ANNO XVII -N. 1 GENNAIO -FEBBRAIO 1965 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Pubblicazione di servizio INDICE Parte prima: GIURISPRUDENZA Sezione primo: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE . pog. Sezione secondo: GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE }) 35 Sezione terzo: GIURISPRUDENZA CIVILE )) 93 Su.ione quarto: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA )) 146 Sezione quinto: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA )) 185 Sezione sesto: GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE PUBBLICHE, APPALTI E FORNITURE )) 222 Sezione settimo: GIURISPRUDENZA PENALE 243 Parte seconda: RASSEGNE -QUESTIONI -CONSULTAZIONI VARI ETA' RASSEGNA DI DOTTRINA pog. RASSEGNA DI LEGISLAZIONE . )) 4 QUESTIONI )) .17 CONSULTAZIONI . )) 23 VARIETA' D 33 Le sezioni dello porte primo sono curote, nell'ordine, dogli avvoc~ti: Michele Savarese, Giorgio Zagari, Franco Carusi, Ugo Gargiulo, Leonida Correale, Giuseppe Del Greco, Antonino Terranova; le rassegne di dottrina e legislazione dagli avvocati: Benedetto Saccari e Mario Fanelli. Coordinamento generale: avvocati Aristide Salvatori e Ugo Gargiulo. ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI LA REDAZIONE, Nel centenario della legge 20 marzo 1865, aU. E n. 2248, Il, 4 LA ,REDAZIONE, Sulle necessarie riforme della disciplina del contenzioso nei capitolati generali d'oneri dell'Amministrazione dello Stato II, 17 ALIBRANDI T., Difetto di interesse ad agire e ricorso per cassazione ex art. 362 c.p.c . . I, 42 ALIBRANDI T., Ancora sulla 24 marzo 1958, n. 195 legittimit costituzionale della legge I, 51 MATALONI G., Sulla competenza a giudicare la legittimit degli atti emessi, in regime fiduciario, dall'Amministratore Italiano della Somalia . I, 56 FRRI P. G., Sulla competenza a conoscere delle controversie derivanti dalla revoca di concessioni di alloggi di servizio . I, 66 MANDO' G., Ancora sulla giurisdizione in materia di indennizzi per i beni italiani nei territori ceduti alla Jugoslavia . I, 69 SACCHETTO P., I limiti dell'attivit di informazione in relazione alla responsabilit della p.a. [, 75 BAFILE C., Sulla giurisdizione dell' a.g.o. in tema di aggregazione delle aziende nei settori della Cassa unica per gli assegni familiari . I, 87 J,>AGANO F., L'articolo 7 del t.u. delle leggi di p.s. e il problema della sua costituzionalit I, 93 ROSA-S.; In tema di responsabilit della p.a. per i danni prodotti dalla caduta di aeromobili militari . I, 109 BAFILE C., Sull'efficacia della dichiarazione di incostituzionalit sui rapporti esauriti al di fuori del processo, con particolare riguardo ai d,ecreti di. scorporo per l'esecuzione della riforma fondiaria I, 140 ALIBRANDI T., Sulla legittimit dell'applicazione del sistema della. c.d. media corretta nelle licitazioni private (in tema di appalti pubblici) I, 158 FIUMARA O., Esenzione venticinquennale dalla imposta sui fabbricati ed esenzione dalla imposta di consumo in caso di edificio destinato temporaneamente ad un uso diverso dalla abitazione I, 203 CARUSI F., Spunti in tema di efficacia regolamentare del Capitolato generale oo.pp. e di rinvio alle sue norme . I, 225 INDICE ANALITICO-ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA ACQUE PUBBLICHE ED ELETTRICITA' -Concessione e derivazione -Spese di costruzione e manutenzione delle opere in ipotesi di pi utenze -Ripartizione -Criteri, 235. -Giudizio e procedimento dinanzi ai Tribunali delle Acque -Impugnazione della sentenza -Specificazione dei motivi -Obbligo -Non sussiste, 233 -Procedimento dinanzi ai Tribunali delle Acque -Ricorso giurisdizionale al Tribunale Superiore -Notifica presso l'Amministrazione -Nullit, 234. -Tribunale regionale e Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche in sede di appello dalle decisioni dei primi Organi speciali degli Uffici giudiziari ordinari -Specialit della loro composizione -Idoneit ed indipendenza dei membri estranei alla Magistratura componenti dei Tribunali delle acque pubbliche -Sussistono, 128. AEROMOBILE -Caduta accidentale -Idoneit a provocare la morte di persone presenti nelle vicinanze -Nesso di causalit Prova, con nota di S. ROSA, ro9. AMMINISTRAZIONE DELLO STATO E DEGLI ENTI PUBBLICI --Amministratori regionali -Responsabilit amministrativa e responsabilit contabile, l 76. -Contabilit generale dello Stato Agenti contabili di diritto e di fatto Nozione, 176. -Contabilit generale dello Stato -Gestione di pubblico danaro -Necessit del giudizio sul conto -Sua natura, 176. - Contabilit generale dello Stato -Maneggio di pubblico danaro -Nozione, 176. -Contabilit pubblica -Elementi integrativi del concetto di contabilit pubblica, 183. . -Contabilit pubblica -Giudizio di conto -Opposizione contabile, 176. -Contabilit pubblica -Giurisdizione della Corte dei Conti in materia di contabilit pubblica -Legittimazione attiva del Procuratore generale presso la Corte dei Conti, 183. -Contabilit pubblica -Presupposto del giudizio di conto -Giurisdizione sindacatrice della Corte dei Conti, 176. -Contratti -Negozi di diritto privato stipulati dalla p.a. -Inadempimento Responsabilit, 181. -Contratti -Negpzi di diritto privato stipulati dalla p.a. -Obbligazione pecuniaria della p;~. -Osservanza della legge e del regolamento di contabilit generale dello Stato, 181. - V. anche Acque pubbliche, Reato. APPALTO -Appalto di opere pubbliche -Fatti accertati in ogni tempo -Immediata proposizione delle riserve -Esclusione, 237. -Appalto di opere pubbliche -Incarico della costruzione di case per lavoratori conferito dalla Gestione INA-Casa ad Ist~tuto autonomo per le case popolari -Contratto d'appalto stipulato dall'ente concessionario con impresa. privata -Richiamo delle disposizioni del Capitolato generale della Gestione INA-Casa nel testo anteriore all'edizione 1958, contenente a sua volta ge0 nerico richiamo di quelle del Capitolato generale oo.pp 1885 -Esclusione ammissibilit del jus superveniens ,, in ordine alla impugnabilit della pronuncia arbitrale per mancata osservanza delle regole di diritto disposta dal nuovo Capitolato generale oo.pp. 1962, con nota di F. CARUSI, 224. bilit, l 38. bilit, l 38. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO VI -Appalto di opere pubbliche -Interpretazione di norme contrattuali -Immediata proposizione dell~ riserve Esclusione, 237. -Appalto di opere pubbliche -Riserve Registrazioni provvisorie -Immediata proposizione delle riserve -Esclusio ne, 237. APPELLO -Appello avverso sentenza non definitiva proposta in via immediata nonostante rituale riserva di appello differito -Pregiudizialit della questione di inammissibilit allo stato del gravame, rispetto ad ogni altra questione .. processuale successivamente maturata ed in . ispecie rispetto a questione di estinzione del procedimento -Sussiste -Preclusione della successiva proposizione dell'appello differito, qualora il giudice dell'appello immediato abbia dichiarato, con sentenza passata in giudicato, l'estinzione del procedimento invece della inammissibilit allo stato dell'appello, 122. APPROVVIGIONAMENTI E CONSUMI -Frodi nella preparazione e nel commercio di sostanze e prodotti agrari Impugnativa delle analisi sui campioni previo versamento di deposito nella Cassa erariale -Violazione dei principi costituzionali dell'uguaglianza e della difesa contro gli atti della p.a. Esclusione, 13. ARBITRATO _,.... Mancata approvazione del collaudo Improponibilit, 222. ATTO AMMINISTRATIVO -Motivazione in funzione di diversi fini pubblici -Vizio di contraddittoriet Non sussiste, 154 CAMBIALI - V .. Imposta di successione. CASSAZIONE -Ricorso a norma dell'art. 1 l 1 della Costituzione -Presupposto di ammissi -Ricorso per Cassazione -Motivo fondato su fatti non dedotti nelle fasi del merito -Questione nuova -Inammissibilit, con nota di G. NORI, 189. -V. anche Prescrizione, Procedimento civile, Responsabilit civile. COLLEGIO -Commissione comunale per il commercio fisso -Nomina dei componenti -Competenza, 175 -Componenti nominati da associazioni sindacali Abolizione dell'ordinamento corporativo -Conseguenze, 175. COMPETENZA E GIURISDIZIONE -Competenza in materia penale -Competenza dei comandanti di porto per le contravvenzioni in materia di navigazione -Illegittimit costituzionale per violazione della riserva del giudice naturale -Esclusione, l. -Conessione -Contratto -Giurisdizione amministrativa ed ordinaria Criteri di discriminazione, 35. -Concessione -Contratto -Potere discrezionale della p.a. -Sussistenza Limiti, 35. --Consiglio di Stato -Decisione -Accertamento della mancanza di interesse ad agire -Vizio attinente alla giurisdizione -Inammissibilit, con nota di T. ALIBRANDI, 42. -Demanio idrico -Bacini imbriferi montani -Sovracanoni -Provvedimento di riparto del Ministro dei LL.PP ex art. 1, terzo comma, legge n. 959 del 1953 -Carattere discrezionale -Controversie -Giurisdizione del Consiglio di Stato, con nota d1 G. _BESTENTE, 165. -Giurisdizione amministrativa ed ordinaria -Criteri di discriminazione, 35. -Giurisdizione della Corte dei Conti in materia di contabilit pubblica Legittimazione passiva, 178. -Indennizzo per beni nazionalizzati m Jugoslavia -Impugnativa -Competenza del Consiglio di Stato -Controversia sulla esistenza di una societ di fatto o di una comunione -Questione incidentale attinente a diritti soggettivi -Competenza del Consiglio di Stato -Sussiste, con nota di G.. MANDO', 68. INDICE VII -Patrimonio indisponibile -Concessione di alloggio a pubblici dipendenti . Revocabilit -Controversia -Giurisizione amministrativa, con nota di P.G. FERRI, 66. -Previdenza sociale -Assegni familiari Inquadramento dell'attivit del datore di lavoro nelle categorie -Decreto ministeriale -Impugnazione -Discriminazione delle giurisdizioni, ordinaria ed amministrativa, con nota di C. BAFILE, 86. -Previdenza sociale -Assegni familiari Provvedimenti ministeriali di inquadramento di categorie di datori di hvoro ex art. 7, 1. 1961, n. 133 -Narura discrezionale -Controversie -Giurisdizione amministrativa, 53. - Somalia -Regime fiduciario -ProYvedimenti emessi dall'AmministrazirJne Italiana della Somalia -Jmpugr.ativa -Difetto di giurisdizione dello Stato Italiano, con nota di G. MATALONI, 56. :COMUNE -Popolazione residente -Familiari di appartenenti alle forze S.E.T.A.F. Esclusione, 150. -CONCESSIONE -V. Acque pubbliche, Competenza e giurisdizione, Ferrovie, Furto. .CONTABILITA' GENERALE DELLO STATO -Norme de!la legge e del regolamento sulla contabilit dello Stato -Norme esterne, 135. - Y. anche Amministrazione dello Stato. CONTRATTI PUBBLICI -Licitazione privata -Sistema della media corretta -Illegittimit, con nota di T. ALIBRANDI, 158. -CORTE COSTITUZIONALE -Interpretazione della legge ordinaria di cui si denuncia l'illegittimit costituzionale, 25. -Pronuncia di illegittimit costituzionale -Efficacia retroattiva -Illegittimit costituzionale di decreto di scorporo -Prescrizione -Sussiste, con nota di C. BAFILE, 139. -Pronuncia di illegittimit costituzionale -Natura -Efficacia retroattiva Limiti -Rapporti esauriti -Fattispecie -Esclusione, con nota di C. BAFILE, 139. CORTE DEI CONTI -V. Amministrazione dello Stato e degli Enti pubblici. COSA GIUDICATA -Giudicato civile e penale (rapporto) Cosa giudicata penale -Fatti materiali -Efficacia -Condizioni, con nota di C. TONELLO, rn3. -Giudicato civile e penale (rapporto) Cosa giudicata penale -Preclusione conseguente alla negata sussistenza del fatto -Ammissibilit nei confronti di soggetto diverso dall'imputato prosciolto, con nota di C. TONELLO, rn3. _:_ Cosa giudicata esterna -Onere della prova, con nota di G. NORI, 189. - V. anche Procedimento penale. COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA -V. Approvvigionamenti e consumi, Competenza e giurisdizione, Corte Costituzionale, Delitti contro l'integrit e sanit della stirpe, Leggi e decreti, Ordinamento giudiziario, Procedimento penale, Pubblico ufficiale, Reato, Riforma fondiaria, Sicilia, Trentino-Alto Adige. DAZI DOGANALI -Determinazione del valore imponibile Controversie -Giurisdizione del Consiglio di Stato, 174. -Determinazione della base imponibile -Valore normale della merce, 174 DELITTI CONTRO L'INTEGRITA' E SANITA' DELLA STIRPE -Delitto di pubblico incitamento a pratiche contro la procreazione -Divul RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO VIII gazione dei mezzi atti ad impedire la procreazione -Illegittimit costituzionale per contrasto con l'art. 21 della Costituzione -Esclusione, 20. DEMANIO E PATRIMONIO -V. Competenza e giurisdizione, Furto, Imposta di successione. ENFITEUSI -V. Imposta di registro. ENTI PUBBLICI -V. Espropriazione per p.u. ESECUZIONE FORZATA -Espropriazione immobiliare -Opposizione all'ordinanza di vendita -Ordinanza di rigetto dell'istanza di sospensione della esecuzione -Ricorso in Cassazione ai sensi dell'art. 1 11 della Costituzione -Inammissibilit, 132. ESPROPRIAZIONE PER P.U. -Opera a cura di enti pubblici locali Dichiarazione di urgenza -Competenza del Ministro LL.PP., 154. -Opere a cura di enti pubblici locali Dichiarazione di p.u. -Competenza del Prefetto, 154. -Pendenza del ricorso gerarchico avverso provvedimento sanitario del Sindaco -Espropriazione successiva -Legittimit -Fattispecie, 154. -Pubblica utilit -Nozione, 154. -Trasferimento consensuale della propriet -Ammissibilit, 154. FALLIMENTO -Effetti per il fallito -Perdita dell'amministrazione e della disponibilit dei beni -Incapacit processuale -Relativit, I 32. FERROVIE -Concessioni ferroviarie -Potere discrezionale della p.a. di sospensione della concessione -Estremi -Fattispecie, 35. -Concessioni ferroviarie -Poteri della p.a. nei confronti del concessionario Fattispecie, 35. FURTO -Aggravanti speciali -Cose esistenti in pubblico stabilimento -Nozione -Appartenenza allo stabilimento -Non necessaria, 243. -Furto di cose facenti parte di un bene demaniale -Aggravante di cui all'art. 625, n. 7 c.p. -Condizioni di applicabilit -Fattispecie -Furto di sabbia estratta dal lido del mare -Inapplicabilit della aggravante, 248. -Impossessamento della sabbia estratta nell'ambito demaniale marittimo senza concessione -Concorso col reato previsto dal cod. navig. -Sabbia gi estratta -Non riveste carattere di cosa destinata a pubblica utilit, 246. GIUDICATO CIVILE E PENALE -V. Cosa giudicata. GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA -Decisioni del Consiglio di Stato -Ri I corso per Cassazione -Proponibilit -[ Limiti, 55. I ~ -Gestione del servizio di riscssione delle imposte dirette -Deliberazione I ' comunale -Diniego di approvazione da parte della g.p.a. -Ricorso gerarchico improprio -Autorit competente, 169. -Ricorso gerarchico improprio -Ricezione tardiva da parte dell'autorit decidente -IrricevibiHt, 169. -V. anche Competenza e giurisdizione, Espropriazione per p.u. IMPIEGO PUBBLICO -Nomine ex art. 170 t.u. 10 gennaio 1957, n. 3 -Potere del Consiglio dei Ministri -Natura, 146. -Nomine ex rt. 170 t.u. 10 gennaio 1957, n. 3 -Sindacato di legittimit Limiti, 146. IMPOSTA DI REGISTRO -Agevolazioni tributarie previste dall'art. 17 legge 408/949 -Trasferimento contestuale nuda propriet ed usufrutto -Inapplicabilit, 209. INDICE IX -Atto di legittimazione all'utilizzazione di materie costituenti genere di monopolio -Applicazione dell'imposta fissa di registro, con nota di G. FERRERO, 217. -Concessioni di enfiteusi -Valore imponibile -Accertamento di congruit del canone enfiteutico pattuito -Legittimit, con note di U. CORONAS, 220. -Contratti riguardanti provviste di materiali per l'esercizio di filovie -Agevolazione fiscale ex art. 2, lett. d), legge 19 giugno 1940, n. 840 -Presupposti, 214. -Contratto di commissione -Art. 92 tariffa all. A legge di registro -Applicabilit, con nota di A. ROSSI, 206. -Contratto di commissione -Denunzia estimativa ex art. 30 legge di registro -Inapplicabilit, con nota di A. ROSSI, 206. -Omessa richiesta di dichiarazione estimativa ex art. 17, n. 2, r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639 -Irrilevanza, con nota di G. NORI, 189. IMPOSTA DI SUCCESSIONE -Deduzione della passivit -Debiti cambiari -Documentazione -Titolo e libri di commercio del debitore e del creditore -Necessit di entrambi, 193. -Esenzione per collezioni d'arte fuori commercio -Locali in cui la collezione contenuta -Esclusione, 185. -Imposta sull'asse ereditario globale Riduzione alla met ex art. 9, 1. 12 maggio 1949, n. 206 -Figli adottivi _ Esclusione, 185. -Legge 20 novem:bre 1955, n. II23 -Carattere interpretativo -Insussistenza _ Retroattivit -Insussistenza, 185. IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA -Entrata imponibile -Mezzi di pagamento sostitutivi del denaro -Cambiali -Esclusione, l 98. IMPOSTA STRAORDINARIA SUL PATRIMONIO -Rettifica dell'accertamento a norma dell'art. 48, t.u. 9 maggio 1950, n. 203 Abrogazione -Sussistenza, con nota di A. ROSSI, 210. IMPOSTA SUI FABBRICA TI -Case di abitazione non di lusso -Locali destinati ad autorimesse e magazzini -Esezione venticinquennale -Applicabilit, con nota di O. FIUMARA, 202. -Case di abitazioni non di lusso -Temporanea destinazione ad uso diverso dall'abitazione -Esenzione venticinquennale -Applicabilit, con nota di O. FIUMARA, 202. IMPUGNAZIONE -Motivi -Presentazione in cancelleria Mancata indicazione della identit del presentatore da parte del cancelliere Inammissibilit del gravame, 244. LEGGI E DECRETI -Esame della loro legittimit -Irrilevanza del fine o dell'occasione che li fece nascere -Necessit della loro obbiettiva conformit alla Costituzione, 20. NAVIGAZIONE -Navigazione aerea -Presunzioni di colpa imposte dagli artt. 2050 e 2054 e.e. -Inapplicabilit, con nota di S. ROSA, 109. -V. ancheFurto. OBBLIGAZIONI E CONTRATTI -Debiti pecuniari dello Stato -Momento in cui diventano liquidi ed esigibili -Decorrenza degli interessi Inapplicabilit delle norme di diritto comune -Distribuzione delle spese ed emissione dei relativi ordinativi -Attivit discrezionale della p.a. -Insindacabilit da parte dell'a.g.o., 135. -V. anche Amministrazione dello Stato, Competenza e giurisdizione, Imposta di registro. OPERE PUBBLICHE -V. Appalto, Arbitrato. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO X ORDINAMENTO GIUDIZIARIO -Disciplina dei magistrati -Consiglio Superiore della Magistratura -Sezione disciplinare -Artt. 4 e 6 della legge n. 195 del 1958 -Questioni di legittimit costituzionale in relazione agli artt. 102, 104 e 105 Cost. -Manifesta infondatezza, con nota di T. ALIBRANDI, 50. - Disciplina dei magistrati -Consig'io Superiore della Magistratura -Sezione disciplinare -Legge n. 195 del 1958 Questione di legittimit costituzionale in relazione agli artt. 72, 104, 105, 107 Cost. -Manifesta infondatezza, con nota di T. ALIBRANDI, 50. -Disciplina dei magistrati -Richiesta di procedimento da parte del Ministero di grazia e giustizia -Termine di decadenza -Insussistenza, con nota di T. ALIBRANDI, 50. -Disciplina dei magistrati -Sospensione provvisoria -Inizio, con nota di T. ALIBRANDI, 51. -Disciplina dei magistrati -Sospensione provvisoria durante il procedimento Durata, con nota di T. ALIBRANDI, 51. ORDINANZE AMMINISTRATIVE - V. Responsabilit della p.a. POLIZIA - V. Responsabilit della p.a. PRESCRIZIONE -Proposte transattive -Non importano interruzione della prescrizione in corso n rinunzia a quella compiuta -Differenza rispetto all'ipotesi in cui non si contesti l'esistenza del debito ma solo il suo ammontare -V' rinunzia alla prescrizione, 133. -Rinunzia tacita -Atti incompatibili con la volont di valersi della prescrizione -Valutazione del concreto comportamento del soggetto -Apprezzamento di fatto, 133. PREVIDENZA E ASSISTENZA - V. Competenza e giurisdizione. PROCEDIMENTO CIVILE -Irritualit di produzioni -Difetto di rilievi da parte dell'interessato nella fase di merito -Contestazioni in Cassazione -Preclusione, con nota di G. NORI, 189. -Procedimento d'ingiunzione -Provvevedimento di esecutoriet del decreto ingiuntivo -Non preclude il controllo da parte del giudice dell'opposizione della sussistenza dei presupposti del decreto di esecutoriet -Inammissibilit del ricorso per Cassazione :i norma dell'art. 111 della Costituzione contro tale decreto, 138. -Prova per testimoni dei contratti -Limitazioni -Presupposti, 133. - Valutazione della sufficienza e della idoneit degli elementi di prova da parte del giudice di merito -Insindacabilit in Cassazione, 128. PROCEDIMENTO PENALE -Giudicato penale -Rilevanza in altri giudizi civili o amministrativi -Contrasto col principio di difesa stabilito dall'art. 24, secondo comma, della Costituzione -Esclusione, 9. -Istruzione sommaria -Disposizione che estende all'istruzione sommaria le norme dell'istruzione formale, in quanto sono applicabili -Illegittimit costituzionale in relazione al principio del diritto alla difesa -Esclusione, 26. PROPRIETA' -Isole -Concetto giuridico -Formazioni fluviali ricoperte dalle acque nelle piene ordinarie -Non sono isole, 232. PUBBLICO UFFICIALE -Prefetto e Sindaco -Garanzia amministrativa -Contrasto con l'art. 28 della Costituzione -Illegittimit costituzionale, 6. REATO -Abuso innominato di ufficio -Contrasto con la riserva di legge in materia penale e con il principio di eguaglianza -Esclusione, 15. INDICE XI -Delitti contro la p.a. -Discriminanti Atto arbitrario del p.u. -Arbitrariet erroneamente supposta -Irrilevanza, 243. RESPONSABILITA' CIVILE -Analisi di campioni di prodotto -Requisiti -Rapporti con l'attivit di informazione, con nota di P. SACCHET TO, 75 -Attivit di informazione -Presupposti e limiti ai sensi dell'art. 21 della Cost. -Quando il suo esercizio costituisce fonte di responsabilit, con nota di P. SACCHETTO, 75 -Attivit pericolose -Presunzione di colpa imposta a chi la esercita -Pubblica Amministrazione -Inapplicabilit, con nota di S. ROSA, 109. -Azione di danni contro la p.a. in seguito a denunzia penale, dalla stessa presentata, per commercio di prodotti non genuini -Quando la denunzia costituisce fonte di responsabilit, con nota di P. SACCHETTO, 74. -Conducenti di automezzi -Condizioni per l'applicabilit della legge 31 dicembre 1962, n. 1833, 178. -Conducenti di autoveicoli -Concorso di colpa -Non esclude 1a colpa grave, 182. -Conducenti di mezzi meccanici -Colpa grave -Criteri di valutazione -Imperizia e negligenza, 179. - Nesso causale tra il fatto illecito e l'evento dannoso -Accertamento -Compete al giudice di merito e sfugge al sindacato della Corte di Cassazione, 128. -Sfera di applicabilit della legge 31 dicembre 1962, n. 1833 -Addetti al'a conduzione di autoveicoli o di altri mezzi meccanici, 182. - Stato di necessit -Equo indennizzo Applicazione ex officio della rela tiva norma -Vizio di " extra petita Insussistenza, con nota di S. ROSA, 109. -Stato di necessit -Volontariet del comportamento -Onere della prova Incombe sull'attore -Difformit del comportamento dalle norme comuni, con nota di S. ROSA, 109. - V. anche Navigazione. RESPONSABILITA' DELLA P.A. -Attivit di polizia -Fatti illeciti Obbligo del risarcimento, con nota di F. PAGANO, 93 - Ordinanze contingibili ed urgenti di sicurezza pubblica emesse dal sindao -Responsabilit dello Stato, con nota di F. PAGANO, 93. RIFORMA FONDIARIA -Territorio del Fucino -Delimitazione Questione di illegittimit costituzionale manifestamente infondata, con nota di C. BAFILE, 139. SENTENZA - V. Appello. SICILIA -Legge regionale di proroga di esenzione dall'imposta di consumo -Illegittimit costituzionale con riferimento agli artt. 17, 36 e 15 dello Statuto speciale per la regione siciliana, 4. TRENTINO-ALTO ADIGE -Legge regionale 13 maggio 1964 recante norme sulla disciplina dei magazzini di vendita a prezzo unico Illegittimit costituzionale con riferimento all'art. 5 Statuto speciale e r.d.l. 21 luglio 1938, n. 1468, 17. INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA CORTE COSTITUZIONALE 28 gennaio 1965, n. 1 28 gennaio 1965, n. 2 . 19 febbraio 1965, 1.9 febbraio 1965, 19 febbraio 1965, 19 febbraio 1965, 19 febbraio 1965, 19 febbraio 1965, 19 febbraio 1965, n. 4 . n. 5 . n. 6 . n. 7 . n. 8 . n. 9 . n. 11 GIUfilSDIZIONI CNILI CORTE DI CASSAZIONE .Sez. Un., 4 maggio 1964, n. 1061 .Sez. Un., 10 giugno 1964, n. 1427 Sez. Un., 28 luglio 1964, n. 2124 .Sez. Un., 31 luglio 1964, n. 2203 Sez. Un., 31 luglio 1964, n. 2204 .Sez. III, 7 ottobre 1964, n. 2537 .Sez. III, 12 ottobre 1964, n. 2575 .Sez. III, 20 ottobre 1964, n. 2631 Sez. I, 6 novembre 1964, n. 2693 Sez. I, 26 novembre 1964, n. 2797 .Sez. I, 26 novembre 1964, n. 2810 . .Sez. Un., 7 dicembre 1964, n. 2859 .Sez. I, 18 dicembre 1964, n. 2911 . .Sez. I, 21 dicembre 1964, n. 2947 . Sez. Un., 22 dicembre 1964, n. 2950 .Sez. Un., 22 dicembre 1964, n. 2952 .Sez. Un., 22 dicembre 1964, n. 2954 .Sez. I, 22 dicembre 1964, n. 2968 Sez. Ili, 12 gennaio 1965, Sez. I, 15 gennaio 1965, n. Sez. Un., 20 gennaio 1965, Sez. I, 22 gennaio 1965, n. Sez. Ili, 25 gennaio 1965, .Sez. Un., 2 febbraio 1965, Sez. I, 3 febbraio 1965, n. .Sez. I, 4 febbraio 1965, n. Sez. I, 15 febbraio 1965, n. Sez. I, 15 febbraio 1965, n. .Sez. I, 22 febbraio 1965, n. .Sez. I, 24 febbraio 1965, n. n. 58 83 . n. 115 117 n. 129 n. 163 172 181 233 235 293 305 pag. 1 4 6 9 13 15 17 20 25 pag. 93 35 42 50 50 103 109 122 185 189 193 53 198 202 128 55 56 .. 222 132 132 66 206 133 68 135 138 209 210 214 217 XIV RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE D'APPELLO Roma, Sez. I, 30 dicembre 1964, n. 2504 . pag. 220> Napoli, Sez. I, 19 gennaio 1965, n. 21 . 224 Roma, Sez. I, 11 febbraio 1965, n. 244 . 74 TRIBUNALE SUPERIORE DEILE ACQUE 30 gennaio 1965, n. l . pag. 233: 18 febbraio 1965, n. 5 . 234 18 febbraio 1965, n. 6 . 235; TRIBUNALE Avezzano, 7 dicembre 1964 . . pag. 139 LODI ARBITRALI 23 gennaio 1965, n. 2 . pag. 237 GIU'RISDIZIONI AMMINISTRATIVE CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 20 ottobre 1964, n. 1032 . pag. 146' Sez. IV, 25 novembre 1964, n. 1374 150 Sez. IV, 22 dicembre 1964, n. 1573 154 Sez. IV, 3 febbraio 1965, n. 125 158 Sez. V, 5 giugno 1964, n. 676 . 165 Sez. V, 23 ottobre 1964, n. 1206 169 Sez. VJ, 25 luglio 1964, n. 565 D 174 Sez. VI, 15 dicembre 1964, n. 966 175 D Sez. VI, 15 dicembre 1964, n. 968 86 CORTE DEI CONTI Sez. Riun., 3 marzo 196'!, n. 26 pag. 179 Sez. I, 21 maggio 1964, n. 96 . 182 Sez. Il, 23 novembre 1963, n. 18 178 Sez. II, 13 febbraio 1964, n. 50 178 Sez. Il, 24 aprile 1964, n. 107 . 181 Sez. Il, 20 maggio 1964, n. 131 181 Sez. giur. reg. sic., 4 luglio 1964, n. 744 176 Sez. giur. reg. sic., 9 giugno 1964, n. 760 . 183 GIU'RISDIZIONI PENALI CORTE DI CASSAZIONE Sez. Il, 28 febbraio 1964, n. 416 pag. 243 Sez. II, 1 aprile 1964, n. 688 . 243 Sez. Il, 6 maggio 1964, n. 974 244 Sez. Il, 22 giugno 1964, n. 1384 246' Sez. II, 23 giugno 1964, n. 1392 248. SOMMARIO DELLA PARTE SECONDA RASSEGNA DI DOTTRINA FOLIGNO D., Titolarit del credito per imposte dirette e garanzia fidefus- soria (da Scritti giuridici in m. di MARCELLO BARBERIO ConsErn) pag. l RASSEGNA DI LEGISLAZIONE Provvedimenti legislativi (segnalazioni) . pag. 4 Disegni e proposte di legge LA REDAZIONE, Nel centenario della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all.E. 4 Provvedimenti legislativi sottoposti o giudizio di costituzionalit -Disposizioni di legge delle quali stata (in tutto od in parte) dichiarata l'illegittimit costituzionale: T.U. 4 febbraio 1915, n. 148, art. 158 . 11 T.U. 3 marzo 1934, n. 383, art. 22 . 11 -Disposizioni di legge in rapporto alle quali stata dichiarata non fondata la questione di legittimit costituzionale: Codice di procedura civile, art. 25 11 Cod:ce penale, art. 62, n. 6 11 Codice penale, art. 72 . 11 Codice penale, art. 323 11 Codice penale, art. 553 12 Codice penale, art. 570, primo comma 12 Codice di procedura penale, art. 28 12 Codice di procedura penale, articolo 128, secondo comma; art. 131, secondo comma 12 Codice di procedura penale, art. 392, primo comma . 12 Codice della navigazione, art. 1240, terzo comma . 12 R.D. 15 ottobre 1925, n. 2033, art. 44, terzo e quarto comma 12 T.U. 18 giugno 1931, n. 773, art. 112 . 12 R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, artt. 6, 7, 8 e 10 11 Legge 28 febbraio 1949, n. 43, art. 5 13 D.P.R. 26 aprile 1957, n. 818, art. 1 . 13 Legge 20 febbraio 1958, n. 75, art. 3, n. 3 13 ..,--Disposizioni di legge in rapporto alle quali stato promosso giudizio di legittimit costituzionale . 13 -Disposizioni di legge in rapporto alle quali sulle questioni sollevate sono intervenute pronunce della Corte Costituzionale di inammissibilit, di manifesta infondatezza o di restituzione degli atti per il giudizio di rilevanza . 16 XVI RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO QUESTIONI LA REDAZIONE, Sulle necessarie riforme della disciplina del contenzioso nei capitolati generali d'oneri delle Amministrazioni dello Stato . pag. 17 iI ill INDICE DELLE CONSULTAZIONI {secondo l'ordine di materia) Agricoltura e foreste . pag. 23 Imposta di bollo pag. 28 Amministrazione pubblica 23 Imposta di registro 28 Antichit e belle arti 23 Imposta di r.m .. 29 Appalto 24 Imposta . di successione 29 Assicurazioni 24 Imposte e tasse . 29 Autoveicoli e autolinee 24 Invalidi di guerra 30 Caccia e pesca . 24 Istruzione superiore 30 Commercio . 25 Locazioni 30 Comuni e province 25 Lotto e lotterie . 30 Concessioni . 25 Obbligazioni e contratti 31 Dazi doganali 25 Poste e telecomunicazioni 31 Demanio 26 Prescrizione 31 Edilizia econ. e popolare 26 Previdenza ed assistenza . 31 Elettricit ed elettrodotti . 26 Prezzi 31 Espropriazioni per p.u. D 27 Regioni. 32 Fallimento 27 Sentenza 32 Ferrovie e tranvie 27 Servit . 32 Impiego pubblico 27 Societ . 32 I VARIETA' ~ ~ Minima moralia . pag. 33 . I PARTE PRIMA / GIURISPRUDENZA SEZIONE PRIMA GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE CORTE COSTITUZIONALE, 28 gennaio 1965, n. 1 -Pres. Ani.brosini -Rl. Mortati -Mastellone (n.c.) e Presidente Consiglo dei Ministri (sost. avv. gen. Stato Albisinni}. Competenza e giurisdizione -Competenza in materia penale Competenza dei comandanti di porto per le contravvenzioni in materia di navigazione -Illegittimit costituzionale per violazione della riserva del giudice naturale -Esclusione. (Cost., art. 25; cod. nav., art. 1240, terzo comma). La disposizione delr art. 1240, terzo comma, codice della navigazione, secondo la quale la competenza delfautorit consolare per i reati commessi all'estero in materia di navigazione passa al giudice competente per territorio nel caso che, al momento della partenza costituisca una delle componenti del diritto di difesa non importa che esso si identifichi con questo. Nella previsione dell'art. 28 c.p.p., poi, il contraddittorio non pu dirsi neanche eliminato, ma solo trasferito in altra sede, quella penale, dove PARTE I, SEZ. I, GIURis. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 11 minato l'emanazione {delle quali cenno in una delle ordinanze), :secondo il modo con cui opera nell'ordinamento, da ricondurre, dal punto di vista della costituzionalit, nell'ambito dei principi fonda.:. mentali che regolano il funzionamento delle giurisdizioni, ed da considerare altres come attuazione della superiore esigenza di giustizia, inerente alla certezza e alla stabilit delle situazioni e dei rapporti giuridici. Ora, appare chiaro anzitutto che, ad una tale esigenza obbedisce la disposizione impugnata. Essa, infatti, attribuisce carattere di verit processuale, non pi controvertibile anche in sede diversa da quella penale, agli accertamenti obiettivi, che costituiscono il presupposto per l'applicazione, o meno, della sanzione punitiva. A quegli elementi cio che, con le modalit che li configurano e secondo le circostanze in cui :si sono verificati, sono acquisiti nel giudizio penale, secondo il sistema probatorio proprio di quel giudizio; nel quale, come noto, l'accertamento dei fatti devoluto, di regola, all'iniziativa ed al libero convincimento del giudice, in relazione alla preminente incidenza dell'interesse della collettivit alla repressione dei reati direttamente tutelato: :sistema probatorio che si inserisce nella struttura del processo, alla quale, come pure a quella del processo civile, fanno indubbio riferimento tanto il primo, quanto il secondo comma dell'art. 24 della Costituzione. 5. -:E: da aggiungere, d'altra parte, che l'accertamento anzidetto promana dall'organo giurisdizionale; cui devoluta esclusivamente la competenza {che pure principio fondamentale dell'ordinamento) a giudicare se, nel fatto, siano, o no, da riscontrare gli estreini dell'illecito penalmente perseguibile. Ci risulta espressamente dall'art. 3 del codice di procedura penale, dove si stabilisce la sospensione obbligatoria del giudizio e la trasmissione degli atti al pubblico ministero, quando .apparisca un fatto nel quale si pu ravvisare un reato perseguibile d'ufficio, o anche ad istanza di parte, qualora sia presentata la querela. Da tutto ci discende l'efficacia del giudicato, ai sensi e nei limiti segnati dal1' art. 28, e il divieto che ne consegue, per il giudice e per le parti, nel giudizio civile o amministrativo, di rimettere in discussione, anche indirettamente, quello stesso fatto cos come risulta configurato, nella sua esso ha potuto trovare efficace applicazione attraverso un organo dello Stato, il P.M., quale portatore dell'interesse di carattere generale dell'accertamento del fatto storico. Del resto, che l'efficacia della proiezione. del giudicato penale sui successivi procedimenti civili o,amti:nisi:rltiv.i. figuard solo il fatto mat:riale,:~ e non pure la sua valutazione giuridica, pacifico in dottrina ed in giurisprudenza (IANNUZZI, Efficaca preclusiva dell'accertamento del giudice penale sull'esistenza di un fatto Jt1.rt.~.e.r,.1:.:.~.9t-11. :_.... _.. _ ..__ .... -~~--: :-:.... :-::..._ .. :--..:-..-...::%..: ................~.....::i.I. :--..:::.:-: .. :1. 12 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO obiettiva consistenza, dalla sentenza penale. Divieto che, per altro, noa sussiste, come generalmente si ritiene, per ci che riguarda la valutazione giuridica nei detti giudizi, del fatto stesso e delle conseguenze che ne derivano, ai fini della definizione della controversia; e che, d'altra parte, non trova applicazione, come pure si ritiene, quando intervenga una causa estintiva del reato. 6. -Le osservazioni sopra esposte chiariscono altres che gli accennati effetti del giudicato penale non si ricollegano, come si assume, al principio dell'unit della giurisdizione, ammesso che un tale principio sia accolto nel nostro sistema, e che non dipendono neppure da una pretesa prevalenza della giurisdizione penale su quella civile o amministrativa. Poich l'art. 28, in esame, va inquadrato nel sistema di coordinamento fra le diverse giurisdizioni: coordinamento preveduto anche in altre. norme del codice di procedura penale. L'art. 19, che stabilisce la sospensione dell'esercizio dell'azione penale quando la decisione sulla esistenza di un reato dipende dalla risoluzione di una controversia relativa allo stato delle persone; negli articoli da 22 a 26, concernenti la proponibilit o meno dell'azione civile di danno nel giudizio penale; e nell'art. 27, che riguarda gli effetti del giudicato penale in sede civile o amministrativa, non soltanto circa la sussistenza del fatto, ma anche la sua illiceit, per il risarcimento del danno e per le restituzioni, nei confronti del condannato e del civilmente responsabile, se presente nel giudizio penale. 7. -Che se vero, come si obietta, che anche il giudicato penale pu venir meno in seguito alla revisione preveduta dall'art. 554, comma primo, n. 1, qualora i fatti stabiliti a fondamento di una sentenza di condanna non possono conciliarsi con quelli stabiliti in un'altra sentenza penale irrevocabile, non meno vero che, pure in tale ipotesi, opererebbe il coordinamento preveduto dall'art. 28, poich la successiva sentenza potrebbe dare adito al giudizio di revocazione della sentenza civile, ai sensi dell'art. 395 del codice di procedura civile. Per tutte le esposte considerazioni, la Corte ritiene che la disposizione impugnata non possa ritenersi costituzionalmente illegittima, spettando ovviamente al legislatore ordinario ogni modificazione circa il sistema di coordinamento cui si accennato. -(Omissis). materiale, Giust. pen., 1951, III, 409; GuARNERI, Autorit della cosa giudicata penale nel giudizio civile, Milano, 1942, 145; Cass., 8 marzo 1963, n. 556, Giur. it., 1964, I, l, 83; Cass., 22 ottobre 1963, n. 2907, ivi 1964, I, 1426). Per di pi, stato ritenuto che l'autorit della cosa giudicata non si proietta su altri giudizi penali (Cass., 6 luglio 1959, rie. Zaccarelli; Giust. pen., 1960, III, 340, e nota di F'rurnANTE, Ai margini del problema dell'efficacia del giudicato penale .~.altri giudizi penali). PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 13 CORTE COSTITUZIONALE, 19 febbraio 196.5, n. 6 -Pres. Ambrosini -Rel. Benedetti .; Pace (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri {sost. avv. gen. Stato Agr). Approvvigionamento e consumi -Frodi nella preparazione e nel commercio di sostanze e prodotti agrari -Impugnativa delle analisi sui campioni previo versamento di deposito nella cassa erariale -Violazione dei principi costituzionali dell'uguaglianza e della difesa contro gli atti della p.a. -Esclusione. (Cost., art. 3, 24, 113; l. 27 febbraio 1958, n. 190, art. 1, commi terzo e quarto). L'art. 1 della legge 27 febbraio 1958, n. 190, sostitutivo dell'art. 44 r.d.l. 15 ottobre 1925, n. 2033, sulla repressione delle frodi nella preparazione e nel commercio dei prodotti agrari, il quale, nel terzo e quarto comma, fa obbligo al denunciato, che intenda impugnare i risultati delle analisi sui campioni di prodotti, di effettu ufficiale, cfr. in dottrina, l'ampia monografia di GALIANI, Il sindacato del giudicepenale sugli atti del pubblico ufficiale in riferimento al reato di abuso innominat' di ufficio, Arch. pen., 1962, 443 segg.; nonch SPizuoco, L'eccesso dai limiti delle proprie attribuzioni, Giust. pen., 1961, II, 81. La sentenza 8 giugno 1963, n. 81, citata in motivazione, pubblicata in. Foro it., 1963, I, 1343. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 17 giurisprudenza costante di questa Corte che il principio di. eguaglianza enunciato in tale articolo consente al legislatore ordinario di emanare norme differenziate rispetto a situazioni obbiettivamente di:.. verse, e che il giudizio sulla parit o diversit delle sit.azioni spetta insindacabilmente allo stesso legislatore nei limiti del rispetto della ragionevolezza e degli altri principi costituzionali (sent. n. 81 del 1963). Ora, non pu ritenersi che contrasti col criterio della ragionevolezza o con principi costituzionali l'aver collegato la responsabilit penale con la qualit di pubblico ufficiale, senza estenderla alla diversa situazione giuridica dell'incaricato di pubblico servizio. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 19 febbraio.1965, n. 8 -Pres. Ambrosini -Rel. Jaeger -Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. Stato Guglielmi) c. Presidente Regione Trentino-Alto Adige (avv. Benvenuti). Trentino-Alto Adige -Legge regionale 13 maggio 1964 recante norme sulla disciplina dei magazzini di vendita a prezzo unico -Illegittimit costituzionale con riferimento all'art. 5 Statuto speciale e r.d.l. 21 luglio 1938, n. 1468. (Statuto Trentino Alto Adige, art. 5; 21 luglio 1938, n. 1468; d.P.R. 30 giu gno 1951, 574). La legge regionale 13 maggio 1964, che detta la disciplina dei magazzini di vendita a prezzo unico, affetta da illegittimit costitu,... zionale sia per la mancanza di norme di attuazione che abbiano disposto rattribuzione alla Regione della competenza a disciplinare la materia (non potendosi considerare tali quelle del capo VI del d.P.R. 30 giu:gno 1951, n. 574), sia per il contrasto col principio generale della netta separazione dei magazzini a prezzo unico dagli altri spacci di vendita, posto dalla legitilazion statale, e precisamente dal r.d. 21 luglio 1938, n. 1468 (1). (Omissis). -La Corte ritiene fondate le censure mosse al disegno di legge impugnato. Non sembra contestabile, infatti, che n le norme di attuazione contenute nel d.P.R. 30 giugno 1951, n. 574, n altri testi legislativi (1) La mancanza di norme di attuazione dell'art. 5, n. 3 dello Statuto regionale, su cui la Corte, accogliendo la tesi principale dell'Avvocatura, ha fatto .leva per dichiarare la illegittimit costituzionale la legge in questione, corrisponde alla limitatazione che Io Statuto ha inteso porre alla potest legislativa concorrente della Regione nelle materie dell'industria e del commercio. Non tutta tale materia, infatti, 18 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO statali, hanno disposto l'attribuzione alla Regione Trentino-Alto Adige della competenza a disciplinare la materia dei magazzini di vendita a prezzo unico, regolata da una apposita legge dello Stato (decreto-legge 21 luglio 1938, n. 1468); e che, comunque, la disciplina dettata nel disegno di legge regionale in evidente contrasto con i principi ai quali si inspirata la legislazione statale. La tesi sostenuta dalla difesa della Regione, che le norme di attuazione dettate in materia di industria e commercio (titolo IV del d.P.R. n. 574 del 1951) avrebbero determinato il passaggio delle relative funzioni dallo Stato alla Regione, e che il silenzio di esse sul punto dei magazzini all'ingrosso (pi esattamente, di vendita a prezzo unico) non potrebbe avere altro valore se non quello che lo Stato non ha ritenuto di dover dare disposizioni particolari nella materia, non pu essere accolta. L'esercizio della potest legislativa complementare delle Regioni condizionata all'emanazione di norme di attuazione statali; n sarebbe consentito desumere dal silenzio del legislatore statale :una presunzione della volont di questi di conferire alla Regione il potere di estendere la propria disciplina legislativa a fotte le materie non previste specificamente, neppure argomentando dall'art. 5, n. 3, dello Statuto, che attribuisce alla Regione Trentino-Alto Adige la potest di emanare norme legislative nei limiti ... dei principi stabiliti dalle leggi dello Stato in materia di incremento 'della produzione industriale e delle attivit commerciali ". Questa norma, infatti, contiene un cenno alla materia del commercio, ma, per la sua stessa formulazione generica, nn ne delimita la parte assegnata alla Regione, che pu desumersi soltanto dal confronto eon la disciplina dettata nelle leggi statali per i singoli tipi di rapporti giuridici. Dalle disposizioni emanate dallo Stato nei riguardi delle aziende commerciali risulta nel modo p chiaro che il legislatore ha considerato fa materia dei magazzini a prezzo unico come nettamente distinta da quella degli altri spacci di vendita, e tale da richiedere una propria e diversa disciplina giuridica; e ci per una serie di considerazioni, della cui ragionevolezza non si pu dubitare, le quali attengono alla cospicua entit dei capitali investiti, all'osservanza rigorosa dei prezzi fissi, al attribuita statutariamente alla Regione, ma solo quella inerente all'incremento della produzione industriale e delle attivit commerciali, mediante interventi diretti a tal fine, quali, ad esempio, prestiti ad aziende di nuova costruzione, o sussidi ad aziende deficitarie, ecc. Il silenzio serbato dallo Statuto su tutte le altre possibili materie, lungi dal significare un'attribuzione implicita di competenza -come la Corte ha rilevato affermandone l'inammissibilit -sta a significare l'intenzione del legislatore di u impedire che la Regione possa intervenire autonomamente con limitazioni e discipline che solo in campo nazionale possono essere deliberate, senza che vengano sconvolti il mercato della produzione, per sua natura unitario, e le attivit ~ :-: PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1'9 numero dei dipendenti, all'ampiezza delle zone in cui operano tali aziende, collegate solitamente a catena, alle ripercussioni della loro apertura e del loro esercizio anche oltre i limiti dei rioni e persino delle citt ove hanno sede, per lattrazione che esse possono esercitare su talune categorie di acquirenti, modificando i termini ordinari delle situazioni di concorrenza. Ogni giudizio sulla questione, se lapertura in una data localit di nuovi grandi magazzini del genere contribuisca all'incremento delle attivit commerciali in senso ampio e comprensivo, o possa, al contrario, recarvi detrimento, danneggiando gravemente le aziende commerciali minori gi operanti e determinando situazioni di monopolio o di oligopolio, delicato e difficile; ed ragionevole che lo Stato abbia voluto riservarlo ai propri organi e precisamente ai Prefetti, con eventuale ricorso al Ministro per l'Industria e il Commercio (cl.I. 21 luglio 1938, Il. 1468). Poich la legislazione statale appare informata a cos chiari principi, non consentito ammettere che una Regione possa disporre diver- samente, sulla base di considerazioni del tutto diverse, fondate sulla, supposizione della esistenza di un sistema unico del mercato di distribuzione, e possa attribuirsi i poteri sopra indicati. Il precedente, allegato dalla difesa della Regione e non contestato dall'Avvocatura Generale dello Stato, concernente la disciplina del rilascio delle licenze commerciali, rispetto alla quale .era stato provveduto con la legge regionale 7 febbraio 1952, n. 2, non pu essere validamente invocato in causa. Come si rilevato, la legislazione statale fondata sul presupposto che la licenza commerciale per i magazzini a prezzo unico deve essere concessa o n in base a principi diversi, e quindi con procedimenti diversi, da quelli propri delle licenze concesse alle aziende ordinarie. Perci il fatto che lo Stato non abbia: mosso critiche alla legge regionale n. 2 del 1952 ben comprensibile, mentre'. sarebbe stato singolare che esso non si. fosse opposto a che il sistema proprio di quella legge venisse esteso ai magazzini a prezzo unico. Del resto, non neppure possibile sostenere che le norme di attuazione dettate in materia di industria e commercio (d.P.R. 30 giugno commerciali che vi sono connesse (cfr. CESAREO, L'autonomia della Regione Trentino- Alto Adige, Milano, 1957, 177). Quanto, poi, al rispetto del limite dei principi delle leggi dello Stato, nel senso che sia sufficiente (bench non necessario) la sussistenza dei principi nelle singole materie, cfr. in dottrina PALADIN, La potest legislativa regionale: Il limite dei principi, Padova, 1958, 124 segg. Ed in effetti, la Corte, con la presente sentenza, ha ritenuto vincolante il limite del principio statale della divisione del commercio nelle due branche dei magazzini a prezzo unico e degli altri spacci di vendita, posto dal complesso delle disposizioni del r.d.l. 21 luglio 1938, n. 1468. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 20 1951, n. 574, tit. IV) presentino incertezze o lacune, le quali debbano essere colmate ricorrendo ad analogie. Esse hanno trasferito alla Regone, con tutta chiarezza, talune attribuzioni, che si ritenuto opportuno trasferirle, e in particolare quelle relative alle Camere di Commercio; in quanto alla Commissione Regionale prevista nell'art. 27: fino a quando non sia diversamente disposto con legge dello Stato ... , ei pertanto solo in via transitoria, il legislatore si anche preso cura di disporre la devoluzione al suo giudizio delle decisioni dei ricorsi in materia di commercio ambulante {art. 28); e ci conforma la conclusione che altrettanto voluta e consape'(ole stata la omissione di qualsiasi disposizione diretta a modificare-il. sistema adottato per i magazzini a-prezzo unico, o a consentirne la modificazione da parte della Regione. Infine, non si pu desumere alcun argomento a favore della tesi della Regione del Trentino Alto-Adige dal fatto che la legge statale designasse a il Prefetto, presidente del Consiglio provinciale delle corporazioni {art. 1 del r.d.l. 21 luglio 1938, n. 1468), sia perch le attribuzioni conferite al Prefetto in tale veste sono state chiaramente assegnate al Prefetto sic et simpliciter dall'art. 1 del decreto legislativo del Capo Provvisorio dello Stato 13 aprile 1947, n. 630, sia anche perch la presidenza di tale Consiglio spettava al Prefetto come organo dello Stato, e come tale egli pu continuare ad esercitarle fino a che altre ventuali norme di attuazione dello Statuto regionale non intervengano a regolare diversamente la materia. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 19 febbraio 1965, n. 9 -Pres. Ambrosini -Rei. Cassandro -Matteotti (avv.ti Sansone, Moscon, Barile) De Marchi (avv. Piccardi) e Presidente Consiglio dei Ministri (vice avv. gen. dello Stato Foligno). Leggi. e decreti -Esame della loro legittimit -Irrilevanza del fine o dell'occasione che li fece nascere -Necessit della loro obbiettiva confrmit alla Costituzione. (Cost., art. 184, 21; c.p., art. 553). Delitti contro l'integrit e sanit della stirpe -Delitto di pubblico incitamento a pratiche contro la procreazione -Divulgazione dei mezzi atti ad impedire la procreazione -Illegittimit , , costituzionale per contrasto con l'art. 21 della Costituzione . Esclusione. (Cost., art. 21; c.p., art. 553; t.u. leggi di p.s., art. 112). La legittimit o l'illegittimit di una norma -in un sistema giuridico che si estende nel tempo al di qua e al di l della promulgazione della Costituzione -dipende non gi dal fine o dall'occasione che la PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE '.E INTERNAZIONM.E 21 fece nascere, ma dalla sua effettiva conformit o difformit dalla legge fondamentale dello Stato, con la quale deve essere confrontata nella sua struttura obbiettiva (1). L'art. 553 c.p., che punisce il pubblico incitamento alle pratiche contro la procreazione, ancorch posto sotto il titolo dei delitti contro l'integrit e sanit della stirpe, ha per oggetto la tutela del buon costume, che secondo l'espresso disposto dell'art. 21 della Costituzione, costituisce limite alla libera manifestazione del pensiero. Pertanto, esso non contrasta con tale norma costituzionale, cos come non vi contrasta l'art. 112 t.u. leggi di p.s. he vieta la divulgazione di scritti e disegni i quali, per il modo come sono redatti, offendono il buon costume (2). (Omissis). -1. -Tanto l'ordinanza del Pretore di Lendinara, quanto quella del Pretore di Firenze sollevano la questione di legittimit costituzionale dell'art. 553 c.p.; ma la prima propone altresl quella relativa (1) .La questione era stata sollevata dal Pretore di Lendinara, con ordinanza 3 febbraio 1964 (Gazzetta Ufficiale, 11 aprile 1964, n. 91) e dal Pretore di Firenze, con ordinanza 23 maggio 1964 (Gazzetta Ufficiale, 11 luglio 1964, n. 169. La Corte afferma espressamente il principio che le leggi vanno interpretate, anche nel giudizio costituzionale, in relazione alla loro intrinseca natura, e non Oziore: si possono ricordare le sentenze 23 giugno 1956, n. 2, per le limitazioni alla libert personale per ragioni di pubblica moralit, e la sentenza 14 marzo 1964, n. 21 (in questa Rassegna, 1964, 437) per le limitazioni all'iniziativa economica privata per ragioni di sanit pubblica. In dottrina, nel senso che solo le manifestazioni del pensiero scientifico od artistico, tutelate dall'art. 33 Cost., siano escluse dalla limitazione posta dall'art. 21, dr. MoRTATI, Istituzioni dir. pubbl., Padova, 1962, 862; Fo1s, Principi costitu. zionali e libera manifestazione dei pensiero, Milano, 1957, 129. 22 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO all'art. 112 del t.u. delle leggi di p.s. 18 giugno 1931, n. 773. Tuttavia i due giudizi possono essere decisi con un'unica sentenza, dato lo stretto legame che unisce le due questioni fino a fame una sola e medesima. 2. -Occorre preliminarmente sgombrare il campo da una tesi, che si pu definire pregiudiziale, della difesa delle parti private, giusta la quale l'illegittimit delle norme impugnate deriverebbe immediatamente dalla circostanza che le norme stesse sarebbero state emanate a presidio della politica demografica del cessato regime, che si esprimeva sinteticamente nel motto il numero potenza ; esse sarebbero state poste, cio, a tutela di un bene che non tra quelli riconosciuti dalla Costjtuzione e che sono i soli, poi, che possono giustificare limitazioni alla lbert di manifestazione del pensiero. La tesi non pu essere condivisa. :: confortato da tutta la giurisprudenza della Corte il principio che la legittimit o illegittimit di una norma -in un sistema giuridico che si estende nel tempo al di qua e al di l della promulgazione della Carta costituzionale e che la Costituzione della Repubblica ha profondamente modificato e rigidamente condizionato, ma non posto nel nulla -, dipende non gi dal fine o dall'occasione che la fece nascere, ma dalla sua obiettiva conformit o difformit dalla legge fondamentale. dello Stato. Da che discende che ciascuna norma di legge ordinaria deve essere esaminata nella sua propria struttura obiettiva e in certi termini confrontata col precetto costituzionale che da essa si assume violato. E del resto, quando nel t.u. delle leggi di p.s. 6 novembre 1926, n. 1848, comparve il divieto di diffondere scritti o disegni che . divulgassero i mezzi di impedire la fecondazione o di interrompere la gravidanza o ne illustrassero l'impiego, il bene che si volle protetto fu quello della morale e del buon costume, quegli scritti e disegni essendo stati qualificati appunto come offensivi della morale e del buon costume (artt. 112 e 113). E la norma impugnata del codice penale (art. 553) prese posto nel titolo X del libro II, che s'intitola ai delitti contro l'integrit e la sanit della stirpe, accanto ad altre ipotesi delittuose '(artt. 545-551: aborto; art. 552: procurata impotenza alla prcreazione; art. 554: contagio di sifilide e di blenorragia), il rapporto delle quali con la politica di potenza demografica perseguita dal passato regime , quanto meno, soltanto indiretto. 3. -La libert di manifestazione del pensiero tra le libert fondamentali proclamate e protette dalla nostra Costituzione, una di quelle anzi che meglio caratterizzano il regime vigente nello Stato, condizione com' del modo di essere e dello sviluppo della vita del Paese in ogni suo aspetto culturale, politico, sociale. Ne consegue che limitazioni sostanziali di questa libert non possono essere poste se non per legge PARTE~ SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 23 (riserva assoluta di legge) e devno trovare fondamento in precetti e principi costituzionali, si rinvengano essi esplicitamente enunciati nella Carta costituzionale o si possano, invece, trarre da questa mediante la rigorosa applicazione delle regole dell'interpretazione giuridica. E poich non pu dubitarsi che la previsione delfart. 553 c.p. si traduca in una limitazione sostanziale della libera manifestazione del pensiero, occorre vedere se tale limitazione possa trovare giustificazione in un precetto o principio costituzionale. 4. -La Corte ritiene che il precetto costituzionale, che pu essere richiamato in primo luogo per proteggere la norma impugnata da una pronunzia di illegittimit, sia contenuto nel medesimo art. 21 della Costituzione, il quale, riconoscendo a tutti, nel suo primo comma, il diritto di manifestare il proprio pensiero con la parola, lo scritto e con ogni altro mezzo di diffusione, aggiunge, nell'ultimo, .che sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume , e riserva alla legge di stabilire i provvedimenti adeguati a pr,evenire e a reprimere le violazioni . Ora, non dubbio che fart. 553 c.p., interpretato nell'ambito del sistema giuridico vigente, abbia ad oggetto la tutela del buon costume. Ci che la norma contenuta in quelfarticolo vieta , infatti, la pubblica propaganda e il pubblico incitamento a pratiche contro la procreazione : il che significa che la figura del reato previsto dalla norma impugnata, si verifica quando fazione del soggetto, che consiste nell'incitare o fare propaganda, illustrandone fuso, di pratiche, vale a dire di operazioni meccaniche ed esterne contro la procreazione, si compia pubblicamente -cio in luogo pubblico o aperto al pubblico -, e viola per ci stesso gravemente il naturale riserbo o pudore del quale vanno circondate le cose del sesso e non rispetta fintimit dei rapporti sessuali, la moralit giovanile e la dignit della persona umana, per la parte che si collega a questi rapporti.. 5. -Le parti hanno a lungo disputato sul contenuto e f estensione del concetto di buon costume, e segnatamente sul punto se il buon costume che compare nell'art. 21 della Costituzione debba essere ricondotto a quello che si pu costruire sulla base delle norme del diritto penale, limitatamente a quelle tra esse che tutelano il pudore, f onore la libert sessuale, ovvero, pi estensivamente, sulla base anche di quelle che tutelano la pubblica decenza e il comune sentimento morale, o se, invece, si debba costruire di esso una nozione costituzionale pi ampia o comunque diversa da quella penalistica. Tuttavia ai fini della decisione non necessario che la Corte affronti e risolva i contrasti e le divergenze cfopinione, dottrinali e giurisprudenziali, che si sono manifestati a questo proposito, n che dia una RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 24 definizione puntuale ed esauriente del buon costume. In questa sede sufficiente affermare che il buon costume non pu essere fatto coincidere, come stato adombrato dall'Avvocatura dello Stato, con la morale o con la coscienza etica, concetti che non tollerano determinazioni quantitative del genere di quelle espresse dal termine morale media di un popolo, etica comune di un gruppo e altre analoghe . . La legge morale vive nella coscienza individuale e cos intesa non pu formare oggetto di un regolamento legislativo. Quando la legge parla di morale, vuole riferirsi alla moralit pubblica, a regole, cio, di convivenza e di comportamento che devono essere osservate in una societ civile. Non diversamente il buon costume risulta da un insieme di precetti che impongono un determinat comportamento nella vita sociale di relazione, la inosservanza dei quali comporta in particolare la violazione del pudore sessuale, sia fuori sia soprattutto nell'ambito della famiglia, della dignit prsonale che con esso si congiunge e del sentimento morale dei giovani, ed apre la via al contrario del buon costume, al mal costume e, come stato anche detto, pu comportare la perversione dei costumi, il prevalere, cio, di regole e di comportamenti contrari ed opposti. Il che sufficiente per concludere che l'azione prevista dalla norma impugnata violi il buon costume e richiami giustificatamente la disposta repressione penale. 6. -Non pu nemmeno essere accolta la tesi che l'art. 553 si riduca a vietare la generica propaganda anticoncezionale, laddove le offese al buon costume, che questa propaganda pu eventualmente comportare, sarebbero punite da altre norme. La norma dell'art. 553 ha, nella sua configurazione obiettiva, una sua autonomia e non pu essere ritenuta una duplicazione degli artt. 527 (atti osceni), 528 (pubblicazioni e spettacoli osceni), 725 (commercio di scritti, disegni e altri oggetti I contrari alla pubblica decenza) e 726 (atti contrari alla pubblica decenza, turpiloquio) del codice penale, come si pu ricavare facilmente dal confronto di queste disposizioni tra loro. N l'incitamento e la propaganda di pratiche dirette a provocare o favorire l'aborto, che pur rientrano nella previsione dell'art. 553, possono ritenersi coperti dalla norma dell'art. 414 c.p., che punisce l'istigazione a delinquere, perch l'incitamento e pi ancora la propaganda non sono riconducibili all'istigazione, rappresentando, quelle, ipotesi di reato meno gravi e comunque diversamente considerate e punite dal legislatore penale. 7. -Discende, da quanto si detto, che !'art. 553 del c.p. non vieta la propaganda che genericamente miri a convincere delrutilit o necessit di un determinato momento storico e in un particolare contesto economico-sociale, di limitare le nascite e di porre regole al ritmo PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 25 della vUa; o che propugni una politica di controllo dell'aumento della popolazione, mediante una legislazione che consenta, in determinate forme e modi, e sempre che siano tutelati fondamentali beni sociali, al di fuori di una indiscriminata pubblica propaganda, la diffusione della conoscenza di pratiche anticoncezionali. Tanto meno, poi, vuol limitare la libert di manifestazione del pensiero scientifico la quale, lungi dal poter essere parificata all'inci tamento e alla propaganda contemplati dall'art., 558 c.p., gode di una tutela costituzionale rafforzata (art. 88, primo comma) rispetto a quella di cui gode la manifestazione del pensiero in generale, alla quale fa riferimento l'art. 21 della Costituzione. La preoccupazione espressa dalla difesa delle parti private che la norma impugnata vieti ogni e qualsiasi discussione pubblica su questa materia della limitazione delle nascite e voglia chiudere la bocca finanche a moralisti, economisti e scienziati in generale, perci infondata e si ispira al fine di com provare, mediante un artificioso ragionamento e un'arbitraTia estensione della portata della disposizione legislativa della legittimit della quale si controverte, una violazione della libert di manifestare il proprio pensiero che, in realt, non sussiste. 8. -Gli stessi motivi valgono ad escludere la illegittimit della norma contenuta nell'art. 112 del t.u. delle leggi di p.s. 18 giugno 1981, n. 778, nella parte impugnata, che quella che vieta di mettere in circolazione scritti o disegni a che divulgano, anche in modo indiretto o simulato o sotto pretesto terapeutico e scientifico, i mezzi rivolti a impedire la procreazione ... e che illustrano l'impiego dei mezzi stessi, dovendo essa interpretarsi nel senso che il divieto rivolto a scritti e disegni che per il modo come sono redatti offendano il buon costume. , Stabilire quale sia il rapporto che sul piano penale intercorre tra le due norme impugnate -si ponga, cio, oppure non, un concorso materiale di reati -, non competenza della Corte Costituzionale. ( Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 19 febbraio 1965, n. 11 -Pres. Ambro sini -Rel. Petrocelli -De Alo, Pittino e Borin (avv.ti Conso, Delitala). Corte Costituzionale -Interpretazione della legge ordinaria di cui si denuncia l'illegittimit costituzionale Necessario pre presupposto del giudizio di legittimit costituzionale. (Cost., art. 134, 1. 23 marzo 1953, n. 87). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 26 Procedimento penale -Istruzione sommaria -Disposizione che ~ estende all'istruzione sommaria le norme dell'istruzione formale, in quanto sono applicabili -Illegittimit costituzionale in relazione al principio del diritto alla difesa Esclusione. I. ' . (Cost., art. 24, secondo comma, c.p.p., art. 392, 304 bis, ter e quater). Appartiene al giudizio della Corte Costituzionale -non meno della comparazione che ne consegue fra la norma costituzionale e quella ordinaria -stabilire quale sia il contenuto di quest'ultima, runo e l'altra essendo parti inscindibili del giudizio proprio della corte costituzionale (1). L'art. 392 c.p.p. che estende, con la limitazione in quanto sono applicabili , le norme dell'istruzione formale all'istruzione sommaria, non contrasta con rart. 24, secondo comma, della costituzione, in quanto le fondamentali garanzie poste a difesa dell'imputato dagli artt. 304 bis, ter e quater dello stesso codice, sono applicabili, a cagione della sostanziale equivalenza dei due tipi di istruzione, anche alfistruzione sommaria (2). (Omissis). -La Corte osserva preliminarmente essere ovvio principio quello enunciato nell'ordinanza del Tribunale di Varese. :i!: evidente che dell legittimit costituzionale di una norma non si pu giudicare senza prima avere stabilito quali della norma siano il contenuto e la portata. A questo fine non escluso che la Corte Costituzionale possa anche avvalersi di una precedente interpretazione, sempre per che, a seguito di una piena adesione, questa sia divenuta anche l'interpretazione propria. Stabilire infatti quale sia il contenuto della norma impugnata inderogabile presupposto del giudizio di legittimit costituzionale; ma esso appartiene al giudizio della Corte non meno della comparazione, che ne consegue, fra la norma interpretata e la norma. (1-2) Sentenza di estremo interesse, originata dall'ordinanza 7 aprile 1964. del Tribunale di Varese (Gazzetta Ufficiale, 27 giugno 1964, n. 157). Nel giudizio non intervenuto l'Avvocato Generale dello Stato, per il Presidente del Consiglio dei Ministri, a cagione della particolarit della questione in apicibus '" e che trova un'affermazione di carattere generale nella prima massima enunciabile dalla sentenza. La Corte Costituzionale, infatti, nel pronunciare quella che comunemente viene ormai definita una sentenza interpretativa di rigetto, espressamente e solennemente rivendica . a s anche la competenza ad interpretare la legge ordinaria, denunciata di incostituzionalit. Affermazione tanto pi significativa quanto si consideri che l'interpretazione adottata, per salvare la norma, si pone in contrasto con l'insegnamento della Corte di Cassazione a Sezioni Unite. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 27 costituzionale, l'uno e l'altro essendo parti inscindibili del giudizio che propriamente suo. Che poi frequentemente la parte del giudizio della Corte relativa alla interpretazione della norma ordinaria non assuma un particolare rilievo, per levidenza del contenuto della norma stessa, o per effetto, appunto, di una precedente interpretazione sicuramente consolidata, non cosa che valga a mutare la posizione logica dei due momenti, n l'appartenenza di entrambi all'unitario giudizio della Corte. D'altra parte, una precedente interpretazione della norma impugnata sarebbe idonea ad assumere lefficacia in un certo senso impegnativa che lordinanza e la difesa sostengono solo allorch, per generale costante adesione e della dottrina e della pratica, essa si sia sicuramente e lungamente consolidata attraverso il tempo. Il che, ad avviso della Corte, non pu dirsi dell'indirizzo che mira ad escludere per l'istruzione sommaria l'applicabilit delle garanzie della difesa stabilite nelle disposizioni degli artt. 304 bis, ter e quater. 2. -La difesa ha sostenuto che, ai fini dell'applicabilit delle norme predette, una discriminazione fra i due tipi di istruzione, proprio sul punto dei diritti della difesa, resa possibile dall'art. 392, primo comma, con lo stabilire che nell'istruzione sommaria si osservano le nornie della istruzione formale, " in quanto sono applicabili n. Ad avviso della Corte, lart. 392, e in esso la proposizione particolarmente richiamata, non sembra che possa assumere la funzione che gli si vuole attribuire. La espressione " in guanto sono applicabili n dal legislatore usata frequentemente (v., ad es., artt. 519, 536 .p.p.; art. 13, legge 20 luglio 1934, n. 1104, ecc.), ogni volta che la disciplina disposta da una data norma viene estesa ad altra fattispecie; e vuole significare niente altro che la usuale avvertenza di tener presenti i casi in cui l'estensione non possibile. Avvertenza in certo modo superflua, in quanto la non estensibilit deve derivare logicamente dalla natura stessa degli istituti, come appunto avviene per l'istruzione sommaria, in rapporto alla quale, ad I precedenti di questa lenta, ma continua evoluz10ne della Corte Costitu zionale verso l'affermazione del principio cos enunciato, si identificano, di volta in volta, in sentenze interpretative di rigetto o anche di accoglimento. Con la sentenza 27 maggio 1961, n. 26 .(Giur. it., 1961, I, l, 756) la Corte sul quale insisteva il chiosco; ed ha quindi perduto l'interesse che intendeva far valere col ricorso . Dunque, secondo lo stesso Consiglio di Stato, l'interesse carente nella specie era quello che viene azionato dal concessionario per ottenere lannullamento della revoca della concessione cio lo stesso interesse sostanziale che si assume leso. Q tanto vero che la sentenza si data cura dell'obiezione inerente alla personalit della concessione, ed ha affermato lesigenza di collegare la spettanza del relativo interesse ali' elemento obbiettivo della titolarit della edicola: in altri termini, giunta fino a precisare che in siffatti casi l'interesse del concessionario del suolo pubblico intrinsecamente collegato all'esistenza del presupposto in vista del quale la concessione fu assunta. Questa prospettazione del problema, indipendentemente dalla sua soluzione, convince che la realt della indagine proposta al giudice amministrativo non riguardava un semplice presupposto del processo PARTE I, SEZ. II, GIURIS. su QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 49 di un pregiudizio concreto che il provvedimento impugnato pu arrecare al ricorrente, e l'interesse viene meno ogni qualvolta, per circostanze preesistenti o sopravvenute, egli non possa trarre alcun vantaggio dall'eventuale annullamento dell'atto amministrativo. Onde che lomesso esame della controversia nel merito trova la sua ragion d'essere non gi nel disconoscimento di un interesse legittimo del Bidone sul piano di diritto sostanziale {il che potrebbe configurare una censura attinente alla giurisdizione), ma nell'accertata mancanza del presupposto processuale dell'interesse ad agire da parte dello stesso (il che costituisce un apprezzamento inerente all'ambito dell'attivit giurisdizionale propria dell'organo adto). -(Omissis). bens la stessa spettanza dell'interesse sostanziale fatto valere (10); che, dunque, se carenza v'era, essa andava affermata non gi nell'ordine concettuale dell'interesse ad agire quanto piuttosto della legittimazione al ricorso (11). Ma allora, in termini di indagini sulla impugnabilit della decisione ex art. 862 c.p.c., il problema non era tanto quello che la Cassazione ha risolto nel modo che s' visto, quanto piuttosto lo stabilire se la questione di legittimazione possa rientrare nei motivi attinenti alla giurisdizione . Il discorso si amplia ed investe implicazioni che esorbitano dai limiti di una nota. Baster qui osservare che, se vero che l'indagine sulla legittimazione inerisce al fatto che il ricorrente sia appunto il portatore della posizione giuridica sogget tiva che egli assume indebitamente lesa dal provvedimento impugnato, di regola sar sufficiente I'accertamento di due sole circostanze: a) che una posizione soggettiva attiva esista effettivamente; b) che titolare ne sia il ricorrente. Non sembra, invece, necessaria ogni ulteriore indagine circa la qualificazione giuridica dell'interesse che si assume leso (in particolare, se l'interesse sia' del tipo che qualifica la giurisdizione del giudice adito): con l'ulteriore conseguenza che il ricorso in Cassazione ex art. 362 c.p.c. -in relazione al particolare punto che occupa -non dovrebbe essere consentito. Ma anche qui, analogamente a quanto s' detto per l'interesse ad agire, la questione di giurisdizione si ripropone in rapporto all'implicita affermazione positiva che deve ritenersi ne abbia dato il giudice amministrativo con l'affrontare la gradata questione di legittimazione. Sotto questo profilo valgano le medesime considerazioni e le stesse conclusioni in precedenza assunte. , TOMMASO ALIBRANDI (ro) Sulla distinzione fra pos1z1one di interesse sostanziale ed interesse processuale cfr. AcR, op. loc. cit.; ZAGARI, Limiti dell'indagine sull'interesse legittimo nel giudizio sulla giurisdizione, in questa Rassegna, r964, 870 segg. (rr) Sul punto della legittimazione ad agire cfr ., oltre i manuali citati sub nota (r). M1cHELI, Considerazioni sulla legittimazione ad agire, Riv. dir. proc. civ., r campo, v. tra l'altro, Conseil d'Etat, 10 luglio 1957 e 10 ottobre 1958, 8evue de . droit public. 1957, 1181; 1959, 878). 62 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO zione in Somalia di propri, autonomi organi di produzione giuridica e dalfapprovazione {in data 21 giugno 1960) da parte dell'Assemblea legislativa, della stessa Costituzione, la cui promulgazione soltanto stata differita al giorno (1 luglio 1960) della proclamazione delfindipendenza di quel territorio, in conformit dei deliberati degli organi internazionali -non pu sorgere dubbio, specie in ordine alla materia cui si riferisce (relativa alla formazione dei quadri impiegatizi del futuro Stato Somalo, propria degli organi governativi della Somalia, in forza del decreto n. 78 del 18 maggio 1956), che il provvedimento impugnato dal ricorrente si dovesse ricondurre fn dall'origine nell'ambito dell'ordinamento giuridico somalo e, come tale, fosse impugnabile, solo ed esclusivamente, davanti agli organi giurisdizionali contemplati da quell'ordinamento, ossia davanti alla Corte di Giustizia di Mogadiscio. A fortiori, poi, ci deve dirsi, dopo che, cessata l'A.F.I.S., subentrata a questa la Repubblica Somala (e, per quanto riguarda gli organi giurisdizionali, alla Corte di Giustizia di Mogadiscio, senza alcuna interruzione, la Corte Suprema della Somalia), che succeduta automaticamente nel detto ordinamento, creato, in conformit degli accordi internazionali, proprio per essa, e, quindi, in tutti i rapporti giuridici sorti in forza delfordinamento stesso e che devono trovare .soltanto in questo la loro regolamentazione, anche per quanto concerne la giurisdizione. N pu avere rilevanza il fatto che, nondimeno gli organi giurisdizionali della Repubblica Somala disconoscano, nei confronti di essa, come avvenuto nella specie, f efficacia degli atti, fatti e rapporti giuridici preesistenti, oppure apprezzino diversamente, rispetto a questi, gli effetti della cessazione delfA.F.I.S., perch ci non certo sufficiente a far ritenere sussistente, in ordine a quegli atti, fatti e rapporti, la giurisdizione italiana, la quale d'altronde, specialmente nel campo dei rapporti pubblicistici, in ordine ai quali si debba discutere di modifiche o di annullamento di atti amministrativi (come nel caso de quo, in cui dal ricorrente si chiedeva f annullamento del provvedi- Per le varie questioni che sono venute in discussione ai fini della decisione della vertenza (nozione e struttura dell'Amministrazione fiduciaria, appartenenza della sovranit, relazione tra gli ordinamenti giuridici italiano e somlo, posizione dell'Amministrazione italiana rispetto all'uno o all'altro degli ordinamenti e rispetto altres all'ordinamento internazionale, etc.), cfr.: -per la dottrina: R. MEREGAZZI, L'A.F.I.S., ediz. 1954; M. GIULIANO: I diritti e gli obblighi degli Stati; Trattato di diritto internazionale di BALLADOREPoLLIERI ed altri; G. C. RAGGI Amministrazione Fiducial"ia, Novissimo Digesto Ital.; F. CAFOTORTI: Amministrazione Fiduciaria di Territori, Enciclop. del diritto; ID. Natura e caratteri degli accordi di amministrazione fiduciaria, Riv. dir. internaz., 1955, 185 e 457; R. QUADRI: Man. Dir. Coloniale, ediz. 1950; B. CONFORTI: Sovra PARTE I, SE'Z. II, Gil.llUS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 63 mento impugnato, per avere egli diritto all'inquadramento, ora per allora, in uno anzich in un altro dei ruoli del personale previsti dalle menzionate ordinanze deffA.F.1.S.), non si comprende come potrebbe attuarsi, dopo che, con la scadenza del mandato, lo Stato italiano ha perduto la qualit di autorit incaricata dell'amministrazione fiduciaria, senza violare la sovranit della Repubblica Somala. Relativamente alla seconda delle anzicennate condizioni, deve tenersi conto, nella valutazione dei termini del problema ad essa connesso, del processo evolutivo dell'ordinamento giuridico, politico e amministrativo della Somalia negli anni pi vicini all'acquisizione della piena sovranit, ossia durante l'ultimo periodo dell'amministrazione fiduciaria, e ci non soltanto in conformit del' essenza stessa di tale istituto ma con riferimento anche al principio fondamentale, contenuto nell'art. 1 della Dichiarazione dei princip costituzionali annessa all' Accordo di tutela {reso esecutivo con 1. 4 novembre 1951, n. 1301) in dipendenza del quale quel processo ha preso l'avvio e con cui stata espr(;lssamente riconosciuto alla Somalia, anche prima che assumesse la piena indipendenza, l'appartenenza della sovranit, l'esercizio della quale soltanto stato attribuito dalle Nazioni Unite all'Amministrazione Fiduciaria, che lo ha svolto, pertanto, in nome del popolo somalo. Infatti, se la Somalia, avanti che fosse divenuta Stato indipendente, aveva, quale titolare della sovranit, la capacit giuridica, perch la capacit di agire spettava, invece, all'Amministrazione Fiduciaria, quel che interessa, per il punto di che trattasi, non pi la qualificazione di tale organo, autorizzato a svolgere, durante il mandato fiduciario, un'attivit determinata con finalit anch'esse determinate, bens la riferibilit dell'attivit stessa al soggetto beneficiario; come influente, allo stesso scopo, non gi l'individuazione del soggetto di appartenenza dell'organo ma l'individuazione del soggetto nel cui interesse l'attivit stessa stata svolta. Invero, come, nell'ambito del diritto pubblico e privato, vi sono casi nei quali la rappresentanza di un ente venga, per legge o per sta nit sui paesi in amministrazione fiduciaria e rapporti tra gli ordinamenti dell' amministrante e amministrato, Riv. Dir. Internaz., 1955, 98; I. RocHE: La souverainet dans les territoires sous tutelle, Revue Gen. de Droit International Public., 1954, 399; J. G. STArurn: An Introduction to International Law, ediz. 1950; N. BENTWICH: A Commentary of the charter of the United Nations, Routledge and Kegan P. Ltd, London, ediz. 1951; F. DURANTE: Foro Amm. 1961, I, 1175 (in nota alla dee. del Cons. Stato, IV Sez., 14 marzo 1961, n. 159); -per la giurisprudenza: Cass., Sez. Un., 10 agosto 1954, n. 2912, Riv. dir. internaz., 1955, 76 e Foro it., 1954, I, 1231; Cass.,. Sez. Un. Penali, ordinanza 16 ottobre 1956, Foro it., 1956, II, 152; Corte di Assiste d'Appello della Somalia 6 ottobre 1955, Foro pad., 1956, I, 205; Corte di Giustizia della Somalia 2 mag 6 64 RASSEGNA DELLAVVOCATURA DELLO STATO tuta, riservata ad organo di altro ente o in cui ad un organo sia demandato il potere o l'incarico di compiere determinati atti in favore di altm ente (gi esistente o ancora in fieri) o di assumerne provvisoriamente l'amministrazione, senza che, in nessuno di tali casi, l'attivit svolta dai detti organi possa ritenersi riferibile all'ente di appartenenza dell'organo anzich all'ente nel cui interesse l'organo ha agito, analogamente, nel campo del diritto internazionale, in tutti quei casi nei quali un organo appartenente ad un determinato Stato abbia agito per il perseguimento dei fini ed il soddisfacimento di interessi di altri Stati od organismi internazionali, si riconosce essere irrilevante l'appartenenza dell'organo agente e determinanti, all'opposto, le finalit dell'attivit svolta, in relazione all'appartenenza dell'interesse perseguito con l'attivit medesima. Orbene una riferibilit all'ordinamento giuridico italiano degli atti, fatti e rapporti giuridici posti in essere dall'A.F.I.S. durante il regime di amministrazione fiduciaria del territorio somalo, in dipendenza del!' appartenenza allo Stato italiano degli interessi cui quegli atti, fatti e rapporti si ricollegano, deve escludersi senz'altro se si consideri che tutta l'attivit dell'A.F.I.S., nell'ambito dell'incarico assegnato all'Italia dalle Nazioni Unite, stata svolta in nome e nell'interesse del popolo somalo e nell'esercizio delle funzioni e per il perseguimento di finalit riconosciute {negli stessi accordi internazionali dai quali essa ha tratto origine) come proprie della Repubblica Somala indipendente, per modo che deve ritenersi che quell'attivit fosse, fin da allora, riferibile o (profuturo) all'istituenda Repubblica Somala, che, una volta sorta, non poteva non riceverla come propria, o (con carattere di attualit) al popolo somalo, che ormai rappresentato dalla Repubblica Soqiala. ~ appena il caso di richiamare, al riguardo, gli artt. 73 e 76 dello Statuto delle Nazioni Unite, che, richiamati, a loro volta, nel preambolo dell'Accordo di tutela, sono indicativi, appunto, degli scopi e degli interessi che dovevano essere perseguiti dall'Amministrazione Fiduciaria della Somalia, -per dedurne che trattasi di scopi e di interessi di evidente pertinenza del popolo e del futuro Stato somalo; caratte gio 1957 (ricorso Nardi c. A.F.I.S.); Corte Suprema della Somalia 20 dicembre 1960 (ricorsi Vollini e Cacciapuoti c. A.F.I.S.); nonch le decisioni del Consiglio di Stato, IV Sez., 15 aprile 1955, n. 220; 22 marzo 1957, n. 346; 14 marzo 1961, n. 159 e 11 aprile 1961, n. 201, Il Consiglio di Stato, 1955, 414; 1957, 343; 1961, 448 e 652, richiamate nella decisione impugnata (nella quale quell'alto Consesso ha anche colto l'occasione di precisarne la portata ed il reale contenuto). Ma rispetto a questa dottrina e giurisprudenza -risalenti ad anni non recentissimi e formatesi, perci, prevalentemente sulla base di una configurazione astratta dell'istituto dell'Amministrazione fiduciaria, quale appariva delineato nelle sue fonti giuridiche e dall'appena iniziata sua attivit -l'annotata sentenza ha un valore ed una portata tutti suoi propri perch -intervenuta quando I'A.F.I.S.,. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 65 ristica questa connaturale, sopratutto, a quella attivit concernente la costituzione dei quadri impiegatizi, di cui alle ordinanze dell'A.F.I.S. del 1950 e del 1954, destinati a formare la struttura burocratica dello Stato somalo indipendente e nella quale veniva a rientrare il provvedimento impugnato dal ricorrente. ~. bens, vero che lo Stato italiano, per il fatto di avere assunto, con lAccordo di tutela, degli impegni di carattere internazionale, aveva anch'esso un interesse, ma era questo l'interesse generico all'adempimento di quegli obblighi che si era accollati, inerente, pertanto, all'accordo internazionale ed operante, sullo stesso piano, nei rapporti con gli altri Stati, parti di quell'accordo e che costituiva, semplicemente, il presupposto remoto dello svolgimento di quella che sarebbe stata l'attivit successiva;diretta a realizzarne l'oggetto, costituito dal progresso politico, economico, sociale ed educativo del popolo somalo e dal progressivo avviamento all'indipendenza ed all'autonomia di quel territorio. Trattasi, infatti, di un interesse diverso e distinto da quello immediato che riguardava solo e direttamente il soggetto che, nello schema dell'accordo fiduciario, era il beneficiario dell'attivit indicata, ossia il popolo o il futuro Stato somalo, il quale, per lo stesso fatto di avvantaggiarsi degli effetti e dei risultati conseguiti dallo svolgimento del!' attivit medesima, attraverso i singoli atti, fatti e rapporti giuridici all'uopo posti in essere, non pu ora non risponderne, come della legittimit o. meno degli atti, fatti e rapporti, non possono che conoscere ormai (come, prima dell'indipendenza della Somalia, ne hanno conosciuto gli organi giurisdizionali creati appositamente in quel territorio) i corrispondenti organi giurisdizionali della nuova Repubblica Somala. Deve, perci, concludersi che il provvedimento impugnato dal ricorrente, per essere stato emesso, in regime fiduciario, dall' Amministratore, in tale sua qualit, sottratto alla giurisdizione italiana, in quanto soggetto a quella della Repubblica Somala. -(Omissis). realizzate le sue :lnalit, era gi cessata con la proclamazione della Repubblica Somala -le Sez. Un. hanno trovato davanti a s, come oggetto di esame, un istituto gi interament manifestatosi nella sua struttura ed essenza attraverso quella concreta realt delle cose dalla quale, specialmente nel campo del diritto internazionale (nel quale inflniscono istituti od elementi di istituti provenienti da ordinamenti giuridici di diversa formazione e struttura) gli istituti di nuova formazione vanno acquistando gradualmente, con processo di indagine a posteriori, precisazione di contenuto e di delineazione della loro giuridica natura. GIACOMO MATALONI ::~ 66 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 'CORTE DI CASSAZIONE , Sez. Un., 20 gennaio 1965, n. 115 -Pres. Torrente -Rel. Iannelli -P.M. Criscuoli (conf.) -Montelpari FranI" ": cesco (avv. Pansini) c. Istituto Centrale di Statistica (avv. Stato Guglielmi). ,.j ~ Competenza e giurisdizione -Patrimonio indisponibile -Conces : sione di alloggio a pubblici dipendenti -Revocabilit -Controversia - Giurisdizione amministrativa. Gli immobili che la p.a. adibisce ad alloggio per i suoi dipendenti allo scopo di facilitare ad essi l'espletamento delle mansioni fanno parte del patrimonio indisponibile dell'ente pubblico. Il rapporto che si instaura tra l'Amministrazione e il dipendente di diritto pubblico, scaturente da' un atto di concessione soggetto a revoca da parte dell'ente concedente. Spetta al giudice amministrativo conoscere della controversia sulla legittimit della revoca, anche se tale controversia sia insorta in sede di giudizio davanti al giudice ordinario promosso dall'Amministrazione per ottenere il rilascio dell'immobile (1). (1) Sulla competenza a conoscere delle controversie derivanti dalla revoca di concessioni di alloggi di servizio. Con la sentenza che si annota la Suprema Corte ha avuto nuovamente occasione di precisare la natura e il contenuto del rapporto che si istaura tra la p.a. e il suo dipendente cui venga fornito l'alloggio presso la sede dell'Ufficio in cui presta servizio o in altro immobile all'uopo destinato dall'Amministrazione (1). In ragione della preminenza sotto il profilo funzionale della pubblica utilit perseguita dalla Amministrazione (efficienza del servizio) sul vantaggio economico attribuito al privato, a tale rapporto deve riconoscersi natura pubblicistica, nascente quindi non in virt di un negozio di diritto privato ma a seguito di atto unilaterale di concessione. Cos qualificato il rapporto, non pu da esso scaturire un diritto soggettivo perfetto del concessionario al godimento dell'immobile, essendo la permanenza della concessione in tutto condizionata a quella pubblica esigenza il cui venir meno abilita l'Amministrazione a revocare il beneficio. E di fronte all'atto di revoca che pone autoritativamente termine alla concessione il privato ha soltanto da far valere un interesse alla legittimit dell'atto che lo priva del vantaggio precedentemente goduto. Da queste chiare ed indiscutibili premesse le Sez. Un. hanno tratto delle conseguenze in ordine alla risoluzione della questione di giurisdizione di cui erano state investite, sulle quali conviene soffermarsi particolarmente. In fatto, l'I.C.S. aveva revocato una concessione di alloggio ad un suo dipendente e, trascorso vario tempo dalla comunicazione del provvedimento all'interes< (1) Vedi Cass., Sez. Un., 20 maggio 1955, n. 1473 Foto it., 1956, I, 1862; Cass., Sez. Un., 22 marzo 1958, n. 957, Mass. foro it., 1958, 188; Cass., Sez. Un., 28 luglio 1962, n. 2215, Mass. foro it., 1962, 653; in dottrina: FALZONE, I beni del patrimonio indisponibile, Oiwfr, 1957, 187. If: !i PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE ff7 , lo aveva convenuto dinanzi al Pretore per il rilascio dell'immobile nelle forme 1 procedura per convalida. Il concessionario, oppostosi all'intimazione, lamen la lesione di un suo interesse legittimo invocando la giurisdizione del giudice iinistrativo. Le Sez. Un., andando in avviso contrario a quello espresso in un edente del tutto analogo, riconoscevano il difetto di giurisdizione dell' a.g.o. > il profilo che la controversia si collega ad un atto amministrativo di revoca non incide su un diritto soggettivo perfetto del privato ma pu soltanto offen' degli interessi occasionalmente protetti alla cui tutela non in grado di provire il giudice ordinario. La sottrazione della controversia alla competenza del giudice ordinario si !cherebbe quindi non in funzione del tenore della domanda -che indubita1ente aveva ad oggetto una posizione giuridica perfetta della Amministrazione >rietaria dell'immobile -bens in ragione della difesa svolta dal privato che 1va la legittimit dell'atto di revoca, presupposto della pretesa di rilascio avan dall'Istituto. La sntenza appare perci ispirata ali' esigenza di garantire al concessionario i ampia e piena tutela dei suoi interessi legittimi in relazione ali' atto alla ciii acia condizionata la fondatezza della domanda giudiziale dell'Amministrazione. In sostanza sembra di poter leggere nella sentenza annotata il suggerimento l'Amministrazione mantenga nell'ambito delle sue pubbliche prerogative ogni ativa che attenga aq un rapporto pubblicistico quale la concessione su bene anile, esercitando il suo potere di imperio non solo nella costituzione e nella azione del rapporto, ma anche nella attuazione coattiva di siffatti provvedi. ti (2). Ci, lungi dal pregiudicare il privato e dal porlo in condizione di mage inferiorit, consentirebbe a questi una pi agevole reazione contro gli atti egli assuma lesivi dei suoi interessi protetti, potendo insorgere contro il comamento della p.a. col ricorso al giudice amministrativo; mentre non godrebbe ma uguale tutela qualora si vedesse costretto ad impugnare la legittimit del~ o in via di eccezione dinanzi all'a.g.o. Queste esigenze che la C.S. ha tenuto presenti nella sua decisione appaiono :'altro meritevoli di attenzione, considerato che nella fattispecie l'incidenza della 1ca sull'oggetto della lite era tale da non consentire al giudice adito una valu: me di legittimit dell'atto che .si mantenesse in un limite puramente inciden( 3). Non ci sembra praltro che la tutela del privato concessionario non potesse re assicurata se non attraverso l'affermazione della carenza di giurisdizione del:. o. in ordine alla domanda di restituzione dell'immobile oggetto della concessione. Nella fattispecie su cui stato deciso la revoca della concessione di alloggfo divenuta inoppugnabile per vana decorrenza del termine a ricorrere dinanzi al !ice amministrativo; inutile era quindi ritenere privo di giurisdizione il giudice nario per evitare un pregiudizio ad una tutela degli interessi legittimi che non iva pi avere ingresso per l'intervenuta decadenza. Ma la non necessit di risolvere il problema nei sensi accolti dalla S.C. appare 3S sotto un profilo pi generale, cio anche nel caso in cui al momento delmrazione dell'azione ordinaria di rilascio siano ancora pendenti i termini per 1roposizione del ricorso dinanzi al giudice amministrativo. (2) Sull'ammissibilit della autotutela amministrativa per i beni del patrimonio indi. ibile vedi Cass., Sez. Un., 4 ottobre 1955, n. 2790, Foro it., 1955, I, 1639. (3) Sui limiti del sindacato incidentale dell'a.g.o. sulla legittimit degli atti amminiivi vedi, in materia di licenze edilizie in deroga, Cass., Sez. Un., 17 maggio 1958, 6rr, For. it., 1958, I, 667; contra, Cass., Sez. Un., 3 febbraio 1959 n. 326, Foro it., , I, 357; in dottrina, con riferimento al caso della p.a. attrice in giudizio, vedi Luoo, iichiarazione incidentale di inefficacia dell'atto amministrativo, Riv. trim. dir. proc. civ. , 638. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Di fronte al provvedimento amministrativo che fa venir meno un diritto condizionato, al privato non si presenta altra possibilit di reazione che quella di provocare l'annullamento dell'atto nella sede giurisdizionale competente facendo valere l'interesse al buon uso del potere che ha affiievolito il suo diritto. Se a tale onere non ottempera non potr poi fondatamente resistere alle pretese dell'Amministrazione che derivano dalla avvenuta estinzione del suo diritto, sia che queste si realizzino i::. in una ulteriore azione amministrativa di esecuzione sia che si esprimano -ove consentito -nell'esercizio di una azione giudiziaria ordinaria. In quest'ultima ipotesi, se la causa dinnanzi all'a.g.o. viene promossa dall'Amministrazione in pendenza dei termini a ricorrere al giudice amministrativo, nulla impedisce al concessionario di proporre tempestivamente il ricorso il cui esito avr senz'altro influenza sul giudizio ordinario che in attesa della pronunzia del giudice amministrativo dovr essere sospeso ai sensi dell'art. 295 c.p.c. Vi infine da osservare che con una precedente sentenza (4) le Sez. Un. avevano espressamente ribadito il principio che per la tutela del patrimonio indisponibile l'Amministrazione pu valersi delle normali azioni civili accordate per la difesa dei beni privati. Non sembra che con la presente decisione le Sez. Un. abbiano mutato avviso su tale punto. posto che la carenza di giurisdizione stata rilevata in ordine al contenuto dell'eccezione sollevata dal concessionario, non a quello della domanda proposta dall'Amministrazione. Tuttavia, sottraendo alla cognizione dell'a.g.o. la controversia nella sua interezza, si praticamente inibito alla p.a. l'esercizio di una azione che invece per legge le compete. La revoca amministrativa della concessione produce ex se leffetto di privare di titolo e rendere illecita la permanenza del concessionario nel godimento del bene, e questa sua efficacia non subordinata ad una previa pronunzia costitutiva del giudice cui sia stato domandato il rilascio; a questi incombe semplicemente il dovere di riconoscere all'atto di revoca -una volta accertatane l'esistenza -gli effetti che sono propri al suo contenuto: ritenere quindi cessata la concessione e condannare il concessionario alla restituzione dell'immobile. Se invece -come hanno statuito le Sez. Un. -il giudice ordinario declina ogni potere su una domanda intrinsecamente sorretta da un diritto perfetto della p.a. per la ragione che l'atto amministrativo su cui tale diritto si fonda potenziahnente lesivo di interessi legittimi, viene per altra via a violare i limiti della sua giurisdizione negando applicazione ad un atto della p.a. pienamente integro nella sua efficacia. Sull'argomento esaminato nella sentenza, v., pi ampiamente, CARUSI, In tema di concessioni d'uso di beni pubblici, in questa Rassegna, 1964, I, 1065, con richiami di dottrina e di giurisprudenza. P.G. FERRI (4) Cass., Sez. Un., 24 giugno 1957, n. 2413, Foro it., rep., 1957, 748, nn. 20-2r. CORTE DI CASSAZIONE -Sez. Un., 2 febbraio 1965, n. 163 -Pres. Lonardo -.Est. D'Anniento -P.M. Tavolaro (conf.) -Merlini (avv.ti Lipara, Resta) c. Ministero Tesoro (avv. Stato R. Bronzini). Competenza e giurisdizione -Indennizzo per beni nazionalizzati in Jugoslavia -Impugnativa -Competenza del Consiglio di St~to -Controversia sulla esistenza di una societ di fatto o di una comunione -Questione incidentale attinente a diritti soggettivi -Competenza del Consiglio di Stato -Sussiste. (1. 5 dicembre 1949, n. 1064; 1. 8 novembre 1956, n. 1325; t.u. 26 giugno, 1924, n. 1054, art. 28). PARTE I, SE'Z. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 69 A' sensi dell'art. 28 del t.u. 26 giugno 1924, n. 1054, rientra nella risdizione del Consiglio di Stato la controversia sulla esistenza di i societ di fatto ovvero di una comunione tra pi soggetti, al limi> effetto di stabilire se il Ministero del Tesoro debba corrispondere 1 sola societ o ripartire tra i diversi soggetti della comunione, dennizzo previsto, per i beni italiani esistenti nei territori ceduti alla oslavia, dalle leggi 5 dicembre 194~? n. 1064 e 8 novembre 1956, L325 (1). (Omissis). -Il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione l'art. 2 della 1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, e, in via subordinata, [azione e falsa applicazione delfart. 28 t.u. 26 giugno 1924, n. 1054 :. 360 n. 1 c.p.c.). Sostiene a riguardo che il Consiglio di. Stato nel ~idere, come ha deciso, sulla questione dell'esistenza tra i fratelli (1) Ancora sulla giurisdizione in materia di indennizzi per i 1i italiani nei territori ceduti alla Jugoslavia. La sentenza in rassegna -nella parte in cui recisamente afferma che la ;tione concerilente l'indennizzo che compete ai proprietari di beni italiani :enti nei territori ceduti alla Jugoslavia, ai sensi delle 1. n. 1064 del 1949 e 325 del 1956, attiene alla sfera degli interessi legittimi, come tali devoluta al dice amministrativo -si pone in netto contrasto con la precedente decisione e stesse Sezioni Unite, le quali, con la sentenza 28 aprile 1964, n. 1017 (in >ta Rassegna, 1964, I, 683), avevano attribuito al Giudice ordinario la compe: a a decidere delle controversie insorte tra espropriati e lo Stato italiano in ne all'indennizzo suddetto. I. -Se tale contrasto frutto consapevole di un ripensamento della precete soluzione (in merito alla quale, veggasi la nota critica dello ZAGARI, loc. cit.), si pu non plaudire a tale nuovo orientamento, il quale, del resto, conforanche dalla costante giurisprudenza del Consiglio di Stato, il quale ha pi e deciso nel merito la questione in esame, ritenendo cos implicitamente la ~ria giurisdizione .(cfr. Sez. IV, 22 giugno 1962, n. 427, Rep. Foro ital., 1962, 9 Guerra, n. 48; Sez. IV, 16 gennaio 1962, n. 9, ibidem, n. 58; Sez. IV, 16 gen> 1963, n. 19; Sez. IV, 13 novembre 1963, n. 739, ibidem, 1963, voc. cit., n. 28, ecc.). Ove cos non sia, non sar inopportuno aggiungere alle considerazioni esposte a nota di cui sopra, le seguenti brevi osservazioni, che fanno fortemente dubi' della accettabilit delle conclusioni cui pervenuta la detta sentenza n. 1017 1964. Il ragionamento della Corte apparentemente lineare: siccome i privati con ano, nei territori ceduti alla Jugoslavia (ed a differenza di quanto avviene per 9ni italiani posti nei territori degli Stati ex nemici) il diritto di propriet sui ' beni ivi esistenti (all. XIV al Trattato di pace), e cio un diritto soggettivo [etto, ne deriva che, nel caso di misure di nazionalizzazione o simili che siano >oste dallo Stato successore (e cio, nel caso, la Jugoslavia), anche con riferi1to a detti beni, il diritto di propriet viene a convertirsi in quello, ugualmente [etto, alla correlativa indennit. Tale diritto sussiste, ovviamente, nei confronti o Stato jugoslavo: senonch, per la evidente difficolt della sua riscossione, il RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Merlini di una societ di fatto o di una semplice comunione, sia pure agli effetti dell'indennizzo, ha deciso in materia di diritti soggettivi perfetti, sottratti alla sua giurisdizione ed affidati, invece, alla giurisdizione del giudice ordinario. Sostiene, inoltre, che anche a volere considerare come questione pregiudizial quella decisa dal Consiglio di Stato circa l'esistenza di una societ o di una comunione di beni, la questione sarebbe stata ugualmente di competenza del giudice ordinario, trattandosi di una questione di stato e di capacit di privati cittadini, sottratta come tale alla giurisdizione amministrativa. Il ricorso infondato sotto entrambi i profili dedotti, e precisamente sia in relazione alla censura che il Consiglio di Stato abbia deciso Governo italiano, con gli accordi del 23 maggio 1949 (1. 10 marzo 1955, n. 121} e del 18 dicembre 1954 (d.P. 11 marzo 1955, n. 210), ha ricevuto dalla Jugoslvia il pagamento del detto indennizzo, per conto dei privati i cui beni sono stati nazionalizzati, ed i quali avrebbero, di conseguenza, un diritto subbiettivo perfetto, nei confronti dello Stato italiano, al pagamento della indennit nella misura stabilita dalla legge. Ne consegue che competente a decidere con quale criterio ed in base a quale legge, l'indennizzo debba essere liqnidato, la Autorit giudiziaria ordinaria, e non gi il Giudice amministrativo, giudice degli interessi legittimi. Il particolare congegno , cni fa cenno la sentenza in esame, e da cui scaturisce l'obbligo per lo Stato italiano di corrispondere l'indennizzo, al quale corrisponderebbe il diritto soggettivo dei privati, consisterebbe, in sostanza, in una successione dello Stato italiano nel debito di indennizzo gi facente capo allo Stato jugoslavo, e pi precisamente, si potrebbe accostare alla figura giuridica del1' accollo: in virt delle convenzioni suindicate con la Jugoslavia, lo Stato italiano si sarebbe assunto, nei confronti dei suoi cittadini danneggiati dalla nazionalizzazione jugoslav, l'obbligo di indennizzo originariamente incombente allo Stato successore, e ci in corrispettivo della somma che, con le stesse convenzioni la Repubblica jugoslava si impegnava ad accreditare all'Italia. Preliminarmente da osservarsi che, negli accordi 23 maggio 1939 e 18 dicembre 1945, tra il Governo italiano e quello jugoslavo, non vi alcun cenno da cui possa ricavarsi che la indennit che la Jugoslavia versa all'Italia tenga luogo e corrisponda a quella che la stessa Jugoslavia riconosce in ipotesi dovuta ai singoli proprietari i cui beni sono stati nazionalizzati: e tanto meno vi la dichiarazione del Governo italiano di ricevere tale somma per conto dei detti priV'ati, e l'obbligo, sia pure nel campo del diritto internazionale, di provvedere ad indennizzare i medesimi utilizzando la somma stessa. E ci a differenza di quanto stabilisce l'art. 79, par. 3, del Trattato di pace, per i beni confiscati ai sensi del medesimo articolo: tale norma prevede, infatti, l'obbligo (internazionale) per il Governo italiano di indennizzare i propri cittadini danneggiati. Ora, se nonostante l'espressa assunzione di tale impegno, la giurisprudenza riconosce che non sussiste alcun diritto soggettivo (bens un semplice interesse legittimo) del cittadino proprietario dei beni confiscati (Cass. 29 gennaio 1953, n. 235, Foro it., 1953, I, 482), a maggior ragione da escludersi la configurabilit come diritto soggettivo della posizione del cittadino, in ordine allo indennizzo per i beni siti in territorio ceduto alla Jugoslavia, rispetto ai quali -come si visto -tale obbligo non stato internazionalmente assunto con gli accordi, poi introdotti nell'ordinamento dello PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 71 nateria di diritti soggettivi perfetti, sia per quanto riguarda la tesi abbia deciso in materia di stato e capacit delle persone. Ed invero, la pretesa fatta valere dai fratelli Merlini concerneva 1bbiamente un interesse legittimo, come si ricava dal petitum e a causa petendi e come del resto non si contesta. Ora, l'avere il Consiglio di Stato deciso sulla stessa materia in sede ;ntvame in via giurisdizionale avverso il provvedimento emesso dalla nmissione interministeriale, non sposta evidentemente i termini della stione, nel senso che si tratta sempre di questione attinente alla a giurisdizionale amministrativa. E non giova opporre che il Consiglio di Stato era chiamato a risol~ un contrasto in materia di diritti soggettivi perfetti, sostenendosi o con la 1. n. 121 del 1955 e il d.P. n. 210 del 1955. Alla luce di tali consizioni, gi appare dubbio l'assunto base della sentenza secondo cui le somme iste dai predetti accordi, siano state versate a al Governo italiano, invece che rivati cittadini, che ne avrebbero diritto . Ma almeno dubbio, e sicuramente insussistente nella sua assolutezza, lo o presupposto, su cui fonda l'intero ragionamento della sentenza n. 1017 del t: cio la esistenza di un debito originario della Jugoslavia, nei confronti dei ati, per indennizzo dei beni nazionalizzati o espropriati. Com' noto, la Costituzione jugoslava del 1945 prevede che la propriet ata possa essere limitata od espropriata e che, ugualmente possano essere nazio~ zate talune branche od imprese eonomiche, qualora lo richieda l'interesse irale, e sulla base della legge, la quale fisser in quali casi e per quale ammonsar accordato al proprietario una indennit (cfr. A. GIANNINl, La Costituzione slava del 1945, Riv. dir. pubbl., 1949, I, 184, segg., in particolare a pag. 144). Siamo, quindi, ben lungi da un obbligo costituzionale e generale di inden~ o per i ben,i espropriati o nazionalizzati gi di appartenenza dei privati (in ire, e quindi, anche dei cittadini italiani nei territori ceduti), spettando, invece, ~gislatore ordinario di statuire se ed in quali casi (oltre che in quale misura) a essere concessa al proprietario una indennit. E tale espropriazione senza nnizzo non deve aver avuto carattere sporadico e limitato, con specifico tifento alla sua incidenza sui beni economici di propriet dei cittadini italiani, vero quanto si legge nella relazione Pella (Atti Senato, doc., 81) alla I. 10 mar l955, n. 121, con cui stato approvato l'accordo di Belgrado del 23 mag1949, e secondo cui alla quasi totalit dei beni (italiani} sono state applicate eggi di nazionalizzazione, di espropriazione per riforma agraria ecc. senza nnizzo ... ; mentre lo scopo delle trattative con il Governo jugoslavo, e che arono alla stipula del predetto accordo 1949, fu -da parte italiana -quello 1ttenere il pagamento di un equo indennizzo , con ci superando la pre1ziale politica ... alla base del vigente regime jugoslavo (che ) la negazione diritto del proprietario a chiedere l'indennizzo (rei. citata). Alla luce di tali considerazioni, appare evidente che l'indennizzo riconosciuto talia dal Governo jugoslavo, lungi dal costituire l'adempimento di un generale 'sistente obbligo di indennit di quest'ultimo verso i cittadini italiani (con il :eguente ritenuto subingresso del Governo italiano nel medesimo obbligo di npimento), non altro che una attribuzione patrimoniale che il Governo italiano uscito ad ottenere, in sede di accordi internazionali con la Jugoslavia, quale :iale compenso dell'impoverimento subto dall'economia nazionale in conse RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO da parte dei fratelli Merlini l'esistenza di una comunione di beni fra loro e sostenendosi dall'Amministrazione del Tesoro l'esistenza di una societ di fatto. Il detto contrasto, invero, lungi dal costituire l'oggetto e il petitum sostanziale della pretesa dedotta dai fra.teli Merlini, rappresentava / invece un accertamento incidentale che si richiedeva ai soli e limitati effetti di stabilire se il Ministero del Tesoro doveva corrispondere un indennizzo unico in testa alla societ o ripartire la somma fra i diversi soggetti della comun:ione. Il conflitto, in altri termini, riguardava l'attribuzione e la distribuzione di un indennizzo, concesso dallo Stato a privati che si trovavano, in determinate condizioni, e non concerneva direttamente la guenza della verificatasi privazione di fonti di reddito: poi logico e naturale che tale somma sia destinata, in primo luogo, a coloro {e cio a quei cittadini italiani proprietari di beni nei territori ceduti) i quali, in dipendenza di una situazione che, sia pur mediante, si ricollega senza alcun dubbio particolare, essendo rimasti spogliati, per effetto della nazionalizzazione, del diritto di propriet sui loro beni. Ma tali cittadini non hanno un diritto subbiettivo allo indennizzo, e tanto meno quel diritto subbiettivo che si assume essi avessero originariamente verso lo Stato jugoslavo, bens un semplice interesse legittimo a che l'attribuzione della indennit per loro prevista dalla legge a titolo di solidariet nazionale, avvenga secondo i criteri posti dalla legge stessa, non diversamente da quanto avviene e per i proprietari dei beni italiani siti nei territori ex nemici e, pi in generale, per ogni danneggiato per fatto di guerra (cfr., da ultimo. Cass. 23 aprile 1964, n. 990, Giust. civ., 1964, I, 2067; Cass. 13 maggio 1963, n. 1179, Giust. civ., 1963, I, 1867; 'Cass. 9 novembre 1959, n. 2572, Giust. civ., 1960, I, 124 ed ivi, ampi riferimenti bibliografici). In sostanza, la posizione del cittadino gi proprietario di beni siti in territori ceduti alla Jugoslavia e che, per effetto di tale situazione, ha dovuto subire la perdita di tale suo diritto, non diversa da quella spettante al cittadino i cui beni siano stati distrutti per fatto di guerra, se non sotto il profilo che l'indennizzo concesso al primo viene conteggiato sull'indennizzo che la Jugoslavia ha concesso al Governo italiano, in virt dei suindicati accordi: ma tale circostanza non influisce sulla qualificazione della posizione soggettiva del danneggiato, che e rimane quella di interesse legittimo, non essendovi alcun argomento, n di ordine logico n di ordine letterale, che possa giustificare la configurazione di un diritto soggettivo del cittadino. E invero troppo debole l'argomentazione che, in contrario, si fonda sul tenore letterale dell'art. 5 della 1. 5 dicembre 1949, n. 1604, che espressamente parla di aventi diritto : premesso che la legge non specifica l'oggetto del diritto, n tantomeno dice che tale oggetto sia l'indennizzo in parola, l'espressione legislativa bene pu intendersi usata ellitticamente in luogo di quella di titolari di beni, diritti ed interessi, cui fa menzione l'art. 1 della stessa I. n. 1064 del 1949, per indicare le persone legittimate a richiedere la indennit. Del resto, la tesi -affermata dalla sentenza Ii. 1017 del 1964 .delle Sezioni Unite -secondo .cui l'indennizzo corrisposto ai privati dallo Stato italiano non sarebbe, in sostanza, null'altro che la ripartizione obbligatoria della indennit ricevuta dal Governo jugoslavo, cozza contro il rilievo che non possibile istituire alcun parallelo tra quanto pagato da quest'ultimo all'Italia per ogni singolo bene PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 73 enza di una societ o di una comunione, come del resto era coniato anche dal fatto che il contraddittorio era stato instaurato con 1ministrazione dello Stato anzich con la societ o i singoli comunisti. Pertanto si tratta di una questione pregiudiziale o incidentale, che ie se relativa a diritto soggettivo perfetto, resta sempre nella comnza del giudice amministrativo, ai sensi del primo comma art. 28 t.u. delle leggi sul Consiglio di Stato 26 giugno 1924, n. 1054 (che r10sce in tali casi, fuori dalle ipotesi di giurisdizione esclusiva, la isdizion~ del Consiglio di Stato, pur disponendo, per, che la proda sulla questione principale o incidentale abbia autorit limitata questione principale dedotta nel caso e non acquisti quindi effia di giudicato). malizzato od espropriato e quanto viene corrisposto in Italia al privato daniato, in base ai criteri di cui alla l. 8 novembre 1956, n. 1325: si ricorda, o, che -giusta lo accordo di Belgrado 18 dicembre 1954 (ratificato con 11 marzo 1955, n. 210) e che sostituisce, sul punto, le precedenti stipulazioni rl all'accordo 23 maggio 1949 -all'Italia stato riconosciuto, per i beni erritori ceduti, un indennizzo valutato for/etariamente, e senza specifico rife1to ai valori dei singoli beni acquisiti dalla Jugoslavia. All'incontro, giusta la ata I. n. 1325 del 1956, al privato viene corrisposto, in Italia, un indennizzo fato sulla base del valore dell'anno 1938, moltiplicato per un determinato :ciente fisso, senza alcun riguardo n al valore effettivo attuale del bene, n che impossibile, attesa la valutazione forfetaria della somma liquidata dalla ilavia) alla somma corrisposta, per ogni singolo bene, dal Governo jugoslavo. Tutto ci chiarito, non sembrano sussistere, in effetti, ragioni per non ritenere imabili, anche nel caso di specie, le perspicue ragioni esposte dalle stesse Un. nella sentenza 29 gennaio 1953, n. 235 cit., a sostegno della ritenuta a di interesse legittimo della posizione del cittadino per i beni gi situati 11nisia : si confronti, anche in dottrina TRACANNA, Sulla natura giuridica della sa del cittadino italiano agli indennizzi in base agli artt. 76 e 79 del Tratdi Pace, 10 febbraio 1947, Foro it., 1959, J, 1155. II. -Una volta accertato che la questione principale, oggetto del giudizio, dendo alla sfera degli interessi legittimi, rientrava nella competenza del Con' di Stato, esattamente la sentenza in rassegna attribuisce al medesimo Giudice, moscere, in via incidentale della questione della sussistenza di una societ di ovvero di una semplice comunione tra L proprietari dei beni nazionalizzati. Com' noto, ai sensi dell'art. 28 del t.u. 26 giugno 1924, n. 1054, il Giudice inistrativo autorizzato a pronJmciarsi incidenter tantum anche su questioni :ve a diritti, qualora la loro risoluzione sia necessaria per decidere sulla quee di sua competenza, cio quando non si possa giudicare del rapporto base, L prima conoscere del rapporto secondario, e la risoluzione della questione 1daria {pregiudiziale) serva di tramite per la risoluzione di quella principale s. Stato, 16 luglio 1960, n. 520, Cons. Stato, 1960, I, 1286; conformi: Cons. , 16 maggio 1959, n. 302; Cons. Stato, 1959, I, 817; Cons. Stato, 3 marl62, n. 184, Giust. Civ., 1962, Il, 121; Cass., Sez. Un., 10 ottobre 1956, n. 3486, amm., 1957, Il, 1, 111; Cass., 6 ottobre 958, n. 3293, Giust. Civ., 1958, 141 ecc.). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Del tutto inconsistente poi l'assunto che la questione pregiudiziale ora detta concerna lo stato delle persone e come tale sempre sottratta al giudice amministrativo e devoluta al giudice ordinario ai sensi dell'ultimo comma del richiamato art. 28 del t.u. sul Consiglio di Stato. noto, invero, che con tale espressione la legge ha inteso riferirsi alle questioni circa lo stato delle persone fisiche regolato dagli artt. 231 e segg. e.e. (questioni di paternit o di filiazione) che non vengono assolutamente in considerazione in questo giudizio. -(Omissis). Fanno eccezione alla regola ora richiamata le questioni di falso e quelle concernenti lo stato e la capacit delle persone: mentre, per quanto concerne l'incidente di falso non sorgono particolari problemi, per quanto attiene alle questioni di stato e capacit, si osserva che la esclusione della cognizione del Consiglio di Stato, in via incidentale, da limitarsi a quelle che concernono le persone fisiche e non gi le persone giuridiche. Tale interPretazione, che fondata sulla ratio della norma dell'art. 28 cit., e sul suo tenore letterale " ... privati individui accolta dalla dottrina (ZANOBINI, Corso dir. amministrativo, 1954, vol. II, 205; VITTA, Diritto Amministrativo, 1950, II, 253; A. ROMANO, Osservazioni in tema di giurisdizione del giudi.ce amministrativo su questioni pregiudiziali, Foro amm., 1957, II, 1, 113) e dalla giurisprudenza (Cass., Sez. Un., 10 ottobre 1956, n. 3486 cit.). Restano, pertanto, comunque precluse al Giudice amministrativ solo le questioni che attengono allo stato di cittadinanza e di famiglia, ovv.ero alla capacit giuridica o di agire (cfr. SANDULLI, Il giudizio avanti al Consiglio di Stato e ai giudici sottordinati, 1963, 186) delle persone fisiche; eccezion fatta per la capacit di stare in giudizio. Nel caso di specie, nessun dubbio pu avanzarsi sul fatto che la questione prospettata avanti al Consiglio di Stato esulasse da quelle di stato o capacit, sottratte al Giudice amministrativo, anche in via incidentale: discutevasi, invero, tra le parti, non gi della capacit o meno della pretesa societ di fatto a richiedere l'indennizzo, bens della stessa esistenza della stessa societ (e non gi di una semplie comunione), ci che costituiva l'antecedente logico necessario per la decisione della questione di merito (attribuzione dell'indennizzo) devoluta, in via principale, al Consiglio di Stato. G. MANDO' CORTE D'APPELLO DI ROMA, Sez. I, 11febbraio1965, n. 244 -Pres: Ciaccio -Est. Mazza -Societ Romana Alimentari (Socoroma) (avv. Pastorino) c. Ministero Agricoltura e Foreste (avv. Stato Pentinaca). Responsabilit civile -Azione di danni contro la p.a. in seguito a denunzia penale, dalla stessa presentata, per commercio di prodotti non genuini -Quando la denunzia costituisce fonte di responsabilit. (e.e., art. 2043). -~ I @ W. i I I I~~ " r: filj ~, ~ I ~ I l PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 75 ponsabilit civile Attivit di informazione -Presupposti e limiti ai sensi dell'art. 21 della Cost. -Quando il suo esercizio costituisce fonte di responsabilit. (Cost., art. 21; e.e. art. 2043). ponsabilit civile -Analisi di campioni di prodotto -Requisiti -Rapporti con l'attivit di informazione. La denunzia penale presentata dalla p.a. non , di per s, fonte lanno giuridicamente rilevante, salvo che non risulti frutto di un to disegno volto a deliberatamente accusare persona innocente (1). L'attivit di informazione non costituisce un illecito, e quindi fonte ~sponsabilit, qualora sia contenuta nei limiti deliart. 21 della Costime, i quali sono rappresentati dalla sussistenza e attualit di un 'esse sociale a conoscere -nella loro verit e nella loro definitiva ~zza -i fatti narrati, in quanto utili alla formazione di un pub) convincimento in materia che abbia sociale rilevanza. Pertanto ituisce un illecito un'informazione, la quale ingeneri nel pubblico mvincimento che i fatti narrati e i dati accertati siano rispondenti 'ero e definitivamente certi, mentre essi sono ancora contestabili, :h sub iudice e risultano, in seguito alle indagini pi accurate, veri (2). Le analisi dei campioni prelevati, che la p.a. esegue con i suoi ni tecnici, comportano una relativa certezza, alla quale ben pu !arsi la p.a. anche per quanto attiene all'atiivit d'informazione so il pubblico (3). (Omissis). -Deve, in ordine di pregiudizialit logica, essere preso primo in esame rappello della p.a. contro la sentenza non definitiva, la quale il Tribunale ha risolto in senso affermativo la questione :iva all' an debeatur. (1-3) I limiti dell'attivit d'informazione in relazione alla 1onsabilit della p.a. 1. -Per illustrare i principi -applicati dalla Corte di Appello di Roma sentenza annotata -giova premettere un breve cenno sui fatti, in ordine ai la Corte si pronunciata. A seguito di segnalazioni e sollecitazioni giunte da pi parti al Ministero ~gricoltura, nell'estate del 1954 il Servizio repressioni frodi del Ministero stesso t che la SOCOROMA -modesta ditta che esercitava il commercio dell'olio 'va -poneva in vendita il suo prodotto a prezzo estremamente basso e di molto iore a quello dell'olio genuino. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO In proposito da rilevare che, secondo l'assunto della Socoroma,. ,:, l'illecito comportamento della convenuta sarebbe desumibile da due sintomatiche circostanze; e, cio, sia dall'incauta denunzia contro l'amministratore Piccone, sporta senza previamente accertare se le analisi eseguite dal laboratorio della Stazione Sperimentale di Roma 'i fossero davvero attendibil~ sia dall'inoltro all'Agenzia ANSA dei due comunicati (dei quali cenno irt narrativa) non rispondenti al vero e, comunque, redatti in modo da far ritenere per certa la denunziata frode. In ordine alla prima delle dedotte circostanze il Tribunale rilev che la denunzia, ravvisata quale mezzo sussidiario dal quale l'azione penale riceve impulso, da considerare come elemento accidentale e non causale di danno, inidonea a radicare una responsabilit a carico del suo autore, ove essa denunzia si riveli, poi, priva di fondatezza, salvo l'ovvio limite che non sia stata sporta con la certezza soggettiva dell'innocenza del denunziato, giacch in tal caso, si concreterebbe un illecito penale, fonte di responsabilit anche civile per la sua intrinseca contraddizione all'ordine giuridico. Da tali premesse il Tribunale trasse la conseguenza che, dall'aspetto in esame, nessun addebito poteva Efl:ettuati i prelievi del caso, essi venivano sottoposti ad analisi da parte del pi attrezzato laboratorio della Stazione Chimico-Agrario sperimentale di Roma, e da tali analisi risultava che l'olio in questione non era genuino. In base agli elementi cos acquisiti, veniva presentata denunzia all'Autorit Giudiziaria -per violazione, da parte della SOCOROMA, del r.d. 15 ottobre 1925, n. 2033 e leggi successive -e quindi il Ministero dell'Agricoltura, sollecitato dalla stampa d'informazione, emanava -dopo un primo generico comunicato in data 30 agosto 1965 -il seguente comunicato (in data del 31 successivo): In merito alle notizie pubblicate nei giorni scorsi da alcuni quotidiani della capitale relative alla sofisticazione dell'olio di oliva marca Castello, prodotto dalla Societ Alimentari Romana, . il competente servizio per la repressione delle frodi del Ministero dell'Agricoltura comunica che da indagini esperite risultato che la predetta Societ poneva in vendita quale olio di oliva dell'Umbria, marca Castello, un prodotto per la gran parte formato da olii di grassi animali. Sono stati sequestrati circa 500 quintali del prodotto conservato in cisterna e 15.000 bottiglie. La ditta stata denunziata all'autorit giudiziaria n. Le risultanze analitiche della Stazione di Chimica Agraria di Roma venivano in seguito confermate dai pi qualificati ed attrezzati Istituti universitari d'Italia; senonch il perito di ufficio, nominato -in sede penale -dal Pretore, ritenne l'olio del tutto genuino, e l'amministratore unico della SOCOROMA venne quindi assolto per insussistenza dei fatti. Passata in giudicato (quod facere potest de albo nigrum!) la sentenza penale, il Ministero dell'Agricoltura si vide inopinatamente convenuto in giudizio dalla SOCOROMA dinanzi al Tribunale Civile di Roma, per sentirsi condannare al risarcimento dei danni che ad essa SOCOROMA sarebbero derivati dall'emissione del comunicato-stampa sopra riportato. Ed altrettanto inopinatamente il Tribunale di Roma ritenne illecito colposo tale comunicato, accogliendo la domanda risarcitoria della Societ. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 77 e mosso alla p.a., poich difettava ogni elemento, sia pure indiJ, per ritenere sussistente un'intenzionale deformazione del vero da ~ dei funzionari che provvedettero alla denuncia, anhe se l'analisi issi eseguita doveva ritenersi condotta con superficialit e neglia, attese le diverse risultanze emerse nel processo penale. >al secondo aspetto, il Tribunale, premesso che il divieto di ren noti al pubblico gli atti di polizia giudiziaria e quelli propria: e istruttori del processo penale non si estende alla mera notizia :atto-reato, la cui perpetrazione, per la natura stessa degli eventi s'inseriscono ai rapporti umani e sociali, diviene, per lo pi, di >lico dominio, ha ritenuto, in via di principio, lecita la comunime che di tal fatto sia data alla stampa da parte degli organi della In proposito si legge nell'impugnata sentenza che la facolt di mazione pienamente legittima se si connette all'utilit sociale funzione che deve svolgere, rimanendo nei confini della liceit, l oltrepassare il limite rappresentato dalla semplice notizia del nei suoi precisi termini e con le sole illazioni che essa pu necesmente suggerire. N l'organo di polizia, n il giornalista -pro- La Corte di Appello di Roma ha ora totalmente riformato -con la sentenza tme -la pronuncia del Tribunale, respingendo (in accoglimento dell'appello sto dall'Amministrazione) la domanda della SOCOROMA. i;l, -Alla conclusione, che non da ascrivere alcun illecito comportamento >tato nella fattispecie di cui trattasi, la Corte di Appello pervenuta riper1do l'iter logico gi seguito dal Tribunale, e sottoponendolo quindi ad una .aie revisione critica, dalla quale sono emersi con tutta evidenza i vizi che 'vano la decisione dei primi giudizi. [n primo luogo, la Corte ha convenuto con il Tribunale -che, su tale punto, fatto corretta applicazione dei principi -nell'avviso che la denunzia penale, 1tata dalla Pubblica Amministrazione, non pu essere fonte di danno giuri1ente rilevante nei confronti della SOCOROMA, non 'sussistendo in atti ele> di prova alcuno per ritenere che tale denunzia sia frutto di un ordito disegno a deliberatamente accusare persona innocente : ipotesi nella quale soltanto, 1to, potrebbe configurarsi una responsabilit del denunciante ex art. 2043 e.e., leve escludersi -invece -anche nel caso di colpa grave che qni -d'al9 -certamente non sussisteva (v. da ultimo, GIANTURco, Denuncia penale, del Dir., XII, n. 6 ed ivi richiami). La Corte di Appello, quindi, ha affrontato il problema centrale della liceit ttivit d'informazione svolta dalla p.a. mediante i due comunicati di cui si cenno (ed il secondo dei quali, soltanto, lo stesso Tribunale aveva ritenuto nte ai fini dell'ipotizzata responsabilit): ed al riguardo ha richiamato alcuni tanti principi del nostro ordinamento che si compendiano nella c.d. libert rmazione, e che meritano -pertanto -lopportuna attenzione. l. -Com' noto, l'art. 21 della Costituzione stabilisce che Tutti hanno diritto ,nifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro > di diffusione " : e si tratta di norma dotata di carattere precettivo, come ha RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO segue il primo giudice -pu dare notizia di un fatto non ancora sicuramente accertato, o attribuire ad esso il carattere della definitivit prima che faccertamento sia stato completato, o prima ancora che sia intervenuto un provvedimento dell' a.g. In contraria ipotesi, si ingenererebbe nel pubblico una giustificata diffidenza nei confronti di chi fosse indicato quale autore del fatto, che sarebbe cos propalato con indubbie e illegittime conseguenze dannose a carico del denunziato. Nella specie, il Tribunale ha ravvisato la responsabilit della p.a., non gi nella circostanza di aver dato notizia del fatto addebitato alla Socoroma e di aver denunziato il fatto stesso all'a.g.; ma di aver trasmesso alla stampa la relativa notizia con carattere di certezza e definitivit, fornendo, in relazione alle particolari circostanze, inesatte informazioni sulla qualit dell'olio contenuto nelle bottiglie sequestrate, senza tener conto che la pubblicazione di tali notizie avrebbe importato i pi svariati commenti, attesa la gravit intrinseca del fatto, cagionando alla Socoroma un pregiudizio di non lieve entit. Cos precisati i termini dell'insorto contrasto, non v'ha dubbio che essi,. nell'ordine logico seguito dal Tribunale, costituiscono l'insieme delle questioni e, al tempo stesso, i momenti dell'indagine del Collegio. Converr, pertanto, che ad essi si dedichi fesame pi accurato. sempre affermato la migliore dottrina, alla quale si ben presto conformata (dopo essere stata in un primo tempo orientata nel senso della mera programmaticit) anche la giurisprudenza come dimostrano -fra le altre -le sentenze appresso citate, che presuppongono come pacifica -appunto -tale interpretazione. Ora, poich in virt della norma richiamata tutelata nel nostro ordinamento (come pure ritengono la migliore dottrina, contrastata da isolate voci di dissenso, e la giurisprudenz~) ogni manifestazione del pensiero che, da un lato, non sia in contrasto con i principi costituzionali, e che, dall'altro lato, c."Oncerna interessi positivamente valutati dalla Costituzione, non pu dubitarsi che tale tutela si estenda anche alla e.cl. libert di informazione. Diversamente dovrebbe dirsi, naturalmente, se per manifestazione di pensiero si intendesse soltanto la manifestazione di un'opinione; ma se per manifestazione del pensiero si intenda -secondo la comune convinzione, avvalorata del resto dalle pi rigorose ricerche critiche (v. per tutti sull'ampiezza del processo comunicativo, BETTI, Teoria generale dell'interpretazione, I, 45 segg.) -la manifestazione di ogni prodotto dell'intelletto, anche l'informazione vi rientra, come riproduzione di percezioni elaborate dall'intelletto, e deve quindi considerarsi costituzionalmente garantita in tutte le sue forme, dalla narrazione estesa di un fatto alla diffusione di singole notizie alle dichiarazioni di scienza (v. ESPOSITO, La Libert di manifestazit'Jne del pensiero nell'ordinamento italiano, 1958, 37 segg. nonch da ultimo, pi ampiamente, NuvoLONE, Cronaca (Libertr di), Enc. del Dir., XI n. 2). Ove si consideri, quindi, la libert di informazione dal punto di vista del soggetto che intende comunicare determinati fatti, non sembra possibile differenziarla da quella generale della manifestazione del pensiero (MoRTATI, Istituzioni di diritto pubblico, 1960, 805). PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE Pu, senz'altro, convenirsi che la denunzia penale sporta dalla p.a. ro il Picconi non sia, di per s, fonte di danno giuridicamente ante nei confronti della Socoroma, non sussistendo in atti elemento ,rova alcuno per ritenere che tale denunzia sia frutto di un ordito ~no volto a deliberatamente accusare persona innocente. In ordine all'attivit di informazione svolta dalla stessa Ammini: ione mediante i due pi volte cennati comunicati possono pre ersi i seguenti rilievi: a) i comunicati e gli avvisi con i quali YAutorit amministrativa a a conoscenza dei cittadini determinati eventi, o le risultanze di ie attivit svolte dallo Stato nell'adempimento di specifiche funzioni buite a dati settori del complesso apparato amministrativo possono origine a rapporti giuridici tra r Amministrazione e il privato, ch rinformazione, eccedendo dalla sfera giuridica ,sua propria, :ausa di responsabilit, come fatto illecito della p.a.; b) il superamento del cennato limite deve ovviamente essere riduato nelle singole fattispecie concrete, correlando finformazione po e alla struttura peculiare dell'attivit svolta dalla p.a., precipuate quanto al grado di definitivit e stabilit che la notizia cosl sa pu ingenerare nel pubblico per gli accertamenti, che, di volta 4. -Occorre tenere presente, per altro, che si posto il problema se al > di informare corrisponda, da parte dei destinatari dell'informazione, il diritto ;ere informati. n problema si posto anche, pi generalmente, per la libert di manifestadel pensiero: ed stato autorevolmente escluso che ad essa corrisponda una ~ di recezione del pensiero (EsPosrro, op. cit., 4, che tale posizione soltanto, qualifica come libert di informazione). Tale opinione muove dalla convinzione che l'art. 21 della Costituzione abbia ' garantire esclusivamente un diritto individuale a manifestare il proprio pen (ivi, pag. 7 e segg.: nel medesimo senso, MAzZELLA, Il diritto di cronaca t. 21 della Costituzione, in questa Rassegna, 1959, 69 segg.); mentre sembra le contestare che il pensiero operi come strumento di formazione delle convincollettive e quindi adempia necessariamente ad una funzione sociale (cfr. MoRop. cit., 800). . E"unzione sociale tanto pi evidente proprio nel campo della informazione e quale dottrina e giurisprudenza si sono soffermate a proposito di quella speforma di informazione ch' la cronaca giornalistica, diretta per sua natura 1erare direttamente sulla pubblica opinione (tutti i principi qui richiamati, del sono stati elaborati principalmente in materia di libert di cronaca: cfr. il ~itato organico studio del Nuvolone, e l'ampia bibliografia ivi richiamata). fraendo argmento da tale funzione sociale dell'informazione, si giunti autonente ad affermare (Cass., Sez. Un., 14 novembre 1958, Giust pen., 1960, ) che il pubblico interesse esige che la stampa eserciti una funzione educativa informi i cittadini del verificarsi di alcuni fatti, anche se di contenuto diliaio, per orientare la pubblica opinione, richiamare l'attenzione dell'autorit su i problemi, ispirare ai lettori norme utili di esperienza e di vita : configu RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO in volta, siano stati compiuti in relazione ai fatti dai quali si d notizia alla generalit dei consociati. , invero, evidente che ben diverso grado di certezza pu inerire a dati tecnici risultanti da un procedimento amministrativo non pi contestabile, rispetto a dati e rilievi tecnici che siano frutto di una indagine non definitiva, ma anzi soggetta all'ulteriore controllo e vaglio del giudice. Se cos , non v'ha dubbio che un'informazione la quale ingenerasse nel pubblico il convincimento che quei dati e rilievi, tuttora contestabili, perch sub iudice, costituissero una definitiva acquisizione, munita di una invincibile presunzione di conformit al vero, costituirebbe certamente un'illecito, fonte di danno risarcibile. Una siffatta notizia, frutto di non commel;ldevole comportamento, sarebbe di certo spoglia di quei requisiti che garantiscano un esercizio dell'attivit di informazione contenuta nei limiti segnati dall'art. 21 della Costituzione: e, cio, priva della sussistenza e attualit di un interesse sociale a conoscere -nella loro verit e nella loro concreta validit -i fatti narrati, in quanto utili alla formazione di un pubblico convincimento in materia che bbia sociale rievanza. In applicazione dei cennati criteri direttivi deve, quindi, ritenersi che il primo comunicato in esame, quello del 30 agosto 1954, in nulla trasmodi dai limiti dianzi ricordati, poich cautamente si ometteva di indicare il nome della ditta e si dichiarava espliitamente che erano in corso ,, analisi da parte dei competenti uffici tecnici per accertare randosi cos un vero e proprio diritto. dei cittadini verso i giornalisti ad essere foformati (analogamente, v. Tr:.b. Perugia, 22 maggio 1954, Riv. pen., 1954, II, 915. Ora, se tale conclusiOne -per vero non adeguatamente motivata dal puntodi vista sistematico -pu apparire opinabile, sembra piuttosto da ritenere che al diritto di informare corrisponda necessariamente non tanto un diritto dei destinatari dell'informazione ad ottenere l'informazione stessa nei confronti del suo autore, quanto un diritto di essi destinatari verso lo Stato a che la libert d'informazionenon sia impedita ed anzi sia considerata pienamente lecita (v. Nuvo:.oNE, op. cit., n. 3). 5. -Le considerazioni formulate al punto precedente acquistano m pa1tivolart rilievo al fine di determinare i limiti della liceit oggettiva della liberta d'informazione (limiti in ordine ai quali l'esperienza pone, ovviamente, i pi delicati problemi). La giurisprudenza, infatti, ha ripetutamente dichiarato lecito l'esercizio della. libert d'informazione quando esso sia diretto a soddisfare un interesse sociale (v. da ultimo, oltre alla sent. Sez. Un., 14 novembre 1958 gi citata, Cass. pen., 23 febbraio 1960, Giust. pen., 1960, II, 741; Cass. pen., 5 marzo 1960, ivi, 1961, Il, 103; Cass. pen., 25 maggio 1962, Riv. pen., 1962, Il, 1083; Cass. pen., 14 dicembre 1962, Giust. pen., 1963, Il, 844; App. Firenze, 15 ottobre 1963, ivi, 1964, Il, 402). Ed a puntualizzare il fondamento e la portata di tale criterio -che da taluno I I era stato considerato vago e generico - stato perspicuamente osservato (NuvoLONE, op. cit., n. 4): Non dubbio che il criterio dell'interesse sociale poggia su I quel principio del bilanciamento degli interessi, che trova applicazione in vari rami PARTE I, SEZ. II, GlURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 81 qualit e quantit degli olii non di oliva che venivano illegalmente lizionati all'olio venduto, essendosi accertato, in base alle prime !agini, che tale merce era stata addizionata con altri olii. Qesto nunicato pienamente rispondente al vero. Infatti, il 24 agosto 1954, era proceduto al prelievo dell'olio dalle varie cisterne della Socona, e il successivo giorno 28 alla Stazione Chimico-Agraria Sperintale di Roma, che aveva proceduto alle indagini, provvedeva ad guire lesame organolettico dei campioni e certificava che questi iltavano miscelati con grassi estranei in preparazione superiore al per cento. Non v'ha, quindi, dubbio che, nell'emettere il primo nunicato la p.a. avesse acquisito la prova che lolio in questione miscelato, mentre, poi, nella contestuale denunzia al magistrato, stessa stazione sperimentale si riservava di precisare il risultato di tlisi in corso su campioni prelevati da bottiglie cc Castello, sequette presso la Socoroma e presso alcuni .esercizi di vendita. Quanto al secondo comunicato del 31 agosto 1954, rion pu contarsi che esso sia pienamente rispondente al vero ... Con esso si precisava il nome della ditta e il tipo di mistura ( lio grassi animali) accertato dagli organi tecnici dell'Amministrazione. asseriva, inoltre, in conformit al vero; che erano stati posti sotto lUestro 500 quintali di prodotto conservati in cisterne a 15.()(){) bot; lie n, e che la ditta era stata denunziata all'a.g. :'.ordinamento giuridico. Tuttavia possibile concretare maggiormente il con: o, trasferendolo dal piano sociologico a quello pi strettamente giuridico. " .Posto che i cittadini hanno un diritto verso lo Stato a che questi non. intro: a limiti alla libert. dell'informazione, tali da impedire la formazione libera delle aioni, e quindi l'esercizio della libert di pensiero; considerato; peraltro, che, :anto la libert dell'informazione deve essere garantita, in quanto. concerna. inte: i funzionali rispetto ai diritti costituzionalmente sanciti, perch altrimenti si trarebbe in una libert della curiosit e del pettegolezzo: ne segue che non potrebbe vietarsi la divulgazione di notizie vere, anche offensive per la privata onorat, qualora la conoscenza di queste notizie da parte dei cittadini sia funzionale etto all'esercizio dei diritti costituzionalmente sanciti . 6. -Altro limite che si pone all'esercizio della libert d'informazione, quello naturalmente -che essa sia contenuta nei limiti della verit. Ma -com' stato osservato (PuGLmsE, Diritto di cronaca P libert di peno, Foro it., 1958, I, 136 segg.) -"Verit per parola impegnativa; e non 1 per le sue implicazioni filosofiche, ma anche sul terreno storico-empirico, fremte essendo la difficolt di ravvisarla e non rare le smentite date da nuovi ertamenti . Onde, su di un piano concreto, da considerarsi " presupposto del diritto di 11aca (e d'informazione in genere) non tanto la verit dei fatti narrati {in senso >luto) quanto la ragionevole e ben ponderata opinione del divul.gatore eh' essi to veri" 82 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO In tale stato di cose, non dato scorgere come potesse ingenerarsi nel pubblico il convincimento che la mistificazione fosse, ormai, un dato incontestabile, se -al contrario -si precisava nel comunicato che era stata sporta denunzia al magistrato, essendo di comune e intuitiva acquisizi0ne -che, dovendo ogni giudizio definitivo essere affidato al giudice, non poteva assegnarsi valore irrefragabile ai dati forniti dalla p.a. Non. pu trascurarsi il rilievo che alla denunzia penale in materia siffatta sL!i>erviene proprio mediante una previa analisi dei campioni, sicch le relative risultanze, pur non essendo assolutamente vincolanti per il magistrato, costituiscono sempre elementi e dati di acquisizione che sono idonei (e indispensabili) per procedere a denunzia. Inerisce ad essi, pertanto, una relativa certezza, alla quale ben pu affidarsi la p.a. anche per quante:> attiene all'attivit d'informazione presso il pubblico. Non altro, infatti, dato desumere dal secondo comunicato -anche a volerlo esaminare isolatamente -senonch si era accertato, col metodo prescritto, l'adulterazione dell'olio, e che a tale accertamento seguiva la correlativa denunzia al magistrato penale. Peraltro, si posto in rilievo dalla Socoroma che l'indagine tecnica eseguita in corso di giudizio penale ha fornito risultati opposti (al pari di altra eseguita dal laboratorio delle dogane), tanto che il Picconi fu assolto con formula ampia. Ma il divario tra due o pi accertamenti Poich, cio, la divulgaziopti di una notizia sia esclusa dalla garanzia dell'art. 21 della Costituzione, occorre che il falso sia obiettivamente conoscibile e che sia raggiunta la prova della divergenza dell'espressione dell'interiore pensiero (EsPosrro, op. cit., 37): altrimenti, la libert di manifestazione del pensiero -che la Costituzione ha inteso tutelare in ~isuo genuino contenuto -sarebbe gravemente pregiudicata. Cos per esempio ---' soggiunge l'insigne costituzionalista recentemente scomparso -la divergenza potr risultare dalla ripetizione di informazione errate, pur dopo che sia data la prova della erroneit delle asserzioni, o si sia proceduto alla loro rettifica, oppure dalla circostanza che nel singolo caso la asserzione stata effettuata indipendentemente dal rispetto dei metodi e delle regole sempre o generalmente seguite per esse . Ed a tali principi si conform.ata, ripetutamente, la giurisprudenza, richiedendo che la libert di opinione sia contenuta nei limiti della presumibile veridicit, che abbia ad oggetto -cio -fatti, se non veri, almeno seriamente accertati (v. sentenze citate al punto precedente, nonch, per ulteriori richiami, LAVAGNA, Sistema di giurisprudenza costituzionale, VI, 2, A). Tale elemento, quindi, pur ponendOsi anch'esso, in astratto, come un limite logico oggettivo alla libert d'informazione, acquista una rilevanza determinante ai fini della qualificazione soggettiva del comportamento in cui la libert d'informazione concretamente si estrinseca, in quanto tale comportamento potr comportare responsabilit non soltanto se sia obiettivamente ingiusto (o antigiuridico) ma altres subiettivamente doloso o colposo, non soffrendo eccezioni -nella materia che ne riguarda -il principio di cui all'art. 2043 e.e. (v. al riguardo la perspicua sentenza Trib. Roma, 30 marzo 1957, Foro it., 1958, I, 136). PARTE I, SE'Z. Il, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 1ici, se conferma la difficolt di ravvisare il vero assoluto e la fremza di smentite offerte da nuovi accertamenti, non indica che essariamente l'indagine ritenuta erronea sia frutto di accertamento :ligente, se non quando sia offerta la prova rigorosa e concreta che >sia dovuto ad analisi incoerente, monca, e contraria alle pi sicure uisizioni scientiche, tenuto conto che la consistenza dell'errore varia ragione dell'attivit cui si riferisce, potendo un problema tecnico ire diversamente risolto con diversit di criterio e di procedimento on differenti gradi di difficolt. Nel caso di specie -invece -i campioni di olio furono dalla lione Sperimentale di Roma inviati per ulteriore analitico esame Stazioni Agrarie di Pescara, Milano, Firenze, Pisa ~ Portici in epoca . sospetta {settembre-ottobre 1954), e tutti questi istituti, molto quali, confermarono le risultanze della Stazione romana come attestano pecifche relazioni alligate agli atti di causa (foglio 25-30 fase. docu1ti Min. Agricoltura). Sicch, il contrario avviso dell'impugnata sentenza, mentre trascura , rilevante acquisizione, neppure tiene conto delle ragionevoli incer~ e, alle quali sono soggetti gli apprezzamenti tecnici da collegarsi tmpiezza ed ai limiti della discrezionalit nell'applicazione delle Jle tecniche e di cognizioni scientifiche, atte a risolvere nel miglior fo il quesito sottoposto, di volta in volta, al vaglio di organi specia 7. -I principi richiamati, sulla natura e sui limiti della libert d'informazione, mono una particolare evidenza e restano tanto pi avvalorati, in .q~to il ;etto -che della libert di informazione si avvalga -sia la p.a. Com' noto, alla p.a. demandata la tutela del pubblico interesse, nei moJteaspetti in cui esso si specifica, ed ai quali corrispondono distinte sfere. di petenza, attribuite ai diversi organi attraverso i quali la p.a. agisce. Ora, le funzioni di cui per tal modo la p.a . investita (munera pubblici: cfr. mINI, Lez. dir. amministrativo, I, 1950, 124 segg.) comportano'' l'assu:zione,' da e della p.a. stessa, di una posizione complessa, c.d. di potere-dovere, nel senso l'esercizio del potere -conferito in vista di un determinato interesse pubblico ~ getto da parte degli organi dell'Amministrazione, di un corrispondente dovere per tutti ZANOBINI, L'attivit amministrativa e la legge, Scritti di diritto pub>, 1955, 209-10). Quindi, se lattivit di informazione sia svolta dalla p.a. per realizzare, direttate o indirettamente, un pubblico interesse di cui le sia affidata istituzionalmente utela, la sussistenza del requisito della libert d'informazione -rappresen come si visto, dall'interesse sociale -si rinviene in re ipsa. Anzi, se riconosciuto a chiunque -ed in particolare al giornalista -il to di comunicare notizie su qualsiasi fatto (anche intrinsecamente attinente alla L privata di singole persone) soltanto perch presenta un interesse sociale generico .diretto, tanto pi dovr essere riconosciuto il diritto dell'Amministrazione a unicare notizie relative a fatti che incidono direttamente su di un interesse )lico specifico, di cui la stessa amministrazione portatrice: notizie che, corivamente, non sono destinate a favorire la libert d'opinione in ordine a scelte RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO lizzati o di liberi professionisti. Del resto, laddove sia in gioco l'opinabilit scientifica bisogna non tanto guardare alla quantit delle opinioni, ma piuttosto al loro intrinseco pregio, accertando in ogni caso che la valutazione tecnica sia stata condotta secondo criteri di prudenza, pur se questi non debbano essere sospinti al punto di prevedere quanto nei pi remoti campi del possibile, per evitare che sia, in definitiva, impedito il normale svolgimento di attivit teoriche e intellettuali. Alla esigenza, dunque, della prova rigorosa di gravi e sintomatiche emergenze nel necessario accertamento tecnico, posto a base della denuncia penale, Ilon si soddisfa col far richiamo alla divergenza di conclusioni peritali, tanto pi che, nei certificati di analisi, si attestava che i metodi impiegati {Tortelli, Hanus, Hauchecorne, Bollur e Blarez, ecc.) erano quelli prescritti dal Ministero dell'Agricoltura, senza che siasi in alcun modo dimostrato n che tali metodi non fossero stati seguiti in concreto, n che essi erano, comunque, manif estatamente incongrui o erroneamente utilizzati per quanto risultava dal diverso avviso espresso dal perito nominato in sede penale e dal laboratorio doganale. generali di carattere politico o sociale, ma a consentire una tempestiva ed adeguata valutazione di determinati fatti suscettibili di spiegare effetti immediati e concreti sui membri della comunit. Da ci deriva che il diritto d'informazione dovr avere, in tal caso, tutta l'ampiezza ed essere esercitato con tutta la tempestivit che la natura dell'interesse pubblico -alla cui tutela esso preordinato -esige: ampiezza e tempestivit la cui determinazione -risolvendosi nella scelta degli strumenti pi idonei a sodisfare l'interesse pubblico in questione -forma oggetto (giova sottolineare) di un tipico apprezzamento discrezinale dell'Amministrazione. Da ci deriva altres che la stessa sussistenza del requisito della libert d'informazione, rappresentata da un serio accertamento dei fatti, non potr non essere commisurata alla necessit che l'intervento -in cui la libert d'informazione si concreta -sia efficace e tempestivo; vale a dire che tale accertamento dovr essere bens il pi serio e approfondito possibile, ma nei particolari limiti imposti dalla suddetta esigenza~di efficacia e tempestivit. 8, -L'esattezza degli accennati principi trova puntuale conferma proprio nello specifico interesse pubblico, a cui si riferisce la fattispecie in esame, e che la tutela della genuinit dei prodotti agrari, da destinarsi al pubblico consumo. : evidente, innanzi tutto, che tale tutela predisposta in vista della salute dei cittadini: salute che forma oggetto -sia come diritto dell'individuo che come interesse della collettivit -di un apposito precetto della Costituzione, e precisa mente dell'art. 32 (cfr. al riguardo LESSONA, La tutela della salute pubblica, Comm.rio sistematico alla Costituzione italiana, diretto da CALAMANDREI e LEVI, 1950, 333 segg.) al quale, pertanto, le norme dirette a reprimere le frodi nel campo dei prodotti agrari devono ricollegarsi {cfr. ZANOBINI, Corso dir. amm., V, 1959, X, 151 e segg. e 205 e segg.). Quindi, il diritto d'informazione -rientrante nell'ambito di tale tutela - sicuramente diretto ad assicurare ai cittadini una conoscenza funzionalmente preor PARTE.I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 85 Si anche opposto dalla Socoroma che nel secondo comunicato tva notizia del sequestro di 15.000 bottiglie, in modo da ingenerare lettore la certezza che anche queste contenessero olio misturato, tre, nel settembre 1954, la stessa Amministrazione le aveva disse :trate, in quanto lolio era stato ritenuto genuino. Ma neppure questo rilievo pertinente, giacch, il comunicato ta quanto risulta dal suo chiaro ed inequivoco testo, si limitava a ire che si era accertata la vendita di olio adulterato (conforme te alle risultanze tecnico-analitiche) e che si era, perci, proceduto ~questro di tutto lolio giacente presso la Socoroma, senza con ci to affermare che la merce in sequestro fosse necessariamente nella totalit non commestibile, come conferma il rilievo che il sequestro ltanto una misura cautelare provvisoria e, che, in ogni caso, il giu > definitivo era di pertinenza del magistrato, al quale era stata ita la relativa denuncia, secondo quanto risulta dallo stesso testo comunicato. Si deve, dunque, concludere che non da ascrivere alcun illecito portamento allo Stato, con la conseguenza che l'appello, diretto :a ali' esercizio di diritti costituzionalmente garantiti, e che pertanto doveroso 11rare ai cittadini stessi (v. retro sub 5). Altrettanto evidente, poi, che la natura stessa del diritto tutelato, e cio la e, impone che ogni accertamento -il quale, pur non essendo definitivo, ingefondato sospetto sulla genuinit dei prodotti -sia immediatamente posto a scenza della popolazione, potendo ogni ulteriore indugio (tanto pi se diretto ttendere lesito di verifiche o di accertamenti giudiziali che, per la inevitabile fosit delle procedure, non possano seguire se non ad una considerevole distanza mpo) riuscire sommamente pnigiudizievole per la salute della popolazione stessa, indi dell'interesse pubblico che I'Amm.ne ha il potere-dovere di tutelare. 9. -Alla stregua dei principi sin qui esposti, le conclusioni alle quali la Corte pello pervenuta -con la sentenza in esame -appaiono ineccepibili ed utamente approvabili. La Corte, infatti, ha rettamente premesso che l'esercizio dell'attivit d'informa~ va contenuto nei limiti rappresentati dalla sussistenza e attualit di un inte' sociale a conoscere -nella loro verit e nella loro concreta validit -i fatti iti, in quanto utili alla formazione di un pubblico convincimento in materia abbia sociale rilevanza)), Ci posto, la Corte ha osservato che gli accertamenti eseguiti, e posti a base ' denunzia, erano tali da comportare " una relativa certezza, alla quale ben affidarsi la Pubblica Amministrazione anche per quanto attiene all'attivit di mazione presso il pubblico . N, d'altra parte, il comunicato poteva ingenerare nel pubblico "il convin' nto che la mistificazione fosse, ormai un dato incontestabile se -al contrario recisava nel comunicato che era stata sporta denunzia al magistrato, essendo ?mune e intuitiva acquisizione che, dovendo ogni giudizio definitivo essere affal giudice, non poteva assegnarsi valore irrefragabile ai dati forniti dalla Pub i Amministrazione . RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO contro la sentenza non definitiva, da accogliersi, non potendosi certo addebitare all'Amministrazione quei disagi che gravano sul denunziato per il solo fatto della denunzia, pur nell'ipotesi che questa sia disattesa dal giudice. Sono essi la ineluttabile conseguenza che inerisce ad ogni giudizio penale, al punto da concretare, secondo un assai autorevole monito, il dramma di fondo di tale giudizio, nel quale non pu giudicarsi senza sofferenza morale, e spesso patrimoniale, dei soggetti che vi sono coinvolti. L'accolta soluzione della vertenza dispensa la Corte dall'esame delle altre impugnazioni principali e incidentali, che restano cosl assorbite. -(Omissis). N, infine, poteva addebitarsi ali' Amministrazione di essere incorsa in colpevole negligenza negli accertamenti di cui trattisi: infatti il divario tra due o pi accertamenti tecnici, se conferma la difficolt di ravvisare il vero assoluto e la frequenza di smentite: offerte da nuovi accertamenti, non indica che necessariamente l'indagine ritenuta erronea sia frutto di accertamento negligente, se non quando sia offerta la prova rigorosa e concreta che esso sia dovuto ad analisi incoerente, monca, e contraria alle pi sicure acquisizioni scientifiche, tenuto conto che la consistenza delterrore varia in ragione dell'attivit cui si riferisce, potendo un problema tecnico essere diversamente risolto con diversit di criterio e di procedimento e con differenti gradi di difficolt . Sotto tale profilo, quindi, la Corte di Appello ha escluso che nel comportamento dell'Amministrazione potessero ravvisarsi estremi di colpa, mancando quindi -in ogni caso -l'illecito sotto il profilo soggettivo. Ma, giusta quanto si posto in rilievo nella presente nota, sembra assorbente nella fattispecie (al fine di escludere la responsabilit) la piena liceit oggettiva del comportamento dell'Amministrazione, in quanto conforme ad un interesse pubblico prevalente -come quell che la libert d'informazione diretta a tutelare -e correttamente mantenuto nei limiti posti dall'ordinamento, a rafforzamento e non gi a mortificazione del pubblico interesse e dell'attivit degli organi preposti .alla sua difesa. P.LINIO SACCHETTO CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 15 dicembre 1964, n. 968 -Pres. Breglia -Est. Chieppa -Zamboni {avv. Caravita) c. Ministero del Lavoro i(avv. Stato Ricci) e I.N.P.S. (avv. Nardone). Competenza e giurisdizione -Previdenza sociale -Assegni familiari -Inquadramento dell'attivit del datore di lavoro nelle categorie -Decreto ministeriale -Impugnazione -Discriminazione delle giurisdizioni, ordinaria ed amministrativa. (t.u. 30 maggio Ul55, n. 797, artt. 33 e 34). PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 87 Nel caso in cui, ai fini della determinazione della misura degli ~ni familiari da corrispondersi al lavoratore e del contributo dovuto fatare di lavoro -non rientrando l'attivit del datore di lavoro in ia delle categorie elencate nell'art. 33 del t.u. 30 maggio 1955, 17 -sia intervenuto a norma dell'art. 34 il decreto di aggregazione Ministro del Lavoro che comporta l'esercizio di un ampio potere ezionale di natura tecnico-amministrativa, la controversia sull'imiazione del decreto devoluta alla giurisdizione del Consiglio di >; quando invece si contesta soltanto la legittimit della valutazione ~ l'appartenenza ad una anzich ad altra delle categorie espressate previste dall'art. 33, non trovando luogo all'esercizio del potere ezionale da parte del Ministro del Lavoro, la relativa controversia ra nella giurisdizione dell' a.g.o. {l). (Omissis). -Preliminarmente debbono essere esaminate le censure enute nei motivi aggiunti con le quali si contesta la legittimit tuzionale dell'art. 58, t.u. 30 maggio 1955, n. 797, e delle precedenti ie art. 20, r.d.I. 17 giugno 1937, n. 1048, nonch dell'art. 20, r.d. 1glio 1937, n. 1239, e dell'intero t.u. 30 maggio 1955, n. 797. Ai fini della questione pregiudiziale relativa alla giurisdizione, 1e il Collegio che sia irrilevante il problema dell'applicabilit o (1) Sulla giurisdizione dell'a.g.o. in tema di aggregazione delle nde nei settori della Cassa unica per gli assegni familiari. La decisione annotata si adegua pienamente alla giurisprudenza ormai contta delle Sez . .Un. (16 febbraio 1960, n. 251, Foro it., 1961, I, 124; 19 feb 1963, n. 398, Giust. civ., 1963, I, 1064; 7 dicembre 1964, n. 2859, retro, 53). incipio affermato, fondato su un criterio eccessivamente formalistico, suscita notevoli perplessit. Non pu nascer dubbio sull'esatteza della decisione nel caso di specie sdizione ordinaria con riferimento all'art. 33 del t.u. 30 maggio 1955, n. 797); ia appare invece la designata giurisdizione amministrativa con riferimento t. 34 del t.u. Da un punto di vista rigorosamente formale potrebbe dirsi esatto che nelesi dell'art. 33 il diritto inerente agli assegni familiari nasce direttamente legge che definisce le nove categorie, mentre nell'ipotesi dell'art. 34 lo 1 diritto sorge solo dopo la pronunzia del decreto di aggregazione " del >tro del Lavoro. Ma una pi approfondita disamina della portata della norma condurre a diversa conclusione. Il t.u. del 1955, dopo aver premesso (art. 1) che gli assegni familiari compea tutti i capi famiglia che prestino lavoro retribuito alle dipendenze di altri ~ (art. 26) al pagamento dei relativi contributi sono obbligati tutti i datori voro, per stabilire le misure degli assegni e dei contributi raggruppa tutte le t lavorative in nove categorie (art. 33); nella previsione che possa sorgere io sull'inquadramento di ogni singolo datore di lavoro, l'art. 34 demanda al >tro del Lavoro di stabilire con suo decreto a quale delle nove categorie si RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO meno dell'art. 58, t.u. 30 maggio 1955, n. 797, e delle norme preesistenti, in quanto la questione stessa pu essere risolta indipendentemente dal1' applicabilit delle predette disposizioni, di cui si contesta la legittimit costituzionale. Infatti, ai fini del decidere sulla questione della giurisdizione si pu prescindere dal problema se il caso in esame rientri nell'ipotesi dello stesso art. 58 e nella conseguente espressa attribuzione legislativa della competenza giurisdizionale all'autorit giudiziaria ordinaria. Infatti, sulla base dei principi generali statu~ti dalrart. 2 della legge sul contenzioso amministrativo 20 marzo 1865, n. 2248, allegato e), in mancanza di diversa attribuzione legislativa della competenza giurisdizionale in materia (si noti che gli stessi ricorrenti non assumono affatto la sussistenza di una competenza esclusiva dell'adito Consiglio di Stato), la presente controversia rientra nella giurisdizione del giudice ordinario riguardante una posizione di diritto soggettivo. Infatti, in base agli artt. 33 e 34 del t.u. 30 maggio 1955, n. 7f17 (t.u. delle norme concernenti gli assegni familiari, riproducenti, per questa parte che interessa, puramente e semplicemente le preesistenti disposizioni senza innovazioni sostanziali) possono trarsi i seguenti principi, affermati del resto ripetutamente anche dalla giurisprudenza del giudice ordinario: l'ordinamento degli assegni familiari contempla due debbano aggregare le aziende che non rientrano in alcuno dei settori elencati nell'art. 33. La prima considerazione da fare che l'inquadramento in un determinato settore comporta oneri per i datori di lavoro e diritti per i prestatori . di lavoro, perch sia la misura dei contributi che quella degli assegni varia secondo le categorie; dovrebbe essere quindi unica la soluzione da dare alla questione di giurisdizione sia nel caso che la definizione della categoria sia agevole sia in quella in cui sia difficoltosa. Sia nell'uno che nell'altro caso il diritto soggettivo nasce sempre direttamente dalla legge, anche se nel secondo necessario un procedimento preliminare pi complesso per stabilire le modalit per l'attuazione pratica del diritto stesso. Indubbiamente la classificazione dell'art. 33 completa e non ammette lacune; vi potr quindi essere difficolt nell'individuare la categoria di appartenenza, ma in ogni caso nelle nove categorie compresa ogni possibile ipotesi. La funzione del cosi detto decreto di aggregazione allora soltanto quella di applicazione della norma al caso concreto. . Si fatto nelle decisioni sopra richiamate riferimento all'art. 81 del t.u., ma per trarne un'argomentazione erronea. L'art. 81 infatti per i dipendenti dello Stato che abbiano diritto agli assegni famigliari, prevede l'aggregazione ad uno dei nove settori da determinare avuto riguardo alle affinit che esso presenta con le categorie dei settori predetti . Questa aggregazione, che le decisioni citate ritengono della identica natura di quella prevista ali' art. 34, concerne non le attivit che restano escluse dalla definizione delle categorie dell'art. 33, bensi quelle rientranti nei tipi legali, che per vanno individuate caso per caso, stante la dif~ ficolt di una evidente e facile inclusione nei settori per la particolare natura del PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 89 l di inquadramento nelle categorie di datori di lavoro e conseguennte dei dipendenti prestatori d'opera, secondo i diversi settori. Il primo sistema, contemplato dall'art. 33 del t.u. e delle corridenti norme preesistenti (art. 5, r.d. 21 luglio 1937, n. 1239; artt. 3 l. 6 agosto 1940, n. 1278; art. 6, d.l.C.P.S. 16 settembre 1946, n. 478; 1, d.l.C.P.S. 17 dicembre 1947, n. 1586; art. 1, I. 27 marzo 1952, i8) basato su specifiche tabelle, rapportate a determinate cate~ merceologiche secondo la natura obbiettiva delle attivit svolte 1 varie aziende con una completa disciplina della misura degli ~ni familiari e del contributo del datore di lavoro. In altri termini, :esupposto dell'inquadramento compiutamente disciplinato dalla e, per cui sorge senz'altro un diritto soggettivo all'inquadramento o, per il fatto dell'espletamento dell'attivit in un determinato ire. Il sistema, invece, dell'art. 34 dello stesso t.u. corrispondente rt. 4 della legge 6 agosto 1940, n. 1278, si verifica quando il presupJ dell'inquadramento non sia identificabile in base alla disciplina iativa e sia di conseguenza necessario l'intervento del Ministro Lavoro per la cos detta aggregazione ad uno o ad un altro ire. In tal caso, cio quando i datori di lavoro non rientrino tra le gorie espressamente elencate nell'art. 33 citato, n tra gli Enti pub e di lavoro (Amministrazione dello Stato). Ma proprio l'art. 81 che soc per ritenere che la pronunzia di aggregazione da emettere a avuto riguardo affinit si concreta in una interpretazione dell'art. 33 con riferimento al concreto. Va tenuto presente che la fonte principale del testo coordinato dell'art. 34 ..u. del 1955 l'art. 4 della 1. 6 agosto 1940, n. 1278, il quale prevedeva il ito di aggregazione per i casi in cui il datore di lavoro non fosse rappre. to da una Confederazione corporativa, dato che lo stesso criterio di rappre. nza corporativa presiedeva alla classificazione delle categorie; mancando il farmale dell'appartenenza ad una confederazione, si doveva procedere alla ~gazione per similiarit. Ma, venuto meno l'ordinamento corporativo, l'inquatento sindacale ha perduto il suo carattere pubblicistico ( perci inconferente )hiamo della citata sentenza 251/60 alla giurisdizione del Consiglio di Stato :ma di inquadramento sindacale a norma del r.d. 27 novembre 1940, n. 1720) 1 dato formale della appartenenza ad una confederazione si sostituito quello :tivo dell'attivit esercitata. Se un tempo vi erano aziende non inquadrate nei 1cati e quindi escluse dalle categorie degli assegni familiari, oggi, rispetto alla 1izione delle categorie fatta per generi di attivit aziendale, non pu esservi ia. Il decreto del Ministro, in conseguenza, non pronunzia pi l'aggregazione riferimento ad una inquadrabilit sindacale di carattere pubblicistico, ma a semplicemente una valutazione di affinit tra le attivit aziendali: esula 1uesto ogni valutazione tecnico amministrativa. A sostegno dell'affermata giurisdizione del Consiglio di Stato sull'impugna9 del decreto di aggregazione, si afferma che l'emanazione di esso si concreta esercizio-di una potest discrezionale. In queste, come in molte altre pronuncie, RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO blici n tra le Amministrazioni dello Stato di cui agli artt. 79 e 81 dello stesso t.u., occorre il decreto di aggregazione per far sorgere l'obbligo dei datori di lavoro e dei lavoratori dipendenti all'osservanza delle norme relative agli assegni familiari applicabili per il settore di aggregazione. Solo nella fase dell' a aggregazione " prevista dall'art. 34 sorge una tipica situazione di interesse legittimo, implicando da parte del Ministro competente l'esercizio di un ampio potere discrezionale di natura tecnica ed amministrativa, confermato dallo stesso concetto di aggregazione che postula I'accertamento di una mera similarit ed una elasticit di giudizio nella valutazione delle esigenze economico-social per un pubblico interesse ritenuto prevalente. si d una importanza eccessiva alla esistenza di una discrezionalit nel potere della p.a. come unico criterio per la discriminazione delle giurisdizioni; al contrario la sentenza 14 aprile 1964, n. 894 (in questa Rassegna, 1964, I, 849) opportunamente rammenta che la presenza di elementi discrezionali nell'attivit amministrativa non il solo e determinante criterio di discriminazione delle giurisdizioni. Se si fosse dato maggior peso agli altri criteri di discriminazione e sopratutto all'innegabile posizione di diritto soggettivo della parte che pretende un determinato trattamento nella determinazione della misura degli assegni e dei contributi, sarebbe apparso chiaro che il potere di aggregare aziende anomale in uno dei tipi legali sulla base di un " accertamento di mera similarit " non ha affatto natura discrezionale, perch consiste semplicemente nel ricomprendere una situazione di fatto nella regola di diritto (attivit in tutto simile al giudizio del giudice) cio nella manifestazione di una potest raziocinante ma non discrezionale. La decisione annotata, diversamente da quelle delle Sezioni Unite, sottolinea che nella pronunzia di aggregazione sarebbe contenuta una " valutazione delle esigenze economico sociali per un pubblico interesse ritenuto prevalente ; ma in verit tutto questo non dato rinvenire nella norma che ha il solo scopo di sciogliere un dubbio, con efficacia vincolante, per consentire di mettere in efficienza il meccanismo degli assegni familiari. Se cosi non fosse, la norma dell'art. 34 in quanto attribuisce al Ministro del Lavoro la potest di imporre, con sua facolt discrezionale, ad un datore di lavoro la prestazione di contributi in misura maggiore o minore (corrispondente ad una o ad altra categoria) sarebbe sospetta di incostituzionalit per contrasto all'art. 23. Cost., cos come sospetta di incostituzionalit la norma del secondo comma dell'art. 4 della legge 6 agosto 1940, n. 1278, per tale ragione non riprodotta nell'art. 34 del t.u. del 1955, che dava facolt al Ministro di variare per "particolari esigenze l'assegnazione alle categorie {cfr. Cass. 7 dicembre 1964, n. 2859, con nota redazionale Giur. it., 1964, I, l, 576). Per non incorrere in una censura di incostituzionalit, bisogna intendere l'art. 34 nel senso che il Ministro del Lavoropu soltanto applicare la legge, senza integrarla con suo potere discrezionale. Il principio affermato nelle decisioni in rassegna d luogo ad una grave incongruenza e ad evidenti difficolt, perch stabilisce diverse giurisdizioni per questioni che si presentano identiche. Quando contestata l'appartenenza ad uno o ad flltrosettore, non mai possibile stabilire, preliminarmente al merito, se quella certa azienda sia astrattamente compresa nelle nove categorie e vada classificata in una piuttosto che in altra (giurisdizione ordinaria) ovvero se non sia astrattamente II , I. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 91 Nella specie invece, si contesta la legittimit della valutazione delministrazione circa l'appartenenza ad una anzich un'altra delle ~orie, espressamente previste dall'art. 33 del t.u. citato. In altri termini non si pu fare questione di esercizio del potere ezionale da parte del Ministro, ma di esatta o inesatta applicazione ria norma di legge che fissa, essa stessa, i limiti di ogni categoria verso l'indicazione dell'attivit, creando immediatamente una posi~ di diritto soggettivo, specie in relazione alla natura del rapporto riguarda un prelevamento di ricchezza con atto di autorit. Come pu desumersi dalle precedenti considerazioni, irrilevante 3zione di illegittimit costituzionale dell'intero t.u. 30 maggio 1955, r/, in quanto, per la parte che serve in questa sede ai fini dell' accer resa in alcuna categoria e vada aggregata per similarit in una o in altra. a speciosa distinzione, estremamente dillcoltosa in pratica, potrebbe esser solo in sede di decisione definitiva di merito, non mai in sede preliminare irisdizione, quando esiste solo contestazione sulla appartenenza ad una o ad categoria e il petitum sostanziale in ogni caso l'inclusione di una azienda, do l'attivit esercitata, in una categoria diversa da quella designata col decreto Unistro del Lavoro. Va ricordato che, sia quando l'INPS assegna una azienda ad una determinata :>ria e nasce al riguardo contestazione da risolvere in via gerarchica (artt. 57 del t.u.), sia quando si provvede a norma dell'art. 34, sempre il Ministro ,avoro che con suo decreto stabilisce in maniera vincolante quale sia la cate di appartenenza. ti: evidente che nell'uno come nell'altro caso la posizione damante identica come identica la natura del provvedimento ministeriale pu darsi peso alla forma del provvedimento, perch esso si presenta come :o in sede di decisione di ricorso gerarchico o come diretta pronunzia di gazione, non per una sostanziale corrispondenza alla situazione concreta, ma .n conseguenza della casuale iniziativa adottata dall'INPS). Bisogna al riguardo notare che il Ministro del Lavoro che risolve -sia nel dell'art. 33, in sede di ricorso gerarchico improprio, che in quello del34 -la controversia insorta tra il datore di lavoro o il lavoratore da una e l'INPS dall'altra non esercita un'attivit di amlninistrazione rientrante nella etenza del suo ufficio, ma si pone invece super partes per comporre in sede nistrativa, come in numerosissime altre ipotesi nelle controversie di lavoro, mflitto di interessi in una materia che soltanto sottoposta alla vigilanza del tero del Lavoro. ti: quindi logico che una volta risolto infrnttuosamente in amministrativa il conflitto insorto, all'ulteriore seguito della controversia in giurisdizionale il Ministro del Lavoro deve rimanere estraneo; il rapporto con: so tra le parti non potr essere allora devoluto che al giudice ordinario 58, t.u. del 1955; art. 99, r.d. 4 ottobre 1935, n. 1827; art. 459 c.p.c.). Le norme su cui si impernia la decisione annotata sono state modificate con 17 ottobre 1961, n. 1038. L'art. 34 stato modificato dall'art. 7 che, sopt la parola aggregazione , dispone che con decreto del Ministro del Lavoro ;tabilito quale delle tabelle indicate nell'art. 33 si debba applicare ; paralente l'art. 19 ha modificato nello stesso senso l'art. 81. Non dovrebbe esservi pi dubbio sotto la legge vigente sull'esclusione di discrezionalit nella emissione del decreto che non pi di aggregazione ma RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tamento della giurisdizione, l'attivit svolta dal Governo stata di mera compilazione, di modo che anche se in ipotesi dovesse cadere lefficacia del t.u., il caso di specie verrebbe ugualmente deciso e risolto sulla base delle preesistenti norme che escludono lesercizio di un potere discrezionale da parte della p.a. e creano senz'altro una posizione di diritto soggettivo. Pertanto, ritenute irrilevanti, ai fini del decidere sulla giurisdizione le questioni di legittimit costituzionale prospettate con i motivi aggiunti, deve essere dichiarato il difetto di giurisdizione dell'adito Consiglio di Stato. -(Omissis). solo di chiarificazione. Tuttavia la sentenza Cass. n. 2859/64 (cit.) sembra voler confermare il principio sulla discriminazione delle giurisdizioni anche con riferimento alla legge del 1961. :B da ritenere invece che gli artt. 7 e rn della legge del 1961 abbiano natura meramente interpretativa, perch essi, senza introdurre alcun mutamento sostanziale del sistema, eliminano soltanto il possibile dubbio sulla portata della aggregazione e confermano che la classificazione dell'art. 33 (originariamente in nove e attualmente in 3 categorie) comprende tutte le possibili attivit aziendali, sicch in aso di difficolt di classifica deve procedersi solo ad interpretazione e mai ad Iintegrazione della norma. CARLO BAFILE II I I SEZIONE TERZA GIURISPRUDENZA CIVILE RTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 4 maggio 1964, n. 1061 -Pres. Tavolaro -Est. Caporaso -P.M. Pepe (conf.) -Rosa (avv. Fragola) c. Ministero degli Interni {avv. Stato Foligno). ponsbilit della p.a. Attivit di polizia Fatti illeciti Obbligo del risarcimento. (r.d. 19 giugno 1931, n. 773, art. 7; e.e., art. 2043). ponsabilit della p.a. Ordinanze contingibili ed urgenti di sicurezza pubblica emesse dal sindaco Responsabilit dello Stato. (r.d. 80 dicembre 1915, n. 2839, art. 153; e.e., art. 2043). L'art. 7 del t.u. sulla pubblica sicurezza, approvato con r.d. 18 giu1931, n. 773, che esclude l'indennizzo ai privati per i provvedimenti ttati dall'autorit di p.s. nell'esercizio delle facolt ad essa attribuite :a legge, --non concerne la responsabilit dello Stato per i danni arre in conseguenza dei fatti illeciti commessi nell'esercizio dell'attivit 1olizia (1). Le ordinanze contingibili ed urgenti di sicurezza pubblica, ai sensi 'art; 153 del t.u. della legge comunale e provinciale, approvato con 30 dicembre 1915, n. 2839, sono emanate dal Sindaco quale Ufficiale ';overno e, quindi, dei danni che possono da esse derivare ad altri getti, deve rispondere lo Stato e non il Comune (2). A maggior ione dei danni stessi risponde lo Stato, quando siano dovuti esclurmente al fatto degli agenti di polizia, incaricati della esecuzione ~na delle ordinanze predette (3). (1) L'art. 7 del t.u. delle leggi di p.s. ed il problema della sua tituzionalit. 1. L'art. 7 delle leggi di p.s., com' noto, dispone che nessun indennizzo )VUto per i provvedimenti dell'autorit di pubblica sicurezza nell'esercizio delle 1lt ad essa attribuite dalla legge ,, . In relazione a tale norma, che riproduce l'art. 6 del precedente t.u. del 3, si ampiamente discusso se essa debba riferirsi ai soli provvedimenti in senso tto o anche all'attivit materiale di polizia e se copra l'intera area degli atti ~olizia, anche se illegittimi o addirittura illeciti, o quella soltanto degli atti ttimi. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). -In secondo luogo l'Amministrazione deduce il difetto di giurisdizione del giudice ordinario a pronunziare su una domanda di indenizzo per danno dipendente da atti compiuti dall'autorit di p.s. di Potenza. La controversia in esame prende le mosse da una ordinanza contingibile ed urgente emessa dal sindaco di Potenza in virt dell'art. 153 della legge comunale e provinciale del 1915, con la quale ordinanza veniva disposta la sospensione di alcuni lavori di sbancamento, iniziati dal Rosa su di un proprio fondo, dato il pericolo di smottamento e frana ed il crollo del piano stradale, ordinandosi nel contempo la costruzione di urgenza di un tavolato che ostacolava il traffico stradale. Si poi discusso, vigente la nuova Costituzione dello Stato, se l'art. 7 sia compatibile con l'art. 113 della Costituzione, in particolare quando l'art. 7 venga interpretato nel senso pi ampio, comprensivo cio anche degli atti illegittimi e di quelli illeciti. La dottrina si pronunziata in vario senso (per l'interpretazione pi ampia: ROMANO, Corso, 3" ed., Padova, 1937, 307; VrrrA, Dir. Amm., 2"' ed. Torino, 1937, Voi. I, 534; in senso contrario: MAs DAIU, Foro it., 1937, I, 1409; GABRIELI, Re I sponsabilit dello Stato per atti illeciti di polizia, Riv. dir. pubbl., 1944-46, I, 106; !CHINO, Risarcibilit dei danni conseguenti ad azioni di polizia, Giur. it., 1949, I, 2, 505; VACCARO, Sui limiti della responsabilit della Pubblica Amministrazione I per attivit di polizia, Foro Padano, 1950, I, 595; per l'abrogazione dell'art. 7, nel suo significato di esclusione del risarcimento del danno da atti illeciti, ad opera I dell'art. 113 della Costituzione: MAZZA, In tema di responsabilit della p.a. con riguardo all'illecito di polizia, Foro it., 1952, IVV, 104; MuGGIA, La responsabilit l dello Stato per danni arrecati dall'Autorit di Polizia, Foro Padano, 1952, III, 170; .A.u:ssr, La responsabilit della Pubblica Amministrazione, Milano, 1955, 241; in senso contrario SANDULLI, Manuale di diritto amministrativo, Napoli, 1954, 446, . nota 9 ed in Foro Padano, 1953, IV, 69; SAVARESE, Spunti interpretativi dell'art. 7 T.U. di Pubblica Sicurezza in relazione alla Costituzione, in questa Rassegna, 1953, 173). . La giurisprudenza ha dapprima interpretato estensivamente l'art. 7 (Trib. I, Napoli, 12 giugno 1948, Giur. it., 1949, I, 2, 505; App. Bari, 191 luglio 1949, Giur. it., Rep., 1950, Voce Resi..>. Civ., n. 294); successivamente ha limitato l'art. 1 ai soli atti formali, escludendo che esso si riferisca agli atti illeciti commessi nell'esercizio di attivit materiale di polizia (app. Napoli 16 agosto 1950, Foro it., 1951, I, 1543; Trib. Napoli, 2 agosto 1951, Foro it., 1952, I, 666; App. Palermo, 28 ottobre 1953, Giur. it., 1954, I, 2, 652; Trib. Palermo, 31 agosto 1957, Giur. Sic., 1958, 113; Trib. Genova, 13 dicembre 1957, Temi Gen., 1958, 19; App. Palermo, 23 settem Ibre 1958, Giust. Civ., 1959, I, 728; Cass., Sez. Un., 17 maggio 1958, n. 1608, Foro it., 1958, I, 1103, con nota di TORRENTE, ed in questa Rassegna, 1958, 120). La sentenza, che si annota, si ricollega all'indirizzo giurisprudenziale culminato nella citata sentenza delle Sez. Un., n. 1608 del 1958, secondo il quale l'art. 7 non concerne la responsabilit dello Stato per i danni arrecati in conseguenza di fatti illeciti commessi dalla Polizia. II. -:i;; anzitutto da .rilevare che il problema dell'interpretazione dell'art. 7 non sempre stato posto in termini corretti. L'art. 7 pu infatti essere interpretato nel senso di esclusione del solo indennizzo, cio del compenso del sacrificio imposto nell'esercizio di attivit legittima, o I I PARTE I, SEZ. m, GIURISPRUDENZA CIVU.E Stante la inesecuzione da parte del Rosa, il Sindaco vi procedeva cio, affidandone l'incarico alla Questura di Potenza, contro il cui ato insorto il ricorrente Rosa, denunziando il comportamento ittimo, illecito e vandalico dei funzionari e degli agenti della >tura di Potenza ed istando perci per il risarcimento dei danni 1arte del Ministero degli Interni. La questione verte, quindi, unicamente sul punto se nell' esecu~ d'ufficio dell'ordinanza sindacale gli organi di p.s. avessero scon o dai limiti della legalit, in modo da causare con il loro compormto illegittimo la lesione di un diritto soggettivo del ricorrente. Tale essendo la causa petendi, non pu dubitarsi della proponi~ del risarcimento, cio della reintegrazione patrimoniale del danno da atto o. La condotta, nella fattispecie dell'illecito civile, commesso dalla p.a., pu ;tere poi o in un atto amministrativo o in un'attivit materiale, nei limiti teso in cui quest'ultima riferibile alla p.a. Il provvedimento amministrativo ia soltanto illegittimo, e non anche illecito, nel senso che non costituisca anche 1dotta di una fattispecie di illecito civile, pertanto estraneo al problema intertivo dell'art. 7, salvo che non si ritenga la risarcibilit dell'interesse legittimo, ~ nel nostro ordinamento sicuramente da escludersi (v. FoLIGNO, La pretesa nsabilit della p.a. per lesione di interessi legittimi, in questa Rassegna, 1963, 1). L'atto illegittimo, infatti, quando vi sia violazione delle norme strumentali !ondizionano l'esercizio del potere (norme d'azione), delle norme cio che, pponendo gi tracciata la demarcazione tra le rispettive sfere giuridiche ittadino e della p.a. {norme di relazione), disciplinano i modi e le forme ttivit che la p.a. pu svolgere entro la propria -sfera giuridica. Dalle norme di azione derivano per la p.a. doveri in senso stretto (per tale ne: ROMANO, voce Doveri, obblighi, Frammenti di un dizionario giuridico, 10, 1947), non obblighi cui siano correlativi diritti del cittadino, il quale, to all'atto illegittimo, pu essere, tutt'al pi, titolare di un interesse legittimo. L'inosservanza delle norme sulla legittimit non determina dunque violazione itti soggettivi e, per ci, non costituisce illecito civile, riconnettendosi ad essa a sanzione dell'invalidit dell'atto. Il problema interpretativo dell'art. 7 non va pertanto. posto in termini di imit o di illegittimit dell'atto, ma in termini di atto legittimo, da un lato, atto illecito, dall'altro, sia la condotta di quest'ultimo costituita da provve 1to amministrativo o da attivit materiale. Cos precisati i termini del problema, sembra da respingere l'interpretazione :tiva dell'art. 7, nel senso di esclusione del solo indennizzo da attivit legit Si in proposito anzitutto osservato (SAVARESE, op. cit., 176) che, dovendosi lere nel nostro ordinamento lesistenza di un principio generale della inden bilit per atti legittimi, essendo il danno da atto legittimo indennizzabile sol- in presenza di una espressa disposizione di legge, la norma, interpretata :tivamente, sarebbe " inutiliter data n, perch superflua iterazione del principio aie della non risarcibilit del danno non antigiuridico. L'interpretazione lata dell'art. 7 invece in perfetta aderenza con la natura mtemnte discrezionale dell'attivit di p.s., che si esplica in relazione alle doni fondamentali dello Stato ed alle imprescindibili esigenze dell'ordine e incolumit pubblica, tali da giustificare l'esclusione di qualsiasi ragione di RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO bilit dell' zione, posto il principio ormai dominante secondo il quale l'attivit della p.a. deve svolgersi in ogni campo ed anche in quello della pura discrezionalit nei limiti posti dalla legge oltre che dalla norma primaria e fondamentale del neminem laedere. ' La violazione di tali limiti comporta lobbligo dell'Amministrazione al risarcimento del danno. La resistente fonda la sua contraria opinione sulla lettera dell'art. 7 del t.u. della legge di p.s. {r.d. 18 giugno 1931, n. 773), il quale nega l'indennizzo per i danni prodotti ai privati in conseguenza di provvedimenti e di attivit della p.s. nell'esercizio della facolt ad essa attribuita dalla legge. danno che i privati possano comunque aver risentito in conseguenza dell'attivit di p.s. (ROMANO, op. loc. cit.; VITTA, op. loc. cit.). L'art. 7, ed il precedente art. 6 del t.u. del 1926, intesi in senso ampio, rappresentano del resto l'affermazione legislativa di un principio gi ampiamente accolto anteriormente alla emanazione del t.u. in giurisprudenza ed in dottrina (vedine lo stato in GABRIELI, op. cit., 109; v. anche Trib. Palermo, 22 ottobre 1922, Foro it., 1923, I, 808; Cass., Sez. Un., 25 giugno 1928, Giur. it., 1928, I, l, 1078; Cass., Sez. Un., 12 febbraio 1927, Giur. it., 1928, I, l, 207). ti: stato anche rilevato (MUGGIA, op. cit., 170) che l'in. terpretazione lata meglio risponde alla concezione autoritaria dello Stato al tempo della emanazione del t.u. e trova conferma nella stessa posizione dell'art: 7 sotto il titolo 11 Esecuzione dei provvedimenti di Polizia , dopo lart. 5, che prevede I'esecuzione in via amministrativa di tali provvedimenti, contro cui lart. 6 consente il ricorso gerarcWco, senza per connettervi efficacia sospensiva, s che, quando l'art. 7 subito dopo nega ogni indennizzo per i danni arrecati, si riferisce evidentemente alla dichiarazione di illegittimit intervenuta ad esecuzione compiuta. Respinta l'interpretazione restrittiva dell'art. 7, nel senso di esclusione del solo indennizzo da attivit legittinia, del pari da respingersi ci sembra la limita- zione dell'art. 7 ai soli provvedimenti illegittimi. A concretare l'illecito, come innanzi s' detto, non sufficiente che il provvedimento sia illegittimo, ma occorre anche che sia illecito, pi propriamente che esso si ponga come condotta nella fattispecie dell'illecito civile; il provvedimento illegittimo deve cio anche determinare la lesione dei diritti del privato. Ma, di regola, a concretare l'illecito nemmeno sufficiente la sola emissione del provvedimento illegittimo, idoneo a produrre perdita, estinzione o modificazione dei diritti del privato, ma occorre che gli effetti materialmente si avverino, con il che si concreta levento danno, elemento essenziale nella fattispecie dell'illecito civile (v. GIANNINI, Discorso Generale sulla Giustizia Amministrativa, Riv. dir. Proc., 1964, 220). In definitiva la lesione dei diritti del privato si verifica di regola a seguito di attivit materiale, si riconnetta questa ad un precedente provvedimento amministrativo o ne sia svincolata. Ed ai fini della responsabilit della p.a., ci che rileva sempre il comporta mento della p.a., n . vi differenza fra la fattispecie dell'illecito civile in cui la condotta sia costituita dall'emanazione di un provvedimento amministrativo o quella in cui la condotta si espressa in un'attivit materiale, simile a quella che un sog ~ getto qualunque potrebbe svolgere {GIANNINI, op. cit., 1964, 15). Si aggiunga poi che l'attivit materiale non pu essere considerata avulsa da quella formale, costituendone invece concreta attuazione, il che appare particolar PARTE I, SEZ. ID, GIURISPRUDENZA CIVILE 97 noto il contrasto sorto in dottrina ed in giurisprudenza sulla esatta rpretazione di questa non chiara disposizione di legge, la quale bbe, per alcuni, diretta a sottrarre in ogni caso l'attivit degli mi di polizia a qualsiasi controllo giurisdizionale, mentre, per altri, ion responsabilit della p.a. sarebbe limitata ai soli fatti e atti ttimi. La questione stata riesaminata e decisa da queste Sez. Un. con entenza 17 maggio 1958, n. 1608, con la quale si ritenuto che la na in esame non concerne la responsabilit dello Stato per i danni cati in conseguenza di fatti illeciti commessi nell'esercizio delfatti- di polizia. :e evilente quando si tratti di attivit materiali svolte in esecuzione di un edente provvedimento amministrativo, s che appare del tutto incongruo dare amenti giuridici diversi al provvedimento in senso stretto ed all'attivit che ne tuisce la concreta esplicazione, specie quando quest'ultima rappresenti la le esecuzione della prima. III. -Grande interesse presenta, poi, il profilo costituzionale dell'art. 7, anche li la sentenza in esame, come quella n. 1608 del 1958, fa leva sulla incostitu1lit. dell'art. 7, ove ad esso dovesse attribuirsi significato pi ampio di quello uto nelle decisioni predette (v. nel senso che, ove la legge dia adito a diverse pretazioni, taluna in senso non contrastante e taluna in senso contrastante con >rma costituzionale, deve prevalere l'interpretazione conforme alla Costituzione, 'iscorso pronunziato dal Presidente della Corte Costituzionale Ambrosini il :ennaio 1963, in questa Rassegna, 1963, 109, e la giurisprudenza ivi citata). , nella decisione n. 1608 del 1958, si fa anche accenno al possibile contrasto irt. 7, restrittivamente interpretato, con l'art. 42, comma terzo, della Costitu~, s che anzitutto da esaminare tale aspetto del problema. Problema, che si pres~nta: in relazione a tutte le leggi, che esplicitamente 717 cod. nav., per la costituzione dei vincoli aeronautici; art. 25 I. 17 ago. 942, n. 1150, per i vincoli urbanistici; art. 16 l. 29 giugno 1939', n. 1497, per 1coli paesistici; art. 4 l. 18 giugno 1931, n. 987, per la distruzione di piante scopo della lotta anticoccidica) o implicitamente (art. 3 l. 20 dicembre 1932, 849, per la costituzione delle c.d. servit militari non comprese nell'art. 3, na secondo) escludono l'indennizzo del sacrificio imposto con attivit legittima. l'ipotizzato contrasto, tra l'art. 7 del t.u. di p.s. e l'art. 42 della Costituzione, !Uramente da escludersi. L'art. 42 della Costituzione, cos come l'art. 29 dello Statuto Albertino, 1rda l'espropriazione della propriet privata, cui deve in ogni caso corrispondere ennizzo; lo stesso principio sancito dal successivo art. 431 per l'espropriazione eterminate categorie di imprese. Ora, come la stessa Corte Costituzionale ha affermato, " espropriare significa erire autoritativamente un bene da un soggetto a un altro ,, {sent. 2 luglio 1957, 18; sent. 9 luglio 1959, n. 46; v. Relaz. Avvocatura dello Stato, 1956'-1900, a, 1961, Voi. I, n. 73); trasferimento coattivo, da un soggetto ad altro, non del diritto di propriet, ma anche dell'uso temporaneo di un bene (occu> ne d'urgenza, requisizione in uso ecc.) o di una facolt di godimento (costitu~ di iura in re aliena mediante procedimento espropriativo). Al concetto di espropriazione, anche inteso in senso lafo, dunque coessen 98 RASSEGNA. 'DELL'AVVOCATURA DELLO STATO A tale interpretazione deve, del resto, pervenirsi ove si consideri la formulazione letterale della norma, la quale parla di indenizzo e non di risarcimento e di attivit dell'autorit di p.s. spiegata nell'esercizio delle facolt ad esse attribuite dalla legge, espressioni pi propriamente riferibili alla responsabilit per fatti legittimi che non a quella per fatti illeciti della p.a. Al che si deve pure aggiungere che, nel dubbio, deve prevalere quella interpretazione della legge che sia in armonia e non in contrasto con le norme costituzionali. ziale quello del trasferimento da un soggetto ad altro, cui corrisponde in funzione retributiva l'indennizzo; n vi motivo per ritenere che da esso si sia discostato il legislatore Costituente (per un'esauriente dimostrazione dell'assunto, Marw e PmA.s, Espropriazione e pubblica utilit, Giur. Cot;t., 1959, 151). Cos inteso il concetto di espropriazione, ed in base al rilievo che non determinano trasferimenti da un soggetto ali' altro, ma costituiscono mere limitazioni alla propriet privata nell'interesse obbiettivo della comunit, il Consiglio di Stato ha costantemente dichiarata manifestamente infondata la questione di legittimit costituzionale della non indennizzabilit dei vincoli urbanistici (Sez. IV, 27 febbraio 1959, n. 269, Riv. giur. ed., 1959, I, 269; Sez. IV, 19 ottobre 1960, n. 855, ivi, 1960, I, 998; Sez. IV, 25 marzo 1964, nn. 156, 157, 161, ivi, 1964, I, 779, 778, 785) e dei vincoli paesistici (Sez. IV, 10 luglio 1963, n. 538, ivi, 1963, I, 1248). Recentemente, invece, la Corte di Cassazione, Sez. I, ha ritenuto non mani ; festamente infondata la questione di legittimit costituzionale della non indennizzabilit delle c.d. servit militari, anche nell'ipotesi in cui in esse si ravvisi, non una servit pubblica a favore del bene demaniale, ma un limite di diritto pubblico alla privata propriet {Ord. 27 gennaio 1984, pubblicata in G.U., 29 agosto I 1004, n. 212). Comunque, anche a non voler ritenere coessenziale al concetto di espropriazione quello del trasferimento del diritto da un soggetto ad un altro ed a configu I rare come casi di espropriazione anche quelli in cui la privazione (naturalmente non in via generale) di un diritto venga utilizzata per far venir meno il diritto stesso, senza che altri sottentri al vecchio titolare {cos SANDULLI, Natura ed eDettf dell'imposizione di vincoli paesistici, Riv. trim. dir. pubbl., 1961, 827), non pu certo estendersi l'obbligo dell'indennizzo, con il quale la Costituzione tutela il soggetto passivo del provvedimento espropriativo, ad ogni ipotesi di danno riconducibile ad un intervento legittimo dello Stato, senza dissolvere la nozione stessa di espropriazione in una figura dai confini vaghi ed inafferrabili (v. MoTzo e PmAs, op. cit., 216, 223). Cos non pu certo ricondursi nell'ambito della espropriazione il provvedimento di distruzione di piante emesso ai sensi della legge n. 987 del 1931, n si dubitato della costituzionalit dell'art. 4 di tale legge, anche da chi, come I'ALEssI, ritiene che dall'art. 42 della Costituzione derivi in via generale il principio della intangibilit del patrimonio privato (v. ALEE;SI, Non indennizzabilit della dilftruzione di piante causata dalla pubblica Amministrazione, in nota a Cass., Sez. Un., 28 aprile 1981, n. 979, Giur. it., 1962, I, 1, 715). Cos non pu in alcun modo ricondursi nell'ambito della espropriazione il danno che ai .privati sia derivato dall'esercizio legittimo dell'attivit di polizia, n, quindi, sussiste contrasto tra l'art. 7 del t.u. di p.s., restrittivamente interpretato, e l'art. 42 della Costituzione. PARTE I, SE'Z. ID, GIURISPRUDENZA CIVILE 99 Se l'art. 7 fosse interpretato nel senso lato auspicato dalla difesa la resistente Amministrazione dello Stato, detto articolo sarebbe iramente affetto da illegittimit costituzionale, comech .in contrasto l'art. 113 della Costituzione, che vuole sia sempre consentita contro atti della p.a. la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi ittimi. ben vero che anche restrittivamente interpretato e limitato ai i incolpevoli della p.a., il precisato art. 7 della legge p.s. potrebbe luogo, sotto altro profilo, a questioni di legittimit costituzionale; :il: in effetti da riconoscere che non esiste nel nostro ordinamento un principio grale di indennizzabilit del sacrificio dipendente dall'esercizio .&-attivit fegitL {v. Cass., 15 ottobre 1959, n. 2687, Giust. Cost., 1960, 317; Cass., 12 otto1960, n. 2687; in questa Rassegna, 1961, 18); vi sono soltanto -applicazioni partiri di tale principio, oltre che nelle indicate norme costituzionali, in altre leggi 46 della legge sull'espropriazione per p.u.; art. 265 della legge sanitaria; 7 dicembre 1953, n. 968, sui danni di guerra); ma, com'.stato esattamente rvato (SANDULLI, Manuale, 441), si tratta pi di una direttiva alla quale il datore si ispirato ed alla quale pu l'interprete eventualmente rifarsi, che di precetto operante al di fuori della propria sede normativa. N l'art. 7 pu considerarsi in contrasto con l'art. 113 della Costituzione, sia :h l'art. 7 non contiene un'eccezione alla tutela giurisdizionale dei diritti sogivi, ma esclude addirittura lesistenza di un diritto soggettivo, sia perch . 113 appare preordinato alla tutela contro gli atti illegittimi, mentre l'inden; o, pi che ad una vera e propria tutela, attiene alla materia della conversione diritti sacrificati {ALEssI, Responsabilit cit., 242). N, in ultimo, pu l'art. 7 considerarsi in contrasto con l'art. 28 della Costione, concernendo tale norma la responsabilit per atti compiuti in violazione liritti, non il sacrificio di diritti in dipendenza di attivit legittima. Assai pi grave invece il problema della costituzionalit dell'art. 7, interpre in senso ampio. Cos interpretato, infatti, l'art. 7 del t.u. di p.s. appare in contrasto con gli . 28 e 113 della Costituzione. La giurisprudenza e la prevalente dottrina hanno ffO esaminato la costituzionalit dell'art. 7 in relazione al solo art. 113 della tituzione, ritenendo che in tale norma si trovi affermata la responsabilit diretta a p.a. Ove invece, pi correttamente, si ritenga che il problema della responlit, sia dei dipendenti che della p.a., sia stato definito con l'art. 28 della Costione, e che l'art. 113 si limiti soltanto a predisporre sul piano giurisdizionale e ~essuale la tutela dei diritti e degli interessi lesi dagli atti della p.a. (v. Dr MMO, La responsabilit civile del dipendente statale e dell'Amministrazione o Stato, in questa Rassegna, 1957, 29; in senso contrario, TORRENTE, La resp.on' lit indiretta della Pubblica Amministrazione, Riv. dir. civ., 1958, I, 285), il i:>lema della costituzionalit dell'art. 7 va posto anche e soprattutto in relazione Lrt. 28 della Costituzione. Dal disposto dell'art. 28 della Costituzione si trae anzitutto il principio che ).a. responsabile civilmente del danno arrecato dai suoi dipendenti con atti Lpiuti in violazione di diritti . Il contrasto dell'art. 7 con le indicate norme costituzionali non pu dunque ;i per gli atti illegittimi, in quanto, rispetto a tali atti, il privato pu essere 'al pi titolare di un interesse legittimo, la cui tutela dinanzi al competente RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ma ai fini della presente causa la supposta incostituzionalit dell'art. 7, anche se circoscritto alla sola attivit legittima della p.a., del tutto irrilevante. Si versa, in concreto, in tema di attivit illecita degli organi di p.s. che posero in esecuzione l'ordinanza del sindaco di Potenza e ci basta a fare esulare dalla previsione del suddetto articolo di legge, inter pretato nel senso di cui alla precedente sentenza di queste Sez. Un., la fattispecie dedotta in questo giudizio. Non migliore fondamento ha l'ulteriore configurazione della mede- sima eccezione di difetto giurisdizionale, questa volta basata sul fatto giudice amministrativo non gli certo impedita dall'art. 7. Il contrasto pu invece sorgere quando il provvedimento illegittimo sia anche illecito, quando cio abbia anche leso diritti soggetti del privato, ponendosi come condotta nella fattispecie dell'illecito civile. In tal caso alla illegittimit si riconnette la sanzione della inva lidit, all'illiceit quella del risarcimento del danno, della prima competente a cono scere il giudice amministrativo, della seconda il giudice ordinario, il quale, dopo che il giudice amministrativo ha annullato l'atto in quanto illegittimo, ben pu prendere in esame l'atto illegittimo-lesivo di diritti come condotta nella fattispecie dell'illecito civile e riconnettervi la sanzione del risarcimento del danno. Ma, perch ci avvenga, condizione imprescindibile che l'atto illegittimo abbia inciso su diritti soggettivi del privato, i quali, per l'effetto ripristinatorio dell'annullamento dell'atto, riacquistano piena consistenza e tutela. E la giurispru. denza ha in tal senso chiarito che, ai fini della proponibilit dell'azione di risarcimento del danno contro la p.a., non sufficiente l'annullamento di un atto amministrativo, ma necessario che l'atto annullato abbia leso un diritto soggettivo del privato, cagionando a quest'ultimo un danno; pertanto, quando il privato titolare, nei confronti della p.a., esclusivamente di un interesse legittimo, la tutela giurisdizionale di detto interesse si esaurisce, di regola, nella pronuncia di annullamento dell'atto stesso da parte del giudice amministrativo (Cass., Sez. Un., 28 luglio 1962, n. 2210, Foro it., 1962, I, 1650; Cass., Sez. Un., 31 luglio 1962, n. 2294, Foro it., 1963, I, 1016; Cass., Sez. Un., 6 agosto 1962, n. 2418, Foro it., 1963, I, 64; Cass., Sez. Un., 16 ottobre 1962, n. 2998, Foro it., Mass., 1962, 844; Cass., Sez. Un., 28 aprile 1964, n. 1019, Foro it., 1964, I, 1287; Cass., Sez. Un., 25 luglio 1964, n. 2064, Foro it., Mass., 1964, 542; v. anche FoLIGNO, op. cit., 20). Pertanto, anche a non voler aderire alla tesi del SANDULLI (Manuale cit., 446, nota 9), il quale nega in radice la possibilit di contrasto tra l'art. 113 della Costituzione e l'art.. 7, per il rilievo che quest'ultimo non contiene eccezione alla tutela giurisdizionale dei diritti soggettivi, ma esclude addirittura nella materia in questione l'esistenza di un diritto soggettivo (analogo rilievo in BuzzETTI, Recensione all'Ale.ssi, Riv. trim. dir. pubbl., 1951, 1000), deve riconoscersi che il contrasto tra le due norme in realt limitato ai soli casi in cui l'interesse leso all'atto del1' emanazione del provvedimento di polizia abbia consistenza di diritto soggettivo, il che, specie nel caso della c.d. polizia amministrativa, che si esplica in prevalenza mediante autorizzazioni o licenze, da escludersi. La questione stata in particolare discussa in relazione al diniego di autorizzazione, dichiarato illegittimo dal giudice amministrativo, ritenendosi da una parte della dottrina (SANDULLI, Notazioni in tema di provvedimenti autorizzativi, Riv. trim. dir. pubbl., 1957, 784, e Lesione di interessi legittimi e obbligazione risarcitoria della pubblica Amministrazione, Riv. trim. dir. pr. civ., 1963, 1279) che, pur PARTE I, SEZ. ID, GIURISPRUDENZA CIVILE 101 ove si prescinda dalla prospettazione dei fatti della causa avanzata 'interessato, mancherebbe a priori !'.estremo della illiceit del com :amento de.Ila polizia. :B chiaro, per, che in tal modo non si pone un problema di quali lione della posizione giuridica del privato e di qualificazione della pretesa di fronte alla p.a., ma si nega la effettiva esistenza della ~a petendi {condotta illegittima degli organi di polizia nel dare ese lone all'ordinanza) invocata dalla parte; si impugna, cio, il merito a pretesa, il che potr portare al rigetto della domanda, non al :tto di giurisdizione del giudice ordinario. 1do il titolare del diritto, per il cui esercizio necessaria l'autorizzazione, por ee di un mero interesse legittimo in ordine all'emanazione dell'autorizzazione, gittimo diniego di quest'ultima, violando l'interesse alla piena espansione del to soggettivo, viene in sostanza a ledere il diritto medesimo, con conseguente igo di risarcire il danno. Ma, anche a non voler affrontare la questione di fondo, che imporrebbe il Lme dell'opinione corrente giusta la quale l'autorizzazione rimuove solo un ce alla esplicazione di facolt gi contenute in un preesistente diritto soggettivo, itione che attiene alla natura composita di figure tradizionalmente considerate e unitarie e che invece si scompongono in tante figure particolari di diritti sogivi (per la configurazione delle singole facolt come figure autonome, v. CAsNO, Situazioni giuridiche e l'oggetto della giurisdizione amministrativa, Milano, 3, 66), va osservato che l'annullamento del diniego di autorizzazione si limita ~integrare la situazione di interesse legittimo ad ottenere l'autorizzazione, cio pristinare quello stato giuridico di mera attesa del provvedimento autorizzativo proprio dei diritti fievoli, o in attesa di espansione (per tale nozione, SAN LI, Manuale cit., 56), ma non ripristina alcun preesistente rapporto, la cui ituzione presuppone invece proprio l'emanazione di un provvedimento positivo. ertanto da escludere che il diniego di autorizzazione, dichiarato illegittimo dal lice amministrativo, dia luogo a risarcimento (in tali sensi Cass., Sez. Un., ottobre 1962, n. 2998, Foro it., Mass., 1962, 844 e Cass., Sez. Un., 17 otto 1968, n. 2770, in questa Rassegna, 1964, 81; in dottrina Gu1ccIARD1, Risarci di interessi legittimi, Giur. it., 1968, I, 1, 1108; v. anche MIELE, Risarcibilit danni derivanti da ingiusta lesione di interessi legittimi ad opera della pubblica rninistrazione, Foro it., 1968, IV, 28, 86). Il che , a pi forte ragione, da udersi in relazione all'illegittimo diniego delle licenze (es. licenza di porto mi), le quali, a differenza delle autorizzazioni in senso proprio, ampliano la a giuridica del soggetto in una direzione che non compresa nel suo ambito idico istituzionale (per la distinzione tra autorizzazioni e licenze v. SANDULLI azioni cit., 790, 808, e Manuale cit., 274). Diversamente da ritenersi nel caso di revoca del provvedimento autorizvo, dichiarata illegittima dal giudice amministrativo, in quanto l'annullamento a revoca ripristina la posizione di diritto soggettivo, costituitasi a seguito delianazione del provvedimento autorizzativo; per controverso se la revoca le autorizzazioni di polizia, prevista dall'art. 11 del t.u. delle leggi di p.s., sa inquadrarsi negli schemi della revoca in senso proprio (v. in tal senso ALEss1, revoca degli atti amministrativi, Il ed., Milano, 1956, 100, e in Responsabilit , 246) o rientri nell'ambito di figura giuridica diversa {ritiene trattarsi di rimo RASSEGNA DELLAVVOCATURA DELLO STATO Stabilito loggetto e la natura dell'azione, non pare sia possibile contestare, come fa la resistente, la legittimazione passiva ad causam del Ministero degli Interni, di cui la polizia fa parte. Anche su tale punto la giurisprudenza della Corte nel senso che le ordinanze contingibili ed urgenti in tema di sicurezza pubblica, quale quella in controversia, sono emanate dal sindaco quale ufficiale di governo e quindi dei danni che possono da esso derivare ad altri soggetti deve rispondere lo Stato e non il Comune (sent. 2 agosto 1962, n. 2563). A maggior ragione dei danni responsabile lo Stato, quando il pregiudizio che il privato lamenta sia dovuto esclusivamente all'operato degli ufficiali ed agenti di polizia incaricati della esecuzione dell' ordinanza predetta. -(Omissis). ziomi, SANDULLI, Notazioni cit., 800, nota 40; di abrogazione, ZANOBINl, Corso di diritto amministrativo, Milano, 1947, Voi. I, 252). E: poi sicuramente da escludersi che, dichiarata illegittima l'autorizzazione dal giudice amministrativo, il terzo, che abbia risentito danno dall'attivit autorizzata, abbia azione risarcitoria contro l'Amministrazione, sia perch il terzo nei confronti del provvedimento autorizzativo portatore di un mero interesse alla legittimit dello stesso, sia perch, ottenuta l'autorizzazione, i diritti vengono esercitati dagli I interessati non obbligatoriamente, ma facoltativamente ed iure proprio , s che il danno deriva al terzo da fatto dell'interessato e non della p.a. (v. Cass., Sez. Un., 16 luglio 1955, n. 2285, Foro it., 1956, I, 750). E: poi sicuramente da escludersi che la p.a. debba rispondere della mancata repressione di attivit illecite di terzi, dopo la dichiarazione di illegittimit del pro~ g prio comportamento negativo rispetto alla istanza del privato, non essendo questi Im titolare di diritto soggettivo all'esplicazione dell'attivit di polizia (v. Cass. Sez. Un., 17 maggio 1958, n. 1608, Foro it., 1958, I, 1103; Cass. Sez. Un., 28 luglio 1958, n. 2721, Foro Amm., 1958, Il, 1, 740; in dottrina: SANDULLI, Repressione di abusi edilizi ed interessi di terzi, Giust. civ., 1963, Il, 38). I Passando, in ultimo, all'attivit materiale di polizia, le medesime considerazioni, svolte in relazione ai provvedimenti di polizia, valgono anche per l'attivit materiale di polizia, quando essa rappresenti la fedele esecuzione di un precedente provvedimento; in tal caso l'esecuzione materiale rende concreta ed effettiva la lesione, potenzialmente contenuta nel p'rovvedimento, al quale, in definitiva, debbono essere riferite le qualifiche di illegittimit e di illiceit, salva che l'illiceit non attenga esclusivamente alle modalit di fatto dell'esecuzione. Quanto all'attivit materiale di polizia in ultimo da notare che i beni primari dell'individuo sono protetti dalla legge penale, con la conseguenza che, quando l'autore della violazione venga condannato in sede penale, sempre che si tratti di illecito penale non doloso ed il fatto sia riferibile alla p.a., quest'ultima risponde del danno, restando in tal modo l'art. 7 assorbito dalla legge penale e IIdal principio dell'automatismo del danno conseguente a condanna penale (SAVARESE, op. cit., 179), s che, in definitiva, il contrasto tra gli artt. 28 e 118 della Costituzione e lart. 7 ipotizzabile nei soli casi di diritti soggettivi attinenti a r:: beni non protetti penalmente. . I. ' FELICE PAGANO I PARTE I, SEZ. m, GIURISPRUDENZA CIVILE 103 lTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 7 ottobre 1964, n. 2537 -Pres. Caizzi -Est. Sparvieri -P.M. Cutrupia {conf.) -A.N.A.S. (avv. Stato N. Bronzini) c. Vellutini (avv. Comini). a giudicata -Giudicato civile e penale (rapporto) -Cosa giudicata penale -Preclusione conseguente alla negata sussistenza del fatto -Ammissibilit nei confronti di soggetto diverso dall'imputato prosciolto. (art. 25 c.p.p.). a giudicata -Giudicato civile e penale (rapporto) -Cosa giudicata penale -Fatti materiali -Efficacia -Condizioni. (art. 28 c.p.p.}. La preclusione conseguente alla negata sussistenza del fatto da e del giudice penale ha efficacia anche rispetto a soggetto diverso 'imputato prosciolto, qualora, permanendo identico nella sua entit ttiva in rapporto con la produzione dell'evento, il fatto, nel giudizio '.e, venga riferito ad altro soggetto per l'inerente responsabilit (1). I fatti materiali il cui accertamento da parte del giudice penale 1fficacia vincolante per il giudice civile, a norma dell'art. 28 c.p.p., mo, oltre che essere compresi nel capo aimputazione, costituire il upposto logico e necessario della pronunzia {2). {Omissis). -Devesi, anzitutto, disporre la riunione sotto il pm co numero di ruolo del ricorso principale e del ricorso incidentale, investono entrambi la sentenza definitiva della Corte d'Appello di >gna inter partes e che, comunque, concernono la medesima conersia. Il controricorso e il ricorso incidentale di Vellutini Giuseppe vanno darati inammissibili, in quanto la procura speciale conferita dallo ;o Vellutini al proprio difensore risulta apposta in calce alla copia (1) Cfr. Cass., 9 dicembre 1933, Foro it., Mass., 1933, 673, Sez. Un., 12 lu1950, Giust. pen., 1951, III, 409. Nel senso che l'esercizio dell'azione ~ sia precluso dal giudicato penale quando la domanda sia proposta contro 11tico soggetto e per i fatti costituenti il presupposto logico e giuridico della mza di proscioglimento, non gi quando sia proposta contro soggetto rimasto neo al processo penale e per circostanze non collegate col capo d'imputazione te, in tal caso, sia ammissibile nuova indagine dei fatti, cfr. Cass., 20 giu1957, Bennati c. ATAM, Finanze, Foro pad., 1957, I, 1322, Foro autom., ', 542; 9 ottobre 1959, Nicolosi c. Ritto, Resp. civ. e prev., 1960, 281. Sulla nozione di fatto, per i rapporti tra giudicato penale e civile, diversate dalla giurisprudenza, che accoglie una nozione di fatto comprensiva dell' eleto materiale e di quello psicologico (v. per tutte Cass., 11 giugno 1942, t. pen., 1943, IV, col. 206, 20), la dottrina divisa. Per il VANNINI (Manuale RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO notificatagli del ricorso, anzich in calce o a margine delfatto contenente il controricorso e il ricorso. incidentale. Con il primo mezzo del ricorso principale contro la sentenza non definitiva della Corte del merito l'A.N.A.S. denuncia la violazione dell'art. 25 del c.p.p. in relazione all'art. 360 n. 3 del c.p.p., assumendo che la impugnata pronuncia erroneamente avrebbe ritenuto che la questione circa la proponibilit, nella specie, dell'azione civile per risarcimento del danno non potesse essere risolta alla stregua del giudicato penale di assoluzione del cantoniere Canta galli, per ess13re lazione civile stata proposta contro un soggetto diverso da quello sottoposto a procedimento penale. La Corte osserva: La denunciata sentenza caduta in errore, quando ha ritenuto che l'art. 25 del c.p.p. provvede solo per il caso in cui fazione civile per il risarcimento del danno sia proposta contro l'identico soggetto sottoposto a procedimento penale ed assolto con formula escludente, anche in via dubitativa, la su.ssistenza del fatto o che l'imputato lo abbia commesso. Per vero: la preclusione conseguente alla negata sussistenza del fatto ha efficacia secondo la giurisprudenza, sia pure non recente, ma non mutata, di quest!l .Corte anche rispetto a soggetto diverso dall'imputato prosciolto, qualora, ri;rnanendo identico il fatto nella sua entit obiettiva in rapporto con la produzione dell'evento, il fatto stesso venga nel giudizio civile riferito ad altro soggetto per l inerente responsabilit. Tuttavia, l'errore nel quale ' incorsa la Corte del merito non determina l'annullamento, ma la sola correzione della denunciata sentenza, in quanto la stessa ha ritenuto la proponibilit dell'azione civile per considerazioni desunte da circostanze diverse dal fatto addebitato al cantoniere Cantagalli in sede penale ed escluso dalla sentenza del Pretore di Faenza, passata in giudicato: come meglio risulter dalla disamina del secondo mezzo. di diritto processuale penale italiano, 1963, 61) per fatto va inteso il puro "fatto materiale con esclusione della ipotesi della 11 colpevolezza. Secondo l'autore le formule di assoluzione sulla colpevolezza (ma che accertino il fatto) non impe< lirebbero la proposizione dell'azione civile nei confronti del civilmente responsabile; nel senso prospettato v. anche LEONE, Trattato di diritto processuale penale, Napoli, 1961, I, 293; contra GUARNERI, Autorit della cosa giudicata penale nel .giudizio civile, 69, 145, 146, per cui la nozione di fatto avrebbe carattere generale e non si rinverrebbe soltanto nell'art. 25 c.p.p. ma nell'intero sistema penale s da formarne un'unit comprensiva dell'elemento soggettivo ed oggettivo; RANIERI, Diritto processuale pnale, Cedam, 1956, 93-94, per cui la nozione di fatto va intesa come fatto storico comprensivo dell'elemento materiale, di qullo psicologico .e delle loro modalit; adde: LEONE, Lineamenti di diritto processuale penale, IV, PARTE I, SEZ. IlI, GIURISPRUDENZA CIVILE Con il quale si denuncia la violazione delfart. 28 del c.p.p. in rela~ all'art. 360 n. 3 c.p.p., sulfassunto che la Corte del merito avrebbe uto proponibile la domanda del Vellutini, sebbene a sostegno di fosse stato dedotto lo stesso fatto imputato al Cantagalli, poi assolto non averlo commesso. La censura infondata. La Corte del merito -premesso che il Cantagalli era stato impu del delitto di lesioni colpose gravi, per avere, quale cantoniere >nsabile della manutenzione di un tratto della via Emilia, omesso pporre sulla medesima i segnali di lavori ih corso e di pericolo a ito di recente rifacimento del manto stradale -ha rilevato che il ice penale aveva assolto il Cantagalli per non avere commesso tto, in quanto aveva accertato che il medesimo aveva provveduto pporre i segnali generici di lavori in corso ed anche quelli di peri- consistenti in cavalletti di sbarramento in vicinanza della interme stradale, m~ aveva rimosso questi ultimi segnali, dopo le eseguite -azioni di fortuna della buca, per ottemperare ad ordini superiori. La Corte del merito ha, quindi, considerato che il giudice penale a di proposito omesso qualsiasi indagine intorno alla pericolosit ' sistemazione stradale, cos come era stata attuata dal Cantagalli, uanto aveva precisato in sentenza che tale esame non costituiva .ntecedente logico e necessario della pronuncia di assoluzione delmtato con formula piena, posto che findagine giudiziale doveva e mantenuta nel limite della contestazione, con la quale al Canili era stato addebitato soltanto di non avere provveduto ad apporre strada i segnali di lavori in corso e di pericolo. . Da queste premesse la Corte del merito ha tratto la conseguenza nel giudizio civile contro fA.N.A.S. il danneggiato era libero di me, a fondamento della domanda, il fatto -diverso da quello conte~ al Cantagalli in sede penale -che la riparazione della strada ;tata es.eguita in modo inefficiente cos da costituire una insidia per tffico dei veicoli. 121; Dosi, La nozione del fatto nel dir. processuale penale, Riv. dir. proc., . 511-530 ed ancora La sentenza penale di proscioglimento, 1955, 165, in cui ~lie una nozione ampia, comprensiva dell'elemento materiale e della colpevo, Per una pi ampia rassegna cfr. anche LA RoccA, Studi sul problema del nel processo penale, Napoli, 1954, 35 ed ancora Proscioglimento per non aver iesso il fatto e preclusione della azione civile, Giust. pen., 1962, III, 408 e , per cui l'espressione "fatto n usata nell'art. 25 c.p.p. con riferimento alle 1le di proscioglimento in fatto ed indica, quindi, la fattispecie storica di fatto sa dal giudice nella sentenza irrevocabile. (2) In senso conforme, cfr. Cass., 9 novembre 1961, n. 2592, Giust. civ., ., 1961, n. 1160; 18 febbraio 1961, n. 364, ivi, 144; 17 maggio 1962, n. 1113 . . civ., Mass., 1962, II, 567. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Con il terzo mezzo -dal quale ha inizio la serie delle censure contro la sentenza definitiva -la ricorrente principale deduce la violazione dell'art. 2043 del e.e. in relazione all'art. 360 n. 3 del c.p.c., assumendo che la Corte del merito -con il ritenere che, per essersi la buca formata a causa del sistema adottato dall'A.N.A.S. per la riparazione di fortuna della strada, si era venuta a costituire una vera e propria insidia per i guidatori, che si trovavano a transitare in quel punto, senza potere avvertire tempestivamente il pericolo -avrebbe omesso di considerare che, anche supposto ma non concesso che l'abbassamento del piano stradale presentasse il carattere obiettivo della non visibilit, non ricorresse, comunque, lelemento subiettivo della imprevedibilit, stante la presenza dei segnali di lavori in corso pi che sufficienti a rendere edotto il guidatore dell'evenienza di ostacoli o difficolt al transito, primo fra tutti la irregolarit del piano stradale. Anche tale censura infondata. La Corte del merito ha rilevato che le condizioni della strada, cos come si presentavano a seguito delle riparazioni di fortuna adottate dall'A.N.A.S., sia pure giustificate dalle eccezionali condizioni che si presentavano a causa del gelo dell'inverno 1955-1956, non consentivano un transito regolare e sicuro, in quanto il riempimento delle buche, della profondit da mezzo metro ad un metro, con semplice materiale ghiaioso e sabbia, non poteva presentare condizioni di sicurezza per il traffico, particolarmente per quello leggero dei motomezzi, in quanto l'inevitabile cedimento della superficie riparata con tale materiale veniva a costituire una insidia per il traffico, specie nelle ore notturne, per il motivo che il guidatore, pure procedendo con relativa i prudenza in conseguenza dell'avvistamento dei segnali generici di lavori I in corso, era indotto a fare affidamento, in mancanza di segnali spe@ cifici di pericolo immediato, sulla continuit del manto stradale. Sulla costituzionalit dell'art. 28 c.p.p. va segnalato che la questione era stata sollevata dapprima con ordinanza 29 luglio 1003, dal Pretore d'Isernia, nel giudizio civile tra Buacciaglia, Varanonuovo e Jacurto; successivamente con ordinanza 15 dicembre 1003, dal Tribunale di Napoli, nel giudizio civile promosso da Rispo c. S.F.S.M. Per tale seconda ordinanza (con cui si dichiarava non manifestamente infondata l'eccezione d'incostituzionalit dell'art. 28 c.p.p., nella parte in cui detto articolo dispone lestendersi dell'efficacia del giudicato penale nei confronti di terzi non intervenuti nel giudizio penale), con nota di C. LEONE, Giur., it., 1005, I, Il, 131 e segg. Peraltro, la Corte Costituzionale, con sentenza n. 5 di 4-19 febbraio 1005, Sentenze e ordinanze della Corte Costituzionale, 1965, 23 e segg., ha dichiarato non fondata la questione di legittimit costituzionale del!' art. 28 c.p.p., in relazione all'art. 24, secondo comma, della Costituzione. Per una rassegna dell'orientamento giurisprudenziale in materia cfr. Cass., I pen., 5 aprile 1955, Giust. pen., 1955, III, 292: per. cui il diritto alla difesa va inteso come principio caratterizzante lordinamento processuale penale, dirigendo il legislatore e l'interprete alla rigorosa tutela di tale diritto ed impedendo attivit PARTE I, SE'Z. m, GIURISPRUDENZA CIVILE 107 Del resto, la Corte del merito con la sentenza non definitiva, pasin giudicato sul punto, aveva gi statuito che i semplici segnali di i in corso, apposti a circa 150-200 metri prima del luogo dove nne il sinistro, non potevano ritenersi idonei alla specifica funzione me in grado gli utenti della strada di avvertire in tempo il pericolo. Con il quarto mezzo si denunciano la insufficienza e la contradriet di motivazione su punto decisivo della controversia, assufosi che la Corte del merito avrebbe affermato che il Vellutini, a del sinistro, procedesse con relativa prudenza, senza svolgere concreta indagine, sulla scorta delle risultanze di prova, in ordine fettivo contegno del guidatore fino al momento dell'incidente, anzi lrcostanza sarebbe stata enunciata in via assolutamente generica, Jn addirittura in via meramente ipotetica. La censura non meritevole di essere attesa. ~ bens vero, infatti, che l'affermazione della Corte del merito circa lativa prudenza del guidatore stata fatta in astratto, per avere la e stessa ritenuto la esistenza della insidia per il motivo che il guire, pur procedendo con relativa prudenza a seguito dell'avvistato dei segnali generici di lavori in corso, era indotto a fare affidato, in mancanza di segnali specifici di pericolo, sulla continuit del to stradale. Ma, a prescindere dal rilievo che la considerazione di 1e astratto della Corte del merito non giuridicamente erronea n !amente viziata, da osservare che la censura della ricorrente cade i un punto non decisivo della controversia, in quanto la Corte stessa dentifcato la causa dell'improvviso sbandamento del motociclista l affrettata e inidonea riparazione del manto stradale. Ed invano si deduce ancora dalla ricorrente con il mezzo in esame sarebbe elemento di grave contraddittoriet di motivazione l'ama considerazione di una induzione a relativa prudenza in conse arie. Nel senso che il diritto alla difesa debba essere inteso come potest iva di assistenza tecnica e professionale nello svolgimento di qualsiasi processo, todo da rassicurare il contraddittorio con la rimozione di ostacoli a far e le ragioni delle parti, cfr. Corte Cost., 18 marzo 1957, n. 46, Giurispr. , 1957, 587: in tale sentenza gi veniva, peraltro, anticipato che le modadi esercizio del diritto di difesa sono regolate secondo le speciali carattehe di struttura dei singoli procedimenti. Nel senso che il diritto alla difesa azionato innanzi all'a.g.o. con i mezzi offerti in generale dall'ordinamento neo, cfr. Corte Cost., 22 dicembre 1961, n. 70, Giurispr. Cast., 1961, 1282. quanto in relazione al principio del contraddittorio, cfr. anche Corte Cost., lcembre 1963, n. 170, Giurispr. Cast., 1963, 6, 1686; vedansi, altres le sentenze ), 108, 132, 133, 169 della C.C., Giurispr. Cast., 1963, 737, 850, 1465, 1477, . Nel senso che l'art. 24, secondo comma, Cost. vada interpretato come tutela ;ssuale di situazioni giuridiche subiettive, cos come scaturenti dalla legge nziale, cfr. Corte Cost., 11 dicembre 1964, n. 111, Sent. e Ord. Corte Cosi., , 6, 500. C. TONELLO RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DLLO STATO guenza dell'avvistamento dei segnali generici di lavori in corso e di una contemporanea induzione in istato di pericolo per la mancanza di specifici segnali di pericolo immediato. Per vero, la Corte del merito aveva precisato, nella sentenza. non definitiva, che i segnali generici di lavori in corso erano quelli triangolari, mentre i segnali ritenuti specificamente idonei a preavvertire tempestivamente gli utenti della strada della esistente situazione di pericolo erano i cavalletti di sbarramento illuminati a luce rossa. Con il quinto mezzo la ricorrente denuncia la violazione e, quanto meno, la falsa applicazione della legge 19 maggio 19.?2, n. 1049, nonch dell'art. 28 del t.u. 8 dicembre 1933, n. 1740, in relazione all'art. 360 n. 3 del c.p.c., assumendo che la Corte del merito, nell'affermare la responfabilit dell'A.N.A.S. per la mancata apposizione di segnali specifci di pericolo immediato, avrebbe omesso di rilevare che nella tabella allegata alla Convenzione internazionale di Ginevra del 19 settembre 1949 sui trasporti stradali ed automobilistici, resa esecutiva in Italia con la citata legge n. 1049 del 1952, sarebbe previsto soltanto un segnale generico di pericolo (1,21) ma nessun segriale specifco, avente attinenza con il pericolo costituito dall'abbassamento del piano viabile: ed inoltre che dall'abrogato codice della strada, in vigore alla data del sinistro, sarebbe previsto lobbligo di apposizione di cartelli segnaletici solo per i passaggi a livello. La censura non pu essere condivisa. Anche sul punto che ora ne occupa esiste il giudicato interno, rilevabile d'ufficio, costituito dalla sentenza non definitiva, la quale ha statuito che il solo segnale specifco di pericolo immediato, che l'A.N.A.S. non avrebbe dovuto mancare di apporre sulla strada, era quello costituito da cavalletti di sbarramento indicati con luce rossa. Il sesto mezzo denuncia la violazione dell'art. 28 del c.p.p. in relazione all'art. 360, n. 3 del c.p.p. nel senso che la Corte del merito avrebbe dato degli esiti invalidanti del sinistro un quadro di accentuata gravit, in contrasto con il giudicato penale, che li avrebbe riassunti in un permanente indebolimento mentale di grado modesto, riducente la capacit lavorativa dell'infortunato. La censura non merita favore. I fatti materiali, il cui accertamento da parte del giudice penale ha efficacia vincolante per il giudice civile, a norma dell'art. 28 del c.p.p, devono, oltre che essere compresi nel capo d'imputazione, costiLuire il presupposto logico e necessario della pronuncia (Cass., 17 mag gio 1962, n. 1113). Pertanto, al giudice civile non era inibito, nella specie, riconoscere all'indebolimento mentale permanente del Vellutini una gravit maggiore di quella indicata nel capo d'imputazione mosso al Cantagalli, PARTE I, SEZ. ID, GIURISPRUDENZA CIVll.E 109 lanto a quest'ultimo era stato addebitato, come la Corte del merito ilevato, il delitto di lesioni colpose gravi, di cui agli artt. 590, rria primo e secondo, del codice penale, per avere cagionato al ltini, non solo pericolo di vita e stato di malattia per un tempo riore a quaranta giorni, il che era gi sufficiente a far qualificare e la lesione (art. 583 n. 1 del c.p.), sibbene anche un indebolimento tale permanente, il cui grado era del tutto irrilevante ai fini della :me del reato, con riferimento alla ipotesi di cui all'art. 583 n. 2 ~odice penale. -(Omissis). lTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 12 ottobre 1964, n. 2575 -Pres. Laporta -Rel. Cusani -P.M. Cutrupia (diff.) -Amministrazione Difesa-Aeronautica (avv. Stato Cavalli) c. De Gregorio (avv.ti Zallone e Pugliese). omobile -Caduta accidentale -Idoneit a provocare la morte di persone presenti nelle vicinanze -Nesso di causalit Prova. 'igazione -Navigazione aerea -Presunzioni di colpa imposte dagli artt. 2050 e 2054 e.e. -Inapplicabilit. ponsabilit civile -Attivit pericolose -Presunzione di colpa imposta a chi le esercita -Pubblica Amministrazione -Inapplicabilit. ponsabilit civile -Stato di necessit -Equo indennizzo -Applicazione ex officio della relativa norma -Vizio di extra petita -Insussistenza. ponsabilit civile -Stato di necessit -Volontariet del comportamento -Onere della prova " Incombe sull'attore -Difformit del comportamento dalle norme comuni. (e.e.., artt. 2043, 2045, 2050, 2054; cod. nav., artt. 745, 748, 965). La caduta di un aereo fatto idoneo a provocare la morte per rto da choc di persona che si trovi in vicinanza del punto in cui eo caduto; e il nesso di causalit fra la caduta dell'aereo e la te pu dirsi dimostrato quando siasi provato che il defunto aveva pre goduto di buona salute e che non sussistevano altre cause da sufficienti a provocare revento (1). (1-6) In tema di responsabilit della pubblica Amministrazione danni prodotti dalla caduta di aeromobili militari. I. -La prima parte della prima massima non appare discutibile, non potendo .rsi che un avvenimento straordinario e terribile come la caduta di un aereo RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Le presunzioni di cui agli artt. 2050 (danni da esercizio di attivit pericolose) e 2054 e.e. {danni da circolazione di veicoli) non sono applicabili alla circolazione aerea, non essendo questa regolata dal codice civile, ma dal codice della navigazione (2). La presunzione di colpa di cui all'art. 2050 non applicabile alla p.a., non potendo il giudice ordinario sindacare la idoneit dei mezzi e delle misure posti in essere da quella per regolare i suoi servizi senza invadere la sfera di discrezionalit che la legge le garantisce (3). Ove si escluda l'illiceit di un fatto dannoso per avere l'autore del fatto agito in istato di necessit, il giudice non solo pu, ma deve, anche senza esplicita domanda del danneggiato, esaminare se ricorra l'ipotesi di cui all'art. 2045 e.e.: n in ci pu ravvisarsi il vizio di extra petita, in quanto anche l'equo indennizzo previsto dalla citata norma rientra nel generico concetto di riparazione del danno, e la norma non che applicazione del generale principio del neminem laedere; ed in quanto la generica domanda di ristoro del danno subito comprensiva di entrambe le ipotesi (4). Come incombe sulfattore l'onere di provare la condotta colposa del soggetto che gli ha prodotto il danno, cos su di lui incombe l'onere di provare, per ottenere requo indennizzo previsto dall'art. 2045, che il fatto dannoso sia stato posto in essere con un comportamento cosciente e volontario diretto a salvare s od altri da un pericolo attuale e non altrimenti evitabile {stato' di 'necessit), non sussistendo al riguardo alcuna presunzione di legge (5). Per potersi far luogo alla riparazione del danno secondo l'equo apprezzamento del giudice ai sensi dell'art. 2045 e.e., necessario, non solo che il fatto dannoso sia stato causato con un comportamento cosciente e volontario diretto a salvare s od altri da un pericolo attuale e non altrimenti evitabile, ma anche che il volontario comportamento sia obbiettivamente difforme da quello di regola imposto alla generalit dei soggetti da norme di legge, di prudenza, di diligenza o tecniche (6). (Omissis). -Secondo un criterio logico la questione circa il nesso di causalit tra il fatto addebitato alla convenuta Amministrazione ed il lmentato evento dannoso (quarto motivo rie. princ.) precede tutte le a breve distanza possa produrre in una persona normale degli squilibri circolatori tali da provocare la morte. Pu solo osservarsi che, pi che di un principio giuridico, trattasi di materia da accertamento tecnico: solo la medicina pu pronunciarsi in astratto sull'esattezza della massima, sulla quale i giuristi non possono pronunziarsi che alla luce del comune buon senso e della comune esperienza. Da ci possono trarsi alcune importanti conseguenze: in primo luogo, che la massima potr sempre essere capovolta, in eventuali futuri casi concreti, da eventuali cambiamenti di indirizzo della scienza medica; in secondo luogo, che essa costituisce accertamento di fatto, non sindacabile in Cassazione. PARTE I, SE'Z. m, GIURISPRUDENZA CIVU.E lll ); quella riguardante l'applicabilit agli aeromobili ed alla navigae aerea delle presunzioni di colpa prevista dagli artt. 2050 e 2054 e.e. no motivo rie. inc.) viene prima dell'altra sul se l'art. 2045 e.e. a essere applicato d'ufficio senza incorrere in ultrapetizione (primo ivo rie. princ.). Seguono le censure del secondo e terzo mezzo del rso principale relative agli estremi dello stato di necessit ed alla ivazione in ordine alla prova della loro sussistenza, ed, infine, quelle 'ultimo mezzo di ciascun rfoorso. questo l'ordine che si seguir nella trattazione. Col quarto mezzo la ricorrente principale lamenta che i giudici nerito hanno ritenuto determinato dalla vista terrificante dell'incite il collasso che ha condotto a morte il Di Girolamo unicamente il rilievo che questi per il passato aveva goduto ottima salute e m tener conto, invece, delle incertezze presentate dal quadro clinico all'andamento della malattia, nonch senza spendere parola per futare la consulenza di parte tendente a dimostrare che l'accidente liaco era in rapporto di semplice concomitanza con la caduta delceo. La censura non trova effettivo riscontro nella sentenza impugnata, 11otivazione della quale in ordine al nesso di causalit tra l'incidente )O e l'evento lamentato, pur nella sua rituale concisione, assolve icientemente all'obbligo del giudice di dar ragione della soluzione ttata. Vi si posto, infatti, in rilievo che il Di Girolamo era uomo robusta costituzione fisica, in ottime condizioni di salute fino al nento dell'incidente, e fu colto da malore subito dopo avere assi> alla caduta dell'aereo a breve distanza da lui; che tale fatto dal sulente d'ufficio era stato ritenuto idoneo a determinare l'insorgere m infarto del miocardio caratterizzato da choc; che, infine, l' evenle sussistenza di una sofferenza di tipo cerebrale non sarebbe stata 11ea ad interrompere tale rapporto eziologico non risultando suffi1te una simile infermit a causare la morte indipendentemente dallo e subito. Tali rilievi, specie l'ultimo, dimostrano che la Corte d'Appello h to ben presenti, globalmente valutandole, tutte le risultanze che si La seconda affermazione, in cui si articola la massima, lascia invece assai >lessi. Una volta ammesso in linea di principio che la caduta di un aereo idoneo a provocare disturbi circolatori anche mortali questo non pu esimere un rigoroso accertamento -tecnico, e concreto -del rapporto di causalit. II. -Per quanto riguarda la seconda massima, essa pu definirsi pacifica se ita agli aerei civili. Non pu non lasciare perplessi per, se inserita nel con) della sentenza annotata, la quale decideva un caso in cui il danno era stato lotto dalla occidentale caduta di un aereo militare. Ora l'art. 748 del Codice RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO pretendono trascurate ed anche le allegazioni difensive del consulente di parte. Onde s'impone il rigetto del relativo mezzo d'annullamento. Si assume col primo mezzo del ricorso incidentale che nella specie ricorrevano gli estremi delle presunzioni di colpa stabilite dagli articoli 2050 e 2054 e.e. La prima per la indubbia pericolosit della navigazione .aerea, ancora maggiore nella specie per laffrettato montaggio degli apparecchi e la sommaria preparazione del personale e per essere la guida affidata ad un unico pilota; la seconda perch tanto a terra che in volo l'aereo dovrebbe considerarsi un veicolo privo di rotaie. Il mezzo infondato e va anch'esso disatteso. Questa Suprema Corte, nella sentenza n. 2820/57, ha gi rilevato che la navigazione aerea particolarmente regolata dal codice della navigazione anche nelle sue possibili conseguenze dannose, onde non pu ricadere nella disciplina adottata dal codice civile. E se in quel1' occasione la statuizione riguardava in modo specifico l'applicabilit dell'art. 2050 e.e. non v' motivo per non riferirla anche alla presunzione di colpa posta dall'art. 2054 e.e. a carico del conducente di veicoli, cos confermandosi la giurisprudenza formatasi sul punto sotto il vigore della I. 20 agosto 1923 (sent. n. 717 del 1929). Per ci che concerne, poi, l'applicabilit in generale alla p.a. della presunzione di colpa stabilita per le attivit pericolose va ricordata tutta la serie di pronuncie contrarie del Supremo Collegio {ad es. 3/64, 1048/60 e soprattutto quella n. 507/56 a Sez. Un.). Con queste si statuito che alle attivit le quali, come quella militare, siano svolte per . soddisfare essenziali :finalit della p.a. inapplicabile la presun della Navigazione esclude espressamente l'applicazione delle nonne del codice stesso agl aerei militari; di dogana e di polizia ( Salvo diversa disposizione, agli aeromobili militari, di dogana e di polizia non si applicano le nonne del presente codice). La questione dell'inapplicabilit delle nonne del codice della navigazione agli aerei militari stata discussa sotto l'aspetto della definizione di tali aerei, in quanto il Codice della navigazione stesso, mentre, all'art. 744, d una propria definizic;me degli aerei di dogana e di polizia, per quanto riguarda gli aerei militari non fa che operare un rinvio alle leggi speciali (art. 745). La dottrina e la giurisprudenza hanno dovuto pertanto effettuare una ricerca delle fonti normative da cni attingere una tale definizione, non esistendo alcuna norma che espressamente ed' ex professo vi provveda. Alcuni giudicati, fondandosi appunto su quest'ultima constatazione, hanno ritenuto che in realt, non esistendo alcuna norma speciale cui far riferimento, il rinvio operato dall'art. 754 citato sia praticamente inoperante e quindi la definizione dell'aereo militare resti affidata alla libera opera dell'interprete, il quale non pu che fondarsi sulla finalit concreta della navigazione aerea volta per volta considerata (cos Trib. Torino, 16 marzo 1954, Foro it., 1954,. I, 1192; Id., 16 luglio 1949, inedita). Alcuni hanno creduto di individuare la norma. speciale in questione nell'art. 31 della Convenzione di Parigi del 1S ottobre 1919, o nell'art. 3 del r.d. 20 agosto 1923, n. 2207, o infine nell'art. 4 del r.d. 11 gennaio 1925, n. 356. Altri si sono invece richiamati all'art. 23()1 del r.d. 8 luglio 1938. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 113 e di colpa, non potendo il giudice sindacare la idoneit e suffiza dei mezzi e delle misure poste in essere dall'Amministrazione organizzare i suoi servizi, senza violare la sfera di discrezionalit la legge le garantisce. Col primo mezzo del suo ricorso la ricorrente Amministrazione si !e di essere stata condannata in base ad un titolo giuridico diverso 1uello dedotto dagli interessati: a titolo di equo indennizzo ex arti 2045 e.e. anzich di risarcimento danni da illecito. La species facti della domanda ex art. 2043 e.e. sarebbe, secondo assunto, completamente diversa da quella ex art. 2045 e.e., avendosi primo caso un comportamento antigiuridico e nel secondo una :ione derivante da un pericolo, che legittima l'aggressione all'altrui i giuridica. Onde il passaggio dall'una all'altra ipotesi importerebbe nuova causa petendi ed un diverso petitum, cio domanda nuova roposta dalla parte o ultra-petizione se assunta d'ufficio dal giudice. La censura non fondata. Questa Corte Suprema ha gi in un'altra occasione stabilito che, l'autore di un fatto dannoso venga ritenuto non assoggettabile alla na di cui all'art. 2043 e.e. per avere agito in istato di necessit, il lice non solo pu ma deve esaminre se ricorra l'ipotesi di cui rt. 2045 e.e. anche senza una specifica istanza dell'attore (1047/58). Ed invero l'equo indennizzo previsto dal citato art. 2045 e.e. rientra sempre in un ampio concetto di . risarcimento, tendendo anch'esso riparazione pecuniaria del danno. E, cosl come nel fatto colposo, i05 (cos Cass., 11 luglio 1957, n. 2820; Trib. Napoli, 5 febbraio 1957, Rff). to Navigaz., 1958, II, 179; App. Torino, 30 giugno 1955, Foro it., 1955, I; :). Altri ancora (Gaeta, in Rivista Diritto Navigaz. 1958, II, 178) individuano )rma speciale su cui basare la definizione nel Codice Penale militare di pace; A questo proposito giova ricordare in particolare la sentertza della Corte di azione 12 luglio 1957, n. 2820, in Giur. it., Rep., 1957, voce Aeromobili, nn. 5-6, :i nella sentenza qui annotata come conforme. In realt tale decisione espres' nte esclude l'applicabilit agli aerei militari delle norme del Codice della gazione (citando per l'appunto l'art. 748 di esso), e, per quanto riguarda ~fnizione di aerei militari, si richiama alla sopra citata legge di guerra appro con il r.d. 1938/1415 (art. 230) escludendo l'applicabilit del regolamento la navigazione aerea approvato con r.d. 1925/326, nonch della Convenzione arigi del 1919. Deve osservarsi a questo punto, che l'indagine circa Yindividuazione della ia regolatrice dello specifico punto della responsabilit per danni prodotti da l militari ha una sua storia, che lievemente diversa da quella, or ora ricor, dell'indagine relativa in genere alle norme applicabili alla circolazione aerea are. Alcuni autori infatti, seguiti anche da qualche isolata pronuncia giurispru: iale, hanno ritenuto, come la sentenza qui poi annotata, che al caso specifico sia efnitiva applicabile proprio il Codice della Navigazione (cos GIANNINI A., Riv. oto Navigaz., 1949, II, 233; Trib. Torino~ 6 luglio 1949, citata): e ci, argo 114 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO alla base dell'istituto v' un comportamento obiettivamente in contrasto col principio del neminem la.edere. Quella che muta la relazione del rordinamento giuridico a quel comportamento. Reazione che, nel caso di azione compiuta in stato di necessit, attenuata tanto da dissolvere il carattere di antigiuridicit del fatto dannoso in riflesso della preva lenza accordata all'interesse di chi tende ad evitare per s o per altri un pericolo grave ed attuale, ma non sino al punto da sacrificare total mente l'opposto interesse dell'incolpevole soggetto leso; e che, per quello che concerne la responsabilit civile, trova unico limite nel potere attribuito al giudice di apprezzare equamente lentit del danno subito. Se poi si ammetta tra le due forme di riparazione dell'interesse leso una differenza qualitativa oltre che quantitativa, dovr ugualmente riconoscersi che una generica domanda di ristoro pu essere comprensiva di entrambe le ipotesi, in quanto riferibile senza necessit di una diversa e speciale formulazione reiterativa tanto all'uno che all'altro procedimento di liquidazione, mirando in sostanza l'attore ad essere tenuto indenne nei limiti di legge dalle dedotte conseguenze del denunciato fatto altrui. Nel passaggio dall'una all'altra ipotesi tanto i fatti dedotti che le loro conseguenze lamentate restano immutati nella loro materialit e solo viene ad essi ad aggiungersi la deduzione, ad opera e nell'interesse esclusivo del convenuto, di fatti ulteriori integranti la esimente in discorso. Deve, dunque, dirsi che quando, come si lamenta essere avvenuto nella specie, il giudice proceda ali' equa determinazione dell'indennizzo mentando dalla mancata riproduzione nel Codice della Navigazione della norma di cui all'art. 21 della Con~enzione di Roma del 29 maggio 1933, che ne escludeva l'operativit per gli aerei militari. Tale tesi comunque evidentemente infondata: se l'art. 748 del Codice della Navigazione esclude espressamente l'applicazione di tutte le norme del codice stesso agli aerei militari, sarebbe stata ovviamente superflua la specifica riproduzione nel codice dell'art. 21 cit. Da notare che ci ad abundanutiam, esplicitamente chiarito nella Relazione al codice. Su analogo equivoco sono fondate alcune decisioni giurisprudenziali che hanno ritenuto applicabile in materia l'art. 40 del r.d.l. 20 agosto 1923, n. 2207, il quale disponeva la responsabilit solidale dell'autore del fatto dannoso col proprietario e con l'esercente (cos Appello Bari, 20 febbraio 1948, .Riv. Dir. Navigaz., 1949, II, 233; nello stesso senso cfr. in dottrina l'Ar.Ess1, Responsabilit della Pubblica Amministrazione, Padova, Cedam, 1951, 328; e, sostanzialmente, GIANNINI A., op. e loc. cit.), senza tener presente che l'art. 1329 del Codice della Navigazione ha espressamente abrogato il sopra citato regio decreto legge del 1925. Escluse quindi altre soluzioni, non restato che ricercare nelle norme del codice civile il fondamento della responsabilit connessa con la circolazione di aeromobili militari. Si dibattuto quindi, circa l'applicabilit agli artt. 2054, 2050, o 2043 del codice civile . .Per quanto riguarda la prima di tali norme, alcuni l'hanno ritenuta applicabile al caso che qui ne occupa, data la sua ampia e generale formulazione (cos I f:I* l'' :z? .. ;j I ~ , II . I PARTE I, s:Ez. m, GIURISPRUDENZA CIVILE 115 rt. 2045 e.e. senza che nessuna delle parti abbia dedotto che i danni 10 stati arrecati in stato di necessit, egli incorre bens in ultralione ma in danno dell'attore e non gi del convenuto; il quale :lfcia di una pronuncia favorevole su di una vera e propria eccee senza avere assolto ali' onere di proporla e non ha quindi nessun resse a dolersene. Anche il primo mezzo del ricorso principale va pertanto rigettato. Fondati sono invece il secondo e terzo mezz'O di tale ricorso, che la loro connessione conviene trattare congiuntamente. La ricorrente lamenta la violazione di molteplici disposizioni di .e riguardanti i poteri del giudice, le presunzioni, la disponibilit e 1tazione delle prove, ed infne lo stato di necessit. Essa denuncia ~, difetto, illogicit e perplessit della motivazione relativa. In primo luogo deduce che gli stessi elementi che non consenti) di attribuire il luttuoso evento a comportamento colposo degli 1ti dell'Amministrazione impedivano anche di formulare fipotesi il fatto fosse stato compiuto in stato di necessit. La Corte sarebbe :ce giunta alla soluzione del caso in base a quei titoli di responw lit obiettiva ed a quelle presunzioni che essa stessa aveva esatta1te escluso. , La Corte d'Appello avrebbe inoltre trascurato che lo stato di necesnon abbraccia tutte le ipotesi di azione necessitata giacch non prende quelle nelle quali, la libert dell'agente essendo totalmente :cata, il fatto deve dirsi determinato da forza maggiore. Nella specie~ , Torino, 16 marzo 1954, Foro it., 1954, I, 1192; FIERRO, Rassegna Avv.ra , Stato, 1955, 253). Ma la prevalente giurisprudenza e dottrina hanno esduso 1licabilit al caso dell'art. 2054 pi che altro osservando che tale norma deriva tamente dall'art. 120 del codice stradale del 1933, per cui devesi recisamente 1dere che essa possa direttamente applicarsi anche alla navigazione aerea in re; n pu farsi ricorso all'applicazione analogica, trattandosi di norma che lisce un'eccezione al principio generale sancito nell'art. 2043 cod. civ. (cfr . , 20 agosto 1942, n. 1350, Riv. Dir. Navigaz. 1942, Il, 256, la quale espresmte afferma che, perch sia risarcibile il danno prodotto dalla circolazione di' i militari, occorre la prova della colpa; App. Bari, 20 febbraio 1948, Riv. Dir. 'gaz., 1949, Il, 233, con nota favorevole di GIANNINI; in dottrina DE VrrA, to e giurisprudenza, 1957, 230; .ALEssr, La Responsabilit della Publica Amnrazione, cit., 328, il quale afferma molto recisamente l'inapplicabilit del 2054 e.e., e ritiene che si debba provare concretamente l'esistenza della colpa mputabilit dell'evento; D'ORsr, Monitore Tribunali, 1958, 402; VoLLI, Foro l957, I, 1555). III. -1) Per quanto riguarda invece l'applicabilit dell'art. 2050 e.e. ai danni otti da aerei militari, rettamente la sentenza che si annota ha ritenuto di ria, importando essa un'impossibile ingerenza ~ell'Autorit Giudiziaria Ordit nella sfera di discrezionalit che la legge riserva alla pubblica amministrazione; RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO infatti, la caduta delfaereo non poteva assolutamente ricondursi ad una scelt effettuata dal pilota tra pi azioni dipendenti dalla sua volont ma era caratterizzata in ogni momento dalla forza maggiore, per fimpossibilit di mantenere in volo l'apparecchio che ormai obbediva soltanto alla legge di gravit. Valgano in proposito i seguenti rilievi. Il Tribunale aveva ritenuto di poter trarre la prova del comportamento imprudente ed imperito di uno dei piloti dalla mancata esibizione, da parte dell'Amministrazione convenuta, del fascicolo dell'inchiesta amministrativa svolta sull'incidente. E la Corte d'Appello ha censurato tale pronuncia rilevando che la prova presuntiva richiede un giudizio di certezza e non di mera probabilit. Ha poi escluso che la colpa del danneggiante potesse u desumersi dall'essere l'aeromobile Il principio, sempre sostenuto dall'Avvocatura dello Stato, stato in un primo tempo .egato da varie decisioni di magistrature di merito (cos Trib. Milano, 21 dicembre 1950, Temi, 1950, 627; Trib. L'Aquila, 23 febbraio 1956, Resp. civ. prev., 1956, 428; App. Milano, 5 gennaio 1954,. Mon. Trib., 1954, 22; id., 4 agosto 1953, Foro it., 1953, I, 1680; id., 3 agosto 1951, Foro Padano, 1951, 1, 984; Trib. Firenze, 3 gennaio 1952, Resp. civ. prev., 1952, 365). Ma poi la tesi dell'Avvocatura stata accolta dalla Corte di Cassazione, cui le Corti si sono man mano uniformate (cfr. per tutte Cass., Sez. Un., 8 novembre 1957, n. 4310, Giur. it., rep., voce Responsabilit Civile, 197~ e Foro it., 1957, I, 1929; Cass., Sez. Un., 23 febbraio 1956, n. 509, Foro it., 1956, I, 507; id., 23 febbraio 1956, n. 507, Giur. it., 1956, I, l, 890 (con nota), e Temi; 1956, 221 (con nota); App. L'Aquila, 27 marzo 1957, Foro Amm., 1957, Il, 2, 97; id., 29 gennaio 1957, Foro it., rep., 1957, voce Responsabilit civile, n. 215). Sullo sfato della giurisprudenza e della dottrina sulla questione, cfr. ALmRANDI, L'art. 2050 nei rapporti fra p.a-e dipendente pubblico, in questa R11$8egna, 1964, Il, 213. La tesi dell'applicabilit alla pubblica Amministrazione della norma generale posta dall'art. 2043 e.e., con esclusione della norma speciale dell'art. 2050, prevalsa con riguardo a fattispecie assai diverse da quella della navigazione aerea (cosi. .ad es. scoppio di ordigni bellici non rastrellati, esplosioni di polveriere e simili); per quanto riguarda altri tipi di circolazione di veicoli, che si era tentato anche di far rientrare nella norma relativa ali' esercizio di attivit pericolose, copiosa gitirisprudenza ha escluso tale possibilit relativamente all'esercizio di tramvie urbane o extraurbane {cos Cass., 9 maggio 1960, Giust. civ., 1950, I, l, 1331; Cass., 15 luglio 1957, n. 2877, Resp. civ., 1957, 543; App. Firenze, 9 marzo 1955, Giur. toscana, 1955, 532; Trib. Firenze, 3 gennaio 1952, Resp. civ., 1952, 365; Cass., 18 .gennaio 1949, Riv. circolazione e trasporti, 1950, 213; App. Milano, 3 giugno 1949, Foro padano, 1949, I, 639; e da ultimo Pret. Napoli, 26 ottobre 1962, Temi napoletana, 1963, I, 218). L'inapplicabilit della presunzione posta dall'art. 2050 stata anche affermata per quanto riguarda l'attivit ferroviaria (Cass., 27 maggio 1955, n. 1616, Resp. civ., 1955, 475, la quale esclude anche l'applicabilit alla circolazione ferroviaria delle norme degli art. 2051 e 2054 e.e.; Cass., 9 maggio 1960, Foro amm., 1960, Il, 204). Sono note le considerazioni in base alle quali la migliore dottrina e la giurisprudenza ormai consolidata hanno ritenuto di dover escludere l'applicabilit alla PARTE I, SEZ. ID, GIURISPRUDENZA CIVILE 117 rrato fuori dei normali campi d'atterraggio, essendo inerente al :rollo della opportunit o necessit della manovra la valutazione na pubblica necessit sottratta al giudice ordinario. Ed ha concluso di tale colpa non s'era n fornita n chiesto di fornire la prova. Immediatamente dopo, per, nella motivazione, si rilevato che aduta delfaereo in un fondo privato aveva cagionato danni e doveva idi considerarsi fatto oggettivamente antigiuridico; con la conseriza che, essendo mancata da parte dell'Amministrazione la prova caso fortuito o della forza maggiore, il comportamento del pilota =maggio in zona non consentita) doveva essere attribuito al tenta- di sottrarre s od altri ad un pericolo non altrimenti evitabile. In tali argomentazioni sono evidenti molteplici contraddizioni che mano riter logico della sentenza in guisa da renderne incom >lica Amministrazione della grave presunzione di colpa imposta dall'art. 2050 In primo luogo, si osserva, ponendosi dal punto di vista del fondamento stesso L norma in esame, che l'art. 2050 dettato, in evidente applicazione del princigenerale cuius commoda eius incommoda , per regolare lattivit privata :a a fini essenzialmente utilitaristici, e sarebbe quindi contrario alla stessa ratio volerlo applicare alle attivit svolte dalla pubblica Amministrazione, la e agisce senza finalit di lucro, ma solo per soddisfare esigenze delle collet 1. In secondo luogo, lapplicazione alla pubblica Amministrazione della ia in esame importerebbe una violazione del principio fondamentale della divi9 di poteri, e ci sotto un duplice profilo: a) la prova liberatoria richiesta art. 2050 comporterebbe la potest del giudice ordinario di sindacare la ido1 ed efficienza delle misure adottate dall'Ammiuistrazione nell'esercizio di un :re eminentemente discrezionale; b) dato anche che il requisito della perico non , n potrebbe esserlo, defluito in modo vincolante e rigido in sede :lativa, il giudice ordinario, applicando alla pubblica Amministrazione l'art. 2050, :ebbe anche preventivamente determinare la linea di demarcazione fra l'attiamministrativa insindacabile e quella pericolosa ' e quindi vincolata alla ~ssit di adottare idonee misure di sicurezza, con un'inammissibile ingerenza i sfera di discrezionalit che la legge riserva all'autorit ammiuistrativa. 2) Per quanto riguarda in particolare la navigazione aerea, la questione complessa, in quanto in primo luogo si discusso in generale se in essa possa 'isarsi un'attivit pericolosa, e quindi se sia applicabile l'art. 2050 anche nel 1 di linee aeree private. Per la tesi affermativa, cfr. Trib. Roma, 17 giugno 1953, Automob., 1953, 578; e, in dottrina, Pescatore; Riv. diritto navigazione, 1943II, 196; VoLLI, Foro it., 1957, I, 1, 1555; D'ORSI, Mon. Trib., 1958, 409. Ma ~iurisprudenza prevalente orientata in senso contrario {cosl Cass., 12 luglio 7, n. 2820; Giur. it., Rep. 1957, voce Aeromobili, nn. 5-6; Trib. Como, 30 otto1960, Nuovo diritto, 1962, 129; Trib. Napoli, 5 febbraio 1957, Foro it., 1954, .192; App. Bari, 20 febbraio 1948, Foro it., rep., 1948, voce Aeromobili, n. 2; s., 9 gennaio 1943, Foro it., 1943, l, 197, con nota; Cass., 20 maggio 1942, ~350, Riv. Diritto navigazione, 1942, II, 256). Dato questo orientamento giuritdenziale che si pu dire praticamente consolidato, non metterebbe neppure to rifarsi all'altro principio, sopra enunciato, secondo il quale la norma del 118 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO prensibile la ratio decidendi. Si parla invero indifferentemente e senza indicare le fonti di convincimento di caduta dell'aereo, di aereo precipitato e poi, -di manovre di atterraggio fuori dei normali campi non sindacabili dall'autorit giudiziaria ordinaria, di comportamento del pilota necessitato dall'esigenza di tentare la salvezza . Inoltre nel momento stesso in cui si afferma il difetto di ogni prova " della colpa del danneggiante e l'inapplicabilit di presunzione di colpa, si pretende di addossare alla convenuta l'onere di provare l'assenza di colpa e si attribuisce al pilota un comportamento la cui antigiuridicit si reputa esclusa unicamente in considerazione di un presunto suo intento di scongiurare un pericolo. Da un lato in tutto ci non dato capire se quei giudici hanno ritenuto che l'aereo sia precipitato per essere venuta meno ogni possi l'art. 2050 inapplicabile alla pubblica Amministrazione. :i!: evidente tuttavia che, se pure la dottrina dovesse riuscire a provocare un mutamento del sopra rilevato indirizzo giurisprudenziale, la cosa non potrebbe tuttavia spostare i termini della questione per quanto riguarda la navigazione aerea militare (o comunque gli aerei appartenenti alla pubblica Amministrazione), perch evidentemente la presunzione di cui all'art. 2050 sarebbe ugualmente inapplicabile ad essa per le considerazioni svolte nel paragrafo precedente. In conclusione, sia per quanto riguarda una qualsiasi attivit che si potrebbe essere indotti a definire genericamente pericolosa , sia per quanto riguarda in particolare i danni prodotti da aerei appartenenti alla pubblica Amministrazione, non pu applicarsi alcuna delle presunzioni di responsabilit previste dal codice civile o da altre leggi, ma deve essere portata dal danneggiato la prova normale della colpa, trovando applicazione l'art. 2043 e.e. IV. -1) Per potersi spiegare l'iter logico seguito dal Supremo Collegio nella sentenza che qui si annota, occorre risalire ali' esame della sentenza oggetto del ricorso, accolto dalla Corte di Cassazione (App. Bari, 28 febbraio 1962, Foro it., rep., 1962, voce Responsabilit civile, nn. 7'9-80). La Corte di Appello, dopo aver escluso l'applicabilit delle presunzioni di cui agli artt. 2050 e 2054, e dopo essersi persino dilungata, -per un mero preziosismo erudito, ad escludere l'applicabilit al caso della norma posta dall'art. 1218 e.e., osserva che: a) l'attore non ha dato, n chiesto di dare, alcuna prova della colpa del danneggiante, per cui dovrebbe escludersi, ai sensi dell'art. 2043 e.e., ogni diritto al risarcimento; b) la convenuta Amministrazione non ha provato il caso fortuito n la forza maggiore; e) tuttavia un fatto dannoso oggettivamente antigiuridico esiste; d) perci, mancando la prova che esso sia stato causato da caso fortuito o da forza maggiore, devesi ritenere che il comportamento del pilota (atterraggio in zona non consentita) sia stato determinato da stato di necessit, il che rende applicabile l'art. 2045. Il giudice pu cio concedere a titolo di equo indennizzo lattribuzione di una somma riparatoria al danneggiato. A questo punto chiarito che la Cassazione si trovata a dover esaminare due questioni: 1) pu il giudice, ove ne ricorrano gli estremi, applicare l'art. 2045, senza un'esplicita domanda in tal senso?; 2) una volta ammessa sul piano processuale lesistenza di questa possibilit, in quali casi ed entro quali limiti potr il giudice ritenere che il danno sia stato provocato per stato di necessit ? PARTE I, SEZ. ID, GIURISPRUDENZA -CIVILE 119 di manovrarne efficacemente i comandi o se, invece, il pilota l conservato una certa possibilit di manovra e ne abbia appro o per effettuare un tentativo di atterraggio di fortuna, dirigendo arecchio in un luogo piuttosto che in un altro; n emerge da quali enti abbiano attinto per prospettare or l'una or l'altra ricostruzione tccaduto. Dall'altro lato non chiaro se essi abbiano inteso affermare addi: a lesistenza di una generale presunzione di colpa a carico del :itto comunque implicato nel meccanismo causativo del fatto dane se abbiano voluto statuire che, quando laccertamento della t della p.a. sottratto all' a.g.o. per la necessit che esso compor1be di indagini lesive della sua sfera di discrezionalit, proponibile ogo dell'ordinaria azione di responsabilit quella per l'equo inden 2.) Al primo quesito la Corte ha ritenuto di poter dare risposta affermativa. sservato infatti che l'equo indennizzo previsto dall'art. 2045 e.e. rientra pur e in un ampio concetto di risarcimento, in quanto ha per scopo anch'esso arazione pecuniaria di un danno subito. E ha ravvisato anche fra i due istituti mit di fondamento giuridico, consistente in una violazione obbiettiva del pio generale del neminem laedere. In termini esiste un precedente, citato stessa sentenza annotata in motivazione (Cass., 28 marzo 1958, n. 1047, Civ., 1958, l, 1069) che perviene ad identica soluzione. ln favore della tesi accolta nella sentenza annotata pu dirsi che il fatto to in causa a fondamento della domanda non lantigiuridicit del fatto (il che escluderebbe ovviamente l'applicabilit ex officio dell'art. 2045 non do il fatto necessitato qualificarsi antigiuridico) bens il danno obbiettivai prodottosi e la necessit della sua riparazione. Del tutto pacifico, sotto il ) processuale, il principio secondo cui la domanda altro non che la ;a fatta valere in giudizio sulla base di una determimtta situazione di fatto, il giudice ha il potere-dovere di dare l'esatta qualificazione giuridica ai fatti ti dalle parti (cos Cass., 29 settembre 1955, n. 2691, Giust. Civ., rep., 1955, Procedimento civile, n. 177; Cass., 11 novembre 1957, n. 4846, Giust. civ., ' 1957, 1653). Vi tuttavia un altro aspetto della questione, che induce a dubitare della zza della massima: ed , che non esiste identit del fatto n fra l'ipotesi di imento del danno rientrante negli artt. 2043, 2050, 2054 ecc., e.e., e l'ipotesi uo indennizzo previsto dall'art. 2045. Sull'esistenza dello stato di necessit ;sit di salvare s od altri da un pericolo grave e non altrimenti evitabile) io profili probatori totalmente nuovi e diversi da quelli che sono stati esami. o un giudizio in cui nessuna delle parti abbia affacciato tale ipotesi: e se die esamina la questione d'ufficio, egli priva con ci le parti di un grado urisdizione, anzi, nel caso in cui trattasi di giudice d'appello (come nella >ecie) addirittura di tutta la giurisdizione di merito sulla questione (cos Cass., 1nnaio 1945, n. 58, Foro it., rep., 1943-45, voce Responsabilit civile, n. 68). La massima quindi, spiegabile nel contesto della sentenza sopra citata della d'Appello di Bari, la quale poi applica praticamente una presunzione asso: ll stato di necessit, diventa assai discutibile sol se si consideri, come non ancato rettamente di fare la Cassazione, che tale presunzione non esiste. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO nizzo ex art. 2045. N dato desumere se sia stato ritenuto che alla J riparazione equitativa del danno pu farsi luogo anche quando il fatto ~: ,. dannoso sia del tutto indipendente dalla volont del presunto danneggiante e quando la illiceit del comportamento di questi debba escludersi per l'inesistenza di una qualsiasi violazione di norma di legge, di prudenza o tecnica, indipendentemente cio dalla prevalenza riconosciuta dall'ordinamento giuridico all'interesse di chi mira a scongiurare un pericolo. : per ci necessario ricordare che nel nostro ordinamento n esiste una presunzione del genere di quella accennata n pu darsi ingresso all'azione ex art. 2045 e.e. quando di quella ordinaria di risarcimento difetti no totalmente i presupposti e le condizioni. Invero, come si gi detto a proposito nel primo mezzo, anche la fattispecie dell'art. 2045 costituita da un comportamento cosciente e volontario difforme da quello normalmente imposto alla generalit dei soggetti. Onde lequo indennizzo ivi previsto non che una forma di responsabilit attenuata e presuppone pur sempre che l'azione per .':13 il risarcimento integrale sia negata eccezionalmente e per solo riflesso I ~ del venir meno della antigiuridicit dell'azione, dovuto allo stato di if 3. Come si osservato, la Corte d'Appello, dopo aver escluso che vi fosse ' la prova della Colpa del pilota nell'avvenuta catastrofe, e anche, per converso, che II .fosse stata raggiunta la prova del caso fortuito o della forza maggiore, ha concluso ' che si deve ritenere il fatto avvenuto in stato di necessit. Questa conclusione, l che non pu evidentemente derivare da alcuna deduzione logica, potrebbe spiegarsi solo con la supposizione della sussistenza nel nostro ordinamento di una presunzione, che invece assolutamente non esiste: giustamente quindi il Supremo Collegio, ritenendo insussistente la presunzione, ha cassato la sentenza. Allo stato degli atti, al momento della decisione della Corte d'Appello, non vi era alcuna prova che il pilota avesse provocato la caduta dell'aereo nell'atto di tentare un atterraggio di fortuna: si sapeva solo che l'aereo era caduto. t ovvio invece che, per potersi parlare di stato di necessit occorre che sia stato posto in essere un comportamento cosciente e volontario diretto a salvare s od altri da un pericolo grave e non altrimenti evitabile: il soggetto cio deve aver operato una valutazione comparativa fra il danno che potr produrre aterzi adottando una certa condotta, e il danno che potrebbe derivare a s o ad altri terzi dal non adottare la condotta stessa; il caso appunto dell'atterraggio di fortuna, effettuato quando il pilota si reso conto di non avere alcuna possibilit di giungere al pi vicino aeroporto. La Corte ha assai rettamente affermato (nella quinta giusta massima) che l'onere di provare la volontariet e coscienza del comportamento produttivo di danno incombe sull'attore. La sesta massima, malgrado la sua solenne formulazione come punto di diritto , non che una tautologia, per cui non mette neppur conto i soffermarvisi. Perch si possa parlare di fatto compiuto in stato di necessit bisogna che tale fatto abbia prodotto a terzi un danno risarcibile (altrimenti il fatto sarebbe indifferente per il diritto, e non vi sarebbe alcun bisogno di escluderne l'antigiuri i dicit con una norma speciale). i I PARTE I, Sll':Z. m, GIURISPRUDENZA CIVILE issit nel quale stata compiuta. Ove invece la responsabilit del eso autore del fatto dannoso risulti esclusa indipendentemente dalento da lui perseguito con la sua azione, a maggior ragione deve :ldersi l'indennizzabilit del danno ex art. 2045 e.e. giacch l'intento fuggire ad un pericolo pu attenuare od elidere lantigiuridicit di zione che sotto un diverso riflesso sarebbe contraria all'ordinamento idico, non gi rendere illegittimo e quindi fonte di responsabilit 1tto di per s lecito sotto ogni punto di vista. Si debbono pertanto accogliere i due mezzi in questione cassando entenza impugnata e rinviando la causa per nuovo esame ad altro lice. Questo in base a tutte le risultanze gi acquisite dovr accer se si tratt di manovra di atterraggio o di caduta, cio di azione ntaria del pilota o di fatto indipendente dalla volont dell'uomo; el primo caso, se nella condotta del pilota sia da ravvisare la violae di tassativi limiti legislativamente posti ai poteri della p.a. o 1sservanza di generali principi, criteri o precetti circa la perizia e .iligenza o la prudenza dovute. I giudici di rinvio poi dovranno applicare il seguente principio di :to: Se pertanto, con lespressione danno e fatto dannoso la Corte ha inteso mersi in senso tecnico-giuridico, e cio ha inteso dire danno ingiusto ~nte che la massima non fa che esprimere due volte lo stesso concetto con :se parole. Diversamente, deve ritenersi semplicemente che la massima voglia ~ il principio secondo cui, perch lo stato di necessit possa valere ad 1dere l'antigiuridicit di un fatto occorre che tale antigiuridicit obbiettiva: e sussista. Anche in tali termini il principio ovvfo e non era stato posto mamente in discussione nel corso di tutta la causa. Da notare infine, che tassima, oltre che di fatto antigiuridico, ossia violatore di norme giuridiche, t anche di fatto che abbia violato norme di prudenza, di diligenza o tecniche. ferimento non pare esatto, in quanto le norme di prudenza, di diligenza o iche sono connesse con la perizia, l'attenzione, la prudenza del soggetto e di la loro violazione importa la colposit del comportamento di quest'ultimo; tre chi agisce in istato di necessit non viola colposamente ma volontariamente norma giuridica. Le due ipotesi sono completamente diverse anche sotto il lo subbiettivo. Rimangono ancora da fare alcune brevi considerazioni, in ordine alla situa~ processuale determinatasi in seguito alla sentenza che si annota. In primo o pu osservarsi che, avendo la Corte ritenuto incombere sull'attore. l'onere di are che laereo non caduto casualmente, bens durante una manovra di rnggio forzato iniziata volontariamente dal pilota, pu senz'altro dirsi in pratica abbia definitivamente fissato la sorte del giudizio in senso negativo per gli i, essendo una prova del genere assolutamente irraggiungibile. In secondo luogo, ponendo. la questione invece su un piano teorico (ammet o cio che sarebbe sussistita la possibilit teorica per gli attori di fornire prova del genere) deve osservarsi che giustamente la Corte di Cassazione ~scluso questa possibilit, in quanto nella motivazione osserva che il nuovo RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Per potersi far luogo alla riparazione del danno secondo l'equo apprezzamento del giudice ex art. 2045 e.e. necessario non solo che il fatto dannoso sia stato causato con un comportamento cosciente e volontario diretto a sottrarre s od altri ad un non provocato pericolo attuale e non altrimenti evitabile, ma anche che il volontario comportamento dell'autore del fatto dannoso sia obiettivamente difforme da quello di regola imposto alla generalit dei soggetti da norme di legge, di prudenza, di diligenza o tecniche . -{Omissis). giudice, in base a tutte le risultanze gi acquisite dovr accertare se si tratt di atterraggio o di caduta, cio di azione volontaria del pilota o di fatto indipendente dalla volont dell'uomo; e, nel primo caso, se nella condotta del pilota sia da ravvisare la violazione di tassativi limiti legislativamente posti ai poteri della p.a... ecc. ". Il nuovo giudice cio non potr procedere ad una nuova istruzione della causa; e quindi dovr limitarsi a respingere la domanda e a statuire sulle spese, in quanto la mancanza di qualsiasi prova sia della colpa che del comportamento cosciente e volontario risulta gi espressamente affermata sia nella sentenza della Corte di Bari che in quella della Corte di Cassazione. N avrebbe potuto quest'ultima decidere diversamente, in quanto -dopo aver espressamente affermato l'identit del fatto dedotto in giudizio, e su questa base ammesso la possibilit di mutamento d'ufficio del titolo giuridico da azione di risarcimento ex art. 2043 a domanda di equo indennizzo ex art. 2045 -non era ammissibile la riapertura di un'istruzione probatoria ormai definitivamente chiusa. SALVO ROSA CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 20 ottobre 1964, n. 2631 -Pres. Lonardo -Est. La Farina -P.M. Pisano (conf.) -Curioni (avv.ti Casella, Sequi, Satta) c. Cormani (avv.ti Grassetti, Nicol). Appello -Appello avverso sentenza non definitiva proposto in via immediata nonostante rituale riserva di appello differito Pregiudizialit della questione di inammissibilit allo stato del gravame, rispetto ad ogni altra questione processuale successivamente maturata ed in ispecie rispetto a questione di estinzione del procedimento -Sussiste -Preclusione della successiva proposizione dell'appello differito, qualora il giudice dell'appello immediato abbia dichiarato, con sentenz passata in giudicato, l'estinzione del procedimento invece della inammissibilit allo stato dell'appello. (c.p.c., artt, 307, 324, 338, 340). La declaratoria ainammissibilit dell'appello avverso sentenza non definitiva, proposto in via immediata nonostante rituale riserva di gravame differito, non preclude la potest di impugnare ex novo la sen PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE a non definitiva in seguito alla pronuncia di quella definitiva; ma, '. giudice d'appello, violando l'ordine di pregiudizialit -secondo tale l'inammissibilit dell'appello, definitiva o ad tempus, attenendo rdine pubblico dei giudizi ed essendo sottratta alla disponibilit ? parti, va esaminata e dichiarata anche d'ufficio dal giudice, prima esame di ogni altra questione processuale successivamente matu- abbia con sentenza dichiarato la sopravvenuta estinzione del edimento d'appello, invece della inammissibilit allo stato del ame, occorre impugnare per cassazione tale pronuncia, ad evitare col passaggio in giudicato della stessa, si formi giudicato implicito nale) sull'ammissibilit delr appello e l'estinzione del procedimento ochi il passaggio in giudicato della sentenza non definitiva di primo '.o, con conseguente preclusione della riproposizione del gravame mpo debito (1). (Omissis). -Ritenute le circostanze processuali gi precisate, ed mti alla proposizione di due distinti, successivi appelli, da parte Cormani, contro la medesima sentenza di primo grado non defa, l'uno subito dopo la pubblicazione della stessa e la fatta dichiame di riserva, laltra dopo lemanazione della sentenza definitiva, oblema che venne proposto alla Corte d'Appello e che riproposto testa S.C. con il motivo in esame pu essere cos delineato: se la ia dell'art. 338 c.p.c. (per cui lestinzione del procedimento d'appello issare in giudicato la sentenza di primo grado) sia applicabile anche (1) Si segnala l'importante principio, affermato a quanto risulta per la prima ex pr, senza il potere di dichiarare preliminarmente il difetto, avente tra ben pi intrinseca, di un presupposto processuale, che lo privava )rigine della potestas decidendi ... (Omissis) ... Ora, in base ai coni sopra esposti, e richiamato il principio che il giudicato copre il otto e il deducibile -il che significa che copre anche quanto eva essere rilevato d'ufficio, e non lo fu, dal giudice -deve rite; i che in ogni sentenza con cui venga dichiarato estinto il processo 1pello sussista una pronuncia implicita di ammissibilit: dell'atto di ello che dette origine a quel processo (per quanto l'atto d'appello esse, in realt, essere dichiarato inammissibile), e che, passata in licato quella sentenza, sussista anche giudicato implicito sull'aro RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO missibilit dell'appello ... (Omissis) ... Concludendo su questo motivo, i1' giudice d'appello avrebbe dovuto dichiarare inammissibile il riproposte> appello contro la sentenza non definitiva di primo grado, dovendosi questa ritenere passata in giudicato, a norma dell'art. 338 c.p.c. Per evitare tale effetto, il Cormani, perseverando nella sua iniziale condotta cautelativa di causa, avrebbe dovuto opporsi alla dichiarazione di estinzione dell'appello proposto ante tempus, esigendo, invece~ che lappello fosse dichiarato inammissibile, e, non ottenuta tale pronuncia dal giudice d'appello, avrebbe dovuto impugnare con ricors0> per cassazione, per questo riflesso, come ne aveva interesse, la sentenza dichiarativa dell'estinzione. Ci precisato, poich la causa sull' an non poteva essere proposta (riproposta) in secondo grado, con il rinnovato appello contro la sentenza non definitiva di primo grado, l'impugnata sentenza della Corte d'Appello di Milano deve essere, in parte qua, cassata senza rinvio (art. 382, terzo comma, c.p.c.). -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 22 dicembre 1964, n. 2950 - Pres. Tavolaro -Est. Jannelli -P.M. Criscuoli (conf.) -Pacchiani (avv.ti Profili, Soldaini) c. Amministrazione dei Lavori Pubblici (avv. Stato Coronas). Acque pubbliche ed elettricit Tribunali regionali e Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche in sede di appello dalle decisioni dei primi -Organi speciali degli Uffici giudiziari ordinari Specialit della loro composizione Idoneit ed indipendenza dei membri estranei alla Magistratura compo.,. nenti dei Tri~unali delle acque pubbliche Sussistono. (Cost., artt. 102 e 108; t.u. 11 dicembre 1988, n. 1775, artt. 188 e 189). Responsabilit civile -Nesso causale tra il fatto illecito e l'eventodannoso . Acertamento Compete al giudice di merito e sfugge al sindacato della Corte di Cassazione. (e.e., art. 2043, e.p.e., art. 360, n. 5). Procedimento civile Valutazione della sufficienza e della idoneit degli elementi di prova da parte del giudice di merito Insin dacabilit in Cassazione. (e.p.c., artt. 116, 360, n. 5). I Tribunali regionali ed il Tribunale superiore delle acque pubbliche in sede di appello dalle decisioni dei primi sono organi speciali degli uffici giudiziari ordinari, inseriti nel complesso unitario della giurisdizione ordinaria al pari dell c.d. Sezioni specializg;ate, e diff eriscono dagli organi giudiziari ordinari per la specialit della loro com PARTE I, SEZ. ID, GIURISPRUDENZA CIVILE 129 done, in quanto vi sono chiamate a far parte persone estranee dinamento giudiziario, per l'avvertita esigenza del contributo di ifiche nozioni tecniche da parte di costoro, al fine di una migliore icazione della legge ai rapporti concreti. Sussistono nei compoi dei Tribunali delle acque pubbliche estranei alla magistratura i isiti, tra loro non confondibili, della idoneit e della indipendenza, ~r manifestamente infondata l'eccezione di incostituzionalit ! artt. 138 e 139 t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775,. in relazione agli lo2 e 108 della Costituzione (1). L'accertamento del nesso causale tra il fatto illecito e l'evento danrient. ra tra i compiti del giudice di merito l sfugge al sindacato i Corte di Cassazione, la quale, nei limiti di cui altart. 360, n. 5, codice di procedura civile, legittimata al solo controllo della eit o meno delle ragioni addotte dal giudice di merito a sostegno i propria decisione (2). Costituisce apprezzamento discrezionale del giudice di merito, in r.lcabile in Cassazione, la valutazione della sufficienza e della ido degli elementi di prova acquisiti al processo, col conseguente 'to di istanza di ulteriori mezzi istruttori (3). (Omissis). -~ da premettere che sia i Tribunali regionali che il unale supedore delle acque pubbliche in sede di appello dalle sioni dei primi (a differenza di quando giudica in unica istanza, ede di giurisdizione amministrativa), non costituiscono una giuriione speciale, ma sono, invece, organi speciali degli uffici giudiziari nari, inseriti, cio, nel complesso unitario, che forma la giurisdizione naria, al pari delle c.d. sezioni specializzate. Essi, come tali, diffe.: mo dagli organi giudiziari ordinari, per la specialit della loro comzione, in quanto vi sono chiamate a far parte persone estranee rdinamento giudizirio, per l'avvertita esigenza del contributo di (1) Sulla contrapposizione tra organo specializzato di giurisdizione ordinaria e sdizione speciale v. Cass., 2 maggio 1960, n. 976, Giur. it., 1961, I, l, 325 :g. ed ivi ulteriori richiami di giurisprudenza. Sulla nozione del requisito della ~ndenza degli estranei che partecipano all'esercizio della funzione giurisditle v. Corte Cost., 20 dicembre 1962, n. 108, Giur. Cost., 1962, 1455-1456 9). .(2) Cfr. Cass., 9 maggio 1962, n. 464, Foro it., Mass., 1962, 135; 11 mar003, n. 596, Id., Mass., 1963, 170; 21 agosto 1964, n. 2348, Giur; it., Mass., '795. (3) Il giudice di merito, nell'esercizio del suo potere di valutazione dei fatti emergono dall'istruttoria, trova limite ooltanto nell'obbligo di indicare le ini del proprio convincimento: Cass., 29 ottobre 1963, n. 2865, Foro it., :., 1963, 819; 3 ottobre 1964, n. 2487, Giur. it., Mass., 1964, 836. RASSEGNA PELL'AVVOCATURA DELLO STATO specifiche nozioni tecniche da parte di costoro, ai fini di una migliore applicazione della legge ai rapporti concreti, rispetto al determinato tipo di controversie, compre~o nella sfera di loro cognizione. Ora, essendo caratteristica peculiare la speciale composizione, in relazione alla specialit della materia di propria competenza, la composizione stessa, quale risulta dai menzionati artt. 138 e 139 del t.u. n. 1775 sulle acque, non pu considerarsi stabilita che con riguardo a questo aspetto dei detti tribunali, in funzione dell'indicata esigenza. Ed sufficiente ci per inferirne che, se -diversamente da c0-me mostrano di intendere le ricorrenti - da ritenere, da una parte, che l'idoneit richiesta dall'art. 102 della Costituzione per coloro che, sebbene estranei alla magistratura, sono chiamati, tuttavia, a comporre i predetti organi, un requisito da non confondere con la indipendenza, di cui menzione nel!' art. 108 della stessa Costituzione, dato che essa si concreta nell'apporto di quel contributo tecnico avvisato utile per il giudizio di merito da parte dei collegi giudicanti, deve ammettersi, dal!' altra, che l'idoneit, intesa nel senso test detto, sussiste, indubbia~ mente, per i membri estranei alla magistratura componenti dei Tribunali delle acque pubbliche, risultando implicitamente presupposta, in quanto inerente all'ufficio da costoro ricoperto, il quale richiede, infatti, il poss~so di quelle determinate attitudini, attribuzioni ed esperienze concrete, che sono proprie della materia connessa alla specifica competenz dei tribunali medesimi. Posto, quindi, che essa un requisito connaturale alla tecnicit della funzione di coloro che vengono investiti ~lella carica di componenti del collegio giudicante, deve, anzitutto, escludersi che il giudizio sulla ricorrenza del requisito sia rimesso al libero apprezzamento del Presidente del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, cui devoluta la potest della designazione e, indi, riconoscersi che chi deve procedere, successivamente, alla nomina relativa, ben possa avvalersi di quella designazione, per essere questa proveniente dal presidente di quel!' organo eminentemente tecnico che il Consi, glio Superiore dei Lavori Pubblici. Ne consegue che, nella materia in discorso, un problema sul requisito della idoneit, per difetto di determinazione, in contrasto con la norma costituzionale, neanche ipotizzabile. Non diversamente a dirsi in ordine al requisito dell'indipendenza, che, come quello della idoneit, deve ritenersi, anch'esso, assicurato dalle norme vigenti. Gi la Corte Costituzionale, nel pronunciarsi in ordine alla illegittimit delle norme istitutive delle sezioni specializzate agrarie (sent. n. 108 del 20 dicembre 1962), ha avvertito che, sebbene il requisito dell'indipendenza degli estranei che partecipano all'amministrazione della giustizia (art. 102, comma secondo, Cost.) sia difficilmente conf~ PARTE i, SEZ. m, GIURISPRUDENZA CIVILE bile in termini precisi, perch la sua regolamentazione propone forni diversi, secondo la diversit delle strtture statali e le epoche che, e non consente uniformit, dovendo adeguarsi alla variet dei di giurisdizione, tuttavia il criterio, al quale risalire per stabilirne correnza ed assicurarsi, quindi, che i medesimi, malgrado designati m determinato organo, una volta assunti alla carica, siano sottratti ma situazione di passiva obbedienza di fronte all'organo che li ha ~nati, sia quello di accertare che, nell'ordinamento degli organi, cui composizione concorrono gli estranei alla magistratura, sia resa ibile la costante osservanza, anche nei riguardi di costoro, del cipio generale della precostituzione del giudice (che, in subiecta ~ria, attiene, sopratutto, al procedimento di nomina ed alla detertzione della durata nella carica), nonch fapplicazione di quegli 1ti necessari ad assicurare la loro estraneit all'interesse delle parti ~ui verte la controversia {quali ad es. fastensione o la ricusazione). Orbene, queste Sezioni Unite ritengono che, per quanto concerne >mposizione dei Tribunali delle acque pubbliche, ricorrano le anzitate condizioni. Se si consideri, infatti, da un canto, che il potere omina e di revoca dei membri estranei all'ordinamento giudiziario. fa designazione da parte del Presidente del Consiglio Superiore Lavori Pubblici, spetta al Consiglio Superiore della Magistratura, 1rma dell'art. 10, comma primo, n. 2, della l. 24 marzo 1958, n~ 195, itiva di tale organo, ossia all'organo naturale istituito per garanappunto lesercizio indipendente della funzione giurisdizionale, altro che n' prefissata la durata nella carica, limitata al periodo !inque anni (art. 138, comma terzo, per i Tribunali regionali e 139, comma quinto, per il Tribunale superiore: t.u. sulle aque) te, infine, non manca la predisposizione normativa (per la designae e nomina di tre membri sia per i Tribunali regionali che per il 1unale superiore, dei quali uno soltanto di volta in volta chiamato ~mporre il collegio giudicante: t.u. cit., artt. 138, comma secondo, e comma secondo, lett. d), per cui resa possibile praticamente Jlicazione degli artt. 51 e 52 c.p.c., in dipendenza del rinvio contto nell'art. 208 del t.u. n. 1775 del 1933 alle norme del codice di dell'ordinamento e del regolamento giudiziario, nell'ipotesi che, in no dei casi all'uopo espressamente previsti, si debba sostituire il abro ricusato o astenuto con faltro membro, deve concludersi che quanto occorre per conferire agli estranei componenti dei tribunali 1arola quella posizione super partes, ossia d'indipendenza dagli intei dedotti in giudizio, che attributo proprio della funzione giurisdi. ale e che si concreta, appunto, nel requisito richiesto testualmente, il personale di che trattasi, dall'art. 108 della Costituzione. iissis). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 12 gennaio 1965, n. 58 -Pres. De Santis -Est. Pedroni -P.M. Pedate {conf.) -Balducci (avv.ti Carbone, Sarretti, Cavalieri) c. Banco di Napoli {avv.ti Capobianco, Cal) ed altri. Esecuzione forzata -Espropriazione immobiliare -Opposizione all'ordinanza di vendita -Ordinanza di rigetto dell'istanza di sospensione dell'esecuzione -Ricorso in Cassazione ai sensi dell'art. 111 della Costituzione -Inammissibilit. (Cost., art. 111; c.p.c., artt. 487, 617 e 618). inammissibile il ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 111 della Costituzione avverso l'ordinanza del giudice dell'esecuzione, che, in seguito ad opposizione proposta a norma dell'art. 617 c.p.c., rigetti l'istanza di sospensione dell'esecuzione, trattandosi di provvedimento che non contiene la definitiva decisione sull'opposizione agli atti esecutivi (1). (1) Cfr. Cass., 8 ottobre 1960, n. 2610, Foro it., 1961, I, 656, in part., 659: la potest del giudice dell'esecuzione... non pu estendersi ali' emissione di provvedimenti che abbiano efficaca sostanziale di sentenza anche se adottati con la forma dell'ordinanza n; 29 aprile 1960, n. 963, id., Rep., 1960, voce Competenza civile, ti. 335: il provvedimento del giudice dell'esecuzione di regola una ordinanza, la quale non muta natura giuridica per il fatto che in essa il detto giudice abbia compiuto una sommaria indagine sulla competenza al solo scopo di provvedere circa l'ultt'lriore corso del procedimento esecutivo ; v. anche Cass., 18 gennaio 1952, n. 131, id., Rep., 1952, voce Esecuzione in genere, n. 55. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 gennaio 1965, n. 83 -Pres. Pece Est. D'Anniento -P.M. De Marco (conf.) -Amministrazione dei Lavri Pubblici (avv. Stato Soprano) c. Fallimento Societ in nome collettivo Impresa Costruzioni ing. Pavan e Giungi (avv.ti Nappi, Cassala). Fallimento -Effetti per il fallito -Perdita dell'amministrazione e della disponibilit dei beni -Incapacit processuale -Relativit. . (r.d. 16 marzo 1942, n. 267, artt. 42 e 43). La perdita da parte del fallito della capacit processuale e quella dell'amministrazione e della disponibilit dei beni costituiscono effetti stabiliti dalla legge a tutela dell'integrit patrimoniale del fallito e a garanzia della par condicio creditorum e come tali possono essere eccepite solo dalla massa dei creditori (1). (1) Cfr. Cass., 25 maggio 1961, n. 1250, Sett. cass., 1961, 953, 30 maggio 1962, n. 1326, Dir. fall., 1962, Il, 538; 28 giugno 1962, n. 1676, Foro it., Mass., 1962, / '1 : PARTE :i, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 133 A proposito della perdita da parte del fallito della legittimazione processuale, della capacit di stare in giudizio come attore o come convenuto per la a degli interessi coinvolti nel fallimento , e della relativit ai creditori di ta incapacit (cos come della perdita dell'amministrazione e della disponibilei beni), v. SATTA, Istituzioni di diritto fallimentare, Roma, 1953, 142 e segg. s'avverte: a) che. si tratta di incapacit limitata ai rapporti patrimoniali com nel fallimento, ivi, 146 e seg.; b) che la relativit di tale incapacit da 'rsi al principio della rilevabilit ex officio della mancanza di legittimazione ~ssuale, ivi, 144, nota 235). A proposito della perdita da parte del fallito delinistrazione e della disponibilit dei beni stato, viceversa, avvertito che tale ita consegue non gi ad una incapacit sostanziale del fallito ma come effetto vincolo esecutivo, che ormai grava sui beni e della loro destinazione alla isfazione dei creditori : SATTA, op. cit., 137. RTE DI CASSA'.(:IONE, Sez. III, 25 gennaio 1965, n. 129 -Pres. Giansiracusa -Est. Speziale -P.M. De Marco (diff.) -Amministrazione delle Ferrovie dello Stato (avv. Stato Terranova) c. Serafino (avv. Porzio). scrizione -Rinunzia tacita -Atti incompatibili con la volont di valersi della prescrizione Valutazione del concreto comportamento del soggetto -Apprezzamento di fatto. (e.e., art. 2937, ultimo comma). scrizione Proposte transattive -Non importano intermzione della prescrizione in corso n rinunzia a quella compiuta Differenza rispetto all'ipotesi in cui non si contesti l'esistenza del debito ma solo il suo ammontare -V' rinunzia alla prescrizione. (e.e., artt. 2937, ultimo comma, 2944). cedimento civile -Prova per testimoni dei contratti -Limitazioni Presupposti. (e.e., art. 2721). Il valutare in concreto se un determinato comportamento sia in. patibile con la volont di valersi .della prescrizione costituisce rezzamento di fatto, incensurabile in Cassazione, se immune da logici e giuridici (1). (1) Conf. Cass., 12 luglio 1947, n. 1110, Giur. it., Mass., 1947, 310; 6 giu1957, n. 2079, Foro it., Rep., 1957, voce Rinunzia, n. 7; 25 gennaio 1957, 69, Ibidem, n. 6; 16 maggio 1963, n. 1228, Id., Mass., 1963, 363. Secondo ., 30 ottobre 1963, n. 2917, Id. Rep., 1963, voce Prescrizione civile, n. 13, la 1zia alla prescrizione consiste in un atto restitutivo , col quale il debitore >0glia del potere giuridico di invocarla, per cui risorge il diritto di colui ro il quale la prescrizione sia decorsa, e pu essere desunta (rinuncia tacita) RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Se vero che le proposte fatte a scopo transattivo non hanno efficacia interruttiva della prescrizione in corso, n possono importare rinunzia alla prescrizione compiuta, correttamente il giudice di merito, nella incensurabile valutazione del comportamento del soggetto, distingue la diversa ipotesi, integrante rinunzia alla prescrizione, in cui quegli non abbia contestato la sussistenza del debito, ma solo il suo ammontare (2). solo da un comportamento processuale, in cui sia insita la non equivoca volont di non avvalersi dell'eccezione: deve trattarsi, cio, di un fatto che denoti, senza possibilit di una diversa interpretazione, che si intenda considerare il diritto estinto per prescrizione come ancora in vita ; cfr. anche Cass., 4 gmgno 1962, n. 1338, Id., Mass., 1.962, 4CY7; 4 maggio 1962, n. 872, Giust. civ., 1962, I, 1965, Configurando la rinunzia alla prescrizione come atto restitutivo , per effetto del quale risorge il diritto di colui contro il quale la prescrizione sia decorsa e vedendo nella rinunzia medesima la volont di non avvalersi dell'eccezione la Corte di Cassazione mostra di seguire quell'indirizzo interpretativo, che attribuisce alla rinunzia alla prescrizione il valore di fatto risolutivo dell'effetto estintivo (cfr. CARusx, Come opera la prescrizione, debito prescritto ed obbligazione naturale, Milano, 1947, 32 e segg., 51 e segg.). Secondo un'altra tesi dottrinale la rinunzia alla prescrizione avrebbe, invece, valore di fatto impeditivo dell'estinzione. Rinunzia alla prescrizione e non gi adempimento di debito prescritto vi sarebbe nel pagamento fatto dopo l'opposizione della prescrizione, ma prima del giudicato. Di adempimento di aebito prescritto potrebbe correttamente parlarsi solo dopo opposizione della prescrizione accolta da un giudicato o riconosciuta giusta dall'attore: NARDI, Rapporti fra ritenzione, prescrizione ed obbligazione naturale ecc., Milano, 1955, 78 e segg. (ove anche ampia bibliografia sulle varie tesi). Non reca, invece, tale limitazione l'art. 3 l. 19 gennaio 1939, n. 295, che, in relazione al pagamento da parte di Amministrazione statale di debiti prescritti nei confronti di impiegati e pensionati, esclude la soluti retentio prevista dall'art. 2940 e.e. Si osservato, in dottrina, che la disposizione ex art. 3 cit. presuppone che al compimento della prescrizione si verifichi la integrale estinzione del debito... e che la pubblica amministrazione non possa pagare il debito prescritto, giacch siffatto pagamento si risolI ~ verebbe in un'attribuzione patrimoniale a titolo gratuito .(CANNADA -BARTOLI, E:; Ripetizione d'indebito e obbligazione naturale dello Stato, Foro amm., 1900, I, 778), mostrandosi, cos, che la cennata norma applicazione ed espressione di di un principio pi generale, valevole per lo Stato. (2) Sulla prima parte della massima v. Cass., 4 gennaio 1958, n. 22; Temi nap., 1958, I, 141; sulla seconda parte v. nota precedente e in particolare Cass., 12 luglio 1947, n. 1110; Giur. it., Mass., 1947, 310, secondo la quale gli elementi di fatto che devono ricorrere per potersi parlare di rinunzia tacita alla prescrizione non sono determinabili a priori . Di rinunzia tacita alla prescrizione, desumibile dal comportamento della p.a., sembra, comunque, non sia il caso di parlare (cfr., a proposito della inammissibilit di una rinunzia tacita alla usucapione da parte di un Comune, Cass., 30 aprile 1949, n. 1080, Giur. compl. Cass. civ., 1949, vol. XXVIII, primo quadr., 624, n. 892), se, come emerge dal pi generale insegnamento I della Suprema Corte, la volont della pubblica amministrazione non pu rica g varsi per implicito da atti o fatti dell'Amministrazione stessa, ma deve essere manifestata nelle forme di legge, per iscritto : Cass., 26 luglio 1958, n. 2713, Foro it., Rep., 1958, voce Ammin. dello Stato ecc., c. 88, n. 131; v. anche Sez. I PARTE I, SEZ. ID, GIURISPRUDENZA CIVILE Le limitazioni stabilite dalla legge in tema di prova dei negozi giu; i operano solo quando il negozio, del quale si vuol fornire la prova, ~a invocato come tale, ossia come fonte di diritti, che si intende far re, e non anche quando il negozio sia dedotto come semplice fatto ico influente sulla controversia (8). 6 luglio 1963, n. 1817, in questa Rassegna, 1963, 135-136. Sul punto, v. anche .RESE, Recenti sviluppi della giurisprudenza della Corte Suprema su alcune tioni di diritto privato concernenti la Pubblica Amministrazione, in questa egna, 1952, 157 e segg., in part. Ul2. Sull'art. 2937 e.e., v. Fmmucc1, Rinunzia prescrizione, Commentario del Codice Civile, edito dall'UTET, Libro Sesto, 1 IV, Torino, 1964, 400 e segg. r(3) Conf. Cass., 22 aprile 1963, n. 1033, Foro it., Mass., 1963, 299; 6 otto1962, n. 2861, Id., Mass., 1962, 808. RTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 3 febbraio 1965, n. 172 -Pres. Rossano -Est. Ciannattasio -P.M. Tuttolomondo (diff.) -Amministrazione della Difesa-Esercito {avv. Stato Varvesi) c: Bottura e Dorigoni (avv.ti Martorana, Ricci del Riccio, Cavasola). ttabilit generale dello Stato -Norme della legge e del regolamento. sulla contabilit dello Stato ~ Norme esterne. (l. 3 dicembre 1922, n. 1601, artt. 1 e segg.; d.lg. 18 novembre 1923, n. 2440, artt. 1 e segg.; Reg. appr. con r.d. 23 maggio 1924, n. 827, artt. 1 e segg.). Jligazioni e contratti -Debiti pecuniari dello Stato -Momento in cui diventano liquidi ed esigibili -Decorrenza degli interessi -Inapplicabilit delle norme di diritto comune -Distribuzione delle spese ed emissione dei relativi ordinativi Attivit discrezionale della p.a. -Insindacabilit da parte dell'a.g.o. (e.e. artt. 1224, 1282; d.lg. 18 novembre 1923, n. 2440, artt. 49 e segg.; r.d. 23 maggio 1924, n. 827, artt. 269 e segg.). Le disposizioni contenute nella legge e nel regolamento sulla conilit dello Stato non costituiscono gi norme interne di contabilit, hanno vera e propria forza vincolante di diritto obiettivo nei coniti sia delr Amministrazione che dei creditori, per r eS(;?CUZione delle ~tazioni pecuniarie della prima (1). (1) Conf. Cass., 5 giugno 1952, n. 1601, in questa Rassegna, 1952, 143-144, nota redazionale e in Giur. compl. Cass. civ., 1952, 2, 1141; 16 gennaio 1957, 6, Giust. civ., 1957, 1361 ed ivi note di richiamo; 15 maggio 1963, n. 1207, ' it., Mass., 1963, 414; Trib. Napoli, 11 dicembre 1958, n. 6396, in questa 1egna, 1959, 60, RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Dal complesso delle disposizioni sulla contabilit dello Stato, le quali ~ derogano alle regole di diritto comune, si evince che i debiti pecuniari dello Stato diventano liquidi ed esigibili e generano, come tali, l'obbligo del pagamento degli interessi a carico dell'Amministrazione soltanto dopo che la spesa della competente Amministrazione sia stata ordinata, con l'emissione del relativo titolo di spesa. Benvero, l'ordinazione della spesa non conseguenza immediata e diretta dell'espletamento delle procedure di verificazione e di liquidazione, essendo invece dipendente dalla situazione generale di cassa e dall'effettiva disponibilit dei fondi in un determinato momento, in relazione alla graduatoria delle spese da seguire per il soddisfacimento dei pubblici bisogni. Ne consegue che, in m.ancanza di pattuizioni o di speciali norme che prevedano gli interessi per il ritardo (come ad esempio l'art. 40 del Capitolato generale oo.pp., approvato con d.m. 28 maggio 1895 e gli artt. 35 e 36 del vigente Capitolato oo.pp., approvato con d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063), non pu imputarsi all'Amministrazione di non aver osservato il termine per radempimento dell'obbligazione, importando la distribuzione delle spese e l'emissione dei relativi ordinativi di pagamento l'esercizio di un potere discrezionale, che sfugge al controllo delf a.g.o. e che in ogni caso esclude la possibilit della configurazione di un termine al quale riferirsi per addurre reSistenza del ritardo (2). Per la natura pubblicistica di tali norme v. C:rNTOLESI, Tempo e luogo di adempimento dei debiti pecuniari dello Stato, Foro amm., 1960, II, 185-186 ed ivi citaziorii (note 27-28). -Si riconosce in dottrina che le disposizioni della .legge e del regolamento di contabilit dello Stato sono vincolanti anche per gli estranei alla p.a. i quali, pertanto, non possono pretendere che i funzionari si comportino diversamente da quel che le norme stesse prescrivono, cos CAPACCIOLI, L'arbitrato nel diritto amministrativo, I, Padova, 1957, 161 e seg. Si . affermato, altres, i cfr. LA VALLE, La retroazione della pronuncia di incostituzionalit sui provienti e sugli adempimenti amministrativi, Riv. tr. dir. proc. civ., 1963, 875 e ilevanza nel giudizio amministrativo della incostituzionalit della legge, Giur. IB4, III, 67, che critica la decisione del Cons. Stato, Ad. plen., 8 aprile 1963, nonch A. ROMANO, Pronuncia di illegittimit costituzionale di u.na legge e 10 di ricorso giurisdizionale amministrativo, Foro amm., 1964, Il, 135, che cri. a decisione della Sez. VI, 18 marzo 1964, n. 247; nello stesso senso LIPARI, it.). Un particolare interesse presenta l'annullamento del negozio per errore di J (art. 1429, n. 4 e.e.). Si dovrebbe per ritenere che una tale annilllabilit ;ussiste non solo perch al momento della formazione del consenso la norma igittima e non ammissibile che tin errore diventi tale per fatto sopravvenuto, >prattutto perch da escludere la riconoscibilit da parte dell'altro contraente ma di normale diligenza) che ha semplicemente osservato una norma vigente; stanza l'errore non attiene ad tino stato soggettivo (formazione del consenso .o dei contraenti) ma ad un fatto oggettivo che influenza egualmente tutte le del negozio. Diversamente non vi sarebbe mai limite all'annullabilit, dato I termine per la prescrizione della relativa azione decorre dalla scoperta delre {art. 1442 e.e.) cio dalla pubblicazione della sentenza della Corte Costiaale. Particolare difficolt presentano poi i rapporti di durata ancora in vita al mto della pubblicazione della sentenza della Corte Costituzionale; ma anche testa ipotesi si verifica una resistenza del rapporto in parte consumato. Se ellisse ad esempio la dichiarazione di illegittimit costituzionale della catena 1rme sulla proroga delle locazioni degli immobili urbani, non si potrebbe di affermare a cuor leggero che tutti i contratti prorogati ed attuati dal 1938 1i cadono nel nulla; anche in questo caso, lo svolgimento completo del con', il godimento dell'immobile, il pagamento del canone e il rilascio della quie' liberatoria per il rispettivo periodo, danno luogo a quel consolidamento che alizza, per la parte gi attuata del rapporto ancora pendente, l'effetto della irazione di incostituzionalit. Riguardo alle azioni di responsabilit (contrattuale ed extra contrattuale) 1tato che la colpa non pu mai esser ricercata in un comportamento conforme 1orma poi dichiarata incostituzionale (Cass., Sez. Un., 22 giugno 1963, n. 1705, RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Giur. it., 1963, I, 1, 1383 e n. 1706, Giust. civ., 1963, I, 2219, nonch 22 marzo 1962, n. 593, ibidem, 1962, I, 616); e naturalmente la sopravvenuta dichiarazione di illegittimit non pu giustificare la modifica di una manifestazione di volont direttamente o indirettamente espressa: chi persuaso della legittimit della norma abbia rinunciato a proporre un'azione di responsabilit e su di essa abbia concluso una transazione o abbia lasciato decorrere i termini non pu, sopravvenuta la dichiarazione, pretendere di poter modificare il suo comportamento assumendolo viziato da un erroneo convincimento. In tema di atti amministrativi soggetti ad impugnazione davanti alle giurisdizioni amministrative, il breve termine di decadenza risolve in pratica ogni controversia (per una distinzione tra norme attributive del potere alla cui caducazione consegue la nullit dell'atto e norme regolatrici della modalit del potere cui consegue la semplice illegittimit dell'atto, distinzione che nella sostanza coincide con la discriminazione della giurisdizione ordinaria e amministrativa, cfr. LA VALLE, op. cit.). Per gli altri atti amministrativi che incidono su di un diritto soggettivo il problema assai pi complesso e non pu essere in questa sede affrontato. Si pu per osservare che quando gli atti danno luogo ad una adesione o ad un comportamento attivo da parte del destinatario, che ad essi presta osservanza, dovrebbe applicarsi lo stesso criterio dell'adempimento pacifico e totale di cui si parlato per i negozi di diritto privato i(ipotesi gi citata dal pagamento di contributi agli Enti Provinciali del Turismo). Si verificano per molte diverse sitazioni in cui l'osservanza dell'atto non incompatibile con l'impugnazione di esso, stante il principio dell'esecutoriet. Si pu comunque affermare conclusivamente che relativamente facile stabilire nei singoli casi, sulla base di molti elementi, anche di fatto, quando una determinata pretesa sia suscettibile di giudizio,, {secondo l'espressione dell'Esposito} e quando esistono ostacoli pregiudiziali. Un principio di applicazione generale dovrebbe per esser quello che la tangibilit o intangibilit della situazione giuridica va stabilita di per se stessa, indipendentemente e anteriormente dalla dichiarazione di illegittimit della norma; questa influir sul merito, ma non potr far risorgere una pretesa precedentemente divenuta giuridicamente irrealizzabile, a meno che la dichiarazione di legittimit non cada proprio su di una norma limitativa dell'azionabilit della pretesa medesima. Su questo vastissimo problema, ancora scarsamente indagato, la sentenza annotata fornisce elementi orientativi di grande importanza. La seconda massima affronta un ulteriore aspetto dello stesso problema; se cio l'azione di restituzione di un terreno trasferito in propriet ad un Ente di riforma fondiaria (o l'azione di risarcimento del danno se la restituzione non pi possibile), fondata sul presupposto dell'illegittimit costituzionale del d.P.R. di scorporo, sia soggetta a prescrizione. Poich l'invalidit del titolo del trasferimento si fa valere con l'eccezione di illegittimit costituzionale, non soggetta a prescrizione, si potrebbe pensare che la domanda di restituzione possa esser proposta senza limiti di tempo. Il Tribunale, aderendo pienamente alla tesi dell'Avvocatura, ha invece ritenutoche l'azione di chi domanda che sia preventivamente accertata la invalidit del titolo del trasferimento della propriet ai fini della conseguenziale azione di restituzione un'azione personale, soggetta a prescrizione. :B infatti ormai pacifico che la norma spiega tutti i suoi effetti e va pienamente osservata come legge dello Stato fino al giorno successivo alla pubblicazione della sentenza che ne dichiara l'incostituzionalit, anche se l'eccezione di illegittimit sia stata gi sollevata (Cass., Sez. Un.,. 22 giugno 1963, n. 1705, 1706 e 1707, citate e 9 ottobre 1963, n. 2683 in questa Rassegna, 1964, I, 84) e quindi chi agisce per impugnare in via incidentale un d.P.R. che trasferisce la propriet di un terreno non esercita una revindica, perch non PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 145 1rietario e tende proprio a riacquistare il diritto di propriet perduto. L:azione proposta di accertamento costitutivo (e non meramente dichiarativa) in quanto tta all'annullamento di un atto che si assume invalido, ma non originariamente to da nullit-inesistenza (PACE, Espropri incostituzionali: restituzioni e responsa civile della p.a. per l'applicazione di leggi illegittime, Giur. cast., 1962, 1231). Ma la questione diventa sottile, se si considera che l'azione di accertamento itutivo tendente all'annullamento si attua mediante l'eccezione di illegittimit ituzionale. La decisione annotata ha acutamente tenuto ben distinta l'azione ordinaria, ~tto del giudizio principale, dall'incidente di legittimit costituzionale. La vrebbe ritenere consumata con la pronuncia della Corte Costituzionale, al punto il giudizio di merito non dovrebbe essere nemmeno riassunto. Ma non affatto soltanto la sentenza di merito, sul presupposto della illegittimit costituzio della norma, accoglier la domanda, riconoscendo all'attore il diritto di pro ; questa sentenza del giudice di merito, per quanto condizionata dalla iudiziale costituzionale, sar una sentenza di accertamento costitutivo, che potr essere pronunciata se la relativa azione prescritta. La prescrittibilit dell'azione principale quindi cosa totalmente distinta dalla unit dalla prescrizione dell'eccezione di legittimit costituzionale; e ci vale le leggi-provvedimento all'identico modo delle leggi-norma. La pronuncia annotata assume una particolare rilevanza anche perch l'ultimo ine per la emanazione del d.P.R. di scorporo per lesecuzione della riforma fon a scaduto il 31 marzo 1953 {art. 3 l. 20 dicembre 1952, n. 2377) e pertanto ormai compiuto il decennio per tutti gli espropri pronunciati in questa materia. La questione decisa pone anche un altro problema che il Tribunale non poteva ntare e che ci limitiamo solo ad enunciare: e cio se per le leggi-provvediment<> i avanzarsi il dubbio della prescrittibilit della stessa eccezione di illegittimit tuzionale. CARLO BAFILE SEZIONE QUARTA GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 20 ottobre 1964, n. 1032 -Pres. De Marco -Est. Battara -Rolando Ricci (avv. D'Audino) c. Ministero dell'Interno (avv. Stato Chiarotti). Impiego pubblico -Nomine ex art. 170 t.u. 10 gennaio 1957, n. 3 -Potere del Consiglio dei Ministri -Natura. Impiego pubblico -Nomine ex art. 170 t.u. 10 gennaio 1957, n. 3 -Sindacato di legittimit -Limiti. (t.u. 10 gennaio 1957, n. 3, art. 170). Nelle nomine che sono deliberate a' sensi deTlart. 170 del t.u. 10 gennaio 1957, n. 3, il Consiglio dei Ministri non vincolato agli adempimenti che sono necessari per le promozioni disposte dai Consigli di Amministrazione ex art. 169 dello stesso testo unico (applicazione in tema di nomina a Prefetto) (1). Il sindacato di legittimit sugli atti di nomina ex art. 170 del t.u. 10 gennaio 1957, n. 3, non pu estendersi anche alr eccesso di potere per disparit di trattamento o per mancata comparazione (2). {1) Numerose volte il Consiglio di Stato ha affermato che le nomine alle pi alte qualifiche delle carriere amministrative rifuggono da qualsiasi specifica comparazione, non hanno nulla a che vedere con la progressione di carriera, e non possono quindi in alcun modo ricondursi, neppure per analogia, nell'ampio alveo delle promozioni, con qualsiasi sistema effettuate (Cons. Stato, Sez. IV, 30 giugno 1950 n. 345, Foro it., 1950, Ili, 193; Cons. Stato, parere della Commissione speciale n. 170 del 29 gennaio 1952; Cons. Stato, Adunanza Generale, parere n. 1453 del 24 gennaio 1963). "I.e nomine, infatti, postulano semplicemente valutazioni singole, strettamente personali, che investono in toto la personalit del nominato in relazione all'alto in:carico, cui deve essere preposto e secondo una convinzione di particolare idoneit manifestata dal Consiglio dei Ministri, su presupposti, che ben possono prescindere da semplici riferimenti a serWzi prestati, ma devono, invece, riconnettersi a giudizi, aventi il carattere dell'attualit, sul iPOSsesso delle migliori attitudini alle funzioni da svolgere in considerazione di un particolare interesse pubblico. {2) La ,massima puntuale applicazione del principio che la legge conferisce al Consiglio dei Ministri una ampia discrezionalit anche nei criteri in base ai quali devono essere effettuate le nomine. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 147 (Omissis). -Con il primo motivo del ricorso il dott. Rolando Ricci enta la violazione dell'art. 170 del t.u. n. 3 del 1957 sotto il profilo 'eccesso di potere per mancata valutazione assoluta e comparativa parte del Consiglio dei Ministri dei Vice Prefetti scrutinati per la nozione a Prefetto. Il ricorrente, al fine di sostanziare tale censura !ontenuto giuridico, sostiene che anche per le nomine previste dal to art. 170 devono trovare applicazione quei criteri di valutazione .Iuta e di comparazione previsti dall'art. 169 dello Statuto degli iegati civili dello Stato anche se, come egli stesso ammette, il Con o dei Ministri ha facolt discrezionali maggiori di quelle consentite :onsigli di Amministrazione dei vari Ministeri per le promozioni dei donari alle qualifiche inferiori. Il Collegio non ritiene di poter condividere tale ordine di consitzioni sul quale il ricorrente fonda la sua censura. L'art. 170 dello Statuto giuridico del personale civile dello Stato ione che I direttori generali e gli impiegati con qualifiche supel sono nominati con decreto del Presidente della Repubblica su berazione del Consiglio dei Ministri. Le nomine possono essere :erite anche ad impiegati di altri ruoli e di altre amministrazioni, 3ro a persone estranee all'Amministrazione dello Stato n, mentre, per ersonale dell'Amministrazione civile del Ministero dell'Interno, l'arto 236 limita i poteri del Consiglio dei Ministri nella nomina dei :etti nel senso che i posti previsti in organico debbono essere 3rti, per almeno tre quinti, dal personale amministrativo della car1 direttiva dell'Amministrazione civile dell'Interno . Quest'ultimo articolo del citato t.u. d la misura della discreziot del potere che il Consiglio dei Ministri esercita quando procede nomina degli alti gradi della carriera direttiva dei pubblici dipenti. Va infatti notato, in primo luogo, che la riserva dei posti prevista 'art. 236 non riguarda i singoli atti di nomina adottati dal Con o dei Ministri, ma la composizione del ruolo, per modo che fino imite dei 2/5 di esso il Consiglio dei Ministri pu disporre con Line di estranei alla carriera direttiva dell'Interno. Il che in buona anza significa che, in estrema ipotesi, in una singola tornata di Line si potrebbe anche provvedere senza dar corso ad alcuna prp,: ione dai ruoli e nominando soltanto persone appartenenti ad altre ninistrazioni o addirittura non appartenenti al personale statale. L~art. 236 citato, inoltre, esclude nel modo pi assoluto che le Line a Prefetto abbiano la natura di promozioni nel senso che al 1ine viene normalmente attribuito nell'ordinamento gerarchico dello o. Potendo, infatti, il Consiglio dei Ministri provvedere, entro i 3/5, nomina di tutti gli appartenenti alla carriera direttiva del Ministero 'Interno chiaro che i criteri di scelta previsti dall'art. 169 della :e n. 3 del 1957 non possono comunque trovare applicazione non RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO trattandosi nel caso delle nomine n di promozioni per merito comparativo n di una scelta fra gli appartenenti alla qualifica immediatamente inferiore. Come sia ipotizzabile, nel caso di nomine che possono cadere su tutti gli appartenenti alla carriera direttiva dell'Interno o anche, e sol~ tanto, su estranei al Ministero, una valutazione comparativa il ricorrente tenta di dimostrare nella memoria. depositata il 9 dicembre 1963 asserendo che allorch si tratta di nomine di funzionari di ruoli diversi o di altre amministrazioni o di persone estranee alla p.a. senza dubbio non si verifica una promozione a scelta; ma allorch, come nella specie, si valutano dei Vice Prefetti o si conferisce ad alcuni di essi la nomina a Prefetto, nella vera sostanza delle cose si esegue una promozione e non una cc nomina . Di una tale sottile distinzione fra cc nomine vere e proprie e nomine promozione non dato per trovare alcuna traccia nella legge ed anzi, a seguire il ricorrente, sarebbe necessario introdurre una categoria di nomina ancora diversa per il caso che il Consiglio dei Ministri provveda alla copertura dei posti di Prefetto disponibili nominando funzionari della carriera direttiva che non hanno ancora raggiunto la qualifica di Vice Prefetto vieario, nel qual caso una c9mparazione sarebbe altrettanto impossibile come per le nomine degli estranei e la promozione si risolverebbe in un salto di qualifiche che certamente non previsto dall'ordinamento gerarchico dei pubblici dipendenti. A sostegno delle sue censure il ricorrente si richiama ad alcune decisioni di questo Consiglio che tuttavia il Collegio non ritiene pertinenti. Infatti, la decisione di questa Sezione n. 975 del 4 dicembre 1953, che il ricorrente richiama al fine di dimostrare che per le nomine si deve provvedere con promozione a scelta , riguarda la promozione a sostituto avvocato generale dello Stato e non v' dubbio, come affermato nella stessa decisione, che a tale qualifica si accede per promozione a scelta, previo giudizio di promovibilit dato dalla Commissione del personale (art. 28 del t.u. 30 ottobre 1933, n. 1621) e pertanto. nessuna analogia pu instaurarsi fra la promozione a sostituto avvocato generale dello Stato e la nomina, ai sensi delfart. 170 della legge n. 3 del 1957, dei Vice Prefetti a Prefetto, data f assoluta diversit degli ordinamenti giuridici che regolano le rispettive carriere. Per quanto concerne, invece, le decisioni n. 418 del 1961 e n. 1 del 1962, nonch il parere dell' Ad. di questo Consiglio su ricorso De Dominicis c. Ministero dell'Interno, si tratta di fattispecie del tutto diverse da quella in esame. Sia con il ricorso del Ministro Talano Adenolfi che con quello del Prefetto De Dominicis fatto impugnato riguardava il collocamento a riposo dei due funzionari, ai sensi dell'art. 232 del t.u. n. 3/1957 del primo e dell'art. 6 del t.u. n. 70 del 1895 del secondo, ed in entrambi i casi l'accoglimento dei ricorsi ebbe luogo PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 149 un difetto dei presupposti in quanto l'Amministrazione ebbe a iarare che non era stata redatta alcuna relazione per indicare i lvi di servizio che avrebbero dovuto giustificare il provvedimento. anto, nessuna attinenza hanno questi casi con quello del dott. Ro. o Ricci. Semmai un precedente giurisprudenziale che potrebbe re richiamato, ma che nettamente contrario alle tesi del ricore, quello della decisione n. 100 del 1 marzo 1950 di questa one, in cui fu affermato un principio valido tanto per le nomine per i collocamenti a riposo e cio che la valutazione da compiere ste l'intera personalit del funzionario sotto il profilo politicoriinistrativo in relazione alla concreta possibilit e convenienza della utilizzazione nell'esercizio di un'attivit delicatissima, e pertanto >ttimi precedenti di carriera del funzionario non possono precludere )llocamento a riposo ove il Consiglio dei Ministri non lo ritenga adatto ad esercitare le funzioni. La stessa decisione n. 345 del 1950, che il ricorrente richiama a >rio favore, esclude esplicitamente che il Consiglio dei Ministri sia :olato nelle nomine agli adempimenti che la giurisprudenza ha rmato necessari per le promozioni disposte dai Consigli di Ammi: azione e cio la predisposizione dei criteri di massima, la conside:: me particolare dei titoli degli scrutinandi, previa elencazione degli ;i, leventuale attribuzione di coefficienti. Ma lesclusione di tali npimenti, che la giurisprudenza d per pacifica, implica evidenente, come giustamente afferma la difesa dell'Amministrazione che i nomine postulano semplicemente valutazioni singole che investono Jto la personalit del nominato in relazione all'alto incarico cui deve re preposto e secondo una convinzione di particolare idoneit mani1ta dal Consiglio dei Ministri, su presupposti che possono prescinl da semplici riferimenti a servizi prestati ma devono, invece, ricorrersi a giudizi, aventi carattere di attualit, sul possesso delle migliori :udini alle funzioni da svolgere in considerazione di un particolare resse pubblio . A tali considerazioni pu ancora aggiungersi che una volta escluso bligo da parte del Consiglio dei Ministri degli adempimenti coni alle promozioni ed attualmente previsti dall'art. 169 del t.u. n. 3 1957, vengono meno anche quelle possibilit di sindacato della Lparazione che il legislatore ha voluto assicurare statuendo l'obbligo ma serie di adempimenti idonei a consentire il controllo della legitt della procedura. Vero che nella stessa decisione si affermato che il Consiglio Ministri vincolato all'osservanza dei principi e delle norme che ngono alla formazione dell'atto amministrativo e che, pertanto, b.e le nomine sono soggette al sindacato di legittimit. Evidenteite tale rispetto dei principi generali e la circostanza che le norme RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO siano preordinate ad un interesse pubblico non significa che il sindacato che sull'atto pu essere esercitato investa il potere discrezionale anche sotto i profili dell'eccesso di potere per disparit di trattamento o per mancata comparazione, posto che la legge conferisce al Consiglio dei Ministri un'ampia discrezionalit anche nei criteri in base ai quali devono essere effettuate le nomine. Ci non significa, come vorrebbe far intendere il ricorrente, che sia esclusa la possibilit di un sindacato di legittimit sulle nomine disposte ai sensi del citato art. 170, essendo chiaro che anche queste possono essere soggette a gravame sotto diversi profili, e primo fra essi la violazione delrart. 236 del t.u., quando il Consiglio dei Ministri non si attenga alle limitazioni riguardanti la proporzione dei 3/5 dell'organico (nella qualifica di Prefetto) da nominare tra il personale della carriera direttiva dell'Amministrazione civile dell'Interno. -{Omissis). CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 25 novembre 1964, n. 1374 -Pres. De Marco -Est. Melito -Comune di Vicenza (avv.ti Benvenuti, Franco) c. Presidenza del Consiglio ed I.S.T.A.T. (avv. Stato Casamassiina). Comune -Popolazione residente -Familiari di appartenenti alle forze S.E.T.A.F. -Esclusione. I familiari a carico di cittadini stranieri appartenenti alle forze S.E.T.A.F., che abbiano dimora abituale nel territorio nazionale, non possono essere censiti tra la popolazione residente (1). (1) La specie decisa con la sentenza annotata prende origine da un ricorso del comune di Vicenza, con il quale veniva avanzata la tesi che i familiari a carico di cittadini stranieri appartenenti alle forze S.E.T.A.F. dislocati in Italia donssero essere censiti tra la popolazione residente. La soluzione negativa, ~he risulta dalla sentenza, merita piena approvazione per numerosi motivi: 1) In Italia le norme di rilevazione prevedono tra i m0tivi di assenza temporanea, cio tra i motivi che non fanno cessare dall'appartenenza alla popolazione residente italiana, il servizio statale all'estero. In base a taie principio, tutti i dipendenti dello Stato italiano in servizio all'estero e i rispettivi familiari sono stati censiti dai comuni competenti, come residenti temporaneamente assenti. Concretamente esemplificando, stato cio censito il personale diplomatico e consolare in servizio all'estero; il personale civile in missione ill'estero, il personale militare distaccato presso il Comando NATO o altri Enti interalleati. Tutto questo personale stato censito come residente in Italia, indipendentemente dalla durata della permanenza all'estero e dal fatto che avesse o no con s i membri della propria famiglia. Orbene, se da parte italiana si fosse proceduto a censire come residente il personale della SETAF e le relative famiglie, si sarebbe agito in palese contrad PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 151 I :omissis). -Circa il primo motivo del gravame, deve osservarsi non pu consentirsi con la tesi del Comune ricorrente, secondo ~ familiari a carico di cittadini appartenenti alle forze S.E.T.A.F. I vano essere censiti tra la popolazione a residente . Va osservato, anzitutto, che non possono trarsi a vantaggio della I! medesima argomenti dalla circostanza, su cui fa leva il Comune, 'art. 3 della convenzione N.A.T.O., ratificata dall'Italia con I. 30 no> re 1955, n. 1355, escluda espressamente dall'acquisto della residenza sonale militare ed il personale civile al seguito, ma non faccia alcuna sione del genere per i familiari: poich tale esclusione, lungi dal con: i.rsi come una eccezione alle norme che disciplinano l'istituto della enza del nostro ordinamento, si configura piuttosto come il ricomento della reale situazione delle persone in questione, il cui rap> con il territorio nazionale si caratterizza come occasionale e temaeo sulla base degli elementi obiettivi di fatto, ed evidentemente lita anche in relazione alla loro particolare posizione di dipendenti ati stranieri in missione all'estero, cos come previsto dalle disporli legislative italiane in materia. N pu dirsi che i familiari in questione debbano considerarsi ~ facenti parte della popolazione residente in quanto essi sono 9tti a tutte le disposizioni di legge vigenti nello Stato di sogLO 11 a termini dell'art. 2 della stessa Convenzione : lart. 2 in parola va, infatti, inteso in questo senso, perch esso afferma, invece, che .e persone sont tenues r~specter les lois en viguer dans l'Etat jour.. 11 e non gi che sono soggette a tutte le disposizioni di ~ vigenti nello Stato stesso. ~' quindi, evidente, che esse sono sog alle singole leggi slo quando concorrano determinate circostanze te con il principio applicato nei confronti del personale italiano all'estero e elativi familiari. 2) D'altra parte, il comportamento italiano aderente al concetto di cento mondiale raccomandato e propugnato, ed entro certi limiti realizzato, dagli membri dell'ONU. Infatti, anche il censimento mondiale, cos come i censi- nazionali, postula che siano evitate omissioni o duplicazioni di censimento 'effetto pratico che una persona non deve essere censita, come residente, in !istinti paesi (cfr. Nations Unies -New York -Principes et recommendations rnants les recensements nationaux de population). 3) Il divieto di cui all'art. 3 della convenzione fra gli stati partecipanti ~ATO -ratificata per quanto riguarda l'Italia con l. 30 novembre 1955, 35 -, secondo il quale i componenti del personale militare e civile al seguito Lcquistano la residenza dello Stato di soggiorno, deve intendersi esteso anche niliari trattandosi di un divieto convergente proprio con la reale situazione persone in questione, il cui rapporto con il territorio si caratterizza come ionale e temporaneo sulla base degli elementi obiettivi di fatto ricorrenti. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO obiettive: sicch la norma in questione non vieta che, nei riguardi delle Inorme legislative sul censimento e sull'anagrafe, vengano a trovarsi, I ~ per la loro qualit di familiari di persone soggettivamente incapaci di far parte della popolazione residente italiana, nella condizione di persone solo tempora11eamente presenti in un dato Comune italiano. ii, Ci posto, e pensando all'esame delle norme dettate in tema di censimento e di anagrafe, il Collegio osserva che la soluzione prospettata dal Comune di Vicenza avrebbe portato alla abnorme conseguenza di rilevare, con il censimento, famiglie prive del capo-famiglia, il che appare in chiaro contrasto con quelle norme, nonch con i principi vigenti nel nostro ordinamento sulla potest maritale. Ed invero, l'art. 5 del d.P.R. 8 settembre 1961, n. 1001, stabilisce che le unit di rilevazione del censimento della popolazione sono la famiglia e la convivenza, accogliendo per dette unit la definizione che ne d rart. 2 del Regolamento anagrafico approvato con d.P.R. 31 gennaio 1958, n. 136. A tale fine le istruzioni relative stabiliscono che ai fini del censimento, per famiglia si intende un insieme di persone legate da vincoli di matrimonio, parentela, affinit, adozione, affiliazione, tutela o da vincoli affettivi, coabitanti ed aventi dimora abituale nello stesso Comune, che normalmente provvedono al soddisfa I cimento dei loro bisogni mediante la messa in comune di tutto o parte del reddito di lavoro o patrimoniale da essi percepito . La famiglia, poi, deve intendersi rappresentata, ai fini del censimento, dal capo famiglia, la cui nozione pure posta dal menzionato Regolamento anagrafico, ed evidentemente pure percepita dal d.P.R. n. 1001 come quella di colui che esercita la patria potest, la tutela, o ... ha l'amministrazione e la cura degli interessi della famiglia . Il rinvio, poi, operato dall'art. 3 del d.P.R. 8 settembre 1961, n. 1001, al Regolamento anagrafico non giova alla tesi del ricorrente, ma anzi ne conferma l'infondatezza. L'art. 6 del menzionato Regolamento, secondo cui la dimora di fatto in un Comune, anche allo scopo di esercitarvi una professione, arte o mestiere, se ha carattere temporaneo, non d luogo alfiscrizione 4) Parimenti il riferimento all'art. 2 della convenzione -secondo il quale " les membres d'une forse ou d'un lment civil, ainsi que les personnes leur charge, son tenus de respecter les lois en viguer dans l'Etat de sjour -non pu essere inteso nel senso che tali persone siano soggette a tutte le disposizioni di legge vigenti nello Stato, bens, come il Consiglio di Stato ha precisato, nel senso che esse siano soggette alle singole leggi solo quando concorrano determinate circostanze obiettive: sicch la norma in questione non vieta che, nei riguardi delle norme legislative sul censimento e sull'anagrafe, vengano a trovarsi, per la loro qualit di familiari di persone soggettivamente incapaci di far parte della popolazione residente italiana, nella condizione di persone solo temporar.eamente presenti in un dato comune italiano ,, . I PARTE I, SE'Z. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 153 persona nell'anagrafe della popolazione residente, semprech gli componenti della famiglia abbiano mantenuto residenza nel Co~- di iscrizione anagrafica n, diretto ad evitare lo smembramento rafico delle famiglie il cui capo svolge un'attivit in un Comune so da quello ove risiedono gli altri membri della famiglia, e non essere interpretata nel senso preteso dal Comune di Vicenza, tale afferma che per essa, quando la persona . si stabilisca in un une con la famiglia o quivi costituisca un nuova famiglia, sorgee, anche quando la dimora si prevede limitata nel tempo, l'obbligo ;;crizione anagrafica: se tale interpretazione, infatti, fosse esatta: e messa in rilievo dall'Avvocatura dello Stato, che i Comuni ebbero cancellare dalle proprie anagrafi tutte le famiglie che emi> per motivi di lavoro e per qualsiasi altra destinazione, anche se ;ertato che la loro assenza sar di breve durata. Di conseguenza, il fatto che i familiari del personale della S.E.T.A.F. ~rino nel Comune non gi per esercitarvi una professione, arte estiere, ma soltanto per mantenere la comune e reciproca convia n, non presupposto di una dimora abituale, ossia di una vera ::ipria residenza n, perch se cos fosse anche nel caso limite delle glie dei nomadi o dei girovaghi, che pure viaggiano uniti allo scopo iantenere la convivenza familiare, dovrebbe applicarsi il criterio )ettato dal Comune ricorrente trasferendone la residenza in cia- Comune dove le famiglie stesse vengano a fermarsi. Le considerazioni svolte appaiono in armonia con gli accennati ;ipi sulla potest maritale di cui all'art. 144 del e.e., ed in base uali, quando l'effettivo comportamento dei coniugi in armonia i principi stessi, tutto il nucleo familiare viene a trovarsi, nei ridi della residenza, nelle stesse condizioni del capo-famiglia, con la eguenza che, se questi deve considerarsi residente nel Paese di enienza e solo temporaneamente presente in Italia, anche gli altri lbri della stessa famiglia sono da considerarsi alla stessa stregua. Scendendo alresame degli altri motivi, il Collegio ossrva che, volta ammessa l'impossibilit di considerare i familiari del per 5) Infine, ed osservazione di per s decisiva, la soluzione proposta dal me di Vicenza -di censire cio i componenti delle famiglie ad esclusione api famiglia -se attuata, avrebbe comportato l'abnorme situazione di rile con il censimento, famiglie acefale, il che sarebbe stato in contrasto sia con rme di censimento {come risulta dall'ampio excursus fatto dalla sentenza) sia ~ con il principio della potest maritale (art. 144 e.e.), in virt del quale le zioni del nucleo familiare quanto alla residenza si modellano necessariamente condizioni del capo famiglia: con l'ulteriore conseguenza che 1t se questi -deve :!erarsi residente nel paese di provenienza e solo temporaneamente presente in , anche gli altri membri della stessa famiglia sono da considerare alta stessa rn " RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sonale S.KT.A.F. come residenti, vengono a cadere le argomentazioni circa la contradditoriet che il Comune assume esistente con riferimento alla lettera dell'I.S.T.A.T. al Ministero deirlntemo in data 26 gennaio 1962, n. 2604. Per quanto riguarda, invece, la contradditt~ riet che sussisterebbe con la lettera dello stesso I.S.T.A.T. alla Presidenza del Consiglio dei Ministri in data 4 giugno 1962, n. 1466, deve rilevarsi che quanto detto in essa circa la u presenza nel Comune di un numero di persone pressoch costante si riferisce al fenomeno statistico pr~ prio dei grandi Comuni, per cui la popolazione presente si presenta normalmente eccedente rispetto alla popolazione residente, il che non contraddice, ma concorda con i criteri seguiti nel censimento. (Omissis). CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 22 dicembre 1964, n. 1573 -Pres. Polistina -Est. Gasparrini -Faticanti (avv.ti Fudda e Verdi) c. Mini stero LL.PP. e Prefetto di Roma {avv. Stato Mataloni). Espropriazione per p.u. Opere a cura di enti pubblici locali Dichiarazione di pubblica utilit -Competenza del Prefetto. Espropriazione per p.u. -Pubblica utilit Nozione. Espropriazione per p.u. -Trasferimento consensuale della propriet Ammissibilit. I Espropriazione per p.u. Pendenza di ricorso gerarchico avverso provvedimento sanitario del Sindaco Espropriazione successiva -Legittimit Fattispecie. Espropriazione per p.u. Procedimento instaurato nei confronti del proprietario apparente Legittimit. Atto amministrativo -Motivazione in funzione di diversi fini pubblici . Vizio di contraddittoriet Non sussiste. Espropriazione per p.u. Opere a cura di enti pubblici locali Dichiarazione di urgenza Competenza del Ministro LL.PP. A sensi dell'art. 8 d.p. 30 giugno 1955, n. 1534, che ha ampliato la competenza prefettizia in materia, la pubblica utilit di tutte le opere da eseguirsi a cura e spese degli enti pubblici locali, quando non sia chiesto e non spetti alcun contributo dello Stato, dichiarata dal Prefetto previo parerf! dell'Ingegnere Capo del Genio Civile {l). (1-6) Massime di ovvia esattezza. che si rifanno a principi ormai consolidati. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 155 Al fine delf emanazione di un provvedimento di espropriazione ;iente che f opera da eseguire, anche se non strettamente indispene, risponda ad un fine di pubblica utilit (2). l beni necessari per f esecuzione di un'opera dichiarata di pubblica possono essere acquisiti sia mediante l'acquisto consensuale sia ~ante il procedimento espropriativo se l'acquisto si riveli impos ? (3). La pendenza di ricorso gerarchico avverso unordinanza sindacale, la quale vengono proibite la vinificazione e la conservazione dei atti nei locali in corso di espropriazione, non di impedimento instaurazione del procedimento espropriativo, trattandosi di provrnenti ben distinti ed aventi finalit completamente diverse (4). La procedura espropriativa legittimamente intrapresa nei coni di coloro che risultino proprietari dai registri catastali, indipenemente dalf esistenza di controversie giudiziali sulla titolarit del ro di propriet (5). Poich l'ampliamento di un ospedale mira a soddis-fare esigenze 'lrio genere, non viziato da contraddittoriet un provvedimento nelle premesse parli di creazione di un reparto maternit e succesnente affermi che l'ospedale deve soddis-fare urgenti richieste di to soccorso e ricoveri d'urgenza per incidenti stradali (6). La competenza a dichiarare f urgenza ed indifferibilit delle opere ui alfultimo comma dell'art. 8 d.p. 30 giugno 1955, n. 1534, non a al Prefetto bens al Ministro dei LL.PP. ai sensi delfart. 9 r.d. 1braio 1923, n. 422 (7). (Omissis). -Nel primo motivo del ricorso viene eccepita l'incom1za del Prefetto ad emettere la dichiarazione di pubblica utilit >pera perch nell'elenco tassativo dei lavori che, in base all'art. 10 (7) L'affermazione del Consiglio di Stato non pu essere condivisa. :Il; noto L norma dell'art. 71 della I. 25 giugno 1865, n. 2359, nel prevedere che l'occune di urgenza possa essere disposta oltre che nelle ipotesi specificatamente tte anche in tutti gli altri casi in cui si tratti di lavori urgenti ed indifferibili, za una amplissima previsione di conferimento di poteri che deve ritenersi applii ogni qual volta manchi una esplicita disposizione in contrario {cfr. CARUGNO, ropriazione per pubblica utilit, Milano, 1962, 386 segg.). Il vizio dell'iter > della decisione nello aver desunto -dall'ovvia osservazione che l'art. 8 . 30 giugno 1955, n. 1534 non fa parola di dichiarazione di urgenza -che fotto sia carente del relativo potere; dimenticando con ci che l'abilitazione 'refetto all'emanazione di un consimile provvedimento nasce appunto dalla i generale dell'art. 71. Ci che risulta tanto pi evidente ove si rifletta che mazione della competenza del Ministro dei LL.PP. operata con un proce1to di estensione analogica che viene giustificata con il rilievo della mandi una diversa esplicita statuizione di legge . E allora, poich - per J dello stesso Consiglio - da ritenersi insussistente una esplicita disposi RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Idella legge 23 giugno 1865, n. 2359, possono essere dichiarati di pub l l t' blica utilit con decreto prefettizio, non sono compresi quelli relativi alla costruzione di ospedali. , I ricorrenti, per, non dovevano ignorare che l'ultimo comma del ~-. l'articolo 8 del d.p. 30 giugno 1955, n. 1534, ha ampliata la competenza prefettizia in materia, stabilendo che la pubblica utilit di tutte le opere da eseguirsi a cura e spese degli Enti pubblici locali, quando non sia chiesto e non spetti alcun contributo dello Stato, dichiarata dal Prefetto, che provvede sentito il parere dell'Ingegnere Capo del Genio Civile. Essi, quindi, avrebbero dovuto esaminare l'impugnato decreto prefettizio alla luce della suaccennata disposizione di legge allo scopo di rilevarne gli eventuali vizi di legittimit che fossero derivati dall'applicazione della norma medesima. Nessun vizio del genere stato, invece, eccepito in giudizio, oltre alla dedotta incompetenza del Prefetto a provvedere in materia, censura che, come si visto, del tutto infondata e che va, perci, disattesa. N pu sostenersi, come si fa nello stesso primo motivo del ricorso, l'inapplicabilit della legge 25 giugno 1865, n. 2359, al caso in esame, in cui, trattandosi di un ospedale gi funzionante, i previsti lavori di ampliamento sarebbero soltanto opportuni e non necessari; , infatti, pacificamente ammesso che, ai fini dell'espropriazione prevista dalla detta legge, sufficiente accertare che lopera da eseguire, anche se non strettamente indispensabile, risponda ad una pubblica utilit e cio miri al soddisfacimento di un pubblico interesse. Si afferma ne] secondo motivo che, avendo. il Comune avviate, in un primo tempo, trattative per il bonario acquisto dell'imnobile, trattative interrotte poi per un insorto contrasto di interessi tra i proprietari, il ricorso all'applicazione della legge 25 giugno 1865, n. 2359, sarebbe diretto non gi a soddisfare una pubblica esigenza ma a coartare la libera volont dei proprietari. zione derogativa dell'art. 71, non chiaro perch quest'ultimo debba ritenersi inapplicabile alla specie in esame. N sembra pertinente dire -come fa il Consiglio -che, avendo lo stesso decreto prefettizio inquadrato l'occupazione nell'ipotesi .di cui alla seconda parte primo comma dell'art. 71, fosse applicabile detta norma la quale pr:evede esplicitamente una diversa competenza per la dichiarazione di indifferibilit ed urgenza. Perch ci che conta in un provvedimento di tal fatta non . tanto ladozione di un certo tipo di prospettiva legislativa e il genere di motivazione che ne risulta, quanto piuttosto il concreto regolamento della situazione in atto: e allora il problema era semmai accertare se ricorressero i presupposti obbiettivi della dichiarazione (sussistenza in concreto degli estremi dell'urgenza), problema che la decisione non si neppure posto. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA La detta censura non ha fondamento, essendo noto che i beni :ssari per l'esecuzione di un'opera dichiarata di pubblica utilit ono essere acquisiti sia mediante l'acquisizione consensuale, sia iante il procedimento espropriativo, se, come nel caso in esame, lUisto bonario si riveli impossibile. Col secondo e col terzo motivo si denunzia, poi, eccesso di potere h il procedimento espropriativo sarebbe stato iniziato nonostante ~ stato avanzato ricorso gerarchico al Prefetto contro l'ordinanza ettembre 1961 del Sindaco di Genzano e prima della pronuncia Prefetto sul detto ricorso. Ma anche questa censura deve ritenersi priva di fondamento se si idera che si tratta di provvedimenti tra loro ben distinti ed aventi it completamente diverse, mirando il primo ad impedire che i li di propriet dei ricorrenti fossero usati per svolgervi un'attivit mta nociva per la salute pubblica, ed il secondo ad acquisire i li stessi per lampliamento dell'ospedale. Quanto, poi, all'asserita violazione dell'art. 16 della legge 25 giu 1865, n. 2359, dedotta nel quarto motivo del ricorso, per essere > il procedimento espropriativo instaurato nei confronti dei ricor~ i cui contrasti sulla propriet dell'immobile non erano stati ancora ii ti dall'Autorit giudiziaria, appena il caso di ricordare che la :edura espropriativa legittimamente intrapresa nei confronti di ro che risultino proprietari nei registri catastali. N maggior pregio ha il quinto motivo in cui si deduce una pretesa raddittoriet del provvedimento impugnato, che nelle premesse a di creazione di un reparto maternit e successivamente afferma lospedale deve soddisfare quotidianamente urgenti richieste di tto soccorso e ricoveri di urgenza per incidenti stradali. L'ampliato dell'ospedale mira, infatti, a soddisfare entrambe le esigenze e si vede, perci in che cosa consista l'asserita contraddittoriet. Poich, per le suesposte considerazioni, le censure mosse contro lichiarazione di pubblica utilit contenuta nel decreto impugnato > destituite di qualsiasi fondamento, il ricorso, per questa parte. igettato. La reiezione del ricorso per la parte concernente la pubblica utilit opera non importa necessariamente il suo rigetto per la parte relaalla dichiarazione di indifferibilit ed urgenza e alla conseguente osta occupazione temporanea dei beni dei ricorrenti, trattandosi di rvedimenti che, anche se diretti a conseguire lo stesso fine, restano, ndo la consolidata giurisprudenza di questo Consiglio; fra loro ben inti ed hanno ciascuno una propria autonoma fisionomia. Le censure mosse contro questi ultimi provvedimenti sono dedotte sesto motivo, col quale si denuncia eccesso di potere per violazione 'art. 71 della legge 25 giugno 1965, n. 2359. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Le dette censure sono fondate. Il Prefetto, infatti, ha applicato il citato articolo dichiarando previamente urgenti ed indifferibili i lavori di ampliamento dell'Ospedale di Genzano ed autorizzando, poi, il Comune ad occupare d'urgenza, per l'esecuzione di quei lavori, i locali di propriet dei ricorrenti. Cos facendo, il Prefetto ha escluso, e giustamente, che potesse farsi luogo alroccupazione d'urgenza prevista dalla prima parte del primo comma del citato art. 71, che ha per presupposti una necessit straordinaria ed un rapporto di diretta causalit tra tale situazione eccezionale e l'occupazione di un determinato immobile, ed ha ritenuto, invece, che ricorresse l'ipotesi prevista nella seconda parte dello stesso primo comma, la quale ha per presupposto la dichiarazione di indifferibilit ed urgenza delle opere da eseguire, dichiarazione da emanarsi dall'autorit competente. Senonch, da escludere che, nel caso in esame, tale potere spettasse al Prefetto, in quanto l'ultimo comma dell'art. 8 del d.p. 30 giugno 1955, n. 1354, ha attribuito ai Prefetti soltanto la facolt di dichiarare di pubblica utilit le opere di competenza degli Enti locali non assistite dal contributo dello Stato e non anche quella di dichiarare urgenti ed indifferibili le opere medesime. :E: da ritenere, pertanto, che, in mancanza di una diversa esplicita statuizione di legge, le opere di cui all'ultimo comma del citato art. 8 debbano, quando occorre, essere dichiarate urgenti ed indifferibili dal Ministro dei Lavori Pubblici ai sensi dell'art. 31 del r.d. 8 febbraio 1923, n. 422. -(Omissis). CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 3 febbraio 1965, n. 125 -Pres. De Marco -Est. Urciuoli-Moretti (avv.ti Dedin, Sorrentino) c. Mini stero Lavori Pubblici {avv. Stato Faranda) e Ditta E. Martini. Contratti pubblici -Licitazione privata -Sistema della media I corretta -Illegittimit. illegittima l'applicazione del sistema della c.d. media corretta I per la scelta del privato contraente nelle licitazioni private (fattispecie in tema di appalto (1). (1) Sulla legittimit dell'applicazione del sistema della c.d. media corretta nelle licitazioni private (in tema di appalti pubblici). Dopo la decisione 5 dicembre 1958, n. 933 della V Sez., For it., Rep., 1959, voce incanti, n. 3, con la quale era stata ritenuta la illegittimit del sistema della PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 159 {Omissis). -Nel gennaio 1964, il ricorrente fu invitato, insieme ad imprese edili, a partecipare alla licitazione privata, indetta dal veditorato alle 00.PP. del Lazio, per l'aggiudicazione dei lavori la sistemazione idraulica dei fossi Ravi e San Pastore dei Comuni :'ontigliano e Greccio. Pur avendo presentato una offerta di ribasso l8,40 per cento, egli non riusc ad assicurarsi l'appalto di tali lavori, furono invece affidati alla ditta Nardini, la quale, con un ribasso 9,72 per cento, si era maggiormente avvicinata, per difetto, alla ia dei ribassi superiori al limite minimo indicato nella scheda ~ta integrata dal coefficiente di maggiorazione predisposto dall a Amministrazione. I risultati di codesta gara hanno offerto al ricorrente lo spunto per ignare anche e sopratutto le circolari n. 2667 del 1962 e 768 del , con le quali il Ministero dei LL.PP. ha introdotto, nelle licita- private, il sistema della cos detta media corretta, rendendo cos bile l'aggiudicazione dei lavori ad un'impresa diversa da quella ha presentata l'offerta economicamente pi vantaggiosa. La presente controversia si concentra e si esaurisce perci nelne di un'unica questione, quella cio che investe la legittimit di sto sistema, adottato da tempo dal Ministero dei LL.PP., per ne agli inconvenienti derivanti dalla presentazione di offerte di si non rispondenti alla natura dei lavori, ai prezzi del progetto ed situazione di mercato, sul presupposto che quando i ribassi rag~ ono certi limiti non possano pi considerarsi come rispondenti ferta pi vantaggiosa, in quanto questa espressione deve essere a non in senso puramente aritmetico, bens in quello di garantire mministrazione la migliore esecuzione del lavoro al prezzo pi >. Ben presto abbandonato a causa degli inconvenienti a cui aveva luogo (circ. n. 6752 del 17 dicembre 1957) tale sistema stato poi ;tinato ed esteso a tutti gli appalti dell'Amministrazione dei LL.PP. 1edia corretta in materia di contratti degli enti locali, identica soluzione viene > affermata dal supremo giudice amministrativo quanto ai contratti delle nistrazioni dello Stato. Un precedente in tal senso pu rinvenirsi nel parere :lio 1954, n. 416, dell'Adunanza generale, Foro it., Rep., 1955, voce cit. n. 10; rore della legittimit della media ponderata si era invece . espressa la na Sez. le consultiva (cfr. parere 15 febbraio 1956, n. 7, ivi, 1956, voce cit., n. 6) e rte dei conti, Sez. di controllo, 31 luglio 1951, n. 394, ivi, 1952, voce Opere iche, n. 18. l..a dottrina divisa: cfr. in vario senso RoEHRsSEN, I contratti della p.a., na, 1959, 212; SEPE, Contratti della p.a.; in Enciclopedia del diritto, Milano, X voi.; GAVA, Rass. fin. pubbl., 1958, I, 408 segg. l..a . delicatezza della questione teorica poi evidenziata dal rilievo degli bi vantaggi pratici che presenta il sistema della media corretta e -in RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO per lavori di importo superiore ai 10 milioni di lire, con le circolari che formano oggetto della presente impugnativa. Il relativo procedimento comporta, come ben noto, la predisposizione, da parte dell'Amministrazione dei LL.PP., di due distinte schede segrete, la prima delle quali contiene l'indicazione del ribasso minimo, che i concorrenti debbono offrire per essere ammessi alla gara (e che viene .reso noto dopo l'apertura della gara stessa e prima di quella delle buste contenenti le singole offerte) mentre nella seconda viene prefissata la maggiorazione, che va, poi, aggiunta alla media delle offerte valide e che, nelle intenzioni dell'Amministrazione, dovrebbe assolvere una funzione di u moderatore dei ribassi e di 11 elemento moralizzatore . L'appalto viene quindi aggiudicato non al concorrente che abbia presentato lofferta migliore, bensl a quello, la cui offerta pi si avvicini, per difetto, alla media dei ribassi superiori al limite indicato nella prima scheda, integrata dalla maggiorazione, predeterminata con le modalit anzi indicate. Codesto sistema non rientra ovviamente tra quelli tradizionali, previsti dal Regolamento sulla contabilit generale dello Stato e dalle norme che specificamente disciplinano l'appalto delle opere da eseguire per conto del Ministero dei LL.PP. La stessa Amministrazione non sembra avere dubbi in proposito come sta del resto a comprovare la circolare n. 9987 del 25 maggio 1956, relativa all'appalto dei lavori finanziati dalla Cassa per il Mezzogiorno, ed alla quale si fa qui rife ?. rimento a puro titolo indicativo ed esemplificativo. Ne consegue che l'esito della presente controversia, concentrata .1 come su un'unica questione, dipende esclusivamente dalla possibilit di inquadrare il sistema della media corretta nella normativa vigente, dal grado cio in cui tale metodo, bench non esplicitamente previsto, possa considerarsi compatibile con le disposizioni dirette a disciplinare le varie fasi del procedimento, attraverso il quale rAmministrazione primo luogo -di quelle garanzie di seriet tecnica dell'offerta e di segretezza della procedura sulle quali cfr. la nota di B. M. in Foro it., 1965, Il, 41. Va detto immediatamente che la soluzione del Consiglio di Stato non pu convincere. Alcuni degli argomenti addotti in motivazione appaiono viziati da un errore di prospettiva: cos laffermazione che il metodo della media corretta non abbia alcuna giustificazione in quelle gare cui siano ammesse le sole imprese delle quali l'Amministrazione abbia preliminarmente accertata la seriet commerciale e la capacit tecnica, posto che l'accertamento in astratto di siffatti requisiti del soggetto offerente non implica necessariamente la bont (commerciale e tecnica) dell'offerta che venga di volta in volta concretamente avanzata; cos pure il presunto. contrasto del metodo in esame con l'art. 76 del regolamento di contabilit generale (dal quale -secondo il Consiglio di Stato -dovrebbe desumersi l'obbligo dell'Amministrazione di aggiudicare il singolo contratto a quello fra i concorrenti PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA e procedere all'aggiudicazione dei lavori che formano oggetto delle ;ole gare. Al riguardo, si ricorda preliminarmente che lart. 89 del Regolatto di contabilit generale -dello Stato estende alle licitazioni private 1oqne che regolano i pubblici incanti {artt. 67, 68, 69, 72, 75 e 76) !:te, inoltre, il problema, gi altre volte sollevato, se tale richiamo tporti l'applicazione automatica di tutte codeste norme o solo di lle che siano compatibili con la particolare natura della licitazione arda unicamente alcune questioni marginali (quali, ad esempio, mero dall'obbligo di produzione del certifcato di idoneit rilasciato Prefetto, la presentazione di offerte per conto di persone da nomi~) e non investe comunque quelle procedure direttamente incidenti serio e proficuo esperimento delle gare. Nessun dubbio pu, quindi, sussistere circa lobbligo dell' Amminiiione di uniformarsi, anche nelle licitazioni private, al disposto 'art. 76 e di aggiudicare, in conseguenza, i singoli appalti all'impresa abbia richiesto un minor prezzo per la esecuzione dell'opera. La cos detta media corretta non solo risulta in aperto contrasto questo tassativo precetto ma per di pi rompe la unitariet del 'ma vigente, proprio nel suo punto o momento fondamentale, nella cio che culmina nella scelta del privato contraente. Il metodo della media corretta viene, infatti, ad incidere unica 1te su quelle gare, cui sono ammesse le sole imprese delle quali iministrazione abbia preliminarmente accertata la seriet commer~ e la capacit tecnica, non gi in via astratta, bens con riferimento specifici lavori, che intende eseguire ed instaura, quindi, una diffefazione tra i diversi sistemi, attraverso i quali, essa pu procedere scelta del privato contraente, che non ha alcuna giustifcazione ca e non trova alcun fondamento n nella legge n nella :natura elle concrete esigenze che ciascuno di detti istituti destinato a Iisfare. ibbia richiesto il minore prezzo) si risolve in una petizione di principio giacch ier risolto ci che occorre invece decidere, e cio se la figura di migliore ente, quale risulta dall'art. 76, si determini con criteri meramente quantitativi fra ovvero con riferimento a tutta una serie di altri fattori, e principalmente caratteristiche tecniche dei servizi offerti in relazione al prezzo richiesto (sul o cfr. RoEHRSSEN, op. cit., 205 segg.). Rimane, dunque, una sola e fondamentale argomentazione: quella, cio, che :ncia l'illegittimit del sistema della media corretta perch con esso l'Amminiione si sottrarrebbe all'obbligo di prefissare il limite massimo dell'offerta. rebbe, se fosse -esatta, osservazione decisiva, perch sul punto che la legge non 9nta deroghe a quest'obbligo non possibile discussione. Senonch il ragiona: o del Consiglio viziato nella sua stessa premessa. Com' noto, il metodo RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO I Si rileva, in secondo luogo, che, per lart. 61 del Regolamento di I contabilit generale dello Stato, ogni Amministrazione deve tenere in evidenza, in apposito elenco, i prezzi unitari degli oggetti e delle materie, che essa sia tenuta procurarsi per i propri servizi, per mezzo i di appalto o in economia, tale elenco deve essere aggiornato con la periodica richiesta di informazioni agli Uffici tecnici e con la consultazione di mercuriali e bollettini. e deve servire di norma cc nelle formazioni dei capitoli per pubblici incanti o licitazioni e nelle trattative private o per la esecuzione delle occorrenti forniture ad economia . La compilazione dei progetti delle opere, che debbono essere eseguite per conto del Ministero dei LL.PP., , poi, specificamente disciplinata dal d.m. 28 maggio 1895 e dal d.C.P.S. 15 luglio 1947, D.. 763, che prescrivono, tra l'altro, la determinazione delle varie categorie di lavoro e relative quantit necessarie per il compimento dell'opera, l'analisi dei prezzi unitari, ecc. il: sulla base di codesti elementi che lAmministrazione deve determinare il prezzo dell'opera, sul quale si apr poi la gara, e, quando l'asta avvenga con il sistema delle offerte segrete, anche il limite minimo di ribasso, che deve essere offerto, per potere procedere all'aggiudicazione, e quello massimo, che non deve essere oltrepassato. Nel fissare i limiti, massimo e minimo, delle offerte di ribasso, che ritenga di prendere in considerazione, lAmministrazione tenuta, quindi, ad operare su quegli stessi elementi che ha gi assunto a base della determinazione del prezzo dell'opera, tenendo inoltre conto di tutte quelle condizioni e situazioni, che possono influire sui tempi tecnici di esecuzione dei lavori e sul relativo costo, quali, ad esempio, la diversa consistenza ed il diverso grado di efficienza delle attrezzature tecniche di cui dispongono le singole imprese che essa intende far partecipare alla gara, la loro possibilit di pprovvigionamento e di autofinanziamento e cosl via. Si potr discutere se codesto obbligo sia da considerare sddisfatto anche quando, anzich indicarli in cifre assolute, lAmministrazione della media corretta prevede la formazione di due schede segrete, da compilarsi dagli uffici competenti, da chiudersi in separate buste e da con~egnarsi all'autorit che dovr presiedere alla gara, contenenti rispettivamente il limite di ribasso minimo ed un indice di maggiorazione. Le offerte inferiori al ribasso minimo debbono essere senz'altro escluse dalla gara; dopo di che si procede a formare la media delle offerte valide, alla quale va poi aggiunto l'indice di maggiorazione come sopra fissato. L'appalto viene quindi aggiudicato all'offerta che si sar maggiormente avvicinata, per difetto a tale risultanza. Sembra allora evidente come un limite massimo risulti prefisso (sia pure non in cifra ma mediante la predisposizione di criteri di massima) anche in un procedimento di tal fatta, e sia precisamente indicato dalla media maggiorata oltre la quale le eventuali offerte non sono PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 163 fa discendere i suddetti limiti dall'applicazione di obbiettivi ed roci criteri di massima all'uopo predeterminati, ma non si potrebbe, ~ro, porre in dubbio, che il sistema normativo vigente affidi compiti ;iffatta natura esclusivamente alla responsabilit dell'Amministra1e stessa, che non pu quindi sottrarsi ai doveri che le derivano, ::>!vendo ad altri, e per di pi proprio ai partecipanti alle singole i, quelle valutazioni che tenuta ad effettuare direttamente, nell'insse pubblico, che essa rappresenta, non meno che in quello delle ate imprese che hanno concorso all'appalto. Con l'introduzione del sistema della media ~orretta avviene, invece, lAmministrazione si spogli preventivamente e definitivamente della facolt di determinare il limite massimo, che, per singole gare, le rte non debbono superare e, quel che pi rileva, fa poi dipendere ~iudicazione da un elemento del tutto accidentale, che non poggia Llcun obbiettivo presupposto, bens sulla semplice presunzione, non ;tita o suffragata, peraltro, da alcun valido argomento, che l'offerta dia maggiore affidamento sia quella che si avvicini maggiormente, difetto, alla media dei ribassi offerti. Il criterio di assumere ad indice di massima convenienza proprio erta che pi si avvicini, per difetto, alla media dei ribassi proposti, lta peraltro contraddetto, almeno in parte, dalla necessit, avvertita a stessa Amministrazione, di correggere poi tale media con l'insemto di un coefficiente che dovrebbe operare come moderatore dei ssi. Invano si cercherebbe di cogliere nelle citate circolari lesatta fo.1e che dovrebbe assolvere codesto coefficiente di maggiorazione e determinato prima che sia nota la media delle offerte sulla quale e operare, non pu fondarsi su alcuna valutazione o criterio obiet, o di scorgere inoltre in qual modo il sistema della media corretta :a concretamente contribuire ad eliminare gli inconvenienti lamenin modo pi radicale di quello gi consentito dagli artt. 76 e 75 Regolamento e dalla generale facolt della gara, riconosciuta alla i in considerazione. N si dica in contrario che la indeterminatezza del limite terebbe da ci che il primo termine da ui esso deriva (e, cio, la media delle te) dipenderebbe in ultima analisi dall'arbitrio degli offerenti, perch il con' di media, introducendo la esigenza di un collegamento comparat di tutte ferte avanzate, si riporta ad una valutazione globale dei dati obbiettivi della zione; e dunque -pur nelle inevitabili divergenze tra le varie interpretazioni ffatti dati che possono risultare dalle diverse offerte -attraverso una mediai di queste posizioni si ricollega ad un dato fondamentalmente unitario che essere preventivato, con il sussidio degli ordinari criteri tecnici, dagli organi p.a. Il ricorso alla media, in altre parole, consente di eliminare il rischio) fferta abnorme, e riconduce il risultato dell'operazione a valori statisticamente RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Amministrazione, di valutare, pur dopo l'esperimento della gara, i singoli contratti, concedendo la sua approvazione solo a quelli che soddisfano, sotto ogni aspetto, le esigenze che essa intende soddisfare. Quel che balza, invece, fin troppo chiaro ed evidente che il sistema della media corretta espone lAmministrazione al rischio, tutfaltro che teorico, di dovere pagare un maggiore prezzo per la esecuzione di un'opera, che altro concorrente potrebbe eseguire verso un corrispettivo minore, come si appunto verificato nel caso di specie, che, tra l'altro, caratterizzato dal fatto che il concorrente che aveva offerto il maggior ribasso aveva gi dato concrete prove delle sue capacit tecniche e della sua correttezza commerciale. Proviene, infatti, dalla medesima Amministrazione, l'esplicita ammissione, che alla ditta Moretti erano stati affidati in precedenza lavori dello stesso genere, la cui esecuzione, presumibilmente, non deve avere dato luogo a rilievi di sorta, dal momento che nessun cenno si fa ad eventuali inadempimenti contrattuli, in cui la stessa sarebbe incorsa e che avessero potuto poi indurre lAmministrazione a ritenere eccessivo il ribasso ora offerto. :E: sopratutto questo ingiustificato aggravio di spesa, che l'introduzione del sistema della media corretta inevitabilmente comporta, a ~arico del bilancio dello Stato, che induce il Collegio, a prescindere anche dalle altre osservazioni e considerazioni che si siano venute fin qui esponendo, a concludere per l'accoglimento del presente ricorso e ad annullare, in conseguenza, sia lappalto contestato sia le circolari ministeriali che hanno reso possibile l'introduzione e l'applicazione del sistema della media corretta, in evidente ed insanabile contrasto con le norme vigenti e con le finalit di pubblico interesse che esse intendono perseguire. -{Omissis). obbiettivi. Appare allora quanto mai inconferente il richiamo della sentenza annotata all'art. 61 del regolamento di contabilit, al quale pu riconoscersi tutt'al pi il significato di parametro obbligatorio di previsione del contenuto delle offerte, sulla media delle quali si andr costruendo il procedimento di aggiudicazione. In questa prospettiva il pi vero e grave problema che resta da affrontare la scelta di fondo, cui s' in precedenza accennato, circa la determinazione del concetto di migliore offerente. Ma qui il discorso si fa troppo ampio. Baster accennare come il collegamento della valutazione della bont dell'offerta con parametri di giudizio non esclusivamente pecuniari ritorni costantemente nella nostra dottrina, e sia stato numerose volte accolto dalla stessa giurisprudenza (cfr. per tutte, Cons. Stato, Sez. II, 15 febbraio 1956, n. 7 sopracitata). TOMMASO ALIBRANDI PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA ~SIGLIO DI STATO, Sez. V, 5 giugno 1964, n. 676 -Pres. Chiofalo -Est. Laschena -Comune di Gravellona Toce (avv. Giannini M. S.) c. Ministero dei LL.PP. (avv. Stato Mataloni) ed altri. npetenza e giurisdizione -Demanio idrico -Bacini imbriferi montani -Sovracanoni -Provvedimento di riparto del Ministro dei LL.PP. ex art. 1, terzo comma, legge n. 959 del 1953 -Carattere discrezionale -Controversie -Giurisdizione del Consiglio di Stato. (1. 27 dicembre 1953, n. 959, art. 1, terzo comma). Il potere del Ministero dei LL.PP., attribuito dalfart. l, terzo ~ma, della legge 27 dicembre 1953, n. 959, di ripartire tra i singoli riuni i proventi dei sovracanoni versati dlle imprese idroelettriche ranti in un bacino imbrifero montano comporta un apprezzamento rezionale e pertanto la posizione dei Comuni rispe.tto al provvediito adottato dal Ministro in forza di quel potere di interesse legitJ tutelabile innanzi al Consiglio di Stato (1). {Omissis). -L'Avvocatura Generale dello Stato ha eccepito che il tsiglio di Stato difetterebbe di giurisdizione nei confronti del Triale Regionale delle Acque Pubbliche 9, quanto meno, di compem, nei confronti del Tribunale Superiore, in ordine alla presente troversia e richiama a sostegno della sua tesi, la decisione 23 gen> 1959, n. 30, della IV Sezione. Sostiene, infatti, che le norme con1enti la ripartizione dei proventi dei sovracanoni, gravanti le imprese >elettriche che hanno impianti nel perimetro dei bacini imbriferi itani, si inseriscono nella disciplina giuridica delle concf:lgsioni di ue pubbliche, onde la decisione delle relative vertenze spetterebbe organi giurisdizionali previsti dagli artt. 138 e segg. t.u. 11 dicem1933, n. 1775. Aggiunge che la questione dedotta con il presente (1) Con la meditata e perspicua decisione in rassegna, la cui motivazione gge in Il Consiglio di Stato, 1964, I, 1182, il Consiglio di Stato affronta la quete relativa alla giurisdizione sulle impugnative del decreto con cui il Ministro LL.FP., in attuazione della I. 27 dicembre 1953, n. 959, provvede alla riparne dei sovracanoni gravanti sulle imprese idroelettriche operanti in un bacino :ifero montano fra i comuni compresi in tale bacino. I termini del problema sono noti. La legge 27 dicembre 1963, n. 959, ha demandato al Ministero dei LL.PP., ito quello per l'Agricoltura e Foreste, di stabilire con proprio decreto quali o i bacini imbriferi montani ,, nel territorio nazionale, determinando il peri: o di ognuno. La stessa legge ha poi istituito una prestazione patrimoniale 11a obbligatoria a carico dei concessionari di grandi derivazioni per produzione orza motrice ed a favore dei Comuni compresi nei bacini imbriferi montani RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ricorso {ripartizione dei sovracanoni) atterrebbe a materia di diritti soggettivi e, pertanto, dovrebbe esser fatta valere avanti al competente Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche. La legge 27 dicembre 1953, n. 959, ha istituito una prestazione patrimoniale obbligatoria, a carico dei concessionari di grandi deriva zioni per produzione di forza motrice ed a favore dei Comuni compresi nel perimetro dei bacini imbriferi ,montani. Tale prestazione, denominata sovracanone , ha sostituito gli oneri previsti dalfart. 52 t.u. n. 1775 del 1933 sopra citato. La invocata decisione 23 gennaio 1959, n. 30, della IV Sezione concerne, peraltro, questione diversa da quella proposta in questa sede; riguarda,. cio, l'impugnativa del decreto ministeriale recante la delimitazione di un bacino imbrifero montano. Ed indubbio che una tale controversia sia attinente alla disciplina delle concessioni di acque pub,. bliche, dal momento che la nuova legge determina un rapporto obbligatorio tra concessionari di grandi derivazioni e Comuni, i cui presupposti vanno appunto ravvisati nella titolarit della concessione e nella denominata sovracanone , in sostituzione degli oneri previsti dall'art. 52 del t.u. sulle acque e sugli impianti elettrici, approvato con r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775. Stabilisce la legge in questione (art. l, tredicesimo comma) che quando una derivazione interessa pi Comuni o pi consorzi, il riparto del sovracanone stabilito di accordo fra essi entro sei mesi o, in mancanza, dal Ministro dei LL.PP., sentito il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, in relazione ai bisogni delle singole zone e ai danni da esse subiti in conseguenza della derivazione . Nella sentenza che si annota il Consiglio di Stato ha affrontato il problema di giurisdizione relativo alla impugnativa da parte di un comune del decreto di ripartizione emesso dal Ministro dei LL.PP. esaminando la questione se la cognizione dell'impugnativa spetti al giudice delle acque o al giudice comune e, all'interno di tale ipotesi, se spetti al giudice amministrativo (Tribunale Superiore delle acque pubbliche o Consiglio di Stato) ovvero alla giurisdizione ordinaria (Tribunale Regionale delle acque pubbliche o Tribunale). La soluzione di questo duplice ordine di problemi sul piano processuale dipende, come evidente, dalla qualifica che sul piano sostanziale, si attribuisca ai menzionati provvedimenti del Ministero dei LL.PP. e, conseguentemente alla qualifica della posizione che l'ordinamento assicura ai comuni rispetto al potere di ripartizione dei contributi attribuito al Ministero dei LL.PP. La questione non risulta ancora affrontata dalla giurisprudenza, la quale, peraltro, ha avuto occasione di occuparsi degli analoghi problemi in ordine al provvedimento con cui il Ministero dei LJ,.PP, sentito quello dell'Agricoltura e Foreste, stabilisce il bacino imbrifero e montano determinandone il perimetr. Come noto, in ordine a tale proVTVedimento, stato ripetutamente deciso: a) il provvedimento in questione, che stabilisce e delimita un bacino imbrifero montano, in virt della I. n. 959 del 1953, determina il sorgere di un rapporto obbligatorio fra i concessionari di grandi derivazioni ed i comuni compresi nef bacino, rapporto avente come contenuto l'obbligo di pagamento del sovracanone. . La controversia nascente dall'impugnativa di tale provvedimento attiene quindi indubbiamente alla disciplina delle concessioni di acque pubbliche, e precisamente PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 167 azione della derivazione entro il perimetro di un bacino imbri montano . Consegue che lesame della controversia stessa sicumte demandato agli organi giurisdizionali speciali delle acque )li che. ~ parimenti indubbio che la questione esaminata dalla suddetta :;ione della IV Sezione concerne una pretesa di diritti soggettivi m di interessi legittimi. Una costante giurisprudenza (Corte Cost., glio 1957, n. 122), ha, infatti, ritenuto che, nella delimitazione dei ni imbriferi montani, il Ministro dei LL.PP. non dispone di discrealit amministrativa , bens di discrezionalit tecnica, che consiste )Otere di delimitare i bacini in base all'applicazione di criteri tecnici. Nel caso in esame, il Collegio ritiene di potere, anzitutto, escludere la controversia sia demandata agli organi della giurisdizione delle 1e pubbliche. A questi, non deferita ogni e qualsiasi controversia, comunque tessa al tema delle acque pubbliche e degli impianti elettrici. Rien:>, infatti, nella competenza dei Tribunali delle acque le sole que azione del rapporto concessionale: come tale, essa di competenza degli tl giurisdizionali preposti alle acque pubbliche (in questo senso la decisione ~onsiglio di Stato 23 gennaio 1959, n. 80 -ricorso dei Comuni di Ulzio, citata decisione che qui si annota). b) Il provvedimento in questione, inoltre, ha carattere di provvedimento inistrativo rispetto alla cui emanazione il Ministro dei LL.PP. non ha poteri ~iamente discrezionali, disponendo solo di cosiddetta discrezionalit tecnica . e Costituz. sent. 4 luglio 1957, n. 122). Con la conseguenza che la controversia nascente dalla. impugnazione del redimento stesso attiene non ad interessi legittimi, ma a diritti soggettivi che b.anno subito alcun affievolimento, poich, se i concetti accolti dall' Amm.ne loro conseguenti applicazioni rispondono ai dettami delle dette discipline, na pretesa pu far valere l'obbligato; se sono invece errati, s' verificata la zione di legge e quindi l'obbligazione non pu sorgere per mancanza del pposto {Trib. Sup. delle Acque Pubbliche, 10 gennaio 1958: Soc. Piemonte cale di Elettr. c. Comune di Mondov ed altri, in Acque, Bonifiche, Costr., ' 280). Investito della potest di decidere di tali controversie pertanto non il GiuAmm. vo delle acque (Trib. Superiore), ma il Giudice dei diritti soggettivi, il competente Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche. (Cfr. Trib. Sup. 1e Pubbl., 28 rucembre 1957: Soc. Terni. c. Comune di Amatrice ed altri, in :e, bon. costr., 1958, 163; 10 gennaio 1958, cit., soc. Piemonte Centr. di r. c. Comune di Mondov ed altri, in Acque bon. costr., 1958, 280 ecc.). Nello stesso senso si pronunciata altres consacrando in tal modo l'orientao del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, la Corte di Cassazione a 1ni Unite (16 luglio 1959, soc. Selt Valdamo c. Ministero LL.1PtP., Coxp.urie di aiore ed altri in Acque, bon. costr., 1959, 883). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO stioni relative alla utilizzazione, diretta e immediata, delle acque medesime o attinenti al rapporto concessionale (IV, 23 gennaio 1959, n. 30, cit.; V, 3 giugno 1961, n. 252; rif.to V, 12 gennaio 1963, n. 4). La ripartizione dei proventi dei sovracanoni versati dalle imprese idroelettriche attiene, invece, a un momento dell'azione amministrativa, assolutamente distinto e diverso da quello relativo alla utilizzazione delle acque, n inerisce alla disciplina del rapporto di concessione. Inoltre, loggetto del presente ricorso non investe, c.ome assume l'Avvocatura Generale dello Stato, materia di diritti soggettivi. Ai sensi dell'art. 1, tredicesimo comma, della citata legge 27 dicembre 1953, n. 959, quando una derivazione interessa pi Comuni o pi consorzi, il riparto del sovracanone stabilito d'accordo tra essi... o, in mancanza, dal Ministro dei Lavori Pubblici, in relazione ai bisogni delle singole zone e ai danni da esse subiti in conseguenza della derivazione . La norma attribuisce ali' Amministrazione il potere di ripartire i proventi tra i singoli Comuni o consorzi in base ad elementi, che richiedono una valutazione anche tecnica, ma che, sopratutto, invol- Tutta la giurisprudenza successiva, seguita dalla dottrina, si uniformata fino ad oggi alle pronunce citate: lorientamento ivi affermato pu quindi considerarsi assolutamente consolidato. Nella decisione in rassegna il Consiglio di Stato ha affermato che i principi giurisprudenziali sopra enunciati non possono trovare applicazione nel caso di specie, in quanto: a) la questione del riparto tra i Comuni dei proventi dei sovracanoni attiene ad un momento dell'azione amministrativo, assolutamente distinto e divierso da quello relativo alla utilizzazione delle acque n inerisce alla disciplina del rapporto di concessione e, b) il potere di riparto attribuito al Ministero dei IL.iPP. comporta un margine di discrezionalit amministrativa di fronte al quale il diritto dei Comuni alla quota parte dei proventi degrada a interesse legittimo tutelabile innanzi al Consiglio di Stato. I Pur apprezzando il rigore e la coerenza della decisione, non possiamo non Irilevare alcune perplessit che desta la soluzione adottata, specie per quanto attiene alla delimitazione, alquanto restrittiva, che in essa vien fatta in ordine alle attribuzioni degli organi giurisdizionali preposti alle acque pubbliche. Giover a questo proposito ricordare la costante giurisprudenza della Corte di Cassazione, secondo la quale la cognizione di una controversia va devoluta ai tribunali delle acque " quando per il suo oggetto involga comunque, direttamente o indirettamente, interessi pubblici in ordine al regime delle acque" (Cass., 13 dicembre 1957, n. 4685, Foro it., Mass., c. 497; 16 febbraio 1960, n. 247, Foro it., Mass., 1960, c. 55. Ora, mentre non pu revocarsi in dubbio -ed stato lo stesso Consiglio di Stato ad affermarlo, nella citata pronuncia n. 30 del 23 gennaio 1959 -che le norme relative ai sovracanoni istituiti dalla legge n. 959 del 1953 (trattandosi di prestazioni obbligatorie a carico dei concessionari di grandi derivazioni ed a favore dei comuni compresi nei bacini imbriferi montani, in sostituzione degli oneri gi previsti dall'art. 52 del t.u. n. 1775 del 1953) si inseriscano pienamente nella disciplina giuridica delle concessioni di acque pubbliche, d'altra parte non sembra agevole contestare che una vertenza avente ad oggetto un provvedimento come PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA un apprezzamento delle singole situazioni demandato alla discretlit amministrativa della stessa Amministrazione. I cc bisogni n varie zone e i cc danni da esse subiti vanno, cio, considerati in ione alle finalit di pubblico interesse, cui diretta la legge, e 1ono essere riguardati nel pi ampio quadro delle esigenze di tutti nti (Comuni e Consorzi), compresi nel medesimo bacino imbrifero :ano. Consegue che la situazione soggettiva degli enti di fronte al potere mito dalla legge all'autorit ministeriale si configura quale intelegittimo al riparto dei proventi dei sovracanoni. -{Omissis). > del Ministro dei LL.PP., che ripartisce fra i comuni compresi nel bacino fero montano i proventi di detti sovracanoni, involga interessi eminentemente ici, direttamente connessi al regime delle acque. Si aggiunga inoltre che se o che la ripartizione dei proventi dei sovracanoni viersati dalle imprese idro. che attiene ad un momento in s distinto da quello relativo all'utilizzazione acque, non sembra che possa senz'altro convenirsi, anzi lecito sollevare essit, sull'affermazione, contenuta nella stessa sentenza secondo la quale la izione in parola non inerisce alla disciplina del rapporto di c.oncessione . In ogni caso interessante il riconoscimento di una discrezionalit amministra 1el provvedimento di riparto adottato dal Ministro dei LL.PP. In conclusione, non possiamo non auspicare che in una questione siffatta, si , quanto prima, un orientamento consolidato che possa fornire alle parti e 1dici quel summum bonum, che , specie nel delicato campo della giurisdi' la certezza del diritto. GIOVANNI BESTENTE rSIGLIO DI STATO, Sez. V, 23 ottobre 1964, n. 1206 -Pres. Chiofalo -Est. Catenacci -Comune di Porretta Terme (avv.ti Gualandi e Jossa) c. Ministero delle Finanze e Ministero dell'Interno (avv. Stato Pacia). ;tizia amministrativa -Gestione del servizio di riscossione delle imposte dirette -Deliberazione comunale -Diniego di approvazione da parte della g.p.a. -Ricorso gerarchico improprio -Autorit competente. ;tizia amministrativa -Ricorso gerarchico improprio -Ricezione tardiva da parte dell'autorit decidente -Irricevibilit. La competenza a decidere sul ricorso gerarchico improprio pro~ o da un Comune avverso un provvedimento della g.p.a., con il quale e denegata l'approvazione di una deliberazione comunale in ma RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO teria di gestione del servizio di riscossione delle imposte dirette, spetta ratione materiae al Ministro delle Finanze e non al Ministro dell'Interno (1). Mentre il ricorso gerarchico proprio pu essere presentato sia all'autorit che deve decidere, sia ad autorit inferiore dipendente dalla . prima, il ricorso gerarchico improprio deve, nel termine prescritto dalla legge, non solo essere deliberato e spedito, ma anche pervenire all'autorit cui diretto, salvo che altre autorit abbiano dalla legge espressa facolt di riceverlo e di trasmetterlo all'autorit decidente {2). (Omissis). -Il ricorso appare infondato. Preliminare l'indagine relativa alla competenza dell'autorit centrale chiamata a pronunciarsi in materia, al fine di determinare se il gravame gerarchico avverso la decisione 29 novembre 1961 della Giunta Provinciale Amministrativa ;___ in sede di tutela -di Bologna andava proposto dal Comune di Porretta Terme al Ministro dell'Interno o a quello delle Finanze e se la sua presentazione al Prefetto di Bologna era idonea o meno a sospendere la decorrenza del termine. Per quanto concerne il primo punto, osserva il Collegio che deve considerarsi principio ormai acquisito nel vigente diritto italiano la dipendenza gerarchica plurima del Prefetto in ordine al suo potere generale di controllo sugli atti degli enti locali. Essendo il Prefetto investito di una rappresentanza organica in loco dell'intero potere esecutivo (art. 19, primo comma, del t.u. della legge comunale e provin~ ciale 3 marzo 1934, n. 383, modificato con legge 8 marzo 1949, n. 277), ne consegue che l'autorit superiore cui, ai sensi dell'art. 5 dello stesso t.u., pu ricorrersi in via gerarchica contro i suoi provvedimenti, dovr essere individuata caso per caso ratione materiae. Tale, d'altronde, l'opinione della pi autorevole dottrina, nonch l'indirizzo seguito dalla prassi e convalidato dalla giurisprudenza. (1) La massima conseguenza del pnnc1p10 della dipendenza gerarchica plurima degli organi investiti di un generale potere di controllo sugli atti degli enti locali (es. Prefetto). ~ antica e consolidata giurisprudenza che in siffatti casi la competenza a provvedere sui ricorsi gerarchici appartenga al Ministro al quale devoluto l'affare nel merito, anche se il ricorso sia proposto in relazione ad una attivit di vigilanza sugli enti locali che come tale rientrerebbe nella sfera di competenza del Ministro per l'Interno (cfr. fuGNisco-RossANo, I ricorsi amministrativi, Roma, 1954, 293). {2) Non risultano precedenti in termini. Per qualche riferimento cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 13 aprile 1960, n. 232, in Giust. civ., 1960, II, 247. Sulla presentazione del ricorso gerarchico proprio cfr., oltre alla decisione n. 68/50 richiamata in sentenza, anche Cons. Stato, Sez. IV, 22 ottobre 1951, n. 499, in Rass. Cons. Stato, 1951, 1273. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA )e ci deve dirsi in ordine al ricorso gerarchico proprio contro i redimenti prefettizi, non diversa pu essere la soluzione per quanto ~me i dinieghi di approvazione da parte della g.p.a. L'art. 18 della 1 9 giugno 1947, n. 530, su questo punto conforme al precedente ~ del t.u. n. 383 del 1934, prevedendo contro tali dinieghi la post di un ricorso gerarchico improprio, senza indicare. espressamente 1rit decidente, non pu che avere fatto implicito riferimento al fo della materia, con cui si individua l'autorit superiore chiamata )idere il ricorso gerarchico proprio contro gli atti del Prefetto, pre dallo stesso articolo. I due ricorsi vi sono infatti congiuntamente :ionati, con l'evidente intento legislativo di adottare per entrambi entica disciplina, com' fatto palese dal generico cumulativo rino all'art. 5 del citato t.u. Premesso quanto sopra, resta solo da vedere, nel caso in esame, il vigente nostro ordinamento giuridico, sia da attribuirsi al Minidelle Finanze una specifica competenza in materia di tributi locali. l.a risposta, ad avviso del Collegio, non pu essere che affermativa. L all'uopo por mente a tutta la legislazione in materia, ed in partie al r.d. 7 agosto 1936, n. 1639 {convertito nella legge 7 giugno n. 1061) sulla riforma degli ordinamenti tributari, che esplicitae attribuisce al predetto Dicastero una competenza generale sulla sizione non solo dei tributi erariali, ma anche di quelli provinciali nunali, oltre alle numerosissime, specifiche attribuzioni gi previste :.u. per la finanza locale approvato con r.d. 14 settembre 1931, 75, e successive modificazioni (fra cui assumono particolare rilievo e introdotte con la legge 2 luglio 1952, n. 703), per tutto ci che 1rda la istituzione dei tributi locali e la loro applicazione. E sopratnel campo delle imposte di consumo si appalesa pi intensa e trante l'azione di controllo e di vigilanza attribuita dalla legge al stero delle Finanze: a partire dalla formazione delle tariffe e dei amenti che, dopo l'approvazione della g.p.a., devono essere omoe dal Dicastero (art. 21 del t.u.f.l.), alla necessit dell'autorizza~ del Ministero stesso per l'adozione di determinate modalit di ssione (art. 40, terzo comma, del t.u.f.l., modificato dall'art. 13 della ~ n. 703 del 1952); alla attribuzione al Ministero delle Finanze di quota sulle somme riscosse per pene pecuniarie, da destinarsi alla azione di un fondo occorrente per le spese inerenti al servizio ~ale delle imposte di consumo {art. 70, ultimo comma, del t.u.f.l.); )bligo, da parte dei Comuni, di richiedere il benestare del detto stero per il rilascio di delegazioni sulle imposte di consumo a azia dei debiti assunti. Ed ancora, con particolare riguardo alla :ria dei ricorsi, vanno ricordati: l'art. 22, ultimo comma, del t.u.f.l., ificato dall'art. 11 della legge n. 703, per quanto concerne il ricorso RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO del Comune al Ministero delle Finanze in materia di imposte di consumo stabilite sul valore; l'art. 44, ultimo comma, del t.u.f.l., modifcato dall'art. 15 della legge n. 703, che prevede il ricorso al Ministero delle Finanze contro le decisioni della g.p.a. concernenti il canone di abbonamento e la imposizione dell'abbonamento obbligatorio; l'art. 85, ultimo comma, del t.u.f.l., che prevede il ricorso al Ministero anzidetto contro il decreto del Prefetto che pronunzia la decadenza dell'appaltatore; l'art. 90, primo comma, del t.u.f.I., che consente ai contribuenti il ricorso in terzo grado allo stesso Ministero contro l'operato degli agenti delle imposte di consumo e degli appaltatori; ed infine, particolarmente importante, l'art. 93 del t.u.f.l., modificato dall'art. 23 della legge n. 703, che consente al Comune il ricorso al Ministero delle Finanze contro il decreto del Prefetto che dispone la sostituzione dell'appalto alla gestione diretta. Di fronte ad una cos imponente serie di disposizioni {la cui enunciazione stata, peraltro, limitata a quelle pi importanti) non sembra possa porsi in dubbio che, nella ripartizione di competenze fra i vari . Dicasteri, le attribuzioni spettanti all'autorit centrale nella subbietta materia rientrino nei poteri del Ministero delle Finanze. Conseguentemente da quest'ultima autorit dev'essere deciso, nella materia, il ricorso ' gerarchico previsto all'art. 18 della legge n. 530 del 1947. Va qui ricordato che, durante la discussione orale del ricorso, la difesa del Comune ha fatto un generico accenno ad un parere che, in . senso contrario, sarebbe stato espresso dal Consiglio di Stato in sede IIconsultiva. Tale richiamo, per, se riferito, come sembra, al parere espresso dalla I Sezione di questo Consiglio in data 18 dicembre 1962, si appalesa inconferente, riguardando il parere stesso delle ipotesi che I I differiscono profondamente da quella esaminata nella fattispecie. Pi precisamente nel citato parere fatta questione della competenza a decidere i ricorsi gerarchici avverso provvedimenti prefettizi di nomina di commissari per compiere, in sostituzione degli ordinari organi comunali, atti obbligatori per legge in materia sanitaria, ovvero avverso provvedimenti della g.p.a. in sede di tutela, relativi al diniego di autorizzazione alle Amministrazioni comunali a stare in giudizio per controversie attinenti alla stessa materia sanitaria, attribuendosi nell'una e nell'altra ipotesi tale competenza al Ministero dell'Interno. Il che per si spiega, nel primo caso, col fatto che si verte in. tema di controllo sostitutivo, concernente lazione ed il funzionamento degli ordinari organi amministrativi dell'ente: controllo il cui esercizio non pu spettare se non all'autorit cui istituzionalmente compete la vigilanza sui detti organi (e ci a prescindere dalla questione, che non risulta affrontata in detto parere, se i provvedimenti del genere, adottati in virt della legge 8 marzo 1949, n. 277, o in base ad altre specifche disposizioni di legge, PARTE I, SE'Z. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 173 ldo riservati .alla competenza esclusiva del Prefetto, abbiano caratdefnitivo e siano pertanto direttamente impugnabili con ricorso sdizionale davanti al Consiglio di Stato). Nel secondo caso (diniego, da parte della g.p.a., dell'autorizzazione 'omune di stare in giudizio) si osserva che la presentazione del so gerarchico improprio al Ministero dell1ntemo, indipendente: e dalla materia che forma oggetto dell'instauranda controversia, t la su spiegazione nella considerazione che, per decidere se tale rizzazione debba essere ..o no accordata, l'autorit tutoria non ta a compiere un approfondito esame della pretesa dell'ente tute{ nel qual caso essa verrebbe a sostituirsi indebitamente al giudice ~primere il giudizio sulla fondatezza di tale pretesa); ma deve nto limitarsi ad una valutazione della convenienza della lite, basata na mera delibazione dell'interesse e delle ragioni dell'ente, cui la esta autorizzazione pu essere negata solo quando il divisato giu' appaia ictu oculi temerario e tale da esporre il bilancio dell'ente 1giustifcabile rischio. Sgombrato cos il terreno dalle argomentazioni del patrono delministrazione ricorrente, resta fermo quanto pi innanzi stato itenuto dal Collegio: e cio che l'autorit centrale competente ad tinare e a decidere il ricorso gerarchico improprio, proposto dal lune contro la decisione 29 novembre 1961 della g.p.a. di Bologna, unicamente il Ministero delle Finanze, con la conseguenza che a t'ultimo il ricorso medesimo andava non solo indirizzato, ma anche :tamente presentato. Ed invero, mentre per il ricorso gerarchico proprio pu convenirsi la difesa del Comune sulla possibilit che esso venga presentato tll'autorit che deve decidere, sia all'autorit inferiore dipendente t prima, il Collegio non ritiene invece di doversi discostare dal ::ipio gi affermato in altre precedenti occasioni ( cfr. decisione izione, n. 68, del 20 gennaio 1950), secondo il quale il ricorso gerar o in1proprio, caratterizzato dall'assenza di un qualsiasi rapporto rchico fra l'autorit che ha emesso il provvedimento impugnato e la successivamente chiamata a portare il suo giudizio sulla quete, deve, nel termine prescritto dalla legge, non solo essere deli. to e spedito, ma anche pervenire all'autorit cui diretto, salvo altre autorit abbiano, dalla legge, espressa facolt di riceverli e di netterli all'autorit decidente. Rettamente, quindi, il Ministero delle Finanze, cui il ricorso gerar o in1proprio del Comune di Porretta Terme {peraltro erroneamente >osto al Ministero delflntemo) pervenuto solo il giorno 8 giugno ~' quando cio il termine per ricorrere era gi scaduto da oltre sei [, ha dichiarato irricevibile per tardivit il ricorso medesimo, rite RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO nendo la sua presentazione ad autorit incompetente non idonea a II sospendere la decorrenza del termine. Ed in proposito va soggiunto che del tutto fuor di luogo appare il richiamo fatto dal Comune ricorrente alla legge 25 marzo 1958, n. 260, I . le cui norme, unicamente concernenti la rappresentanza in giudizio : dello Stato e la notificazione degli atti relativi, non hanno alcuna attinenza con quelle che riguardano la presentazione dei ricorsi gerarchici. -(Omissis). CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 25 luglio 1964, n. 565 -Pres. Breglia -Est. Benvenuto -Fabian (avv.ti Cuccagna, Uglessich e Colesanti) c. Ministero Finanze (avv. Stato Faranda). Dazi doganali -Determinazione della base imponibile normale della merce. Dazi doganali -Determinazione del valore imponibile versie -Giurisdizione del Consiglio di Stato. (l. 10 marzo 1955, n. I03; d.P.R. 20 aprile 1955, n. 367). -Valore -Contro Principio generale in materia di determinazione dei diritti doganali commisurati ad valorem, che la base imponibile su cui essi devono essere determinati sia il valore normale della merce; a tale principio non si fa eccezione neppure quando la norma usa impropriamente la dizione prezzo di fattura, come nel caso del d.P.R. 20 aprile 1955, n. 367 (1). Le controversie relative alla determinazione del valore della base I' . imponibile per i diritti doganali sono controversie su interessi legittimi, e pertanto rientrano nella giurisdizione di legittimit del Consiglio di I :; Stato (2). (1) Non risultano precedenti in termini. Per qualche riferimento circa la discrezionalit del giudizio sul valore delle merci cfr. Cass., I0 febbraio 196I, n. 207, in questa Rassegna, 196I, I2, e in Giust civ., 196I, I, 2109, con nota di LIPARI. In accoglimento della tesi dell'Avvocatura, la decisione del Consiglio di Stato d un ampio esame della legislazione in materia pervenuta alla conclusione che il prezzo di fattura debba essere inteso come un mero indice sintomatico del valore normale delle merci. (2) Il Consiglio di Stato andando in contrasto con una precedente decisione, Sez. VI, 13 aprile I960, n. 2I5, Riv. amm., I960, Il, 662, si adegua al principio -gi affermato dalle Sez. Un. con la sentenza I0 febbraio I96I, n. 207, sopra citata -secondo il quale le controversie relative alla determinazione del valore della base imponibile per i diritti doganali rientrano nella giurisdizione di legittimit PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA. AMMINISTRATIVA 175 ;iudice amministrativo. Anche la motivazione prende le mosse da quell'afferme della sussistenza in subiecta materia di un potere discrezionale della p.a. rovasi gi rilevata nella sentenza della Cassazione. Peraltro il Consiglio di Stato ha limitato la propria indagine all'ipotesi di conrsia sulla determinazione del valore senza proporsi l'ulteriore quesito (che straneo alla specie decisa) della giurisdizione in materia di qualificazione delle importate {sul punto che appare tutt'oggi controverso, cfr. oltre alla decisione fl/61, anche Cass., 4 aprile 1964, n .733, in questa Rassegna, 1964, I, 844, tmpia nota circa lo stato della giurisprudenza). r8IGLIO DI STATO, Sez. VI, 15 dicembre 1964, n. 966 -Pres. Toro -Est. Chieppa -Comune di Livorno (avv. Piccardi) c. Ministero Industria e Commercio (avv. Stato Azzariti Giorgio). egio -Componenti nominati da associazioni sindacali -Abolizione dell'ordinamento corporativo -Conseguenze. ~gio -Commissione comunale per il commercio fisso -Nomina ilei componenti -Competenza. [,'abolizione del( ordinamento corporativo, in conseguenza della ~ sono venute meno le norme che richiedevano un intervento delle :iazioni sindacali riconosciute, non implica abrogazione di quei gi, consultivi o deliberativi, che includevano componenti nominati "ganismi corporativi, ma unicamente modifica del modo di forma' dei collegi stessi (applicazione in tema di Commissione comunale l commercio fisso) (1). Ga competenza a nominare i membri della C ammissione comunale l commercio fisso, che, a' sensi dell'art. 3 r.d.l. Wdicembre 1926, l74, era attribuita alle associazioni sindacali, spetta attualmente nministrazione comunale e non al Prefetto (2). 1) Sul punto che l'abolizione dell'ordinamento corporativo non implichi l'abro te dei collegi, la cui composizione risulta in parte da designazione di orga ioni di categoria, cfr. Cons. Stto, Sez. V, 28 settembre 1957, n. 797, Giust . . 957, Il, 243. 2) In termini cfr. Cons. Stato, Sez. V, 4 aprile 1952, n. 583, Foro it. rep., voce: sindacati, n. 10. Peraltro una diversa soluzione di massima parrebbe ta dl Consiglio di Stato con la decisione n. 797/57 succitata, dove detto . designazione dei componenti gi spettante alle associazioni sindacali deve sostituita, per quanto possibile, dalle indicazioni delle associazioni di cate pi largamente rappresentative. L'applicazione di siffatto principio alla specie me avrebbe dovuto concludersi con l'esclusione della competenza dell'Am razione comunale, quanto meno nelle forme rigorose che risultano dalla me odierna. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DEI CONTI, Sez. giur. reg. sic., 4 luglio 1963, n. 744 -Pres. Giorgi -Est. Guccione -P.G. Nicosia -P.G. c. Romano ed altri (avv. Virga) .e Milazzo ed altri (avv. Restivo, scaduto, Tramontana). Amministrazione dello Stato e degli enti pubblici Contabilit generale dello Stato Agenti contabili di diritto e di fatto Nozione. (Reg. cont. gen. dello Stato, art. 178). Amministrazione dello Stato e degli enti pubblici Contabilit generale dello Stato -Maneggio di pubblico danaro Nozione. Amministrazione dello Stato e degli enti pubblici Contabilit generale dello Stato Gestione di pubblico danaro Necessit del giudizio sul conto -Sua natura. Amministrazione dello Stato e degli enti pubblici Contabilit pubblica -Presupposto del giudizio di conto -Giurisdizione sindacatrice della Corte dei Conti. Amministrazione dello Stato e degli enti pubblici Contabilit pubblica Giudizio di conto Opposizione contabile. (Reg. proc. della Corte dei Conti, art. 94). Amministrazione dello Stato e degli enti pubblici Amministratori regionali Responsabilit amministrativa e responsabilit contabile. (d.I. 6 maggio 1948, n. 655, art. 3). t agente contabile qualsiasi soggetto sia persona fisica, sia persona giuridica, sia dipendente, sia estraneo all'AmrYJ,inistrazione, solo che abbia, a fini pubblici, il maneggio di pubblico danaro. Sono detti contabili di diritto coloro che, dietro legale investitura, danno luogo ad una gestione prevista e regolamentata dalla normazione vigente; sono, invece, contabili di fatto coloro che ingerendosi arbitrariamente, volutamente o meno, nella gestione del contabile di diritto, danno luogo ad una gestione che si svolge fuori dai binari fissati dalla legge contabile ma che pur sempre rappresenta una esplicazione di pubblica funzione ponendosi, rispetto al patrimonio dell'ente pubblico, nella stessa posizione giuridica di quella del contabile di diritto (1). (1) In tema di agenti contabili di fatto vanno segnalate le decisioni: Corte dei Conti, Sez. I, 15 luglio 1961, Rep. giur. it., 1962, 1523, 57, secondo cui son<> da considerarsi agenti contabili di fatto coloro che abbiano ricevuto in conto custodia dagli agenti detentori fondi appartenenti allo Stato per necessit derivanti da vicende publiche. L'affidamento cos effettuato costituisce una nuova gestione nell'esame della quale vanno trascurate le imperfezioni formali assumendo preminente rilievo l'aspetto sostanziale dei movimenti contabili; Corte dei Conti Sez., I, 25 marzo 1961, Rep. giur. it., mai, 1523, 92, con la quale si statuisce che sono soggetti PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 177 L'espressione maneggio, prevista dalla legge contabile, va intesa i nella sua significazione strettamente letterale (potrebbe dirsi tat), bens in quella logicamente pi ampia e comprensiva che d valenza all'elemento subiettivo su quello naturale della detenzione ~ttiva dei valori, a nulla rilevando che altri, rispetto a colui che ha disponibilit concreta di venir in possesso e di disporre del denaro rAmministrazione, detenga materialmente il denaro stesso quale riricato o fiduciario dell'effettivo titolare della gestione (2). Il giudizio di conto ha carattere di necessit, nel senso che impegna rime del giudice contabile per il mero fatto che esiste una gestione .tabile a fini pubblici, indipendentemente dalla sussistenza di materia 1troversa. Esso non giudizio di mero accertamento in quanto, pur mdo sua precipua funzione l'acclaramento delle risultanze della tione contabile, pu sostanziarsi, in caso di accertate deficienze, in i pronuncia di condanna del contabile alla rifusione dell'ammontare rispondente alle deficienze stesse (3). Presupposto dell'esercizio della giurisdizione della Corte dei Conti, nateria di contabilit pubblica la produzione in giudizio del conto ente alla gestione. Nell'esame del conto non preclusa al giudice rJOssibilit, anche d'ufficio in virt della funzione sindacatoria che tta alla Corte, di accertare l'esistenza di una o pi partite da attrire a carico di altri contabili che non abbiano reso il conto (4). Il risultato della opposizione contabile, regolato dalle vigenti norme 1rocedura, nell'intento di supplire alla iuris fctio del contabile costi o in giudizio per effetto della presentazione del conto, ha la fun~ ie di consentire, ad istanza del contabile soccombente, la riapertura rapporto processuale con l'instaurazione dell'effettivo contraddit o (5). giurisdizione della Corte dei Conti in qualit di contabili di fatto i Presidenti Comitati di liberazione nazionale che abbiano avuto la gestione di beni o di tro di propriet dello Stato. (2) A maggior chiarimento del concetto di maneggio la decisione in rassegna .ama la costruzione privatistica del possesso dove il potere di fatto sulla cosa rpus non necessariamente si concretizza nella materiale apprensione della o del rapporto fisico con la stessa, bensl nella possibilit che il soggetto possa egarla quando voglia e secondo le sue determinazioni, anche nel caso che ne abbia la detenzione. (3-6) F; pacifica la riconducibilit delle due responsabilit ad un comune ts; non consta, invece, che vi siano precedenti giurisprudenziali circa l'assog tmento alla giurisdizione della Corte dei Conti degli amministratori regionali ~asi di responsabilit contabile. Ineccepibile sembra la motivazione della dci ~ in rassegna che prendendo le mosse dallo assoggettamento alla giurisdizione 1 Corte dei Conti degli amministratori regionali per responsabilit amministra in virt della norma costitutiva della Sezione della Corte dei Conti per la one Siciliana (n. 2 dell'art. S del d.l. 6 maggio 1948, n. 655) ne evince l'assogtmento anche per le ipotesi di responsabilit cont:ibile perch non i:rover~bbe RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Gli amministratori regionali, qualora per danno arrecato all'Ammi I,... nistrazione regionale incorrano in responsabilit amministrativa, sono . soggetti alla giurisdizione della Corte dei Conti. Poich la responsa, I . bilit amministrativa e la responsabilit contabile altro non sono che Idue modi di essere della responsabilit patrimoniale nei riguardi del( ente pubblico, la giurisdizione della Corte dei Conti si esercita anche nell'ipotesi di responsabilit contabile degli amministratori regionali (6). alcuna giustificazione, sul piano giuridico e su quello logico, ammettere che un soggetto possa essere chiamato a rispondere innanzi al Giudice contabile dei danni arrecati nella sua funzione di pubblico amministratore e non anche degli eventuali danni discendenti dalla tenuta di una gestione contabile pubblica, che sempre espressione di pubblica funzione, l'addove invece pi pregnante si presenta l'interesse pubblico di vederne acclarate le risultanze attraverso un procedimento giudiziale. CORTE DEI CONTI, Sez. II, 23 novembre 1963, n. 18 -Pres. Cifaldi Est. Costa -P.G. Papa -P.G. c. Frau (n. r.). Responsabilit civile -Conducenti di automezzi -Condizioni per l'applicabilit della legge 31 dicembre 1962, n. 1833. Per l'applicabilit della legge 31 dicembre 1962, n. 1833, sono necessarie due condizioni: che gli autoveicoli o gli altri mezzi meccanici dello Stato siano condotti da dipendente autorizzato a condurre tali mezzi, quei dipendenti, cio, tra i cui compiti di servizio rientra anche quello di condurre i mezzi in questione; che il danno sia stato cagionato nell'esercizio di tali attribuzioni (1). (1) Conformemente a questa decisione si affermato dalla stessa Sezione: che il grado di responsabilit del conducente. sproVJVisto di regolare abilitazione alla guida non valutabile alla stregua della legge 1833/62 (27 febbraio, P.G. c. Caporrella); che non rientra nelle -ipotesi della stessa legge il caso di illecito che abbia a scaturire da abuso dell'attivit di servizio {12 agosto 1963, P.G. c. Niclelo); che le norme della legge 1833/62 non possono non avere applicazione ogni qualvolta il dipendente pubblico si trovi alla guida di automezzi in servizio comandato dalla p.a. e nell'interesse di questa, anche se per avventura egli abbia, in via ordinaria, diverso impiego funzionale (3 luglio 1963, P.G. c. Giardina); che l'applicabilit delle medesime norme esclusa nei casi di furto o di uso illecito del mezzo per motivi esclusivamente privati (3 luglio 1963, P.G. c. Panunzio). CORTE DEI CONTI, Sez. II, 13 febbraio 1964, n. 50, Pres. Cifaldi Est. Tempesta -P.G. D'Acunzo -P.G. c. Amorati (avv. Picozzi) e Carassori (avv. Tantolini) ed altri. Giurisdizione della Corte dei Conti in materia di contabilit pubblica -Legittimazione passiva. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 179 Sono soggetti alla giurisdizione della Corte dei Conti tutti coloro , in virt di un rapporto di impiego o di servizio inteso in senso lato, mo l'obbligo di agire nell'interesse della p.a., nulla rilevando che 1tto rapporto abbia origini diverse (atto di libera volont in taluni i, atto di imposizione in altri), n che la prestazione in favore del. te pubblico abbia carattere professionale con conseguente perce1e di una retribuzione a carico del bilancio statale, ovvero sia sem: emente connessa ad altre funzioni e non comporti, quindi, la cennata ibuzione, come nell'ipotesi del funzionario onorario (1). (1) La mancanza di una retribuzione a carico del bilancio dello Stato non orta la carenza di legittimazione passiva. Detto principio ormai consolidato i giurisprudenza della Corte dei Conti. Cfr.: Sez. I, 5 gennaio 1961, n. 289; Riunite, 5 giugno 1961, n. 5; Sez. I, 8 giugno 1963, P.G. c. lllicher ed altri 9 si afferma che sono passivamente legittimati gli amministratori e il direttore ma scuola tecnica industriale, definita organo dello Stato con personalit giuri; Sez. I, 19 settembre 1963, P.G. c. Ferrac {con ri~hiamo alla decisione narzo 1914, in causa P.G. c. Gavin Brunelli ed altri) con la quale viene ribail principio della sussistenza della legittimazione passiva dei Ministri per danni ti all'Erario nell'esercizio di funzioni meramente amministrative; Sez. I, 7 giu1962, P.G. c. Abate ed altri, dichiara il difetto di legittimazione passiva nella )Va usufruttuaria ex lege; Sez. II, 17 ottobre 1963, P.G. c. Manetti per la le sussiste la legittimazione passiva del militare alle armi con ferma volontaria adempiere ad un corso speciale, nulla rileV'ando il contemporaneo adempimento i obblighi di leva. Nella decisione in rassegna si afferma che nei confronti del laco, ufficiale del Governo, non pu dubitarsi dell'esistenza di un rapporto di [ego, non solo per la natura delle funzioni esercitate a norma dell'art. 152 1915) delle leggi com. e prov. ma anche in virt dell'espresso disposto di e che pone il Sindaco, nell'adempimento di tali funzioni, sotto la direzione 9 autorit superiori implicando cos un rapporto di subordinazione. Il Sindaco, espletamento, in particolare, delle funzioni di ufficiale dello stato civile, organo Amm.ne dello Stato. N difetta la volontariet nella costituzione del rapporto esimo, poich, accettando lelezione ottenuta, il Sindaco si impegna ad eserci.;. anche le funzioni di ufficiale del governo, intimamente connesse con quelle di > dell'Amministrazione comunale. RTE DEI CONTI, Sez. Riun. 3 marzo 1964, n. 26 -Pres. Carbone Est. Costa -P.G. Cataldi -P.G. c. Faraca. ;ponsabilit civile -Conducenti di mezzi meccanici Colpa grave -Criteri di valutazione -Imperizia e negligenza. (1. 31 dicembre 1962, n. 1833). Nella valutazione del grado della colpa dei conducenti di auto; oli o di altri mezzi meccanici si deve tener conto della particolare RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO natura delle prestazioni richieste al predetto personale e della particolare qualificazione fisio-psichica e tecnica di esso. La gravit degli errori di imperizia, quindi propriamente professionali, deve essere valutata in rapporto a quella che dovrebbe essere la normale preparazione tecnica dei soggetti appartenenti alla cate goria di conducenti di autoveicoli. La particolare pericolosit delf attivit svolta da conducenti di mezzi meccanici importa che dagli stessi si esiga un grado di attenzione e diligenza di molto superiore a quel che si richiede al comune bonus pater familias nello svolgimento della ordinaria attivit nella vita sociale, sicch nella valutazione della colpa da negligenza si deve tener conto precipuamente del notevole grado di attenzione e diligenza richiesto ai conducenti stessi (1). i(l) La decisione in rassegna conferma l'orientamento gi. assunto con altra decisione delle stesse Sezioni Riunite, 26 ottobre 1003, su appello Ferrante, nella quale si afferma che la valutazione della colpa deve essere fatta in rapporto alla speciale diligenza e alla speciale perizia che si richiedono in un soggetto qualificato a svolgere attivit che eccedano, per la loro complessit tecnica e per la loro pericolosit, le difficolt insite nelle ordinarie operazioni sociali. Pertanto, grave si dow considerare la colpa del conduttore di autoveicoli non solo quando questi dia prova di una straordinaria trascuratezza delle pi facili previdenze o della pi completa imperizia tecnica, ma anche quando tralasci, in un modo meno accen II tuato, ma pur sempre rilevante, di adottare quelle cautele, specialmente rigorose, che sono imposte dalla legge in vista della singolare pericolosit dell'attivit di cui si tratta. i . Tanto l'una che l'altra decisione sembrano avere a fondamento il principio che la diligenza deve valutarsi con riguardo alla natura della attivit esercitata (art. 1776 e.e.) temperato per esplicita disposizione di legge dall'altro principio secondo cui se la prestazione implica la soluzione di problemi tecnici di speciale difficolt, il prestatore l'opera non risponde dei danni se non in caso di dolo o di colpa grave (art. 2236 e.e.). Su questi due principi esplicitamente fondata la decisione della Corte dei Conti, Sez. II, 4 febbraio 1003, P.G. c. Rossi Daniele. In tema di accertamento della colpa grave merita menzione la decisione della Corte dei Conti, Sez. I, 16 maggio 1963, P.G. c. Fine Antonio, che rinviene la soluzione del problema sul se e quando la colpa del conducente possa essere ritenuta grave nel sistema della previsione dell'evento , escludendo come criteri validi e il sistema della rilevanza delle norme violate e il sistema della prevedibilit . Sembrano, in\'ece, attenersi ad un concetto meno rigoroso di colpa grave le seguenti decisioni della stessa Corte: Sez. II, 24 aprile 1964, P.G. c. Marchesi; Sez. II, 17 ottobr 1963, P.G. c. Crisi; Sez. II, 6 giugno 1963, P.G. c. Cassibba. Pi specificamente si rinvenuta la colpa grave nella condotta del conducente che sconfina sulla mezzeria sinistra, in curva e con velocit, mentre incrocia altra autovettura (Corte dei Conti, 18 gennaio 1964, P.G. c. Molnari) e nella condotta dell'autista che compie un sorpasso sfiorando il veicolo da sorpassare e che poi si sposta sulla destra a manovra non del tutto ultimata, fidando soltanto sulla cautela e sul rallentamento del veicolo sorpassato (Corte dei Conti, Sez. I, 8 febbraio 1964, P.G. c. Nuzzolo). , PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA RTE DEI CONTI, Sez. II, 24 aprile 1964, n. 107 -Pres. Aria -Est. Morone -P.G. D'Acunzo -P.G. c. Gaudioso (avv. Bianchi). ministrazione dello Stato e degli enti pubblici -Contratti Negozi di diritto privato stipulati dalla p.a. -Obbligazione pecup.iaria della p.a. -Osservanza della legge e del regolamento di contabilit generale dello Stato. ministrazione dello Stato e degli enti pubblici -Contratti Negozi di diritto privato stipulati dalla p.a. -Inadempimento Responsabilit. Quando la p.a. pone in essere un negozio giuridico di diritto pri,, il rapporto cos costituito rimane vincolato alla disciplina privaca per tutta la sua durata, salvo le espresse pattuizioni derogative. lempimento dell'obbligazione dello Stato, nascente da detto rap' o che consista in una uscita patrimoniale, non pu avvenire se non l'osservanza delle norme che disciplinano le spese dello Stato (1). In caso di mancato adempimento da parte dello Stato di una obbli' one pecuniaria iure privatorum occorre distinguere se tinadempi~ to dipenda dall'obbligo per lo Stato di osservare il procedimento )rdinato per il pagamento della spesa, ovvero dipenda da azione od omissione -che ingiustificatamente protraggano l'inizio o il ~pimento di tale procedimento. In quest'ultimo caso la p.a. versa in 1a ed responsabile verso il terzo e, correlativamente, i funzionari diedero causa al conseguente danno erariale sono responsabili o la p.a. (2). (1-2) Cfr. Cass., Sez. I, 6 giugno 1962, n. 1364, Mass., Foro it., 1962, 415, ' viene specificato che i contratti di diritto privato stipulati dagli enti pubsono soggetti a regime di diritto privato per quel che attiene al contenuto 1ziale, alla stipulazione e alle modalit accessorie mentre restano regolati dalle ie di diritto pubblico gli atti amministrativi che ne costituiscono i presupposti accompagnano la formazione; Cass., Sez. I, SO gennaio 1963, Mass., Foro it., :, 42; Cass., Sez. I, 16 maggio 1962, n. 1092, Mass., Foro it., 1962, 340 con ami ivi riportati; Cass., Sez. Un. 15 novembre 1960, n. 3042, Mass., Foro it., 687. Nella decisione in rassegna viene richiamata la distinzione fra norme cos ~ di azione e norme cos dette di relazione e vengono collocate tra le :e quelle che disciplinano le spese dello Stato in quanto destate nell'interesse 1sivo dello Stato (legittima erogazione del pubblico denaro). Dette norme costi' ono veri e propri limiti all'azione amministrativa dello Stato, che nell'eseguire Jesa, deve attenersi al procedimento ivi stabilito, essendo tale osservanza conme indispensabile per la legittimit del pagamento sia nei confronti dell'Amstrazione debitrice sia nei confronti di altro debitore (Sez. Controllo 4 agol949, n. 292). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DEI CONTI, Sez. II, 20 maggio 1964, n. 131 -Pres. Aria Est. Costa -P.G. Zaccaria -P.G. c. Iasiel1o (avv. Giacheddu). Responsabilit civile -Sfera di applicabilit della legge 31 dicem bre 1962, n. 1833 -Addetti alla conduzione di autoveicoli > di altri mezzi meccanici. La legge 31 dicembre 1962, n. 1883, trova applicazione anche nei sinistri aerei, marittimi e fiuviali e non esclusivamente in quelli terrestri,. in quanto respressione legislativa altri mezzi meccanici deve essere recepita nel significato pi ampio essendo nella norma chiaramente riferita ai mezzi adoperati dai militari delfEsercito, della Marina e dell'Aeronautica, per cui evidente che se il legislatore avesse inteso disciplinare la responsabilit dei soli conducenti di mezzi meccanici terrestri non avrebbe mancato di precisarlo. Addetti alla conduzione di autoveicoli e di altri mezzi meccanici debbono considerarsi non soltanto coloro che impugnano gli strumenti di guida bens tutti coloro che, in base alle rispettive attribuzioni, esplicano una attivit direttiva ed esecutiva strettamente attinente alla conduzione di tali mezzi (istruttore e allievo conducente; 1 e 2 autista di autocarro pesante; comandante di natante; pilota di aereo {l). {l) La decisione in rassegna particolarmente importante, ai fini della determinazione della sfera di applicabilit della legge 1833/62, per l'interpretazione cui viene data al concetto di altri mezzi meccanici . Sulla responsabilit dell'istruttore cfr. Corte dei Conti, Sez. J:, 5 aprile 1962, P.G. c. Pochini; Corte dei Conti, Sez. II, 25 maggio 1963, P.G. c. Santini; Corte dei Conti, Sez. I, 19 settembre 1963, P.G. c. Pietrasanta. I ,., I I CORTE DEI CONTI, Sez. I, 21maggio1964, n. 96 -Pres. Rossi Passavanti -Est. Storace -P.G. Algerino -P.G. c. Spatafora (avv. Ruggero). Responsabilit civile -Conducenti di autoveicoli -Concorsi di colpa -Non esclude la colpa grave. Il concorso di colpa di un veicolo del tutto inconf erente al fine di stabilire il grado di colpa del conducente aaltro veicolo interessato nell'incidente, poich la qualificazione della colpa di un soggetto si sostanzia unicamente di elementi propri della condotta di quel soggetto (1). {l) Si pure affermato dalla stessa Sezione (1 dicembre 1964, P.G. c. Secci} che la gravit della colpa del dipendente non esclude la possibilit di ridurre l'addebito, a norma dell'art. 83, 1. Con. Cont. dello Stato, quando con essa concorra la colpa, egualmente grave, di un terzo. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA lTE DEI CONTI, Sez. Giur. reg. sic., 9 giugno 1964, n. 760 - Pres. Ventura -Est. Guccione -P.G. Nicosia -P.G. c. Pignatone Francesco ed altri amministratori dell'Ente Siciliano per le Case ai Lavoratori (GESCAL) (avv. Ausiello). ninistrazione dello Stato e degli enti pubblici -Contabilit pubblica -Elementi integrativi del concetto di contabilit pubblica. ninistrazione dello Stato e degli enti pubblici -Contabilit pubblica -Giurisdizione della Corte dei Conti in materia di contabilit pubblica -Legittimazione attiva del Procuratore generale presso la Corte dei Conti. Nel concetto di contabilit pubblica deve riassumersi tutto ci ha riguardo alla regolarit della condotta di gestione del pubblico wo e dei pubblici beni, di guisa che in esso si comprende non sol) la gestione finanziaria e patrimoniale statale propriamente detta iltres quella di tutti gli enti pubblici cui affluisce, per il raggiunmto di determinati fini voluti dalla legge, danaro direttamente o ettamente prelevato al contribuente, e quindi danaro pubblico. Ad :rare il concetto di cc contabilit pubblica ed al fine della indivi; ione della sfera giurisdizionale della Corte dei Conti, necessario riciente. appare il concorso di due elementi in cui il concetto stesso mzialmente si estrinseca: uno soggettivo che attiene alla natura 7lica dell'Ente; l'altro oggettivo che rifiette la qualificazione pubr; t;ica del danaro o del bene oggetto della gestione posta in essere (1). La Corte dei Conti, per il disposto del secondo comma dell'art. 103 r Costituzione, ha giurisdizione -con carattere di esclusivit e di '.uta generalit -nella materia di contabilit pubblica. L'attivit enziosa della Corte dominata dall'impulso del P.M., organo pub' anche esso costituzionalmente previsto (art. 108 c.p.c. Cor;t;.); ad compete non gi soltanto di far valere gli interessi patrimoniali Erario, bens e soprattutto di agire per la salvaguardia dell'ordinato giuridico e della finalit di questo, in rapporto al corretto uso pubblico danaro. Nell'esercizio di tale funzione rientra indubbiate pure il perseguimento degli eventuali illeciti che siansi verificati {I) La stessa Sez. Giurisdiz. con decisione 4 luglio 1963, ha stabilito che i ;iti a titolo di anticipazione per spese contrattuali effettuati in Tesoreria dagli .dicatari, ai quali lAmministrazione dovr successivamente rendere il conto ico delle somme occorse per gli adempimenti, ai sensi del d.m. 28 marzo 1912, mo ad integrare gli estremi di una publica gestione. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO nella gestione di qualsiasi ente pubblico, tanto pi che al difetto di questa funzione nessuna garanzia obiettiva corrisponderebbe a tutela della esigenza di regolarit delle gestioni pubbliche, costituzionalmente previste (2). (2) Cfr. Corte dei Conti, Sez. II Giur., 6 giugno 1963, secondo cui la giurisdizione della Corte dei Conti, investendo tutta la natura della contabilit pubblica, si esercita anche nell'ipotesi di finanziamenti somministrati da altri enti ad organi dello Stato per il funzionamento di determinati servizi pubblici. Detti finanziamenti, infatti, costituiscono indubbiamente gestioni fuori bilancio dal cui esame possono emergere elementi di responsabilit in ordine alle quali l'iniziativa del P.G. non pu non ritenersi legittima. Con decisione 8 giugno 1968, P.G. c. Alicher ed altri; la I Sez. giur. della Corte dei Conti ha deliberato la sussistenza della legittimazione attiva del Proc. en. nell'ipotesi di illeciti verificatisi nell'Amministrazione dei patrimoni di organi dello Stato con personalit giuridica propria (nella specie: scuole per l'istruzione media tecnica). La stessa Sez., con decisione 18 ottobre 1962, P.G. c. Lo Brutto ha ribadito il principio che il Proc. Gen. organo investito della legge del potere autonomo di agire direttamente e nel 'modo che reputa pi conveniente, per cui quando esso dichiara di aver promosso il giudizio di responsabilit dell'una o del~ l'altra Amministrazione non si pone come mandatario dell'Amministrazione stessa. In riferimento all'autonomia del potere del P.G. la stessa Sez. con decisione 14 luglio 1962 P.G. c. Clemente, ha escluso che la denuncia della Amministrazione costituisca condizione dell'esercizio dell'azione del P.G. I ii- I I ~ ' SEZIONE QUINTA GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA rE DI CASSAZIONE, Sez. I, 6 novembre 1964, n. 2693 -Pres. :elentano -Est. Caporaso -P.M. Criscuoli -Corsini (avv.ti Porto, :avini) c. Ministero Finanze (avv. Stato Graziano). sta di successione -Imposta sull'asse ereditario globale tiduzione alla met ex art. 9 I. 12 maggio 1949, n. 206 -Figli .dottivi -Esclusione. sta di successione -L. 20 novembre 1955, n. 1123 -Carattere nterpretativo -Insussistenza -Retroattivit -Insussistenza. sta di successione -Esenzione per collezioni d'arte fuori ommercio -Locali in cui la collezione contenuta -Escluione. me successioni dei figli adottivi apertesi successivamente all' enin vigore della legge 9 novembre 1955, n. 1124, non applicabile uzione dell,'.imposta alla met, di cui all'art. 7 d.l.ltg. 8 marzo 1945, modificato dall'art. 9 legge 12 maggio 1949, n. 206, che fa rif eriJ alla successione dei soli discendenti in linea retta e figli naturali, quali non possono ricondursi i figli adottivi, la cui successione 1linata ai fini tributari in modo autonomo e diverso dall'art. 1 dello I d.l,lgt, (1). ~a legge 9 novembre 1955, n. 1124, che ha parificato la successione 1,ottante e adottato e quella tra genitori e figli legittimi, ha caratinnovativo, e non essendo stata dichiarata espressamente retroi, non pu essere applicata alle successioni apertesi prima della ~ntrata in vigore (2). ~esenzione per le collezioni di oggetti aarte, di cui all'art. 21 10 dicembre 1923, n. 3270, applicabil alle sole universalit di li di interesse artistico e non riguarda pertanto gli immobili in cui llezioni stesse sono raccolte {3). 1-2) La soluzione data dalla Cassazione al problema del trattamento tribulella successione dei figli adottivi (problema sul quale non risultano precedenti irudenziali), non sembra che possa essere discussa da alcun punto di vista. ~a posizione fatta dalla legge ai figli adottivi, ai fini dell'imposta sulle succes9 sull'asse globale, univoca. _,'art. 1 del d.l.lgt. 8 marzo 1945, n. 90, dopo aver rinviato alla tabella all. A : determinazione della misura della imposta in relazione alle varie categorie RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO {Omissis). -Il motivo di ricorso denuncia la violazione degli articoli 10 e 21 r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270, dell'art. 567 e.e., dell'art. 9 I. 12 maggio 1949, n. 206, dell'art. 1 1. 20 novembre 1955, n. 1123. Tesi del ricorrente che al figlio adottivo spetti, pur sotto l'imperio della legge del 1949, il benefizio della riduzione a met e dell'imposta di successione e dell'imposta sul valore globale. Cardine di tutto il ragionamento del ricorrente il principio civilistico della completa parificazione, nella successione in diritto privato, dei figli legittimi ai figli adottivi (art. 567 e.e. vigente; art. 737 cod. abrog.). Senonch, posto che la norma tributaria pu rispondere a criteri particolari diversi da quelli del diritto privato, il problema deve essere necessariamente risolto, come bene ha fatto la Commissione Centrale per le imposte, sulla base del testo legislativo applicabile all'epoca del!' apertura della successione Corsini (7 settembre 1952). Vigeva in quella data il d.l. 12 maggio 1949, n. 206, secondo il quale la riduzione a met dell'imposta sul valore globale (autonoma rispetto all'imposta di successione ordinaria) concessa agli ascendenti e discendenti in linea retta, compresi i figli naturali legalmente riconosciuti, ed al coniuge superstite. Data la dizione della legge, non vi possibilit di comprendere nelle categorie nominate anche quelle di figli adottivi, tanto pi che di questi fa espressa menzione lart. 1 del d.l.lgt. 8 marzo 1945, n. 9, modificato poi dall'art. 1 del citato decreto del 1949, per disporre per essi la riduzione a met della normale imposta di successione. Dalla contrapposizione delle due diverse disposizioni di legge si evince che, ai fini dell'imposta di successione, la posizione dei figli adottivi considerata in maniera autonoma e diversa da quella dei discendenti in linea retta. Del resto, gi con la originaria norma contenuta nell'art. 10 r.d. 30 dicembre 1923, nonostante la preesistenza dell'art. 737, del vecchio di successibili, detta per i figli adottivi una disciplina del tutto autonoma e distinta: la riduzione, cio, alla met dell'imposta che sarebbe applicabile in mancanza del rapporto di adozione . In altri termini, il legislatore non ha assunto come criterio conduttore il rapporto tra il de cuius e l'erede, creatosi a seguito dell'adozione, ma il rapporto precedente, in relazione al quale dovr essere liquidato il valore base della imposta, ridotto poi alla met per lesistenza del rapporto di adozione. Con ci si spiega anche il tenore letterale della tabella all. A, nella quale accanto agli ascendenti, discendenti in linea retta, fratelli, sorelle ecc. non sono previsti i figli adottivi, dato che appunto, ai fini della determinazione del valore base dell'imposta, assume rilievo il solo rapporto sottostante all'adozione. Analogamente a dirsi per la disciplina dell'imposta sull'asse globale. Nel1' art. 7 dello stesso d.l.lgt. al primo comma disposta una riduzione alla met del tributo per i soli ascendenti o discendenti in linea retta, compresi i figli naturali PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 187 e civile, finiposta di successione era regolata a parte per i figli ivi (la met delfimposta dovuta se il rapporto di adozione non esistito). Cosl, nessuna equiparazione venne fatta con il d.l.lgt. rzo 1945, n. 9, ove il primo comma dell'art. 1 rimanda alla tabella 1sa alla legge, che menziona nominativamente ascendenti e ndenti in linea retta , ma non i figli adottivi; mentre il secondo ia parla proprio degli adottivi, ripetendo la succitata disposizione ecreto del 1923. La successione cronologica delle norme tributarie bietta materia induce quindi a ritenere che, sul piano fiscale, vi sempre una distinzione tra successione di figli legittimi e succes di figli adottivi. Pertanto, per la legge del 1949 la pretesa equi: ione non si poneva neppure e non formava oggetto di discussione . ...a parificazione stata riconosciuta soltanto con la sopravvenuta 1ovembre 1955, n. 1124, con la quale stato stabilito, per la prima , che le imposte di successione e sul valore globale, nelle succesda adottante ad adottato, siano applicabili in misura pari a quelle te per le successioni tra genitori e figli legittimi. )i tratta evidentemente di un nuovo criterio, mai prima consacrato ~ge, per cui da escludere che si possa parlare, nonostante qualche ario parere affiorato durante la discussione parlamentare, di norma lretativa, applicabile anche alle controversie d'imposta in corso di imento. D'altra parte, la formula deirarticolo della I. 9 novem. 955 non si presta in modo assoluto per una sua interpretazione ittiva, che ne consenta l'applicazione immediata anche ai rapporti tari in cui il presupposto dell'imposta (apertura della successione) >rto prima dell'entrata in vigore della legge medesima. \.vendo cos deciso la Commissione Centrale, la censura deve ararsi infondata. IJ ha fondamento l'altro aspetto dello stesso motivo di ricorso, rdante l'esenzione dalfimposta di successione stabilita dall'art. 21 tente riconosciuti, e per il coniuge superstite, senza nulla dire a proposito :li adottivi. Omissione, questa, che non sta a significare imperfezione letterale norma, da rimediare in via di interpretazione estensiva, ma che ha invece 9ciso significato normativo, tenuto conto che il legislatore tributario, in modo m poteva essere pi chiaro, intese svincolare ai fini dell'imposta di successione ~iplina dei figli adottivi da quella dei discendenti in linea retta. Di ci esiste la riprova, e precisamente quella I. 20 novembre 1955, n. 1123, invocata corrente a sostegno della tesi contraria. ~ opportuno riportare per esteso il testo dell'articolo unico di questa legge: imposte di successione e sul valore globale dell'asse ereditario, nelle succes: la adottante ad adottato, sono applicate in misura pari a quelle dovute per cessioni tra genitori e figli legittimi . ostenere fondatamente il carattere interpretativo non sembra possibile. Oggetto norma, non sono infatti, al fine di precisarne in modo incontestabile la por 188 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO del r.d. 30 dicembre 19'23, n. 3270, per le colleziom di opere d'arte. Il ricorrente sostiene che detta esenzione possa essere estesa anche ai locali in cui la collezione sia contenut, formando con questa un inscin dibile complesso. La Commissione Centrale, pur riconoscendo che nella sede competente la valutazione fiscale deve certamente tener conto del vincolo gravante su detta parte dell'immobile, ha escluso che l'art. 21 possa interpretarsi estensivamente sino a comprendervi beni immobili. E difatti il testo della legge fa esplicito ed esclusivo riferimento alle collezioni ed altre simili raccolte, cio ad una universalit di mobili di interesse artistico, nella quale non si vede come possa farsi rientrare anche l'immobile contenente la raccolta d'arte, quale che sia il valore artistico dell'immobile medesimo e la sua particolare relazione con la raccolta d'arte. Pertanto, il ricorso deve essere rigettato. -(Omissis). tata, le pr~cedenti norme che regolavano la materia fino a quel momento; al con trario, la norma mira a dettare direttamente la disciplina dei rapporti presi in considerazione, con ci dimostrando, seppure ce ne fosse stato bisogno, che fino a quel momento la disciplina era diversa. Ugualmente, non potr dirsi che la norma sia confermativa. In genere questa figura viene intesa, come norma che, disciplinando una determinata materia, pre suppone implicitamente una certa disciplina di una materia finitima, e quindi una certa interpretazione delle norme che regolano, mentre nel caso in esame la legge suddetta disciplina lo stesso ordine di rapporti. L'art. 567, e.e., pure richiamato dal ricorrente, certo non pu dire nulla in contrar;io. Che per i rapporti civili di successione, alla base dei quali stanno interessi in nessun modo assimilabili a quelli tutelati dalle norme tributarie, sia stata adot I tata una piena equiparazione tra figli adottivi e figli legittimi, non significa che un'equiparazione analoga debba necessariamente riscontrarsi in sede tributaria; e ci soprattutto quando, come nel caso in esame, le norme positive escluclono, ed in modo espresso, tale equiparazione. Cercare di travisare il senso di queste ultime invocando l'art. 567 e.e., significa praticamente dare pr dimostrato quelb che ancora si deve dimostrare, e quindi cadere in una palese petizione di principio. D'altronde, sfasa ture del genere tra diritto tributario e diritto civile sono tutt'altro che rare. Baster ricordare, a titolo puramente esemplificativo, il divcr5o senso che nelle due sedi assume il concetto di solidariet nelle obbligazioni e la particolare nozione, del tutto incompatibile con i canoni del diritto civile, che viene dettata dall'art. 8 d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645 in materia di imposte dirette. Anomalie queste, seppure di anomalie si pu parlare, che trovano piena spiega zione nella diversit degli interessi che sono alla base rispettivamente dei rapporti civili e di quelli tributari. (3) L'affermazione oggetto della terza massima non d luogo a dubbio di sorta. Il significato del termine " collezioni sia dal punto di vista filologico che giuridico, univoco vuoi per la legge comune che per quella speciale (1 giugno 1939, n. 1089, art. 5) ed limitato ai soli beni mobili. La riprova di ci, ai fini tributari, pu rinvenirsi nel t.u. 9 maggio 1959, n. 203, sulle imposte straordinarie sul patrimonio nel quale ali' art. 8 disposta lesecuzione per le cose mobili di interesse storico e artistico " quando fanno parte di collezioni o serie che sono soggette a pubblico uso o godimento . PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRJBUTARIA 189 lTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 26 novembre 1964, n. 2797 -Pres. Pece -Est. Gambogi -P.M. Tuttolomonco {conf.) -Pellati (avv. Uckmar) c. Ministero Finanze (avv. Stato Salto). ~edimento civile -Irritualit di produzioni -Difetto di rilievi da parte dell'interessato nella fase di merito Contestazioni in Cassazione Preclusione. i giudicata Cosa giudicata esterna -Onere della prova. ;azione Ricorso per Cassazione Motivo fondato su fatti non dedotti nelle fasi di merito Questione nuova Inammissibilit. osta di registro Omessa richiesta di dichiarazione estimativa ex art. 17, n. 2, r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639 -Irrilevanza. La irritualit della produzione di documenti nella fase di merito rilevabile aufficio e pertanto non pu essere contestata per la ~a volta in cassazione in difetto di tempestivi rilievi dell'interessato ito meno nella udienza di discussione della causa dinanzi ai giudici ierito (1). La eccezione di giudicato formatosi in giudizio diverso deve essere iato dalla parte che la oppone (2). Costituisce questione nuova, inammissibile in cassazione quella 1ta su fatti che non f armavano oggetto di indagine nelle fasi di ito (3). L'omissione, da parte dell'Ufficio, delfinvito alla dichiarazione nativa ex art. 17, n. 2, r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, nel silenzio della e, non determina la nullit del procedimento di tassazione, renfo pertanto irrilevante ogni indagine al riguardo {4). (Omissis). -Con il primo mezzo di ricorso il Pellati lamenta che ;orte d'Appello di Roma abbia affermato il trasferimento da esso :i.ti al Bonanni dei cinque appartamenti, in conseguenza della tranme 4 agosto 1954, ritenendoli gi costruiti alla stregua della nota (1-4) La seconda e la quarta massima della sentenza riportata sopra rendono rtuni alcuni rilievi: a) La Corte, nel disattendere il secondo motivo prospettato dal ricorrente, ra l'altro rilevato che i fatti sui quali il motivo stesso si fondava erano del sforniti di prova, dal momento che del giudicato invocato dalla parte non iva traccia in giudizio. Ma tale impostazione dell'argomentazione della Corte in chiave di giudicato sembra del tutto convincente. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dell'Ufficio Tecnico Erariale in data 23 dicembre 1955. Il ricorrente denuncia che detta nota sarebbe stata, invece, acquisita irritualmente agli atti di causa, sicch i giudici del merito non avrebbero dovuto tenerne conto. La doglianza infondata. Stante la presunzione di rituale produzione dei documenti acquisiti agli atti di causa e non essendo una eventuale irregolarit rilevabile d'ufficio, la mancanza -come nella specie -di tempestivi rilievi dell'interessato, quanto meno nella udienza di discussione della causa in sede di merito, preclude di contestare per la prima volta innanzi la Corte di Cassazione la ritualit della produzione dei documenti presi in esame dal giudice di merito. Nei sensi suespressi la costante giurisprudenza di questa Corte Suprema (sentenze n. 1661 del 1963; n. 2609 del 1959; n. 2878 del 1958). La presunzione di ritualit della produzione del documento sul quale la Corte di merito ha basato la propria decisione resta quindi pienamente valida ed il primo mezzo di ricorso deve essere c<;>nseguentemente respinto. Col secondo motivo il Pellati lamenta che la Corte d'Appello abbia disatteso la sua eccezione di cosa giudicata sul principale punto del Il ricorrente, infatti (secondo quanto si desume dalla sentenza) aveva invocato il giudicato al fine della determinazione del tempo della costruzione degli appartamenti caduti nella transazione, vale a dire ai fini della prova di un fatto. In tal modo, pertanto, la Cassazione si allontanata dall'insegnamento tradizionale (CmoVENDA, Istituz. di diritto proc. civ., 1953, 326 segg.) secondo il quale la sfera della cosa giudicata non pu coprire la verit dei fatti, ma solo l'esistenza di una volont di legge nel caso concreto; salve, naturalmente le ipotesi in cui la stessa legge, in via eccezionale e con disposizione espressa, consenta l'accertamento con efficacia di giudicato di singoli fatti giuridici, come, ad esempio, avviene per la verificazione di scritture e la querela di falso (cfr. tra gli altri, LIEBMAN, L'oggetto del processo civile di falso, Riv. dir. e proc. civ., 1957, p. 602 segg.; contra, CARNE'LUTTI, Sistema del diritto proc. civ., 1936, p. 738). Non convince, pertanto, la prospettiva della tesi della Cassazione, che praticamente presuppone operante nei rapporti tra processi civili un principio analogo a quello dell'art. 28 c.p.p., che invece va considerato come norma di carattere eccezionale, nemmeno riconducibile, dal punto di vista dogmatico, nella figura della cosa giudicata. (Cfr. GmNFRIDA, L'efficacia del giudicato penale nel processo civile, Riv. dir. proc., 1957, pag. 47 segg.). b) Nella quarta massima si trova ribadito un principio gi in altre occasioni affermato dalla stessa Corte di Cassazione (sent. n. 2253 del 13 luglio 1959 in causa Benelli .e Rattini c. Amm.ne Finanze). In proposito non sembra che possano rimanere dubbi o perplessit di sorta. L'art. 17, 2), quando dispone che in determinati casi le parti o gli altri soggetti indicati (11 devono sull'invito anche verbale da parte dell'ufficio, supplire con una dichiarazione estimativa ... n, non impone un dovere di condotta all'Amministrazione, ma solo al contribuente che, se richiesto, sar 'enuto a provvedere PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TiuBUTARIA 191 ito (e cio la gi avvenuta costruzione degli appartamenti al motto della transazione) affermando la inesistenza del giudicato (che bbe, invece, risultato da una copia di sentenza del Tribunale di ia da esso ricorrente prodotta) col far richiamo ad una propria ~edente sentenza che la Finanza avrebbe accluso agli atti dopo la ~ssione della causa al Collegio. In proposito, oltre al richiamo di quanto sopra affermato a confu) ne del primo mezzo, si impone una considerazione pregiudiziale Lssorbente: quella, cio, che, in base agli ordinari principi sull'onere a prova, chi afferma l'esistenza di un giudicato {esterno) a proprio .re deve dar la prova non solo della esistenza della sentenza invo' ma anche del passaggio in giudicato della sentenza stessa. Tale ra non stata fornita nella specie; n, in effetti, avrebbe potuto rio, postoch la sentenza del Tribunale prodotta dal Pellati era stata rata di appello e riformata dalla Corte di Roma. Pertanto anche ;to mezzo di ricorso deve essere respinto. Con il terzo ed ultimo motivo viene denunziato il difetto di motione sulla mancanza dell'invito al Pellati, da parte dell'Ufficio del istro, a rendere la dichirazione di valore prevista dall'art. 17 del . n. 1637 del 1936. dichiarazione estimativa. L'ufficio ha, invece, un potere del tutto discrizionale 'n sindacabile in via giurisdizionale; e la cosa si spiega tenendo presente leventuale attivit dell'Ufficio rivolta alla realizzazione dei soli interessi ziari dell'Amministrazione, senza che affiori alcuna esigenza di tutela dell'intedel contribuente. La dichiarazione estimativa mira, infatti, nel caso in cui non contenga l'indicazione del valore o degli elementi in base ai quali :lare l'imposta, solo a rendere possibile, attraverso un ulteriore atto del conente, la liquidazione dell'imposta principale, che in tal caso sar defnitivae riscossa dalla Amministrazione, salvo il diritto della stessa di procedere alla ione di cui al successivo art. 20. Se lAmministrazione non assume nessuna .tiva e non provoca la dichiarazione del contribuente, provvedendo alla liqui rre dell'intera imposta in base ad accertamenti diretti, certo quest'ultimo non di che lamentarsi: egli, infatti, paga in unica soluzione quella medesima ia che lAmministrazione avrebbe potuto fargli pagare, anticipando i tempi, ' prima, in base alla dichiarazione estimativa, e parte dopo, a seguito della ione. Dato, pertanto, il particolare rilievo che nel caso viene ad assumere l'intepubblico, si spiega {e non avrebbe potuto essere altrimenti) il carattere discre. le che nella disciplina legislativa assume il suddetto potere, il cui mancato izio tra laltro si risolve in un vantaggio economico per il contribuente che solo ritardato, sia pure per una parte del debito, il tempo del suo adempimento. Ma se anche si volesse ammettere, per ipotesi assurda, che l'attivit dell'Am, trazione sia vincolata, non sembra che solo per questo il mancato invito possa 3 dedotto davanti ali' a.g.o. Se, infatti, sempre per assurdo, si potesse parlare egittimit nel procedimento di riscossione, si tratterebbe pur sempre di viola- di norme che non tutelano direttamente gli interessi del privato coinvolti RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Anche tale doglianza infondata. Giova richiamare che il ricorrente aveva dedotto, quale specifico motivo di appello, la mancata notifica, dell'avviso che il secondo comma dell'art. 20 del r.d.l. sopra menzionato prescrive debba farsi alle parti nella ipotesi che l'Amministrazione, in sede di revisione, ritenga di attribuire ai beni un valore venale maggiore ris:retto a quello gi dichiarato dalle parti stesse ovvero gi determinato dall'Ufficio del Registro. Esattamente la sentenza impugnata ha escluso l'applicabilit di detta previsione legislativa rilevando che, poich le parti, ritenendo non dovuta l'imposta, non avevano dichiarato il valore dei cinque appartamenti in discussione, non si versava in tema di accertamento suppletivo di valore da notificarsi alle parti stesse ai sensi del citato articolo 20. La Corte d'Appello, per completezza, ha precisato che si versava invece nella diversa ipotesi di determinazione del valore ex officio ai sensi delfart. 17 dello stesso r.d.l. n. 1639 del 1986. La questione, quindi, sollevata con il mezzo di ricorso in esame circa l'avvenuto o meno invito preventivo, anche verbale, da parte dell'Ufficio del Registro a rendere la dichiarazione estimativa prevista dal nel rapporto tributario. La norma in ipotesi violata sarebbe invece rivolta alla tutela di un interesse pubblico, e di fronte ad essa potrebbero affiorare solo posizioni giuridiche soggettive del contribuente di interesse legittimo. Orbene, l'a.g.o. difet- terebbe evidentemente di giurisdizione nel caso in cui il contribuente, senza sollevare alcuna contestazione circa la sostanziale fondatezza della pretesa tributaria, vale a dire circa il merito della questione, si limitasse a dedurre solo una ipotetica illegittimit verificatasi nel procedimento : la norma in ipotesi violata, che si presenterebbe come norma di azione, sarebbe infatti svincolata nei suoi effetti dalle norme che regolano i presupposti dell'imposta ed i criteri ai quali commisurare la quantit di essa (che sono norme di relazione) per cui il privato, non deducendo alcuna violazione di queste ultime, si pone al di fuori della sfera dei propri diritti soggettivi. L'unica tutela per esso possibile sarebbe pertanto il ricorso alle Commissioni e non l'azione giudiziaria (cfr. CoCIVERA, Sui limiti di competenza dell'Autorit Giudiziaria con particolare riguardo all'imposta di famiglia, Giur. it., 1954, I, I, 923 segg.; per un caso giurisprudenziale particolarmente interessante in tema di accertamento induttivo per imposte dirette, che l'attore asseriva effet tuato fuori dei casi consentiti, v. sent. Trib. Perugia 13 dicembre 1964, 16 gennaio 1965, in causa Molino Coop. Intercom. Ameila c. Finanze, passata in giudicato; in tale sentenza il Tribunale ha dichiarato il proprio difetto di giurisdizione sul rilievo che, non essendo stato contestato dall'interessato n l'esistenza n l'ammontare del debito di imposta, la questione veniva praticamente a concentrarsi sulla sola motivazione dell'atto di accertamento, di fronte alla quale non sono configurabili se non interessi legittimi dei contribuenti. N si potrebbe parlare di disapplicazione dell'atto amministrativo, perch il Giudice Ordinario svolgerebbe lesame sulla illegittimit dell'atto in via principale come oggetto primario della sua indagine e non ai soli fini di escluderne l'efficacia in una divrsa questione portata alla sua cognizione. GLAUCO NOR.I I I I . PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 193 Z del citato art. 17, questione nuova, che non pu esser proposta , la prima volta. innanzi questa Corte perch involge la indagine di :o, inammissibile in questa sede di legittimit, sulla sussistenza o no dell'accennato invito alle parti a rendere la predetta dichiaraae estimativa. D'altronde, poich la questione circa la esistenza o meno di tale ito preventivo non era stata sottoposta, come si detto, alla Corte merito, giustamente quest'ultima non se ne occupata. Infatti iitivo che l'invito preventivo ex n. 2 dell'art. 17 cosa diversa del :o, sotto il profilo materiale e giuridico, dalla notifica dell'accertaato suppletivo ex art. 20 del pi volte menzionato decreto n. 1639 1936. Pu aggiungersi che, comunque, lomesso invito alla dichiarazione mativa ex art. 17, non prevedendo la legge alcuna sanzione, non ebbe potuto determinare la nullit della procedura di tassazione l'atto in discussione (sent. n. 2253 del 1959), sicch il denunziato o di motivazione non inciderebbe su di un punto decisivo della sa e, come tale, sarebbe irrilevante. In defnitiva il ricorso del Pellati deve essere respinto. -(Omissis). RTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 26 novembre 1964, n. 2810 -Pres. Vistoso -Est. Cesaroni -P.M. Toro (conf.) -Micelli (avv. Sponziello) c. Ministero Finanze (avv. Stato Masi). !)osta di successione -Deduzione della passivit -Debiti cambiari -Documentazione -Titoli e libri di commercio del debitore e del creditore -Necessit di entrambi. Ai fini della deduzione dall'asse ereditario dei debiti cambiari non ra la produzione dei libri di commercio del creditore o del debitore, occorre anche la produzione del titolo (1). (1) Il necessario coordinamento degli artt. 45 e 48 della legge tributaria sulle essioni, attraverso l'interpretazione letterale logico e finalistica delle norme in articoli contenute, porta univocamente a ritenere la esattezza delle statuii adottate nella sentenza in nota. Nella economia della legge tributaria prel (cfr. retro 385 e segg.) le passivit sono ammesse in deduzione dall'attivo itario sempre che le stesse, oltre ad essere legalmente esistenti, siano, all'atto ' apertura della successione, certe e liquide. Certe nel senso che, sorrette da ralido titolo, resultino attuali e reali; liquide nel senso che, senza bisogno di iori accertamenti, resultino di ammontare determinato (cfr. DE BoNo, L'imposta ' successioni e l'imposta sull'asse globale ereditario netto, 135; SERRANO, Le 1ste di successione, III). Da ci la necessit, voluta dalla legge, ai fini della RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO {Omissis). -Con i primi due motivi di ricorso, che, integrandosi a vicenda, vanno esaminati congiuntamente, i ricorrenti denunziano la violazione e falsa applicazione degli artt. 45 e 48 della legge tributaria sulle successioni (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270) insistendo nell'assunto che per documentare i debiti cambiari sufficiente la loro annotazione nei libri commerciali, regolarmente tenuti, del debitore o del creditore. Tale assunto essi vorrebbero dedurre dal senso letterale e logico dell'art. 45, quinto comma, della legge predetta, e dalla ratio della norma intesa a disciplinare in modo unitario tutti i debiti {cambiari o commerciali) nascenti da atti privati, che per la loro natura non si trovino nelle condizioni previste dagli artt. 2703 e 2704 e.e., richiedendo che la loro esistenza sia legalmente provata con i libri di commercio tenuti a norma di legge. L'annotazione nei libri di commercio, quindi, non andrebbe intesa, contrariamente a quanto ritenuto dall'impugnata sentenza, come semplice sostitutivo della registrazione formale, idonea ad attribuire fede alla data di emissione delle cambiali, ma come prova atta a dimostrare la legale esistenza, certezza e liquidit dei debiti contratti dall'autore della successione. In ogni caso, sempre secondo i ricorrenti, dato che i titoli cambiari sono richiesti ad probationem e non ad substantiam, per stabilire la provenienza e fimporto del debito, nel quadro delle prove concomi i tanti e concorrenti stabilite dagli artt. 45 e 48 della legge tributaria, la mancanza di alcuni o di tutti gli elementi cambiari, pu rilevarsi dai I libri di commercio o dalla dichiarazione di sussistenza della passivit al momento della successione. La censura infondata. I I Il primo comma dell'art. 45 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270, stabilisce, in linea generale, che sono ammessi in deduzione dell'asse ereditario i debiti certi e liquidi, legalmente esistenti al momento delfapertura della successione, risultanti da atto pubblico e da sentenza passata in giudicato. Il secondo comma dispone che sono parimenti ammessi a deduzione, i debiti certi e liquidi nascenti da scritture private, che abbiano acquisi:ata data certa anteriormente alla apertura prova; a) della produzione all'ufficio dei titoli in originale o in copia, dei debiti esposti; b) della dimostrazione della esistenza dei debiti stessi, alla data dell'apertura della successione, con atto pubblico, sentenza passata in giudicato, entrambe in data anteriore alla apertura della successione, ovvero con scrittura privata fornita di data certa, anche essa di data anteriore, nei modi prescritti dall'art. 2704 e.e., ovvero, per i debiti di natura commerciale e per quelli cambiari, per i quali non ricorrono le condizioni suddette, con la produzione dei libri di commercio del debitore, regolarmente tenuti per gli uni e con l'annotazione nei libri di com PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 195 le successioni in uno dei modi indicati dall'art. 2704 e.e., che non la morte e la fisica impossibilit di scrivere di colui o di coloro che hanno sottoscritte. Nel quinto comma, poi, detto che possono essere ugualmente lotti i debiti di commercio esercitato nel territorio dello Stato e 3lli risultanti da cambiali ed altri effetti all'ordine, quando non si vino nelle condizioni previste, dai precedenti capoversi {data certa iltante in uno dei modi di cui all'art. 2704 e.e.) se per i debiti di nmercio la loro esistenza sia giustificata con la produzione dei libri commercio del debitore, regolarmente tenuti a norma di legge, e le cambiali ed altri effetti, questi siano annotat nei libri di comrcio regolarmente tenuti dal debitore o dal creditore. Stabilisce, infine, lart. 48 della stessa legge tributaria, che la dedune, per essere ammessa, necessario che sia giustificata con la prodone dei titoli dei debiti, o in originale o in copia, unitamente ad l dichiarazione fatta dall'erede o dal legatario e dai creditori, o loro mti causa, con la quale si attesti che il debito sussisteva tuttavia in to o in parte, al tempo dell'apertura della successione. Ora, l'interpretazione letterale degli artt. 45 e 48, che gi di per s :ecisiva, perch conduce ad un risultato evidente, appare nettamente senso che il contribuente, allo scopo di ottenere la deduzione delse ereditario dei debiti esistenti al momento della successione, deve durre: 1) i titoli, in originale o in copia, dei debiti dedotti; 2) la 1va dell'esistenza del debito al momento dell'apertura della succes1e, con scrittura privata avente data certa o, trattandosi di debiti nmerciali o cambiari, con l'annotazione dei libri di commercio; la dichiarazione dell'erede e del creditore attestante la sussistenza debito. L'affermazione, quindi, che per i debiti cambiari, la pienezza. prooria della loro esistenza potrebbe raggiungersi, in mancanza dei ,Ji, con la produzione dei libri di commercio, urta, anzitutto, con la era, chiara ed esplicita, del combinato disposto delle norme sopra tte. N, a ritenere il contrario, efficiente il richiamo all'art. 45, quinto cio, del pari regolarmente tenuti, del debitore o del creditore, per gli altri; iella dichiarazione dell'erede e del creditore sulla sussistenza del debito. Di sti tre ordini di produzioni, il primo assolve alla esigenza connessa con la legale tenza del debito, il secondo alla certezza dello stesso alla data di apertura della !essione, il terzo alla prolungata esistenza del debito alla data predetta. Per i debiti cambiari, per i quali, per esigenza di eqnit rispetto ai debitori non commercianti, non sono tenuti, a norma del codice civile, alla tenuta dei commerciali, stata prevista la alternativa. delle resultanze dei libri del debi RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO comma, isolatamente considerato. Tale disposizione, invero, trova la sua ratio nella insopprimibile esigenza posta in chiaro dall'art. 1 della legge, di ammettere in deduzione dall'asse ereditario soltanto i debiti certi e liquidi legalmente esistenti al momento dell'aperta successione . La legge, tuttavia, non potendo ignorare la difficolt, per la natura stessa dei debiti commerciali e cambiari, di dare con la prova della loro esistenza, anche quella della loro certezza ed autenticit, prevede la possibilit di ricorrere ad una prova sussidiaria della data certa, quando questa non possa essere giustificata nei modi ordinari (atto pubblico o scrittura privata regolarmente registrata) mediante la produzione, per i debiti commerciali, dei libri di commercio del debitore su cui i debiti stessi siano annotati, e, per i debiti cambiari, con la produzione dei libri di commercio del debitore o del creditore. Ma f esigenza cui si ispira la detta disposizione costituisce ad un tempo la giustificazione e il limite delfefficacia dell'iscrizione nei libri contabili, valevoli 1lnicamente come prova sostitutiva della registrazione formale, idonea ad imprimere data certa agli atti. A ci si aggiunga che una diversa interpretazione della norma sarebbe in grave e palese contraddzione, oltre che con la successiva disposizione dell'art. 48, esplicita nel richiedere, in ogni caso, la esibizione del titolo, anche con principi dettati dagli artt. 2709 e 2710 e.e. secondo cui le scrtture contabili hanno efficacia probatoria soltanto contro fimprenditore, ed a suo favore solo nella ipotesi, in cui entrambe le parti possano richiamarsi alle proprie scritture, e cio quando alle annotazioni delruno facciano riscontro quelle dell'altro. Del resto, nemmeno nell'ampio concetto di prova scritta, quale si desume dall'art. 634 c.p.c. rientrano i documenti che provengono dal debitore, salvo i soli casi in cui la legge espressamente attribuisce ad essi efficacia di prova e sempre nell'ambito del procedimento ingiuntivo, e non in deroga delle disposizioni del diritto sostanziale in materia di ' prove, le quali vanno, invece, applicate nel giudizio di cognizione che segue alla opposizione dell'intimato (Cass., 16 marzo 1942, n. 725). tore o del creditore, la annotazione in questi ultimi contenuta sostitutiva della registrazione formale richiesta per le scritture private e con tali caratteri assolve unicamente e soltanto alle esigenze connesse con la certezza della data. Non anche a quella connessa con la legale esistenza del debito, alla quale provvede il titolo n con la sua protrazione alla data di apertura della successione alla quale provvede la dichiarazione di sussistenza degli eredi e del creditore cfr. SERRANO, loc. ' cit., 138). Da ci la necessit obiettiva, voluta dalla legge, della produzione del titolo. In dottrina non mancata la voce discorde per i casi in cui i debiti cambiari resultano dai libri del debitore (cfr. MARurn, Tasse di successione, 236). Neanche in tali limiti la contraria soluzione pu essere condivisa. Contrasta PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA Non si vede, pertanto, perch il legislatore fiscale, pur essendosi ~rito per i debiti che non si trovino nelle condizioni di cui agli artii 2703 e 2704 e.e. congiuntamente ai debiti commerciali e cambiari, ur avendo previsto per tutti la produzione del titolo giuridico valido t. 48) avrebbe dovuto creare una ingiusta ed inspiegabile differenza trattamento, ammettendo che i debiti cambiari possano essere docuntati, nella impossibilit di esibire le cambiali, con la prduzione libri di commercio del creditore o di un estratto di detti libri. Alla stregua di tali rilievi lart. 45, anche se, in verit, la lettera esso non appare del tutto limpida, deve interpretarsi nel senso che lebito cambiario potr considerarsi documentato, ai fini di che tratl, con la esibizione del titolo, cio della cambiale; e con la prova la data certa mediante la produzione dell'annotazione dei libri di nmercio, regolarmente tenuti, o del debitore o del creditore. E con queste considerazioni deve ritenersi superato anche il setdo mezzo, perch se vero che la cambiale richiesta solo ad proionem, non discutibile che essa debba contenere la sottoscrizione chi l'ha posta in essere, rappresentando la sottoscrizione l'elemento 3nziale che unicamente pu far conoscere, rispetto al documento, il , autore. Ne consegue che mancando il titolo il debito cambiario non '> considerarsi documentato, ai fini di cui trattasi, con la sola pro: ione dei libri di commercio del creditore. Non merita, quindi, censura la sentenza impugnata per aver rite: o nel caso concreto, che gli effetti cambiari per 10 milioni di lire so il Credito Italiano di Lecce e per 8 milioni di lire verso il Banco Napoli, succursale di Gallipoli, ancorch risultanti dalla registrane sui libri e conti correnti bancari, non potevano considerarsi titoli ridicamente validi per essere ammessi in deduzione, poich risulano lacerati nella parte in cui avrebbero dovuto portare la firma l'emittente e non avevano, quindi, alcuna efficacia giuridica. nissis). tti, detta soluzione sia con l'ampia dizione usata dall'art. 48 cit., che, nel ;crivere la produzione dei titoli, parla di passivo in generale, sia con la funte che, nella economia della disciplina normativa delle passivit deducibili, la :luzione del titolo del debito chiamato a svolgere. Cose entrambe riconote da altri Autori {cfr. SERRANO, loc. cit., 139; DE BoNO, Le passivit ereditarie ucibili e le attenuazfoni dei tributi successori, 240-241). Un precedente in teri nella giurisprudenza di antica data: La Cassazione Romana, infatti, con entenza 16 dicembre 1885 in causa De Sio, Boll. uff. norma 96 del 1886, 567, e a precisare che per la deduzione dei debiti cambiari dall'asse ereditario essario il concorso del titolo, della annotazione sui libri e della dichiarazione mssistenza. 198 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 18 dicembre 1964, n. 2911 -Pres. Vistoso -Est. Cesaroni -P.M. Toro (conf.) -Ministero Finanze (avv. Stato Carbone) c. Societ O.Z.O. {avv. Mariangeli). Imposta generale sull'entrata -Entrata imponibile -Mezzi di pagamento sostitutivi del denaro -Cambiali -Esclusione. (l. 19 giugno 1940, n. 762, art. 1).. Ai fini dell'applicazione delr art. 1 del r.d.l. 9 gennaio 1940, n. 2, la cambiale, non rilasciata pro soluto, non pu considerarsi come un mezzo di pagamento, avendo essa la natura di documento necessario alr esercizio di un diritto autonomo di credito, e non quella di un titolo sostitutivo del denaro: pertanto, l'imposta generale sul( entrata non deve essere corrisposta al momento della consegna della cambiale (1). {Omissis). -Con il primo motivo di ricorso si denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 3 della legge 19 giugno 1940, n. 762; art. 10 1. 3 giugno 1943, n. 452; r.d. 14 dicembre 1933, n. 1669; r.d. 21 dicembre 1933, n. 1763, in relazione all'art. 360 n. 3 e 5 c.p.c . deducendosi che l'imposta sull'entrata si sarebbe dovuta versare dalla O.Z.O. al momento delle consegna delle cambiali e non al momento della loro scadenza. Sostiene, in proposito, la ricorrente, che le cambiali, attesa la loro crescente diffusione nel sistema dei pagamenti, adempiono, oltre alla funzione di strumenti di credito, anche a quella sostitutiva della moneta, a somiglianza degli assegni bancari e degli assegni circolari, rientrando nella previsione dell'art. 1 della legge sull'i.g.e. a norma del quale oggetto del tributo a l'entrata in danaro e con mezzi di pagamento sostitutivi del danaro . Si aggiunge che tale norma deve necessariamente inquadrarsi nel diritto tributario, e che il legislatore, parlando di mezzi sostitutivi del danaro ha inteso riferirsi a tutti i titoli aventi la forza di circolare in sostituzione del danaro, come appunto la cam (1) La Cassazione, esaminando nella sede naturalmente competente (il precedente conforme richiamato in sentenza costituito dalla sentenza penale 25 magI gio 1953, Giust. pen., 1953, 2, 1120) il quesito relativo all'i.g.e. dovuta s pagamenti effettuati mediante cambiali, ha escluso, con la presente sentenza, che le cambiali (tratte o pagher cambiari) possano essere qualificate come u mezzi di pagamento sostitutivi del denaro ai sensi dell'art. 1 della I. 9 giugno 1940, n. 762. Tale pronuncia suscita gravi dubbi in ordine alla sua esattezza, in quanto, oltre che contraddittoria nelle sue affermazioni, non appare comprensiva della natura tributaria della controversia e dei principi di diritto speciale che devono ispirarne la decisione. Secondo il Supremo Collegio la cambiale, atteso il contenuto della relativa dichiarazione cartolare e in relazione alla sua funzione economica, un mezzo PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 199 " che avendo un valore espresso in moneta, deve considerarsi, ai ~he ne riguardano, come mezzo di pagamento. La doglianza si ravvisa infondata. Ed invero, gi stato osservato da questa Corte Suprema (Cass. 24 marzo 1953, n. 604), ai :6.ni dell'applicazione delfart. 1 del 9 gennaio 1940, n. 2, che la cambiale non rilasciata pro soluto, pu considerarsi come un mezzo di pagamento, conservando essa ttura di documento necessario all'esercizio di un diritto autonomo :edito e non quella di un titolo sostitutivo del danaro. Il riesame della questione, che viene ora riproposta, porta a rite tale soluzione pienamente esatta ed in armonia con i principi ari in materia. Ben vero che la cambiale, nella sua struttura originaria della tratta, 1 come mezzo di scambio per evitare il trasporto della valuta da ) a luogo; ma la sua funzione originaria si a poco a poco trasfor,, assumendo nel diritto moderno quella di un mezzo per far circoil credito verso f emittente o verso faccettante, second che si tratti :i.mbiale propria o di cambiale tratta. Sotto questo aspetto, la cambiale si concretizza in una promessa di :o pagamento dell'emittente di pagare all'ordine del prenditore data somma alla scadenza (pagher cambiario) o dell'emittente di >agare dal trattario (cambiale tratta), il che implica che la presta~ esigibile dal creditore cambiario solo al momento (futuro) in la promessa deve essere adempiuta, cio alla scadenza indicata. Tenuto conto, pertanto, della funzione economica e del contenuto . dichiarazione cambiaria, non dubbio che il titolo cambiario conlisca efficacemente alla diffusione delle operazioni di finanziamento :te ad alimentare le diverse attivit economiche, ma non gi come m di pagamento sostitutivo della moneta bens come titolo rapprettivo di danaro futuro. Ed in questo senso deve essere intesa la definizione della cambiale ne moneta dei commercianti nel senso, cio, che il creditore pu 3dito, e non pu essere considerata, come l'assegno circolare o bancario, quale o di pagamento. Quando pertanto essa viene rilasciata al suo prenditore, o non consegue ancora la relativa entrata, e la tassazione dello scambio con deve pertanto essere differita alla scadenza del titolo. Accenneremo in seguito ai motivi per cui tali affermazioni non sembrano da .vidersi; in primo luogo. vogliamo per rilevarne la contraddittoriet del prin affermato dalla Cassazione, che ne limita espressamente la efficacia alle camrilasciate pro solvendo, con esclusione cio di quelle rilasciate pro soluto. Secondo il S. C. in sostanza, se il rilascio della cambiale ha effetto estintivo obbligazione causale (art. 66 comma primo, legge cambiaria) essa costituisce iezzo di pagamento, se invece lascia permanere quella obbligazione un o di credito. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dif!porre di un documento, che oltre ad essere dotato di una particolare efficacia probatoria quanto alla sussistenza del credito, ne agevola il trasferimento mediante l~ semplice consegna del titolo girato, facilitandone, altres, la realizzazione con f esecuzione forzata, essendo la cambiale titolo esecutivo. Ma il rilascio della cambiale, anche quando avvenga dietro un corrispettivo {vendita o sconto) non estingue il debito, giacch il trasferimento del titolo non costituisce un pagamento attuale bens il mezzo per un pagamento futuro per cui, non raggiungendo tale mezzo il proprio scopo satisfativo, f emittente e il traente continua ad essere debitore, salvo, s'intende, l'ipotesi di cessione pro soluto, nel quale caso si avrebbe in sostanza, una prestazione in luogo dell'adempimento (datio in solutum; art. 1197 e.e.). Rappresentando, quindi, la cambiale danaro futuro che non importa, normalmente, liberazione immediata e definitiva dell'obbligo di versare una somma di danaro, chiaro che solo alla data del pagamento potr dirsi conseguita l'entrata ai sensi dell'art. 3 della legge n. 762 del 1940, e cio al momento in cui il corrispettivo dovuto sia effettivamente passto nella sfera patrimoniale del creditore. Sotto questo aspetto, profonda la differenza fra la cambiale e quei titoli di credito (assegno bancario o assegno circolare) che girano con funzione monetaria, mentre, infatti, la cambiale rappresenta del danaro futuro, l'assegno, presupponendo l'esistenza di somme disponibili presso la banca, rappresenta danaro presente, ed perci comunemente accettato come mezzo di pagamento in sostituzione della moneta. Quindi, mentre, dal punto di vista formale, l'assegno ha la struttura della cambiale (ordine di pagamento o promessa di pagamento), dal La erroneit di una simile distinzione evidente. Mentre infatti chiaro, da un punto di vista sostanziale, che la cambiale, sia o meno dotata di efficacia novativa rispetto alla obbligazione causale, ha sempre la stessa funzione economica corrispondente alla sua identica dichiarazione cartolare e il corrispettivo passa sempre nella disponibilit del creditore col pagamento di essa, anche indubitabile che, nell'un caso e nell'altro, il trasferimento di ricchezza operato con la sua emissione ha la stessa entit, da valutarsi indipendentemente dall'ulteriore ed e:ventuale effetto novativo sul rapporto sottostante. E del resto, che l'effetto novativo eventualmente inerente alla emissione del titolo non abbia alcuna influenza sulla natura di questo e sulla entit dell'incremento economico che esso determina per il prenditore, deriva dal fatto che anche l'assegno pu sortire o meno tale effetto (art. 58 comma primo, legge assegno), eppure esso, secondo la Cassazione, sempre considerato un mezzo di pagamento sostitutivo del denaro. La verit invece, a nostro parere, che in entrambi i casi, lemissione della cambiale come dell'assegno opera un trasferimento di ricchezza che, per i fini PARTE I, SE'Z. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 201 ~conomico, ha una funzione essenzialmente traiettizia analoga a l del biglietto di banca, in quanto si ricollega ad una operazione posito e non ad una operazione di credito. ~ a dire che con lespressione mezzi sostitutivi del denaro rma tributaria si sia discostata dai principi del diritto comune, ,, presupposto della imposizione indiscutibilmente una en nel patrimonio del creditore, e se indifferente che l'entrata 1ga proprio in moneta, non altrettanto indifferente che essa 1ga in futuro, alla scadenza della obbligazione cambiaria, per cui ' alla data del rilascio che deve farsi riferimento per il versamento ributo, bens a quella del pagamento della cambiale. fon pu, pertanto, censurarsi l'impugnata sntenza per aver riteche la cambiale non pu farsi rientrare fra i mezzi di pagamento utivi del danaro contemplati dall'art. 1 della citata legge del 1940. >arimenti infondato il secondo motivo di ricorso col quale si ce, in subordine, che costituendo il diritto di credito un bene in economico e giuridico, il pagamento in cambiali dovrebbe parli alla dazione delle cose, e, quindi, alla permuta di cose mobili :tta all'imposta sull'entrata, a termini dell'art. 10 della legge '3 giul943, n. 432. ~ da osservare, infatti, che non si possono considerare beni {imnai) i diritti, che sono delle posizioni dei soggetti rispetto ai beni, i dei beni. >erci, la cambiale non pu essere considerata come un bene, idosi distinguere il documento in cui il diritto incorporato dal o che vi rappresentato, vale a dire da ci che il titolare pu fare :onseguire il bene. Nessun contrario argomento pu, infine, desudalla norma {art. 3 del~a legge n. 762) che considera entrata impo 1ri che ci interessano, deve essere equiparato al pagamento vero e proprio. )a un punto di vista civilistico infatti potr anche considerarsi paTticolar rilevante leffetto novativo eventualmente connesso alla emissione del titolo, .I punto di vista tributario che ci riguarda, non questo che qualifica l'entrata ibile, sibbene il trasferimento di ricchezza operato dal rilascio della cambiale messione col negozio di emissione, il quale in ogni caso ha una importanza a, del tutto indipendente dai successivi eventi relativi al concreto svolgimento .pporto cartolare, e che, nella normalit dei rapporti economici quotidiani, 11ina una vera e propria circolazione di mezzi sostitutivi del denaro. )a ultimo ci sembra pertinente un ulteriore rilievo, che vale a confermare ttezza del principio affermato dalla Cassazione.. Secondo questa, a rappreLdo la cambiale denaro futuro, che non importa, Iirrrialment> lberazione liata e definitiva dell'obbligo di versare una somma di denaro, chiaro che Llla data del pagamento potr dirsi conseguita l'entrata ai sensi dell'art. 3 !. n. 762 del 1940, e cio al momento in cui il corrispettivo dovuto sia effetmte passato nella sfera patrimoniale del creditore n. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO nibile i corrispettivi in natura percetti per la locazione, essendo, in questo caso, ben preciso il riferimento del legislatore alla nozione di bene data dall'art. 810 e.e. Disattendendosi i due mezzi di ricorsi sopra esaminati, diventa superfluo che questa Corte si soffermi sul terzo motivo esposto dalla Finanza, con il quale si censura l'impugnata sentenza per non aver dichiarato che il condono non poteva essere applicato a seguito del pagamento parziale dell'imposta, dato che l'infrazione era stata unica, per mancato pagamento dell'i.g.e. all'atto della consegna delle cambiali. Invero, l'accoglimento della domanda attrice per l'avvenuto pagamento, da parte della 0.Z.O., dei tributi man mano che le cambiali relative alla locazione de qua venivano a scadenza, implicava l'assorbimento di ogni questione in ordine alla riconvenzionale (illegittima applicazione del condono) per il venir meno del presupposto (pagamento parziale dell'importo) su cui si fondava la detta riconvenzionale. In conclusione, quindi, il ricorso deve essere respinto. -(Omissis). Ma la cambiale naturalmente destinata ad agire non soltanto nei rapporti fra debitore e creditore cambiario, al momento cio del pagamento, ma anche e tanto pi nella fase di circolazione del titolo, e cio nei rapporti fra tutti i successivi giranti. Secondo il ragionamento della Cassazione il prenditore o giratario di una cambiale che . la ritrasferisca ad altri, non potendo pi ottenere il pagamento del debitore, non dovrebbe mai conseguire un'entrata; eppure anche esso ha eseguito un'operazione economica identica a quella per cui si rende tassabile bile la entrata del credito cambiario {ultimo giratario alla scadenza del titolo. Se soltanto il pagamento, e non la semplice emissione o trasmissione della cambiale, dovesse pertanto determinare l'entrata imponibile, rimarrebbero esenti da imposta tutti i rapporti economici connessi alla circolazione del titolo, o tutti tali rapporti dovrebbero ritenersi tassabili nonostante la mancanza dell'effettivo conseguimento di un'entrata, e non ci sembra che la Cassazione abbia potuto condividere simili inaccettabili affermazioni. I I fil CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 21 dicembre 1964, n. 2947 -Pres. & Rossano -Est. Malfitano -P.M. Cutrupia (diff.) -Cucullo Giovanni (avv. Scandale) c. Ministero Finanze (avv. Stato Masi). Imposta sui fabbricati -Case di abitazi-One non di lusso -Temporanea destinazione ad uso diverso dall'abitazione -Esenzione venticinquennale -Applicabilit. Imposta sui fabbricati -Case di abitazione non di lusso Locali destinati ad autorimesse e magazzini Esenzione venticinquennale Applicabilit. (1. 2 luglio 1949, n. 408, art. 13). PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 203 :esenzione venticinquennale dall'imposta sui fabbricati, concessa ~ case di abitazione non di lusso dalla disposizione di cui all'art. 13, 2 luglio 1949, n. 408, si applica anche neU'ipotesi in cui le case sime siano temporaneamente destinate ad uso diverso dall' abiie (1). locali destinati ad autorimesse e a magazzini possono usufruire esenzione venticinquennale, in quanto essi o costituiscono pertii delle singole case di abitazione e sono, quindi, soggette al trat? Jo fiscale di queste ultime, o servono, comunque, all'esercizio di ;presa, e rientrano nella categoria dei locali destinati ad uffici :ozi , i quali, nei limiti di legge, godono delle medesime agevoii concesse per le case di abitazione (2). 1-2) Esenzione venticinquennale dall'imposta sui fabbricati ;enzione dall'imposta di consumo in caso di edificio destinato 1oraneamente ad un uso diverso dall'abitazione. . -La sentenza annotata ha deciso, pet la parte che a noi interessa, che l'esenventicinquennale dall'imposta sui fabbricati, concessa per le case di abitanon di lusso dalla disposizione di cui all'art. 13 della l. 2 luglio 1949, n. 408, .icabile anche nell'ipotesi in cui le case medesime siano temporaneamente desti. d uso diverso dall'abitazione. >er la concessione del beneficio -ha ritenuto il Supremo Collegio -si prescindere dall'uso al quale le costruzioni siano in concreto adibite: suffi' infatti, che la costruzione st~ssa, per la struttura e la sua funzionalit, possa destinata ad abitazione di persone, non abbia le caratteristiche delle abitadi lusso e sia stata eseguita nei termini di legge. ]. -Non risultano precedenti specifici in materia, salvo alcune lontane deci: ontrarie della Commissione Centrale delle Imposte, pronunciate sotto l'impero legislazione anteriore (Comm. Centr., 11 febbraio 1948, n. 95397, Riv. leg. fisc., 588;; Comm. Centr., 19 maggio 1937, n. 100611, ibidem, 1937, 778; Comm . . , 9 novembre 1931, n. 31544, ibidem, 1932, n. 10428; cfr., per, in senso me alla tesi accolta ora dalla Corte Suprema: Circ. Dir. Gen. II.DD., 26 mag! 55, n. 201988, Riv. leg. fisc., 1955, 1471). Jna serie nutrita di pronuncie, fra loro discordanti, si , invece, sviluppata ialoga questione riguardante lesenzione dall'imposta di consumo, ai sensi del ;sivo art. 16 della legge sopracitata. l,e numerosissime decisioni del Ministro delle Finanze, da oltre un decennio, tutte nel senso di negare lesenzione allorch il fabbricato riceva in concreto lestinazione diversa dall'abitazione (Min. Fin., 21 luglio 1954, n. 8/B/1955, rib. loc., 1954, 211; Min. Fin., 28 settembre 1957, n. 8/B/2917, Riv. leg. fisc., 593; Min. Fin., 28 aprile 1961, n. 3/B/1634, Rep. foro it., 1962, aTassa , 172-3; Min. Fin., 30 maggio 1961, n. 3/B/1359, Riv. leg. fisc., 1962, 344; Fin., 12 settembre 1962, n. 9/3375, Rep. foro it., 1962, Tassa cons. , 158; anche nota Dir. Gen. Fin. loc., 9 febbraio 1959, n. 3/B/553, Riv. leg. fisc., 1702; in senso contrario, anteriormente: Min. Fin., 18 aprile 1953, n. 3/B/756, it., 1953, 638; Min. Fin., 17 luglio 1953, n. 3/B 871; Riv. leg. fsc., 1365). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Se vero che per tale fattispecie - stato detto -la legge n. 408 non sancisce esplicitamente la decadenza dai benefici ivi previsti, non men vero che proprio tale fattispecie -la quale mal si concilia con il motivo ispiratore della legge anzidetta -palesa una lacuna di tale legge e la necessit che, ad evitare assurdi ed iniqui abusi dei cennati benefici, l'interprete debba colmarla, ricorrendo, ai sensi dell'art. 12 comma secondo, disp. legge in generale e.e., all'applicazione analogica delle disposizioni che regolano casi simili e materie analoghe (applicazione analogica cui non osta il successivo art. 14, in quanto attraverso lo stesso non si perviene all'applicazione della eccezionale legge n. 408 oltre i casi ed i tempi in essa contemplati). Ed in materia di imposte di consumo un caso simile regolato dall'art. 89, secondo comma, Reg. 80 aprile 1986, n. 1188, mod. dall'art. 1 r.d. 28 maggio 1942, n. 710, il quale dispone che i materiali adoperati nella costruzione di opifici industriali o di edifici colonici o di parte di essi -non esenti ai sensi dell'art. 30 t.u. fin. loc. -sono assoggettati a tale tributo allorquando detti edifici ricevono una diversa destinazione entro cinque anni dalla costruzione . Nello stesso senso -con o senza il richiamo analogico al Reg. n. 1188 del 1986.-si talvolta pronunciata l'Autorit Giudiziaria {Trib. Lecce, 20 aprile 1955, Oss. Trib., 1955, 128; App. Lecce, 10 luglio 1956, n. 884, Rep. foro it., 1956, Tassa cons. , 137-8, riformata in Cassazione; Trib. Forl, 21 luglio 1955, Arch. rie. giu., 1956, 829), la quale, per, con maggior frequenza, si mostrata di contrario avviso, adducendo che la esenzione ha natura estremamente oggettiva, in quanto, essendo soggetto dell'imposta il costruttore, ai requisiti intrinseci, strutturali dell'immobile, cos come da questo costruito, che si deve aver riguardo per determinare la destinazione, e non gi all'utilizzazione che dello stesso immobile sia fatta successivamente .(Cass., 9 aprile 1958, n. 1157, Rep. foro it., 1958, Tassa cons. , 154; Cass., 13 settembre 1957, n. 8486, Riv. leg. fisc., 1958, 249; App. Firenze, 19 gennaio 1957, Man. Trib., 1957, 851; Trib. Firenze, 5 maggio 1960, Giur. tosc., 1960, 486). III. -Con la pronuncia attuale la Corte Suprema si posta, in materia di esenzione dalla imposta sui fabbricati, sulla scia dell'indirizzo giurisprudenziale pi accreditato, formatosi in tema di esenzione dall'imposta di consumo. La decisione non convince. Se pure si pu accedere alle conclusioni cui la Corte pervenuta per l'imposta di consumo, non sembra che i criteri e i principi utilizzabili per essa possano essere richiamati anche per l'imposta sui fabbricati. L'imposta di consumo colpisce il valore dei materiali da costruzione e sorge con l'edificazione nei confronti del costruttore. Nella sua applicazione deve, quindi, tenersi -conto della consistenza oggettiva del fabbricato, indipendentemente dalla destinazione diversa che in futuro ad essa venga data, per una causa, in definiti~a, estranea al costruttore. L'esenzione, i~ tanto pu ritenersi applicabile, in quanto l'edificio abbia i caratteri strumentali intrinseci di una casa di abitazione non di lusso, e viene meno solo allorch, alla ultimazione della costruzione, esso si presenti con caratteristiche tali da escludere ab origine l'uso ad abitazione, in modo definitivo e non meramente occasionale. L'art. 16, parlando di " materiali impiegati nelle opere di costruzione mostra chiaramente di far riferimento alla costruzione nella sua intrinseca struttura, indipendentemente da qualsiasi rilevanza della destinazione futura dell'edificio. E: logico che se, all'ultimazione della costruzione, l'edificio si presentasse con una struttura tale da escludere per natura la destinazione ad abitazione, l'esenzione non potrebbe pi essere concessa, non perch la destinazione sia mutata, ma perch l'edificio non nato come casa di abitazione. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 205 :.e decisioni del Ministero delle Finanze e dell'autorit giudiziaria che, invece, escluso l'applicabilit del beneficio allorch l'edificio sia stato, sia pur occamente o temporaneamente, adibito ad uso diverso dalla abitazione, sono costrette, il pi delle volte, a dover creare una decadenza, attraverso un proento analogico che non appare consentito. 3en diverso , invece, il caso dell'esenzione dall'imposta sni fabbricati. ~esta colpisce il rddito della costruzione, goduto dal proprietario, e viene :ata non al momento della costruzione ma, anno per anno, con il maturarsi :ddito. :.:art. 13 della legge citata, con una dizione ben diversa dal successivo art. 16, ' dall'imposta le case di abitazione che abbiano i reqnisiti prescritti e non le zioni che abbiano astrattamente tale destinazione. Implicito il concetto di azione effettiva. ~ chiaro, quindi, che il beneficio sar applicabile fn tanto 'edificio sia in concreto destinato ad abitazione, mentre verr meno se la azione, anche temporaneamente, sia diversa. Nessun ostacolo si pone acch ~nticinquennio l'edificio goda dell'esenzione per il periodo o i periodi in cui la destinazione prescritta e lo perda, temporaneamente, per il periodo o i li, in cui la destinazione sia diversa, in cni -cio -non si presenti come di abitazione . IJ per arrivare a tale soluzione necessario ricorrere all'applicazione di alcun :limento analogico, come stato invece fatto dalle predette decisioni per 1sta di consumo, perch non di decadenza si tratta quanto di corretta appli1e del beneficio, nei limiti per il tempo in cui concesso dalla legge. 2uesta interpretazione, ineccepibile dal punto di vista letterale, appare avallalla ratio della norma. L.a 'legge si prefisso lo scopo di agevolare, con la concessione dei benefici rola, la costruzione di locali ad uso di abitazione civile, per far fronte alla 1ost-bellica degli alloggi .(nei lavori parlamentari si accenna continuamente alla mza di abitazioni per le classi popolari e il ceto medio e alla necessit di edere ai senza tetto). Da ci deriva che se la costruzione il fine mediato, il ltimo , ovviamente, la destinazione effettiva dell'edificio ad abitazione. Solo i pu parlare di un reale incremento degli alloggi e di un autentico beneficio uelle classi meno abbienti sprovviste di abitazioni decorose. Del tutto contrario allo spirito della norma, oltre che alla logica, invece, tare -come pure stato fatto (Circol. Dir. Gen. II.DV., 26 maggio 1955, rit.) -che lo scopo della legge viene raggiunto all'atto della immissione 1ercato edilizio dei fabbricati aventi i requisiti richiesti dalla legge e che, ~entemente, tutte le variazioni che possano successivamente modificare la ione di diritto dei singoli fabbricati debbano considerarsi ininfluenti ai fini ~evolazione in questione . [n tal ~odo verrebbe meno il fine sociale per il cni raggiungimento il beneficio ;o concesso e godrebbero di esso, senza alcuna giustificazione, categorie di rie completamente estranee a quelle che la legge ha inteso agevolare. Con espedienti molto semplici, infatti, chiunque volesse costruire un fabbricato volgere una qualsiasi attivit o chiunque volesse costruirsi una casa di abi1e di lusso, potrebbe iniziare la costruzione di una abitazione avente in appai requisiti di legge per l'applicazione del beneficio e, una volta ottenuta olazione al momento della ultimazione del fabbricato, potrebbe apportare quelle modifiche necessarie alla trasformazione dell'originario edificio in quello 11 realt si sarebbe voluto costruire. Cos l'immissione nel mercato dei fabbricati, la cui costruzione la legge ha > promuovere, sarebbe del tutto fittizia: .non si vede, quindi, la ragione per dovrebbero -cionondimeno -concedere i benefici. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Queste stesse argomentazioni ben potrebbero, invero, essere richiamate anche per l'esenzione dall'imposta di consumo, ma per questa il testo di legge e il meccanismo di riscossione non consentono -a quel che sembl'.a -una limitazione temporale del beneficio; a meno che -come sarebbe auspicabile -non intervenisse una legge a stabilire una decadenza quando la destinazione venisse meno dopo la costruzione. Per l'imposta sui fabbricati tutto diverso : la legge concede il beneficio alle case di abitazione e lo protrae per venticinque anni; se la destinazione muta, non siamo pi in presenza di una casa di abitazione e non vi alcun ostacolo a sospendere l'applicazione dell'esenzione. OSCAR FIUMARA CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 22 gennaio 1965, n. 117 -Pres. Ros sano -Est. Gambogi -P.M. Pedace (conf.) -Soc. ace. sempl. Sor della (avv. Durazzano) c. Ministero Finanze (avv. Stato Faranda). Imposta di registro -Contratto di commissione -Art. 92 tariffa ali. A legge di registro -Applicabilit. Imposta di registro -Contratto di commissione -Denunzia estimativa ex art. 30 legge di registro -Inapplicabilit. Il contratto di commissione un mandato oneroso e va pertanto tassato a norma dell'art. 92 tariffa all. A della legge di registro (1). (1) Il principio affermato nella prima massima deve ritenersi certamente esatto, anche se non del tutto valide sembrano le argomentazioni portate a sostegno della tesi accolta. Trattavasi nella specie di stabilire a quale tassazione fosse soggetto l'atto contenente la dichiarazione (proveniente dal committente) con la quale veniva riconosciuta la qualit di commissionario ad una societ di persone. Modificando sul punto quanto affermato dalla Commissione Centrale, il S.C. ha ritenuto che tale dichiarazione non costituiva di per s l'atto tassabile, ma conteneva tuttavia l'enunciazione di un contratto di commissione che, a norma degli artt. 1 e 62 della legge di registro, andava soggetto a registrazione. Quanto all'imposta a cui l'atto doveva assoggettarsi, la Cassazione ha ritenuto che fosse applicabile l'imposta proporzionale prevista dall'art. 92 della tariffa (all. A) e non quella fissa di cui l'art. 91 (come sostenuto dal ricorrente), perch a norma dell'art. 1709 e.e. il mandato deve presumersi oneroso, salvo prova con traria, prova che nella specie non era stata data. L'ultimo argomento svolto dal S.C. sembra meno puntuale e preciso del precedente. Invero devesi osservare che a norma dell'art. 1731 e.e. il contratto di commissione un sottotipo del contratto di mandato, e presenta due elementi caratterizzanti: la natura dell'oggetto dell'incarico assunto dal commissionario (lacquisto e la vendita dei beni per conto del committente), l'essere il commissionario un imprenditore (esercente un'attivit rivolta a fine di lucro), onde tale contratto deve ritenersi essenzialmente oneroso. (G. MINERVINI, Il mandato, la commissione, la spedizione, Trattato di diritto civile diretto dal Vassalli, Torino, 1957, 231 e segg.; PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 207 La dichiarazione estimativa prevista dall'art. 30 della legge di regi (modificato dagli artt. 15 e segg. d.l. 7 agosto 1936, n. 1639) non essere richiesta dallUfficio tranne quando l'atto tassabile contenga :rasferimento di un bene immobile o di un diritto reale (2). cr, Manuale di diritto commerciale, Torino, 1960, 754 e segg.; FoRMIGGINI, missione, Enciclopedia del diritto, vol. VII, 862). Non preciso pertanto sembra nella specie il richiamo all'art. 1709 e.e. che ede la presunzione di onerosit del mandato (presunzione iuris tantum, che .ette quindi la prova contraria), per rendere applicabile in via analogica alla nissione l'art. 92J della tabella all. A), mentre a rigore pi esattamente avrebbe :to affermarsi che, essendo la commissione un mandato essenzialmente oneroso, Lva applicazione testuale la citata disposizione (C-Onf. Com. Centrale, 26 mar958, n. 8433, Riv. leg. fsc., 1959, 1449). (2) Pi delicato il problema risolto dalla seconda massima. Afferma il S.C. l'obbligo della dichiarazione estimativa prevista dall'art. 30 della Legge di stro nel testo modificato dagli artt. 15 e segg. del r.d. 7 agosto 1936, n. 1639, le conseguenze previste dagli artt. 102 e 103 della stess legge (sopratassa e . pecuniaria) in caso di mancata dichiarazione, non sarebbe applicabile quando , tassato abbia ad oggetto non il trasferimento della propriet o di un altro :o reale su di un bene immobile, ma l'assunzione di obbligazioni (nella specie ratto di commissione). A sostegno della tesi accolta viene richiamata la sentenza della Cassazione del ittobre 1959, n. 3046 (Foro it., 1959, I, 1958) nella quale viene enunciato il )ipio che il procedimento di estimazione previst dagli artt. 15 e segg. della ~ 7 agosto 1936, n. 1639, applicabile solo quando oggetto dell'atto tassato sia asferimento della propriet o di un diritto reale immobiliare (su quest'ultima mazione in senso conforme v. in dottrina UCKMAR, Il regime delle concessioni ave o miniere, Giur. it., 1957, I, 2, 1003; GREco, Convenzione locatizia per mento e sfruttamento di cava e inammissibilit della procedura di valutazione rt. 15 e segg., r.d. 7 agosto 1936, n. 1639, Giur. it., 1956, l, 2, 317; MARICONDA, edimento di estimazione per la concessione di diritto di escavare, Dir. e prat. ' 1952, Il, 313). Quest'ultimo principio pu essere condiviso a patto per di integrarlo con il 1oscere che il giudizio di valutazione non si limita ai soli diritti reali su immoma lo si estenda anche ad alcuni beni mobili, come evincesi chiaramente dalla ra dell'art. 15 della legge n. 1639 del 1936, in cui accanto agli immobili ;ono richiamate le aziende industriali e commerciali, le navi e le quote di ;>artecipazione in societ, della cui natura mobiliare non sembra possa dubi (in senso conforme vedi in dottrina UCKMAR, La legge di registro, Padova, ~. 1, e in giurisprudenza le decisioni richiamate in PEPE, Rassegna di giurispru; a sulla legge di registro, Milano, 1959, 111 e segg., 170 e 172). Resta comuncerto che non ammesso il giudizio di valutazione in relazione alle presta[ contrattuali aventi natura obbligatoria. Tuttavia non sembra che da tale principio possa trarsi la conseguenza a ~ giunta la decisione annotata. Invero dal fatto che i corrispettivi delle prestazioni aventi natura obbligatoria siano suscettibili del giudizio di congruit, non pu altres ricavarsi il prin, che in tale ipotesi i contraenti, qualora non risulti dal contratto il corrispet-. tassabile, non abbiano l'obbligo di rendere una dichiarazione estimativa del spettivo stabilito. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO :il: ben vero che l'art. 17 della legge n. 1639 del 1936 nella dizione letterale I del suo primo comma, sembrerebbe limitare l'obbligo della dichiatazione estimativa di cui al n. 2 dello stesso articolo alle sole ipotesi previste dall'art. 15 stessa legge. Devesi peraltro rilevare che tale norma non pu considerarsi una disposizione di carattere eccezionale, come tale insuscettibile di interpretazione anafogica. L'ar I gomento addotto dalla Cassazione per sostenere la tesi contraria pecca, a nostm avviso, di eccessiva indeterminatezza. Afferma infatti il S.C. che un'interpretazione analogica dell'art. 17 della legge n. 1639 viol~rebbe i principi sanciti nell'art. 14 delle preleggi, in quanto tratterebbesi di norma restrittiva dei diritti del contribuente. Ma lo stesso S.C. non si dato carico di dimostrare quali pretesi diritti del contribuente l'interpretazione qui caldeggiata varrebbe a limitare. A parte ci, devesi osservare che l'art. 14 delle preleggi vieta bens l'inter pretazione analogica, ma solo in relazione alla legge penale e a quelle che fanno eccezione a regole generali o ad altre leggi . Dunque, per potersi negare l'interpretazione analogica, avrebbe dovuto dimo strarsi che l'art. 17 della legge pi volte citata, fa eccezione a principi generali della nostra legislazione tributaria. Tale dimostrazione non stata data e non sembra possibile raggiungerla, perch esistono numerose disposiz~oni . che fanno obbligo al contribuente di fornire all'Amm.ne ogni elemento per poter raggiun gere una pi esatta tassazione della ricchezza. Cos nella stessa legge di registro pu richiamarsi l'art. 82 nel quale pre vista una dichiarazione delle parti in relazione al valore da tassare. Cos l'art. 79 stessa legge, in cui fatto obbligo di denunziare l'ammontare definitivo dei prezzi e dei corrispettivi dichiarati in cifra presunta. Cos anche l'art. 58 per quanto riflette i corrispettivi e i proventi di concessione di pubblici servizi. L'elencazione potrebbe continuare perch ben numerose sono le norme che impongono questo dovere di collaborazione tra contribuente e fisco. Ci sembra tuttavia pi opportuno, a questo punto, ricordare che l'interpretazione seguita dalla sentenza che si annota va contro quello che pu ritenersi uno dei principi fondamentali della evoluzione del nostro sistema tributario quale, emerge dalle recenti riforme e specialmente dal t.u. sulle imposte dirette del 1958, principio che consiste nella sempre pi intensa collaborazione che viene richiesta al contribuente verso il fisco per un pi giusto prelievo delle imposte. L'inaccettabilit della soluzione accolta dal S.C. si rileva a nostro avviso anche da una osservazione di carattere pratico. Si pensi che venga presentato all'Ufficio per la registrazione un contratto che non operi un trasferimento di beni o di diritti reali, ma rifletta soltanto obbliga zioni assunte tra le parti senza indicazione di un corrispettivo (ad es. locazione senza fissazione del canone) come potrebbe l'Ufficio provvedere alla registrazione con pagamento di una imposta proporzionale (art. 4 legge di registro) se non fosse fatto obbligo ai contribuenti di indicare il corrispettivo pattuito? Al quesito risponde il S.C. affermando che l'Ufficio potr a posteriori accertare quale sia l'ammontare del corrispettivo pattuito ed applicare sul valore cos accertato l'imposta. Ma la Cassazione non sembra essersi chiesta quale disposizione della legge di registro consenta all'Amm.ne di svolgere accertamenti in relazione al valore dell'oggetto dell'atto tassato. Se tale domanda si fosse posta, non avrebbe potuto non accorgersi della palese contraddizione in cui caduta. Invero l'unica norma che in materia di imposta di registro consente all'ufficio di svolgere accertamenti in ordine al valore dell'oggetto della prestazione contenuta nell'atto tassato l'art. SO (modificato dagli artt. 15 e segg. della legge n. 1639 del 1936). Ma si gi visto come lo stesso S.C. in una pronuncia pi sopra ricordata, e di cui si PARTE I, .SEZ. V, GIURISPRUDENZA. TRIBUTARIA 209 wsciuta l'es,attezza, abbia escluso che l'art. 30 della legge di registro consenta stendere l'accertamento di valore oltre i casi. ivi previsti e cio quando I'og> dell'atto tassato non sia un diritto su beni immobili o su quei beni mobili :pecificatamente determinati. Al quesito pi sopra si dovrebbe dunque rispondere che poich le parti non iarano il corrispettivo pattuito nell'atto, e questo non risulta dal contenuto atto, l'atto medesimo non potrebbe essere tassato, non essendo consentito .mm.ne di svolgere accertamenti in ordine al valore dei corrispettivi pattuiti. Tale conclusione si condanna da sola. (V., invece, opinione conforme alla tesi qui esposta: BERLIRI, La legge ili :tro, Milano, 1961, 418 e segg.). A. ROSSI RTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 febbraio 1965, n. 233 -Pres. Fibbi -Est. Spagnoletti -P.M. Cutrupia (conL) -Ministero Finanze {avv. Stato Lancia) c. Bartolatto (avv. Paone). ~osta di registro -Agevolazioni tributarie previste dall'art. 17 legge 408/949 -Trasferimento contestuale nuda propriet ed usufrutto -Inapplicabilit. I benefici fiscali previsti dall'art. 17, legge 2 luglio 1949, n. 408, il trasferimento di abitazioni cstruite ai sensi deltart. 13 della lesima legge non trovano applicazione in ordine alla costituzione a lo oneroso di usufrutto a favore di un soggetto, neppure quando !Sta sia effettuata contestualmente alla vendita ad altro soggetto '.a nuda propriet della medesima casa (1). (1) La massima in epigrafe, che riproduce il principio di diritto affermato a decisione che si annota, ricopia fedelmente l'affermazione contenuta nella .sione 2 marzo 1964, n. 475 pronunciata dal S. C. a Sez. Un. integralmente ~ritta in questa Rassegna, 1964, I, 567 con nota di CoRREALE (La costituzione di rutto nel trattamento di favare fiscale della l. n. 408 del 1949) a cui si rinvia un completo richiamo dei precedenti giurisprudenziali sul problema. La decie in rassegna non aggiunge alcun particolare argomento a quelli adottati con picacia dalla sentenza gi richiamata limitandosi a ribadire e a ria.ssumere Ili ivi svolti. Pi interessante la questione che potrebbe prospettarsi in relazione. ad .ne affermazioni contenute nelle citate pronuncie e cio se al momtinto della ;olidazione dell'usufrutto con la nuda propriet il proprietario possa godere in i di tassazione, a norma dell'art. 21 legge organica di registro, dei benefii, p~ei dalla I. n. 408 del 1949. Se si riconosce, come ha riconosciuto la pi volte ta sentenza n. 474 del 1964, che l'imposta di consolidazione ha natura complettare di quella riscossa in sede di registrazione del trasferimento della nuda Jriet, sembra che potrebbe trovare applicazione il beneficio dell'imposta ridotta risto dalla I. n. 408 del 1949 in sede di tassazione della consolidazione del1frutto con la nuda propriet. 210 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 febbraio 1965, n. 235 -Pres. Rossano -Est. Malftano -P.M. Raja -Finanze {avv. Stato Soprano) c. Rasponi Dalle Teste Nerino {avv. Visentini). Imposta straordinaria sul patrimonio Rettifica dell'accertamento a norma dell'art. 48 t.u. 9 maggio 1950, n. 203 Abrogazione Sussistenza. L'ultimo comma delrart. 5 della legge 5 gennaio 1956, n. 1, che dispone la soppressione del potere delle eammissioni distrettuali delle imposte {attribuito dalfort. 39 della legge 7 agosto 1936, n. 1639 e dagli artt. 43 del t.u. 24 agosto 1877, n. 4021, per l'imposta sui redditi di r.m. e dalrart. 98 del regolamento 11 luglio 1907, n. 560) di aumentare i redditi accertati dagli Uffici e di accertare i redditi e i cespiti omessi, ri-flette tutte le imposte dirette erariali, sia ordinarie che straordinarie, ed ha abrogato, quindi, anche il secondo comma delrart. 48 del t.u. 9 maggio 1950, n. 203, sull'imposta straordinaria sul patrimonio {1). (Omissis). -Con il primo motivo del ricorso incidentale, che per motivi di ordine logico va esaminato preliminarmente, si sostiene, tra raltro, che la Commissione centrale delle imposte avrebbe dovuto dchiarare la nullit degli accertamenti eseguiti d'ufficio dalla Commissione distrettuale delle imposte di Firenze con le deliberazioni del 17 aprile e del 30 ottobre 1956, in quanto la facolt di eseguire d'ufficio accertamenti non proposti dagli Uffici distrettuali delle imposte e di elevare le cifre di patrimonio fissate dagli Uffici medesimi o concordate (1) La decisione che si annota conferma l'interpretazione accolta dal S.G. con la decisione 24 febbraio 1964, n. 404 (riportata in questa Rivista 1964, I, 756 con ampia nota critica) in ordine all'art. 5 della 1. 5 gennaio 1956, n. 1. A giustificazione della soluzione accolta il S. C. richiama tre argomenti. Col primo sostanzialmente si afferma che l'art. 43 del t.u. 24 agosto 1877, n. 4021 costituirebbe la norma primigenia e nel contempo ispiratrice di tutto il sistema, essendo stata la stessa dispasizione estesa a tutte le altre imposte dirette attraverso richiami, espliciti o impliciti, onde l'abrogazione di essa (e delle sue successive modificazioni) disposta dall'art. 5 della I. n. 1 del 1956 importerebbe come conseguenza anche l'abrogazione delle norme comunque collegate. Con il secondo rilievo, di carattere teleologico-sistematico, si afferma che il fine della disposizione contenuta nel citato art. 5 sarebbe quello di eliminare ogni ingerenza di organi giurisdizionali nella sfera dell'Amministrane attiva, per cui tale principio sarebbe applicabile non solo alle disposizioni che riflettono le imposte sui redditi ma altres quelle che riguardano le imposte dirette sul patrimonio. Infine si rileva, sotto un profilo esegetico, che la collocazione dello stesso art. 5 (inserito tra le disposizioni generali sullo accertamento dei redditi anzich nel titolo V0 della legge sotto il quale posto l'art. 62 che indica le norme abrogate) renderebbe manifesto il suo carattere generale non legato alle finalit proprie PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 211 i contribuenti, attribuita alle Commissioni distrettuali dall'art. 48 t.u. delle disposizioni concernenti le imposte straordinarie sul patri1io, era stata soppressa dalla disposizione di cui all'ultimo comma art. 5 della I. 5 gennaio 1956, n. 1. La censura fondata. La questione se la soppressione disposta dall'ultimo comma del. 5 della legge n. 1 del 1956 della facolt concessa alle Commissioni :ettuali di aumentare i redditi accertati dagli Uffici e di accertare :lditi e i cespiti omessi riguardi anche l'imposta straordinaria prosiva sul patrimonio stata gi ampiamente esaminata da questa ~e Suprema con la sentenza n. 404 del 1964, nella quale stato :mato che tale soppressione riguarda tutte le imposte dirette eratjali narie e straordinarie, in esse compresa l'imposta straordinaria sul imonio. Invero, la circostanza che lart. 5 della legge n. 1 del 1956 si rife' soltanto all'art. 43 del t.u. approvato con il r.d. 24 agosto 1877, 021, non implica, come sostiene lAmministrazione resistente, che ::>ppressione con essa disposta riguardi soltanto le imposte erariali tte ordinarie. Come stato osservato nella citata sentenza, la facolt conferita Commissioni distrettuali dalla disposizione del 1877 in materia di Jsta di ricchezza mobile, correlativa ad analoga facolt prevista in i di imposta sui fabbricati dall'art. 41 del r.d. 24 agosto 1877, l024, non traeva origine dalla particolare natura della specifica :iria imponibile, s da potersi configurare in contrapposizione con L diversa regolamentazione della imposizione diretta statale, ma rea- legge in cui viene inserito. La critica a queste argomentazioni stata gi amente svolta nelle osservazioni contenute nella gi richiamata nota alla nza n. 404 del 1964. Non si pu qui non ribadire (anche se ormai non sembra che la Cassazione da mutare indirizzo) che nessuna delle ragioni sopra riassunte sembra esente da i critici. Non la prima, vuoi perch se vero che l'art. 43 del t.u. del 1877 sui redditi n. deve considerarsi la prima norma che ha attribuito alle Commissioni tribuil potere di aumentare il reddito accertato dagli Uffici, non pu tuttavia non trsi che tale disposizione non estensibile a tutto il sistema delle imposte :e e del loro accertamento, come dimostrato dal fatto che per renderl11. cabile, si reso necessario il richiamo espresso nell'ambito delle varie leggi ;:ilinanti i nuovi tributi; vuoi perch esistono dei tributi per cui la stessa Casne (sentenza 2 marzo 1964, n. 465 riportata per estratto in questa Rivista , 1, 554, e per esteso in Giust. civ., 1964, con nota di SANDULI.I; Note minime natura delle pronuncie delle Sezioni speciali delle Commissioni tributarie e . profi,tti di regime) ha riconosciuto che l'art. 5 non ha abrogato il potere di tamento attribuito alle Commissioni. Neppure pu ritenersi fondata la seconda ragione addotta nell'annotata sen t. La ratio dell'art. 5 della I. n .1 del 1956 non sembra potersi ravvisare nella RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO lizzava, tranne che per l'imposta sui terreni, ancorata al regime del catasto, una disciplina unitaria del sistema tributario allora vigente, dotata di una intrinseca capacit di espansione nell'ambito delle imposte dirette che sarebbero state successivamente istituite. Tale capacit, infatti, si concretamente manifestata nel richiamo dell'art. 98 del regolamento per l'imposta sui redditi di ricchezza mobile deli'll luglio 1907, n. 560 (contenente disposizioni circa la facolt da parte della Commissione distrettuale di aumentare d'ufficio i redditi) sia in norme di carattere generale che hanno investito l'intero normale sistema tributario o parti essenziali di esso (art. 39 r.d.l. 7 agosto 1936. n. 1639, sulla riforma degli ordinamenti tributari, art. 31 r.d. 8 luglio 1937, n. 1716, relativo alla costituzione e al funzionamento delle Commissioni per le imposte dirette e indirette sugli affari), sia in norme concernenti l'istituzione di imposte di carattere straordinario {art. 13 r.d. 3 giugno 1943, n. 598; in materia di imposta straordinaria sui maggiori utili di guerra, art. 15 r.d.l. 27 maggio 1946, n. 436, sull'avocazione dei profitti di guerra e di quelli eccezionali di speculazione, art. 46 d.l.C.P.S. 29 marzo 1947, n. 143). Ora, anche l'art. 48 del t.u. n. 203 del 1950, contenente le disposizioni relative alle imposte straordinarie sul patrimonio, la estrinsecazione di quella capacit espansiva della facolt conferita alla Commissione distrettuale dalla norma del 1877, in quanto esso, al terzo comma, contiene un richiamo all'art. 15 del r.d.l. 27 maggio 1946, n. 436, cio, a una norma che a sua volta, proprio in tema di facolt di accertamnto e di aumento di redditi, si ricollega espressamente all'art. 98 del regolamento per lesecuzione dell'imposta sui redditi di ricchezza mobile. Da questo collegamento tra la disposizione dell'art. 43 della legge n. 4021 del 1877 e le successive norme concernenti la facolt della Commissione distrettuale di aumentare i redditi accertati e di accertare i redditi e i cespit;i o~~ssi deriva che il riferimento al citato art. 43, con- finalit di sottrarre alle Commissioni tributarie ogni attivit di amministrazione, perch in tal caso non si giustificherebbe il primo comma dello stesso articolo che fa obbligo alle Commissioni di sospendere il giudizio rimettendo gli atti agli Uffici quando vengano a conoscenza di elementi che rendono opportuna l'integrazione dell'accertamento, ma piuttosto in 1,ma riorganizzazione di tutto il sistema tributario attribuendo esclusivamente agli Uffici (che, per essere dotati di particolari poteri e dell'ausilio di speciali organi sono in grado di provvedere ad un pi spedito accertamento dei nuovi valori) la determinazione dell'entit del valore tassabile, e per consentire, anche in tale sede, quel " dialogo ,, o collaborazione tra Amministrazione e contribuente {forse non ritenuta possibile in sede di Commissione) a cui ispirata la riforma introdotta dalle leggi sulle imposte dirette. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA , 218 ilo nelfart. 5 della legge n. 1 del 1956, va inteso non come una tazione della soppressione della cennata facolt alla materia rela all'imposta di ricchezza mobile, ma come un richiamo, attraverso torma primigenia, di tutte le disposizioni con essa collegate. Devono, quindi, ritenersi caducate tutte quelle norme che, mette richiamo della norma specifica o dei principi gnerali r~lativi mposta di ricchezza mobile abbiano esteso all'accertamento di altri llti diretti erariali la disposizione di cui all'art. 43 della legge 1877. N il carattere straordinario e temporaneo dell'imposta sul patritio pu essere addotto come argomento a favore. della tesi sostenuta 'Amministrazione delle finanze perch, come si rilevato innanzi, ile leggi istitutive di imposizioni fiscali straordinarie contengono, in aa diretta o indiretta, il richiamo al t.u. delle leggi per l'imposta di hezza mobile del 1877. Ma, come stato rilevato da questa Corte nella citata sentenza, argomento decisivo a favore dell'applicabilit della soppressione osta con f art. 5 della legge n. 1 del 1956 a tutte le imposte erariali ilte va desunto dalla ratio di questa norma. Invero, con essa, il legislatore ha voluto eliminare f ingerenza di mi giurisdizionali, come "le Commissioni tributarie, nella sfera di me dell'amministrazione attiva. Ora, poich tale ratio sussiste non solo per l'imposta di ricchezza lile, ma anche per le altre imposte dirette, ordinarie e straordinarie, le quali la legge conferisce alle Commissioni tributarie la facolt mmentare i redditi o accertare i redditi o i cespiti omessi, appare lente che la soppressione di tale facolt riguardi tutte le imposte ~tte ordinarie e straordinarie e, quindi, anche l'imposta straordinaria gressiva sul patrimonio. Siffatta interpretazione, infine, trova conferma in un rilievo di :i.ttere esegetico. Nel sistema della legge n. 1 del 1956, invero, la D'altronde se fosse vero che le funzioni di amministrazione non sono compai con la attivit giurisdizionale, non si spiegherebbe la permanenza del potere ccertamento nelle stesse Commissioni quando pronunciano in materie di imposte rette (v. art. 2 r.d.l. 5 marzo 1942, n. 186 in materia di registro e art. 18 3 maggio 1948, n. 799 per l'I.G.E.). Non sembra, infine, che possa condividersi l'argomento esegetico che si vorJe trarre dalla collocazione dell'art. 5 tra le disposizioni generali della l. n. l, 6, perch, come risulta dal titolo della stessa legge, la sua eventuale generalit tterebbe comunque soltanto il sistema di tassazione dei redditi e non pure le oste sul patrimonio. A. Rossi 214 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO disposizione abrogativa della facolt conferita alla Commissione distrettuale collocata nel titolo primo contenente le disposizioni generali sulla dichiarazione e sull'accertamento dei redditi, anzich nel titolo quinto, sotto il quale posto l'art. 62, che indica varie disposizioni abrogate per effetto della nuova legge. La Commissione centrale, quindi, avrebbe dovuto dichiarare nulli gli accertamenti di valore dei titoli azionari eseguiti d'ufficio nei confronti del Rasponi dalla Commissione distrettuale delle imposte di Firenze con le deliberazioni del 17 aprile e del 30 ottobre 1956, essendo stata in quell'epoca gi soppressa la facolt di accertamento conferita alle Commissioni distrettuali. Consegue che si deve accogliere, per quanto di ragione, il primo motivo del ricorso incidentale e dichiarare assorbite le altre censure proposte con il ricorso medesimo e con il ricorso principale, cassare la decisione impugnata in relazione alla censura accolta e rinviare la controversia per nuovo esame alla Commissione centrale, la quale si uniformer al seguente principio: la soppressione disposta con l'ul-. timo comma dell'art. 5 della 1. 5 gennaio 1956, n. 1, della facolt concessa alle Commissioni distrettuali delle imposte dall'art. 39 della 1. 7 agosto 1936, n. 1639, e dagli artt. 43 del t.u. 24 agosto 1877, n. 4021, delle leggi per l'imposta sui redditi di ricchezza mobile e 98 del regolamento per tale imposta approvato con il r.d. 11 luglio 1907, n. 560, di aumentare i redditi accertati dagli uffici e accertare i redditi e i cespiti omessi riguarda tutte le imposte dirette erariali ordinarie e straordinarie, in esse compresa l'imposta straordinaria progressiva sul patrimonio. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 22 febbraio 1965, n. 293 -Pres. Pece -Est. Gambogi -P.M. Tuttolomondo (diff.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Cavalli) c. A.T.A.C. (avv. Precone). Imposta di registro -Contratti riguardanti provviste di materiali per l'esercizio di filovie -Agevolazione fiscale ex art. 2, lett. d), legge 19 giugno 1940, n. 840 -Presupposti. (I. 19 giugno 1940, n. 840, art. 2, lett. d). Godono del beneficio della registrazione a tassa fissa anche gli atti riguardanti le provviste di materiali concernenti sia l'impianto che l'esercizio di filovie, compreso in questa seconda ipotesi tutto ci che pu occorrere per le vetture a mezzo delle quali la linea si esercita. Restano, invece, esclusi dal beneficio i contratti nei quali la provvista PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 215 riateriali si presenti esclusivamente quale elemento marginale per tazioni di altro genere {come, ad esempio, nel caso del materiale ~tualmente occorrente nella esecuzione di un appalto per la pulizia 3 vetture -fi,loviarie) (1) {Omissis). -L'Amministrazione ricorrente denunzia la violazione art. 2, lett. d), della l. 19 giugno 1940, n. 840, recante agevolazioni 1tarie per fimpianto e l'esercizio di filovie, in relazione all'art. 14 ~ preleggi e 360 n. S c.p.c., sostenendo: a) che detta norma del2, lett. d) della legge si riferisce soltanto alle prowiste dei matenecessari per l'impianto elettrico e non anche alle provviste dei ~riali occorrenti per le vetture filoviarie destinate ali'esercizio della t; b) che, comunque, le provviste di materiali previste da un con o di appalto avente per oggetto una obbligazione di fare non rano nella ipotesi di legge. Entrambi gli argomenti cos prospettati sono infondati. Per accogliere il primo assunto bisognerebbe ritenere che lart. 2, d), contenesse benefci fscali riservati a contratti attinenti all'imto delle flovie, essendo invece contenuti in altri articoli della legge 11efci concernenti lesercizio. Ora, se vero che vi sono, nella legge a, articoli e capoversi che possono riferirsi solamente all'esercizio L linea (e cio, ad esempio, l'art. 1 che esonera le flovie urbane L tassa di trasporto, la lett. b dell'art. 2 che concede la registrazione ;sa fssa delle concessioni e subconcessioni di esercizio) non per la proposizione reciproca, che cio la lett. d) dello stesso art. 2 enga solamente agevolazioni per contratti attinenti all'impianto rico. Infatti la norma di cui sopra, tra le provviste, menziona espresmte (sia pure per escludere, in questo caso, il benefcio) la prov di energia elettrica, fornitura questa che certo non potrebbe con arsi una spesa di impianto, evidentemente attenendo all'esercizio t filovia e costituendo, anzi, una spesa primaria di tale esercizio. (1) La Suprema Corte, uniformandosi alle due precedenti sentenze n. 291 292, ha ritenuto che il beneficio della registrazione a tassa fissa concerne non 1to le provviste di materiali necessarie per l'impianto di filovie, come la fordone letterale della lettera d) dell'art. 2 della legge 19 giugno 1940, n. 840 rebbe a ritenere, ma altresl quelle concerenti l'esercizio di filovie. Fissata in tali termini la portata della norma, ne consegue che si deve diver1te orientare l'indagine per determinare la disciplina tributaria cni debbono :tare gli appalti per la manutenzione delle vetture filoviarie, per la revisione ale di queste, ecc. Il beneficio tributario previsto dalla lettera d) dell'art. 2 legge 19 giugno 1940, n. 840, dovr applicarsi se in quanto, secondo il ero della Suprema Corte, le provviste dei materiali per lesercizio delle filovie prevalenti rispetto alla prestazione di mano d'opera strumentale e necesnente collegate alla fornitura del materiale inerente all'esercizio delle filovie. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Se quindi, il testo della legge considera provvista di materiali la fornitura di energia, sia pure, ripetesi, per escluderla dal beneficio, non si pu ritenere che l'espressione del testo stesso concerna solo la provvista di materiali necessari per l'impianto di filovie. L'interpretazione restrittiva prospettata dalla Finanza deve pertanto essere respinta e deve essere affermato che godono del beneficio della registrazione a tassa fissa anche gli atti riguardanti le provviste di materiali concernenti sia l'impianto che l'esercizio di filovie, compreso in questa seconda ipotesi tutto ci che pu occorrere per le vetture a mezzo delle quali la linea si esercita. Ci posto, deve rigettarsi anche l'altra eccezione della Finanza. Infatti, poich la legge vuole che tutte le provviste di materiali, nel senso sopra precisato, godano dell'agevolazione, sarebbe contrario al principio ubi lex non distinxit ritenere che lagevolazione stessa non spetti quando alla provvista di materiali si accompagni, in conseguenza dello stesso contratto, una prestazione di mano d'opera strumentalmente e necessariamente collegata alla fornitura dei materiali inerente all'esercizio della filovia. Resteranno, invece, esclusi dal beneficio i contratti nei quali la provvista di materie si presenti esclusivamente quale elemento marginale per prestazioni di altro genere; come, ad esempio, nel caso del materiale eventualmente occorrente nella esecuzione di un appalto per la pulizia delle vetture filoviarie, od in altre ipotesi del genere. ~ necessario, poi, precisare che, attesa la specifica disciplina fiscale dettata per la materia in esame dalle disposizioni della legge n. 840 del 1940, tali disposizioni debbono prevalere anche su quelle della legge n. 771 del 1941 relativa alla registrazione dei contratti cc comprendenti fornitura di materie, merci o prodotti e prestazione d'opera. Ma, principalmente, dalla specialit delle norme contenute nella legge 840 del 1940 consegue la non applicabilit agli atti relativi all'impianto ed all'esercizio di filovie del principio generale di cui all'art. 9 della legge organica di registro, il quale postula, in entrambi i suoi comma, il presupposto della mancanza, nelle leggi fiscali, di una esplicita previsione unitaria della disposizione da assoggettarsi a tassa; ci che avviene, invece, per la norma di legge in esame. Posti questi principi di. diritto, poich nella specie pacifico che la Commissione Provinciale ha ritenuto, con decisione incensurabile in sede di controllo di legittimit ed immune da vizi logici o giuridici, che con i contratti de quibus fu fatta all'A.T.A.C. ampia fornitura di materiali elettrici, sia pure posti in opera dalla ditta fornitrice per effetto dei contratti medesimi, si ha quanto basta per ritenere che il beneficio fiscale spetta e che pertanto la decisione impugnata sfugge ad ogni censura. Il ricorso della Finanza deve essere quindi respinto. -(Omissis). PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 217 ~TE DI CASSAZIONE, Sez. I, 24 febbraio 1965, n. 305 -Pres. Pece Est. Alliney -P.M. Majo -Ministero Finanze (avv. Stato Coronas) c. Societ Solvay (avv. Dedin). 1osta di registro -Atto di legittimazione all'utilizzazione di materie costituenti genere di monopolio -Applicazione del l'imposta fissa di registro. L'atto con cui il concessionario di una miniera viene legittimatostrazione e utilizzazione di materie appartenenti al genere di priua fiscale non costitutivo di un diritto {gi insito nella concessione '1 miniera) e, quindi, non assoggettabile all'impost proporzionale egistro (1). {Omissis). -Ritiene questo Supremo Collegio che, sul punto in ne la decisione impugnata non giustifichi le critiche espresse dalla rrente. In virt del r.d.l. 29 luglio 1927, n. 1443, furono devoluti allo Stato, ando a far parte del suo patrimonio indisponibile, tutti i giacimenti erari. Allo scopo, tuttavia, di attenuare il pregiudizio subito dai preceti proprietari, venne data agli stessi la possibilit di conseguire in letuo la concessione esclusiva per Io sfruttamento delle miniere gi lro propriet -quale che ne fossero le materie da estrarre -verso ispettivo di un canone (art. 54 r.d.I: citato). (1) La suprema Corte, nella sentenza pubblicata nel testo, ha ritenuto di dover ngere la t\')si dell'Amministrazione onde evitare il verificarsi di una lesiva duplime dell'imposta. Secondo la Corte la circostanza che nella fattispecie fosse necessaria l'emanae di due distinti atti amministrativi, l'uno di concessione della miniera, l'altro tilizzazione dei prodotti appartenenti al genere di privativa fiscale, non giustia la soggezione di enlrambi gli atti all'imposta proporzionale di registro poich, L sostanza, un solo bene veniva dato in concessione e, quindi, una sola poteva e l'imposta di trasferimento. La logicit della proposizione solo apparente. Con i due atti non una ma distinte facolt venivano concesse alla societ. Con il primo la competente rit amministrativa, nell'esercizio della sua esclusiva attribuzione, dava in conone la miniera. Con il secondo l'organo unico legittimato a disporre dei beni 1onopolio attribuiva alla societ la facolt di appropriarsi dei beni stessi per ~zarli iure privatorum. Si tratta, come d immediata evidenza, di due organi tinistrativi, tra di loro completamente autonomi, che agiscono ciascuno nella 1ria sfera di competenza , per ladempimento di proprie specifiche funzioni. li un piano strettamente amministrativo gli atti posti in essere dai due organi ' in s compiuti e perfetti. L'errore della Suprema Corte consiste nell'aver adrato la questione sotto un angolo visuale tecnico-economico e non formaleldico. Sotto il primo profilo i due atti sono necessari e, nel contempo, com 218 R.\SSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO In applicazione di tale norma, con due distinti atti in data 2 dicembre 1932, alla Solvay fu concesso dal cessato Ministero delle Corporazioni -ora Ministero dell'Industria e Commercio -di sfruttare in perpetuo, rispettivamente, le miniere di Burlano e Ponte Ginori, gi di sua propriet. Entrambi gli atti, con i quali si oper a favore della Solvay, secondo la previsione dell'art. 1 della tariffa all. A della legge di registro, il trasferimento del diritto di escavare e di prendere materie dalle miniere datele in perpetua concessione, furono a suo tempo regolarmente registrati, scontando faliquota stabilita dall'art. 1 della citata tariffa. Dato per che la materia (sale) da estrarre dalle predette miniere costituisce un genere di privativa fiscale -s che l'esercizio della facolt derivante dalla concessione veniva a trovare un limite nel regime di monopolio istituito per detto genere -si rese successivamente necessario un provvedimento autorizzativo dell'Ammin~strazione dei Monopoli di Stato, provvedimento contenuto da ultimo nell'atto del 28 maggio 1951 col quale, aggiornati i canoni in precedenza stabiliti, la Solvay fu autorizzata, per i propri fini industriali, alla estrazione di acque salse dalle anzidette miniere. Tutto ci considerato, la tesi essenziale dell'Amministrazione finanziaria -secondo cui latto in contestazione avrebbe costituito, a favore della Solvay, il diritto di escavare e prendere materie dalle miniere datele in concessione -non pu essere condivisa. Un simile diritto, considerato nel suo contenuto sostanziale, era gi entrato nel patrimonio della Solvay per effetto della concessione plementari; dal loro collegamento si ottiene il risultato economico voluto. Ma sotto il secondo profilo non nel giusto la Corte quando sostiene che il concorso dei due organi si rende necessario per il funzionamento dell'atto di concessione. L'atto di concessione della miniera atto di per s pienamente valido e perfetto, immediatamente attributivo di alcuni poteri nel concessionario. :B il contenuto economico della concessione che, per la particolare natura della miniera, non pu realizzarsi senza l'ulteriore intervento dell'altro organo il quale conferisce al concessionario ulteriori diversi poteri che, integrandosi con i primi, danno una concreta e pratica determinazione della concessione. La sentenza degrada quest'ultimo intervento, attributivo di facolt dispositive prima carenti nel concessionario, a mero atto permissivo. Questa degradazione avviene senza che se ne dia una motivazione adeguata, senza che si affronti specificamente il punto della natura, della forza costitutiva dell'atto di legittimazione. Ci si limita a dire che l'atto di legittimazione rimuove un limite, imprime piena efficacia al diritto gi costituito dalla concessione mineraria, ma sono affermaziohl non sufficientemente motivate e che non si sostengono da sole. La categoria di atti amministrativi, cui implicitamente fa riferimento la Corte, comprende una serie di provvedimenti che per definizione agiscono su facolt estranee a settori in dominio dell'Amministrazione, come per lappunto i provve PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 219 ntitale dal competente Ministero. Se cos non fosse, sarebbe arduo viduare loggetto di tale concessione e inesplicabile la causa del tamento fiscale a cui la stessa fu assoggettata in sede di registra. e. Solo occorreva, perch quel diritto divenisse operante, perch ~, in altri termini, possibile alla Solvay l'esercizio dell'attivit estratcostituente loggetto della pregressa concessione, che intervenisse 'era condicio juris -il provvedimento permissivo dell'Amministrae dei Monopoli, volto a rimuovere il limite posto dalla legge fiscale libera esplicazione di tale attivit. Uatto del 28 maggio 1951 non ha perci creato un diritto che gi esistesse, ma ha impresso piena efficacia al diritto gi costituito organo che, solo, aveva il potere di assentirlo mediante la partire concessione prevista dalla legge. La specialit della materia -alla quale sono interessate due die sfere di competenza -fa s che, quando oggetto della concessione ~raria sono materie sottoposte a privativa fscale, si renda necessario, il perfezionamento delfatto di concessione, il concorso di due organi rinistrativi -del Ministero, cio, dell'Industria e Commercio e delministrazione dei Monopoli di Stato -ma ci non toglie che, uno ido il bene dato in concessione, una debba essere l'imposta di tramento che l'atto comporta, per sua natura, a norma dell'art. 1 della :a all. A della legge organica di registro. E poich nella specie latto di concessione, concernente i giaciti minerari di cui si discute, ha scontato la detta imposta, ne mde che bene la Corte d'Appello ha ritenuto che l'atto del 28 magl951 fosse soltanto soggetto a imposta fissa di registro. -(Omissis). iti autorizzativi, abilitativi e licenze. Ma nella fattispecie ratto dell'organo nistrativo conferisce al privato delle facolt di cui essa amministrazione ha tsiva disposizione, del che non si pu dubitare trattandosi di beni apparte a privative fiscali . .Prima dell'atto attributivo nessun potere competeva al pri in relazione a detti beni, soggetti ad un regime giuridico peculiare che li le, in quanto tali, da ogni rapporto privatistico. L'atto dell'Amministrazione dei Monopoli conferisce al privato un potere che gli era escluso in senso assoluto, gli concede l'apprensione di beni extra .ercium, lo investe di una legittimit e di una titolarit prima inesistenti. N ~ attribuzioni potevano anche solo condizionatamente essere conferite dal nio Minerario attraverso la concessione della miniera per l'evidente ragione nche il Demanio sprovvisto di qualsiasi potere in relazione ai prodotti del uolo costituenti generi di monopolio. [ndipendentemente da ogni definizione o classificazione dell'atto dell'Ammi done dei Monopoli, del tutto sufficiente e determinante, ai fini fiscali, to dell'atto, cio il risultato pratico che con esso si raggiunge: l'attribuzione rnto della facolt, prima inesistente, di escavare e prendere materie da miniere L della tariffa ali. A della legge di registro). GIANCARLO FERRERO RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE D'APPELLO DI ROMA, Sez. I, 30 dicembre 1964, n. 2504 - Pres. Ciaccio -Est. Mazzacane -Amministrazione Finanze (avv. Stato Coronas) c. De Paolis Aurelio (avv. O. Spezzano). Imposta di registro -Concessione di enfiteusi -Valore imponibile -Accertamento di congruit del canone enfiteutico pattuito Legittimit. (l. 30 dicembre 1923, n. 3268, art. 28, primo comma; r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639). Nella concessione di enfiteusi, l'imposta di registro va commisurata, con il criterio delfart. 28, primo comma, legge di registro, al valore accertato congruo {in base agli artt. 15 e 20 del r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639) del canone enfiteutico pattuito (1). (Omissis). -Invero, tale norma \l'art. 28, comma primo, della legge di registro) non deroga al principio generale della valutazione del valore venale, in comune commercio, dei diritti trasferiti, ma si limita ad indicare un metodo per liquidazione in sede di registrazione dell'atto per evitare lunghe indagini. Ci confermato, come osserva esattamente lAmministrazione delle Finanze, dalla considerazione che nel citato art. 28 il legislatore ha usato la frase la tassa proporzionale applicata diversa da quella "le tasse sono commisurate, adoperata nel succesisvo art. 30, e ancora, (1) La Corte d'Appello di Roma, con la sentenza in nota (cfr. in senso conforme Appello Roma, I sez., 16 gennaio 1965, n. 84, Pascucci c. Finanze, Pres. Margiarato, Est. Colapinto) ha chiarito la portata giuridica del primo comma dell'art. 28 della legge di registro, ponendo tale disposizione, in chiave, con le norme di carattere generale per cui le imposte di successione e di registro debbono essere commisurate sul valore venale in comune commercio dei beni o diritti reali trasferiti. Sembra non dubbio che la legge di registro, con la citata disposizione dell'art. 28, non abbia inteso derogare al principio generale che impone la ricerca del valore venale, in comune commercio, dei diritti trasferiti, ma abbia solamente indicato un metodo per la liquidazione, avente lo scopo di soccorrere, in sede di registrazione dell'atto, gli Uffici tenuti all'adempimento delle formalit entro il brevissimo termine di tre giorni (art. 88 legge registro), senza cio, ricorrere ad indagini, talvolta lunghe e laboriose, per stabilire l'iniporto al quale applicare subito la tassa al momento della registrazione. Ci ha una riprova, sia nella considerazione che nel citato art. 28 il legislatore ha usato la dizione " la tassa proporzionale applicata ,, in contrapposto a quella " le tasse sono commisurate , adoperata nel successivo art. 30 e, poi, nell'art. 15 del r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639; sia nella considerazione che la norma del ripetuto art. 28 fa parte di quel gruppo di disposizioni dettate dal legislatore per fornire al procuratore del registro un pronto criterio per la tassazione degli atti contemplati dalle stesse disposizioni, al momento della registrazione. Consegue, da quanto detto, che i ripetuti artt. 28 e 30, avendo una finalit PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 221 'art. 15 del r.d.l. 7 agosto 1936. Conseguentemente gli artt. 28 e 30, iti contenuto e finalit diverse, si integrano vicendevolmente e conono l'attuazione del principio informatore della legge di registro, cui la tassa va commisurata al valore venale in comune commercio diritti trasfer ti. Deve aggiungersi che il valore del canone enfiteutico convenuto corrispettivo della cessione di un diritto reale (utile dominio) e, .e tale, ai sensi degli artt. 30 legge di regiStro e 15, 20 r.d.l. 7 ago1936, n. 1639, assoggettato al principio generale della commisu) ne dell'imposta al valore venale in comune commercio. La circoza che l'art. 28 (certamente non abrogato dall'art. 15 citato) ponga norma particolare per la determinazione dell'imponibile nei casi oncessione di enfiteusi non rilevante, ai fini della tesi co:.traria, h deve escludersi la incompatibilit fra le due norme, considerato il canone enfiteutico ha stessa natura del prezzo di compravendita. Pertanto "tale canone ben pu essere sottoposto all'accertamento :ongruit, e l'imponibile pu essere determinato secondo le dispomi dell'art. 28 legge di reg1::.lro. Pertanto, l'appello deve essere accolto, e, in parziale riforma della enza impugnata, deve dichiararsi che nella concessione enfiteutica cui causa, l'imposta va commisurata, con il criterio dell'art. 28, 10 comma, legge di registro, al valore accertato congruo (in base artt. 15 e 20 del r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639) del canone enfiteutico uito. -{Omissis). sa, possono integrarsi l'un l'altro e consentire, mediante l'applicazione di mbi, l'attuazione pratica del principio generale cui informata la legge del :ro, secondo il quale la imposta va commisurata al valore venale in comune iercio dei diritti trasferiti. !:esattezza della decisione della Corte d'Appello risulta confermata anche tltra via. Il valore del canone enfiteutico convenuto altro non che il corrispettivo cessione di un diritto reale (utile dominio) e, come tale, ai sensi degli arti10 legge di registro e 15, 20 r.d.L 7 agosto 1936, n. 1639, non pu sottrarsi al ipio generale della commisurazione dell'imposta al valore venale in comune iercio. :I;; vero che l'art. 28 della legge di registro contiene una norma particolare a determinazione dell'imponibile nei casi di concessione di enfiteusi, e che articolo .non pu considerarsi abrogato della nonna generale dell'art. 15 del r.d.l. del 1936; ma, in sostanza, considerato che il canone enfiteutico ha ~ssa natura e funzione del prezzo della compravendita, la nonna generale dsulta incompatibile con la norma particolare. Nulla vieta, infatti, che il canone venga sottoposto all'accertamento di con~. e che poi l'imponibile venga determinato secondo le disposizioni dell'art. 28 legge di registro. Cos, come nella sentenza in nota, ha deciso la Corte >elio di Roma. U. CORONAS SEZIONE SESTA GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE PUBBLICHE, APPALTI E FORNITURE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 22 dicembre 1964, n. 2968 -Pres. Pece -Est. Straniero -P.M. Tavolaro -Ministero Difesa-Aeronautica (avv. Stato Carbone) c. Soc. Sartorio .(avv. Dente). Arbitrato M~cata approvazione del collaudo Improponibilit. (r.d. 17 marzo 1936; n. 366, art. 54; r.d. 17 marzo 1932, n. 385, art. 97). La domanda arbitrale improponibile, prima del( approvazione del collaudo. In tale caso, reventuale lodo nullo per incompetenza degli arbitri (1). (Omissis). -Col primo motivo del ricorso il Ministero denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 829 n. 4 e 360 n. 2 c.p.c. in relazione all'art. 54 delle condizioni generali per l'appalto dei lavori del Genio militare approvate con r.d. 17 marzo 1936, n. 366 ed all'articolo 97 del regolamento per i lavori del Genio militare approvato con r.d. 17 marzo 1932, n. 365. (1) In questa Rassegna (1964, 1178, si ricordato, che traendo la competenza arbitrale fondamento dalla clausola compromissoria (secondo cui sono devolute alla cognizione degli arbitri le controversie, solo dopo lesame amministrativo e I'approvazione del collaudo), tali formalit hanno natura di presupposti processuali, condizionando lo stesso esercizio del potere decisorio. Di qui l'improponibilit del1' arbitrato prima delle ripetute formalit, anche di fronte a ritardo dell' Amministrazione, e nonostante leventuale messa in mora della stessa. L'unico rimedio, in casi del genere, quello suggerito dalla Cassazione nella sentenza 11 aprile 1963, n. 927 (Foro it., 1963, I, 1143); e cio il ricorso al giudice per ottenere ai sensi dell'art. 1183 e.e., la dichiarazione dell'obbligo dell'Amministrazione di procedere entro termine congruo e da determinare, alle formalit pi volte dette. La decisione riportata, si occupata della questione in via implicita, e sotto il peculiare profilo dell'ammissibilit in fase di impugnazione {ristretta ai soli vizi di violazione di legge) della relativa censura. Ed esattamente ha ritenuto che questa ipotizzava un errore in procedendo, che -se sussistente -sarebbe stato fonte di evidente nullit dell'intera attivit arbitrale . j PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI E FORNITURE 223 La censura investe la decisione negativa della Corte in ordine alla z:ione pregiudiziale di improponibilit della domanda di arbitrato. eccezione, sollevata dal Ministero sotto il profilo che la domanda esima non era stata preceduta da una pronuncia delfAmministra~ sulle riserve inserite nel conto finale, malgrado la necessit di preventiva statuizione in via amministrativa dovesse trarsi dal: iuivocabile dizione del richiamato art. 54, fu rigettata dal Col~ arbitrale perch quest'ultimo aveva sostanzialmente ritenuto che enunciata morosit dell'Amministrazione rispetto al suo obbligo di edere al collaudo entro il termine massimo di un anno dalla ultilone dei lavori, malgrado vi fosse anche stata formalmente diffidata, ensasse l'impresa dalfonere di sottostare ad un procedimento ammiativo che presupponeva inequivocabilmente l'esecuzione del col o e che, in ogni caso, il procedimento medesimo non fosse da iderarsi assolutamente pregiudiziale se l'art. fY7 del richiamato regomto consente di proporre la domanda di arbitrato quando risulti ro che le trattative in via amministrativa sa;rebbero state infruttuose. Il Ministero, a sua volta, impugn il lodo, ribadendo, fra laltro, :mtrasto alle ragioni di dispensa dall'onere o di concreta irrilevanza .uest'ultimo dedotte dagli arbitri, la sua tesi che il collaudo dalla e assunto a condizione di proponibilit della domanda di arbitrato te; di conseguenza, il suo difetto importa nullit del lodo che sia, malgrado, emesso perch, in tal caso, sarebbe esso pronunciato dei limiti della clausola compromissoria in violazione della norma ui all'art. 829 n. 4 c.p.c. La Corte d'Appello di Roma rigett, peraltro, l'impugnazione, rilelo anzitutto che gli arbitri non avevano pronunciato fuor dei limiti l clausola, in quanto avevano deciso soltanto contestazioni sulla pestivit della domanda di arbitrato, una questione, cio, che atte1 all'accertamento dei limiti della propria competenza e, sotto tal lo, rientrava nei loro poteri decisori e, in secondo luogo, che le oni poste a base della pronuncia affermativa di competenza non ivano essere riesaminate, perch qualsiasi eventuale errore si sarebbe ~retato in un error in judicando, insindacabile in sede di impugna1e per nullit. Ora, ci premesso, non pu esservi dubbio che le censure del ricore, inquadrate che siano nella situazione di fatto e processuale dianzi >sta, si rivelino sostanzialmente fondate. Posto che il potere decisorio degli arbitri traeva esclusivo fondatto dalla clausola compromissoria che loro devolveva la cognizione e controversie fra Amministrazione ed impresa appaltatrice che fossero state risolute in via amministrativa e che nel quadro della slazione in materia di appalti di lavori pubblici ovvero, pi speci 224 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ficamente di appalto del Genio militare, il procedimento amministrativo assumeva, in relazione al prospettato richiamo alla risoluzione preventiva, carattere di obbligatoriet e natura di presupposto processuale obiettivo, laccertamento sia del verificarsi nel caso concreto di detto presupposto sia, in mancanza, della identificabilit di una qualsiasi situazione nella quale potessero eventualmente ravvisarsi estremi atti a determinare una legittima deroga al rigore del principio, costituiva. certamente un potere-dovere degli arbitri, che costoro, essendo sorta. contestazione fra le parti, dovevano necessariamente esercitare in limine litis, perch qualsiasi valutazione del merito dei quesiti presupponeva. inequivocabilmente la soluzione affermativa, sotto l'uno o l'altro profilo, della indagine. Ma se ci , se, in altri termini, si tratta di una questione relativa ad un elemento che decisamente concorreva ad identificare e giustificare la competenza arbitrale e di riflesso, la legittimit del procedimento che da detta competenza traeva ovviamente ragion d'essere e fondamento, non vi dubbio che l'addebito, mosso dal Ministeroagli arbitri, di avere emesso il lodo senza che si fosse maturata una situazione processuale comunque identificabile quale condizione per il legittimo esercizio nel caso concreto del potere decisorio in astratto attribuito dalla clausola compromissoria per le controversie future riferibili al contratto di appalto de quo, costituiva in realt addebito di un errar in procedendo, fonte, a sua volta, se accertato, di evidente nullit dell'intera attivit arbitrale, conclusasi nel lodo impugnato. (Omissis). CORTE D'APPELLO DI NAPOLI, I Sez. Civ., 19 gennaio 1965, n. 21 -Pres. Avitable ~ Est. Simonclli -Istituto Autonomo Case Popolari per la Provincia di Napoli {avv. Giliberti) e Gestione Case per Lavoratori {avv. Stato Carusi) c. Impresa Domenico De Luca (avv.ti Musella, Ambrosia). Appalto -Appalto di opere pubbliche -Incarico della costruzione di case per lavoratori conferito dalla Gestione INA-Casa ad Istituto autonomo per le case popolari -Contratto d'appalto stipulato dall'ente concessionario con impresa privata' -Richiamo delle disposizioni del Capitolato generale della Gestione INA-Casa nel testo anteriore all'edizione 1958, contenente a sua volta generico richiamo di quelle del Capitolato generale oo.pp. 1895 -Inammissibilit del jus superveniens>> in ordine alla impugnabilit della pronuncia arbitrale per mancata osservanza delle regole di diritto disposta dal nuovo Capitolato generale oo.pp. 1962. {I. 28 febbraio 1949, n. 43, art. 11; d.P.R. 22 giugno 1949, n. 340, art. 6;; d.P.R. 9 aprile 1956, n. 1265, art. 6). PARTE I, SEZ. Vl, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI E FORNITURE 225 L'art. 23 del Capitolato generale per gli appalti della Gestione l-Casa, prima di apposita modifica apportatavi nel 1958, nulla preeva circa l'impugnabilit del lodo arbitrale per mancata osservanza e regole di diritto, epper, dovendo l'art. 49 del Capitolato generale gli appalti delle opere dipendenti dal Ministero dei Lavori Pubblici 1895, per effetto del rinvio alle norme di quest'ultimo operato dal'. 101 del Capitolato generale della Gestione INA-Casa, per tutto nto da esso non disciplinato, considerarsi parte integrante del. conto aappdlto per la costruzione di edifici INA-Casa, stipulato fra un ~uto Autonomo Case Popolari, stazione appaltante, ed un'impresa ~ostruzioni edilizie con richiamo delle norme del Capitolato della tione, nel testo antecedente alla modifica del 1958, non ammisle rimpugnazione del lodo arbitrale per maru.;ata osservanza delle 1le di diritto, anche se, nel frattempo, sia entrato in vigore il nuovo 1itolato generale oo.pp., che tale impugnazione espressamente am: te, secondo la regola fissata dall'art. 829, ultimo comma, c.p.c. (1). (Omissis). -Il terzo motivo di impugnazione con cui l'Istituto onomo per le Case Ppolari e la Gestione Case per i Lavoratori unziano, ai sensi dell'art. 829, secondo comma, c.p.c., la violazione, parte degli arbitri di norme di diritto, riguarda censure che questa te non pu esaminare nel merito, dato che trattasi di lodo che .non Jggetto ad impugnazione sotto il profilo delle anzidette violazioni: citata disposizione del codice di rito precisa, infatti, che l'impugna~ (1) Spunti in tema .di efficacia regolamentare del Capitolat terale oo.pp. e di rinvio alle sue norme. I. -L'insegnamento della Corte d'Appello napoletana non convince. Se, c01.e . .cava dalla concisa motivazione della sentenza annotata, le norme del capit0Iat9 irale dell'allora Gestione INA-Casa, con tutte quelle, richiamate, del Capitolato ~raie oo.pp., dovevano avere, nella specie, trattandosi di contratto d'appalto alato da un Istituto Autonomo Case Popolari, valore di 'clausole contrattuali, le spontaneo rilevare subito la stranezza delle conclusioni a cui perviene la sek :a. Che l'art. 23 del Capitolato generale della Gestione, nell'edizione primitiva, a dicesse in ordine alla impugnabilit della proriuncia arbitrale per inosserv~nza e regole di diritto, non significava affatto che la u clausola compromissoria non e esauriente, donde la necessit del rinvio anche all'art. 49 del Cap. gen. oo.pp. 5, della specifica menzione del quale non traccia nell'urt. 101 del Capitolato a Gestione. La " clausola compromissoria, contenuta appunto nell'art. 23 di sto Capitolato, siccome parte integrante del contratto d'appalto, dopo avere essamente disciplinato la composizione del Collegio e le modalit dell'arbitrato, avrebbe dovuto dir nulla circa l'impugnabilit del lodo, a ci provvedendo, unto, l'art. 829 c.p.c.; ma solo se avesse inteso derogare a tale norma ed esclul il rimedio, ci avrebbe dovuto dire. ~ questo, precisamente, fenomeno di dispome negoziale dei diritti privati, consentito fino a che il patto non contraddica a ne cogenti. Non si capisce, allora, come mai la sentenza abbia ritenuto di poter RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO zione per nullit altres ammessa se gli arbitri nel giudicare non hanno osservato le regole di diritto, salvo che le parti avessero dichiarato il lodo non impugnabile, ipotesi, questa ultima, che ricorre, senza dubbio, nella fattispecie. Risalendo, invero, alla disciplina del rapporto in questione, quale risulta fissata dai contraenti, occorre rilevare che il rapporto stesso regolato, oltre che dal contratto di cottimo fiduciario del 13 novembre 1957, anche dalle norme e condizioni specificate nel Capitolato speciale allegato al contrasto medesimo, nonch dalle norme del Capitolato generale della Gestione INA-Casa. L'art. 1 del contratto ravvisare in una disposizione del Capitolato generale oo.pp. del 1895, di cui sarebbe pur vano ricercare lo specifico richiamo nelle clausole del contratto d'appalto considerato, la sussistenza di un vero e proprio patto di rinunzia al mezzo di impugnazione modificabile solo mediante un successivo patto contrario. Il generico richiamo contrattuale alle norme del Capitolato Generale della Gestione lNACasa, fra cui l'art. 101, che a sua volta rinviava, per quanto non previsto, alle norme del Capitolato generale oo.pp. 1895, non poteva valere, certo, a far presumere la rinunzia ad un diritto spettante alle parti (cfr. art. 829, ultimo comma, c.p.c.). Il. -Ma l'inattendibilit dell'insegnamento della Corte d'Appello napoletana sembra trovi radici in un equivoco di fondo, o quanto meno in una grossa svista. I Ha omesso la Corte di considerare l'art. 6, comma secondo, d.P.R. 22 giugno 1949, n. 340, emanato in virt dell'art. 28, comma secondo, della legge 28 fel> i braio 1949, n. 43 (v. anche art. 6 d.P.R. 9 aprile 1956, n. 1265), a mente del quale i capitolati d'appalto degli enti incaricati delle costruzioni di case dalla I Gestione devono uniformarsi a quello generale per le opere di conto del Ministero dei lavori pubblici . Alla stregua di tale norma diveniva automatica, siccome ius I superveniens, l'applicabilit al rapporto pendente considerato dell'art. 51, omma terzo, del nuovo Capitolato generale oo.pp., entrato in vigore il 1 settembre 1962, adeguantesi al principio sancito dal codice di procedura civile della impugnabilit I della pronuncia arbitrale anche per mancata osservanza delle regole di diritto (sulla I ~ immediata applicabilit, anche ai rapporti d'appalto sorti anteriormente al 1 settembre 1962, delle norme di carattere processuale del Cap. gen. oo.pp. approvato con d.P:R. 16 luglio 1962, n. 1063, v. Cass., 23 luglio 1964, n. 1989, in questa Rassegna, 1964, I, 969, in part. 972). Quale sia l'esatta portata delle norme di I legge o regolamento, che estendono agli appalti di altri enti lapplicazione delle disposizioni del Capitolato generale oo.pp. (sul punto v. DEL GREco, Sulla natura giuridica del capitolato d'appalto della Gestione case per lavoratori, ecc., in questa Rassegna, 1964, I, 603 e segg.), questione che richiede, a questo punto, l'esame della natura di tali disposizioni, in s considerate. III. -L'obiezione fondamentale che si muove alla tesi della natura normativoregolamentare del Capitolato generale 00.PP. si traduce nell'affermazione che non potrebbe giammai un regolamento invadere materia, come quella dell'autonomia negoziale, disciplinata dalla legge, che pone le parti contraenti su un piede di parit {GIANNINI A. D., Natura giuridica dei capitolati generali d'appalto delle opere pubbliche, ecc., Giur. compl. Cass. civ., 1945, 2, 28; Cons. Stato, Ad. gen., parere 26 luglio 1957, n. 376, in appendice n. 2 a BoNORA, Il contratto d'appalto di lavori pubblici, Frascati, s.d., ma 1960, 382). L'obiezione parte da un apriorismo. Non tiene conto, cio, che la materia delle contrattazioni fra Stato e privato oggetto di apposita disciplina legale, gover PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI E FORNITURE 227 mzi citato recita, infatti, cos, testualmente: L'appalto regolato; e che dal presente atto di cottimo fiduciario, anche dalle norme, ti e condizioni tutte specificate nel Capitolato speciale che si allega o la lettera A, che forma parte integrante del presente atto ; In ticolare, per quanto non in contrasto e non previsto dal Capito speciale, lappalto regolato dalle condizioni,. norme e modalit >ilite nel Capitolato generale della Gestione INA-Casa, che sono h' esse ben note all'Impresa De Luca Domenico, che dichiara di ettarle incondizionatamente senza riserva alcuna, e s'intendono qui da norme e principi propri, che prevalgono, in ragione della loro specialit, _uelli privatistici. E, pertanto, se in dottrina non si dubita che nei contratti . ad enza pubblica la serie degli atti negoziali, quanto all'efficacia, Ǐ subordinata iella procedimentale (GIANNINI M. S., L'attivit amministrativa, Roma, 1962, mettendosi, altres, in rilievo che la sequenza di formazione contrattuale ggettata all'esercizio di poteri amministrativi (ID., La responsabilit precontrat~ dell'Amministrazione pubblica, Studi in onore di A. C. /emolo, voi. III, Mi, 1963, 283), la giurisprudenza del Consiglio di Stato non ha mancato di avvisare attributo di sovranit che lo Stato conserva anche quando entra in relazione di to privato con singoli cittadini o con societ commerciali, essendo la sua attivit rattuale informata pur sempre a fini d'interesse pubblico (Sezione III, 2 mag1938, n. 903; Adunanza generale, 28 settembre 1939, n. 296, Relazione per il :quennio 1936-1940, voi. II, pp. 41-42) e la Corte di Cassazione, a sua volta, ha >lineato i rflessi che la natura pubblica del soggetto esplica sull'attivit conuale da esso esplicata per la realizzazione dei suoi fini, riflessi che si riscono, oltre che nel processo formativo della volont dello stesso soggetto, nella :a del privato contraente, nelle forme ... , nell'attribuzione alla medesima ammi azione di particolari poteri e facolt e nella imposizione al privato contraente bblighi e limitazioni ignote al diritto privato {Cass., 30 ottobre 1954, n. 4190, 1 pad., 1955, I, 1023). Su tali concetti non il caso di attardarsi, bastando il rina quanto gi altra volta considerato {Osservazioni in tema di formazione dei ratti dello Stato, in questa Rassegna 1964, I, 490 e segg.). Qui occorre sottotre che l'affermazione, secondo la quale le clausole del Capitolato costituiscono cizio dell'autonomia negoziale e non gi d'una potest regolamentare smentita 1rio dalla constatazione che esse {art. 99 reg. cont. gen. Stato) sono poste con Jrovvedimento amministrativo, o.ssia non gi con un atto dell'Amministrazione rattante, ma con un atto dell'amministrazione-autorit {cfr. GIANNINI M.S., L'at amministrativa, cit., 59). Ci riconosciuto, non sembra possa dirsi strana opinione (GIANNINI M. S., Zoe. cit.) quella che attribuisce al Capitolato generale oo.pp. natura regolatare. In questi sensi si era gi pronunziato il Consiglio di Stato (Ad. gen., :re 27 dicembre 1951, n. 600, Il Consiglio di Stato, 1952, 101); si pronunziata, e noto, la Corte dei Conti (Sez. controllo, riso!. 25 ottobre 1956, in questa Ras1a, 1957, 46 e segg.) ed ormai consolidata la giurisprudenza della Corte di ;azione (cfr. Cass., 5 luglio 1951, n. 1761, Foro it., 1952, I, 476 e Cass., 9 mar. 955, n. 715, Giur. it., 1956, I, 1, 162, ove si afferma che le disposizioni dei tolati generali degli appalti commessi dalle Amministrazioni statali hanno caratdi norme di diritto obiettivo, in quanto emanate in base ad .un'espressa autotzione legislativa contenuta nel titolo VI della legge sulle opere pubbliche costi1te l'allegato F della I. 20 marzo 1865, n. 2248; Cass., 12 gennaio 1956, n. 27, . it., 1957, I, 1, 1048-1050, con nota di VECCHIONE, ove si parla di espressa RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 228 .] ad ogni effetto integralmente riprodotte e trascritte . Anche il Capitolato speciale (v. art. 4) contiene espresso rinvio, per quanto da esso non regolato, alle norme del Capitolato generale INA-Casa, mentre questo precisa, a sua volta (v. art. 101): Per quanto non previsto o ' comunque non specificato nel presente Capitolato generale, sar appli.. ,.;: ~ cabile il Capitolato generate per gli appalti delle opere dipendenti dal Ministero dei Lavori Pubblici, approvato con d.m. 25 maggio 1895 . Ora, poich l'art. 23 del Capitolato generale INA-Casa -costituente, come si detto, parte integrante del cottimo fduciario del 13 no- autorizzazione legislativa e di norme aventi carattere dispositivo; 4 febbraio 1957, n. 413, Id., Mass., 1957, 93; 20 marzo 1958, n. 923, Id., Mass., 1958, 201; 2& giugno 1958, n. 2219, Ibidem, 502; 21 maggio 1959, n. 1523, Giur. it., 1960, I, 1, 148, ove si mette in evidenza che di fronte allo Stato il contraente privato si trova in rapporto di subordinazione, per cui egli deve sottostare alle predisposte norme regolamentari; 9 giugno 196Q, n. 1524, Giur. it., 1961, I, 1, 443, dello stesso ordine di idee; 14 giugno 1962, n. 1478, Il foro amm., 1963, Il, 83-84, ove si parla di espressa autorizzazione legislativa; 17 maggio 1963, n. 1266, Giur. it., 1963, I, 1, 796-798, ove si parla-di regolamento d'organizzazione; 23 gennaio 1964; n. 160, Id., 1964, I, 1, 291-293, dello stesso ordine d'idee e con espresso richiamo a Cass., 23 giugno 1958, n. 2219 sopra citata; 23 luglio 1964, n. 1989, in questa Rassegna, 1964, I, 969-971, con nota di DEL GREco). Una volta riconosciuto, pur da chi nega la natura regolamentare delle norme di Capitolato generale, che a l'attivit contrattuale della Pubblica Amministrazione ispirata al soddisfacimento del pubblico interesse e non alla iugulazione del contraente pi debole (C; :Stato, Ad. Gen., parere 26 luglio 1957, n. 376, cit., 386), ossia avvertit<> che il .fenomeno della emissione da parte della p.a. dei capitolati generali non ha nulla a: che fare con qello della tendenza all'uniformit dei contratti dei maggiori operatori economici (in tali sensi, invece, GIANNINI M.S:, op. loc. cit.), non pu certo apparire strana la proposizione, formulata sulla natura giuridica del Capitolato generale oo.pp., che il contratto di appalto non se non il fatto assunto dalla legge come presupposto per l'applicabilit delle norme contenute nel Capitolato generale; ma queste non sono da considerarsi inserite in quello, n sua parte integrante e tanto meno subordinate nella loro validit all'accettazione espressa e singola e soggette, quanto alla loro interpretazione, alle norme de1 codice civile relative alla interpretazione di contratti (Nota redazionale, in questa Rassegna, 1955, 178). N possono fondatamente riconoscersi le insuperabili difficolt di ordine sostanziale a cui allude il Consiglio di Stato (Ad. gen., parere 26 luglio -1957, n. 376, cit., 38~. allorch nota che non pu ammettersi che venga conservato come contratto quello che contratto non , perch non voluto dalle parti. (Id., 383). Il problema, infatti, deve partire dal dato di diritto positivo che consente di affermare che qui si al di fuori de1le clausole contrattuali, sia pure di carttere generale (questo riconobbe gi il Cons. di Stato, nel citato parere 27 dicembre 1961, 11. 600). ~ stato bens affermato da taluno che le condizioni generali di contratto non sarebbero clausole contrattuali in senso proprio, negandosi che su di esse si formi l'accordo negoziale (CAPACCIOLI, L'arbitrato nel diritto amministrativo, I, Padova, 1947, 173 e segg.) e ritenendosi che esse siano un corpo di norme di diritto obiettivo, destinate bens a regolare rapporti contrattuali, ma non aventi natura contrattuale in senso proprio (CAPACCIOLI, Arbitrato in tema di opere della Cassa per il Mezzogiorno, Foro it., 1958, I, 1447), di guisa che ' PARTE I, SEZ. v'i, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI E FORNITURE 229 tbre. 1957 -si limita a prevedere, senza P!lrticolari specificazioni, bligo delle parti di deferire ad un determinato' collegio arbitrale tte le vertenze insorte durante lesecuzione dei .lavori e posteriol'.1te, fino al collaudo , mentre lart. 49 del Capitolato generale dei ). del 1895 specifica che la sentenza arbitrale non sar soggetta ad appello n a cassazione, ai quali rimedi le parti espressamente mziano , appare chiaro ed indubbio che il lodo di cui trattasi ~ ss in virt delle norme predette -non soggetto ad impugna1e per pretesa violazione delle regole del diritto. La difesa dell'lsti . 1341 e.e. non riguarderebbe in alcun modo le clausole contrattuali, quelle hanno vigore sulla base della volont e del consenso delle parti . Ma la tesi frange contro la dimostrazione che la dottrina civilistica ha dato circa la esatta ata di tale norma, la quale prevede, viceversa, proprio un'ipotesi peculiare di tazione del contratto (dettando i rimedi attraverso i quali l'adesione ricondotta binari del meccanismo contrattuale: ScoGNAMIGLIO, I contratti per adesione e . 1341 del codice civile, Banca, Borsa e Titoli di credito, 1954, 780 e segg.; sul modo con cui si forma l'accordo, al di fuori dell'ordinario schema della proa e dell'accettazione, ma col concorso di elementi pur dipendenti, quanto alla istenza ed ai lmiti, dalle volont dei soggetti ed inquadrati nell'ambito delonomia negoziale: GENOVESE, Le condizioni generali di contratto, Padova, 1954, e segg.; ID., Condizioni generali di contratto, Enciclopedia del diritto, voi. VIII, mo, 1961, 804). Il sistema adttato dalla legge sulle opere pubbliche e da quella 1 contabilit generale dello stato in rdine alla vincolativit delle condizioni capitolati generali rappresenta, invero, una decisiva deviazione rispetto al vigente 1341 e.e. Mentre questo attrae . le condizioni genrali nella formazione del :ratto, quelle le lasciano al di fuori del piano negoziale, concependole come .ifestazione di una potest amministrativa a cui il contrattante ed il contraente, e tali, sono assoggettati. L'art. 330 della legge oo.pp. dispone che, oltre ai disegni delle opere che si mo eseguire, fa parte integrale del contratto il capitolato speciale d'appalto. :apitolato generale ne resta, adunque, fuori. :E: vano obiettare che all'art. 323 egge prevede solo un capitolato d'appalto che descriva esattamente il lavoro iseguirsi e determini gli ol:>blighi speciali che si impongono all'appaltatore, oltre :ondizioni e le clausole generali comprese nella presente legge . Se successilente non si parla semplicemente di capitolato, ma di capitolato speciale " 1palto, per determinati effetti, la diversa espressione deve avere il suo valore: :iale logico contrapposto di generale e non gi mero pleonasmo. Ed infatti :a considerare il disposto dell'art. 322 della legge, secondo cui i lavori si :uiscono in generale sulla base di progetti compilati secondo le norme e discie gi in vigore e di quelle altre che potranno essere fissate da appositi regolatti , per trarre conferma, dall'art. 22 del reglamento per la compilazione dei ~etti del 29 maggio 1895, dell'esplicito contrapposto fra Capitolato speciale apitolato generale e, dagli artt. 36 e 44 del regolamento medesimo, che solo i 11i fanno parte integrante del contratto. D'altronde, risaputo che una norma egge non si interpreta mai isolatamente e con esclusivo riferimento alla valuone originaria, sibbene, attraverso essa, subisce un adattamento ed una traspome nella viva attualit dell'ordinamento, inteso come organismo in perenne rimento (BErn, Interpretazione della legge e degli atti giuridici, Milano, 1949, M). Peraltro, l'art. 331 della stessa I. oo.pp. assume come elementi fondamen RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tuto Case Popolari e l'Avvocatura dello Stato {che rappresenta la Gestione Case per Lavoratori) osservano, quanto alla interpretazione del citato art. 23 del Capitolato generale INA-Casa, che lo stesso esaurisce nel suo contesto la materia regolata, disciplinando l'arbitrato in modo autonomo e diverso rispetto al Capitolato generale delle oo.pp. Ma, se il Capitolato INA-Casa rinvia, senza eccezione alcuna, al Capitolato per le oo.pp., : per quanto non previsto o comunque non specificato , e se, d'altra parte, incontestabile che nel Capitolato LNA-Casa, manca qualsiasi precisazione circa l'impugnabilit o meno del lodo, non vi certo motivo di non fare ricorso alla precisazione, contenuta, in tali del sistema le norme della legge sulla contabilit generale dello Stato, la quale all'art. 88 diede al Governo la facolt d'emanare norme regolamentari di completamento, di coordinamento e di attuazione -norme effettivamente emanate col r.d. 23 maggio 1924, n. 827 -e all'art. 16 dispone che a i contratti sono stipulati con le norme stabilite dal regolamento. Il predetto regolamento, all'art. 45, stabilisce che i capitoli generali d'oneri contengono le condizioni suscettibili d'applicarsi indistintamente ad un determinato genere di lavoro, appalto o contratto e le norme da seguirsi per le gare ed all'art. 99 contrappone ai contratti stipulati nella forma prescritta gli atti amministrativi approvati coi decreti reali o ministeriali e contenenti norme di carattere regolamentare o capitoli generali d'oneri , dei quali basta fare menzione, senza che sia d'uopo allegarli (non v', adunque, contrapposizione e distinzione fra norme regolamentari e capitoli generali d'oneri, come vorrebbe il CAPACCIOLI, L'arbitrato ecc., cit., 155, poich il dettato letterale della norma ha invece la congiunzione a o , ossia allude ad una equivalenza di concetti: cfr., sul punto, Nota redazionale, in questa Rassegna, 1955, 178). Lo stesso art. 22 del citato Regolamento sulla compilazione dei progetti, statuendo che il capitolato speciale non dovr contenere norme che siano gi comprese nel capitolato generale, giova a far comprendere, insieme con l'art. 45 reg. cont. gen. Stato, il significato dell'art. 7 della legge sulla contabilit generale dello Stato. Anche questa norma sembra male a proposito invocata dagli oppositori della teoria regolamentare. Ed infatti, una volta sottolineato che la derogabilit delle norme dei contratti rispetto a quelle dei capitolati generali, eccezionalmente consentita dal citato articolo, alle precise condizioni di cui agli artt. 107-109 reg. cont. gen. Stato, non ha nulla a che vedere col principio che un regolamento non pu derogare per un singolo caso ad altro precedente (ZANOBINI, Corso di diritto amministrativo, voi. I, Milano, 1947, 61), apparir chiaro, altres, che normale conformit delle condizioni inserite nei contratti alle norme dei capitolati generali non significa affatto inclusione nei contratti di norme identiche a quelle dei capitolati generali, ma soltanto rispetto, nella determinazione delle concrete condizioni contrattuali, delle regole e dei principi posti dal capitolato generale, di guisa che quelle non costituiscano, invece, pattuizioni prive di qualsiasi appoggio su questi o addirittura con questi contrastanti. Sembra perdere pregio, cos, l'obiezione che, a tenore dell'art. 7 l. cont. gen. Stato, o le condizioni del contratto sono aderenti alle regole poste dal capitolato generale ed allora il vincolo deriverebbe dal precetto contrattuale e non dal capitolato , oppure sono redatte in difformit dalle prescrizioni dei capitolati ed allora queste rimangono inefficaci (cfr. Cons. Stato, Ad. generale, parere 26 luglio 1957, n. 376, cit., 385), con la quale, peraltro, sembra non considerarsi proprio il punto pi importante, e cio che l'autonoma efficacia delle regole dei capitolati generali rimane dimostrata proprio dal fatto che esse condi ~ ' ;) : :: PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI E FORNITURE 231 tposito, nel Capitolato per le oo.pp., della quale non potevano non .ere conto i contraenti, giusta finequivoca disposizione del citato . 101 Capitolato INA-Casa. La riprova, del resto, della non impugnabilit del lodo alla stregua le esaminate disposizioni si evince dal fatto che, in epoca successiva contratto che interessa il presente giudizio, l'Istituto INA-Casa (come dta dai documenti prodotti dalle parti), intendendo, evidentemente, dificare la disciplina dell'arbitrato, introdusse nel proprio Capitolato ierale fart. 23 in una nuova formulazione, che prevede espressante f impugnabilit del lodo anche per mancata osservanza delle iano la validit di quelle pattizie, ossia dalla necessit, posta dalla legge e dal )}amento di contabilit generale dello Stato, di sottoporre le deroghe al previo ere del Consiglio di Stato ed alla motivata approvazione ministeriale, per renle rilevanti ed efficaci. Altrettanto inattendibile, specie dopo quanto s' detto a proposito delle gi te norme della legge sulle oo.pp. e del regolamento per la compilazione dei getti, l'affermazione che proprio la legge sulle opere pubbliche avrebbe stato una contrapposizione tra condizioni di capitolato generale e norme regola1tari, relative a la disciplina da osservarsi in ordine alla esecuzione dei lavori al modo di regolarne la contabilit e la liquidazione loro (art. 846) e a le me e la procedura di collaudazione e degli atti relativi per garanzia della pera esecuzione delle opere e dell'adempimento degli obblighi e delle condizioni contratti, per la liquidazione dei crediti della impresa e per la risoluzione delle testazioni che insorgessero colla impresa stessa (art. 864), se vero che norme al genere erano contenute anche nel Cap. gen. oo.pp. del 1895 e lo sono in quello talmente vigente, approvato ormai con decreto del Capo dello Stato (artt. 10 ~gg.; cfr. Nota redm;ionale in questa Rassegna, 1962, 65 e segg.). Anche questa ~zione finisce per ritorcersi, adunque, contro gli oppositori, sembrando appena :aso di avvertire, infine, della inanit del ricorso a mere espressioni letterali, ie quella dell'art. 7 I. cont. gen. Stato e del capoverso dell'art. 45 del relativo )}amento, ove si parla di condizioni dei Capitoli generali d'oneri, all'uopo tando ricordare che l'art. 828 I. oo.pp. parla a sua volta di condizioni e clausole erali comprese nella presente legge" D'altronde, ben noto che una formula uista esatto valore e significato, al di l della sua veste letterale, solo se consiata, non gi isolatamente, ma nell'intero contesto normativo, di cui fa parte (cfr . ..cANo SANTI, Frammenti di un dizionario giuridico, Milano, 1947, 186). Da ultimo, orre avvertire che una pretesa, eventuale contrariet di singole norme di capito generale a norma del codice civile potrebbe servire a dimostrare l'invalidit 1uelle norme (art. 4 preleggi), ma giammai costituire argomento per inficiare la 11ra regolamentare dell'intero capitolato, che ne uscirebbe, semmai, presupposta 'onfermata. Ma, a questo proposito, giova ancora una volta ricordare che il ~ma speciale, delineato dalla legge di contabilit generale dello Stato e dalla legge )p., costituisce di per s giustificazione di notevoli deviazioni rispetto ai principi liritto comune. Su tali deviazioni non certo il caso, qui, di soffermarsi, bastando avvertire, ai fini di questa nota, che, fondandosi su di esse, le norme regola1tari considerate restano intra legem {in generale, sul concetto, v. SANDULLI, potest regolamentare nell'ordinamento vigente, Foro it., 1958, 60; sul diverso )meno dei regolamenti autorizzati da una legge a derogare ad una o pi norme a stessa o di altra legge (v. TREVES, Regolamenti in deroga alla legge, Giur. it., RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO I ii regole di diritto (v. edizione 1958 del Capitolato generale INA-Casa). Il fatto tanto pi significativo, ai fini dell'interpretazione innanzi prospettata, se si consideri che anche il Capitolato generale per le oo.pp. modific, successivamente, la disciplina dell'arbitrato, introducendo il principio dell'impugnabilit del lodo (v. Capitolato in vigore, del 1962), che era espressamente escluso, all'epoca del contratto in esame, dal citato art. 49. appena il caso di precisare che la nuova disciplina non pu comunque incidere, neppure sotto il profilo dello ius superveniens, sul rapporto creato dall'atto di cottimo fiduciario del 13 no 1953, I, 2, U e segg.; SANDULLI, op. cit., 60-61). Proprio la contrariet all'art. 330 l. oo.pp~ e all'art. 16, l. 'cont. gen. Stato toglie, viceversa, oglli. valore al disposto dell'art. 7, comma primo, del vigente Capitolato generale oo.pp. IV. -Tornando, ora, a considerare l'esatto valore del rinvio alle norme del Capitolato generale oo.pp. fatto in norme di legge o di regolamento, al fine di assicurare la conformit delle condizioni degli appalti stipulati da determinati Enti .a quelle del cennato Capitolato, potr subito convenirsi che trattasi di rinvio non recettizio (CAPACCIOLI, L'Arbitrato ecc., cit., 159), ma, dopo la dimostrazione svolta sub III, nel preciso significato di rinvio ad una fonte (regolamentare) di produzione normativa (cfr., sul concetto, BETTI, Teoria generale del negozio giuridico, Torino, 1943, 237, nota 9; MoRTATI, Istituzioni di dir. pubbl., Padova, 1952, 112;. sui rinvii fra ordinamenti .giuridici v. MONACO e CANsAccm, Lo Stato e il suo ordinamento giuridico, Torino, 1955, 107 e segg.; per un esame critico della .nozione di rinvio in diritto internazionale v. MONACO, L'efficacia della legge nello ,spazio, Torino, 1952, 18 e segg.). Non si tratta, per, di norme, che si rivolgerebbero solo alle pubbliche amministrazioni -(CAPAccm:u, op. loc. cit.), o, comunque, agli enti considerati, per imporre. loro l'adezione del Capitolato generale oo.pp. Basta tener presente, all'uopo, il loro stesso tenore letterale. Cos, nel caso qui considerato, l'art. 6, comma secondo, d.P:R.-22 giugno 1949, n. 340, emanato in virt dell'art. 28, comma secondo, l. 28 febbraio 1949, n. 43, dispone che i capitolati di appalto dovranno uniformarsi a qello generale per le opere di conto del Ministero dei lavori pubblici {la disposizione, pertanto, non pu ritenersi assorbita dal secondo comma dell'art. 6 d.P.R 9 aprile 1956, n. 1265). Secondo l'art; 8, ultimo comma, l. 10 agosto 1950, n. 646, si applicano agli appalti stipulati dalla Cassa per il Mezzogiorno le norme vigenti per l'esecuzione delle opere pubbliche di competenza del Ministero dei lavori pubblici, fra cui, come emerge dai lavori preparatori (Relazione di maggioranza), sono comprese anche le disposizioni del Capitolato generale oo.pp. (cfr. Cass., 23 giugno 1958, n. 2219, Foro it., 1958, I, 1450). Secondo l'art. 80, comma primo, t.u. 28 aprile 1938, n. 1165 a tutti i rapporti tra imprese appaltatrici ed enti costruttori di case popolari ed economiche, mutuatari della Cassa Depositi e prestiti o dell'Amministrazione delle Ferrovie dello Stato, sono regolati dalle norme in vigore per le opere in conto dello Stato, restando cos prive d'Ogni efficacia le eventuali pattuizioni in contrasto Secondo l'art. 46, comma secondo, d. lg. 17 aprile 1948, n. 547 sull'A.N.A.S. in difetto di norme speciali si applicano per la gestione dei lavori di competenza dell'Azienda le norme in vigore per l'Amministrazione dei lavori pubblici . Come si vede, sarebbe errato disconoscere che tali statuizioni rendano direttamente applicabili ai cennati rapporti le disposizioni del Capitolato generale oo.pp., considerato come fonte normativa. Ridurre tutto ad un problema I' .. 1::_ ~~. ~ PARTF I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI E FORNITURE 233 Lbre 1957, poich, stante lespresso e preciso rinvio (contenuto, come detto, nell'atto medesimo) ai patti enunciati e specificati nel Capito del 1895, il citato art. 49 divenne, nel suo concreto tenore, parte grante del contratto stipulato dall'Impresa De Luca con l'Istituto le Case Popolari, con la conseguenza ovvia che solo un successivo )rdo dei contraenti avrebbe potuto estendere al rapporto di specie opravvenuta modifica. L'impugnazione va, dunque, dichiarata inam> ibile per quanto concerne la dedotta violazione di norme di diritto. 'O, .. ) missis. lentifcazione dei destinatari di quelle statuizioni sarebbe fuorviante, se vero lo stesso concetto di destinatari delle norme frutto di un equivoco (cfr. Ro o SANTI, Frammenti ecc., cit., 135 e segg.). Anche qui si tratta, invece, n pi n o che di legittimazione agli effetti delle norme richiamate: il contrarre o il ratto con determinati enti funzionano come fatti di legittimazione agli effetti i o passivi previsti dalle norme del Capitolato generale oo.pp. e, trattandosi esse di norme processuali, come quelle relative alla disciplina del giudizio :rale ed ai rimedi contro le relative pronunce, si applica il concetto di ius rveniens ai rapporti in corso al momento dell'entrata in vigore del nuovo Capio, approvato con d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063 {Cass., 19 gennaio 1963, n. 67, ' it., 1900, I, 728; App. Roma, 22 aprile 1964, n. 829, in questa Rassegna, 1964, 18 e segg., con nota di DEL GRECO). Appare, cosi, confermata l'erroneit della 9nza annotata, che non ha punto considerato il disposto dell'art. 6, comma ndo, d.P.R. 22 giugno 1949, n. 340 e le conseguenze derivantine in ordine immediata applicazione al rapporto controverso dell'art. 51 del Capitolato geneapprovato con d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063. FRANCO CARUSI lBUNALE SUPERIORE ACQUE, SO gennaio 1965, n. 1 -Pres. Reale -Est. Ferrati -Dallaglio ed altri {avv.ti Mariani, Dallaglio e Garro) c. Ministero Finanze (avv. Stato Cavalli). 1ue pubbliche -Giudizi e procedimento dinanzi ai Tribunali delle Acque -Impugnazione della sentenza -Specificazione dei motivi -Obbligo -Non sussiste. {c.p.c., art. 342; r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775, artt. 191 e 208). priet -Isole -Concetto giuridico -Formazioni fluviali ricoperte dalle acque nelle piene ordinarie. -Non sono isole. (e.e., art. 945). Nell'atto di appello contro le sentenze dei Tribunali regionali delle ue non richiesta la specificazione dl3i motivi (1). (1) La decisione si riporta espressamente al principio secondo il quale il sistema :essuale relativo alle controversie in materia di acque pubbliche rimasto col RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 2.'34 I principi dettati dall'art. 945 del codice civile non si applicano alle formazioni fluviali ricoperte dalle acque nelle piene ordinarie, che costituiscono parte delr alveo e non sono suscettibili di autonomo diritto di propriet (2). legato, anche dopo l'entrata in vigore del Codice di procedura civile del 1942, alle norme del Codice di rito del 1865. Il problema in esame viene quindi risolto nel difetto di una disposizione analoga a quella dettata dall'art. 342 del vigente codice di procedura civile, alla stregua del sistema processuale del 1865 che concepiva il giudizio di appello come la continuazione di quello di primo grado, per cui non era necessaria la specifica individuazione degli errori della sentenza appellata. Sul richiamato principio cfr.: Trib. Sup. Acque, 20 ottobre 1964, n. 33, Giust. civ., 1965, I, 586; Cass., Sez. Un., 29 aprile 1964, n. 1040, Foro it., Mass., 1964, 264; id., 17 febbraio 1964, n. 350, in questa Rassegna, 1964, I, 792, con nota di richiami; Trib. Sup. Acque, 22 gennaio 1964, n. 6, ibidem, 396; Cass., 17 aprile 1963, n. 950; Giust civ., 1963, I, 2659; id., 6 aprile 1962, n. 730, Foro amm., 1962, II, 362; Cass., Sez. Un., 6 novembre 1958, n. 3619, Foro it., 1959, I, 983; Cass., Sez. Un., 7 agosto 1953, n. 2675, ivi, 1954, I, 878; per altri precedenti, cfr. CoLETTI, Rassegna di Giurisprudenza sulle acque e sugli impianti elettrici, 19'55, 531 segg. Contra, in dottrina, BuscA, Le acque nella legislazione italiana, 196i2, 453-454; A.Nnruou, Codice di procedura civile e leggi processuali speciali, Foro it., 1942, IV, 44 segg. In difetto di espressa disciplina nel codice del 1865, non si peraltro mancato di far ricorso alle disposizioni del vigente codice di rito: Cass., 17 febbraio 1960, n. 260, Foro it., 1961, I, 381; Cass., Sez. Un., 15 marzo 1956, n. 761, Acque, bonif., costruz., 1956, 471, con nota di FRANco; Trib. Sup. Acque, 30 dicembre 1952, n. 18, Foro it., 1953, I, 239. Nel procedimento ordinario, la giurisprudenza tende ad escludere la necessit di specifica indicazione dei motivi di appello solo quando l'impugnazione sia diretta contro tutta la sentenza: Cass., 23 marzo 1963., n. 732, Foro it., Mass., 1963, 207; id., 14 febbraio 1963, n. 298, ibidem, 85; id., 30 gennaio 1963, n. 153, I, 508. (2) Non risultano precedenti in termini. Con sentenza n. 6 del 12 giugno 1961 (Acque, bonif., costruz., 1961, 251) il Tribunale Superiore delle Acque riconobbe la sussistenza dell' isola nelle formazioni geologiche solo in parte sommerse durante le piene ordinarie: decisione che non infirma la esattezza del principio affermato con la sentenza in rassegna, evidentemente ispirata allo stesso criterio discriminante. TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 18 febbraio 1965, n. 5 -Pres. Reale -Est. Tozzi -Astarita (avv. Angeloni) c. Cassa per il Mezzogiorno (avv. Stato Carmelo Carbone). Acque pubbliche -Procedimento dinanzi ai Tribunali delle Acque .: -Ricorso giurisdizionale al Tribunale Superiore -Notifica presso l'Amministrazione -Nullit. (r.d. 11 dicembre 1953, n. 1775, art. 151; r.d. 30 ottobre 1933, n. 1611, art. 11; I I. 25 marzo 1958, n. 260, art. I). I PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI E FORNITURE 235 Il ricorso al Tribunale Superiore delle Acque in sede di legittimit ~ essere notificato, a pena di nullit, presso l'Avvocatura dello Stato; iancanza, il ricorso inammissibile anche se sia stato notificato ai rointeressati (1). (1) Giurisprudenza ormai consolidata. Negli stessi termini cfr.: Trib. Sup. e, 28 febbraio 1963, n. 5, Cons. Stato, 1963, II, 32. Il principio stato affer' in particolare, con riguardo alla Regione Alto Adige (Cass., Sez. Un., 6 lu1964, n. 1763, in questa Rassegna, 1964, I, 967 e in Foro it., 1964, I, 1949) a Regione Sarda (Trib. Sup. Acque, 13 giugno 1959, n. 7, Acque, bonif. iz., 1959, 153). La sentenza non precisa che la notifca deve essere eseguita presso l'Avvoa Generale dello Stato; in tal senso, invece, le sentenze del Trib. Sup. e, 28 febbraio 1963, n. 5, citata e 10 febbraio 1962, n. 3, Foro amm., 1963, )6, che hanno espressamente dichiarato inammissibile il ricorso notifcato presso ocatura Distretti.tale dello Stato. In argomento, cfr. inoltre, dopo l'entrata in vigore della legge 25 marzo 1958, O: Trib. Sup. Acque, 1 dicembre 1959, n. 32, Acque, bonif. costruz., 1959, id., 5 novembre 1958, n. 29, ivi, 1958, 596; id., 12 aprile 1958, n. 13, m, 398. Sulla seconda parte della massima cfr.: Cass., Sez. Un., 6 luglio 1964, n. 1763, ., con i richiami in questa Rassegna, 1964, , I, 967, sulla inapplicabilit ai zi amministrativi del principio di cui all'art. 331 c.p.c. (integrazione del conittorio in ipotesi di cause inscindibili). BUNALE SUPERIORE ACQUE, 18 febbraio 1965, n. 6 -Pres. Reale -Est. Ferrati -Comune Capriata d~Orba {avv. Conte) c. Boffito (avv. De Cesaris). ue pubbliche -Concessione di derivazione -Spese di costruzione e manutenzione delle opere in ipotesi di pi utenze Ripartizione -Criteri. (r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775, artt. 47, 35). ln ipotesi di opere di derivazione di cui si avvalgano pi utenze. 1ese necessarie per la costruzione, manutenzione ed esercizio delle g devono essere ripartite con esclusivo riferimento al quantitativo :qua utilizzato da ciascun concessionario (1). (1) Il principio (che la decisione, in sede di rinvio, si limita ad applicare) :so nella sentenza delle Sez. Un. della Corte di Cassazione 4 maggio 1961, 17 {Foro padano, 1961, 809; Foro amm., 1961, Il, S.29), secondo cui per le :i previste dall'art. 47 del r.d. 11 dicembre 1900, n. 1775 va esclusa la possidi adottare lo stesso criterio stabilito dall'art. 35 per la determinazione del RASSEGNA DELL'AVVOCA'l'URA DELLO STATO (Omissis). -Compito di questo Tribunale Superiore, quale giudice di rinvio, lo stabilire, in aderenza ai principi di diritto enunciati nella sentenza di annullamento della Corte di Cassazione, le proporzioni nelle quali le parti contendenti devono contribuire alle spese di ricostruzione, riparazione e manutenzione delle opere di derivazione e presa delle acque del torrente Orba, di cui le parti stesse sono concessionarie, l'una per produzione di forza motrice, l'altra per l'irrigazione di un comprensorio di terreni. Qusto Tribunale, nelle precedenti sentenze del 1956 e del 1958, aveva, al riguardo, adottato il criterio dell'uso e dell'utile, dando, tuttavia decisiva preminenza a quest'ultimo sotto il riflesso che lo sfruttamento dell'acqua ai fini dell'irrigazione procurava un vantaggio superiore a quello ricavato dall'acqua stessa adibita alla produzione di forza motrice: le Sezioni Unite della Corte di Cassazione invece hanno ripudiato siffatto criterio, considerando che il bene in comunione d'uso tra i contendenti costituito non gi dall'acqua, bensl dalle opere di presa e di derivazione (le sponde del canale di presa, la diga, i gabbioni di rinforzo per la difesa della diga medesima, il materiale posto per il convogliamento delle acque nel canale di derivazione) e ne hanno dedotto che il contributo che ciascuno degli usuari tenuto a sopportare deve essere commisurato al godimento di quei manufatti che servono e vengono utilizzati per fruire della concessione d'acqua e conseguentemente al logorio e all'usura cui i manufatti stessi vengono assoggettati. , Esse hanno pertanto affermato che u il solo elemento che possa e debba essere di guida per una obbiettiva commisurazione dell'onere dato dal maggiore o minore quantitativo di acqua che ciascun utente immette nelle opere di derivazione . Questo . il principio di diritto enunciato dalla Corte regolatrice e posto a base della pronuncia di annullamento: esso appare ribadito canone dovuto allo Stato (criterio che ha riguardo alla specifica destinazione dell'acqua utilizzata). Nel ritenere operativo, nella specie, il principio generale per il quale le opere necessarie per la conservazione ed il godimento di una cosa a servizio comune vanno ripartite in ragione e proporzione dell'uso che ciascuno ne fa , la Corte di Cassazione ha precisato che l'utile, il vantaggio che il bene procura da riferire al bene di per se stesso, non ai profitti che in via indiretta o di riflesso consente di realizzare '" escludendo, di conseguenza, che nella ripartizione delle spese possa incidere il maggiore o minore vantaggio che ciascun concessionario consegue dall'utilizzazione dell'acqua. Contra, cfr.: Trib. Sup. Acque, 31 dicembre 1958, Acque bonif., costruz., 1958, 609, emessa nella stessa controversia '~. : e cassata dalla richiamata decisione della Corte Suprema. Va aggiunto, che nella : decisione annotata, la ripartizione proposta dal Comune stata accolta. " ' , ! ' PARTE I, SEZ. Vi, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI E FORNITURE 23.7" o pi oltre quando si afferma che l'utile, il vantaggio che il bene ~ura, da riferire al bene di per se stesso, non ai profitti che in via retta e di riflesso esso consente di realizzare, giacch in forza del LCipio generale posto dall'art. 1101 e.e. ciascun partecipante ad una mnione deve soggiacere al concorso nelle spese occorrenti per il ttenimento della cosa in regolare stato di funzionamento nelle stesse lorzioni in cui usa e beneficia della cosa. In questa sede la controversia tra le parti circoscritta all'applione pratica del suenunciato principio di diritto: entrambe, infatti, 10 riferimento al quantitativo di acqua che costituisce oggetto delle ettive concessioni e prendono le mosse da esso per il calcolo del nciente di contribuzione, ma, mentre secondo i Boffito sufficiente ;iderare che lacqua immessa nelle opere di presa e derivazione omplesso di moduli 11,14 (8,50+ 2,64), onde le spese vanno ripartite i proporzione del 76,31 per cento a loro carico e del 23,69 per cento rico del Comune perch questo il rapporto che sussiste tra i moduli loro concessi per forza motrice ed i moduli 2,64 concessi per la azione, il Comune introduce nel calcolo un ulteriore elemento, lo del tempo, sotto il riflesso che lacqua per la produzione d forza rice viene prelevata per tutto il corso dell'anno a differenza di la per uso irriguo che viene goduta solo per un determinato periodo anno, che pu raggiungere al massimo i 165 giorni. Esso sostiene Ldi che il rapporto proporzionale va istituito tra i due quantitativi qua prelevabili nell'anno, che sarebbero rispettivamente di metri 26.805.600 per i Boffito e di metri cubi 3.763.584 per esso Comune, ~ch il coefficiente di contribuzione nelle spese dovrebbe determii nell'87,688 per cento a carico dei primi e nel 12,312 per cento a ~o del secondo. -(Omissis). )0 23 gennaio 1965, n. 2 (Roma) -Pres. Vozzi -Impresa Farsura {avv. Vercovini) c. Ministero LL.PP. (avv. Stato Del Greco). ,alto -Appalto di opera pubblica -Registrazioni provvisorie Immediata proposizione delle riserve -Esclusione. alto -Appalto di opera pubblica -Fatti accertabili in ogni tempo -Immediata proposizione delle riserve -Esclusione. alto -Appalto di opera pubblica -Interpretazione di norme contrattuali -Immediata proposizione delle riserve -Esclusione. (r.d. 25 maggio 1895, n. 350; artt. 58 e 54). RASSEGNA DELL'AVVOCATIJRA DELLO STATO Le riserve riguardanti registrazioni provvisorie non sono soggette all'onere della immediata proposizione, e possono essere avanzate fi'no alla registrazione conclusiva e finale della partita di lavoro (1). I I-. I Le riserve riguardanti fatti accertabili in ogni tempo non sono sot, toposte all'onere della immediata proposizione (2). Le riserve relative all'interpretazione di patti contrattuali, o a fatti accertabili in ogni tempo, o riguardanti circostanze non iscritte o da iscrivere in contabilit, sono validamente inserite nel conto finale (3). (Omissis). -Venendo a pronunciare sul terzo quesito, occorre preliminarmente prendere in esame l'eccezione di inammissibilit. Tale eccezione formulata dalla difesa delfAmministrazione sotto un duplice profilo, e cio sotto quello della tardivit della iscrizione della riserva nei registri di contabilit e sotto quello della acquiescenza alla liquidazione dei compensi corrisposti alfimpresa. Ed invero non contestabile, e non contestato, che la riserva, relativa al maggior onere derivante dalla esecuzione degli scavi secondo modalit diverse da quelle esposte dalfart. 11 del capitolato, fu iscritta dopo che gli scavi in caverna vennero ultimati fra la fine del 1957 e l'inizio del 1958, e solo alla chiusura della contabilit e cio il 18 agosto 1960. Ma l'eccezione va disattesa. Validamente, invero, la difesa dell'impresa oppone che le scritture sono state tenute in via provvisoria e senza l'osservanza delle forme prescritte dal regolamento 25 maggio 1895, n. 350. Non si , invero, negato dalla difesa delfAmministrazione che le registrazioni, effettuate in occasione dell'emissione dei certificati di acconto per l'appalto in questione, riguardano a quantit in avanzamento : il che fa appunto ritenere che le quantit di lavoro sono state allibrate in cifre pi o meno approssimative, senza la misu (1-2) In questa Rassegna (1964, 1179), si criticata la giurisprudenza arbitrale, che respinge f onere della immediata riserva nel caso di contestazioni riguardanti i cos detti fatti continuativi, o situazioni accertabili in ogni tempo ovvero controversie non inunediatamente connesse a obbligazioni, perch riguardanti oneri generali, ovvero interpretazione di clausole di contratto o di norme di legge. Si accennato, che il sistema della riserva nei pubblici appalti, per le finalit che persegue, per la specifica disciplina che lo regola, non consente di derogare all'onere della immediata denuncia della contestazione. La decisione riportata prospetta un'ulteriore ipotesi di esonero dall'obbligo suddetto, quando si tratti di registrazioni provvisorie. Sembra quindi opportuno ricordare che secondo gli articoli 42, 47, 48 e 58 del Regolamento 25 maggio 1895, n. 850, la registrazione dei lavori viene effettuata, innanzi tutto, nei libretti delle misure, che sono tenuti in corrente con il progresso dei lavori (art. 47, secondo comma). Successivamente le annotazioni sono riportate nel registro di contabilit, ed accompagnate dall'indicazione del prezzo pattuito (artt. 58 e 54), in modo che sia possibile ricavarne gli stati di avanzamento, quando debba farsi luogo al pagamento di rate di acconto {art. 58, primo comma). Non appena annotate le partite di lavoro nel registro di contabilit, PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI E FORNITURE 239 .one delle parti eseguite. Tanto appare confermato dal fatto che, registro di contabilit, sono rimasti in bianco gli spazi sui quali arebbero dovute svolgere le figure geometriche per la determina1e delle singole partite di lavoro eseguite e la liquidazione dei prezzi contabilizzare. Appare chiaro, quindi, che le registrazioni sono avvenute secondo prassi invalsa, e cio in via provvisoria, in modo da consentire ifcazioni finali in pi o in meno delle partite iscritte. Ma anche a prassi adottata possa rispondere ad esigenze di una pi sollecita tabilizzazione dei lavori, ci non di meno essa non conforme al >lamento, che non conosce scritture provvisorie. Prescrive invero l'art. 30, secondo comma, del Capitolato generale 1a95, che cc le osservazioni dell'appaltatore sui documenti contabili >n potranno essere prese in alcuna considerazione, se non saranno ;entate ed inscritte nei termini e nei modi stabiliti dal regola1to ; ma il primo comma prescrive altres, quasi a premessa della lione contenuta nel secondo comma, he il registro di contabilit lltti gli altri documenti contabili cc dovranno essere rigorosamente llti secondo le disposizioni del regolamento 25 maggio 1895, n. 350 . Fra tali disposizioni sono particolarmente rilevanti quelle enun. e dall'art. 53 del regolamento, dalle quali agevolmente desumibile 1ecessit di esatte misurazioni nel libretto delle misure e della inser1e definitiva di tali misurazioni nel registro di contabilit. Sono queste le forme che il regolamento prescrive per la documenone dei dati relativi all'esecuzione del contratto; e, pertanto, all'osranza di tali forme sono anche connesse le rigorose conseguenze di . non chiara o irregolare riserva da parte dell'appaltatore, quali sono >ilite dall'art. 54 del citato regolamento. ~altatore invitato a firmarlo; ed in questo momento ed in questa sede, che tesso tenuto a proporre le osservazioni e le domande che ritiene di proprio resse, con comminatoria di decadenza (art. 53, primo comma; art. 54, sesto ma). ovvio che, in relazione alla natura dell'opera, ed alla fase di esecuzione, iisure riportate nei libretti delle misure possono avere ad oggetto tanto un ro gi ultimato, o anche una sua parte, e cio quella che risulti eseguita all'atto 1 misurazione. Di qui, per i lavori non ultimati, l'indicazione di registrazione in avanzamento, entemente usata per ragioni di chiarezza, e -del resto -imposta dal n. 2, io comma, del citato art. 42, secondo cui la misurazione deve specificare la e di lavoro eseguita. Frequentemente (come nell'ipotesi del lodo annotato) tali misurazioni in avanento vengono scambiate per registrazioni provvisorie. Ma l'errore evidente, rido si tenga presente che di registrazioni provvisorie il Regolamento conosce quelle eseguite su statini, brogliacci o minute (art. 48), destinate ad essere 1i presto riportate nei libretti delle misure, e successivamente nel registro di RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO E, del resto, giurisprudenza arbitrale ed autorevole dottrina hanno posto in rilievo come ronere della tempestiva iscrizione delle riserve, da parte dell'appaltatore, strettamente connesso con la rigorosa osservanza delle prescrizioni relative alla tenuta dei registri contabili. Obbedisce ad un principio generale che il valore probatorio {da cui si fa in definitiva discendere la preclusione di richieste non previste in tempestive riserve) di una determinata documentazione, opera soltanto se tale documentazione sia tenuta secondo le forme e nei modi previsti dalle stesse norme che le attribuiscono una particolare vis probatoria. N varrebbe rilevare, in contrario di quanto gi si osservato, che se le iscrizioni avevano carattere provvisorio per quanto concerneva le quantit, nessuna provvisoriet va riconosciuta alle voci sotto le quali sono stati classificati i lavori compiuti e, conseguentemente, i prezzi attribuiti. Ma agevole osservare che si verrebbe a creare, per tale via, un sistema contabile non previsto dal regolamento; una contabilit, cio, in parte definitiva e in parte provvisoria; in parte produttiva di effetti preclusivi di tardive richieste e in parte consentanea a iscrizioni di riserve successive ai termini. E tanto pi ibrido sarebbe un siffatto sistema ove si tenga presente che la preclusione non opererebbe proprio con riguardo a quei dati di fatto per i quali appunto stato -siccome riconosce la difesa dell'Amministrazione -istituito il particolare regime di documentazione degli appalti pubblici. Ed, invero, noto che la preclusione di una tardiva riserva deriva essenzialmente da quanto prescrive fart. 54 del regolamento del 1895, e cio che, se fappaltatore non abbia formulato riserve, i fatti registrati si intendono accertati, con contabilit. Registrazioni provvisorie non sono mai n quelle che risultano da tale registro, n quelle riportate .nei libretti delle misure: tutt'al pi, si tratter di registrazioni parziali, in relazione all'avanzamento delle categorie di lavoro registrate. Seguendo la tesi del lodo, si giungerebbe all'assurda conclusione che solo le registrazioni riassuntive riportate nello stato finale sono definitive, e quindi soggette all'onere della immediata riserva. Nella specie, il Collegio arbitrale, ha equivocato tra le distinte e successive fasi della misurazione e contabilizzazione, effettuando una indebita commistione tra le due operazioni; e riferendo le formalit RTE DI CASSAZIONE, Sez. Il, 1 aprile 1964, n. 688 -Pres. Guarnera -Est. Cassisa -P.M. Marucci (conf.) -Rie. Mastrocinque. ato -Delitti contro la p.a. -Discriminanti -Atto arbitrario del p.u. -Arbitrariet erroneamente supposta -Irrilevanza. (d.l. lgt. 14 settembre 1944, n. 288, art. 4). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Colui che commetta alcuno dei delitti indicati nell'art. 4 del d.l.lgt. 14 settembre 1944, n. 288, ritenendo illegale o di dubbia legalit il comportamento di un pubblico ufficiale, agisce a proprio rischio; per conseguenza, quando la supposta illegalit si riveli insussistente, l'azione tipica deve considerarsi animata da dolo eventuale e quindi passibile di pena (1). (1) Vedi Cass., 17 marzo 1944, n. 597. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. II, 6 maggio 1964, n. 974 -Pres. Santoro -Est. Callegari -P.M. Lenzi (conf.) -Rie. Civitano. Impugnazione -Motivi -Presentazione in cancelleria -Mancata indicazione della identit del presentatore da parte del cancelliere -Inammissibilit del gravame. (c.p., art. 201). L'attestazione del cancelliere circa l'identit della persona che ha presentato i motivi d'impugnazione elemento essenziale dell'atto di ricezione dei motivi stessi, e la sua mancanza determina l'inammissibilit del gravame; il fatto che l'omissione sia dovuta in tutto o in parte a negligenza del cancelliere deve considerarsi, sotto questo profilo irrilevante, poich alla parte o al difensore incombe l'onere di controllare, nel momento in cui l'atto viene compiuto, l'adempimento delle formalit prescritte (applicazione nella specie: presentazione di motivi del difensore dell'imputato) (1). (Omissis). -Infatti, la censura mossa alla sentenza dal ricorrente, in ordine alla declaratoria d'inammissibilit dell'appello, non fondata.. Il Tribunale di Potenza, rilevato che i motivi di appello recano la :firma dell'avv. Francesco Barti (ma il cancelliere si limitato ad apporvi l'attestazione: " presentati in cancelleria il 22 luglio 1960 >> ), ha tratto -~ .(1) Conforme Cass., Sez. III, 10 maggio 1963, rie. Venditti. Tale sentenza equipara l'attestazione del cancelliere relativa all'identificazione del presentatore a quella concernente la data di presentazione dei motivi, sulla scia di altra sentenza, di poco anteriore: Cass., Sez. III, 12 novembre 1962, entrambe in Giust. pen., 1963, III, 484, mass. nn. 543-544 con note). Tale orientamento giurisprudenziale controverso: cfr. contra, in senso pi liberale, Cass., Sez. III, 2 febbraio 1962, rie. La Pertosa, Giust. pen., 1962, III, 503, mass. 730 ed ivi nota. -:: PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE logica deduzione della mancanza di qualsiasi element<;> dal quale sa desumersi la persona che materialmente procedette alla presenlone dei motivi stessi. E poich l'identificazione di tale persona necessaria per accertare essa rientra tra le persone tassativamente abilitate dalla legge alla sentazione dei motivi di gravame, ha giustamente ritenuto che l'attedone. del cancelliere, concernente l'identificazione anzidetta, forlit essenziale la cui omissione determina l'inammissibilit del grarie, nulla rilevando che all'omissione abbia concorso la negligenza cancelliere, incombendo alla parte o al difensore lonere di confare, al momento della presentazione dei motivi, che la prescritta istazione venga adempiuta. Si adduce, a sostegno del ricorso, che l'attestazione necessaria essenziale quando il presentatore persona diversa dal sottoscrittore motivi, non anche quando -come nella specie -il presentatore lo stesso difensore che li abbia sottoscritti; ma la distinzione involge 1 petizione di principio, in quanto l'identificazione del presentatore la persona del difensore non affatto dimostrata. N dalla mancata indicazione del presentatore da parte del caniere possibile trarre argomento a sostegno della tesi del ricorrente, :tandosi di omissione che non postula evidentemente, la presunzione la sussistenza di un fatto che nulla impediva al pubblico ufficiale di istare qualora fosse realmente avvenuto. N vale addurre che i motivi d'appello erano scritti su carta intea del difensore sottoscrittore e che questi aveva anche provve o a far apporre dal cancelliere le marche di previdenza e assistenza gli avvocati e procuratori, all'atto del deposito dei motivi, circo1ze queste che nulla dimostrano sulla persona che present al caniere i motivi del gravame. N, infne, rileva largomentazione a contrario secondo la quale ;tesso art. 201 del codice di rito non accenna alla necessit della 1zione della persona che presenta i motivi da parte del cancelliere, 1tre in caso di trasmissione dei motivi col mezzo di raccomandata lone che la sottoscrizione delle parti private o del difensore debba ire autenticata da notaio o da persona autorizzata {sesto comma del detto articolo). f: evidente la ratio di questa disposizione: tanto venuto deposito dei motivi di gravame, quanto la ricezione di quelli messi a mezzo di raccomandata, devono essere certificati dal caniere; ma nel primo caso lautenticit della provenienza dell'atto curata dalla identificazione, ad opera del cancelliere, della persona ha presentato i motivi, ci che non possibile nella seconda ipotesi. L'autenticazione della sottoscrizione ad opera del notaio o di altra ;ona debitamente autorizzata supplisce e surroga l'opera del cancel e. -(Omissis). 246 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. II, 22 giugno 1964, n. 1384 -Pres. lYAmario -Est. Piacenza -P.M. Moscarini {conf.) -Rie. P.M. in & proc. c. Guttilla. . I Furto -Impossessamento della sabbia estratta nell'ambito demaniale marittimo senza concessione -Concorso col reato previsto dal cod. navig. -Sabbia gi estratta -Non riveste carattere di cosa destinata a pubblica utilit. (c.p., art. 624; cod. nav., art. 1162). Nel caso di impossessamento di sabbia, estratta senza autorizzazione dal lido del mare, finf razione di natura contravvenzionale preveduta in proposito dal codice della navigazione (art. 1162) concorre, se ne sussistano gli estremi, col delitto di furto, reato la cui configurazione non incompatibile con la natura di bene demaniale della cosa mobile oggetto del furto stesso, e ci perch, attraverso l'impossessa . mento illecito, si priva la collettivit di quel normale godimento del bene che pu aversi soltanto quando si osservino le regole all'uopo prescritte per ruso ordinato, nelrinteresse di tutti, del berie demaniale stesso. Deve, peraltro, escludersi che la sabbia, come tale, costituisca cosa de:stinata a pubblica utilit, una volta che sia estratta dal lido del mare e, cos mobilizzata, acquisti una sua individualit specifica, per cui non si pu concludere che attualmente adempia, ed immediatamente, a quella funzione di utilit collettiva che per rappunto caratteristica precipua delle cose destinate ad utilit pubblica. In tale caso, pertanto, ricorre l'ipotesi di furto semplice ex art. 624 del codice penale. {Omissis). -Il Tribunale, con la sentenza impugnata in questa sede dal Procuratore della Repubblica, ha ritenuto che, essendosi il Guttilla impossessato di sabbia estratta dal lido del mare, in localit Casteldaccia, ed essendo la sabbia res nullius, non si potevano ravvisare a carico del Guttilla stesso gli estremi di. un reato di furto, mentre, in ogni caso, si doveva giudicare che i fatti oggetto del capo di accusa cestituivano la contravvenzione, per altro estinta in virt di amnistia, con riferimento agli artt. 51 e 1162 del codice della navigazione. Ricorrendo avanti questo Supremo Collegio, il Procuratore della Repubblica di Palermo lamenta che il Tribunale non abbia tenuto conto {l) Sul concorso formale del reato contrawenzionale con quello di furto, giurisprudenza costante: Cass., Sez. Un., 27 ottobre 1962, Giust. pen., 1963, Il, 498; Cass., Sez. Un., 31 marzo 19'62, Giust. pen., 1963, II, 5 ed ivi richiami. Sull'esclusione dell'aggravante ex art. ,525, n. 7, c.p. vedasi, in senso conforme, Cass., Sez. Il, 7 marzo 1962, Giust. pen., 1900, II, 142, ed ivi richiami. PARTE I, SEZ. vn, GIURISPRUDENZA PENALE 247 la pi recente giurisprudenza di questa Corte di Cassazione, nel lSO che la sabbia estratta dal lido del mare pu costituire oggetto di to, concorrendo il relativo delitto con la contravvenzione preveduta proposito dai gi citati artt. 51 e 1162 del codice della navigazione. Ora giudica questa Corte Suprema che il ricorso del Procuratore la Repubblica , in linea di principio, fondato. Invero, questa Corte di Cassazione ha ripetutamente deciso che, caso di impossessamento di sabbia, estrtta Senza autorizzazione lido del mare, l'infrazione, a titolo contravvenzionale, preveduta in posito dal codice della navigazione, concorre, quando si realizzino i itivi estremi, con il delitto di furto, mentre di ci i giudici di secondo .do non hanno tenuto conto. Le sentenze pronunciate da questa Corte nella soggetta materia mo anche chiarito come la configurazione nella specie di un reato furto non incompatibile con la natura di bene demaniale della a mobile oggetto del furto stesso, e ci perch attraverso l'imposses1ento illecito, si priva la collettivit di quella normale fruizione del ie che pu aversi soltanto quando si osservino le regole all'uopo :scritte per l'uso ordinato, e nell'interesse di tutti, del bene demale medesimo. Questo Supremo Collegio ha, per altro, escluso che l'impossessanto di sabbia estratta dal lido del mare possa di per s solo integrare estremi dell'aggravante di cui all'art. 625 n. 7 c.p. ~ noto, infatti, come l'esposizione alla pubblica fede, di cui alla ldetta disposizione di legge, debba dipendere da un affidamento t probit dei singoli dovuto "ad una attivit umaJ?.a, e non soltani ituazioni meramente naturali od ambientali, anche se la consider~ne di queste ultime non pu essere del tutto. trascurata, in. rapporto t natura della cosa che, in relazione, come si detto, ad una attivit l'uomo, deve costituire l'oggetto del necessario affidamento di c~1i a usa. Sono quindi, per loro natura, esposti alla pubblica fede i covoni di no che l'uomo deve necessariamente lasciare nei campi dopo la ititura, e prima della trebbiatura, le erbe che l'uomo ha tagliato nel to, e che ivi debbono essere lasciate, perch possano seccare al sole, ma della loro utilizzazione, ecc. Quanto alla sabbia, invece, si ritenuto che non vi sia alcuna attit dell'uomo in relazione alla quale la sabbia stessa resti alla mero tutti, dato che questa conseguenza dovuta unicamente a ragioni urali e, pertanto, in casi di questo genere, si sempre esclusa l'agvante. D'altro canto questa Suprema Corte ha anche escluso che la sabbia, ne tale, costituisca cosa destinata a pubblica utilit, una volta che RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sia estratta dal lido del mare, e, cos mobilizzata, acquisti una sua individualit specifica, per cui non si pu concludere che attualmente adempia, ed immediatamente, a quella funzione di utilit collettiva che per l'appunto caratteristica precipua delle cose destinate ad utilit pubblica. Nel suddetto stato di cose si tratta di furto senza aggravanti, e, nei riguardi del Guttilla, il furto medesimo estinto in virt dell' amnistia concessa con d.p. 24 gennaio 1963, n. 5, a ci non ostando i precedenti penali dell'imputato, donde l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata._,-(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE -Sez. II, 23 giugno 1964, n. 1392 -Pres. Guarnera -Est. De Peppe -P.M. {conf.) -Rie. in proc. c. Abbagnara. Furto Furto di cose facenti parte di un bene demaniale -Aggravante di cui all'art. 625, n. 7, c.p. -Condizioni di applicabilit Fattispecie Furto di sabbia estratta dal lido del mare Inapplicabilit della aggravante. (c.p., art. 625, n. 7). Il fatto che un bene immobile, per la sua natura demaniale, sia destinato a pubblica utilit, non importa necessariamente che l'asportazione di cose che ne siano componenti debba essere assoggettata alla -: disciplina dell'art. 625 n. 7 c.p., poich per gli effetti stabiliti da questa ... ?: , norma la destinazione a pubblica utilit deve essere inerente alla cosa ..; sottratta nella sua autonoma individualit e non soltanto all'immobile, di cui essa fa parte, nel suo complesso (applicazione nella specie: esclusione delr aggravante di cui all'art. 625, n. 7, nel caso di furto di sabbia estratta dal lido del mare) (1). (1) Cfr. Cass. pen., Sez. Il, 22 giugno 1964, n. 1384, in questa Rassegna, 1965, I, 246, con nota di richiami ' . . PARTE SECONDA RASSEGNA DI DOTTRINA !oLIGNO, Titolarit del credito per imposte dirette e garanzia fideiussoria, da Scritti giuridici in m. di MARCELLO BARBERIO CoRSErn, Milano, 1964, pag.. 243 ss. Con lo studio in rassegna, l'a., prendendo occasione da una recente manifesta. e giurisprudenziale (App. Genova, 7 gennaio 1g63, Finanze-Manzini, Foro it., :, I, 814), secondo la quale l'obbligazione fideiussoria, a garanzia del pagamento mposte dirette riscuotibili mediante ruoli esattoriali, si estinguerebbe, in pedis1a applicazione della norma di cui al primo comma dell'art. 1957 del codice e, quando l'Amministrazione non proponga e prosegua l'azione, almeno nei ronti dello stesso fideiussore, entro il previsto termine semestrale, da considerare 1rrente dalla scadenza delle singole rate, esamina ex professo il problema, che sembra sia stato prima d'ora fatto oggetto di indagine, e lo inquadra nei suoi 1ini generali, in primo luogo domandandosi se, ed in quali limiti, nella soggetta :ria, possa la fideiussione ritenersi regolata dalle stesse nonne che disciplinano tuto nel campo delle obbligazioni in genere. A tal fine, l'a. rileva che preliminare e determinante appare la soluzione della tione circa la titolarit del credito d'imposta, che sia da ritenere spettante 11te impositore ovvero all'esattore, e fa il punto, perci, sullo stato della dottrina Ha giurisprudenza in proposito, pervenendo alla conclusione che all'ente, esclu nente, deve riconoscersi quella titolarit, essendo l'esattore, invece, da conside titolare dell'azione di riscossione; la quale azione, poi, egli avverte, ben pu adrarsi, quando se ne voglia ricercare una sistemazione dommatica, nell'ambito principi i.n tema di sostituzione processuale. Sulla base di tale premessa, nonch osservando che il debito d'imposta , piut che una obbligazione in senso proprio, soltanto una tra le prestazioni cui ggetto passivo tenuto, nell'ambito del rapporto giuridico tributario, e rilevando una tale prestazione non pu avere una scadenza in senso tecnico >>, essendo la ivisione in rate soltanto una modalit di essa, per altro attinente all'azione di ssione, e non al rapporto sostanziale, sottolinea come debba, conseguentemente, mancante lo stesso presupposto, la scadenza dell'obbligazione, contemplato nella ;pecie normativa di cui al citato art. 1957, primo comma, e.e.; aggiunge che, ra parte, pur se potesse ricondursi il debito d'imposta nella nozione di obbli me in senso proprio, la conclusione indicata non potrebbe mutare, posto che atterebbe in ogni caso di una obbligazione senza una prefissa scadenza, ta determinandosi soltanto o per effetto di intimazione del titolare del to, (art. 1183 e.e., primo comma) o per statuizione del giudice (art. 1183 secondo comma), ma non certo in dipendenza della scadenza delle rate di ;sione, attinenti al rapporto esattoriale e non a quello sostanziale; osserva, ~. che una scadenza automatica, in ipotesi, potrebbe ravvisarsi in coincidenza la nascita del diritto di azione, per consolidazione di questa con il credito >osta, e cio, in definitiva, soltanto al momento in cui, esaurita la procedura >riale, e fattosi luogo al rimborso, in favore dell'esattore, della quota inesegibile, : impositore riacquisti il potere di escutere direttamente il debitore. Perviene alla conclusione dell'inapplicabilit della norma in questione, in principio, alla 1ssione prestata a garanzia del debito di imposte riscuotibili con ruoli, e grada 11te, in relazione alle altre accennata premesse, nonch ricordando che il con di scadenza involge necessariamente il requisito dell'azionabilit , prospetta ~ l'ulteriore tesi, secondo cui la scadenza del debito d'imposta, anche ai fini RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO in discorso, andrebbe in ogni caso considerata con riguardo alla pos1z1one del soggetto attivo, ed individuata, perci, in collegamento con quella azionabilit da parte fu dell'ente titolare del credito. Per compiutezza di indagine, poi, prende in considerazione anche l'opposta tesi, della scadenza del debito d'imposta secondo la rateazione prevista per la riscossione esattoriale, osservando che, in tal caso, ugualmente dovrebbe escludersi la necessit di una diretta proposizione di istanze, da parte dell'ente creditore, per la conservazione della garanzia fideiussoria, giacch, dovendosi nella detta ipotesi considerare la stessa azione esattoriale come azione dell'ente, non si dovrebbe, ai fini impeditivi della decadenza di cui alla norma in esame, e cio per giudicarsi della tempestivit e diligenza richieste, che tener conto degli adempimenti previsti dalla legge di riscossione, e cos per ogni modalit relativa, da quanto attiene alla rateazione fino a ci che concerne il rimborso, per inesigibilit, in favore dell'esattore. Infine, esamina anche la questione che si porrebbe quando si accedesse alla contraria tesi di base, secondo cui all'ente non spetterebbe la titolarit del credito, che acquisterebbe soltanto dopo l'espletamento infruttuoso della procedura esattoriale, ed osserva -considerando che, in tal caso, la fideiussione risulterebb.e prestata a garanzia di una obbligazione futura -come il sorgere di questa, soltanto, ne determinerebbe la stessa scadenza, che a quell'esaurimento del processo esattoriale di riscossione risulterebbe, dunque, sempre collegata. Lo studio, come pu evincersi dalla esposizione che se ne innanzi tentata, pur apparendo di indagine particolare, con riguardo al preciso settore considerato, involge qestioni di principio di notevole momento, come quella, sulla quale l'a_ si sofferma, attinente alla titolarit del credito per imposte dirette riscuotibili con ruoli: questione che condiziona, in effetti, nei suoi termini di fondo, la soluzione del pi specifico argomento in discussione; rispetto al quale ultimo, poi, di indubbio interesse anche per la gi segnalata mancanza di precedenti, giova rilevare che, in effetti, le alternative nel lavoro proposte non sembrano lasciar margine per ulteriori, diverse od opposte, soluzioni. Invero, essendo la rateazione del debito di imposte dirette prevista esclusivamente in funzione della riscossione esattoriale, ai fini della quale essa positivamente disciplinata, non dovrebbe potersi dubitare, in tesi, della sua irrilevanza ad ogni altro effetto, e quindi anche a quello de'.la scadenza, in senso tecnico, dell'obbligazione, rispetto al soggetto titolare del credito, per il quale, ad ogni modo, lo stesso interesse a conseguire la prestazione dal contribuente, ed il correlativo potere di agire direttamente contro il debitore, non sorgono se non a seguito del negativo esperimento della procedura esattoriale e del disposto rimborso, in favore' dell'esattore, delle somme che da quest'ultimo, per l'obbligo del non riscosso per riscosso, l'amministrazione creditrice abbia, intanto, ricevuto. da osservare, d'altra parte, che il problema della scadenza non potrebbe esaminarsi sotto il solo lato passivo, e con riferimento al rapporto esattoriale, e cio tenendosi conto del momento in cui il debitore pu e deve fare il versamento all'esattore, ma andrebbe visto anche con riguardo al lato attivo, per l'individuazione del momento in cui l'ente creditore pu pretendere l'adempimento, dovendo tali aspetti, in definitiva, congiuntamente essere contemplati, poich, se. unica deve essere, indefettibilmente, la scadenza dell'obbligazione, la stessa non pu che venir riferita a quell'identico tempo in cui l'una parte pu chiedere e l'altra pu adempiere; e ci,. naturalmente, nell'ambito del rapporto sostanziale, e cio considerndosi dal lato attivo la posizione non gi del titolare dell'azione di riscossione, bensl quella del titolare del credito, e cos rilevandosi, come l'a. avverte, che quel momento coincide con quello ih cui, conclusa la fase esattoriale, pu quel rapporto, al quale deve ritenersi riferita la garanzia fideiussoria, e cio il rapporto tra l'ente ed il contribuente, manifestarsi nella sua completezza, ed in particolare anche nel suo profilo. I PARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA 3 : potrebbe dirsi processuale, di reciproca immediata e diretta legittimazione adempimento della prestazione. ben noto, per altro, che, dopo alcune incertezze, l'interpretazione lella norma, cui al primo comma dell'art. 1957 e.e., si infine venuta consolidando nel senso: :he il termine, entro il quale il creditore deve proporre le sue istanze, di deca: za, e preventivamente rinunciabile, per, in quanto attiene a materia non sot: ta alla disponibilit delle parti (Cass., 28 ottobre 1960, n. 3146, Foro it., 1960, fo6; Cass., 18 ottobre 1960, n. 2811, Foro it., 1961, I, 818; e, per la dottrina, cfr. . GALI, Fideiussione, Commentario al codice civile, a cura di ScrALOrA-e BRANCA, ogna, 1957, 496 ss.; contra, per la tesi della prescrizione, FALASCHI, L'art. .1957 codice civile, Foro it., 1958, IV, 105); b) che la funzione dell'onere posto a caricq creditore, di tempestivamente. iniziare e diligentemente proseguire le sue istan;ze, nell'ambito di un dovere di correttezza, quella di impedire che il fideiussore anga a lungo esposto, anche per effetto di dilazioni dal creditore concesse al debi, : principale, e deve dirsi adempiuta, quindi, pur se nel termine previsto il cre re abbia rivolto le sue istanze esclusivamente nei confronti del fideiussore stesso ss., 2 marzo 1961, n. 432, Foro it., 1962, I, 836). '-' E poich, per quanto concerne la fideiussione in materia tributaria, e segnata!: 1te a garanzia di imposte dirette riscuotibili col sistema esattoriale, devono il ere di correttezza ritenersi osservato, e l'indicata funzione considerarsi as~olta 1 ndo sia espletata la procedura di riscossione in conformit delle leggi che la :iplinano, ed chiaro, poi, che la possibilit di escutere il solo fideiuss.ore non tradursi in un onere, costituendo mera facolt, in ogni caso esercitabile soltanto presupposto che il creditore abbia una scelta, e cio che egli sia titolare anche 'azione esecutiva nei confronti del debitore, sembra potersi conclusivamente rare che, pur nell'ambito dei comuni principi, quando da ritenere in pieno licabili nella soggetta materia, dovrebbe comunque escludersi ogni rilevanza a scadenza delle rate dei ruoli, rispetto all'ente titolare del credito garantito con ligazione fideiussoria; ed in ordine a questa, poi, ed in quanto il termine di cui Lrt. 1957 e.e. di decadenza, e rinunciabile ai sensi dell'art. 2968 e.e., sembra :rsi anche osservare che l'assunzione dell'obbligazione medesima, collegata ad debito di imposte da riscuotersi con ruoli e riferita, per, all'interesse sostane dell'ente creditore, deve intendersi sempre operata in vista dell'eventuale nega. esito della procedura esattoriale, e, quindi, con un limite di tempo almeno rapato all'espletamento della stessa, con conseguente rinuncia -sia pure implicita, necessariamente derivante dalla funzione in materia assegnata alla detta ga: ia -, a quel ripetuto termine semestrale, del quale, in definitiva, si conferma Lpplicabilit, in principio, nella considerata materia. MARIO FANELLI RASSEGNA DI LEGISLAZIONE I I DISEGNI E PROPOSTE DI LEGGE ** NEL CENTENARIO DELLA LEGGE 20 MARZO 1865, N. 2248, ALL. E Disegno di legge presentato dal Ministro dell'Interno Minghetti il 27 aprile 1861 (Camera dei Deputati, sessione 1861/62, stampato n. 46). Disegno di legge presentato dal Ministro dell'Interno Peruzzi il 29 maggio 1863 (Camera dei Deputati, sessione 1863/64, stampato n. 9). Disegno di legge presentato dal Ministro dell'Interno Lanza il 24 novembre 186* (Camera dei Deputati, sessi9ne 1863/64, stampato n. 275). Compiendosi cento anni dall'approvazione della legge sull'abolizione del contenzioso amministrativo, le disposizioni fondamentali della quale ancora oggi costi Si segnalano quelli ritenuti di maggior interesse. ln questo numero la rubrica dedicata alla rievocazione, nella ricorrenza centenaria, dei. disegni di legge e dei lavori parlamentari per l'abolizione del contenzioso amministrativo. ' PROVVEDIMENTI LEGISLATIVI* D.L. 14 GENNAIO 1965, N. 1 -Istituisce un fondo speciale per il finanziamento delle medie e piccole industrie manifatturiere come gestione speciale dell'Istituto Mobiliare Italiano (I.M.I.) stabilendone le disponibilit, dettando norme per la utilizzazione di queste e concedendo esenzioni ed agevolazioni fiscali (G.U. 15 gennaio 1965, n. 1z). LEGGE .1 FEBBRAIO 1965, N. 13 -Contiene la delega al Governo per la emanazione, entro dodici mesi dalla entrata in vigore, di una nuova tariffa dei dazi doganali, fissandone i principi ed i criteri direttivi (G.U. 15 febbraio 1965, n. 40). LEGGE 19 FEBBRAIO 1965, N. z.7 -Converte in legge il d.l. 23 dicembre 1964, n. 1353 (segnalato in questa Rassegna, 1964, Il, 201; G.U. 20 febbraio 1965, n. 45). LEGGE 19 FEBBRAIO 1965, N. 30 -Converte in legge il d.l. 23 dicembre 1964, n. 1356 (segnalato in questa.Rass!1gna, 1964, Il, 201; G.U. 20 febbraio 1965, n. 45). LEGGE 19 FEBBRAIO 1965, N. 33 -Converte in legge, con modificazioni, il d.!. 123 dicembre 1964, n. 1357 (segnalato in questa Rassegna, 1964, Il, 201; G.U. 20 febbraio 1965, n. 145). i ~ ' PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE cono la base del sistema di giustizia nei rapporti tra il cittadino e la pubblica ninistrazione, appare doveroso, e pu essere comunque di interesse, e non mera1te storico, rievocare qui, nella rubrica dedicata all'esame delle iniziative legisla' quelle che furono le tappe salienti, attraverso le quali il Governo ed il Parla1to dell'Italia unificata, facendosi solleciti interpreti delle istanze del costitu1alismo liberale, e queste considerando non soltanto sotto un profilo politico, s anche alla stregua dei principi giuridici che la scienza del diritto amministra- veniva fissando, pervennero a quella riforma, che, pur con lacune e manche, zze, inevitabili per la novit dell'ordinamento che con essa si attuava, costitui dei pilastri, nella pi moderna concezione all'epoca ipotizzabile, dello Stato iiritto. Negli Stati pre-unitari, le cui legislazioni erano per la maggior parte informate >rincipi di queHa francese, dalla quale ripetevano anche una rigida idea della lrazione dei poteri, era fermo il principio, come ben noto, che ,,degli affari tivi a rapporti tra il cittadino e l'Amministrazione, o nei quali asSmesse rilievo, .unque, un atto dell'Amministrazione, questa stessa, soltanto, dovesse giudicare, esclusione di ogni ingerenza dei corpi giudiziari; e, per altro -portato della enza, che pur veniva affermandosi, sopratutto ad opera della dottrina, secondo per miglior garanzia del cittadino, si sarebbero dovute sempre tener distinte 'unzioni di amministrazione pura da quelle di giudicatura -erano in vigore sistemi di giudizi affidati a corpi diversi, che, pur inseriti nell'organizzazione ninistrativa, tuttavia, per la struttura loro collegiale, e per una disciplina di ie procedimentali, si riteneva fossero pi idonei a conciliare la ritenuta necessit mttrarre ai tribunali ordinari la cognizione di ogni controversia interessante nministrazione, ed il bisogno di assicurare ai cittadini una pi completa difesa. Questi sistemi, che si dissero, appunto, del contenzioso amministrativo, ebbero varia articolazione; e quello di essi, pur il pi moderno e perfezionato, introo nello Stato di Sardegna con la legge del 30 ottobre 1859, n. 3708, emanata irt dei pieni poteri conferiti al Governo con la legge del 25 aprile dello stesso ), nemmeno potette, dopo l'unificazione, essere esteso a tutte le nuove province, ! quali, invero, o la materia continuava ad essere regolata secondo gli ordinati previgenti, o, addirittura, si era gi pervenuti ad affermazioni legislative del aperto principio della giurisdizione unica, affidata ai tribunali ordinari: come : province della Romagna e dell'Umbria, nelle quali, sull'esempio della Costione belga del 1830, si proclam, con decreti dei governi provvisori, rispetvate del 31 agosto 1859 e del 9 novembre 1!J6o, che le cause gi attribuite alla petenza dei tribunali del contenzioso amministrativo, sarebbero state giudicate tribunali comuni. Con la unificazione dello Stato, dunque, sorgeva la necessit di provvedere, nella 'iderata materia, ad una disciplina uniforme; per la quale, per altro, si poneva roblema dell'adesione eventuale all'accennati)' principio della giurisdizione unica '.uesta intesa o anche in funzione dell'identit dei collegi giudicanti, o con la ituzione, per la materia amministrativa, di organi speciali, ma sempre con caratpienamente giurisdizionale), ovvero della semplice riduzione ad unit della lamentazione dello speciale contenzioso; con la ulteriore esigenza, in ogni caso, ar luogo alla determinazione dei criteri per la suddivisione delle competenze. Una soluzione delle non facili questioni, che cos Si ponevano, venne proposta Ministro dell'Interno Minghetti, che present alla Camera dei Deputati, il 1prile 1861, il primo dei disegni indicati in epigrafe, col quale si prevedeva >lizione dei tribunali del contenzioso e si precisava la ripartizione, tra i tribu ordinari e l'autorit amministrativa, della competenza nelle materie, che a li, prima, erano devolute. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO .STATO 6 La relazione, con la quale il proponente accompagn quel disegno, contiene anche una interessantissima parte introduttiva, dedicata all'esame comparato dei sistemi di giustizia vigenti, per la materia in oggetto, sia negli altri paesi europei, sia nelle antiche e nuove province d'Italia (1); e di essa, per, meritano di essere ricordati, in particolare, per la chiarezza e l'efficacia dei concetti, i brani contenenti l'esposizione delle ragioni che inducevano a ritenere accettabile, senza preoccupazioni, il principio della sottoposizione della pubblica amministrazione alla comune giurisdizione, che sarebbe stato, invero, non incompatibile con quello della divisione dei. poteri, pi modernamente .da intendere come distinzione e coordinamento organ, ico delle ..funzioni deao Stato, una volta precisata, in vista di ci, la non revocabilit o modificabilit, ad opera dei tribunali ordinari, degli atti dell'amministrazione. . Disse il Minghetti (2) riferendosi ai timori espressi, anche in dottrina, dagli oppositori del criterio abolizionista, i quali . prospettavano i pericoli dell'intralcio che. sarebbe derivato, dall'ingerenza del potere giudiziario, all'ordinato svolgimento dell'attivit amministrativa: Ufficio di essi (tribunali) Ǐ di giudicare, non di governare; e certamente governerebbero, se potessero revocare o modificare gli atti .del pot,ere amministrtivo. Ma non potranno i tribunali ordinari, rispettando quegli atti, giudicare delle loro conseguenze giuridiche rispetto ai diritti dei terzi? Non sar nella naturale ed universale giurisdizione di essi tribunali decidere se tali atti, della cui legittimit e giustizia non possono cercare, abbiano disturbato semplicemente un interesse, od abbiano diminuito una propriet, sicch sia questo da dichiarare caso d'indennit o ristoro, diversamente dall'altro, nel quale il privato reclamante a torto vuol trovare un'offesa ai suoi diritti, in ci che la semplice condizione legale ed il limite dei medesimi'! Fra il dire che l'atto amministrativo non pu n censurarsi, ed il dire che le sue conseguenze siano suscettive di giudizio e di ammenda, v'ha forse un'essenziale contraddizione? E dagli interrogativi cosl proposti, per vero retorici ed in s comprensivi di una lineare univca risposta, perveniva -dopo l'affermazione in principio della deferibilit alla giurisdizione ordinaria della competenza nelle controversie, pur se interessanti l'amministrazione pubblica, rela~ive a diritti -anche a quella enunciazione basilare, che, sia pure per il tramite di ulteriori iniziative, il primo disegno in esame non essendo giunto in porto, doveva portare alla formulazione della regola, di cui all'art. 4 del noto allegato E alla 1. 20 marzo 1865, n. 2248, che rappresent una V soluzione quanto mai felice, ancora oggi da riconoscere, e riconosciuta, valida, per il COnt\;tuperamento delle esigenze dell'azione amministrativa, nell'interesse pubblico prima ancora he per la salvaguardia delle preroganve dell'un potere dall'ingerenza dell'altro, con quello della piena garanzia giurisdizionale per i cittadini (3). Dell'esigenza di pervenire all'abolizione degli istituti del contenzioso amministrativo si dimostr pienamente convinta la Commissione della Camera, che ebbe ad esaminare quel disegnp, nella cui impostaz-ione generale convenne, sottolineando, (1) La relazione contenuta .nello stampato n. 46 degli Atti della Camera, sessione 1861/62; per notizie sulla legislazione degli altri Stati europei e di quelli italiani pre-unitari, cfr. CAMMEO, Commentario delle leggi sulla giustizia amministrativa, Milano, 1905, I, 376 segg:; SALANDRA, La giustizia amministrativa, Torino, 1905, 93 segg.; VACCHELLI, nel Trattato di diritto amministrativo del/'ORLANDO, Milano, 1907, III, 279 segg. (2) Citata relazione, ro. (3) Il principio, con una formulazione leggermente diversa da quella poi adottata nell'art. 4 della legge, era fissato nel primo comma dell'art. 8 del disegno: Quando, nei casi compresi nel disposto del n. 3 dell'art. 2, il punto della contestazione sia tra un atto del1 'autorit amministrativa ed un diritto che si pretenda leso, dovr il tribunale limitarsi a dichiarare le conseguenze giuridiche dell'atto stesso, senza che questo possa essere revocato o modificato se non dietrq ricorso in via amministrativa ". PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE a sua relazione (4) come il rispetto per la inviolabilit dei diritti e la inderible osservanza delle regole costituzionali impongono di trovar modo affinch, :a ledere la prerogativa e gli interessi dell'amministrazione, si accordi ai privati possibile soddisfazione e libert di difesa, mediante l'esperimento delle loro oni davanti i tribunali ordinari; essa soltanto rilev che il progetto ministe~ sarebbe potuto riuscire non sufficientemente chiaro nella separazione delle petenze, dei tribunali e dell'autorit ammin}strativa, con rischio di eccesso 1 conflitto giurisdizionale >>, e, per ovviare al temuto inconveniente, e nella preoc1zione che la enumerazione delle materie, devolute ai tribunali, secondo la >osta governativa, potesse restrittivamente intendersi, suggeri di adottare, all'ino, la regola generale della devoluzione ai giudici ordinari di " tutte le questioni fin qui erano conosciute e decise dai Consigli e tribunali del' contenzioso ammirativo (5) con la ,riserva all'autorit amministrativa della decisione sulle sole ;tioni espressamente ec:i analiticamente indicate (6). Questo, della discriminazioned delle competenze, risult, in effetti, uno dei profili delicati della riforma, e, forse, fu proprio per la difficolt di trovare una sodacente soluzione, che al disegno, come prima si accennato, non fu dato ulte~ seguito. Rimanevano ben fermi, per, i principi che lo avevano ispirato, ed il Governo, Jca distanza di tempo, essendo il Minghetti Presidente del Consiglio, e Ministro 'Interno il Peruzzi, present il secondo dei disegni in epigrafe (7): col quale, a considerazione che la enumerazione, proposta da quella prima commissione, ,i affari riservati all'amministrazione, potesse essere incompleta, e dar luogo 1pposto inconveniente, che nella competenza dell'autorit giudiziaria potessero !tare compresi anche affari, gi attribuiti ai tribunali del contenzioso, cc giurisdi1e privilegiata, che si era arricchita usurpando dall'uno e dall'altro potere (8) per loro natura di competenza dell'autorit amministrativa, proponeva il ritorno 1rimitivo criterio di distinzione, con una pi esauriente individuazione, per altro, ~ materie da attribuirsi alla cognizione dei tribunali ordinari. La commissione dell Camera, che esamin il nuovo disegno, ugualmente accolse soddisfzione il criterio fondamentale dell'abolizione dei tribunali amministrae quello della giurisdizione unica (9), e, dopo aver ricordato i precedenti della rma, ferm la propria attenzione sul discusso criterio di discriminazione delle petenze, e, considerata la opportunit che il metodo della legge nello stabilire lue competenze fosse pi razonalmente induttivo, e per riguardo al soggetto, :li al principio della indipendenza e separazione dei poteri da cui essa muove, er rispetto all'oggetto, ossia al fine dell'abolizione della speciale giurisdizione, (4) La relzione fu estesa dal deputato. PANATTONI, Atti della Camera, sessione 1861 /62, pato n. 46/A. (5) Art. 2 del progetto emendato dalla Commissione: cit. stampato n. 46/A, pag. 6. (6) Art. 3 del progetto di cui alla nota precedente. (7) Non si fatto cenno di altro disegno, presentato dal Ministro RATTAZZI il 22 nobre 1862 -Atti della Camera, sessione 1861/62, stampato n. 352 -, col quale si pro: va un puro e semplice riordinamento dei tribunali del contenzioso, poich esso non alcun seguito di relazioni o discussioni parlamentari. (8) Relazione PERuzz1: Atti della Camera, sessione 1863/64, stampato n. 9, pag. 2, (9) La relazione di detta Commissione, estesa dal BoRGATTI -Atti della Camera, ses~ 1863/64, stampato n. 9/A -cos. inizia: Una giurisdizione che si sottrae alle franie onde in un paese libero per patto fondamentale amministrata la giustizia, appare malit cos .palese, e tanto strana contraddizione, che nell'Italia rigenerata doveva sorgere, ~ di subito sorse, vivo e gagliardo desiderio che, con altri tribunali speciali, sparisseru quelli del contenzioso amministrativo . RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO che essa vuole conseguire (10), propose senz'altro di escludere il criterio empirice> della elencazione delle materie riservate all'amministrazione o ai tribunali (11), e sottoline la opportunit di rifarsi a criteri pi scientifici, da identificarsi secondo la distinzione, del resto gi avvertita in un progetto abolizionista presentato al Parlamento subalpino ( xz), tra diritti ed interessi: distinzione -si legge nella rela I I zione (13) -la quale sorger spontanea al solo considerare se gli atti e provve ~ dimenti amministrativi dai quali quelle questioni hanno origine feriscano l'interesse collettivo od individuale degli am~iwistrati, ovvero manomettano alcun loro diritto ; aggiungeva che la discriminazione razionale delle competenze non avrebbe comunque potuto dar luogo a preoccupazioni di indebite ingerenze da parte dei giudici ordinari, i quali, pur in presenza di diritti, non avrebbero dovuto giudicare, come nella relazione Minghetti era gi sottolineato, se non delle conseguenze giuridiehe degli atti amministrativi; si preoccupava, inoltre, di ribadire, introducendo cosi un altro principio rimasto fondamentale in materia, che degli atti non conformi a legge sarebbe stato dato ai tribunali di fare disapplicazione (14), e che non dei soli diritti civili, ma anche di quelli politici, avrebbero i giudici ordinari conosciuto; si occupava, poi, delle questioni in tema di imposte dirette, per le quali aderiva senza riserva al criterio del disegno ministeriale, per la esclusione della competenza dei tribunali nelle controversie di estimo catastale e riparto di quota ; consider, infine, l'insorgenza dei conflitti di attribuzioni, tra l'autorit amministrativa e l'autorit giudiziaria, ed il modo di regolarli. La stessa commissione, sulla base degli esposti rilievi, introdusse le conseguenti modificazioni al testo governativo, e propose un nuovo testo (15), che fu approvato dall'Assemblea a grande maggioranza, dopo un lungo ed elevato dibattito (16), e (10) Relazione citata alla nota precedente, pag. 3. I (u) Lo stesso proponente Ministro Peruzzi aveva rilevato, nella sua relazione -cit. stampato n. 9 -che mal si sarebbe parlato di una competenza generale e di una compe~ tenza in via di eccezione, poich gli affari che rimangono all'amministrazione ... sono una categoria diversa affatto ... dominata da diversi principi . (12) Progetto GALVAGNO, presentato il 2 dicembre 1850, Atti della Camera, sessione 1850/52, doc. 7, sul quale vi fu una relazione di apposita commissione, estesa dal BonCompagni -Atti citati, stampati 7 A, B, C -, in cui si trova:no queste interessanti enunciazioni: Il governo promuove gli interessi comuni a tutto lo Stato, nei limiti e nelle forme che la legge gli prescrive. Nel compiere gli atti che appartengono a quel suo ufficio, egli debbe tener conto dei vari interessi che possano essere o favoriti o offesi dall'appigliarsi che egli faccia all'una o all'altra determinazione. Egli debbe vedere quali di essi meriti maggior favore, e se l'interesse generale dello Stato non consigli altro da ci che suggerirebbe il vantaggio dei privati... Quando il governo prende norma alla sua determinazione dalla natura e dall'importanza degli interessi, esso compie un atto di amministrazione propriamente detta; quando esso prende norma dai diritti, che in debito di custodire illesi, esso compie un atto di contenzioso amministrativo : dove, mentre chiaro, quanto all'ultima riportata espressione, che il relatore intendeva riferirsi ai rapporti, relativi a diritti, gi di competenza degli organi del contenzioso, dato di scorgere gi la visione, di una concidenza degli interessi dei singoli con quelli dell'amministrazione, foriera di quegli ulteriori sviluppi, che poi portarono alla identificazione ed alla tutela degli interessi legittimi. (13) Citato stampato n. 9/A, pag. 13. (14) Principio gi affermato nella Costituzione belga del 1830, il cui art. 107 era cos formulato: Le corti e i tribunali non applkheranno i decreti e i regolamenti generali, provinciali e locali, se non in quanto saranno conformi alle leggi. (15) Allegato alla relazione, cit. stampato n. 9/A, pagg. 22-24. (16) Durato dal 9 al 22 giugno 1864; ampie citazioni degli interventi, ed in particolare di quelli del CoROOVA, oppositore, e del MANCINI, fervido assertore, possono leggersi in SALANDRA, op. cit., 329 segg. PARTE Il, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE quindi al Senato, il cui ufficio centrale ne accett i principi e le enunciazioni .amentali, limitandosi a proporre alcune modifiche, quasi tutte di mera formume e di conseguente miglior coordinamento. Intanto, deliberato il trasferimento della Capitale a Firenze, ed apparendo ormai [azionabile l'approvazione delle varie leggi di unificazione amministrativa (oltre la sul contenzioso, erano all'esame del Parlamento altri disegni, sull'amminidone comunale e provinciale, sulla sicurezza pubblica, sulla sanit pubblica, Consiglio di Stato e sulle opere pubbliche), il Governo present alla Camera il iovembre 1864, a relazione del Ministro Lanza, un disegno di legge, costituito m unico articolo, per l'autorizzazione a pubblicare e rendere esecutivi in tutto aese i provvedimenti relativi alle materie indicate, nello stato in cui essi si avano, dinanzi all'uno o all'altro ramo del parlamento. La Camera, per, volle compiere un ulteriore esame, e, per il disegno sul conioso, ritenne opportune alcune precisazioni, dopo l'elaborazione che ne aveva >, come si accennato, la commissione senatoria, .e present il testo definitivo (17). accettato anche dal Senato (18), and a costituire il noto allegato E alla 1. 20 mar1865, n. 2248 (19). Come in principio si accennava, la nuova legge non andava esente da impermi, ed il nuovo sistema di giustizia potette apparire, e forse era, insufficiente, ialmente l dove, non vertendosi in materia di diritti; restava ora riservata mministrazione ogni decisione, che prima, indubbiamente con garenzie magi di quelle che potevano derivare dalla nuova prevista obbligatoriet di pareri ppositi corpi consultivi (20), era demandata agli organi del contenzioso; peccava, ~. anche in ci che riguardava la delimitazione, che per ebbe a trovare presto cconcia sistemazione ad opera della giurisprudenza, delle inaterie relativi a :ti civili e politici; era inadeguata, infine, per quanto concerneva la risoluzione conflitti, per i quali, essendone la decisione rimessa al Consiglio di Stato (21 ), risultava assicurata una piena garenzia giurisdizionale, quel consesso essendo ira inquadrato nell'organizzazione amministrativa. Non a dire, d'altra parte, che fossero sfuggiti, a coloro che difesero o avverno la riforma, la pi parte degli inconvenienti, che essa avrebbe potuto comare, ed senza dubbio di interesse ricordare, quanto alla prima delle accen deficienze, che nelle stesse relazioni dei ministri proponenti, ed in quelle delle missioni parlamentari, oltre che nelle discussioni in .aula, .che ne sguirono, fu Jlineato come la legge, sotto questo profilo, poteva costituire un regresso, per la 1>razione delle previgenti garenzie (22). Ma un giudizio sulla bont di quell'opera legislativa non pu prescindere, amente, dalla considerazione del momento storico e dottrinario in cui venne (17) Si veda la relazione RASTELLI, Atti della Camera, sessione 1865, stampato n. 275/A, :-37-41. (18) Su relazione CADORNA, Atti del Senato, sessione 1865, stampati 183, 183 bis e 183 ter. (19) Gli altri allegati -A, B, C, D, F -erano costituiti dalle leggi comunale e prolale, sulla sicurezza pubblica, sulla 'sanit ,pubblica, sul Consiglio di Stato, sulle opere 1liche. (20) V. art. 3 della legge. (21) Combinato disposto dell'art. 13 dell'allegato E e dell'art. 10 dell'allegato D, sul ;iglio di Stato. (22) Il CrusPI, uno dei pi tenaci oppositori, present, nella seduta del ro giugno 1864, 1rdine del giorno, con la raccomandazione che si fossero predisposte adeguate norme, per urare, nelle materie non di competenza dei tribunali ordinari, la pubblicit dei giudizi 1gni altra opportuna libert di difesa. BASSEGNA DELL'AVVOCATUBA DELLO STATO elaborata, rispetto al quale, invero, non possono non ritenersi espressione di un ffi vero progresso sociale e giuridico le affermazioni, che allora si ottennero: perch, se vero che gi da tempo i principi concernenti le garenzie giurisdizionali erano rn.m da una parte della dottrina validamente sostenuti (23), pur certo che da altri, non meno autorevolmente (24), si era ancora a sostenere, con una rigida interpretazione della separazione ed indipendenza dei poteri, doversi ritenere data all'autorit am,ministrativa, nelle .materie rientranti nella sfera di sua competenza, anche la giurisdizione, per conoscere di ogni conseguente controversia. Non fu poco merito, dunque, l'aver trasformato quei principi pi avanzati in precetti normativi, sia pure con le viste limitazioni; e va anche rilevato che furono quei precetti, poi, con le elaborazioni. dottrinali e giurisprudenziali che ne derivarono, a consentire successivi pi ampi sviluppi legislativi, costituendone logica ed indispensabile premessa. Cosi pu dirsi, invero, della materia dei conflitti, rispetto alla quale pu rilevarsi che alla riforma sancita con la I. 31 marzo 1877, n. 3761, che ne affid la cognizione al supremo organo della giurisdizione ordinaria, pi agevolmente potette pervenirsi proprio perch era ormai gi acquisito il principio dell'unicit della giurisdizione, e della devoluzione all'autorit giudiziaria delle controversie, su diritti, anche se interessanti la pubblica amministrazione (25); e cosi pu ancora rilevarsi della distinzione, che nelle relzioni ministeriali e delle commissioni, e nei lavori parlamentari, appariva forse ancora primordiale, tra diritti ed interessi, la quale potette essere affinata per la esigenza della netta individuazione, non necessaria, in un regime di contenzioso amministrativo, delle posizioni dei singoli aventi la consistenza di diritti soggettivi, e di quelle che tali non erano, tra le quali ultime, e, per la ravvisata esigenza di una migliore tutela, si vennero cosi discriminando quelle pi e meno qualificate, fino a pervenire alla precisazione del concetto di interessi legittimi, oggi trasfuso in un precetto costituzionale (26), per i quali, gi a non molta distanza di tempo, si consegui il riconoscimento alla tutela giurisdizionale (27). La legge, quindi, ha una portata pi profonda, pi piena, di quanto gli stessi suoi autori osassero credere o sperare; e di essa veramente pu dirsi, dunque, come da altri autorevolmente stato scritto, che costituisce un monumento legislativo (28), cardine, pu aggiungersi, di ogni ordinato sistema di rapporti tra il cittadino e lAmministrazione. LA REDAZIONE (23) A partire dal fondamentale discorso del DucA DI BROGLIE, del 1828, De la jurisdiction administrative, che .pu leggersi in DE BROGLIE, Ecrits et discours, Paris, 1863, vol. I, 249 segg. (24) L'orientamento antiabol.izionista faceva capo al RoMAGNOSI, di cui si vedano, in particolare, i Principi fondamentali del diritto amministrativo, Milano, 1837. (25) Onde potette meglio evidenziarsi, invero, l'assurdo di negare al giudice dell'azione la facolt di giudicare se azione vi sia . (Cos MANTELLINI, che dell'abolizione dell'istituto dei conflitti, o. della riforma, con devoluzione alla Corte di Cassazione del giudizio in materia, fu uno dei pi strenui sostenitori; cfr. I conflitti di attribuzioni, ecc., Firenze, 1873, p. Il, Conclusione). (26) Artt. 103 e u3 della Costituzione. (27) Affidando la cognizione delle relative controversie alla IV Sezione, creata con carattere di organo giurisdizionale, del Consiglio di Stato: legge 31 marzo 1889, n. 5992, poi coordinata, con la legge 20 marzo 1865, n. 2248, al!. D, nel t.u. approvato col r.d. 2 giugno 1889, n. 6166. (28) GurccrARDI, 0J Giustizia amministrativa, Padova, 1954, 49. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 11 PROVVEDIMENTI LEGISLATIVI 50TIOPOSTI A GIUDIZIO DI COSTITUZIONALITA' I 'OSIZIONI DI LEGGE DELLE QUALI E' STATA DICHIARATA L'ILLEGIT lTA' COSTITUZIONALE r.u. 4 FEBBRAIO I9I5, N. I48, art. 158 (Legge comunale e provinciale). r.u. 3 MARZO 1934, N. 383, art. zz (Legge comunale e provinciale). Delle indicate disposizioni, concernenti l'autorizzazione a procedere contro .i :tti o chi ne fa le veci e contro i sindaci per atti del loro ufficio, stata dichial'illegittimit costituzionale (Corte Cost., sent. I9 febbraio 1965, n. 4, G.U. ebbraio I965, n. 5z, ed. spec.; ord. di rimessione .18 dicembre 1963, Pret. San iano Picentino, 14 gennaio 1964' Pret. Moncalieri, entrambe in G.U. 29 febl 1964, n. 54, ed. spec., e 15 marzo 1961j., Pret. Serramanna, G.U. z3 maggio 1964, z6, ed. spec.: v. in questa Rassegna, 1964, II, rz e 9z). >OSIZIONI DI LEGGE IN RAPPORTO ALLE QUALI E' STATA DICHIARATA v FONDATA LA QUESTIONE DI LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE CODICE DI PROCEDURA CIVILE, art. z5 (Foro della Pubblica Amministrazione). R.D. 30 OTTOBRE 1933, N. 16u, artt. 6, 7, 8 e 10 (Testo unico delle leggi e delle ie giuridiche sulla rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato e sull'ordinato dell'Avvocatura dello Stato). La questione sollevata con riferimento agli artt. 3, 24, 25 e 113 della Costitue stata dichiarata non fondata (Corte Cost., sent. z2 dicembre 1964, h. 11S, 9 gennaio 1965, n. 7, ed. spec.; ord. di rimessione 30 novembre 1963, Pret. e Cadore, G.U. 14 marzo 1964, n. 67, ed. spec., e 31 marzo 1g6o, Pret. S. Agata tello, G.U. 13 giugno 1964, n. 144, ed. spec.: v. in questa Rassegna, 1964, II, 90). CODICE PENALE, art. 6z, N. 6 (Circostanze attenuanti comuni). La questione sollevata, nella parte in cui la disposizione stabilisce che attenua ato l'avere, prima del giudizio riparato interamente il danno, mediante il risar: nto di esso >>, con riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione stata dichia non fondata (Corte Cost., sent. II dicembre 1964, n. 111, G.U. 9 gennaio 1965, , ed. spec.; ord. di rimessione 30 gennaio 1964, Pret. Offida, G.U. 21 marzo 1964' 3, ed. spec.: v. in questa Rassegna, 1964, Il, 46). CODICE PENALE, art. 7z (Concorso di reati, che comportano l'ergastolo e di reati, importano pene temporanee detentive). La questione sollevata con riferimento all'art. z7, terzo comma, della Costitue stata dichiarata non fondata (Corte Cost., sent. z2 dicembre 1964' n. u5, . 9 gennaio 1965, n. 7, ed. spec.; ord. di rimessione z4 gennaio 1964, Corte se app. Milano, G.U. 14 mai:zo 1964, n. '67, ed. spec.: v. in questa Rassegna, ., Il, 46). CODICE PENALE, art. 3z3 (Abuso di ufficio in casi non preveduti specificamente 2 legge). La questione, sollevata con riferimento agli artt. 3 e z5, secondo comma, della :ituzione, stata dichiarata non fondata (Corte Cost., sent. 19 febbraio 1965, , G.U. z7 febbraio 1965, n. 5z, ed. spec.; ord. di rimessione z7 aprile 1964, gti. >. Foggia, G.U. 13 giugno 1964, n. 144, ed. spec.; v. in questa Rassegna, 1964, 91). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CODICE PENALE, art. 553 (Incitamento a pratiche contro la procreazione). T.U. 18 GIUGNO 1931, N. 733, art. II2 (Leggi di pubblica sicurezza). Le questioni di legittimit costituzionale, sollevate con riferimento all'art. 21, primo comma, della Costituzione, sono state dichiarate non fondate nei sensi e nei limiti di cui in motivazione (Corte Cost., sent. 4 febbraio 1965, n. 9, G.U. 27 febbraio 1965, n. 52, ed. spec.; ord. di rimessione 3 febbraio 1964, Pret. Lendioora, G.U. II aprile 1964, n. 91, ed. spec., e 23 maggio 1964, Pret. Firenze, G.U. II luglio 1g64, n. 169, ed. spec.; v. in questa Rassegna, 1964, Il, 46 e 132). CODICE PENALE, art. 570, primo comma (Violazione degli obblighi di assistenza familiare). La questione sollevata con riferimento agli artt. 13, primo comma, 16, primo comma, e 29, secondo comma, della Costituzione stata dichiarata non fondata (Corte Cost., sent. 11 dicembre 1g64, n. 107, G.U. 9 gennaio 1g65, n. 7, ed. spec.; ord. di rimessione 16 aprile 1964, Pret. S. Arcangelo, G.U. 13 giugno 1964, n. 144, ed spec., e 26 giugno 1964, Pret. Cuorgn, G.U. 29 agosto 1964, n. 212, ed. spec.; v. in questa Rassegna, 1964, II, 91 e 132). CODICE DI PROCEDURA PENALE, art. 28 (Autorit del giudicato penale in altri giudizi civili o amministrativi). La questione sollevata con riferimento all'art. 24, secondo comma, della Costituzione stata dichiarata non fondata (Corte Cost., sent. 19 febbraio 1965, n. 5, G.U. 27 febbraio 1g65, n. 52, ed. spec.; ord. di rimessione 29 luglio 1963, Pret. Isernia, G.U. 16 novembre 1g63, n. 299, ed. spec,. e 15 novembre 1963, Trib. Napoli, G.U. 30 maggio 1964, n. 132, ed. spec.; v. in questa Rassegna, 1964, II, 91)., CODICE DI PROCEDURA PENALE, art. 128, secondo comma; art. 131, secondo comma (Obbligo per gli avvocati e procuratori di assumere la difesa di imputati, quando sono nominati, di ufficio, e relative sanzioni). La questione sollevata con riferimento agli artt. 24, terzo comma, e 35, primo comma, della Costituzione stata dichiarata non fondata (Corte Cost., sent. 22 dicembre 1964, n. 114, G.U. 9 gennaio 1965, n. 7, ed spec.; ord. di rimessione 18 dicembre 1963, sez. istr., Corte app. Caltanissetta, G.U. 22 febbraio 1964, n. 47, ed. spec.; v. in questa Rassegna, 1964, Il, n). CODICE DI PROCEDURA PENALE, art. 392, primo comma (Forme dell'istruzione). La questione sollevata in relazione agli artt. 304 bis, 304 ter, 304 quater c.p.p. e con riferimento all'art. 24 della Costituzione stata dichiarata non fondata, nei sensi di cui in motivazione (Corte Cost., sent. 19 febbraio 1g65, n. 11, G.U. 27 febbraio 1965, n. 52, ed. spec.; ord. di rimessione 7 aprile 1g64, Trib. Varese, G.U. 27 giugno 1964, n. 157, ed. spec.: v. in questa Rassegna, 1964, II, 92). CODICE DELLA NAVIGAZIONE, art. 1240, terzo comma (Competenza per territorio). La questione sollevata con riferimento all'art. 25, primo comma, della Costituzione stata dichiarata non fondata (Corte Cost., sent. 28 gennaio 1965, n. 1, G.U. 30 gennaio 1965, n. 26, ed. spec.; ord. di rimessione Com. cap. porto Napoli, 24 gennaio 1964, G.U. 14 marzo 1964, n. 67, ed. spec.; v. in questa Rassegna, 196+ Il, 47). R.D. 15 OTTOBRE 1925, N. 2033, art. 44, terzo e quarto comma (Norme per la repressione delle frodi nella preparazione e nel commercio di sostanze di uso agrario e di prodotti agrari). La questione, sollevata per la parte in cui la disposizione, nel testo sostituito dall'art. 1 della legge 27 febbraio 1958, n. 190, prevede l'obbligo di un preventivo deposito di somme per la richiesta di revisione di analisi, con riferimento agli artt. 3, 24 e 113 della Costituzione stata dichiarata non fondata (Corte Cost., sent. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 13 ebbraio 1965, n. 6, G.U. 27 febbraio 1965, n. 52, ed. spec.; ord. di rimessione 10vembre 1963, Pret. Palermo, G.U. 29 febbraio 1964, n. 54, ed. spec.; v. in ta Rassegna, 1964' II, I2). LEGGE 28 FEBBRAIO 1949 N. 43, art. 5 (Provvedimenti per incrementare l'occupae operaia, agevolando la costruzione di case per lavoratori). La questione sollevata con riferimento agli artt. 23 e 42 della Costituzione L dichiarata non fondata (Corte Cost., sent. 22 dicembre 1964, n. I I9, G.U. 9 genI965, n. 7, ed. spec.; ord. di rimessione, 17 gennaio I964, Pret. Barcellona Pozzo :otto, G.U. 23 maggio I964, n. I26, ed. spec.; v. in questa Rassegna, I964, II, 95). D.P.R. 26 APRILE I957 N. 818, art. 1 (Norme di attuazione e di coordinamento t legge 4 aprile 1952, n. 218, sul riordinamento delle pensioni dell'assicurazione igatoria per la invalidit, la vecchiaia ed i superstiti). I I " La questione, sollevata in relazione agli artt. 5 e 37 della legge 4 aprile I952, 18, con riferimento agli artt. 70, 76 e 77 della Costituzione stata dichiarata fondata (Corte Cost., sent. 11 dicembre 1964, n. uo, G.U. 9 gennaio 1965, n. 7, 1pec.; ord. di rimessione 21 novembre 1963, Trib. Cuneo, G.U. 22 febbraio 1964, 7, ed. spec.; v. in questa Rassegna, 1964' Il, I3) LEGGE 20 FEBBRAIO 1958, N. 75, art. 3 N. 3 (Abolizione della regolamen,tazione i prostituzione e lotta contro lo sfruttamento della prostituzione altrui). La questione sollevata con riferimento all'art. 3 della Costituzione stata dichianon fondata (Corte Cost., sent. 11 dicembre I964, n. 108, G.U. 9 gennaio I965, , ed. spec.; ord. di rimessione 6 aprile 1964, Trib. Ascoli Piceno, G.U. 27 giu I964, n. 157, ed. spec.; v. in questa Rassegna, I964, II, 96). 'OSIZIONI DI LEGGE IN RAPPORTO ALLE QUALI E' STATO PROMOSSO DIZIO DI LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE CODICE CIVILE, art. 274 (Ammissibilit dell'azione) ed art. 275 (Pena in caso di 1missibilit). La questione di legittimit costituzionale delle indicate" disposizioni, in materia ichiarazione giudiziale della paternt e della maternit naturale, stata ritenuta manifestamente infondata dal Tribunale di Milano con riferimento agli artt. 24, . 1I1 della Costituzione (Ord. 30 settembre 1964, G.U. 30 gennaio 1965, n. 26, spec.). comcE PENALE, art. 204 (Accertamento di pericolosit. Pericolosit sociale prea) ed art. 222 (Ricovero in manicomio giudiziario). La questione di legittimit costituzionale delle indicate disposizioni, siccome la Linzione assoluta di pericolosit rnciale (di cui al capoverso dell'art. 204 c.p.) rasterebbe con il comma secondo dell'art. 13 della Costituzione, precludendo ertamento, da parte del Giudice, dei presupposti dai quali deriva la restrizione L libert presonale, stata ritenuta non manifestamente infondata dalla Corte ppello di Genova (Ord. 30 ottobre 1964, G.U. I3 febbraio 1965, n. 39, ed. spec.). T.u. 4 FEBBRAIO 19I5, N. I48, art. I58 (Legge comunale e provinciale). T.u. 3 MARZO I934 N. 383; art. 22 (Legge comunale e provinciale). La questione di legittimit costituzionale delle indicate disposizioni, conceri l'autorizzazione a procedere contro i prefetti o chi ne fa le veci e contro i aci per atti del loro ufficio, stata ritenuta non manifestamente infondata dal ore di Augusta con riferimento agli artt. 28 e 3 della Costituzione (Ord. IO e tovembre 1964, G.U. 27 febbraio 1965, n. 52, ed. spec.). Delle indicate norme R.\.SSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO stata, peraltro, gi dichiarata l'illegittimit costituzionale con sentenza 19 febbraio 1965, n. 4 della Corte Costituzionale (v. retro, Il, 11). R.D. 30 DICEMBRE 1923, N. 3269, art. 50 (Legge del registro). La questione di legittimit costituzionale della indicata norma in relazione agli artt. 30 e 33 della stessa legge del registro, siccome per essa resterebbe escluso l'accertamento dell'effettivo valore dei beni venduti ai pubblici incanti determinandosi cosi un ingiustificato trattamento di favore per i relativi acquirenti rispetto agli obbligati per l'imposta sulle vendite diverse da quelle ai pubblici incanti, non parsa manifestamente infondata alla Commissione provinciale delle imposte di Avellino con riferimento al principio costituzionale secondo cui a parit di situazioni giuridiche deve corrispondere parit di disciplina giuridica (Ord. 29 maggio 1964, G.U. 13 febbraio 1965, n. 39, ed. spec.). R.D. 30 DICEMBRE 1923, N. 3270, art. 31, primo comma (Legge tributaria sulle successioni). La questione di legittimit costituzionale della indicata disposizione, poich questa prevederebbe una discriminazione di trattamento tra i diversi tipi di aziende, e, quindi, tra i diversi contribuenti, in contrasto con gli artt. 3 e 53, prima parte, della Costituzione, stata ritenuta non manifestamente infondata dalla Commissione provinciale delle imposte di Perugia (Ord. 3 giugno 1964, G.U. 30 gennaio 1965, n. 26, ed. spec.). Benvero, a parte ogni considerazione di merito, alle aziende si fa riferimento nel secondo comma (e non nel primo) dell'art. 31 della legge succitata. R.D. 20 LUGLIO 1934, N. 1404, art. 9, cpv., prima parte (Istituzione e funzionamento del Tribunale dei minorenni). La questione di legittimit costituzionale della disposizione indicata del citato regio decreto legge, convertito nella legge 27 maggio 1935, n. 835, stata ritenuta non manifestamente infondata dal Pretore di Iseo con riferimento all'art. 3 della Costituzione, in quanto quella disposizione determinerebbe un'ingiustificata disparit di trattamento tra i minori (Ord. 12 gennai<> 1965, G.U. 27 febbraio 1965, n. 52, ed. spec.). Della medesima norma stata gi dichiarata l'illegittimit costituzionale, nella parte in cui, fino a quando non sia per la prima volta aperto il dibattimento, si d facolt al Procuratore generale della Corte di appello di deliberare con suo provvedimento insindacabile che, se vi sono coimputati maggiori e minori dei diciotti anni, si proceda separatamente a carico dei primi (Corte Cost., sent. 13 luglio 1g63, n. 130, G.U. 20 luglio 1963, n. 194, ed. spec.); nella stessa sentenza, peraltro, :~ la Corte costituzionale ha considerato anche la questione sollevata con la presente ordinanza ritenendola non fondata in. riferimento all'art. 25, primo comma, della Costituzione. LEGGE IO GIUGNO 1940, N. 653, art. 32 (Trattamento degli impiegati" privati richiamati alle armi). D.L.LGT. 9 NOVEMBRE 1945 N. 788, art. 16 (Istituzione della Cassa per l'integrazione dei guadagni degli operai dell'industria e disposizioni transitorie a favore dei lavoratori dell'industria dell'alta Italia). LEGGE 4 APRILE 1952, N. 218, art. 23 (Riordinamento delle pensioni dell'assicurazione obbligatoria per l'invalidit, la vecchiaia ed i superstiti). T.u. 30 MAGGIO 1955, N. 797, artt. 82 e 85 (Testo unico delle norme concernenti gli assegni familiari). La questione di legittimit costituzionale delle indicate norme, in quant<> queste prevedono sanzioni penali di natura pecuniaria, stata ritenuta non manifestamente infondata dal Pretore di Torino con riferimento alla seconda parte del comma terzo dell'art. 27 della Costituzione (Ord. 19 novembre 1!)614, G.U. 13 febbraio 1965, n. 39, ed. spec.). PARTE Il, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 15 LEGGE 7 orroBRE 1947, N. 1058 (Norme per la disciplina dell'elettorato attivo e la tenuta e la revisione annuale delle liste elettorali!. La questione di legittimit costituzionale degli artt. 3, cpv.; 23 e 24, prima parte, :a legge indicata con riferimento all'art. 48 della Costituzione stata ritenuta t manifestamente infondata dalla Commissione elettorale mandamentale di Imola d. 30 ottobre e 13 novembre 1964, G.U. 13 febbraio 1965, n. 39, ed. spec.). Con rimento allo stesso art. 48 della Costituzione la questione di legittimit costituiale del secondo comma dell'art. 3 e delle norme ad esse strettamente connesse, cui particolarmente l'art. 25, primo comma, della succitata legge stata ritenuta l manifestamente infondata anche dalla Corte di appello di Ancona (Ord. 5 no1bre 1964, . G.U. 13 febbraio 1965, n. 39, ed. spec.). Ci in quanto dette dispooni priverebbero del diritto di voto i cittadini che compiono il ventunesimo anno et tra il 30 aprile e la data delle consultazioni elettorali. LEGGE 31 LUGLIO 1956, N. 991, artt. 5 e 6 (Modificazioni alla legge 8 gennaio 1952 ) sulla Cassa nazionale di previdenza ed assistenza a favore degli avvocati e dei curatori). La questione di legittimit costituzionale delle indicate disposizioni della legge tta, successivamente modificata per quanto concerne l'entit del contributo, nella te in cui dette disposizioni rendono obbligatorio a carico del condannato con reto penale il pagamento di un contributo a favore della Cassa nazionale di preenza ed assistenza degli avvocati e procuratori, stata ritenuta non manifesta11te infondata dal Pretore di Foligno in relazione agli artt. 3, 36 e 53 $!ella Costiione (Ord. 22 ottobre 1964, G.U. 9 gennaio 1965, n. 7, ed. spec). LEGGE 5 GENNAIO 1957, N. 33, art. 8 (Ordinamento e attribuzioni del Consiglio :ionale dell'economia e ilei lavoro). LEGGE 5 MARZO 1963, N. 246 (Istituzione di un'imposta sugli incrementi di valore le aree fabricabili; modificazioni al testo unico per la finanza locale 14 settem1931, n. 1175 e al r.d. 28 novembre 1938, n. 2000, convertito nella legge 2 giu ' 1939, n. 739). La questione di legittimit costituzionale dell'art. 25, primo capoverso, della ge n. 246 del 1963 in relazione agli artt. 2 e 3 della stessa legge e con riferi11to all'art. 3 della Costituzione stata ritenuta non manifestamente infondata dal tore di Pisa (Ord. 20 ottobre 1964, G.U. 30 gennaio 1965, n. 26, ed. spec.). La ~stione di legittimit costituzionale dell'intera legge n. 246 del 1963 nel suo cedimento di formazione nonch dell'art. 8 della legge n. 33 del 1957 con rifetento all'art. 99 della Costituzione e la questione di legittimit costituzionale degli t. 1, 2, 3, 5, 6, 13, 21, 25 e 42 della legge n. 246 del .1963 con riferimento agli t. 3, 23, 25, 41 42, 53 e 70, 73, 76 e 77 della Costituzione, nei termini risultanti contesto dell'ordinanza,. sono state ritenute non manifestamente infondate dal :tore di Salerno (Ord. 7 luglio 1964, G.U. 30 gennaio 1965, n. 26, ed. spec.). La $tione di legittimit costituzionale dell'art. 8 della legge n. 33 del 1957 venne hiarata inammissibile dalla Corte Costituzionale (sent. 9 aprile lg63, n. 42, G.U. aprile 1963, n. 101, ed. spec.), perch rimessale dal p.m. LEGGE 2 APRILE 1958, N. 322 (Ricongiunzione delle posizioni previdenziali ai fini l'accertamento del diritto e della determinazione del trattamento di previdenza e quiescenza). La questione di legittimit costituzionale della indicata legge, con riferimento art. 81, ultimo comma, della Costituzione, per la ritenuta mancata indicazione mezzi occorrenti in relazione ai maggiori oneri imposti allo Stato, non parsa nifestamente infondata alla Corte di appello di Bari (Ord. 3 novembre 1964, G.U. febbraio 1965, n. 39, ed. spec.). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO DISPOSIZIONI DI LEGGE IN RAPPORTO ALLE QUALI SULLE QUESTIONI SOLLEVATE SONO INTERVENUTE PRONUNCE DELLA CORTE COSTITUZIONALE DI INAMMISSIBIUTA', DI MANIFESTA INFONDATEZZA O DI RESTITUZIONE DEGLI ATTI PER IL GIUDIZIO DI RILEVANZA (*) CODICE PENALE, art. 670 (Mendicit). Inammissibilit dichiarata con ~i:ntenza 22 dicembre 1964, n. 116 (G.U. 9 gen naio lg65, n.. 7, ed. spec.; ord. di rimessione 13 gennaio 1964 Pret. Milano, segnalata in questa Rassegna, lg64, II, 46, con richiamo della sentenza 2I novembre 1959, n. 51 della Corte Costituzionale). CODICE DI PROCEDURA PENALE, art. 553 (Sentenze soggette a revisione). Inammissibilit dichiarata con sentenza II dicembre I964, n. 112 (G.U. 9 gennaio I965, n. 7, ed. spec.; ord. di rimessione I5 aprile I964, Pret. Sal, segnalata in questa Rassegna, I964' II, 92). R.D. 14 SETI'EMBRE 1931, N. 1175, art. 117 e 118. LEGGE I I GENNAIO 1951, N. 25, art. 44, secondo comma. LEGGE 2 LUGLIO 1952, N. 703,. art. 30 lett. a). LEGGE 16 SETI'EMBRE 196o, N. 1014, art. 18, secondo comma ed ultima alinea. (Disposizioni in materia di imposta di famiglia) -~ Restituzione degli atti, per il giudizio di rilevanza, disposta con ordinanza 22 dicembre 1964' n. 120-(G.U. 9 gennaio 1965, n. 7, ed. spec.; ord. di rimessione IO marzo 1964, Comm.. trib. foc. Castellammare Stabia, segnalata in questa Rassegna, I I 1964, Il, 93, con richiamo della S(!ntenza 16 giugno lg64, n. 45 della Corte Costituzionale). D.P.R. 27 OTTOBRE 1958, N. 956 (Norme concernenti la disciplina della circolazione stradale). Manifesta infondatezza dichiarata con ordinanza 22 dicembre lg64, n. 117 (G.U. 9 gennaio 1965, n. 7, ed. spec.; ord. di rimessione 19 ottobre 1963, Pret. Ariano Irpino, segnalata in questa Rassegna, 1964, Il, 133 con richiamo della sentenza 19 dicembre lg63, n. 63, della Corte costituzionale). LEGGE 27 GENNAIO 1963, N. 19, art. 4, terzo comma (Sulla tutela dell'avviamento commerciale). Inammissibilit dichiarata con sentenza 1 l dicembre 1964, n. 109 (G.U. 9 gennaio 1965, n. 7, ed. spec.; ord. di rimessione 31 luglio 1963, Pret. San Don di Piave, segnalata in questa Rassegna, 1964, Il, 14). (") Il presente elenco viene fatto per aggiornamento di informazione con riguardo alla segnalazione, contenuta in questa Rassegna, delle ordinanze di rimessione. QUESTIONI SULLE NECESSARIE RIFORME DELLA DISCIPLINA )EL CONTENZIOSO NEI CAPITOLATI GENERALI D'ONERI DELLE AMMINISTRAZIONI DELLO STATO 1. -Le profonde innovazioni introdotte nella disciplina della risoluzione delle :oversie contrattuali dal nuovo Capitolato generale d'appalto per le opere di com1za del Ministero dei LL.PP. (d.P.R. 10 luglio 1962, n. 1o63) (1) rendono necesprocedere ad una accurata revisione delle disposizioni dettate in materia dagli Capitolati generali vigenti, che, nella maggior parte dei casi, si ispirano ai :ipi accolti nel vecchio Capitolato d'appalto del '95. Non certo necessario sottolineare gli evidenti vantaggi che deriverebbero dalEormit della disciplina (2). Va posto in rilievo, piuttosto, che la riforma si impone per la ragione decisiva i sistemi di risoluzione delle controversie adottati dalla maggior parte dei Capii devono ritenersi, sopratutto dopo l'entrata in vigore della Costituzione, inficiati legittimit. i. -Per avere un quadro preciso della situazione, sar bene, a questo punto, are i vari sistemi attualmente seguiti dai Capitolati generali nel dettare la plina della risoluzione delle controversie contrattuali. :) La maggior parte dei Capitolati vigenti, come si detto, si ispira ai princ1p1 ecchio Capitolato Generale per gli appalti delle opere dipendenti dal Ministero JL.PP., e cio: 1) obbligatoriet dell'arbitrato; 2) non impugnabilit del lodo per violazione delle regole di diritto; 3) composizione del collegio esclusivamente con arbitri di nomina eteronoma; 4) obbligo del deposito di una somma a garanzia delle spese ed onorari degli arbitri. A) Accolgono integralmente tali principi i seguenti Capitolati: 1) Condizioni generali per l'appalto dei lavori del Genio Militare (r.d 17 marzo 1932, n. 366, artt. 51 e segg); 2) Capitolati generali d'oneri per l'appalto delle provviste di materiali del Genio Militare (d.m. 19 maggio 1934, art. 6); 3) Capitoli generali d'oneri per i contratti relativi alle provviste, lavori e vendite per il servizio del materiale automotociclistico (d.m. 20 ottobre 1938, artt. 55 e segg.); r) Cfr.: Il nuovo Capitolato generale di appalto, in questa Rassegna, i962, 64 segg. 2) V., in proposito, l Capitolati generali d'oneri delle Amministrazioni dello Stato, , 1952, 262 segg. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO B) Accolgono gli stessi principi, salvo riguardo alla nomina degli arbitri, che parzialmente attribuita alle parti: 1) Capitolato d'oneri generale per le forniture da eseguire per conto del Provveditorato Generale dello Stato (d.m. 16 ottobre 1927, art. 34); 2) Capitolato generale per le forniture occorrenti all'Istituto Poligrafico dello Stato (d.m. 1 luglio 1929, art. 31); 3) Capitolati generali di oneri per i contratti relativi alle provviste, lavori e vendite per il servizio dei materiali di artiglieria (d.m. 9 agosto, 1937, artt. 59 e segg.); C) Accolgono il principio dell'arbitrato obbligatorio e del lodo inimpugnabile, ma, oltre ad attribuire parzialmente la nomina degli arbitri alle parti, non prevedono il deposito anticipato a garanzia delle spese: 1) Capitolato d'oneri per la concessione della mano d'opera dei detenuti da adibirsi a lavorazioni carcerarie (d.m. 10 marzo 1926, art. 9); 2) Capitolato d'oneri per la fornitura e la riparazione dei materiali speciali occorrenti all'Amministrazione Aeronautica (d.m. 6 marzo 1934, art. 75); 3) Condizioni generali da osservarsi per gli acquisti e le lavorazioni dei materiali di vestiario, equipaggiamento, servizi generali e casermaggio per il Corpo delle Guardie di p.s., nonch per la vendita dei materiali stessi non pi adatti al servizio (d.m. 28 marzo 1953, art. 56). 4) Capitolato d'oneri generale per l'appalto dei lavori di formazione della mappa aerofotogrammetrica e plano-altimetrica (d.m. 27 aprile 1956, art. 21); 5) Capito.lato d'oneri per l'assegnazione in appalto dei lavori di formazione delle mappe planimetriche con procedimenti da terra e per l'allestimento dei relativi atti catastali (d.m. 27 aprile 1956, art. 26). II) Alcuni capitolati si sono discostati dal sistema seguito dai precedenti, escludendo, in varie guise, il carattere obbligatorio dell'arbitrato. A) Riservano all'Amministrazione la facolt di scelta fra la competenza arbitrale e quella del giudice ordinario i seguenti Capitolati, che, per il resto (soprattutto riguardo all'inimpugnabilit del lodo), si ispirano ai principi del I I I I vecchio Capitolato generale d'appalto LL.PP: 1) Capitolato per l'esecuzione di lavori e forniture per conto dell'Amministrazione delle Ferrovie dello Stato (Deliberazioni Cons. Amm.ne 3 maggio e 14 luglio 1922, art. 14); 2) Capitolato d'oneri generale per le forniture da eseguire per conto del1' Amministrazione dei Monopoli di Stato (Deliberazione Cons. Amm.ne 19 aprile 1929, art. 22); (in questa norma non , inoltre, previsto il deposito cauzionale per le spese. Il collegio arbitrale composto, in parte, di membri nominati dalle parti). B) Ammettono l'esclusione della competenza arbitrale per volont del convenuto (e non anche dell'attore) i seguenti Capitolati, che, per il resto, accolgono integralmente i principi ora fatti propri dal nuovo Cap. gen. z appalto LL. PP.: . ' ' . ' PARTE II, QUESTIONI 1) Capitolato generale d'appalto del servizio di casermaggio per le Guardie di p.s. (d.m. 22 novembre 1956, artt. 44 e segg.); 2) Capitolato generale d'appalto del servizio di casermaggio per Carabinieri (d.m. 22 novembre 1956, artt. 46 e segg.). Questo sistema era seguito anche dal Capitolato generale d'appalto per le opere forniture finanziarie dalla Cassa per le opere straordinarie di pubblico interesse Italia meridionale, approvato con deliberazione del Consiglio di Amministrazione 6 luglio 1954 (artt. 39 e segg.). Il nuovo Capitolato della Cassa si per, molto >rtunamente, adeguato in tutto ai principi del Capitolato generale LL. PP. (delizione Cons. Amm. 20 gennaio 1965, artt. 44 e segg.). Ili) Non prevedono affatto il giudizio arbitrale i seguenti Capitolati: 1) Condizioni generali da osservarsi nei contratti di provviste, vendite e lavorazioni per conto della Marina Militare (r.d. 13 marzo 1910, n. 135); 2) Condizioni generali da osservarsi per gli acquisti dei vari generi di impiego comune, per le lavorazioni di materiali interessanti il vettovagliamento, il vestiario, l'equipaggiamento, la giacitura, il riscaldamento ed i vari servizi affini delle Forze Armate dello Stato, nonch per la vendita dei materiali stessi non pi adatti al servizio (d.m. 20 giugno 1930); 3) Condizioni generali d'oneri per la confezione e riparazione a tariffa del vestiario e della calzatura dei sottufficiali e della truppa (d.m. 14 giugno 1934, cfr. art. 37); 4) Condizioni generali per l'appalto dei trasporti carcerari (d.m. 6 dicembre 1951, cfr. art. u); 5) Capitolato per le somministrazioni e per l'appalto dei servizi negli Istituti di prevenzione e di pena (d.m. 7 maggio 1955, cfr. art. 120); 6) Capitolato d'oneri generale per le forniture per conto della Amininistrazione P.T. e per la vendita dei materiali fuori uso (d.m. 16 marzo 196o, cfr. art. 216); Del tutto singolare , infine, la norma dell'art. 49 del Capitolato generale d'oneri gli acquisti e le lavorazioni dei materiali interessanti il vestiario, i mobili e sermaggio per la Guardia di Finanza (d.m. 6 ottobre 1958), secondo la quale ommissione per i collaudi in appello (r.d.l. 14 gennaio 1926, n..196, art. 8) :onsiderarsi come arbitro accettato dalle parti contraenti e le sue decisioni .o valore di giudizio definitivo e inappellabile. L'illegittimit di tale norma :nte, non potendo certo una norma regolamentare attribuire ad un atto ammi1tivo (qale indubbiamente la deliberazione della Commissione) la natura di nza arbitrale ed escludere nei suoi confronti i normali mezzi di tutela giurisdiLle dei diritti e degli interessi legittimi. Del resto, tale arbitraria attribuzione di :a giurisdizionale ad un atto amministrativo non potrebbe essere effetuata neppure legge, essendo chiaro che la sentenza pu essere tale solo in quanto costituisca 1secazione del poteregiurisdizionale e che contrasterebbe con l'art. n3 Cost. una 1a di legge ordinaria, che, qualificando formalmente come giurisdizionale un atto 11zialmente amministrativo,, sottraesse quest'ultimo al generale sindacato degli ti giurisdizionali. i -Occorre rilevare, innanzitutto, che alcuni dei capitolati sopra ricordati con. no veri e propri lavori edili o meccanici, nei quali nettamente prevalente :tto tecnico e la considerazione dell'opus, s che i relativi contratti assumono RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO le caratteristiche dell'appalto; mentre altri riguardano le c.d. forniture di merci, generi alimentari e materiali vari, in relazione alle quali i singoli contratti hanno le caratteristiche dell'ordinaria compravendita o del contratto di somministrazione regolati da norme di diritto privato, salvo le deroghe apportate dalle speciali norme della Contabilit generale, app:icabili a tutti i contratti dello Stato. Nei riguardi dei contratti relativi a forniture non sussiste alcuna valida ragione per sottrarre la risoluzione delle controversie che possono sorgere in ordine alla loro esecuzione alla magistratura ordinaria e per deferirla, sia pure in via facoltativa, ai Collegi arbitrali. Nel caso delle forniture, invero, le questioni che possono sorgere non hann<> certo quel particolare aspetto tecnico che giustific, a suo tempo, l'adozione della procedura arbitrale e la costituzione dei collegi composti di elementi specialmente qualifica ti. Sembra, perci, che sia necessario procedere alla soppressione delle clausole arbitrali inserite in tale genere di Capitolati. 4. -La necessit di modificare le norme dei capitolati relativi ad opere e lavori che accolgono il sistema dell'arbitrato obbligatorio e di quelle che, attribuendo al procedimento arbitrale carattere facoltativo, escludono la impugnabilit del lodo per violazione delle regole di diritto e sanciscono l'onere del deposito cauzionale per le spese, si impone per una serie di ragioni, che l'Avvocatura ha avuto pi volte occasione di mettere in rilievo. La premessa fondamentale costituita dall'affermazione (condivisa dalla giurisprudenza, ormai consolidata, della Cassazione e da quella della Corte dei Conti) della natura regolamentare delle norme contenute nei Capitolati generali. Non si tratta di semplici clausole contrattuali predisposte dall'Amministrazione e vincolanti l'altro contraente solo in forza dell'accettazione, implicita o esplicita, di esse al momento della stipulazione del contratto, ma di vere e proprie norme di diritt<> oggettivo, la cui obbligatoriet non si fonda sulla concorde volont delle parti, ma sul potere normativo della pubblica Amministrazione (3). La legittimit delle norme contenute nei Capitolati generali va quindi vah,itata alla stregua dei principi che reggono la potest regolamentare della pubblica Amministrazione. Come noto, tale potest si pone, nel nostro ordinamento, come fonte subordinata, non solo alla Costituzione ed alle leggi costituzionali, ma anche alle leggi ordinarie. Il regolamento non pu contenere norme contrarie alle disposizioni delle leggi ed ai principi generali da queste riEavabili (Disposizioni sulla legge in generale,. artt. 4 e 15). Questa regola, bene precisare, vale anche nei confronti delle norme dispositive di legge, ossia di quelle norme che ammettono la autonomia privata a dettare una disciplina diversa del rapporto o della situazione considerata. Il potere di deroga della disciplina legislativa, che viene in tale modo attribuito all'autonomia privata, non potrebbe essere escluso o limitato da una norma regolamentare che imponesse alle parti del rapporto di cui si tratta una determinata disciplina assolutamente vincolante. Da ci discendono necessariamente due conseguenze di fondamentale importanza circa la legittimit delle discipline dettate dai Capitolati generali in tema di risoluzione delle controversie: I) Il Capitolato generale non pu imporre un arbitrato obbligatorio; (3) Cfr.: fl nuovo Capitolato generale d'appalto, cit. PARTE II, QUESTIONI 21 II) Il Capitolato generale non pu escludere l'impugnabilit della sentenza Jitrale. E invero: I) Le norme dei Capitolati generali che impongono arbitrati obbligat<;>ri sono contrasto con il principio generale secondo il quale spetta al giudice ordinario 1dicare sulle liti aventi per oggetto diritti. soggettivi. Vero che la legge attriisce alle parti, entro certi limiti, la potest di compromettere in arbitri le conversie tra di loro insorte (art. 806 c.p.c.), ovvero anche tutte le controversie ;centi da un determinato contratto (art. 808), ma ci, appunto, esdude che questa era potest conferita all'autonomia privata possa essere annullata da una norma :olamentare che, in una certa materia, imponga in ogni caso l'arbitrato, senza ~ riguardo alla volont delle parti. Del resto, la legge consente che siano deferite .i arbitri soltanto liti specifiche gi sorte, overo anche tutte le liti che possono gere da un determinato contratto; non ammette, invece, che possano essere tratte alla competenza del giudice ordinario tutte le controversie in genere che ;sano sorgere da una intera serie di contratti della stessa specie. E tale limite, ;to dalla legge, non evidentemente superabile mediante una norma regolamentare. Perfettamente legittima deve ritenersi, invece, in base a questi principi, una ma di Capitolato generale che, nel prevedre il deferimento delle controv~rsie i arbitri, ammetta che la contraria volont anche di una soltarito delle parti !uda la competenza arbitrale. In questo caso, infatti, il .fondam.ento del. poter~ :li arbitri riposa, in definitiva, sull'accordo delle parti: il Capitolato si limita solto a dettare norme procedurali per l'instaurazione del giudizio e per la nomina rli arbitri, che non possono ritenersi esorbitanti dai limiti della potest rego1entare. Tale il sistema accolto nel nuovo Capitolato generale d'appalto per le opere competenza del Ministero dei LL.PP., sistema che. necessario estendere a tutti !apitolati generali d'appalto. Lo stesso giudizio favorevole non sembra possa, invece, darsi del sistema seguito quei Capitolati sopra ricordati, che attribuiscono ad una sola delle parti (l'Am 1istrazione o la parte convenuta) la potest di derogare alla competenza arbitrale. vincolo dell'altra parte non sembra possa conciliarsi con i principi fissati dalle me del codice di procedura civile. II) Ancora pi chiara ed evidente l'illegittimit delle norme di Capitolato erale che, con varia formulazione, sanciscono la non impugnabilit del lodo violazione delle regole di diritto (4). Anche qui: la legge (art. 829 c.p.c.) consente che l'impugnazione di nullit del J per inosservanza delle regole di diritto venga esclusa dalla volont delle parti; . pu quindi ammettersi che, mediante una norma contenuta in una fonte subor lta alla legge, questo potere attribuito alla volont delle parti venga annullato, cendosi in ogni caso l'inimpugnabilit. Ma esiste una ragione ancor pi decisiva per escludere la legittimit di queste me. Esse, infatti, prevedono, in palese contrasto con l'art. 111 della Costituzione, pronuncia giurisdizionale (tale diventa la pronuncia arbitrale con il visto di :utivit del Pretore) contro la quale non sarebbe dato mai ricorrere alla Corte rema di .Cassazione per violazione di legge. (4) Cfr.: GuGLIELMI, L'arbitrato obbligatorio e la Costitu:i;ion;, in questa Rassegna, 1962, segg. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 5. -Un'altro gruppo di norme contenute nei Capitolati generali di cui palese l'illegittimit e, quindi, urgente la soppressione, attiene all'obbligo del deposito anticipato di una somma a garanzia delle spese ed onorari degli arbitri. Queste norme sono in evidente contrasto con gli art. 3 e 24 della Costituzione, secoi;ido l'interpretazione che di tali articoli stata data dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 67 del 196o, che ha dichiarato l'illegittimit :costituzionale del l'art. 98 c.p.c., secondo il quale poteva essere imposto l'obbligo di prestare cauzione per le spese, come condizione di proseguibilit del giudizio. Tale indirizzo giurisprudenziale, che la Corte Costituzionale ha confermato, come noto, con la sentenza n. 21 del 1961 (che ha dichiarato l'illegittimit costituzionale dell'art. 6 1. 20 marzo 1865, n. 2248 all. E, istitutivo della c.d. regola del solve et repete ) , porta a ritenere l'incostituzionalit di tutte le norme, di legge o di regolamento, che violino il principio dell'uguaglianza fra tutti i cittadini, abbienti e noII abbienti, per quanto concerne la possibilit di chiedere ed ottenere la tutela giurisdizionale. 6. - necessario, infine, modificare le norme dei Capitolati che, nel disciplinare la composizione dei collegi arbitrali, attribuiscono la nomina dei membri esclusivamente ad organi pubblici. Una volta ricondotto l'arbitrato previsto nei Capitolati generali nel quadro generale dell'istituto arbitrale, quale regolato dal c.p.c., appare infatti logico e coerente accogliere il principio di attribuire, almeno parzialmente, la nomina degli arbitri alle parti in causa (cfr. art. 809 c.p.c.). LA REDAZIONE -~ CONSULTAZIONI* GRICOL TURA E FORESTE indite di caccia -Art. 50 t.u. 5 giugno 1939, n. 1016, 1) Se nell'ambito delle bandite di caccia previste dall'art. 50, t.u. 5 giugno 1939, 1016 l'Azienda di Stato per le Foreste Demaniali possa procedere direttamente, o.za ingerenza delle Amministrazioni Provinciali, alla cattura ed all'eliminazione capi di selvaggina malati o vetusti (n. 40). zzione sperimentale di floricoltura 2) Se sia legittima l'istituzione e la tenuta di un registro delle variet otte1te dai floricoltori ed ibridatori da parte di una Stazione Sperimentale di Floriltura (n. 41). 3) Se l'attivit certificativa di detto registro possa ritenersi assistita da pubica fede ovvero abbia soltanto valore arbitrale (n. 41). MMINISTRAZIONE PUBBLICA ~era Naz. Orfani di guerra -Certificati -Legalizzazione 1) Se i certificati rilasciati dai Comitati Provinciali dell'Opera Nazionale Orfani guerra siano o meno soggetti a legalizzazione da parte del Prefetto (n. 292). rvizio sussidi di disoccupazione 2) Se il rapporto che si instaura tra l'I.N.P.S. e gli uffici del lavoro e della issima occupazione per lo svolgimento, da parte di questi ultimi, dell'attivit rela' e alla disoccupazione indennizzata o sussidiata, ai sensi del d.m. 6 maggio 1957, bia natura pubblicistica di rapport organico ovvero natura privatistica di raprto di mandato (n. 293). zzione sperimentale di floricoltura 3) Se sia legittima l'istituzione e la tenuta di un registro delle variet ottenute i floricoltori ed ibridatori da parte di una Stazione Sperimentale di Floricoltura 294). 4) Se l'attivit certificativa del detto registro possa ritenersi assistita da pubica fede ovvero abbia soltanto valore arbitrale (n. 294). ~TICHITA' E BELLE ARTI 'muni e provincie Se, ai sensi della legge 1 giugno 1939, n. 1089, il Ministero della Pubblica ruzione abbia il potere di imporre modificazioni di carattere estetico ad immo1i appartenenti ad Enti locali ovvero a privati e assoggettati ai vincoli di cui alla ata legge (n. 53). * La formulazione del quesito non riflette in alcun modo la soluzione che ne stata data. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO APPALTO I Contratto di appalto di oo.pp. -Risoluzione del rapporto prima dell'ultimazione Questioni conseguenziali I 1) Se nell'ipotesi di risoluzione del contratto di appalto prima dell'ultimazione dell'opera sia necessario proeedere all'accertamento quantitativo e qualitativo dei I...~ lavori eseguiti ed alla liquidazione del corrispettivo (n. 278). 2) Se nella suddetta ipotesi l'Amministrazione abbia l'obbligo o la facolt di rilevare i materiali esistenti in cantiere e se sia possibile l'applicazione analogica dell'art. 1675 e.e. (n. 278). 3) Se, sempre vertendo nello stesso caso, i criteri di determinazione dei corrispettivi per i lavori eseguiti al momento dello scioglimento del contratto debbano essere analoghi sia nell'ipotesi di appalto a misura che in quella di controllo a forfait. E se nel caso di calcolo a forfait, il calcolo stesso vada fatto impostando una proporzione fra il lavoro eseguito e l'opera completa (n. 278). 4) Circ i criteri di determinazione del danno nei casi di rescissione del contratto ai sensi dell'art. 340 legge sui LL.PP. se l'Amministrazione possa comunque prendere in considerazione l'obbligazione dell'appaltatore estesa ai sei quinti, o possa far ci solo se abbia fatto concreto uso della facolt di estendere come sopra l'obbligazione dell'appaltatore (n. 278). Revisione dei prezzi 5) Se l'espressione prezzi di mercato n, usata nel d.m. 7 aprile 1964, n. 7962, debba intendersi come riferita esclusivamente ai prezzi risultanti dai listini ufficiali di .mercato ovvero possa in essa ricomprendersi anche quelle remunerazioni che vengono corrisposte di fatto in virt di peculiari pattuizioni aziendali o per effetto di particolare esigenze dei singoli appaltatori (n. 279). ASSICURAZIONI Polizza 'fideiussoria doganale Se in caso di liquidazione coatta amministrativa di una Compagnia di assicurazione e susseguente sentenza che ne dichiara la insolvenza, gli operatori che hanno garantito le proprie operazioni doganali mediante po'.izze ri'.asciate dalla suddetta Compagnia debbano prestare altra idonea garanzia (n. 63). AUTOVEICOLI E AUTOLINEE Trasporti postali sulle autolinee in concessione Se ai sensi dell'art. 5 .della legge 8 gennaio 1952, n. 53, in relazione all'obbligo delle imprese concessionarie di pubblici servizi automobilistici di far accedere le autovetture agli Uffici Postali, la distanza dai punti di fermata agli Uffici Postali debba essere calcolata per la via pi breve anche se di fatto non percorribile, oppure se tale distanza debba corrispondere alla lunghezza del percorso effettivo che le autovetture siano costrette a seguire, o se il sistema di misurazione debba essere riferito al percorso pedonale pi breve (n. 67). CACCIA E PESCA Bandite di caccia -art. 50 t.u. 5 giugno 1939, n. ro16 1) Se nell'ambito delle bandite di caccia previste dall'art. 50 t.u. 5 giugno 1939, n. w16 l'Azienda di Stato per le Foreste Demaniali possa procedere direttamente, PARTE II, CONSULTAZIONI tza ingerenza delle Amministrazioni Provinciali, alla cattura e all'eliminazione di ii di selvaggina malati o vetusti (n. 27). >ca -Societ cooperative di coltivatori di molluschi 2) Se le concessioni di specchi d'acqua a cooperative di coltivatori di molluschi ntrino nelle .previsioni della legge 8 ottobre 1931, n. 1604, la quale prevede, per societ cooperative di pescatori lavoratori, il beneficio della registrazione gratuita gli atti di concessione delle aree del demanio marittimo (n. 28);' )MMERCIO 2sferimento merci Se nel caso di trasferimento di merci dalla sede centrale (commerciale o induiale) in locali che, separati dalla sede aziendale principale, abbiano funzione di .gazzino o di deposito, sia applicabile l'art. 20 regol. 26 gennaio 1940, n. 10 e sia indi necessari documentare tali passaggi di merce anche se il detto deposito non lga una attivit commerciale (n. 22). )MUNI E PROVINCE :tichit e belle arti Se, ai sensi della legge .1 giugno 1939, n. 1089, il Ministero della Pubblica Istrune abbia il potere di imporre modificazioni di carattere estetico ad immobili Jartenenti ad Enti locali ovvero a privati e assoggettati ai vincoli di cui alla ata legge (n. 115). )NCESSIONI ncess.ione di ferrovia -Risoluzione consensuale -Determinazione delle quote di 'ttanza -Reversibilit dei relitti 1) Se, si possa addivenire alla consensuale risoluzione della concessione di fer ie a privati (n. 74). 2) Se, al fine di determinare le quote di spettanza delle parti (concedente e consionario) sui beni facenti parte del compendio ferroviario si debba aver riguardo periodo decorso e al periodo da decorrere della concessione (n. 74). 3) Se, essendo cessato l'esercizio ferroviario, per la determinazione delle quote spettanza si debba far riferimento al momento della cessazione del servizio fPrfario o al momento in cui il concessionario chiede la risoluzione della concesne oppure a quello in cui effettivamente si addiviene alla risoluzione della concesne (n. 74). 4) Se siano reversibili allo Stato i beni cosiddetti relitti anche quando all'atto la risoluzione non siano utilizzati pur costituendo dipendenze della ferrovia . 74). \..ZI DOGANALI :torizzazione al compimento di opere lungo la linea doganale -Necessit -Limiti 1) Se la norma limitativa di cui all'art. 2 della vigente legge doganale, che vieta eseguire costruzioni ed altre opere in prossimit della linea doganale senza l'autorizdone del Direttore Superiore della circoscrizione doganale, debba intendersi come 1cernente soltanto gli edifici ad immediato contatto della linea doganale (n. 24). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Costruzioni lungo la linea doganale 2) Se in materia di costruzioni in prossimit della linea doganale, effettuate senza la autorizzazione prescritta dall'art. 2 1. 25 settembre 1940, n. 1424, vi siano, oltre alle penalit di cui all'art. 139 della legge citata, altre sanzioni positivamente previste, ovvero debbasi fare ricorso esclusivamente ai principi dell'autotutela amministrativa (n. 25). Polizza fideiussoria assicurativa 3) Se in caso di liquidazione coatta amministrativa di una compagnia di assicurazione e susseguente sentenza che ne dichiara la insolvenza, gli operatori che hanno garantito le proprie operazioni doganali mediante polizze rilasciate dalla suddetta compagnia debbano prestare altra idonea garanzia (n. 26). DEMANIO Beni immobili del patrimonio dello Stato in uso ai Centri rifornimento quadrupedi Cessione Se, ai fini della cessione dei terreni demaniali in virt della I. 30 giugno 1954, n. 549 si proceda alla valutazione degli stessi capitalizzando, in base agli appositi coefficenti, soltanto il reddito dominicale o anche il reddito agrario (n. 194) EDILIZIA ECONOMICA E POPOLARE Agevolazioni fiscali l) Se l'agevolazione fiscale della registrazione a tassa fissa, prevista dalle 1. 28 febbraio 1949, n. 43, art. 24, 26 novembre 1955 n. II48, art. 7, 14 febbraio l96o, n. 63, art. 33, possa applicarsi ai contratti di appalti concernenti la sistemazione esterna degli stabili costruiti per alloggi ai lavoratori (n..159). 2) Se la suddetta agevolazione possa applicarsi ai contratti di appalto per lavori di manutenzione ordinaria (n. 159). Fondo per l'incremento edilizio -Provincia di Bolzano 3) Se il Comitato Urbanistico costituito presso la Giunta Provinciale di Bolzano debba essere preventivamente inteso, in virt della I. IO agosto 1950, n. 71s, in merito alla ripartizione delle somme del Fondo incremento edilizio dall'apposita Commissione costituita presso il Ministero dei Lavori Pubblici (n. 160). Regione Siciliana -Case economiche costruite dallo Stato 4) Se le case economiche e popolari costruite a totale carico dello Stato in Provincia di Messina tra il 1927 e il 1936 siano da ritenere beni disponibili per i fini di cui all'art. 4 d.P.R. 1 dicembre 1g61, n. 1825 contenente norme di attuazione dello Statuto della Regione Siciliana in materia di demanio e patrimonio (n. 161). ELETTRICIT A' ED ELETTRODOTTI ENEL -Ferrovie dello Stato -Trasferimento di complessi di beni destinati ad attivit elettriche Se in virt del d.P.R. 22 maggio 1963, n. 730 debbano essere trasferiti dalle Ferrovie dello Stato all'ENEL, oltre ai complessi di ben.i destinati ad attivit elettriche, anche i rapporti giuridici a quelli collegati ed in corso di svolgimento. (n. 19). PARTE II, CONSULTAZIONI 27 PROPRIAZIONE PER P.U. cupazione abusiva -Costruzione di opera pubblica -Revisione dell'indennit liqui: a in sentenza. Se sia possibile la revisione dell'indennit liquidata, con sentenza passata in dicato, fino al termine dell'occupazione abusiva o se il proprietario del terreno :upato abbia, in mancanza del legittimo decreto di espropriazione, altri mezzi tutela (n. 195). ,LLJMENTO itenza pronunciata da giudice straniero -Efficacia impeditiva del pagamento di rennizzo per danni di guerra (n. 87). 1) Se la sentenza dichiarativa di fallimento pronunciata da un giudice straniero, :sa avere, di per s, efficacia impeditiva del pagamento al fallito di un indennizzo danni di guerra, o se sia invece necessario il giudizio di delibazione a sensi ~li artt. 796 e ss. c.p. (n. 87). 2) Quale valore giuridico abbia l'inizio del procedimento di delibazione comuato all'Amministrazione debitrice per gli effetti dell'art. 69 r.d. 18 novembre 1923, 2440 (n. 87). :RROVIE E TRANVIE ricessione di ferrovia -Risoluzione consensuale -Determinazione delle quote di ttanza -Reversibilit dei relitti. 1) Se si possa addivenire alla consensuale risoluzione della concessione di feria a privati (n. 359). 2) Se al fine di determinare le quote di spettanza delle parti (concedente e consionario) sui beni facenti parte del compendio ferroviario si debba aver riguardo periodo decorso e al periodo da decorrere della concessione (n. 359). 3) Se, essendo cessato l'esercizio ferroviario, per la determinazione delle quote spettanza si debba far riferimento al momento della cessazione del servizio ferrorio o al momento in cui il concessionario chiede la risoluzione della concessione mre a quello in cui effettivamente si addiviene alla risoluzione della concessione 359). 4) Se siano reversibili allo Stato i beni cosidetti relitti anche quando all'atto la risoluzione non siano utilizzati pur costituendo " dipendenze della ferrovia 359). ;te e telecomunicazioni 5) Se sia legittima l'imposizione di servit di elettrodotto ferroviario su beni l'Amministrazione delle Poste e Telecomunicazioni (n. 36o). PIEGO PUBBLICO piegato statale -Riassunzione in servizio -Restitutio in integrum. 1) Se l'indennit di presenza e quella per lavoro straordinario e l'indennit di 1presentanza ex I. 2 giugno 1927, n. 862 debbano considerarsi integrative dello iendio e, in quanto tali, essere ricompense nella restitutio in integrum (n. 569). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Imposta di famiglia -Ritenuta 2) Se sulle quote di aggiunta di famiglia, di cui al d.P.R. 17 agosto 1955, n. 767, debbano applicarsi le ritenute per i contributi assistenziali e quelli riguardanti la cessata gestione INA-Casa, ora Gescal (n. 570). Istanza di revoa di destituzione 3) Se possa essere accolta l'istanza di revoca di destituzione quando il reato che ha dato causa al provvedimento di destituzione sia stato dichiarato estinto per prescrizione o per amnistia e quando detta declaratoria di estinzione si verifichi in epoca successiva al momento in cui avrebbe avuto luogo il collocamento a riposo dell'impiegato per raggiunti limiti di. et (n. 571). Mutuo garantito dall'ENPAS. Inesatte informazioni -Responsabilit conseguenti 4) Se dalle erronee informazioni fornite dall'Amministrazione in ordine alla inesistenza di provvedimenti in corso a carico di un dipendente che abbia ottenuto un mutuo, garantito dall'ENPAS, da Istituto di credito autorizzato, derivi responsabilit (n. 572). IMPOSTA DI BOLLO Visto di corrispondenza apposto sull'elaborato tecnico -attestazione amministrativa Se la restituzione al presentatore di uno dei due originali di elaborato tecnico con l'apposizione del visto di corrispondenza del progetto a sensi della l. 25 novem ,, = bre 1962, n. 1684, si risolva in una attestazione amministrativa, come tale concre tizzante il presupposto tributario per la applicazione dell'art. 41 della Tariffa all. A. (n. 26). ' IMPOSTA DI REGISTRO ~ ' Agevolazioni per l'edilizia economica e popolare 1) Se l'agevolazione fiscale della registrazione a tassa fissa, prevista dalle 1. 28 febbraio 1949, n. 43, art. 24; 26 novembre 1955, n. 1148, art. 7; 14 febbraio 196o, n. 63, art. 33, poss applicarsi ai contratti di appalto concernenti la sistemazione esterna degli stabili costruiti per alloggi ai lavoratori (n. 206). 2) Se la suddetta agevolazione possa applicarsi ai contratti di appalto per lavori di manutenzione ordinaria (n. 2o6). Contratti di appalto stipulati dall'l.A.C.P. 3) Se la deroga all'art. 47 legge di registro introdotta dalla l. 24 gennaio 1962, n. 23 per i contratti di appalto &tipulati dagli I.A.C.P. per costruzioni su terreni successivamente acquistati abbia efficacia retroattiva operando anche per i contratti conclusi anteriormente all'entrata in vigore della norma derogatrice (n. 207). 4) Se l'applicazione retroattiva della suddetta legge ricorra anche nel caso di acquisto effettuato dal Comune a favore dell'I.A.C.P. (n. 207). Enunciaz,ione 5) Se l'Amministrazione Finanziaria acquisti il diritto alla tassazione di un atto di compravendita non registrato di cui non abbia il materiale possesso, in virt di sentenza che riconoscendo esistente il rapporto di mediazione relativo alla vendita, enunzi gli estremi dell'atto in cui questa consacrata (n. 208). PARTE II, CONSULTAZIONI 29 ~ armata -Equiparabilit ad azienda 6) Se, ai fini dell'applicabilit dell'art. 18 della legge di Registro, la nave armata 1 equipararsi ad una azienda (n. 209). ~t cooperative di coltivatori di molluschi -Registrazione gratuita degli atti oncessione del demanio marittimo 7) Se le concessioni di specchi d'acqua a cooperative di coltivatori di molluschi :rino nelle previsioni della I. 8 ottobre 1931, n. 1604, la quale prevede, per le :t cooperative di pescatori lavoratori, il beneficio della registrazione gratuita gli atti di concessione delle aree del demanio marittimo (n. 210). 'OSTA DI R.M. imento di interessi -Aliquota Se nell'ipotesi di pagamento di interessi da parte dello Stato la ritenuta di r.m. a effettuarsi con l'aliquota vigente al momento del pagamento ovvero con I'alia vigente alla scadenza di ogni singola obbligazione da cui gli interessi hanno a (n. 27). 'OSTA DI SUCCESSIONE edi -Debiti ereditari -Dichiarazione Se la dichiarazione di sussistenza di debito di cui all'art. 48 del r.d. 30 dicem1923, n. 3270, ai fini della detraibilit ex art. 45 stesso r.d., nell'ipotesi che vi > pi coeredi, debba essere sottoscritta da tutti i coeredi oppure esplichi efficacia 1e se sottoscritta da un solo coerede (n. 39). 'OSTE E TASSE izionale E.CA. -Ritenuta diretta 1) Se nell'ipotesi di pagamento di interessi a terzo estraneo lo Stato possa ire la ritenuta diretta per l'addizionale E.C.A. (n. 376). lono -Previo pagamento del tributo 2) Se il condono della pena pecuniaria previsto dalla 1. 31 ottobre 1963, n. 458 ossa applicare solo quando il tribut.o corrisposto volontariamente o in ogni quando ricorrono le condizioni previste dalla citata legge senza alcuna distine tra pagamento volontario e coatto (n. 377). locali di consumo 3) Se l'equiparazione, ai fini tributari, degli Enti Comunali di consumo allo > importi la esenzione dei predetti enti dalle imposte sulle societ e di r.m. 178). !zioni tributarie commesse in Piazza S. Pietro 4) Se sia applicabile la procedura prevista dagli art. 55 e 56 l. 7 gennaio 1929, , per l'emissione dell'ordinanza di condanna relativa alle violazioni delle leggi 1tarie, di cui agli artt, 3 e segg. della stessa legge, commesse in piazza S. Pietro 179) RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Societ per azioni -Responsabilit dei liquidatori 5) Se il liquidatore della Societ per azioni sia responsabile in proprio verso l'Amministrazione non soddisfatta delle imposte dirette dovute dalla societ, per il fatto d'essere stati pagati i crediti sociali assistiti da diritti di prelazione di grado inferiore rispetto a quelli che assistono i crediti d'imposta (n. 380). INVALIDI DI GUERRA Assunzione obbligatoria al lavoro -Conferimento senza concorso di posti vacanti Se, in tema di assunzione obbligatoria al lavoro degli invalidi di guerra, la norma di cui all'art. 38 regolamento 18 giugno 1952, n. 1176, possa ritenersi implicitamente abrogata dalla I. 5 marzo 1963, n. 367 (n. 18). ISTRUZIONE SUPERIORE Istituzioni culturali e scolastiche all'estero Se il personale di ruolo addetto alle istituzioni culturali e scolastiche all'estero, al quale non venga pi corrisposto per qualsiasi causa l'assegno di sede previsto dalla I. 6 ottobre 1962, n. 1546, abbia diritto a percepire l'intero trattamento economico previsto per l'interno o il solo stipendio (n. 16). LOCAZIONI Contratti di locazione -regime vincolistico -Cessazione -Aumento dei canoni ex lege. Se siano applicabili ai contratti di locazione di immobili, per i quali la I. 21 dicembre i960, n. 1521, art. 2, ha disposto la cessazione del regime vincolistico, gli aumenti dei canoni previsti dall'art. 3 della stessa legge (n. 121). LOTTO E LOTTERIE Premi ai venditori dei biglietti delle lotterie nazionali 1) Se anche ai venditori dei biglietti vincenti, nelle lotterie nazionali si applichi il disposto dell'art. 18 d.P.R. 30 novembre 1948, n. 1677; richiamato dall'art. 20 d.P.R. 9 novembre 1952, n. 4468 (n. 24). 2) Se il presunto venditore del biglietto vincente, non in possesso della relativa matrice, possa provare altrimenti tale propria qualit anche se il regolamento alla lotteria espressamente neghi validit a qualsiasi equipollente dell'esibizione della matrice vincente (n. 24). Vincita al lotto sulla sorte di estratto determinato 3) Se, nelle giocate per estratto determinato, le vincite che si siano verificate per poste accettate in eccedenza al limite stabilito per la massima posta complessiva accettabile nella provincia sul numero vincente debbano essere proporzionalmente ridotte a detto limite (n. 25). 4) Se, in dette ipotesi, al vincitore spetti la rifusione della differenza tra la posta giocata e la massima posta accettabile dalla ricevitoria (n. 25). PARTE II, CONSULTAZIONI 31 ILIGAZIONI E CONTRATTI essi Se gli interessi sono dovuti dallo Stato fino al giorno in cui stato emesso ine di pagamento ovvero fino al giorno dell'effettivo pagamento (n. 41). :TE E TELECOMUNICAZIONI porti postali sulle autolinee in concessione Se ai sensi dell'art. 5 della 1. 8 gennaio 1952, n. 53, in relazione all'obbligo imprese concessionarie di pubblici servizi automobilistici di far accedere le vetture agli Uffici Postali, la distanza dal punto di fermata agli uffici postali 1a essere calcolata per la via pi breve anche se di fatto non percorribile, oppure ile distanza debba corrispondere alla lunghezza del percorso effettivo che le vetture siano costrette a seguire, o se il sistema di misurazione debba essere ito al percorso pedonale pi breve (n. 112). SCRIZIONE crizione penale -Contravvenzione per omissione di contribut assicurativi obbliri. 1) Se la prescrizione del reato per omesso versamento dei contributi assicuraobbligatori decorra dal giorno di scadenza dell'obbligo di pagamento dell'ultimo ributo evaso o dal giorno in cui si verifica la prescrizione civile del diritto al 1mento stesso (n. 44). incia espressa o tacita da parte della Pubbli'ca Amministrazione -Inammissibilit 2) Se sia rinunziabile la prescrizione maturata a favore della Pubblica Ammi azione (n. 45). 3) Se sia applicabile, nei confronti della Pubblica Amministrazione, l'art. 2937 no comma e.e. (rinunzia tacita) (n. 45). VIDENZA ED ASSISTENZA idi di disoccupazione Se il rapporto che si instaura tra l'I.N.P.S. e gli Uffici del lavoro e della massima 1pazione per lo svolgimento da parte di questi ultimi, dell'attivit relativa alla ccupazione indennizzata o sussidiata, ai sensi del d.m. 6 maggio 1957, abbia ira pubblicistica di rapporto organico ovvero natura privatistica di rapporto di dato (n. 48). ~ZZI 'sione Se l'espressione " prezzi di mercato , usata nel d.m. 7 aprile 1964, n. 7962, Ja intendersi come riferita esclusivamente ai prezzi risultanti dai listini ufficiali nercato ovvero possano in essa ricomprendersi anche quelle remunerazioni che :ano corrisposte di fatto in virt di peculiari pattuizioni aziendali o per effetto >articolari esigenze dei singoli appaltatori (n. 59). 32 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO REGIONI Regione Siciliana -Case economiche costruite dallo Stato Se le case economiche e popolari costruite a totale carico dello Stato in provincia di Messina tra il 1927 e il 1936 siano da ritenere beni disponibili per i fini di cui all'art. 4 d.P.R. 10 dicembre 1961, n. 1825, contenente norme di attuazione dello Statuto della Regione Siciliana in materia di demanio e patrimonio (n. 122). SENTENZA Fallimento Se la sentenza dichiarativa di fallimento pronunciata da un giudice straniero, possa avere, di per s, efficacia impeditiva del pagamento al fallito di un indenniz_ zo per danni di guerra, o se sia invece, necessario il giudizio di delibazione a sensi degli artt. 796 e ss. c.p. (n. 21). SERVITU' Servit ferroviarie Se sia lgittima l'imposizione di servit di elettrodotto ferroviario su beni del. l'Amministrazione delle Poste e Telecomunicazioni (n. 40). soIETA' Societ per azioni -responsabilit dei liquidatori Se i1 liquidatore della Societ , per azioni sia responsabile in proprio verso l' Amministrazione non soddisfatta delle imposte dirette dovute dalla Societ, per il fatto d'essere stati pagati i crediti sociali assistiti da diritti di prelazione di grado inferiore rispetto a quelli che assistono i crediti d'imposta (n. 107). VARIET ------------------------------- MINIMA MORALIA come debba intendersi il principio della indipendenza della Magistratura Filiberto De Thurin consigliere alla Corte di Parigi (che gi conosciamo per re apparso in queste cronache retrospettive) si trov una volta incaricato di un :esso fra Mr. De Bouillon e Mr. la Mark. Il re Enrico IV, lo mand a chiamare e gli disse: Thurin io voglio che Mr. Bouillon vinca il suo processo" "Ebbene, Maest -gli rispose Thurin -nulla di pi facile; quel che Vostra !st decider, sar ben fatto " E cos detto si ritir in tutta fretta. Il re rimase soddisfatto della pronta acquiescenza del Magistrato, anche se un :> perplesso. Senonch un cortigiano che conosceva la bestia, fece presente al re che c'era da ndersi qualche brutto scherzo. Fu mandato subito a verificare e fu trovato il Thurin che caricava le carte del :esso su un carretto, per inviarle al re. E mentre era cosi affaccendato, borbot t: cc Se vuole dargli ragione, decida lui la causa " ferma tradizione che il Re Enrico IV non ebbe pi ad impicciarsi di processi. llemant des Raux -Historiettes -sub nomine). come un Magistrato decise una controversia giudiziaria con piena soddisfazione di entrambe le parti contraenti. Giacomo Valle, Conte di Barreaux, fu nominato nel 16::i5 consigliere alla Corte Parigi. Ebbe subito assegnato un ponderoso processo che aveva dato filo da torcere ai iici di primo grado. Il Consigliere si mise di impegno a studiare l'incarto, ma non riuscendo a deci e i verbali che erano stati scritti in modo infame, cominci ad impazientirsi. un pomeriggio d'inverno e nella sua stanza ardeva un caminetto, cosicch del o irritato fini per gettarvi le carte che bruciarono allegramente. Essendosi presentate le parti a chiedere una sollecita fissazione delle udienze, le rispose: cc tutto fatto; non potendo leggere il vostro processo, l'ho bruciato. I litiganti rimasero sbigottiti e levarono alti lamenti dicendosi rovinati. cc Non affliggetevi tanto, disse Valle, non si trattava in fondo che di cento ii; eccoveli e non statemi pi a .seccare . Sembra certo che mai decisione di giudice fu pi soddisfacente. llemants, des Raux -Historiettes -sub nomine). PARTE II, VARIET Nel quale si dimostra come i Magistrati debbono essere benevoli con gli Avvocati. A Tolosa un giovane avvocato cominci la discussione dicendo: Il re Pirro... . Presiedeva la Corte un Magistrato bizzoso e molto scorbutico che lo interruppe dicendogli: Avvocato, al fatto, al fatto!. Un consigliere mosso a piet dell'avvocato che era rimasto senza parole, fece presente al Presidente che si trattava di un giovane alla sua prima causa. Il Presidente, allora, rabbonito: Ebbene -disse -parlate dunque avvocato del re Pirro...! (Tallemant des Raux -Historiettes sub nomine -Advocats).