento del diritto reale sui beni stessi. Manca un collegamento condizionante "del trasferimento del diritto reale sui beni alla iscrizione della rendita, collegamento che avrebbe comportato una disciplina, in fase esecutiva, di subordinazione necessaria ed essenziale del trasferimento alla iscri zione della rendita: ,collegamento non solo non emergente dalle fonti normative ma da esse escluso per le osservazioni fatte innanzi circa il loro identico contenuto quanto alla presa di possesso dei beni (devoluti o oggetto di onversione) ed alla decorrnza del diritto alla rendita. In tali fonti, cio al verbo convertire non stato dato significato giuTidico rispondente a quello lessicale di far passare una cosa (nella specie, il diritto soggettivo sui beni) da uno stato all'altro, bens quello tecnico-giuridico di trasferire il diritto reale sui beni immobili allo Stato e di costituire a carico dello Stato ed in favore degli enti eccle siastici cui i beni appartenevano il diritto di credito alla rendita corri spondente, senza che le due operazioni fossero reciprocamente condi zionate. Cosi interpretando ed applicando le cennate norme giuridiche, i giudici del merito hanno del resto, seguito l'insegnamento di questa Corte Suprema che nella sentenza n. 803 dell'll marzo 1930 ebbe appunto a stabilire che il trasferimento a favore del Demanio della propriet degli immobili appartenenti ad enti ecclesiastici s?ggetti a conversione si deve ritenere avvenuto fin dal momento della pubblica zione della 1. 7 luglio 1866, n. 3036, anche se l'Amministrazione non ne abbia preso immediatamente possesso; n contrasta con tale prin cipio la disposizione dell'art. 61 del regolamento 21 luglio 1866, n. 3070, la quale ha inteso determinare soltanto la data di decorrenza della rendita a favore dell'ente, facendo coincidere tale data con la presa di possesso dei beni da parte dell'Amministrazione demaniale. E, come s' visto, desaminata la questione, questo S.C. non ravvisa ragione alcuna per modificare tale sua statuizione. Anzi ritiene palese l'erroneit dell'interpretazione proposta dalla Mensa arcivescovile ricor rente S'econdo cui lo Stato avrebbe preso possesso dei beni della Mensa ancor prima che essi gli fossero stati trasferiti e, a sua volta, la Mensa avrebbe acquisito il diritto alla rendita a decorrere dalla data della presa di possesso, prima ancora di perdere il diritto reale sui beni oggetto di conversione, diritto che dovrebbe considerarsi tuttora esistente per non essere ancora avvenuta l'iscrizione della rendita competente. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE L.a Corte d'Appello ha ritenuto di rafforzare il suo ragionamento nel suo senso detto innanzi osservando che l'art. 1 del t. u. 1 maggio 1930, n. 695, prevedendo, nel concorso di determinati presupposti la possibilit che gli immobili appresi dal Demanio dello Stato agli effetti della conversione siano retrocessi agli enti ecclesiastici conservati che ne facciano richiesta, ha confermato che si tratta di immobili gi trasferiti al Demanio, pur non essendo stata ancora assegnata la corrispondente rendita. Questo argomento rafforzativo -palesemente corretto e conferente - oggetto di critica da parte della Mensa Arcivescovile nell'ottavo motivo di ricorso. Ma questo S.C. che ha trovato conforme a legge la decisione impugnata sulla base dell'esame delle norme che direttamente concernono la questione in esame, non ha motivo di soffermarsi sulle Critiche dell'argomento rafforzativo, critiche che questo Collegio non condivide ma che comunque non potrebbero mai portare ad un mutamento di interpretazione delle norme applicate. Ci ritenuto, le rimanenti deduzioni della ricorrente, in particolare quelle svolte nei motivi quarto e quinto rimangono prive della necessaria base logica e giuridica. Poich il diritto reale sui beni stato trasferito allo Stato per effetto stesso della nornia eversiva e poich non sussiste intel'dipendenza condizionante tra iscrizione della rendita ed il trasferimento ora detto, deve escludersi che nella presente con~ troversia possa venire in contestazione la legittimit delle citate fonti legislative alla stregua della vigente costituzione repubblicana, in particolare dell'art. 42 di detta Costituzione, qualunque debba ritenersi essere la natura sostanziale della disciplina normativa da ess realizzata. Non si tratta infatti di dare applicazione attuale alla norma circa il trasferimento allo Stato dei beni immobili degli enti ecclesiastici assoggettati a conversione, bens di dichiarare che tale trasferimento stato realizzato per effetto diretto ed automatico delle norme richiamate, le quali, perci, sui beni per i quali oggi causa hanno compiutamente realizzato i loro effetti da oltre un secolo. Quindi, da una parte, esclusa la rilevanza ai fini della decisione della controversia in esame della questione di legittimit costituzionale delle fonti normative ora dette, che nella specie hanno esaurito i loro effetti quanto al trasferimento del diritto dominicale sugli immobili del Monastero di S. Omobono; dall'altra, essendo stato abolito di assoggettare a conversione i beni immobili appartenenti a qualsiasi istituto ecclesiastico (art. 30 del Concordato tra S. Sede e l'Italia), esclusa anche per questa ragione la possibilit stessa di prospettare un'applicazione attuale delle disposizioni del 1866 circa la conversione ora detta: ed il problema sarebbe solo di dichiarare non pi sussistente l'obbligo della Mensa arcivescovile di essere assoggettata attualmente a conversione -se il trasferimento del diritto dominicale non si fosse gi realizzato nel 1866 -per effetto 1086 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO di abrogazione della norma che prevedeva il trasferimento del diritto reale e la conversione di esso in diritto di credito alla rendita. Ma anche su tale questione di abrogazione di legge non assumerebbe rilevanza l'esistenza o meno di contrasto tra le norme del 1866 innanzi specificate e l'art. 42 della vigente costituzione, altra essendo la ragion1e di ,perdita di efficacia delle norme. Nel nono ed ultimo motivo di ricorso, la Mensa arcivescovile denunzia violazione e falsa applicazione dell'art. 42 della Costituzione e violazione dell'art. 35 della legge 27 maggio 1929, n. 848, per avere la Corte d'A:ppello negato il diritto della Mensa ad un indennizzo pari a'.ll'attuale valore dell'immobile, ritenendolo sostituito dalla possibilit dell'odierna iscrizione di una rendita rivalutata, dimenticando che l'iscrizione, secondo la ricorrente, non pi effettuabile, dopo la legislazione concordataria, per essere preclusa la conversione dall'art. 35 della legge n. 848 del 1929. La tesi stata ribadita anche nelle note di udienza. Ma questo S. C. condivide anche su questo punto la decisione adottata dai giudici di merito. Il richiamo, anche in quest'ultimo motivo, all'art. 42 della Costituzione, fa ritenere che la domanda subordinata in esame ha egualmente per presupposto necessario che il trasferimento dei beni degli enti as'Soggettati a conversione ricada nell'ambito degli atti espropriativi, che esso per non essere ancora -fatto giuridico esaurito debba co~portare l'applicazione attuale della disciplina normativa propria di tali atti, infine che alla stregua di tale disciplina debba ritenersi illecita l'appTensione dei beni da parte dello Stato senza la liquidazione della Tendita. Ma una volta ritenuto che il trasferimento allo stato dei beni immobili della Mensa Arcivescovile avvenuta per effetto diretto del decreto del 1866, e che esso d titolo solo alla liquidazione della rendita secondo -i criteri stabiliti dallo stesso decreto, il ritardo nell'iscrizione della Tendita e nella conesponsione della stessa, se fosse imputabile a comportamento colposo delle Amministrazioni dello Stato, potrebbe essere causa di risaTcimento ex art. 1224 c. c. ma non darebbe mai diritto alla liqui dazione di un indennizzo pari al valore attuale degli immobili trasferiti allo Stato. Ci deve affeTmarsi anche se come sostiene la ricorrente, non fosse pi possibile attualmente l'iscrizione della rendita a favore della Mensa per effetto della legislazione concordataria, stante che il pregiudizio che la Mensa potrebbe addurre sarebbe sempre e solo quello della perdita del diritto alla rendita come determinabile in, virt del decreto del 1866; tesi che, per, stata giustamente disattesa dalla Corte d'Appello, dato che l'art. 35 della 1. 27 maggio 1929 n. 848, disponendo l'abrogazione di tutte le disposizioni contrarie alla legge stessa, s' riferito alle disposizioni specificamente riguardanti la materia regolata in modo diverso ~ r1~1 PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1087 dalla nuova legge (nomine ed uffici e benefici ecclesiastici, riconoscimento agli effetti civili degli istituti ecclesiastici e degli enti di culto, autorizzazione ad acquisto di beni, tutela per gli atti eccedenti l'ordinaria amministrazione, amministrazione civile dei patrimoni destinati a fine di culto, organizzazione di uffici statali per gli affari di culto) ma non ha certo abrogato tutta la legislazione precedente in materia ecclesiastica, abrogazione che neppure pu essere considerato effetto del Concordato lateranense (Cass. 5 marzo 1934, n. 5S.2); questo all'art. 30 allorch ha regolato la gestione ordinaria o straordinaria; dei beni degli istituti ecclesiastici e del:le associazioni religiose, ha disposito che essa abbia luogo sotto la vigilanza ed il controllo delle autorit della Chiesa, escluso ogni intervento da parte dello Stato e senza obbligo di assoggettare a conversione i beni immobili, si riferita, come regola generale e fondamentale dell'efficacia delle leggi, all'avveniri:; ha escluso l'ulteriore esercizio del potere di conversione ed ha vincolato lo stesso esercizio, da parte dello Stato Italiano, del potere legislativo a non disporre ulteriori provvedimenti di eversione, ma nulla ha stabilito per le conversioni di beni immobili gi realizzate in passato con il trasferimento dei beni allo Stato e per le quali sia residuata contestazione .in ordine solo al quantum della rendita da liquidare. -(Omissis). >CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 16 ottobre 1972, rt. 3090 -Pres. Giannattasio -Est. oselli -P. M. De Marco (conf.) -Ministero LL.PP. ( Avv. Stato Albisinni) .c. Zigarelli (avv. Vocino). Procedimento civile -Disponibilit' delle prove -Fatto notorio -Co~ nizione tecniche -Non sono tali -Indennit di espropriazione per p. u. -Valutazione -Criteri equitativi -Presupposto. (e.p.e. art. 115; e.e. artt. 1226, 2056). Espropriazione per p. u. -Indennit -Determinazione -Deposito presso la Cassa DD.PP. .(I. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 48). La nozione di fatto notorio che H giudice pu porre a fondamento .della decisione senza bisogno di prove, caratterizzata daUa genericit dei f.atti che rientrano nella comune esperienza deU'uomo di media cultura in un determinato tempo e luogo. Pertanto mentre notorio pu considerarsi l'incremento di valore, nel tempo, dei fondi di una determinata zona, tale non pu ritenersi invece la percentuale dell'aumento dei prezzi, i.l cui calcolo richiede .cognizioni tecniche particolari sulla base di precisi elementi e che sfugge r111r1111r11~r~ft ri;1rtl&~::re1::r~1:::1~1~~:ru111rii)ill~1:;::rur11rrifil:~r11:;~11ri1:~::1111M1r1:rti:r11:1:rmmmrfil{trir&fwillt111mrfilmiliMrrff]::E~ 1088 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO altresi ad una valutazione equitativa ove sussista la possibilit di determinarla mediante consulenza tecnica, che costituisce lo strumento probatorio idoneo allo scopo (1). L'indennit di espropriazione, sia che si fratti di somma offerta dall'espropriante ed accetta dall'espropriato, sia che sia stata determinata a seguito di stima di Ufficio od in sede giurisdizionale in dipendenza di opposizione alla stima, deve essere depositata nei modi di legge presso la Cassa Depositi e Prestiti a garanzia degli eventuali diritti dei terzi (2). (Omissis). -Con il primo motivo del ricorso il Ministero dei LL.PP. denunzia la violazione degli artt. 2697 .e 1226 c. c., nonch il difetto assoluto di motivazione su un punto decisivo della controversia (ex art. 360 nn. 3 e 5 c. p. c.) e censura la Corte del merito per avere apoditticamente affermato essere circostanza notoria che il valore dei suoli edificatori (posti in agro di Avellino) fosse aumentato nel periodo fra il 1963 ed il 1965 e per avere inoltre valutato la misura di codesto aumento in ragione del 15 % sulla base di criteri equjtativi che, a norma dell'art. 1226 c. c., non potevano essere utilizzati nella specie. Il motivo fondato. Per costante insegnamento di dottrina e giurisprudenza, le nozioni di fatto rientranti nella comune esperienza che -a norma del secndo comma dell'art. 115 c. p. c. -il giudice pu porre a fondamento della decisione senza bisogno di prova, sono costituite dai c,. d. fatti notori , ossia da quei fatti che un uomo di media cultura, in quel dato tempo ed in quel dato luogo, normalmente conosce, non anche da quelle cognizioni, personali ed incontrollabili, che costituiscono la scienza privata del giudice. Ora, se pu ammettersi che -con riferimento al tempo in cui la impugnata decisione venne pronunciata, fosse circostanza di fatto nota a quanti risiedevano nella zona che i suoli edificatori siti in agro di Avellino, e pi precisamente nella zona in cui si trovavano quelli di propriet dello Zi.garelli, avevano subito -a partire dal 1963 -un incre (1) In senso conforme cfr. Cass. 17 aprile 1970, n. 1097 -In Dottrina sul concetto di fatto notorio, cfr. SATTA -Commentario, 1966, vol. I, p, 460, per il quale, perch rivestano carattere di notoriet, deve trattarsi non di fatti che si inseriscono nell'orbita di un determinato rapporto giuridico, come costitutivi, modificativi od estintivi di esso, ma di fatti semplici, genericamente rilevanti rispetto al giudizio sul fatto. Sui limiti del ricorso alla valutazione equitativa del danno cfr. Cass. 18 marzo 1970, n. 721. Circa poi la consulenza tecnica che, al di fuori della disponibilit del>. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 19 ottobre 1972, n. 3131 -Pres. Rossano -Est." Montanari -P. M. Mililotti (conf.) -Istituto Autonomo .case Popolari della Provincia di Bari (avv. Memeo e Tanzarella} c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Siconolfi). Procedimento civile -Azione risarcitoria -Domande relative a distinti danni determinati da un unico evento -Proposizione in separato giudizio -Ammissibilit. (e.p.e. art. 112). Espropriazione per p. u. -Immobile detenuto senza titolo dalla P. A. Risarcimento del danno -Esecuzione dell'opera pubblica -Effetti. (l. 20 marzo 1865, n. 2248 alleg. E art. 4; I. 25 giugno 1865, n. 2359, artt. 71 e 73; e.e. art. 1224). Procedimento civile -Appello -Eccezioni non accolte in primo grado Riproposizione -Forma. (e.p.e. art. 346). . ammissibile la proposizione in processi diversi di domande separate di liquidazione relative a' distinti capi del danno determinato da un unico evento (nella specie l'Amministrazione finanziaria aveva propo sto la domanda per conseguire il risarcimento del danno dalla illegittima occupazione di un suo fondo da parte dell'I.A.C.P., con riserva di richiedere in separata sede il valore dell'immobile su cui era stato costruito l'opera pubblica). Qualora la .P.A. abbia occupato senza titolo un immobile, spetta al proprietario il risarcimento del danno per il mancato godimento del bene e la mancata percezione dei frutti. Ove poi l'immobile sia stat trasformato in modo permanente con la costruzione dell'opera pubblica, poich con il compimento di questa si determina la conversione del diritto di propriet, non pi suscettibile di reintegrazione in forma specifica, nel diritto di c:reidito al risarci PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CI:VILE 1091 mento del danno commisurato al valore venale del bene, al proprietario privato definitivamente del fondo non compete ulteriormente l'indennizzo per l'occupazione ma, sulla somma corrispondente al valore del fondo, gli interessi compensativi decorrenti dalla data di ultimazione dell'opera pubblica (1). La riproposizione espressa in grado di appello delle eccezioni non accolte dal giudice di primo grado, necessaria perch non si intendano abbandonate, pm non esigendo formule particolari deve tuttavia consentire di desumere in modo non equivoco la intenzione della parte ed a tal fine non sufficiente un generico richiamo alle deduzioni e conciusioni formulate nel precedente grado di giudizio (2). (Omissis) .. -Con il quarto mezzo -che si ritiene di esaminare prima del terzo. per la sua ;priorit logica -il ricorrente deduce la violazione dei principi dell'unit ed unicit del procedimento risarcitorio, affermando che era illegittima la domanda di risarcimento parziale, effettuata dall'Amministrazione con riserva di richiedere in separata sede il valore dell'immobile, non essendo possibile frazionare .in pi procedimenti le richieste risarcitorie che trovano fondamento in un solo fatto dannoso. L'azione proposta dall'Amministrazione Finanziaria avrebbe perci dovuto dichiararsi inammissibile ovvero si sarebbe dovuto dichiarare inefficace la riserva di agire in' separata sede per l'ulteriore risarcimento. Il motivo infondato. Deve ritenersi consentita la propos1z10ne in separati processi di domande separate di liquidazione relative a capi distinti del danno determinato da un unico evento. L'opinione contraria risulta in contrasto (come ha affermato questo Supremo Collegio con la sentenza (1) La sentenza riaff.erma, ulteriormente puntualizzandoli, gli elaborati principi in materia, sottolineando che la conversione del diritto di propriet in quello di credito al risarcimento del danno si verifica con il compimento dell'apera pubblica, che quindi si pone, agli effetti in esame, su di un piano anarlogo alla emanazione del decreto di espropriazione. Cfr. Cass. 11 febbraio 1969, n. 461; 23 maggio 1969, n. 2776. La Corte di Cassazione -cfr. Cass. 23 aprile 1969, n. 1282 -non aveva mancato di precisare come fino alla data del decreto di esproprio per p.u. l'espropriato conserva il diritto al godimento del bene, onde gli compete la relativa indennit di occupazione. Cfr. altres Cass. 7 ottobre 1970, n. 1831, in cui si ribadisce che la indennit di occupazione temporanea tiene luogo della mancata utiilizzazione del bene da parte del proprietario. (2) Giurisprudenza pacifica. Come noto il disposto di cui all'art. 346 c.p.c. non costituisce una sanzione posta a carico della parte ma una preclusione fondata sulla tacita rinunzia. Cfr. Cass. 16 maggio 1968, n. 1549, in For It. 1968, I, 2159 e giurisprudenza ivi richiamata. 1092 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO n. 109 del 1957, che mutava una precedente giurisprudenza) con il prin1092 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO n. 109 del 1957, che mutava una precedente giurisprudenza) con il principio dispositivo che informa il nostro vigente ordinamento processuale secondo cui il giudice (art. 112 c. p. c.) non pu pronunciare oltre i limiti delle domande delle parti. Affermare, poi, che l'esercizio parziale del credito risarcitorio precluderebbe ogni successiva azione per il conseguimento dell'ulteriore parte del credito stesso significherebbe sostanzialmente creare ed aggiungere una nuova causa estintiva delle obbligazioni rispetto a quelle stabilite dal legislatore nel codice civile. L'argomento, infine, tratto dall'inconveniente che deriverebbe al convenuto autore del fatto danno.so e concretantesi nei maggiori costi processuali qualora egli dovesse subire tante azioni giudiziarie quante sono le voci di danno, esso non ha rilevanza giacch il convenuto medesimo potrebbe cautelarsi al riguardo proponendo domanda riconvenzionale di accertamento negativo dell'esistenza di ulteriori danni. Con il terzo mezzo l'Istituto ricorrente lamenta la falsa applicazione dell'art. 2043 c. c. la violazione degli artt. 1147 e 1148, stesso codice, nonch l'omesso esame di un punto decisivo. In particolare esso assume che non avrebbe potuto qualificarsi come illecita l'occupazione del suolo da parte sua, essendo essa avvenuta col consenso, al;rneno tacito, del- 1'Amministrazione delle Finanze. Il suo possesso non si sarebbe potuto qualificare come di malafede e conseguentemente avrebbe dovuto trovare applicazione l'art. 1148 c. c., secondo cui il possessore di buonafede fa suoi i frutti della cosa fino al giorno della domanda giudiziale. In ogni caso sarebbe stato erroneo il riconoscimento di un risarcimento per il mancato godimento del bene non solo per il primo periodo dell'occupazione, ma anche per quello successivo all'ultimazione dell'opera pubblica costruita sul suolo da esso Istituto. Terminata l'opera 9ubblica e divenuta cos impossibile la restituzione della res , il diritto del proprietario del bene si sarebbe convertito in un diritto di credito e cio nel diritto al valore del bene stesso. In quel momento sarebbe cessato il diritto al pagamento di ogni indennizzo per la perdita dei frutti che il bene era capace di produrre, spettando soltanto gli interessi sulla somma non corrisposta e costituente il valore del bene. Tali interessi non sarebbero liquidabili se il creditore omette "di chiedere la liquidazione della sorte capitale.. Il motivo infondato per la prima parte. La Corte di Appello - dopo aver correttamente interpretato la domanda giudiziale come diretta a far valere anzitutto una responsabilit da fatto illecito (giacch l'azione di arricchimento senza causa era stata proposta soltanto subordinatamente) -ha ritenuto illecita l'ocCUJ?azione dell'immobile della Amministrazione finanziatria da parte dell'Istituto Autonomo per le case Popolari, avendo previamente accertato, con motivazione adeguata e con insindacabile apprezzamento di fatto, che la predetta occupazione PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1093 \ era avvenuta del tutto arbitrariamente, in quanto attuata al di fuori di qualsiasi accordo con l'ente proprietario del bene (e quindi senza il consenso, neanche tacito, di quest'ultimo), nonch al di fuori di una qualsiasi previsione di legge o di un esercizio di potest amministrativa. Il mezzo di gravame deve invece trovare accoglimento laddove muove censure nei riguardi dell'avvenuto riconoscimento, da parte della Corte d'appello, di un diritto dell'Amministrazione finanziaria a risarcimento del danno per il mancato godimento del bene anche per il tem,no successivo alla costruzione dell'opera pubblica (costruzione di alloggi popolari) sul suolo risultante dalla demolizione del magazzino gi doganale. Qualora l'immobile detenuto senza titolo. dalla P.A. sia stato trasformato per la costruzione di un'opera pubblica, il diritto di propriet preesistente non suscettibile di reintegrazione in forma specifica, per l'impossibilit che sia posta nel 'nulla l'attivit discrezionale della P.A. (sent. n. 461/69). E nel caso in cui non sia possibile la restitzione del bene occupato con opere permanenti dalla P.A., dovuto, a colui che ha subito l'occupazione, una somma pari al valore venale del bene, calcolato secondo il .giusto prezzo che esso avrebbe avuto in una libera contrattazione (sent. n. 2776/69). A seguito e per effetto della costruzione dell'opera pubblica permanente, il proprietario del bene viene, infatti, privato in modo definitivo del .godimento e della disponibilit del bene medesimo. Se il proprietario stesso pu vantare, fino .al momento dell'ultimazione della costruzione dell'opera pubblica, un diritto al risarcimento del danno con riferimento al mancato godimento del bene e alla mancata percezione dei frutti della res (e quindi anche con riferimento -come si regolata la Corte d'Appello con la sentenza impugnata -al canone che si. sarebbe potuto conseguire con la concessione in locazione del bene), successivamente al predetto momento -per effetto della conversione del diritto di propriet nel diritto di credito a un risarcimento del danno commisurato .al valore venale della cosa -il proprietario privato definitivamente del bene pu far valere in giudizio unicamente il suo diritto alla corresponsione, a titolo di risarcimento, della somma corrispondente al valore venale. Su tale somma capitale sono dovuti ovviamente, secondo i principi generali, gli interessi compensativi dal .giorno. dell'evento dannoso ~costruzione dell'opera pubblica permanente, che ha comportato effetti equiparabili a quelli della perdita della propriet del bene), ma la liquidazio. ne di tali interessi non certamente possibile se non viene chiesta previamente la determinazione o liquidazione giudiziale della predetta somma corrispondente al valore venale del bene. infondato, invece, il quinto motivo del ricorso con il quale l'Istituto Autonomo per le Case Popolari lamenta la violazione dell'art. 2948 14 1094 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (o 2946) c. c., deducendo che i giudici del merito hanno omesso di prendere in esame l'eccezione di prescrizione da esso proposta in sede di precisazione delle conclusioni in primo grado, conclusioni richiamate anche in grado di appello con la comparsa di risposta. A norma dell'art. 346 c. p. c. le eccezioni non accolte dai giudici di primo grado si intendono abbandonate, qualora non siano state espressamente riproposte nel giudizio di appello. A questo fine occorre che dal complesso delle ragioni svolte in secondo ,grado possa desumersi, in modo non equivoco, l'intenzione della parte di sottoporre alla cognizione del giudice di appello anche le suindicate eccezioni, non essendo sufficiente un vago e generico richiamo alle deduzioni e conclusioni di primo grado, come si verificato invece nella specie, nella quale l'Istituto Autonomo per le Case Popolari si richiamato del tutto genericamente, -nella comparsa di risposta in appello -alle argomentazioni svolte in prime cure. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 19 ottobre 1972, n. 3133 -Pres. Stella Richter -Est. Boselli -P. M. Del Grosso (conf.) -Ministero dell'Interno (Avv. Stato Zagari) c. Cavalera (avv. Stasi) c. P. M. presso la Corte di Appello di L,ecce. Filiazione -Obbligazione alimentare -Vincolo di sangue tra genitore e figlio non riconoscibile nato all'estero -Sentenza straniera di condanna agli alimenti -Dichiarazione di efficacia -Ammissibilit. (e.e. art. 279; disp. sulla legge in generale, art. 25; e.p.e. art. 797, n. 7). La sentenza straniera, che per motivi di ordine pubblico non pu avere riconoscimento in Italia per quanto at.tiene alla declaratoria di paternit naturale, pu ricevere invece efficacia per il capo afferente alla sola condanna agli alimenti, ed a tal fine la paternit, che si configura co,me un mero presupposto materiale ai fini esclusivi dell'obbligazione aiimentare, pu essere accertata incidenter tantum sulla base delle conclusioni cui pervenuto il giudice straniero. Il diritto agli alimenti del figlio naturale non riconosciuto n riconoscibile esula infatti dall'ambito degli istituti familiari e si pone' come una mera obbligazione patrimoniale disciplinata, come tale, dalla legge del luogo ove avvenuto il fatto (procreazione) dal quale deriva (1). (1) Giurisprudenza pacifica. Cfr. Cass. 31 maggio 1969, n. 1950 in questa, Rassegna 1969, I, 649 e sentenze ivi menzionate. .. ~ 1=: f:1~ PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1095 (Omissis). -Con l'unico motivo del ricorso, il Ministero degli Interni -denunziarido violazione e falsa applicazione dell'art. 798 c. p. c. dell'art. 31 delle preleggi; degli artt. 3 e 12 della Convenzione internazionale firmata a New York il 20 giugno 1956 e resa esecutiva in Italia con 1. 23 marzo 1958, n. 338, nonch dell'art. 1 e dei principi delle Convenzioni firmat all'Aja il 15 aprile 1958 e rese esecutive in Italia con la 1. 4 agosto 1960, n. 918; il tutto in relazione all'art. 360 n. 3 c. p. c. osserva che, una volta riconosciuta la possibilit di una delibazione parziale della sentenza straniera, limitata cio alla sola condanna agli alimenti, la Corte d'Appello non avrebbe potuto richiamarsi ai principi d'ordine pubblico che investono, nel nostro ordinamento, la disciplina dei rapporti familiari, per negare efficacia nello Stato alla predetta condanna, dal momento che tali principi non restano minimamente vulnerati dalla delibazione della pronuncia del .giu'clice straniero sul limitato punto della sussistenza di un obbligo alimentare, ancorch derivante dall'accertamento di un rapporto di paternit naturale non riconosciuto n riconoscibile secondo la nostr.a legge. Il motivo fondato. Ad essenziale sostegno della impugnata decisione si pone l'affermazione che _:._ essendo nel nostro sistema giuridico paternit, sia pure naturale, ed obbligo degli alimenti istituti intimamente, collegati in un rapporto di causa ad effetto -non sarebbe possibile una delibazione del capo della sentenza straniera relativo alla obbligazione alimentare che non implicasse, come necessario presupposto, anche il riconoscimento della declaratoria di paternit naturale ad ogni effetto giuridico. Tale affermazione erronea. Invero, per l'ordinamento italiano, il vincolo di sangue che unisce, per il mero fatto della procreazione, il genitore al figlio non riconosci bile, non pu dare luogo ad alcun rapporto familiare e si configura come mero presupposto materiale ai fini esclusivi della obbligazione alimentare. In altri termini, il diritto agli alimenti del figlio naturale non riconosciuto n riconoscibile esula da ogni istituto familiare, ristretto alla mera obbligazione patrimoniale ed regolato conseguentemente, in virtu del.l'art. 25 se,condo comma delle disposizioni sulla legge in generale, dalla legge del luogo in cui avvenuto il fatto (procreazione) dal quale deriva l'obbligazione predetta. A conferma di tale precisazione, va rilevato che la nostra legge civile (art. 279 c. c.) prevede il caso che sul mero fatto della genera zione (sia pure risultante indirettamente da una sentenza) pu basarsi il credito alimentare, senza che da tale fatto derivi alcun riconosci mento od attribuzione di stato familiare. Orbene, da tale pacifica premessa la giurisprudenza di questa Su prema Corte ha costantemente desunto, a .guisa di corollari, due affer 1096 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO mazioni di principio particolarmente rilevanti per la soluzione del caso di specie. La prima che, allorquando il capo della pronuncia straniera relativo alla declaratoria della paternit naturale non pu essere riconosciuto in Italia per motivi attinenti all'ordine pubblico, ci non impedisce che tale paternit possa essere accertata incidente'I' tantum, sulla base delle conclusioni cui pervenuta la sentenza straniera, quando si tratti non di conferire al minore uno status familiare o di riconoscere i vari effetti morali e patrimoniali che da tale status derivano, bens come nella specie -di attribuire efficacia in Italia (in esecuzione delle Convenzioni internazionali intese a facilitare al massimo il riconoscimento all'estero degli obblighi alimentari) alla sola condanna agli alimenti che formi oggetto di altro capo della sentenza straniera (Cass. 6 marzo 1970 n. 557; 31 maggio 1969, n. 1950; Id. 24 ottobre 1968, n. 3449). E la seconda che le limitazioni di prova stabilite dalla legge italiana ai fini della dimostrazione del fatto materiale (procreazione) dal quale si origina la obbligazione predetta, non assumendo valore sostanziale, si sottraggono a.i princip d'ordine pubblico che investono la disciplina dei rapporti familiari e, restando nei limiti della lex fori, non vincolano il giudice straniero : sicch la loro violazione non pu esser di ostacolo sotto il p.rofilo di cui all'art. 797 n. 7 c. p. c. -alla delibazione della sentenza straniera di condanna del cittadino italiano agli alimenti a favore del figlio non riconoscibile nato all'estero (Cass. n. 557, del 1970 e n. 1950 del 1969, cit.). Tali principi, desumibili -come detto -dal sistema del nostro ordinamento e comunque non modificati daUa Convenzione internazionale. firmata a New York il 20 giugno 1956 e resa esecutiva in Italia con la 1. 23 marzo 1957, n. 338, sono stati apertamente violati dalla Corte del merito nella soluzione del caso di cui si tratta. -(Omissis). SEZIONE QUARTA GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA CONSLGLIO DI STATO, Sez. IV, 6 giugno 1972, n. 501 -Pres. Uccellatore -Est. !annotta -Pacia (avv. Carbone) c. Sezione Controllo Corte dei Coniti e Consigliere delegato controllo atti Regione auto~ noma Friuli-Venezia Giulia (avv. Stato Carafa) e Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia (n. c.). Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale -Atto impugnabile -Deliberazione di controllo della Corte dei Conti -Deliberazione negativa - impugnabile. Competenza e giurisdizione -Impiego pubblico e privato -Diritti patrimoniali -Diniego con deliberazione negativa di controllo della Corte dei Conti -Giurisdizione del C. d. S. Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale -Notificazione all'Autorit emanante -Deliberazione di controllo della Corte dei Conti su atti della Regione Friuli-Venezia Giulia -Ricorso -Notificazione alla Corte dei Conti. Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale -Atto impugnabile -Deliberazione di controllo della Corte dei Conti -Deliberazione negativa -Su atto regionale -Ammissibilit del ricorso. Corte dei Conti -Funzione di controllo -Organo ausiliario del Governo Conseguenza. Atto amministrativo -Controllo -Atti regionali -Friuli-Venezia Giulia -Controllo Corte dei Conti -Diniego di visto del Consigliere delegato -Deferimento alla Sezione del controllo -Legittimit. Impiego pubblico -Stipendi, assegni e indennit -Avvocati dello Stato Comandati presso la Regione Friuli-Venezia Giulia -Proprine Sono computabili. Impiego pubblico -Stipendi, assegni e indennit -Diritto -Pensionabilit dell'emolumento -Non occorre -Fattispecie -Avvocato dello Stato comandato presso la Regione Friuli-Venezia Giulia. La bilateralit del rapporto obbligatorio non esclude che un terzo estraneo a tale rapporrto possa porre in essere una causa di prregiudizio controllata (neUa specie, Regione a statuto speciale) e un suo dipendente non preclude l'ammissibilit del gravame giurisdizionale p:roposto contro la deliberazione negativa della Sezione del controllo della Corte stessa che costituisca l'elemento impeditivo del soddisfacimento del diritto di credito spettante al dipendente predetto (l). Rientra nella giurisdizione del Consiglio di Stato la controversia concernente un atto imputabile ad iin organo dello Stato (nella specie, (1-8) Avverso la massimata decisione stato pro.posto ricorso alle Sezioni Unite della Cassazione. le cui argomentazioni qui di seguito si riportano: Insindacabilit in s. g. degli atti della Corte dei Conti. (1) Violazione degli artt. 100, 103 e 113 Cast.; 3, secondo comma, 17 e 26 del r.d. 12 luglio 1934, n. 1214; 58 dello Statuto regionale 31 gennaio 1963, n. 1; 26 del t.u. 26 giugno 1924, n. 1504, in relazione all'art. 360, n. 1 e 374 c.p.c. Il Consiglio di Stato, con la decisione impugnata, ha escluso che venissero in discussione un provvedimento o il comportamento della Regione, e ha ritenuto, in conformit del resto a quanto era sostenuto nel ricorso, che oggetto del giudizio fosse il diniego di registrazione opposto dalla Corte dei Conti, pervenendo alla conclusione della illegittimit di esso e del riconoscimento, con il diritto del :ricorrente, dell'obbligo di registrazione dell'organo di controllo. La decisione non manca di avvertire che in tale modo essa veniva a discostarsi dal precedente orientamento giurisprudenziale dello stesso giudice amministrativo, confermato del resto dalle SS.UU. (22 gennaio 1957, n. 167, in Mss. Foro it., col. 36), in virt del quale non soggetto a sindacato di legittimit il visto di controllo o il diniego di registrazione da parte della C'orte dei Conti. Ma ha giustificato il nuovo orientamento per la diversit delle situazioni, trattandosi nell'un caso di atto dell'amministrazione statale, per il quale consentito al Governo di chiedere e pu quindi imputarsi di non aver chiesto la registrazione con riserva, mentre in questo caso una uguale facolt non concessa alla Regione. Peraltro la .spiegazione inidonea pdma ancora che irrilevante. Il vero che l'atto di controllo, positivo o negativo, non soggetto alla gi.urisdizione amministrativa. L'ipotesi esaminata nel precedente orientamento giurisprudenziale .quello di atto ministeriale, che accoglie le istanze del privato, ma non viene registrato dalla Corte dei Conti. Se tale rifiuto di registrazione fosse sindacabile, sarebbe su di esso, in quanto direttamente lesivo delle aspettative del privato, che in ogni caso si dovrebbe esercitare la giurisdizione amministrativa, e viceversa il precedente orientamento giurisprudenziale ha dovuto escluderlo, appunto in ragione della sua insindacabilit. controllata (neUa specie, Regione a statuto speciale) e un suo dipendente non preclude l'ammissibilit del gravame giurisdizionale p:roposto contro la deliberazione negativa della Sezione del controllo della Corte stessa che costituisca l'elemento impeditivo del soddisfacimento del diritto di credito spettante al dipendente predetto (l). Rientra nella giurisdizione del Consiglio di Stato la controversia concernente un atto imputabile ad iin organo dello Stato (nella specie, (1-8) Avverso la massimata decisione stato pro.posto ricorso alle Sezioni Unite della Cassazione. le cui argomentazioni qui di seguito si riportano: Insindacabilit in s. g. degli atti della Corte dei Conti. (1) Violazione degli artt. 100, 103 e 113 Cast.; 3, secondo comma, 17 e 26 del r.d. 12 luglio 1934, n. 1214; 58 dello Statuto regionale 31 gennaio 1963, n. 1; 26 del t.u. 26 giugno 1924, n. 1504, in relazione all'art. 360, n. 1 e 374 c.p.c. Il Consiglio di Stato, con la decisione impugnata, ha escluso che venissero in discussione un provvedimento o il comportamento della Regione, e ha ritenuto, in conformit del resto a quanto era sostenuto nel ricorso, che oggetto del giudizio fosse il diniego di registrazione opposto dalla Corte dei Conti, pervenendo alla conclusione della illegittimit di esso e del riconoscimento, con il diritto del :ricorrente, dell'obbligo di registrazione dell'organo di controllo. La decisione non manca di avvertire che in tale modo essa veniva a discostarsi dal precedente orientamento giurisprudenziale dello stesso giudice amministrativo, confermato del resto dalle SS.UU. (22 gennaio 1957, n. 167, in Mss. Foro it., col. 36), in virt del quale non soggetto a sindacato di legittimit il visto di controllo o il diniego di registrazione da parte della C'orte dei Conti. Ma ha giustificato il nuovo orientamento per la diversit delle situazioni, trattandosi nell'un caso di atto dell'amministrazione statale, per il quale consentito al Governo di chiedere e pu quindi imputarsi di non aver chiesto la registrazione con riserva, mentre in questo caso una uguale facolt non concessa alla Regione. Peraltro la .spiegazione inidonea pdma ancora che irrilevante. Il vero che l'atto di controllo, positivo o negativo, non soggetto alla gi.urisdizione amministrativa. L'ipotesi esaminata nel precedente orientamento giurisprudenziale .quello di atto ministeriale, che accoglie le istanze del privato, ma non viene registrato dalla Corte dei Conti. Se tale rifiuto di registrazione fosse sindacabile, sarebbe su di esso, in quanto direttamente lesivo delle aspettative del privato, che in ogni caso si dovrebbe esercitare la giurisdizione amministrativa, e viceversa il precedente orientamento giurisprudenziale ha dovuto escluderlo, appunto in ragione della sua insindacabilit. 1098 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO delle posizioni creditorie, essendo in tale ipotesi possibiie che il titola1e del diritto di credito si rivolga giudizialmente al terzo per far valere le sue ragioni; pertanto, la posizione di terzo spettante alla Corte dei conti rispetto al rapporto obbligatorio esistente tra un'Amministrazione ' PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 1099 deliberazione negativa deHa Sezione del controno deHa Corte dei conti) ed una posizione di credito avente titolo in un rapporto di pubblico impiego (2). La legge Cost. 31 gennaio 1963, ri. 1 (recante io statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia) non dispone aicunch in ordine alla possibilit per la Re,gione di chiedere la registrazione con riserva degli atti per i quali la Corte dei conti abbia negato il visto, n sono state emesse al riguardo specifiche norme, con fonti diverse da quella costituzionale citata; pertanto, poich i7, diniego di visto della Corte dei conti, -0ve non sia seguito da un'adesione dell'Amministrazione regionale e dall'adozione dei congrui provvedimenti ed atti, importa l'impossibilit di identificare un atto positivo o negativo, ovvero un'omissione comun. que imputabile alla stessa Amministrazi'one (che, al massimo, pu curare la comunicazione della conclusione del procedimento di controllo), il Se poi si vogliono precisare i motivi, sui quali riposa l'insindacabilit dell'atto di controllo della Corte dei Conti davanti al Consiglio di Stato, si vedr che esso non atto ao:nministrativo n soggettivamente n oggettivamente, come invece sarebbe necessario per formare oggetto della giurisdizione amministrativa, secondo la costante giurisprudenza della SS.UU. (15 gennaio 1953, n. 107, in Mass. Foro it., col 26; 8 marzo 1954, n. 668, Mass. Foro it., col 141). Quanto alla posizione soggettiva, cio istituzionale della Corte dei Conti, occorre tener presente che la Costituzione, pur ponendola fra gli organi del Governo (titolo III), le assicura per una posizione autonoma e iI].dipendente rispetto all'Amministrazione, sia ponendola fra gli organi ausiliari (Sez. III), distintamente dalla Pubblica Amministrazione (Sez. II), sia assicUTandole indipendenza di fronte al Governo (art. 100, ultimo comma), sia prevedendo rapporti diretti con il Parlamento (art. 100, penultimo comma; art. 26 r.d. 12 luglio 1934, n. 1214). Il che oltre tutto dsponde ad un'esigenza logica, non ;potendosi concepire un'amministrazione, che si controlli da s e pi ancora assicuri essa stessa un siffatto controllo al Parlamento. Volendo definire tale pa!I"ti!colare (posizione bisogna dire che la Corte dei Conti si trova in un rapporto di intermediazione (o; se si vuole, di equidistanza) fra l'amministrazione e il Parlamento. Tale sua particolare posizione poi d rilievo all'art. 103 e all'art. 113 della C'ostituzione, che prevedono l'esercizio della giurisdizione nei confronti soltanto della Pubblica Amministrazione, che -come si detto -viene considerata distintamente dagli organi ausiliari. Perci una corrente dottrinale riconosce alla Corte dei Conti posizione istituzionale di potere giuridico autonomo, in conside!I"azione della rilevanza che tale veste assume ai fini dell'art. 134 della Costituzione e 37 della legge 11 maTzo 1953, n. 87. D'altro canto bisogna aggiungere che non pu considerarsi l'atto di controllo come atto (oggettivamente) amministrativo. Esso infatti non volto a :soddisfare esigenze pratiche, come se la Corte dei Conti sia parte, cio soggetto, del rapporto giuridiCo sostanziale; ma, avendo la funzione soltanto di far dspettare la legalit in genere e il bilancio in particola!I"e, si distingue e si contrappone all'atto amministrativo, che invece destinato a soddisfare le esigenze pratiche, allo stesso 1100 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ricorso giurisdizionale contro la deliberazione negativa della Sezione del controllo della Corte dei conti ritualmente notificato alla Corte stessa, dovendosi ravvisare la causa dei pregiudizio proprio nell'atto di controllo che, in quanto negativo,. preclusivo deWeffcacia dell'atto sottoposto a controllo e dal quale l'interessato attende dei vantaggi (3). La possibilitd di sollevare il conflitto di attribuzione davanti alla Corte costituzionale tra Stato e Regione e viceversa non preclude che, non essendo sollevato tale conflitto dai soggetti a ci legittimati, la persona priva di legittimazione ad agire dava"!-ti alla stessa Corte possa ricorrere al giudice amministrativo e dedurre le proprie censure di legittimitd che potrebbero essere proposte nel -giudizio per conflitto di attribuzione sopra detto; pertanto, nel caso in cui non risulti sollevato conflitto di attribuzione fra Regione a statuto spe'Ciale e Stato in ordine modo come l'istituto si distingue e si contrappone funzionalmente a:tl'Amministrazione attiva. A conclusione di questa disamina, e volendo sintetizzare i due aspetti -soggettivo ed oggettivo -del problema, si pu dire che le deliberazioni della Sezione di controllo sono pronunzie della magistratura della Corte dei Conti, in sede non contenziosa, e tuttavia pronunzie super partes della magistratura medesima, in quanto tale, rispetto ai soggetti, attivo e passivo, dell'azione amministrativa. stato necessario indugiare sul tema dell'insindacabilit dell'atto di controllo e sul fondamento di essa per .chiarire come non sia rilevante l'argomento pratico, che d parvenza di logica e di giustizia alla decisione impugnata, e cio che l'insindacabilit dell'atto di controllo. verrebbe ad escludere un qualsiasi rimedio nei confronti del diniego di registrazione, non essendo consentito alla Regione di chiedere la registrazione con riserva. Non bisogna invero dimenticare che, secondo l'art. 103 della Costi tuzione e 1secondo la ricordata giurisprudenza delle SS.UU. la tutela giuri sdizionale, se a questo rimedio si vuole alludere, concessa contro gli atti della Pubblica Amministrazione, mentre si visto che tale non pu essere considerato l'atto di controllo, tanto meno quando assume contenuto ne- gativo. davvero una strana inve:nsione dell'ordine logico quella di voler attribuire natura di a'tto amministrativo all'atto di controllo allo scopo di assoggettarl alla giuris.izione amministrativa, l dove vero invece proprio il contrario, e cio che una volta stabilito pr.eliminarmente che non si tratta di, atto amministrativo, la conseguenza quella della insindaca bilit da parte del giudice di legittimit. D'altro canto non esatto che contro il diniego di registrazione l'ordi namento giuridico non concede alcun rimedio, dal momento che la stessa decisione ha dovuto darsi carico, sull;i fa1sariga dell'orientamento della Corte Costituzionale (sentenza 13 dicembre 1966, n. 121), che era consen tito alla Regione sollevare il conflitto di attribuzioni contro il diniego di registrazione. questo un ulteriore .profilo del lamentato difetto di giuTisdizione, dal momento che il Oonsiglio di Stato non solo ha ritenuto di assoggettare a gifill>porto fra Corte dei Conti e Regione in ordine alla registrazione attribuito alla cognizione della Corte Costituzionale, mentre non pu pretendersi poi che la Corte dei Conti possa essere chiamata, nel casO' di diniego di registrazione, nella controversia sul diritto so,stanziale, quasi che sia soggetto di questo rapporto o comunque parte interessata a inter- ferire in esso che viceversa ha come soggetti e contradditori unieamente Regione e privato. Oltre tutto contrasterebbe con ogni principio giuridico che la C:orte dei Conti fosse chiamata alternativamente davanti all'uno o all'altro giudice a seconda dell'atteggiamento e quindi a beneiplacitO' della Regione. vero invece .che il conflitto di attribuzioni fra $-tato e Regione appar- tiene alla competenza esclusiva della Corte Costituzionale (SS.UU. 12 dicembre. 1958, n. 3872, in Massim. Giust, Civ., 1939), e non pu essere sottratto a tale gtudice. 2) Violazione art. 56 e 57 del T.U. iO gennaio 1957, n. 3; art. 4 Statuto regionale approvato con legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1; art. 2, primo comma, legge regionale 21 novembre 1964, n. 3 e art. 64 legge regionale 28 marzo 1968, n. 21, art. 29 del T.U. 26 giugno 1924, n. 1054, in relazione agli art 360, n. 1, 374 e 386 c.p.c. La decisione ha fondato la giurisdizione del Consiglio di Stato sulla considerazione che si verserebbe in materia di pubblico impiego, dal momento che la posizione di credito, dedotta nel presente giudizio, ha il suo titolo nella posizione di impiegato pubblico spettante all'avv. Pacia, sia pure comandato presso la Regione , anche se ipoi ha ritenuto di riconoscere la rpretesa creditmia in base non gi alla di,scipiina di un tale rapporto di impiego, ma alla disciplina che al comando awebbe dato la Regione con norme sue proprie (art. 2, primo comma, legge regionale 21 novembre 1964, n. 3 e art. 64 legge regionale 28 marzo 1968, n. 21). Ma -queste affeirmazioni pirospettano vatri profili di difetto di giurisdizione, connessi fra loco e che pertanto vengono trattati con questo stesso motivo di ricorso. Non esatto che la disciplina (-statale) del rapporto di impiego dell'avv. Pacia e tanto meno le norme regionali assicurano allo stesso una 1102 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dere, nell'attuale assetto costituzionale, la riducibilit della Corte dei conti ad organo del Parlamento (tenuto conto dell'espresso disposto dell'art. 55 Cost., in base al quale iL Parlamento costituito solo dalla Camera dei Deputati e dal Senato della Repubblica), debbono ritenersi impugnabili in sede giurisdizionale gli atti di controllo preventivo di legittimit della Corte dei Conti in quanto atti della pubblica Amministrazione (5). L'art. 58, legge Cost. 31 gennaio 1963, n. 1 (recante lo statuto speciale della Regiol/1,e Friuli-Venezia Giulia) dispone che il controllo di legittimit degli atti amministrativi della Regione svolto in conformit pretesa configurabile come diritto ,soggettivo di credito, o eventualmente come interesse legittimo, da che deriva l'improrponibilit assoluta nei confronti della Pubblica Amministrazione di un'azione diretta a far valere interessi semplici. Occorre tenere pvesente che gli artt. 103 e 113 della Costituzione ammettono la tutela giurisdizionale nei confronti della Pubblica Amministrazione per i diritti e gli interessi legittimi, che quindi !rappresentano l'oggetto e il limite dell'eser,cizio della funzione gim1sdizionale nei confronti della Pubblica Amministrazione. Perci il giudice deve accertare preliminarmente, in sede di ricognizione della propria giurisdizione, se la pretesa fatta valere in ,giudizio dal cittadino sia configurabile in via generale ed astratta come diritto soggettivo o interesse legittimo, o non piuttosto come interesse semplice, do se la legge, considerata in via generale ed astratta, assicuri al cittadino un diritto soggettivo o un interesse legittimo corrispondente alla rpretesa fatta valere in giudizio o non ,piuttosto un interesse semplice: salvo naturalmente a rimettere all'eventuale ulteriore corso del giudizio ogni questione di merito sulla pertinenza del diritto e la proponibilit della domanda (art. 386 c.rp.c.). Non occorre indugiare 'Sulla illustrazione di un tale principio, che stato recepito dalle S.U. nella fondamentale sentenza 12 gennaio 1966, n. 207 (in Foro it., I, 212), confermata con l'altra 12 luglio 1966, n. 1846. Ma, posto un tale principio, bisogna dire che nessuna norma, statale o regionale, riconosce una indennit come quella pretesa ex adverso, e che ha dato luogo al rifiuto di registrnzione del relativo provvedimento di liquidazione. L'avv. Pacia era impiegato dello Stato, nella qualit di avvocato dello Stato, e si trovava in posizione di fuori ruoio (e non di comando) presso la Regione. La posizione .di fuori ruolo o di comando sono disciplinate dall'art. 57 (in relazione all'art. 59 del t.u. 10 gennaio 1957, n. 3), in virt della quale il rapporto di impiego resta quello originario (in conformit del resto alla giudsprudenza dello stesso Consiglio di Stato) e solo passa a carico dell'Amministrazione o dell'ente, cui l'impiegato viene destinato, la spesa per esso impiegata. Ma certo che all'avvocato dello Stato destinato a prestar servizio presso altra amministrazione o ente rpubblico non spetta di partecipare alla ripartizione degli onorari di cui all'art. 21 del t.u. 30 ottobre 1933, n. 1611. Invero, provenendo i fondi relativi dagli onorari versati dalle parti private per le cause trattate dall'Avvocatura dello Stato, partecipano alla loro ripartizione solo gli avvocati dello Stato (e gli impiegati PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 1103 delle leggi dello Stato che disciplinano le attribuzioni della Corte dei conti; pertanto, dovendosi ritenere estensibili alla Regione in parola, ad esclusione dell'istituto della registrazione con riserva, tutte le altre norme relative al controllo preventivo di legittimit degli atti statali, legittimamente viene deferito un affare alla Sezione del controllo della Corte dei conti, dopo che il Consigliere delegato abbia insistito nel diniego di visto, malgrado le osservazioni formulate dall'Amministrazione regionale, alla quale sono stati mossi i rilievi (6). Ai sensi dell'art. 2, legge Reg. Friuli-Venezia Giulia 21 novembre 1964, n. 3 e dell'a1t. 64, legge Reg. 28 marzo 1968, n. 21, al personale comandato presso la Regione predetta deve essere corrisposto lo stesso trattamento economico in godimento presso l'Ente di provenienza, trattamento di cui costituiscono parte -le indennit e competenze comunque percepite in modo continuativo, in forza di disposi- dell'Avvocatura dello Stato), che svolgono attivit di istituto. Una conferma data dallo stesso citato art. 21, che rprevede che il riparto sia operato distintamente per l'Avvocatura Generale e le singole Avvocature Distrettuali, in base alle esazioni orperate rispettivamente dall'una o dalle singole altre, e inoltre ammette al rispettivo riparto i funzionari in servizio presso gli uffici suddetti ( i propri funzionari , come ivi detto). E infatti il Regolamento peir la ripartizione degli onorari, approvato con d.m. 20 maggfo 1924, ai sensi e per gli effetti del suddetto airt. 21, espressamente prescrive che non hanno diritto al riparto per tutto il tempo dell'applicazione coloro che siano chiamati a prestare servizio presso altri uffici dello Stato e presso altre Amministrazioni (art. 13). Ci del resto rriconosciuto indirettamente nella stessa decisione impugnata, che cita la precedente decisione della IV Sezione, 16 maggio 1972, n. 427, relativa proprio alla natura e spettanza della quota onorari, nella quale affermato il principio che si tratta di indennit speciale dovuta per la particolare natura dell'attivit di istituto, e che pertanto non srpetta a Chi si trovi a non esplicare tale attivit. Le somme -ivi detto spettanti al personale dell'Avvocatura dello Stato per il riparto in questione sono quindi irriducibili allo stipendio inteso non solo in senso nominalistico, ma anche nella rpi lata accezione accolta dall'Adunanza Plenaria con la decisione 1 luglio 1964, n. 16; ma sono identificabili con le indennit per funzioni e servizi di carattere speciale, per le quali non sussiste il diritto alla reintegra (art. 97, primo comma, t.u. 10 gennaio 1957, n. 3) . E in definitiva, volendo fare un esempio, se un avvocato dello Stato collocato fuori ruolo (o in ipotesi comandato) .resso altra Amministrazione statale, non pu .pretendere poi dalla stessa, per l'avvenuto trasferimento della spesa, la quota onorari, tenuto conto sia dell'origine .particolare dei fondi relativi sia della particolare attivit di istituto cui tali fondi sono destinati. Il Consiglio di Stato invece, essendo l'avv. Pacia destinato a prestar servizio presso la Regione, si richiamato alle due leggi regionali 21 novembre 1964, n. 3 e 28 marzo 1968, n. 21, le quali assicurano all'imrpielgato statale comandato il trattamento economico complessivo . 1104 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO zioni vigenti per l'Amministrazione di appartenenza, epper anche le indennit che costituiscono la terza fascia retributiva di alcune categorie di pubblici dipendenti; pertanto, ai fini de.zia concessione delle quote onorari ad un Avvpcato dello Stato comandato a prestare servizio presso la predetta Regione_. nel silenzio delle 1ichiamate norme regionali, non costituiscono motivo ostativo l'assenza della fissit di dette quote onorari e la mancanza di una effettiva prestazione di, servizio presso l'Ente di appartenenza (7). La spettanza di una determinata quota di trattamento economico non condizionata alla sua pensionabilit, essendo previsti dal vigente ordinamento indennit o compensi in genere a favore di pubblici dipen- Tali leggi per non aggiungono nulla alla disciplina stabilita dallo Stato, per il trattamento economico complessivo del (proprio impiegato, dal momento .che con esse la Regione si limita a riconoscere a proprio carico la spesa ad essa trasferita in virt dell'art. 57 del t.u. 10 gennaio 1957, n." 10. Basta perci questo sommario generale esame della disciplina normativa della materia per togliere alla .pretesa dedotta in giudizio ogni parvenza di diritto soggettivo o di interesse legittimo e suffragare la dedotta imprnponibilit assoluta. S'e poi si vuole sostene.re che la Regione con le due leggi suddette abbia introdotto una sua prop!l:ia disciplina del trattamento economico del personale statale comandato, distinta e anche diversa da quella dello Stato, quasi che la pretesa avversaria sia in sostanza rivolta ad ottenere il riconoscimento di un'indennit regionale, sostitutiva della quota onorari, allora bisogna trarne talune conclusioni, che configurano anch'esse pro.fili di difetto di giurisdizione. La prima quella della illegittimit costituzionale delle norme suddette, per violazione dell'art. 4 dello Statuto speciale (approvato con legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1). La Regione invero ha competenza legislativa per il proprio personale, non per quello statale (per un caso analogo vedasi Corte Cost. 2 luglio 1968, n. 93), specie poi allorch per questo personale esiste una disciplina legtslativa statale, che la Regione non pu modificare. E tale profilo di illegittimit costituzionale ha rilevanza nell'odierno giudizio, poich da esso dipende la rilevata improponibilit assoluta. La seconda che qualsiasi diritto o qualsiasi indennit :riconosciuti dalla Regione all'impiegato statale comandato in effetti non sono propri dell'originario rappOil'to di impiego: semmai sono soltanto con esso connessi, ma sempre distinti e diversi. La indennit controversa, anche se commisurata alla quota onorari, non certo la -quota onorari; e anche se collegata al comando, non fa parte del trattamento economico proprio dell'impiegato statale, restando da esso sepM"ato come qualcosa di aggiunto o come un quid alii. La giurisdizione esclusiva del Consiglio di Stato, che in materia di diritti giurisdizione speciale, contenuta nei limiti del rapporto di impiego statale e della disciplina sua propria, mentre ogni altro diritto differente, anche se connesso, soggetto alla giurisdizione (generale) del giudice ordinario. RENATO CARAFA ~ I I :.:; m PARTE I, SEZ. IV, GIURI~PRUDENZA AMMINISTRATIVA 1105 denti, senza che ne sia stabilita l'inclusione nella base pensionabile; pertanto, illegittima la deliberazione della Sezione del controllo della Corte dei conti che nega il visto ad un mandato di pagamento di un'indennit, a titolo di quota-onorari, ad un avvocato dello Stato comandato a prestare servizio presso la Regione speciale Friuli-Venezia Giulia, in forza della irriducibilit della quota onorari (ai sensi dell'art. 21, r.d. 30 ottobre 1933, n. 1611) alla base pensionabile degli avvocati dello Stato (8). CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 4 luglio 1972, n. 622 -Pres. Mere- gazzi -Est. Benvento -Ghigi (avv. Barillaro) c. Consiglio nazionale ricerche (avv. Stato Terranova) e Rinelli (n.c.). Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale -Atto impugnabile -Concorso -Bando -Impugnabilit immediata -Esclusione Conseguenze -Fattispecie. Impiego pubblico -Concorso -Concorso per titoli -Limitazione in merito alla pubblicazione -Illegittimit. Impiego pubblico -Concorso -Criteri di massima -Punteggio unico per voci eterogenee -Illegittimit. Impiego pubblico -Interesse -In tema di concorso -Valutazione titoli Fattispecie -Valutazione di titoli anche a favore del ricorrente Sussiste interesse. Impiego pubblico -Concorso -Titoli -Valutazione -Pubblicazioni Lavori in collaborazione -Valutabilit -Limiti. Impiego pubblico -Concorso per titoli -Valutazione -Pubblicaz~oniLavori in collaborazione -Lavori di un candidato in collaborazione con un Commissario di esame -Non sono valutabili. Il bando di concorso non impugnabile ex se nell'ipotesi in cui ia lesione dell'interesse giuridico, per la tutela del quale viene adito l'organo giurisdizionale, non sia certa ed immediata conseguenza deUe 'Clausole del bando, ma si verifichi solo in seguito a determinati risultat. i del concorso; pertanto, deve ritenersi tempestiva l'impugnativa in sede di ricorso contro la mancata nomina di un concorrente delle clau~ wle del bando che limitano numericamente le pubblicazioni che ciascun candidato pu far valere come titoli di me.rito, in quanto la lesfone .dell'interesse sostanziale e finale a conseguire un risultato utile nel .concorso diviene certa ed attuale -da virtuale che era -solo se ~~~ 1106 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (e nel momento in cu) si ve:rifica la soccombenza nel concorso o un risultato di merito inferiore a que(lo sperato (1). 1106 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (e nel momento in cu) si ve:rifica la soccombenza nel concorso o un risultato di merito inferiore a que(lo sperato (1). In un concorso per titoli diretto ad acclarare una competenza ad altissimo livello attraverso il vaglio deWintera personalit tecnicoscientifica dei candidati (nella specie, per la nomina a Direttore di ricerca a contratto presso H Consiglio nazionale delle ricerche), vaglio che per ciascun cOTI.corrente deve necessariamente essere condotto sulla scorta, soprattutto, delle pubblicazioni e con riguardo alL'intera gamma di esse, Hlegittimo il bando che -pur lasciando salva, ovviament,e, la potest della Commissione esaminatrice di avvalersi del criterio di valutare a posteriori le e'sibite pubblicazioni in base alla qualit, e non gi alla quantit, di esse -adotti una prescrizione limitativa (non pi di dieci pubblicazioni per candidato) che a priori precluda ai candidati di dimostrare integ1almente la loro capacit attraverso l'esibizione di tutte le loro pubblicazioni scientifiche. In sede di concorso per titoli al posto di Direttore di rice.rca a coni & tratto presso il Consiglio nazionale delle ricerche, deve ritenersi del !i tutto irrazionale il criterio, adottato dal bando e seguito dalla Commis i ~ sione giudicatrice, di prevedere l'attribuzione' di un punteggio, unico per tre voci che riguardino titoli (quali, ad esempio, le attivit di assi~ & stente o incaricato universitario, quelle di ricercatore presso ii Con i:: siglio nazionale delle ricerche e quelle di dirigente industriale presso ~ terzi) caratterizzati da notevoli diversit tra lmo, soprattutto sotto il I I' profilo del diverso rilievo come indici sintomatici di idoneit al posto messo a concorso. Il fatto che, in sede di concorso pe'r titoli, lavori in collaborazione siano stati valutati anche a favore del candidato non vincita-re non vale a privare ,.questo dell'interesse a dedurre le censure di violazione dei principi valevoli per l'ipotesi dei lavori in questione, non po,tendosi f$ a priori escludere che, in sede di rinnovazione delle operazioni concorsuali conseguente all'eventuale accoglimento delle censure stesse, i possa verificarsi -in c~nseguenza dell'esdusione o deUa limitazione di valutazione di tali lavori -l'eventualit che il contro,interessato I risultato vincitore venga a subire una maggiore detrazione di p1U,nteggio 0. rispetto al ricorrente. rn In sede di concorso per titoli, i lavori compiuti in coUabo-razione con soggetti diversi dai membri della Commissione giudicatrice pos I sono essere considerati solo quando sia possibiie' scindere e individuare M il contributo dei singoli autori e possono essere valutati, a favore' del candidato che li produce come titoli, solo per la parte che ( se'condo il il ~~~: discrezionale apprezzamento deUa Commissione) sia da riguardarsi fj ! (1) Giurisprudenza costante sul princ1p10 generale. Cfr., fra le tante, ( V Sez. 23 febbraio 1971, n. 121, Il Consiglio di Stato, 1971, I, 284. t: PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 1107 come contributo di detto candidato, spettando aria Commissione l'onere di acclarare, dando conto di tale indagine con adeguata motivazione, quale sia l'apporto dato dal candidato stesso all'opera a cui ha collaborato (2). In sede di concorso per titoli, deve ritenersi pl/'edusa la valutazio1ie delle pubblicazioni in collaborazione tra candidato e un Commissario esaminatore, giacch in tal caso il relativo giudizio non offre sufficiente garanzia di obiettivit (3). (2-3) Cfr. V Sez. 14 maggio 1965, n. 513 e 5 marzo 1968, n. 216, iv'i, 196'5, I, 929; 1968, I, 591. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 4 luglio 1972, n. 626 -Pres. Meregazzi -Est. Schinaia -D'Aiello (avv. Cioffi) c. Ministero lavori pubblicl, Prefetto di Napoli e Giunta regionale della Campania (avv. Stato Freni) e Comune di Napoli (avv. Gleijes:es). Giustizia amministrativa -Licenza di costruzione -Misure di salvaguardia -Provvedimento prefettizio -Sopravvenienza del piano regolatore -Non fa cessare la materia del contendere. Costituzione della Repubblica -Regioni -Competenza -Passaggio di funzioni statali -Disciplina legislativa -Questione di incostituzionalit -Manifesta infondatezza. Costituzione della Repubblica -Licenza di costruzione -Misure di salvaguardia -L. n. 1902 del 1952 -Contrasto con gli artt. 42 e segg. Cost. -Manifesta infondatezza. La successiva approvazione del piano regolatore da parte del Comune non fa cessa1e la materia del .contendere sul ricorso proposto contro il provvedimento con il quale il Prefetto, in virt dei poteri conferitigli -prima del d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8 -daU'art. 1 legge 3 novembre 1952, n. 1902, abbia adottato la misura di salvaguardia deHa sospensione dei lavori relativi ad un'opera che, sebbene autol/'izzata con licenza edilizia, sia in contrasto con le previsioni del piano stesso successivamente adottato dal Comune, non versandosi nell'ipotesi dell'atto impugnato che sia stato eliminat0; dal mondo giuridico e con effetto ex tunc normalmente mediante altro atto emanato dalla stessa Amministrazione. Dopo l'istituzione della Regione e la nomina dei suoi organi di Governo, i poteri gi esercitati da organi dello Stato e demandati alla Regione dalla Costituzione non devono essere esercitati automatica 1108 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO mente e senza alcuna soluzione temporanea ai sensi deUa VIII Disp. 1108 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO mente e senza alcuna soluzione temporanea ai sensi deUa VIII Disp. trans. Cost., secondo cui le leggi della Repubblica 1egolano per ogni ramo della P.A. ii passaggio delle funzioni statali attribuite alLe Regioni; perta;,,,to, manifestamente infondata la questione di legittiimit -costituzionale di quelle norme che abbiano disciplinato in via generale quel passaggio (nella specie, art. 17 legge 16 maggio 1970, n. 281, in mate1ia di urbanistica) e quelle che poi, in concreto, lo hanno attuato in virt della delega contenuta nella citata norma. Le misure di salvaguardia previste dall'art. 1 legge 3 novembre 1952, n. 1902 sono destinate ad operare in ipotesi determinate, specie -per quanto concerne quella che pu adottare iL Prefetto, in un ambito temporale circoscritto (bre o cinque anni, a-seconda dei casi), che non pu ritenersi non ragionevole, avuto riguardo alla carnplessit dell'iter procedurale per l'approvazione di un piano regolatore generale; pertanto, manifestamente infondata la questione di legittimit costituzionale della legge cit. e successive mdificazioni -per n contrasto .con gli artt. 42 e segg. Cost. -, nella considerazione che iL provvedimento del Prefetto o del Sindaco, adottato in base a detta.. legge, sottragga temporaneamente e senza indennizzo la disponibilit ed ii go. .dimento di immobili da considerarsi e:dificabili in base all'ordinamento vigente e per i quali sia stata anche concessa autorizzazione ad edi_ jicare (1). (Omissis). -La declaratoria di cessazione della materia del contendere, chiesta dalla difesa del Comune di Napoli, non pu esserepronunciata in quanto non ne ricorrano i presupposti. E per vero per farsi 1uogo a tanto necessario 1che l'atto impugnato sia stato eliminato dal mondo giuridico e con effetto ex tunc, normalmente mediante altro atto emanato dalla stessa Amministrazione. Invece nel caso si pre.tende di fare infondatamente derivare quell'effetto dall'approvazione del .piano regolatore del Comune di Napoli, il quale di certo non elimina con effetti ex tunc, il provvedimento con il quale il Prefetto, secondo la legge, abbia adottato la misura di salvaguardia della sospensione dei lavori relativi ad un'opera che, sebbene autorizzata con licenza edilizia, sia in contrasto con le previsioni del ~piano regolatore medesimo successivamente adottato dal Comune. Che la anzidetta misura di salvaguardia, come quella adottata dal sindaco abbia natura c.d. cautelare nel senso che essa dura sino a .quando quel piano in itinere non giunga alla sua normale destinazione, -cio all'approvazione, e comunque non oltre un certo periodo, in con( 1) Cfr. Corte cost. 29 maggio 1968, n. 55, in questa Rassegna 1968, I, 661. Cfr., altres, con riferimento agli artt. 1 e segg. legge 10 novembre 1968, :-:-: ( :n. 1187, IV Sez. 7 dkemb['e 1971, n. 1118. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 1109 f~rmit alla legge, evidentemente nella natura di quel provvedimento, cos come configuratadalla legge che nulla ha da condividere con la diversa vicenda giurtdica che conduce alla cessazione della materia del contendere. Con il primo motivo il ricorrente ha dedotto una censura di incompetenza assoluta che in realt tale potrebbe essere configurata solo se un gruppo di norme ventsse dichiarato incostituzionale. Ed in effetti il ricorrente per sostenere che nella specie il potere del Pre.fetto era venuto meno, quale organo statale, con la istituzione della Regione e dei suoi organi di governo nella materia in cui questa esercita il suo potere legislativo e fra le quali appunto, secondo l'articolo 117 della Costituzione, la materia urbanistica, afferma, senza ulteriore specificazione, che le norme ,contenute nella legge n. 62 del 1953 e quelle dell'art. 17 della legge 281 del 1970 siano viziate di illegittimit costituzionale per contrasto con .gli articoli da 114 a 133 della Costituzione. L'ecc.ezione di costituzionalit manifestamente infondata. Invero l'assunto del ricorrente nel senso che una volta che la Regione sia stata istituita e siano stati nominati i suoi organi di governo automaticamente e senza alcuna soluzione temporanea i poteri per l'innanzi esercitati da organi dello Stato debbano .essere invece esercitati dalla Regione, quando si tratti di poteri che, ovviamente, siano stati demandati dalla Costituzione alla Regione. Senonch un cos drastico assunto in aperto contrasto ,con la disposizione transitoria VIII della Costituzione Ja quale al secondo comma,. prescrive che leggi della Repubblica regolano per ogni ramo della Pubblica Amministrazione (e quindi, per quello che interessa, anche per l'urbanistica) il passaggio delle funzioni statali attribuite alle Regioni. Quindi manifestamente infondata l'eccezione di incostituzionalit di quelle norme che hanno disciplinato in via generale quel passaggio, tra le quali rientra l'art. 17 della legge 16 maggio 1970, n. 28, e quelle che poi, in concreto, lo hanno attuato in virt della delega contenuta nella citata norma. Ci posto poich nel momento in cui fu adottato il provvedimento di salvaguardia ancora non era intervenuta la legge delegata (d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8), ne deriva che competente a provvedere era, giusta il disposto dell'art. 1, secondo comma della legge 3 novembr 1952, n. 1902 il Prefetto della provincia e quindi l'asserita incompetenza di dtto organo non sussiste. Anche con il secondo motivo si solleva una questione di legittimit costituzionale: si, sostiene precisamente che la 1. 3 novembre 1952 n. 1902 e successive modi.fkazioni sia in contrasto con gli articoli 42 e segg. della Costituzione poich, -traendosi argomento dalla sentenza della Corte costituzionale n. 55 del 29 maggio 1968 -il provve 1110 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dimento del Prefetto o del Sindaco in base ad essa adottato sottrae temporanea:rr,iente e senza indennizzo la disponibilit ed il godimento di immobili da 1considerarsi edificabili in base all'ol'dinamento vigente e per i quali stata anche concessa autorizzazione ad edificare. Questa ec1cezione, anche se rilevante, manifestamente infondata. La Sezione, anche se non ha esaminato isolatamente tale questione, ha avuto modo di considerarla in modo indiretto nel contesto cio degli articoli 1 e successivi della I. 10 novembre 1968 n. 1187, escludendo che la stessa potesse ingenerare alcun dubbio sulla costituzionalit delle norme che prevedano la salvaguardia (conf. 10 luglio 1970 n. 522, 19 ottobre 1971 n. 889 e 7 dicembre 1971 n. 118). Ed nel solco di tali pronunce e segnatamente della sent.enza della Corte costituzionale n. 55 del 1968 richiamata dallo stesso ricorrrente che la questione predetta si appalesa manifestamente infondata. Con quest'ultima pronuncia stato affermato che la garanzia della propriet privata violata quando i singoli diritti ad s1sa collegati vengono soppressi o compl'essi, senza indennizzo, mediante atti di imposizione volti a svuotare in modo in.cisivo la consistenza dei diritti stessi. Per la Corte costituzionale ha ritenuto legittimo introdurre n'el!la disciplina urban1stica i li.miti diretti a dare ordine ed armonia ai centri abitati o quelli, e questo il punto che interessa nel caso, che stabiliscono un vincolo di immodificabilit di immobili destinati al trasferimento coattivo in vista delle utilizzazioni programmate dal piano, purch circoscritti nel tempo, e per converso illegittime le sottrazioni delle aree alla loro normale desti:nazione disposta senza indennizzi per un futuro ed eventuale acquisto co:;ittivo incerto sul se e nel quando: ovbene le misure di salvaguardia sono destinate ad operare in ipotesi determinate, specie per quanto concerne quella che pu adottare il Prefetto, in un ambito temporale circoscritto (tre o cinque anni, a seconda dei casi), che non pu ritenersi non ragionevole, avuto riguardo alle complessit dell'iter procedurale per l'approvazione di un piano regolatore generale. -(Omissis). CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 4 luglio 1972, n. 629 -P:res. Meregazzi -Est. !annotta -Soc. immobiliare Flegrea (avv. Sorrentino) c. Ministero Lavori Pubblici e Prefetto di Napoli (avv. Stato Freni) e Comune di Napoli (avv. Gleijeses). Giustizia amministrativa -Cessazione della materia del contendere Licen, za di costruzione -Misure di salvaguardia -Impugnazione Sopravvenienza del piano regolatore -Non fa cessare la materia. del contendere. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 1111 Edilizia -Licenza di costruzione -Misure di salvaguardia -Presupposti -Approvazione del piano regolatore -Sufficienza -Piani particolareggiati -Non occorrono. Edilizia -Licenza di costruzione -Misure di salvaguardia -Rapporti con le espropriazioni connesse al piano regolatore -Esclusione. Edilizia -Licenza di costruzione -Misure. di salvaguardia -Tempestivit -Accertamento -Momenti di riferimento. Edilizia -Licenza di costruzione -Misure di salvaguardia -Provvedimento prefettizio -Carattere recettizio -Attualit -Accertamento -Riferimento alla data di notifica. Edilizia -Licenza di costruzione -Misure di salvaguardia -Provvedimento prefettizio -Parere della Commissione edilizia comunale Non occorre. Edilizia -Licenza di costruzione -Misure di salvaguardia -Provvedimento prefettizio -Motivazione -Elementi da valutare -Carenza di motivazione -Illegittimit. Edilizia -Licenza di costruzione -Misure di salvaguardia -Provvedimento prefettizio -Presupposti -Insostenibilit dell'onere finanziario per l'attuazione del piano -Non occorre. Edilizia -Licenza di costruzione -Misure di salvaguardia -Momento -Prima dell'inizio del procedimento di approvazione del piano Legittimit. Edilizia -Piano regolatore -Sospensione quinquennale ex L. n. 517 del 1966 -Decorrenza quinquennio -Effetti. La sopravvenuta approvazione del piano regolatore da parte del Comune non importa la cessazione deila materia del COl/1,tendere sul ricorso proposto ccmtro il provvedimento che adotta la misura di salvaguardia della sospensione di lavori edilizi, ai sensi della l. 3 novemre 1952 n. 1902 (1). Le misure di salvaguardia previste dalla l. 3 novembre 1952 n. 1902 non presuppcmgono l'a.pprovazione del piano particolareg( l-5) Cfr. IV Sez. 4 luglio 1972, n. 626, retro, ...; IV Sez. 21 marzo 1972, n. 212 e 18 aprile 1972, n. 297, Il Consiglio di Stato, 1972, I, 333 e 563. 1112 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO giato, ma ben possono essere adottate in rapporto aria sola deliberazione di approvazione del piano regolatore generale, dal quale discendono vincoli di zonizzazione e di localizzazione. Le misure di salvaguardia previste dalla l. 3 novembre 1952 n. 1902 possono essere preordinate anche al fine di evitare l'alterazione di una determinata situazione urbanistica, in modo da assicurare l'attua zione dei criteri di zonizzazione fissati dal piano regolatore; pertanto, l'adozione di tali misure non subordinata alla possibilit di espropria. zione di un immobile da acquisire da parte dell'Amministrazione e, del pari, non impedita da eventuali provvedimenti espropriativi necessari per realizzare i vincoli fissati dal piano (2). I provvedimenti prefettizi di salvaguardia in materia edilizia, pre visti dalla l. 3 novembre 1952 n. 1902, devono essere emessi in rap porto a situazioni co%crete, dalle quali non possono desumersi pregiu dizi all'attuazione di previsioni urbanistiche, situazioni che non sono tutte coeve, n si delineano in egual misura ai tempi identici, decor renti dalla deliberazione del piano regolatore generale; pertanto, la tempestivit ed urgenza delle misure di salvaguardia vanno accertate in relazione a tali circostanze e non 001}1, riferimento alla data di deli berazione del piano regolatore. Il provvedimento prefettizio di salvaguardia in materia urbanist.ica . ha carattere recettizio e, pertanto, la sua attualit, rispetto alle ve,rifiche sullo stato di avanzamento dei lavori, deve essere identificata con riferimento alla notifica dell'ordine di sospensione dei lavori. Il provvedimento prefettizio di salva.guardia in materia urbanistica non deve essere preceduto dal parere della Commiss.ione edilizia comu nale, previsto solo per il provvedimento di sospensione di ogni deter minazione del Sindaco. illegittimo il provvedimento prefettizio di salvaguardia in ma teria urbanistica ove non contenga l'indicazione di precise circostanze dalle quali possano desumersi in contrasto tra immobiLe progettato e piano regolatore deliberato dal Comune e la maggiore compromissione od onerosit che deriverebbe all'attuazione del piano regolatore per effetto della prosecuzione dell'opera a suo tempo autorizzata con la licenza edilizia (3). L'articolo unico secondo comma. l. 3 novembre 1952 n. 1902 di spone nel senso della maggiore onrosit come presupposto, alterna tivo alla compromissione, legittimante il provvedimento di salvaguardia adottato in materia urbanistica dal Prefetto; pertanto, l'adozione di tale provvedimento non postula la insostenibilit dell'onere finanziario per l'attuazione del piano (4). Le misure di salvaguardia in materia urbanistica possono essere adottate anche prima dell'inizio del procedimento di approvaz.ione del piano regolatore. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 1113 Ai sensi deU'art. 1 l. 5 luglio 1966 n. 517, la sospensione quinquennale dei lavori edilizi come misura di salvaguardia postula. la presentazione del piano regolatore ge.nerale per l'approvazione entro il termine di un anno dalla sua pubblicazione; pertanto, ove detto termine sia decorso, la sospensione dei lavori non pu essere dispos,ta per un periodo superiore al triennio daila data di deliberazione del piano (5). CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 4 luglio 1972, n. 636 -Pres. Uccellatore -Est. Vaiano -Montanari (avv.ti C. e N. Sciacca) c. Ministero Difesa (avv. Stato Ferri). Atto amministrativo -Atti confermativi -Reiezione di nuova istanza basata su elementi diversi -Non atto confermativo -Impugna tiva -Ammissibilit. Una volta individuata nella reiezione di una nuova istanza fondata su nuovi importanti elementi, che sia stata motivata con l'esistenza di una precedente pronuncia, la natura. di un nuovo provvedimento di contenuto autonomo, e nolfl, gi di un mero atto conferma.tivo, deve ritenersi che la volont dell'Amministrazione, affrettatamente quanto ostinatamente rivolta alla reiezione, si sia formata in modo viziato, per non aver proceduto a quell'<11ccertamento dei presupposti di fatto che costituisce condizione semp1e impresciooibiie per l'esercizio del potere di provvedere; pertanto, illegittimamente l'Amministrazione respinge la nuova istanza intesa alla ricostruzione della carriera (in relazione alla precedente dispensa dal servizio cle si assume dall'interessato disposta per motivi politici), ove, di fronte all'allegazione di nuovi importanti elementi (il riconoscimento della qualit di perseguitato politico, motivato proprio nel fatto della dispensa di servizio), essa abbia omesso un adeguwto esame della nuova situazione di fatto, che andava accertata con opp01tuna istruttoria, limitandosi .a dichiarare di aver gi provveduto con precedente pronuncia (1). (Omissis). -Il primo motivo contiene una censura di eccesso di potere per difetto di istruttoria sostanzialmente rivolta avverso la determinazione, in data 15 febbraio 1945, di reiezione dell'istanza presentata dal ricorrente e diretta ad ottenere il riconoscimento che la dispensa dal servizio, di cui al provvedimento 12 aprile 1933, fu determinata da motivi politici. Come ha rilevato la difesa dell'amministrazione, la censura tardiva, n l'aver indirizzato formalmente il r.Lcorso contro la determi (1) In senso contrario, cfr. Sez. IV, 28 marzo 1972, n. 237, Foro amm., 1972, I, 2, 234. 1114 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO nazione 11 marzo 1970, con la quale l'amministrazione afferma che non possibile accogliere l'istanza di revisione essendo stato ,gi accertato che la cessazione del s.p.e. non fu determinata da cause politiche, vale a salvarla dalla manifesta irricevibilit. Quest'ultimo provvedimento per investito direttamente dal secondo motivo con il quale ,si denunciano vizi suoi propri. Viene censurata, infatti immediatamente la determinazione dell'amministrazione di respingere l'istanza di revisione senza disporre quell'istruttoria che era resa necessaria dai nuovi elementi offerti costituiti dalla sopravvenienza dell'atto di r1conoscimento della qualit di periseguitato politico antifascista da parte di un pubblico organo amministrativo quale la Commissione per le provv~denze a perseguitati dal fascismo, istituita ai sensi dell'art. 8 della 1. 10 marzo 1955 n. 96. La censura questa volta ammissibile. Occorre, in proposito, precisare che la regola ~iurisprudenziale, che esclude l'impugnabilit dell'atto confermativo costituisce immediato corollario del carattere perentorio del termine per ricorrere, ed diretta alla tutela delle decadenze gi verificate, la cui .efficacia preclusiva si tenta di impedire attraverso l'impugnazione dell'atto conrfermativo. Ne consegue che l'inammissibilit della impugnazione dell'atto confermativo si risolve sostanzialmente nella irricevibilit di quei motivi che sono rivolti contro l'atto confermativo e che sono quindi tardivi rispetto alla ,conoscenza .effettiva o presunta di quest'ultimo, rpur essendo tempestivi riSipetto alla dichiarazione di conferma. Quando, invece, come nel caso, viene proposta una censura che investe direttamente la nuova determinazione dell'Amministrazione non sussiste pi l'ostacolo dell'irricevibilit che, non trovando pi giustificazione nell'elusione della perentoriet del termine, verrebbe a porsi in contrasto con il principio, riconosciuto dall'art. 113 della nostra Costituzione, della tendenziale impugnabilit degli atti deUa pubblica amministrazione. La non impugnabilit dell'atto, pu per, derivare per altro verso dalla inammissibilit del ricorso per mancanza di interesse. Ci av viene quando l'amministrazione non abbia emesso un nuovo provve dimento con il quale abbia mostrato di voler tuttora la regolamen tazione di interessi gi disposta con il precedente, ma si sia limitata a dichiarare il fatto di avere gi provveduto. In quest'ultima ipotesi, infatti, non pu essere riconosciuto, l'interesse a ricorrere che escluso dalla incapacit di siffatta dichiarazione, il cui contenuto meramente acclarativo dell'esistenza, quale fatto storico, del precedente provve dimento, di incidere sugli interessi implicati nella fattispecie. Di qui l'importanza ,di oss(!rvare il contenuto dell'atto per accer ,.. tare se esprime la mera dichiarazione di cui innanzi ovvero un auten 1-~ ~--: PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 1115 tico nuovo provvedimento che, pur avendo l'effetto di mantenere immutata la situazione effettuale prodotta dal precedente, abbia rper un contenuto autonomo rispetto a quest'ultimo. Questa affermazione in linea con la giurisprudenza di questo Consiglio che ha spesso riconosciuto il nuovo provvedimento rilevandolo sintomaticamente dalla espressione di nuovi motivi, ovvero dall'espletamento di una nuova istruttoria. La conseguente necessaria indagine in fatto deve per essere condotta, prescindendo dalle intenzioni dichiarate dall'amministrazione, sugli elementi oggettivi della fattispecie, in modo da ricavare la volont effettivamente attuata. Diversamente, si verrebbe, infatti, a subol'dinare l'impugnabilit dell'atto alla formula usata ed in definitiva alla volont dell'amministrazione. Ci significa pure che non basta osservare la sola pronuncia, ma occorre tener 'conto anche dell'istanza del privato e dei motivi da quest'ultimo esposti. Solo cosi pu dirsi Che si esaminata la fattispecie nel suo complesso. Applicando quest'ordine di concetti al caso venuto all'esame della Sezione deve riconoscersi che la reiezione dell'istanza del privato che adduceva nm;>vi importanti elementi (il riconoscimento della qualit di perseguitato poUtico, motivato proprio nel fatto della dispensa dal servizio) non pu essere avvenuta senza una effettiva, anche se non esplicita, 'considerazione delle ragioni addotte peraltro menzionate nella lettera di comunicazione del ricorso. Nell'accertamento 'del fatto, il collegio riconosce, invero, che la estrema importanza dei nuovi elementi addotti, dai quali risulta sussistere un aperto contrasto di provvedimenti, non pu essere sfuggita all'amministrazione, onde la reiezione dell'istanza, motivata sulla esistenza di una precedente pronuncia, dev'essere considerata come la soluzione, ritenuta dall'amministrazione la 'Pi cauta e comoda, alla questione insorta con la denuncia del privato. Ma ci implica pure che il provvedimento significativo di una volont dell'amministrazione di conservare la regolamentazione di interessi disposta con il precedente provvedimento, vale a dire che non si tratta di un mero atto confermativo ma di un nuovo provvedimento di contenuto autonomo, poich emesso in considerazione di nuovi elementi. Questa conclusione, che, per quanto detto, comporta il riconoscimento dell'ammissibilit dell'impugnazione, rende pure evidente la fondatezza della proposta censura di difetto di istruttoria. Infatti, una volta individuata nella reiezione in esame la natura di nuovo provvedimento, deve es'sere considerato che l'iter formativo della volont dell'amministrazione -che poteva poi liberamente con 1116 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO eludersi anche nel senso della reiezione dell'istanza, riconoscendosi la correttezza e legittimit del precedente provvedimento -doveva comprendere un adeguato esame della nuova situazione di fatto, che di conseguenza andava accertata con opportuna istruttoria. Questo esame mancato, onde va dichiarato che la volont della amministrazione, affrettatamente quanto ostinatatamente rivolta alla reiezione, si formata in modo viziato per non avere proceduto a quell'accertamento dei presupposti di fatto che co.stituisce condizione sempre imprescindibile per l'esercizio del potere di provvedere. Il ricorso in esame deve, quindi, nella parte ritenuta ammissibile, essere accolto con il conseguente annullamento del provvedimento in data 11 marzo 1970 di reiezione dell'istanza rivolta dal ricorrente all'amministrazione in data 10 gennaio 1970. -(Omissis). CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 11 luglio 1972, n. 702 -Pres. Meregatti -Est. Qua~anta -Stankewitsch (avv. Gottardi) c. Commissione vigilanza edilizia popolare ed economica (avv. Stato Petroni) e Coop. edil. Fanoikia ed altri (n.c.). Edilizia popolare ed economica -Cooperativa edilizia -Soci -Cooperative fra dipendenti pubblici e Cooperative promiscue -Cittadinanza italiana - prescritta solo per le prime. Il t.u. 28 aprile 1938 n. 1165, sull'ediLizia popofare ed economica, al Titolo VI, prevede due tipi ben distinti di Cooperative edilizie che possono essere ammesse al beneficio del contributo statale, e cio, da un lato, le Cooperative (art. 91 t.u. cit., modificato daUa l. 1 marzo 1952 n. 113) che possono essere costituite esclusivamente COl/1, dipendenti o pensionati dello Stato o di Enti pubblici e, dall'altro, le Cooperative (art. 90 dello stesso t. u.) che possono esse1e co~ituit da soci i quali appartengono aUe categorie impiegatizie indicate nell'art. 91 e da soci i quali non appartengono a tali categorie, e cio da impiegati privati o autonomi prestatori di opera inteUettuale; pertanto, mentre per le Cooperative del primo tipo la necessitd del requisito della cittadinanza italiana dei soci assegnatari si ricava per implicito dail'a.ppartenenza a determinate categorie: di pubblici dipendenti, per le Cooperative del secondo tipo ( c.d. promiscue) i soggetti che vi possono essere legittimamente ammessi (dipendenti da Enti privati, auto11iomi prestatori d'opera) possono anche non essere cittadini italiani, posto che il legislatore, quando ha inteso richiede.re come requisito necessario per l'assegnazione di alloggi popolari ed economici il possesso della cittadinanza italiana, lo ha previsto specificamente. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 1117 CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 27 luglio 1972, n. 767 -Pres. Uccellatore -Est. Quaranta -Mariano (avv. Cannada Bartoli) c. Ministero grazia e giustizia e Consiglio superiore magistratura (avv.. Stato Cia:rdulli) e Bonati (avv. Gianoglio). Consiglio superiore della magistratura -Magistrato -Conferimento di uffici direttivi -Autolimitazione del Consiglio superiore -Inos- servanza -Illegittimit -Fattispecie. Nel caso in cui il Consiglio superiore della magistratura, ai sensi. degli artt. 4 e 5 l. 25 luglio 1966, n. 570, abbia precisato (con una circolare del Comitato di presidenza) che per il conferimento degli uffici. direttivi vacanti ai magistrati di Corte d'appello debbono essere applicati soltanto i.parametri delle attitudini e dell'anzianit, con prevalenza del primo sul secondo, la predeterminazione di un tale criterio implica. una concreta ed effettiva comparazione dei vari aspiranti al.l'uffici.o vacante e delimita il potere di scelta, vincolandolo ai due parametri" indicati ed al rapporto tra questi stabilito; pertanto, poich il potere stesso incide su posizioni giuridiche individuali, illegittimo il conferimento di un ufficio direttivo (nella SPecie, di Presidente di tribunale) ove la scelta non risulti neppure sinteticamente motivata in modo da far constatare che, per ciascun aspirante, sono state tenute presenti sia le attitudini che l'anzianit (specie ove risulti che, in relazione al parametro dell'anzianit, gli aspiranti si trovano in posizione identica) e che la valutazione comparativa si svolta in conformit del criterio predeterminato, risultando dal verbale della seduta del Consiglio superiore soltanto che sono stati presi in esame le posizioni ed i fascicoli personalf degli aspiranti al conferimento dell'ufficio direttivo in parola (1). (1) Cfr. Sez. IV, 5 novembre 1971, n. 943, Il Consiglio di Stato, 1971,. I, 2058. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 29 agosto 197'2, n. 76'8 -Pres. Uccellatore -Est. Vaiano -Grazioli (avv. Sandulli) c. Ministero trasporti. e aviazione civile, Azienda autonoma FF.SS. e Prefetto di Roma (avv. Stato Gentile) e Consorzio Sacopo-Moviter-Girola (avv. Pal- lottino), Opere pubbliche -Rapporti col piano regolatore -Armonizzazione Criterio -Fattispecie -Ferrovia Roma-Firenze -Contrasto col piano regolatore di Roma -Non sussiste. 1118 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Espropriazione per pubblica utilit -Espropriazione -Linea ferroviaria -Mancanza delle autorizzazioni per cavalcavia e ponti -Irrilevanza. L'opera pubblica ncm pu porsi in ccmtrasto con le previsioni del piano 1egolatore generale del Comune nel quale deve essere realizzata, con la conseguenza che, ove sussista contrasto, questo deve essere eliminato attraverso la rinuncia deUo Stato aUa ottobre 1925, in quanto sottoposto a condizione sospensiva, era soggetto al trattamento tributario stabilito dalla legge in vigore al momento del verificarsi della condizione, e che, essendo venuta meno l'esenzione da imposta di trasferimento prevista per le donazioni fra genitori e figli e fra zii e nipoti per effetto del r. d. 1. 3'.0 aprile 1930, n. 431, dopo l'avveramento della condizione, era giustificata la pretesa della Amministra (1) Decisione esattissima che fa puntuale applicazione della norma e mette in chiaro anche un particolare aspetto del problema: unica eccezione alla regola che la registrazione retta dalla norma vigente al momento dell'avveramento della condizione (art. 152 della legge di registro) il gi avvenuto pagamento dell'imposta praporzionale; se invece al momento della stipuli:izione l'atto 8ia stato registrato con la percezione deUa imposta fissa, anche se questa era la sola imposta dovuta secondo la leg.ge del tempo peT l'atto divenuto efficace, sar sempre dovuta l'imposta in base alla legge sopravvenuta vigente al momento deH'avveramento. La pi'onunzia, ricollegando al momento dell'avv.eramento della condizione la nascita dell'obbligazione tributaria, corregge implicitamente l'affermazione fatta con la sent. 13 luglio 1971, n. 2241 (in questa Rassegna, 1971, I, 1419) che individuava invece il momento essenziale della regi.gtrazione nella percezione dell'imposta fissa al tempo della Stipulazione dell'atto condizionato. Per altra applicazione del principio ad ipotesi particolari cfr. Cass. 21 luglio 1971, n. 2379 (ivi, 1971, I, 1449). 1150 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ziqne finanziaria di esigere, per l'atto suddetto, l'imposta proporzionale di trasferimento. In tal modo, sostengono i ricorrenti, la Corte del merito ha erroneamente assoggettato ad imposta di trasferimento, in virt di disposizioni sopravvenute e in vigore all'epoca di avveramento della condizione, un atto esente dall'imposta stessa in base alle dispeso fino all'accertamento della Condizione ma che l'imposta dovuta (cfr. art. 17) solo in quel determinato momento. In altre parole il diritto della Finanza ad esigere il tributo so:rge soltanto nel momento in cui la condizione si verifica, ed quindi logico che l'imposta debba riscuotersi nella misura stabilita dalla legge in vigore in quel motnento, nel giorno, cio, in cui nasce il diritto alla sua esazione. -(Omissis). , CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 13 giugno 1972, n. 1861 -Pres. leardi Est. Miele -P. M. Di Majo (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Coronas) c. Ponzani (avv. Romualdi). Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Valutazione automatica dei fondi rustici -Atti diversi dal trasferimento -Divisione Inapplicabilit. (1. 27 maggio 1959, n. 455; I. 22 novembre.1962, n. 1706). n criterio di valutazione c. d. automatico dei fondi rustici dalla legge riferito ai trasfer~menti in senso proprio per atto ~ra vivi e non trova quindi applicazione negli atti che non producono effetti traslativi, .quale la divisione fuori del caso di attribuzioni di conguaglio (1). (Omissis). -Con l'unico motivo la Amministrazione ricorrente, denunziando la violazione e la falsa applicazione dell'art. 3 della legge 27 maggio 1959, n. 355, in relazione alla legge 20 ottobre 1954, n. 1044, afferma che nella specie non poteva procedersi alla valutazione degli immobili assegnati al condividente Bianchi in base ai coefficienti di cui all'art. 1 della citata legge n. 1044 del 1954, in quanto detto sfatema di accertamento si applica solo in caso di trasferimenti di beni immobili rustici e non invece alle divisioni di tali beni. La censura fo.ndata. (1) Si pu ritenere ormai definitivo l'orientamento della S.C. in argomento (v. Cass. 15 dicembre 1970, n. 2686 in questa Rassegna, 1971, I, 181). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 1152 Questa suprema Corte, con la sentenza 15 dicembre 1970, n. 2686, ha ritenuto che il sistema della valutazione sulla base dei coefficienti agricoli (stima automatica) non si applica al negozio di divisione che ha natura dichiarativa, fuori del caso di ttribuzione del conguaglio. Pertanto, af frni dell'applicazione dell'imposta graduale, salvo il caso di conguaglio esplicitamente assoggettato dall'art. 48 della legge di registro a tassa di trasferimento, il valore dei beni attribuiti va determinato con applicazione del criterio del valore venale, in applicazione degli artt. 15 e 16" del r. d. 7 agosto 1936, n. 1639. Invero la legge 27 maggio 1959, n. 355 nell'art. 3 stabilisce che la valutazione automatica dei fondi rustici ha luogo nel caso di trasferimenti per atto tra vivi di tali fondi. Con questa espressione si inteso far riferimento, in armonia con la legge di registro (art. 48), ai trasferimenti in senso proprio con mutamento della titolarit del bene, non gi alle divisioni, le quali, quando sono effettuate nei limiti della quota, non hanno carattere traslativo, ma solo dichiarativo e accertativo della. concreta porzione di beni spettante al condividente. N nel termine trasferimenti possono farsi ricomprendere anche le divisioni per effetto della legge 22 novembre 1962, n.' 1706 (che nella intitolazione reca: Interpretazione autentica della leg,ge 2!0 ottobre 1954, n. 1044 richiamata dalla legge 27 maggio 1959, n. 335, ecc .....) in quanto tale legge si occu,pa non gi delle categorie di atti ai quali si applica la valutazione automatica, ma stabilis.ce i casi in cui, anzich procedersi alla valutazione automatica, che sarebbe altrimenti applicabHe, si fa' luogo la valutazione sulla base del valore reale del bene. Non pu far ritenere che si sia inteso allargare il concetto di trasferimento il fatto che in questa legge si usi l'espressione pi generica: atti fra vivi, in quanto tale espressione solo una indicazione abbreviata della categoria di atti, gi precisata nella precedente legge del 1959, ed inoltre tale espressione contenuta solo in un inciso dell'art. 1 e dell'art. 2, senza rilievo autonomo. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 15 giugno 1972, n. 1888 -Pres. Gionfrida -Est. Sposato -P. M. Tavolaro (conf.) -Soc. Alma Parens. Frugum c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Pierantozzi). Imposte e tasse in genere -Accertamento -Natura. Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Accertamento di mag- gior valore -Motivazione -Requisiti. (r.d. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 21). i: I .. .. I _____,~......... PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1153 Imposte e tasse in genere -In1posta di registro -Decisione Commissione distrettuale -Ingiunzione per il pa~amento dell'imposta complementare sul valore non definitivamente accertato -Leg~ttimit -Impugnazione di nullit della decisione -Irrilevanza. (d.l. 5 marzo 1942, n. 186, art. 4). L'avviso di accertamento non una semplice proposta rivolta al contribuente per sollecitarne un'adesione o un'oppo,sizione, ma un atto ,amministrativo autoritario suscettibile, se non impugnato, d'incidere nella .sfera giuridica del destinatario (1). L'avviso di accertamento, quale atto amministrativo che sacrifica o limita dfritti o interessi legittimi e impone preistazioni, deve essere motivato; tuttavia L'obbligo della motivazione, ove particolari norme non impongano una moitivazione contestuale ed e1splicita, soddisfatto con il rinvio, anche implicit;o, ad atti antecedenti, pu'l'ch sia assicurato il conseguimento del fine in vista del quale la motivazione imposta, ossia, che iL contribuente sia posto in condizione di conoscere la pre'tesa tributaria in tutti i suoi elementi essenziali ai fini di un'effimce conte .stazione sull'an e sul quantum. In particolare per le imposte indirette L'avviso di accertamento adeguatamente motivato quando co'fl.tiene l'indicazione deLL'Ufficio impositore, del soggetto obbligato a corrispon. dere l'imposta, deWatto sottoposto a tassazione, del bene o dei singoli beni trasferiti con tale atto, del valore dichiarato e di quello che L'Uf .iicio reputa di attribuire a quei beni o ad alcuni di essi, con l'avvertimento espresso che il contribuente potr ricorrere entro trenta giorni alla Commissione distrettuale e che decorso inutilmente tale' termine non potr pi essere contestato il valore notificato (2). A norma deW.art. 4 del d. l. 5 marzo 1942, n. 186, l'Ufficio, dopo la decisione della Commissione P,istrettuale, pu procedere alla riscossione .della imposta di registro ed accessori sulla base dei valori determinati (1-3) Le prime due massime sono assai importanti: L'accertamento, si riconferma autorevolmente, un atto amministrativo in senso proprio col quale si esprime la potest amministrativa di stabilire di autorit la pretesa tributaria; si tratta quindi di un atto a contenuto prevalentemente .sostanziale, sebbene rivesta anche contenuto processuale. Questa definizione conforme alla pi valida giurisprudenza (v. Relazione Avv. Stato, 1966-70, II, 454 e segg.) importante perch in qualche pronunzia, anche recente, comparsa l'affermazione che l'avviso di accertamento sia un atto meramente processuale consistente in una provocatio ad opponendum cui .segue la determinazione sostanziale del rapporto o per volont del contribuente (acqui,escenza e concordato) o per 1effetto di decisione giurisdizionale (Cass. 5 febbraio 1971, n. 273, in questa Rassegna, 1971, I, 429). L'accertamento, quale atto amministrativo, deve essere indubbiamente :motivato. Bisogna per esattamente intendere il concetto di motivazione che 1154 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STAio daila commissione, anche quando la decisione sia impugnata e se ne deduca la nullit, a meno che la decisione non sia giuridicamente inesistente (3). (Omissis). -Denunziando la violazione e la falsa applicazione, in connessione con gli artt. 4, 5 e 6 della legge 20 marzo 1865, n. 2248 ali. E, degli artt. 16, 20 e 21 del d. I. 7 agosto 1936, n. 1639 e 136 r. d. 30 dicembre 1923, n. 3,269, in relazione agli artt. 3, 23, 24 e 97 della Costituzione ed agli artt. 2, 3, 16 e 31 del t. u. 14 aprile 1910, n. 630, la societ ricorrente deduce clie erroneamente i giudici di merito hanno disatteso l'eccezione di prescrizione del diritto della Finanza alla riscossione dell'imposta complementare. Alla data dell'ingiunzione erano, infatti, trascorsi i tre anni di cui all'art. 136 della legge organica di registro e, secondo la ricorrente, l'avviso di accertamento, notificatole il 29 settembre 1959, cio entro l'anno di cui all'art. 21 d. I. 7 agosto 1936, n. 1639, era improduttivo di effetti perch nullo, mancando in esso l'indicazione de.gli eiementi ritenuti dall'Ufficio accertante come qualificativi del valore venale dell'immobile venduto secondo i criteri stabiliti dagli artt. 16 e 20 del citato d. I. del 1936. Secondo la ricorrente l'indicazione specifica e dettagliata dei ;predetti elementi resa necessaria dal fine cui l'avviso di accertamento preordinato -che quello di porre il contribuente in grado di far valere le sue ragioni contro la pretesa della PubbUca Amministrazione -e la sua indispensabilit confermata dall'art. 37 del t. u. 29 gennaio 1958, n. 645, sulle imposte dirette, che sancisce la nullit non un abito formale dell'atto, ma un requisito che deve rispondere ad una concreta utilit. E' esattissimo, ed pacifico., che la motivazione deve servire a far conoscere al contribuente tutti gli elementi della pretesa tributaria e di metterlo nell condizione di poter efficacemente esercitare il suo diritto di difesa; 1'l che non significa, per, che il contribuente abbia il diritto di trovar ricapitolati nell'accertamento tutti gli elementi della controversia in modo da essere esonerato dalla consultazione degli atti (cosa che non si pretende nemmeno per gli atti d impugnazione del processo ordinario); ne consegue la legittimit della motivazione che, anche implicitamente, in relazione ai precedenti ed agli altri atti del procedimento. Per le imposte indirette la motivazione dell'avviso di accertamento si riduce al minimo, cio, oltre alle ovvie identificazioni delle parti, dell'atto tassato e del bene trasferito, alla dichiarazione del valor.e che l'Ufficio riU. ene . di attribuire in contrapposto a quello dichiarato; l'avvertimento al contribuente dei mezzi e dei termini per l'impugnazione un requisito formale dell'atto, ma non attiene alla motivazione. Se per le imposte indirette il minimo di motivazione richiesto assai pi modesto che per le imposte dirette, ci dovuto non ,solo alla diversit della norma ma sopratutto alla radicale diversit dell'oggetto dei due accertamenti. Per le imposte indirette l'accertamento riguarda .sempre la determinazione del valore di beni, chiaramente gi individuati; quando si dichiara questo valore si raggiunto lo scopo di far conoscere al contribuente gli elementi PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1155 dell'avviso di accertamento non analiticamente motivato; per cui, ove il citato art. 21 dovesse interpretarsi nel senso dell'esclusione della necessit della motivazione analitica dell'avviso di accertamento e dovesse, quindi, ritenersi che il contribuente ha in sede d'imposte indirette garanzie minori di quelle che la legge gli offre in sede di imposte dirette, sorgerebbe una questione d'illegittimit costituzionale del detto art. 21 che sarebbe in contrasto con l'art. 3 della Costituzione che garantisce l'eguaglianza dei cittadini davanti alla legge. Il motivo privo di fondamento e manifestamente infondata, oltre che irrilevante, la questione di legi~timit costituzionale con esso subordinatamente proposta. L'avviso con il quale si conchiude la procedura di accertamento tributario davanti a.gli organi dell'amministrazione attiva non ~come talvolta si ritenuto-una semplice proposta rivolta al contribuente per sollecitarne un'adesione o un'opposizione che dia luogo ad una valutazione imparziale delle commissioni tributarie, ma una manifestazione dell'attivit amministrativa d'imposizione tributaria (v. Cass. 12 dicembl'e 1971, n. 360). Come tale, ossia come atto autoritativo suscettibile, se non impugnato, di acquistare' efficacia definitiva nella sfera giuridica del destinatario, non pu essere privo di motivazione. , difatti, principio comunemente riconosciuto dalla giurisprudenza e dalla dottrina quello dell'obbligatoriet della motivazione per gli atti amministrativi che sacrifichino diritti o interessi legittimi od impongano limitazioni o prestazioni. Non , per, necessario, ove una particolare disposizione di legge non lo richieda, che la motivazione degli atti amministrativi, anche se obbligatoria, sia contestuale od esplicita. sufficiente il rinvio, anche implicito, agli atti preparatori o ad altri atti antecedenti purch tale rinvio basti ad assicurare il conseguimento dello scopo in vista del quale l'obbigo della motivazione imposto. In applicazione di tale criterio --:-pure essenziali della pretesa e di metterlo nella condizione di difendersi; non ovviamente necessario spiegare i motivi tecnici di stima in base ai qm:ili si formulato il giudizio sul valol'e che per sua natura inevitabilmente sintetico. La sola analisi che richiesta per l'avviso di accertamento , quando pi siano i beni, l'indicazione separata del valore di ognuno, ma ci soltanto se il contribuente abbia indicato prezzi o valori distinti (Cass. 4 ottobre 1971, n. 2719, in questa Rassegna, 1972, I, 88). La diversa esigenza di motivazione dell'avviso nelle imposte dirette, e in particolare in que1le personali, si spiega perch non esiste una pre determinazione delle fonti del reddito e l'accertamento ha per l'appunto lo scopo di individuare, analiticamente, gli elementi che producono il red dito da accertare che possono essere molteplici e di diversa natura. Ma questa esigenza di analisi non si pone quando, nelle imposte indirette, solo necessario individuare un valore che gi incomporato obiettiva mente in un bene determinato. La terza massima di evidente esattezza. 1156 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ,esso generalmente accettato -deve ritenersi che l'obbligo della motivazione dell'avviso di accertamento d'imposta, salvo 1che in casi particolari apposite norme richiedano un'esposizione contestuale ed analitica dei motivi, soddisfatto sempre che il contribuente sia posto in condizioni di ,conoscere la pretesa fiscale in tutti i suoi elementi essenziali, ai fini di un'efficace contestazione sull'an e sul quantum debeatur (v. in tal senso: Cass. 15 marzo 1969, n. 827); e che, per quanto specificamente riguarda l'avviso di accertamento di maggior valore agli effetti dell'imposta di registro, ad integrarne la motivazione siano sufficienti le indicazioni previste dall'art. 21 d. I. 7 agosto 1936, n. 1639 e relative all'ufficio imiPo, sitore, al soggetto obbligato a corrispondere l'imposta, all'atto sottoposto a tassazione, al bene, o ai singoli beni trasferiti con tale atto, al valore dichiarato ed a quello che l'Ufficio reputa, invece, che si debba attribuire .:a quei beni, o ad alcuni di essi, con l'avvertimento, espresso, che il contribuente potr ricorrere, entro trenta giorni dalla notificazione dell'avviso, alla Commissione Distrettuale delle imposte, e che decorso tale termine ..senza che egli abbia ricorso, decade dal diritto di contestare il valore notificatogli, e con il riferimento, implicito, agli elementi in possesso dei .quali l'ufficio ha reputato di dover determinare il maggior valore secondo i criteri valutativi dettati dagli artt. 16 .e 20 del citato decreto. La mancata esposizione dei detti elementi, e degli apprezzamenti che I'Amministrazione ha ritenuto di fondarvi, non comporta veruna menomazione delle possibilit di efficace contestazione da parte del contribuente, giacch le norme che regolano il procedimento davanti alla Commissione distrettuale -davanti alla quale, per l'appunto, la contestazione sull'an e sul quantum della pretesa fiscale deve essere fatta valere, gli danno il ,diritto di consultare, presso la segreteria della Commissione, il rapporto dell'ufficio e gli atti ad esso allegati e di depositare note e documenti, dopo averli consultati (art. 24 r. d. 8 luglio 1937, n. 1516). N pu, d'altra parte, fondatamente sostenersi che anche indipendentemente dall'esigen za di porre il contrihuente in grado di contrastare efficacemente la pre tesa dell'Amministrazione, un obbligo di motivare contestualmente ed analiticamente gli avvisi di accertamento, sia stato introdotto, in via generale, nell'ordinamento tributario dall'art I deUa legge 5 gennaio 1956, n. 1, ora trasfuso nell'art. 37 del t. u. 29 gennaio 1958, n. 645, sulle im,poste dirette, n, di conseguenza, che tali nuove norme abbiano modificato l'art. 21 del decreto del 1936 nel senso che analiticamente motivati debbano essere anche .gli avvisi di accertamento in materia d'imposte sui trasferimenti della ricchezza. L'obbligo della motivazione analitica non -' imposto dalle nuove norme in via generale neppure nel settore delle imposte dirette, ma imposto soltanto nella particolare ipotesi in cui il contribuente abbia, a sua volta, nella dichiarazione annuale dei redditi, analiticamente indicato gli elementi attivi e passivi dai quali risulti .l'ammontare dei medesimi. D'altra parte, trattandosi di una disposizione !;'ARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1157 particolare, dettata in considerazione di una situazione particolare -che pu non verificarsi neppure nell'ambito dell'imposizione diretta e che normalmente non si verifica \n quello delle imposte sui trasferimenti della ricchezza -non hanno ragione d'essere i rilievi della ricorrente 'Circa una pretesa disparit di trattamento legislativo fra i contrtbuenti assoggettati alle imposte dirette e quelli tenuti a corrispondere i tributi indiretti. Se sussistesse, la disparit si verificherebbe anche fra gli stessi obbligati al pagamento delle imposte dirette, a seconda che essi abbia no, oppure no, compilato la loro dichiarazione in maniera analitica; ma non sussiste. perch il principio costituzionale dell'eguaglianza dei cit tadini davanti alla legge non implica, anzi esclude, che situazioni diverse siano regolate da una normativa identica. Pertanto la questione di le gittimit costituzionale, sollevata, in subovdine, dalla ricorrente , sotto ogni profilo, manifestamente infondata. appena il caso di aggiungere che essa, e lo stesso assunto della ricorrente in ordine alla portata dell'art. 37, sono privi di rilevanza ai fini del decidere. Ove, difatti, della validit dell'avviso d'accertamento dovesse giudicarsi a norma del citato art. 27, la ricorrente, non avendola eccepita davanti alla Com missione distrettuale, non potrebbe pi far valere la nullit comminata dal primo capoverso di detto articolo. Con il secondo ed il terzo motivo la ricorrente lamenta che la Corte di merito nQn abbia prso in considerazione il suo assunto relativo ad una pretesa illegittimit dell'ingiunzione fiscale, illegittimit coo.seguente dalla nullit della decisione della Commissione distrettuale, sulla quale l'ingiunzione fondata. Secondo la ricorrente la detta decisione nulla sia perch carente di motivazione (2 motivo con il quale denunziata la violazione e falsa applicazione degli artt. 2, 3 e 16 e 31 d. L 14 aprile 1910, n. 639, in relazione all'art. III Cost. e in relazione agli artt. 16, 20, 29 d. 1. 7 agosto 1936, n. 1639, 42 d.1. 8 luglio 1937, n. 1516, 4, 5 e 61 legge 20 marzo 1865, n. 2248 all. E, ed denunziata l'omessa motivazione sul punto decisivo della controversia), sia perch pronunciata a contrad dittorio non integro, non essendo stato notificato, n ad essa ricorrente n all'acquirente Sommi, l'avviso di fissazione d'udienza (3 motivo con il quale si denunziano o:qiissione di motivazione su altro punto decisivo della controversia e violazione degli artt. 2,4 e 28 d. 1. 8 luglio 1937, n. 1516, 50 1. 5 gennaio 1956, n. 1 e 4,. 5, 6 1. 20 marzo 1865, n. 2248 ali. E). L'infondatezza dei due motivi resa evidente dalla considerazione che l'ufficio impositore non avrebbe potuto procedere a norma dell'art. 4 del d. I. 5 marzo 1942, n. 186, se la decisione della Commissione distrettuale fosse stata giuridicamente inesistente, e che, invece, i vizi della , detta decisione, indicati dalla ricorrente, ne avrebbero, se sussistenti, determinato non la giuridica inesistenza, ma la nullit. Come queste Sezioni Unite (v. sentenza 20 gennaio 1970, n. 111) hanno avuto modo 18 U58 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO di affermare, oltre quello espressamente previsto dall'art. 161, 2<> comma c. p. c., gli altri casi di giuridica inesistenza delle sentenze e, in genere, delle decisioni degli o:rgani giurisdizionali a quello. equiparati dall'elaborazione giurisprudenziale, debbono sempre ricondursi ad un tale difetto di requisiti essenziali da rendere l'atto inidoneo a produrre alcuno degli effetti giuridici che gli sono propri. Alla luce di codesto criterio chiaro che inesistente sarebbe una decisione della Commissione tributaria che fosse pronunziata nei confronti di un .soggetto immaginario, o che non contenesse la determinazione in concreto del valore imponibile, e che, invece, la mancata integrazione del contraddittorio (anche ammesso che a costituirlo sia necessario, oltre all'atto di opposizione del contribuente, anche l'avviso di fissazione d'udienza) e i difetti di motivazione costituiscono cause di nullit che si convertono in motivi di impugnazione. Ma l'impugnazione della decisione della Commissione distrettuale davanti alla Commissione provinciale non determina la sospensione dell'obbligo del contribuente al pagamento delle imposte, disponendo, al contrario, il citato art. 4 del decreto n. 186 del 1942 che egli obbligato al pagamento dell'imposta di registro, delle relative imposte ipotecarie e dei diritti accessori che risultano dovuti in base ai valori determinati con la decisione della Commissione distrettuale, anche quando tale decisione sia gravata di appello dal contribuente stesso o dall'Ufficio, salve, una volta divenuta definitiva la decisione di secondo grado, la restituzione o la riscossione deUe imposte o dei diritti che saranno per risultare pagati in pi o in meno. Pertanto non pu essere co~testato il diritto dell'Amministrazione finanziaria ad ingiungere il pagamento delle imposte e degli accessori in base alla decisione della Commissione ,di primo grado, ancorch questa .sia impugnabile ed effettivamente sia impugnata, per vizi procedurali o sostanziali, davanti alla Commissione di secondo grado. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 22 giugno 1972, n. 2042 -Pres. Rossano -Est. 'Boselli -P. M. Mililotti (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Tarin) c. Talarico. Imposta di registro -Lavoro autonomo -Prestazione di attivit lavorativa di persone diverse da quella che ha contratto l'obbligazione assimilabile all'appalto. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 55, tariffa A artt. 3.3 e 52, tabella D art. 47; 1. 19 lugli? 1941, n. 771 art. 1; e.e. art. 2222). n contratto di locazione d'opera, che in nessun caso pu essere ricondotto atla norma dell'arv. 47 tabella D deUa Legge di registro, soggetto alla disciplina deWart. 33 tariffa A, ma quando ha per oggetto la prestazione di attivit lavorativa di persone diverse da quella che ha contratto l'obbligazione considerato come appalto secondo quanto dispone l'art. 1 PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA '1159 della Legge 19 LugLio 1941, n. 771, ed soggetto a registrazione a termine fisso in conformit degli art. 55 deUa legge di registro e 52 della tariffa A (1). (Omissis). -Con i due motivi del ricorso -che per la loro connessione conviene trattare congiuntamente -lAmministrazione finanziaria denunzia violazione e falsa applicazione dell'art. 47 della tariffa all. D, alla Legge di Registro, dell'art. 55 di detta legge, dell'art. 1, quarto comma, della 1. 19 luglio 1941, n. 771 e dell'art. 52 della Tariffa all. A alla L. R. (in relazione all'art. 360 nn. 3 e 5 c. pc.). e censura la Corte di merito per avere erroneamente ritenuto che ~i contratti ~on i quali -come nella specie -taluno si impegna a compiere una opera od un servizio senza vincolo di subordinazione e valendosi della collaborazione di altre persone, sia applicabile -ai fini della imposta di registro ~ il trattamento che l'art. 47 della tariffa all. D alla Legge di Registro riserva ai contratti di lavoro subordinato, anzich (in forza dell'art. 1, quarto comma, della 1. n. 771 del 1941) quello previsto per gli appalti dall'art. 52 della tariffa all. A della legge predetta. La censura fondata. Pacifica essendo in causa la qualificazione attribuita dalla co.rte del merito al rapporto dedotto in giudizio come rapporto di locatio operis in senso stretto (art. 2222 c. c.), il quesito che si pone a questa Suprema Corte consiste nello stabilire se ad un rapporto del genere sia applicabile l'art. 47 della tariffa all. D oppure l'art. 52 della tariffa all. A alla legge organica di registro. La prima delle alternative ora accennate da escludere sul riflesso che l'art. 47 della Tariffa all. D esenta da registrazione, salvo il caso d'uso, i soli contratti di lavoro subordinato .e pi precisamente i contratti di Lavoro manuaie (il riferimento fatto invero agli operai) fra imprese e loro dipendenti. Per quanto concerne invece la locatio operis , sottoposta -in via generale -al regime di cui all'art. 33 della tariffa ali. A (tassa proporzionale per i contratti dipendenti da arti liberali o professioni o di servizi personali ed altre opere ), l'art. 1, quarto comma, della legge 19 luglio 1941 n. 771, ha introdotto un ulteriore criterio di discriminazione in seno alla categoria, avendo stabilito che il contratto d'opera assimilato all'appalto -agli effetti della imposta di registro -ed quindi soggetto al regime di. cui agli artt. 55 della Legge di Registro e 52 della tariffa ali. A alla legge medesima (registrazione in termine fisso) allorquando abbia ad ogetto la prestazione dell'attivit lavorativa di persone diverse da quella che ha contratto l'obbligazione, comunque sia determinato il corrispettivo. -(Omissis). (1) Massima esatta; non constano precedenti specifici. 1160 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 23 giugno 1972, n. 2091 -Pres. Giannattasio -Est. Longo -P. M. Gentile (conf) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Saltini) c. Kahil Inns. Imposta di re~istro -Imposta speciale sulle automobili nuove -Prima immatricolazione di automobili acquistate anteriormente all'estero -Si estende. (d.l. 23 febbraio 1964, n. 26; l. 12 aprile 1964, n. 190). Per effetto deUa legge di convers~one (12 aprile 1964, n. 190) del d. i. 23 febbraio 1964 n. 26, per automobili nuove, soggette alla speciale imposta, devono intendersi quelle che vengono iscritte per la prima volta a.l P.R.A. e quindi anche quelle acquistate all'estero anteriormente ma immatricolate in Italia successivamente all'entrata in vigore della norma istitutiva del tributo (1). (Omissis). -Nel denunciare la violazione d~gli art. 1 della legge 12 aprile 1964, n. 190 (di conversione del d. I. 23 febbraio 1964, n. 26) e 12 delle disposizioni sulla legge in generale, l'Amministrazione ricorrente sostiene che la Corte di merito avrebbe errato ravvisando il presupposto dell'imposta nell'acquisto di un'autovettura .nuova (da considerarsi tale, anche se usata, in quanto iscritta per la prima volta al P.R.A.) e negando quindi che il tributo fosse applicabile in caso di prima immatricolazione non -conseguente ad acquisto eif.ettuato nel vigore delle nuove disposizioni. I giudici di merito non avrebbero considerato che la portata della legge di conversione implicava appunto una presunzione iuris et de iure secondo cui la circostanza della prima iscrizione comportava, ai fini della tassabilit, la sussistenza del presupposto, dovendosene necessariamente inferire l'avvenuto acquisto dell'autovettura. II ricorso fondato. Per vero, la questione ch'esso propone si gi recentemente presentata all'esame di questa Suprema Corte, che l'ha decisa (con sent. n. 1753, dell'll giugno 19'71) nel senso che ai fini dell'applicazione dell'imposta speciale prevista dal d. I. 23 febbraio 1964, n. 26, come modificato con la legge di conversione 12 aprile 1964, n. 190 devono intendersi equiparate alle autovettilre nuove, come tali immatricolate, le altre che, pur essendo_ state acquistate all'estero anterio,rmente all'istituzione del . tributo, vengano tuttavia iscritte per la prima volta al pubblico registro automobilistico dopo l'entrata in vigore delle nuove disposizioni. _Siffatta equiparazione questo Supremo Collegio ha desunto dal rilievo ch, anche se il predetto decreto aveva istituito un'imposta speciale (1) Viene confermata, e pu dirsi che la questione sia cosi esaurita, l'esatta pronunzia 11 giugno 1971, n. 1753, in quesfa Rassegna, 1971, I, lrn4. r ':-: i:: Ili 1~~ PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1161 sugli acquisti, all'art. 1 del decreto stesso, con riguardo agli acquisti delle autovetture nuove, la legge di conversione ha aggiunto un comma in base al quale, agli effetti delle disposizioni in esame, per nuove s'intendono le autovetture che vengono iscritte per la prima volta nel pubblico registro automobilistico. Dall'orientamento espresso nella su richiamata decisione questa Suprema Corte non trova motivo .per disco.starsi nella presente controversia. bensi vero, come la stessa sentenza denunziata riconosce, che in base ad un confronto fra le disposizioni del -decreto-l'egge e quelle della legge di conversione qualche perplessit pu sorgere circa l'atto che la nuova imposta speciale intende colpire; e che al fine di un necessario chiarimento indispensabile il ricorso alla ratio legis. Ma 8,ppunto quest'ultima sembra convincere del'l'esattezza della soluzione opposta a quella adottata dalla pronunzia 1di merito. Come essa ha esattamente affermato, finalit della leg.ge (tenuto conto, fra l'altro, delle relazioni .parlamentari) era quella di attuare una limitazione degli acquisti di autovetture e imbarcazioni da diporto, nel quadro di una politica volta a contenere l'eccessivo sviluppo della spesa del Paese, evitando il consumo di alcuni prodotti considerati non di prima necessit. Proprio nell'ambito di tale finalit doveva indubbiamente essere compreso. anche l'intento di prevenire evasioni derivanti da fittizi acquisti anteriori, la cui finzione (con particolare riferimento al caso di vetture estere) non era facilmente individuabile in sede di immatricolazione, considerata la natura dei documenti che l'art. 6 del r. d. 29 luglio 1927, n. 1814 (richiamato dalle norme sulla nuova imposta) ritiene sufficienti per l'iscrizione al P.R.A. E il predetto intento doveva servire da guida al fine di risolvere le perplessit dianzi indicate, decidendo, in sede di interpretazione, se con l'aggiunta apportata dalla legge di conversione il legislatore, anche per le vetture non effettivamente nuove ma tali da presumere ex lege, avesse pur sempre voluto in ogni caso considerare l'acquisto come presupposto dell'imposizione ovvero, ponendo l'accento sulla prima immatricolazione, avesse adottato quest'ultima come atto determinante il sorgere del diritto di tributo. La scelta della seconda alternativa suffragata, oltre che dalle considerazioni innanzi svolte, and}.e dal riltevo che per l'art. 2, cosi del decreto come della legge di conversione, l'imposta si corrisponde all'atto della registrazione dei documenti da produrre (in forza del ricordato r. d. n. 1814 del 1927) al P.R.A. per la prima iscrizione, documenti fra i quali ;non necessariamente compreso l'atto di acquisto. N infine pu attribuirsi rilevanza -nell'ambito della questione sottoposta a questo Supremo Collegio -alla deduzione della resistente, riguardante la circostanza che la richiesta di nazionalizzazione del veicolo 1162 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO era stata registrata prima dell'entrata in vigore della legge di conversione, anche se dopo il decreto-legge. La deduzione si rivela inconferente ai fini della decisione sul tema di controversia, giacch la legge di conversione espressamente ha sancito (art. 2) che le modificazioni da essa apportate al decreto (fra le quali rientra appunto quella interessante il caso di specie) hanno efficacia dalla data di entrata in vigore del decretolegge mede.simo. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 26 luglio 1972, n. 2561 -Pres. Giannattasio -Est. Della Valle -P. M. Cutrupia (conf.) -Soc. SACAIE (avv. Paleani) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Avella). Imposta di registro -Decreto ingiuntivo -Percezione dell'imposta graduale quando diviene esecutivo -Omissione -Atto non registrato -Prescrizione ventennale. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, artt. 137 e 138; d.l. 7 agosto 1936, n. 1531. art. 32). Nella tassazione del decreto ingiuntivo (soggetto alla tassa fissa immediata e alla tassa graduale dopo essere diventato esecutivo) le due imposte costituisco11,o due diversi tributi autonomi e1 tra loro distinti, corrispondenti ai diversi contenuti e ai diversi effetti riferibili nei due momenti allo stesso atto. Ne consegue che il decreto ingiuntivo divenuto esecutivo per il quale fu p.ercetta all'origine la sola tassa fissa, da considerare come un atto non registrato agli effetti della prescrizione e quindi ad esso applicabile il termine ventennale dell'art. 138 (1). (Omissis). -Con l'unico mezzo dedotto la ricorrente S.A.C.A.I.E., denunciando la violazione e falsa applicazione degli artt. 136, 137 e 138 del r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, in relazione all'art. 360 .nn. 3 e 5 c. p. c., si duole Che la Corte di merito, pure avendo esattamente rilevato che ai fini della determinaizone del termine di prescrizione (triennale o (1) Dec1sione esattissima. Non solo agli effetti della prescrizione, ma a tutti gli altri effetti, la registrazione a tassa fissa non pu riguardare altro che il decreto nella prima fase; il decreto divenuto esecutivo che non ha scontato l'imposta graduale si trova nella stessa condizione di quello mai registrato nemmeno con l'imposta fissa. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1163 ventennale) dell'azione dell'Amministrazione dello Stato per la riscossione dell'imposta di registro occorre distinguere tra atto presentato ed atto non presentato alla registrazione, e pure avendo dato atto che il decreto ingiuntivo di cui trattasi era a suo tempo pervenuto regolarmente all'uffkio del Registro Atti giudiziari che aveva riscosso la dovuta tassa fis:sa in L. 1.71-;l:, abbia poi ritenuto tuttavia che, un volta divenuto esecutivo per mancanza di opposizione, il decreto stesso dovesse esser considerato come non registrato e quindi non compreso tra gli atti contemplati nell'art. 138 L.R. per avere omesso essa societ ricorrente di notificare all'ufficio finanziario che il decreto non era stato da lei opposto. In particolare la ricorrente, sul rilievo che la legge non fa alcun obbligo alla parte di procedere a tale notifica e che, pertanto, l'atto, cos come si presentava , .si sarebbe dovuto considerare come gi registrato (intendendosi per tale l'atto che, :perve:nuto al competente ufficio, sia stato da questo annotato nei suoi registri con l'indicazione. del numero, del volume e della serie, e con la liquidazione dell'impor:to della seconda tassa , nella specie riportata anche sul retro dell'originale del decreto), sostiene che, trattandosi di atto rispetto al quale il pagamento della tassa graduale era sottoposto all'avveramento di una condizione sospens1iva (e cio all'esecutoriet del decreto per mancata o non proseguita opposizione), avrebbe dovuto la Corte di merito dichiarare a1ppUcabile la prescrizione triennale di .cui all'art. 137 L.R., e, dato atto del verificatosi decorso del triennio non solo dal giorno in cui il decreto era divenuto esecutivo per mancata opposizione (9 marzo 1958) ma anche da quello in cui l'Ufficio del Registro aveva invitato essa ricorrente, con la raccomandata prodotta in.c'ausa, a pagare detta tassa, dichiarare di conseguenza prescritto il diritto della Finanza ed illegittima perci l'ingiunzione con cui tale ,diritto era stato fatto valere. La doglianza non fondata. Per una pi agevole soluzione del problema giova prendere le mosse dal testo letterale di quell'art. 28 del d. 1. 7 agosto 1936, n. 1531, che costituisce tuttora la disciplina tributaria del procedimento monitorio. Dopo aver stabilito che i decreti d'ingiunzione emessi dal Pretore o dal Presidente del Collegio a sensi del d. 1. 7 agosto 1936, n. 1531 sono soggetti ad imposta fissa, detto articolo prosegue avvertendo che Ǐ per dovuta l'imposta graduale contemplata dall'art. 114 della tariffa all. A sui decreti immediatamente esecutivi, ai sensi d~l detto decreto legge, ovvero non impugnabili, giusta l'ipotesi prevista dal secondo comma dell'art. 22 del medesimo decreto ; che la medesima imposta pure dovuta sui decreti d'ingiunzione assoggettati ad imposta fissa, ed indipendentemente da questa, quando dei decreti 1stessi sia ordinata dall'autorit giudiziaria l'esecutoriet, anche provvisoria; che in tal caso 1164 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO il decreto deve essere dal concelliere trasmesso all'ufficio del Registro per il pagamento dell'imposta graduale suddetta, la quale dovuta entro il termtne di venti giorni dalla data dell'ordine di esecutoriet ; che qualora contro. il decreto notificato non sia stata fatta opposizione entro il termine stabilito, il decreto stesso, entro venti giorni dalla scadenza del detto termine, soggetto all'imposta sopraindicata, a cura e a carico delle parti, mediante esibizione di una copia in carta semplice all'ufficio: del Registro. Detta imposta sar riscossa con rilascio di bolletta di cui sar fatta annotazione a piedi del decreto or:Lginale ; e infine che del pari, nel caso che sia fatta opposizione, qualora la causa non sia stata iscritta a ruolo, o l'opponente non compaia all'udienza fissata, il decreto stesso soggetto all'imposta graduale soprarichiamata, nel termine di venti giorni da quello della mancata comparizione, a cura ed a carico delle parti con le modalit stabilite nel comma precedente. Nel sistema della legge, quale risulta dall'insieme delle disposizioni surriportate, il decreto ingiuntivo viene -come si vede -diversamente disciplinato sotto il pr-Olfi.lo fiscale a sec0il1da che lo si ptrenda in consiil.erazione nella sua fase iniziale, come semplice atto di intimazione non ancora esecutivo, o nella sua fase successiva, come pronuncia avente vafore di vera e propria 1sentenza, e perci munito, come tale, dell'autorit del giudicato, o comunque come titolo esecutivo. Considerato nella sua prima fa.se, esso viene asf:oggettato a registrazione con pagamento della sola imposta fissa, in quanto non si sa ancora, a quel momento, se ed in qual modo reagir il debitore all'intimazione con esso fattagli; mentre, considerato nella successiva fase, quando, cio, in forza della provvisoria esecutoriet di cui stato eventualmente munito, o della definitiva esecutoriet conseguente al passaggio in giudicato, costituisce per il creditore titolo idoneo ad aggredire il patrimonio del debitore, esso, in quanto parificato sostanzialmente, se non formalmente, ad un'ordinaria sentenza esecutiva, viene assoggettato all'imposta graduale (proporzionalmente commisurata, cio, all'ammontare del credito riconosciuto nell'ingiunzione), come al tipo d'imposta che risulta ad esso applicabile in considerazione del suo contenuto e delle sue caratteristiche sostanziali. Le due imposte -quella fissa e quella graduale -non costi tuiscon.o quindi ~come talvolta stato, viceversa, affermato, in dottrina) i due successivi momenti di un'unica tassazione applicata in via progres siva ad un medesimo atto giudiziario, ma sono due diversi tributi, auto nomi e distinti tra loro, ciascuno corrispondente alla diversa fisionomia che l'atto, nonostante la sua unicit ontologica formale e documentale, viene di fatto ad assumere nell'una fase rispetto all'altra in via del diverso suo contenuto e dei diversi effetti spiegati nei confronti del de bitore, e sul di lui patrimonio. ' PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1165 L'applicazione dell'imposta fissa serve, cio, soltanto a stabilire un rapporto di collegamento tra il provvedimento giurisdizionale ed il sistema tributario, lasciando peraltro integro ed impregiudicato il potere- dovere del Fisco di accertare pi a fondo, in prosieguo di tempo, in quella che si detto essere la seconqa fase, il contenuto sostanziale ed effettuale del provvedimento stesso onde applicare l'imposta in funzione (d'onde la gradualit) di tale contenuto e degli effetti che ne possono derivare. E che l'assoggettamento all'imposta fissa non abbia altro scopo ed altro significato, e non esaurisca, in particolare, l'adempimento della formalit della registrazione agli effetti di cui all'art. 137 sopracitato, risulta, del resto, evidente da ci, che, nonostante l'obbligo gi imposto al cancelliere di trasmettere, all'origine, all'Ufficio del Registro una (prima) copia del decreto, la legge, al fine di mettere il Fisco in condizione di avere tempeistiva conoscenza dei nuovi e diversi effetti che a seguito delle successive vicende processuali (mancata opposizione, con conseguente acquisto del carattere di definitivit) il provvedimento destinato a spiegare, e di procedere di conseguenza alla prescritta applicazione dell'imposta graduale, fa obbligo alla parte interessata (analogamente a quanto dispone, di regola, a carico del contribuente generico che abbia a sue mani un atto da registrare in termine fisso) di esibire a detto ufficio una (seconda) copia del decreto con l'annotazione della mancata opposizione. Senza, dire, poi, che un'ulteriore riprova della esattezza di quanto sopra rilevato circa la giuridica impossibilit di considerare come registrato , agli effetti del termine prescrizionale, il decreto ingiuntivo per il solo fatto di essere stata per esso a1ssolta la prevista imposta fissa data, sia pure in forma indiretta, dalla norma che sancisce la non detraibilit dell'ammontare di tale imposta dalla maggior somma dovuta a titolo di imposta graduale. Quanto sopra detto porta a ritenere che a partire dal giorno di scadenza del termine fissato per l'opposizione il decreto non opposto deve essere considerato come un atto non registrato in precedenza, e perci da registrare in via principale, e che, conseguentemente (a parte che in ogni caso il termine prescrizionale dovrebbe decorrere, ancorch fosse applicabile la prescrizione triennale, non dalla data della registrazione ad imposta fissa ma da quella dell'adempimento delle formalit stabilite tassativamente dal citato art. 28 del d. 1. n. 1531 del 1936, e perci non suscettibili di sostituzione con equipollenti), la prescrizione per il pagamento dell'imposta graduale e delle relative penalit quella ventennale di Cui all'art. 138 e non quella triennale di cui all'art. 137 1. r. ~ (Omissis). 1166 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 27 luglio 1972, n. 2566 -Pres. Rossano -Est. Arienzo -P. M. Mililotti (conf.). -SIAE (avv. Sorrentino) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Soprano). Imposta di ricchezza mobile -Presupposto del tributo -Provvi~ioni a favore della S.I.A.E. sui proventi riscossi -Costituiscono reddito tassabile. Imposta di ricchezza mobile -Spese pluriennali -Detraibilit in pi esercizi -Accantonamento di somme per costituire un fondo pensioni -Ripartizione dell'accantonai;nento in pi esercizi -Detrazione della spesa nello stesso numero di esercizi. Presupposto dell'imposta di ricchezza mobile la percezione di un reddito mobiliare netto da parte di qualunque soggetto, anche se realizzato da enti pubblici con un'attivit non avente scopo di lucro, semprnch non vi sia per determinazione legislativa coincidenza necessaria tra il provento di una data attivit e la spesa occorrente al suo esercizio. Conseguentemente colpito dall'imposta di ricchezza mobile il reddito realizzato dalla SIAE con le provvigioni percentuali sulle somme riscosse ver conto degli iscritti (1). Gli accantonamenti necessari per costituire una riserva matematica del fondo pensioni non costituiscono spesa incidente nell'esercizio in cui la costituzione della riserva delibrata, ma gravano sugli esercizi nei quali viene ripartito l'effettivo vers-amento, con il solo limite massimo che l'ammontare sia adeguato alla situazione giuridica dei dipendenti in ciascun periodo (2). (Omissis). -Con l'unico motivo del ri~orso incidentale, il cui esame pregiudiziale in quanto, tendendo a negare la tassabilit degli avanzi di gestione comporterebbe l'assorbimento della questione relativa alla tassabilit delle somme accantonate per la riserva matematica del fondo (1-2) La prima massima riconf.erma un princ1p10 generale esatto e pacifico, che poi applica al reddito conseguito dalla S.I.A.E. attraverso la percezione di provvigioni percentuali sulle somme riscosse per conto degli associati. Degna di nota l'affermazione che la norma dell'art. 62 del Regolamento 11 luglio 1907, n. 560 non stata riprodotta nel t.u. del 1958 per la sua superfluit e che in conseguenza anche i contributi associativi (del che non si discuteva) darebbero luogo a reddito tassabile in mancanza di una norma di esenzione. 1'l principio di cui alla seconda massima era gi stato affermato con la .sentenza 30 novembre 1968, n. 3859 (ivi, 1968, I, 1091). PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1167 pensione, la ricorrente deduce la violazione degli artt. 3, 4, 7, 13 bis, 42 e 43 dello Statuto della S.I.A.E., 2697 c. c. e 360 nn. 3 e 5 c. p. c. e, premesso che la S.I.A.E. ha carattere associativo e che i contributi versati dai soci costituiscono il mezzo per il raggiungimento dei fini dell'ente, sostiene la iI.tassabilit, ai sensi dell'art. 62 Regolamento 11 luglio 1907, n. 560, dei residui attivi non potendo essere considerato corrispettivo o provvigione la spesa sostenuta dai soci per la produzione del proprio redito tassato a lor :carico, tanto pi che gli avanzi di gestione non erano stati investiti in atti speculativi. La doglianza infondata. La sentenza impugnata ha respinto la tesi della S.I.A.E., riprodotta col presente ricorso, ritenendo che le somme percentuali incamerate dalla ricorrente sui proventi riscossi per conto degli iscritti non hanno natura di contribuzioni, nel senso previsto dal citato art. 62, perch esse hanno carattere di vere e proprie provvigioni in quanto rappresentano il corrispettivo di prestazioni rese ai soci. Tali conclusioni sono ineccepibili perch alla stregua delle norme che disciplinano l'imposta di R. M., il presupposto per l'assoggettabilit di un reddito al tributo mobiliare la produzione del reddito stesso da parte di qualunque soggetto passivo di imposta, anche di un ente che, pur non avendo scopo di lucro, consegua utili da operazioni rivolte a produrre reddito. Invero, il r. d. 24 agosto 1877, n. 4021 non definiva il reddito di R. M. ma esaminava i fatti giuridici ed economici attraverso i quali poteva determinarsi se vi fosse o meno reddito assoggettabile ad imposta, comprendendo nella nozione di reddito, 'fra l'altro, i redditi procedenti da industrie, commerci, impieghi o professioni esercitate nello Stato (art. 3 lett. d) e facendo salva, in ossequio al c. d. principio della :redditualit, l'applicazione dell'imposta su ogni specie di reddito non fondiario che si produca nello Stato o che sia dovuto da persone domiciliate o residenti nello stato (lett. f). Nel precisare il principio cos enunciato, il successivo art. 8 comprendeva nell'ambito dei redditi tassabili non solamente i redditi certi ed in somma definita, ma anche quelli variabili ed eventuali derivanti dall'esercizio di qualsiasi professione, industria ed occupazione manufatturiera o mercantile, materiale -0d intellettuale. Ai fini della sussistenza di un reddito tassabile non era posto, quindi, un riferimento limitativo alle attivit commerciali o industriali aventi finalit speculativa, come evidenziato dall'art. 3 1. 8 giugno 1936, n. 1231, che considerava redditi anclfe quelli occasionali comunque prodotti, ed, ora, dal primo comma dell'art. 81 t. u. 1958, n. 645 per il quale presupposto dell'imposta (di R. M.) la produzione di un reddito netto, in danaro o in natura, continuativo od occasionale, derivante da capitale o da lavoro o dal concorso di capitale e lavoro, ..ovvero derivante da qualsiasi altra fonte e non assoggettabile ad alcuna 1168 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO delle imposte previste nei titoli secondo, terzo e quarto (imposta suf terreni, sui redditi agrari e 'Sui fabbricati). Il reddito mobiliare tassabile sussiste, cio, per il fatto obiettivo dell'incremento di valore concretl;/-mente determinabile in danaro che si verifichi nel patrimonio di una persona o di un ente, nel periodo stabilito dalla legge, in dipendenza del capitale o dell'attivit umana, che ne costituiscono i presu:i;>posti. Infatti, il 2 comma dell'art. 81 t. u. 1958, n. 645 richiede l'esistenza dell'intento speculativo soltanto nel caso della realiz. zazione di plusvalenze da parte di chiunque, con implicito riferimento a tutti i soggetti non organizzati per l'esercizio di una determinata attivit. Pertanto, i presupposti per la tassabilit del reddito mobiliare sono la nuova ricchezza e la sua derivazione da una fonte produttiva. In armonia con le disposizioni legislative pacifico in giurisprudenz che assoggettabile all'imposizione di R. M. ogni reddito mobiliare netto, inteso come l'incremento verificatosi nel patrimonio di una persona in conseguenza di un introito depurato dalle spese di produzione, e che l'appli cazione dell'imposta esclusa quando, per determinazione legislativa, vi sia coincidenza necessaria tra il provento di una data attivit e le spese occorrenti al suo esercizio. Alla stregua di questo principio deve essere esaminato il secondo comma dell'art. 62 Reg. 11 luglio 1907 n. 560, n_on pi riprodotto nel l'attuale testo unicp per la sua superfluit. La citata norma escludeva dalla imposizione le societ costituite senza scopo industriale, le cui fonti di sostentamento sono unicamente le contribuzioni dei soci, che si limitano ad erogare tali contribuzioni in opere o atti filantropici, scientifici, letterari o di mero consumo o diletto e, in generale, in opera zioni non produttive di reddito, riaffermandone, al tempo stesso, l'assOg gettabilit ad imposta qualora posseggano o producano redditi deri vanti sia, da capitale contrtbuito, sia da qualunque altra origine in qua lunque forma o con qualunque destinazione y,., In tale ampia formula rientrano anche i redditi aventi la loro origine in una norma di legge pur se non destinati ad incremento del patrimonio o ai fini speculativi. Ci posto, non pu revocarsi in dubbio la tassabilit delle somme percentuali incamerate dalla S.I.A.E. sui provventi riscossi per conto degli iscritti. Tali somme sono dovute alla S.I.A.E. per l'attivit che svolge per la tutela delle opere dell'ingegno e dei redditi connessi nel l'interesse dei soci e degli isc?tti (art. 4 dello Statuto), i quali sono tenuti a corrispondexe, oltre le quote annue di associazione, anche, me diante trattenute, provvigioni sulle somme riscosse dalla Societ nel l'espletamento dei suddetti compiti (art. 12 dello Statuto). I proventi dalla S.I.A.E. sono costituiti, quindi, dai contributi dovuti dai soci, enti o singoli, dalle rendite da qualunque somma spettantele per la propria attivit, e dalle provvigiQni sui servizi (art. 55 dello Sta ;.. Jjlj llli I'@ PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA JJ69 tuto). Orbene, contrariamente all'assunto della ricorrente, come reso palese anche dalla terminologia delle 1citate norme dello Statuto della :S.I.A.E. e dalla natura stessa di corrispettivo per un servizio reso ai .soci, le percentuali riscosse dalla Societ non possono considerarsi .quote associative o volontarie elargizioni dei soci, che, peraltro, in mancanza
  • prodotto) usata nell'art. 3 della legge fondamentale 24 agosto 1877, n. 4021 la nuova espressione produzione di reddito, l'art. 81 del t.u.i.d. 29 gennaio 1958, n. 645, lungi dall'eliminare ogni e qualsiasi riferimento al redidto prodotto, ha inteso soltanto _,_ come risulta dai favori preparatori e come stato osservato dalla pi recente dottrina -subiettivare, per cos dire, il momento della produzione del reddito, estendendo poi il concetto di reddito imponibile a taluni incrementi patrimoniali dovuti alla presenza di fatti tassativamente indicati (le cosiddette plusyalenze , ritenute assoggettabili all'imposizione tributaria in vista dell'intento speculativo da cui mosso il soggetto che le realizza); quanto al secondo, che il fatto di trovare la '1oro fonte genetica in un regolamento convenzionale intervenuto inter alios -(lo Stato e la societ Terme di Chianciano) -per disciplinare i loro reciproci rapporti non per s sufficiente a fare ritenere assimilabili le entrate di cui trattasi ad una rendita temporanea costituita da due soggetti a favore di un terzo in vista del loro interesse a che quest'ultimo .compia determinate attivit; e quanto al terzo, infine, che se vero che l'imposizione diretta colpisce in sostanza, l'aumento della capacit contributiva derivato dagli incrementi patrimoniali verificatisi PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1179 nell'economia di un determinato soggetto non tuttavia meno vero che la imposta di R.M. ha pur sempre come suo presupposto imprescindibile la esigenza di definire il reddito formante oggetto del tributo attraverso la identificazione e l'accertamento di quei particolari fatti e situazioni che ne rendono legittima l'applicazione; non infatti seriamente sostenibile che le somme erogate dalla societ Terme al Comune di Chianciano debbano essere ricondotte, nonostante la singolarit degli elementi genetici e funzionali che le caratterizzano, nell'ambito di quei proventi diversi che i Comuni e le Provincie percepiscono in taluni casi come corrispettivo di uri prestazione data al privato o, comunque, pi genericamente, di un'attivit economica svolta. Gi altre volte questa Suprema Corte ha avuto occasione di pronunciarsi sulla natura giuridica dei versamenti che i concessionari di determinate attivit imprenditoriali sono tenuti ad effettuare sotto le forme pi varie (contributo fisso annuo, canone mensile, compartecipazione sugli utili, ecc.) ai Comuni in ottemperanza all'obbligo' fattogliene dallo Stato nel decreto di concessione. In allora si trattato, per vero, di stabilire quale trattamento fiscale dovesse essere fatto ai versamenti periodici effettuati al Comune di Sanremo dalla Societ concessionaria dell'esercizio della locale casa da gioco; m la sostanziale analogia con la fattispecie formante oggetto del presente giudizio rende utile richiamare le argomentazioni addotte da questa Suprema Corte a sostegno delle pronunce emesse. Dopo avere, in una lontana sentenza del 1936, dichiarato che, agli effetti della registrazione dell'atto di concessione, il canone dovuto al Comune dalla societ concessionaria dell'esercizio della casa da gioco, ha, nel suo intrinseco, natura tributaria in quanto si ricollega ad un servizio assunto in regime chiaramente monopolistico (Cass. 7 febbraio 1936, n. 46.2), e dopo avere, in una successiva sentenza del 1953, ribadito la validit di tale affermazione, negando peraltro che carattere tributario potesse essere invece riconosciuto ai proventi percepiti dal Comune dall'esercizio diretto del gioco (Cass. 17 ottobre 1953, n. 3419), questa Suprema Corte, riprendendo recentemente in esame -con sentenza 11 giugno 1971, n. 1745 -il problema sotto H profilo dell'applicabilit della imposta di R.M. a detto canone, andata in diverso avviso, rilevando che a porre in dubbio la gi ritenuta natura tributaria sta la mancanza di una legge .che, in applicazione dell'art. 23 della Costituzione, preveda un siffatto tributo, non potendosi ritenere tale n il r.d.m. 22 dicembre 192'7, n. 2448, col quale fu esplicitamente data facolt al ministro per l'interno di autorizzare, in termini volutamente generici, il Comune di Sanremo ad addottare i provvedimenti necessari all'assestamento del proprio bilancio, anche in deroga alle leggi vigenti, senza accennare minimamente all'esercizio del gioco d'azzavdo, n i llSO RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO successivi decreti ministeriali 4 gennaio . 1928 e 9 gennaio 1932, nei quali, oltre alla autorizzazione all'esercizio del gioco d'azzardo nel Casin Municipale, null'altro si rinviene che possa fare fondatamente pensare che in effetti con essi -(aventi peraltro natura di atti amministrativi o, tutto al pi, di regolamenti delegati) -si sfa voluto istituire un tributo in senso proprio e se ne sia voluto anche dettare la disciplina. Ha ancora aggiunto questa Corte che la convenzione relativa al co;ntratto intervenuto tra il Comune e la societ concessionaria, pure traendo la sua ragion d'essere da provvedimenti governativi e legislativi, non tuttavia essa stessa una legge; che a nulla rileva che nel contratto si parli di tassa di concessione, non potendosi ovviamente equiparare la vofont dei paciscenti a quella del legislatore, stante soprattutto l'innegabile singolarit, in materia tributaria, di una pattuizione che pone a carico del concessionario l'obbligo di corrisp>. Nella giurisprudenza della .Suprema Corte si nota, invece, una progressiva rielaborazione dei precedenti orientamenti. Invero, mentre con sentenza 29 marzo 1943, n. 719 era stata affermata l'inderogabilit dell'onere di iscrizione di tempestiva riserva per le domande aventi ad oggetto fatti ,continuativi, con sentenza 28 ottobre 1965, n. 2290 si ritenne che le richieste dell'appaltatore di rivalsa dell'IGE e dell'imposta di registro non andavano iscritte come riserve, in quanto estranee alla finalit del registro di contabilit, preordinato a dimostrare cronologicamente l'opera nel suo iter esecutivo. E, nonostante alcuni rilievi da parte dlla dottrina, la Suprema Corte continu ed affermare, con la sentenza 29 dicembre 1969, n. 2035, che non sussiste l'onere della riserva per richieste di danni (interessi moratori) dipendenti da ritardi ingiustificati dell'Amministrazione e, con sentenze 4 dicembre 1967, numero 2869 e 30 giugno 1969, n. 2393, che l'onere della riserva per i fatti comportanti una maggiorazione del compenso si pone non al loro inizio, ma solo allol'ch, essendosi esauriti, l'appaltatore dispone di tutti gli elementi necessari per indicare l'importo del compenso richiesto. PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1227 Con pi recente pronuncia, del 29 dicembre 1969, n. 4046, la Su,prema Corte ha modificato in parte il precedente indirizzo, ponendo in rilievo che l'onere di denuncia di fatti o situazioni che causino aumento di .spesa nell'esecuzione delle opere generale e nessuna ragione di compenso pretermessa nella contabilit pu ritenervisi sottratta. Infine, con sentenza 13 maggio 1971, n. 1384, la stessa Corte di Cassazione sembra esser ritornata ai principi affermati con le sentenze precedenti, avendo stabilito che negli atti contabili... debbono essere inserite obbligatoriamente soltanto le annotazioni e le riserve riguardanti i fatti che attengono direttamente e strettamente all'esecuzione dell'opera, quali le partite di lavoro eseguite e le somministrazioni fatte dall'appaltatore, non pure quelle che abbiano altro oggetto del tutto estraneo allo scopo di documentare cronologicamente l'iter dell'opera e di consentire opportuni e tempestivi interventi alla P. A., al fine di assicurare la prova delle sue ragioni per contestare le pretese della controparte in relazione all'esecuzione del!'opera . Cos brevemente riassunto lo stato della giurisprudenza, sembra al Collegio che la soluzione del quesito di cui sub a), almeno in relazione ai limiti del presente giudizio, n_on presenti particolari difficolt. Invero, anche a non tener conto del contrasto tra le due ultime pronunce della Corte di Cassazione, quella n. 4046 del 1969 e quella n. 1384 del 1971, ed a voler aderire all'opinione meno rigorosa di quest'ultima, che si limita a ritenere soggetti all'onere della tempestiva riserva solo i fatti che attengono direttamente all'esecuzione dell'opera, quali le partite di lavoro eseguite e le somministrazioni fatte dall'ap- paltatore, non sembra potersi dubitare che gran parte delle riserve oggetto del presente giudizio, riguardando proprio partite di lavoro eseguite e somministr:azioni fatte, siano da considerare soggette all'onere della riserva. Resta da risolvere il quesito di cui sub b), quello cio attinente al termine entro~il quale le riserve debbono essere iscritte. Ad avviso del Collegio, restando nel solco degli indirizzi giuri sprudenziali in precedenza richiamati, pu ritenersi, in linea generale, che l'onere della riserva scatti, e l'appaltatore sia quindi tenuto ad iscriverla nei documenti contabili, nel momento in cui la partita di lavoro, in ordine alla quale egli ritiene di aver diritto ad un maggior compenso, sia stata allibrata. - da escludersi invece che un simile onere non sussista, come pre tenderebbe il Fallimento, per quei fatti accertabili in ogni tempo. Tale principio non affatto desumibile dalla sentenza della Cassazione n. 1384 del 1971, che ribadisce anzi l'obbligo della riserva per tutti i fatti che attengono direttamente e strettamente all'esecuzione dell'opera, siano essi o meno accertabili in ogni tempo e che proprio in 1228 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO relazione a tale enunciazione di principio ha escluso l'obbligo di denunciare, mediante apposita riserva, il comportamente doloso o colposo tenuto da organi della P.A. nell'eseguire adempimenti amministrativi, quando non incida direttamente nell'esecuzione dell'opera. Peraltro, per quanto riguarda i lavori soggetti alle Condizioni generali di cui al r.d. 17 marzo 1932, n. 366, la questione sembra trovare testuale soluzione nell'art. 50, che, prescrivendo che le riserve o domande dell'Impresa iscrit~e nei documenti contabili saranno preliminarmente esaminate in via amministrativa.... anche quando gli elementi delle questioni che involgono possano essere accertate successivamente ed anche dopo la ultimazione dei lavori, lascia chiaramente intendere che anche per i fatti accertabili in ogni tempo sussiste l'onere della riserva (v., in senso conforme, L. Arbitrale 8 luglio 1970, i:l. 74, in Rass. Avv. Stato, 1970, I, 1179, sub. 6). N necessario al Collegio stabilire se ed entro quale termine scatti l'onere dell'iscrizione della riserva per i fatti cosiddetti continuativi, che, si noti, concettualmente differiscono dai fatti accertabili in ogni tempo, potendo constare questi di un solo fatto verificatosi istantaneamente, ma tuttavia sempre a~certabile e dovendosi ravvisare invece i fatti continuativi in quegli eventi causativi di maggiori spese per l'Impresa, che o si protraggono per una parte o per tutta la durata dei lavori, o manifestano la loro esatta incidenza di spesa e possono quindi essere quantificati, avendo esaurito i loro effetti, solo a distanza di tempo dal mom~mto in cui sono avvenuti e talvolta unicamente alla fine dell'opera. Un simile accertamento, ripetesi, non necessario, posto che, come appresso si avr agio di dire in sede di esame dei singoli quesiti e quindi delle relative riserve, non v' alcuna di queste che riguardi fatti continuativi secondo la nozione dianzi datane. -(Omissis). SEZIONE SETTIMA GIURISPRUDENZA PENALE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 11 novembre 1971, n. 2690 -Pres. Straniero -Rel. Neri -P. M. (conf.) -Rie. Andracchio. Sequestro -Sequestro penale -Finalit. (Cod. pen., artt. 189, 240; cod. proc-. pen. art. 337). Edilizia -Costruzione edilizia -Licenza di costruzione -Edificio ille gittimamente costruito -Sequestro -Ammissibilit. (Cod. pen. art. 189; cod. proc. pen., art. 337; I. 17 agosto 1942, n. 1150, art. 31). Il sequestro penale ha finalit pi ampie di quelle meramente probatorie, atteso che nel sist.ema della legge l'istituto preordinato anche a consentire l'eventuale ptrovvedimento di confisca ex art. 240 cod. pen. oltre che alla conversione nelle misure cautelari a garanzia dei crediti di cui all'art. ).89 cod. pen. (1).. ammissibile il sequestro penale di edificio illegittimamente costruito, senza licenza o in difformit da questa, al fine di assicurare le prove dell'illecito attraverso la indisponibilit detle cose suite quali il reato si concretato (2). Il Pretore con la citata ordinanza ha respinto l'istanza di revoca del sequestro e avver,so la medesima Ol'dinanza la Andracchio ha proposto ricorso per cassazione deducendo: 1) Erronea interpretazione della legge penale; 2) Esercizio da parte del giudice ordinario di una potest riservata dalla legge ad organi amministrativi. Il ricorso infondato sia sotto l'uno eh~ l'altro dei profili di diritto. Invero, come si osservato dal P.G. nella sua requisitoria, il sequestro penale ha finalit pi ampie di quelle meramente probatorie, atteso che nel sistema della legge l'istituto preordinato anche a consentire lo eventuale provvedimento di confisca ex art. 240 c.p. oltre che alla con (1-2) La decisione della Suorema Corte ineccepibile, sia per quanto concerne la prima massima (l'interpretazione restrittiva che del sequestro penale era 1stata prospettata dalla difesa infatti contrastata dalla pi corretta inte11pretazione dottrinaria e giudsprudenziale), sia per quanto concerne la seconda. La difesa aveva infatti sostenuto una violazione dei principi contenuti nell'art. 4 della legge abolitiva del contenzioso amministrativo, perch il pretore di Roma, avendo sottoposto a ,sequestro penale un immobile abusivamente costruito nella zona vincolata dell'Appia Antica, avrebbe in tal modo ritardato l'esecuzione dell'eventuale atto amministrativo spet tante al Sindaco. -r~ 1230 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO versione nelle misure cautelari a garanzia dei crediti di cui all'art. 189 c.p. Tuttavia nell'ambito delle finalit probatorie proprie e tipiche del sequestro, in quanto diretto ad assicurare con vincolo di indisponibilit le cose occorrenti per l'accertamento dell'illecito penale, non si vede quali ragioni si oppongano nella specifica materia (costruzione di edificio illegittima perch senza licenza da parte dell'autorit amministrativa competente o in difformit dalla licenza concessa) alla adozione del sequestro penale (che pu cadere sia su cose mobili che immobili) al fine precipuo di assicurare le prove dell'illecito attraverso la indisponibilit delle cose in cui addirittura si concretato o che hanno. concorso a concretare il reato. L'apprezzamento compiuto dal giudice sulla opportunit di procedere al sequestro si sottrae, come giudizio di puro merito, ad ogni sindacato in questa sede, una volta accertata la conformit del provvedimento alle sue finalit istituzionali e quindi escluso che attraverso il medesimo si sia compiuta una violazione di legge anche sotto il profilo del mantenimento del sequestro, che, essendo il procedimento penale tuttora in corso, ugualmente r~messo al potere discrezionale del giudice ai sensi dell'art. 622, 1 comma c.p.p. N potrebbe ravvisarsi violazione di legge per esercizio da parte del giudice di una potest riservata dalla legge ad organi amministrativi, poich, operando l'autorit giudiziaria e quella amministrativa in virt di poteri e per finalit ben distinte, nessun conflitto o usurpazione di poteri da parte della autorit giudiziaria, che disponga il sequestro dell'edificio illegittimamente costruito, sarebbe mai ravvisabile: la pendenza del procedimento giudiziale diretto all'accer.tamento del reato in cui si concreta la illegittima costruzione, proprio in virt del principio della divisione dei poteri evento che di per s impedisce fino alla formazione del giudicato penale l'attuazione concreta degli eventuali provvedimenti (come quello di demolizione) riservati dalla legge alla competenza dell'autorit amministrativa, fino a quando si ritenga ai fini istruttori opportuno il mantenimento del sequestro (mantenimento che non ostacola l'esercizio dei poteri per cosi dire cautelari emessi dall'autorit amministrativa nel frattempo, quale l'ordine di sospensione dei lavori). Una volta escluso quindi che nella soggetta materia possa ravvi sarsi una usurpazione di poteri spettanti alla P.A.da parte dell'autorit giudiziaria, va osservato che il disposto sequestro, non pu non assol vere alla finalit di consentire alla P.A. la concreta attuazione dei prov vedimenti che alla stessa competono nell'ambito dell'esevcizio dei po teri discrezionali per legge spettantile, quale la concreta eliminazione dell'illecito amministrativo. Il ricorso, sulle conformi conclusioni del P.G. deve essere pertanto rigettato con la condanna della ricorrente alla spese. ~ ~ ~ ~ PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 1231 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. VI, 19 febbraio 1972, n. 879 - Pres. Leone -Rel. Fornari -P. M. Padoin (conf.) -Rie. Marcaccino ed altro. Procedimento penale -Relazione tra la sentenza e l'accusa contestata In genere -Contestazione di truffa aggravata -Condanna per frodi in pubbliche forniture -Legittimit. (c.p., artt. 356 e 640; c.p.p., art. 477). Non ogni modificazione dei particolari del fatto contestato costituisce mutazione tale da stabilire difetto di correlazione fra la sentenza e. l'accusa, ma. solo quell.a che apportando un rilevante mutamento degli elementi essenziali, determini incertezze sull'oggetto dell'imputazione con concreto pregiudizio d~i diritti delta difesa. Non vi pertanto v'iolazione dell'art. 477 c.p.p. quando queila stessa attivit per la quale era stato contestato il reato di truffa, venga in sentenza individuata come reato di frode in pubbliche forniture (1). (Omissis). -A seguito delle indagini compiute dapprima dal Commissariato di P.S. di Senigallia e poi del Nucleo di polizia tributaria di Ancona, veniva denunziato che, nel corso degli anni 1960, 1961 e 1962, era stata effettuata dal commerciante Marcaccini Bruno da Fano, col concorso del proprio dipendente Serafini .Sandro e di ta([e Puliti Gino da Falconara e con la compiacente opera dei veterinari comunali di Senigallia, dott. Sartini Ennio, e di Falconara, dott. Serantoni Didimo, l'illecita fornitura alle FF.AA. di stanza a Fano, a Falconara, a Pesaro e ad Ancona, di carne bovina perch, invece di carne di ottima qualit e proveniente da animali in ottimo stato di nutrizione e di ingrassamento, come per contratto, era stata consegnata carne di bassa macelleria in quanto proveniente da bestie magre, ammalate e maceHate d'urgenza, ed erano stati inoltre consegnati 565 quarti anteriori di bestiame di fronte a soli 1212 quarti posteriori, nonch, due partite di carne refrigerata che provenivano dall'Argentina e dall'Uruguai anzich dal mercato nazionale, come era stabilito dalle condizioni d'appalto. Veniva riferito che, per le parziali ammissioni del Serafini, del Puliti e de1l dott. Serantoni, per la confessione di due ufficiali delle FF.AA. ed in base ai rilievi effettuati presso i pubblici uffici civili e militari, nonch in base al sequestro di vari documenti presso l'azienda del Marcaccini, l'anzidetta attivit illecita e la frode in ordine all'in (1) La giurisprudenza della Cassazione conferma l'indirizzo che ravvisa la ratio dell'art. 477 c.p . .p. nella necessit di garantire il diritto della difesa. Vedi per una breve rassegna di giurisprudenza in tema di correlazione fra accusa e sentenza, questa Rassegna, 1972, I, 361. 1232 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO giusto profitto conseguito per il preteso pagamento dei tributi erariali inerenti al rapporto di fqrnitura erano state poste in essere attraverso false certificazioni sanitarie militari, l'uso abusivo di sigfilli dell'Amministrazione militare, la consegna di danaro a scopo di corruzione, l'omissione delle operazioni di collaudo delle carni costituenti l'oggetto del rapporto contrattuale e varie attivit collusive negli incanti per l'appalto delle forniture militari. Procedutosi col rito formale a carico di tutti i denunziati, gli imputati Marcaccini, Serafini, Puliti, Sartini e Serantoni venivano rinviati a giudizio per rispondere dei reati di corruz.fone continuata e di truffa aggravata continuata in danno dell'Amministrazione militare per l'irregolare fornitura, al fine di trarne profitto, di Kg. 10.2rn di carne bovina di bassa macelleria, di 555 quarti anteriori di bestiame rispetto a 112 quarti posteriori, nonch di Kg. 23.375 e 12.130 di carne refrigerata, provenienti rispettivamente dall'Argentina e dall'Uruguai. Gli imputati Marcaccini, Serafini e Puliti per rispondere altres dei reati di falsit continuata in certificazioni sanitarie militari, di uso abusivo continuato di sigilli dell'Amministrazione militare e di truffa aggravata continuata in dap.no di tale Amministrazione in relazione alla somma di L. L368.400 per tributi erariali sulle forniture di Kg. 2_4.639,40 di carne. Il Tribuna[e di Ancona, modificando la contestata imputazione di truffa aggravata, dichiarava il Marcaccini e il Serafini colpevoli, in concorso fra loro, del reato di frode continu~ta nella pubblica fornitura di carne bovina, ai sensi dell'art. 315,5 c.p., con l'aggravante di cui al secondo comma n. 1 dell'art. 3155 stesso codice, mentre mandava assolto il Puliti da tale reato per insufficienza di prove sul dolo; riguardo alle altre imputazioni lo stesso Tribunale pronunciava sentenze di assoluzione con formula piena, tranne che per quelle di falsit aggravata continuata in certificati sanitari militari e di uso abusivo continuato di pubblici sigiJHi, ascritte al Marcaccini e al Serafini, in ordine alle quali dichiarava l'estinzione dei relativi reati per effetto della sopravvenuta amnistia concessa con decreto presidenziale 24 gennaio 1963, n. 5. Proposta impugnazione degli imputati Marcaccini, Serafini e Puliti per asseriti errori di rito e di merito in cui sarebbe incorso il primo Giudice, la Corte d'Appello di Ancona, dopo aver ammesso la perizia contabile invocata dagli appellanti per verificare la rispondenza tra i dati contenuti in due riepiloghi prodotti in prime cure circa l'esecuzione della pubblica fornitura di carne e il contenuto degli atti esistenti presso i competenti uffici comunali delle imposte di consumo, disattendeva i motivi di gravame. Riteneva la Corte del merito che sussisteva la materialit del reato di frode nella pubblica fornitura per le ammissioni, sia pure parziali, degli imputati Serafini e Puliti, per le dichiarazioni degli uffidali del PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE l'Esercito preposti alle operazioni di collaudo, per la falsificazione dei certificati sanitari dell'Autorit mmtare e per l'uso abusivo di pubblici sigilli, nonch in base alla documentazione sequestrata presso l'azienda del Marcaccini ed ai rilievi eseguiti dagU organi di polizia sugli atti dei pubblici uffici civili e militari, respingendo la tesi de1l vizio di corre lazione tra accusa e sentenza in quanto il tribunale si era limitato ad attribuire una diversa qualificazione giuridica al fatto contestato anche rispetto a quei quantitativi di carne che erano stati consegnati senza che fosse stato preventivamente eseguito il prescritto collaudo. Riguardo poi all'elemento intenzionale del reato la stessa Corte del merito ne confermava tanto \la sussistenza nei confronti degli impu. tati Marcaccini e Serafini quanto le ragioni di dubbio gi manifestate sul conto dell'imputato Puliti. Avverso tale sentenza di secondo grado gli imputati Marcaccini e Serafini, tenuto conto anche dei motivi aggiunti presentati nel termine prescritto, hanno sostanzialmente rivolto le seguenti censure. Si lamenta in primo luogo fa violazione dell'art. 477 c.p.p., essendo stati gli imputati condannati per fatti non contestati col capo d'impu tazione in spreto al principio della correlazione tra accusa e sentenza, segnatamente in ordine al fatto mai contestato della fornitura di 19 capi di bestiame senza che fosse intervenuto il preventivo collaudo delle competenti autorit sanitarie militari: il quale fatto, peraltro, stato erroneamente ritenuto, nel difetto di ogni prova, come elemento indu cente la mancanza di qualit dell'oggetto del contratto, mentre si sa rebbe potuto tutt'al pi dedurne ila violazione di un obbligo contrat tuale inerente alla verificazione dell'oggetto stesso, ma mai la sussi stenza di una fraudolenta esecuzione del rapporto di fornitura. La doglianza priva di fondamento, avendo il Giudice del merito correttamente ritenuto, alla stregua del principio ormai consolidato in giurisprudenza, che non ogni modificazione dei particolari del fatto contestato costituisce mutazione tale da stabilire difetto di correlazione tra la sentenza e l'accusa contestata ai fini dell'art. 477 c.p.p., ma sola mente quella che, apportando un rilevante mutamento degli elementi essenziali, determini incertezza sull'oggetto dell'imputazione con con creto pregiudizio dei diritti della difesa. Nel caso in esame, infatti, stato all'esito del dibattimento rite uto che la stessa attivit riguardante la fraudolenta consegna di carne u collaudata, di qualit deteriore e di carne refrigerata proveniente dal mercato estero anzich di quello interno, che era stata enunciata nella sentenza di rinvio a giudizio ai fini della contestata sussistenza del reato di truffa aggravata in .danno dell'Amministrazione militare, inte grava pi esattamente gli estremi dell'ipotesi deHttuosa.di frode ai sensi dell'art. 3156 c.p., la quale, indipendentemente da ogni malizia od espe diente con cui l'obbligato si sottrae dolosamente all'esatto adempimento 1234 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO degli obblighi contrattuali verso l'ente pubblico, consiste sia nella dolosa consegna di cose di qualit diversa da quella prevista nel contratto di fornitura sia nella consegna di cose diverse da quelle che dovevano formare oggetto del contratto, anche se da ci eventualmente non derivi un danno effettivo alla pubblica amministrazione contraente. Non sussiste, pertanto, la denunciata violazione deH'art. 477 c.p.p., essendosi il Giudice limitato ad attribuire ai fatti una diversa qualificazione giuridica, col porre esattamente in rilievo che gli artifizi e raggiri indicati nell'originaria imputazione di truffa non erano affatto incompatibili con la nozione del reato di frode ai sensi dell'art. 35,5 c.p., la cui essenza costituita appunto dal doloso inadempimento degli obblighi inerenti ad un rapporto di pubblica fornitura di cose o di opere. Ne, contrariamente a quanto soggiungono i ricorrenti, mancata la contestazione del fatto riguardnte la dolosa consegna di quantitativi di carne non collaudati preventivamente, in base al capitolato d'oneri, dalle competenti commissioni militari sia perch il fatto stesso era stato chiaramente indicato, in relazione a 1,9 capi di bestiame, nell'originario capo d'imputazione sia perch su di esso, come pi chiaramente si evince dalla sentenza di secondo grado (veggansi pagg. 19, 20 e 21) si era ampiamente dibattuto con rH:erimento agli accertamenti degli organi di polizia e alle ammissioni degli imputati Serantoni e Puliti, anche se quest'ultimo aveva in un secondo tempo cercato di dire, in contrasto con ogni criterio di verosimiglianza, che la carne prelevata dal frigorifero di Fano e non sottoposta a collaudo era stata interamente consegnata alle mense degli ufficiali e dei sottufficiali del C.A.R. di Falconara, per il cui fabbisogno facevasi ricorso al mercato libero e senza alcuna osservanza delle condizioni del rapporto di fornitura militare. L'impugnata sentenza viene quindi denunciata per difetto e contraddittoriet di motivazione in ordine alle prove poste a base della ritenuta consegna alle FF.AA. di carne di qualit diversa da quella pattuita e si sostiene a tale riguardo che il giudice del merito, omettendo, per un verso, ogni esame degli elementi probatori favorevoli agli imputati circa l'esatta esecuzione della pubblica fornitura (deposizioni degli ufficiali dei reparti militari di Falconara e di Fano e del Presidio di Ancona), e prospettando, per altro verso, l'ipotesi che, nonostante le operazioni di collaudo, gli imputati abbiano avuto la possibilit di consegnare dolosamente carne di qualit deteriore, sarebbe pervenuto alla pronuncia di condanna attraverso argomentazioni prive di nesso logio. Viene altres specificamente censurata la ritenuta inefficienza deUe operazioni di collaudo, per essere state tali operazioni eseguite mediante n esame meramente macroscopico delle carni gi macellate, perch tale giudizio sarebbe in contrasto con la logica e con il sistema di controllo previsto dalle norme regolamentari, in materia, mentre genrica censura viene rivolta aHe affermazioni contenute nella pronuncia di con PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 1235 danna circa la fornitura di carne proveniente dalla mattazione di 43 capi di bovini magri, ammalati e macellati d'urgenza, nonch ci:r:ca la fornitura di quarti anteriori del bestiame mattato, sproporzionati in eccedenza rispetto ai quarti posteriori pi pregiati, e la fornitura di carne refrigerata proveniente dal mercato estero anzich da quello interno. Senonch, anche tale complessa censura non ha pregio perch le deduzioni dei ricorrenti si risolvono, in buona sostanza, nella invocazione di una va,lutazione probatoria diversa da quella compiuta dal Giudice di merito quando ci, che attiene all'esercizio del potere discrezionale di apprezzamento delle prove, non consentito in sede di legittimit, senza che venga peraltro offerta la possibilit di cogliere, nelle deduzioni medesime, gli estremi di alcun vizio inficiante la sentenza impugnata in uno dei suoi elementi costitutivi, tanto sotto il profilo della mancanza di motivazione, che sussiste allorquando dal processo logico del Giudice non possono desumersi le ragioni che lo hanno determinato ad emettere quella anzich altra o diversa statuizione, quanto sotto il profilo della contraddittoriet di motivazione, che si verifica nel caso che vi sia contraddizione logica fra l'una e l'altra affermazione della pronuncia. Il Giudice di merito ha spiegato infatti le ragioni del proprio convincimento attraverso l'esame degli elementi probatori acquisiti agli atti che andavano dalle ammissioni, sia pure parziali, dello stesso coimputato Serafini al risultato, perfettamente concordante, delle indagini sia del Commissariato di P.S. che del Nucle'O di P.T., delle rilevazioni compiute sugli atti degli uffici delle imposte di consumo dei vari comuni interessati e dal contenuto dlla corrispondenza e dei documenti sequestrati presso l'azienda del Marcaccini alle accertate falsificazioni dei certificati sanitari dell'Autorit militare, nonch all'uso abusivo di pubblici sigilli, dalle deposizioni degli ufficiali della specialit veterinaria e degli altri reparti militari a quelle dei testi ,che erano a conoscenza sia dell'incetta, da parte dell'imputato Marcaccini, di capi di bestiame traumatizzati, malati o mattati d'urgenza, sia dell'acquisto, da parte del medesimo, di quantitativi di carne refrigerata di provenienza estera, ritenendo, con argomentazioni affatto contrastanti col senso comune e con i limiti di una plausibile attendibilit di apprezzamento, che la dolosa consegna di notevoli quantitativi di 'Carne bovina di qualit diversa da quella prevista dal rapporto di pubblica fornitura aveva effettivamente riguardato carne non sottoposta a preventivo collaudo, carne di c.d. bassa macelleria e carne refrigerata proveniente dai mercati esteri, nonch quarti anteriori di bestiame bovino che erano sproporzionati in sensibile eccedenza rispetto ai quarti posteriori, e ci anche quando, a seguito del coJ.laudo, le operazioni di controllo, data l'entit e per le modalit delle varie consegne, non potevano sempre assicurare 1236 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO che la carne corrispondeva, per qualit, a quella prevista dal capitolato d'oneri della pubblica fornitura. Ne esatto sostenere, come fanno i ricorrenti, 'Che il Giudice debba essere tenuto a compiere un'analisi particolareggiata di tutte le deduzioni delle parti e di tutti gli elementi probatori emersi nel procedimento, essendo invece sufficiente che egli spieghi le ragioni che hanno determinato il suo convincimento, come si precisamente verificato nella specie. Altro motivo di doglianza riguarda il difetto assoluto di motivazione in ordine alle prove documentali prodotte dagli imputati in prime cure a loro difesa, in relazione alle quaili il Giudice di secondo grado aveva ravvisato la necessit di disporre una perizia contabile per verificare la corrispondenza o meno dei dati risultanti dagli accertamenti di polizia alle indicazioni contenute negli atti esistenti :presso gli uffici delle imposte di consumo dei vari comuni interessati. Ma anche questo motivo di gravame deve essere disatteso. bensi vero, infatti, che ila Corte del merito ha ritenuto di ammettere, di fronte al prodotto specchio riassuntivo delle consegne di carne effettuate dal fornitore Marcaccini ai reparti militari di stanza a Falconara, Ancona, Pesaro e Fano dal 1 gennaio 1960 al 30 giugno 19'60, un'indagine peritale per acquisire elementi di comparazione tra i dati degli illeciti concordemente rilevati dal Commissariato di P.S. e dal Nucleo di P.T. e la documentazione esistente presso gli uffici delle imposte di consumo che riferivasi alle macellazioni eseguite nei vari comuni, ma anche vero che U perito di ufficio non stato in grado di compiere detta indagine per la sopravvenuta impossibilit, dato il tempo trascorso, di sequestrare presso i competenti uffici delle imposte di consumo tanto le bollette di accompagnamento e di introduzione dell~ carne macellata quanto quelle di riscossione delila dovuta imposta, tutte indispensabili ai fini dell'accertamento in questione, e che, in conseguenza di ci, la stessa Corte del merito ha pronunciato un'ordinanza dibattimentale con cui stabilito che ogni ulteriore -istanza di accertamento peritale appariva superflua e che era peraltro acquisita agli atti la documentazione recante i dati sui quali il collegio giudicante, cui in definitiva spettava di decidere, doveva portare il proprio esame. Sicch, a parte la mancanza di una specifica e separata impugnazione della succitata ordinanza, la quale peraltro congruamente motivata ed immune da vizi logici e da errori di diritto, ovvio come la Corte del merito abbia dovuto formare il proprio convincimento in base all'esame di quei dati che, in relazione alla documentazione apprestata da entrambi gli organi di polizia e alla documentazione sequestrata presso l'azienda del Marcaccini, era di per s tale da fornire sufficienti elementi di giudizio. Non senza dimenticare che la Corte medesima ha portato altres il suo esame su quegli altri elementi probatori, quali, soprattutto, le ripetute falsificazioni dei certificati sanitari, l'uso abusivo di pubblici sigilli, le depo PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 1237 s1z1oni testimoniali e le parziali ammissioni degli stessi imputati, che, pur di fronte ad eventuali discordanze circa l'iter della mattazione dei numerosi capi di bestiame, sono stati ritenuti di ri\l.evanza decisiva per la sussistenza della frode nella fornitura della carne ai vari reparti delle FF.AA. Ed infine i ricorrenti lamentano che sia stata ritenuta la competenza territoriale del Tribunale di Ancona in base all'apodittica affermazione che l'ultima irregolare consegna di carne era stata effettuata presso il C.A.R. di Falconara. Tale eccezione, per, essendo stata sollevata per la prima volta nel giudizio di secondo grado, non solo stata disattesa dalla Corte d'Appello nella corretta appUcazione dell'art. 43 c.p.p., ma stata anche dalla Corte stessa motivatamente confutata nel merito in consistenza del fatto che, trattandosi di reato continuato, bene era stata radicata la competenza presso il Tribunale di Ancona perch era risultato, in base alle indagini di polizia ed alle ammissioni degli imputati, che l'ultima consegna di carne era stata effettuata presso il 6 C.A.R. di Falconara. Il ricorso deve essere pertanto rigettato, come ogni conseguenza di legge a carico dei ricorrenti. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. II, 10 agosto 1972, n. 368 -Pres. Colonnese -Rel. De Falco -P. M. Vallaro (conf.) -Rie. e P. M. e Pozzi. Reato-Truffa -Atto di disposizione patrim~niale -Pu avere carattere omissivo. Truffa -Artiftzi e raggiri diretti a conseguire abbuoni dell'imposta di fabbricazione -Sussistenza del reto. (Cod. pen., art. 640 c.p.). Nel delitto di truffa, la disposizione patrimoniale pu avere anche carattere omissivo (1). Costituisce delitto di truffa H fatto di procurarsi, a danno dello Stato ed inducendo in errore gli organi dello stesso mediante artifici o raggiri (facendo apparire, a mezzo della falsificazione della prescritta documentazione, l'irregolare rilascio o l'uso della documentazione falsificata, che il vino impiegato nella distillazione dello spirito e della acquavite era stato acquistato presso produttori-viticuitori a prezzo di imperio), l'ingiusto profitto costituito dal conseguimento degli abbuoni (1-2) La Corte di Cassazione conferma l'indirizzo gi altre volte espresso e di cui si data notizia: v. in questa Rassegna 1971, pag. 1530, Cass. 20 gennaio 1971 n. 140. 23 1238 RASSEGNA DELL'AVVOCATUR~ DELLO STATO dell'imposta di fabbricazione concessi con le leggi lo luglio 19.59, n. 458 e 30 luglio 1959, n. 560, nonch dal d.l. 20 aprile 1960, n. 342, .convertito in l. 24 giugno 1960, n. 584 (2). Allo scopo di sostenere il mercato viti-vinicolo, con leggi 1 luglio 1959, n. 458 e 30 luglio 1959, n. 560, nonch con d.l. 28 aprile 1960, n. 342 (conv. in 1. 24 giugno 1960, n. 584) venivano concesse agevolazioni fiscali temporanee ed eccezionali consistenti in rilevanti abbuoni dall'80 al 98 % dell'imposta di fabbricazione sullo spirito e sulla acquavite ottenuti dalla distillazione del vino, alla triplice condizione che questo fosse stato acquistato presso produttori viticultori ed al prezzo (rispettivmente di 390 e 380 lire per ettogrado, franco cantina) e nei limiti di tempo stabiliti dai provvedimenti legislativi; successivamente, venivano precisati gli adempimenti e le formalit necessari per usufruire delle agevolazioni, e cio l'emissione delle bollette di accompagnamento da parte dei locali uffici comunali delle imposte di consumo e la compilazione di fatture -convalidate dei competenti ispettorati della agricoltura -contenenti le indicazioni relative alla qualit del venditore di produttore-coltivatore ed al prezzo nonch alla qualit delle partite di vino fatturate, oppure, nella ipotesi di distillazione eseguita nell'interesse e per conto di viticultori-produttori, l'esibizione, da parte del distillatore, di una dichiarazione, rilasciata dal detto ispettorato, relativa alla qualit del proprietario-produttore ed alle caratteristiche del vino. In esito al controllo di tali adempimenti, i funzionari dell'U,T.I.F. autorizzavano l'introduzione del vino in distilleria in esenzione e la presa in carico mediante annotazione su di apposito registro. Nel 1965 il Nucleo di Polizia tributaria di Taranto accertava che la Societ Tipan di Brindisi aveva impiegato, per la distillazione di spirito ed acquavite, principalmente per s ed in minor misura per conto terzi (S.A.S. Grandi Marche Associate, Ditta Giovanni Polizzotto e C.P.A. Vinai), ingenti quantitativi di vino (rispettivamente 40.247,85 e 39.103,36 quintali) acquistati presso industriali e commericanti grossisti ed a prezzo inferiore a quello di imperio e che era stata prodotta documentazione falsificata od artefatta allo scopo di far figurare gli acquisti eseguiti nell'osservanza delle prescrizioni e condizioni stabilite dai detti provvedimenti legislativi~ e cio a prezzo legale presso produttori viticultori -usufruendo cos indebitamente degli abbuoni. , Veniva quindi iniziato procedimento penale a carico del ricorrente Mario Pozzi, amministratore delegato della Tipan, nonch di altri diciotto imputati (legali rappresentanti delle societ G.M.A. e Vinai, titolare della ditta Polizzotto nonch mediatori, commercianti e produttori di prodotti vinosi) per i seguenti reati: a) concorso nel delitto previsto dagli art. 61, n. 2, c.p. e 42 t.u. 8 luglio 1924 sull'imposta di fab PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE bricazione degli spiriti, per avere il primo acquistato e gli altri venduto yino per la distillazione a prezzo di mercato, facendo apparire, contrariamente al vero, mediante false fatture e le bollette di accompagnamento, che gli acquisti erano avvenuti presso viticultori ed a prezzo di imperio, usufruendo cosi indebitamente delle agevolazini fiscali concesse con le leggi del 1959 e del 1960; b) di concorso nel delitto di falsit aggravata e continuata in scrittura privata, artt. 61, n. 2, 81, 110 e 485 c.p.) per avere, al fine di commettere il precedente reato, falsificato le fatture e le bollette di accompagnamento; e) di concorso nel .dlitto di truffa continuata (a,.-tt. 81, 110 e 640, secondo comma, n. 1, c.p.) per avere, facendo apparire contrariamente al vero, che gli acquisti di vino erano stati fatti presso viticultori a prezzo di imperio, usufruito delle anzidette agevolazioni fiscali. Nel corso dell'istruzione risultava, tra l'altro, la discordanza fra quasi tutti i nominativi indicati nelle bollette di accompagnamento e quelli delle fatture, la falsificazione di quasi tutte le firme apposte in queste ultime o l'indicazione di nominativi inesistenti; solo per alcune firme era possibile accertare che la falsificazione era stata eseguita da uno dei coimputati. All'esito della formale istruzione, il g.i. proscioglieva tutti gli im putati dal delitto sub a) perch il fatto non costituiva reato (nessuna incriminazione era prevista dalle leggi del 1959 e del 1960 per la vio lazione delle relative disposizioni, mentre i fatti non erano compresi nelle ipotesi criminose previste dall'art. 42 del t.u. del 1924).e da quella sub b), esclusa l'aggravante contestata, perch il reato era estinto per amnistia; proscioglieva tutti gli imputati, ad eccezione del Pozzi, di Angelo Delle Molle e Giovanni Polizzotto, dalla imputazione di concorso nel delitto di truffa per non aver commesso il fatto; ordinava il rinvio al giudizio del Tribunale di Brindisi del Pozzi, del Delle Molle e del Polizzotto per rispondere di concorso nel delitto di truffa ag~ravata e continuata (artt. 81, 110, 640, 2 comma, n. 1, c.p.) per avere, fa cendo apparire, contrariamente al ve1.'0, mediante false fatture e bol lette di accompagnamento, che gli acquisti di vino per la produzione di alcool ed acquavite, erano avvenuti presso viticultori ed a prezzo di imperio, usufruito delle agevolazioni fiscali di cui alle leggi del 1959 e del 1960, procurandosi un ingiusto profitto a danno dello Stato per abbuoni dell'imposta di fabbricazione indebitamente conseguiti (pari, per il Pozzi, a 145.714.416 lire), cosi precisata l'imputazione di cui sub a) in rubrica. Con sentenza 4 luglio 1970, il tribunale assolveva il Delle Molle ed il Polizzotto per non avere commesso il fatto ed il Pozzi perch il fatto non costituiva reato. La Corte di appello di Lecce, con sentenza 9 luglio 1971, ha di chiarato inammisibile l'appello del Pozzi ed ha confermato la. sentenza 1240 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO del tribunale, appellata dal p.m. nei confronti di questo ultimo imputato soltanto. Ricorrono per cassazione il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Lecce ed il Pozzi. L'amministrazione finanziaria ha insistito nella costituzione di parte civile; la difesa dell'imputato ha presentato memoria. MOTIVI DELLA DECISIONE La corte di merito, premesso che, nel delitto di truffa, la disposizione patrimoniale, produttiva di danno, pu consistere anche nella privazione di una concreta aspettativa fondata su di una situazione di diritto soggettivo e che tale privazione pu essere determinata anche da un comportamento omissivo del soggetto passivo, ha escluso, per, nella specie, la sussistenza del contestato delitto di truff, in quanto l'azione fraudolenta dell'obbligato al tributo realizza un'ipotesi di frode fiscale, che trova la sua repressione non nelle comuni sanzioni penali bens in quelle di ordine finanziario; ha quindi confrmato, sia pure per altra via, la decisione del tribunale, che aveva escluso il reato per insussistenza di un danno patrimoniale. Il ricorrente p.m., sul presupposto che la sentenza impugnata abbia affermato anche che l'indebita percezione degli abbuoni -concessi con le leggi del 1959 e 1960 -dell'imposta di fabbricazione rientri nelle ipotesi di contrabbando previste e punite dall'art. 42 del t.u. 8 luglio 1924 sull'imposta di fabbricazione degli spiriti (e, quindi, im-~ plicitamente, la sussistenza di un concorso di norme penali, regolato dall'art. 15 c.p.) e ritenuto, invece, che il fatto ascritto al Pozzi non j rientri l.n queste ipotesi n in quelle previste da altre disposizioni dello stesso t.u. o da successive leggi, lamenta ad ogni modo la violazione dell'art. 15 c.p. e 55 del t.u., non avendo la Corte d'appello considerato I che quest'ultima norma dispone che l'applicazione delle pene stabilite dalla legge speciale non pregiudica quella, ove sia il caso, della norma penale generale, e cio, con riferimento al caso di specie, dell'articolo 640 C.p. I Il ricorso del p.m., che in sostanza fondato, ripropone ancora , ' una volta una questione affrontata e risolta, anche di recente, da que I sta Corte suprema nel senso prospettato dal ricorrente (Cass. Sez. II, 30 gennaio 1971, Palma, in Riv. Pen., 1971, pp. 737-739; Cass. Sez. II, I 7 febbraio 1972, P. M. in c. Lombardo; e, per un rifer., in motiv., Cass. "" ~: Sez. II, 19 dicembre 1971, Cafferata); n vengono esposte ragioni idonee ad indurre il Collegio a discostarsi da questo deciso orientamento, non ~i rilevando a tal fine le parzialmente difformi e non recenti decisioni di f:! questa st.essa Corte (Cass. Sez. III, 11 novembre 1959, Agostinelli, in I I ~' :-: PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 1241 G.P. 1960, p. 2', col 808 e seg.; Cass. Sez. II, 4 dicembre 1961, P. M. in c. Fiorino, ivi 1969, p. 20, col. 454 e seg., la prima delle quali citata anche dalla sentenza impugnata), relative a fatti e situazioni del tutto diverse. Ci posto, va osservato che, con l'accusa precisata nel capo di imputazione della sentenza di rinvio a giudizio, al Pozzi stato ascritto il fatto di essersi procurato, a danno dello Stato, l'ingiusto profitto di 145.714.416 lire per abbuono sull'imposta di fabbricazione dello spirito e dell'acquavite, indebitamente usufruito inducendo in errore, con artifici e raggiri (facendo apparire, contrariamente al vero, che il vino per la distillazione era stato acquistato presso produttori viticultori a prezzo di imperio), gli organi dello Stato in ordine alla sus1sistenza delle condizioni stabilite dalle citate leggi de'l 1959 e 1960 per godere delle agevolazioni fiscali; in particolare, sempre secondo l'accusa contestata in istruttoria e nel giudizio di primo grado, al Pozzi stato addebitato di avere falsificato, fatto falsificare od usato la documentazione per prospettare una. ~ituazione di fatto (acquisti presso viticultori a prezzo legale) diversa da quella reale (acquisti presso industriali e grossisti o presso viticultori ma a prezzo inferiore a quello di imperio, oppure apparentemente tale ma in effetti inferiore, facendo gravare sui venditori le spese di mediazione, trasporto e simili), determinando cos l'errore del soggetto passivo sul diritto all'abbuono ed il conseguente danno patrimoniale, con il corrispondente ingiusto profitto per l'imputato, pari all'importo degli abbuoni conseguiti. Orbene, non pu dubitarsi che il fatto ascritto realizza tutti gli elementi costitutivi -materiale, psicologico ed eziologico -del contestato delitto di truffa; il conseguimento di un ingiusto profitto mediante artifici aventi efficacia causale nell'induzione in errore del soggetto passiva e nella determinazione alla attuazione di una disposizione patrimoniale produttiva di danno per l'offeso. Su quest'ultimo punto la decisione impugnata sembra conforme al citato orientamento di questa Corte in ordine al contenuto ed al carattere della disposizione patrimoniale; ma la sussistenza, denunziata dal p.m., di aspetti contraddittori nella motivazione della sentenza, impone di precisare ancora una volta i principi gi enunciati da questa Corte suprema. pacifico che, atteso l'oggetto primario, l'interesse specifico della tutela penale dell'art. 640 c.p., il danno, nel delitto di truffa, deve avere contenuto patrimoniale; deve cio concretarsi in un pregiudizio patrimoniale, in un !etrimento del patrimonio .(inteso come complesso di diritti, rapporti e situazioni giuridiche a contenuto patrimoniale) del soggetto passivo. Non pu quindi essere ricondotta nella previsione legislativa la violazione di una mera aspettativa fondata'su di una astrat 1242 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ta situazione giuridica ipotizzata dalla legge; ma quando vengono a verifkarsi le condizioni stabilite affinch la situazione giuridica ~strattamente considerata .sia resa operante nei confronti di un determinato soggetto, l'aspettativa diventa concreta e d luogo al sorgere di un interesse munito di tutela giuridica e, come tale, se di contenuto patrimoniale, rientrante (sotto il duplice ed alternativo aspetto di acquisizione materiale avvenuta o futura) nel patrimonio del soggetto e suscettibile della tutela penale dell'art. 640 c.p. Ne consegue che, nel delitto di truffa, il danno pu essere realizzato, anzitutto, mediante un atto positivo di disposizione patrimoniale (compiuto dalla vittima per effetto dell'errore ingenerato in lei dagli artifici o raggiri), consistente nel trasferimento di un bene o di un diritto dal patrimonio proprio a quello dell'agente; ma l'atto di disposizione patrimoniale pu avere anche carattere omissivo, nel senso che il pregiudizio per il patrimonio dell'offeso pu consistere anche nel mancato acquisto di una concreta utilit economica, alla quale il soggetto passivo ha diritto, e pu realizzarsi mediante un comportamento in virt del quale la vittima impedisce che un determinato bene entri a far parte del proprio patrimonio, rimanendo acquisito a quello dell'agente. Con riferimento, quindi, alla materia oggetto del presente giudizio pu affermarsi, sulla scorta delle considerazioni che precedono, che non comunque riconducibile sotto la fattispecie .criminosa .in esame la generica rinunzia (a volerne ammettere la concreta configurabilit) da parte dello Stato al suo diritto di imposizione tributaria astrattamente considerato, nei rapporti di determinate situazioni giuridiche; ma quando, per effetto del verificarsi dei presupposti di fatto -oggettivi e soggettivi -stabiliti dalla legge per il sorgere dell'obbli . gazione tributaria in rapporto alla situazione giuridica di un determinato soggetto, il generale diritto (o potere) di imposizione tributaria, astrattamente ipotizzato dal legislatore, si concretamente determinato, ha luogo il sorgere di un diritto a contenuto patrimoniale, entrato a far parte del patrimonio (in sen'so lato) dello Stato sotto l'aspetto di un credito di imposta munito di piena tutela, quanto alla sua riscossione, cui corrisponde il debito (di imposta) del contribuente, di guisa che la rinunzia al tributo (in tutto od in parte) realizza un atto di disposizione patrimoniale. Nel Caso concreto, per effetto dell'introduzione del vino nello sta bilimento del Pozzi e della sua distillazione. l'obbligazione tributaria era sorta e si era perfezionata, nella sua esistenza e nel suo ammontare, nei riguardi di un soggetto determinato ed ad essa faceva riscontro il corrispondente diritto di credito di imposta (esigibile al momento sta bilito) dello Stato nei rapporti del contribuente; la concessione dell'ab PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE buono (causat..a dai raggiri adoperati per fare apparire verificate le condizioni di legge per usufruire delle agevolazioni) dell'imposta di fabbricazione in favore dei" distillatore ha realizzato quindi. un atto di disposizione patrimoniale (sia pure di carattere omissivo) consistente, ' in sostanza e sotto un profilo analogico, in una forma di rinunzia dello Stato ad esigere il proprio credito di imposta, con conseguente detrimento del patrimonio dello Stato stesso ed ingiusto profitto del contribuente. N pu condividersi l'affermazione della corte di merito che un tale fatto trovi la sua repressione unicamente nelle sanzioni eventualmente comminate dalle leggi speciali, che devono prevalere .su quelle comuni, a mezzo dell quali soltanto lo Stato realizza pi immediatamente ed efficacemente la tutela dei suoi superiori interessi e l'esazione dei tributi, lesi dalla condotta truffaldina dell'obbligato. Al riguardo va osservato anzitutto (rettificandosi una inesattezza interpretativa nella quale incorso il ricorrente p.m. nell'attribuire -sia pure in forma dubitativa -alla sentenza impugnata l'affermazione che il fatto ascritto al Pozzi sia da comprendere nelle ipotesi criminose previste dall'art. 42 del t.u. 8 luglio 1924) che il riferimento all'art. 42 cit. stato fatto dalla corte forse a ti~olo semplicemente esemplificativo, come a caso analogo e come argomentazione logica diretta a dimostrare l'abituale ricorso del legislatore a particolare normativa per punire le frodi fi5cali e l'inapplicabilit nel caso Concreto dell'art. 640 c.p.; n .poteva essere altrimenti a causa della preclusione nascente dal proscioglimento perch il fatto non costituisce reato, pronunziato con la sentenza istruttoria non impugnata, del Pozzi e degli altri prevenuti dalla imputazione (lettera a dell'originaria rubrica) di concorso nel delitto previsto dal cit. art. 42. E non pu non condividersi l'esatta affermazione del giudice istruttore che l'art. 42 del t.u. del 1924 prevede e punisce l'esistenza nella distilleria di materie prime diverse da quelle dichiarate sotto il profilo merceologico e non gi in relazione alla loro situazione giuridica; del resto, come giustamente osserva il ricorrente p.m., ogni questione dipendente da un eventuale concorso di norme incriminatrici testualmente risolta, nell'ambito e nell'osservanza della disciplina dell'art. 15 c.p., dall'art. 55 del t.u., il quale dispone che l'applicazione delle sanzioni stabilite dalla legge speciale non pregiudica, ove ne sia il caso, quella delle pene comminate dalla legge penale generale. La corte de.I merito, poi, non indica affatto le norme di carattere tributario che, a suo dire, incriminino o comunque sanzionino diversamente il medesimo fatto ascritto al Pozzi a titolo di truffa; ma -a prescindere da ogni questione connessa all'esigenza di una regolare contestazione e pur sotto il profilo della semplice qualificazione giuridica del fatto contestato -non sembra esatta l'affermazione della corte barese. 1244 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Le leggi del 1959 e 1960, invero, non contengono alcuna disposizione, sia pure a mezzo del semplice rinvio o riferimento -espressi, per -a precedenti disposizioni legislative in materia, destinata a reprimere e punire, con efficacia esclusiva nei confronti della disciplina penale ordinaria, una condotta fraudolenta diretta ad ot~enere l'indebito riconoscimento dell'abbuono dell'imposta di fabbricazione; n (a prescindere da ogni questione dipendente dal divieto del ricorso alla analogia e dalle fatte considerazioni in ordine alla disciplina del combinato disposto degli artt. 15 c.p. e 55 del t.u.) pu valere il ricorso alle altre disposizioni della legge fondamentale del 1924, che, nella sua minuziosissima e dettagliata disciplina, non prevede n punisce (n, del resto, poteva farlo per ragioni di ordine cronologico) un fatto avente i caratteri di quello ascritto al Pozzi a titolo di truffa. Nel fatto contestato ricorrono quindi i requisiti, gli elementi costitutivi del delitto di truffa e, pertanto, il fatto stesso .punibile a tale titolo; in parziale aceoglimento del, ricorso del p.m. (respingendosi la censura relativa alla possibilit del concorso di norme incriminatrici e restando assorbito l'esame del penultimo motivo del ricorso dell'imputato, la cui infondatezza discende dall'accoglimento del ricorso del p.m.), la sentenza impugnata va annullata per violazione di legge ed il giudizio va rinviato alla corte del merito, che, nel nuovo riesame, dovr attenersi ai seguenti principi di diritto: a) nel delitto di truffa, la disposizione patrimoniale pu avere anche carattere omissivo; b) costituisce delitto di truffa il fatto di procurarsi, a danno dello Stato ed inducendo in errore gli organi dello stesso mediante artifici o raggiri (facendo apparire, a mezzo della falsificazione della prescritta documentazione, l'irregolare rilascio o l'uso della documentazione fal sificata, che il vino impiegato nella distillazione dello spirito e della acquavite era stato acquistato presso produttori-viticultori a prezzo di imperio), l'ingiusto profitto costit.it dal conseguimento dagli abbuoni dell'imposta di fabbricazione Concessi con le leggi 1<> luglio 1959, n. 453 e 30 luglio 1959, n. 560, nonch dal d.l. 20 aprile 1960, n. 342, conver tito in I. 24 giugno 1960, n. 584. La delimitazione dei compiti del giudice di rinvio impone l'esame del primo motivo del ricorso dell'imputato. Al riguardo va osservato che, nella medesima data del 7 luglio 1970 (voi. 2, fol. 280 e 281), contro la sentenza del tribunale propone vano appello il p.m. e il difensore dell'imputato; la corte del merito ha dichiarato inammissibile l'appello di quest'ultimo perch costui non poteva proporre tale mezzo di impugnazione, bens ricorso per cas sazione. 1245 PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE Con il primo motivo (pag. 2-5 dell'allegazione) il Pozzi lamenta la violazione dell'art. 514 c.p.p., assumendo in sostanza che l'appello da lui interposto dopo la proposizione di identico mezzo di impugnazione da parte del p.m. .__ che vi aveva diritto -era valido ed ammissibile in virt del principio di attuazione stabilito dall'art. 514 c.p.p. La censura non meritevole di accoglimento. pacifico (art. 513, nn. 2 e 3, c.p.p.) che, contro l'unico capo della sentenza assolutoria del Tribunale di Brindisi, il p.m. e l'imputato erano titolari di due distinti mezzi di impugnazione (rispettivamente l'appello ed il ricorso per cassazione); noto, poi, che, secondo l'opinione comunemente accolta, il principio di conversione del ricorso in appello (o di attrazione del primo nel secondo) operante anche nell'ipotesi di sentenza che consti di un unico capo, ricorribile da una delle parti ed appellabile dall'altra; ed infine, risulta dagli atti (per quel che possa valere in funzione dei limiti dell'indagine) che entrambi gli appelli furono proposti nella medesima data. Ci posto, va osservato che la norma di attrazione stabilita dall'art. 514 c.p.p. tende a realizzare un principio di economia e di concentrazione processuale, mediante la progressione, nei -medesimi gradi successivi, dell'intero giudizio, contestualmente, nei confronti di tutte le parti, anche quando ciascuna di queste abbia proposto il mezzo di impugnazione che le proprio, ma non intende attribuire ad una parte un mezzo di gravame di cui non era titolare; il principio di attrazione, invero, del ricorso nell'appello non introduce una deroga di ordine generale all'altro e fondamentale principio della tassativit dei mezzi ' di impugnazione (artt. 190, 207, 513, 526 e 527 c.p.p.). N vale invocare l'operativit ex lege del principio di attribuzione, pokh tale automaticit non implica necessariamente la deroga anzidetta e poich non esclude l'obbligo della verifica da parte del giudice dell'impugnazione quanto meno della insussistenza di una causa originaria di inammissibilit dell'appello, di ostacolo all'instaurarsi del relativo procedimentc. Il primo motivo va quindi respinto. L'esame del secondo motivo (pag. 6-12 dell'allegazione) involge l'indagine di merito relativa all'accertamento dell'imputabilit materiale e psicologica al Pozzi del fatto ascrittogli; esso dipende quindi dalla delimitazione dei compiti del giudice di rinvio nell'ulteriore e definitivo riesame a seguito della pronunzia di annullamento. A tal fine va osservato che il Tribunale di Brindisi aveva accertato che il vino acquistato dal Pozzi per la distillazione non aveva i. requisiti richiesti dalle leggi del 1959 e 1960 -per usufruire degli abbuoni di imposta, che la sussistenza dei requisiti era stata dimostrata a mezzo delle bollette di accompagnamento e di fatture falsificate e 1246 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO che tali documenti falsi erano stati convalidati dagli organi com.petenti; aveva affermato che era da escludere che il Pozzi avesse falsificato materialmente le fatture, 'che mancava la prova sicura (per la presenza di contrastanti elementi, dettagliatamente esaminati, di accusa e a difesa) che lo stesso avesse ,consapevolmente adoperato le fatture falsificate da altri, 'Che non poteva quindi affermarsi che l'imputato avesse indotto in errore i funzionari e che invece era da ritenere che il Pozzi si fosse soltanto avvantaggiato dell'errore nel quale erano incorsi detti funzionari nell'apporre la convalida sui documenti falsi, conseguendo cos le agevolazioni fiscali alle quali non aveva diritto. Premesso, poi, che l'omesso pagamento dell'imposta nella misura dovuta (per effetto dell'indebito godimento degli abbuoni) non rientrava nello schema dell'art. 640 c.p. per difetto di un atto di disposizione patrimoniale, aveva ritenuto che, anche a voler ammettere (cosa di cui mancava la prova sicura) una attivit del Pozzi diretta ad indurre in errore la P.A. ed a conseguire l'indebito godimento degli abbuoni (e cio il pagamento dell'imposta di fabbricazione in misura inferiore a quella poi definitivamente accertata come dovuta), si era sempre in presenza di una frode fiscale e non di una truffa, per mancanza di un atto di disposizione patrimoniale. L'appello del P.M. ebbe per oggetto la decisione sia per quanto riguardava la qualificazione giuridica del fatto contestato e sia per quan to riguardava la riferibilit materiale e psicologica al Pozzi dell'attivit fraudolenta diretta ad indurre in errore i pubblici funzionari e ad otte nere gli abbuoni di imposta. La corte del merito, nel ,confermare, sia pure per altra via, come si detto, la decisione del tribunale, ha pretermesso il riesame relativo al secondo punto del gravame del p.m. ritenendo assorbita ogni ulte riore questione circa la sussistenza materiale dei fatti contestati, poich deve dichiararsi che i medesimi non integrano il modello criminoso della truffa . Orbene, per effetto dell'annullamento come sopra disposto e dei principi affermati, quell'indagine compiuta dal tribunale nel modo cen surato dall'appellante p.m. e non rinnovata dalla corte del merito, no nostante il gravame, a causa dell'assorbente ragione del decidere, deve ovviamente essere svolta dal giudice di rinvio con riferimento all'am bito del motivo di appello del p.m. e nel rispetto di quella parte dell'ac certamento dei primi giudici divenuta irrevocabile; e cio, come si detto, con riferimento alla riferibilit materiale e psicologica al Pozzi dell'attivit~ fraudolenta diretta ad indurre in errore i pubblici funzio nari e ad ottenere gli abbuoni. E resta quindi assorbito ,anche il secondo motivo del ricorso del- l'imputato (pag. 6-12 dell'allegazione), in quanto il giudice di rinvio, l~ ~ f: I. (: ;: ' ~ f ''''''''"'"'fr11r11riilflf~ir1111r11111rlflllrr111111;111111111rJ111111111.r1111J , X PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE dinanzi al quale le parU sono rimesse -entro i limiti fissati dalla pronunzia di annullamento -nella medesim~ situazione esistente anteriormente alla decisione annullata, dovr tenere conto anche delle argomentazioni e richieste prospettate dall'imputato; ed invero, l'appello del p.m. contro la sentenza di assoluzione ha effetto pienamente devolutivo e rimette autqmaticamente l'imputato nella fase iniziale del giudizio, con l'effetto di consentirgli di riproporre in secondo grado, pur in mancanza di rituale gravame, tutte le istanze proposte in primo grado, anche se respinte. E resta assorbito, infine, anche l'ultimo motivo del rico~so dell'imputato, in quanto ogni decisione sull'onere delle spese del giudizio di appello condizionata all'esito di quello di rinvio. Con la memoria esibita in questa sede, il difensore dell'imputato solleva, in riferimento al contenuto del ricorso del p.m., una questio~e relativa ai limiti della contestazione formulata nei suoi confronti, per quanto riguarda la materialit degli artifici e dei raggiri adoperati per indurre in errore i pubblici funzionari. La questione (che va affrontata fin da ora in considerazione degli effetti della sua soluzione sull'oggetto del giudizio di rinvio) non ha ragion d'essere in quanto fondata sull'originaria formulazione del capo c di imputazione e non tiene conto della definitiva formulazione del medesimo -ed ormai unico -capo della sentenza di rinvio a giudizio (voi. 2, fol. 3), legittimamente ;precisato in relazione al contenuto delle altre accuse formalmente contestate con il mandato di comparizione, nonch delle ulteriori contestazioni materialmente oggetto degli interrogatori dell'imputato; contestazione formale e sostanziale avente ad oggetto la materialit dei fatti di raggiro e di artificio sui quali si erano pronunziati i giudici di merito ed ai quali, quindi, correttamente fa riferimento il p.m. In accoglimento parziale, quindi, del ricorso del p.m., rigettati le ulteriori censure di costui nonch il primo motivo del ricorso dell'imputato, e restando assorbito l'esame degli altri motivi formulati da questo ultimo, la sentenza impugnata va annullata per violazione di legge, per le ragioni esposte in precedenza, ed il giudizio va rinviato alla corte del merito affinch, uniformandosi ai principi sopra enunciati, proceda, in piena libert di valutazione e di ,giudizio, all'ulteriore riesame dei punti indicat in motivazione. In considerazione dell'interesse della parte 'Civile ad intervenire nel presente grado del giudizio, in relazione alla possibilit di un pregiudizio per i propri diritti in dipendenza di un eventuale accoglimento del gravame dell'imputato, ed atteso l'esito sfavorevole per costui, sostanzialmente soccombente nel presente grado, del gravame stesso, il Pozzi va condannato al pagamento delle spese in favore della costituita parte civile Amministrazione delle finanze. ---I >' PARTE SECONDA IPlllllllllllllrilllllifllrllllfilllllfllrllllllllalllfltlllllll111 LEGISLAZIONE QUESTIONI DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE I -NORME DICHIARATE INCOSTITUZIONALI Codice di procedura penale, art. 645, nella parte in cui, nel caso di mancata notifica all'interessato di alcuno degli atti o dei provvedimenti che la legge prevede siano a lui comunicati, stabilisce la facoJ.t dei giudici di sorvegUanza e non l'obbligo di ordinare nuove ricerche, prima di dichiararne la irreperibilit e di disporre il deposito degli atti o provvedimenti in cancelleria con contestuale avviso del deposito stesso al difensore dell'interessato, di fiducia o da nominarsi dall'ufficio. Sentenza 28 novembre 1972, n. 168, G. U. 6 dicembre 1972, n. 317. r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 146, nella parte in cui non stabilisce che la notificazione in esso prevista, ai fini della decorrenza del termine di decadenza per ricorrere all'autorit giudiziaria, possa avere luogo anche ad istanza del contribuente. Sentenza 21 dicembre 1972, n. 186, G. U. 27 dicembre 1972, n. 334. contratto collettivo di lavoro 24 mag9io 1956, art. 49, terzo Comma, recepito con d.P.R. 14 luglio 1960, n. 1040, nella parte in cui fa decorrere il termine di decadenza per i reclami dei dipendenti dal giorno in cui il pagamento venga effettuato o omesso, anche per i rapporti di lavoro non considerati dalla legge 15 luglio 1966, n. 604, e successive modificazioni. Sentenza 12 dicembre 1972, n. 174, G. U. 20 dicembre 1972, n. 329. d.P.R. 9 maggio 1961, n. 902, artlcolo unico, per la parte in cui rende obbligatorie erga omnes le clausole 8 e 9 del contratto integrativo di lavoro 25 settembre 1959 per gli operai dipendenti dalle imprese della industria edilizia ed affini della provincia di Padova (art. 76 della Costituzione). Sentenza 21 dicembre 1972, n. 185, G. U. 27 dicembre 1972, n. 334. legge 17 febbraio 1968, n. 108, art. 5, n. 7, nella parte in cui dispone l'ineleggibilit a consigliere regionale per i capi degli uffici regionali, provinciali e locali dello Stato nella regione, coloro che ne fanno le vci per disposizione di legge o di regolamento . Sentenza 28 novembre 1972, n. 166, G. U. 6 dicembre 1972, n. 317. 160 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO II -QUESTIONI DICHIARATE NON FONDATE Codice di procedura civile, art. 648, secondo comma (artt. 3 e 24 della Costituzione), questione dichiarata inammissibile. Sentenza 21 dkembre 1972, n. 183, G. U. 27 dicembre 1972, n. 334. codice .penale, artt. 102, 109, secondo comma (artt. 3, primo e secondo comma, e 27, terzo comma, della Costituzione). Sentenza 28 novembre 1972, n. 168, G. U. 6 dicembre 1972, n. 317. codice penale, art. 106, prima parte ~art. 3 della Costituzione). Sentenza 28 novembre 1972, n. 163, G. U. 6 dicembre 1972, n. 317. codice .penale,' art. 216 (artt. 27, terzo comma, e 38 della Costituzione). Sentenza 28 novembre 1972, n. 167, G. U. 6 dicembre 1972, n. 317. codice penale, artt. 341 e 344 (artt. 1, 2, 3, 4, 35, 54, 97, 98 e 113 della Costituzione). Sentenza 28 novembre 1972, n. 165, G. U. 6 dicembre 1972, n. 317. codice di procedura penale, art. 169, per quanto riguard.a la sua appll cazione al procedimento monitorio (artt. 3 e 24 della Costituzione). Sentenza 15 novembre 1972, n. 15'9, G. U. 22 novembre 1972, n. 304. codice di procedura penale, art. 175 (artt. 3, primo comma, e 24, primo e secondo comma, della Costituzione). Sentenza 21 dicembre 1972, n. 187, G. U. 27 dicembre 1972, n. 334. codice di procedura penale, art. 389, ultimo comma (art. 3 della Costituzione). Sentenza 12 dicembre 1972, n. 169, G. U. 20 dicembre 1972, n. 329. ' codice di procedura penale, art. 498 (art,.. 2_4, secondo comma della Costituzione). Sentenza 12 dicembre 1972, n. 177, G. U. 20 dicembre 1972, n. 329. codice di procedura penale, artt. 502 e 503 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Sentenza 12 dicembre 1972, n. 171, G. U. 20 dicembre 1972, n. 329. codice di .procedura penale, art. 509 (art. 24, secondo comma, della Costituzione). Sentenza 21 dicembre 1972, n. 189, G. U. 27 dicembre 1972, n. 334. I:: f,! ~~ .. . I ff wiir'.%irili:::;i11;:~~:thiw:=;i;i;r1%i&w#jaifJmi.~:i~Wliftit,lwx.fJ1i.1iil PARTE II, LEGISLAZIONE codice di procedura penale, art. 604, secondo comma, relativamente all'iscrizione nel casellario giudiziale della sentenza di non doversi procedere per amnistia che abbia fatto seguito a sentenza non irrevocabile di condanna (artt. 3 e 27 della Costituzione). , Sentenza 21 dicembre 1971, n. 182, G. U. 27 dicembre 1972, n. 334. codice di ,procedura penale, artt. 636 e 637 (artt. 3, primo comma, e 24, secondo comma, della Costituzione). Sentenza 28 novembre 1972, n. 168, G. U. 6 dicembre 1972, n. 317. legge 25 settembre 1940, n. 1424, art. 114, p,rimo comma (artt. 3, primo comma,. e 25, terzo comma, della Costituzione). Sentenza 15 novembre 1972, n. 157, G. U. 22 novembre 1972, n. 304. r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 217, secondo comma (artt. 3 e 27 della Costituzione). Sentenza 21 dicembre 1972, n. 190, G. U. 27 dicembre 1972, n. 334. legge 8 febbraio 1948, n. 47, art. 21, terzo e quarto c,omma (artt. 3, 21, 24, 25, 33, 104 e 111 della Costituzione). Sentenza 12 dicembre 1972, n. 172, G. U. 20 dicembre 1972, n. 329. legge 21 marzo 1958, n. 447, articolo unico, quarto comma, prima parte (artt. 3 e 47 della Costituzione). Sentenza 12 dicembre 1972, n. 173, G. U. 20 dicembre 1972, n. 329. d.P.R. 17 gennaio 1959, n. 2, art. 2, lettera aJ (art. 3 della Costituzione). Sentenza 12 dicembre 1972, n. 173, G. U. 20 dicembre 1972, n. 329. I legge 24 luglio 1961, n. 729, art. 11, ultimo comma (art. 42, secondo comma, della Costituzione). \ Sentenza 21 ,dicembre 1972, n. 188, G. U. 27 dicembre 1972, n. 344. legge 2 ottobre 1967, n. 895, art. 9 (art. 25, primo comma, dell:a Costituzione). Sentenza 12 dicembre 1972, n. 170, G. U. 20 dicembre 1972, n. 329. III -QUESTIONI PROPOSTE Codice civile, art. 844 (artt. 2, 3, 9, secondo comma, 32, primo comma, 41, secondo e .terzo comma, 42, secondo e terzo comma, della Costituzione). Pretore .di Bologna, ordinanza 18 maggio 1972, G.U. 15 novembre 1972, n. 296. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO codice civile, art. 1462, primo comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). Tribunale di Milano, ordinanza 15 giugno 1972, G. U. 6 dicembre 1972, n. 317. codice civile, art. 2120 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Firenze, ordinanza 26 aprile 1972, G. U. 6 dicembre 1972, n. 317. codice penale, art. 69, quarto e quinto comma (artt. 3, primo comma, e 27, terzo comma della Costituzione). Tribunale di Torino, ordinanza 20 ottobre 1972, G. U. 27 dicembre 1972, n. 334. codice penale, artt. 102, 106 e 109, secondo comma (artt. 3, primo e secondo comma, e 27, terzo comma, della Costituzione). Giudice di sorveglianza del tribunale di Firenze, ordinanza 12 settembre 1972, G. U. 22 novembre 1972, n. 304. codice penale, art. 120 (artt. 112 e 3 della Costituzione). Pretore di Codigoro, ordinanza 30 giugno 1972, G. U. 15 novembre 1972, n. 296. codice penale, art. 290 (art. 21, primo comma, della Costituzione). Giudice istruttore del tribunale di Milano, ordinanza 18 novembre 1971, G. U. 22 novembre 1972, n. 304. codice penale, art. 341 (artt. 1, 3, 28, 54, 97 e 98 della Costituzione). Pretore di Pi.:sa; ordinanza 28 giugno 1972, G. U. 22 novembre 1972, n. 304. Giudice istruttore del tribunale di Pisa, ordinanza 4 luglio 1972, G. U. 15 novembre 1972, n. 296. Tribunale di Milano, ordinanza 10 luglio 1972, G. U. 15 novembre 1972, n. 296. codice di procedura penale, art. 93, secondo comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Vittoria, ordinanza 26 giugno 1972, G. U. 22 novembre 1972, n. 304. codice di procedura penale, art. 108, primo comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Bitonto, ordinanza 5 giugno 1972, G. U. 22 novembre 1972, n. 304. PARTE II, LEGISLAZIONE codice di procedura penale, art. 510, secondo comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Todi, ordinanza 29 settembre 1972, G. U. 6 dicembre 1972, n. 317. codice di procedura penale, artt. 636, 637 e 642, secondo comma (articoli 24, secondo comma, e 3, primo comma, della Costituzione). Giudice di sorveglianza del tribunale di Firenze, ordinanza 12 settembre 1972, G. U. 22 novembre 1972, n. 304. d.lgt. 20 maggio 1917, n. 876, artt. 6, primo comma, e 7, primo comma (art. 3 della Costituzione). Corte dei ,conti, quarta sezione, ordinanza 14 maggio 1971, G. U. 22 novembre 1972, n. 304. d.I. 30 dicembre 1923, n. 3270 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Palermo, or.dinanza 26 novembre 1971, G. U. 15 novembre 1972, n. 296. r.d. 27 febbraio 1936, n. 645, artt. 1, 166, 251 (artt. 21 e 43 della Costituzione). Pretore di Milano, ordinanza 15 marzo 1972, G. U. 15 novembre 1972, n. 2,96. r.d.I, 3 marzo 1938, n. 680, art. 61, pl"imo comma (art. 3, primo comma, della Costituzione). Corte dei conti, terza sezione, ordinanza 27 aprile 1972, G. U. 20 dicembre 1972, n. 329. legge 25 settembre 1940, n. 1424, artt. 116, primo comma (artt. 3, primo comma, 27, primo comma, e 42, terzo comma, della Costituzione). Tribunale di Varese, ordinanza 26 giugno 1972, G. U. 15 novembre 1972, n. 296. r.d. 6 febbraio 1942, n. 50, art. 6 (art. 3 della Costituzione). Corte dei conti, terza sezione, ordinanza 20 aprile 1972, G. U. 20 dicembre 1972, n. 329. ,fegge 17 luglio 1942, n. 907, artt. 45 e seguenti (artt. 41, primo comma, e 43 della Costituzione). Tribunale di Roma, ordinanza 15 giugno 1972, G. U. 27 dicembre 1972, n. 334. Giudice istruttore del tribunale di Milano, ordinanza 3 luglio 1972, G. U. 22 novembre 1972, n. 304. 164 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Tribunale di Roma, ordinanze 25 luglio 1972 (G. U. 6 dicembre 164 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Tribunale di Roma, ordinanze 25 luglio 1972 (G. U. 6 dicembre 1972, n. 317) e 7 agosto 1972 (G. U. 22 novembre 1972, n. 304). d.l.C.P.S. 9 novembre 1945, n. 788, art. 16 (artt. 3, primo comma, 23, 24, primo comma, e 27 della Costituzione). Pretore di Civitavecchia, ordinanza 27 giugno 1972, G. U. 15 novembre 1972, n. 296. d.lg.lgt. 16 marzo 1946, n. 98, art. 6 (artt. 76 e 77 della Costituzione). Tribunale di Lucca, ordinanza 18 aprile 1970, G. U. 22 novembre 1972, n. 304. d.lg. 22 gennaio 1948, n. 66, articolo unico (artt. 76 e 77 della Costituzione). Tribunale di Lucca, ordinanza 18 aprile 1970, G. U. 22 novembre 1972, n. 304. Giudice istruttore del tribunale di Genova, ordinanza 12 giugno 1972, G. U. 22 novembre 1972, n. 304. legge 8 febbraio 1948, n. 47, art. 21 (artt. 3, 21, 24 e 111 della Costituzione). Corte d'assise di Campobasso, ordinanza 1 luglio 1972, G. U. 15 novembre 1972, n. 296. Tribunale di Potenza, ordinanza 18 settembre 1972, G. U. 6 dicembr: e 1972, n. 317. legge 23 maggio 1950; n. 253, art. 7 (artt. 3, primo e secondo comma, e 47, secondo comma, della Costituzione). Pretore di Latina, ordinanza 22 settembre 1972, G. U. 20 dicembre 1972, n. 329. legge 3 gennaio 1951, n. 27, artt. 1 e 4 (artt. 41 e. 43 della Costituzione). Tribunale di Roma, ordinanza 8 aprile 1972, G. U. 22 novembre 1972, n. 304. legge 14 marzo 1952, n. 196, art. 1 (artt. 21 e 43 della Costituzione). Pretore di Milano, ordinanza 15 marzo 1972, G. U. 15 novembre 1972, n. 296. legge 26 ottobre 1952, n. 1463, art. 1 (artt. 3 e 34 della Costituzione). Pretore di La Spezia, ordinanza 12 giugno 1972, G. U. 22 novembre 1972, n. 304. PARTE II, LEGISLAZIONE legge reg. Trentino-Alto Adige, 1 giugno 1954, n. 11, artt. 6 e 7 (art. 3, primo comma, della Costituzione). Corte dei conti, prima sezione, ordinanza 23 maggio 1972, G. U. 15 novembre 1972, n. 296. T.U. 30 maggio 1955, n. 797, art. 82 (artt. 3, primo comma, 23, 24, primo comma, e 27 della Costituzione). Pretore di Civitavecchia, ordinanza 27 giugno 1972, G. U. 1'5 novembre 1972, n. 296. legge 14 ottobre 1957, n. 1203, art. 2 (artt. 70, 71, 72, 73, 74, 75 e 23 della Costituzione). Tribunale di Torino, ordinanza 21 aprile 1972, G. U. 6 dicembre 1972, n. 317. legge 15 febbraio 1958, n. 46, artt. 11, secondo comma, e 19 (artt. 3, 29, primo comma, 31, primo comma, 36, primo comma, e 38 della Costituzione). Corte dei conti, terza sezione, ordinanza 2 \maggio 1972, G. U. 27 dicembre 1972, n. 334. legge 20 febbraio 1958, n. 75, art. 4, n. 3 (artt. 3 e 29 della Costituzione). Tribunale di Bologna, ordinanza 16 'ottobre 1972, G. U. 20 dicembre 1972, n. 329. legge 2 aprile 1958, n. 339, art. 1.7, lettera bi (art. 36 della Costituzione). Pretore di Legnano, ordinanza 27 aprile 1972, G. U. 15 novembre 1972, n. 296. legge 25 novembre 1962, n. 1684, art. 29, secondo comma (art. 24 della Costituzione). Pretore di San Giovanni Rotondo, ovdinanza 23 maggio 1972, G.U. 22 novembre 1972, n. 304. legge 5 marzo 1963, n. 246, (!rt. 25, terzo comma (artt. 53, p,rimo com. ma, e 136, primo comma, della Costituzione). Corte di appello di Genova, ordinanza 5 maggio 1972, G. U. 15 novembre 1972, n. 296. d.P.R. 5 giugno 1965, n. 749, art. 2, secondo comma (artt. 3 e 36 della Costituzione). Corte dei conti, terza sezione, ordinanza 25 maggio 1972, G. U. 27 dicembre 1972, n. 334. 166 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 15 luglio 1966, n. 604, art. 1 O (art. 3 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanze 4 luglio 1972 (due), G. U. 22 novembre 1972, n. 304. legge 3 maggio 1967, n. 315, art. 5, primo comma (artt. 36 e 3 della Costituzione). Corte dei conti, terza sezione, ordinanza 29 gennaio 1972, G. U. 20 dicembre 1972, n. 329. legge 2 agosto 1967, n. 799, art. 8 (artt. 1, 4, 35, 42, 43, 44, 46 e 47 della Costituzione). Pretore di Firenze, ordinanza 4 agosto 1972, G. U. 27 dicembre 1972, n. 334. legge 19 novembre 1968, n. 1187, artt. 1, 2 e 5 (artt. 42, terzo comma, 3 e 136 della Costituzione, nonch art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1). Consiglio di Stato, quinta sezione, ordinanza 7 aprile 1970, G. U. 27 dicembre 1972, n. 334. legge 26 novembre 1969, n. 833 modificato dall'art. 56 del d.I. 26 ot tobre 1970, n. 745, convertito con legge 18 dicembre 1970, n. 1034, art. 1 (art. 3, primo comma, della Costituzione). Pretore di Latina, ordinanza 22 settembre 1972, G. U. 20 dicembre 1972, n. 329. legge 24 dicembre 1969, n. 921, art. 9 (artt. 3, 23, 38, quarto comma, della Costituzione). Pretore di Sampierdarena, ordinanza 4 aprile 1972, G. U. 15 novembre 1972, n. 296. Pretore di Enna, ordinanza 20 settembre 1972, G. U. 6 dicembre 1972, n. 317. legge 24 dicembre 1969, n. 990, art. 24, secondo comma (artt. 3 e 24 e 53 della Costituzione). Pretore di Bitonto, ordinanza 5 giugno 1972, G. U. 22 novembre 1972, n. 304. legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 5, secondo comma (art. 13, primo e secondo comma, della Costituzione). Pretore di Torino, ordinanza 13 luglio 1972, G. U. 6 dicembre 1972, n. 317. legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 35, primo comma (art. 3 della Costituzione). Pretore di Milano, ordinanza 15 giugno 1972, G. U. 15 novembre 1972, n. 296. PARTE II, LEGISLAZIONE legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 37 (artt. 3, primo comma, 24, 39, 40 e 113 della Costituzione). Pretore di Milano, ordinanza 11 luglio 1972, G. U. 20 dicembre 1972, n. 329. d.P.R. 28 dicembre 1970, n. 1080, art. 4, secondo comma (artt. 3 e 36, primo comma, della Costituzione). Corte dei conti, terza sezione, ordinanza 18 aprile 1972, G. U. 15 novembre 1972, n. 296. legge 22 ottobre 1971, n. 865, art. 13, quarto comma (artt. 113, 24 e 103 dell?-Costituzione). Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana, ordinanza 15 giugno 1972, G. U. 6 dicembre 1972, n. 317. legge reg. siciliana 31 marzo 1972, n. 19, art. 9, nono comma (artt. 113, 24 e 103 della Costituzione, e artt. 14 e 17 dello Statuto speciale per la Regione sidliana). Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana, ordinanza 15 giugno 1972, G. U. 6 dicembre 1972, n. 317. legge 4 aprile 1972, n. 218, art. 23 (artt. 3, primo comma, 23, 24, primo comma, e 27 della Costituzione). Pretore di Civitavecchia, ordinanza 27 giugno 1972, G. U. 15 novembre 1972, n. 296. legge 17 luglio 1972, n. 907, artt. 45 e 73 (artt. 41 e 43 della Costituzione). Tribunale di Roma, ordinanza 8 aprile 1972, G. U. 22 novembre 1972, n. 304. legge prov. Bolzano 30 agosto 1972, n. 18, artt. 1, primo e quarto comma, e 1 O (art. 11 della legge costituzionale 10 novembre 1971, n. 1). Provincia di Trento, ricorso 31 ottobre 1972, n. 56, G. U. 22 novembre 1972, n. 304. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 641 (artt. 76, 117, 118 e 119 della Costituzione). Regione toscana, ricorso 3 dicembre 1972, G. U. 27 dicembre 1972, n. 334. RECENSIONI E. ZAMPETTI -G. !PSEVICH, Burocrazia, mezze maniche e computer, Pan Editrice, Milano, 1972, pagg. 221. 11 libro va collocato fra i testi di infOirmazione pi pl'ecisi apparsi, fin'ora, nella letteratura dell'informatica. Questa nuova disciplina, che conta ormai ben tre Facolt universitarie (Torino, Pisa, Bari) e una moltitudine di centri culturali e di insegnamento, costituisce lo strumento pi moderno e tecnicamente pi idoneo per il management in generale. Non a caso 1"informatica ha compiuto i primi passi in Paesi a pi elevato sviluppo economico, e -dove i1l pdncipfo della informazione costituisce il fondamento per la effettiva realizzazione di un sistema so.cialmente avanzato della comunit. Gli AA., nell'accennare aJ.ile (Linee dell'assetto burocratico sta.taile italiano, passato e presente, e nei! deldneare il futuribile ~ nella pubblica .Amministrazione, contribuiscono, in modo rilevante, all'opera di :sensibilizzazione della pubbUca opinione, 1ed, in particolare, di quella degli addetti alla pubblica Amministrazione, sensibilizzazione necessaria per rendere pi SOlilecito e senza inutili remore, H recepimento delle nuove tecniche operative, specie per quanto attiene allo svolgimento dei procedimenti amministrativi. La puntuaUt che si riscontra nell'esposizione e la ricchezza dei dati e delle informazioni, pur nell'ambito di un vOilume di limitate proporzioni tipografiche, costitmscono uno dei non pochi pregi delil'opera, che conduce, in modo piano e .gradevole, all' iniziazione ., con sufficiente conoscenza, nel campo dell'informatica. Il titolo del libro contiene gi una presa d'atto del movimento in corso all'interno del.ila pubblica Amministrazione, determinato dall'introduzione de1le nuove tecnologie nello svolgimento delle procedure amministrative. ' Il sistema burocratico pubblico re.cepisce, talvolta, con qualche ritardo ., l'opportunit dell'applkazione di nuovi sistemi, (peraltro gi adottati largamente neil. settol'e privato) per impirimooe un maggior tono di efficienza ne1l sistema produttivo, e iii. richiamo posto dal Presidente del Consiglio dei Ministri, nella Prefazione del libro, all'episodio della introduzione delle pdme macchine da scrivere negili Uffici. statali., senza dubbio significativo, e d fa prova di quella naturale vischiosit che l'ambiente oppone al c.d. progresso tecnologico nella pubbli.ca Amministrazione. Costituisce un indiscutibHe dato stol'ico che qualsiasi innovazione nel sistema produttivo amministrativo determina, anzitutto, uno sconvoil.gimento psicologico ., rparticoilarmente neHe coscienze amministrative dei singoli di-pendenti. Il timor.e per H. nuovo l'elemento negativo che occorre mettere in bilancio, laddove si intenda portare avanti il rinnovamento delle strutture per consentire al cittadino di avva1lersi dei servizi resi dall'Amministrazione iin modo pi eff.iciente. La burocrazia meno illUininata teme lil rinnovamenrto che scaturisce da:lla introduzione di nuove tecniche, considerandole come possibile causa di perdita di competenza ; ma, storkamente, si sempre verificato esattamente l'opposto. PARTE II, RECENSIONI L'inserimento delle nuove tecniche non ha determinato mai una diminuzione. di competenza, e, quindi, una possibile riduzione di personale, ma, produce solo una migldore funzionalit dei servizi, nel senso che il prodotto amministrativo risulta reso ai :richiedenti e ai destinatari per leg.ge, nel .tempo pi breve e nel modo pi efficiente. Proprio sulla base di tali considerazioni, che costituiscono il risultato deHa presa d'atto del problema sotto il profilo sociologico, la pall"te pi avanzata della dirigenza amministrativa ha avvertito, da tempo, la ineluttabile nec>>>ȥ>>ȥ>>>>'>>'""ȥ.-""c.' ~ I ! f PARTE II, CONSULTAZIONI 179 mediante trattenuta diretta su eventuali altre competenze spettanti a qualsiasi titolo al titolare del trattamento pensionistico o ai suoi aventi causa, giusta il disposto dell'art. 18, 2o comma, della legge 27 maggio 1970, n. 382 '(n. 261). Mutilati e invalidi civili -Indebita corresponsione di assegni -Recupero Trattenuta diretta -Annullamento credito -Modalit (l. 30 marzo 1971, n. 118; r.d. 25 marzo 1924, n. 827, artt. 263 e 265). Se per il recupero di assegni di assistenza indebitamente percepiti da mutilati e invalidi civiU sia necessario, ai fini dell'annullamento del relativo credito ai sensi degli >artt. 263 lett. e) e 2>65 del r.d. 23 maggio 1924, n. 827, il previo esperimento di un tentativo di riscossione ovvero siano sufficienti le sole informazioni di polizia o di finanza circa le disagiate condizioni economiche dei debitori. Se per il recupero di quote di assegni di assistenZJa indebitamente percepite da mutilati, e invalidi civili, cui sia stato revocato il trattamento pensionistico, possa provvedersi mediante trattenuta diretta su evenutali altre competenze spettanti a qualsiasi titolo al titolare del trattamento pensionistico o ai suoi aventi causa, giusta il disposto dell'art. 18, 2o comma, della 1egge 30 marzo 1971, n. 118 (n. 262). Mutilati e invalidi civili -Indebita corresponsione di assegni -Revoca Effetti (l. 30 marzo 1971, n. 118). Se i provvedimenti di revoca di pensioni o assegni indebitamente percepiti da mutilati ed invalidi civili, sia quelli adottati dai Comitati Provinciali di Assistenza e Benefi.cenza Pubblica ai sensi dell'art. 21 della legge 30 ma~zo 1971, n. 118 a seguito dei mutamenti intervenuti circa i requisiti voluti dalla legge per beneficiare delle provvidenze da essa previste, sia quelli adottati dal Prefetto nei casi in cui l'assegno fosse stato erogato a favore di persona che, essendo titolari di altri trattamenti pensionistici, non ne avevano diritto, abbiano efficacia retroattiva (ex tunc) ovvero solo dal momento del.fa loro emanazione (ex nunc) (n. 263). Mutilati ed invalidi civili -Indebita corresponsione di assegno di assistenza -Obbligo di recupero (l. 30 marzo 1971, n. 118, art. 12, 2 co. e 13; l. 30 aprile 1969, n. 153, art. 26; r.d. 23 maggio 1924, n. 827, art. 435, 2 co.). Se l'Ammintstrazione sia tenuta, ex art. 435, 2o comma r.d. 23 maggio 1924, n. 827, a procedere al recupero degli assegni di assistenza indebitamente corrisposti a favore di mutilati ed invalidi civili i quali, essendo titolari di ailtri trattamenti pensionistici, non ne aveva diritto, giusta il 'combinato disposto degli artt. 12, 2o comma, e 13 del1a legge 30 marzo 1971, n. 118, nonch 26 della legge 30 aprile 1969, n. 153, ovvero possa awlicarsi alla fattispecie il principio della irripetibilit degU stipendi, assegni o altre indennit indebitamente corrisposti dalla P.A. e percepiti in buona f.ede (n. 264). Pignoramento di somme dovute dall'Amministrazione -Fermo amministrativo -Prevalenza (art. 553 c.p.c.; r.d. 8 novembre 1923, n. 2440, art. 69). Se nel caso in cui siano state pignorate somme dovute a terzi dall'Amministrazione, quest'ultima possa disporre il fermo amministrativo su tali norme per 11 recuperodi un contrapposto suo credito verso il debitore esecu 180 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tato o invece debba intervenire nell'esecuzione per partecipare alla assegnazione in concorso .con il creditore procedente, soggiacendo alle ordinarie norme sul concorso di pi crediti nell'esecuzione (n. 265). CONTENZIOSO TRIBUTARIO Avviso di accertamento -Ricorso alle Commissioni Tributarie -Termini - Sospensione feriale (d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 21; i. 14 luglio 1965, n. 818; l. 7 ottobre 1969, n. 742). Se la sospensione dei termini processuali stabilita dalle leggi 14 luglio 1965, n. 818 e 7 ottobre 1969, n. 742, sia applicabile al termine previsto dall'art. 21 del d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, per il ricorso alle commissioni tributarie avverso l'avviso di accertamento del valore imponibile (n. 7). Imposte dirette -Contenzioso tributario -Azioni dirette al rimborso di tributi indebitamente pagati od allo sgravio di tributi non dovuti -Natura -Controversie d'imposta -Limiti (d.l. 7 agosto 1936, n. 1679, art. 22, 4 co.; t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 188; i. 28 ottobre 1970, n. 801, art. 8). Se, in materia d'imposte dirette, siano da ritenere controversie d'iimposta sogg. ette come tali, alla necessaria previa cognizione da parte delle Commissioni tributarie -le controversie relative ai rimborsi ed agli aggravi (n. 8). Se, in materia d'imposte dirette, costituisca controversia d'imposta - come tale soggetta alla necessaria previa cognizione da parte delle Commissioni tributarie -quella nella quale si alleghi la totale o parziale inesistenza dell'obbligazione tributaria, quando le imposte iscritte a ruolo si riferiscano a redditi accertati dall'ufficio ed il relativo atto di accertamento non sia stato impugnato (n. 8). Se, in materia d'imposte dirette, costituisca controversia d'imposta - come tale soggetta a1La :necessaria previa cognizione da parte delle Commissioni tributarie -nella quale si alleghi un errore materiale coonmesso dal contribuente e non riparato dall'ufficio, sia nella fase di versamento dell'imposta in tesor.eria, sia ne11a dichiarazione (n 8). Se, in materia d'imposte dirette, costituisca controversia d'imposta - come tale soggetta alla necessaria previa cognizione da rparte delle Commissioni tributarie _:_ quella nella quale, pur in presenza di un riconoscimento del diritto al rimborso o dalilo sgravio da rparte dell'Amministrazione, si sia prodotto un giudicato di ammissibilit, per tardivit, del ricorso proposto dal contribuente alle Commissioni tributarie (n. 8). Se, in materia d'imposte dirette, costituiisca controversia d'imposta - come tale soggetta alla necessaria previa cognizione da parte delle Commissioni tributarie -quella in materia di riimborso di ritenute d'acconto su introiti lordi non corrispondenti ad imponibili definitivi (n. 8). CONTRABBANDO Reati doganati -Arresto deUo straniero -Cittadini greci, -Disciplima: speciale -Disciplina comune -Compatibilit (l. 25 settembre 1940, n. ,1424, art. 139; cod. proc. pen., art ,212; i. 4 agosto 1955, n. 848 i. 3 luglio 1950, n. 886; Costituzione, art. 10). Se la custodia preventiva dell'arrestato per reato doganale, ai sensi dell'art. 139 1. 25 settembre 1940, n. 1424, fermo restando i limiti massimi il. 1:: fil 1, I!' r PARTE II, CONSULTAZIONI in detta norma previ1sti, possa superare quelli stabiliti ne1l'art. 272 cod. proc. pen., secondo il testo modificato daHe leggi 18. giugno 195,5, n. 517 e 1 luglio 1970, n. 406 (n. 48). Se la 1speciale disciplina della custodia preventiva de11'arrestato per reato doganale, pr.evista dall'art. 139 1. 25 settembre 1940, n. 1424, sia applicabHe ai cittadini greci (n. 48). Se la cauzione imo;>osta allo straniero imputato di reato doganale, come condizione per ottenere ila libert personale, debba essere idonea a garantire il pagamento delle multe o delle ammende, ovvero possa essere determinata con criteri diversi, quali quelli desumibiU dal codice di procedura penale (n. 48). CONTRIBUTI E FINANZIAMENTI Ente ecclesiastico -Complesso monumentale sottoposto a vigilanza dello Stato -Lavori di restauro -Contributo erariale -Legittimit (l. 21 dicembre 1961, n. 1552, art. 3; l. 1 giugno 1939, n. 1089, artt. 14, 15 e 16). Se ,sia da ritenere legittima la concessione, a favore di Ente ecclesiastico munito di personalit giuridica, di contributo erariale per lavori di restauro ad un complesso monumentale sottoposto alla vigilanza dell'Amministrazione per la tutela delle antichit e belle arti (n. 104). Incentivi finanziari per le imprese industriali del Mezzogiorno -Applicabilit della nuova disciplina alle imprese di grande estensione -decorrenza (l. 6 ottobre 1971, n. 853, art. 10). Con quale decorrenza la legge 6 ottobre 1971, n. 853, che ha introdotto nuovi incentivi finanziari per le imprese industriali del Mezzogiorno, debba ritenrsi applicabile alle imprese industriali di grandi dimensioni (n. 101). Provvidenze alberghiere e turistiche -Contributi e finanziamenti -Muta mento di destinazione -Revoca -Obbligo di restituzione -Interessi Decorrenza (l. 12 marzo 1968, n. 326, art. 17). Se gli interessi sulle somme percepite a titolo di finanziamento e contributo, quali provvidenze varie per ila razionalizzazione e lo sviluppo della ricettivit albel'ghiera e turistica, e da .restituire allo Stato qualora venga mutata la destinazione specifica in vista della quale il finanziamento o contributo fu concesso, siano dovute dal giorno in cui le somme furono erogate ovvero da quello in cui mutata la destinazione specifica (n. 102). Strade comunali -Contributi per costruzione -Strada gi esistente (l. 21 aprile 1962, n. 181, art. 4). Se il contributo che l'art. 4 della legge 21 aprile 1962, n. 181 prevede a carico dello Stato e a favore dei Comuni per la sistemazione, l'ammodernamento e la costruzione di strade comunali, possa essere concesso per la costruzione di una strada .gi eststente prima delil'entrata in vigore della legge (n. 103). 182 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO DAZI DOGANALI Repertazione paste alimentari e prodotti da forno -Importazione grasso a reintegro, in esenzione da prelievo -Posizione ~oggettiva dell'esporta tore -Termine -Natura (l. 9 ottobre 19'64, n. 948, artt. 1 e 4; Reg. C.R.E. 21 agosto 1967, n. 421, art. 2 n. 'l; Seg. C.E:E. 19 giugno 1967, n. 120, art. 12, n. 2). Se l'esportatore di paste alimentari e di prodotti da forno aventi determinate ca,ratteristiche sia titolal'e di un diritto soggettivo ovvero di un interesse legittimo all'iimpoctazione di una corrispondente quantit di grano a reintegro ed in esenzione da un prelievo (n. 64). Se il termine di sei mesi da1la data della bolletta doganale di esporta-' zione di paste alimentari e di prodotti da forno aventi determinate caratteristiche, entro il quale essere eseritato il diritto all'importazione di grano a reintegro in esenzione da prelievo, sia da qualificare termine di prescrizione ovvero di decadenza (n. 64). Se entro il termine di sei mesi dalla data della bo1'letta doganale di esportazione di paste alimentari e di prodotti da forno aventi determinate caratteristiche, sufficiente che l'esportatove richieda l'autorizzazione ad importare grano a reintegro in esenzione da prelievo, ovvero necessario che porti a compimento le opera:Zioni di importazione (n. 64). Se l'autorizzazione ad importare grano in esenzione da prelievo, a reintegro di quello impiegato ne1la paste alimentari e nei prodotti da forno esportati, abbia un tel'lffiine di validit (n. 64). Spedizione doganale -Nomina -Patente a validit illimitata -Rilascio Nuova disciplina -Diritto transitorio (d.P.R. 18 febbraio 1971, n. 18, artt. 27 e 125). Se, per spedizionieri accreditati al 30 giugno 1971, presso le dogane, in favore dei quali l'art. 1 d.P.R. 18 febbraio 1971, n. 18 prevede il rilascio di diritt9 della patente Con validit illimitata, debbano intendersi soltanto coloro in possesso di patente scaduta dopo il 30 giugno 1971 ovvero coloro i quali, essendo iii possesso di patente con scadenza prima del 30 giugno 1971, ne abbiano chiesto il rinnovo prima della scadenza (n. 65). " DEBITO PUBBLICO Indennit di espropriazione -Richiesta di conversione in titoli del debito pubblico -Competenza (l. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 49; d.l. 23 marzo 1919, n. 1058, artt. 115 e 116; l. 20 marzo 1968, n. 391). Se, a seguito dell'entrata in vigore della legge 2() marzo 1968, n. 391, la competenza a disporre la conversione in titoli del debito pubblico della somma depositata presso la Cassa Depositi e Prestiti a titolo di indennit di espropriazione per pubblica utilit spetti al prefetto ovvero all'Autorit Giudiziaria (n. 14). DEMANIO Beni demaniali -Uso d.a parte di altra amministrazione o di amministrazione autonoma o di concessionario -Disciplina. Se nel caso di utilizzazione di bene demaniale dello Stato da parte di un'amministrazione statale diversa da quella che lo ha in gestione ed I I 11a11111!r111111111:111111r111r111r11111111r11111r11a1rr111t1 PARTE II, CONSULTAZIONI uso per scopi ed esigenze diverse da quelli propri della destinazione legale '(}el bene, ovvero da parte di un'amministrazione autonoma o di concessionario di bene demaniale (ne1la specie Societ Austrade) si ponga in essere una concessione amministrativa e debba essere corrisposto il relativo canone (n. 253). Occupazione ultrabiennale -Condanna dell'Amministrazione al pagamento di somma corrispondente al valore dell'area -Formale acquisizione dell'area -Decreto di espropriazione -Usucapione. Se, onde procedere alila formale acquisizione al demanio delfimmobile ancora non usucapito, per la ntegittima occupazione del quale abbia l'Amministrazione corrisposto somma corrispondente al valore, possa emettersi decreto di espropriazione (n. 252). DIFESA DELLO STATO Agricoltura e foreste -Trasferimento alle Regioni -Rapporti sostanziali pregressi ed esauriti -Titolarit -Procedimento civile -Conseguenze (l. 16 maggio 1970, n. 281; d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 11; c.p.c. art. 111). Se tl trasferimento alle Regioni delle funzioni .amministrative in materia di agricoltura e foreste comporti anche il trasferimento dei rapporti sostanziali esauriti e relativamente ai quali r.estano da essere definite conseguenze di ordine patrimoniale (n. 20). Se, nel .caso in cui il trasferimento alle Regioni delle funzioni amministrative in materia di agricoltura e foreste sia ritenuto comprendere anche i rapporti sostanziali esauriti, il processo nel quale si controverte di un credito da tali rapporti nascente prosegua tra le parti originario o sano (n. 20). Dopolavori postelegrafonici -Natu.ra -Patrocinio (r.d.l. 9 luglio 1926, n. 1271). Se i Dopolavori postelegrafonici costituiscano organi periferici dello Stato ovvero associazioni di fatto (n. 21). Se il patrocinio dei Dopolavori postelegrafonici spetti all'Avvocatura dello Stato (n. 21). Patronati scolastici -Patrocinio dell'Avvocatura dello Stato (t.u. 30 ottobre 1933, n. 1611, art. 43). Se i Patronati scolastici siano autorizzati ad avvalersi del patrocinio dell'Avvocatura dello Stato (n. 22). EDILIZIA ECONOMICA POPOLARE Alloggi economici e popolari -Prezzo di cessione -Determinazione -Commissioni regionali -Competenza -Limiti (l. 27 aprile 1962, n. 231, art. 6). Se la competenza delle Commissioni regionali in materia di determinazione del prezzo di cessione degli alloggi economici e popolari sia limitata a stabilire il valore venale degli alloggi ovvero si estenda sino alla fissazione definitiva del prezzo di cessione (n. 238). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Alloggi economici e popolari -Sgombero per demolizione -Diritto degli assegnatari (t.u. 28 aprile 1938, n. 1165, artt. 38, 42; d.l. 17 aprile 1948, n. 1029, artt. 1 e segg.; l. 2 luglio 1949, n. 408, art. 3; d.P.R. 17 gennaio 1959, n. 2, artt. 12, 15 e 16; d.P.R. 23 maggio 1964, n. 655). Se e quali pretese nei confronti dell'Ente proprietario possano avanzare gli assegnatari di alloggi economici e popolari, nel caso di ordine di rilascio degli alloggi medesimi in vista della il.oro demolizione per pericolo di rovina non imputabile all'Ente medesimo (n. 240). Se .la norma di cui all'art. 18 d.P.R. 23 maggio 1964, n. 655, secondo la quale gli Enti proprietari di aliloggio economico e popolare, nel caso in cui debbano procedere allo sgombero degli alloggi, hanno l'obbUgo di comunicare alle competenti Commissioni Provinciali l'elenco deg