ANNO XVII -N. 4 LUGLIO -AGOSTO 1965 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO PUBBLICAZIONE BIMESTRALE DI SERVIZIO Spedizione in abbonamento postale -Gruppo IV INDICE Parte prima: GIURISPRUDENZA Sezione primo: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E . INTERNAZIONALE . pog. 599 Sezione secondo: GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE )) 649 Sezione terza: GIURISPRUDENZA CIVILE )) 686 Sezione quarta: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA )) 735 Sezione quinta: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA )) 766 Sezione sesta: GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE PUBBLICHE, APPALTI E FORNITURE )) 828 Sezione settima: GIURISPRUDENZA PENALE ll 855 Parte seconda: RASSEGNE -QUESTIONI -CONSULTAZIONI RASSEGNA DI DOTTRINA. pag. 95 RASSEGNA DI LEGISLAZIONE )) 101 QUESTIONI )) 113 . CONSULTAZIONI )) IP Le sezioni della parte prima sono curate, nell'ordine, dagli avvocati: Michele Savarese, Giorgio Zagari, Franco Carusi, Ugo Gargiulo, Leonida Correole, Giuseppe Del Greco, Antonino Terranova; le rassegne di dottrina e legislazione dagli avvocati: Benedetto Saccari e Mario Fane.fli. Coordinamento generale: avvocoti Aristide Salvatori e Ugo Gargiulo. ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI LA REDAZIONE, Il primo triennio di applicazione del nuovo capitolato generale . TRACANNA L., Limiti della competenza della Corte di Giustizia della e.E.E., ex art... 177, lett. a) del Trattato -Dfritto comunitario e diritto interno innanzi alla Corte Costituzionale ed alla Corte di Giustizill . BACCARI B., Considerazioni sulla disposizione dell'art. 65 del t.u. 12 luglio 1934, n. 1214 (leggi sull'ordinamento della Corte dei Conti) e sugli effetti della sentenza emessa in sede di regolamento pr~ventivo di giurisdizione . FRENI A., Osservazioni sulle controversie relative ai rapporti di impiego dei dipendenti degli enti pubblici economici . CARUSI F., Il giudizio incidentale di legittimit costituzionale BAFILE C., Sulla soggezione all'imposta straordinaria sul patrimonio dei residenti nel Territorio Libero di Trieste CORREALE L., Ancora del regime fiscale delle delegazioni di pagamento tratte dai Comuni sulle imposte di consumo -Autonomia rispetto al mutuo garantito -Trattamento di favare ai fini della legge 589/49 -Limiti ~NIA., In tema di inesatto adempimento dell'obbligazione tributaria SEMBIANTE R., Produzione ordinaria, produzione di serie e produzione specializzata nell'interpretazione dell'art. 1, commi 5 e 6 della legge 19 luglio 1941, n. 771 . MANDO' G., Agevolazioni tributarie in materia di acquisti di area gi edificata e solo parzialmente riedificabile FAVARA F., Osservazioni sull'accertamento dei profitti di contingenza MARZANO A., In tema di delimitazione dei laghi demaniali e delle spiagge DEL GRECO G., Sugli effetti giuridici e sulla notifica della domanda arbitrale . CARAMAZZA I. F., Le forche caudine dell'art. 5 del codice penale Il, 113 I, 629 I. 650 I, 659 I, 700 I, 777 I, 782 I, 789 I, 796 I, 807 I, 822 I, 830 I, 835 I, 855 INDICE ANALITICO -ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA ACQUE PUBBLICHE ED ELETTRICITA' -Concessionario delle acque -Diritto soggettivo verso la p.a. ed i terzi, con nota di G. MANDO', 664. -Concessione -Poteri della p.a. -Imposizione di costruzione di un partitore delle acque durante il rapporto di concessione -Insussistenza del relativo potere -Competenza del Tribunale Regionale delle Acque, con nota di G. MANDO', 664. -Leggi impositive di un sovracanone ai concessionari a favore dei bacini imbriferi montani -Contrasto con particolari leggi di incentivazione in base alle quali la concessione fu assentita -Violazione del principio di eguaglianza e della libert di iniziativa economica -Esclusione, 599. -Utenze utilizzate nel trentennio anteriore al 1884 -Titolari -Posizione giuridica, 888. -V. anche Competenza e giurisdizione, Demanio. ALBERGHI -Gestione diretta del locatore -Nulla osta di cui all'art. 6 1. 2 marzo 1963, n. 191 -Capacit professionale -Nozione, 741. AMMINISTRAZIONE DELLO STATO E DEGLI ENTI PUBBLICI -Contratti dello Stato -Asta pubblica e licitazione privata -Momento perfezionativo del contratto -Verbale di aggiudicazione, con nota di P. SACCHETTO, 686. -V. anche Competenza e giurisdizione. APPALTO -Appalto di opera pubblica -Arbitrato in caso d'opera -Condizioni, 850. -Appalto di opera pubblica -Richiesta e di equo compenso -Ex art. 1664, secondo comma, e.e. -Inammissibilit in corso d'opera. 850. -Appalto pubblico -Contratto -Mancata approvazione nel termine -Conseguenze, 842. -Appalto pubblico -Contratto -Rescissione per mancata approvazione nei termini -Competenza arbitrale -Sussiste, 835. -V. anche Imposta di registro. APPELLO -Estinzione del procedimento -Provvedimenti modificativi della sentenza impugnata che ne impediscono il passaggio in giudicato -Nozione, con nota di F. CARUSI, 699. -Riesame dei punti della sentenza oggetto di censure implicite o connessi con quelli impugnati -Ammissibilit, con nota di A. FRENI, 693. -V. anche Corte Costituzionale, Procedimento civile. ARBITRATO -Notifica della domanda arbitrale direttamente all'Amministrazione -Validit, con nota di G. DEL GRECO, 838. -V. anche Appalto. ATTI AMMINISTRATIVI -Declaratoria di incostituzionalit della norma presupposta -Rilevabilit d'ufcio, con nota di S, LA PORTA, 751. -Manifesta ingiustizia del provvedimento -Sindacato di merito -Inammissibilit della relativa censura, 743. -Promozione per merito di guerra Diniego -Obbligo di motivazione Non sussiste, 743. -V. anche Competenza e giurisdizione, Dogana, Giustizia amministrativa. CACCIA E PESCA -Conferimento della gestione delle riserve di caccia alle Sezioni della Federazione della Caccia -Legittimit, 615. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO VI -Limitazione del diritto dei privati -Corte dei Conti -Regolamento pn:ven,~ operato dalla legge regionale costitutivo di giurisdizione -Inammissibilit tiva delle riserve di caccia -Insussi- Sentenza della Corte di Cassazione -. . stenza, 615. Inefficacia, con nota di B. BACCARI, . 649. -Trentino-Alto Adige -Costituzione ' del territorio regionale in riserva di -Decreti presidenziali di esproprio in . caccia -Violazione del principio del applicazione della legge sulla nazio. giusto procedimento -Insussistenza, nalizzazione dell'energia elettrica 615. Natura legislativa -Controversie Ricorso al Consiglio di Stato -Improponibilit, 673. CASSAZIONE -Domicilio fiscale attribuito d'ufficio Controversia -Giurisdizione Consiglio -. Omesso deposito del ricorso -Diritto di Stato, 682. del controricorrente ad ottenere la declaratoria di improcedibilit del ri- Ente pubblico economico -Istituto corso stesso ed il rimborso delle spese Poligrafico dello Stato -Rapporto di -Presupposti, con nota di P. SACimpiego -Controversie -A.g.o. -GiuCHETTO, 688. risdizione -Sussiste, con nota di A. FRENI, 659. -Ricorso -Esposizione sommaria dei fatti -Trascrizione della parte espo- Ente pubblico economico -Rapporto sitiva della sentenza impugnata o di di impiego -Controversia -Art. 493, altra sentenza pronunciata nella conn. 3, c.p.c. -Questione di legittimit troversia a cui il ricorso si riferisce -costituzionale per pretesa violazione Sussistenza del requisito, 725. degli artt. 1, 35 e 98 Cost. -Manifesta infondatezza, con nota di A. FRENI, -Ricorso -Interesse -Fattispecie, con 659. nota di A. FRENI, 693. -Espropriazione per p.u. -Esecuzione dell'opera -Relitti -Omessa retroces CINEMATOGRAFIA sione -Domanda di risarcimento dei danni -Mancanza della previa dichia- Eccezione di illegittimit costituziorazione di inservibilit dei relitti nale dell'art; 5 1. 21 aprile 1962, n. 161 Difetto di giurisdizione, con nota di -Infondatezza, 736. A. FRENI, 693. -Opere vietate ai minori -Art. 9. d.P.R. -Espropriazione per p.u. -Espropria11 novembre 1963, n. 2029 -Contezione di beni non necessari all'esenuto, 736. cuzione dell'opera pubblica -Comportamento illegittimo della p.a. Domanda di risarcimento dei danni COMMERCIO -Giurisdizione ordinaria -Sussiste, con nota di A. FRENI, 693. -Commercio al pubblico -Vendite stra -Giudiziaria ed amministrativa -Cri ordinarie o di. liquidazione -Neces terio distintivo -Petitum sostanziale, sit dell'autorizzazione della Camera con nota di G. MANDO', 664. di Commercio -Violazione della libert di iniziativa economica -Esclu- Giurisdizione dell'Intendente di Fi, sione, 620. nanza sulle contravvenzioni per mancato pagamento del canone di abbonamento alla R.A.I. -Giurisdizione COMMISSIONI TRIBUTARIE speciale -Questione di costituzionalit -Infondatezza, 608. -V. Imposta straordinaria sul patri -Giurisdizione ordinaria e giurisdizione ,monio, Imposte e tasse in genere. amministrativa -Discriminazione Criteri -Petitum sostanziale -Prospettazione della domanda -Irrilevanza, COMPETENZA E GIURISDIZIONE 828. -Atti della p.a. -Controversie -Giu- Istituto Poligrafico dello Stato -Conrisdizione ordinaria ed amministrativa troversie -D.l.C.p.S. 22 settembre 1947, -Criterio di discriminazione, 682. n. 1107 -Irrilevanza ai fini del giu INDICE VII dizio -Questione di legittimit costituzionale -Inammissibilit, con nota di A. FRENI, 659. -Modificazione iniziale della competenza territoriale -Cumulo soggettivo di domande connesse per l'oggetto o per il titolo -Nozione, 717. -Modificazione successiva della competenza territoriale per ragioni di connessione -Quando ricorre, 717. -Regolamento preventivo di giurisdizione Corte dei Conti -Concorso per referendario -Provvedimento di esclusione - Impugnativa -Giurisdizione del Consiglio di Stato, con nota di B. BACCARI, 649. -Tribunale Superiore Acque Pubbliche -Giurisdizione di legittimit -Invasione della sfera della giurisdizione di merito -Difetto di giurisdizione, con nota di G. MANDO', 665. -CONCESSIONI AMMINISTRATIVE Autolinee -Conflitto di competenza tra l'Ispettorato compartimentale m.c.t.c. e il Comune interessato Interesse al ricorso di quest'ultimo Sussistenza, 742. -Autolinee urbane ed interurbane - Competenza -Determinazione -Criteri, 742. -Locazioni poste in essere da un ente pubblico -Differenze con la concessione, 689. - V. anche Acque pubbliche, Radiotelevisione. CONFLITTO DI ATTRIBUZIONI - V. Corte Costituzionale. -CONSORZI AMMINISTRATIVI - V. Opere pubbliche. CONTABILITA' GENERALE DELLO STATO -V. Amministrazione dello Stato, Appalto, Contratti pubblici. -CONTRATTI PUBBLICI -Esclusione dalla gara -Delega del relativo potere ad organi periferici Esercizio diretto da parte del Ministero -Legittimit, 7 4 7. -Esclusione dalla gara -Forme del provvedimento -Libert -Fattispecie, 747 -Esclusione dalla gara -Motivazione del provvedimento -Limiti, 747. -Esclusione dalla gara -Norma limitativa dell'obbligo di motivazione Illegittimit -Esclusione, 7 4 7. -V. anche Amministrazione dello Statd; Appalto. CORTE COSTITUZIONALE -Conflitto di attribuzioni -Inammissibilit di ricorso contro atti amministrativi esecutivi di d.P. Reg. Sic. non impugnato in termini, 626. -Giudizi incidentali di legittimit costituzionale -Pronunce della Corte Natura ed effetti nel processo principale -Efficacia nel processo d'appello Modificazione degli effetti della sentenza impugnata che la stessa questione abbia diversamente deciso incidenter tantum sotto il vigore della VII disp. trans. della Costituzione Sussiste, con nota di F. CARUSI, 699. -Sindacato di legittimit costituzionale in via incidentale -Leggi abrogate Appartenenza della questione al giudizio di rilevanza, 599 <:;ORTE DEI CONTI - V. Competenza e giurisdizione. COSA GIUDICATA -Giudicato sulla giurisdizione -Estremi, con nota di G. MANDO', 664. -V. anche Appello, Giustizia amministrativa. COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA -V. Atti amministrativi, Caccia, Cinematografia, Competenza e giurisdizione, Corte Costituzionale, Impiego pubblico, Procedimento civile. DANNI -V. Competenza e giurisdizione, Giudizio civile e penale, Occupazione, Responsabilit civile. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO VIII DEMANIO E PATRIMONIO -Demanio artistico e storico -Piano regolatore generale -Vincolo di zona -Preventivo di nulla-osta della Sovraintendenza ai monumenti -Illegittimit, 748. -Demanio -Laghi pubblici -Confini, con nota di A. MARZANO, 830. -Demanio -Laghi p1:1bblici -Spiaggia -Demanialit -Esclusione, con nota di A. MARZANO, 830. -Demanio -Acque pubbliche -Laghi -Confini tra bene demanial e propriet privata -Provvedimento prefettizio di delimitazione -Mancanza -Competenza del Tribunale delle Acque -Sussiste, con nota di A. MARZANO, 830. DOGANA -Classificazione delle merci -Annullamento di provvedimento istitutivo di licenza di importazione -Formazione del giudicato -Irrilevanza, 749. -Controversie -Provvedimento ministeriale -Motivazione per relationem Legittimit, con nota di T. ALIBRANDI, 7 59. -Prodotti coperti da marchio o brevetto -Valore imponibile -Rdevance -Esclusione, con nota di T. ALIBRANDI, 759. ENERGIA ELETTRICA -E.N.EL. -Atto di nomina dell'amministratore dei beni espropriati -Natura di atto a rilevanza esterna, 673. ENTRATE PATRIMONIALI DELLO STATO -Ingiunzione di pagamento -Caratteristiche -Opposizione giudiziaria Effetto -Posizione processuale delle parti -Differenze rispetto al procedimento monitorio ordinario, 712. ESPROPRIAZIONE' PER P.U. -Dichiarazione di p.u. per legge Primo atto del procedimento -Impugnazione autonoma -Omissione -Conseguenze, 735. -V. anche Competenza e giurisdizione, Energia elettrica, Occupazione. GIUDIZIO CIVILE E PENALE -Lesioni personali -Sentenza penale irrevocabile di condanna -Giudizio civile di liquidazione del danno -Preclusione nascente dal giudicato penale sulla cc sussistenza del fatto -Portata, 732. GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA -Esecuzione di giudicato -Effetti automatici della pronuncia di annullamento, 749. -Provvedimento presidenziale decisoriodi ricorso straordinario -Ricorso giurisdizionale -Organo legittimato a contraddire -Individuazione, 750. -Silenzio rigetto -Mancata impugnativa -Successivo provvedimento esplicito -Impugnativa -Preclusione Esclusione, 750. IMPIEGO PUBBLICO -Decadenza dall'impiego per mancata assunzione del servizio -Parere del Consiglio di amministrazione -Contenuto, 741. -Impiegato pubblico -Cumulo tra pensione e trattamento di attivit Art. 14 1. 12 aprile 1949, n. 149 e successive modifiche -Abrogazione Esclusione, 736. -Impiegato pubblico -Cumulo tra pensione e trattamento di attivit Divieto -Applicabilit, 737. -Impiegato pubblico, -Cumulo tra pensione e trattamento di attivit Divieto -Eccezione di illegittimit costituzionale -Infondatezza, 736. -Impiegato pubblico -Indennit integrativa ex art. 2 1. 27 maggio 1959, n. 324 -Cumulo -Divieto -Eccezione di illegittimit costituzionale -Infondatezza, 737. - V. anche Competenza e giurisdizione, Pensioni. IMPOSTA DI CONSUMO - V. Imposta di registro. IMPOSTA DI REGISTRO -Agevolazioni per l'incremento costruzioni edilizie -Acquisto di aree coperte da costruzione, a scopo di INDICE IX demolizione e successiva riedificazione, con nota di G. MANDO', 807. -Agevolazioni per l'incremento costruzioni edilizie -Acquisto di area parzialmente fabbricabile, con nota di G. MANDO' 807. -Agevolazioni recate dalla legge 3 agosto 1949, n. 589, con norme per l'esecuzione di opere pubbliche di interesse degli enti locali -Contestabilit della richiesta -Non necessaria, con nota di L. COREALE, 781. -Agevolazioni recate dalla legge 3 agosto 1949, n. 589, con norme per l'esecuzione di opere pubbliche di interesse degli enti locali -Estensione agli atti che, come mezzo al fine, sono in correlazione con l'atto espressamente previsto, anche se con lo stesso non necessariamente connessi o derivati, con nota di L. CORREALE, 781. -Agevolazioni tributarie recate dal d.lgt. 7 giugno 1945, n. 322, per i conferimenti di danaro in societ aventi l'unico ed esclusivo scopo della ricostruzione edilizia -Aumento di capitale di societ che, con scopo statutario della ricostruzione di stabilimenti industriali, esplichi in concreto attivit gestoria dello stesso -Esclusione, 814. -Convenzione fra Comune ed esattore -Tesoriere per delegazione di pagamento sulle imposte di consumo gestite direttamente dal Comune da emettersi per estinzioni di mutui contratti dal Comune -Atto autonomamente tassabile, con nota di L. CORREALE, 781. -Disposizioni necessariamente connesse e derivanti per intrinseca loro natura le une dalle altre -Concetto ed estremi per unicit della tassazione, con nota di L. CORREALE, 781. -Distinzione tra vendita ed appalto Criterio dell'ordinaria produzione Assorbente rispetto a quello della prevalenza di materie, merci, o prodotti sulla prestazione di opera, con nota di R. SEMBIANTE, 795. -Distinzione tra vendita ed appalto Principi stabiliti dalla legge 19 luglio 1941, n. 771 -Applicabilit nella interpretazione di leggi posteriori in materia di registro, con nota di R. SEMBIANTE, 795. -Societ -Concentrazione di aziende sociali -Aumento di capitale mediante apporto di ramo aziendale Tassa fissa -Presupposti -Necessit della preesistenza di almeno due aziende -Esclusione, con nota di P. SACCHETTO, 804. -Societ -Sovraprezzo azioni di nuova emissione -Imposta proporzionale Esclusione, 774. - V. anche Imposte e tasse in genere. IMPOSTA DI RICCHEZZA MOBILE -Agevolazioni tributarie previste per i capi di famiglia numerosa -Produzione di reddito da parte dei capi famiglia numerosa, in quanto facciano parte di societ di fatto -Applicabilit dell'agevolazione -Esclusione, 766. -Soggetti passivi -Complessi di beni privi di personalit giuridica e con autonomia patrimoniale -Applicabilit, 766. -Soggetti passivi -Societ di fatto Accertamento del reddito nei confronti della societ stessa -Possibilit di enucleare la quota qi reddito spettante ad un socio che gode di age-. volazioni tributarie per i redditi da lui singolarmente prodotti -Esclusione, 766. JMPOST A GENERALE SULL'ENTRATA -Obbligo del pagamento in abbonamento -Erronea corresponsione a mezzo marche -Efficacia estintiva della obbligazione tributaria, con nota di A. FRENI, 789. IMPOSTA STRAORDINARIA SUL PATRIMONIO -Accertamento -Facolt di accertamento da parte della Commissione Distrettuale -Abrogazione ad opera dell'art. 5 della legge 5 gennaio 1956, n. 1 -Non sussiste, So1. -Accertamento -Facolt della Commissione Distrettuale di eseguire l'accertamento in caso di accertamento nullo proposto dall'Ufficio -Sussiste, 801. - imposta personale -Cittadini italiani residenti a Trieste -Non vi sono soggetti, con nota di C. BAFILE, 777. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO -Societ immobiliari -Aree fabbricaOCCUPAZIONE bili -Esenzione, con nota di A. AN -Occupazione d'urgenza d'immobile GELINI ROTA, 769. per l'esecuzione di opera pubblica Mancato perfezionamento alla scaIMPOSTE E TASSE IN GENERE denza del biennio cj.ella procedura espropriativa -Impossibilit della re -Imposta .di registro -Disposizione stituzione dell'immobile -Diritto del preclusiva del giudizio di stima rela proprietario al risarcimento del danno tivamente agli acquisti ai pubblici -Criteri dj liquidazione del risarci incanti -Violazione del principio mento in quanto sostitutivo della re della capacit contributiva -Esclu stituzione del bene -Inapplicabilit sione, 625. dell'art. 42 1. 25 giugno 1865, n. 2359, -Procedimenti innanzi alle Commis 725 sioni -Comunicazioni della Segreteria -Occupazione d'urgenza preordinata -Forma -Firma dell'originale da alla espropriazione per p.u. -Mancato parte del consegnatario -Non neces perfezionamento nel biennio della saria, 818. procedura espropriativa -Inapplica -Procedimenti innanzi alle Commisbilit del principio della indennit sioni -Notificazioni di atti processuali unica, 721. -Firma dell'originale da parte del con -Occupazione d'urgenza d'immobile segnatario -Necessit, 818. per l'esecuzion di opera pubblica -Restituzione di imposta -Interessi Protrazione ultrabiennale senza titolo ex lege 26 gennaio 1961, n. 29 -Dedell'occupazione -Diritto del propriecorrenza dalla data di entrata in tario di essere indennizzato non solo vigore della legge, 814. della perdita del bene, ma anche della mancata utilizzazione del medesimo I -V. anche Competenza e giurisdizione. ., dalla data dell'occupazione al soddisfo ~ -Valutazione di tale ulteriore inden IMPUGNAZIONE nizzo -Indennizzabilit del danno in re ipsa subito dal proprietario per -V. Appello. tale mancata utilizzazione, mediante corresponsione degli interessi legali INGIUNZIONE sulla somma liquidata a titolo di risarcimento per la perdita del bene -V. Entrate patrimoniali. Risarcibilit del maggior pregiudizio che il proprietario dimostri di aver LOCAZIONE subito per effetto della indisponibilit del bene -Sussiste, 725. -Alienazione della cosa locata -Patto in deroga alla regola legale della surrogazione dell'acquirente, al momento OPERE PUBBLICHE dell'acquisto, nei diritti e nelle obbligazioni derivanti dal contratto di loca- Appalto di opere pubbliche -Facolt zione -Ammissibilit -Legittimazione di riduzione del quinto -Condizioni, dell'alienante in proprio e non quale con nota di G. DEL GRECO, 838. mandatario dell'acquirente a speri -Opere idrauliche di seconda e terza mentare le azioni nascenti dal rap categoria -Contributi -Liquidazione porto locatizio, 689. -Prescrizione estintiva decennale - V. anche Concessioni amministrative. Decorrenza, 707. -Opere idrauliche di terza categoria OBBLIGAZIONI E CONTRATTI Obbligo di contributo a carico dei consorzi degli interessati nella relativa -Condicio juris -Deficienza della mede spesa sostenuta dallo Stato anche per sima per causa imputabile alla parte le opere eseguite anteriormente alla avente interesse contrario al suo avve costituzione dei Consorzi -Sussiste, ramento -Produzione ope legis degli 707. stessi effetti dell'avveramento -Esclusione, con nota di P. SACCHETTO, -V. anche Appalto, Competenza e giu 686. risdizione. INDICE XI PENSIONI -Pensioni ai salariati delle istituzioni locali di assistenza e beneficenza Normativa modificativa della precedente disciplina per l'iscrizione alla Cassa di previdenza -Adozione del principio di eguaglianza Esclusione, 6o5. PIANO REGOLATORE DI RICOSTRUZIONE -Approvazione precedente al piano regolatore intercomunale -Illegittimit -Non sussiste, 745. -Decreto di approvazione -Obbligo di notifica -Non sussiste, 744. -Determinazione di zone -Sindacato giurisdizionale -Inammissibilit, 746. -Osservazioni al progetto -Obbligo di specifica confutazione -Non sussiste, 746. -Piano finanziario -Redazione e approvazione -Modalit, 744. -Previsione di zona -Miglioramento di comunicazioni -Opportunit -Sindacato Inammissibilit, 746. -Previsione di zona in funzione di molteplici scopi -Variante -Illegittimit della previsione -Esclusione, 747. -Pubblicazione sulla G.U. -Omissione -Conseguenze, 745. -Vincoli di zona e destinazione di aree a impianti di interesse pubblico lndennizzabilit -Esclusione, 744. -V. anche Demanio. PRESCRIZIONE -Prescrizione breve dei crediti per interessi ed altre prestazioni periodiche Fondamento -Inapplicabilit riguardo a debito unico a pagamento rateizzato -Inapplicabilit riguardo ai contributi per opere idrauliche di terza categoria, 707. PROCEDIMENTO CIVILE -Conclusioni -Formulazione specifica -Effetti, con nota di A. FRENI, 693. -Decisione della causa -Questione di giurisdizione -Carattere necessariamente preliminare -Precedenza della sola questione riguardante la regolare costituzione del rapporto processuale, con nota di A. FRENI, 6g2. -Disposizioni limitative della prova Carattere pubblicistico -Non sussiste -Rilevabilit ex officio judicis della loro violazione -Esclusione, 713. -Domande nuove -Divieto -Ipotesi, con nota di A. FRENI, 693. -Domande -Interpretazione -Apprezzamento incensurabile del giudice di merito, con nota di A. FRENI, 693. -Giudizio di rinvio -Principio della immutabilit della posizione processuale delle parti nel precedente giudizio di appello col conseguente divieto di formulare nuove conclusioni, dedurre nuove prove e produrre nuovi documenti -Eccezini, 713. -Intervento di terzo ad istanza di parte -Ipotesi -Nozione, 721. -Materiale probatorio -Utilizzabilit nello stesso giudizio a scopo diverso da quello per il quale esso fu raccolto -Ammissibilit, con nota di P. SACCHETTO, 686. -Qustione di legittimit costituzionale -Ordinanza del giudice a quo di di trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale -Natura ed effetti, con nota di F. CARUSI, 699. -Riunione di cause connesse -Facolt discrezionale del giudice -Insindacabilit in Cassazione del provvedimento, 717. -V. anche Appello. PROCEDIMENTO PENALE -Appello -Effetto devolutivo -Limiti fissati dai motivi -Richieste dibattimentali -Irrilevanza -Richieste di assoluzione formulate nei motivi di appello -Riduzione e modificazione della pena -Illegittimit, con nota di I. F. CARAMAZZA, 858. -Esecuzione -Giudizio di rinvio relativo ad alcuni tra pi imputati Competenza a provvedere in sede esecutiva nei confronti degli altri, 857. -Notificazioni all'imputato che non si sia presentato per l'interrogatorio Deposito nella Cancelleria o Segreteria, 606. PROFITTI DI GUERRA -A vocazione dei profitti eccezionali di contingenza -Accertamento -Obbligo di accertamento separato per ogni singola annualit, con nota di F. FAVARA, 821. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO XII RADIOTELEVISIONE -Concessione dei srvizi alla R.A.I. Violazione dell'art. 43 Cost. -Esclusione, 6o8. REATO Contravvenzione -Elemento psicologico -Buona fede -Rilevanza -Condizioni -Fattispecie, con nota di I. F. CARAMAZZA, 855. RESPONSABILITA' CIVILE -Condanna al risarcimento dei danni definitivamente liquidati -Preclusione di altre azioni risarcitorie per il medesimo fatto illecito, 723. RICORSO AMMINISTRATIVO -Alternativit con il ricorso giurisdizionale -Illegittimit costituzionale Esclusione, 750. - V. Giustizia amministrativa. SENTENZA -Contraddittoriet di motivazione Quando ricorre e pu essere utilmente denunciata, con nota di P. SACCHETTO, 686. -Dovere del giudice di merito di motivare il proprio convincimento -Portata, 725. SICUREZZA PU:6BLICA -Autorizzazione prefettizia per l'esercizio delle attivit di vigilanza o di custodia di propriet mobiliari o immobiliari -Violazione della libert di scelta del lavoro -Insussistenza, 622. SOCIETA' -V. Imposta di registro, Imposta di ricchezza mobile, Imposta straordinaria sul patrimonio. TRATTATI E CONVENZIONI INTERNAZIONALI -Trattato sulla Comunit economica europea -Interpretazione in via pregiudiziale nel giudizio in corso dinanzi ai giudici nazionali -Obbligo da parte di detti giudici di rimettere l'interpretazione alla Corte di Giustizia -Poteri della Corte in base alla pronuncia di rinvio -Limiti, con nota di L. TRACANNA, 628. -Trattato sulla Comunit economica europea -Obbligo a carico degli Stati membri, della consultazione preventiva della Commissione sulla emanazione di provvedimenti che riguardino le condizioni di concorrenza del Mercato Comune -Legittimazione dei singoli cittadini ad eccepire la inosservanza dell'obbligo dinanzi ai giudici nazionali -Non sussiste -Obbligo di informazione preventiva in materia di cc aiuti concessi dagli Stati >> ai sensi dell'art. 93 del Trattato -Legittimazione dei singoli cittadini a eccepire l'inosservanza di detto obbligo -Non sussiste -Divieto, ai sensi dell'art. 93 di nuove restrizioni allo stabilimento dei cittadini degli Stati membri -Suo valore precettivo nei rapporti tra gli Stati membri e i loro cittadini Divieto, ai sensi dell'art. 37, di introdurre nuovi monopoli nazionali a carattere commerciale -Suo valore precettivo nei rapporti tra gli Stati membri ed i loro cittadini, con nota di L. TRACANNA, 628. -Trattato sulla Comunit economica europea -Rilevanza sugli ordinamenti degli Stati membri all'atto di entrata in vigore del Trattato -Prevalenza delle fonti comunitarie sulle fonti degli ordinamenti interni, con nota di L. TRACANNA, 628. - Trattati sulla Comunit economica europea -Interpretazione delle norme da parte della Corte dei Conti di Giustizia -Sua rilevanza nei confronti del giudice nazionale in ordine al provvedimento emanto dallo Stato membro, con nota di L. TRACANNA, 6z9. TRENTINO-ALTO ADIGE - V. Caccia. VENDITA -Vendita di armi -Licenza dell'autorit amministrativa -cc Condicio juris -Carattere del provvedimento, con nota di P. SACCHETTO, 686. - V. anche Imposta di registro. INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA CORTE COSTITUZIONALE Sl maggio 1965, n. 38 . pag. 599 Sl maggio 1965, n. 40 . 605 6 luglio 1965, n. 57 606 6 luglio 1965, n. 58 608 6 luglio 1965, n. 59 615 6 luglio 1965, n. 60 620 6 luglio 1965, n. 61 622 6 luilio 1965, n. 62 625 6 luglio 1965, n. 63 626 CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE 15 luglio 1965, n. 66 . . pag. 628 GIUR1.SDIZIONI CIVILI CORTE DI CASSAZIONE Sez. I, 26 novembre 1964, n. 2808 pag. 766 Sez. I, 14 gennaio 1965, n. 70 . 769 Sez. I, 15 gennaio 1965, n. 85 . 774 Sez. I, 26 febbraio 1965, n. 320 777 Sez. I, 12 marzo 1965, n. 416 . 781 Sez. Un., 2 aprile 1965, n. 567 686 Sez. I, 14 aprile 1965, n. 690 . 688 Sez. Un., 8 maggio 1965, n. 859 649 Sez. III, 11 maggio 1965, 898 . 689 Sez. I, 24 maggio 1965, n. 1003 789 Sez. Un., 25 maggio 1965, n. 1025 659 Sez. I, 25 maggio 1965, n. 1036 795 Sez. Un., 18 giugno 1965, n. 1256 664 Sez. Un., 18 giugno 1965, n. 1257 692 Sez. Un., 5 luglio 1965, n. 1396 673 Sez. Un., 5 luglio 1965, n. 1048 682 Sez. I, 14 luglio 1965, n. 1497 699 Sez. I, 15 luglio 1965, n. 1546 707 Sez. I, 15 luglio 1965, n. 1551 . 801 Sez. I, 15 luglio 1965, n. 1560 . 804 Sez. I, 16 luglio 1965, n. 1571 807 Sez. I, 16 luglio 1965, n. 1574 . 712 Sez. I, 17 luglio 1965, n. 1577 . 717 Sez. I, 17 luglio 1965, n. 1583 . 814 Sez. Un. 17 luglio 1965, n. 1591 721 Sez. I, 19 luglio 1965, n. 1619 . 814 Sez. Un., 19 luglio 1965, n. 1628 828 Sez. I, 20 luglio 1965, n. 1653 . 723 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO XIV Sez. I, 21 luglio 1965, n. 1686 818 Sez. I, 22 luglio 1965, n. 1715 725 Sez. I, 27 luglio 1965, n. 1786 821 TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE 8 giugno 1965, n. 14 . TRIBUNALE Napoli, Sez. I, 2 agosto 1965 . LODI ARBITRALI 17 febbraio 1965, n. 8 17 febbraio 1965, n. 9 . 16 marzo 1965, n. 17 8 giugno 1965, n. 37 . GIURISDIZIONI AMMINISTRATNE CONSIGLIO DI STATO Ad. Plen., 6 novembre 1964, n. 23 Sez. IV, 23 aprile 1965, n. 349 Sez. IV, 28 aprile 1965, n. 384 Sez. IV, 28 aprile 1965, n. 385 Sez. IV, 5 maggio 1965, n. 404 Sez. IV, 5 maggio 1965, n. 405 Sez. IV, 19 maggio 1965, n. 420 Sez. IV, 19 maggio 1965, n. 426 Sez. IV, 19 maggio 1965, n. 427 Sez. IV, 26 maggio 1965, n. 455 Sez. IV, 26 maggio 1965, n. 457 Sez. IV, 16 giugno 1965, n. 496 Sez. VI, 5 marzo 1965, n. 149 . Sez. VI, 12 marzo 1965, n. 162 Sez. VI, 18 marzo 1964, n. 247 Sez. VI, 2 aprile 1965, n. 216 CORTE DEI CONTI Sez. Riun., 12 marzo 1965 (ordinanza) . . pag. 649. GIURISDIZIONI PENALI CORTE DI CASSAZIONE Sez. I, 18 febbraio 1964, n. 219 pag. 855 Sez. I, 23 giugno 1964, n. 645 857 Sez. IV, 23 settembre 1964 858 SOMMARIO DELLA PARTE SECONDA RASSEGNA DI DOTTRINA A. AMORTH, Impugnabilit e disapplicazione dei regolamenti e degli atti generali (Il Consiglio di Stato, 1964, II, 368) pag. 95 RASSEGNA DI LEGISLAZIONE Provvedimenti legislativi (segnalazioni) . pag. 101 Disegni e proposte di legge Disegno n. 2457 -Approvazione delle finalit e delle linee direttive generali del programma di sviluppo emanato per il quinquennio 1965-1969 102 Provvedimenti legislativi sottoposti a giudb:io di costituzionalit -Disposizioni di legge delle quali stata (in tutto od in parte) dichiarata l'illegittimit costituzionale: Codice civile, art. 27 4, secondo comma . ~ 103 Codice di procedura penale, art. 173 103 Codice di procedura penale, art. 392, primo comma 103 R.D. 30 dicembre 1923, n. 3270, art. 31 104 D.P.R. 14 luglio 1960, n. 1032, art. unico 104 -Disposizioni di legge in rapporto alle quali stata dichiarata non fondata la questione di legittimit costituzionale: R.D. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 50 104 R.D. 30 dicembre 1923, n. 3270, artt. 45, 48 104 Legge 7 gennaio 1929, n. 4, art. 36 104 R.D. 18 giugno 1931, n. 773, art. 134 . 105 R.D.L. 24 ottobre 1935, n. 2049, art. 11 105 Legge 26 marzo 1936, n. 526 . 105 R.D.L. 21 febbraio 1938, n. 246 105 Legge 19 gennaio 1939, n. 294, artt. 1, 2, 15 105 D.P.R. 28 giugno 1955, n. 630, art. 15 . 105 D.P.R. 11 gennaio 1956, n. 5, art. 3 105 Legge 4 aprile 1956, n. 212, artt. 2, 3, secondo comma, art. 8 105 Legge 6 dicembre 1962, n. 1643 105 D.P.R. 15 dicembre 1962, n. 1670 105 D.P.R. 4 febbraio 1963, n. 36 . 106 D.P.R. 25 febbraio 1963, n. 138 106 D.P.R. 14 marzo 1963, n. 219, 106 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO XVI Disposizioni di legge in rapporto alle quali stato promosso giudizio di legittimit costituzionale . Disposizioni di legge in rapporto alle quali, sulle questioni sollevate, sono intervenute pronunce della Corte Costituzionale di inammissibilit, di manifesta infondatezza o di restituzione degli atti per il giudizio di rilevanza . QUESTIONI LA REDAZIONE, Il primo triennio di applicazione del nuovo capitolato generale INDICE DELLE CONSULTAZIONI (secondo l'ordine di materia) pag. 106 112 pag. 113 pag. 125 125 126 126 ~ 126 I'" 126 127 127 II 127 r~ 127 I1r 127 128 ru ~~ 128 128 128 128 129 130 130 130 130 jj 131 131 " ' ~ ~; =: =~ jj ~ ~ Acque pubbliche Amministrazione pubblica Antichit e belle arti Appalto Archivi di Stato Assicurazioni Atti amministrtivi Avvocati e procuratori Bellezze artistiche e natu rali Cinematografia Commercio . Comuni e provincie Comunit econ. europea Concessioni amministrative Contributi e finanziamenti Costituzione Dazi doganali Edilizia econ. e popolare Esecuzione fiscale Espropriazione per p.u. Fallimento Ferrovie Impiego pubblico Imposta di registro pag. 117 Imposta generale sull' en 117 trata 118 Imposte e tasse . 118 Invalidi di guerra 118 Leggi e decreti 118 Mezzogiorno 119 Miniere 119 Monopolio Obbligazioni e contratti 119 Opere pubbliche 119 Polizia 119 Poste e telegrafi 120 Prescrizione . 120 Procedimento civile 120 Propriet 120 Prova 121 Regioni. 121 Responsabilit civile . 121 Ricorsi amministrativi 122 Societ . 122 Strade 122 Successione 123 Trattati e convenzioni in 123 ternazionali 124 Turismo PARTE PRIMA GIURISPRUDENZA SEZIONE PRIMA GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE CORTE COSTITUZIONALE, 31 maggio 1965, n. 38 -Pres. Ambrosini -Rel. Papaldo -Soc. Meridionale, Elettricit: e E.N.EL. (n.c.) Presidente del Consiglio dei Ministri e Ministero LL.PP. (sost. avv. gen. dello Stato Albisinni). Corte Costituzion~e -Sindacato di legittimit costituzionale in via incidentale -Leggi abrogate -Appartenenza dea qu.~ stione al giudizio di rilevanza. ' (1. 11 marzo 1953, n. 87, art. 23). Acque pubbliche -Leggi impositive di un sovracanone ai concessionari a favore dei bacini imbriferi montani -Contrasto con particolari leggi di incentivazione in base alle quali la concessione fu assentita -Violazione del principio di eguaglianza e della libert di iniziativa economica -Esclusione. (Cost., artt. 3, 41; l. 27 dicembre 1953, n. 953, art. 1; I. 30 dicembre 1959, n. 1254, art. l; l. 11 luglio 1913, n. 985, art. 3). Non spetta alla Corte Costituzionale' il giudizio sopra questioni di abrogazione delle leggi, ma al giudice a quo, nelr ambito del procedimento logico attraverso cui egli formula la questione. di Zgittim# costituzionale, e quindi nelr ambito del giudizio di rilevanza 4ella questione stessa (1). (1) La questione era stata sollevata dal Tribunale Superiore delle acque pu.b7 bliche con due identiche ordinanze 23 novembre 1963 (Gozzetta Ufficiale, 2 mag gio 1964, n. 108). Mette conto di segnalare, circa la prima massima, l'affermazione della sentenza,. secondo cui spetta esclusivamente al Giudice a quo, nell'ambito del giudizio di rile vanza, la competenza a decidere se una determinata legge sia stata o meno abrogata. Sembra per che tale affermazione, indubbiamente esatta nell'ambito della fattispecie decisa, non possa essere generalizz;ta con riferimento ad ogni legge. Il limite dato dall'identificazione della legge direttamente sottoposta al sindacato di legit 600 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La legge 27 dicembre 1953 n. 959, interpretata autenticamente dalla legge 30 dicembre 1959 n. 1254, con l'imporre a carico dei concessionari di acque pubbliche un sovracanone a favore dei bacini imbriferi montani, non viola n il principio di eguaglianza, n quello di iniziqtiva economica. Infatti, sia che si attribusca natura di legge di incentivazione alla legge 11 luglio 1913 n. 985 -che prevedeva la concessione gratuita di acque pubbliche per determinati beni di utilit genemle -sia che tale natura non possa ad essa attribuirsi, le norme denunciate sono state emanate per uno scopo di pubblico generale interesse, quale la tutela dei territori montani, previsto dalfart. 44 Cost., ed alla stregua di criteri generali ed obbiettivi; inoltre limposizione del sovracanone, che costituisce un nuovo e diverso onere a favore di Enti distinti dallo Stato {i Comuni montani) non significa revoca della gratuit del canone, che rimasta inalterata (2). (Omissis). -2. -L'Avvocatura dello Stato ha rilevato preliminarmente che il Tribunale Superiore ha omesso di esaminare se con la legge 27 dicembre 1953, n. 959, interpretata autenticamente dalla legge 30 dicembre 1959, n. 1254, fossero state abrogate le agevolazioni concesse con la legge 11 luglio 1913, n. 985: se avesse escluso la detta abrogazione, quel Giudice non avrebbe avuto ragione di porre la questione di I' I.I:; timit costituzionale. Se di questa legge si trattasse, non potrebbe contestarsi, infatti, il potere-dovere della Corte Costituzionale di affrontare anche il problema ' della sua attuale validit, come presupposto della competenza stessa della Corte, che giudica della legittimit costituzionale delle leggi e degli atti aventi forza di legge, ma vigenti. N a ci pu costituire ostacolo la sentenza 30 gennaio 1962, n. 1 che esamin una legge abrogata, in quanto, per i particolari asptti che condizionarono l'insorta question (abrogazione della legge ex nunc) essa doveva considerarsi ancora vigente. Se, viceversa, il giudizio di abrogazione, come nella specie, riguardasse non la legge denunciata, ma. una legge a questa anteriore e che da questa si assume abrogata o modificata, allora esattamente la questione inciderebbe solo sulla rilevanza, vale a dire s~lla estensione della validit di una norma indiscutibilmente vigente; ed in tal caso, secondo la costante giurisprudenza della Corte, non resterebbe che deferire al giudizio di rilevanza dato dal Giudice a quo (tuttavia, per delle eccezioni a tale principio, nel senso della censurabilit del giudizio di rilevanza allorch esso appaia o del tutto insussistente o abnorme, si veggano le sentenze della stessa Corte 7 marzo 1964, n. 14, in questa Rassegna, 1964, 627; 11 dicembre 1964, n. 109, in questa Rassegna, 1964, 1008). (2) Per i precedenti circa la legitimit costituzionale della legge sui sovra canoni a favore dei bacini imbriferi montani, cfr. la sentenza della stessa Corte 4 luglio 1957, n. 122 (Relaz. Avv. Stato per gli anni 1956-60, I, 244). Sui problemi pi specifici offerti dalla fattispecie, la Corte ha volutamente lasciato impregiudicata sia la questione dell'esistenza e definizione della c.d. leggi di incentivazione ", sia l'identificazione in detta categoria della legge 11 luglio 1913, n. 985. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 601 carattere generale circa la tutela costituzionale garantita alle cosiddette leggi di incentivazione. La Corte osserva che il Tribunale Superiore ha impostato la questione sul presupposto che le disposizioni denunziate non hanno avuto leffetto di abrogare la legge del 1913, rispetto alla quale, ancora vigente, le disposizioni predette hanno determinato un contrasto ai fini della legittimit costituzionale, non una incompatibilit agli effetti dell'abrogazione. Tale impostazione attiene sostanzialmente al giudizio di rilevanza perch costituisce la base del procedimento logico attraverso cui il giudice a quo ha formulato la questione di legittimit costituzionale. E la Corte, nella cui competenza non rientra il giudicare sopra questioni di abrogazioni delle leggi, ritiene che il giudizio sulla costituzionalit delle norme denunziate debba essere fondato sulla base adottata dal Tribunale Superiore. 3. -Le suindicate disposizioni della legge 30 dicembre 1959 e della legge 27 dicembre 1953 violerebbero gli artt. 3 e 41 della Costituzione tanto se tali disposizioni si riferiscano a concessioni nei riguardi delle quali esistevano condizioni di favore in dipendenza delle leggi cosiddette di incentivazione, del cui asserito carattere si dir in seguito, quanto se si riferiscano a concessioni per le quali quelle condizioni non esistevano. Nel vagliare le questioni, le due ipotesi saranno tenute distinte, dando la precedenza all'esame relativo alla ipotesi in cui non esistano leggi di incentivazione. Tale questione riveste carattere generale, giacch la sua soluzione, se fosse nel senso dell'illegittimit, sarebbe assorbente rispetto alla questione riflettente l'ipotesi dell'esistenza di leggi di incentivazione. In riferimento ad entrambe le ipotesi, la Corte ritiene che non sia influente ai fini del decidere l'accertamento del carattere del sovracanone. Il denunziato contrasto delle norme in esame con gli artt. 3 e 41 della Costituzione; secondo i profili sotto i quali la denunzia stata formulata, pu essere giudicato esistente o non in base a criteri che :Il: da osservare, tuttavia, che, anche ammessa tale particolare categoria di leggi, esse non potrebbero sfuggire ai principi generali dell'ordinamento, quali: natura ordinaria, e non costituzionale delle loro disposizioni; esclusione di una qualunque protezione costituzionale; loro tutela solo nell'ambito del rapporto fra legge speciale e legge ordinaria (art. 15 disp. legge in generale), e, quindi, questione di abrogazione, non di incostituzionalit; infine (ci che dato desumere proprio da certi passaggi della motivazione della sentenza in rassegna) applicazione a queste leggi del principio rebus sic stantibus; il che, sul piano pi strettamente positivo, si pone come incompatibilit delle leggi stesse con un sistema nuovo e sopravvenuto, che rende impossibile l'equilibrio del rapporto di specialit di cui si detto. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 602 valgno indipendentemente dalla determinazione della natura della prestazione pecuniaria imposta dalle norme predette. 4. -Per quanto si riferisce alla violazione dell'art. 3 della Costituzione rispetto alle ipotesi in cui non esistano leggi di incentivazione, le ordinanze deducono che la disparit di trattamento tra i concessionari dei bacini di pianura e quelli dei bacini montani sarebbe illegittima perch fondata sul presupposto che essi si trovino in condizioni obiettive diverse, mentre la condizione dei due gruppi di concessionari rispetto ai Comuni montani sarebbe identica. La violazione del, principio di uguaglianza sussisterebbe anche perch la misura del sovracanone fissata dalla legge non sarebbe commisurata alla capacit contributiva del concessionario, n all'importanza della concessione, n alle esigenze dei Comuni montani, che ne sono i beneficiari. Queste censure sono infondate. Il legislatore ha ritenuto di dovere approntare un corpo di norme a favore dei territori montani, ispirandosi ad uno scopo di pubblico -~ generale interesse in armonia con una norma della Costituzione, contenuta nell'art. 44, secondo comma. In questo sistema si inseriscono le norme in esame. Mentre non sono sindacabili, sotto l'aspetto della violazione del principio di uguaglianza, i criteri in base ai quali la misura del sovracanone stata stabilita ed i criteri in base ai quali il provento deve essere impiegato; non appare criticabile l'imposizione di una particolare prestazione pecuniaria ai concessionari dei bacini montani, commisurata alla stregua di criteri generali ed obiettivi, non riscontrandosi alcun eccesso nell'esercizio del potere discrezionale del legislatore, il quale ha ragionevolmente posto a carico dei concessionari dei bacini montani un concorso per l'approntamento degli aiuti da portare alle popolazioni di quei territori dalle cui risorse i concessionari traggono beneficio. Le stesse considerazioni valgono per giudicare infondata la censura di violazione del principio di uguaglianza nell'ipotesi di esistenza di una legge di incentivazione. ~ innegabile che, con le dispo~izioni denunziate, il legislatore ha creato una disparit di trattamento tra concessionari che godevano ugualmente della esenzione del canone, imponendo un nuovo obbligo ai soli concessionari dei bacini montani. Ma tale disparit non appare illegittima, essendo immune da irragionevolezza la norma che l'ha determinata; e ci per i motivi gi esposti. 5. -Le disposizioni denunziate violerebbero il princ1p10 di libert di iniziativa economica privata, in quanto imporrebbero una illegittima compressione di tale iniziativa al solo scopo di tutelare interessi di natura economica di altri soggetti, e cio dei Comuni montani. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 603 Questa censura, riferendosi ad entrambe le ipotesi, ha carattere J>i generale e deve quindi essere esaminata per prima. La Corte non ha ragione di modificare il principio enunciato con la sentenza del 30 dicembre 1958, n. 78, alla quale nelle ordinanze si fa riferimento. Qui non si tratta di disposizioni adottate a favore di una categoria ..economica a carico di un'altra categoria. La prestazione imposta a favore di enti pubblici di importanza fondamentale, quali sono i Comuni, per raggiungere scopi di carattere generale. Non possibile, quindi, parlare di illegittime distorsioni che ver: rebbero a determinarsi nel campo della libert economica. 6. -Prima di passare all'altro aspetto della questione relativa al ,contrasto col principio di libert di iniziativa economica, prospettata in riferimento ai casi in cui i concessionari traggano benefici da leggi -di incentivazione, occorre delimitare il campo dell'indagine. Giova notare, anzitutto, che la questione proposta non si riferisce ad un preteso obbligo del legislatore di fare onore agli affidamenti dati con la concessione di esenzioni o di altri benefici, nel senso che il legislatore stesso non potrebbe revocare tali benefici se non per apprezzabili ragioni. La questione qui prospettata ha un ambito ben pi ristretto : si riferisce ad una asserita tutela costituzionale nei riguardi degli impegni .assunti con leggi cosiddette di incentivazione. Per quanto sia superfluo, la Corte deve, in secondo luogo, precisare che la questione non pu esere esaminata in riferimento ad una categoria indeterminata di leggi, rispondenti ad un tipo astratto, quello di leggi di incentivazione. :B ovvio, invece che la questione debba essere esaminata e risolta in confronto di una determinata legge, qualificata come legge di incentivazione: nel caso attuale la legge 11 luglio 1913, n. 985. Secondo le ordinanze, legge di incentivazione quella dettata al fine specifico di ottenere che il privato, in vista di vantaggi che si realiz: zerebbero in concreto e solo se ed in quanto egli compia l'attivit prevista dalla legge, realizzi un determinato compito ritenuto utile per la collettivit, realizzazione che in mancanza della legge non si sarebbe avuta o si sarebbe avuta in misura o con modalit diverse. Sempre secondo le ordinanze, simili leggi sarebbero state previste dal legislatore costituente nell'art. 41 della Costituzione l dove si affida alla legge la determinazione dei programmi e dei controlli opportuni perch l'attivit economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata ai fini sociali. Le leggi di questo tipo godrebbero di una particolare tutela costituzionale, giacch esse, siccome leggi di direttiva economica giusta le previsioni dell'art. 41, avrebbero. insito un carattere di imperativit :s da non essere suscettibili di modificazioni fino a che non sia stato RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO realizzato il programma avuto di mira dalle leggi stesse. E pertanto le attivit promosse dalla leggi di incentivazione sfuggirebbero all'imposizione di quei limiti, vincoli ed obblighi con cui lo Stato esercita, in conformit al medesimo art. 41, la sua funzione di indirizzo dell'iniziativa privata. La legge 11 luglio 1913, n. 985, avrebbe il carattere di legge di incentivazione giacch il legislatore volle assicurare ai costruttori di alcuni impianti adeguati vantaggi, rappresentati, fra l'altro, dalla gratuit della concessione come necessaria contropartita del rischio e dell'onerosit dell'impresa. Onde l'illegittimit della norma che ha imposto il sovracanone. Ma, pur non apparendo necessario, ai fini della presente contro versia, prendere posizione in ordine alla categoria delle leggi di incen tivazione, ancora non compiutamente elaborata, e a parte la difficolt di applicare ad una legge, vecchia di mezzo secolo, concetti che nem meno oggi sono definitivi, la Corte non ritiene di riscontrare nella norma impugnata la denunciata violazione dell'art. 41. Quella legge, preordinata alla realizzazione di determinate opere di pubblico interesse, accord, in vista di tale interesse, ai privati che erano chiamati a realizzarle ai fini di una concessione amministrativa~ J, taluni particolari benefici. Ci non importa per, che a lunga distanza fil di tempo e in una situazione storica ed economica del Paese notevol, I mente cambiata, il legislatore non possa, senza urtare contro i precetti . ' costituzionale in materia di programmazione economica, introdurre un nuovo onere a carico dei privati che relizzarono quelle opere e sono tuttora titolari della concessione. . ~ L'imposizione del sovracanone non significa revoca della gratuit del canone, gratuit che rimasta inalterata. Il sovracanone, quale che sia la sua natura, costituisce un nuovo e diverso onere a favore di enti distinti dallo Stato (i Comuni montani), onere a cui sono stati assogget tati, con legge generale, tutti i concessionari che si trovavano in una determinata posizione, al fine di far fronte a sopraggiunte esigenze di pubblico interesse, il cui soddisfacimento rispondeva anche all'orienta mento segnato da una norma costituzionale (art. 44, secondo comma). In armonia con il sistema generale che aveva trovato la sua defi nitiva formulazione nell'art. 52 del t.u. sulle acque, la legge ha conferito ai Comuni montani un diritto nei confronti di tutti coloro che, qualunque fosse la loro situazione rispetto allo Stato, ritraevano una utilit dalla montagna, trasformandola in ricchezza nelle zone di pianura, senza che alle popolazioni della montagna ne risultasse un apprezzabile beneficio. Non , pertanto, illegittimo che il legislatore abbia accordato qualche compenso a favore di quelle popolazioni e che, a tal fine, non abbia fatto discriminazioni fra i concessionari. -(Omissis). PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 605 CORTE COSTITUZIONALE, 31 maggio 1965, n. 40 -Pres. Ambrosini -Rel. Fragali -Ospedale civile Vittorio Emanuale II di Catania (avv. Torrisi e Schiavone) c. Ministero Tesoro (vice avv. gen. Stato Macioti). Pensioni civili e militari -Pensioni ai salariati delle istituzioni locali di assistenza e beneficenza -Normativa modificativa della precedente disciplina per l'iscrizione alla Cassa di previdenza -Adozione del principio di eguaglianza -Esclusione. (Cost., art. 3; 1. 22 novembre 1962, n. 1646, artt. 34, 35). Gli articoli 34 e 85 della legge 22 novembre 1962, n. 1646, contenenti interpretazione autentica delr art. 34 della legge 24 maggio 1952, n. 610, per virt dei quali vengono richiesti requisiti diversi, rispetto a quelli precedentemente prescritti, per la iscrizione dei salariati alle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza non viola il principio di eguaglianza enunciato dalr art. 3 Cast., in quanto la differenza di trattamento di tali salariati rispetto a quello assicurato ai salariati degli altri enti locali corrisponde alla diversit delle funzioni di ognuna delle categorie dalle quali i salariati stessi dipendono (1). (Omissis). -3. -Quali che siano le norme suscettibili di essere investite per illegittimit costituzionale, questa Corte ritiene che il prindpio di parit non stato violato sotto nessuno dei profili considerati dalla Corte dei Conti; gli unici che in questa sede possono essere valutati. Non infatti priva di razionalit una disparit di trattamento pensionistico tra i salariati degli istituti di beneficenza e quelli degli altri enti focali. Differenze tra quegli istituti e questi enti sussistono con riferimento alla natura, all'attivit, al modo di finanziamento, al diverso contenuto dell'interesse pubblico che hanno competenza a realizzare, alla diversa natura di questo interesse e al diverso grado della sua (1) La questione era stata introdotta con ordinanza della III Sezione giurisdizionale della Corte dei Conti, 20 marzo 1964 (Gazzetta Ufficiale, 27 giugno 1964, n. 157). La Corte ha dichiarato non fondata la questione seguendo la sua costante giurisprudenza in materia di eguaglianza, nel senso della relativit del principio, applicato alle varie Situazioni considerate e protette. Qualche precedente fra i pi recenti: C.C., 16 febbraio 1963, n. 7, Giur. Cost., 1963, 61; 8 giugno 1963, n. 81, Giur. Cast., 1963, 680; 27 febbraio 1962, n. 8, Giur. Cast., 1962, 96; 28 novembre 1961, n. 64, Giur. Cast., 1961, 1224. In dottrina, tra gli altri, ESPOSITO, Eguaglianza e Giustizia nell'art. 3 della Costituzione, Saggi, Padova, 1954, 17 e segg.; BATTAGLINI, Appunti per una ricostruzione del concetto di eguaglianza nell'art. 3 Cast., Arch. rie. giur., 1960, 649; STENDARDI, Ancora sul concetto di eguaglianza e sulle applicazioni concrete, Foro pad., 1961, I, 938. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 606 intensit; ed ovvio che tali dissomiglianze debbono ripercuotersi sul trattamento di ciascuno dei due gruppi di salariati, i cui compiti rispettivi sono peraltro differenziati in relazione altres alle varie esigenze che prospettano le funzioni di ognuna delle categorie di enti dai quali i salariati dipendono. Tanto pi quelle difformit debbono ripercuotersi sul rapporto di lavoro di ciascun gruppo, in quanto varie sono le possibilit finanziarie degli enti sui quali grava il carico complessivo della pensione (quelli datori di lavoro e quelli pensionistici), e in vario grado tali enti possono sopportare-quel carico. :E: compito soltanto della legge ordinaria valutare gli interessi in giuoco e graduarne secondo gli aspetti concreti la disciplina, non avendo il principio costituzionale di eguaglianza sottratto al legislatore la potest di riconoscere le differenze che la realt esprime e di adeguare ad esse le proprie determinazioni (sentenza 26 giugno 1957, n. 105). La disparit di fatto che risulta dall'applicazione del criterio di ripartizione impugnato, a seconda che il trattamento dei pnsionati sia stato irrevocabilmente determinato prima o dopo l'entrata in vigore della norma denunciata, quella che talora si collega al succedersi delle leggi; e non eliminabile in sede di controllo di legittimit costituzionale ove non risultino lesi diritti fbndamentalmente garantiti. (Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 6 luglio 1965, n. 57 -Pres. Ambrosini - Rel. Verz -Lodi (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. Stato Guglielmi). Procedimento penale Notificazioni all'imputato che non si sia presentato per l'interrogatorio -Deposito nella Cancelleria ~ o Segreteria. (Cost., art. 24; c.p.p., art. 173). Non pu ritenersi soddisfatta r esigenza fondamentale del contraddittorio nel caso in cui, pur essendo possibile adottare una forma di notificazione tale da porre il contenuto delr atto nella effettiva sfera di conoscibilit del destinatario, si faccia ricorso ad altra forma di notificazione -quale quella prescritta dalrart. 173 c.p.p. per Timputato renitente alr interrogatorio -dalla quale deriva una semplice presunzione legale di conoscenza (1), (1) La questione era stata proposta dal Tribunale di Brescia con ordinanza 2 aprile 1964 (Gazzetta Ufficiale, 11 luglio 1964, n. 169). ' PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 607 {Omissis). -La questione fondata. La norma impugnata ha il carattere di una sanzione per un comportamento processuale dell'imputato. Pur essendo reperibile nel suo domicilio, il renitente non gode del diritto di ricevere notizia degli atti processuali nella forma di notificazione prevista dall'art. 169 del c.p.p., soltanto per non avere ubbidito all'ordine del giudice di presentarsi per l'interrogatorio. Alla forma di notificazione adottata per coloro che possono in qualunque momento essere rintracciati, viene sostituita -senza plausibile motivo -quella del deposito degli atti, la quale non d la stessa certezza di conoscibilit da parte del destinatario, importando solamente una presunzione legale di conoscenza. Il che costituisce una ingiustificata diminuzione di garanzie del diritto di .difesa. Mentre per il latitante o l'evaso la notifica a' sensi dell'art. 170 del c.p.p. non comporta la limitazione di alcun diritto, in quanto essi si sono resi irreperibili ed hanno quindi posto la giustizia in condizioni di dovere -in mancanza di altra possibilit -ricorrere a questa forma di notificazione, lo stesso non pu dirsi per l'imputato renitente. La notificazione degli atti processuali uno strumento necessario ed indispensabile per instaurare il contraddittorio e per dar modo all'imputato di provvedere alla sua difesa. Questa esigenza fondamentale , non pu ritenersi soddisfatta nel caso in cui J?Uf essendo possibile adottare una forma di notificazione tale da portare il contenuto del1' atto nella effettiva sfera di conoscibilit del destinatrio, si faccia ricorso ad altra forma di notifica, dalla quale deriva una semplice presunzione legale di conoscenza. Pertanto, la norma i~pugnata, che -senza necessit e senza che ne ricorrano i presupposti -prescrive per il renitente la notificazione a termini dell'art. 170, primo capoverso, del c.p.p., limita la garanzia del diritto di difesa per ci che attiene alla instaurazione del contraddittorio,. ponendosi cos in contrasto con l'art. 24 della Costituzione. {Omissis). Decisione conforme all'orientamento della Corte circa l'interpretazione del secondo comma Cost., secondo cui il diritto di difesa, ivi proclamato, va inteso ()Ome possibilit effettiva di agire in giudizio, come garanzia di contraddittorio e di assistenza tecnico-professionale del difensore ed in particolare, come rimozione di ogni ostacolo a far valere le ragioni delle parti sullo svolgimento del processo. Da ultimo, Corte Cost., 3 maggio 1963, n. 59, Giur. Cost., 1963, 529. In dottrina, VASSALLI, Sul diritto di difesa giudiziaria nell'istruzione penale, Scriti giuridici in onore della CEDAM, 581 e segg.; M. CAPPELLETIT, nota alla sentenza Corte Cost., 22 dicembre 1961, n. 70, Giur. Cost., 1961, 1282. Cfr. anche CAVALLARI, La notificazione nel processo pendle, Milano, 1959. Sulle notificazioni all'imputato all'estero dr. Corte Cost., 23 aprile 1965, n. 31, in questa Rassegna, 1965, 287. 608 RASSEGNA DELLAVVOCATURA DELLO STATO CORTE COSTITUZIONALE, 6 luglio 1965, n. 58 -Pres. Ambrosini - Rel. Castelli Avolio -Talamonti (n.c.) c. Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. Stato Agr). Radiotelevisione -Concessione dei servizi alla R.A.I. -Violazione dell'art. 43 Cost. -EscJusione. (Cost., art. 43; r.d.l. 21 febbraio 1938, n. 246, art. 1 e segg.). Competenza e giurisdizione -Giurisdizione dell'Intendente di finanza sulle contravvenzioni per mancato pagamento del canone di abbonamento alla R.A.I. -Giurisdizione speciale Questione di costituzionalit Infondatezza. (Cost., art. 102; 1. 7 gennaio 1929, n. 4, art. 36). Non contrasta con rart. 43 della Costituzione la normativa dettata dal r.d.l. 21 febbraio 1938, n. 246 che prevede raffidamento in concessione del servizio della radiotelevisione ad una societ privata, la R.A.I., in quanto lo Stato si riservato poteri assai ampi di direzione, disciplina e controllo diretti a garantire il puntuale conseguimento di quei fini di utilit generale cui istituzionalmente tende detto servizio nel regime di pubblicit derivante dal monopolio statale (1). L'art. 36 della legge 7 gennaio 1929, n. 4 che, in relazione alr art. 1 e seguenti del r.d.l. 25 marzo 1923, n. 796, attribuisce alrintendente di finanza la cognizione delle contravvenzioni per quanto riguarda il pagamento del canone di abbonamento alle radioaudizioni, non contrasta cori rart. 102 della Costituzione perch il costituente non ha voluto seni' altro sopprimere le giurisdizioni speciali, tra le quali rientra (1) L'ordinanza del Triounale di Ascoli Piceno 1 luglio 1963 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale, 31 ottobre 1964, n. 269. In tema di costituzionalit della disciplina della radio e televisione si consultino: Corte Cost., 8 giugno 1963, n. 81, Foro it., 1963, I, 1943, sulla infondatezza delle questioni di costituzionalit (sollevate nel medesimo procedimento dallo stesso tribunale di Ascoli Piceno) degli artt. 1, 2 e 19 r.d.l. n. 246 del 1938 che comminano un'ammenda a chi detenga apparecchi radioriceventi senza corrispondere il canone di abbonamento, annotata da M. S. GIANNINI, Ancora in tema di prezzo e di tassa, Giur. cost., 1964, 692; Corte Cost., 11 luglio 1961, n. 46, Giur. it., 1961, I, 1, 1145, sull'illegittimit costituzionale del disegno di legge del Consiglio provinciale di Bolzano contenente norme sulla " parit dei gruppi linguistici nelle radiotrasmissioni ; Corte Cost., 13 luglio 1960, n. 59, Foro it., 1960, I, 1065, sulla legittimit costituzionale del monopolio statale della televisione, su cui leggasi PALLADINO, Corti Brescia, Venezia, Trieste, 1963, 394. In dottrina, sull'argomento in generale, si veda PmRANDREI, Radio, televisione e costituzione, Scritti in onore di A. C. ]emolo, Milano, 1963, III, 521. Cfr. anche Relaz. Avv. Stato, 1955-60, I, n. 46. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 609 detta competenza delilntendente di finanza, ma soltanto ha inteso sottoporlo a rivisione da effettuarsi, ad opera del Parlamento, nel termine di un quinquennio, che peraltro non ha carattere perentorio (2). (Omissis). -1. - da premettere che essendosi provveduto alla notificazione e alla pubblicazione dell'ordinanza di rinvio nella sua interezza, cio nella motivazione e nel dispositivo, la incertezza gi lamentata dall'Avvocatura dello Stato circa la identificazione dell'oggetto del giudizio risulta eliminata. Sostanzialmente, con la rinnovazione della notifica, stato portato a conoscenza del Presidente del Consiglio dei Ministri lesplicito riferimento contenuto nell'ordinanza emessa dal Tribunale alle questioni che erano state sollevate dal Pubblico Ministero nel corso del giudizio. Giudicata infatti non fondata la questione di legittimit costituzionale dell'art. 19 del d.l. 21 febbraio 1938, n. 246, in relazione all'art. 3 della Costituzione, il Tribunale ritenne invece fondate le altre questioni proposte dal P.M., e cio quelle che concernono le disposizioni dell'art. l e segg. dello stesso d.l. 21 febbraio 1938, non pi in riferimento all'art. 3, ma all'art. 43 della Costituzione, e dell'art. 86 della legge 7 gennaio 1929, n. 4, in relazione agli artt. 1 e segg. del d.l. 25 marzo 1928, n. 796, e in riferimento all'art. 102 della Costituzione. Pu cos ammettersi che si sia chiaramente raggiunta la identificazione dell'oggetto del giudizio: precisamente, con la prima questione si assume in contrasto con lart. 48 della Costituzione l'affidamento del servizio delle radiotelevisioni ad una societ privata -la R.A.l. -invece della gestione del servizio in modo diretto da parte dello Stato o di un ente pubblico; con la seconda si assume la illegittimit della permanenza della giurisdizione speciale dell'Intendenza di finanza per quanto riguarda il pagamento del canone per le radioaudizioni, in contrasto col divieto posto per le giurisdizioni speciali col citato art. 102. 2. -La denuncia di incertezza stata peraltro affacciata sotto diverso aspetto, rispetto alla prima questione. L'Avvocatura rileva laffermazione, contenuta nell'ordinanza del Tribunale, circa la incostituzionalit di .tutta la disciplina giuridica eretta sul' presuppos1;,9 (2) Per quanto riguarda la conservazione delle giurisdizioni speciali preesistenti alla Costituzione e la non perentoriet della disposizione trans. VI, cfr., da ultimo, Corte Cost., 31 marzo 1965, n. 17, in questa Rassegna, 1965, I, 266; Corte Cost., 22 novembre 1962, n. 92, Foro it., 1962, I, 2051; Corte Cost., 15 giugno 1960, n. 41, id., 1960, I, 1262; e in dottrina CmEPPA, Leggi nuove e giurisdizioni speciali preesistenti, Giur. costit., 1962, 1501. 610 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO della concessione ad una societ privata del servizio della radiotelevisione , ed afferma che si avrebbe cos una indeterminata indicazione dell'oggetto di questa parte del giudizio, insufficiente rispetto a quanto prescrive l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87. Non sembra per che l'indicazione generica delle norme impgnate, col richiamo agli artt. 1 e segg. del d.l. 21 febbraio 1938, n. 246, e successive modificazioni, sia tale da comportare effettiva incertezza circa l'oggetto del giudizio. Se vero, infatti, che l'onere, di cui al menzionato art. 23, di indicare le norme che si denunciano come viziate, incombente alla parte che solleva reccezione di incostituzionalit, trova la sua giustificazione nell'esigenza di delimitare in maniera chiara e precisa la materia del contendere, altres vero che da ritenersi sufficiente, a tal frie, l'indicazione anche di un intero testo legislativo, se la relativa censura di legittimit sia tale da investire tutte le norme contenute nel provvedimento denunziato (v. sentenze della Corte Costituzionale, n. 18 del 6 luglio 1956 e n. 53 del 5 giugno 1962). Nel caso in esame, traendosi motivo dalla presunta illegittimit della concessione alla R.A.I. del se.rvizio di radiodiffusione, e dal conseguente contrasto con l'art. 43 dlla Costituzione di tutta la legislazione " eretta sul presupposto di quella concessione, la censura stata sollevata appunto contro gli. artt. 1 e segg. del citato d.l. 21 febbraio 1938, cio contro l'intero testo legislativo, in quanto concernente, in blocco, la disciplina degli abbonamenti alle radioaudizioni. Ed infatti il detto d.l. costituito da una serie di norme organiche, intimamente collegate, che pongono una r~golamentazione completa nel settore, investendo analiticamente tutte le situazioni relative, dall'imposizione dell'obbligo di pagamento alla misura del canone, dalle modalit del versamento alla disciplina della cessazione dell'obbligo stesso, dalle esenzioni alle sanzioni per le inadempienze. Lo stretto nesso che unisce le disposizioni contenute nel denunziato d.l. d ragione del loro globale deferimento alla Corte. 3. -L'Avvocatura dello Stato ha anche lamentato la insufficienza del giudizio di rilevanza, rispetto, ancora, alla: prima questione, in quanto sostiene che il Tribunale non ha, fra l'altro, notato che la questione medesima non avrebbe ragion d'essere ai fini del giudizio prin..: cipale, giacch l'obbligo della corresponsione della tassa per la detenzione degli apparecchi, cui connessa la sanzione penale, sussiste sia nel caso che il servizio venga svolto per concessione da una societ, sia che venga esplicato da uno dei soggetti indicati nell'art. 43 della Costituzione. Senonch questa osservazione dell'Avvocatura circa un tal difetto della rilevanza non sembra esatta, giacch la questione sollevata, come si desume dall'ordinanza del Tribunale, investe, formalmente, appunto PARTE I, SEZ. I, GIURIS; COSTITUZIONALE E 1NTERNAZIONALE 611 le norme che sorreggono, in concreto, l'imputato a carico del prevenuto. Sar o meno fondata la questione -e ci dovr risultare dal1' esame di merito della questione stessa -, ma sembra non dubbio che, dal punto di vista del Tribunale, secondo cio i termini del ragionamento che si deve porre a base dell'incidente di costituzionalit giusta il disposto dell'art. 23 della legge n. 87 del 1953, frutto del riscontro fra la norma costituzionale, di cui si lamenta la violazione, e le norme impugnate, dovrebbe essere -s'intende, in ipotesi -:-la immediata, concreta caduta di tutte le disposizioni riguardanti la concessione, e fra esse anche la norma penale, parte essenziale, ritenuta indispensabile in tutto il sistema, e che quella che sta a base del processo contro il prevenuto, col conseguente effetto, quindi, del proscioglimento del medesimo. Le eccezioni pregiudiziali vanno pertanto respinte. 4. -Passando all'esame del merito della prima questione, ritiene la Corte che non possa sostenersi che contrasti col disposto dell'art. 43 della Costituzione laffidamento in concessione ad un societ privata del servizio delle radiotelevisioni. La disposizione dell'art. 43 , com' noto, espressione dell'evoluzione dei concetti informatori in materia di intervento dello Stato e degli enti pubblici, in genere, nel campo ee;onomico, e prevede la sostituzione della pubblica gestione alla gestione privata in quei settori che, come quelli attinenti ai tipi di imprese contemplate nell'articolo stesso, maggiormente sono suscettibili di assumere importanza sotto il profilo del pubblico interesse. Lo scopo essenziale della norma; attraverso la sottrazione al privato del potere di disposizione relat.ivo alle suddette imprese, la eliminazione della eventualit che il privato, col peso della propria impresa -e naturalmente si tratta di imprese della massima dimensione -, possa direttamente e profondamente influire su interi settori economici, con le conseguenze di ordine politico e sociale che a tale influenza sono connesse. La facolt concessa al legislatore di riservare direttamente o trasferire allo Stato, agli enti pubblici o alle collettivit di utenti o lavoratori le imprese nell'art. 43 indicate, rispecchia la preoccupazione del Costituente di garantire uno strumento idoneo a porre le attivit economiche in parola sotto il controllo dello Stato o di enti pubblici allo s.copo di evitare quegli inconvenienti e di ottenere i risultati di carattere economico e sociale che lo Stato democratico si prefigge. Ma evidente che l'esigenza cui fa riscontro la norma costituzionale in esame potr ritenersi rispettata ogni volta che con apposite disposizioni, il conseguimento di" tali risultati venga assicurato. 612 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La concessione amministrativa consente il raggiungimento di fini di interesse generale collegati all'esercizio dei servizi pubblici, attraverso un'attivit svolta da un privato e non direttamente dallo Stato o dall'ente pubblico titolare del servizio, in vista del fatto che 1a gestione in concessione pu presentarsi, in alcuni easi, pi favorevole, in quanto -~ permette una maggiore snellezza nell'espletamento del servizio, libera lo Stato o l'Ente pubblico dall'onere dell'esercizio, e ci specialmente quando trattasi di attivit tecnicamente complesse, che richiedano forti spese di impianto e notevole impegno di gestione. Ond' che la concessione risponde, in tali casi, alla sostanziale esigenza di poter ottenere servizi migliori e pi efficienti con minore impegn9 per lente concedente. In definitiva, soddisfa ad una esigenza di utilit economicosociale che coincide con quella che informa lart. 43 della Costituzione. D'altra parte evidente, che qualora il Costituente, che ovviamente era a conoscenza del tradizionale istituto della concessione, ne avesse voluto esdudere l'applicazione riguardo ai servizi pubblicizzati a norma dell'art. 43, avrebbe espresso tale volont attraverso una norma specifica, mentre il silenzio serbato al riguardo pu bene essere interpretato come ammissione della possibilit del sistema anche ai fini Ir specifici della attuazione del precetto costituzionale. Ma da notare che, in questi casi, lo Stato o l'ente pubblico non si limita ad affidare al privato l'esercizio del servizio, ma si riserva poteri assai ampi di direzione, di disciplina, di controllo, tutti tendenti a , garantire, a seconda del diverso tipo della concessione, e quindi di . diversa intensit, il puntuale conseguimento dei fini di utilit generale. , E pur dovendosi riconoscere che il privato concessionario innegabil I mente persegue scopi suoi propri di utilit, questi sono per sempre coordinati e subordinati al conseguimento dei fini pubblici, attraverso le norme che in concreto disciplinano lesercizio delle singole concessioni. 5. -Nel caso del serv1z10 di radiodiffusione bisogna riconoscere che attraverso un vasto piano, che stabilisce una minuta disciplina per lo svolgimento in concessione del servizio, assicurato il conseguimento di quella finalit di pubblico generale interesse che lo Stato potrebbe prefiggersi di raggiungere attraverso la gestione diretta o l'affidamento del servizio ad un ente pubblico. La maggioranza assoluta delle azioni della R.A.I. detenuta dall'I.R.I. e pu essere trasferita solo allo Stato italiano o ad altro ente pubblico nazionale e previa autorizzazione del Ministro delle Poste di concerto col Ministro del Tesoro (convenzione 26 gennaio 1952, art. 3); lo statuto dell'ente (sic) concessionario e le sue variazioni devono essere approvati dal Ministro delle Poste e delle Telecomunicazioni, come pure la nomina del presidente ed eventual PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 613 mente del consigliere delegato (artt. 5, 6 d.l.C.p.S. 3 april 1947, n. 428); l'emanazione delle direttive di massima, culturali, artistiche, educative ecc. dei programmi di radiodiffusione e la vigilanza sulla loro attuazione affidata ad un Comitato istituito presso il Ministero delle Poste, e composto di un presidente, nominato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri di concerto coi Ministri delle Poste e della Pubblica Istruzione, e da membri in rappresentanza del Ministero della Pubblica Istruzione e della Societ Italiana Autori, oltre che da scrittori, musicisti ed autori drammatici designati dall'Accademia dei Lincei, e dalle organizzazioni di categoria (d.l.C.p.S. cit., art. 9); le tariffe da praticarsi agli utenti e i diritti spettanti all'ente sono determinati con decreto del Ministro delle Poste (convenzione cit.; art. 8); la R.A.I. tenuta a predisporre trimestralmente il piano di massima dei programmi da svolgersi nei tre mesi successivi, ed a sottoporlo prima al parere del detto Comitato istituito presso il Ministero delle Poste e poi all'approvazione del Ministro (art. 8 d.l.C.p.S. cit.); del Consiglio di amministrazione dell'Ente fanno parte membri destinati alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dai Ministeri degli Esteri, dell'Interno, del Tesoro, delle Finanze e delle Poste (convenzione cit., art. 5). Il compito di esercitare l'alta vigilanza per assicurare l'indipendenza e l'obiettivit delle radiodiffusioni affidato ad una Commissione di parlamentari composta di trenta membri designati pariteticamente dai Presidenti delle due Camere tra i rappresentanti di tutti i gruppi parlamentari, le deliberazioni della Commissione vengono eseguite attraverso le disposizioni all'uopo impartite dalla Presidenza del Consiglio al Presidente dell'Ente concessionario (d.l.C.p.S. cit., artt. 11, 12, 13). Alla R.A.I. vietato di prendere accordi con Stati, enti e cittadini esteri su questioni interessanti il servizio delle radiodiffusioni, senza la preventiv'l autorizzazione del Ministero delle Poste, sentiti i Ministeri interessati; per gravi motivi di ordine pubblico il Ministro dell'Interno pu modificare il piano di massima dei programmi e degli orari, e per gli stessi motivi, o per ragioni militari, o per grave necessit pubblica, il Governo, inteso il Consiglio dei Ministri, con decreto del Presidente della Repubblica potr sospendere o limitare l'esercizio o prendere possesso degli impianti ed uffici, senza che la R.A.I. abbia diritto a nessuna speciale indennit (convenzione cit., art. 20). Infine, nei casi di inadempienza dell'ente o di inosservanza delle disposizioni vigenti, o di g:i:avi irregolarit nel servizio, prevista l'applicazione di una ammenda da parte del Ministero delle Poste e, in caso di recidiva, prevista la revoca della concessione con deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro delle Poste, sentito il parere della Commissione parlamentare o del Comitato ministeriale, a seconda che le inadempienze si riferiscano, rispettivamente, al lato politico o a quello culturale 3 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 614 artistico delle trasmissioni. Ci a prescindere dalle numerose altre i;estrzioni ed obbligazioni di interesse tecnico ed organizzativo pure imposte alla R.A.I. e dal generico potere di vigilanza sull'andamento del servizio attribuito al Governo dagli artt. 1 e segg. del d.l. n. 428 del 1947, checontemplano il sistema dei vincoli e non ne lasciano al di fuori alcun settore della vita e dell'attivit dell'ente concessionaro, dalla consistenza patrimoniale all'organizzazione amministrativa e tecnica. In relazione a questa vasta rete di interferenze e di controlli, Jo. speciale rapporto di concessione stabilito con la R.A.I., sia che lo si intenda come un rapporto di sostituzione, in cui il privato un esercente dell'attivit della quale titolare lo Stato, per conto del qualeil privato agisce, sia che lo si intenda come uno speciale rapporto organico, per cui il privato si presenterebbe quale mezzo indiretto attraverso cui lo Stato raggiunge i suoi fini, questo speciale rapporto costituisce uno strumento valido per la realizzazione dei fini cui istituzionalmente tende il servizio di radiodiffusione nel regime di pubblicit che gli deriva dalla riserva della titolarit del servizio stesso allo Stato. Bisogna pertanto riconoscere che, come gi in diversa occasione ebbe a rilevare questa Corte (sentenza 6 luglio 1960, n. 59, che tratta del' monopolio statale televisivo), esso perfettamente inquadrabile nella disciplina dell'art. 43 della Costituzione. 6. -Circa la seconda questione, riguardante la legittimit costituzionale dell'art. 36 della legge 7 gennaio 1929, in relazione alle disposizioni del d.l. 21 febbraio 1938, per asserito contrasto con l'art. 102 della Costituzione, basta osservare che il suo presupposto, cio lauto-matica soppressione delle giurisdizioni speciali alla scadenza del ter- mine per la revisione stabilita dalla VI disposizione transitoria della Costituzione, stato gi pi volte esaminato dalla Corte che lo ha respinto. La Corte ha affermato che il Costituente non ha voluto senz'altro sopprimere le giurisdizioni speciali preesistenti all'entrata in vigore della Costituzione, ma soltanto sottoporle a revisione :;id opera del Parlamento, e che il quinquennio, entro cui tale revisione doveva essere effettuata, non termine perentorio; onde le giurisdizioni speciali legittimamente continuano a svolgere le loro funzioni fino a quando non si sar proceduto alla loro revisione (sentenze n. 41 del 1 marzo 1957, n. 41 del 10 giugno 1960 e n. 92 del 13 novembre 1962). Non essendo d'altra parte dubbio che la cognizione delle contravvenzioni attribuite all'Intendente di finanza dagli artt. 21 e 36 della citata legge del 1929 concreti una giurisdizione speciale, non pu ritenersi non applicabile anche ad essa il principio posto dalla Corte circa la soprav-vivenza delle giurisdizioni speciali, epper la questione appare manifestamente. infondata. -(Omissis). PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 615 CORTE COSTITUZIONALE, 6 luglio 1965, n. 59 -Pres. Ambrosini -Rel. Papaldo -Giunta Provinciale di Bolzano (avv. Guarino), Provincia di Trento {avv. Morelli), Regione Trentino-Alto Adige (sost. avv. gen. Stato Guglielmi). Caccia -Trentino-Alto Adige -Costituzione del territorio regionale in riserva di caccia -Violazione del principio del giusto procedimento -Insussistenza. (l. reg. T.AA., 7 settembre 1964, n. 30). Caccia -Limitazione del diritto dei privati operato dalla legge regionale costitutiva delle riserve di caccia -Insussistenza. (t.u., 5 giugno 1934, n. 1016, artt. 44, 67; Cost., artt. 41, 42, 43). C;:iccia -Conferimento della gestione delle riserve di caccia alle Sezioni della Federazione della Caccia -Legittimit. (Cost., artt. 5, 18, 118; t.u., art. 67, 5 giug~o 1939, n. 1016; d.m. 19 luglio 1961: Statuto T.AA., art. 11, n. 4). La costituzione di diritto in riserva di caccia dell'intero territorio regionale del Trentino-Alto Adige, escluse le zone riservate dai privati, operata dalla legge regionale 7 settembre 1964, n. 30, non viola il principio del giusto procedimento, giacch non ha avuto alcun effetto lesivo nei riguardi della tutela dei diritti e degli interessi di Enti o persone situati nella Provincia (1). Il nostro ordinamento non riconosce al proprietario terriero un diritto alla selvaggina come pertinenza o frutto del fondo, n un diritto alfesclusivo esercizio della caccia sul fondo stesso: la facolt di esercitare la caccia non , quindi, insita nel diritto di propriet fondiaria, ma un aspetto del diritto di libert. Non contrasta pertanto la .legge regionale 7 settembre 1964 n. 30 con i principi sanciti negli artt. 41, 42 e 43 della Costituzione {2). pienamente legittimo, da parte della Regione, il conferi mento della gestione delle riserve di caccia alle Sezioni della Federazione della caccia, poich tale conferi mento non solo in armonia con quanto disposto dall'art. 67 del t.u. sulla caccia, ma non viola n il principio costituzi_onale della libert di associazione, in quanto non crea nuove situazioni monopolistiche, n il diritto della Provincia, giacch questa non ha alcun potere in materia di caccia (3). (1) La questione era stata sollevata dalla Giunta Provinciale di Bolzano con ricorso 13 novembre 1964 (Gazzetta Ufficiale, 9 gennaio 1965, n. 7). La pronuncia in esame trae origine dal richiamo della Provincia di Bolzano alla decisione costituzionale del 2 marzo 1962, n. 13, in cui la Corte affermava in 616 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). -2. -La Provincia si lagna che la legge regionale abbia costituito di diritto in riserva di caccia l'intero territorio regionale, escluse le zone riservate dai privati; violando cos il principo del giusto procedimento. L'esigenza del giusto procedimento fu affermata da questa Corte con la invocata decisione del 2 marzo 1962, n. 13, sulla base del rispetto dei principi dell'ordinamento giuridico dello Stato: rispetto cui vincolata anche la Regione Trentino-Alto Adige in virt dell'art. 4 del suo Statuto. Ma questa esigenza non ha carattere di assolutezza. Non , infatti, ancorata ad una inesistente " riserva a favore dell' Amministrazione, ma ispirata alla tutela dei diritti e degli interessi. La legge regionale allora impugnata, sostituendo una propria generale determinazione ai singoli atti amministrativi, faceva cadere di colpo quella tutela che lordinamento statale appresta attraverso lespletamento dei singoli procedimenti con il seguito di controlli, di ricorsi amministrativi e rimedi giurisdizionali. Nel caso attuale la legge regionale, come .si dir pi i:tmpiamente in seguito, nulla sottrae a chicchessia, n agli enti pubblici n ai privati proprietari, giacch, in sostanza, nulla innova rispetto alla situazione precedente. La sostituzione di una dichiarazione legislativa a quella amministrativa non ha, dunque, avuto alcun effetto lesivo nei riguardi della tutela dei diritti e degli interessi. E pertanto la Corte, pur mantenendo fermo il proprio orientamento circa lesigenza del giusto procedimento ai sensi della decisione ~11 " sopra richiamata, giudica che in questo caso quel principio non trova applicazione. via generale lesigenza del giusto procedimento, in relazione ad una legge regionale allora impugnata, che sostituiva una propria generale determinazione ai singoli atti amministrativi. Ma la necessit di tale affermazione non trova luogo in questo caso, in cui non dato vedere alcuna violazione di diritti ed interessi legittimi dei privati e degli enti compresi nella Regione. (2) Il principio fu gi affermato dalla Cass., Sez. Un., 12 ottobre 1960, n. 2687 (in questa Rassegna, 1961, 18). Analogamente il Consiglio di Stato, Sez. VI, 8 dicembre 1963, n. 1019, ha ha ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimit costituzionale, per violazione dell'art. 42 Cost., dell'art. 44, terzo comma, del t.u. sulla caccia. Per la natura e limiti del diritto di caccia si veda la voce Caccia, Noviss. dig. it., II, Torino, 1958, ed Encicl. dir., V, Milano, 1959, 746. (3) Gi altra volta la Provincia di Bolzano ha ricorso alla Corte Cost. assumendo il proprio diritto a regolare la materia della caccia nell'ambito della Provincia stessa, in occasione della costituzione del Comitato Provinciale della caccia da parte della Regione. Si veda sent. Corte Cost., 7 dicembre 1964, n. 101 (in questa Rassegna, 1964, 1005, ove, in nota, richiamo della sent. Corte Cost., 26 giugno 1962, n. 69). PARTE I, SEZ, I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 617 3. -Non fondata la censura relativa alla violazione degli artt. 41, 42 e 43 della Costituzione. Si pu, anzitutto, rilevare che la legge nazionale che ha derogato rispetto alla zona delle Alpi, alle norme generali del testo unico sulla caccia concernenti limiti e modalit per la costituzione delle riserve ed in particolare ha derogato alla disposizione contenuta nell'art. 44 circa l'indennit da corrispondersi al proprietario dissenziente. Queste deroghe, pur non essendo espresse, sono chiare, giacch risultano necessariamente dal fatto che tutto il territorio ricadente in quella zona, escluse le zone riservate dai privati, pu essere sottoposto a riserva ai sensi dell'art. 67 del medesimo testo unico senza altre formalit o altri vincoli che non siano quelli previsti da questa disposizione. E nessuno ha contestato la legittimit costituzionale di queste norme statali. Poich, come si detto, pacifico in fatto che, in base alla legge nazionale, tutte le zone non riservate dai privati erano state costituite in riserva, la legge regionale non ha fatto altro che cristallizzare questa situazione, rendendola definitiva e permanente. La realt che con questa legge nulla stato tolto ai proprietari se non la ipotetica ma remota possibilit di riavere liberi i propri terreni nel caso che qualche Comune revocasse la costituzione della riserva, dato e non concesso che tale revoca fosse ammissibile. Ora, se questo l'unico effetto della legge regionale, la Corte ritiene che non ricorrano i presupposti per un raffronto della legge regionale , con gli artt. 41, 42 e 43 della Costituzione; giacch la Regione non ha sostanzialmente mutato la situazione di fatto e di diritto gi esistente in base alla legge nazionale. Comunque, anche se queste considerazioni non si dovessero ritenere sufficienti, la questione resterebbe ugualmnte infondata. Il nostro ordinamento non riconosce al proprietario del terreno n un diritto a fare propria la selvaggina come pertinenza o frutto del fondo n un diritto ali' esclusivo esercizio della caccia sul fondo stesso n un diritto a costituire su di esso una riserva di caccia. La facolt di esercitare la caccia non insita nel diritto di propriet fondiaria, ma un aspetto del diritto di libert, il cui esercizio subisce limitazioni per la salvaguardia dell'incolumit delle persone, per la protezione della fauna, per la tutela delle colture e dei prodotti agricoli, per la disciplina della caccia come attivit sportiva. Costituendo in via permanente la riserva di caccia sui terreni non riservati dai privat~ la legge regionale ha attuato questi fini che sono anche propri dell'ordinamento statale. Cos facendo, non ha violato gli artt. 41, 42 e 43 della Costituzione. Non ha violato gli artt. 41 e 43. Non ha creato n trasferito alcuna impresa o comunque alcuna attivit di carattere economico, giacch, 618 RASSEGNA DELLAVVOCATURA DELLO STATO nell'affidare .lle Sezioni della Federazione della caccia la gestione delle riserve, la Regione ha conferito !o!d esse l'esercizio di facolt di carattere pubblico per il raggiungimento di fini di pubblico interesse. Si vedr fra poco se questo conferimento sia, sotto altri aspetti, legittimo; ma certo che non se ne pu contestare la legittimit alla stregua degli articoli 41 e .43, per l'applicazione dei quali non sussistono i presupposti. N si ha la violazione dell'art. 42, perch nessuna espropriazione stata effettuata, non esistendo alcun diritto da espropriare. 4. -Si esaminano ora le censure relative alla legittimit del conferimento della gestione alle Sezioni provinciali della Federazione della caccia. Tali censure sono state ripetute sotto vari aspetti in qiversi motivi del ricorso. opportuno vagliarle per gruppi. Non sussiste contrasto tra la legge impugnata ed i principi enunciati da questa Corte con la decisione n. 69 del 1962, la quale dichiar illegittime alcune disposizioni del testo unico delle leggi sulla caccia per contrasto con l'art. 18 della Costituzione, in quanto quelle norme violavano il diritto di libert di associazione. Nella specie, questo diritto pienamente riconosciuto e tutelato sia nei riguardi di altre associazioni di cacciatori sia dei cacciatori non iscritti ad alcuna associazione. N valgono ai fini della presente decisione le considerazioni che si leggono nella stessa sentenza circa i poteri della Federazione italiana della caccia in relazione a quelli spettanti alle Amministrazioni provin ciali ed ai Comitati provinciali della caccia. La sentenza deline la situazione della Federazione nei rapporti con lo Stato e con altri enti; e ci fece ai fini di stabilire se fossero legittime o non le norme che ' imponevano l'obbligo dell'iscrizione alla Federazione. Ma la Corte non neg la legittimit delle norme relative alla istituzione ed all'ordinamento di quell'Ente. Non si pu quindi trarre da quella sentenza alcun valido argomento per contestare la legittimit della legge impugnata che affida -'--senza esclusivit -:--alle Sezioni provinciali della Federazione la gestione delle riserve. L'altra decisione ricordata dalla Provincia, quella del 1961, n. 13, non ha alcuna influenza nel caso attuale. Fu allora dichiarata l'illegittimit di alcune norme di una legge di altra Regione, in quanto avevano posto in essere un sistema tale da determinare illegittimi monopoli ed illegittime esclusioni in pregiudizio di organi e di persone non appartenenti a quella !legione. Ma la stessa sentenza dichiar non censurabile, in linea di principio, il fatto che la Regione si avvalesse di una associazione locale. Nella specie, si ripete, la legge regionale non solo non ha creato nuove situazioni monopolistiche, ma anzi ha aperto gli accessi ad altre PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 619 :associazioni di cacciatori, come ai cacciatori non iscritti ad alcuna associazione. Non , poi, esatto che la legge regionale non potesse affidare la :gestione delle riserve alle Sezioni della Federazione, giacch avrebbe >, secondo la formula testualmente usata nell'art. 177, primo comma, che, .nel suo chiaro ed universale significato romanistico, postula il necessario riferimento -alla controversia (9). E solo in questa fattispecie, la norma comunitaria dell'art. 177, .integrata nel nostro come negli ordinamenti degli altri Stati della C.E.E., autorizza il Giudice o lo obbliga a sospendere il processo nel quale egli deve applicare -quella norma, per farla interpretare con valore assoluto e vincolante, salvo il :potere del Giudice nazionale di applicarla, una volta interpretata in astratto, al Concreto sottoposto alla sua cognizione. ~ in sostanza, una deroga alla delicata e gelosa funzione propria di ogni 1 secondo quanto viene precisato dal successivo art. 85, onde non presumibile che in " di chiunque vi abbia interesse relativi alla nomina... o comunque attinenti al rapporto di impiego, appare, data l'ampiezza della locuzione usata (alle parole " tutti " e chiunque ,, ed alle espressioni interesse relativi e " o comunque attinenti bisogna pur attribuire un significato), tale da consentire un'interpreta zione, per la quale spetti alla Corte dei conti anche la definizione delle controversie riguardanti i provvedimenti di esclusione da un concorso~ interpretazione che, alla stregua di quanto osservato in ordine alla ratio della norma, addirittura si imponeva. Questa conclusione non sembra ostacolata dalla legge 3 aprile 1933, n. 255, contenente la delega, in forza della quale fu emanato il t.u. 12 luglio 1934, n. 1214. Del resto, le stesse Sezioni Unite della Corte di Cassazione riconoscono che la disposizione in esame ha esteso la potestas iudicandi della Corte dei conti pure a 654 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO quella sede si siano potuti ampliare cos notevolmente la portata e i r-. .< ~ limiti della giurisdizione speciale della Corte dei Conti sino al punto da assoggettare ad essa -e sottrarre, conseguentemente, al proprio giudice naturale anche coloro che, chiedendo di essere ammessi ad un concorso, sono portatori di una spes molto vaga per il conseguimento della nomina. Alla stregua della questione sottoposta ali' esame di questa S.C. resta fuori dell'ambito del dt. art. 65 per difetto dei presupposti di carattere soggettivo e oggettivo; soggettivo in quanto la domanda di ammissione ad un concorso esterno -non pone ancora gli aspiranti in una posizione giuridica tale da configurare l'interesse alla nomina sotto un particolare aspetto di concretezza; oggettivo perch il reclamo contro il provvedimento di esclusione da un concorso non potrebbe mai identificarsi con una controversia comunque attinente al rapporto d'impiego. Dichiarandosi la giurisdizione del Consiglio di Stato a conoscere dei ricorsi proposti dal dott. Nicotera, resta ovviamente assorbita la I eccezione di illegittimit costituzionale della norma anzidetta. II {Omissis). -Ritenuto che possa disporsi la riunione dei giudizi istituiti coi due ricorsi proposti a queste Sezioni Riunite dal dott. Giuseppe Nicotera, vertendo esse sostanzialmente sullo stesso oggetto ed identici essendo i motivi che li sorreggono; chi non sia ancora inquadrato nei ruoli del personale, conformemente alla citata legge di delega, ma ritengono che l'interpretazione dianzi proposta, riguardando ipotesilimite, urterebbe contro tale legge, mentre prevedendosi in questa {con l'art. 35) genericamente la facolt per il governo di introdurre nel testo unico le necessarie disposizioni complementari ed integrative alle norme di legge riguardanti I'ordinamento della Corte dei conti, una distinzione nei sensi accennati non si giustifica, allorquando possa essere spiegata la ratio della prospettata estensione e cos riportata la norma da interpretare, in aderenza alla sua lettera, nell'ambito delle facolt accordate con la delega. La disposizione, di cui si tratta, quindi, potrebbe ben costituire una deroga non solo a quella dell'art. 29, comma primo, n. 1, del t.u. 26 giugno 1924, n. 1054 (giurisdizione esclusiva del Consiglio di Stato), la quale pure essa una disposizione di carattere speciale, ma anche a quella dell'art. 26 dello stesso testo unico (giurisdizione generale di legittimit del Consiglio di Stato), senza dover per questo restar limitata, attraverso un'interpretazione restrittiva, con riferimento alla nomina, dall'indispensabile presenza di un aspetto di concretezza, che le Sezioni Unite della Corte di Cassazione stimano rilevante e non riscontrano nella specie, ma che la -norma da interpretare, nella sua vasta comprensivit (ancor pi evidente se paragonata alla norma contenuta nel n. 1 del comma primo dell'art. 29 sopra citato), non sembra postulare. Ad ogni modo, giover, peraltro, ricordare che, come messo in rilievo dalla ordinanza delle Sezioni Unite della Corte dei conti, nella. specie non si trattava di un PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 655 che il ricorso alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, per rego- lamento di giurisdizione, proposto in pendenza del giudizio vertente innanzi il Consiglio di Stato, tra la Presidenza del Consiglio dei Ministri ed il dott. Nicotera, per l'annullamento degli stessi provvedimenti im pugnati innanzi queste Sezioni Riunite, non possa spiegate effetti nel presente giudizio, essendo le questioni di giurisdizione , per le quali l'art. 41, comma primo, del c.p.c. consente di sperimentare il regola-. mento preventivo, unicamente quelle contemplate dall'art. 37 dello stesso codice, e cio le questioni inerenti al cc difetto di giurisdizione del giudice ordinario nei confronti della pubblica amministrazione ,. non anche quelle reltive al difetto di giurisdizione del giudice spe- ciale nei confronti di altro giudice o della p.a., del che dato riscon trare puntuale conferma nell'art. 367 dello stesso codice, il quale disciplina, con riferimento al solo procedimento innanzi al giudice ordinario, le modalit di sospensione del processo di merito in pen denza del regolamento preventivo di giurisdizione; che dalla cennata limitazione discende come, nella ipotesi in cui la lite non sia stata instaurata dinanzi al giudice ordinario, il difetto di giurisdizione non possa essere opposto che in via successiva e, cio, mediante impugnazione della decisione che si ritenga di aver invaso la sfera di competenza attribuita ad altri organi giurisdizionali, facendosi cos ricorso al rimedio apprestato dall'art. 362 c.p.c., nel quale stato sostanzialmente trasfuso l'art. 3, n. 3, della kgge 31 marzo 1877, n. 3761; che a siffatte afferma'.?ioni conforta anche il precetto costituzionale l dove (art. 111, comma terzo) ammette contro le decisioni del provvedimento di esclusione dal concorso (cui l'aspirante era stato ammesso), provvedimento che pur sempre si porrebbe con carattere di strumentalit rispetto alla. nomina, bens di un provvedimento di esclusione dalle prove scritte e .orali del concorso, a seguito della valutazione dei titoli, nonch del provvedimento . che approvava la graduatoria del concorso stesso, onde, di fatto, pure l'accennato aspetto di concretezza sussisterebbe. """ Rilevato ci non pu, t~tt~via, conveuirsi su quanto si osserva nell'ordinanza delle sezioni riunite della Corte dei onti in merito all'inammissibilit del regola mento preventivo di giurisdizione rispetto ai giudizi pendenti davanti ai Giudici ' speciali ed in particolare davanti alla Corte medesima. Nel senso dell'ammissibilit, anche rispetto ai giudizi pendenti davanti .al Con siglio di Stato, del regolamento preventivo di giurisdizione, peraltro, molto recente mente le Sezioni Uuite della Corte di Cassazione hanno ribadito il loro insegnamento, conforme alle tesi sempre sostenute dall'Avvocatura dello Stto (Cass., Sez. Un., 28 aprile 1964, n. 1016, in questa Rassegna, 1964, I, 472), e sul punto si rimanda il lettore a quanto gi esposto con apposita relativa nota nell'occasione (v. in questa Rassegna, 1964, I, 473), valendo di certo il principio anche rispetto ai giudizi pen denti davanti alla Corte dei conti . . N, data tale ammissibilit, pu dubitarsi dell'effetto necessariamente sospen 656 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Consiglio di Stato e della Corte dei Conti il ricorso in Cassazione per i soli motivi inerenti alla giurisdizione, con ci manifestamente confermando la precedente situazione legislativa, secondo la quale l'organo regolatore non pu intervenire in questi casi se non dopo che una decisione sia stata emanata; che l'istituto del regolamento di giurisdizione non pu trovare applicazione nei giudizi innanzi alla Corte dei Conti nemmeno per effetto del richiamo operato dall'art. 26 del regolamento di -procedura approvato con r.d. 13 agosto 1933, n. 1038, il quale dispone bens la osservanza delle norme della procedura civile , ma solo in quanto esse siano applicabili e non siano modificate dalle disposizioni dello stesso regolamento o, a maggior ragione, dalle disposizioni delle leggi concernenti la Corte dei Conti, le quali, nel loro insieme configurano un sistema speciale, sufficientemente organico, strutturato su istituti propri, quali, ai fini che interessano, il ricorso in cassazione, per annullamento di gi emessa decisione, prevista dall'art. 71 del t.u. 12 luglio 1934, n. 1214; che, inoltre, l'applicabilit delle norme richiamate postula non soltanto l'attitudine del sistema richiamante a recepire e adattare agli istituti gi propri, l'istituto richiamato, ma ben anche la idoneit di quest'ultimo ad essere applicato in ambito diverso da quello originario, sivo della proposizione del regolamento preventivo di giurisdizione per il giudizio pendente davanti al Giudice speciale, mentre deve ritenersi che la pronuncia emessa da detto Giudice nelle more del procedimento per il regolamento preventivo di giurisdizione sia inficiata dal difetto di giurisdizione e, quindi, per ci solo, annullabile dalla Corte di Cassazione (v. pure in merito la nota succitata e Cass., 11 dicembre 1950, n. 2705; cfr. anche, per, Cass., Sez. Un., 31 marzo 1950, n. 877): conseguenza a fortiori applicabile per la pronuncia emessa dal Giudice speciale nel processo proseguito dopo che la sua giurisdizione stata esclusa a seguito del ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione, se una siffatta pronuncia non debba ritenersi addirjttura ,inesistente. Altra la questione, poi, dell'inefficacia della sentenza della -Corte di Cassazione, adombrata nella speie dalla Corte dei conti, per l'incompletezza del contraddittorio, sul presupposto di un litisconsorzio necessario, questione del tutto particolare, in merito alla quale non pare qui il caso di soffermarsi. """ Quanto si finora osservato andrebbe diversamente visto, come ovvio, se la definizione in forma contenziosa di tutti i reclami previsti nella disposizione in esame e da questa demandata alla Corte dei conti sostanzialmente concretasse l'esplicazione di un attributo connesso alla tutela della indipendenza della Corte stessa nell'esercizio delle sue funzioni di controllo, quale :i;lotere autonomo, cos da implicare con riferimento all'ingerenza di altro organo statuale in subiecta materia non una questione di giurisdizione ma un conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, previsto dall'art. 134 della Costituzione. :E: la tesi appena accennata nell'ordinanza delle Sezioni riunite della Corte dei conti, che, dopo quanto da essa ritenuto, non stata considerata, ma che appare, invero, la pi idonea a meglio garantire I I ru iI I I ili :: PARTE I, SEZ, II, GIURIS, SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 657 il che nella specie deve negarsi, per il regolamento preventivo di giurisdizione, la volta che il legislatore -come fatto palese dal raffronto fra fart. 41 e l'art. 362 c.p.c. -ha chiaramente dato addivedere di volerlo circoscrivere alla sola ipotesi contemplata dall'art. 37 c.p.c.; che la inapplicabilit. -riaffermata ed elevata a dignit di precetto costituzionale -del regolamento preventivo di giurisdizione in qualsiasi tipo di giudizio instaurato innanzi la Corte dei Conti, dispensa il Collegio dal considerare se la sua competenza a definire in forma contenziosa tutti i reclami dei dipendenti della Corte o di chiunque vi abbia interesse, comunque attinenti al rapporto di impiego (art. 65 t.u. n. 1214 del 1934), si atteggi, oltre che formalmente, anche sostanzialmente come una vera e propria giurisdizione e non possa piuttosto concretare la esplicazione di un necessario attributo, posto a tutela della sancita indipendenza della Corte dei Conti, nell'esercizio delle sue funzioni di controllo, quale potere autonomo neutrale ed estraneo alla p.a., s che la ingerenza nella subietta materia di altro organo statuale possa dischiudere ingresso non ad una questione di giurisdizione, ma ad un conflitto di attribuzioni tra i poteri dello Stato, quale previsto dall'art. 134 della Carta Costituzionale; che, per tutte le esposte considerazioni come non pu farsi luogo a sospensione del procedimento nei giudizi innanzi la Corte dei Conti quell'indipendenza. Con questo, peraltro, non si vuol sostenere che tale tesi, senza dubbio di grande interesse e certamente accettabile per il collegamento tra la disposizione in esame e la tutela dell'indipendenza della Corte nell'esercizio del suo potere di controllo (confortata pure dalla surriportata dizione della norma), debba essere accolta, giacch l'esercizio di una funzione di ordine costituzionale da parte della Corte dei conti potrebbe non essere sufficiente a collocarla tra gli organi costituzionali ,, quanto meno ai fini dell'art. 134 della Costituzione (v. GuGLIELMI, I conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato, La Corte costituzionale -raccolta di studi-, Rma, 1957, 433; v. pure, ivi; 443, con riferimento a quanto sostenuto dallo stesso autore, Corte dei conti e questioni di legittimit costituzionale, in questa Rassegna, 1962, 69). D'altra parte, mentre almeno il Parlamento, cui la Corte ha l'obbligo di riferire sui risultati del riscontro eseguito, pu far valere gli effetti del controllo sul piano costituzionale (v. GuGLIELMI, I conflitti cit., 433) ed i relativi provvedimenti della Corte medesima restano sottratti al sindacato giurisdizionale (v. SANDULLI, In materia di giurisdizione nei confronti dei decreti di assoggettamento di enti pubblici al controllo della Corte dei conti e nei confronti degli atti di controllo della Corte, CGiust. civ., 1964, I, 1336, e ZAGARI, Osservazioni sul controllo della Corte dei conti sugli enti pubblici, in questa Rassegna, 1964, I, 475; cfr. per anche ANELLI, Sulla sindacabilit in sede giurisdizionale degli atti di controllo della Corte dei conti, Foro amm., 1965, II, 71), il potere della Corte di definire i reclami anzidetti, nonostante il rilevato collegamento, resterebbe sottoposto alla Corte di Cassazione e, conseguentemente, sia pur in limitate ipotesi, i provvedimenti in materia potrebbero, come accaduto, venir sottratti a quel potere ed assoggettati al sindacato di altri organi statuali, intaccandosi cos, senza rimedio, l'autonomia della Corte dei conti. 658 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO allorch sia illegittimamente instaurato innanzi alle Sezioni Unite della Cassazione il regolamento preventivo di giurisdizione, cos non pu riconoscersi effetto, negli stessi giudizi, alla sentenza delle Sezioni Unite resa a seguito del proposto ricorso, posto che la inapplicabilit dell'istituto alle giurisdizioni speciali vizia in radice l'intero procedimento dal suo atto introduttivo a quello terminale; che non altro seguito, se non quello dianzi indicato, possibile, quindi, dare, nel presente giudizio, alla sentenza pronunciata dalle Sezioni Unite della Cassazione il 18 febbraio 1965 (della quale il solo dispositivo stato alla segreteria di queste Sezioni Riunite comunicato il 10 corrente con biglietto di cancelleria a norma dell'art. 388 c.p.c.), sul ricorso per rgolamento preventivo di giurisdizione, proposto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri nel giudizio innanzi al Consiglio di Stato introdotto coi due ricorsi del dott. Nicotera; sentenza, che, oltre tutto, sembra fare riferimento soltanto al primo dei due ricorsi a queste Sezioni Riunite ed al secondo dei due proposti al Consiglio di Stato, non pure agli altri due ricorsi proposti rispettivamente, nella stessa data del 1 agosto 1963 al Consiglio di Stato e del 12 dicembre 1963 a queste Sezioni Riunite; non solo, ma sembra altres identificare l'oggetto del giudizio in un provvedimento di diniego di ammissione al concorso a referendario dlla Corte, laddove, da una parte, i primi due ricorsi del 1 agosto 1963 concernono la negata ammissione, non al concorso -al quale il dott. Nicotera fu regolarmente ammesso -ma alle prove di esame scritte ed orali, da parte della Commissione esaminatrice, per insufficiente punteggio dalla stessa attribuito al dott. Nicotera nel precedente esame dei titoli (trattandosi, appunto, di concorso" per titoli ed esami) e, dall'altra, i secondi riporsi Non questa, tuttavia, la sede per approfondire una questione di tanta importanza; che investe non solo la natura della funzione di controllo della Corte dei conti, ma la posizione della Corte stessa nell'ordinamento costituzionale (v. in proposito, per tutti, DE V ALLES, Questioni controversie sulla posizione costituzionale della Corte dei conti, Studi in occasione del primo centenario della Corte dei conti nell'unit d'Italia, Milano, 1963, 121) nonch l'ambito di applicazione dell'art. 134 della Costituzione (v. pure, in argomento, oltre a La Corte costituzionale e il conflitto di attribuzione, in questa Rassegna, 1948, 7-8, 1, e Rocco, A proposito di alcuni dissensi interpretativi dell'art. 134 della Costituzione, ivi, 1948, 9, l; AzzARITI, I conflitti di .attribuzione tra i poteri dello Stato secondo la nuova Costituzione, Problemi attuali di diritto costituzionale, Milano, 1951; SALVATORI, Conflitti di attribuzione, Enciclopedia forense, vol. Il, Milano, 1958, e LucIFREDI, Attribuzioneconflitto, Enciclopedia del diritto, vol. IV, Milan, 1959; cfr., altres, FOLIGNO, 1 soggetti nel contenzioso costituzionale, in questa Rassegna, 1957, 87). Qui sembra sufficiente aver delineato gli aspetti della questione ed osservato come essa si colleghi ai ricordati problemi di fondo, richiamando l'attenzione sulla gravit delle conseguenze da non sottovalutare almeno nel piano teorico e sulla possibilit, per ovviarvi, di adombrare la tesi innanzi prospettata. B. BACCARI PARTE I, SEZ. II, GWRIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 659 del 12 dicembre 1963, impugnano il provvedimento che approva la graduatoria generale di merito di concorso; che, peraltro, avanti di procedere a qualsiasi pronuncia sulla giurisdizione, si rende necessario verificare la regolare instaurazione del contraddittorio, in conformit dell'insegnamento della Corte di Cassazione, che, nella ipotesi di litisconsorzio necessario con incompleto contraddittorio, nega ogni effetto a qualsiasi pronuncia sulla giurisdizione -ivi compresa quella in sede di regolamento di giurisdizione e ci tanto nei riguardi di coloro che non furono parti, quanto nei riguardi delle stesse parti, nei confronti delle quali la pronuncia sulla giurisdizione sia stata emessa. -{Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 25 maggio 1965, n. 1025 -Pres. Lonardo Est. Mirabelli -P.M. Di Majo (conf.) -Istituto Poligrafico dello Stato (avv. Stato Casamassima) c. 'Pessolano (avv. Cioffi). Competenza e giurisdizione Ente pubblico economico Rapporto di impiego -Controversie Art. 493, n. 3 c.p.c. -Questione di legittimit costituzionale per pretesa violazione degli articoli 1, 35 e 98 Cost. Manifesta infondatezza. (c.c.p., art. 429, n. 3; Cost., artt. 1, 35, 98 e 103). Competenza e giurisdizione -Istituto Poligrafico dello Stato Controversie D.L.C.P.S. 22 settembre 1947, n. 1107 Irrilevanza ai fini del giudizio Questione di legittimit costituzionale Inammissibilit. (d.l.C.p..S, 22 settembre 1947, n. 1107; l. 11 marzo 1953, n. 87, art. 23, comma secondo). Competenza e giurisdizione -Ente pubblico economico Istituto Poligrafico dello Stato -Rapporto di impiego Controversie A.G.O. -Giurisdizione -Sussiste. (c.p.c., art. 429, n. 3; r.d. 20 giugno 1929, n. 1058; r.d.I. 9 luglio 1936, n. 1380). :E: manifestamente infondata la questione di legittimit costituzionale, per violazione degli artt. 1, 85 e 98 Cost., della norma delTart. 429, n. S c.p.c., la quale attribuisce alla giurisdizione ordinaria le controversie relative ai rapporti di impiego dei dipendenti degli enti pubblici economici (1). (1-3) Osservazioni sulle controversie relative ai rapporti di impiego de~ dipendenti della pubblica economia. Con questa decisione, di indubbia esattezza, La Corte regolatrice interviene ancora una volta nell'annosa ed ostinata disputa apertasi sin dal 1945 sull'art. 429, n. 3, c.p.c. (per un.'ampia panoramica in materia cfr. Rassegna di giurisprudenza sul 660 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La questione di legittimit costituzionale del d.l.C.p.S. 22 settembre 1947, n. 1107, contenente modificazioni deli ordinamento delilstituto Poligrafico dello Stato, non incidendo tale provvedimento sulla natura dell' ent e sul regolamento dei rapporti di impiego, non ha rilevanza al fine di decidere sulla giurisdizione in ordine alle controversie relative ai rapporti di impiego dei dipendenti delilstituto (2). L'Istituto Poligrafico dello Stato un ente pubblico economico e pertanto le controversie relative ai rapporti di impiego dei suoi dipendenti rientrano nella giurisdizione dell' A.G.O. e non in quella del giudice amministrativo {3). (Omissis). -L'Istituto ricorrente sostiene che la competenza giurisdizionale a conoscere delle controversie in materia di impiego del personale delflstituto mede5imo spetta all'Autorit Giudiziaria ordinaria, in quanto l'Istituto va considerato come ente pubblico economico, che agisce nell'ambito di applicazione dell'art. 429, n. 3 c.p.c., secondo finterpretazione che di tale norma stata data, con giurisprudenza ormai costante, sia da queste Sezioni Unite che dal Consiglio di Stato. Il controricorrente oppone a questa tesi, in primo luogo l'eccezione di illegittimit costituzionale della stessa norma contenuta nel citato n. 3 dell'art. 429 c.p.c.; in secondo luogo, l'eccezione di illegittimit costituzionale del d.l.C.p.S. 22 settembre 1947, n. 1105, che, a suo avviso, ha impresso all'Istituto ricorrente il carattere di ente economico concorrenziale, di cui questo precedentemente difettava; infine la contestazione appunto, della natura di ente pubblico economico concor- renziale dell'Istituto medesimo. Le tre eccezioni proposte dal controricorrente vanno esaminate nell'ordine. libro II del c.p.c., a cura di Stella-Richter e Torrente, Il, Milano, 1961, 554 e segg.; nonch N. JAEGER, Novissimo Digesto Italiano, IV, voce Controversie individuali di lavoro, 751 e segnatamente 754 e segg.; D. MARCHETTI, Enciclopedia del diritto, X, Milano, 1962, voce Controversie individuali di lavoro, 349 e segnatamente 356 e segg.) e, negando la dedotta illegittimit costituzionale della norma e riaffermando la giurisdizione dell' a.g.o. per le controversie di lavoro dei dipendenti . dell'Istituto Poligrafico dell Stato, in quanto ente pubblico economico, ribadisce la sua giurisprudenza, ormai corisolidi!'ta, in ordine alla permanenza, pur dopo la soppressione dell'ordinamento corporativo e il nuovo assetto costituzionale, dell'attribuzione al giudice ordinario, col rito speciale del lavoro, delle controversie relative ai rapporti di lavoro dei dipendenti di enti pubblici economici, cio degli enti sostanzialmente contemplati dall'art. 429, n. 3, c.p.c. Infatti il riferimento fatto dalla norma all'inquadramento degli enti nelle disciolte associazioni sindacali di diritto pubblico assunto nella norma stessa, non come presupposto dell'attribuzione della giurisdizione, ma come mero indice della natura economica degli enti considerati, la quale invece la vera ragione dell'attribuzione all'a.g.o., secondo i principi, delle dette controversie, in considerazione del fatto che gli e.p.e. operano nella sfera economica al PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 661 La prima questione, concernente l'asserita illegittimit costituzionale dell'art. 429, n. 3 c.p.re., in relazione agli artt. 1, 85 e 98 della Costituzione, manifestamente infondata, come queste Sez. Un. hanno avuto ripetutamente occasione di affermare. Ed invero, i diritti dei lavoratori, cui si riferiscono le prime due norme citate, trovano piena ed adeguata tutela dinanzi alla giurisdizione ordinaria, secondo i principi contenuti nel Titolo IV della parte II della stessa Costituzione, e la disciplina della competenza giurisdizionale sulle controversie relative a diritti soggettivi, in particolari materie, quale pu essere quella del pubblico impiego, cui si riferisce il citato art. 98, dalla stessa Costituzione {art. 108, primo comma), devoluta alla legge ordinaria. .. La seconda questione, concernente la legittimit costituzionale del d.l.C.p.S. n. 1105 del 1947, non ha rilevanza in questa lite, sia in quanto la natura dell'Ente va dedotta dal complesso delle norme che lo regolano e delle attivit 'che esplica, e non in relazione ad un solo atto legislativo, di limitato contenuto. Sulla terza questione queste Sezioni Unite, recisamente modificando lopinione espressa in relazione alla prima delle controversie concernenti il rapporto di impiego dei dipendenti dell'Istituto Poligrafico dello Stato, venuta in esame (Cass., Sez. Un., 4 marzo 1950, n. 551), ha, con successive costanti pronunce (Cass., 9 giugno 1952, n. 1645; 24 giugno 1958, n. 1928; 10 agosto 1954, n. 2909; 17 febbraio 1962, n. 821), affermato che l'Istituto medesimo ente pubblico che svolge attivit economica in regime di libera concorrenza, rientrante nell'ambito di applicazione del citato n. 8 dell'art. 429 c.p.c. Ed invero, perch la natura concorrenziale di un ente pubblico economico possa essere esclusa occorre rehe sia accertato che la produ pari dei privati imprenditori e in concorrenza con costoro e che non sussiste alcun motivo di differenziazione nella regolamentazione dei rapporti di lavoro di questi enti e delle imprese private. Onde s'intende come, scomparso l'indice deirinquadramento sindacale, debba aliunde accertarsi la natura economica dell'e.p., affermandola o negandola a seconda che l'ente svolga o meno prevalentemente attivit economica in regime di concorrenza (in arg. v., da ultimo, Cass., 17 febbraio 1964, n. 348, in questa Rassegna, 1964, I, 666, con nota di osservazione), ma non sia perci venuta meno la giurisdizione dell'a.g.o., che perdura, permanendo la ratio dalla quale stata determinata, con riguardo alle controversie di lavoro degli enti pubblici economici. Individuata la ratio dell'attribuzione all'a.g.o. delle suddette controversie nella sostanziale equiparazione degli enti pubblici economici alle imprese private dei corrispondenti settori e nella conseguenziale equiparazione dei rapporti di lavoro degli uni e delle altre, si intende agevolmente come in questa materia la sola tutela giurisdizionale possibile sia quella ordinaria relativa ai diritti soggettivi e non permanga a lato della giurisdizione ordinaria per i diritti la giurisdizione amministrativa per gli interessi. 662 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO zione di questo si svolga in regime di esclusiva, quanto in una dellepossibili direzioni, e cio che, per norma legislativa o regolamentare, l'Amministrazione dello Stato sia tenuta a ricevere i beni o servizi prodotti dall'ente esclusivamente da questo, e non da altro produttore, oppure che lente sia tenuto a fornire i beni o servizi prodotti esclusivamente alla P.A., e non a privati. Poich, come stato aocertato dalle precedenti pronunce di queste Sez. Un. e non sostanzialmente contestato dal controricorrente, tale vincolo di esclusiva non sussiste, nei riguardi dell'Istituto Poligrafico dello Stato, in nessuna delle due direzioni, sia in quanto non inibito alla P.A. di fornirsi presso produttori privati per nessuno dei beni prodotti dall'Istituto, e neppure per il fabbisogno di carte valori, che costituisce la prevalente produzione di questo, sia in quanto all'Istituto affidata, in base alle stesse norme costitutive, la produzione di edizioni' scientifiche, artistiche e letterarie, destinate al pubblico commercio, non pu non essere confermato che l'Istituto svolga attivit economica in regime di concorrenza, sia pure con le limitazioni imposte dallestesse norme che lo regolano. In proposito stato acutamente osservato (JEMOLO, Impiegati di enti pubblicf economici, ecc., Foro it., 1948, I, 743 e segg.) che la parit di condizioni da farsi ai dipendenti degli enti pubblici economici rispetto ai dipendenti delle altre aziende, che operano nei medesimi settori della produzione o del commercio, comporta che le controversie di lavoro di tali dipendenti siano portate dinanzi ai medesimi organi giurisdizionali e ricevano qui la stessa protezione. Altrimenti, " sarebbe capovoltoquel concetto di eguaglianza che dovrebbe costituire la giustificazione dell'art. 429,.. n. 3, e gli enti pubblici economici assurgerebbero al rango di quella che una volta si diceva testa del turco . La rilevata equiparazione degli e.p.c. alle aziende private, anche se non sf vuole riconoscere natura privata al rapporto di lavoro con gli e.p.c., comporta chetali rapporti vengano trattati alla stessa stregua e sottoposti alla stessa disciplina sostanziale e processuale dei rapporti privati {App., Roma, 31 agosto 1949, Dir. lav., 1950, Il, 86). E la conseguenza quella rilevata dallo ]EMOLO nel penetrante saggio dianzi citato: " La degradazione ad interesse di quello che in un rapporto privato sarebbe stato diritto, in virt della considerazione del bene preminente, che la migliore organizzazione della P.A., cessa allorch si considerano certe branche della P.A. avulse da questa ed equiparate ad aziende private: l'interesse torna ad essere diritto. Ma per quella equiparazione medesima l'interesse del dipendente a vedere gerita l'azienda secondo le migliori regole, perseguito l'interesse dell'azienda e non. il capriccio del proprietario, interesse che era assunto ad interesse legittimo per quelle stesse considerazioni che avevano fatto degradare il diritto ad interesse legit. timo, ritorna ad essere considerato e trattato quale interesse semplice . In questo senso orientata la giurisprudenza prevalente di merito e della Corte di Cassazione. Cfr., per tutte, Cass., 23 febbraio 1945, n. 110, Foro amm., 1945, II, 25; SO gennaio 1951, n. 267, Giur. it., 1951, I, l, 394; 4 maggio 1957, n. 1499, Giur. lav., Mass., 1957, 105, e da ultimo Cass., 20 maggio 1958, n. 1687, Giur. it., 1958, I, 1, 1984 e 16 maggio 1959, n. 1454, Foro it., 1960, I, 647, che, a proposito. della lamentata esclusione degli interessi legittimi, che discenderebbe dall'attribu PARTE I, SEZ. Il, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 663 Ulteriore conferma di questa tesi si ritrova nella norma dell'art. 3 del r.d. 20 giugno 1929, n. 1058, che abilita l'Istituto anche ad intraprendere pubblicazioni per conto proprio o di privati, con l'osservanza di particolari formalit. La prevalenza dell'attivit istituzionale diretta alla produzione della carta moneta e delle carte valori in genere, sulla quale fermarono la attenzione queste Sezioni Unite nella prima pronuncia, citata innanzi, e sulla quale insiste la difesa del controricorrente, non ha influenza sulla qualificazione della natura dell'ente, in quanto, se indubbio che l'istituzione di un ente pubblico economico risponde in ogni caso ad uno specifico e prevalente pubblico interesse, l'esistenza di tale interesse non inibisce che l'attivit produttiva dell'ente si svolga in regime di concorrenza; e che, in particolare, l'Istituto Poligrafico svolga una attivit economica concorrenziale fu riconosciuto anche in quella prima deci~ sione, che neg a tale elemento il valore decisivo, che fovece riveste. Attivit partkolarmente concorrenziale , poi, quella svolta dall'Istituto nella produzione di carta, assunta in attuazione del r.d.l. 9 Iu~ glio 1936, n. 1380, nell'ambito della quale si ' svolto, il rapporto di zione all'a.g.o. delle controversie previste dall'art. 429, n. 3, osservano che " le situazioni soggettive che, se il rapporto fosse di impiego pubblico, potrebbero e dovrebbero essere qualificate come interessi legittimi, assumono nei rapporti di lavoro con enti pubblici la stessa rilevanza che avrebbero avuto se l'ente non fosse pubblico e cio di diritto soggettivo perfetto o di meri interessi semplici non tutelabili davanti al giudice. In dottrina, si vedano, nello stesso senso: PALMERINI, Assicurazioni, 1950, 2, 73; RABAGLIETTI, Giur. compl. Cass. civ., 1950, 2, 358. Stupisce quindi il diverso principio affermato da Cass., 13 febbraio 1963, n. 283, Foro amm., 1963, II, 325, la quale ammette che nei rapporti dei dipendenti di e.p.c. possano residuare situazioni di interesse legittimo, tutelabili innanzi al giudice amministrativo, senza avvertire l'insanabile. contrasto di tale assunto con la individuata ratio dell'attribuzione al giudice qrdinario delle controversie di lavoro di tali enti. Le Sezioni Unite, con la sentenza in esame, ribadiscono senza riserve la giurisdizione del giudice ordinario sulle controversie di lavoro in questione, come controversie relative a diritti soggettivi, senza tenere alcun conto della pretesa, ma inesistente, concorrente giurisdizione del giudice amministrativo limitatamente agli interessi legittimi. Ed da ritenere che in questo senso la giurisprudenza si consolider. Sulla prima massima, che risolve la questione dianzi accennata, prospettata non in termini di abrogazione tacita dell'art. 429, n. 3, c.p.c., a seguito del d.l.Igt. 23 novembre 1944, n. 369, ma di conformit ai principi costituzionali, cfr., da ultimo, in senso conforme, Cass., 20 maggio 1958, n. 1687, e 16 maggio 1959, n. 141$4, cit., che negano il contrasto della norma con gli artt. 39, 103 e 113 Cost. Ineccepibile, con riferimento al preteso contrasto dell'art. 429, n. 3 con gli artt. l, 35 e 98 Cost., il contrario rilievo della decisione in esame che " i diritti dei lavoratori, cui si riferiscono le prime due norme citate, trovano piena ed adeguata tutela dinanzi alla giurisdizione ordinaria, secondo i principi contenuti nel titolo IV della parte II della stessa Costituzione, e la disciplina della competenza giurisdizionale sulle contro RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 664 impiego di cui si tratta, in quanto con tale provvedimento legislativo passata nel patrimonio dell'Istituto l'azienda di una sola impresa produttrice di carta, senza che fosse assorbita dall'Istituto stesso l'intera produzione della carta occorrente per le produzioni dell'Istituto medesimo e per il fabbisogno della P.A., s che la produzione di carta svolta dall'Istituto in diretta concorrenza con i privati produttori. Deve essere confrmato, quindi, che il rapporto di impiego dei dipendenti dell'Istituto Poligrafico dello Stato rientra. nell'ambito di applicazione dell'art. 429, n. 3, c.p.c., s che, competente a conoscere delle relative controversie l'Autorit Giudiziaria ordinaria. Il ricorso proposto dall'Istituto va, pertanto, accolto. -(Omissis). versie relative a diritti soggettivi, in particolari materie, quale pu essere quella del pubblico impiego, cui si riferisce il citato art. 98, dalla stessa Costituzione -(art. 103, primo comma), devoluta alla legge ordinaria '" La seconda massima fa corretta applicazione dell'art. 23, secondo comma, I. 11 marzo 1953, n. 87. Sulla terza massima, dopo la difforme Cass., 4 marzo 1950, n. 551, Foro it., I 1950, I, 399, cfr., nel senso qui affermato, Cass., 9 giugno 1952, n. 1645, Foro it., 1952, I, 843; 24 giugno 1953, n. 1923, Foro it., Rep., 1953, 1059, n. 83; 10 agosto . I1954, n, 2909, Giust. civ., 1954, 1927; 17 febbraio 1962, n. 321, Foro amm., I I V,' ' 1962, II, 241. A. FRENI I ' CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 18 giugno 1965, n. 1256 -Pres. Torrente -Est. Iannelli -P.M. Criscuoli (conf.) -Ministero LL.PP. {avv. Stato Albisinni) c. Viscogliesi ed altri (avv.ti Mazzullo, Piag I gio, Barra Caracciolo ). :~ Cosa giudicata -Giudicato sulla giurisdizione -Estremi. (e.e., art. 2909). Acque pubbliche ed elettricit -Concessionario delle acque Diritto soggettivo verso la p.a. ed i terzi. Acque pubbliche ed elettricit -Concessione -Poteri della p.a. Imposizione di costruzione di un partitore delle acque durante il rapporto di concessione Insussistenza del relativo potere Competenza del Tribunale Regionale delle Acque. (t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 43; Regol. 14 agosto 1920, n. 1285, art. 17). Competenza e giurisdiz'ione -Giudiziaria ed amministrativa Criterio distintivo - Petitum sostanziale. (1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, art. 2). PARTE I, SEZ. Il, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 665 Competenza e giurisdizione -Tribunale Superiore Acque Pubbli che -Giurisdizione di legittimit -Invasione della sfera della giurisdizione di merito -Difetto di giurisdizione. (t.u., 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 201). Il giudicato sulla giurisdizione si forma quando vi sia, da parte del giudice di merito, una pronuncia contemporanea e sulla giurisdizione e sul merito, ovvero quando sulla giurisdizione si sia pronunciata la Corte di Cassazione (1). Dalla concessione di acque pubbliche deriva per il concessionario, per la durata della stessa, un diritto soggettivo perfetto (sia pure condizionato nel suo sorgere al pubblico interesse) alla utilit inerente alla concessione stessa, nei confronti sia dei terzi che della P .A., diritto che suscettibile di compressione, per effetto di esercizio di una potest da parte dell'Amministrazione, soltanto nelle ipotesi all'uopo indicate dalla legge. Al di fuori di tali ipotesi, pertanto, da escludere che rAmministrazione abbia un generale potere di intervento, durante lo svolgimento del rapporto di concessione, s che possa regolare il rapporto medesimo diversamente da come convenuto in origine (2). (1) Com' noto, la giurisprudenza della S.C. di Cassazione ha a lungo oscillato tra le opposte tesi se si formi o meno il giudicato sulla giurisdizione quando la sentenza abbia pronunciato solo su di essa, senza decidere il merito. L'indirizzo favorevole al " giudicato formale sulla giurisdizione, che da considerarsi prevalente, seguito tra le altre dalle seguenti sentenze della S.C.: 6 ottobre 1954, n. 3341, Foro it., Rep., 1954, voce Competenza civile, n:. 412; 17 ottobre 1955, n. 3225, ibidem, voce Cosa giudicata, n. 54; 8 febbraio 1958, n. 406, ibidem, voce Competenza civile, n. 444; 22 febbraio 1960, n. 292, Foro it., Mass., 1960, 67. Cass., 20 gennaio 1964, n. 128, in questa Rassegna, 1964, I, 27 4, e 698, con note di richiami. All'incontro, e conformemente alla decisione in rassegna, ritengono che il giudicato sulla giurisdizione si formi soltanto quando il giudice di merito abbia pronunciato, espressamente o per implicito, decidendo anche sul merito (oltrech quando la decisione promani dalla Corte di Cassazione), mentre esso non si formi se si tratta di pronuncia negativa e, quindi, declinatoria della giurisdizione a favore di altro Giudice, le sentenze seguenti della rS.C.: '22 maggio 1959, n. 1573, Foro amm., 1959, II, 1, 245; 15 marzo 1960, n. 527, Foro amm., 1960, II, 297; 3 marzo 1961, n. 456, Foro it., Mass., 1961, 101; 20 agosto 1962, n. 2603, Giust. cfo., 1963, I, 827; 25 luglio 1964, n. 2059, in questa Rassegna, 1964, I, 1039; 20 febbraio 1965~ n. 284, Foro it., Mass., 1965, 71. In dottrina, si confronti sul punto, R. SANDULLI, In tema di giudicato stdla giurisdi.zione, Giust. civ., 1960, I, 1932; ANDRIOLI, Commento al c.p.c., Napoli, 1954, I, 146; D'ONOFRIO, Commento al c.p.c., Torino, 1957, I, 82 e segg.; GrnmcEANDREA, Le impugnazioni civili, Milano, 1952, II, 12 e segg. (2) Che dall'atto di concessibne di acque pubbliche derivi al concessionario, per la durata della concessione, un diritto soggettivo perfetto alla utilit inerente allo sfruttamento dell'acqua, principio pi volte affermato dalla giurisprudenza, RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 666 Non pu ritenersi fondato n sul disposto dell'art. 42 del t.u. n. 1775/1933 n sulla norma di cui all'art. 17 del Regolamento n. 1285 del 1920, il provvedimento con il quale l'Amministrazione disponga, nel corso del rapporto di concessione, la costruzione di un partitore delle acque tra le varie utenze, ed a spese dei concessionari. Eppertanto, riconosciuta la inesistenza nell'Amministrazione del potere di imposizione della costruzione della detta opera, la giurisdizione a conoscere della controversia insorta in dipendenza del detto provvedimento del Tribunale regionale delle acque pubbliche, quale giudice dei diritti subiettivi, e non gi del Tribunale Superiore delle AA.PP. (3). Il criterio distintivo tra la giurisdizione ordinaria e la giurisdizione amministrativa dato non dalla formulazione conclusiva della domanda (petitum formale), ma dalla reale natura della controversia, ossia dall'oggetto del giudizio, individuato dalla causa petendi e dal petitum (petitum sostanziale) (4). Il difetto di giurisdizione che legitti'1pa la impugnazione delle decisioni del Consiglio di Stato (del quale il Tribunale Superiore delle la quale; peraltro, precisa che l'interesse pubblico, nei casi previsti dalla legge, consente l'affievolimento di tale diritto soggettivo: cfr., in tal senso, Cass., 31 dicem~ bre 1955, n. 3969, Foro it., Mass., 1955, 862; Cass., 7 aprile 1956, n. 1014, Riv. amm., 1056, II, 553; Cons. Stato 19 maggio 1956, n. 385, Riv. amm., 1957, II, 127; Trib. Sup. AA.PP., 12 giugno 1960, Mass. amm., 1961, I, 229; Cass., 4 agosto 1960, n. 2289, Giust. civ., 1961, I, 304; Cass., 28 ottobre 1961, n. 2481, ibidem, 1712; Cass., Sez. Un., 30 gennaio 1965, n. 159, Foro amm., 1965, I, 53. In dottrina, sulla natura del diritto del concessionario di acque publiche, cfr. BuscA, Le acque nella legislazione italiana, Torino, 1962, 128 e segg.; v., peraltro, per considerazioni critiche di carattere generale, CARusr, In tema di concessione d'uso di. beni pubblici, in questa Rassegna, 1964, I, 1065 e segg., in part. 1075 e segg. (3) Sulla specifica questione, oggetto della pronuncia in rassegna, non risultano precedenti editi, all'infuori della decisione annullata 12 giugno 1961, n. 7 del Tribunale Sup. AA.PP., publicata in Acque, bon., costruz., 1961, 260. Che rientri nella competenza giurisdizionale del T.S.A. una controversia avente ad oggetto la legittimit di adempimenti imposti dalla p.a. ad un concessionario di a,cqua pubblica, nell'esercizio dei poteri di polizia fluviale, ai sensi dell'art. 42 del t.u. n. 1775 del 1933, affermato dalla decisione 17 ottobre 1961 del Trib. Sup. AA.PP., Mass. amm., 1962, I, 54. ~ poi, come noto, giurisprudenza consolidata che la giurisdizione spetta al giudice amministrativo, quando la controversia ha per oggetto un preteso esercizio scorretto del potere discrezionale della p.a., mentre spetta al giudice ordinario quando il privato contesta in radice la stessa esstenza del potere esercitato: cfr., tra le altre, Cass., Sez. Un., 12 maggio 1962, n. 984, Giur. it., 1963, I, 1, 624; 3 luglio 1961, n. 1583, Foro it., Mass., 1961, 403. (4) Giurisprudenza pacifica: cfr., da ultimo, Cass., 29 marzo 1963, n. 789, Giust. civ., 1963, I, 2665; 24 marzo 1964, n. 663, id., 1964, I, 1135, e in questa Rassegna, 1964, I, 668; Cass., Sez. Un., 14 aprile 1964, n. 894, in questa Rassegna, 1964, I, 848; 20 febbraio 1965, n. 283, Il Consiglio di Stato, 1965, Il, 133. PARTE I, SEZ. Il, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 667 Acque Pubbliche ha gli stessi poteri) sussiste anche in ordine al contenuto della decisione stessa, secondo che, in relazione alla natura della -eontroversia, al Consiglio di Stato sia attribuito il sindacato di semplice legittimit od anche di merito: talch si ha difetto di giurisdizione del _giudice di legittimit anche nel caso in cui la decisione impugnata abbia oltrepassato i limiti stabiliti per la giurisdizione di mera legittimit, invadendo la sfera della giurisdizione di merito (5). (Omissis). -Dei ricorsi deve, anzitutto, disporsi la riunione, trattandosi di impugnative avverso la stessa sentenza. Col primo mezzo di entrambi le ricorrenti denunciano la violazione :sia degli artt. 140, 143, 198 e segg. del t.u. sulle acque pubbliche, approvato con r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775, sia dei principi generali in tema di discriminazione fra giurisdizione ordinaria e giurisdizione amministrativa, nonch il difetto di giurisdizione e l'omessa insufficiente e contraddittoria motivazione, il tutto in relazione all'art. 360, nn. 1, 3 .e 5 c.p.c. Premesso che il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, adito come giudice di legittimit, ha ritenuto la propria giurisdizione, mal- grado avesse riconosciuto che le fonti normative ed il principio generale -O.i diritto, richiamati dall'Amministrazione nel provvedimento impugnato, non legittimassero il potere impositivo del partitore, per essere le une estranee alla fattispecie e l'altro, addirittura, inesistente nella vigente legislazione sulla materia, le ricorrenti sostengono che quel -Collegio doveva, in forza di tale presupposto, non gi ritenere la propria giurisdizione ed annullare un provvedimento emanato, per suo :stesso riconoscimento, dall'Amministrazione fuori di ogni potest discre: zionale ma declinare, invece, la giurisdizione medesima, trattandosi di -controversia sottratta alla competenza giurisdizionale del giudice amministrativo. Rilevano, inoltre, che, a sorreggere la sentenza impugnata, neppure sufficiente tosservazione in essa contenuta che ex adverso, J>iuttosto che essere stata negata la esistenza di ogni e qualsiasi potere dell'Amministrazione durante lo svolgimento del rapporto di conces: sione, era stato dedotto di avere lAmministrazione stessa ecceduto dai limiti del potere concessole, posto che, a parte l'inesattezza in fatto delTaffermazione, in quanto le controparti avevano sostenuto sostanzialmente la tesi poi accolta dalla sentenza, il Tribunale Superiore non (5) Nello stesso senso, con riferimento alla impugnazione per Cassazione di 'decisioni del Consiglio di Stato, del quale il Tribunale Superiore AA.PP. ha gli .stessi poteri, cfr. Cass., 2 marzo 1957, n. 741, Foro it., Mass., 1957, 150, 8 mag_ gio 1959, n. 1350, id., 1959, 350. G. MANDO' 668 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO poteva tener conto di quella che era stata la prospettazione delle parti ma doveva, piuttosto, valorizzare laccertamento, cui esso stesso era pervenuto, che n le disposizioni di legge n il principio di diritto ai quali si era fatto riferimento nel provvedimento impugnato stavano a. giustificare lesistenza del potere di imposizione dell'opera idraulica. Rilevato, poi, che la sentenza impugnata, nella seconda parte della motivazione, avrebbe fatto richiamo anche alla funzione igienica del partitore per l'abitato di Isola Liri, per argomentarne, ricorrendo tale finalit di pubblico interesse, la legittimit, in astratto, dell'intervento amministrativo e, conseguentemente, lesistenza del potere discrezionale dell'Amministrazione e sottolineato che la sentenza stessa avrebbe, tuttavia, caratterizzato lesercizio del potere suddetto, nel caso in oggetto, illegittimo, per l'asserita incongruit rispetto all'interesse pubblico del mezzo tecnico all'uopo disposto, pervenendo egualmente all'annullamento del provvedimento impugnato, le ricorrenti lamentano che il Tribunale Superiore abbia esorbitato, anche sotto questo aspetto, dall'ambito della propria giurisdizione. Deducono, in proposito, che, poich le impugnazioni proposte lamentavano la illegittimit del decreto ministeriale, del quale si chiedeva l'annullamento per violazione di legge e ~ per eccesso di potere, il Tribunale Superiore avrebbe dovuto decidere su tali doglianze, nei limiti fissati dal disposto dell'art. 143, lett. a) del t.u. I sulle acque pubbliche, ossia in sede di legittimit, per pronunciare o non lannullamento del decreto medesimo, senza arrogarsi, nel contempo, cos come s'era arrogato, l'apprezzamento tecnico della congruit II o meno del partitore per la tutela igienica del centro di Isola Liri, dato che ci involgeva, ai sensi della lett. b) dell'art. citato, una questione di merito, della cui cognizione non era stato investito, a parte che, nell'esercizio di siffatta giurisdizione, non poteva limitarsi ad annullare il ~ I provvedimento ma doveva pronunciare anche nel merito, a norma delr:~ !'art. 198 del t.u. suddetto, cosa che non avrebbe fatto, lasciando la causa praticamente insoluta. Da parte della resistente Ippolito-Pisani si eccepisce che la questione sollevata col mezzo di ricorso improponibile, essendo stata gi decisa, sia pure per implicito, nel giudizio precedente relativo all'impugnativa del decreto ministeriale del 1949, in virt della prima sentenza del Tribunale Superiore, di quella successiva di queste Sezioni Unite e della decisione del Tribunale Superiore in sede di rinvio. Richiamato, al riguardo, il principio che il difetto di giurisdizione del giudice adito deve essere rilevato d'ufficio in ogni stato e grado del giudizio, . si sostiene che il Tribunale Superiore, quando con la prima sentenza ha rigettato i ricorsi contro il primo decreto ministeriale, avrebbe, per ci solo, presupposto la propria giurisdizione e che la conferma dell'esattezza di tale pronuncia stata, poi, data da queste Sezioni Unite, con la cassazione di quella decisione con rinvio, conte PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 669 nente implicitamente l'affermazione della giurisdizione del giudice amministrativo, dato che, diversamente, esse avrebbero ex officio sottratto la controversia alla cognizione del Tribunale Superiore in sede di legittimit ed annullato la sentenza impugnata senza rinvio. L'eccezione della resistente Ippolito-Pisani non regge. A parte che la presente causa non la prosecuzione della precedente ma autonoma rispetto a quella, non fosse altro per la diversit dei provedimenti oggetto dell'impugnativa, per cui non pu dirsi che le questioni pregiudiziali che non furono allora sollevate fossero suscettibili successivamente di preclusione, appena il caso di osservare, conformemente al consolidato indirizzo di queste Sezioni Unite (cfr. sent. n. 2059 del 1964 da ultimo), che, perch possa parlarsi di formazione del giudicato sulla giurisdizione e, quindi, di una preclusione del riesame della questione nei successivi stati e gradi del processo, necessario che sia intervenuta, da parte del giudice, una pronuncia contemporanea sulla giurisdizione e sul merito ovvero che sulla giurisdizione si sia pronunciata la Corte di Cassazione. Fuori di tali ipotesi -nessuna delle quali ricorre nel caso di che trattasi ~il difetto di giurisdizione pu essere rilevato, anche d'ufficio, in ogni stato e grado del giudizio, di guisa che esso ritualmente stato dedotto dall'Amministrazione dei LL.PP. in sede di ricorso contro il decreto ministeriale del 1958. Nel merito la doglianza fondata. :B pacifico tra le parti ~e, del resto, la sentenza impugnata espressamente lo ha riconosciuto -che dalla concessione di acque pubbliche, per la durata della stessa, deriva al concessionario, nei confronti sia dei terzi che della Pubblica Amministrazione, un diritto perfetto all'utilit inerente alla concessione medesima, diritto che suscettibile di compressione, per effetto dell'esercizio di una potest da parte del!' Amministrazione, soltanto nelle ipotesi all'uopo indicate dalla legge. La sentenza ha, poi, identificato quali siano i casi nei quali la potest suddetta riconosciuta all'Amministrazione e ne ha inferito che quella, nella specie, esercitata in concreto, con l'imposizione del partitore, non fosse in essi compresa. Orbene non pu dirsi che la decisione meriti su questo punto censura. Invero la circostanza che nel t.u. sulle acque pubbliche si trovano contenute delle norme le quali riconoscono determinate potest all' Amministrazione, non significa che questa abbia un generale potere di intervento, durante lo svolgimento del rapporto di concessione, s che possa regolare il rapporto medesimo diversamente da come convenuto in origine. Quelle norme, infatti, devono intendersi come altrettante deroghe al principio comune a tutte le concessioni, in forza del quale il concessionario titolare di un diritto soggettivo perfetto, sia pure condizionato nel suo sorgere al pubblico interesse, come tale sottratto 670 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO alla discrezionalit indiscriminata dell' Amministrazine. Trattasi di disposizioni specifiche, regolatrici di ipotesi tipiche, dalle quali non permesso trarre elementi per una interpretazione analogica oppure estensiva; con un'applicazione al di fuori ed oltre il loro ambito e, tanto meno, ricavarne un principio di massima, per effetto del quale sia consentito all'Amministrazione di adottare ogni e qualsiasi provvedimento per una migliore utilizzazione delle acque, sia pure in funzione del pubblico interesse. In altre parole, l'intervento dell'Amministrazione, nel corso del rapporto di concessione, trae origine da un potere normativamente precostituito, rispetto al quale soltanto il concessionario viene a trovarsi in posizione di assoggettamento, talch l'intervento stesso o si esplica in conformit delle tassative norme di legge o non pu esplicarsi affatto. N' riprova la considerazione che, se fosse diversamente, se cio all'Amministrazione dovesse spettare un generale potere discrezionale di modificare autoritativamente la concessione, dovrebbe, in tal caso, non solo dubitarsi della stessa esistenza di un diritto soggettivo del concessionario, restando svuotato di ogni contenuto concreto il rapporto di concessione, quanto reputarsi, addirittura, superflua la casistica del t.u. sulle acque pubbliche relativamente agli interventi da parte dell'Amministrazione per il soddisfacimento del pubblico interesse. E la decisione, come per la negazione del mentovato potere generale dell'Amministrazione, parimenti ineccepibile nella parte in cui ha negato che una fonte di legittimazione per l'imposizione del partitore potesse rinvenfrsi nel disposto delfart. 42 del t.u. citato e dell'art. 17 del regolamento n. 1285 del 1920, entrambi richiamati, come gi detto, nel provvedimento impugnato. Infatti la prima norma stabilisce l'obbligo dei concessionari al mantenimento in regolare stato di funzionamento delle opere di racolta, derivazione, ecc., che siano gi esistenti, inoltre pone ai medesimi lonere della regolazione delle derivazioni, da effettuarsi in modo che non si introducano acque eccedenti la portata dei rispettivi canali, nonch dello smaltimento delle acque sovrabbondanti e, da ultimo, fissa l'obbligo della adozione di modalit per la misura dell'acqua derivata e .per la cura delfistallazione e del regolare funziovamento degli apparecchi relativi; tutte imposizioni queste che non hanno nulla di comune con l'imposizione del partitore, soprattutto per la loro diversa finalit. La seconda norma, poi, in quanto presuppone che esistano gi opere dirette ad assicurare la incolumit dell'alveo o del bacino, della navigazione e dei canali ecc., e che .circostanze sopravvenute rendano necessarie delle variazioni alle opere medesime, non consente che I'Amministrazione possa imporre al concessionario, oltre alla modifica di opere in atto relative alla concessione, l'effettuazione di opere nuove, qual' quella disposta, nella specie, del partitore. Ed ovvio che, :~ I I I I I Ir PARTE I, SEZ, II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 671 anche qui, trattandosi di una disposizione limitativa del libero esercizio del diritto soggettivo nascente dalla concessione, la interpretazione della norma debba essere restrittiva e con la massima aderenza al caso concreto. Ma, una volta riconosciuta, attraverso un'esatta interpretazione della legge, la inesistenza nell'Amministrazione del potere per la imposizione del partitore, sia per essere le norme richiamate nel relativo decreto estranee alla fattispecie e tali da non ammettere alcuna discrezionalit, sia per essere mancante una generale potest in materia il Tribunale Superiore doveva, ci posto, pervenire ad una decisione ben diversa da quella adottata. ::, s, vero che la sentenza impugnata ha fatto leva anche sull'argomento che da parte dei concessionari non era stata contestata l'esistenza di ogni e qualsiasi potere dell'Amministrazione, per essere stato dedotto, invece, che questa avesse ecceduto dai limiti del potere eccezionalmente concessole dalla legge, ma l'argomento, pi che sorreggere la decisione, ne accentua l'erroneit. Anzitutto perch il Tribunale Superiore ha ritenuto, sia pure implicitamente, che fosse sufficiente, ai fini della determinazione della giurisdizione, un controllo relativo alla esistenza non gi del determinato e specifico potere che l'Amministrazione aveva esercitato in concreto ma di un generico potere di intervento dell'Amministrazione stessa durante lo svolgimento del rapporto di concessione, il che implica, per la conseguenza indefettibile che dal rapporto medesimo non deriverebbe pi. al concessionario un diritto soggettivo bens semplicemente e solo un interesse protetto, la negazione dei principi che regolano la materia, oltre a risolversi in una contraddizione con quella parte della sentenza nella quale stato correttamente escluso che nella legislazione sulle acque vi fosse un principio di ordine generale relativo all'esistenza di un generico potere di intervento dell'Amministrazione in tema di concessione. In secondo luogo perch il Tribunale ha attribuito valore a quella che sarebbe stata la prospettazione data dalle parti all'interesse di cui essi avevano chiesto la tutela, ossia al fatto che, anzich essere stato negato in radice il potere di cui l'atto impugnato costituiva l'estrinsecazione, erasi sostenuto, piuttosto, che la questione avesse ad oggetto il modo di esercizio del potere, mostrando di trascurare, in tal modo, il principio ormai consolidato nella giurisprudenza di queste Sezioni Unite, secondo il quale il criterio distintivo tra la giurisdizione ordinaria e la gurisdizione amministrativa dato non dalla formulazione conclusiva della domanda (petitum formale), ma della reale natura della controversia, ossia dal1' oggetto del giudizio, individuato dalla causa petendi e dal petitum (petitum sostanziale), donde la esigenza di tener conto delle deduzioni formulate e dei termini in cui la questione risulta concretamente impostata, al fine di stabilire se, in rapporto ad essi e con riferimento alla 672 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO disciplina legale della materia, l'interesse individuale che si assume leso sia, in realt, configurabile, obiettivamente, come diritto soggettivo o come interesse legittimo. Orbene, proprio dall'applicazione del principio suddetto alla fattispecie concreta, pi precisamente alla situazione rispetto alla quale, con la sentenza impugnata, si giunti alla conclusione della inesistenza del potere impositivo del partitore da parte dell'Amministrazione, attraverso la qualificazione giuridica delle questioni prospettate e l'esame delle norme vigenti in subiecta materia, vale a dire dopo aver individuato il petitum sostanziale, il Tribunale Superiore doveva declinare la propria giurisdizione e dichiarare che la competenza giurisdizionale, per le questioni dedotte in giudizio, in relazione alla causa petendi e al petitum, era del Tribunale Regionale, quale giudice dei diritti subiettivi. N giova in contrario l'argomentazione della sentenza concernente le ragioni igieniche allegate anche a sostegno del provvedimento di imposizione del partitore, ove si consideri che il Tribunale Superiore ha ritenuto, in definitiva, che neppure le fnalit indicate, appena accennate nel provvedimento, servissero a dimostrare la legittimit dell'operato dell'Amministrazione, posto che la costruzione del partitore, a parere del Collegio, era sicuramente eccessiva rispetto alle finalit medesime. Invero, anche quando si dovesse caratterizzare l'argomentazione suddetta, tale da dimostrare l'esistenza di un potere discrezionale dell'Amministrazione, in quanto giustificato dalla tutela del pubblico interesse attinente all'igiene del centro di Isola Liri -sebbene la sentenza impugnata non abbia chiarito in base a quali principi o disposizioni lo fosse - da rilevare che il Tribunale Superiore ha, tuttavia, giudicato illegittimo l'esercizio del detto potere ed annullato il decreto ministeriale anche per l'asserita incongruit del mezzo con esso disposto. Peraltro, poich secondo il Tribunale, lAmministrazione avrebbe agito in realt per motivi diversi da quelli concernenti l'igiene, devesi argomentare, per ci solo, che restassero integri il diritto soggettivo dei privati concessionari ed i poteri di tutela del giudice ordinario, ci che sta a confermare la inesistenza del potere discrezionale in concreto esercitato e, conseguentemente, il gi rilevato difetto di giurisdizione. V' da aggiungere che, dall'argomentazione della sentenza, si riscontra chiaramente che il Tribunale Superiore, sebbene investito del sindacato di legittimit del provvedimento impugnato e non anche del merito dell'atto, come sarebbe stato se si fosse trattato di uno dei casi previsti dall'art. 143, lett. b) del t.u. sulle acque, ha, nondimeno, esplicato un controllo riguardante il secondo aspetto del provvedimento stesso, esprimendo un apprezzamento circa la idoneit del partitore in rapporto alle finalit igieniche, ossia un apprezzamento del mezzo per lo scopo da raggiungere, il quale, costituendo un'attribuzione di merito amministrativo, non censurabile in sede di legittimit, per modo che non v' PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 673 dubbio che il Tribunale Superiore, anche sotto questo profilo, abbia travalicato i limiti posti alla sua giurisdizione. Al riguardo, posto, com' noto, che i poteri del Tribunale Superiore sono quelli stessi che le leggi sulla giustizia amministrativa attribuiscono al Consiglio di Stato e che il primo, nell'esercizio della giurisdizione di legittimit, pu annullare gli atti amministrativi e, nell' esercizio della giurisdizione di merito, anche modificarli e sostituirli (art. 198 t.u. cit.), appe~a il caso di riCordare l'insegnamento di queste Sezioni Unite (da ultimo sent. nn. 741del1957 e 1350 del 1959), secondo il quale il difetto di giurisdizione, che legittima la impugnazione delle decisioni del Consiglio di Stato, sussiste anche in ordine al contenuto della decisione stessa, secondo che, in relazione alla natura della controversia, al Consiglio di Stato sia attribuito sindacato di semplice legittimit o anche di merito, talch si ha difetto di giurisdizione del giudice di legittimit anche nel caso in cui la decisione impugnata abbia oltrepassato i limiti stabiliti per la giurisdizione di mera legittimit, invadendo la sfera della giurisdizione di merito. E, per finire, neanche pu considerarsi sufficiente a dimostrare che l'Amministrazione avesse ecceduto dai limiti di un potere che, in ipotesi, le fosse spettato, l'altra argomentazione della sentenza, attinente alle clausole inserite nelle concessioni, dato che pure essa risulta dichiaratamente diretta alle dimostrazioni del difetto nell'Amministrazione della potest di imposizione del partitore, a parte che largomentazione stessa, per essere afferente all'esame del contenuto della concessione-contratto, riguarderebbe, per ci solo, i diritti subiettivi derivanti dalla concessione e, di conseguenza, il Tribunale Superiore avrebbe decampato, anche sotto questo ulteriore aspetto, dai limiti posti alla sua competenza giurisdizionale. -(Omissis).. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 5 luglio 1965, n. 1396 -Pres. Mastrapasqua -Est. Salemi -P.M. Di Majo (conci. conf.) -Ministero Industria e Commercio {avv. Stato Carafa) c. Ditta F.lli Mascolo (avv. Viola) -E.N.EL. (avv.ti Galateria, Guarino, Piccardi) -D?Aiuto. Competenza e giurisdizione -Decreti presidenziali di esproprio in applicazione della legge sulla nazionalizzazione dell'energia elettrica -Natura legislativa -Controversie -Ricorso al Consiglio di Stato -Improponibilit (1. 6 dicembre 1962, n. 1643, art. 4). Energia elettrica -E.N.EL. Atto di nomina dell'amministratore dei beni espropriati -Natura di atto a rilevanza esterna. 674 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO I decreti emanati in base all'art. 4, n. 10, della legge 6 dicembre 1962, n. 1643 sono da considerarsi, per espressa volont di legge, decreti legislativi e non provvedimenti amministrativi, con la conseguenza che non sussiste sugli stessi la giurisdizione del Consiglio di Stato. Qualora si ritenesse che tale norma di delegazione ed il conseguente provvedimento presidenziale di trasferimento fossero viziati da illegittimit costituzionale uniGa conseguenza sarebbe che si tratterebbe di illegittimo atto avente forza di legge . Ma siffatta invalidit non varrebbe a trasformare il decreto legislativo in atto soggettivamente ed oggettivamente amministrativo, presupposto per la sottoposizione all'art. 113 della Costituzione e per l'affermazione della sussistenza della giurisdizione amministrativa (1). La nomina dell'amministratore provvisorio da considerarsi atto di rilevanza esterna in quanto, non avendo l'E.N.EL. al momento della pubblicazione del decreto di esproprio la disponibilit materiale dei beni espropriati, la sua attivit viene ad incidere su rapporti che tuttora interessano l'impresa elettrica e quindi non pu escludersi che detta II (1) Segnaliamo l'importante decisione che la Suprema Corte ha pronunciato in relazione alla natura del provvedimento delegato di esproprio di imprese elet~ triche emesso in forza dell'art. 4, n. 10, della l. 6 dicembre 1962, n. 1143. La decisione ha esattamente esteso anche a tali provvedimenti la giurisprudenza, ormai consolidata, fissata dalla fondamentale decisione del 15 gennaio 1953, n. 107 (Giur~ it., I, 94, 1953) che, come noto, negava la competenza (affermata, invece, dall'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato del 20 marzo 1952, Giur. it., IV, 144, I1952) del giudice amministrativo a conoscere dei decreti di esproprio " aventi valore di legge ordinaria emanati in base alla delega prevista dall'art. 5 della l. 12 maggio 1950, n. 230. Sull'ampio dibattito cui diedero luogo la citata legge e la successiva c.d. " Legge Stralcio ,, possono trovarsi esaurienti indicazioni bibliografiche nella nota redazionale pubblicata in Giur. cost. del 1956, 1043 segg. Adde le note pubblicate nei fascicoli 9 ottobre e 11 dicembre del 1951 di questa Rassegna, nonch nel fascicolo 6-7 del 1952, i motivi dei ricorsi per regolamento di giurisdizione presentati dalla Amministrazione e decisi con la sentenza del 1953 cit. La Corte Costituzionale ha avuto occasione di affermare la legittimit costituzionale della delega contenuta nella cit. legge del 1950 con la dee. 25 maggio 1957, n, 60 (Racc. Uff.le, 1957, III, 122). Per una esposizione gener~le del problema cfr. Rel. Avv.ra Stato 1956-60, I, 608 e segg, Relativamente alla decisione in rassegna, interessante segnalare che la sentenza stata pronunciata su regolamento preventivo di giurisdizione promosso in relazione ad un ricorso dinanzi al Consiglio di Stato. La sentenza pertanto, ribadisce, implicitamente, il consolidato. insegnamento circa la proponibilit del regolamento di giurisdizione anche rispetto ai giudizi pendenti dinanzi al Consiglio di Stato {cfr. Cass., 28 aprile 1964, n. 1016, in quest Rassegna, 1964, 472). PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 675 attivit possa determinare, in astratto, lesione di interessi giuridicamente protetti (2). Peraltro, nella specie, anche in ordine a tale atto deve escludersi la giurisdizione del ConsigUo di Stato in quanto atto non impugnato (2) La seconda massima non pu essere condivisa. A parte che potrebbe dubitarsi -e il rilievo avrebbe carattere assorbente -che l'atto di nomina dell'amministratore provvisorio sia da qualificarsi come atto amministrativo e, di conseguenza, suscettibile di essere impugnato dinanzi all'autorit amministrativa, anche a volerlo qualificare come tale non sembra che si possa accedere alla tesi adottata dalle Sezioni Unite. L'atto con efficacia esterna, infatti, quello che possiede de iure la forza di produrre una modificazione nella sfera giuridica dei terzi; cio, in base al principio della nominativit degli atti amministrativi, quell'atto in cui si manifesta l'attivit della p.a. nella realizzazione dei suoi fini istituzionali. Ora, sembra da negarsi che l'atto di nomina di una persona fisica ad un ufficio possieda tale capacit. Come noto esso assolve il compito esclusivamente strumentale di mettere in grado l'ufficio di agire concretamente; rappresenta, quindi, il necessario prius di quelle manifestazioni di volont che possiedono efficacia esterna. Queste sole assumono rilievo per l'ordinamento e nella regolamentazione positiva si rivengono argomenti per far ritenere che per esse non interessa, almeno in generale, la persona fisica che le formula, ma solo che esse siano comunque condotte ad effetto. Quindi, dal punto di vista che ci interessa, non ssume rilievo la persona nella sua individualit fisica ", ma nella sua capacit di offrire un servizio personale ,, (GIANNINI). Di ci si ha conferma nel fatto che si ritiene debba riferirsi direttamente all'ufficio non solo lattivit della persona fisica preposta ad esso in base ad un atto di assunzione in servizio annullato o dichiarato nullo, ma addirittura del c.d. funzionario di fatto (in presenza della necessit ed indifferibilit di compiere un certo atto). Pervero da ricordare che, se questa la regola, ci sono dei casi in cui tale servizio personale non , per espressa. volont di legge, disgiungibile dalla persona nella sua individualit fisica e, quindi, il suo atto di nomina ad un ufficio pu assumere efficacia esterna, non diretta per, ma solo riflessa: ed infatti tale atto non impugnabile di per s, ma solo ed in quanto i vizi che lo inficiano si ripercuotono sulla legittimit dell'atto da esso posto in essere in tale veste. Si pu citare ad esempio il caso delle Commissioni di esame. I membri. che ne sono chiamati a far parte debbono necessariamente possedere i requisiti richiesti dalle norme dell'Amministrazione che bandisce il concorso, ma la loro mancanza nel singolo componente non motivo di illegittimit dell'atto di nomina e, quindi, di impugnabilit ex se, ma solo eventuale motivo per far valere la illegittimit dei risultati cui lorgano strumentale cui esso appartiene sia pervenuto. In tali casi i requisiti richiesti dalla legge sembrano assumere il rilievo di un presupposto essenziale e la preposizione all'ufficio di un soggetto che ne sia sfornito inficia sia la legittimit della nomina, sia gli atti che esso soggetto abbia posto in essere in tale veste, mentre normalmente, come si sottolineato, tale mancanza inficia solo la nomina, ma non gli atti posti in essere. Anche in tale caso peraltro l'atto di nomina non acquista diretta rilevanza esterna e non autonomamente impugnabile, mentre i vizi della nomina si risolvono in vizi dall'atto di chi stato illgittimamente nominato. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 676 per propri vizi di legittimit, ma perch la pretesa illegittimit del ~ decreto presidenziale, sotto il profilo costituzionale, importerebbe il travolgimento conseguenziale dell'atto medesimo (3). (Omissis). -Sostiene l'Amministrazione ricorrente che il d.P.R. n. 1670 del 7 ottobre 1963 (col quale stato disposto il trasferimento all'E.N.EL. dell'impresa elettrica dei F.lli Mascolo), emanato in base alla 1. 6 dicembre 1962, n. 1643, ha forza di legge e l'atto di nomina dell'amministratore provvisorio dell'impresa medesima meramente conseguenziale al provvedimento legislativo di trasferimento ed ha natura interna, in quanto, con esso, l'E.N.EL. provvede nell'ambito della sua organizzazione ed ai fini del suo funzionamento. Mancherebbe, pertanto, secondo la ricorrente, il presupposto necessario della giurisdizione del Consiglio di Stato, cio l'esistenza di un La tesi sostenuta dalla Cassazione potrebbe, quindi, essere almeno in parte condivisa, solo se attribuisse all'atto di nomina dell'amministratore provvisorio tale particolare rilevanza, ma esistono in essa ostacoli insormontabili a tale conclusione. Si pu infatti, osservare che essa n richiede requisiti specifici per tale nomina, n pone il termine iniziale dei sessanta giorni per la consegna . al nominato dei beni, temporaneamente amministrati dal rappresentante legale degli espropriati, al mo mento della sua emanazione ma invece si riferisce a quello della sua comunicazione mostrando cos, anche sotto l'aspetto meramente formale, che gli espropriati non hanno alcun interesse giuridicamente rilevante alla persona fisica dell'amministratore, ma solo alla indicazione di un centro di imputazione finale degli atti facenti capo all'E.N.EL. Inoltre, dalla legge si ricava, da un lato, che sussiste perfetta assimilazione del l'amministratore provvisorio nell'E.N.EL. in quanto si dichiara espressamente che questi agisce sotto le direttive degli organi centrali dello stesso e la sua attivit , . quindi, meramente strumentale; dall'altro, l'unico interesse giuridicamente protetto che i terzi hanno dopo l'espropriazione, perfetta al momento della pubblicazione dei decreti presidenziali, solo all'indennizzo. In proposito si pu osservare che esso rapportato giu'ridicamente al momento dell'espropriazione, ma di fatto quantificato solo al momento della consegna dei beni organizzati ad impresa all'amministratore e quindi, se si volesse indicare un periodo in cui potrebbe verificarsi una lesione agli interessi degli espropriati, esso andrebbe individuato in quello di gestione del custode, non certo in quello dell'amministratore provvisorio. (3) Il dissenso sull'inquadramento giuridico dato dalla Corte Suprema all'atto di nomina in questione non va esteso peraltro all'ulteriore affermazione che si legge nella decisione in ordine alla esclusione, nella specie, della giurisdizione del Consiglio di Stato in relazione all'atto medesimo, impugnato non per vizi propri di legittimit, ma la cui invalidit sarebbe dovuta derivare in via riflessa dalla pretesa illegittimit costituzionale del decreto presidenziale di trasferimento. Riproponendosi con ci un problema non del modo,, in cui il potere della pubblica Amministrazione sia stato esercitato, ma di carenza di potere della medesima, l'esclusione della giurisdizione del giudice degli interessi appare rispondente ai principi enunciati nella decisione annotata. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 677 atto amministrativo, che si ritenga illegittimo e lesivo degli interessi del cittadino. In via subordinata, si deduce che una tutela giurisdizionale mai potrebbe competere nella specie, al Consiglio di Stato, quale giudice degli interessi, in quanto, negandosi, in radice, all'Amministrazione, il potere di trasferire all'E.N.EL. l'impresa Mascolo, si viene cosl a far valere un diritto subiettivo perfetto, da azionarsi davanti al giudice -Ordinario. Il ricorso fondato. La ditta F.lli Mascolo, col ricorso proposto davanti al Consiglio di Stato, ha investito, anzitutto, il provvedimento ( d.P.R. 7 ottobre 1963, n. 1670) di trasferimento dell'impresa elettrica all'E.N.EL., provvedimento emanato in base alla legge 6 dicembre 1962, n. 1643. L'art. 4, n. 10, di tale legge dispone che i trasferimenti alfE.N.EL. ad atti sostanzialmente amministrativi, allo scopo di sottrarli ai normali controlli dei competenti organi giurisdizionali, in violazione dell'art. 113. della Costituzione. Orbene, non pu fondatamente negarsi che anche la delegazione al Governo per l'attuazione dei trasferimenti delle imprese elettriche all'E.N.EL. (delegazione, per la quale, con l'art. 4 della 1. 6 dicem bre 1962, n. 1643, stata usata formula analoga a quella adottata nella citata legge Sila), sia stata determinata da particolari situazioni di interesse generale, in relazione alle finalit economico-sociali cui la legge istitutiva dell'E.N.EL. ispirata, come stato riconosciuto proprio dalla Corte Costituzionale, che, decidendo, con recente sentenza (7 marzo 1964, n. 14), su questioni di legittimit costituzionale sollevate relativamente a tale legge e dichiarandole non fondate (in riferimento. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 679 agli artt. 3, 4, 41, 43 e 67 della Carta), ha posto in rilievo, fra l'altro, i fini di utilit generale che il Parlamento si proposto di raggiungere. Comunque, pur riconoscendosi che eccezioni di illegittimit costituzionale possono avere rilevanza anche nel giudizio sulla giurisdizione, secondo quanto stato gi affermato da questo Supremo Collegio, tuttavia, nella specie, deve escludersi che le questioni di incostituzionalit sollevate col ricorso al Consiglio di Stato, si presentino come pregiudiziali al problema della giurisdizione, di cui all'istanza per regolamento preventivo. Invero, si ritenga fondata, o meno, la questione di legittimit costituzionale dell'art. 4 della citata legge n. 1643 e del provvedimento dotato di forza legislativa, che la ditta Mascolo ha impugnato davanti al Consiglio di Stato, deve riconoscersi che la .risoluzione di tale questione non ha alcuna rilevanza, ai fini della pronuncia sulla giurisdizione, poich non potrebbe mai ritenersi la sussistenza di un atto amministrativo, atto che costituisce il presupposto della giurisdizione amministrativa, come si detto. Qualora fossero ritenuti viziati da illegittimit costituzionale la norma di delegazione legislativa ed il provvedimento presidenziale di trasferimento, unica conseguenza sarebbe, come stato gi affermato, da questa Corte regolatrice, con le sentenze 15 gennaio 1953, n. 107-109, che si tratterebbe di illegittimo atto avente forza di legge, a siffatta invalidit non varrebbe evidentemente a trasformare il decreto legislativo in un atto di natura diversa e, precisamente, in atto soggettivamente ed oggettivamente amministrativo, presupposto per la sottoposizione alfart. 113 della Costituzione e per l'affermazione della sussistenza " della giurisdizione amministrativa: L'eventuale dichiarazione, da parte della Corte Costituzionale, di illegittimit costituzionale altro effetto non potrebbe avere che quello di far perdere efficacia alla legge di delega ed ai provvedimenti presidenziali, cui stata impressa, dal Parlamento, la qualifica di atti aventi forza di legge, non potendo la Corte Costituzionale sostituire la propria volont a quella del Parlamento, che ha ritenuto di rivestire il provvedimento impugnato dalla ditta Mascolo, delle forme proprie "della legislazione delegata, poich noto che il sindacato di costituzionalit deve rimanere nell'ambito della mera legittimit, che importa un esame di carattere giuridico e non pu sconfinare in una valutazione di opportunit politica. Pertanto, la statuizione legislativa contenuta nell'art. 4, n. 10, della I. n. 1643 delf anno 1962, decisiva per la determinazione dell'organo competente al sindacato dell'atto delegato e preclude che questo possa essere qualificato diversamente, ai fini della sua impugnabilit. A conclusione diversa da quella del difetto di giurisdizione del Consiglio di Stato non pu giungersi esaminando la questione sotto il 680 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO profilo del criterio distintivo tra giurisdizione amministrativa e giurisdizione ordinaria. ' Com' noto, tale criterio non dato dal modo con cui la parte prospetta la pretesa fatta valere in giudizio, bens dal cosidetto petitum sostanziale, cio dall'intrinseca consistenza dell'interesse dedotto in lite in funzione della reale protezione accordata dall'ordinamento giuridico alla posizione del privato posta a fondamento della pretesa (Cass., da ultimo, sent. n. 663 dell'anno 1964 e n. 179 delfanno 1963). Nella specie, col proposto ricorso al Consiglio di Stato, contestandosi la legittimit del trasferimento dell'azienda elettrica all'E.N.EL., in quanto la legge che autorizza tale trasferimento ed il relativo provvedimento incostituzionale, si deduce, non un esercizio viziato del potere, da parte della P.A., bens la mancanza dei presupposti che condizionano l'esistenza stessa del potere. L'invalidit della delega legislativa avrebbe l'effetto di escludere la pertinenza del potere e determinerebbe un difetto assoluto del potere medesimo nell'organo che ha emanato il provvedimento invalido e lesivo del diritto di propriet. Orbene, se si considera che la giurisdizione del Consiglio di Stato presuppone che non si contesti la sussistenza del potere e che si investano soltanto le modalit di esercizio di esso (inosservanza di forme e di limiti previsti, con norme di azione, per l'esclusiva tutela dell'inte~ resse pubblico), e si ha riguardo all'oggetto sostanziale della domanda come sopra concretamente impostata, in funzione della causa petendi, cio del titolo dedotto in giudizio, deve riconoscersi che razione proposta dall'impresa diretta, in sostanza, a far valere, attraverso la dichiarazione di inesistenza di un qualsiasi potere limitativo discrezionale della P.A. e la negazione, quindi, di ogni fondamento giuridico, ai poteri in concreto sercitati dlrAmministrazione medesima, con i provvedimenti impugnati, un interesse individuale (di cui si lamenta la lesione), obiettivamente non altrimenti configurabile che come diritto soggettivo perfetto. Trattandosi di controversia che investe il diritto soggettivo del singolo, deve ritenersi che la giurisdizione spetta al giudice ordinario, davanti al quale, cio nel giudizio di merito, potranno essere sollevate le questioni di illegHtimit costituzionale, che questa Corte ritiene irrilevanti, come si dett~, ai fini della decisione sulla giurisdizione del Consiglio di Stato, la quale, indipendentemente dalla dedotta illegittimit, comunque va esclusa. La giurisdizione del Consiglio di Stato non sussiste neppure relativamente all'impugnazione del provvedimento di nomina dell'amministratore provvisorio. Nel sistema della legge, il trasferimento dell'impresa elettrica all'E.N.EL., col conseguente trapasso della titolarit giuridica di tutti PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI Dl GH,JRISDIZIONE 681 i beni e rapporti relativi all'impresa medesima, ha effetto dalla data di pubblicazione, sulla Gazzetta Ufficiale, dei decreti delegati di espropriazione, come espressamente dispone l'art. 2 del d.P.R. 4 febbraio 1963, n. 36. Tuttavia, va considerato che la disponibilit effettiva di detti beni, da parte dell'E.N.EL., ha luogo con la consegna (prevista dalla medesima norma) da effettuarsi dai legali rappresentanti dei soggetti espropriati {imprese che ese11dtano in via esclusiva o principale le attivit dell'industria elettrica, ai sensi dell'art. 1 della 1. n. 1643 del 1962), all:amministratore provvisorio nominato dall'E.N.EL. Tale amministratore un organo dell'E.N.EL., ente cui l'a\tivit dell'amministratore medesimo riferibile, per effetto del rapporto organico che viene a costituirsi con la deliberazione di nomina. Orbene, che l'atto di nomina dell'amministratore provvisorio sia da qualificare atto interno dell'ente, come tale non suscettibile di gravame, giusta quanto si deduce dalla difesa dell'Amministrazione ricorrente, non sembra potersi sostenere. Com' noto, le attivit interne della P.A. esauriscono la ioro funzione nell'ambito dell'Amministrazione medesima, senza produrre effetti giuridici fra questa ed singoli. Nella specie, l'atto di nomina dell'amministratore provvisorio non pu assimilarsi ad attivit dell'Amministrazione che provveda alla conservazione ed utilizzazione di beni di sua propriet, poich dei beni gi appartenenti alle imprese elettriche e dei quali stato operato il trasferimento all'E.N.EL., con la pubblicazione del relativo provvedimento, lente non ha ancora il possesso, la disponibilit materiale, che deve esserle data mediante consegna, da parte del legale rappresentante dell'impresa, costituito custode dei beni medesimi. L'attivit dell'amministratore provvisorio e, quindi, dell'E.N.EL.; cui essa risale, viene ad incidere su rapporti che tuttora riguardano ed interessano l'impresa elettrica, cio il terzo; pertanto, non pu escludersi che det soggettivo del contribuente alla imposizione da parte dell'ufficio competente in base a dette regole generali si affievolisce proprio per effetto dell'atto amministrativo che costituisce esercizio dell'indicato potere. Sicch, dinanzi ad un atto ammini strativo di tale natura, il contribuente non pu far valere alcun diritto soggettivo, sibbene, soltanto, l'interesse legittimo al corretto esercizio del potere discrezionale f dalla legge attribuito alla p.a. E da tale configurazione della posizione giuridica !!.:,_ ..!_._', soggettiva del contribuente discende che potrebbe negarsi che la controversia rientri ~ nella giurisdizione generale di legittimit del Consiglio di Stato, solo ove potesse ., affermarsi che la protezione dell'interesse di cui si discute sia specificamente attri PARTE I, SEZ. ll, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 685 importante del procedimento d'imposizione. Il che esclude, ove si deduca la illegittimit del provvedimento con il quale l'Amministrazione finanziaria abbia stabilito di ufficio il domicilio fiscale di una societ o di un imprenditore, che la relativa controversia possa considerarsi compresa nell'ambito di previsione dell'art. 22 del r.d.l. n. 1639 e, quindi, attribuita alla cognizione delle commissioni tributarie anzich alla giurisdizione del Consiglio di Stato. Anche nella fattispecie, pertanto, trova applicazione il principio gi affermato da questa Corte, per cui l'art. 6 della legge 20 marzo 1865, n. 2248 all. E, sul contenzioso amministrativo, non deroga, per la materia tributaria, al sistema della bipartizione delle competenze tra giudici ordinari ed amministrativi, a seconda che nella pretesa dedotta in giudizio si configuri un diritto soggettivo o un interesse (Sez. Un., 18 febbraio 1955, n. 474; Sez. Un., 15 agosto 1951, n. 2519). Devesi, dunque, in accoglimento del ricorso incidentale, cessare la denunziata decisione, dichiarandosi la giurisdizione amministrativa. (Omissis). buita alla giurisdizione delle commissioni tributarie. Peraltro, come ha esattamente precisato la sentenza massimata, la competenza delle Commissioni circoscritta alle controvers1e riguardanti lapplicazione delle imposte dirette '" e sorge, pertanto, solo a seguito del concreto atto di imposizione e per le contestazioni relative all'imposizione stessa. Prima e indipendentemente dall'atto di imposizione, l'impugnativa di un provvedimento che si pretenda lesivo di un interesse legittimo non. pu dunque che appartenere alla giurisdizione del Consiglio di Stato. Le stesse argomentazioni valgono, ovviamente, per converso, a confermare che, ove lAmministrazione finanziaria non si sia avvalsa del potere di determinare il mutamento del domicilio fiscale del contribuente, le controversie sulla competenza territoriale dell'ufficio finanziario, che sorgano in sede di impugnativa del!' atto di accertamento, rientrano indubbiamente nella cognizione delle commissioni tributarie. Va infine osservato che per l'attribuzione, in ogni caso, alla cognizione delle commissioni tributarie delle controversie in ordine al domicilio fiscale si era invece pronunciata la stessa Amministrazione finanziaria con la circolare 23 febbraio 1953, n. 350400 (Riv. leg. -fsc., 1963, 464). SEZIONE TERZA GIURISPRUDENZA CIVILE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 2 aprile 1965, n. 567 -Pres. Mastropasqua -Est. Cesaroni -P.M. Tavolaro (conf.) -Societ Industriale Commerciale e Rappresentanze {'avv. Castiglione-Humani) c. Fabbrica Nazionale d'Armi (avv.ti. Sicilia, Ghia). Sentenza -Contraddittoriet di motivazione -Quando ricorre e pu essere utilmente denunciata. (c.p.c., artt. 132, n. 4 e 360, n. 5; disp. att. c.p.c., art. 118). Procedimento civile -Materiale probatorio -Utilizzabilit nello stesso giudizio a scopo diverso da quello per il quale esso fu raccolto -Ammissibilit. (c.p.c., artt, 115, 116). Amministrazione dello Stato e degli enti pubblici -Contratti dello Stato -Asta pubblica e licitazione privata -Momento perfezionativo del contratto -Verbale di aggiudicazione. (r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, artt. 3, 4 e 16). Vendita -Vendita di armi -Licenza dell'autorit amministrativa Condicio juris -Crattere del provvec;limento. (t.u. 18 giugno 1931, n. 773, artt. 28, 31 e segg.; t.u. appr. con d.P.R. 19 agosto 1948, n. 1184, art. l; 1. 23 dicembre 1950, n. 1004; art. 1). Obbligazioni e contratti -Condicio juris -Deficienza della medesima per causa imputabile alla parte avente interesse contrario al suo avveramento -Produzione ope legis degli stessi effetti dell'avveramento -Esclusione. (e.e., art. 1359). La contraddittoriet di motivazione della sentenza, intesa come inconciliabilit delle ragioni esposte dal giudice, deve risolversi in una mancanza di motivi per iimpossibilit di ricostruire il processo logicogiuridico della ratio decidendi e non pu, perci, essere utilmente denunciata, quando ad un'argomentazione eventualmente errata se ne PARTE I, SEZ. m, GIURISPRUDENZA CIVJLE 687 aggiunga unaltra, basata su fatti, rilievi, osservazioni ed argomenti, che da soli giustifichino la decisione presa (I). Il materiale probatorio raccolto ad un certo fine pu, nello stesso giudizio e fra le stesse parti, essere utilizzato anche ad altro scopo, per sostenere qltre domande ed eccezioni (2). Nei contratti stipulati all'asta pubblica od a licitazione privata, a norma della legge .di contabilit generale dello Stato, il vincolo contrattuale sorge dal verbale di aggiudicazione, non occorrendo ulteriori f ormalit intese ad accertare gli elementi essenziali del negozio, e ci qnche quando sia prevista una successiva stipulazione formale del contratto {3). Secondo la disciplina di cui al d.P.R. 19 agosto 1948, n. 1184, vigente fino al 31 dicembre 1952, era fatto divieto a chiunque di fabbricare, introdurre nello Stato, esportare, porre in vendita o cedere a qualsiasi titolo armi senza licenza dell'Autorit amministrativa. Lo stesso divieto previsto dalla legge di P.S. e dal relativo regolamento, che contiene le disposizioni riguardanti le domande tendenti ad ottenere l'autorizzazione .a raccogliere, detenere, importare ed esportare armi da guerra. Il provvedimento amministrativo di licenza non un elemento volontario del negozio, n un elemento essenziale di esso, ma un fatto, che per legge deve sopravvenire ad un contratto gi perfetto, perch questo possa produrre i suoi effetti, nel che, appunto, si sostanzia la condicio juris (4). (1) Il giudice deve. infatti, dare della decisione adottata ragione adeguata e non infirmata nella sua base logica da considerazioni fra loro in contrasto, s da elidersi a vicenda : Cass., 3 agosto 1964, n. 2323, Foro it., Mass., 1964, 623; per un'applicazione dello stesso principio v. Cass., 29 aprile 1965, n. 753, in questa Rassegna, 1965, I, 502, nella motivazione (504). (2) Conf. Cass., 22 gennaio 1957, n. 193, Giust. civ., Mass. Cass., 1957, 84, sub 2; 15 ottobre 1956, n. 3602, ivi, 1956, 1218. (3) Conf. Cass., 9 ottobre 1956, n. 3421, Giust. civ., Mass. Cass., 1956, 1159 ed ivi riferimenti ed in particolare: Cass., 30 gennaio 1964, n. 263, in questa Rassegna, 1964, I, 489, con nota del CARusr, anche per altra funzione che l'aggiudicazione ha nella formazione del contratto. (4) La sentenza in rassegna avverte che l'atto permissivo della p.a. viene a configurarsi come una condicio iuris imposta dalla legge, che, operando dal di fuori del contratto, ne subordina lefficacia : cfr. anche Cass., 5 agosto 1948, n. 1394, Giur. it., Mass., 1948, 332. Per una applicazione dello stesso principio, che configura l'autorizzazione non gi come integrante la capacit e la volont dell'ente, sibbene come requisito estrinseco al negozio e perci sopraggiungibile dopo la sua conclusione, v,, in materia di autorizzazione agli acquisti degli enti ecclesiastici, Cass., 16 maggio 1961, n. 595, Giust. civ., Mass. Cass., 1961, 239, con nota (sub 1) di richiami; v. anche Cons. Stato, Sez. I, par. 5 novembre 1962, n. 1787, Il diritto ecclesiastico, 1963, II, 92 e segg. 688 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Mai potrebbe considerarsi come avverata la condicio juris, che sia mancata per causa imputabile alla parte che aveva interesse contrario al suo avveramento, non potendo una finzione sostituirsi al fatto richiesto dalla legge affinch il negoziO abbia la sua attuazione (5). (5) Conf. Cass., 16 novembre 1960, n. 3071, Gust. civ., Mass. Cass., 1960, 1196 (sub 3); 14 agosto 1953, n. 2736, Foro it., Mass., 1953, 520. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 14 aprile 1965, n. 690 -Pres. Pece Est. D'Amico -P.M. Caccioppoli (conf.) -Opera valorizzazione Sila (avv.ti Mirabelli, Finelli) c. Gentile Davide (avv. Tassoni) e Gentile Donato (avv. Salerno). Cassazione -Omesso deposito del ricorso -Diritto del controri corrente ad ottenere la declaratoria di improcedibilit del ricorso stesso ed il rimborso delle spese -Presupposti. (c.p.c., artt. 369, 370). Quando il ricorrente abbia omesso di depositare tempestivamente IIil ricorso, il resistente -che abbia regolarmente notificato e depositato il controricorso -ha diritto ad ottenere la declaratoria di improcedibilit del ricorso stesso ed il rimborso delle spese (l). ~% (1) Giurisprudenza costante. Per l'affermazione che il termine di giorni venti dalla notifica, stabilito dall'art. 369 c.p.c., ha carattere perentorio e la relativa Iimprocedibilit dev'essere rilevata anche di ufficio, ove il controricorrente non abbia sollevato alcuna eccezione, cfr. da ultimo: Cass., 25 gennaio 1965, n. 128, Foro it., Mass., 1965, 23; 8 agosto 1964, n. 2279, Id., Mass., 1964, 611; 24 febbraio 1964, 403, ivi, 98; 29 luglio 1963, n. 2132, Id., Mass., 1963, 611; 14 marzo 1962, n. 532, Id., Mass., 1962, .155. Nel medesimo senso e con l~ precisazione che il resistente -il quale abbia proposto, nel termine di legge, il controricorso e lo abbia regolarmente depositato ha diritto al rimborso delle spese, anche se non abbia eccepito l'improcedibilit del ricorso: Cass., 13 novembre 1964, n. 2733, Foro it., Mass., 1964, 729; 28 febbraio 1963, n. 492, Id., Mass., 1963, 141; 6 febbraio 1962, n. 219, Id., Mass., 1962, 61. Gi in precedenza, infatti, la Suprema Corte aveva ripetutamente chiarito che nessuna disposizione di legge impone alla parte, contro la quale sia diretto un ricorso per cassazione, di accertarsi, prima di costituirsi, che il ricorso sia stato depositato e non sia quindi improcedibile: detta parte, infatti, ha il diritto di opporre immediatamente le sue difese per mezzo del controricorso, che pertanto -ove regolarmente notificato e depositato -fa sorgere il diritto al rimborso delle spese: cfr. Cass., 23 maggio 1959, n. 1581, Foro it., Mass., 1959, 298, nonch ulteriori richiami in Rassegna di giurisprudenza sul C.P.C., diretta da STELLARICHTER e TORRENTE, 1961, tomo secondo, 1961, sub art. 370, n. 11. P. SACCHETTO PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 689 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 11 maggio 1965, n. 898 -Pres. Giansiracusa -Est. Aliotta -P.M. Pedote (conf.) -Comune di Bologna (avv.ti Turazza, Gherardi, Guidoboni) c. Commissariato G.I. (avv.ti Marinangeli, Urbani, Amorth). Locazione Alienazione della cosa locata -Patto in deroga alla regola legale della surrogazione dell'acquirente, al momento dell'acquisto, nei diritti e nelle obbligazioni derivanti dal contratto di locazione . Ammissibilit . Legittimazione dell'alienante in proprio e non quale mandatario dell'acquirente a sperimentare le azioni nascenti dal rapporto locatizio. (e.e., art. 1602). Concessioni amministrative -Locazioni poste in essere da un ente pubblico Differenze. (e.e., artt. 822 e segg., 1571 e segg.). La norma contenuta nelfart. 1602 e.e. ha la precipua funzione di regolare i rapporti tra venditore ed acquirente della cosa locata. Essa ha carattere dispositivo, epper le parti contraenti ben possono convenire che il rapporto locatizio continui a svolgersi nei confronti delf alienante, al quale pu essere temporaneamente conservata la qualit di locatore con la conseguente legittimazione in proprio e non quale mandatario delfacquirente a sperimentare tutte le azioni derivanti dal rapporto locatizio, compresa quella diretta ad ottenere il rilascio delfimmobile per finita locazione (1). Mentre nella concessione rente pubblico agisce quale titolare di un potere di supremazia, emettendo il relativo atto amministrativo, nello stipulare la locazione esso agisce, invece, nella stessa veste di un privato, in posizione paritetica rispetto alla controparte. Oggetto della concessione in uso di regola un bne demaniale, mentre oggetto della locazione sempre e soltanto il godimento di un bene patrimoniale. Il corrispettivo o canone della concessione costituito da un'obbligazione pecuniaria a carattere pubblicistico, che ha sostanzialmente natura di tassa, anche se genericamente designato come provento del pubblico demanio ; viceversa, nella locazione, il corrispettivo costituito dalrobbligazione privatistica di pagare un determinato canone locatizio (2). (1) Conf. Cass., 8 marzo 1960, n. 441, Giust. civ., Mass. Cass., 1960, 169; v. anche Cass., 8 febbraio 1964, n. 297, Foro it., Mass., 1964, 72. (2) V. Cass., 12 giugno 1963, n. 1575, Giust. civ., Mass. Cass., 1963, 744 (ove riferimenti); 5 luglio 1962, n. 1718, ivi, 1962, 852 (importante massima sub l); 6 aprile 1961, n. 732, ivi, 1961, 304. A parte l'affermazione che anche i beni del patrimonio indisponibile possono formare oggetto di negozi di diritto privato, quando si verichino determinati presupposti, nei modi stabiliti nelle norme che li RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 690 (Omissis). -Con il primo motivo il ricorrente Comune denunzia la violazione dei principi generali in tema di trasferimento delle azioni spettanti al locatore nei confronti del conduttore nel caso di alienazione dell'immobile locato. Pi particolarmente sostiene: a) che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte d'Appello, il Commissariato, che aveva venduto l'immobile locato, difettava di legittimazione attiva, perch il rapporto iniziale tra locatore, proprietario e conduttore subisce, per effetto del1' alienazione della cosa locata, una modificazione soggettiva, trasferendosi nella sua titolarit all'acquirente, salvo che questi non abbia voluto conservare al venditore il diritto a permanere nel godimento dell'immobile e a mantenere per proprio conto ed interesse la titolarit del rapporto con il terzo conduttore; b) che del pari erroneamente la Corte d'Appello ha ritenuto che il patto 6 del contratto di vendita esaurisse la sua efficacia tra i contraenti, mentre invece costituiva una chiara conferma del fatto che costoro erano consapevoli della necessit che qualunque azione contro il conduttore dovesse essere proposta dall' acquirente; per cui il consenso prestato al venditore ad agire per il rilascio dell'immobile locato poneva in essere una sostituzione processuale in ipotesi non consentita dalla legge. Il motivo infondato, anche se la motivazione dell'impugnata sentenza va sulla questione opportunatamente rettificata. Occorre, infatti, rilevare che, secondo. la tesi seguitr. dalla prevalente giurisprudenza e dottrina, data la natura personale e obbligatoria della locazione, che non presuppone quindi necessariamente nel locatore la qualit di proprietario della cosa locata, anche chi non rivesta pi tale qualit, ma abbia comunque legittimamente conservato a qualsiasi titolo la dispo .riguardano (art. 828 e.e.) (cfr. anche Cass., Sez. Un., 24 maggio 1956, n. 1758, Foro pad., 1956, I, 982, con nota critica del BERNARDINI; contra, invece, l'importante sentenza delle Sez. Un., 4 ottobre 1955, n. 2790, id., 1955, I, 1114, in part. 1115), la sentenza in rassegna accoglie importanti principi, formulati nella massima surriferita, mostrando di intendere l'esatta struttura e la natura dell'atto di oncessione d'uso di beni demaniali. Se manca, nella sentenza, il riconoscimento, ben auspicabile, della fondamentale unit funzionale della pi ampia categoria dei beni pubblici, in contrapposto ai beni meramente patrimoniali (art. 1 r.d. 18 novembre 1923, :n. 2440; SANDULLI, Beni pubblici, Enciclopedia del diritto, vol. V, Milano, 1959, 277 e segg.), vi si avverte, tuttavia, l'essenziale autoritativit ed unilateralit della concessione, negozio di diritto pubblico, in contrapposto con la locazione, contratto di diritto privato; la sentenza, inoltre, non manca di sottolineare -e ci molto opportunamente -la fondamentale diversit di natura e, quindi, di regime giuridico del canone delle concessioni rispetto a quello di locazione: su tutti questi concetti si veda: CARUSI, In tema di concessioni d'uso di beni pubblici, in questa Rassegna, 1964, I, 1066 e segg.; ID., Inapplicabilit alle concessioni di beni pubblici del blocco dei canoni delle locazioni e degli affitti privati, ivi, 1965, I, 321 e segg. (ove anche riferimenti di legislazione, dottrina e giurisprudenza). PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVn.E 691 nibilit della cosa locata, pu continuare' a svolgere i rapporti relativi alla locazione, purch lo faccia senza pregiudizio dei diritti del nuovo proprietario. Ci non contrasta con il dis,Posto dell'art. 1602 e.e., il quale stabilisce il subentro dell'acquirente dal momento dell'acquisto nei diritti e nelle obbligazioni derivanti dal contratto di locazione, quando questa sia opponibile allo stesso ai sensi dei precedenti artt. 1599 e 1600 e.e. Infatti, mentre queste due ultime disposizioni sono dettate nell'esclusivo interesse del conduttore, la norma contenuta nell'art. 1602 invece sancita nel precipuo interesse di regolare i rapporti tra venditore e acquirente della cosa locata. Essa ha evidentemente carattere dispositivo; per cui le parti contraenti ben possono invece convenire che il rapporto locatizio continui a svolgersi nei confronti delfalienante, al quale pu essere temporaneamente conservata la qualit di locatore, e resta quindi legittimato in proprio, e non quale mandatario dell'acquirente, a sperimentare tutte le azioni derivanti dal rapporto locatizio, compresa quella diretta ad ottenere il rilascio dell'immobile per finita locazione. Il che appunto si verifica nella specie, in quanto con il patto 6 del contratto di vendita il compratore cardinale Lercaro conservava al venditore Commissariato della Giovent Italiana la titolarit del rapporto locatizio, affinch questi ottenesse dal conduttore Comune di Bologna il rilascio dell'immobile, per poter adempiere a sua volta all'obbligo che gli competeva di effettuare la consegna all'acquirente. Non sussiste quindi il denunziato difetto di legittimazione attiva. Del pari infondato il secondo. motivo, con il quale il ricorrente Comune denuncia la violazione dei principi generali in materia di distinzione tra rapporto di concessione amministrativa in uso e locazione, nonch violazione degli artt. 657 e segg. c.p.c., sostenendo che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte d'Appello, il rapporto posto in ssere con la scrittura 21 aprile 1950 avrebbe natura di concessione in uso e non di locazione, sia per la veste del proprietario locatore, sia per la natura dei beni destinati a soddisfare un interesse pubblico; per cui non era ammissibile la procedura di sfratto. ~ noto, in proposito, quali siano le differenze fondamentali tra fa concessione avente per oggetto l'uso di un bene pubblico e la locazione. Mentre, infatti, nella concessione l'ente pubblico agisce quale titolare di un potere di supremazia, emettendo il relativo atto amministrativo, nello stipulare invece la locazione agisce nella stessa veste di un qualsiasi privato, in posizione paritetica con lo stesso; nel rapporto di concessione in uso, salvo casi eccezionali, che nella specie non ricorrono, oggetto fuso di un bene demaniale, nella locazione oggetto sempre e soltanto il godimento di un bene patrimoniale; nella concessione il corrispettivo costituito da una obbligazione pecuniaria a carattere pubblicistico (canone della concessione), che ha sostanzialmente natura di tassa, anche se generica 692 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO m'ente classificato nelle leggi in materia quale provento del pubblico demanio, nella locazione il corrispettivo costituito dall'obbligazione privatistica di pagare un determinato canone locatizio. Non hanno nvece alcuna rilevanza i presunti caratteri distintivi, ai quali accenna il ricorrente. Non la qualit del soggetto che d il godimento del bene, potendo un ente pubblico agire sia nelrambito del diritto pubblico, effettuando delle concessioni, sia nell'ambito del diritto privato, stipulando contratti di locazione. N ha rilevanza il fatto che i beni in questione erano naturalmente diretti a soddisfare un interesse pubblico, potendo anche i beni del patrimonio indisponibile, normalmente diretti a soddisfare un pubblico servizio (art. 826 e.e.), formare oggetto di negozi di diritto privato, quando si verifichino determinati presupposti, nei modi stabiliti nelle norme che li riguardano (art. 828 e.e.). Il che si verificava appunto nel caso in esame, in quanto la colonia marina aveva da tempo di fatto perduta la sua concreta destinazione ad un pubblico servizio per la realizzazione delle finalit proprie del Commissariato della Giovent Italiana, essendo ormai da vari anni detenuta dal Comune di Bologna. In applicazione di tali principi evidente che il negozio de quo, come esattamente ritenuto dalla Corte d'Appello, aveva carattere di locazione, sia perch il Commissariato della Giovent Italiana, nel dare il godimento della colonia marina al C:omune di Bologna, non ag in una posizione di supremazia, non avendo emesso alcun atto amministrativo di concessione, ma in una posizione paritetica, come qualsiasi contraente privato; sia perch oggetto del contratto fu il godimento di un bene patrimoniale; sia, infine, perch il corrispettivo pattuito non costituiva una tassa, ma una semplice obbligazione privatistica di pagare un canone mensile in danaro. Pertanto il ricorso va rigettato e il ricorrente Comune va condannato alla perdita del deposito (art. 381 c.p.c.) e, quale soccombente, a pagare al Commissariato le spese del giudizio di Cassazione (artt. 385 e 91 c.p.c.). -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 18 giugno 1965, n. 1257 -P..res. Lonardo -Est. Giannattasio -P.M. Criscuoli {conf.) -Nisi (avv.ti Lopes e Fernandez) c. Assessorato ai LL.PP. della Regione Siciliana {avv. Stato Coronas). Procedimento civile Decisione della causa -Questione di giuri sdizione -Carattere necessariamente preliminare Precedenza della sola questione riguardante la regolare costituzione del rapporto processuale. (c.p.c., artt. 37, 187, 276). PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 693, Competenza e giurisdizione -Espropriazione per p.u. -Esecuzione dell'opera -Relitti -Omessa retrocessione -Domanda di risarcimento dei danni -Mancanza della previa dichiarazione di inservibilit dei relitti -Difetto di giurisdizione. (1. 25 giugno 1865, n. 2359, artt. 60 e 61). Competenza e giurisdizione -Esprop"riazione per p.u. -Espropriazione di beni non necessari all'esecuzione dell'opera pubblica Comportamento illegittimo della p.a. -Domanda di risarcimento dei danni -Giurisdizione ordinaria -Sussiste. Procedimento civile -Domande nuove -Divieto -Ipotesi. (c.p.c., artt. 184, 190 e 345). Procedimento civile -Domande -Interpretazione -Apprezzamento incensurabile del giudice di merito. (c.p.c., art. 360). Procedimento civile -Conclusioni -Formulazione specifica Effetti. (c.p.c., art. 189). Appello -Riesame dei punti della sentenza oggetto di censure implicite o connessi con quelli impugnati -Ammissibilit. (C.J?.C., artt. 112, 342). Cassazione -Ricorso -Interesse -.Fattispecie. (c.p.c., art. 100). La questione di giurisdizione ha sempre e necessariamente carattere preliminare rispetto ad ogni altra questione di rito o di merito, ad eccezione di quella riguardante la regolare costituzione del rapporto processuale {l). L'insussistenza di un diritto subiettivo alla retrocessione delle porzioni degli immobili espropriati sopravanzati all'esecuzione delfopera pubblica, prima della emanazione del decreto di cui alfart. 61 della legge sulla espropriazione per p.u., comporta il difetto di giurisdizione {1) In senso conforme: Cass., 10 dicembre 1957, n. 4624; 8 febbraio 1958, n. 406; 28 febbraio 1958, n. 599; 20 ottobre 1962, n. 3051, Foro it., Mass., 1957, 938; 1958, 77; 1958, 116; 1962, 855. Per i rapporti tra questione di giurisdizione e questione di costituzionalit cfr. Cass., 28 aprile 1963, n. 1017, in questa Rassegna, 1964, I, 683 e segg., con nota di richiami. In dottrina, sul problema dell'ordine che deve essere seguito nell'esame delle .questioni da decidere, v. CH1cco, Questioni di precedenza e precedenza di questioni, Foro it., 1955, IV, 96. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 0. anche in ordine alla domanda di risarcimento dei danni per la mancata retrocessione (2). Rientra nella giurisdizione ordinaria la domanda con la quale . lespropriato chiede il risarcimento dei danni non per la mancata retrocessione, ma per avere la p.a., per negligenza, imprudenza ed imperizia,. . espropriato una superficie maggiore di quella necessaria per resecuzione delf opera di pubblica utilit (3). Non possono essere proposte domande nuove nel giudizio di primogrado per la prima volta con la comparsa conclusionale o in appello (4). (2) Le Sezioni Unite ribadiscono ancora una volta che per la proponibilit. dell'azione di risarcimento dei danni nei confronti della p.a. occorre la lesione di un diritto soggettivo: in arg. cfr. FOLIGNO, La pretesa responsabilit della P.A. per la lesione di interessi legittimi, in questa Rassegna, 1963, 1 e segg.; nonch, Cass., 25 luglio 1964, n. 2064, ivi, 1964, I, 861 e segg., con nota di richiami. La massima fa corretta applicazione del principio, costantemente affermat<>' dalla giurisprudenza, che in tema di retrocessione parziale non sussiste un dirittO' soggettivo alla retrocessione e manca quindi la giurisdizione del giudice ordinario, prima della dichiarazione amministrativa di inservibilit dei relitti: in arg. cfr., da. ultimo, Cass., 15 ottobre 1964, n. 2590, in questa Rassegna, 1964,. I, 899 e segg., con nota di richiami. {3) L'affermazione, apodittica e incidentale, contenuta nella sentenza, della. giurisdizione del giudice ordinario in ordine alla domanda di risarcimento dei danni per l'asserito esproprio di una superficie maggiore di quella occorrente alla. esecuzione dell'opera pubblica, non pu essere condivisa. Infatti la domanda non contesta il potere di esproprio ma l'esercizio del potere stesso; manca, a seguito della dichiarazione di p.u., un diritto soggettivo del quale possa affermarsi la lesione; ed infine l'accertamento della necessit dei beni espropriati all'esecuzione dell'opera pubblica involge un giudizio tecnico discrezionale, che, similmente a quello che involge l'accertamento del rapporto di utilit tra i relitti e l'opera pubblica compiuta (Cass., 15 ottobre 1964, n. 2590, dianzi citata), esclude l possibilit di un sindacato giudiziario: nel senso che sia insindacabile nel merito la valutazione fatta dall'Amministrazione circa l'estensione da dare ad una espropriazione, cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 17 marzo 1950, n. 152, Relazione dell'Avvocatura dello Stato per gli anni 1942.1950, II, 164. (4) La massima applica correttamente il disposto degli artt. 190, secondo. comma, e 345 c.p.c. Invero, le comparse conclusionali devono avere carattere esclusivamente illustrativo delle conclusioni gi fissate dinanzi all'istruttore, con la conseguenza che quelle conclusioni non possono essere modificate e che il giudice non pu prendere in esame conclusioni difformi, senza violare una norma che tende a garantire la regolarit del contraddittorio. In arg. cfr., per tutte, Cass., 12 otto- bre 1956, n. 3558, Giur. it., 1957, I, 1, 1158; 28 gennaio 1957, n. 299; 12 ottobre 1957, n. 3790, Foro it., Mass., 1957, 60 e 745; Sez. Un., 1 giugno 1964, n. 1356,. in questa Rassegna, 1964, I, 721 (sub 3), con nota di richiami. Parimenti nel giudizio di appello non possono essere proposte domande nuove: cfr. Cass;, Sez. Un., 23 aprile 1964, n. 992, in questa Rassegna, 1964, I, 682" (sub 3). La giurisprudenza ha anche affermato che non pu essere riproposta in appello una domanda irritualmente proposta in primo grado: Cass., 7 novembre 1958, n. 3650, Foro it., Mass., 1958, 755. Ed stata considerata inammissibile, come nuova, la domanda che, essendo stata proposta in primo grado, sia stata poi rinunziata espressamente o implicitamente, perch non riprodotta nelle conclu PARTE I, SEZ. m, GIURISPRUDENZA CIVll..E 695 Incombe al giudice di merito -con apprezzamento incensurabile il compito di interpretare, nella loro esatta portata, le deduzioni e le conclusioni delle parti (5). La precisazione delle conclusioni, prescritta dali art. 189 c.p.c., ha lo scopo di fissare definitivamente la volont delle parti in rapporto all'obietto della lite; pertanto, mentre in caso di generico richiamo alle precedenti difese, il giudice deve tener conto di tutte indistintamente le richieste, che siano state in precedenza formulate, poich quel generico richiamo lascia presumere che la parte abbia inteso mantenerle ferme, diversamente da dirsi, quando, in quell'udienza, la parte abbia specificato le proprie domande ed istanze, perch in questa seconda ipotesi legittimamente il giudice prende in considerazione soltanto le domande espressamente formulate, dovendosi ritenere implicitamente rinunciate tutte le altre non riproposte (6). Il giudice di appello si mantiene nei limiti dei suoi poteri, quando porta il suo esame sui punti della sentenza, che hanno costituito oggetto di censura esplicita o implicita o siano con quelli impugnati necessariamente connessi (7). Il giudice di appello, che, in parziale accoglimento del gravame, in luogo della pronuncia negativa della giurisdizione, dichiari solo irritualment proposta una domanda, non danneggia, ma al contrario reca vantaggio alla parte, che, quindi, non ha interesse all'impugnativa per cassazione (8). sioni definitive (App. Cagliari, 27 giugno 1959 e 9 maggio 1959, Rass. giur. sarda, 1959, 775 e 389). Per l'ammissibilit anche in sede di precisazione delle conclusioni di richieste dell'attore contro l'interventore in causa fussu fudicis, purch contenute nei limiti della domanda originaria, v. Cass., Sez. Un., 20 gennaio 1964, n. 128, in questa Rassegna, 1964, I, 698 (sub 2). (5) Giurisprudenza costante. Cfr. Cass., 7 dicembre 1962, n. 3299; 15 giugno 1963, n. 1607; 26 giugno 1964, n. 1693, Foro it., Mass., 1962, 922; 1963, 470; 1964, 442. (6) In senso conforme, cfr., per tutte, Cass., 18 aprile 1962, n. 766;. 20 agosto 1962, n. 2603; 15 giugno 1964, n. 1522; 22 luglio 1964, n. 1956, Foro it., Mass., 1962, 231 e 743; 1964, 396 e 507. (7) La massima fa corretta applicazione dei principi, richiamandosi ai poteri del giudice d'appello e ripudiando la formula del divieto di reformatio in peius, adottata in altre occasioni (cfr. Cass., 22 febbraio 1947, n. 242, Foro it., 1947, I, 743) e mutuata dalla procedura penale. (8) Massima di indubbia esattezza. L'interesse all'impugnativa, che specificazione del pi generale interesse ad agire (art. 100 c.p.c.), deve essere apprezzato in relazione all'utilit giuridica che dall'eventuale accoglimento del gravame potrebbe derivare al proponente. Perci, tale utilit non sussiste -e manca quindi l'interesse al gravame -quando la pronunzia sia, come nel caso, pi vantaggiosa per la parte: cfr. Cass., 13 giugno 1958, I. 1997 e 18 giugno 1959, n. 1909, Foro it., Mass., 1958, 403; 1959, 357. In dottrina v., da ultimo, ATTARDI, L'interesse ad agire, Padova, 287 e segg., 1958. A. FRENI 696 RASSEGNA DELL'AVVOCATQRA DELLO STATO (Omissis). -Preliminare l'esame del ricorso incidentale dell' Assessorato ai LL.PP. della Regione Siciliana, perch con esso si solleva una questione di difetto di giurisdizione dell'autorit giudiziaria ordinaria. Si duole il ricorrente incidentale che la Corte d'Appello, dichiarando l'inammissibilit della domanda di risarcimento danni (perch proposta, o, meglio, riproposta dopo averla abbandonata, nella comparsa conclusionale) abbia implicitamente riconosciuto la propria competenza. E posto che la domanda di retrocessione era gi stata ritenuta improponibile per mancanza del provvedimento di cui all'art. 61 della legge di espropriazione 25 giugno 1865, n. 2359, il ricorrente incidentale lamenta che non sia stata confermata la declaratoria di difetto di giurisdizione, che il Tribunale aveva riferito anche alla domanda di ristoro sul riflesso che, come quella di retrocessione, si basava sull' accertamento di un diritto suiettivo, che non era mai sorto. Le censure, cos formulate, sarebbero fondate, se non partissero da una errata prospettazione della fattispecie concreta. Effettivamente I ' la questione di giurisdizione hasempre e necessariamente carattere preliminare rispetto ad ogni altra questione di rito o di merito, ad eccezione di quella riguardante la regolare costituzione del rapporto processuale (Cass., Sez. Un., 20 ottobre 1962, n. 305), per cui il giudice, I ~ prima di dichiarare improponibile una domanda, deve riconoscere la propria giurisdizione; ed ove questa venga contestata deve dire se la . . . . contestazione abbia oppur no fondamento. Del pari esatto che il negativo accertamento del diritto subiettivo alla retrocessione parziale, per mancata emanazione del decreto di cui all'art. 61 legge espropriazione, comporta il difetto di giudisdizione anche in ordine alla domand di risarcimento danni causati dalla non operata retrocessione, perch, come gi stato ritenuto da questo Supremo Collegio, la posizione dell'espropriato, in attesa della dichiarazione d'inservibilit del bene a quella determinata opera pubblica, non pu essere configurata oltre i termini dell'aspettativa e l'adempimento disposto da una norma di azione, fa cui inosservanza non pu costituire base per una domanda di risarcimento dei danni (Cass., 9 ottobre 1963, n. 2679). Senonch, la Nisi (che con scrittura difensiva 14 marzo 1960 aveva chiesto il risarcimento danni " per mancata retrocessione della parte di terreno non utilizzata nell'opera prevista n) nell'atto di appello sostenne che la domanda di risarcimento danni non era fondata sulla non operata retrocessione, bens nell'illegittimo comportamento della P.A., che, per negligenza, imprudenza e imperizia, aveva espropriato 16.000 mq. di terreno per l'esecuzione di un'opera, per la quale erano sufficienti 12.000. A prescindere se l'azione aquiliana, cos formulata, era stata veramente proposta in primo grado con la comparsa conclusionale, oppure fu proposta, per la prima volta, nell'atto di appello, la domanda di -risarcimento danni ex art. 2043 e.e. appartiene sicuramente alla com PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 687 petenza dell'autorit giudiziaria ordinaria, trattandosi di materia nella quale si fa questione di un diritto soggettivo, ma stata proposta irritualmente o perch formulata per la prima volta con la comparsa conclusionale {art. 190, secondo comma, c.p.c.) o perch proposta per la prima volta in appello (art. 345 c.p.c.). Il ricorso incidentale va, pertanto, rigettato. La reiezione del ricorso incidentale rende pi agevole lesame di quello principale. Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione degli artt. 189, mo e 360, n. 3 e 5, c.ip.c. ed afferma che la difformit tra le generiche conclusioni dell'ultima udienza e quelle riportate nella comparsa conclusionale non poteva essere rilevata d'ufficio, in quanto costituiva una mera irregolarit, per di pi sanata dal comportamento processuale del convenuto, che si era occupato della domanda di risarcimento. Non era neppure ipotizzabile la rinuncia alla domanda di risarcimento, dal momento che l'interesse a richiedere la retrocessione era venuto meno a seguito della utilizzazione, da parte dell'Assessorato, del relitto chiesto in citazione. La censura non ha fondamento. Al giudice di merito incombe il compito di interpretare, nella loro esatta portata, le conclusioni e le deduzioni delle parti (Cass., 26 giugno 1964, n. 1693) e nulla impedisce che il giudice, malgrado un'omissione materiale o una imprecisione di terminologia, si convinca che la parte abbia inteso insistere in una conclusione apparentemente abbandonata; ma, nel caso di specie, il giudice di merito ha, con diffusa motivazione, dimostrato che all'udienza di precisazione delle conclusioni (che, ovviamente, quella in cui le conclusioni vengono effettivamente precisate e non quella precedentemente fssata per tale incombenza, cui segu, per, un rinvio) il procuratore dell'attrice aveva insistito specifcamente su quelle formulate in. citazione, omettendo il richiamo a conclusioni adottate con successivi atti del giudizio e da questo comportamento ha tratto il convinci-. mento di una rinuncia implicita ad ogni altra richiesta. Trattasi di uh apprezzamento incensurabile in questa sede, perch, come si accennato, la interpretazione del contenuto della domanda e della attivit processuale delle parti costituisce un apprezzamento di merito (Cass., 15 giugno 1963, n. 1617; 7 dicembre 1962, n. 3299); ma la Corte di merito ne ha tratto anche un principio, conforme alla giurisprudenza di questo Supremo Collegio. Invero, la precisazione delle conclusioni, prescritte dall'art. 1891 c.p.c., ha lo scopo di fssare defnitivamente la volont delle parti in rapporto all'obietto della: lite; pertanto, mentre in caso di generico richiamo alle precedenti difese, il giudice deve tener conto di tutte indistintamente le richieste che siano state in precedenza formulate, poich quel generico richiamo lascia presumere che la parte abbia inteso mantenerle ferme, diversamente a dirsi quando, in quel 698 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO l'udienza, la parte abbia ben specificato~ le proprie domnde ed istanze, perch, in questa seconda ipotesi, legittimamente il giudice prende in considerazione soltanto le domande espressamente formulate, dovendosi ritenere implicitamente rinunciate tutte le altre non riproposte (Cass., 22 luglio 1964, n. 1956; 15 giugno 1964, n. 1522; 20 agosto 1962, n. 2603; 18 aprile 1962, n. 766). Con il secondo e terzo motivo, che si esaminano congiuntamente, perch contengono, in sostanza, un'unica censura, la ricorrente denuncia la violazione degli artt. 189, 324, 329, 342 e 360, n. 5, c.p.c. e assume che la pronuncia di inammissibilit emanata dalla Corte di merito costituisce una reforrnatio in peius rispetto alla declaratoria di difetto di giurisdizione e che l'esame della questione sulla ammissimilit era invece preclusa dal giudicato formatosi in tale capo per mancata impugnazione del convenuto. La censura, cosl formulata, muove da un evidente equivoco ed persino dubbio che la ricorrente abbia interesse a proporla. Il Tribunale, poich in primo grado la domanda di danni era stata avanzata per mancata retrocessione della parte di terreno non utilizzata nell'opera: prevista , dihiar il difetto di giurisdizione dell'a.g.o., sia in ordine a quella di retrocessione che a quella di risarcimento danni, negando quindi l'esistenza di un diritto soggettivo a favore della Nisi. La Corte d'Ap" pello ha accolto parzialmente il gravame della Nisi e, in luogo di una pronuncia negativa sulla giurisdizione, ha dichiarato irritualmente proposta la domanda della Nisi, facendo, a favore di questa, espressa salvezza dell'azione aquiliana, da proporsi nelle forme e nei modi prescritti dal codice di rito. In tale situazione pu dirsi, senza necessit di far ricorso a formule valide per il processo penale, che il giudice d'appello si mantien nei limiti dei suoi poteri, quando porta il suo esame sui punti della sentenza che hanno costituito oggetto di censura esplicita o implicita o siano con quelli impugnati necessariamente connessi. La Corte di Palermo, investita del riesame della domanda di risarcimento dei danni, in ordine alla quale era stato dichiarato il difetto di giurisdizione, ha rilevato che tale domanda, dapprima abbandonata, era stata poi riproposta con comparsa conclusionale, e ne ha pronunciato l'irritualit, com'era nei suoi poteri, perch il giudice non pu prendere in esame, senza violare il principio del contraddittorio fra le parti, conclusioni contenute-in comparsa conclusionale che siano difformi da quelle formulate dinanzi all'istruttore all'udienza di rimessione al Collegio. Quando poi il giudice di merito, nel rilevare tale irritualit, non danneggia, ma, al contrario, reca vantaggio ad una parte, non pu questa dolersi con una impugnazione .e, in particolare, con ricorso per Cassazione, perch l'esercizio del diritto di impugnazione deriva dalla esistenza di un interesse giuridicamente apprezzabile, il quale dato dal concreto pregiudizio che, da una pronuncia, possa derivare alla parte. PARTE I, SEZ. m, GIURISPRUDENZA CIVILE 699 Con c10 perde ogni interesse lesame della censura relativa ad un :preteso giudicato, comunque insussistente, dato che la pronuncia di primo grado era stata impugnata dalla Nisi e che l'Assessorato, pienamente vittorioso, non aveva lonere di proporre impugnazione incidentale, essendo sufficiente lespresso richiamo delle eccezioni e delle dedu: zioni da esso avanzate in prime cure. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 14 luglio 1965, n. 1497 -Pres. Vistoso -Est. Giannattasio -P.M. Trotta (conf.) -Ministero Agricoltura e Foreste e Sezione speciale per la riforma fondiaria presso l'O.N.C. (avv. Stato Savarese) c. Cosimini (avv.ti Doria, Turco). :Procedimento civile -Questione di legittimit costituzionale Ordinanza del giudice a quo di trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale -Natura ed effetti. (I. 11 marzo 1953, n. 87, artt. 23, 24). Appello -Estinzione del procedimento -Provvedimenti modificativi della sentenza impugnata che ne impediscono il passaggio in giudicato -Nozione. (c.p.c., art. 338). 1, esso esige provvedimenti modificativi, che non abbiano contenuto meramente ordinatorio, come l'ordinanza di cui all'art. 23 della legge n. 87 del 1953, ma incidano sulla sentenza di primo grado, operando una sostituzione parziale della pronuncia, ossia modificandola su qualche capo autonomo della lite (2). La pronuncia della Corte Costituzionale opera nel giudizio a quo come una pronuncia giurisdizionale e vincola il giudice principale con l'efficacia di un giudicato. Essa viene a costituire parte integrante del processo principale, dentro di esso e, per la forza vincolante che le impressa dalla legge, qualora intervenga nel corso del giudizio di I 9 aprile 1963, n. 40, Giur. cost., 1963, 146 e segg. e 20 dicembre 1962, n. 109, id., 1962, 1464 e segg. I (2) In tema si veda Cass., 8 aprile 1952, n. 946, Giur. it., 1953, I, 1, 61 e segg.,. segnatamente, 63, in motivazione, con nota sfavorevole del GrumcEANDREA; si veda . .. I anche in questa Rassegna, 1964, I, 520, nota 2. # (3) La sentenza cassata leggesi in questa Rassegna, 1964, I, 519 e segg., con nota I. critica del CARUSI. In senso conforme alla sentenza ora in rassegna v. Cass., Sez. Un., , . 22 gennaio 1958, n. 147, Giust. civ., 1958, I, 1093 e segg., con nota di riferimenti; I, 18 aprile 1962, n. 770, id., 1962, III, 251 e segg., in part. 253; Cass., 9 ottobre 1963, . n. 2683, in questa Rassegna, 1964, I, 84 (in part. 93: la pronuncia opera nel giudizie> a quo come una decisione giurisdizionale e quindi vincola il giudice con l'efficacia di un giudicato: questo effetto si produce sia per le pronunce di accoglimento, . sia per quelle di rigetto ). Y. ,~ (1-3) Il giudizio incidentale di legittimit costituzionale. II=~~ Con la perspicua sentenza in rassegna pu dirsi ormai consolidata, sul tema, la giurisprudenza della Suprema Corte regolatrice, che, prendendo le mosse dai concetti svolti nella nota ordinanza 23 giugno 1956 delle Sezioni Unite (Giust. civ., 1956, CXXI) e condividendo l'orientamento esegetico di autorevole dottrina, specie processualistica, ha riconosciuto la stretta interdipendenza funzionale, corrente, de jure condito, fra processo costituzionale e processo incidentato ed ha affermato che il dato funzionale, costante e necessario della pronunzia della Corte sulle questioni di I legittimit costituzionale, sollevate nel corso di un giudizio dinanzi ad una autorit giurisdizionale (art. 23 1. 11 marzo 1953, n. 87), quello di operare nel giudizio a quo " come una decisione giurisdizionale , ossia vincolando il giudice e le parti " con l'efficacia di un giudicato . In tal modo, sembrano definitivamente dissipati quei dubbi e quegli equivoci interpretativi di qualche giudice di merito, che, anche alimentati da suggestive, quanto aprioristiche dottrine, scarsamente aderenti ai dati del diritto positivo, non hanno mancato di dar vita, come dimostra il caso di specie, ad appassionanti dibat titi giudiziari. Vero che in sede dottrinale una nuova, qualificata opinione stata di recente formulata, a contestare la funzione giurisdizionale della Corte. Si affermato, <'OS, che la pronuncia di rigetto della medesima " come tale, nessun effetto dirette> :: , . I r..= :'Ym~1&tRV4f11'mF'WJrwN.KtrW.&rffef tunit processuale, in quanto atto di esercizio di una facolt discre-i zionale del giudice, non sindacabile in Cassazione, neppure in sede di regolamento di cdmpetenza (3). (Omissis). -Devesi, preliminarmente, ordinare l'estromissione dal giudizio deirAmministrazione finanziaria dello Stato, che non parte riel giudizio tra il ricorrente Casassa e Langione Ugo, nel nome, in cui intervenuta la sentenza 20 giugno 1964 del Tribunale di Torino, gravata per regolamento di competenza. Gistanza di regolamento d1 ompetenza non poteva, infatti, essere proposta e notificata che nei confronti delle parti nel cui contraddittorio fu pronunciata la sentenz'a impugnata, uniche legittimate passivamente. , Nel merito il Collegio osserva che non trova applicazione l'art. 33 c.p.c. Secondo tale disposizione le cause contro pi persone, che; : norma degli artt. 18 (foro generale delle persone fisiche) e -19 (foro gene-' raie delle persone giuridiche e delle associazioni non riconosciute), dovrebbero essere proposte davanti a giudici diversi, se sono connesse per l'og- getto o per il titolo, possono essere proposte davanti al giudice del luogo di residenza o domicilio di una di esse, per essere decise nello stesso processo. Secondo tale disposizione, la modificazione iniziale della competenza territoriale pu verificarsi unicamente allorch le domande siano proposte congiuntamente e contemporaneamente ad uno stesso invece, non postulano alcuna variazione di competenza n ; v. anche, in argomento; Cass., 20 settembre 1961, n. 2036, Giust. civ., Mass. Cass., 1961, 894, .mb 2 e 3,' con richiami. Per un aso di applicazione dell'art. 40 c.p.c., in relazione ad un chiamata in garanzia impropria, con conseguente riconoscimento della legittimit della rimessione della causa al giudice preventivamente adito, v. Cass., 12 aprile 1965, n. 647, Giur. it., Mass., 1965,' 228. Sulla continenza di cause v. Cass., 26 luglio 1963, n. 2067, Giust. civ., Mass. Cass., 1963, 977, sub l, con richiami; 22 settembre 1962, n. 2772, Id., Mass. Cass., 1962, 1309, sub l, con richiami; 9 agosto 1961,' n. 1938, Id., Mass. Cass., 1961, 852 e 16 marzo 1961, n. 588, Ibidem, 236, sub l, con richiami anche di dottrina. (3) Cfr. Cass., Sez. Un., 18 febbraio 1963, n. 392, Giur. it., Mass., 1963, 128: la riunione di pi cause possibile non solo nel caso di connessione in . senso proprio, ma anche quando ricorra per motivi di economia processuale una semplice opportunit di decidere contemporaneamente pi controversie. La sussitenza' di una vera e propria connessione necessaria perch si abbia spostamento di competenza da un giudice ad un altro, ai si:msi dell'art. 40 c.p.c., non perch, possa svolgersi un simultaneus prooessus fra due procedimenti gi pendenti innanzi allo stesso giudice. Rientra nella facolt discrezionale . del giudice di merito valutare' l'opportunit o meno di riunire pi cause ai sensi dell'art. 274 c.p.c., adeguandosi al principio dell'economia processuale ". ' ' RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 720 giudice e precisamente al giudice del luogo di residenza o domicilio :~ di una delle parti, non gi nel caso in cui le domande connesse siano proposte bensi allo stesso giudice, ma separatamente ed in momenti diversi. Inoltre, ai fini del cumulo soggettivo, non basta l'interesse nella causa per attribuire la qualit di convenuto e fondarvi uno spostamento di competenza, ma necessario che il convenuto abbia un interesse reale a contraddire la pretesa dell'attore; per cui la competenza per connessione pu essere esclusa dal giudice quando una delle azioni apparisca prima facie artifidosa e preordinata al fine di spostare la competenza territoriale. Nel caso in cui le domande siano proposte separatamente ed in tempi diversi, sia pure allo stesso giudice, non si pone un problema di modificazione della competenza territoriale per ragioni di connessione, ma un problema di riunione di cause connesse pendenti davanti allo stesso giudice, che sia competente per le diverse cause singolarmente considerate (art. 274 c.p.c.). In tale eventualit, la riunione pu essere suggerita da motivi di opportunit, senza peraltro che il giudice sia tenuto a provvedervi, restando il provvedimento affidato alla sua facolt discrezionale, in relazione alla natura delle cause, alla loro interdipendenza pi o meno accentuata, al loro stato di istruzione. Ed ovvio che la pronuncia che ordini, oppure neghi, la riunione di pi cause per ragioni di connessione o di opportunit processuale, appunto perch costituisce una facolt discrezionale del giudice, non sindacabile in Cassazione, neppure in sede di regolamento di competenza. Ma, nel caso in esame, non trova neppure applicazione l'art. 40 c.p.c., che regola non pi la modificazione iniziale, ma la modificazione successiva della competenza territoriale per ragione di connessione. Perch si verifichi questa figura di connessione, atta a spostare la competenza, non solo occorre l'identit dei soggetti (anche soltanto parziale) e di uno degli elementi obiettivi dell'azione, ma indispensabile che le domande connesse, da decidere in un unico processo, siano proposte separatamente a giudici diversi, mentre, nella fattispecie, le domande connesse sono state proposte sia pure separatamente, ma allo stesso giudice. Ora, poich la domanda che il Casassa ha proposto nei confronti del Langione, quale appaltatore delle imposte di consumo di Pinerolo, appartiene alla competenza territoriale del Tribunale di Pinerolo; poich. il Langione, nella qualit, convenuto dinanzi al Tribunale di Torino, ha sollevato, nel primo atto difensivo, l'eccezione di incompetenza per territorio; poich, infine, il Tribunale di Torino ha negato, con provvedimento discrezionale e insindacabile, -la riunione con l'altra causa dal Casassa promossa contro lAmministrazione :finanziaria dello Stato, l'istanza di regolamento di competenza va rigettata, con le conseguenze di legge. -(Omissis). PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 721 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 17 luglio 1965, n. 1591 -Pres. Mastropasqua -E~. Giannattasio -P.M. Criscuoli (conf.) -Cassa per il Mezzogiorno (avv. Stato Foligno) c. Sorvillo (avv. De Cesare) e Impresa l.C.I. Eugenio Grassetto (avv.ti Pastore, Vesci, Turco). Occupazione -Occupazione d'urgenza preordinata alla espropriazione per p.u. -Mancato perfezionamento nel biennio della procedura espropriativa -Inapplicabilit del principio della indennit unica. (1. 25 giugno 1865, n. 2359, artt. 71, comma primo, ult. parte, 73). Procedimento civile -Intervento di terzo ad istanza di parte Ipotesi -Nozione. (c.p.c., art. 106). Nel caso di occupazione d'urgenza preordinata aliespropriazione il presupposto deliindennit unica (di espropriazione con gli interessi legali dalla data di inizio deliocupazione) viene meno, allorch la pronuncia espropriativa non segua nel biennio di validit delioccupazione, in quanto tale omissione dimostra che i anticipata occupazione dell'immobile non fu in realt preordinata alla pronuncia del decreto di espropriazione nel termine di legge, con la conseguenza che non pu giustificarsi il diniego del diritto del privato aliautonoma indennit di occupazione (1). (1) Come gi si avuto occasione di avvertire (in questa Rassegna, 1964, I, 879, nota 7), la Corte di Cassazione, dopo avere affermato che, per le occupazioni preordinate all'espropriazione per l'esecuzione di opere ferroviarie, l'indennit di occupazione consiste negli interessi legali sull'importo dell'indennit di espropriazione, ha esteso tale criterio, come regola, a tutte le occupazioni d'urgenza preordinate all'espropriazione (cfr. Cass., 29 maggio 1964, n. 1352, Giur. it., Mass., 1964, 436), sottolineando, per, ch, tale principio ha da valere solo nel caso che l'espropriazione segua nel biennio di legge (Cass., Sez. Un., 17 maggio 1961, n. 1164, Foro it., 1961, I, 1699, in part. 1703). In caso diverso, l'indennit non pi unica, ma anche quella di occupazione per il biennio legittimo va liquidata con autonomo criterio {Cass., Sez. Un., 17 maggio 1961, n. 1164, sopracitata; v. anche Cass., 19 ottobre 1955, n. 3309, Giust. civ., Mass. Cass., 1955, 1240-1241, sub 3, nonch Sez. Un., 28 maggio 1954, n. 1702, Foro it., Mass., 1954, 346-347, con nota di richiami (sub 1). A questi concetti si adegua la sentenza in ra~~egna, la quale non manca altres di ribadire l'insegnamento che quando un bene sia stato occupato d'urgenza dalla p.a. e sia decorso il biennio previsto dall'art. 73 1. 25 giugno 1865, n. 2359, senza che il Prefetto abbia pronunciato l'espropriazione per pubblica utilit del bene stesso, l'ulteriore detenzione di questo diviene illegittima, con la conseguenza che l'ente occupante, come detentore senza titolo, tenuto a restituire il bene, ovvero a risarcire il danno, qualora la restituzione, per le opere compiute o per altro motivo, non sia pi possibile, e la relativa azione per la restituzione o per il ristoro del danno di competenza dell' A.G.O. perch la contestazione cade sopra un diritto che si pretende leso dall'autorit amministrativa. ~22 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO L'intervento di un terzo nel processo configurabile, ove sia provocato su istanza di parte, in relazione a due ipotesi distinte e cio se la causa venga ritenuta comune al terzo, o se la parte pretenda di essere. garantita dallo stesso. La prima previsione, presupponendo la comunanza delr oggetto e della causa petendi, lascia immutati i limiti deltoriginaria contestazione, in quanto il terzo diventa litisconsorte della parte che ha provocato fintervento; la seconda, al contrario, viene ad ampliare la materia del contendere, nel senso che, correlativamente alla causa petendi del[ originario rapporto processuale, si instaura un rapporto accessorio di garanzia, di cui unici contraddittori sono la parte che ha provocato fintervento del terzo e quest'ultimo {2). Se il decreto di espropnaz10ne intervenga successivamente al decorso del biennio dell'occupazione d'urgenza, l'illegittimit della detenzione del bene da parte della p.a. viene a cessare nel giorno della sopravvenuta espropriazione, che rende legittima, .da tale epoca, lattivit dell'amministrazione. In siffatta ipotesi al proprietario deLbene epropriato spettano: 1) l'indennit per l'occupazione temporanea legittima; 2) l'indennit di espropriazione nella misura stabilita nel relativo decreto, o, in caso di opposiziorie, in quella determinata dagli organi giurisdizionali previsti dalla legge :sulle espropriazioni per p.u.; 3) il risarcimento del danno per il periodo corrente -dalla scadenza del ripetuto biennio alla data di emanazione del decreto di espro_ priazione " (nello stesso senso v. Cass., 13 febbraio 1965, n. 223, in questa Rassegna, ,19~; I, 337, sub 2; 28 luglio 1964,. n, 2142, ld., 1964, I, 733 e seg., sub l, ed ivi nota di ulteriori riferimenti giurisprudenziali. Sull'autonomia dei due istituti, dell'occupazione in via d'urgnza e dell'espropriazione per p.u., v. Cass., 13 febbraio 1965, n. 223, sopra citata, sub l, in questa Rassegna, 1965, I, 337 ed ivi (338) nota di ulteriori riferimenti di giurisprudenza. ]n dottrina, sul problema relativo al risarcimento del danno conseguente a:d occupazione abusiva da parte della p.a. di immobile privato per la costruzione di opera pu~blica, v. SANDULLI R., Sull'occupa::1;ione sine. titulo da parte dell'amministrazione di immobili: privati destinati ad opere pubbliche, Giust. civ., 1961, I, 1266 e segg. (2) Conf. Cass., 23 maggio 1962, n. 1176, Giust. civ., Mass. Cass., 1962, 593 . . Quanto. a:lla prima parte della massima della sentenza in rassegna, non manca, :tuttavia, giurisprudenza della Suprema Corte regolatrice, secondo la quale, ai fini .della: comunanza di causa di cui all'art. 106 .c.p.c., non necessaria l'identit sia dell'oggetto che del titolo, ma sufficiente quella di lJ.nO solo di tali elementi: cfr. Cass., 11 giugno 1957, n. 2169, Giust. civ., Mass. Cass., 1957, 844; 27 marzo 1962, n. 622, Id., Mass. Cass., 1962, 298. Quanto alla seconda parte della massima, _deve." avvertirsi che le o~cillazioni giurisprudenziali sull'applicabilit dell'art. 106 c.p.c, . ai ~casi di garanzia impropria sembrano doversi risolvere per la soluzione affermativa, con la limitazione del rispetto. della competenza. Non manca, infatti, girisprudenza della Corte di Cassazione, secondo la quale l'art. 106 c.p.c. autorizza la phiamata in garanzia del terzo dinanzi allo stesso giudice, competente per l'azione principale e. per quella di regresso, qualunque sia il rapporto di garanzia, propria o .impropria dedotto a sostegno della seconda azione: cfr. Cass., 28 novembre 1953, n..3619,. Giust. civ,, 1953, 3384, con richiami; 13 febbraio 1961, n. 316, Id., Mass. Cas&., 1961, 123. Slle nozioni di garanzia propria . ed impropria v. Cass., 5 febbraio. 1957, n. 442, Giust. civ., 1957, 825 e segg.: nella garanzia propria, i. cui casi sono determinati da:l diritto sostanziale, il garante impegnato all'adempimento della stessa obbligazione del garantito, in quanto tale obbligo gli deriva dalla PARTE I, SEZ. ID, GIURISPRUDENZA CIVJLE 723 trasmissione di un diritto o da un vincolo di coobbligazione, che d luogo, fra coloro che vi sono soggetti, a ragioni di rivalsa, pa~ziale o totale, dopo aver soddisfatto il creditore comune, sicch il petitum del chiamante, nei riguardi del terzo, si identifica con quello dell'attore principale contro i.I garantito e . la inadempienza unica, donde la connessione obiettiva e diretta del titolo (v. anche App. Firenze, 2 settembre 1963, Foro it., Rep., 1964, voce Garanzia, col. 1111, n. 2). :!;:, comunque, da sottolineare che la Suprema Corte regolatrice ammette che la parte convenuta possa chiamare nel giudizio taluno, non solo al fine di. essere indennizzata delle conseguenze della lite (e nella garanzia impropria si ha, appunto, secondo la giurisprudenza, una chiamata del terzo per riversare sul medesimo le conseguenze della lite principale: cfr. CosTA, L'intervento in causa, Torino, 1953, 228), ma anche a quello della propria liberazione, per l'individuazione di altro unico responsabile. In tale caso si ritiene vi sia, pi propriamente, comunione di cause (v. sul punto anche Trib. Piacenza, 10 gennaio 1963, Foro it., Rep., 1963, voce Intervento in causa, c. 1422, nn. 18-21) e si insegna dalla Cassazione che non necessario che lattore estenda la domanda .contro il terzo, poich la chiamata del medesimo tende appunto a supplire al difetto della chiamata da parte dell'attore mediante la citazione in giudizio e dal momento in cui il terzo ha accettato il contraddittorio e preso conclusioni di merito egli diventa parte in causa e il giudice, provvedendo sulla domanda attrice, pu dichiararlo responsabile o assolverlo al pari del primo convenuto : Cass., 3 luglio 1959, n. 2114, in Giur. it., i960,, I, 1, 427 e segg., con nota del COSTA e in Riv. dir, proc., 1960, 478 e segg., on not~ del CA.RNELUTTI; 21 marzo 1962, n. 577, Giust. civ., Mass. Cass., 1962, 276. Altra volta, la Corte di Cassazione ammette che, nell'ipotesi di garanzia impropria, pu nascere nel corso del giudizio stretta connessione tra le cause,. quando il convenuto principale abbia citato in giudizio il terzo non solo ai fini di un'eventuale rivalsa, in caso di sua soccombenza, ma per le necessit di trattazione della causa e della sua stessa difesa, essendo unicamente al terzo .imputato l'illecito che genera l'inadempienza di entrambi : cos Cass., 5 febbraio 1957, n. 442, Giust. civ., 1957, ;r, 828 (in motivazione); v. anche Cass., 28 luglio 1960, n., 221(), Id., Mass.. Cass., 1960, 825. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 20 luglio 1965, n. 1653, -Pres. Fibbi -Est. Perrone-Capano -P.M. Pedote {conf.) -Ministero LL.PP. (avv: Stato Tracanna) c. Fabbri (avv. Dallari). Responsabilit civile -Condanna al risarcimento dei danni definitivamente liquidati Preclusione di altre azioni risarcitorie per il medesimo fatto illecito. (e.e., artt. 1218, 1223, 2043, 2056, 2909; c.p.c., artt. 279; n. 3, 324). La condanna al risarcimento dei danni definitivamente liquidati saurisce ed assorbe tutte le possibili ragioni o pretese del danneggiato, s da precludere altre azioni risarcitorie per il medesimo fatt illecito (1). (1) Infatti (cfr. artt. 1223 e 2056 e.e.), in relazione alle valutazioni dell'entit del danno da fatto illecito, l'id quod interest deve tener conto di qualsiasi pregiudizio economico causato dal fatto del terzo (Cass., 13 aprile 1964, n. 858, Ciur. it., Mass., 1964, 272, sub 2; in dottrina v. GRAZIANI, Appunti sul lucro ces 724 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sante, Studi di diritto civile e commerciale, Napoli, 1953, 298), cosicch " quando si tratti di danni che si proiettano nel futuro, come nell'ipotesi di danni per lucro cessante, i quali per la loro stessa natura non possono essere determinati nel loro ammontare con assoluta precisione, legittima la liquidazione con criterio equitativo (Cass., 23 luglio 1964, n. 1986, Giur. it., Mass., 1964, 648; per la necessit di adottare, in caso di condanna al pagamento di una somma capitale una tantum a titolo di risarcimento di danni futuri, un opportuno correttivo " atto ad evitare che si verifichi un'ingiusta locupletazione in favore del danneggiato, nella misura corrispondente alla maggiore utilit che gli deriva dal fatto che gli stato messo a disposizione anticipatamente il capitale liquidato >>, v. Cass., 13 luglio 1964, n. 1873, Giur. it., Mass., 1964, 612; v. anche Cass., 30 novembre 1963, n. 3069, in questa Rassegna, 1964, I, 102-108, sub 5 ed ivi nota di richiami). Peraltro, noto che il giudicato, in linea di principio, " oltre ad operare sul piano processuale, mediante il vincolo imposto al giudice in ogni processo futuro, influisce sulla preesistente situazione di diritto sostanziale, impedendo che questa possa ottenere un diverso regolamento giudiziale (Cass., 5 maggio 1965, n. 810, Giur. it., Mass., 1965, 290-291, sub c; v. anche LIEBMAN, Corso di diritto processuale civile, Milano, 1952, 239: " la cosa giudicata deve valere indiscutibilmente come manifestazione ultima e definitiva della disciplina giuridica del rapporto deciso ). La Corte di Cassazione ha, comunque, precisato che: il principio che l'azione ed il giudizio di risarcimento del danno debbono, in linea generale, essere unitari, nel senso che in unico giudizio debbono essere fatti valere non soltanto i danni attuali, ma altres i danni futuri, dev'essere delimitato, nel senso che, affinch sia imposta l'unicit del giudizio, occorre -oltre alla sussistenza attuale delle cause del danno futuro -altres che quest'ultimo danno si presenti con carattere di certezza, quanto all'an ed anche gi concretamente valutabile, sia pure in via di ragionevole approssimazione, per ci che riguarda il quantum. Se non sussistono tali condizioni, il giudizio originario non pu comprendere anche i danni futuri e, correlativamente, la perdita dell'azione, sia pure a seguito del compimento del periodo prescrizionale, quanto ai danni attuali, non pu travolgere la possibilit~ di successiva azione quanto ai danni futuri" (Cass., 27 febbraio 1962, n. 363, Giur. it., Mass., 1962, 123); e che: in materia di responsabilit aquiliana domina il principio della risarcibilit di tutti i danni, in qualsiasi momento verificatisi, sempre che possano ricollegarsi con rigoroso nesso di causalit all'evento lesivo posto in essere dall'obbligato al risarcimento. Pertanto, non pu opporsi ad una seconda domanda di liquidazione, concernente un danno aggravatosi o manifestatosi dopo la definizione di un primo giudizio, l'eccezione della cosa giudicata. Avendo il secondo giudizio per oggetto un petitum diverso da quello del primo, nel corso del quale mancarono in tutto o in parte gli elementi obiettivi per la liquidazione dei danni futuri, non ancora manifestatisi in guisa da potersi ritenere effetto inevitabile di una causa efficiente allora in atto, o verificatisi in misura minore, non pu ritenersi che il precedente giudicato abbia compreso quei danni. Pertanto, pu darsi ingresso ad una ulteriore domanda di liquidazione, sempre che il nuovo danno sia ricollegabile, con nesso di causa ad effetto, all'evento dannoso, su cui si fondava la prima pretesa risarcitoria (Cass., 21 luglio 1962, n. 1999, Giur. it., Mass., 1962, 719). Si osservato in sede dottrinale che ogni giudicato ha una efficacia limitata alla clausola implicita rebus sic stantibus, come ormai viene pacificamente ammesso, sia;,_ pure con alcune riserve, specialmente in ordine alla pratica portata di tale limite, che qui non il caso di ricordare. Ogni sentenza, in altri termini, fa stato tra le parti nei confronti delle quali stata pronunciata, fino a quando la situazione esterna non muta, determinando fattori nuovi {si badi, non nuove prove di fattori gi delibati dalla sentenza), decisivi in ordine ai rapporti giuridici delle parti, che gi hanno originato la controversia. Cos, ad esempio, quando il locatore, ' .< :-: "' PARTE I, SEZ. ID, GIURISPRUDE;NZA CIVILE 725 :soccombente nella causa di rilascio per necessit personale, ripresenta, in una successiva causa, il fatto nuovo del matrimonio del figlio, l'efficacia del precedente giudicato in ordine alla inesistenza del diritto al rilascio del locatore cade e la proponibilit della nuova domanda indiscussa. Cos il debitore che diventi creditore per un rapporto nuovo, sorto dopo il giudicato sostanziale sulla sua condanna, pu in sede di esecuzione invocare la compensazione. Questo limite del giudicato , a sua volta, coordinato logicamente e funzionalmente col principio, per cui il giudicato stesso copre il dedotto e il deducibile (cos PAIARDI, Riflessioni sulla .efficacia della sentenza pronunciata allo stato degli atti, Riv. dir. proc., 1958, 125, il quale sottolinea la fondamentale differenza fra la nozione di sentenza allo stato delle cose ,, e sentenze " allo stato degli atti (processuali) , rispetto alle quali ultime la giurisprudenza della Corte di Cassazione consolidata, nel senso che siffatte decisioni, le quali si fondano sulla constatata mancanza o insufficienza della prova dei fatti costitutivi della domanda o dell'eccezione, hanno da valere tipicamente come sentenze di rigetto dell'una o dell'altra e, quindi, sono suscettibili di passare in cosa giudicata (cfr. Cass., 13 dicembre 1958, n. 3898, Giust. civ., Mass. Cass., 1958, 1406, sub 3, con richiami). In dottrina si veda: PAIARDI, Riflessioni .ecc., cit., Zoo. cit., 123 e segg. e, meno di recente, SATIA, Sentenze allo stato degli atti, Riv. dir. comm., 1934; II, 325 e segg. Infine, quanto al rapporto fra giudicato penale e giudizio civile di liquidazione del danno, v' Trib. Napoli, 2 agosto 1965, Marchitiello c. FF.SS., in questa Rassegna, 1965, I, 732. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 22 luglio 1965, n. 1715 -Pres. Vistoso -Est. Onnis -P.M. Gentile (conf.) -Ministero dei Lavori Pubblici (avv. Stato Azzariti Giorgio) c. Tarantino (avv. Sangiorgi). Cassazione -Ricorso -Esposizione sommaria dei fatti -Trascrizione della parte espositiva della sentenza impugnata o di altra sentenza pronunciata nella controversia a cui il ricorso si riferisce -Sussistenza del requisito. (c.p.c., art. 366, n. 3). Occupazione -Occupazione d'urgenza d'immobile per l'esecuzione di opera pubblica -Mancato perfezionamento alla scadenza del biennio della procedura espropriativa -Impossibilit della restituzione dell'immobile -Diritto del proprietario al risarcimento del danno -Criteri di liquidazione del risarcimento in quanto sostitutivo della restituzione del bene -Inapplicabilit dell'art. 42 I. 25 giugno 1865, n. 2359. (l. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 73; e.e., artt. 2043, 2056). Sentenza -Dovere del giudice di merito di motivare il proprio convincimento -Portata. (c.p.c., art. 132, n. 4, arg. ex art. 360, n. 5). Occupazione -Occupazione d'urgenza d'immobile per l'esecuzione di opera pubblica -Protrazione ultrabiennale senza titolo dell'occupazione -Diritto del proprietario di essere indenniz 10 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 726 zato non solo della perdita del bene, ma anche della mancata utilizzazione del medesimo dalla data dell'occupazione al soddisfo -Valutazione di tale ulteriore indennizzo -Indennizzabilit del danno in re ipsa subto dal proprietario per talemancata utilizzazione, mediante corresponsione degli interessi legali sulla somma liquidata a titolo di risarcimento per la perdita del bene -Risarcibilit del maggior pregiudizio cheil proprietario dimostri di aver subto per effetto della indisponibilit del bene -Sussiste. (I. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 73; e.e., artt. 2043, 2056). Il disposto dell'art. 366, n. 3, c.p.c., a mente del quale il ricorso per cassazione deve contenere, a pena ainammissibilit, r esposizione sommaria dei fatti di causa, pu ritenersi adempiuto, quando nel ricorso stesso sia stata trascritta la parte espositiva della sentenza impugnata o di altra sentenza pronunciata anch'essa nella controversia a cui il ricorso si riferisce (1). L'art. 42 l. 25 giugno 1865, n. 2359, secondo il quale non pu tenersf conto, nel calcolare rindennit di espropriazione, delr aumento di valore che all'immobile espropriato derivi dalr esecuzione delr opera pubblica, presuppone che l procedura, pur iniziata con r occupazione anticipata delrimmobile in via aurgenza, abbia trovato il suo normale momento conclusivo con l'emanazione del decreto di espropriazione, epper non applicabile ai fini della liquidazione del risarcimento del danno dovuto al proprietario, in caso di protrazione ultrabiennale delr oocupazione {1) Cfr. Cass., 17 luglio 1954, n. 2540, Foro it., Mass., 1954, 514. Ci perch -in correlazione col disposto dell'art. 379 c.p.c., secondo cui all'udienza di discussione il relatore riferisce i fatti rilevanti per la decisione del ricorso - neces- sario che l'esposizione, sia pur sommaria dei fatti; sia contenuta nel ricorso, onde il precetto di legge in tanto pu ritenersi assolto in quanto nel ricorso stesso e non gi. per relationem si rinvengano gli elementi indispensabili per una precisa cognizionedei fatti di causa: cfr. Cass., 28 ottobre 1959, n. 3131, Foro it., Mass., 1959, 588, con nota di riferimenti (sub 9). Non sarebbe, pertanto, sufficiente il riferimento alla parte espositiva delle sentenze pronunziate nel corso del giudizio, se non trascrittenel ricorso: cfr. Cass., 27 novembre 1957, n. 4498, Giust. civ., Mass. Cass., 1957, 1712, sub 2, con richiami. Peraltro, il ricorso ammissibile, se il fatto pu essere desunto dallo svolgimento dei motivi contenuto nel ricorso: Cass., 30 giugno 1956,. n. 2409, Giust. civ., Mass. Cass., 1956, 813, con nota (sub 1) di richiami. Per l'analoga soluzione, secondo cui l'esposizione sommaria dei fatti, prescritta per il controrieorso dall'art. 370 c.p.c. col rinvio all'art. 366 stesso codice, pu ritenersi adempiuta allorch sia dato rinvenire nel controricorso, attraverso gli argomenti addotti a confutazione del ricorso, gli elementi indispensabili per una precisa cognizione dei fatti di causa, senza necessit di attingere ad altre fonti, v. Cass., 11 dicembre 1964,.. n. 2862, in questa Rassegna, 1964, I, 1106, sub 1. PARTE I, SEZ. llI, GIURISPRUDENZA CIVll..E 727 senza remissione della pronuncia espropriativa, per la perdita del bene, trasformato in sede stabile dell'opera pubblica. Tale liquidazione non deve tenere conto esclusivamente delle condizioni della zona al momento dell'occupazione, ma-anche delle migliori condizioni della medesima al momento della pronuncia del giudice, e ci in quanto il risarcimento il sostitutivo della restituzione del bene, onde deve equivalere al bene stesso, nel momento in cui viene pagato, che si presume immediatamente successivo alla sentenza di condanna (2). Per dare ragione del proprio convincimento il giudice di merito non tenuto a compiere unanalisi particolareggiata di tutte le deduzioni e ragioni delle parti, delle quali devono considerarsi implicitamente respinte quelle non espressamente esaminate, o logicamente incompatibili con la decisione (3). (2) Ma, quanto alla prima parte della massima, il caso di ricordare che, altt~ volta, proprio la Suprema Corte regolatrice -trattandosi di stabilire se nella liquidazione del risarcimento del danno, sostitutivo della mancata restituzione dell'immobile, dovesse tenersi conto o meno del vincolo costituito dalla destinazione prevista nel piano di ricostruzione, dopo avere avvertito che la legge regolatrice dei piani di ricostruzione richiama l'art. 39 della legge 25 giugno 1865, n. 2359, che, interpretato in coordinazione col successivo art. 42, sancisce il principio, per cui l'indennit di espropriazione deve essere sottratta ad ogni indebito arricchimento e ad ogni ingiusto sacrificio del soggetto espropriato -non ha esitato ad adottare in linea di massim la soluzione negativa, affermando che i principi di cui sopra, vigenti in tema di regolare procedimento di espropriazione, a maggior ragione devono essere applicati, come gi notato altra volta da questa stessa Sezione (sent. n. 206 del 1963), quando, come nella specie in esame, si verta in tema di illegittima occupazione del bene (sine titulo) da parte della pubblica amministrazione: Cass., 14 dicembre 1963, n. 3166, in questa Rassegna, 1964, I, 113-114 (sub 2). Quanto alla seconda parte della massima, v., in senso conforme, Cass., Sez. Un., 7 dicembre 1964, n. 2858, Giur. it., Mass., 1964, 958-959 (sub 2); Cass., 20 gennaio 1964, n. 107, in questa Rassegna, 1964, I, 320-321, con nota di riferimenti; 14 dicembre 1963, n. 3166, cit., ibidem, 113-114 (sub 1), ed ivi nota di ulteriori riferimenti, fra cui Cass., 10 ottobre 1962, n. 2919, Giur. it., Mass., 1962, 984, ove si avverte che il risareimento sostitutivo della mancata restituzione dell'immobile (oltre all'indennizzo per il mancato godimento) "soddisfa ed esaurisce tutti 'i diritti spettanti a tal titolo al proprietario, al quale, pertanto, non compete alcun altro compenso per il successivo trasferimento del diritto di propriet " . -(3) -Cfr. Cass., 10 giugno 1960, n. 1549, Giust. civ., Mass. Cass., 1960, 577-578, sub 4, con richiami. V. anche Cass., 5 febbraio 1958, n. 332, Id., Mass. Cass., 1958, _ 114 (sub 3). Omessa motivazione ricorre, invece, quando il giudice abbia trascurato di considerare un punto decisivo: Cass., 15 marzo 1957, n. 878, Id., Mass. Cass., 1957, 350 (sub 1), con richiami di -dottrina e giurisprudenza. Sulla nozione di punto decisivo come circostanza obiettiva acquisita alla causa e idonea a determin~re una decisione diversa da quella adottata " v. Cass., i'6 febbraio 1965, n. 250, in -questa Rassegna, 1965, I, 339-344 (sub 11) ed ivi nota di riferimenti. Sulla nozione -di insufficienza di motivazione, che, in contrapposto all'omissione di motivazione, ricorrerebbe quando il giudice, pur non obliterando il punto de()isivo, RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 728 In caso di protrazione ultrabiennale senza titolo dell'occupazione di immobile, effettivamente adibito a sede stabile di opera pubblica, la corresponsione degli interessi legali (dalla data delr occupazione a quella del pagamento) sulla somma liquidata al proprietario a titolo di risarcimento per la perdita del bene vale di regola ad indennizzarlo per la mancata utilizzazione del bene medesimo dalla data della sua occupazione ed sempre dovuta, indipendentemente dalla prova del . pregiudizio sofferto, il quale da ritenersi in re ipsa, poich qualunque bene fonte per il suo proprietario di utilit svariatissime, che sarebbe impossibile anche solo tentare di enumerare o semplicemente descrivere. Tale prova necessaria soltanto per conseguire, com' possibile, un risarcimenfo in misura maggiore per il danno effettivamente subito in dipendenza dell'indisponibilit del bene dalla data dell'occupazione a quella del pagamento del controvalore del bene medesimo (4). {Omissis). -~ preliminare l'esame della eccezione sollevata dai resistenti relativa alla inammissibilit del ricorso perch non conter I rebbe la esposizione dei fatti della causa. J.,'eccezione manifestamente infondata. Secondo l'insegnamento di questa Corte Suprema, il disposto del I l'art. 366 n. 3 c.p.c., per cui il ricorso per cassazione deve contenere, . sotto pena di inammissibilit, la esposizione sommaria dei fatti della . causa, pu considerarsi adempiuto quando nel ricorso stesso sia stata ~~ I trascritta la parte espositiva della sentenza impugnata o di altra sentenza pronunciata anch'essa nella controversia cui il ricorso si riferisce (sent. 17 luglio 1954, n. 2540). ' I Nella specie, i motjvi di ricorso redatti a stampa seguono alla copia d integrale della sentenza impugnata; il che soddisfa nel migliore dei l modi l'esigenza dell'articolo citato. , Nel merito, la ricorrente Amministrazione, con il primo motivo , ' deduce,, in rapporto all'art. 360 n. 3 c.p.c., violazione e. falsa applicazione degli artt. 2043, 2056, 1223, 936 e 2041 e.e.; 42 della legge n. 2359 . del 1865 e sostiene che la Corre di merito, ai fni della determinazione I del valore del fondo occupato e trasformato dalla p.a., avrebbe dovuto si sia limitato ad una affermazione apodittica, senza alcuna valutazione degli elementi probatori, posti a base della decisione in ordine al punto ritenuto decisivo, v. Cass., 15 marzo 1957, n. 878, cit., loc. cit. (4) Sulla prima parte della massima v., in senso conforme, Cass., Sez. Un., 1 giugno 1964, n. 1356, in questa Rassegna, 1964, I, 721-722 (sub 1) ed ivi nota di riferimenti. Sulla seconda parte della massima v., in senso conforme, Cass., 18 giugno 1964, n. 1569, Giust. civ., Mass. Cass., 1964, 715; 21 aprile 1964, n. 945, Id., Mass. Cass., 1964, 425 (sub 1). PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 729 riferirsi al valore che esso aveva al momento della occupazione nelle condizioni in cui a quel tempo si trovava, e quindi, come se ,l'opera pubblica non fosse stata eseguita; ci in aderenza al principio enunciato dell'art. 42 della legge n. 2359 del 1865, che vieta di tenere conto nella determinazione della indennit di espropriazione dell'aumento di valore derivato al fondo dalla esecuzione dell'opera pubblica, principio che, costituendo espressione della norma generale, che vieta larricchimento senza causa, sarebbe applicabile nei casi di legittima espropriazione, come in quelli di occupazione illegittima. Il motivo infondato. La Corte di merito, nello stabilire il valore dell'immobile con riguardo alle mod:ifcazioni subite dalla zona circostante e nel ritenere non riferibili alle occupazioni illegittime gli artt. 42 della legge sulla espropriazione per p.u. e 38 della legge urbanistica, ha fatto puntuale applicazione dei principi in materia ripetutamente affermati da questa Suprema Corte con giurisprudenza costante, alla stregua dei quali -'occorre ancora ripetere -qualora alla occupazione provvisoria dell'immobile non segua, entro il biennio di cui ali' art. 73 della legge 25 giugno 1865, n. 2359, lespropriazione di esso, il proprietario, il quale non possa ottenere la restituzione, per essere stata eseguita l'opera pubblica, ha diritto al risarcimento del danno, il quale deve essere liquidato con riferimento allo stato di fatto in cui si trovava il fondo al momento della occupazione, senza, cio, tenere conto degli incrementi successivamente apportativi dalla p.a. Tuttavia, non delle condizioni della zona al momento della occupazione si deve tenere conto, ma delle migliorate condizioni della medesima al momento della liquidazione. Ci in quanto il risarcimento il sostitutivo della restituzione del bene e, quindi, deve equivalere al bene stesso, al momento in cui viene pagato, che si presume immediatamente successivo alla sentenza di condanna. L'art. 42 della legge sulla espropriazione per p.u., per il quale non pu tenersi conto nel calcolare l'indennit delraumento di valore che all'immobile espropriato deriva dall'esecuzione dell'opera pubblica, presupponendo che la procedura iniziatasi con la occupazione d'urgenza: abbia trovato il suo normale momento conclusivo con lemanazione del decreto di espropriazione, non applicabile ai fini della liquidazione dei danni conseguenti ad occupazione provvisoria divenuta illegittima p1:3r non essere sopravvenuto nel termine di legge il decreto di espropriazione (cfr. Sez. Un., 17 dicembre 1964, n. 2858; Cass., 18 dice.i~ bre 1964, n. 2879; 20 gennaio 1964, n. 107; 14 dicembre 1963, n. 3166; 24 novembre 1962, n. 3184; 23 maggio 1962, n. 1189; 16 maggio 1962, n. 1105; 14 maggio 1962, n. 1002; 14 dicembre 1960, n. 3249; 22 lu7 glio 1960, n. 2087). 730 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Le argomentazioni, che la ricorrente, per infirmare la esattezza della decisione impugnata, pretende di ricavare dalfart. 936 e.e., non sono pertinenti al giudicato della Corte di merito, la quale, nella determinazione del valore del bene, ha bens tenuto conto, in aderenza alfinsegnamento sopra riportato di questo Collegio Supremo, delle mutate condizioni ambientali in cui esso in atto si trova.va, ma non degli incrementi apportati al bene stesso dalla p.a., come si vuole dalla difesa della ricorrente per giustificare il richiamo ali' art. 936 e.e. Del pari, per sostenere lapplicabilit anche nella specie dell'art. 42 della legge sulla espropriazione, non affatto pertinente -la citazione della sentenza di questa Corte Suprema 14 dicembre 1960, n. 3249, perch proprio questa sentenza, che con la prima massima afferma il principio della non applicabilit del detto art. 42, ai fini della liquidazione dei danni conseguenti ad occupazione provvisoria, divenuta illegittima per non essere sopravvenuto nel termine di legge il decreto di espropriazione. Infondato si presenta anche il secondo motivo con il quale la ricorrente Amministrazione, in rapporto all'art. 360, n. 3 e 5, c.p.c., denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 2043, 2056, 1223 e.e., nonch omessa e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, lamenta che la Corte di merito sulla somma liquidata a titolo di risarcimento abbia fatto decorrere gli interessi legali dalla data della occupazione senza darne adeguata motivazione, ma limitandosi ad invocare la costante giurisprudenza del Collegio Supremo. Il lamentato difetto di motivazione non sussiste, avendo la Corte di merito riportato, a sostegno della propria decisione, una massima consolidata di questa Corte Suprema. Con ci lobbligo della motivazione deve considerarsi pienamente adempii.tto, essendo giurisprudenza costante che il giudice di merito, per dare ragione del proprio convincimento, non tenuto a compiere una analisi particolareggiata di tutte le deduzioni e ragioni delle parti delle quali devono considerarsi implicitamente respinte quelle non espressamente esaminate o logicamente incompatibili con la decisione (sen. 10 giugno 1960, n. 1549). La quale non suscettibile di alcuna censura perch anche sul punto' questa Corte Suprema ha, con ripetuti e costanti pronunciati, affermato il principio che in tema di occupazione illegittima -protrattasi oltre il biennio -di terreno da parte della p.a., se findennizzo pari al valore venale del bene risarcisce il proprietario del danno per la perdita del bene stesso, resta, tuttavia, da risarcire la perdita per la mancata utilizzazione del bene dalla data della occupazione al momento del pagamento del detto indennizzo. E tale mancata utilizzazione viene di regola valutata pari alfinteresse sulla somma liquidata a titolo di I l I I , I ' ~ I ~ .' PARTE I, SEZ. III, GIUlUSPRUDENZA CIVILE indenizzo dalla data di occupazione a quella di pagamento (Sez. Un., 1 giugno 1964, n. 1356; Cass., 21 aprile 1964, n. 945; 18 giugno 1964, n. 1569; 12 giugno 1960, n. 1590; 23 agosto 1962, n. 2641; 16 maggio 1962, n. 1105; 14 maggio 1962, n. 1002). Vero che questa Corte Suprema na completato il detto principio, :stabilendo che il criterio della corresponsione degli interessi legali non ~sclude il risarcimento di un maggiore pregiudizio che il proprietario dimostri di avere subito in dipendenza della indisponibilit del bene stesso nel predetto periodo {Cass., 18 giugno 1964, n. 1569; 21 aprile 1964, n. 945). Per altro, ci non autorizza il ragionamento inverso della difesa ,della ricorrente che non siano dovuti neanche gli interessi ove risulti che la mancata disponibilit del bene non ha arrecato al privato verun pregiudizio. Invero, essendo il pregiudizio in re ipsa, perch qualunque bene fonte per il suo proprietario di utilit svariatissime, che sarebbe impossibile anche tentare di enumerare o semplicemente descrivere, l'ipotesi prospettata dalla ricorrente non ammissibile. Gli interessi sono sempre dovuti indipendentemente dalla prova -del pregiudizio sofferto, che , invece, necessaria soltanto nel caso in .cui si pretende un risarcimento in misura maggiore. Infondato, infine, anche il terzo motivo con il quale la ricorrente, .deducendo, in rapporto all'art. 360 n. 3 c.p.c. violazione e falsa applicazione degli artt. 2043 e.e., 72 e 73 della legge . sulle espropriazioni 25 giugno 1965, n. 2359, lamenta che la Corte di merito, nel liqui.- Oare il danno, non abbia considerato che la illegittimit della occupazione decorreva dalla fine del biennio e non dall'inizio dell'occupa: zione stessa. Invero, se tale distinzione ha rilevanza, ove alla occupazione abu: siva oltre il biennio sopravvenga la espropriazione, onde, in tal caso, al proprietario del bene spettano l'indennit per occupazione temporanea legittima, l'indennit di espropriazione ed il risarcimento del danno per il periodo relativo alla occupazione illegittima ed a tale ipotesi si rife: riscono le decisioni citate, la distinzione stessa senza esito nel caso .che il risarcimento del danno costituisca l'equivalente del bene, che lAmministrazione, non avendo completato la procedura di esproprio, sarebbe stata-in obbligo di restituire al privato, ove non fosse stato occupato e trasformato dall'opera pubblica. In tal caso, come stato ampiamente detto, il risarcimento commisurato al valore venale del bene. Per le considerazioni su esposte, il ricorso deve essere rigettato. (Omissis). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO TRIBUNALE DI NAPOLI, Sez. I, 2 agosto 1965 -Pres. Capozzi Est. Capasso -Marchitiello (avv.ti Zito, Marino) c. Amministra zione FF. SS. (avv. Stato Carusi). Giudizio civile e penale -Lesioni personali -Sentenza penale irrevocabile di condanna -Giudizio civile di liquidazione del danno -Preclusione nascente dal giudicato penale sulla sussistenza del fatto -Portata. (c.p.p., art. 27). Per danni posteriori alla sentenza penale irrevocabile di condanna,. dei quali il giudice civile pu conoscere senza violare il giudicato, devono intendersi solo quelli sopravvenuti e diversi e non gi, nel caso di lesioni personali, i postumi gi esistenti alla data della pronunzia del giudice penale e da questi non riconosciuti (1). I ' {Omissis). -Nel merito va osservato che il diritto della istante ili al risarcimento del danno cagionatole dal fatto reato, oggetto della sentenza penale di condanna {ora giudicato) del pretore di Nocera Inferiore del 20 gennaio 1958, si fonda sul disposto dell'art. 27 del codice di rito penale. Detta norma, come noto, attuando il principio dell'unit della giurisdizione, attribuisce alla sentenza penale irrevocabile di condanna il valore di giudicato nel giudizio civile per le restituzioni ed il risarci mento del danno quanto alla sussistenza del fatto . Ora, nella nozione di fatto devono ritenersi compresi tutti gli ele menti materiali costitutivi del reato, nella sua entit concreta, che il giudice penale deve necessariamente tenere presenti ai fini del giudizio di responsabilit e dell'applicazione della pena. Da tale principio, ormai pacifico in dottrina e giurisprudenza, si trae che nessun vincolo posto al giudice civile per raccertamento dei danni che non si concretano nell'evento lesivo del reato; laddove, quanto ai danni che si sostanziano nella lesione del bene penalmente tutelato, la sentenza irrevocabile di (1) Cfr. Cass., 4 maggio 1954, n. 1377, Giust. civ., 1954, 1034: La sentenza penale irrevocabile di condanna, a norma dell'art. 27 c.p.p., ha autorit di cosa giudicata anche in ordine alle conseguenze dannose derivanti dal reato e, quindi, nel successivo giudizio civile di liquidazione del danno, non pu discutersi circa la maggiore gravit o minore entit delle lesioni personali accertate in sede penale, salvo che si tratti di conseguenza dannosa verificatasi dopo la sentenza penale ; v. anche Cass., 11 dicembre 1957, .n. 4655, Giust. civ., Mass. Cass., 1957 ~ 1764. Sulla portata della condanna al risarcimento del danno definitivamente liquidato v., poi, Cass., 20 luglio 1965, n. 1653, in questa Rassegna, 1965, I, 723 ed ivi nota di riferimenti di dottrina e giuriprudenza. PARTE I, SEZ. ID, GIURISPRUDENZA CIVILE 733 condanna ha autorit di cosa giudicata in ordine alla sussistenza del fatto in tutti i suoi particolari elementi costitutivi accertati e ritenuti nel giudizio penale. Cos, in tema di lesioni, se in una sentenza penale irrevocabile di condanna sia rimasto accertato che esse abbiano prodotto una malattia per un certo tempo, anche questa durata rientra nel fatto accertato e nella cosa giudicata, e non pu essere ulteriormente valutata nel giudizio civile di liquidazione del danno. Il testo legislativo (art. 27 c.p.c.) consente soltanto l'accertamento dei nuovi effetti dannosi verificatisi dopo la sentenza penale, oltre quelli dal giudice penale vagliati e tenuti presenti. E la questione, se per danni posteriori alla sentenza, dei quali il giudice civile pu conoscere senza violare il giudicato, debbasi intendere solo quelli sopravvenuti e diversi o anche le conseguenze della medesima causa verificatesi posteriormente al giudizio penale, deve risolversi nel senso che l'accertamento civile pu avere ad oggetto solo i primi e non anche le seconde. Invero, secondo il chiaro disposto della norma, gli ulteriori effetti dannosi devono essersi verificati successivamente alla sentenza penale, cio devono essere insorti in tempo successivo, perch, se si tratta di postumi, gi esistenti alla data della pronunzia di tale sentenza, ma non riconosciuti dal giudice penale, un ulteriore accertamento non pu essere esperito dal giudice civile senza che si verifichi violazione del giudicato (Cass., 11 dicembre 1957, n. 4655; 23 novembre 1954, n. 4299). La continuazione di un processo morboso, gi ritenuto chiuso dal giudice penale, non rientra, dunque, nella nozione di nuove conseguenze, perch non di danno nuovo si tratta, bens della medesima situazione lesiva, non suscettibile, come tale, di diversa valutazione da parte del giudice civile. Ora, nel caso di specie, la istante, oltre al risarcimento dei danni derivatile dal fatto lesivo oggetto del giudicato penale, ha chiesto anche l'attribuzione di quelli successivi al giudicato medesimo, adducendo {vedi atto di citazione) " la permanenza delle sofferenze, purtroppo immutate, nonostante gli anni decorsi e le continue e dispendiose cure cui si assoggettata ; ma, con ci, ad evidenza pone, come fatto generatore degli ulteriori pretesi danni, la protrazione di quegli stessi postumi, che, invece, vennero categoricamente esclusi dal giudice penale. Con la. sentenza del 20 gennaio 1958 (vedi copia in prod. delle parti) fu, infatti, ritenuto che la Marchitiello guar dalle lesioni riportate in giorni quaranta senza postumi, osservandosi, nella parte motiva, che il tentativo di accollare all'imputato le conseguenze di una sinupatia frontale cronica, da cui essa era affetta da vecchia data, era stato fru 734 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO strato dalle chiare affermazioni contenute nella perizia d'ufficio, redatta dallo specialista in malattie nervose dott. Gangero. Nessun dubbio, quindi, che l'ccertamento di quei postumi, gi esclusi dal giudice penale, non possa aver luogo in questa sede. E, che si tratti delle stesse conseguenze, di cui si pretendeva il riconoscimento con la sentenza penale, alla quale sarebbero preesistite, risulta dalla documentazione sanitaria esibita, comprovante che la Marchitiello, sia precedentemente che dopo il giudicato, e senza soluzione di continuit, adott le medesime cure per i postumi che pretendeva e pretende esserle derivati dalle riportate lesioni (vedi cert. in data 29 settembre 1959 e 5 novembre 1959 dei dottori Goffredo e Giuseppe Torre; ricette mediche relative agli anni dal 1955 al 1959, in prod. attr.). Deve, pertanto, respingersi la richiesta di consulenza tecnica perch l'eventuale riconoscimento di postumi sarebbe irrilevante ai fini della attribuzione di risarcimento per danni successivi alla sentenza penale irrevocabile. Per questo capo, dunque, la domanda va rigettata. -(Omissis). SEZIONE QUARTA GIURISPJ\UDENZA AMMINISTRATIVA CONSIGLIO DI STATO, Ad. Plen., 6 novembre 1964, n. 23 -Pres. Bozzi -Est. Tozzi -Di Marino (avv.ti Senatore, Santacroce) c. Prefetto di Salerno (avv. Stato Vitucci). Espropriazine per p.u. -Dichiarazione di p.u. per legge -Primo atto del procedimento -Impugnazione autonoma -Omissione -Conseguenze. Quando la pubblica utilit di una categoria di opere sia dichiarata per legge, autonomamente impugnabile il primo atto del procedimento con il quale vengano individuati i beni da espropriare: tale il provvedimento con il quale il Prefetto, ordinata resecuzione del piano, riconosce che le opere da effettuare rientrano nelle previsioni della legge, e dunque completa la dichiarazione legislativa di p.u. con la indicazione concreta delle espropriazioni da eseguire e dei lavori da effettuare. Per conseguenza la mancata impugnativa di quel primo atto rende inammissibile ogni censura, attinente alla dichiarazione di p.u., che venga successivamente sollevata in'sede di ricorso contro il decreto di espropriazione (1). . (1) Cfr. nello stesso senso, Cons. Stato, Sez. V, SO aprile 1954, n. 402, Gittr. it., 1954, III, 169 e, pi di recente, Cons. Stato, Sez. IV,.14 febbraio 1962, n. 188, Riv. giur. edilizia, 1962, I, 481.. In senso contrario, per quanto dato intendere dalle massime, cfr. Cons. Stato, Sez. IV, SO maggio 1962, n. S96, iv.i, 1962, I, 1115, e Cons. Stato, Sez. IV, 14 marzo 1961, n. 174, ivi, 1961, I, S67. Per la dottrina cfr. RossANo, L'espropriazione per pubblica utilit, Torino, 1964, 401 e segg.; per qualche riferimento, FIORI, In tema di redazione dei piani regolatori 'di zona da parte dei Consorzi per lo sviluppo. industriale, in questa Rassegna, 1964, I, 1111. Circa l'inammissibilit della censura attinente alla dichiarazione di p.u. che sia proposta in sede di ricorso avverso il decreto di espropriazione, Cons. Stato, Sez. IV, 27 dicembre 196S, n. 954, Riv. giur. edilizia, 1964, I, 245, con nota di richiami. E:: interessante rilevare come la sentenza in esame a sostegno della tesi accolta abbia fatto riferimento al noto problema della prefssione del termine di cui all'art. lS della legge del 1865 nei casi di dichiarazione di p.u. per legge, che stato pure risolto nel senso che detta prefssione debba essere effettuata nell'atto amministrativo che d inizio alla fase del procedimento di espropriazione: sul punto, cfr. di recente, Cons. Stato, Sez. IV, 4 marzo 1964, n. 106, in questa Rassegna, 1964, I, 536. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 736 CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 23 aprile 1965, n. 349 -Pres. Polistina -Est. Landi -S.p.A. Adelphia Cinematografica (avv. Riccio) c. Ministero Turismo e Spettacolo (avv. Stato Lancia). Cinematografia -Eccezione di illegittimit costituzionale del l'art. 5 1. 21 aprile 1962, n. 161 -Infondatezza. (Cost., artt. 21 e 102; 1. 21 aprile 1962, n. 161, art. 5). Cinematografia -Opere vietate ai minori -Art. 9 d.P.R. 11 novembre 1963, n. 2029 -Contenuto. (d.P.R. 11 novembre 1963, n. 202~, art. 9). manifestamente infondata, sia in relazione alfart. 21 che alfart. 102 della Costituzione, reccezione di illegittimit costituzionale dell'art. 5 della legge 21 aprile 1962, n. 161, che subordina al parere delle apposite commissioni amministrative rammissione di minori agli spettacoli cinematografici (1). L'art. 9 d.P.R. 11 novembre 1963, n. 2029, stabilendo che nelle ipotesi ivi considerate le opere cinematografiche (o teatrali) debbano essere vietate in ogni caso ai minori, non ha gi inteso prescrivere che, ove quelle ipotesi non si verifichino, il divieto sia illegittimo; pertanto la proibizione pu essere egualmente disposta quando alla medesima conclusione si possa correttamente pervenire attraverso la valutazione di merito dell'opera considerata (2). (1) Nulla in termini. In dottrina, cfr. Fms, Censura, Enciclopedia del di~itto, Milano, 1960. Per la qualificazione come provvedimento amministrativo del parere delle Commissioni, cfr. Trib. Roma, 21 dicembre 1963, Riv. pen., 1964, Il, 559, con nota di VENDI'ITI. (2) Non risultano precedenti in termini. La massima sembra senz'altro da condividere, sol che si consideri che la fonte normativa del potere delle Commissioni rimane pur sempre l'art. 5 della legge n. 161 del 1962, rispetto alla quale la norma dell'art. 9 si pone in funzione di regolamento di attuazione, e dunque in posizione meramente sussidiaria. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 28aprile1965, n. 384 -Pres. De Marco -Est. Landi-Ballerini (avv. Dallari) c. Ministero Tesoro (avv. Stato Casamassima). Impiego pubblico -Impiegato pubblico -Cumulo tra pensione e trattamento di attivit -Art. 14 1. 12 aprile 1949, n. 149 e .' ' successive modifiche -Abrogazione Impiego pubblico -Impiegato pubblico trattamento di attivit -Divieto costituzionale -Infondatezza. -Esclusione. I' . ~ -Cumulo tra pensione e Eccezione di illegittimit ' I. . ~ ~ PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 737 Impiego pubblico -Impiegato pubblico -Indennit integrativa ex art. 2 I. 27 maggio 1959, n. 324 -Cumulo -Divieto -Ecce zione di illegittimit _costituzionale -Infondatezza. Impiego pubblico -Impiegato pubblico -Cumulo tra pensione e trattamento di attivit -Divieto -Applicabilit. (Cost., artt. 2, 3, 4, 35, 36 e 37; 1. 12 aprile 1949, n. 149, art. 14; 1. 8 aprile 1952, n. 212, art. 14; 1. 15 febbraio 1958, n. 46; 1. 27 maggio 1959, n. 324, art. 2). L'art. 14 della legge 12 aprile 1949 n. 149, successivamente modificato con l. 8 aprile 1952 n. 212, non stato abrogato per effetto della legge 15 febbraio 1958 n. 46, contenente nuove norme sulle pensioni ordinarie a carico dello Stato , la quale ha sostituito solo parzialmente le disposizioni preesistenti (1). manifestamente infondata l'eccezione di illegittimitd costituzionale dell'art. 14 l. 12 aprile 1949 n. 149, e successive modifiche, che prevede il divieto di cumulo tra pensione e trattamento di nuova attivit per impiegati pubblici, sia in relazione agli artt. 4, 35, 36 e 37 che agli artt. 2 e 3. della Costituzione {2). In relazione alle stesse norme della Costituzione manifestamente infondata l'eccezione di illegittimit costituzionale dell'art. 2 l. 27 maggio 1959 n. 324 in quanto vieta il cumulo dell'indennit integrativa speciale, spettante per il titolo della pensione e per quello di attivit di servizio (3). Il divieto di cumulo di cui all'art. 14 l. 12 aprile 1949 n. 149 concerne non soltanto il cumulo di pensione e trattamento di attivit (1) Non risultano precedenti in termini. La massima non pu non essere condivisa. (2-3) Circa il preteso contrasto dell'art. 14, 1. 12 aprile 1949, n. 149 con gli artt. 4, 35, 36 e 37 della Costituzione, l'infondatezza dell'eccezione di illegittimit cstituzionale, sollevata con l'ordinanza 3 aprile 1962 del Cons. di Stato, Sez. IV (Foro it., 1963, III, 48), risultava gi dalla decisione 22 giugno 1963, n. 105 della Corte Costituzionale (ivi, I, 1527). In precedenza il Consiglio di Stato aveva dichiarato la non manifesta infondatezza della eccezione con la sentenza 27 luglio 1962, n. 490, della IV Sezione, Foro amm., 1962, I, 954, e Riv. giur. lav., 1962, Il, 633, con nota di CALABR. Intervenuta la decisione della Corte Costituzionale, il Consiglio di Stato vi si adegua con la sentenza in rassegna. Risulta, invece, del tutto nuova la questione di legittimit della norma in questione con riferimento agli artt. 2 e 3 Cost. Sotto il primo profilo, il Consiglio di Stato ha esattamente osservato che i diritti inviolabili " garantiti dall'art. 2 sono unicamente quei diritti naturali e fondamentali dell'uomo che -in una prospettiva alquanto giusnaturalistica -possono considerarsi come anteriori alla posizione dell'ordinamento: tale non , per certo, il diritto a pensione, che rappresenta una creazione positiva del singolo ordinamento. Quanto alla censura di viola 738 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO corrisposti dal medesimo ente pubblico, ma anche quello di trattamenti corrisposti da due diversi enti, e si riferisce sia ai trattamenti di attivit per impiegati di ruolo sia a quelli per dipendenti non di ruolo o in periodo di prova o di esperimento {4). (Omissis). -: infondata la tesi dell'abrogazione dell'art. 14 delle leggi 12 febbraio 1949 n. 149 ed 8 aprile 1952 n. 212, per incompatibilit con la legge 15 febbraio 1958 n. 46, contenente nuove norme sulle pensioni ordinarie a carico dello Stato . Tale ultima legge ha sostituito solo parzialmente quelle preesistenti, concernenti la materia stessa; e le disposizioni che si vorrebbero abrogate non possono ritenersi incompatibili, perch disciplinano l'ipotesi del cumulo tra pensione e trattamento d'attivit, di cui la legge sopravvenuta non si occupa. La questione di legittimit costituzionale dell'art. 14 I. 12 aprile 1949 n. 149, modificato dall'art. 141. 8 aprile 1952 n. 212, stata dichiarata infondata dalla Corte Costituzionale (sent. 22 giugno 1963, n. 105) con riferimento agli artt. 4, 35, 36 e 37 Cost.; e pertanto in questa sede debbono ritenersi manifestamente infondati i profili svolti dal ricorrent in rapporto agli artt. 4 e 36 cit. Restano da esaminare le doglianze relative all'asserito contrasto tra le .norme legislative surrichiamate, e gli artt. 2 e 3 Cost. I diri~ti inviolabili dell'uomo, garantiti dall'art. 2, non sono gi i diritti soggettivi perfetti o i diritti quesiti , bens i diritti naturali e fondamentali dell'uomo, cio, talmente inerenti alla natura ed alla persona umana, che questa deve portarli con s dovunque, e vederli rispettati in qualsiasi ordinamento. Il diritto a pensione non un prius rispetto a qualsiasi ordinamento, bens, una creazione positiva del singolo ordinamento. Il concetto, poi, di diritto quesito, non costituisce zione dell'art. 3, ormai un dato acquisito dell'elaborazione giurisprudenziale che il principio di eguaglianza di fronte alla legge non vada inteso come esigenza di parit assoluta. Su questi presupposti l'infondatezza della questione proposta risulta di tutta evidenza. (4) Sul punto che il divieto di cumulo si riferisca anche alle ipotesi di doppio trattamento corrisposto da enti diversi, purch pubblici, cfr. Cons. Stato, Ad. gen., 8 maggio 1958, n. 159, Consiglio di Stato, 1958, I, 287; Cons. Stato, Sez. IV, 20 dicembre 1961, n. 748, ivi, 1961, I, 2136. Circa l'estensione del divieto a dipendenti non di ruolo, cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 24 giugno 1960, n. 686, Foro amm., 1960, I, 777, con nota di CANNADA-BARTOLI. Per la caratterizzazione degli estremi di fatto che individuerebbero il rapporto impiegatizio in relazione alla norma in esame, Cons. Stato, Ad. gen., 29 marzo 1962, n. 321, Consiglio di Stato, 1964, I, 1868. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 739 un principio di diritto costituzionale, ma concerne la successione temporale delle norme giuridiche, e l'eventuale conservazione delle posizioni giuridiche precostituite: ora, non esiste nella Costituzione una norma che prescriva, come si esprime il ricorrente, la intangibilit dei diritti, cio che vieti al legislatore ordinario di modificare, limitare o ritogliere, con una norma sopravvenuta, un diritto riconosciuto da una norma anteriore. La censura di violazione dell'art. 3, secondo il ricorrente, troverebbe conforto in un passo della motivazione della citata sentenza della Corte Costituzionale. In verit, il testo si inizia con le parole Particolarmente le parti private hanno insistito sul fatto che l'imposizione del limite... crea notevoli disparit ... , e quindi non esprime il pensiero della Corte, ma riassume quello delle parti; e la conclusione sarebbe certamente opportuno che il legislatore portasse la propria attenzione su tali sperequazioni contiene un apprezzamento di merito su taluni difetti delle norme legislative, ma non si pu interpretare come indicativa di un vizio di costituzionalit. Sta di fattp, che il contrasto tra le leggi limitative del cumulo di pensione, e l'art. S, non stato esaminato ex professo dalla Corte, e la questione deve essere quindi delibata in questa sede. La Sezione, peraltro, d'avviso che la soluzione deUa controversia sia gi implicita nelle altre considerazioni . della sentenza citata. Il principio di eguaglianza di fronte alla legge, sancito dall'art. S, non corrisponde alla parit assoluta, ci che, se fosse vero, renderebbe impos~ sibile lesercizio della funzione legislativa, che impone anzi di dettare norme differenziate in relazione alla molteplicit delle situazioni, oggettive e soggettive, che vanno disciplinate nell'interesse generale; ma vieta soltanto le differenziazioni arbitrarie, fondate sul sesso, la razza, la lingua, la religione, le opinioni politiche, le condizioni personali e sociali, intese a favorire o a porre in condizioni deteriori l'individuo che abbia o non abbia talune di quelle qualit; o in altri termini, le differenziazioni che non trovino una giustificazione nella natura stessa dei rapporti che si vogliono regolare. La Corte Costituzionale ha implicitamente escluso la violazione del principio d'eguaglianza, quando, sia pure a proposito dell'art. 36, ha rilevato che Ǐ proprio della natura della pensione, in correlazione alla funzione che essa assolve, di collegarsi nell' an e nel quantum alla particolare situazione personale e familiare degli aventi diritto ; mentre il godimento d'un trattamento di attivit viene quanto meno a ridurre lesigenza previdenziale (per natura variabile da situazione a situazione) in funzione della quale la provvidenza pensionistica fu predisposta . Si pu concludere che non sono situazioni eguali, e quindi ingiustificatamente discriminate, quella del pensionato che trae i propri mezzi di vita esclusivamente dal trat 740 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tamento di quiescenza, e quella del pensionato che continua a svolgere un'attivit lavorativa retribuita, perch proprio della pensione adeguarsi alle situazioni personali e familiari dei beneficiari. E non v' nemmeno differenziazione arbitraria tra il pensionato dipendente pubblico, colpito dal cumulo, ed il pensionato che esercita una libera professione, o contrae un rapporto di lavoro o d'impiego privato, che continua a percepire fintero trattamento: il divieto di cumulo non ha infatti una funzione punitiva o repressiva, contro il pensionato che si dedichi ad attivit lavorativa retribuita, ma diretto soltanto a contenere l'onere delle pensioni gravanti sulle finanza pubblica, quando il pensionato tragga altri mezzi di vita dalla retribuzione parimenti gravante sulla finanza pubblica. Pertanto, anche le questioni di costituzionalit fondate sull'asserita violazione degli artt. 2 e 3 vanno dichiarate manifestamente infondate. Gli stessi motivi d'illegittimit costituzionale sono stati dedotti a proposito dell'art. 2 1. 27 maggio 1959, n. 324, in quanto vieta il cumulo dell'indennit integrativa speciale spettante per il titolo della pensione, e per quello d'attivit di servizio. Le considerazioni svolte pi sopra valgono del pari a questo proposito; e quindi anche tale ulteriore questione di costituzionalit devesi dichiarare manifestamente infondata. Ci premesso, la Sezione pu procedere all'esame delle varie censure, concernenti l'impugnato provvedimento del Ministero del Tesoro. L'art. 14 1. 12 aprile 1949 n. 149 concerne non soltanto il cumulo di pensione e trattamento di attivit corrisposti dal medesimo ente pubblico, ma anche quello del cumulo di trattamenti corrisposti da due diversi enti, entrambi pubblici: tale interpretazione ormai pacifica, e non viene addotto alcun argomento che possa indurre a riesaminarla. La norma rivolta infatti a ridurre l'aggravio della finanza pubblica, intesa con riferimento al complesso degli enti che da essa traggono i mezzi, e non gi laggravio della finanza di ciascun ente singolarmente considerato. Gli emolumenti corrisposti dagli enti pubblici sono sempre gravati dalle ritenute erariali, quando la legge espressamente non li esoneri. Si tratta d'un principio generale di diritto finanziario, in quanto i redditi, comunque ed a qualsiasi titolo percepiti, sono soggetti ai relativi tributi. Infine, la legge non distingue tra i trattamenti d'attivit corrisposti per gli impieghi di ruolo o' stabili, e quelli dei dipendenti non di ruolo o in periodo di prova o d'esperimento. La ragione posta a base del divieto di cumulo non ha riguardo allo stato giuridico, che il dipendente assume presso lente pubblico cui presta la sua attivit, ma semplicemente al fatto della percezione continuativa dell'emolumento. ( Omissis). PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 741 CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 28 aprile 1965, n. 385 -Pres. De Marco, Est. Tozzi-Bolognese (avv.ti Amendola, Sorrentino) c. Ministero Turismo e Spettacolo (avv. Stato Vitucci) e Barattolo (n.c.). Alberghi -Gestione diretta del locatore -Nulla osta di cui all'art. 6 I. 2 marzo 1963, n. 191 -Capacit professionale -Nozione. La capacit professionale, di cui all'art. 6 della legge 2 marzo 1963, n. 191, non deve essere interpretata come capacit specifica ad esercitare il mestiere di albergatore bem1, come capacit di organizzazione -imprenditoriale in genere: pertanto, il nulla osta previsto da detta norma deve essere concesso al locatore che pur non avendo mai esercitato attivit alberghiera dia sicuro affidamento, per la capacit dimostrata in altri settori, che l'albergo sar gestito con criteri di sana ammini. strazione {1). (1) Non risultano precedenti in termini. Circa il preminente rilievo del pubblico interesse nella materia de qua, cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 9 dicembre 1964, n. 1382, Consiglio di Stato, 1964, I, 2153. . La massima suscita perplessit. Proprio in considerazione della ratio della norma, che la stessa sentenza individua non gi nell'intento di favorire il proprietario dell'immobile bens nell'esigenza, di pubblico interesse, di promuovere l'industria alberghiera, sembrerebbe pi coerente subordinare il rilascio del nulla osta all'ac- certamento di una specifica competenza del richiedente. E, d'altra parte, l'affermazione che questi pu sempre farsi coadiuvare nella gestione dell'albergo da persona
  • -Est. Montanari Visco -P.M. Caccioppoli (conf.) -Soc. finanziaria sviluppo industria e agricoltura (avv. Menegazzi) c. MinisteroFinanze (avv. Stato Ricci). Imposta di registro -Societ -Sovrapprezzo azioni di nuova emissione -Imposta proporzionale -Esclusione. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 8, secondo comma; tariffa all. A. artt. 85 e 81). L'imposta proporzionale di registro, prevista dalr articolo 85 dellatariffa all. A legge di registro, si applica ai conferimenti destinati aa aumentare il fondo sociale e che si traducono nelr aumento del capitale sociale: pertanto, a tale imposta non soggetto il sovrapprezzo delle azioni, che, pur incrementando il patrimonio della societ, non destinato ad aumentare il capitale (1). (Omissis). -Con il primo mezzo di gravame, la societ ricorrente-assume che la somma in questione e tassata in sede di verifica non fu versata dai soci a titolo di sovraprezzo, bens a titolo di conguaglio-dividendi . Rileva al riguardo la Corte che f accertamento della destinazione e dello scopo della maggior somma pagata dagli azionisti rispetto al valore nominale delle azioni di nuova emissione il risultatodi una indagine di fatto, alla quale ha proceduto il giudice di merito e che per la sua natura non sindacabile in sede di mera legittimit. Quanto al secondo motivo di gravame, con il quale si deduce fer-ronea applicazione degli artt. 1 e 8 della legge di registro e degli artt. 81 e 85 della tariffa A va rilevato che la ricorrente, nell' a:ffermareche l'imposta non sarebbe dovuta per il caso del sovraprezzo azionario, fa richiamo ad una precedente sentenza di questa Corte Suprema (n. 3411 del 19 novembre 1959). La ricorrente assume che. debba distin( 1) La soluzione, anche se lascia perplessi, deve accettarsi in relazione al costante orientamento della Cassazione. ' ' . r::: PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 775 guersi fra incremento patrimoniale e vero e proprio aumento del. capitale sociale, quest'ultimo solo essendo assoggettabile all'imposta proporzionale ai sensi delrart. 85 della tariffa all. A, e che, essendo il sovrapprezzo un versamento richiesto ai nuovi soci come condizione per acquistare una quota del nuovo capitale, non potrebbe farsi ricorso alcuno all'applicazione analogica della norma sopra indicata. Osserva questa Corte che non pu riconoscersi certamente al sovraprezzo e cio alle somme percepite dalla societ per la emissfone di azioni ad un prezzo superiore al loro valore nominale, natura di reddito. Le somme predette, che i nuovi azionisti debbono versare in aggiunta al valore nominale delle azioni affinch sia evitata la sperequazione nei confronti dei vecchi azionisti e perch venga raggiunta una sostanziale parit di trattamento con costoro, hanno natura di conferimento. Esattamente la precedente sentenza n. 3411 del 1959 riconobbe che, avendo la legge 15 ottobre 1925 n. 1802 stabilito espressamente lesenzione del sovra prezzo dall'imposta di ricchezza mobile e avendo il legislatore del 1942 disposto, con l'art. 2430 e.e., che il sovraprezzo non possa essere distribuito ai soci fino a che non sia integralmente ricostituita la riserva legale e cio fino a che tale riserva non abbia raggiunto il liinite di cui all'art. 2428, deve considerarsi accolto il prevalente indirizzo dottrinale che ravvisava nel sovraprezzo la natura di conferimento o apporto patrimoniale: infatti il legislatore ha assoggettato il sovraprezzo stesso a un regime analogo a quello della riserva legale e lo ha destinato a garantire i creditori sociali insieme al capitale sociale e alla riserva legale anzidetta, fino all'integrale ricostituzione di questa ultima. Escluso che il sovraprezzo abbia natura di reddito, non ne consegue per, come ha rilevato la sentenza sopra citata, che esso debba essere assoggettato al trattamento fiscale degli aumenti di capitale previsto dagli artt. 81 e 85 della tariffa all. A della legge di registro. Va osservato al riguardo, infatti, che trattasi di un conferimento che serve ad incrementare il patrimonio della societ, ma non ad aumentarne il capitale. Il sovraprezzo si aggiunge al capitale sociale, ma ne resta giuridicamente distinto, come resta distinto dalla riserva legale. : vietata la sua distribuzione ai soci fino a che, come si rilevato, la riserva legale non sia stata portata al massimo di legge ed esso deve figurare nel bilancio fra le riserve facoltative o i fondi speciali. Appena la riserva legale raggiunge il quinto del caI?_itale sociale, il predetto cespite patrimoniale si render disponibile e potr essere utilizzato. Se esso verr ripartito tra i soci, la deliberazione assembleare sconter l'imposta graduale di registro (art. 89 tariffa). Se verr passato a capitale, per sopperire alle perdite subite, sconter la sola imposta fissa. Se verr portato ad aumento di capitale, sar applicata l'imposta proporzionale di regi RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 776 stro di conferimento (art. 85 in relazione all'art. 81 tariffa). Infatti con il passaggio della riserva a capitale si accresce la garanzia dei creditori e nuovi mezzi economici vengono stabilmente acquisiti dalla societ per essere indirizzati a scopi produttivi: non pu quindi dubitarsi che si tratti di atto soggetto all'imposta proporzionale di registro. Le predette osservazioni, gi~ contenute nella sentenza citata n. 3411 del 1959, sono pienamente condivise da questo Collegio, il quale deve pure rilevare che l'assunto che l'art. 85 della tariffa assoggetti a tributo ogni conferimento e che per individuare i conferimenti tassabili si debba avere riguardo solo all'effettivo trasferimento di ricchezza (anche se non determini variazione alcuna del capitale sociale), non pu certamente spiegare come il sovraprezzo, se viene assoggettato all'imposta proporzionale quando incrementa il patrimonio, debba esserlo di nuovo se viene passato a capitale. Nessuna ragione sussiste perch la stessa imposta debba colpire prima il versamento del sovraprezzo e poi il passaggio a capitale della riserva con tale sovraprezzo costituita. Erroneamente quindi la Corte di merito ha riferito l'imposta in questione, che prevista per i soli aumenti di capitale, anche agli Iincrementi del patrimonio costituenti una fattispecie estranea alla previsione legislativa di cui all'art. 85 della tariffa all. A della legge di registro. N vale fare riferimento alla disposizione di cui all'art. 8, secondo comma, del r.d. 30 dicembre 1923 n. 3269, la quale stabilisce che un atto non nominativamente indicato nella tariffa soggetto alla tassa stabilita dalla tariffa stessa per l'atto col quale per la sua natura e per i suoi effetti esso ha maggiore analogia. L'applicazione di tale disposizione alla fatti:specie non possibile, anzitutto, perch non si tratta di .atti aventi natura od effetti analoghi, ma di atti sostanzialmente diversi. La distinzione sul piano giuridico ed economico dei due concetti di capitale e di patrimonio sociale netta e va notato che ne conseguenza il fatto che non sempre alla variazione dell'uno corrisponde la variazione dell'altro. In secondo luogo deve osservarsi che, una volta riconosciuta l'inapplicabilit al sovraprezzo dell'imposta proporzionale prevista dalla tariffa agli artt. 85 e 81, non si verifica l'ipotesi di un atto non assoggettato ad alcuna tassa di registro, per cui in tale caso potrebbe farsi luogo al procedimento analogico previsto dalla disposizione di cui all'art. 8 citato. Invero il caso del sovraprezzo rientra sempre nella previsione della legge tributaria in questione e dovrebbe sempre, in relazione ad esso, trovare applicazione uno specifico articolo della tariffa. La citata sentenza del 1959 ha rilevato al riguardo che possono darsi due ipotesi: o il nuovo socio assume f obbligazione di pagare il sovra prezzo e allora sar applicabile la cosiddetta imposta di obbligo; oppure, in caso diverso, sar soggetta all'imposta di quietanza prevista dall'art. 60 della tariffa la ricevuta PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 777 da cui risulti il contestuale pagamento del sovraprezzo effettuato dal socio. Pertanto, trovando il caso del sovraprezzo comunque una sua regolamentazione nella legge del registro e dovendo il sovraprezzo medesimo essere assoggettato, a seconda delle varie ipotesi, sempre ad una specifica imposta non sarebbe legittimo il ricorso all'analogia ai sensi dell'art. 8, secondo comma, legge citata. Quindi la sentenza della Corte di Milano impugnata va cassata. (Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 26 febbraio 1965, n. 320 -Pres. Rossano -Est. Alliney -P.M. Raja ( conf.) -Serra Carafa D'Andria (avv.ti Romano, Asquini e Giannini) c. Ministero Finanze (avv. Stato Soprano). Imposta straordinaria sul patrimonio - imposta personale Cittadini italiani residenti a Trieste -Non vi sono soggetti. (d.l. 29 marzo 1947, n. 143). L'imposta straordinaria progressiva sul patrimonio una tipica imposta personale diretta a colpire non i beni per se stessi e in quanto situati in un determinato territorio, bens il complesso unitario di beni siccome spettanti ad una data persona; non sono quindi soggetti alfimposta, nemmeno per i beni sit,uati nel restante territorio dello Stato, i cittadini italiani residenti a Trieste alla data del 28 marzo 1947, perch la legge istitutiva (d.l. 29 marzo 1947, n. 143) non fu estesa al Territorio Libero di Trieste, al tempo soggetto al Governo Militare Alleato (1). (Omissis). -Ha preminente rilievo, rispetto a tutti gli altri, il terzo motivo del ricorso, col quale si denuncia la violazione degli artt. 1, 2, 5, 32 e 45 del t.u. 9 maggio 1950, n. 203 in relazione agli artt. 23 e 25 (1) Sulla soggezione all'imposta straordinaria sul patrimonio dei residenti nel Territorio Libero di Trieste. La decisione pronunciata dalla S.C. non pu essere condivisa. La immunit per i cittadini di Trieste da un tributo al quale sono oggetti anche gli stranieri, manifestamente inconcepibile. :i!: opportuno tuttavia mettere in luce gli errori di impostazione sui quali si sorregge la pronuncia che si annota. :i!: esatto che, durante il periodo di occupazione, la potest legislativa nel Territorio Libero di Trieste era attribuita al Governo Militare Alleato, sicch la legge italiana non aveva efficacia in quel territorio se non a seguito di un provvedimento di estensione del Governo Alleato (Cass., 12 ottobre 1959, n. 2779, Mass., Giur. it., 580; Sez. Un., 31 luglio 1952, n. 2451, Foro pad., 1952, I, 1292, con nota di E. VOLLI, I poteri normativi del G.M.A. di Trieste), provvedimento che non 778 RASSEGNA DELL'AVVOCATUR\\ DELLO STATO della Costituzione, per avere la Commissione Centrale ritenuta l'esistenza, nella specie, della contestata obbligazione tributaria. La censura fondata. Pur ammettendo che il d.l. 29 marzo 1947 n. 143, istitutivo dell'imposta straordinaria progressiva sul patrimonio, non fu esteso al Territorio Libero di Trieste, allora soggetto al Governo Militare Alleato, la Commissione Centrale ha tuttavia ritenuto che per effetto di tale mancata estensione furono esenti {dalla detta imposta) le persone col residenti relativamente ai beni situati in quella circoscrizione... e non intervenuto per il d.l. 29 marzo 1947, n. 143 istitutivo dell'imposta straordinaria progressiva sul patrimonio. Ma da questa giusta premessa se pu discendere l'esclusione (ammessa dalla Amministrazione Finanziaria con sua circolare e non contestata nella fattispecie) dal complesso del patrimonio tassabile dei beni situati nel Territorio di Trieste, non discende di certo l'immunit dall'imposta per i beni situati nella restante parte del territorio dello Stato. L'errore fondamentale della pronunzia si trova nell'inesatta nozione assunta di imposta personale e di estensione della legge nello spazio. L'imposta straordinaria progressiva sul patrimonio di certo un'imposta persoru;ile ( sul patrimonio complessivo posseduto da ciascun contribuente , art. 1 del d.l. n. 143 del 1947, a cui sono soggette le persone fisiche, art. 2); ma ci n9n significa necessariamente che il campo di applicabilit-dell'imposta debba circoscriversi territorialmente ai confini dello Stato e personalmente ai cittadini soggetti alla legge italiana. Del resto l'imposta sul patrimonio, se personale, ha tuttavia (art. 5) un contenuto oggettivo perch considera il patrimonio in s (UcKMAR, Le tre imposte straordinariie sul patrimonio, Milano, 1948, 21) ed anzi fa riferimento ai singoli patrimoni esistenti nello Stato a chiunque appartenenti (SALERNI, Le imposte /{) 1 straordinarie sul patrimonio, Milano, 1951, 122). Non ha quindi alcuna importanza ' il fatto che la legge istitutiva sia stata o no estesa nello spazio al territorio di 1~ Trieste (o, allo stesso modo, di un altro Stato estero) e che le persone fisiche : obbligate siano o no soggette, come cittadini, alla legge dello Stato. L'imposta ha un suo ambito territoriale (beni situati nello Stato) e ad essa sono soggetti (sono . contribuenti , secondo il testo dell'art. 1) tutti i possessori di beni siti nel terri~ torio dello Stato, siano essi cittadini italiani, residenti o no nel territorio dello Stato, siano essi stranieri. La personalit, per altro sui generis dell'imposta, non conduce quindi alla conclusione cui. pervenuta la S.C. Altro evidente errore si .pu rilevare nella semplicistica affermazione che non avendo la legge istitutiva dell'imposta avuto efficacia del Territorio di Trieste, l'obbligazione tributaria non sorta. Come noto, bisogna distinguere l'efficacia della legge come tale nello spazio del territorio dello Stato da cui promana, dalla estensione della legge stessa con riferimento a fatti che si siano verificati fuori del territorio o ad opera di sudditi di altro Stato (A. BERLIRI, Principi di diritto tributario, Milano, 1952, I, 103; A. D. GIANNINI, I concetti fondamentali del diritto tributario, Torino, 1956, 51). Che la legge istitutiva dell'imposta non abbia avuto efficacia spaziale nel Territorio di Trieste cosa, come si visto, pacifica; ma ci non esclude che ai cittadini ivi residenti, per un fatto considerato dalla legge ita PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 779 per i beni siti nel restante territorio dello Stato, perch non vi sarebbe :stata alcuna ragione per una simile estensione, dato che la legge sottopone al tributo anche gli stranieri per i beni situati nel territorio dello .Stato 11, .Ora codesto argomentare non pu essere condiviso in quanto .discende da una inesatta nozione del tributo di cui si discute. Si tratta, nella specie, di una tipica imposta personale, diretta cio a colpire l'insieme dei beni posseduti dal contribuente, considerati, non nella loro oggettivit, ma in quanto spettanti a una data persona. liana (possesso di un patrimonio nel territorio dello Stato), la norma tributaria -debba essere estesa. La contraddittoriet della pronunzia ancor pi grave perch in essa si d per pacifico che alla data del 28 marzo 1957 i residenti a Trieste fossero citta< lini italiani. Su questo presupposto non poteva nascere alcun dubbio sulla legittimit della pretesa tributaria, perch ovviamente la semplice residenza al di fuori del territorio dello Stato (a Trieste o altrove) non pu influire in alcun modo, come emerge -chiaramente dal capoverso dell'art. 5 del d.l. n. 143 che considera in modo parti- colare i cittadini italiani residenti in Italia in contrapposto a quelli non residenti -contemplati nel primo comma; Se mai dalla premessa che i residenti a Trieste sono cittadini italiani, poteva discendere il quesito se la residenza a Trieste fosse da considerare nazionale o .estera agli effetti del capoverso dell'art. 5 per stabilire se l'imposta dovesse colpire anche i beni esistenti fuori del trritorio dello Stato e quindi anche nel Territorio Libero di Trieste. Ma questa questione esulava dalla materia controversa. In verit discutibile se nel 1947 agli effetti particolari dell!\ legge istitutiva dell'imposta straordinaria sul patrimonio i residenti nel Territorio Libero di Trieste, ove la norma non si estendeva territorialmente, fossero da considerare italiani o .stranieri; indipendentemente dal pi complesso problema concernente la cittadinanza in senso proprio dei residenti a Trieste e la soggezione del Territorio alla :sovranit italiana '(problema che non pu essere trattato in questa sede), nel limi tato campo di applicazione dell'art. 5 del d.l. n. 143 che contempla italiani e stranieri (e non ammette un tertium genus), i residenti a Trieste sembrerebbero -equiparabili piuttosto agli stranieri (cio non soggetti direttamente alla legge dello Stato italiano) e non ai .cittadini italiani. Ma, come si visto, in quanto stranieri (si ripete, ai soli effetti del d.l. n. 143), i residenti a Trieste sono incontestabilmente soggetti all'imposta relativamente ai beni siti nel territorio dello Stato italiano. L'ultimo argomento adottato dalla decisione annotata lascia veramente scon Certati: " Non essendo i cittadini italiani residenti a Trieste equiparabili agli stranieri (e, si sottintende, nemmeno ai citadini italiani veri e propri), manca la legge che, a norma dell'art. 23 della Costituzione, legittimi l'applicazione del tributo nei .loro confronti . Che in termini di pura speculazione di diritto internazionale ed agli effetti .generali possa anche configurarsi per i residenti a Trieste una categoria a s stante non pienamente riconducibile n a quella dei cittadini n a quella degli stranieri n a quella degli apolidi, problema forse legittimamente proponibile ma che non interessa in questa sede. chiaro per che la legge istitutiva dell'imposta quando RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 780 Ne porge conferma l'art. 1 del citato d.l., che la definisce appunto come imposta straordinaria progressiva sul patrimonio complessivo posseduto dal contribuente alla data del 28 marzo 1947. Dato questo suo specifico carattere, dunque evidente che l'im posta in parola non riguarda i beni per se stessi e in quanto situati in un determinato territorio, ma nella loro complessiva e unitaria appartenenza a un dato soggetto, con la conseguenza che essa non pu essere applicata alle persone che non vi sono state assoggettate dalla legge. Ora, poich il 28 marzo 1947, data di riferimento stabilita dal d.l. n. 143 del 1947, la Serra aveva la propria residenza a Trieste, ne segue che ~essendo mancata, come la Commissione Centrale ha bene avvertito, l'estensione di tale provvedimento legislativo al Territorio parla di cittadini italiani e stranieri che siano possessori di beni esistenti nel territori<> dello Stato, comprende in queste due categorie tutto il genere umano; il problema consister allora solo nel classificare i soggetti con incerto status nell'una o nel!' altra categoria, ma non potr di certo affermarsi che la mancanza di espressa menzione dei residenti a Trieste (o degli apolidi o di altri eventuali appartenenti a categorie anomale) sottrae questi dalla soggezione all'imposta. Come, indubbiamente, negli stranieri sono da ricomprendere gli apolidi, cos anche i residenti a Trieste vanno inclusi in una delle due categorie contemplate nella norma .tributaria. :i'.!: troppo semplicistico laffermare che i residenti a Trieste in quanto cittadini. italiani (ammesso che lo siano in termini generali) non possono essere equiparati agli stranieri agli speciali effetti della norma tributaria in discussione, senza peraltro nemmeno porre il problema se la qualit di cittadini italiani, che escluderebbe I'assimilabilit agli stranieri, non possa far considerare i residenti a Trieste come veri e propri cittadini italiani. Certo che, secondo la decisione in rassegna, sarebbe soggetto all'imposta istituita dalla legge italiana tutto il genere umano ad eccezione dei residenti a Trieste, proprio perch essi sono cittadini italiani. Ma ancor pi grave apparir l'affermazione se si considera che con l'aver creato un genus tanto particolare per i residenti a Trieste, se ne cancellata la loro esistenza giuridica. Poich nessuna legge, n italiana n straniera, e nessuna convenzione internazionale contemplano in modo specifico e diretto i residenti a. Trieste, costoro (argomentando come fa la sentenza), non essendo n cittadini italiani, n stranieri, n apolidi, resterebbero del tutto al di fuori di ogni legge, sia di quelle che impongono doveri sia di quelle che costituiscono diritti. I residenti a Trieste, fuori del loro Territorio Libero, non sarebbero nulla per lo Stato italiano (come pure per gli altri Stati), perch tutte le norme, da quella penale a quella sul godimento dei diritti civili, contemplano soltanto, oltre i cittadini, gli stranieri e tutt'al pi gli apolidi e mai la categoria a s stante dei cittadini italiani resi 11 denti a Trieste ; se quest'ultima non potesse davvero essere 11 equiparabile ad una delle catgorie fondamentali, i residenti a Trieste verrebbero a trovarsi giuridicamente (come la decisione annotata li ha considerati agli effetti dell'imposta patrimoniale) al di fuori del genere umano. C. BAFILE ' Wff.~ ..<--"WMV-E-='f-RPffe'A!WffeWl%WPWffe@W$W_g,ppewJ w..::::-:::=;.: -X ::mr;::==x.:=@:=-..:-.-x/.::::=:--ffe:J{!ff.:ffa====k======--::==;xw.r::=.:=~m.wk:::::..#.":%."B-":#ffga .-:-x..z&;;/:y..:s.===--======~--.==-=--=.:=:=.==.=-==..===:::::::::.:.::::x::;::~w-.:::.::::=..::--0;.:x:.=;:--...z..::::ff.::.:~=-.:::....===P:::::fxw. i.JJ.;:#flmt t.;.q91ill.,Jltt.flttJmfw@._1;f.{tifJ&ht.#1~ ;t=f{I~J01!ftf}.M,111t.11 }fo..,..Jlt:.......1...,..,.,~Ar41a....;f....t,.-SY,y,,,,... ~.~ll PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 781 Libero di Trieste -l'obbligazione tributaria nei confronti della stessa non sorta. N importa che, a norma dell'art. 5 del citato decreto, l'imposta straordinaria sia dovuta anche dallo straniero, relativamente ai beni esistenti nello Stato, poich, non essendo i cittadini italiani residenti a Trieste equiparabili agli stranieri, manca la legge che, a norma dell'art. 23 della Costituzione, legittimi l'applicazione del tributo nei loro confronti. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 12 marzo 1965, n. 416 -Pres. Pece Est. Perrone-Capano -P.M. Gentile (conf.) -Comune di Castel Guelfo (avv. Gualandi) -c. Ministero Finanze (avv. Stato Graziano). Imposta di registro -Convenzione fra Comune ed Esattore -Tesoriere per delegazione di pagamento sulle imposte di consumo gestite direttamente dal Comune da emettersi per estinzioni di mutui contratti dal Comune -Atto autonomamente tassabile. Imposta di registro -Disposizioni necessariamente connesse e derivanti per intrinseca loro natura le une dalle altre Concetto ed estremi per unicit della tassazione. Imposta di registro -Agevolazioni recate dalla legge 3 agosto 1949, n. 589 con norme per l'esecuzione di opere pubbliche di interesse degli enti locali -Contestualit della richiesta -N,on necessaria. Imposta di registro -Agevolazioni recate dalla legge 3 agosto 1949, n. 589 con norme per l'esecuzione di opere pubbliche di i~teresse degli enti locali -Estensione agli atti che, come mezzo al fine sono in correlazione con l'atto espressamente previsto, anche se con lo stesso non necessariamente connessi o derivati. (t.u. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 9; T.A., art. 28, tab. C, art. al t.u. predetto; I. 3 agosto 1949, n. 589, art. 18). L'atto con il quale fEnte cui affidato il servizio di Tesoreria eomunale unitamente a quello di riscossione delle imposte dirette, si impegna ad estinguere i mutui concessi ad un Comune con il pagamento, con l'onere del non riscosso per riscosso, delle delegazioni di pagamento che il Comune avrebbe emesso sui proventi delle imposte di consumo, tenute in gestime diretta e versati, all'uopo, alla Tesoreria predetta, non costituisce contratto di esattoria o a questo equiparabile, 782 RASSEGNA DELLAVVOCATURA DELLO STATO ma atto autonomo di assunzione di obbligazioni altrui, soggetto alf imposta di registro prevista dalrart. 28, della T.A. ammessa al L.O.R. (1). Le disposizioni necessariamente connesse o derivanti per loro intrinseca natura le une dalle altre, soggette, a norma delfart. 9, secondo comma, della L.0.R., alla sola tassazione della disposizione che d luogo alfimposta pi grave, sono soltanto quelle fra le quali intercorre, in forza della legge e non per mera volont delle parti, una concatenazione o compenetrazione di carattere oggettivo, tale da riassorbire tutte le disposizioni in un unico negozio giuridico, quali elementi indispensabili del negozio stesso (2). (1-4) Ancora del regime fiscale delle delegazioni di pagamento tratte dai Comuni sulle Imposte di consumo -Autonomia rispetto al mutuo garantito -Trattamento di favore ai fini della legge 589/49 -Limiti. Le statuizioni oggetto delle prime tre massime tratte dalla sentenza in nota hanno fatto retta applicazione della legge e dei principi. Quelle oggetto della quarta massima, inquadrate nel principio ormai consolidato, per il quale, salvo diversa disposizione di legge, il diritto al trattamento triqutario agevolato riguarda non solo gli atti direttamente ed espressamente agevolati, ma anche quelli che, come mezzo i al fine, sono in correlazione con i primi, anche se non necessariamente connessi o derivanti. gli uni dagli altri, possono essere condivise per i soli casi in cui l'imposta I .di registro liquidata e richiesta ai Comuni. Non per casi in cui l'imposta stessa . I liquidata e richiesta alla parte che assume con i Comuni l'impegno di estinzione . liare dell'agevolazione recata dall'art. 18 della I. 3 agosto 1949, n. 589. Nessun dubbio sia per il caso risolto dalla sentenza in nota, che per quelli . del mutuo con il pagamento delle emanande delegazioni. Ci per il carattere pecu analoghi, del carattere autonomo rispetto al contratto di mutuo stipulato dai Comuni, delle delegazioni di pagamento tratte sui proventi delle imposte di consumo, in gestione diretta dei Comuni stessi. Le ragioni sono di un duplice ordine: uno dato dal fatto che, nel caso risolto, non di delegazione di pagamento si , in realt, trattato, ma dell'obbligo assunto dal Tesoriere Comunale di provvedere direttamente all'Ente mutuante al pagamento d~lle future delegazioni che il Comune sarebbe andato ad emettere sui proventi delle imposte di consumo, a tale riguardo vincolate e versati volta a volta nelle Casse della Tesoreria. L'altro dato dal fatto che, ai fini dell'imposta di consumo (e ci vale in via di principio per le delegazioni in generale), per le delegazioni di pagamento, l'art. 94 del t.u. sulla Finanza locale non potr non essere, per indeclinabile canone di ermeneutica giuridica, limitato alle disposizioni che risultano compatibili con la riscossione delle imposte di consumo stesse, alle quali le agevolazioni si riferiscono. Per tali imposte la garanzia del non riscosso per riscosso non opera, in via generale e di principio perch essa presuppone, necessariamente, per la sua concreta applicazione, la' presenza di ruoli, la cui consegna costituisce l'esattore debitore dell'ammontare dei tributi dagli stessi risultanti (art. 5, secondo comma, r.d. 17 ottobre 1922, n. 1401). La ragione chiara: intanto si potr pretendere che l'esattore, ad una determinata scadenza, versi incondizionatamente una somma predeterminata, in quanto la somma stessa risulti gi dovuta dai contribuenti; in quanto, in altri termini, sia stato gi determinato l'imponibile e sia stato liquidato il rapporto tributario da cui deriva lentrata, la cui PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 783 La legge 3 ago~to 1949, n. 589, con norme per agevolare resenzione di opere pubbliche di interesse degli enti locali e le leggi integrative e modificative della stessa non subordinano le agevolazioni tributarie alfuopo previste al requisito formae delf espresso richiamo nell atto agevolato (3). In applicazione del principio per il quale, salvo diversa disposizione di legge, il diritto al trattamento tributario agevolato riguarda anche gli atti che, come mezzo al fine, siano in correlazione con ratto direttamente agevolato, pur non essendo con esso necessariamente connessi o derivanti, le agevolazioni previste dalla ricordata legge 3 ago- riscossione affidata all'Esattore. Per le imposte di onsumo nulla di tutto ci: esse, per il preciso disposto dell'art. 48 dello stesso t.u. della Finanza locale sono esigibili non con le norme stabilite per la riscossione delle imposte dirette, bens con quelle stabilite per la 'riscossione delle imposte indirette . La qual cosa la conseguenza necessitata del fatto che per le imposte di consumo manca, data la natura del particolare tributo e le caratteristiche della sua imposizione, la predeterminazione dei singoli ammontari con conseguente formazione di un ruolo preventivo di riscossione. L'obbligazione sorge di volta in volta in relazione al determinarsi o meno di alcuni specifici rapporti e per essa manca il distacco temporale tra l'accertamento dei presupposti dell'imposta e la sua liquidazione da un lato e la riscossione dell'imposta dall'altro; come avviene per le imposte dirette. Da ci l'impossibilit tecnica di pretendere dall'Esattore Tesoriere, senza una esplicita autonoma assunzione del relativo obbligo, la garanzia del non riscosso per riscosso. La qual cosa esclude, in radice, sia per i casi del genere di quello risolto in cni l'atto di assunzione dell'obbligo di pagamento delle delegazioni separato e distinto da quello di mutuo per la cui estinzione l'obbligo stesso posto, sia per i casi in cui l'atto di assunzione di obbligo sia lo stesso di stipulazione del mutuo, di un utile richiamo all'art. 9, secondo comma, della L.O.R. Gli estremi a tal fine richiesti e chiaramente precisati dalla sentenza in nota, per i quali l'unicit di tassazione ha luogo nel caso in cui un medesimo atto contenga pi disposizioni necessariamente connesse e derivanti per l'intrinseca loro natura, le une dalle altre, ricorrono, infatti, nei soli casi in cui per le disposizioni stesse ricorra una concatenazione strutturale, oggettiva, concettuale delle disposizioni stesse, secondo lo schema tipico del negozio e con una causa giuridica che assolva la stessa funzione economica e sociale. Ne restano escluse le concatenazioni occasionali, soggettive, non concettuali, quale che sia la finalit che le concatenazioni stesse vogliono attuare. La ragione di intuitiva evidenza: in questi ultimi casi, infatti, delle singole disposizioni dato concepirne l'esistenza anche senza la concatenazione predetta e per ci stesso viene meno la necessit di evitare il carattere vessatorio di una distinta tassazione per il caso in cui pi disposizioni, anche se distinte, sono caratterizzate da una concatenazione fogica s da essere riassorbite in unico rapporto. Concetto questo chiaramente posto in . evidenza dalla Corte di Cassazione nella sentenza in nota, laddove ha precisato che ai fini di una unica tassazione il rapporto di interdipendenza deve essere tale da riassorbire tutte le disposizioni in un unico negozio giuridico, quali elementi indispensabili del negozio stesso. 784 RASSEGNA DELLAVVOCATURA DELLO STATO sto 1949, n. 589, sono operanti per tutti gli atti e contratti occorrenti per l'attuazione della legge stessa, anche se nn necessariamente connessi o derivanti (4). _,. (Omissis). -Con i primi due motivi di ricorso, che riguardano sostaniialment un'unica questione, si censura l'impugnata sentenza nella parte in cui ha ritenuto che nella convenzione del 18 settembre 1956 non fossero configurabili gli estremi di un contratto di esattoria, ai sensi e per gli effetti dell'art. 12 della tabella allegata C alla legge del registro (che contempla gli atti da registrarsi gratuitamente), n fosse ravvisabile un atto insuscettibile di tassazione autonoma. La censura infondata. Invano il ricorrente si sofferma ad analizzare le differenze che intercorrono fra le delegazioni di pagamento nel diritto privato, regolate dagli artt. 1268 e seguenti del codice civile, e le delegazioni sulle imposte di consumo, previste e disciplinate dall'art. 94 del testo unico per la finanza locale. E fuor di luogo vengono richiamate le norme sulla riscossione delle imposte dirette, nonch le disposizioni della legge comunale e provinciale in materia di riscossione delle entrate e di pagamento delle spese degli enti locali. Non sono questi gli argomenti che possano essere utilmente invocati per la soluzione della guestione di cui trattasi, che consiste nello stabilire se nella convenzione del 18 settembre 1956 possa ravvisarsi un contratto di esattoria o a questo equiparabile, da registrarsi gratuitamente, o un atto insuscettibile di tassazione autonoma, o se invece debba ravvisarsi {come hanno ritenuto i giudici di La qual cosa assolutamente esatta. Lettera, infatti, spirito informatore della norma ed applicazione giurisprudenziale portano, necessariamente, a ritenere che : a) disposizione indipendente quella di rapporto o negozio giuridico autonomamente previsto dalle Tariffe allegate alla legge di registro; b) tale disposizione tassata in via separata e distinta sempre che non costituisca un elemento integratore del negozio giuridico posto in essere, secondo lo schema tipico del negozio, quale fissato dalla legge; c) l'intervento della legge, dovendo soddisfare all'esigenza di una connessione obiettiva ed inscindibile fra le varie disposizioni, che assolva alla medesima causa giuridica -per l'intrinseca loro natura richiede l'art. 9 citato -deve determinare una situazione non di accessoriet della disposizione, ma di connaturale compenetrazione, con lesclusione di quei casi in cui la stessa impone delle cautele richieste da esigenze di opportunit amministrativa che non influiscono sulla possibilit di concepire il negozio giuridico anche senza le cautele predette. Escluso un utile richiamo all'art. 9, secondo comma, della L.O.R., per i casi del genere resta da stabilire se ed in quali limiti all'economia delle leggi 589/49' con norme sulle opere pubbliche d'interesse degli Enti locali, opera il principio PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 785 merito) un atto di assunzione di obbl~gazioni altrui, soggetto al corrispondente trattamento tributario. Ai fini di tale questione, devesi anzitutto rilevare che la convenzione del 18 settembre 1956 non apport alcuna modifica al servizio di riscossione delle imposte di consumo, che continu ad essere gestito direttamente dal Comune di Castelguelfo. Con la convenzione in parola, della cui tassazione si discute, il Comune, riaffermando espressamente che avrebbe mantenuto la gestione diretta delle imposte di consumo, si impegn solo a versare i relativi proventi, giorno per giorno, nella cassa della tesoreria comunale, sottoponendoli a vincolo in favore della Cassa di Risparmio di Bologna, alla quale, con precedenti contratti, era stato affidato il servizio della tesoreria comunale, nonch quello della riscossione delle imposte dirette. La Gassa di Risparmio, a sua volta, si obblig di provvedere all'estinzione dei mutui che sarebbero stati concessi al Comune dal Monte di Bologna, impegnandosi di pagare a quest'ultimo l'importo delle delegazioni che all'uopo il Comune avrebbe rilasciato sulle imposte di consumo (gestite e riscosse dallo stesso Comune). E pur riservandosi il diritto di trattenere, fino a concorrenza dell'importo delle delegazioni, i proventi delle imposte di consumo che sarebbero stati versati dal Comune nelle casse della tesoreria comunale, la Cassa di Risparmio si obblig tuttavia a pagare direttamente al Monte di Bologna tutte le somme a questo dovute dal Comune (in dipendenza dei predetti mutui), anche se superiori all'importo delle imposte in realt riscosse. certo, infatti, che la Cassa di Risparmio assunse anche l'obbligo del non riscosso come riscosso; e quest'obbligo \ recepito dalla giurisprudenza per il quale, salvo diversa disposizione di legge, il diritto al trattamento tributario agevolato riguarda anche gli atti che come mezzo al fine, siano in correlazione con l'atto direttamente agevolato pur non essendo con esso necessariamente connesso o derivante. Il principio predetto, come stato gi accennato, potr operare per il caso in cui l'imposta liquidata e richiesta ai Comuni, ma non alla parte che con il Comune ha assunto le relative obbligazioni. L'art. 18 della legge 3 agosto 1949, n. 589, infatti, ha previsto una equiparazione ai fini tributari degli Enti locali allo Stato per gli atti occorrenti all'attuazione della legge stessa. Da ci deriva che, a norma dell'art. 94 della L.O.R. nei casi in cui l'imposta dovuta alle parti private, nulla dovreb):>e opporsi una volta riconosciuta l'autonomia dell'atto tassabile rispetto a quello espressamente agevolato, a che l'imposta sia accertata liquidata e percetta nei confronti della parte privata predetta. Cos limitatamente all'ipotesi in cui l'appaltatore dell'imposta di consumo o l'esattore tesoriere assuma l'obbligo di provvedere al pagamento dell'importo delle delegazioni anche in mancanza di provvista di cassa. Tale distinzione si impone dal momento che nella disciplina normativa posta dall'art. 94 della L.0.R. non trova applicazione il principio della solidariet posto in Via generale dal precedente art. 93. L. CORREALE 786 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO importava che, quali che fossero i proventi delle imposte di cortsumo, anche se inferiori.all'ammontare delle rate di ammortamento dei mutui, la Cassa di Risparmio era pur sempre tenuta al pagamento delle rate stesse, senza poter opporre al creditore (Monte di Bologna) la deficienza dei proventi delle imposte di consumo sulle quali il Comune avesse rilasciato le delegazioni di pagamento. Essendo questi i precisi termini della convenzione intercorsa fra le parti, quali risultano dalla denunciata sentenza, esattamente i giudici di merito hanno ritenuto che con quella convenzione " non venne introdotta nessuna modifica al contratto di esattoria, stipulato tra la Cassa di Risparmio e il Comune di Castelguelfo con il precedente contratto 9 luglio 1955 . Appare manifesta la giuridica impossibilit di ravvisare nella convenzione del 18 settembre 1956 (le cui clausole, innanzi riassunte, non formano oggetto di contestazione) gli estremi di un contratto di esattoria, o di un contratto equiparabile a quello di esattoria, ai sensi e per gli effetti dell'art. 12 della tabella allegato e alla legge di registro. ~ Il contratto di esattoria, che va registrato gratuitamente, deve riguar "':., dare necessariamente la riscossione di tributi, mentre la convenzione -~ in parola aveva per oggetto obbligazioni di tutt'altra natura, inerenti I ai mutui che il Comune di Castelguelfo intendeva contrarre con il ~.' Monte di Bologna e con la garanzia della Cassa di Risparmio. I. Esatta anche l'altra considerazione della Corte d'Appello, secondo ' cui il contratto in questione " non era diretto a disciplinare la materia I, , ... I . delle delegazioni da rilasciarsi a norma dell'art. 94 del t.u. per la finanza locale, in quanto, nella fattispecie, non venne affidato il ser . I vizio di esazione delle imposte di consumo all'esattore delle imposte dirette, ma si convenne l'autonomo obbligo della Cassa di Risparmio di pagare direttamente al Monte di Bologna l'importo delle delegazioni che il Comune sarebbe andato ad emettere, attuandosi in tal -modo una convenzione autonoma da assoggettarsi alla normale imposta di registro prevista per tale tipo di convenzione . In sostanza, la Cassa di Risparmio assunse l'obbligo di provvedere direttamente all'estinzione dei mutui che il Monte di Bologna avrebbe concesso al Comune di Castelguelfo, , I indipendentemente dalla riscossione delle imposte di consumo, sulle quali sarebbero state emesse le delegazioni di pagamento, e al di fuori dello schema tipico delle delegazioni esattoriali previste dall'art. 94 del t.u. per fa finanza locale. L'obbligazione, in tal modo assunta dalla Cassa di Risparmio, non solo non incideva sul contratto di esattoria, precedentemente stipulato col Comune, ma non concretava neppure una disposizione insuscettibile di autonoma tassazione, ai sensi dell'art. 9 della legge di registro, non trattandosi di obbligazione necessariamente connessa con i mutui da contrarre, n di obbligazione legata ai mutui stessi da un vincolo di PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA 'I'RtBUTARIA 787 necessaria derivazione. A parte che trattavasi di atti distinti, ed a parte che i contratti di mutuo erano ancora da stipulare, qui sufficiente ricordare che, giusta la giurisprudenza di questa Suprema Corte, le disposizioni necessariamente connesse o derivanti per la loro intrinseca natura le une dalle altre, che per l'art. 9 della legge del registro sono soggette ad un'unica tassazione (come se comprendessero la sola dispo~ sizione che d luogo all'imposta pi grave), sono soltanto quelle fra le quali intercorra, in forza della legge e non per mera volont dell parti, una concatenazione o compenetrazione di carattere oggettivo, tale da riassorbire tutte le disposizioni in un unico negozio giuridico, quali elementi indispensabili del negozio stesso. Il che, nella specie, non si verificava. -(Omissis). I primi due motivi di ricorso, pertanto, sono infondati e debbono essere rigettati. Ugualmente infondato il terzo motivo, col quale si denuncia la violazione di norme cogenti per l'ufficio fiscale impositore del tributo . Le norme violate sarebbero le istruzioni contenute in una circolare in data 4 settembre 1962 del Ministero delle finanze. Ma, a parte che tale circolare riguarda casi diversi da quello attuale, noto che le circolari ministeriali sono atti interni della pubblica amministrazione, destinati unicamente ad indirizzare e regolare in modo uniforme t attivit degli organi inferiori, atti che non hanno efficacia vincolante e che non possono spiegare effetti . giuridici nei confronti di altri soggetti, estranei alla pubblica Amministrazione, neppure ai fini della interpretazione di determinate norme di legge. Fondato, invece, il quarto motivo, col quale si denuncia la violazione dell'art. 18 della I. 3 agosto 1949, n. 589, nonch difetto di motivazione, per aver la Corte di merito ritenuto che la convenzione del 18 settembre 1956 non potesse usufruire del trattamento fiscale stabilito per gli atti stipulati dallo Stato. Al fine di escludere che nella specie fosse applicabile l'agevolazione tributaria invocata dal Comune, la Corte d'Appello ha addotto tre diversi ordini di ragioni : 1) che << per espressa disposizione di legge i benefici fiscali devono essere invocati dalle parti nello stesso contesto dell'atto: il che, nella specie, non era avvenuto; 2) che la convenzione del 18 settembre 1956 era autonoma nei confronti del contratto di mutuo, che in quell'epoca il Comune doveva ancora stipulare, non essendo una convenzione necessariamente connessa e dipendente dal contratto stesso ; 3) che la detta convenzione non rientrava nelle finalit previste dalla iegislazione speciale per le agevolazioni fiscali concesse ai mutui contratti per l'esecuzione di opere pubbliche nell'interesse degli enti locali . RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 788 La prima affermazione senza dubbio destituita di fondamento, in quanto n la legge 3 agosto 1949, n. 589, n le norme integrative e modificative, contenute nelle successive leggi in materia, subordinano la concessione delle agevolazioni tributarie da esse previste al requisito formale che tali agevolazioni siano espressamente invocate nello stesso atto che deve beneficiarne. N una siffatta subordinazione prescritta da altre leggi applicabili nella specie, o dai principi generali del diritto tributario. Anzi, con sentenza 8 febbraio 1963, n. 233, questa Suprema Corte ha ritenuto che, ai fini dell'applicazione di un beneficio fiscale, non necessario che risultino dall'atto tutte le condizioni che occorrono per l'applicazione del beneficio stesso, quando ci non sia espressamente richiesto dalla legge. E il beneficio tributario che in realt competa ugualmente applicabile, salvo diversa disposizione di legge, oltre che nel caso in cui non sia stato espressamente invocato nell'atto che pu beneficiarne, anche nel caso che le parti abbiano in un primo tempo invocato un diverso e non applicabile beneficio. Infondata anche la seconda considerazione in base alla quale la Corte di merito ha negato l'applicabilit dell'agevolazione prevista dalla legge 3 agosto 1949, n. 589, cio quella del trattamento fiscale stabilito per gli atti stipulati dallo Stato. esatto -e gi innanzi lo si rilevato -che la convenzione in esame non pu ritenersi necessariamente connessa con i predetti mutui, ai sensi dell'art. 9 della legge di registro; ma questa norma del tutto estranea alla questione da risolvere, che non riguarda la tassabilit li un atto o di negozio, ma l'applicabilit di un beneficio. E l'agevolazione tributaria invocata dal Comune applicabile a tutti gli atti e contratti occorrenti per l'attuazione della citata legge del 3 agosto 1949, anche se non necessariamente connessi o non derivanti necessariamente gli uni dagli altri, come chiaramente risulta dall'art. 18 della stessa legge. Del resto, principio pi volte affermato da questa Suprema Corte che salvo diversa disposizione di legge, il diritto al trattamento tributario speciale riguarda anche gli atti che, come mezzo a fine, siano in correlazione con l'atto che gode dell'agevolazione, pur non essend con esso necessariamente connessi o derivanti. Quanto all'ultima ragione addotta dalla Corte di merito, risulta manifesto il difetto di motivazione, che il ricorrente denuncia. La Corte d'Appello si limitata ad affermare che la convenzione in parola non rientrava nelle finalit previste dalla legislazione speciale , ma non ha affatto dimostrato di aver esaminato e valutato il testo della convenzione, n ha accertato quali fossero in concreto le finalit che le parti intesero perseguire con l'assunzione dei predetti mutui e con le relative obbligazioni. Sosteneva e sostiene il Comune che tali finalit erano precisamente quelle previste dalla legge 3 agosto 1949, la quale mira ad agevolare l'esecuzione di opere pubbliche di interesse degli PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 789 enti locali, e che, di conseguenza, erano applicabili le agevolazioni tributarie concesse con lart. 18 della stessa legge. Su questo punto manca nell'impugnata sentenza un'adeguata motivazione: e poich, come innanzi si visto, sono giuridicamente infondate le altre ragioni addotte per negare l'applicabilit del beneficio, devesi accogliere il quarto motivo di ricorso, con conseguente cassazione della denunciata :sentenza e rinvio ad altro giudice per nuovo esame. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 24 maggio 1965, n. 1003 -Pres. Pece Est. Straniero -P.M. Tavolaro (conf.). -Soc.n.c. Trottmann (avv.ti De Crescienzo e Forgione) c. Ministero Finanze {avv. Stato Cavalli). Imposta generale sull'entrata -Obbligo del pagamento in abbonamento -Erronea corresponsione a mezzo marche -Efficacia estintiva dell'obbligazione tributaria. (1. 19 giugno 1940, n. 762, artt. 37 e 47). Il pagamento dell'imposta generale sulrentrata, irregolarmente effettuato dal contribuente a mezzo marche, anzich nella prescritta forma delr abbonamento, non d luogo, quando non superi l'ammontare del canone dovuto, ad una questione di rimborso ai sensi dell'art. 47, comma primo, della legge sull'i.g.e. ed efficace ad estinguere, integralmen,te o pro quota, il debito di imposta, salva l'applicazione della pena pecuniaria di cui all'art. 37 della legge medesima (1). (1) Con la sentenza in esame la Cassazione ha fornito per la prima volta una interpretazione coordinata delle norme degli artt. 37, primo comma, e 47, primo -comma, della legge sull'i.g.e. che, gi disattesa dai giudici di merito nella stessa oeausa, appare suscettibile di riserve. Non sembra infatti dubitabile che, specialmente in materia tributaria in cui le forme assumono importanza particolare a tutela degli interessi sia del Fisco che carico in sede di abbonamento, stata, dalle parti e dai giudici di merito,. essenzialmente impostata, sin dalla prima fase del giudizio, sotto il profilo della interpretazione dell'art. 37 della legge organica sull'i.g.e. e della possibilit o meno di un suo coordinamento con il successivo art. 47 dlla legge medesima. Dalla constatazione che l'art. 37 si limita a comminare una pena pecuniaria (nella misura da un decimo alla met della somma corrispondente all'imposta irregolarmente versata) a carico di colui che, essendo obbligato, dalle disposizioni contenute nella legge e nel relativo regolamento, a corrispondere l'imposta in abbonamento o in altro modo virtuale, ne abbia, invece, effettliato il pagamento a mezzo di marche ovvero del sistema dei conti correnti postali, la Trottmann trasse, infatti, immediatamente argomento per sostenere sia che la previsione, da parte della legge, dell'unica sanzione della pena pecuniaria dimostrerebbe la volont del legislatore di ritenere sostanzialmente valido il pagamento agli effetti della estinzione del debito di imposta sia che siffatto convincimento dovrebbe, a sua volta, condurre alla conseguenza che il successivo pagamento, effettuato a seguito della liquidazione dei canoni di abbonamento, debba essere considerato, fino alla concorrenza delle dell'adempimento secondo le prescritte modalit, possa determinare, sino a concor-xenza delle marche applicate, l'estinzione dell'obbligazione tributaria, basata sulle-. seguenti proposizioni : 1) l'art. 47 della legge organica sull'i.g.e., che esclude il rimborso dell'imposta erroneamente corrisposta a mezzo di marche applicate dal contribuente, concerne esclusivamente l'ipotesi in cui manchi l'obbligazione tributaria e non riguarda invece l'ipotesi in cui l'obbligazione tributaria debba essere adempiuta in altro modo, cio in modo diverso da quello seguto dal contribuente con lapplicazione delle marche; 2) in tale ipotesi, e cos quando l'i.g.e. debba essere assolta in abbonamento, l'erronea applicazione delle marche, pur non costituendo esatto adempimento, per vizio di forma, vale tuttavia ad estinguere l'obbligazione tributaria, come dato desumere dagli artt. 35 e 37 della legge organica sull'i.g.e., i quali per l'inesatt" adempimento si limitano a comminare solo una sanzione pecuniaria, ponendo " un regime assolutamente compatibile col riconoscimento dell'efficacia estintiva dell'inesatto adempimento. L'equiparazione che per tale via viene fatta dell'inesatto adempimento all'adempimento contrasta con i principi generali ed appare inspiegabile in una materia come quella tributaria, improntata ad un rigorismo anche formale che non trova. riscontro nel diritto comune. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 791 somme in precedenza versate, un duplicato di imposta, ripetibile dal contribuente. Sul richiamo dell'art. 47, comma primo, secondo il quale l'imposta erroneamente corrisposta a mezzo di marche applicate dal contribuente non rimborsabile, integrato dalla sentenza impugnata col rilievo che il divieto del rimborso costituisce in tal caso un principio tradizionale del diritto tributario, espressamente trasfuso nell'art. 45 della vigente legge sul bollo 25 giugno 1953, n. 492, i giudici di merito hanno, viceversa, fatto essenziale assegnamento per la prospettazione della ratio decidendi sulla cui base hanno ritenuto di dover rigettare la domanda della Trottmann. Ora, questo Supremo Collegio, chiamato a giudicare del contrasto di interpretazione, a seguito del ricorso della Trottmann, fondato, nell'unico suo motivo, sulla violazione delle suindicate disposizioni di legge, oltre che sul vizio di motivazione ai sensi dell'art. 360, n. 5, c.p.c., ritiene che le censure di merito della ricorrente, la quale ribadisce le premesse ed i principi gi riferiti, siano sostanzialmente fondate. Non vi dubbio, invero, in primo luogo, che, per giustificare l'applicazione al caso concreto della norma di cui all'art. 47, non sia sufficiente il fatto che la Trottmann abbia corrisposto l'i.g.e., mediante applicazione sulle singole fatture rilasciate ai clienti, nel convincimento di dover corrispondere l'imposta in quella forma anzich per abbonamento, senza aver, quindi, presentato alcuna dichiarazione a tale ultimo fine e prima che lAmministrazione, in mancanza della denuncia, avesse effettuato un qualsiasi accertamento in ordine a quanto dovuto a termine di canoni. La verit invece che " anche per l'obbligazione tributaria affinch la solutio sia liberatoria ed estingua quindi il rapporto giuridico obbligatorio necessario che il debitore presti esattamente ci che deve, nel modo e nei termini stabiliti dalla legge " (A. BERLIRI, Principi di diritto tributario, II/I, Milano, 1957, 301). Di conseguenza lapplicazione di marche in luogo del pagamento in denaro presso gli uffici finanziari o dove sia consentito a mezzo del servizio dei e.e. postali, nri pu valere come adempimento e non pu comportare la liberazione del debitore, perch egli cos facendo non presta esattamente ci che deve, nel modo dovuto. Tale affermazione, assolutamente conforme ai principi, ancora pi evidente se si acceda alla dottrina (BERLIERI, op. cit., 170) che ravvisa nell'applicazione e nell'annullamento delle marche un fare (e correlativamente nelle imposte che si assolvono in tal modo delle obbligazioni di fare), essendo pi macroscopica la diversit della prestazione eseguita (applicazione di marche e cio fare) rispetto all'obbligazione dovuta (pagamento di una somma di denaro, cio dare) e la conseguente applicazione del principio civilistico che " il debitore non pu liberarsi eseguendo una prestazione diversa " (art. 1197 e.e.). Peraltro, anche a considerare l'applicazione di marche come un modo di assolvere alla prestazione di dare, certo che a questo modo di pagamento il debitore pu fare ricorso solo quando la legge glielo prescriva o glilo consenta e non quando la legge richiede un diverso modo di adempimento; altrimenti non potr conseguire la liberazione dall'obbligazione. Che il debitore, il quale non esegua esattamente la prestazione dovuta 792 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La Trottmann era in realt un soggetto avente obbligo d'imposta i.g.e. per il solo fatto del conseguimento di entrate afferenti al suo commercio e, pertanto, soggette ad imposta, indipendentemente dalla presentazione della prescritta denuncia e, a maggior ragione, indipendentemente da qualsiasi accertamento da parte della Finanza perch questo Supremo Collegio ha gi precisato (sentenza del 30 dicembre 1963, n. 2916) che il debito d'imposta sorge nel momento del verificarsi del presupposto, ovverosia della situazione di fatto alla quale la legge ricollega il debito stesso, non gi nell'altro nel quale l'ufficio finanziario effettua il proprio accertamento, in quanto (sentenza 29 luglio 1963, n. 2116) l'accertamento tributario, pure avendo il fine di accertare e valutare gli elementi costitutivi del debito d'imposta, ha natura meramente dichiarativa del debito medesimo, che sorge direttamente dalla volont della legge e non gi da quella dell'Amministrazione. I pagamenti da essa eseguiti, sia pure in forma non consentita dalla legge, al fine di soddisfare l'imposta non potevano, di conseguenza, posto che l'Amministrazione aveva accertato che il loro ammontare non era superiore ai canoni di abbonamento dovuti, essere considerati in ipotesi I ripetibili nel quadro dell'indebito oggettivo ex art. 2033 e.e. e, quindi, l non potevano neppure ritenersi compresi nella sfera giuridica della norma richiamata, posto che la presenza in quest'ultima dell'espressione ' rimborso ed il logico riferimento concettuale di detta espressione ' Ir soltanto a ci che l'Amministrazione, per difetto originario, o per fatto sopravvenuto, non abbia comunque diritto di ritenere, chiariscono sufficientemente che l'errore di corresponsione preso in esame dalla ' (art. 1218 e.e.) non consegua la liberazione dall'obbligazione, significa che all'ob. bligazione stessa egli rimane tenuto ad adempiere secondo le prescritte modalit; . mentre ci che ha prestato in modo difforme dal dovuto, essendo privo di una causa di giustificazione, potr dar luogo ad un problema di ripetizione di indebito. I La sentenza in esame, invece, giunge nel caso alla conclusione opposta e in contrasto con i principi, e cio a prospettarsi un problema di ripetizione di indebito con riguardo al pagamento dell'imposta in abbonamento (cio alla prestazione dovuta) eseguito dal contribuente dopo l'erronea applicazione delle marche (prestazione non dovuta e difforme da quella dovuta) . .S'intende, al contrario, agevolmente come nel caso, il problema di ripetizione d'indebito non potesse prospettarsi con riguardo al pagamento dell'i.g.e. in abbonamento (ripetesi, prestazione dovuta) ma dovesse porsi con riferimento alle marche erroneamente applicate e dovesse risolversi negativamente per il disposto del ricordato art. 47. Tale norma, infatti, contempla tutte le ipotesi in cui vi sia stata una prestazione non dovuta e cos l'ipotesi di prestazione eseguita in mancanza di un'obbligazione tributaria, come l'ipotesi di prestazione difforme da quella dovuta, giacch in entrambe le ipotesi la situazione la medesima: la prestazione priva di una causa di giustificazione. N, cos intesa, la disciplina realizzata dalla norma contrasta con i principi, ai quali, anzi, si conforma. Invero, proprio secondo i principi, come PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 793 legge tributaria quello, di sostanza, che postula lesistenza di un titolo giustificativo dell'obbligo di pagamento in realt insussistente, non gi l'altro, di forma, che incide soltanto sulle modalit da seguirsi riguardo all'adempimento di un obbligo realmente esistente ed idoneo soltanto ad attribuire all'adempimento medesimo la qualifica della irregolarit. Tale qualifica, a sua voJta, se pur avrebbe potuto in ipotesi indurre il legislatore a considerare il pagamento siccome inefficace ad estinguere, per intero o pro quota, il debito d'imposta, in quanto giustificato nella sua decisione dal maggior disagio delfAmministrazione nella individuazione del contribuente e dall'imputabilit del fatto ad esclusiva attivit del contribuente medesimo, ha, invece, in realt, determinato, nel sistema della legge, soltanto previsioni di sanzioni pecuniarie, sole (art. 37 per le marche in luogo dell'abbonamento) ovvero congiunte ad una integrazione di pagamento pari all'aggio corrispondente all' acquisto delle marche {art. 35 per le marche in luogo del servizio dei conti correnti postali), cio un regime assolutamente compatibile, per sua natura, con il riconoscimento dell'efficacia estintiva e tale, pertanto, da rendere lAmministrazione obbligata a procedere, in sede di accertamento, alla conseguente detrazione e a non pretendere, come ha fatto invece nel caso della Trottmann, l'intero versamento dei canoni di abbonamento. Il richiamo ai principi della legge sul bollo in tema di non rimborsabilit del prezzo delle marche erroneamente applicate ma regolarmente annullate ed alla estensibilit dei principi medesimi anche in tema: di marche i.g.e., sotto il profilo che vi sia stato comunque un si visto, anche nell'ipotesi che la prestazione eseguita non sia quella dovuta, il problema del trattamento da farsi alla prestazione stessa si pone e non pu che porsi in termini di rimborso, atteso che il debitore rimane tenuto all'esatta esecuzione della prestazione dovuta. :I!: invece la diversa interpretazione, data dalla Corte. che. porta a conseguenze contrarie ai principi generali e che quindi non rispondente ai canoni ermeneutici fondamentali, in mancanza di argomenti validi a , giustificare la sovversione del sistema. Argomenti che non sono forniti dalle norme degli artt. 35 e 37 della legge organica sull'i.g.e., invocate dalla sentenza. Invero le norme indicate, contenute nel titolo X che tratta delle sanzioni, non postulano affatto la supposta ed inverosimile equiparazione dell'inesatto adempimento all'adempimentq. Esse ribadiscono invece che l'obbligazione tributaria deve essere adempiuta secondo le modalit prescritte dalla legge e rafforzano, con la comminatoria di una sanzione, il divieto di fare ricorso a modi diversi, anche se, in definitiva, idonei a far conseguire al creditore lo stesso vantaggio (BERLIRI, op. cit., 303). Detta sanzione, in considerazione che ovviamente diversa la posizione del contribuente che ha eseguito una prestazione difforme da quella dovuta rispetto a quella del contribuente che non ha eseguito alcuna prestazione, adeguata a questa diversa situazione ed perci inferiore alla sanzione prevista per l'ipotesi in cui non sia stata eseguita alcuna prestazione (art. 30). Questa soltanto la ragione degli artt. 35 e 37. 794 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO consumo di beni tale da non poter essere considerato come non avvenuto, pertanto inconferente perch, nel sistema della legge, l'annullamento delle marche da parte della Trottmann non ha costituito un fatto a s stante, che si esauriva in se stesso mediante un consumo di beni, ma era idoneo a conseguire un risultato utile, anche se non ad viam juris e tale, quindi, sotto quesfultimo profilo, da soggiacere a sanzione. L'annullamento in questione, per i suoi riflessi positivi sull'adempimento del debito, pone piuttosto, in relazione al singolo caso in esame, un secondo problema, inerente alla duplicazione del tributo che, per effetto del pagamento integrale dei canoni, sorge sino alla concorrenza delle somme sostanzialmente pagate due volte. :E: questa duplicazione, in altri termini, che, in ordine al secondo pagamento, senza dubbio erroneamente corrisposto pro quota perch privo di causa, si presta ad essere inquadrata sotto il profilo dell'art. 47 sia quanto al diritto della contribuente ad ottenere il rimborso sia eventualmente al diniego del rimborso medesimo, se, trattandosi di versamenti fatti a mezzo del servizio dei conti correnti postali, la relativa istanza fosse Del resto, che tali norme considerino solo il profilo della sanzione adeguata si evince altres dal diverso trattamento che esse rispettivamente riservano all'erronea applicazione di marche a seconda che siano state violate le norme sul pagamento a mezzo del servizio dei e.e. o le norme sul pagamento in abbonamento o in altro modo virtuale. Nella prima ipotesi, in considerazione delle minori possibilit di ., errori circa le modalit di corresponsione dell'imposta (art. 9) e dell'eventuale frazionamento del corrispettivo costituente una unica entrata (art. 35), prevista, oltre la sanzione, la refusione dell'aggio corrispondente alle marche applicate, che, invece, per inversa ragione, non prevista nell'altra ipotesi. La previsione della refusione dell'aggio nell'art. 35 e non anche nell'art. 37 le l'omessa considerazione del costo intrinseco delle marche costituiscono un'ulteriore ragione per escludere che l'importo corrispondente alle marche erroneamente applicate abbia un qualche rilievo ai fini dell'adempimento dell'obbligazione tributaria da assolvere in altro modo, essendo inspiegabile la perdita che altrimenti la Finanza I verrebbe a subire in dipendenza dell'omessa esecuzione della prestazione secondo le prescritte modalit. Sembra quindi potersi concludere che l'erronea applicazione di marche, quando l'i.g.e. debba essere pagata a mezzo del servizio dei e.e. o in abbonamento o in altro modo virtuale, non vale ad estinguere l'obbligazione tributaria, che continua a dover essere adempiuta negli altri modi indicati, cos come in genere ogni prestazione difforme da quella dovuta. Per di pi, a differenza che nelle altre ipotesi di erronea prestazione, essa non d neppure luogo a possibilit di rimborso, come appunto prescrive l'art. 47, in conformit ad un tradizionale principio, gi applicato per l'imposta di bollo e ora stabilito in modo espresso dalla nuova legge (art. 45 d.P. 25 giugno 1953, n. 492). La ragione dell'esclusione del rimborso risiede nel fatto che l'erronea applicazione di marche da parte del contribuente, a ben guardare, non suscettibile di essere considerata in termini di pagamento di indebito (cos, ma dubitativamente, ALLoruo, Ripetizione dell'imposta di bollo, Dir. prat. trib., 1956, II, 351 e part. 355). Infatti, se le marche si considerano, secondo l'opi PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 795 :stata dall'interessata presentata oltre il termine di un anno dall'effettuato pagamento. All'esame di questo aspetto nuovo della causa prov-, -veder peraltro il giudice di rinvio. Il ricorso va perci accolto e la causa va rinviata ad altro giudice di merito, che si de8igna in altra Sezione della stessa Corte d'Appello -di Genova, la quale provveder anche sulle spese del giudizio di cassa: zione e si conformer al principio di diritto che il pagamento dell'im posta i.g.e., irregolarmente effettuato dal contribuente a mezzo marche, .anzich nella prescritta forma dell'abbonamento, non d luogo, quando non superi lammontare del canone di abbonamento dovuto, ad una questione di rimborso ai sensi dell'art. 47, comma primo, della legge organica sull'i.g.e. ed efficace ad estinguere, integralmente o pro quota, il debito d'imposta, salva lapplicazione della pena pecuniaria di cui .all'art. 37 della legge medesima. -(Omjssis). -nione comune, come beni economici suscettibili di consumo, questo, una volta avve. nuto, irriversibile (A. BERLIRI, La legge del bollo, Milano, 1953, 101; STAMMATI, .Imposta generale sull'entrata, 269); se invece si considerano come titoli di credito in senso largo {ALLoruo, op. loc. cit.) o pi specificamente come titoli di legittima- zione (D'AMATI, L'imposta di bollo, Torino, 1962, 179 e segg.) la conseguenza -che quando il titolo non sia stato utilizzato nei modi richiesti, il contribuente perde 1a possibilit di farne un uso profittevole per l'avvenire, o, come bene rileva D'AMATI che l'emittente sciolto da ogni obbligo, indipendentemente dal fatto che il prenditore abbia o meno conseguito la situazione collegata col particolare titolo -O.i legittimazione . A. FRENI CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 25 maggio 1965, n. 1036 -Pres. Favara -Est. Rossi -P.M. Polimeni (conf.) -Ministero Finanze (avv. Stato Graziano) c. Consorzio portuale di Livorno soc. coop. a r.l. (avv.ti Romanelli e Bassano). ]mposta di registro Distinzione tra vendita ed appaltO Principi stabiliti dalla legge 19 luglio 1941, n. 771 -Applicabilit nella interpretazione di leggi posteriori in materia di registro. (l. 19 luglio 1941, n. 771; dcl.II. luog. 7 giugno 1945, n. 322 e 26 marzo 1946, n. 221). ]mposta di registro -Distinzione tra vendita ed appalto -Criterio dell'ordinaria produzione -Assorbente rispetto a quello della prevalenza di materie, merci o prodotti sulla prestazione di opera. (1. 19 luglio 1941, n. 771, art. 1, commi quinto e sesto). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 796 I principi stabiliti dalla legge 19 luglio 1941, n. 771, in materia di imposta di registro devono applicarsi nell'interpretazione di qualsiasi legge tributaria successiva che riguardi detta imposta (1). La legge n. 771 del 1941, per la determinazione della prevalenza del lavoro o della materia, si riferita, in via esclusiva, al valore rispettivamente dell'opera o della materia, considerando appalto, agli effetti dell'imposta di registro, il contratto comprendente, oltre alla prestazioned'opera, anche la forni tura di materie, merci o prodotti, ove tali f orniture non siano prevalenti per prezzo o valore rispetto al prezzo <> valore globale {art. 1, primo comma) (2). {Omissis). -L'Amministrazione ricorrente -deducendo violazione e falsa applicazione dell'art. 1, commi quinto e sesto, della legge 19 luglio 1941, n. 771 e dell'art. 12 delle disposizioni sulla legge in generale, in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c. -censura la sentenza impugnata per avere negato il carattere di compravendita al contratto25 marzo 1949, sul riflesso che le grue fomite dalla Societ Rinieri, pur costituendo ordinaria produzione della societ stessa, nn erano prodotte in serie, siccome costruite su apposita ordinazione del Consorzio. La Corte del merito -si sostiene dalfAmministrazione -ha, violandone la lettera, arbitrariamente interpolato il testo dell'art. r della legge n. 771 del 1941, introducendovi, come equivalente del concetto di " ordinaria produzione , il concetto di " produzione in serie ~ (1) La prima massima pu considerarsi ormai pacifica. La Corte Suprema ha costantemente (sent. 29 aprile 1954, n. 1332, resa in causa 1SAMIA c. Finanze; sent. 3 luglio 1957, n. 2588, resa in causa Finanze c. SIMMA; sent. 13 febbraio 1961. n. 317, resa in causa Finanze c. SIF) ritenuto che ogni qualvolta sia necessario, in materia di imposta di registro e relative agevolazioni od esenzioni, distinguere tra vendita ed appalto, debbasi ricorrere ai criteri distintivi sanciti nell'art. 1 della l. n. 771 del 1941 e non a quelli elaborati dalla dottrina sulla base della normativa contenuta nel codice civile. (2) Produzione ordinaria, produzione di serie e produzionespecializzata nell'interpretazione dell'art. 1, commi 5 e 6 della legge 19 luglio 1941, n. 771. La legge n. 771 del 1941, recante provvedimenti in materia di imposta di registro sugli appalti ed accordante, in concreto, speciali agevolazioni a detti rapporti, allo scopo di eliminare incertezze ed appianare difficolt in sede di registrazione, ha dettato specifici criteri di differenziazione tra appalto e vendita valevoli agli effetti tributari. Pi precisamente l'art. l, al primo comma, sancisce doversi qualificare appalt0> il contratto comprendente fornitura di materie, merci o prodotti e prestazioni di opera allorch il prezzo o valore delle materie, merci e prodotti non costituisca la parte prevalente del prezzo o valore globale. Il quinto comma del medesimo articolo soggiunge, per, che " qualunque sia il valore delle materie, merci o prodotti impiegati nella lavorazione, si considerano PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 797 che in contrasto con la possibilit (la quale non priva del carattere di compravendita la foi;nitura di cose costituenti l'oggetto della produzione ordinaria della ditta fornitrice) che le cose stesse subiscano nella fabbricazione variazioni o adattamenti su richiesta o ordinazione dell'acquirente . La censura non fondata. Le agevolazioni tributarie concesse con i decreti 7 giugno 1945, n. 322 e 26 marzo 1946, n. 221 per la ricostruzione o riparazione, tra l'altro, degli impianti industriali distrutti o danneggiati da eventi bellici devono intendersi limitate ai contratti che, agli effetti dell'imposta di registro, possano essere qualificati come appalti a norma della legge 19 luglio 1941, n. 771 ( Provvedimenti in materia d'imposta di registro sugli appalti ), i principi stabiliti dalla quale devono perci applicarsi nell'interpretazione e nell'applicazione di qualsiasi legge posteriore relativa a tale imposta. Come noto, nell'interpretazione delle norme di diritto comune, si ha appalto o vendita, a seconda dell'oggetto che, rispettivamente, , nel primo, un'obbligazione di dare e insieme di fare (quest'ultima prevalente sulla prima, con gestione a rischio dell'appaltatore) e, nel secondo, un'obbligazione di dare {cfr. Cass., 29 novembre 1963, n. 3067, 686/1960 ecc.}. La legge tributaria del 1941 -che si propose di dettare dei criteri precisi per discriminare gli appalti dalle vendite, e cos evitare le diffi vendite ai fini tributari i contratti con i quali una ditta si obbliga a consegnare cose che costituiscono loggetto della sua ordinaria produzione . Il comma successivo, poi, enuncia gli elementi dai quali desumere il carattere di ordinariet della produzione, primo 'fra tutti quello dell'ordinaria organizzazione industriale e attrezzatura tecnica della ditta produttrice... . Attesa la formulazione della norma chiaro come il secondo criterio abbia carattere assorbente rispetto al primo, in quanto ogni indagine diretta all'accertamento dell'eventuale prevalenza delle prestazioni rispetto alle merci o alle materie, si appalesa inutile tutte le volte che oggetto del contratto sia una cosa che rientri nella normale produzione della ditta. Peraltro, la rigidit del principio ha, in certo senso, favorito o, perlomeno, occasionato una serie di tentativi diretti chiaramente a restringerne la portata ed a limitare il concetto di produzione ordinaria entro limiti del tutto inacettabili. Lo strumento impiegato -non senza qualche successo -per allargare le maglie dell'enunciato criterio restrittivo, stata la considerazione della cosa fornita con riguardo ora alla sua quantit, ora alla sua complessit ed agli inevitabili riflessi che tali caratteristiche importano rispetto all'organizzazione della ditta produttfice. Cos si ritenuto doversi escludere che l'ordinaria produzione possa avere ad oggetto grandi motori per navi costruiti su espressa ordinazione (App. Napoli, 17 febbraio 1958, Finanze c. Lauro) od impianti rispondenti a determinate caratteristiche di capacit,. resistenza o dimensione (App. Roma, 15 aprile 1954, Finanze c. UNES) o complessi di cose costituenti impianti unitari (App. Bologna, 20 dicembre 1955, Finanze c. SIMMA). 798 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO colt che in numerosi casi pratici si presentavano per identificare la natura dei rapporti sottoposti aliesame degli uffici finanziari - partita, bens, dal medesimo criterio della prevalenza del lavoro o della materia, ma, per la determinazione di tale prevalenza si riferita, in via esclusiva, al valore, rispettivamente dell'opera o della materia, considerando appalto, agli effetti dell'imposta di registro, il contratto comprendente, oltre alla prestazione d'opera, anche la fornitura di materie, merci o prodotti, ove tali forniture non siano prevalenti per prezzo o valore rispetto al prezzo o valore globale {art. 1, primo comma). Inol~re, prescindendosi dalla valutazione delle materie, merci o prodotti impiegati nella lavorazione, ha considerato vendite i contratti con i quali una ditta si obbliga a consegnare cose costituenti l'oggetto della sua ordinaria produzione {art. citato, quinto comma), mentre, nel comma successivo, ha definito l'ordinaria produzione come quella del1' ordinaria organizzazione industriale e attrezzatura tecnica del produttore, indicando gli elementi da cui essa pu essere desunta, e precisando che non hanno influenza eventuali variazioni o adattamenti : subiti, nella fabbricazione, dai prodotti su richiesta o ordinazione del- I 1'acquirente. Alla stregua dei criteri stabiliti dalla legge, la Corte di Firenze ~ I ha negato la qualifica di compravendita al contratto 25 marzo 1949, ' osservando che le grue fornite al Consorzio portuale di Livorno non , potevano costituire produzione in serie della Societ Rinieri, giacch . i, I00 ~ doveroso riconoscere che, sotto il profilo teorico, la Corte Suprema ha respinto simili tentativi di alterare la portata della disposizione legislativa in esame, fili ribadendo, in armonia con lesplicito dettato legislativo, che eventuali variazioni od adattl1-menti subti dalle. cose oggetto di fornitura a richiesta dell'acquirente, non valgono ad escludere la vendita quando dette cose formano oggetto della normale produzione della ditta fornitrice. Senonch, a tali affermazioni di principio, non sempre seguita una corretta definizione dei casi di specie esaminati, probabilmente per la difficolt di prescindere, nella valutazione delle singole fattispecie, dal criterio richiamato nel primo comma dell'art. 1 citato, con l'inevitabile conseguenza che, pi di una volta, si di fatto deciso in base alla "prevalenza delle prestazioni " anche quando trattavasi di cose oggetto di " ordinaria produzione " . Il segnalato salto logico tra premesse teoriche e conseguenze pratiche, esattamente rilevato nella sentenza della Cassazione 30 luglio 1960, n. 2235 (R. ALBANO, I critri distintivi tra appalto e vendita ecc., Riv. nav., 1961, 2, 264) e giustificato con lo specioso argomento della pretesa " severit del criterio restrittivo enunciato. nel quinto comma dell'art. 1 " (op., loc. cit.) vale a dire con un motivo prettamente extragiuridico, ricorre puntualmente anche nella sentenza in esame laddove, nel considerare fondata la pronuncia dei giudici di appello, vuoi sotto il profilo della " prevalenza ", vuoi sotto quella della " ordinaria produzione , essa rivela una sintomatica indifferenza circa la diversa portata dai due criteri ed una evidente dimenticanza del carattere assorbente del secondo rispetto al primo. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 799 questa, -a differenza di altra Societ, la OMAS di Livorno, che aveva fornito al Consorzio altre grue, la fornitura delle quali aveva dato luogo a controversia della medesima natura (pure sottoposta al suo esame) tra il Consorzio stesso e la Finanza -eseguiva costruzioni meccaniche in genere, e non era specializzata nella produzione di apparecchi di sollevamento, ed altres ritenendo provato dal Consorzio, mediante f esibizione del contratto e dell'allegato capitolato d'appalto, che, nelfimporto globale dell'opera, il prezzo delle materie prime era stato considerato dai contraenti pari al costo della mano d~opera. La decisione si fonda, perci, su un duplice accertamento di fatto, uno dei quali, e cio quello dell'equivalenza tra materia e lavoro non ha costituito neppure oggetto d'impugnazione in questa sede da parte del ricorrente. In queste circostanze, la censura mossa alla Corte del merito, di avere dapprima riconosciuto che le grue costituivano ordinaria produzione della Societ Rinieri, e poi escluso che gli apparecchi avessero formato oggetto di compravendita, in quanto non costruiti in serie, troverebbe la ricorrente priva di interesse alla doglianza; ma questa, per di pi, non ha pregio. L'indagine della Corte stata, invero, diretta ac accertare, non tanto se le grue costituissero oggetto di produzione industriale in serie, ma correttamente, in aderenza al disposto della legge, se la societ produttrice fosse in grado, con la propria organizzazione industriale e Solo cos pu spiegarsi il rimprovero mosso all'Amministrazione di non aver contestato la sussistenza nel caso di specie del requisito della prevalenza ; mentre chiaro che essa Amministrazione non aveva nessuna ragione di discutere tale problema per il semplice ma assorbente motivo che a fondamento della tesi difensiva era stato posto il criterio della ordinaria produzione . A queste difficolt derivanti, come si accennato, dalla rigidit delle norme tributarie in esame, se ne sono aggiunte altre di natura pi squisitamente interpretativa riguardanti la definizione del concetto di ordinaria produzione. Il problema centrale consiste nel determinare la linea di confine -indubbiamente sottile in una numerosa serie di casi -tra le ipotesi in cui eventuali variazioni o adattamenti ,, richiesti od ordinati dall'acquirente possano essere soddisfatti dalla ditta produttrice con lordinaria organizzazione industriale e attrezzatura tecnica , da quelle, invece, in cui la ditta medesima possa soddisfare le specifiche esigenze del compratore solo con innovazioni pi o meno profonde della propria ordinaria struttura produttiva. Un primo orientamento giuridisprudenziale, accolto prevalentemente dalle magistrature di merito (App. Napoli, 17 febbraio 1958, Finanze c. Lauro; App. Firenze, 15 dicembre 1961, Finanze c. Cons. portuale di Livorno, questa ultima oggetto del ricorso deciso con la sentenza annotata), ed anche dalla Corte Suprema (Cass., 13 febbraio 1961, n. 317, Finanze c. Soc. Imprese Ferroviarie), ha ritenuto di dover identificare lordinaria produzione nella produzione di serie giacch, fuori di tal caso, oltre a prevalere l'elemento del lavoro su quello della materia, non 800 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO con la propria attrezzatura tecnica, di fornire all'altro contraente apparecchi aventi le caratteristiche descritte nel contratto 25 marzo 1949. E con l'accertamento che -contrariamente a quanto aveva sostenuto l'Amministrazione appellante -la Societ Rinieri non era specializzata nella costruzione di apparecchi di sollevamento la Corte ha escluso che, al tempo della commessa lorganizzazione industriale e l'attrezzatura tecnica della societ fossero idonee alla costruzione delle grue richieste dal Consorzio. L'apprezzamento di puro merito compiuto al riguardo dalla Corte, siccome consono ai principi di legge e suffragato da una motivazione adeguata, per quanto succinta, incensurabile dalla Corte Suprema, ed escludendo che la produzione di cui causa avesse i requisiti richiesti dal combinato disposto dei commi quinto e sesto dell'art. 1 della legge tributaria, rende superflua qualsiasi ulteriore indagine sulle caratteristich~ della produzione stessa. -(Omissis). sempre sufficiente l'ordinaria organizzazione e l'attrezzatura tecnica dell'imprenditore" (Cass., n. 317-1961 cit.). L'erroneit dell'assunto appare evidente sol che si consideri come la legge stessa ammetta la possibilit di adattamenti delle cose ordinariamente prodotte alle speciali esigenze dell'acquirente senza che ci valga ad escludere, di per s, il requisito dell'ordinariet quale risulta delineato nella previsione legislativa. Tutt'al pi, come la Corte medesima ha osservato (sent. 30 luglio 1960, n. 2235), la produzione della cosa fornita su ordinazione e con caratteristiche specifiche, potr costituire indizio dell'estraneit di essa alla ordinaria produzione ( ... ), ma non ne senz'altro dimostrazione, perch, secondo la norma ( ... ), occorre che la cosa sia frutto della ordinaria organizzazione industriale e attrezzatura tecnica: e non pu escludersi un prodotto da tale ambito, solo perch possiede particolarit rispetto alla normale produzione " . La sentenza in esame ammett implicitamente che il criterio della produzione in serie sia sostanzialmente estraneo al dettato legislativo, ma sembra introdurre un nuovo concetto nella tormentata materia, quando, nel dichiarare esente da vizi logici la pronuncia dei giudici di appello, parifica l'idoneit dell'organizzazione indstriale e dell'attrezzatura tecnica della ditta alla specializzazione " della medesima. Bench 1a motivazione non offra elementi sufficienti per intendere esattamente di quali sviluppi interpretativi il concetto possa essere suscettibile nell'applicazione della norma in esame, deve peraltro respingersi il tentativo di sostituire ancora una volta un criterio diverso a quello adottato .dal legislatore. Tra produzione specializzata e produzione ordinaria il rapporto non di identit: in particolare non pu escludersi che una ditta, specializzata nella produzione di un bene, possa, senza necessit di creare un'attrezzatura specifica ad hoc e quindi utilizzando i propri normali impianti, dedicarsi alla produzione di beni diversi i quali, proprio in relazione alle capacit deffapparato produttivo della ditta medesima, .debbano considerarsi oggetto di produzione ordinaria. I Dal che si ottiene ulteriore conferma che il carattere ordinario o meno della produzione deve desumersi non gi dalle caratteristiche della cosa prodotta, ma dalle capacit produttive della ditta fornitrice in relazione, ripetesi, alle sua organizzazione ed alla sua attrezzatura tecnica. R. SEMBIANTE PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 801 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 luglio 1965, n. 1551 -Pres. Favara -Est. Cesaroni -P.M. Gedda (conf.) -Ministero Finanze (avv. Stato Cavalli) c. Fabiani. Imposta straordinaria progressiva sul patrimonio -Accertamento Facolt della Commissione Distrettuale di eseguire l'accertamento in caso di accertamento nullo proposto dall'Ufficio Sussiste. (t.u., 9 maggio 1950, n. 203, art. 48). Imposta straordinaria progressiva sul patrimonio -Accertamento Facolt di accertamento da parte della Commissione Distrettuale -Abrogazione ad opera dell'art. 5 della legge 5 gen naio 1956, n. 1 -Non sussiste. (t.u., 9 maggio 1950, n. 203, art. 48; I. 5 gennaio 1956, n. l, art. 5). La facolt conferita. alle Commissioni distrettuali delle imposte dirette dalr art. 48 del t.u. 9 maggio 19'50, n. 203, sulla imposta straordinaria progressiva sul patrimonio di compiere accertamenti non proposti dagli Uffici distrettuali, deve intendersi comprensiva anche di quella i eseguire gli accertamenti medesimi quando l'Ufficio abbia compiuto un accertamento da considerarsi assolutamente nullo (caso di accertamento notificato a contribuente defunto) (1). L'art. 48 del t.u. 9 maggio 1950, n. 203, sull'imposta straordinaria progressiva sul patrimonio che conferisce alle C ammissioni distrettuali delle imposte dirette la facolt di compiere aufficio accertamenti non proposti dall'Ufficio distrettuale e di rettificare gli accertamenti proposti o concordati non stato abrogato dall'art. 5 della legge 5 gennaio 1956, n. l, riferibile soltanto alle norme sull'imposta di ricchezza mobile e non applicabili quindi ad altre imposte aventi carattere speciale rispetto alla normativa generale del contenzioso tributario (2). (Omissis). -Con l'unico motivo di ricorso, la ricorrente censura la decisione della Commissin Centrale denunciando la viofazione del1' art. 48 del t.u. 9 maggio 1950, n. 203, in relazione all'art. 360, n. 3, c.p.c. (1-2) Decisione pregevole ed esattissima. La legge sull'imposta straordinaria progressiva sul patrimonio, analogamente ad altre leggi sulla finanza straordinaria del periodo post bellico, ha fissato il principio che l'accertamento possa essere sempre eseguito dalle Commissioni distrettuali senza preclusioni formali, sia in rettifica dell'accertamento dell'Ufficio delle Imposte (anche se vi sia stJ;tto concordato seguito da iscrizione a ruolo), sia, in via sostitutiva, quando l'accertamento non sia stato proposto. Scopo della norma evidentemente quello di assicurare una maggiore -efficenza nell'applicazione dell'imposta consentendo, fino a che non si sia verificata 802 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Con esso la ricorrente sostanzialmente sostiene: a) che il ragionamento della decisione impugnata errato perch, avendo l'ufficio operato un accertamento nullo, la Commissione distrettuale poteva avvalersi della facolt di cui l'art. 48 sopra citato; b) che, attesa la ratio della 11 norma, diretta ad impedire ogni possibile evasione del tributo, la detta facolt deve ritenersi estesa non solo ai casi di omessa o insufficiente valutazione dell'ufficio, ma anche ai casi comunque considerati nulli, senza. distinzione fra accertamenti non proposti ed accertamenti 11 proposti . La censura fondata. A norma dell'art. 48 del t.u. 9 maggio 1950, n. 203, istitutivo dell'imposta straordinaria progressiva sul patrimonio, le Commissioni di prima istanza hanno facolt di eseguire di ufficio gli accertamenti non proposti dagli uffici distrettuali e di elevare le cifre di patrimonio fissate dagli Uffici o concordate fra i contribuenti e gli uffici, anche se gi iscritte a ruolo. Tale attivit, che pu esercitarsi quando sia scaduto il termine concesso all'amministrazione attiva per lesplicazione del proprio potere di accertamento, si concreta, quindi, in un potere diretto ed autoritario di imposizione, comprendente, da un lato, la facolt di aumentare i ~ I cespiti gi accertati dagli uffici finanziari, e di procedere, dall'altro, agli accertamenti di cespiti omessi. II Attivit, quindi, sostanzialmente consistente nell'applicazione della . legge al caso concreto, operata da organi posti super partes, nel con. ' traddittorio degli interessati, al fine di impedire ogni possibile evasione dal tributo, quando ropera degli uffici sia stata insufficiente, o comunque , manchevol. .'f< -~ la prescrizione, di eliminare eventuali evasioni, totali o parziali, ad opera di un organo' che dia ampie garanzie. Bene a ragione pertanto la S.C. ha ritenuto come non proposto ,, l'accertamento radicalmente nullo. Il principio dovrebbe essere ulteriormente ampliato, ammettendosi la facolt di accertamento da parte delle Commissioni anche nelle ipotesi di nullit non assoluta. Infatti l'art. 48 del t.u. 9 maggio 1950, n. 203 (conforme all'art. 48 del cl.I. 29 marzo 1947, n. 143, istitutivo dell'imposta), nel prevedere le due ipotesi dell'accertamento non proposto e di quello proposto e rettificabile, considera ogni possibilit di accertamento una terza categoria di accertamenti proposti ma invalidi, non assoggettabili n a revisione in aumento n a nuovo accertamento sostitutivo, in netto contrasto con lo scopo .della norma. La seconda massima segue il principio affermato nella sentenza Sez. Un., 2 marzo 1964, n. 465 (in questa Rassegna, 1964, I, 554, con riferimento ai profitti di regime) alla quale le Sezioni della Cassazione stanno ora adeguandosi dopo le difformi pronuncie (Sez. I, 24 febbraio 1964, n. 404, ivi, 1964, I, 756, con ampia nota critica; Sez. I, 15.febbraio 1965, n. 235, ivi, 1965, I, 210, con altra nota critica). :il: da rilevare, peraltro, che queste due sentenze sono, di pochi giorni, precedenti alla pronuncia del 2 marzo delle Sezioni Unite, alla quale la giurisprudenza successiva, come si detto, deve uniformarsi). PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 808 Nella specie, l'Ufficio distrettuale Imposte dirette di Forl, pure avendo operato in termine l'accertamento e cio entro il 31 dicembre 1956, lo aveva notificato all'intestatario, Lolli Venerando, quando questi era gi defunto, per cui l'accertamento stesso venne ritenuto nullo, non potendosi instaurare un rapporto giuridico di imposta con un soggetto non pi esistente. Ne consegue che ben poteva la Commissione distrettuale effettuare essa laccertamento a norma dell'art. 48 sopra citato, trovandosi di fronte ad un atto, non soltanto privo di efficacia giuridica, ma sostanzialmente inesistente per mancanza del soggetto nei cui confronti l'atto . doveva operare. L'affermazione contraria contenuta nella decisione impugnata si basa, quindi, su un equivoco, in quanto dal fatto che _l'ufficio delle Imposte di Forl aveva comunque eseguito l'accertamento, la Commissione Centrale stata tratta a considerare come venuto ad esistenza un atto che non poteva, invece, rivelarsi come manifestazione della volont in essa espressa, per difetto del soggetto passivo, idoneo a subirne gli effetti. N potrebbesi, per conseguenza, sostenere che la Commissione distrettuale, agendo di propria iniziativa, si sarebbe sostituita all'ufficio fiscale competente per sanare la nullit in cui esso era incorso ed eludere il termine entro il quale avrebbe dovuto validamente procedere all'accertamento. Deve, invece, considerarsi, come sopra rilevato, che la Commissione distrettuale procedendo ali' accertamento aveva agito sua spante, non gi per eliminare un vizio di un atto nvalido; ma per sostituirsi unilateralmente all'ufficio fiscale, rimasto praticamente inerte. S'impone, pertanto, sul punto il riesame della causa, non potendosi nemmeno invocare nella specie, l'art. 5, comma terzo, della legge n. 1 del 5 gennaio 1956, che sopprime la facolt concessa alle Commissioni distrettuali delle imposte di aumentare i redditi accertati dagli uffici e di accertare i redditi omessi, trattandosi di una nonna applicabile soltanto, come deciso da questa Corte Suprema con sent. n. 465 del 1964, alle disposizioni del t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, sulla ricchezza mobile, e non riferibile, quindi, ad altre norme, sia pure di analogo contenuto, aventi, come nel caso, carattere speciale rispetto alla normativa generale del contenzioso tributario. In conseguenza, accolto il ricorso, deve essere cassata la sentenza impugnata e rinviato il giudizio alla stessa Commissione Centrale, la quale si atterr al seguente principio di diritto. La facolt, conferita alla Commissione distrettuale per le imposte dirette dall'art. 48 del t.u. approvato con legge 9 maggio 1950, n. 203, sull'imposta straordinaria progressiva sul patrimonio, di compiere accertamenti non proposti dagli RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 804 uffici distrettuali, deve intendersi comprensiva anche di quella di eseguire gli accertamenti medesimi quando l'Ufficio abbia compiuto, un accertamento da considerarsi assolutamente nullo perch operato nei confronti di un contribuente defunto, anzich dei suoi eredi, nei rapporti dei quali, perci, non vi alcun valido accertamento proposto -~ dall'Ufficio in tale loro riconosciuta qualit, -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 luglio 1965, n. 1560 -Pres. Fibbi -Est. Malftano -P.M. Di Majo (conf.) -Ministero Finanze (avv. Stato Soprano) c. Soc. Rhodiatoce p.a. (avv. Tamborini). Imposta di registro -Societ -Concentrazione di aziende sociali Aumento di capitale mediante apporto di ramo aziendale Tassa fissa -Presupposti -Necessit della preesistenza di almeno due aziende -Esclusione. (r.d.l. 5 marzo 1942, n. 192 convertito nella 1. 21 giugno 1942, n. 820), . Il beneficio della registrazione a tassa fissa, previsto dalf art. 1 del r.d.l. 5 marzo 1942, n. 192 per la concentrazione di aziende, si applica anche quando l'apporto consista in singoli cespiti f armanti oggetto del commercio delf apportante, e non soltanto quando si tratti di beni organizzati unitariamente in un complesso aziendale. Poich l'apporto pu essere realizzato, secondo l'esplicito dettato legislativo, a favore non solo di societ esistenti ma anche di societ da costituire, non necessaria la preesistenza di almeno due aziende, ma sufficiente che l'apporto alla nuova societ provenga da un altro solo organismo. Presupposto necessario e suff~ciente per l'applicazione del beneficio che l'apporto (di azienda o di singola attivit) sia tale da potenziare forganismo produttivo del soggetto cui l'apporto stesso venga conferito, sia tale soggetto gi esistente od ancora da costituire {l). (1) Com' noto, le concentrazioni di aziende sociali -a differenza delle fusioni di societ, che comportano l'estinzione degli enti sociali che si fondono o vengono incorporati -consistono nell'apporto di determinate attivit di societ preesistenti ad un'altra (esistente o da costituire) senza per altro che le societ apportanti vengano meno, anche se il loro oggetto resti limitato a causa dell'effettuato apporto (v. su tale nozione: SALANDRA, Concentrazione di Aziende sociali, Foro it., 1937, I, 63). Sull'ambito di applicazione del beneficio previsto -per le concentrazioni di aziende -dall'art. 1 r.d.l. 5 marzo 1942, n. 192, non constano precedenti, all'infuori della sentenza lo giugno 1962 della Corte di Appello di Milano (Foro pad., 1962, I, 1055) avverso la quale venne proposto il ricorso deciso dalla Suprema Corte con la sentenza che si annota. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 805 (Omissis). ,...-Con runico motivo di ricorso YAmministrazione delle finanze denuncia la violazione e falsa applicazione dell'art. 1 r.d.l . ..5 marzo 1942, n. 192, in relazione alYart. 8 della legge del registro e .all'art. 81 della relativa tariffa ali. A. Premette la ricorrente che nella fattispecie si trattava di un confe rimento eseguito con scrittura privata depositata presso il notaio Guasti il 14 ottobre 1946, dalla Montecatini della propria azienda per la pro duzione ed il commercio del carburo di calcio, acido acetico e nylon, .alla societ per azioni Elettrochimica del Toce (oggi Rhodiatoce) costi tuita il 3 ottobre 1946 ed avente eguale oggetto della branca aziendale .conferitale. Si assume che esulava in concreto il presupposto di fatto della pre visione di legge, ossia la concentrazione di aziende, concetto questo che richiede la preesistenza di almeno due aziende che si vanno a concentrare in una sola. La censura infondata. Vedasi soltanto, per l'applicazione dell'agevolazione de qua anche nel caso in .cui la societ apportante sia in stato di liquidazione, Cass. Sez. I, 30 gennaio 1964, n. 257, Giust. civ., 1964, I, 257, ed ivi richiami su tale specifico punto. La Suprema Corte, per altro, ha avuto ripetutamente occasione di pronun- ciarsi a proposito delle analoghe norme agevolatrici susseguitesi nel tempo, ed in -particolare (oltre che, con meno recenti sentenze, in relazione all'art. 1 r.d.l. 13 novembre 1931, n. 1434: Cass., 4 agosto 1941, n. 2690, Foro it., 1942, I, 253; Cass., 5 agosto 1948, n. 1389, Riv. legisl. fisc., 1948, 777) in relazione all'art. 2 del d.l. 7 maggio 1948, n. 1057, ed all'art. 29 della 1. 6 agosto 1954, n. 603: vedansi le .gentenze 6 ottobre 1956, n. 3374 (Riv. legisl. fisc., 1957, 122), 26 ottobre 1959, n. 3086 ivi, 1960, 485), e 18 dicembre 1963, n. 3188 (Giust. civ., 1964, I, 615) nonch -con particolare riguardo agli aumenti di capitale deliberati per facilitare le fusioni e le concentrazioni -la sentenza 14 ottobre 1963, n. 2745 (in questa Rassegna, 1964, I, 157). Con le richiamate sentenze la Suprema Corte, modificando il primitivo orientamento adottato con la sentenza del 1941, aveva gi ripetutamente affermato il :Principio, ora accolto dalla sentenza in esame, secondo cui il beneficio della tassa fissa -previsto per la concentrazione di aziende -si applica non soltanto quando :si verifichi l'apporto di un complesso aziendale, ma anche quando l'apporto abbia .ad oggetto singoli cespiti. Su tale discutibile criterio, vedansi in dottrina -in senso sostanzialmente favorevole -ROMANI, Agevolazioni tributarie agli effetti dell'imposta di registro .e concentrazione di aziende, Riv. trim. dir. proc. civ., 1959, 711 e ANToNINI, Consi. derazioni intorno ad alcuni aspetti tributari delle " concentrazioni aziendali ,, , Giur. it., 1960, IV, 57. La sentenza in esame, poi, ha esplicitamente affermato che -per l'applica zione del beneficio de quo -non necessaria la preesistenza di almeno due organismi, ma sufficiente che nella societ nuova confluisca l'apporto anche di una :sola societ preesistente. Ora, tale ulteriore affermazione (gi implicita, per vero, in taluna delle sentenze precedenti) appare in primo luogo contrastante con il tenore letterale della 15 806 RASSEGNA DELLAVVOCATURA DELLO STATO noto che lo spirito informatore dei vari provvedimenti concernenti le agevolazioni fiscali sulle fusioni di societ e sulle concentrazioni di aziende sociali stato sempre quello di favorire il rafforzamento degli organismi industriali e commerciali attraverso la costituzione di enti sociali pi rispondenti agli interessi generali della economia nazionale. E sotto tale decisivo aspetto, questa Corte Suprema ha gi avuto occasione di precisare {sent. 3374 del 1956; 3580 del 1959; 88 del 1963) che, in tema di concentrazione di aziende, lapporto pu consistere anche in singoli cespiti formanti oggetto del commercio dell'apportante e non necessariamente in unit di beni organizzati in azienda; e se l'apporto pu essere fatto non solo a societ esistente ma anche a quelle norma, che prevede la concentrazione di " aziende sociali (e cio almeno due)' mediante apporto di attivit in una societ (diversa da quelle) gi esistenti O da costituire. Sotto il profilo sistematico, poi, va notato che il primo comma della norma de qua prevede il beneficio per gli atti di fusione delle societ, presupponendo. I quindi ovviamente che gli organismi preesistenti siano almeno due: e poich il beneficio per la concentrazione di aziende previsto su di un piano di rigoroso I parallelismo con quello concesso per gli atti di fusione -e ad integrazione di quello -non sembra dubitabile che anche il presupposto essenziale -rappre sentato dalla pluralit degli" organismi preesistenti -debba essere identico. Che se, infine, si risalga alla ratio della norma, non sembra che essa possa. essere -come afferma la Suprema Corte -quella di potenziare l'organismo iproduttivo del sogg~tto cui l'apporto viene conferito : in tal caso, essa si realizzerebbe tutte le volte che vi , da parte di una societ, un conferimento di beni od attivit ad una societ nuova, venendosi cos a confondere tale nozione con quella di "concentrazione, alla quale invece il legislatore ha inteso attribuire una distinta e specifica portata. Il vero che il legislatore, nel predisporre il beneficio di cui trattasi, ha voluto favorire il processo di rafforzamento dell'economia nazionale attraverso il I ~ riassestamento ed un pi funzionale coordinamento degli organismi economici gi esistenti: scopo che si realizza quando pi rami di attivit vengano distaccati da ~ pi organismi (nei quali non trovavano la loro piena valorizzazione) per potenziarsi reciprocamente, assorbiti in un nuovo organismo unitario, e non quando, con l'apporto di un solo organismo preesistente, convenga nella nuova societ una branca aziendale la cui consistenza -corrie tale -rimane identica a quella che possedeva nell'ente da cui proviene, non distinguendosi da qualsiasi comune conferimento. : soltanto dalla pluralit degli apporti, cio, che deriva il conferimento alla nuova societ di una potenzialit economica superiore alla somma dei corrispondenti elementi patrimoniali, nel loro distinto valore obiettivo: verificandosi cos quel rafforzamento della situazione economica nazionale anteriore che il legislatore ha inteso favorire, indipendentemente dall'espansione economica che la costituzione di una societ nuova in ogni caso comporta. Non sembra quindi che possa convenirsi nelle conclusioni alle quali perve- nuta, al riguardo, la Suprema Corte, operando un'estensione pressoch indiscriminata. del beneficio de quo. P. SACCHETTO PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 807 da costituire, secondo l'esplicito dettato legislativo, ne consegue che a recare apporti non debbano essere necessariamente due organismi, ma possa essere anche uno solo. necessario, quindi, e sufficiente ai :6ni dell'applicazione della norma di favore che l'apporto (di azienda o di altra attivit o cespite) sia tale da raggiungere il :fine di potenziare lorganismo produttivo del soggetto cui lapporto stesso viene conferito, sia tale soggetto gi esistente, sia esso ancora da costituire. Ci, appunto, si verillcato nella fattispecie, in cui, per effetto della concentrazione nella societ per azioni Elettrochimica del Toce della branca aziendale della Montecatini, avente eguale oggetto di quello della nuova societ, stato raggiunto il :fine della legge di favore, cio, la costituzione di un ente sociale pi rispondente agli interessi generali della economia nazionale. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 16 luglio 1965, n. 1571 -Pres. Fibbi Est. Alliney -P.M. Pedote {concl. conf.) -Cimicchi (avv. De Pasquale) c. Ministero Finanze (avv. Stato Salto). Imposta di registro -Agevolazioni per l'incremento costruzioni edilizie -Acquisto di area parzialmente fabbricabile. (I. 2 luglio 1949, n. 408, art. 14). Imposta di registro -Agevolazioni per l'incremento costruzioni edilizie -Acquisto di aree coperte da costruzione, a scopo di demolizione e successiva riedificazione. (I. 2 luglio 1949, n. 408, artt. 14 e 19). Il beneficio fiscale di cui all'art. 14 della legge n. 408 del 1949 ompete all'intera area acquistata solo quando questa sia, nel suo complesso, edificabile; nel caso in cui, invece, l'area acquistata sia edificabile solo parzialmente, il beneficio trova applicazione limitatamente a tale porzione fabbricabile {l). Le agevolazioni tributarie di cui all'art. 14 della legge n. 408 del 1949, per l'acquisto di aree fabbricabili spettano, a norma dell'art. 19 della legge stessa, anche nell'ipotesi in cui l'area stessa venga acquistata per demolirvi un edificio preesistente e costruirne un altro, meglio e pi ampiamente utilizzabile (2). (1-2) Agevolazioni tributarie in materia di acquisti di area gi edificata e solo parzialmente riedificabile. La prima massima indubbiamente esatta. Contro la pretesa del contribuente, il quale -avendo acquistato a scopo di costruzione di casa di abitazione non di lusso un'area (gi edificata) della quale, peraltro, solo minima parte era edificabile RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 808 (Omissis). -Il primo mezzo del ricorso investe la sentenza denunciata per asserita violazione degli artt. 112, 184 e 345 c.p.c. L'Amministrazione Finanziaria -argomenta il ricorrente -aveva chiesto, nell'atto di appello, che, in riforma della sentenza impugnata, la Corte di merito: a) rigettasse, in via principale, l'opposizione proposta dal Cimicchi contro l'ingiunzione fiscale; b) pronunciasse, in via subordinata, la compensazione delle spese di causa. Queste erano le istanze -rimaste immutate in tutto il corso del giudizio di appello -proposte dall'appellante, questi i soli temi in ordine ai quali dovevano esplicarsi il riesame e il potere di censura del giudice di secondo grado. Senonch -prosegue il deducente -la Corte d.'Appello, traendo spunto da una tesi appena ad adombrata , cosl dice la sentenza, dall'Amministrazione Finanziaria, ha circoscritto l'inapplicabilit del beneficio fiscale alla porzione inedificabile dell'area -ritenendo, entro questi limiti, legittima l'ingiunzione -e ha conseguentemente ridotto il beneficio alla parte concernente la restante porzione dell'immobile. Ma in questo modo la Corte di merito incorsa in una palese ultrapetizione, per avere pronunciato -in violazione dell'art. 112 c.p.c. su una domanda non proposta e che, peraltro, non sarebbe stata ammissibile, anche se proposta, nel giudizio di appello, stante il divieto sancito dall'art. 345, primo comma, c.p.c. Le censura infondata. L'impugnazione dell'Amministrazione Finanziaria era diretta al riconoscimento, negato dal primo giudice, che al Cimicchi non spettasse, in nessuna misura, l'invocata agevolazione tributaria, sul rilievo che la compravendita da lui conclusa aveva avuto per oggetto, non intendeva ottenere il riconoscimento del privilegio fiscale di cui all'art. 14 della Legge Tupini in relazione all'intera area, il S.C. ha esattamente statuito l'applicabilit del detto beneficio alla sola porzione effettivamente fabbricabile, correlativamente negandolo alla residua parte di terreno. La soluzione corretta alla luce dell'interpretazione letterale e logica del!' art. 14 citato. Sotto il profilo letterale, decisivo il rilievo che la detta norma contempla espressamente gli acquisti di aree edificabili ed fin troppo evidente che tale non un terreno (sia pure parte di un pi vasto appezzamento acquistato con unico atto), rispetto al quale operino divieti di costruzione imposti dalla p.a. o limitazioni in tal senso previste da norme o disposizioni speciali (nel caso di specie, la maggior parte dell'area era stata dal Comune predestinata a sedime di una nuova strada). Sotto il profilo logico, altrettanto chiaro che lo scopo delle norme di agevolazione tributaria contenute nella legge n. 408 del 1949 quello di favorire ed incrementare le costruzioni edilizie : in particolare, l'acquisto di un'area in tanto pu fruire del beneficio in quanto esso sia necessario presuppooto per l'edificazione su di essa di una casa di abitazione non di lusso. Esattamente rileva la sentenza annotata che sussiste uno stretto collega PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 809 un'area edificabile, ma un edificio in buono stato di conservazione. Ora questa pretesa -mirante ali' obiettivo massimo del rigetto, per totale infondatezza, dell'opposizione promossa dal Cimicchi -racchiudeva virtualmente, anche se inespressa, la minore pretesa che l'ingiunzione fosse ritenuta legittima almeno per la parte dell'imposta afferente alla porzione dell'area di cui era incontroversa la inedificablit. Conseguentemente la Corte di merito, accogliendo, entro questi limiti, l'appello dell'Amministrazione delle Finanze, non ha esorbitato -come inesattamente si afferma -dall'ambito del gravame, ma ha semplicemente adeguato la propria pronuncia ad una, pacifica, situazione di fatto che non consentiva, a suo giudizio, l'accoglimento integrale delle doglianze espresse dall'appellante. N importa che, nel giudizio di appello, l'Amministrazione finanziaria non avesse riaffacciata la tesi, accennata in prime cure, secondo cui il beneficio sarebbe, semmai, spettato per la sola parte edificabile dell'area, poich, nell'attribuire il bene controverso, il giudice non pu non tener conto degli elementi, acquisiti al processo, che limitano l'entit di tale attribuzione. Del resto, la doglianza del ricorrente non neppure sorretta, sul punto in esame, da legittimo interesse, perch interessata a dolersi del1' accoglimento, soltanto parziale, dell'appello era lAmministrazione finanziaria, non il Cimiochi. Il primo motivo del ricorso va conseguentemente rigettato. Si denuncia, col secondo motivo, la violazione degli artt. 13 e 14 della legge 2 luglio 1949, n. 408, sull'incremento delle costruzioni edilizie. La Corte d'Appello -assume il ricorrente -ha limitato il beneficio fiscale alla sola parte (mq. 19) edificabile dell'area in questione, sul rilievo che, da tempo anteriore al rogito di acquisto, sulla rimanente mento teleologico tra acqusto dell'area e costruzione sull'area, e soltanto dalla coesistenza di questi due ultimi elementi deriva il diritto al trattamento fiscale di favore n (cfr. sul punto: VINCI, La denuncia per la conferma dei privilegi tributari in favore dell'edilizia nuova, 1964, 57, 95 e segg.). Sullo specifico punto di diritto, in tema di interpretazione dell'art. 14 della legge n. 408 del 1960, non risultano precedenti del S.C., il quale, invece, pronunciando sull'identica questione che sorge in tema di interpretazione dell'art. 2 del cl.I.I. 7 giugno 1945, n. 322, modificato dalla legge 26 marzo 1946, n. 221, con sentenza 29 aprile 1959, n. 1260 (Giust. civ., 1959, I, 1515) e 3 agosto 1964, n. 2209 (in questa Rassegna, 1964, I, 953) ha affermato il principio che i benefici fiscali previsti, in tema di ricostruzione di edifici distrutti per eventi bellici dalle citate leggi, non possono trovare applicazione per l'acquisto di un'area sulla quale non possibile ricostruire per effetto di divieto della p.a. o per altre limitazioni previste da norme speciali (nello stesso senso, cfr. Comm. Centr. dee. 18 aprile 1958, n. 4002, Giur. imp., 1960, 153). Accettato il principio enunciato nella, massima in commento, opportuno brevemente accennare ad alcune questioni collaterali su cui la sentenza in rassegna non si sofferma. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 810 porzione di mq. 521 nessuna costruzione poteva essere eseguita, in quanto vincolata, in conformit del piano regolatore cittadino, a sede stradale. Dato per che -come stato accertato nel giudizio di merito i detti mq. 19, uniti ad altra area adiacente di propriet di esso Cimicchi, sono stati utilizzati; secondo la dichiarata finalit dell'acquisto, per la costruzione, sul complesso sedime di risulta , di un nuovo edificio, la Corte d'Appello si argomenta -avrebbe dovuto considerare realizzata, nel caso specifico, la fattispecie prevista dall'art. 14 legge citata e ritenere, conseguentemente, applicabile il beneficio fiscale all'intera area di mq. 540, questa essendo stata in realt acquistata all'esclusivo fine di costruirvi una casa di abitazione non di lusso. Anche a questa censura va negato fondamento. Un primo problema concerne la puntualizzazione del momento in cui deve sussistere il requisito della edificabilit " dell'area, onde possa applicarsi il beneficio fiscale. In alcune controversie, vari contribuenti hanno sostenuto che -pur in presenza di un vincolo di inedificabilit alla data dell'acquisto dell'area e della registrazione del relativo atto -la Finanza non potesse richiedere il tributo ordinario all'atto della registrazione, ma dovesse, invece, attendere la scadenza dei termini previsti dalla Legge agevolativa (e cio, nel caso, dall'art. 13 della Legge n. 408/1949, con le successive proroghe) per l'inizio e l'ultimazione delle costruzioni, non potendosi escludere che, nel frattempo, il vincolo di inedificabilit venisse eliminato. L'argomentazione evidentemente erronea, perch i principi che regolano l'imposta di registro comportano che le agevolazioni previste dalla legge possano applicarsi solo ove le condizioni da queste volute sussistano al momento in cui l'atto viene stipulato e presentato alla registrazione: il fatto dell'effettiva costruzion della casa di abitazione (nel termine di legge) rileva nel senso che esso comporta la conferma della concessione del beneficio fiscale provvisoriamente riconosciuto al momento della registrazione dell'atto di acquisto di un'area edificabile, ma non gi nel senso di determinare retroattivamente l'applicabilit di un beneficio che, all'atto della registrazione, non competeva al negozio per l'attuale mancanza del requisito della edificabilit dell'area. In tal senso, si pronunciata costantemente la giurisprudenza nei casi in cui si presentata la questione (cfr. Comm. Centr. 27 novembre 1958, n. 9752, Riv. giur., 1960, I, 368 e Comm. Centr. 27 novembre 1958, n. 10233, Giur. imp., 1960, 317, emesse in sede di interpretazione della legge reg. sic. 18 gennaio 1949, n. 2). Altro problema che pu prospettarsi in tema di registrazione di atto di acquisto di area solo parzialmente edificabile quello se il beneficio fiscale debba essere limitato alla effettiva estensione della porzione fabbricabile o possa essere, invece, applicato anche alla porzione di area (pur se inedificabile) che non ecceda il doppio della superficie della parte edificabile. : noto, infatti, che il secondo comma dell'art. 14 della 1. 2 luglio 1949, n. 408 dispone che sulla parte del suolo attiguo al fabbricato la quale ecceda il doppio dell'area coperta, dovuta, a costruzione ultimata, l'imposta ordinaria di registro ed ipotecaria ". In relazione a tale disposizione pu sostenersi (ed stato sostenuto: veggasi ampia nota redazionale in Giur. imp., 1960, 448) che, non prevedendo la legge PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 811 Il fatto che una minuscola porzione dell'area di cui si discute fosse utilizzabile, in quanto non compresa nel piano regolatore, e sia stata in effetti utilizzata per il completamento dell'edificio eretto sul fondo adiacente non toglie rilevanza, agli effetti fiscali, all'altro fatto che la parte preponderante dell'area stessa era esclusa, al momento dell'ac quisto, da qualsiasi possibilit di edfcazione. Il beneficio fiscale di cui all'art. 14 della legge n. 408 nel 1949 -compete, rispetto all'intera area acquistata, quando questa sia nel suo complesso edificabile: non certo nel caso, completamente estraneo alla previsione della norma, in cui l'area sia edificabile soltanto in parte e T acquisto della stessa sia rivolto al fine di rendere possibile o di integrare la costruzione da eseguire su altro fondo. In tale ipotesi, infatti, 1'estensione del beneficio all'intera area sarebbe priva di causa in man- alcuna limitazione che permetta di ritenerla inapplicabile in caso di limitata edif' agosto 1959, n. 2442 (Giust. civ., 1959, I, 1409 e Foro IIit., 1959, I, 1478, in entrambe le riviste con richiami), orientamenti secondo cui il richimo alle cc norme valevoli in materia di imposta straordinaria sui profitti di gu~rra contenuto nell'ultimo comma dell'art. 18 del r.d.l. n. 436 del 1946 (come modificato dall'art. 1 del d.l. c.P.S. n. 330 del 1947) si estenderebbe -salvo deroga espressa -a tutte le disposizioni che regolano l'attivit di accertamento I di detta imposta, ed in particolare anche alla disposizione che -per effetto del I rinvio contenuto nell'art. 13 c.p.v. del r.d. 3 giugno 1943, n. 598 alle cc norme vigenti per l'applicazione delle imposte sui redditi di ricchezza mobile -prevede l'annualit dell'accertamento. Siffatto orientamento, fondato su una argomentazione di carattere meramente letterale, non pu essere condiviso. I profitti eccezionali di contingenza (gi definiti di speculazione ,, ) sono, com' noto, redditi che il legislatore ha voluto individuare e separare dai redditi ordinari (ed anche dai sopraredditi di guerra) in ragione della loro particolare origine: essi sono infatti caratterizzati dall'essere stati conseguiti durante la guerra ed il dopoguerra mediante alcune attivit specificatamente indicate, e -per di pi -qualificate dall'essere o contra legem in quanto contrarie alle norme in materia di ammassi e di calmieri, o anche non illegali ma riguardate come odiose e perci ritenute dall'ordinamento giuridico non meritevoli di giustificare la conservazione degli arricchimenti da esse derivati (l'ordinamento a volte persegue le finalit politico-sociali di cui portatore non mediante il riconoscere o negare la validit del modus adquirendi di un arricchimento ma mediante il negare un titulus retinendi all'arricchimento pur legalmente acquisito: cfr., in materia di commento all'art. 2041 e.e., BETII, Teoria generale delle obbligazioni, III, 138). !<: evidente, ed stato pi volte sottolineato dalla dottrina e dalla giurisprudenza (cfr. ScANDALE-DoNATONE, Imposta straordinaria sui profitti di guerra e sui profitti eccezionali di contingenza, 1947, 234; BELLI, La: PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 828 danno, nella misura pari all'ammontare della somma ~ersata dal Tavazzani a titolo di imposta presupponeva un comportamento illecito dell'Amministrazione finanziaria, mentre la successiva domanda di restituzione della somma stessa si fondava sul diverso presupposto dell'indebito oggettivo. :Il: evidente per lerrore nel quale sono incorsi i giudici di merito, che hanno creduto di scorgere nella originaria formulazione della domanda una azione di risarcimento di danno per responsabilit civile, mentre, in effetti, non si trattava che di una azione diretta a recuperare lequivalente pecuniario della somma versata, per illegittimit dell'imposizione fiscale. Ed infatti il Tavazzani in nessun modo in citazione aveva dedotto un comportamento illecito della Finanza, e s era invece richiamato espressamente alla illegittimit dell'accertamento tributario nei propri confronti, contestando la propria obbligazione in materia di profitti di contingenza. Il Tavazzani, avendo in un primo momento qualificata la propria domanda come risarcitoria, ne aveva poi -con la comparsa del 4 otto- bre 1960 -precisato il carattere restitutorio. E cio, costantemente il Tavazzani si era riportato alla illegittimit dell'accertamento quale finanza straordinaria, Rass. avv. Stato, 1952, 128, nonch l'esemplare motivazione della decisione 29 marzo 1949, n. 2037 della Commissione Centrale, pubblicata in Dir. prat. trib., 1950, II, 106), che il prelievo e l'attribuzione alla collettivit di arricchimenti cos individuati e qualificati intendono perseguire finalit di giustizia pi che procurare entrate all'erario, come peraltro confermato e dalla esplicita configurazione del prelievo come " avocazione ,, in un primo tempo totale, e solo in seguito ridotta all'80% (sulla distinzione tra la "avocazione ed "imposizione cfr. FOLIGNO, Confisca dei beni e avocazione dei profitti di regime, 1945, 17) e dal carattere per larga parte retroattivo del provvedimento che l'ha disposto. Tutto ci, ben s'intende, non contraddice la natura tributaria dell'istituto, affermata da una giurisprudenza numerosa e ormai da tempo consolidata (in proposito, cfr. Relazione Avvocatura Generale dello Stato, 1942-50, 300, e 1951-55, 983). Per i menzionati caratteri, l'avocazione dei profitti di contingenza trova nel nostro ordinamento stretta analogia con l'avocazione dei profitti " derivati dalla partecipazione o adesione al regime fascista , profitti questi che sono anch'essi individuati dal!' essere stati originati da' attivit specificatamente indicate, ed in merito alle quali l'ordinamento ha espresso un giudizio di valore negativo conseguentemente ritenendone l'inidoneit a giustificare la conservazione degli arricchimenti per loro mezzo conseguiti. Ora, per laccertamento dei profitti di contingenza come dei profitti di regime, malgrado largomentazione desumibile dalla meccanica per vero troppo elementare dei richiami contenuti nel testo di alcune norme, non sembra possa applicarsi il criterio dell'annualit dell'accertamento previsto per laccertamento dei redditi di ricchezza mobile. Questi redditi {ed, in certa misura, anche i sopraredditi) hanno intrinseco carattere di continuit nel tempo; sicch la separata e distinta considerazione di " periodi d'imposta ,, risponde alla necessit concettuale di individuare nel continuo la parte che afferisce al presente, prima ancora che alle necessit tecniche dell'imposizione. Ha scritto il GIANNINI, I concetti fondamentali del diritto tributario, 1956, 176, a proposito della distinzione tra imposte periodiche 824 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO causa petendi ed aveva sempre tenuto fermo il petitum nella richiesta di restituzione, da parte della Finanza, di quanto da esso Tavazzani pagato a titolo di profitti di contingenza. E l'Amministrazione nessuna eccezione aveva avanzata durante il giudizio di primo grado, circa la pi precisa formulazione della domanda attrice. Il che mentre, da un lato, importa -in ogni caso -accettazione del contraddittorio, vale peraltro a confermare che il Tavazzani aveva posto in essere una semplice emendatio o non anche una inammissibile mutatio libelli. Con il secondo mezzo il Tavazzani ha denunciato che la Corte d'Appello, avendo ritenuta la improcedibilit della domanda, non avrebbe dovuto esaminarne il merito. La censura teoricamente esatta ma perde rilevanza e resta assorbita dall'avvenuto accoglimento del primo mezzo del ricorso. Infatti, ritenuta, a seguito di detto accoglimento, la procedibilit della domanda del Tavazzani, ci legittima l'esame del merito gi effettuato dalfimpugnata sentenza. Avverso le conclusioni alle quali la Corte d'Appello pervenuta, I con l'accennato esame del merito, il ricorrente insorge deducendo la violazione e falsa applicazione dei criteri di accertamento della imposta I I I ra . ed istantanee, che solo quando " una situazione di fatto (costituente presupposto ' di imposta) non di per se stessa circoscritta entro un tempo limitato, occorre che , . il legislatore intervenga per delimitare il periodo di tempo a cui deve aversi riguardo" Al contrario, i profitti eccezionali di contingenza (come quelli di regime) sono ' caratterizzati da un lato, come si visto, da una precisa individualit derivante da ~ ci che il legislatore li tiene distinti, a ragione della loro " origine n, dal flusso dei redditi ordinari o straordinari, e dall'altro da una essenziale saltuariet ed eccezionalit; di tal che il riferimento dei profitti di contingenza ad un " periodo I ~ :: di imposta della durata di un anno non risponde ad alcuna necessit e neppure utilit, ed inoltre sarebbe concettualmente improprio potendo dividersi in periodi solo ci che continuo {nel senso che l'avocazione dei profitti di contingenza ' I imposta istantanea, il FOLIGNO, op, cit., 75; nello stesso senso implicitamente la sentenza della Corte di Cassazione 19 ottobre 1954, n. 3864, Giur. it., 1955, I, 951, nella quale -per i profitti di regime -si afferma che l'affare che ha dato luogo al profitto " va tenuto distinto da ogni altro negozio avente diversa causa ,, e pertanto non possibile la compensazione tra profitto dell'uno e perdite degli altri negozi). Del resto, il legislatore, disponendo nel 1946 l'avocazione a decorrere dal 1939, non ha dettato alcuna norma per gli anni pi lontani, come sarebbe stato tecnicamente necessario ove si fosse ritenuta essenziale l'annualit degli accertamenti; cos implicitamente consentendo (o quanto meno non vietando) l'accertamento globale ed unitario dei profitti in questione. Il che confermato dalla previsione di un termine di prescrizione (rectius di decadenza) unico per l'accertamento dei profitti di contingenza, che priva di rilevanza, anche a tale effetto, la circostanza che essi siano stati realizzati nell'uno o nell'altro degli anni del decennio 1939-1948. F. FAVARA PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 825 straordinaria sui profitti di contingenza (art. 1 d.l.P. 28 aprile 1947 n. 330, sostitutivo dell'art. 18 d.l. 27 maggio 1946 n. 436; art. 15 r.d. 3 giugno 1943 n. 598, d.l. 18 agosto 1944 n. 199; t.u. 28 agosto 1877 n. 4021, in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c.). Con tale mezzo il ricorrente deduce che inesattamente la Corte d'Appello ha ritenuto la legittimit dell'accertamento globale dei profitti eccezionali di contingenza, laddove detto accertamento avrebbe dovuto essere fatto dalla Finanza con riferimento a ciascuna annualit. La censura fondata. Questo Supremo Collegio ha gi avuto occasione di esaminare la questione in una fattispecie analoga con sentenza n. 2442 del 1 agosto 1959, risolvendola in senso contrario all'avviso espresso dalla sentenza impugnata, n la difesa dell'Amministrazione resistente prospetta elementi nuovi e tali da indurre a mutare orientamento. Sostanzialmente la Corte di merito ha ritenuto la legittimit del!' accertamento globale sulla base delle seguenti considerazioni: a) che per i profitti di contingenza non obbligatorio l'accertamento annuale previsto dalla legge sull'imposta di R.M. in quanto essi non costituiscono reddito ordinario accertabile anno per anno, ma sono il prodotto di un'attivit speculativa da considerare globalmente con la conseguenza che pu essere compiuto un unico accertamento per l'intero periodo preso in considerazione; b) che per l'imposta sui profitti di contingenza la legge prevede l'accertamento col metodo induttivo sconosciuto per l'imposta di R.M. ed a tale accertamento indiretto si ricorre proprio allorch bisogna prendere in esame periodi di tempo piuttosto lunghi; e) che sarebbe praticamente impossibile agli uffici finanziari procedere ad accertamenti annuali essendo stato preso come termine iniziale per la formazione dei profitti di contingenza il 1 gennaio 1939, mentre la legge istitutiva di tale imposta di molto posteriore al detto termine. Tali argomentazioni sono da disattendere. L'obbligazione tributaria nasce idealmente nel momento in cm s1 determina la situazione di fatto che la legge considera generatrice del debito di imposta: L'esistenza di detta obbligazione costituisce condi zione necessaria perch possa concretamente instaurarsi tra lo Stato ed il contribuente un legittimo rapporto tributario. Il mezzo strumentale di ricerca, determinazione e liquidazione del tributo il cosidetto accer~ tamento, la cui specifica funzione quella di stabilire, con efficacia esecutoria, l'esistenza ed ammontare di un credito tributario. Ed il legislatore allo scopo di far s che il rapporto tributario mantenga il necessario collegamento con la situazione di fatto generatrice dell' obbliigazione, .rispecchiandone i mutamenti, ha prescritto il rinnovo annuale dell'accertamento. Disposizione questa che, mirando a determinare l'adeguamento dell'imposta alle effettive condizioni del contribuente, sta a 826 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO presidiare tanto gli interessi dell'erario quanto quelli del soggetto passivo dell'imposizione. Nel caso di specie l'obbligo dell'accertamento annuale risulta sancito dagli artt. 8 e 22 del t.u. sull'imposta di R.M. 24 agosto 1877 n. 4021, cui fa richiamo l'art. 13 del t.u. 3 giugno 1943 n. 598 in materia di imposta straordinaria sugli utili relativi allo stato ~ ' - - 826 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO presidiare tanto gli interessi dell'erario quanto quelli del soggetto passivo dell'imposizione. Nel caso di specie l'obbligo dell'accertamento annuale risulta sancito dagli artt. 8 e 22 del t.u. sull'imposta di R.M. 24 agosto 1877 n. 4021, cui fa richiamo l'art. 13 del t.u. 3 giugno 1943 n. 598 in materia di imposta straordinaria sugli utili relativi allo stato ~ ' - - di guerra, al quale, a sua volta, riporta l'art. 1 del d.l. 27 aprile 1947 n. 33 sui profitti eccezionali di speculazione, applicato a carico del Tavazzani. Detti artt. 8 e 22 del t.u. n. 4021 del 1877 recitano testualmente: u l'imposta sar applicata ai contribuenti a norma dei diritti certi o presunti che essi percepiscono ogni anno... , l'imposta sar commisurata sui redditi dell'anno precedente al mese della dichiarazione . Il principio dell'annualit dell'accertamento risulta, altres, confermato dal d.P. 5 luglio 1951 n. 573 sulla dichiarazione dei redditi soggetti ad imposte dirette. Ora tanto pi necessario si appalesa nella specie l'osservanza di dette disposizioni in quanto nel periodo di tempo unitariamente considerato (1940-1945) l'apprezzamento e la distribuzione delle merci (tes I suti) dal cui commercio il Tavazzani avrebbe tratto gli eccezionali profitti dei quali stata disposta l'avocazione, subirono una disciplina quanto mai mutevole che non pu non avere variamente influito sulla I situazione di fatto generatrice della obbligazione tributaria. ~ Le stesse vicende politiche e militari impressero al mercato delle I merci soggette al blocco nei singoli anni innanzi indicati, caratteristiche cos diverse da fare apparire assolutamente necessaria per ciascuno di essi una separata rilevazione onde impedire che ad es. fatti, episodi, e circostanze verificatesi negli anni 1943-1945 e che potevano solo per questo periodo costituire indice di una situazione legittimatrice della imposizione, potessero essere utilizzati per l'imposizione relativa agli ; I anni precedenti. N il richiamo fatto dalla legge al sistema di accertamento per via induttiva giustifica il ripudio, da parte dell'impugnata sentenza, della rilevazione annuale del diritto, perch, a prescindere che il metodo di accertamento per via indiretta (induttiva) stato introdotto dalla citata legge n. 330 del 1947_ non in sostituzione di quello diretto previsto per l'imposta di ricchezza mobile, ma per aggiungersi a quest'ultimo come ulteriore strumento per facilitare l'accertamento dei profitti di contingenza, il ricorso al metodo induttivo non implica necessariamente un accertamento globale {unitario) per' tutto il periodo preso in considerazione, in luogo di quello per singole annualit, non essendo questo ultimo accertamento incompatibile col metodo induttivo predetto. :: poi vano porre in risalto -come fa l'impugnata sentenza a presidio della tesi accolta -che sarebbe praticamente impossibile procedere a separati accertamenti annuali a distanza di tempo, perch PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 827 la eventualit di tali inconvenienti non pu condurre ad una interpretazione della legge diversa da quella risultante dal chiaro testo della norma, non rientrando fra i compiti dell'interprete quello di correggere la legge. N giova, altres, richiamare i diversi criteri di riscossione che vigono per l'imposta di R.M. e per quella sui profitti di contingenza, posto che lesistenza di criteri di deroga, rispetto all'imposta mobiliare in materia di riscossione, non importa affatto che debba sussistere anche un criterio di accertamento diverso da quello dell'annualit, proprio -Oell'imposta mobiliare. Le norme emanate in deroga alle disposizioni vigenti per la riscossione dell'imposta di R.M., aventi la finalit di assi. curare la riscossione della straordinaria imposta sui profitti di contin_ genza, rendono evidente l'intento del legislatore che, limitatamente alla riscossione di detto tributo straordinario, dovessero applicarsi norme 'speciali diverse da quelle generali previste per l'imposta mobiliare, mentre per quanto attiene all'accertamento dovevano applicarsi i gi ricordati criteri stabiliti dal t.u. 24 agosto 1877 n. 4021, richiamato immediatamente dal r.d. 3 giugno 1943 n. 598 e mediatamente dal ,.(IJ. 27 maggio 1946 n. 436 istitutivo dell'imposta straordinaria sui profitti -O.i speculazione. N, infine, ha maggior pregio il richiamo fatto dalla convenuta Amministrazione sempre a sostegno del carattere globale dell'accertamento accolto dall'impugnata sentenza, alla legge 23 dicembre 19'48 n. 1451 che all'art. 2 per i profitti di contingenza ha stabilito un termine unico di prescrizione delrazione di accertamento della Finanza fissan- Oolo al 31 dicembre 1951. Infatti, l'unicit del periodo di prescrizione non ha altro significato che la fissazione di un termine finale agli accertamenti riguardanti il decennio preso in considerazione (1 gennaio 1939- 31 dicembre 1948) m non importa affatto che siano esclusi separati .accertamenti con riferimento alle singole annualit. Da tutte le suesposte ,considerazioni discende, dunque, senza possibilit di dubbio, lobbligo -Oel separato accertamento annuale della imposta straordinaria sui pro: fitti di contingenza. Consegue che si deve accogliere il ricorso. -(Omissis). SEZIONE SESTA GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE PUBBLICHE, APPALTI E FORNITURE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 19 luglio 1965, n. 1628 -Pres. Torrente -Est. Jannelli -P.M. Di Majo (conf.) -Consorzio Unico di Bonifica della Bassa Parmense ed altri (avv. Menoni) c. Societ Immobiliare Spizzene (n.c.) e Ministero LL.PP. {avv. Stato Albisinni). Competenza e giurisdizione -Giurisdizione ordinaria e giurisdizione amministrativa -Discriminazione -Criteri -Petitum sostanziale -Prospettazione della domanda -Irrilevanza. (l. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E). Acque pubbliche -Utenze utilizzate nel trentennio anteriore al 1884 -Titolari -Posizione giuridica. (1. 10 agosto 1884, n. 2664, art. l; r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 2, lett. b). Al fine di stabilir;e la comptenza giurisdizionale del giudice ordinario o del giudice amministrativo occorre aver riguardo, in appUcazione del criterio del petitum sostanziale e indipendentemente dalla formulazione adottata nella domanda, alla posizione giuridica di diritto soggettivo o di interesse legittimo che l'istante intenda far valere (1). (1) Principio consolidato. Per i criteri distintivi della giurisdizione cfr: Cass., Sez. Un., 14 aprile 1964, n. 894, in questa Rassegna, 1964, I, 848; id., 24 marzo 1964,. n. 663, ibidem, 668; id., 29 marzo 1963, n. 789, Giust. civ., 1963, I, 2665; Cass., 2 febbraio 1963, n. 179, Foro it., 1963, I, 1199; id., 13 ottobre 1962, n. 2996, Foro amm., 1963, I, 157; id., 10 ottobre 1962, n. 2926, Giust. civ., 1963, I, 811; Cass., Sez. Un., 28 luglio 1962, n. 2209, ibidem, 848; id., 18 giugno 1962, n. 1530, Giur. it., 1963, I, l, 1407; Cass., 25 novembre 1961, n. 2731, Giust. civ., 1962, I, 18; Cass., Sez. Un., 17 febbraio 1960, n. 259, in questa Rassegna, 1960, 61 e rispettivi richiami ai precedenti. Sulla concorrenza dei due criteri del petitum e della causa petendi con prevalenza per della causa petendi, cfr.: Cons. Stato 8 luglio 1963, n. 542, Cons. Stato, 1963, I, 1009; Trib. Napoli, 1 giugno 1964, Temi nap., 1964, I, 400; id., 18 agosto 1962, Dir. giur., 1963, 62. In dottrina, da ultimo, cfr.: K:c..rsTCHE DE LA GRANGE, L'oggetto della domanda ai fini della competenza giudiziaria del Consiglio di Stato, Giur. it.,. 1963, I, 1, 1407; ]EMOLO, Studi Betti, 1962, V, 257; SALVIA, Considerazioni sulla discriminazione della competenza fra autorit giudiziaria ordinaria e la giurisdizione amministrativa, Giur. sic., 1960, 473; BuscA, Le acque nella legislazione italiana> 1962, 402 segg, PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI E FORNITURE 829 Il titolare di utenza riconosciuta per antico uso portatore di un diritto soggettivo perfetto, tutelabile, in quanto tale, dinanzi altautorit giudiziaria italiana (2). (Omissis). -N l'argomento fondato sotto il secondo aspetto, posto che, per stabilire la competenza giurisdizionale del giudice ordinario e del giudice amministrativo, non basta che il petitum consista, in relazione alle espressioni meramente letterali adottate dalla parte, nella domanda di annullamento dell'atto amministrativo, ma occorre accertare il contenuto intrinseco dell'azione esperita, costituito dal1' oggetto essenziale della pretesa dedotta in giudizio, e cio se la parte istante abbia inteso far valere un diritto soggettivo ovvero un interesse legittimo. Per vero il petitum sostanziale quello che conta e, poich lo stesso si desume congiuntamente dai due elementi della domanda (petitum) e della natura della controversia {causa petendi), ne consegue che, ove un giudice ordinario sia investito della decisione di una causa, nella quale il privato, oltre a chiedere il riconoscimento e la tutela di un proprio diritto soggettivo, si faccia a domandare, come mezzo al fine, l'annullamento dell'atto amministrativo lesivo di quel diritto, deve il giudice non gi dichiararsi incompetente ma limitarsi a conoscere dell'esistenza del diritto che sia stato leso dall'atto e, avuto riguardo agli effetti di questo, dichiararne 1a illegittimit senza annullarlo. Orbene pacifico che, nella specie, gli Enti ricorrenti lamentano la lesione di un diritto soggettivo per effetto della nuova concessione, 1'esercizio della quale, venendo ad incidere su quel determinato quantitativo delle acque del Taro e del Ceno loro riconosciuto per antico diritto all'uso, ne farebbe diminuire la disponibilit. N pu dubitarsi, d'altra parte, dell'esistenza del presupposto, vale a dire che i titolari di utenze riconosciute per antico uso siano portatori di un diritto sog (2) Giurisprudenza costante. Cfr.: Cass., Sez. Un., 14 aprile 1964, n. 891, in questa .Rassegna, 1964, 673, con nota redazionale; Foro it., 1964, I, 1848; Giur. it., 1964, I, 1, 1142; Giust. civ., 1964, I, 1600; Cass., 24 febbraio 1962, n. 123, Giur. it., 1963, I, 1, 538; Trib. Sup. Acque, 14 giugno 1961, n. 7, Acque, bonif., costruz., 1961, 260; id., 16 maggio 1961, nn. 4 e 5, Foro amm., 1961, 11, 542 e 541; Cass., 15 luglio 1959, n. 2294, Foro it., 1959, I, 1271; Giust. civ., 1959, I, 1662; Acque, bonif., costruz., 1959, 263; Trib. Sup. Acque, 16 agosto 1956, Foro amm., 1956, Il, 3, 35 e Acque, bonif., costruz., 1956, 399; Cass., Sez. Un., 10 luglio 1956, n. 2550, Foro amm., 1957, n. 1, 20, con nota di CANNADA BARTOLI, In tema di antiche utenze; Acque, bonif., costruz., 1956, 598, con nota di CALANDRA; Giust. civ., 1956, I, 1646; id., 7 giugno 1954, n. 1837, Foro it., 1955, I, 352; Trib. Sup. Acque, 11 dicembre 1953, Acque, honif., costruz., 1954, 157. Contra, per un diritto soggettivo condizionato, cfr. Trib. Sup. Acque, 12 aprile 1958, n. 11, Acque, honif., costruz., 1958, 392, cassata dalla citata sentenza n. 2294 del 1959 della Corte di Cassazione. 830 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO gettivo perfetto, tutelabile, come tale, avanti all'autorit giudiziaria ordinaria. Sebbene f Amministrazione dei LL.PP. non lo contesti in questa sede, sar sufficiente richiamare la giurisprudenza di queste Sezioni Unite {sent. n. 891 del 1964 da ultimo), secondo la quale gli antichi utenti devono ritenersi, addirittura durante il corso della procedura di riconoscimento ed anche rispetto alla Pubblica Amministrazione, titolari di un diritto soggettivo, il contenuto del quale deve intendersi non gi circoscritto al solo riconoscimento dell'utenza ma attinente, altrs, al quantitativo di acqua, che, in forza di esso, i medesimi potranno continuare a derivare. -{Omissis). TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 8 giugno 1965, n. 14 -Pres. Stella-Richter -Est. Ferrati -Bussinello ed altri (avv. Tumedei) e Club Nautico Bardolino (avv. Giudiceandrea) c. Ministero LL.PP. e Ministero Finanze (avv. Stato Del Greco). Demanio e patrimonio -Demanio -Acque pubbliche Laghi Confini tra bene demaniale e propriet privata Provvedimento prefettizio di delimitazione -Mancanza -Competenza del Tribunale delle acque -Sussiste. I (e.e., art. 950; r.d. 10 dicembre 1895, n. 726, art. 3; r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 140). Demanio e patrimonio -Demanio -Laghi pubblici -Confini. i (e.e., artt. 822, 943). Demanio e patrimonio -Demanio -Laghi pubblici Spiaggia I Demanialit -Esclusione. (e.e., artt. 822, 943; r.d. 10 dicembre 1895, n. 726; r.d. 11 dicembre 1933, ' n. 1775, art. 1) . I Il Tribunale delle Acque competente ad accertare i confini tra i laghi demaniali e le propriet private indipendentemente daU:esistenza I o meno del provvedimento prefettizio di delimitazione ex art. 3 del r.d. 1 dicembre 1895, n. 726 (1). (1) In tema di delimitazione dei laghi demaniali e delle spiagge. Principio gi affermato dalla sentenza impugnata (Trib. Acque Venezia, 26 agosto 1963, Foro it., 1963, I, 2215 con richiami). Conf.: Trib. Acque Milano, 30 gennaio 1962, Foro pad., 1964, I, 762, con diligente nota di NoNNis, Dei laghi edei criteri per la delimitazione della spiaggia lacuale; Trib. Acque Torino, 12 gennaio 1960, Giust. civ., 1960, I, 624 e Acque, b 0onif., costruz., 1960, 64, con richiami peraltro imprecisi; Cass., Sez. Un., 17 ottobre 1959, n. 2920 (con riguardo all'analoga ipotesi di cui all'art. 94 del r.d. 25 luglio 1904, n. 523, che ha sostituito l'art. 166 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. F), Acque, bonif., costruz., 1959, 458, con nota di V ARRIALE; id., Sez. Un., 25 giugno 1943, n. 1598, Foro jt., Mass., 1943, PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI E FORNITURE 831 Il confine dei laghi coincide con il livello raggiunto dalle acque nelle piene ordinarie {2). Il demanio lacuale non comprende le spiagge (3). (Omissis). -Non bisogna infatti dimenticare che la controversia insorta perch lAmministrazione ha voluto dare esecuzione ad un proprio provvedimento di delimitazione della propriet demaniale ed perfettamente inutile soffermarsi ad esaminare se l'esecuzione di quel decreto sia avvenuta secondo la procedura all'uopo stabilita dalla legge e con il rispetto di tutte le formalit dettate a garanzia dei privati. In particolare non ha nessuna importanza che nella specie non sia intervenuto il provvedimento prefettizio previsto dall'art. 3 del regolamento 394. Contra: Trib. Acque Torino, 5 aprile 1955, Giur. it., 1955, I, 2, 504, resa nella stessa vertenza decisa poi con la sentenza 12 gennaio 1960 dallo stesso Tribunale, sopra citata. Il principio, che la decisione in rassegna si limita a richiamare nei termini di cui alla citata sentenza n. 2920 del 1959 delle Sezioni Unite (sottolineando cio la funzione esclusivamente amministrativa esplicata dal Prefetto nella delimitazione dei confini demaniali), motivato, in altre decisioni, con richiamo all'art. 950 . e.e. e sulla necessit di coordinare gli artt. 3 del r.d. 1 dicembre 1895, n. 726 e 94 del r.d. 25 luglio 1904, n. 523 con la disposizione di cui all'art. 140, lett. b) del r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775. Per la delimitazione della spiaggia del mare cf., invece, artt. 28 e 32 del codice della navigazione e art. 58 del d.P.R. 15 febbraio 1952, n. 328, nel testo modificato con d.lg. 13 luglio 1954, n. 747; in argomento, con riguardo alla competenza dell'autorit amministrativa nella determinazione dei limiti della spiaggia, cf. Cass., 5 agosto 1949, n. 2231, Giur. compl. Cass. civ., 1949, 3, 1022 e, in motivazione, Foro it., 1950, I, 290, con nota di GAETA; Trib. Acque Cagliari, 6 agosto 1952, Acque, bonif., costruz., 1953, 467. (2) Conf.: Trib. Acque Milano, 21 gennaio 1964, Foro pad., 1964, I, 761, con nota di NoNNis, citata {relativa, come quella in rassegna, al lago di Garda); App. Roma, 15 maggio 1959, Foro it., Rep., 1960, 25, n. 38 (che ammette tuttavia altri mezzi di indagine). (3) La decisione con la quale il Tribunale Superiore ha riformato, sul punto, la sentenza impugnata, suscettibile di critica e di discutibile efficacia risolutiva sono le argomentazioni addotte a sostegno. Al fine di escludere .. la demanialit delle spiaggie dei laghi pubblici non infatti suffifficiente il difetto, nell'art. 822 e.e., di una esplicita previsione (sotto il vigore del codice civile del 1865 i laghi non erano compresi fra i beni demaniali elencati all'art. 476, ma ci non aveva impedito l'affermazione della loro demanialit); n, allo stesso fine, sembrano determinanti le argomentazioni che il Tribunale Superiore ritiene di dover desumere dalla disposizione dell'art. 2 del r.d. 1 dicembre 1895, n. 726 (da intendere, specie con riguardo alla rubrica del successivo art. 3, come relativo alle controversie sui limiti della zona demaniale) e dall'art. 1, considerato che l'uso pubblico costituisce appunto uno degli aspetti in cui si esplica la funzione della demanialit (GAETA, Nuovissimo digesto italiano, IX, 920; QuERCI, Enciclopedia del diritto, XII, 97; SANDULLI, ivi, V, 286). Anzi, proprio dal complesso delle disposizioni del r.d. 1 dicembre 1895, n. 726 che si desume il carattere demaniale delle spiaggie dei laghi pubblici, neces 832 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 1 dicembre 1895, n. 726. La funzione che il Prefetto esercita ai sensi di quella norma (al pari di quella prevista dall'art. 94 t.u. sulle opere idrauliche 25 luglio 1904, n. 523) puramente di polizia idraulica, attinente al buon regime delle acque, con effetti permissivi o proibitivi riguardo ad opere da eseguire da privati nelle zone di appartenenza dell'alveo: si tratta di una ompetenza strettamente amministrativa, estranea alla funzione giurisdizionale intesa a dirimere conflitti inerenti a diritti soggettivi, dal che discende che il decreto prefettizio di delimitazione ha efficacia puramente dichiarativa della demanialit del terreno. Ci importa che, esista o meno quel decreto, resta ferma la competenza del giudice ordinario specializzato a stabilire il limite tra la propriet demaniale e la propriet privata quando al riguardo insorgano contestazioni (Cass., sent. 17 ottobre 1959, n. 29,20). Nella specie quindi, poich i privati sono insorti ontestando la natura demaniale degli appezzamenti tutt'ora in loro possesso ed hanno proposto una vera e propria azione di accertamento -accertamento negativo della demanialit che si risolve in accertamento positivo della propriet privata -il giudice tenuto a pronunciare su di essa. Questo implica la necessit di individuare i confini del lago: trat.., tasi di un lago, quello di Garda, che indiscutibilmente pubblico e come tale appartenente al Demanio dello Stato e pertanto i confini del medesimo segnano necessariamente il limite della zona demaniale. : demaniale, infatti, non solo l'acqua del lago, ma anche l'invaso che la contiene, vale a dire l'alveo: al riguardo non sussistono dubbi. sariamente presupposto nella disciplina per la vigilanza e per le concessioni delle spiagge dei laghi pubblici e delle relative pertinenze ; una diversa soluzione, infatti, non potrebbe conciliarsi con le disposizioni dettate al capo II (relativo all'uso ed alle modalit di concessione delle spiagge lacuali) e, in particolare, con l'art. 34 (" la concessione si intende fatta nei limiti dei diritti che competono al pubblico demanio ) e con l'art. 4 che, nel disciplinare il passaggio di tratti di spiaggia nella categoria dei beni patrimoniali dello Stato (quando si riconosca che un tratto d spiaggia non pi nece11sario all'uso pubblico ), presuppone necessariamente la demanialit della spiaggia lacuale. La soluzione positiva del problema sulla demanialit delle spiagge dei laghi pubblici trova conforto, inoltre, nell'esclusione del diritto di accessione, stabilito dall'art. 943 e.e. (richiamato nella sentenza in rassegna col solo fine di utilizzarne i criteri per la determinazione dei confini naturali del lago), nella necessit di permessi, licenze o concessioni per l'utilizzazione delle spiagge lacuali (artt. 6, seconda comma, e 27 r.d. 1'0 dicembre 1895, n. 726; art. 97, lett. n) r.d. 25 luglio 1904, n. 523) e nella mancata imposizione di servit, oneri ed obblighi che, se le spiagge dei laghi pubblici fossero suscettibili di propriet privata, sarebbero certamente previsti, cos come sono previsti per i corsi d'acqua (artt. 77 e 79 cod. nav.; art. 52 r.d. 11 luglio 1913, n. 959; art. 12 r.d. 25 luglio 1904, n. 523; art. 226 r.d. 27 luglio 1934, n. 1265), per le strade (artt. l, 3-6 e 11-19 r.d. 8 dicembre 1933, n. 1740), per le ferrovie (artt. 208, 211 e 234-241 1. 30 marzo 1865, n. 2248, all. F; artt. 5 e 65-77 r.d. 9 maggio 1912, n. 1447), per le opere militari (1. 20 dicembre ,__._....... _ _3,_f#ill_4fǥt11W. - - :..-. ili:--..-:--..... :-:.- ..-:-: .-:...: ... X ::: _._. :::: :-: n :-: :-: X :::: .. :::: PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI E FORNJ'!URE 833 Ora per stabilire cosa si debba intendere per alveo del lago ritiene il Tribunale Superiore che si possa utimente far capo alla norma del1' art. 943 e.e., a mente della quale il terreno che l'acqua copre quando essa all'altezza dello sbocco del lago o dello stagno appartiene al proprietario del lago o dello stagno, ancorch il volume dell'acqua venga a scemare, mentre il proprietario non acquista alcun diritto sopra la terra lungo la riva che l'acqua ricopre nei casi di piena straordinaria. vero che detta norma diretta principalmente ad escludere la possibilit che i movimenti dell'acqua lacuale importino accessione a danno o a favore del proprietario del lago, ma appunto per questo dalla norma medesima si evince qual' secondo il legislatore I'estensione del lago e correlativamente il limite entro il quale va contenuta la propriet del medesimo, sia essa di un privato {lesistenza di laghi privati pacificamente ammessa nella vigente legislazione), sia essa >, essendo stata Tesa in arbitrato privato, e perci facoltativo. Quanto ai lodi, quelli del 12 marzo 1958 e del 28 luglio 1960, avevano ritenuta sanata la nullit della domanda arbitrale, per l'intervenuta costituzione della Amministrazione; e quelli del 6 luglio 1929 e 9 gennaio 1930, avevano considerate valide domande notificate ad organo non legittimato passivamente (prefetto, invece 17 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 838 quello soltanto che, sotto il proflo processuale, d inizio al processo, inteso questo in senso tecnico. Solo in relazione ad un processo tecnicamente considerato e ad un atto ad esso relativo pu, infatti, parlarsi di nullit e per di pi di nullit assoluta ed insanabile. Ora il concetto di processo intimamente legato a quello di giudice e non pu prescindere da esso, perch il processo altro non se non l'attivit delle parti dinanzi ad un giudice e l'attivit direzionale e decisoria di quest'ultimo diretta a rendere giustizia alle parti. Ne consegue che non pu esservi processo senza giudice. E, poich nel giudizio arbitrale, l'accettazione da parte degli arbitri che investe costoro della facolt di decidere la controversia sottoposta al loro giudizio e che d quindi il via a tutta la loro attivit processuale e giurisdizionale, di tutta evidenza che, precedentemente a tale accettazione, non esistendo ancora l'organo giudicante, non possibile parlare di instaurazione del rapporto processuale. In tale senso si di recente pronunziata anche la Suprema Corte-di Cassazione, esplicitamente negando, in analoga fattispecie, che il momento iniziale del giudizio arbitrale possa farsi coincidere con la notifica della domanda di arbitrato o con quella dell'atto di designa- del ministro dei lavori pubblici): quindi, a prescindere dalla loro inesattezza, si trattava di decisioni non conferenti. C. -Dalle due proposizioni accennate, attraverso le quali si articola la motivazione del lodo, l'unica da prendere in considerazione e discutere, la seconda. La prima ripete un principio processuale in via di massima esatto, ma ovviamente condizionato dalla peculiare struttura dell'arbitrato pubblico. Ci posto, il primo appunto da muoversi al lodo, di non aver colta la sostanziale distinzione tra arbitrato rituale tipico (detto anche libero o facoltativo), ed arbitrato obbligatorio {detto anche forzato o necessario). Dottrina e giurisprudenza (BIAMONTI, Enpiclopedia dir., 1958, II, 930; VECClllONE, L'arbitrato, 1953, 215) sono, invece, concordi nel giudicare quest'ultimo come istituto distinto, perch originato non da un negozio giuridico di diritto privato, ma da un provvedimentodi imperio. Il legislatore, in alcuni casi, impone che determinate controversie siano sottoposte a giudizio di collegi arbitrali, che devono essere costituiti ed agire secondo norme fissate coattivamente. Di qui il carattere tipicamente pubblicistico riconosciuto all'istituto, appunto perch previsto dalla superiore volont del legislatore, e non d(). quella delle parti. Ed anzi a questo proposito, opportuno ricordare che proprio perch tali collegi hanno fonte nella legge, viva stata la disputa per identificarne, di volta in volta, l'esatta natura giuridica, validamente sostenendosi -in base alle accennate peculiarit -la possibilit che fossero vere e proprie giurisdizioni speciali (VECCHIONE, op. cit., 225). Immediata conseguenza di quanto si detto, nell'arbitrato obbligatorio il carattere permanente dell'org.mo giudicante; che, nel momento in cui insorge la controversia, gi esiste per previsione legislativa, e del quale sono pure precisati i membri, attraverso l'indicazione delle qualifiche e del procedimento necessari per la loro individuazione. Membri che, per di pi, fanno parte del collegio non in PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI EFORNITURE 839 zione degli arbitri {Cass. Civ., Sez. I, 29 luglio 1963, n. 2127, Mass. Giust. civ., 1963, 997). Non valendo a costituire il rapporto processuale, la istanza con la quale una delle parti manifesta la propria volont che sia costituito il Collegio Arbitrale non ha ovviamente carattere processuale e non soggetta, quanto alla notifica, al disposto di cui all'art. 1, della legge 25 marzo 1958, n. 260 (v. in tal senso lodo 6 luglio 1929, Impresa Lombardiani c. Ministero LL.PP. e Azienda Autonoma Statale della Strada, Giur. oo.pp., 1930, I, 132; lodo 9 gennaio 1930, Impresa Del Vigo c. Ministero LL.PP., Giur. oo.pp., 1930, 97; lodo 22 marzo 1958. Impresa Edilizia Moscatelli c. Amministrazione dei LL.PP., in SERRI BARILE, Giur. arb., Mass., 465, X; e, da ultimo, lodo 28 luglio 1960, Fallimento De Poroellinis c. Ministero Difesa-Esercito, Giust. civ., Rep., 1961, voce Compr. e arb.itr., tomo I, 620, n. 108). L'eccezione di nullit della domanda di arbitrato alla luce della giurisprudenza . deve essere quindi respinta siccome infondata. (Omissis). -Nel merito, con i quesiti proposti, che comprendano sostanzialmente una sola censura, non: contesta la S.B.A.R.E.C. la facolt della p.a. di aumentare o di ridurre di un quinto i contratti in esame, forza di impegno liberamente assunto, ma per dovere d'ufficio, connesso alla loro posizione di magistrato o di pubblico funzionario (in questa Rassegna, 1964, 51). D. -Va aggiunto, che il lodo non solo non indica quale dovesse essere -in via generale, o almeno nella specie -l'atto introduttivo del giudizio (come, per completezza, risultava doveroso), ma trascura di prendere in esame chiare disposizioni dei capitolati generali, che identificano l'atto suddetto proprio nella domanda arbitrale. Secondo il sistema delineato nel capitolato generale 28 maggio 1895 sui lavori pubblici, dopo la conclusion~ della fase amministrativa di cui agli artt. 22. 23, 100 e 109 del regolamento 25 maggio 1895, n. 350, l'appaltatore era tenuto, nel termine perentorio di trenta giorni, a " notificare la domanda per l'arbitrato con specifica precisazione delle controversie a delle questioni su cui era chiesto il giudizio degli arbitri (artt. 45 e 46 cit., cap. gen.). L'Amministrazione, nei. trenta giorni successivi, poteva notificare, in risposta, eventuali deduzioni " circa la posizione e la formula delle questioni sui cui gli arbitri sono chiamati a decidere ,, . In seguito, su istanza di entrambe le parti, o di quella pi diligente, aveva luogo la presentazione della domanda di nomina degli arbitri; e dopo l'insediamento del collegio, la " trasmissione... al Collegio medesimo, dei documenti e delle memorie ,, (artt. 47 e 48). Il sistema sostanzialmente riprodotto negli artt. 54-57 del r.d. 17 marzo 1932, n. 366 per i lavori del genio militare, e negli artt. 41-44 del capitolato generale 9 aprile. 1909 per le opere ferroviarie. Ed agevolmente se ne desume, che proprio la domanda arbitrale, intesa come l'atto con il quale l'impresa contesta il provvedimento di definizione della fase amministrativa, segnava l'inizio del relativo procedimento, non potendosi altrimenti giustificare la perentoriet del termine per la 840 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ma contesta che di tale facolt essa abbia fatto opportuno e tempestivo uso, in concreto, sul rilievo che, il provvedimento di riduzione fu dalla stessa adottato per entrambi i contratti quando i contratti medesimi erano ormai stati eseguiti per met, e i materiali, afferenti al quinto ridotto, erano gi stati, per obbligo contrattuale, acquistati dalla impresa assuntrice ed anche versati alla A.M. per il prescritto collaudo. La censura fondata. Se vero che la facolt della p.a. di variare, in pi o in meno di un quinto, l'importo contrattuale discende dall'art. 11 del r.d. 18 novembre 1923 n. 2440 e nella specie anche da apposita clausola convenzionale (art. 18 del capitolato generale), altres vero che si tratta pur sempre di una facolt e non di un arbitrio, facolt che attribuita alla p.a. nel superiore interesse dello Stato per il conseguimento di pubbliche finalit, non pu, come tale, svincolare l'amministrazione stessa ___.. n, atteso lo spirito e la lettera della norma, in concreto la svincola -dall'osservanza dei principi generali che regolano la materia dei contratti, primo fra tutti quello di cui all'art. 1375 e.e., il quale fa obbligo ai contraenti di dare corso alla esecuzione del contratto secondo buona fede, comportandosi cio in modo tale da non recarsi reciprocamente quei danni che possibile evitare con la normale diligenza e prudenza. Se pure applicabile a tutti i contratti stipulati dalla p.a. e quindi anche a quelli in esame, la norma di cui all'art. 11 del menzionato notifica, la formale precisazione del suo contenuto, la perentoriet del termine per le controdeduzioni dell'Amministrazione sulla posizione e formula delle questioni da decidere ln particolare la possibilit di concorde presentazione della richiesta I ' l di designazione degli arbitri, e la diretta trasmissione di documenti e memorie al ~ Collegio, senza bisogno di ulteriore attivit processuale, sono incombenti che dimostrano lesistenza di un rapporto contenzioso gi in atto, evidentemente introdotto dalla domanda arbitrale. Per questi motivi, la migliore dottrina {VECCHIONE, op. cit., I ~ 318; CIANFLONE, L'appalto di oo.pp., 1964, 822, e la giurisprudenza (lodo 13 dicembre 1961, Giur. oo.pp., 1963, 20), non avevano esitato ad individuare nella domanda ripetuta l'inizio del giudizio arbitrale. La conclusione definitivamente ribadita e rafforzata dal nuovo capitolato generale 16 luglio 1962, n. 1063, che tassativamente prescrive (art. 46) l'onere della notifica della domanda arbitrale presso lAvvocatura Generale dello Stato ai sensi e per gli effetti dell'art. 11 del t.u. 30 ottobre 1933, n. 1611, modificato dalla legge 25 marzo 1958, n. 260 ; ed esplicitamente aggiunge (articolo 47, secondo comma), che nel caso di rifiuto della competenza arbitrale, la parte attrice ove intenda proseguire il giudizio, deve proporre domanda al giudice competente , entro il termine perentorio previsto nel precedente art. 46. (2) La facolt dell'Amministrazione di ridurre (o anche aumentare) di un quinto l'importo dell'appalto, d'ordine generale sancito oltre che dalla legge di contabilit di Stato (art. 11, r.d. 18 novembre 1923, n. 2440), dall'art. 344 della legge sulle opere pubbliche del 1865. Per di pi prevista, in termini pressoch uniformi, dai PARTE I, SEZ. VI, GIURIS, IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI E FORNITURE 841 r.d. 2440 del 1923 va cio intesa, e in organico concetto, conciliata con i principi generali del diritto e con e norme contrattuali particolari. Libera di esercitare la facolt di riduzione di cui alla norma citata, la p.a. nel caso in esame, attesa la peculiare tecnica contrattuale dei collaudi preliminari e definitivi e dell'anticipato approntamento a tal fine di tutte le materie prime occorrenti, doveva quindi assumere la relativa iniziativa con congrua tempestivit, per evitare alla S.B.A.R.E.C. un onere superfluo, quello cio dell'acquisto, per obbligo contrattuale~ di materie prime, che si sarebbero di poi rese inutili a seguito della disposta riduzione. Tenuta a rispettare, nel contesto del congegno contrattuale, il principio della buona fede e quello della corretta esecuzione, la p.a., nel caso in esame, non era libera infatti di esercitare indiscriminatamente la facolt derivatale dal menzionato art. 11, ma doveva esercitare la detta facolt in armonia con le norme contrattuali, cos da evitare superflui e prevedibili danni alla S.B.A.R.E.C. Ne consegue che, non avendo ci fatto e non avendo dato esecuzione di buona fede ai contratti stipulati, la p.a. ha fatto un uso non corretto della facolt di riduzione concessale dalla menzionata norma ed quindi tenuta a risarcimento dei relativi danni (v. lodo 25 giugno 1933, Impresa Soc. E. Parrini e C. c. Ministero LL.PP., cit. Mass. Giur. arb., col. 527, b, II; loro 28 aprile 1940, Impresa lng. Giuseppe Cecchi c. Ministero LL.PP., Giur. arb., Mass., col. 529, VI). singoli capitolati generali delle varie amministrazioni (art. 14, cap. gen. Ministero LL.PP. del 1962; art. 19 condiz. gen. Genio mii.; art. 15 cap. gen. amm. F.S.). Non pu, quindi, non susitare profonda perplessit, che il lodo -facendo riferimento, come sembra, all'elemento formale della riproduzione della facolt citata nel capitolato speciale -abbia applicato una disposizione (art. 1375 e.e.) dettata esclusivamente per i contratti, omettendo di considerare che, in ogni caso e quanto meno in via di principio non consentito che taluno possa dolersi dell'uso anche arbitrario, che altri faccia di un potere attribuitogli dalla legge. Sembra, inoltre, opportuno tener presente che la facolt ripetuta (come quella correlativa della rescissione ex art. 345 legge oo.pp.), trae giustificazione dal carattere pubblico degli scopi, ai quali costantemente rivolta lattivit amministrativa; manifestazione dei poteri che, nonostante lesistenza del vincolo contrattuale, spettano all'Amministrazione al fine di far sempre corrispondere l'opera appaltata alle mutevoli esigenze del pubblico interesse (GIANNINI A. D., Giur. oo.pp., 1941, I, 346). In relazione a tanto corrente opinione (CIANFLONE, op. cit., 461), che in base alla facolt di riduzione (o di aumento) dell'importo dell'appalto, questo si deve ritenere fin dall'origine fissato, anzich nella cifra indicata in contratto, in una misura oscillante fra i quattro quinti ed i sei quinti di essa. Pertantq. a tale misura variabile, devono essere ricondotti i diritti ed i doveri reciproci delle parti: e, conseguentemente l'appaltatore ha diritto all'esecuzione dei soli quattro quinti dell'importo contrattuale, senza poter avanzare pretese di risarcimento n per il 842 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La domanda di rimborso delle spese relative al materiale afferente il quinto ridotto, formulata dalla S.B.A.R.E.C. in sede di istanza di arbitrato e confermata nelle successive difese, deve essere perci accolta. -(Omissis). fatto della riduzione del quinto, n per le modalit attraverso le quali la riduzione ~ ordinata. Questo concetto sembra definitivamente chiarito, dall'ultima parte, del primo comma del cit. art. 14 del cap. gen. ll. pp. del 1962, secondo cui l'esercizio della facolt pi volte detta, consentita " senza che perci spetti indennit alcun'.a all'appaltatore 11 (nello stesso senso, cfr. u.p., art. 19 cap. gen. 1895; cit., art. 15, primo comma, cap. gen. F.S.). G. DEL GRECO LODO ARBITRALE 16 marzo 1965, n. 17 {Roma) -Pres. Severini Impresa Binetti (avv. Giordano) c. I.S.E.S. e Ministero LL.PP. ( avv. Stato Carbone Carmelo). Appalto -Appalto pubblico -Co.n:tratto -Mancata approvazione nel termine -Conseguenze. (d.m. 28 maggio 1895, art. 13). Il termine di quattro mesi, previsto nell'art. 13 del capitolato generale oo.pp. 28 maggio 1895, per l'approvazione del contratto di appalto, comprensivo anche della registrazione del relativo decreto presso la Corte dei Conti. Qualora la registrazione non intervenga nel termine suddetto, l'appaltatore ha diritto di recedere dal contratto, pure se il provvedimento di approvazione sia stato tempestivamente adottato (1). (Omissis). -La questione fondamentale che il Collegio deve affrontare concerne l'interpretazione dell'art. 13, primo e secondo comma, del capitolato generale per gli appalti delle opere dipendenti dal Ministero dei Lavori Pubblici, approvato con d.m. 28 maggio 1895. Dispone testualmente tale norma, nei due commi predetti, che: << L'approvazione del contratto, in conformit dell'art. 110 del regolamento (1) Il lodo ha ritenuto che i quattro mesi previsti dall'art. 13 dell'abrogato capitolato generale LL.PP. per l'approvazione del contratto di appalto, sono comprensivi anche della registrazione . del relativo decreto. Di tal che l'eventuale recesso notificato dall'appaltatore dopo l'approvazione, ma prima della registrazione del provvedimento, sarebbe pienamente efficace. L'assunto, che assistito da larga e perspicua motivazione, non convince. Il nostro ordinamento, quando usa l'espressione " decreto di approvazione del c~ntratto ,, , si riferisce specificamente all'atto con il quale il Ministro, o l'altra autont che nf' sia autorizzata, approva il contratto, nell'esercizio della propria attivit di I ' controllo attinente al merito. N sembra conferente il richiamo alla ratio legis, ' I PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI E FORNITURE 843 :sulla contabilit generale dello Stato, dovr essere data nel termine di mesi quattro dal giorno della sua stipulazione. In caso di ritardo oltre il predetto termine, l'appaltatore avr -diritto di ottenere lo scioglimento del contratto, ma non potr preten dere alcun compenso, salvo soltanto il rimborso delle spese effettive sostenute per la stipulazione del contratto ". Sostiene in proposito il Binetti che nel termine di quattro mesi sione di leggi, rispetto al quale quella speciale del capitolato generale resisterebbe comunque a quella generale successivamente emanata. Il suddetto rapporto di specialit risulta sicuro, sol che si rilevi che il citato art. 114 perfettamente analogo, come ha riconosciuto pure la difesa dell'Amministrazione, al corrispondente art. 110 del regolamento di contabilit generale dello Stato del 1885, che il regolamento ricordato 23 maggio 1924, n. 827 ha sostituito: ora, se lart. 13 del capitolato 850 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO generale conteneva una disciplina propria per le opere pubbliche dipendenti dal Ministero dei lavori pubblici rispetto a quella generale dell'art. 110 reg. 1885, evidente come trasfusa quest'ultima nel corrispondente art. 114 da una successiva normativa generale, quale quella del r.d. 23 maggio 1924, n. 827, la prima rimanga in vigore in base ai principii fondamentali che regolano il fenomeno ricordato della successione di leggi. Il superiore rilievo dimostra chiaramente come sotto nessun aspetto possa accogliersi la tesi criticata, che la medesima Corte dei Conti si faceva carico, invitando l'Amministrazione ad essere cauta in proposito, dato che in sede giurisdizionale o arbitrale avrebbe potuto essere adottata un'opposta soluzione. N alcun elemento contrario potrebbe comunque ricavarsi dal d.p. 16 luglio 1962, n. 1063, il quale ha introdotto alcune modificazioni al capitolato generale del 1895, precisamente in relazione alla norm, ricordata dalla difesa dell'Amministrazione, secondo cui 1'Amministrazione deve procedere entro due mesi all'approvazione del contratto e deve darne comunicazione all'appaltatore. Tale norma infatti diretta come risulta evidente, a sollecitare, con l'imposizione degli obblighi sud detti, l'Amministrazione attiva, onde essa compia rapidamente quanto di sua competenza a tutela maggiore dell'appaltatore e in modo, altres, che resti un congruo termine alla Corte dei Conti per provvedere alla registrazione del decreto; essa per non interferisce per nulla sul diritto al recesso che rimane regolato anche per i contratti stipulati successivamente alla disciplina dell'art. 13 del capitolato generale del 1895. Non sembra dubbio perci al Collegio, in base alle superiori osservazioni che nella specie il diritto al recesso vada riconosciuto al Binetti, come tempestivamente esercitato. -(Omissis). LODO ARBITRALE, 8 giugno 1965, n. 37 {Roma) -Pres. Potenza . Impresa Farsura {avv. Vescovini) c. Ministero LL.PP. (avv. Stato Azzariti). Appalto -Appalto di opera pubblica -Arbitrato in corso d'opera Condizioni. (d.P.R., 16 luglio 1962, n. 1063, art. 44). Appalto -Appalto di opera pubblica -Richiesta di equo compenso ex art. 1664, secondo comma, e.e. -Inammissibilit in corso d'opera. Il giudizio arbitrale in corso d'opera ammissibile anche quando la controversia porti in discussione un presunto notevole aggravio fidnalnl-.1=:. ziario nell'esecuzione dei lavori, tale da causare grave turbamento e e . fil ~ rx.""-":"'"f=---- ... ':.=)'.::==:::z:,:rn=- .....,,'}~=~====~=:x:=i="='::i:":==~=t=::;t.?=%..J.@='.==t~==="mr.mmf='====:;::,:::-===/:::=;:if.::?fill==::f:='=---=--.==:==;::::\!:i=}.:;::.::::=:=::;p:=::::+-':t.=Y-=t..::-;t=====;:::: ....... =~==l"f=,t~===:==;:~x=y=-rA = ..z ....}iL... .............:@...:>:.:...... .:. 0:. .. .. :>: :>: %"'rn .X PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI E FORNITURE 851 previsioni economiche considerate dall'appaltatore, e da porre in pericolo la puntuale ultimazione dei lavori (1). L'equo indennizzo di cui al secondo comma dell'art. 1664 e.e., basato sullo scarto tra oneri previsti ed imprevisti all'atto della conclusione dell'appalto. Pertanto, il relativo giudizio possibile solo a lavori ultimati, quando la prestazione dell'appaltatore sia stata totalmente adempiuta. Infatti solo tenendo conto dell'intera prestazione, possibile giudicare se le condizioni S"javorevoli verificatesi in una frazione del contratto, siano state eventualmente compensate in frazioni successive (2). (Omissis). -L'Amministrazione convenuta ha eccepito in via preliminare la inammissibilit della domanda da arbitrato in corsoc d'opera sotto un duplice profilo: 1) perch la rilevanza economica delle riserve, in relazione alla importanza totale dell'appalto, non tale da portare notevole pregiudizio all'andamento dei lavori; 2) perch la natura stessa delle riserve richiede, per la loro esatta soluzione, la ultimazione dei lavori, potendosi avere solo allora una precisa visione del rapporto numerico fra giorni lavorativi e giorni in cui i lavori furono sospesL (1) Per l'arbitrato in corpo di opera, l'abrogato capitolato generale del 1895, all'art. 44, lett. b), faceva generico riferimento alla controversia la cui natur.a, ad avviso di una delle parti, non consente che la risoluzione sia differita ". L'espressione era stata variamente intesa; sostenendosi da taluno che l'indifferibilit doveva essere giudicata in relazione ali' oggettivit della controversia; ed affermandosi da altri la necessit di una valutazione anche soggettiva, in rapporto alle condizioni dell'appaltatore (cfr.: CIANFLONE, L'appalto oo.pp., 1964, 818). Il nuovo capitolato generale del 1962 ha espressamente aggiunte le controversie di particolare rilevanza economica, da valutarsi in relazione all'importo totale dell'appalto, e sempre che siano tali da portare serio pregiudizio al buoll andamento dei lavori. In questi casi, infatti, l'appaltatore pu trovarsi in gravi difficolt rispetto alle previsioni generali di spesa ed alla propria organizzazione e potenzialit aziendale; di tal che risulta di interesse per lAmministrazione la pronta risoluzione del contrasto, al fine di evitare dannose sospensioni o ritardi nella realizzazione dell'opera. . (2) La maggiore onerosit, che il secondo comma dell'art. 1664 e.e. intende compensare, deve essere riferita all'intera prestazione e non ai singoli lavori. Infatti la prestazione dell'appaltatore costit.uita dall'intera esecuzione dell'opera, ed possibile che la maggiore onerosit, riguardante singoli momenti o aspetti della prestazione, risulti compensata o attenuata nel progresso dell'opera (cfr., con richiami, CIANFLONE, op. cit., 440). Risponde, pertanto, a logica ineccepibile la decisione in rassegna, non essendo possibile in corso d'opera esprimere un fondato giudizio, n sulla presunta maggiore onerosit della prestazione dell'impresa, n tanto meno sull'ammontare di essa. Va aggiunto che finora la giurisprudenza arbitrale e la dottrina hanno costantemente ritenuto aplicabile agli appalti pubblici il secondo comma dell'art. 1664 e.e. L'assunto offre il fianco a profonde perplessit, sulle quali cfr., in questa Rassegna, 1964, 415. 852 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Sotto il primo profilo la eccezione deve essere disattesa, poich la pretesa di aver sopportato per circostanze non previste maggiori oneri :finanziari del cospicuo importo di L. 468.191.870 come dettagliato nella parte motiva della domanda di arbitrato, ha una rilevanza economica notevole anche in relazione alla importanza totale del contratto .di appalto. Gli oneri finanziari denunciati, infatti, sono superiori al quarto dell'importo netto dei lavori e sono di poco inferiori al sesto del loro importo lordo. Se si tiene conto, poi, che i suddetti oneri sono circoscritti ai lavori eseguiti a tutto il 15 febbraio 1964 e che a tale epoca erano stati contabilizzati opere per un importo lordo di L. 2.344.957.731, contro il pagamento di rate di acconto per complessive L. 1.470.900.000 l'indennizzo preteso dalla impresa si pone in rapporto di uno a cinque con l'importo lordo dei lavori eseguiti e di circa di uno a tre con le rate di acconto percepite. :B evidente, perci, che il preteso esborso di una somma pari a circa mezzo miliardo, in aggiunta alle spese per i lavori contabilizzati e con detrazione delle anticipazioni ricevute, comporta una notevole esposizione finanziaria, che incide notevolmente sul bilancio economico di una impresa, anche di indiscussa consistenza patrimoniale, perch turba fortemente il piano finanziario predisposto per la esecuzione dei lavori e pone in essere quanto meno uno stato di pericolo per la loro puntuale ultimazione. N varrebbe obbiettare che nel corso dell'arbitrato il contratto stato consensualmente ridotto ai lavori contabilizzati fino al giorno 8 novembre 1964, per un importo lordo di L. 2.557.834.915, per cui sarebbe da escludere la concreta sussistenza di qualsiasi pregiudizio dalla mancata risoluzione della vertenza. Tale constatazione, infatti, scaturisce da un , giudizio ex post, rispetto al momento della proposizione, della domanda, mentre I'apprezzamento relativo alla rilevanza economica della controversia deve essere riferito alla situazione di fatto che si andava a profilare in tale momento e che, nella ipotesi di cui alla lettera b) dell'art. 44 del capitolato generale di appalto, si eleva a presupposto della domanda di arbitrato in corso d'opera. Sotto il secondo profilo, invece, la eccezione appare fondata. La pretesa avanzata dalla impresa si riallaccia alla disposizione di cui al secondo comma dell'art. 1664 e.e., il quale abilita l'appaltatore a richiedere un equo compenso quando nel corso dell'opera si manifestano difficolt di e:>ecuzicme derivanti da cause geologiche, idriche e simili, non previste dalle parti, che rendono notevolmente pi onerosa la prestazione. In relazione a tale fattispecie legale, l'impresa assume che nel corso dei lavori landamento idrico del Po ha determinato un anormale, imprevisto ed imprevedibile prolungamento del tempo occorrente per la esecuzine dei lavori appaltati, imponendo sospensioni che, per fre PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI E FORNITURE 853 quenza e durata, hanno turbato notevolmente l'economia del contratto, determinando gravosi ed imprevisti oneri finanziari. Una pretesa di tal genere stata accampata nel corso dei lavori in riferimento alla citata ipotesi di cui alla lettera b) dell'art. 44 del capitolato generale, per cui la domanda potrebbe aver corso solo nel caso in cui la decisione immediata della vertenza potesse consentire affimpresa di ottenere un equo indennizzo per i maggiori oneri incontrati fino alla data della proposizione della domanda. Essendo questo l'obiettivo da raggiungere con l'arbitrato in corso d'opera sub specie lettera b) del citato art. 44, la proponibilit della domanda resta condizionata al raggiungimento di tale finalit per cui a nulla varrebbe decidere la questione proposta con il primo quesito, qualora non fosse possibile decidere, allo stato, quelle proposte con il secondo ed il terzo punto. Ancorch, infatti, si desse risposta affermativa a~ primo quesito, la decisione rimarrebbe una sterile affermazione di principio, in quanto l'indagine commessa con detto quesito non ha una propria autonomia, ma costituisce lantecedente logico rispetto a quella demandata al Collegio con il secondo ed il terzo quesito, nei quali si chiede la concreta determinazione della maggiore durata dei lavori e dei maggiori oneri finanziari sopportati. Orbene una risposta al secondo e terzo quesito pu essere data solo quando la prestazione e tutta la prestazione dell'appaltatore sia stata adempiuta. Ci perch i pretesi maggiori oneri si riallacciano a circostanze obbiettive di carattere continuativo, la cui efficienza causale si estende a tutto larco contrattuale, influendo positivamente o negativamente sulla complessiva prestazione dell'appaltatore. Nella fattispecie si assume che l'eccezionale andamento idrico del Po impose numerose e lunghe sospensioni dei lavori non prevedibili e non previste, per cui fimpresa sub oneri finanziari che non potevano essere valutati al momento della stipulazione del contratto. Dato e non concesso che tale assunto fosse fondato, la valutazione di tale asserita causa di danno non pu essere circoscritta ad una frazione del contratto, ma deve essere estesa a tutta la prestazione contrattuale, giacch le gi verificate condizioni sfavorevoli all'andamento dei lavori potrebbero trovare una compensazione anche modesta nelle successive condizioni idriche del fiume, particolarmente favorevoli per la esecuzione degli ulteriori lavori. La necessit di un accertamento complessivo, in relazione a tutta la prestazione dell'appaltatore, appare ancor pi necessaria nella fattispecie, ove la controversia si incentra Jlel raffronto fra le medie dei giorni lavorativi risultanti dai rilevamenti effettuati negli anni antecedenti alla esecuzione dei lavori ed i giorni lavorativi effettivamente utilizzati nel corso del contratto, fino alla data di proposizione della 18 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 854 domanda di arbitrato in corso d'opera. ~ chiaro, perci, che ove daf raffronto scaturisse un accertamento favorevole alla pretesa accampata dall'impresa, tale raffronto dovrebbe essere compiuto in relazione a tutta la prestazione, non gi ad una frazione anche cospicua di essa. Deduce l'impresa che nel momento della proposizione dell'arbitrato la previsione della durata effettiva dei lavori era stata superata di ben sedici mesi, per cui il danno sarebbe certo, determinabile e risarcibile, qualunque potesse essere l'andamento successivo dei lavori. In tale generica postulazione si prescinde dal considerare che il concreto ammontare del preteso danno o, pi esattamente, l'equo indennizzo dovuto,. ancorch potesse essere allo stato accertato nell' an debeatur, con riferimento al momento della proposizione della domanda di arbitrato, non lo potrebbe essere relativamente al quantum, poich, la estensione dei maggiori oneri non previsti si riallaccia ad una situazione obbiettiva suscettibile di cristallizzarsi solo quando l'intera prestazione sa stata. adempiuta. Allo stato, invece, resta fuori di qualsiasi possibilit di valu.> tazione la situazione di fatto verificatasi dopo la domanda di arbitrato, cosicch, .ove tale situazione fosse stata particolarmente favorevole per la esecuzione degli ulteriori lavori, lo scarto fra il tempo previsto per la complessiva esecuzione della prestazione e quello effettivamente impiegato ne rimarrebbe direttamente influenzato. Ilj j La possibilit di determinare nel corso dei lavori la estensione dello scarto fra il previsto e l'imprevisto e la conseguente impossibilit -~ z; :~ di liquidare un equo indennizzo che si adegui agli effettivi maggiori oneri sopportati nella esecuzione della prestazione contrattuale dell'appaltatore, rende inammissibile la domanda, che potr essere riproposta a lavori esauriti, secondo le comuni norme dettate per le controversie scaturenti dal contratto di appalto. -(Omissis). ' I SEZIONE SETI'IMA GIURISPRUDENZA PENALE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 18 febbraio 1964, n. 219 -Pres. Vista -Rel. Malinverni -P.M. Biscotti -Rie. Paoletti. Reato Contravvenzioni Elemento psicologico -Buona fede Rilevanza Condizioni Fattispecie. (c.p., artt. 5, 42, 45; I. 11 giugno 1959, n. 405, art. 7; d.P. 30 giugno 1959, n. 420, art. 343). La ricerca delrintenzione di regola irrilevante nelle contravven: Zioni. Tuttavia si deve riconoscere forza scusante alla buona fede .quando sia dimostrato che l'autore del fatto o della omissione ha compiuto, da parte sua, tutto quello che era necessario per dare esatto adempimento alla disposizione della legge, la cui violazione appaia .quindi determinata da un errore inevitabile, che deve ragguagliarsi -alla forza maggiore (1). (Omissis). -:il: pacifico che l'attuale imputato, nell'incertezza determinata dalla esistenza delle due disposizioni in contrasto tra loro, si rivolse all'U.T.I.F. di Terni, il quale autorizz la ditta Umbrogas a Tiempire le bombole per autotrazione riel mese di gennaio 1961 con il permess n. 7, registrato il 29 dicembre 1960, e che le operazioni di (1) Le forche caudine dell'art. 5 del codice penale. Questa interessante sentenza si pone fuori di un orientamento ormai ultraven- tennale assunto dalla Suprema Corte in ordine all~ irrilevanza dell' erro1 vel ignoratia iuris in materia penale. Come noto, si sempre affermato che per la sussistenza del dolo non sono -necessari n la coscienza dell'antigiuridicit dell'azione n la volont di violare la legge penale, e si escluso che l'ignoranza della legge penale potesse comunque .avere effetto scriminante. (Cfr. Cass., 21 febbraio 1964, n. 346, in questa Rassegna, 1965, 423, con nota di richiami). Sorge per in alcuni casi un grave problema di coscienza per il giudicante, -che, in omaggio al summum ius, si vede costretto a condannare, ma nel contempo si rende conto di come quella condanna si risolva in una summa iniuria. Si tratta -di casi limite, pi volte richiamati da vari autori, relativi all'errore di diritto indotto da atti o da acquiescenza della pubblica Autorit, da precedenti giudicati, da pareri espressi da organi amministrativi, o relativi addirittura all'ignoranza totale della norma, causata, ad es., dall'interruzione delle viedi comunicazione in tempo di .;guerra (Cfr. PIACENZA, Errore ed ignoranza di diritto in materia penale, Torino, 1960). 856 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO imbottigliamento furono eseguite con l'osservanza delle prescrizioni dell'art. 7 della legge 11 giugno 1959, n. 405. j' . ;);;., 856 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO imbottigliamento furono eseguite con l'osservanza delle prescrizioni dell'art. 7 della legge 11 giugno 1959, n. 405. j' . ;);;., Ci premesso in punto di fatto, per la decisione del ricorso si deve esaminare se il fatto del Paoletti, di avere in base all'autorizzazione rifornito i serbatoi mobili per l'autotrazione, costituisca reato. - La risposta negativa giacch, fermo restando che nelle contravvenzioni la ricerca dell'intenzione sia di regola irrilevante, non pu tuttavia negarsi la forza scusante della buona fede, quando come nella specie, sia dimostrato che l'autore del fatto o della omissione abbia compiuto da parte sua tutto quello che era necessario per dare esatto adempimento alla disposizione della legge, la cui violazione appaia quindi determinata da un errore inevitabile che deve ragguagliarsi alla forza maggiore. -(Omissis). La Suprema Corte, che ha sempre seguito un orientamento rigoristico in tema di delitti, ha talvolta ceduto ad un impulso equitativo, come nella specie, in materia di contravvenzioni. Se per da un lato si pu condividere tale atteggiamento, dall'altro non ci si pu esimere dal rilevare come per giungere a tale risultato sia necessario ricorrere a forzature logico-giuridiche. L'argomento cui si fa generalmente ricorso per giustificare la formula assolutoria quello che si riallaccia al principio generale di diritto ad impossibilia nemo tenetur (cfr. MANZINI, -Trattato, 1948, II, 29). Sembra per che tale principio contrasti col chiaro disposto dell'art. 5 c.p., e questo sia che si voglia vedere in tale norma la consacrazione di un obbligo di conoscenza della legge (cfr. GALLO, Colpa penale, voce dell'Enciclopedia del diritto), sia, e a maggior ragione, se vi si scorga invece una presunzione di conoscenza iuris et de iure (cfr. PIACENZA, Tentativi di soluzione di un vecchio problema: elemento psicologico e c. d. buona fede nelle contravvenzioni, Giust. pen., 1954, II, 750). N si giustifica d'altronde l'applicazione di un tale principio alle contravvenzioni e non anche ai delitti. La sentenza che si annota ricorre invece ad un altro argomento per giustificare la formula assolutoria: I'errore inevitabile che deve ragguagliarsi alla forza. maggiore . Formula estremamente oscura e che sembra ancora pi oscura se la si mette in relazione con la formula di proscioglimento adottata: " il fatto non preveduto dalla legge come reato . Concordemente, infatti, in dottrina e giurisprudenza si considera la forza maggiore come causa di esclusione della colpevolezza, e pi precisamente di quella base essenziale della colpevolezza che si sostanzia nella coscienza e volont dell'atto (cfr. MANZINI, op. cit., II, 6; ANroLISEI, Manuale di diritto penale, 1963, I, 303). Ora non si vede come l'ignoranza della norma penale possa incidere sull'elemento psicologico, posto che, a mente del dettato legislativo, tale elemento psicologico concerne solo la fattualit criminosa e non anche la sua valutazione normativa. (Tutto ci naturalmente a meno di non voler rimettere in discussione l'art. 5 c.p.). N si riesce a comprendere come l'annotata sentenza, avendo posto l'accento sul profilo psicologico della condotta, escludendone la riprovevolezza, invece di adottare la formula " il fatto non costituisce reato " si avvalga invece di quella " il fatto non preveduto dalla legge come reato ". Formula, quest'ultima, che sta ad indicare come il fatto materiale non si inquadri esattamente nella fattispecie prevista dalla norma incriminatrice speciale (cos: SABATINI, Classificazione e: PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 857 gerarchia delle formule di proscioglimento, Scritti in onore di Manzini, Padova, 1954, 551; LEONE, Trattato di diritto processuale penale, 1961, Il, 126 segg.; Cass., 1 marzo 1951, Giust. pen., 1951, III, 908). Che sta ad escludere cio la materialit ' criminosa ascritta all'imputato. Una duplice contraddizione, dunque: dapprima il ricorso al concetto di forza maggiore, che si fa incidere per non sulla colpevolezza, sebbene su uno stato psicologico di " conoscenza giuridica che nella colpevolezza non rientra, non richiedendosi dal nostro legislatore la coscienza dell'antigiuridicit dell'azione; in secondo luogo il ricorso ad una formula di proscioglimento che si attaglia non gi all'elemento soggettivo sebbene a quello oggettivo del reato. Sembra proprio di poter concludere che ogni tentativo (d'altronde lodevole e umanissimo) volto a temperare il rigido dettato dell'art. 5 c.p. sia destinato a passare per le forche caudine di un vizio logico-giuridico inevitabile, cos come altrettanto vero che, in taluni casi, sentenze ineccepibili da un punto di vista dogmatico, lasciano un senso profondo di insoddisfazione (cos ad es. Cass., 4 marzo 1947, Giust. pen., 1948, Il, 227, 338; Cass., 21 aprile 1964, Foro it., 1965, II, 17). . Non rimane che auspicare un intervento legislativo che, sull'esempio di numrosi codici stranieri, temperi il rigore dell'art. 5 c.p. Se vero infatti, come si legge nella Relazione al Progetto definitivo, che tale norma dettata da una inderogabile necessit politica, non men vero che tale principio, applicato rigorosamente e senza eccezioni di sorta, troppe volte si traduce in una palese violazione delle pi elementari esigenze di giustizia sostanziale. N si pu lasciare il magistrato dinanzi ali' alternativa fra una condanna ineccepibile ma iniqua da un lato ed una assoluzione equa ma giuridicamente non convincente dall'altro. I. F. CARAMAZZA CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 23 giugno 1964, n. 645 -Pres. Macaluso -Rel. De Mattia -P.M. Moscarini {conf.) -Conflitto competenza in procedimento penale c. Negozio. Procedimento penale -Esecuzione . Giudizio di rinvio relativo ad alcuni tra pi imputati -Competenza a provvedere in sede esecutiva nei confronti degli altri. (c.p.c., artt. 581 e segg., 591 e segg., 628). Nel caso in cui la Corte di Cassazione abbia pronunciato sentenza di annullamento con rinvio nei confronti di alcuni soltanto tra pi imputati, il giudice di rinvio competente in modo esclusivo a provvedere in sede di esecuzione, anche in relazione agli imputati rimasti estranei al giudizio di rinvio. Tale principio vale anche per i provvedimenti relativi all'applicazione dell'amnistia e delfindulto {l). (1) Giurisprudenza costante: Cass., 20 ottobre 1961, Giust. pen., 1962, III, 184; Cass., 24 febbraio 1961, Giust. pen., 1961, III, 488; Cass., 7 ottobre 1958, Giust. pen., 1959, III, 332. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO, 858 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. IV, 23 settembre 1964, n. 1400 -Pres. Carpanzano -Rel. Obreker -P.M. Scardia {conf.) -Rie. Righi. Procedimento penale -Appello -Effetto devolutivo -Limiti fissati dai motivi -Richieste dibattimentali -Irrilevanza -Richieste di assoluzione formulate nei motivi di appello -Riduzione e modificazione della pena -Illegittimit. L'effetto devolutivo dell'appello determinato dal contenuto dei motivi presentati e non gi dalle richieste proposte nel dibattimento. Per conseguenza, ove l'imputato impugnante si sia limitato a richiedere nei motivi di appello l'assoluzione, il giudice non pu concedere riduzioni o modificazioni della pena irrogata in primo grado anche se in udienza siano state presentate istanze in tal senso (1). (1) Giurisprudenza costante in ordine ai limiti dell'effetto devoluto dell'appello penale. Tale orientamento, da tempo consolidatosi, ha trovato la sua pi chiara formulazione nella sentenza 26 febbraio 1955 delle Sez. Un. Penali (Giust. pen., 1955, III, 397). In tale pronuncia il Supremo Collegio ha fissato il concetto di capi , parti e punti della sentenza, escludendo che possa operarsi una distinzione fra i motivi che si rivolgono a censurare soltanto alcune disposizioni della sentenza e motivi che investono in pieno il merito della causa e che consentirebbero un riesame dell'intero provvedimento. In tal modo vengono rigorosamente iI:lssati i limiti del principio tantum devolutum quantum appallatum, nel senso di precludere al giudice di secondo grado il riesame di ogni singolo capo della decisione che non sia stato specificamente gravato nei motivi di appello, anche se r concettualmente il capo non gravato possa ritenersi compreso in quello gravato per rapporto, di continenza, e tale minore richiesta sia stata avanzata in dibattimento I (la fattispecie della sentenza annotata costituisce esempio classico di tale continenza ": contestatosi nei motivi di appello globalmente la responsabilit penale assumendo l'imputato di non aver commesso il fatto, si sarebbe voluto sottoporre all'esame del gidice di secondo grado la richiesta di una riduzione di pena sub specie della continenza di tale motivo in quello pi ampio tempestivamente e ritualmente presentato). In dottrina cfr. SABATINI G., Connessione di disposizione nella sentenza annullata parzialmente e poteri del giudice di rinvio, Giust. pen., 1954, III, 213 ed ivi richiami di dottrina e giurisprudenza. I. F. CARAMAZZA PARTE SECONDA RASSEGNA DI DOTTRINA A. AMoarn:, Impugnabilit e disapplicazione dei regolamenti e degli atti generali (Il Consiglio di Stato, 1964, Il, 368 e segg.). Con l'articolo in rassegna l'A. affronta il delicato problema dell'impugnabilit dinnanzi al giudice amministrativo dei regolamenti e degli atti amministrativi assimilabili a contenuto non normativo, e dell'ammissibilit della disapplicazione di tali .atti da parte dello stesso giudice. L'A. prende le mosse dalla ormai consolidata giurisprudenza del Consiglio di Stato secondo la quale i regolamenti e gli atti amministrativi generali sono provvedimenti impugnabili avanti le giurisdizioni amministrative, sia pure con alcune particolarit circa il momento ed il modo della loro impugnazione. Il Consiglio di Stato, infatti, ha ritenuto direttamente impugnabile il regolamento {o l'atto amministrativo generale) quando esso di per se stesso lesivo di un interesse legittimo del cittadino il quale deve proporre i mezzi giurisdizionali a sua difesa nel termine prescritto per la proponibilit del ricorso, mentre quando la lesione consegue ad un atto applicativo del regolamento l'impugnativa deve essere proposta avverso tale atto congiuntamente, per, a pena di inammissibilit, all'impugnativa del regolamento o dell'atto generale di cui si denuncia la illegittimit. Di fronte a siffatto ormai consolidato atteggiamento giurisprudenziale, rileva l'Armorth, la dottrina h.a assunto una posizione critica. La posizione pi radicale risale a quegli autori (Gu1cc1ARDI, VITTA e, i:er la p! antica dottrina, MASSA, Il sindacato giurisdizionale della IV Sezione sulla legittimit dei regolamenti, Archivio di diritto pubblico, 1903, 162), i quali negano la stessa impugnabilit dei regolamenti per il loro sostanziale carattere normativo, ma che tuttavia ammettono, in via di eccezione (eccezione che per l'A invalida la teoria stessa), l'impugnazione di una disposizione regolamentare quando essa incida direttamente su una posizione giuridica gi fornita di tutela. Altre osservazioni in contrasto con l'orientamento giurisprudenziale hanno trovato la loro origine in considerazioni di carattere pratico, come ad esempio la difficolt di discernere quando la disposizione regolamentare incida direttamente sulla posizione soggettiva tutelata e quando invece la lesione consegua al provvedimento appli cativo; ci particolarmente in tema di modifiche di piante organiche sia in relazione .alle posizioni soggettive di coloro che alla data della modifica regolamentare sono gi in rapporto di impiego con l'ente, sia in riferimento alla situazione di chi successivamente entra in tale rapporto. Sarebbe necessario per questi ultimi, ad esempio, procedere alla immediata impugnativa di tutte le disposizioni regolamentari precedenti che appaiano illegittime ed immediatamente lesive? Ma l'opposizione maggiore e pi motivata all'insegnamento giurisprudenziale provieIJ. e da quegli autori (RoMANO A., Osservazioni sulla impugnabilit dei regolamenti della pubblica amministrazione, Riv. trim. dir. pubbl., 1955, 870 e segg., CANNADABARTOLI, Disapplicazione di regolamenti da parte del Consiglio di Stato, Giuris. cost., 1959, 518 e Disapplicazione di atti amministrativi illegittimi e giurisdizione del Consiglio di Stato, Giuris. it. 1953, III, 75), i quali ritengono che sia consentito anche al giudice amministrativo, oltre che al giudice ordinario, in forza dell'art. 5 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E sul contenzioso amministrativo, la disapplicazione delle disposizioni regolamentari e degli atti generali ritenuti illegittimi. In tal modo si eviterebbero quelle conseguenze palesemente ingiuste della soluzione giurisprudenziale consistenti nella perenne incertezza circa la necessit di impugnare direttamente il regolamento ritenuto illegittimo ovvero di attendere per l'impugnativa l'atto applica 19 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 96 tivo. Secondo la dottrina citata sarebbe necessario e sufficiente sempre l'atto applicativo ai fini dell'impugnativa e con questa si domanderebbe la disapplicazione della dispo. sizione regolamentare illegittima e l'annullamento conseguente dell'atto di applicazione. Tale soluzione, si rilevato, permetterebbe di evitare un'altra incongruenza dell'impostazione giurisprudenziale attuale consistente nel ritenere ammissibile l'annullamento della disposizione rego!amentare limitatamente alla posizione soggettiva del solo ricorrente e non anche per gli altri destinatari della disposizione stessa malgrado il suo carattere normativo; infatti ricorrendo alla disapplicazione sarebbe perfettamente spiegabile la persistenza della disposizione regolamentare illegittima. La dottrin citata dall'A., secondo la quale comunque non sarebbe in ogni caso ammissibile la richiesta al giudice amministrativo di disapplicazione in via principale della disposizione regolamentare o dell'atto generale, necessitando sempre l'impugnazione di un atto applicativo, ritiene di trovare il fondamento dell'estensione dell'istituto della disapplicazione degli atti amministrativi al giudizio dinnanzi alla giurisdizione amministrativa nel principio costituzionale della piena legalit di tutti gli atti delle pubbliche autorit e del pieno controllo giudiziario dei loro vizi. Esposti in tal modo i termini del problema ed indicate le soluzioni giurisprudenziali ed i rilievi critici della dottrina, l'Amorth dichiara di aderire sostanzialmente alla impostazione data dalla giurisprudenza e si accinge a quella che definisce "una difesa della consolidata giurisprudenza del Consiglio di Stato. Egli rileva, in primo luogo, c_he pu ritenersi pacifica ormai l'ammissibilit dell'impugnativa diretta dei regolamenti e degli atti generali ritenuti illegittimi quando la lesione della posizione soggettiva del privato sia conseguenza diretta ed immediata della disposizione regolamentare. Rileva, altres, che il contrasto che si delineato tra la soluzione giurisprudenziale e l'impostazione della dottrina innanzi indicata riguarda soltanto la necessit, affermata dal Consiglio di Stato, dell'impugnativa, insieme con l'atto applicativo, della disposizione regolamentare, necessit esclusa da. quegli autori che estendono al giudizio amministrativo l'istituto della inapplicabilit degli atti amministrativi illegittimi e della loro disapplicazione e che ritengono, di conseguenza, sufficiente la sola impugnativa dell'atto applicativo. In realt, ritiene l'Amorth, la necessit dell'impugnativa sia dell'atto di applicazione che della disposizione regolamentare deriva dalle stesse ragioni per le quali concordemente si ammette l'ammissibilit dell'impugnativa diretta delle disposizioni regolamentari di per se stesse lesive in via immediata delle situazioni soggettive dei privati. Infatti, a parte l'ipotesi in cui si denunciano vizi propri dell'atto applicativo (ad esempio incompetenza dell'organo), ia lesione dell'interesse tutelato trova la sua -~ causa, anzi la sua " concausa , proprio nel contenuto della disposizione regolamentare.. Esclusa l'ipotesi che l'atto di applicazione di tale disposizione costituisca provvedimento esecutivo, l'atto applicativo contiene un apporto volitivo proprio dell'autorit emanante il quale, per, collegato con un nesso indistrttibile alla disposizione regolamentare, sicch la lesione dell'interesse tutelato deriva necessariamente e sempre anche dal contenuto della norma regolamentare o dell'atto generale. In sostanza il provvedimento applicativo, ritiene l'A., costituisce lo strumento per realizzare la disposizione regolamentare, strumento necessario perch la disposizione trapassi dall'astratto e dal generale al concreto ed al singolo. Pertanto, cos nell'ipotesi in cui la disposizione sia gi in grado di produrre direttamente la lesione, come nell'ipotesi in cui abbisogni di un atto applicativo, la lesione dell'interesse tutelato deriva sempre dalla disposizione regolamentare per cui conforme al nostro sistema di giustizia amministrativa che insieme al provvedimento applicativo sia impugnata anche la norma del regolamento o l'atto generale. Le considerazioni sv.olte, comportano, ad avviso dell'A., il superamento dell'impostazione data al problema da quegli autori che hanno fatto riferimento alla disap,,. PARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA 97 plicazione degli atti amministrativi. In particolare l' Amorth critica l'impostazione del Rom.ano (op. cit.) il quale distingue un duplice contenuto della disposizione regolamentare: un contenuto rapportabile allo schema delle volizioni-azioni, laddove si tratta di disposizioni immediatamente lesive e come tali direttamente impugnabili, ed un contenuto rapportabile allo schema delle volizioni-preliminari, laddove la disposizione fungerebbe soltanto da guida necessaria per l'azione ,dell'autorit amministrativa. In questa seconda ipotesi la lesione sarebbe, secondo il Romano, sempre riconducibile all'atto applicativo. Sfuggendo, pertanto, le volizioni-preliminari alla possibilit di impugnativa data la loro non incidenza sulle situazioni soggettive, la loro illegittimit potrebbe essere fatta valere soltanto in via indiretta e cio attraverso l'istituto della disapplicazione in tal modo esteso ai giudizi amministrativi. L'Amorth critica la distinzione, nell'ambito della disposizione regolamentare, proposta dal Romano tra volizioni-azioni e volizioni-preliminari, sotto il profilo che i1 'contenuto di un regolamento ha sempre carattere normativo e si pone quindi in ogni caso come statuizione di carattere generale e astratto e non come un insieme di tanti singoli provvedimenti raccolti in un'unica disposizione. L'A., inoltre, critica il rapporto che il Romano pone tra il provvedimento applicativo (atto amministrativo in senso stretto) e la disposizione regolamentare (volizionepreliminare). Escluso, infatti, che tale rapporto sia riconducibile allo schema del procedimento o possa essere equiparato a quello tra norma legislativa ed atto amministrativo o tra legge e regolamento, sembra all' A. che tra i due atti sia da ravvisare una concorrenza all'azione amministrativa nel senso che entrambi possano ritenersi causativi della lesione che il ricorrente lamenta. Alla luce di siffatte considerazioni, l'A. rileva che fuor di luogo parlare di disapplicazione delle disposizioni regolamentari o degli atti generali al fine di dimostrare l'irrilevanza dell'impugnativa del regolamento unitamente all'atto applicativo. Pervenuto in tal modo ad una sostanziale adesione all'indirizzo giurisprudenziale consolidato in materia, l'Amorth sottopone tale indirizzo a taluni rilievi critici in relazione ad alcune non giuste e non giustificate conseguenze che da esso si fanno derivare. Egli censura in primo luogo quella giurisprudenza che, particolarmente per i rapporti giuridici in atto , richiede l'impugnazione della disposizione regolamen~ tare direttamente lesiva; tale giurisprudenza, a parre dell'A., oblitera la necessit che per la proponibilit del ricorso necessaria l'attualit dell'interesse, sicch non pu negarsi che, pur avendo la disposizione regolamentare una diretta incidenza sull'interesse sostanziale tutelato, possa in fatto non sussistere quell'attualit della lesione che soltanto attraverso l'atto applicativo da direta ed eventuale diviene diretta ed attuale. Diversamente ragionando un impiegato appena assunto in servizio avrebbe l'onere di impugnare subito tutte le disposizioni regolamentari che ritenga direttamente lesive dei suoi interessi al fine di evitare la declaratoria di inammissibilit di un suo eventuale ricorso avverso un atto applicativo di siffatte disposizioni. In secondo luogo l'A. auspica una revisione della giurisprudenza nel senso di ammettere una impugnazione implicita dei regolamenti e degli atti generali nei ricorsi avverso i provvedimenti applicativi di tali disposizioni nei quali in sostanza si muovano censure di illegfttimit alle disposizioni stesse; di tale larghezza dovrebbe beneficiare anche l'onere del deposito del rego~amento impugnato potendosi supplire con il principio iura novit curia " L'Amorth, infine, a conclusione del suo studio, accenna ad una questione non molto approfondita di solito e non priva, invece, di importanza; quella cio della sorte della disposizione regolamentare impugnata dopo la pronuncia di annuilamento da par-te del giudice amministrativo. Tale questione risolta dalla dottrina che distingue nel contenuto della disposizione regolamentare {ROMANO, op. cit.) volizioni-azioni e volizioni-preliminari nel senso che l'annullamento dei regolamenti direttamente impu 98 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO gnati perch lesivi di per s di posizioni soggettive rilevanti non si estende al di l del singolo caso deciso giacch la singola volizione che viene annurata; mentre l'annullamento delle volizioni-preliminari, ove rovinciale): art. 260. Il Consiglio comunale di Cavriago ha ritenuto non manifestamente infondata la questione di legittimit costituzionale della disposizione indicata, circa la competenza dei Consigli di prefettura in materia di responsabilit degli amministratori e dei dipendenti dei comuni, in riferimento all'art. 103, 5econdo comma, della Costituzione (Delib. 5 marzo 1965, G.U. 31 luglio 1965, n. 191, ed. spec.). Analoga questione stata sollevata dal Consiglio comunale di Brescello, per la relazione della disposizione indi cata con quella di cui al n. 8 dell'art. 15 del t.u. 16 maggio 1960, n. 570, ai riferimenti relativi al quale -oltre, p. 110 -si fa rinv,io. R.D. 17 AGOSTO 1935, N. 1765 (Disposizioni per l'assicurazione obbligatoria degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali): art. 4. In relazione alla disposizione, che limita, in determinate ipotesi, la responsabilit civile del datore di lavoro, che abbia provveduto all'assicurazione del dipendente per gli infortuni, ai sensi della legge indicata, e per ipotizzato contrasto con gli articoli 3, 35 e 38 della Costituzione, il Tribunale di Milano ha rimesso la questione all'esame della Corte Costituzionale (Ord. 25 marzo 1965, G.U. 10 luglio 1g65, n. 171, ed. spec.). R.D. 4 OTTOBRE 1935, N. 1827 (Perfezionamento e coordinamento legislativo della previdenza sociale): art. 111. LEGGE 4 APRILE 1952, N. 218 (Riordinamento delle pensioni dell'assicurazione obbligatoria per l'invalidit, la vecchiaia ed i superstiti): art. 23. In relazione alle disposizioni indicate, che prevedono, a carico degli inadempienti al versamento dei contributi, il pagamento di una somma aggiuntiva, con funzione risarcitoria, e che attribuiscono ampio potere discrezionale all'Istituto nazionale della previdenza sociale di ridurre quella somma stessa, quando sia presentata domanda di oblazione, il Pretore di Civitacastellana ha ritenuto non manifestamente infondata la questione di legittimit costituzionale, in riferimento ag\i articoli 3 e 23 deila Costtuzione (Ord. 24 giugno 1965, G.U. 31 luglio 1965, n. 191, ed. spec.). D.L.L. 7 GENNAIO 1946, N. 1 (Ricostituzione delle ammini5trazioni comunali su basi elettive). Il Consiglio comunale di Pomezia, in relazione (a quanto sembra) al disposto dell'art. 15 del t.u. 16 maggio 1960, n. 570, ed in quanto in esso sono trasfuse norme del PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 109 D.L.L. 7 gennaio 1946, n. 1, ha sollevato per quest'ultimo la questione di legittimit costituzionale (e la questione sembra proposta anche per il D.L.L. 25 giugno 1944, n. 151, che la disposizione transitoria XV della Costituzione dichiar come convertito in legge), rilevando che il luogotenente del regno non avrebbe potuto emanare leggi al di fuori del presupposto dell'urgenza, e senza osservare la necessaria forma del decreto legge (Delib. 8 aprile 1965, G.U. 17 luglio 1965, n. 178, ed. spec.). LEGGE w AGOSTO 1950, N. 648 ( Riordinamento delle disposizioni sulle pensioni di guerra): art. 62, terzo comma; art. 64. In quanto le disposizioni indicate non prevedono un trattamento pensionistico di guerra in favore dei figli adulterini, la Corte dei Conti, seconda sezione giurisdizionale per le pensioni di guerra, ha ritenuto non manifestamente infondata la questione di legittimit costituzionale, in riferimento agli articoli 38, primo comma, 30, terzo comma, e 3, primo comma, della Costituzione (Ord. 23 marzo 1965, G.U. 28 agosto 1965, n. 216, ed. spec.). LEGGE 19 GENNAIO 1955, N. 25 (Disciplina dell'apprendistato): art. 6. La questione di legittimit costituzionale della norma, che stabilisce un limite di et per l'assunzione di lavoratori in qualit di apprendisti, parsa, al Tribunale di altanissetta, non manifestamente infondata, in riferimento all'art. 35 della Costituzione (Ord. 7 aprile 1965, G.U. 28 agosto 1965, n. 216, ed. spec.). LEGGE 23 MARZO 1956, N. 136 (Modificazioni al testo unico delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle amministrazioni comunali): art. 43. La disposizione dell'art. 43 stata denunciata insieme con le disposizioni degli articoli 82 e 83 del nuovo t.u. 16 maggio 1960, n. 570, alle segnalazioni relative al quale -oltre, p. 110 -si fa rinvio. LEGGE 4 APRILE 1956, N. 212 (Norme per la disciplina della prapaganda elettorale): art. 8, comma primo. Il Pretore di Assisi ha ritenuto non manifestamente infondata, in riferimento all'art. 21 della Costituzione, la questione di legittimit costituzionale della norma che disciplina la propaganda elettorale con manifesti, tabelle, ecc., e prevede sanzion~ penali a carico dei trasgressori (Ord. 12 maggio 1965, G.U. 3 luglio 1965, n. 163, ed. spec.). La questione, relativamente a disposizioni dell'indicato art. 8, ed in riferimento allo stesso art. 21, nonch all'art. 49, della Costituzione, stata in precedenza dichiarata non fondata (Corte Cost., sent. 16 giugno 1964, n. 48, G.U. 27 giugno 1964, n. 157, ed. spec., segnalata in questa Rassegna, 1964, II, 89; Corte Cost., sent. 26 giugno 1965, n. 49, G.U. 3 luglio 1965, n. 163, ed. spec., v. retro, II, 105). LEGGE 27 DICEMBRE 1956, N. 1423 (Misure di prevenzione nei confronti di persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralit): art. 3, ultimo comma; art. 12, primo comma. In relazione alle disposizioni circa il soggiorno obbligato di persone pericolose, il Pretore di Larino ha ritenuto non manifestamente infondata la questione di legittimit costituzionale, in riferimento agli articoli z, 3, primo comma, e 32, primo comma, della Costituzione (Ord. 4 maggio 1965, G.U. 28 agosto 1965, n. 216, ed.. spec.). D.P.R. 26 APRILE 1957, N. 818 (Norme di attuazione e di coordinamento della legge 4 aprile 1952, n. 218 sul riordinamento delle pensioni dell'assicurazione obbligatoria per l'invalidit, la vecchiaia ed i superstiti): art. 10, ultimo comma. In relazione alla disposizione che vieta di tener conto dei servizi militari' agli effetti dei diversi trattamenti pensionistici, il Tribunale di Genova ha ritenuto non RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 110 manifestamente infondata la questione di legittimit costituzionale, per eccesso rispetto alla legge di delega 4 aprile 1952, n. 218 ed in riferimento all'art. 77 della Costituzione (Ord. 23 marzo 1965, G.U. 17 luglio 1965, n. 178, ed. spec.). D.P.R. 16 MAGGIO 1960, N. 570 (Testo unico delle leggi per la composizione degli organi delle amministrazioni comunali): artt. 14 e 15. Il Consiglio comunale di Maenza ha ritenuto non manifestamente infondata la questione di legittimit costituzionale delle disposizioni contenute nell'art. 15, nn. 3 e 9 del t.u. indicato, concernenti casi di ineleggibilit alla carica di consigliere comunale, per ipotizzato contrasto con gli articoli 3 e 51, primo comma, della Costituzione (Delib. 15 giugno 1965, G.U. 28 agosto 1965, n. 216, ed. spec.). I Consigli comunali di Albi, Bassiano e Celenza Valfortore hanno analogamente rimesso la questione, per il solo n. 9 del citato art. 15 (Delib com. Albi 5 marzo 1965, G.U. 17 luglio 1965, n. 178, ed. spec.; delib. com. Bassiano 5 giugno 1965, G.U. 17 luglio 1965, n. 178, ed. spec.; delib. com. Celenza Valfortore 26 marzo 1965, G.U. 28 agosto 1g65, n. 216, ed. spec.). Il Consiglio comunale di Vico Equense ha sollevato la questione di legittimit costituzionale per la disposizione di cui al n. 8 dello stesso art. 15, in riferimento agli articoli 3 e 22 della Costituzione (Delib. 13 marzo 1965, G.U. 31 luglio 1965, n. 191, ed. spec.). Il Consiglio comunale di Brescello, riferendosi alla medesima disposizione del n. 8 dell'art. 15, che sancisce l'ineleggibilit per gli amministratori del comune o di istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza poste sotto la sua vigilanza, dichiarati responsabili in via amministrativa o giudiziaria, ha prospettato la questione sotto altro profilo, in riferimento all'art. 103 della Costituzione, ed in relazione alla natura delle funzioni da ritenere attribuite ai Consigli di prefettura, ai sensi dell'art. 26o del t.u, 3 marzo 1934, n. 383, in materia di responsabilit, appunto, degli amministratori locali (Delib. 27 febbraio 1965, G.U. 31 luglio 1965, n. 191, ed. spec.; e vedasi l'ordinanza del Comune di Cavriago, in ordine al detto art. 26o del t.u. del 1934: retro, II, 108). Il Consiglio comunale di Civitaluparella, infine, ha ritenuto non manifestamente infondate le questioni di legittimit costituzionale sollevate per l'intero art. 15 del t.u. del 196o, in riferimento agli articoli 3, 51, 24 e II3 della Costituzione, nonch per l'art. 14 dello stesso t.u., in riferimento agli articoli 3 e 51 della Costituzione (Delib. 10 marzo 1965, G.U. 28 agosto 1965, n. 216, ed. spec.). In relazione alle accennate questioni, e per riferimenti a pronunce gi in argomento rese dalla Corte Costituzionale, nonch ad altre precedenti ordinanze di rimessione, v. retro, Il, 49, So. Si veda, inoltre, la segnalazione relativa alla questione di legittimit costituzionale sollevata per il D.L.L. 7 gennaio 1946, n. 1, per la parte, da ritenere, concernente le norme sulle ineleggibilit, trasfuse nel t.u. del 1960 (retro, 108). D.P.R. 16 MAGGIO 196o, N. 570 (Testo unico del/e leggi per la composizione degli organi delle amministrazioni comunali): artt. 82, 83. In relazione alle disposizioni indicate, disciplinanti i ricorsi avverso decisioni adottate dai consigli comunali in materia di eleggibilit, e contro le operazioni per le elezioni dei consiglieri comunali, sono state sollevate questioni di legittimit costituzionale: -dal Consiglio comunale di Ravarino, per le disposizioni dell'art. 82, terzo comma, e dell'art. 83, secondo comma, in riferimento all'art. III, primo comma, della Costituzione (Delib. 8 aprile 1965, G.U. 17 luglio 1965, n. 178, ed. spec.); -dal Consiglio comunale di Castello d'Argile, per le disposizioni dell'art. 82, nonch per quelle, nel detto art. 82 trasfuse, di cui all'art. 43 della legge 23 marzo 1956, n. 136, in riferimento agli articoli 101, 102, 103, 104, 108, III, 24, 25 e disposi- PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 111 :zione transitoria VI della Costituzione (Delib, 15 maggio 1965, G.U. 31 luglio 1965, n. 191, ed. spec.); -dal Consiglio comunale di 'Lanciano, per le stesse disposizioni dell'art. 82 del t.u. del 1960 e dell'art. 43 della legge n. 136 del 1956, in riferimento agli articoli 101, 102, 103, 108, 24 e 25 della Costituzione (Delib. 31 maggio 1965, G.U. 31 luglio 1965, n. 191, ed. spec.); -dal Consiglio comunale di Castelfranci, per la disposizione del quarto comma dell'art. 82, in riferimento all'art. II1 della Costituzione (Delib. 13 marzo 1965, G.U. 31 luglio 1965, n. 191, ed. spec.); -dal Consiglio provinciale di Reggio Emilia, per gli articoli 82 e 83, in riferimento all'art. 24 della Costituzione (Delib. 25 marzo 1965, G.U. 31 luglio 1965, n. 191, ..-. .. ~:-- .,.y;; ~>-x.Y.: .. ,.. Y. ... x.. ..~-~ .1 QUESTIONI IL PRIMO TRIENNIO DI APPLICAZIONE DEL NUOVO CAPITOLATO GENERALE Il 1<> settembre 1965 si conclude il primo triennio di applicazione del nuovo Capitolato Generale d'appalto per le opere di competenza del Ministero dei Lavori Pubblici. La grande importanza pratica della materia disciplinata dal Capitolato e le lunghe polemiche -non ancora del tutto sopite -che hanno accompagnato la' sua emanazione rendono opportuno un attento esame dell'esperienza finora compiuta, al fine di valutare adeguatamente, sulla scorta di elementi obbiettivi, la rispondenza della nuova disciplina, specialmente nelle parti che pi si discostano dal sistema seguito dal vecchio Capitolato del 1895, alle effettive esigenze pratiche, oltre che ai principi della Costitu- zione e dell'ordinamento giuridico. Il contributo che la lunga esperienza dell'Avvocatura dello Stato pu offrire a quest'opera di ponderata valutazione delle norme del nuovo Capitolato riguarda, per ora, soltanto le norme di carattere processuale contenute nel Capo VI, dato che, relativamente alle norme di carattere sostanziale, applicabili soltanto ai contratti conclusi successivamente all'entrata in vigore del Capitolato, l'esperienza giudiziaria di questi tre anni non stata cosi ampia da consentire la formulazione di un giudizio meditato ed esauriente. Le norme dettate per la definizione delle controversie, invece, sono state sottoposte al vaglio di un'esperienza sufficientemente estesa, essendone stata riconosciuta l'applicabilit, secondo la tesi sostenuta, fin dall'inizio, dall'Avvocatura; anche alle liti relative ai contratti stipulati prima dell'entrata in vigore ggi che, in ossequio alla Costituzione, essa esperibile anche per violazione di regole di diritto. L'esperienza, perci, depone senz'altro nel senso di confermare i grandi vantaggi e di escludere i pretesi difetti del sistema dell'arbitrato facoltativo. Le stesse considerazioni possono valere anche per le altre riforme introdotte dal nuovo Capitolato, e in particolare per l'abolizione del deposito preventivo a garanzi.i delle spese del giudizio arbitrale e degli onorari degli arbitri. Tale riforma, oltre che necessaria per adeguare la disciplina arbitrale ai principi fissati negli artt. 3 e 24 della Costituzione (secondo l'interpretazione che la Corte Costituzionale ha accolto nel dichiarare la incostituzionalit della cautio pro expensis nel processo ordinario: cfr. smt. n. 67 del I96o), stata estremamente opportuna al fine di escludere definitivamente la possibilit che si ripetano gli abusi cui i depositi preventivi e l'autoliquidazione degli onorari degli arbitri hanno dato luogo in passato. Ed anche tale riforma, <>vviamente, conforme al beninteso interesse delle imprese appaltatrici, almeno eh quelle cui non indifferente l'onere di un notevole immobilizzo di somme per tutto il tempo del giudizio arbitrale. Infine, l'ultima riforma -l'introduzione degli arbitri nominati dalle parti -si e anch'essa rivelata, nell'esperienza di questi tre anni e per generale consenso, equa ed opportuna. Concludendo, sotto ogni aspetto pu dirsi che la disciplina del contenzioso contenuta nel nuovo Capitolato si rivelata, alla prova della pratica applicazione, pienamente idonea a garantire gli effettivi ed apprezzabili interessi, tanto dell'Amministrazione appaltante, quanto delle imprese appaltatrici. Ogni suggerimento di tornare al vecchio deprecabile sistema dell'arbitrato obbligatorio, ispirato dagli interessi coalizzati di alcune grandi imprese che, in passato, attraverso l'abrogato sistema si sono spesso assicurati dei grossi vantaggi con gran danno dell'Erario, non solo troverebbe insormontabili ostacoli di ordine giuridico, m'l I.si ravviserebbe del tutto inammissibile sotto il profilo della convenienza sia dell'Amministrazione c_he delle imprese appaltatrici. LA REDAZIONE CONSULTAZIONI .ACQUE PUBBLICHE ,concessioni per forza motrice. l) Se l'art. 4, 1. 6 dicembre 1962, n. 1643, che stabilisce come le concessioni .di derivazione di acque per forza motrice trasferite all'Enel non hanno scadenza, _possa estendersi a derivazioni di acqua distinte da quelle concesse per forza motrice, ma collegate al processo produttivo di energia elettrica (n. 83), Opere di arginamento compiute da privati -Diritto al rimborso. 2) Se spetti al privato il rimborso delle spese effettuato per la modificazione di .argini preposti alla tutela del regime dei corsi d'acqua (n. 8.4). cOpere .di ripristino a carico del Ministero agricoltura e foreste per la bonifica del delta Padano. 3) Se dalla legge 27 luglio 1957, n. 595, che autorizzava il Ministero dell'agri coltura e. foreste ad assumere a suo carico, per il territorio del delta Padano, le .spese di ripristino per opera di bonifica, derivino diritti soggettivi o interessi legittimi (n. 84). Responsabilit civile -Danni causati da bradisismo. 4) Se una p.a. possa essere chiamata a rispondere dei danni causati da fenomeni di bradisismo negativo conseguenti a sfruttamento di giacimenti di metano sulla base di concessione assentita da altra P.A. (n. 84). Contributi per manutenzioni di beni venduti alla P.A. 5) Se, essendosi convenuto fra una P.A. e un privato che la prima debba acqui. stare dal secondo determinati beni per il loro valore, secondo lo stato d'uso, possa portarsi in diminuzione del valore di detti beni il contributo erogato dallo Stato per la formazione o la manutenzione dei beni stessi (n. 84) . . AMMINISTRAZIONE PUBBLICA Affidamento di lavori -Procedimento civile. l) Se, in caso di "affidamento di lavoro da una P.A. ad altra P.A.; gli atti di esecuzione vengano svolti dall'affidatario in nome proprio e sia questi passivamente legittimato a resistere in. giudizio nelle eventuali cause relative (n. 298) . .Archivi di Stato. 2) Se sia vincolabile con la dichiarazione di notevole interesse storico previsto dall'art. 36 e d.P.R. 30 settembre 1963, n. 1409, un archivio di propriet di uno straniero (n. 299). 3) Se sia necessario chiarire a quale titolo viene effettuata al privato la notificazione del provvedimento di cui all'art. 36 citato (n. 299). 4) In quale forma possa effettuarsi la notifica del provvedimento al proprietario >, previste dall'art. 32 del Capitolato per l'impianto e l'esercizio dei binari di raccordo (n. 370). IMPIEGO PUBBLICO Avventizi -Assicurazione obbligatoria. 1) Se possa ritenersi escluso dall'obbligo della assicurazione obbligatoria a mente dell'art. 38, r.d.l. 4 ottobre 1935, n. 1827 l'impiegato remunerato con retribuzione giornaliera (n. 584). 2) Se siano dovuti i versamenti contributivi di cui sopra relativi al periodo di tempo in cui, pur sussistendo il rapporto di impiego, non sia stata per corrisposta la retribuzione (n. 584). 3) Se la prescrizione del diritto al risarcimento ex art. 2116 e.e. sia quinquennale ovvero decennale (n. 584). 4) Se tale prescrizione decorra dal momento della cessazione del rapporto ovvero dall'et di pensionamento dell'impiegato (n. 584). Personale a contratto dell'ANAS -Legge 31 dicembre 1962, n. 1845. 5) Se i contratti stipulati dall' ANAS con i singoli dipendenti debbano intendersi superati dal nuovo contratto collettivo nazionale (n. 585). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 124 Personale della GESCAL. 6) Se dopo l'entrata in vigore della l. 14 febbraio 1963, n. 60, con la quale stata soppressa l'INA-Casa sia automaticamente caduta la convenzione tra essa e la Gestione per la regolamentazione dei rapporti relativi al personale (n. 586). 7) Se l'INA possa pretendere dalla GESCAL il rimborso di somme maggiori di quelle che risultano dovute al personale, a decorrere dal 10 luglio 1964, a seguito della assunzione alle dirette dipendenze dell'Ente, deliberata d;i questo e accettata dai singoli (n. 586). 8) Se la GESCAL, dopo aver rimborsato integralmente all'INA le maggiori somme da questa versate al personale, possa poi rivalersi meCliante ritenuta nei confronti dei singoli impiegati (n. 586). 9) Se per il periodo 10 luglio 1964-31 gennaio 1965 l'anzianit degli impiegati possa venr computata due volte ai fini del trattamento di quiescenza, l'una nell'ambito del rapporto con l'INA e l'altra nell'ambito del rapporto con la GESCAL (n. 586). Personale addetto al controllo delle carte valori. 10) Se al personale tecnico addetto al controllo della lavorazione delle carte valori, chiamato a svolgere, per esigenze di servizio, mansioni amministrative, competa l'assegno. forfetario, sostitutivo dello straordinario, nella misura del 54% ovvero nella ridotta misura del 47% (n. 587). IMPOSTA DI'REGISTRO Acquisto di aree. . 1) Se, fuori delle ipotesi espressamente previste dalla 1. 24 gennaio 1962, n. 23, le agevolazioni fiscali di cui all'art. 14, I. 2 luglio 1949, n. 408 possano applicarsi agli atti di acquisto di aree nelle quali sia stata gi iniziata la costruzione di edifici (n. 219). Costituzione. 2) Se sia fondata, in relazione all'art. 24 Cost., la questione di legittimit costituzionale delle norme di cui all'art. 21, l. 3 maggio 1948, n. 799, che prevede la liquidazione provvisoria dell'imposta sulla base dell'imponibile determinata dalla decisione della Commissione Distrettuale (n. 220). 3) Se sia fondata la questione di legittimit costituzionale dell'art. 148 legge di registro, in relazione all'art. 3 Cost. (n. 220). Cottimi fiduciari -Gara ufficiosa -Verbale di aggiudicazione -Non ha valore di controllo. 4) Se il verbale di gara ufficiosa relativa ai cottimi fiduciari possa, ai fini dell'applicazione dell'imposta di registro, essere considerato verbale di aggiudicazione ai sensi dell'art. 16 legge di contabilit di Stato, e quindi valido come contratto (n. 221). Decreto ingiuntivo. 5) Se la inefficacia per mancata notifica, a norma dell'art. 644 c.p.c., del decreto ingiuntivo possa esimere il ricorrente dall'obbligo di corrispondere l'imposta graduale di registro prevista dal combinato disposto degli artt. 28 r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1531 e n4 della T.A., annessa alla l.o.r. nonch la imposta proporzionale prevista dal combinato disposto dell'art. 72 della J.o.r. e 2 e 3 della T.A. annessa (n. 222). ! Il ;Y. Y. dill 11.,Y.A n .. ,,A,,., _,__,_..,,~. x.,xXL ,.,_,.,L.,_ r-~-----~ PARTE Il, CONSULTAZIONI 125 Delegazioni di pagamento. 6) Se le delegazioni di pagamento tratte sul gettito delle imposte di consumo costituiscano atto inscindibile dei mutui garantiti (n. 223). 7) Se le agevolazioni fiscali di cui all'art. 3 d.l. II gennaio 1945, n. 51 siano applicabili anche agli articoli che, come mezzo al fine, sono in correlazione con gli atti che godono delle agevolazioni (n. 223). Esecuzione fiscale. 8) Se il credito per imposta di registro, oggetto di esecuzione forzata, debba considerarsi estinto col pagamento effettuato dal debitore a mani dell'ufficiale giudiziario incaricato del pignoramento (n. 224). Accordi sull'indennit .di espropriazione. 9) Se gli accordi stipulati in tema di indennit di espropriazione si possano considerare negozi autonomi ai fini dell'imposta di registro (n. 225). IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA Acque minerali naturali medicinali o da tavola. 1) Se, commesso un errore in sede di accertamento dell'imposta IGE ai sensi dell'art. 10, d.l. 19 ottobre 1944, n. 348, l'Amministrazione debba annullare l'atto (n. 107). 2) Se, risultato illegittimo l'atto terminale del procedimento amministrativo, mantenga validit ed efficacia il parere della Camera di Commercio (n. 107). Concessioni di autostrade. 3) Se l'esecuzione prevista dall'art. 8, I. 24 luglio 1961, n. 729, comprenda anche l'IGE sui pagamenti corrisposti dall'ANAS, a titolo di rimborso, alle societ concessionarie di autostrade senza pagamento di pedaggio per la costruzione dei restanti tratti autostradali previsti dall'art. 13, I. 2 febbraio 1961, n. 59 (n. 108). IMPOSTE E TASSE Credito agrario. 1) Se il beneficio fiscale previsto dall'art. 21 del d.l. 5 luglio 1928, n. 176o e dall'art. 1 della 1. 4 ottobre 1955, n. 1883, per le operazioni di credito agrario competa quando l'operazione non sia tutta contenuta nella cambiale agraria, ma nel negozio vi siano clausole che modifichino o estendano il negozio cambiario (n. 389). Imposta sulla pubblicit. 2) Se rientri nella previsione della norma di cui all'art. 6 T.A. d.P.R. 24 giugno 1954, n. 342 (il quale prevede l'assoggettabilit ad imposta della pubblicit effettuata mediante esposizione di prodotti in vetrine site in luoghi pubblici diversi da quello dove si svolge il commercio e la fabbricazione dei prodotti) il caso di vetrinette pubblicitarie infisse nella parte esterna di una delle pareti del negozio (n. 390). Imposta di fabbricazione sui filati. 3) Se la pena pecuniaria prevista dall'art. 38 del d.l. 6 ottobre 1948, n. 1200, per l'omesso o ritardato pagamento dei diritti di licenza, si applichi anche nei confronti del fabbricante oltre che dell'esercente la vendita (n. 391). 126 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Nuove imprese artigiane. 4) Se ai fini dell'applicazione delle agevolazioni previste dall'art. 8, l. 29 luglio 1957, n. 635, sia rilevante la data di costituzione della societ che gestisce l'impresa ovvero la data di inizio dell'impresa stessa (n. 392). INVALIDI DI GUERRA Assegni -Ritenute in caso di ricovero ospedaliero. Se le ritenute previste dall'art. 32, l. 10 agosto 1950, n. 648, a carico degli assegni a favore di invalidi di guerra, di cui agli artt. 28, primo comma, 29, 30 e 31 della citata legge, debbano essere effettuate nei soli casi di ricovero ospedaliero ovvero anche quando il ricovero avvenga presso appositi istituti non ospedalieri in cui vengono apprestate le cure di cui gli invalidi dovessero necessitare (n. 19). LEGGI E DECRETI Decreti legge. Se, nel caso di soppressione di alcune parti di un decreto-legge ad opera della legge di conversione, essa soppressione abbia effetto, ex tunc, dalla data di pubblicazione o da quella di entrata in vigore della legge (n. 14). MEZZOGIORNO Ricorso straordinario avverso il decreto di espropriazione per gli z"mpianti di rifornimento idrico dei Comuni Vesuviani. 1) Se sia competente ad istruire il ricorso straordinario, avverso il d~creto ~i esproprio emesso dal Prefetto dietro richiesta della Cassa per il Mezzogiorno, il Ministero dell'Interno (n. 30). Finanziamento concesso dall'IRFIS, l. 12 febbraio 1955, n. 38 -Fallimento della societ mutuataria -Contributo nel pagamento degli interessi concesso dalla Cassa per il Mezzogiorno. 2) Se nel caso di fallimento della societ mutuataria alla quale la Cassa per il Mezzogiorno abbia concesso un contributo sull'ammontare degli interessi, la Cassa stessa rimanga obbligata al versamento del contributo fin quando l'istituto mutuante non avr ottenuto il pagamento del suo credito o si sar addivenuti alla chiusura del fallimento (n. 31). MINIERE Regioni -Regione Siciliana. 1) Se in sede di impugnazione di un decreto concernente la decadenza da concessione di miniera di zolfo siano rilevanti le eccezioni di incostituzionalit della normativa introdotta con legge della Regione Siciliana 30 giugno 1964, n. 16 (n. 17). 2) Se sia rilevante, nell'ipotesi prospettata, la eccezione di incostituzionalit della norma che prevede la decadenza dalla concessione in caso di sospensione della coltivazione, quando la decadenza sia stata comminata per mancato pagamento delle retribuzioni al personale (n. 17). 3) Quando ricorra l'eccesso di potere legislativo e se tale vizio sia sindacabile dalla Corte Costi~uzionale (n. 17). ! =~=f&w:-'='"..&""ii'=.Y,_::::====-~-==~=r::::==={=<.=lf=::::,.~w_., . ..,;::}."'""ll'.-w=11w-:::---==-/.==~1ir;::)f.-l,1==~ ,v'f'IJllf?',.Jm::~;;=t@ffir-B::H-.=:11=''ll"==~=r~ .. 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Distinzione fra vendita di cosa futura ed appalto -Fattispecie. 2) Se, stipulatosi contestualmente un duplice negozio, relativo l'uno alla vendita per contanti di una superficie edificatoria, riguardante l'altro la vendita di un immobile che il venditore dell'area vi dovr costruire per l'acquirente, col pagamento del prezzo differito secondo gli stati d'avanzamento, integri questo secondo negozio una fattispecie di vendita di. cosa futura o non piuttosto di appalto (n. 43). OPERE PUBBLICHE Atto dei costruttori. Se il requisito previsto dalla I. ro febbraio 1962, n. 57, per l'ammissione delle imprese ai pubblici appalti debba essere posseduto al momento della formulazione dell'offerta (n. 64). POLIZIA Autorizzazione all'impianto di fbbriche e depositi di materiali esplosivi. r) Se i poteri dell'autorit di P.S. di cui al relativo t.u., artt. ro e 11 e relativi alla revocabilit delle autorizzazioni di Polizia per l'impianto di fabbriche e depositi di materiali esplosivi vengano in qualche modo limitati dalle norme di cui all'art. 3, cap. I, all. B) al regolamento, che d facolt al Ministro dell'Interno di ordinare .1a soppressione o modificazione di opifici gi autorizzati divenuti pericolosi in conseguenza dell'estendersi dei fabbricati urbani o della costruzione di una pubbliqi strada (n. 34). 2) Se, in caso ,di revoca, pqssa il titolare dell'autorizzazione vantare. un diritto al risarcimento dei danni (n. 34). POSTE E TELEGRAFI Pubblicit. r) Se l'Amministrazione p.t. possa consentire l'uso di speciali annunci postali a carattere pubblicitario, richiesti da enti che non abbiano direttamente scopo di lucro '(n. rr6). 2) Se sia legittima la ripresa, da parte dell'Amministrazione pp.tt., dell'attivit pubblicitaria nell'ambito delle disposizioni di cui al d.l.C.p.S. 15 settembre 1946, n. 622 e successive modificazioni (n. 117). 21 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 128 PRESCRIZIONE Ferrovie -Tasse di nolo. 1) Quale sia il termine di prescrizione sull'azione per il pagamento delle c.d. " tasse di nolo , previste dall'art. 32 ciel Capitolato per l'impianto e l'esercizio dei binari di raccordo (n. 49). Impiego pubblico -Avventizi -Assicurazione obbligatoria. 2) Se la prescrizione del diritto al risarcimento ex art. 2116 e.e. sia quinquennale oppure decennale (n. 50). 3) Se tale prescrizione decorra dal momento della cessazione del rapporto ovvero dall'~t di pensiona~ento dell'impiegato (n. 50). Obbligazioni della p.a. 4) Se sia applicabile-la prescrizione presuntiva alle obbligazioni contratte dalla p.a. (n. 51). PROCEDIMENTO CIVILE Amministrazione pubblica -Affidamento dei lavori -Legittimazione passiva. Se, in caso di " affidamento di lavori da una pubblica Amministrazione ad altra pubblica Amministrazione, gli atti di esecuzione vengano svolti dall'affidatario in nome proprio e sia questi quindi passivamente legittimato a resistere in giudizo nelle eventuali cause relative (n. 33). PROPRIETA' Responsabilit civile -Danni ad immobili -Prova. Se la prova della propriet degli immobili danneggiati da incidenti di volo possa fornirsi a mezzo di atto di notoriet o dichiarazione giurata prodotti dai danneggiati (n. 40). PROVA Propriet -Responsabilit civile. Se la, prova della propriet degli immobili danneggiati da incidenti di volo possa fornirsi a mezzo di atto di notoriet o dichiarazione giurata prodotti dai danneggiati (n. 2). REGIONI Agevolazioni fiscali per assunzione diretta, da parte dei Comuni siciliani degli autoservizi per viaggiatori in regime di concessione. 1) Se la I. 11 novembre 1964, n. 27, sia attualmente in vigore e se, conseguentemente, le agevolazioni previste dalla I. 29 novembre 1962, n. 1698, si applichino esclusivamente agli atti occorrenti per la municipalizzazione degli autoservizi comunali a Catania, Palermo e Trapani (n. 126). PARTE II, CONSULTAZIONI 129 Regione siciliana -Tutela paesistica. 2) Se possa ritenersi legittima l'imposizione, nella Regione siciliana, di vincolo paesistico effettuato con decreto del Ministro per la P.I. invece che con decreto del Presidente regionale e senza previo concerto con l'Assessore al turismo (n. 127). 3) Se il provvedimento di convalida del vincolo di cui sopra emesso dal Presidente regionale possa avere efficacia ex tunc (n. 127). 4) Se il Presidente regionale possa adottare, nella fattispecie de qua, provvedimento di revoca della revoca della sospensione dei lavori, ex art. 8, 1. 29 giugno 1939 n. 1497 disposta dal Ministro per la P.I. e se, in caso d'inerzia del primo, possa provvedervi il Governo in sede di controllo sostitutivo (n. 127). 5) Se il Presidente regionale abbia il potere di includere nel vincolo paesistico localit non contenute nel parere o nella proposta della Commissione provinciale (n. 127). 6) Se in caso di illegittimit del vincolo paesistico, come sopra, possa l'autorit giudiziaria penale, chiamata ad applicare l'art. 734 c.p., disaplicare il provvedimento di vincolo (n. 127). Contributi e finanziamenti -Ente Zolfi Italiani -Crediti vantati nei confronti della Regione siciliana. 7) Se la Regione possa approvare un rendiconto in cui figurano contabilmente entrate le quali non trovino riscontro in un atto giuridicamente efficace e operativo (n. 128). 8) Se in mancanza di un provvedimento legislativo e di un diritto soggettivo sia utile, sempre per l'inserimento nel bifancio dei contributi dovuti all'Ente Zolfi, il riconoscimento da parte delle Regioni dell'utilit ricevuta per la creazione degli uffici dell'Ente (n. 128). Regione siciliana -Miniere di zolfo. 9) Se in sede di impugnazione di un decreto concernente la decadenza .da concessione di miniera di zolfo siano rilevanti le eccezioni di incostituzionalit della normativa introdotta con legge della Regione. siciliana 30 giugno 1964, n. 16 (n. 129). 10) Se sia rilevante, nell'ipotesi prospettata, la eccezione di incostituzionalit della norma che prevede fa decadenza dalla concessione in caso di sospensione delle coltivazioni, quando la decadenza sia stata comminata per mancato pagamento delle retribuzioni al personale (n. 129). l) Quando ricorra l'eccesso di potere legislativo e se tale vizio sia sindacabile dalla Corte costituzionale (n. 129); RESPONSABILITA' CIVILE Amministrazione pubblica. 1) Se possa ritenersi valida e operante per l'mministrazione una clausola liberatoria di responsabilit che fosse posta nei contratti stipulati dall'Amministrazione ste~sa con le ditte cui fossero commessi lavori di manutenzione e di ripristino di munizionamenti (n. 216). Assicurazioni -Chiamata in causa della societ assicuratrice. 2) Se sia opportuno, in linea di massima, chiamare in causa la societ assicuratrice nei giudizi di responsabilit civile contro l'Amministrazione (n. 217). RASSEGNA DELL'.AVVOCATURA ~ELLO STATO 130 Circolazione di autoveicoli. 3) Se, transatti i danni prodotti a privati dalla circolazione di veicoli dell'Amministrazione, questa debba corrispondere compensi per l'opera di consulenti tecnici o di studi di consulenza infortunistica (n. 218). Danni causati da bradisismo. 4) Se una P.A. possa essere chiamata a rispondere dei danni causati da fenomeni di bradisismo negativo conseguenti a sfruttamento di. giacimenti di metano sulla base di concessione assentita da altra P.A. (n. 219). Danni ad immobili -Propriet -Prova. 5) Se la prova della propriet di immobili danneggiati da incidenti di volo possa fornirsi a mezzo di atto di notoriet o dichiarazione giurata prodotti dai danneggiamenti (n. 220). RICORSI AMMINISTRATIVI Ricorso straordinario avverso il decreto di espropriazione per gli impianti di rifornimento idrico dei Comuni Vesuviani. Se sia competente ad istruire il ricorso straordinario, avverso il decreto di esproprio emesso dal Prefetto dietro richiesta della Cassa per il Mezzogiorno, il Ministro dell'Interno (n. 11). SOCIETA' Se sia ammissibile una societ di fatto tra una Societ di capitali ed una societ di persone (n. 110). STRADE Concessione di autostrade -J.g.e. 1) Se l'esecuzione prevista aall'art. 8, 1. 24 luglio 1961, n. 729, comprenda anche l'i.g.e. sui pagamenti corrisposti dall'ANAS, a titolo di rimborso, alle societ concessionarie di autostrade senza pagamento di pedaggio per la costruzione dei restanti tratti autostradali previsti dall'art. 13, 1. 2 febbraio 1961, n. 59 (n. 59). Impianti distributori carburanti. 2) Se sia legittima una richiesta di aggiornamento dei canoni per l'occupazione delle aree demaniali da parte dei gestori dei distributori di carburante, rispettando le formalit di legge ai sensi dell'art. 37, 1. 7 febbraio 1961, n. 59 (n. 60). 3) Se la suddetta legge 7 febbraio 1961, n. 59 contrasti con l'art. 23 della Costituzione (n. 6o). 4) Se per la riscossione del maggior canone l'Amministrazione possa usare lo strumento dell'ingiunzione previsto dal t.u. 14 aprile 1910, n. 639 (n. 6o). SUCCESSIONE Successione dello Stato italiano a cittadino venezuelano. Se lo Stato possa diventare titolare di un usufrutto ex lege in virt di un rapporto che non rientra in nessuna delle due fattispecie ex lege previsto dal .codice civile (n. 74). PARTE II, CONSULTAZIONI 131 TRATTATI E CONVENZIONI INTERNAZIONALI Comunit economica europea -Trattato istitutivo -Accordi verticali fra imprese Applicabilit dell'art. 85. 1) Se possa uno stato membro impugnare dinanzi alla Corte di Giustizia una decisione emanata dalla Commissione della C.E.E., ed avente, come destinatari, soggetti diversi dallo stato stesso. (n. 20). 2) Se debba escludersi l'applicabilit dell'art. 85 del Trattato agli accordi verticali " fra imprese o se debba invece vagliarsi in concreto il contenuto delle clausole dell'accordo al fine di stabilire l'applicabilit o meno di detta norma (n. 20). TURISMO Enti lirici. 1) Se sia legittima la esclusione dalle sovvenzioni statali in favore delle manifestazioni liriche e concertistiche italiane all'Estero delle persone, societ, ed enti in genere che, oltre all'attivit lirica, esplicano, anche attraverso le sole persone del dirigente, presidente o legale rappresentante, attivit di commerciante, artigiano, professionista o pubblico impiegato (n. 17). 2) Se possa disporsi la soppressione delle misure di garanzie, richieste a pena di decadenza dalla concessione delle sovvenzioni statali, e relative all'esatto adempimento delle obbligazioni assunte verso gli scritturati per la stagione lirica all'Estero (n. 17). 3) Se l'erogazione delle sovvenzioni statali debba essere subordinata alla dimostrazione, da parte degli enti lirici, dell'eseguita ritenuta di acconto prevista dalla 1. 21 aprile 1962, n. 226 (n. 17). Presidente e Consigli di Amministrazione -E.P.T. 4) Se la durata in carica del Presidente dell'E.P.T. debba necessariamente coincidere con quella del Consiglio di Amministrazione dell'Ente stesso (n. 18). I " ' ~ , ' "' '~ '' II ,, ' , ' .:: .< ~~ ' mmwrM.-JP.Fflw&f.f.'4ffit&WJ%7K&ffIDB-w.mWJJffi\~%w.g?]. mffi[lffff@.Wi.W'$W',tffiillll-*r~Birn X , ,. -w, ,-;. ,. , ., , ,,. ,. , . . . ,-;. .. . . . X , , , , X W. . . , fflfil X ,, . ,-;, . '*"' m iW:f.f.lf.!.f:.Pf-%f4llittrrfǥ1111.n&f.f&U&iWIWIW*~'w.1,/Jm