ANNO XVI -N. 4 LUGLIO -AGOSTO 1964 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Pubblicazione di servizio INDICE Parte prima: GIURISPRUDENZA Sezione prima: GIURISPRUDENZA NAZIONALE COSTITUZIONALE E INTERpag. 627 Sezione seconda: GIURISPRUDENZA SDIZIONE su QUESTIONI DI GIURI:. 666 Sezione terza: GIURISPRUDENZA CIVILE . 698 Sezione quarta: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 741 Sezione quinto: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 756 Sezione sesta: GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQBLICHE APPALTI E FORNITURE UE PUB 792 Sezione settimo: GIURISPRUDENZA PENALE 801 Parte seconda: RASSEGNE -QUESTIONI -CONSULTAZIONI RASSEGNA DI DOTTRINA . pag. 117 RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 125 QUESTIONI 136 CONSULTAZIONI 141 Le sezioni della parte prima sono curate, nell'ordine, dagli avvocati: Michele Savarese, Giorgio Zagori, Franco Carusi~ Ugo Gargiulo, Leonida Correale, Giuseppe Del Greco, Antonino Terranova; le rassegne di dottrina e legislazione dagli avvocati: Benedetto Baccari e Mario . Fanelli. Coordinamento generale: avvocati Aristide Salvatori e Ugo Gargiulo. Elenco delle principali annotazioni a sentenze G. ZAGARI, La giurisdizi~ in tema di rapporti di lavoro degli insegnanti delle scuole nei Convitti Nazionali . pag. 670 G. ZAGARI, Giurisprudenza in materia di indennizzi per i beni italiani nei territori ceduti alla Jugoslavia D 686 F. C::ARUSI, In .tema di delegazione amministrativa . 700 F. CARUSI, Su un caso di credito . di affermata tutela aquiliana di un diritto D 707 F. CARUSI; Sostituzione e non rapporto organico . 736 A. TERRANOVA, I limiti del sindacato di legittimit del Consiglio di Stato in materia di avanzamento a scelta degli ufficiali 746 L. CORREALE, Osservazioni sul regime fiscale delle cessioni di credito verso la P.A. in dipendenza di appalti di lavori o forniture di merci e in relazione a finanziamenti di somme .concessi dalle Aziende ed Enti previsti dal 1'.d. 375/36 . 779 O. FIUMARA, .Ancora sull'impugnazione principale in luogo di quella incidentale, on applicazione tratto. (4) L'ultima massima concerne la conformit della legge suN'ENEL all'art. 11 della Costituzione, sotto il profilo di una pretesa violazione di alcune norme del Trattato di Roma 25 marzo 1957 sulla Comunit Economica Europea. Trattandosi di questione che stata rimessa anche alla Corte di Giustizia della Comunit, la quale si solo di recente pronunciata, se ne rinvia lesame ad altro numero della Rassegna sia per quanto attiene ai profili strettamente costituzionali che a quelli comunitari. LUCIANO TRACANNA CORTE COSTITUZIONALE, 19 maggio 1964, n. 36 -Pres. Ambrosini - Rel. Petrocelli -, Bedon e Temperini (avv. Ragno) e Presidente Consiglio Ministri (avv. Stato Varvesi). Costituzione della Repubblica -Leggi, decreti e regolamenti Riserva di legge in materia penale -Legge sulla repressione degli abusi di stupefacenti -Elenchi delle specialit stupefacenti pubblicati dal Ministero della Sanit -Violazione della riserva di legge -Esclusione. (1. 22 pttobre 1954, n. 1041, artt. 1, 3, 6, 18, 25, Cost. art. 25). Non violano la riserva di legge posta dall'art. 25 della Costituzione per lq-materia penale le disposizioni della legge 22 ottobre 1954, n. 1041, contenenti sanzioni penali per l'illecito uso di sostanze stupefacenti, indicate .negli appositi elenchi approvati dal Ministero della Sanit; ci in quanto le singole voci degli elenchi a cui tali disposizioni fanno rinvio costituiscono indicazioni particolareggiate che, per le variabili forme de~la sostanza e per le continue e rinnovate indagini cui soggetta, si sottraggono alla possibilit di una anticipata specificazione da parte della legge; e questa, a:altra parte, non soltanto indica la condotta vietata, ma anche l'oggetto materiale del delitto, idoneamente designato, al fine di una sufficiente posizion della fattispecie penale, con respressione a sostanze o. preparati indicati nelfelenco degli stupefacenti (1). (1) La sentenza trae ongme da quattro ordinanze di rmvio, a CO'Iltenuto pressocch analogo del Tribunale di Milano, in data 30 ottobre 1963, del Giudice Istruttore presso il Tribunale di Venezia, in data 14 e 16 novembre 1963, e del Giudice Istruttore presso il Tribunale di Massa, in data 5 dicembre 1963, tutte pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale del 25 gennaio 1964, n. 21. PARTE I, SE'Z. I, GIUR. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 631 (Omissis). -:E: opportun ricordare che gli elenchi degli stupefacenti esistevano, obbedendo a molteplici finalit, ancor prima della 1egge impugnata (v., tra l'altro, il d.m. 18 febbraio 1937, modificato con d. c. g. 24 gennaio 1942, in G.U. 7 febbraio 1962, n. 31). Ma ci che soprattutto importa il collocare questa legge, e gli elenchi cui essa si riferisce, nel quadro degli accordi internazionali in materia, accordi 1e cui iniziali manifestazioni rimontano ai primi decenni del secolo, e riguardano non soltanto gli stupefacenti come piaga sociale da combattere, ma tutto il complesso delle progressive esperienze inerenti all'uso normale di tali sostanze, per scopi commeTciali, terapeutici e scientifici. (Convenzione di Ginevra del 19 febbraio 1925, approvata in Italia con r.d.l. 31 dicembre 1928, n. 3517; Convenzione di Ginevra del 13 luglio 1931, approvata con I. 16 gennaio 1933, n. 130; Protocollo di Parigi del 19 novembre 1948, approvato con I. 27 ottobre 1959, n. 1070, ecc.). In questi accordi, tra le finalit degli Stati contraenti, preminente quella relativa alla precisa identificazione delle sostanze aventi azione stupefacente, finalit che si realizza appunto mediante la formulazione di elenchi, inclusi nel testo degli accordi e quindi negli atti dei singoli Stati, e sottoposti inoltre a tutto un meccanismo di continuo aggiornamento. E ci in ispecie dopo che i progressi raggiunti dalla chimica e dalla farmacologia moderna hanno condotto alla realizzazione di droghe sintetiche, con la conseguente necessit di disciplinarne la fabbricazione e la distribuzione e di combatterne i crescenti e deplorevoli abusi (v. preambolo del Protocollo di Parigi del 19 novembre 1948). :: da aggiungere che la disciplina internazionale degli stupefacenti, gi affidata a un Comitato centrale permanente presso la Societ delle Nazioni, La Corte costituzionale ribadisce la sua giurisprudenza in materia di " riserva di legge . Con le sentenze richiamate nel testo della decisione, invero, la Corte aveva escluso la violazione di tale riserva a proposito di prestazioni patrimoniali, imposte in base alla legge, ancorch non prefissate in un limite massimo (sent. 26 gennaio 1957, n. 4, Giur. it., 1957, I, 1, 209, circa il c.d. " diritto di contratto a favore dell'Ente risi); di attribuzione di competenze tecnico-amministrative all'autorit amministrativa, al fine del soddisfacimento di esigenze di carattere variabile e contingente (sent. 27 marzo 1962, n. 31, Giur. it., 1962, I, 1, 915, circa le caratteristiche di lunghezza e di frenatura delle trattrici agricole); d~ determinazione della pena, proporzionalmente al valore del bene oggetto della tutela penale (sent. 12 marzo 1962, n. 15, Giur. it., 1962, I, 1, 647, circa le ammende ai contravventori di divieti di caccia e pesca, proporzionalmente alle bestie catturate o uccise o ferite). Con la presente sentenza, infine, la Corte afferma il principio, parallelo a quello " quoad poenam di cui alla sentenza n. 15 del 1962, che, anche " quoad delictum , la riserva di legge non va intesa in senso formalistico, ma in senso funzionale, in relazione alla materia oggetto della tutela penale. In dottrina cfr. PECORARO ALBANI, Riserva di legge, regolamento, norma penale in bianco, Riv. it. dir. proc. pen., 1959, 762, segg. F01s, La riserva di legge, Milano, 1962. 632 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO posta attualmente sotto la sorveglianza di. una Commissione degli stupefacenti presso l'ONU alla quale i singoli Stati aderenti alle convenzioni devono far capo, per tutto ci che concerne la fabbricazione e distribuzione dei prodotti e relativi limiti, rigorosamente stabiliti. Tali precisazioni erano opportune per significare come priva di fondamento sia lasserzione che nella formazione _degli elenchi lAmministrazione competente sia arbitra di includere o escludere questa o quella materia, mentre evidente che le specifiche qualificazioni compiute a livello internazionale fanno di questi elenchi niente altro che l'attuazione degli accordi intervenuti fra gli Stati contraenti. La stessa I. n. 1041, che contro gli abusi dispone una reazione penale ben pi severa che non quella stabilita nel codice, deve la sua emanazione anche alle sollecitazioni pervenute all'Italia dalla Commissione stupefacenti dell'ONU (Atti parlamentari, Senato della Repubblica 1953, doc. 314, p. 2). La questione relativa al valore e alla posizione che lelenco degli stupefacenti assume in relazione alla struttura del precetto penale non si presenta nuova a questa Corte; pu essere riportata ad altre questioni analoghe gi decise con precedenti sentenze. Atti e provvedimenti dell'Amministrazione aventi per oggetto determinazioni di prezzi, denominazioni tipiche di prodotti, modifiche a norme della circolazione stradale, ecc., rispondenti a . valutazioni di carattere tecnico o oontingente, in connessione con precetti penali posti a garanzia della loro osservanza (sentenze n. 103 del 1957, n. 4 del 1958, n. 15 e 31 del 1962, ecc.) sono stati ritenuti legittime manifestazioni dell'attivit normativa dell'Amministrazione, e le loro. specifiche statuizioni considerate al di fuori del precetto penale, il quale deve ritenersi gi integralmente costituito con la generica imposizione di obbedienza a quegli atti e provvedimenti. Nella questione in esame l'aspetto particolare che viene posto in luce che l'art. 6 si riferisce non, in genere, a sostanze stupefacenti, bens a sostanze o preparati indicati nell'elenco degli stupefacenti. Con ci, tuttavia, non si d luogo a un precetto penale la cui fonte sarebbe, come si assume, parte nella legge e parte nell'atto amministrativo (elenco degli stupefacenti). Il precetto penale, ai :fini della riserva di legge, riceve intera la sua enunciazione con la generale imposizione del divieto. Le singole voci degli elenchi a cui essa fa rinvio, costituiscono indicazioni particolareggiate che, per le variabili forme della sostanza e ,per le continue e rinnovate indagini cui soggetta (ben cinque elenchi si sono avuti successivamente alla I. n. 1041, di cui l'ultimo, approvato con d.m. 4 giugno 1960, revoca tutte le precedenti disposizioni) si sottraggono alla possibilit di una anticipata specificazione da parte della legge. Indubbiamente questo concorso fra norme di legge e statuizioni amministrative, di cui continuamente . si manifesta la necessit nella disciplina giuridica, deve verificarsi con I~ PARTE I, SEZ. I, GIUR. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 633 la piena osservanza delle norme costituzionali e, in particolare, quando ricorrano precetti penali, della riserva di legge di cui all'art. 25 della Costituzione. Ma la Corte ritiene che, tale osservanza non sia venuta meno nella legge in esame. Con la formula dell'art. 6 non soltanto stata, dalla legge, indicata la condotta vietata (vendita senza autorizzazione, acquisto, cessione, detenzione, ecc.), ma anche l'oggetto materiale del delitto. Il quale deve ritenersi idoneamente designato, al fine di una sufficiente posizione della fattispecie penale, con la espressione sostanze o preparati indicati nell'elenc.o degli stupefacenti. Del resto non stato mai posto in dubbio che nelle figure di reato prevedute dagli artt. 446-447 c.p. la enunciazione del precetto da parte della legge fosse completa, pur essendo l'oggetto materiale indicato, puramente e semplicemente, con la locuzione sostanze stupefacenti . Si riconosciuto a tal proposito, in uno degli scritti difensivi, con riferimento alle predette norme del codice, che in esse il precetto rimaneva posto esdusivamente dalla legge, mentre gli elenchi valevano, tutt'al pi, per il giudice come utile guida di carattere tecnico. Ma ci altro non significa se non che il precetto era dalla legge sufficientemente posto con quella formula, pur nella sua genericit. Ora, lart. 6 della 1. n. 1041 nulla sostanzialmente ha tolto alla formula del codice; n pu dirsi che il precetto non sia posto dalla legge sol perch questa fa richiamo all'elenco degli stupefacenti. La formula dell'art. 6 non meno sufficiente a costi.tuire il precetto penale, in quanto, lasciando ferma in tutta la sua validit la indicazione generica della precedente, vi aggiunge un ulteriore elemento di certezza. Le due formule, d'altra parte, si equivalgono anche in ci, che con nessuna di esse si elimina l'esigenza di un accertamento tecnico. Alla quale si ottempera dall'art. 6 mediante il rinvio agli elenchi, che di accertamenti tecnici sono il risultato; mentre negli artt. 446, 447 c.p. siffatta esigenza rimane necessariamente implicita nella stessa astratta locuzione di stupefacenti , che della sostanza indica gli effetti ma non contiene la individuazione. Tutto ci con la seguente rilevante differenza: che nell'applicazione delle norme del codice gli accertamenti subivano le incertezze, le insufficienze, le difformit delle valutazioni disposte volta per volta dal giudice, mentre nella ipotesi dell'art. 6 della legge impugnata la preventiva indicazione degli elenchi fornisce la garanzia di una qualificazione unitaria, valevole, in base agli accordi internazionali, per tutti gli Stati contraenti e in tutti i casi di uso illecito che la realt presenta all'esame del magi:strato. Per il quale, del resto, la possibilit della indagine tecnica resta pur ferma, ed quella che propria della sua funzione: accertare cio se, in concreto, la sostanza che ha dato luogo al procedimento corrisponda oppur no ad una delle categorie indicate negli elenchi. -(Omissis). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 634 CORTE COSTITUZIONALE, 16 giugno 1964, n. 42 -Pres. Ambrosini - Rel. Chiarelli -Dell'Albani e Cascione {n.c.) e Presidente Consiglio Ministri (avv. Stato Guglielmi). Esecuzione fiscale -Inammissibilit dell'opposizione agli atti esattoriali sui mobili del debitore da parte del coniuge o di parenti o affini entro il terzo grado, giusta l'art. 207 t.u. imposte dirette -Contrasto con gli artt. 24 e 42 della Costituzione -Non sussiste. (d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 207, lett. b; Cost. artt. 24, 42). L'art. 207 lett. b) del t.u. sulle imposte dirette, approvato con D.P.R. 29 gennaio 1958 n. 645, secondo il quale l'opposizione di terzo prevista dati:art. 619 c.p.c. non pu essere proposta dal coniuge o da parenti o affini entro il terzo grado del contribuente o del coobbligato, re"lativamente ai mobili esistenti nella casa di ooitazione del debitore (a meno che non si tratti di beni costituiti in dote prima della presentazione della dichiarazione annuale o della notifica dell'avviso di accertamento delrimposta) si inquadra nel sistema delle garanzie patrimoniali delle obbligazioni, regolato da norme di diritto sostanziale. Di conseguenza, tale norma non contrasta con l'art. 24 della Costi tuzione, dato che essa non esclude la difesa processuale di una situazione giuridica riconosciuta; n contrasta con rart. 42 della Costituzione, in quanto, secondo lo stesso testo costituzionale, che prevede limiti ai modi di acquisto e di godimento della propriet, la legge ordinaria pu disporre che non sia opponibile ai terzi, o ad alcuno di essi, il titolo di acquisto di una cosa mobile, destinata a garantire l'adempimento di una obbligazione (1). (Omissis). -1. -La questione di legittimit costituzionale delf art. 207, Iett. b), del D.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645 (t.u. delle leggi slle imposte dirette) stata sollevata con riferimento alfart. 24, primo comma, e alrart. 42, secondo comm, della Costituzione. (1) L'ordinanza 15 febbraio 1963 del Pretore di Avola, che ha dato luogo al giudizio di legittimit costituzionale, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale 18 maggio 1963 n..132. Circa la presunzione legale " iuris et de iure , che assiste i beni mobili nella casa di abitazione del debitore e ne rende legittima lesecuzione forzata, anche in danno al proprietario: Cass. 7 febbraio 1952, n. 304, Giur. Compl. Ca,ss. Civ., Hl52, I, 203; Cass. 30 luglio 1949, n. 2070, Foro it., 1950, I, 872. Con sentenza 18 febbraio 1960, n. 4 (Giur. it., 1960, I, 1, 501) la stessa Corte aveva dichiarato non fondata la questione di legittimit costituzionale, con riferimento agli artt. 41 e 42 della Costituzione, dell'art. 63 t.u. 17 ottobre 1922, n. 1401, sulla riscossione delle imposte dirette, contenente disposizioni analghe. PARTE I, SEZ. I, GIUR. COSTiTUZIONALE E INTERNAZIONALE 635 Si assume nell'ordinanza che la norma impugnata, col disporre che l'opposizione di terzi, per quanto riguarda i mobili esistenti nella casa -del debitore d'imposta, non pu essere proposta dal coniuge di lui o dai suoi parenti ed affini {salvo i casi di beni costituiti in dote entro un certo termine), viola il principio secondo cui tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti. Inoltre, nella stessa norma si scorge una violazione dell'art. 42 Cast., in quanto, col privare il coniuge o il parente del debitore della -difesa del suo diritto sui mobili, sostanzialmente si verrebbe ad annullare il suo diritto di propriet sui medesimi. Ritiene la Corte che la questione sia infondata sotto entrambi gli aspetti. 2. -L'art. 2Cfl, lett. b), t.u. sulle imposte dirette si inquadra, pur con la particolarit delle sue disposizioni, nel sistema delle garanzie patrimoniali delle obbligazioni, regolato da norme di diritto sostanziale. , infatti, la legge sostanziale che stabilisce quali beni costituiscono la garanzia dei diritti del creditore. Esattamente stato osservato che la norma che determina l'oggetto su cui pu essere esercitata lazione esecutiva del creditore una norma di diritto materiale, perch delimita l'ambito entro il quale pu essere usato lo strumento processuale fornito al creditore per la realizzazione del suo 'diritto, e stabilisce quali diritti del debitore e, in genere, quali situazioni giuridiche possono essere sacrificate perch sia soddisfatto tale diritto attraverso I'es.ecuzione coattiva. In questa determinazione dell'oggetto dell'azione esecutiva, l'ordinamento giuridico, da una parte pone, come noto, delle limitazioni alla responsabilit patrimoniale del debitore, sottraendo a detta azione alcune categorie di beni a lui appartenenti; dall'altra, in casi determinati e per ragioni attinenti alla peculiarit di certi rapporti, rafforza la garanzia del credito, assoggettando all'azione esecutiva alcuni beni che si trovino in una particolare situazione locale, indipendentemente dall'esistenza di eventuali diritti di terzi su di essi. Sono in questo senso quelle norme, -come l'art. 622 c.p.c. e l'art. 207 in esame, le quali, nell'esecuzione forzata, negano ad alcuni soggetti l'azione di separazione, relativamente alle cose mobili che si trovino nella casa del debitore. Le ragioni, di carattere pubblico e di interesse generale, che ispirano la norma dell'art. 207, lett. b), sono di tutta evidenza. Essa si collega alle finalit, proprie del procedimento di esecuzione fiscale, di assicurare la riscossione delle imposte e di evitare fraudolente simulazioni, e non in contrasto, a giudizio di questa Corte, con l'art. 24, primo comma, della Costituzione, il quale garantisce la difesa in giu RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLQ STATO 636 dizio dei diritti soggettivi, considerati nella configurazione e nei limiti che ad essi derivano dal diritto sostanziale; in particolare, dalla tutela assicurata dalla legge ad altri diritti e ad altri interessi, giudicati degni di protezione giuridica, secondo criteri di reciproco coordinamento. Nel caso in esame, la legittimazione a proporre opposizione di terzo trova un limite, per il congiunto del debitore, nella tutela del rapporto tributario, voluta dalla legge sul fondamento dell'esigenza di ordine pubblico, gi ricordata, di assicurare l'adempimento del debito d'imposta e di impedire che fobbligato possa sottrarsi ad esso, col favore di persone a lui legate da vincoli familiari. Il legislatore, quindi, non ha escluso, in violazione dell'art. 24 della Costituzione, la difesa processuale di una situ.azione giuridica da esso stesso riconosciuta, ma ha disposto, con norma che appartiene alla disciplina sostanziale del rapporto d'imposta, una garanzia di adempimento dell'obbligo tributario, basandosi sulla situazione della cosa mobile nella abitazione del debitore; situazione che lo stesso coniuge o parente del debitore pu aver concorso a creare, e delle cui eventuali conseguenze fiscali egli dov:eva essere comunque a conoscenza. 3. -Ugualmente infondata la questione di legittimit costituzionale dedotta in relazione all'art. 42, secondo comma, della Costituzione. Com' noto, tale articolo, nel riconoscere e garantire la propriet privata, attribuisce alla legge ordinaria la determinazione dei modi di acquisto e di godimento di essa e dei suoi limiti. La legge ordinaria pu, quindi, disporre che non sia opponibile ai terzi, o ad alcuni di essi, il titolo di acquisto della cosa mobile, destinata a garantire l'adempimento di un'obbligazione. Nella specie il legislatore, nel coordinare la tutela del diritto di propriet con la tutela del diritto di credito tributario, ed al fine di assicurare, nell'interesse sociale, la soddisfazione di quest'ultimo, ha escluso per il coniuge e per il parente o affine entro il terzo grado del debitore d'imposta la possibilit di far valere l'eventuale titolo d acquisto nei confronti dell'esattore, attribuendo rilevanza determinante alla posizione della cosa mobile nell'abitazione del debitore. 1 La norma, che trova riscontro in altre norme di diritto comune le quali, ai fini della tutela di un diritto di credito, attribuiscono rilevanza alla posizione locale della cosa mobile, anche in pregiudizio dei diritti dei terzi su di essa (v. artt. 2756, 2760, 2761, 2764 e.e.), non contrasta con la Costituzione, rientrando in quella disciplina del diritto di propriet, dei suoi modi di acquisto e dei suoi limiti, demandata, come si visto, alla legge ordinaria. PARTE I, SEZ. I, GIUR. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 637 N vale in contrario la considerazione che nel caso dell'art. 207 la costituzione in dote avvenuta tra terzi, rispetto al debitore d'imposta, giacch, come si innanzi accennato e come stato esattamente rilevato dalla difesa dello Stato anche in armonia con una precedente decisione di questa Corte, il coniuge e n terzo sanno, o hanno l'onere
  • nente produzione giurisprudenziale della Corte Suprema di Cassazione, che ha chiaramente identificato le fattispecie legali dei de1:tti previsti dall'art. 3, n. 8 della c.d. legge Merlin '" Basti riom:dare, fra le tante, Cass. 6 marw 1961, Fusco, Giust. pen., 1962, II, 572 segg.; 7 luglio 1961, CANNONE, ivi, II, 423; 6 novembre 1963, BROGLIO, ivi, 1964, II, 82; 23 aprile 1963, SPINELLI, ivi, 1964, II, 80; 17 aprile 1963, RosATO, ivi, 1964, II, 84; 5 aprile 1963, MoVILLA, ivi, 1964, II, 81. 3 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 642 che d fondamento legale alla potest punitiva, ed espressamente sancisce la non retroattivit della legge nel tempo, contenuta nell'art. 25 della Costituzione, il quale, nel secondo comma, dispone che: nessuno pu essere punito se non in forza di una legge, che sia entrata in vigore prima del fatto commesso li. La questione, nei termini propos. ti dall'ordinanza, pu essere quindi esaminata soltanto in riferimento all'art. 25. 3. -Il Tribunale afferma che la formulazione della norma impugnata, la quale punisce colui che in qualsiasi modo favorisca o sfrutti la prostituzione altrui li generica, priva di contenuto e non concreta perci una espressa ed individuata previsione del fatto costituente reato; dal che deriverebbe un contrasto col precetto costituzionale della espressa riserva di legge in materia penale, richiesta dall'art. 25 della Costituzione. La Corte ritiene che siffatto apprezzamento non giustificato. Particolari ragioni di tutela della dignit umana hanno indotto il legislatore ad abolire la regolamentazione della prostituzione, la registrazione, il tesseramento e qualsiasi altra degradante qualificazione o sorveglianza sulle donne che esercitano la prostituzione. Il legislatore non si per limitato a dare una nuova disciplina, ma, preoccupato delle conseguenze dannose che possano derivarne, ha seguito anche un'altra direttiva, che appare riprodotta nel titolo della legge in esame (lotta contro lo sfruttamento della prostituzione). Ha emanato quindi nuove norme penali, atte a reprimere la diffusione di questo male sociale, prevedendo -nell'art. 3 della ripetuta legge -varie ipotesi criminose, onde punire quelle attivit che in qualsiasi modo vengano a ledere l'interesse che si intende tutelare. I concetti di agevolazione e di sfruttamento della prostituzione altrui presentano una obbiettivit ben definita, anche perch acquisiti da tempo nel codice penale e sottoposti a lunga elaborazione dottrinale. Essi hanno un preciso ed inconfondibile significato, che non si presta ad equivoche interpretazioni. Allargare il raggio di applicazione della previsione legislativa fino a comprendere attivit che prima rimanevano impunite non significa svuotare di contenuto la norma, ma estenderla e rafforzarla. E la circostanza che sia stata usata una formula, la quale, pur essendo di pi ampio contenuto, risulti sinteticamente espressa, non costituisce un vizio della norma -siccome ritiene rordinanza di rimessione -ma un fatto normale in materia penale. Ed invero, tutti i comandi giuridici sono per loro natura di carattere generale ed astratto; ed ben noto che, nell'indicare i fatti tipici costituenti reato, la legge a volte fa una descrizione minuta di essi, ma spesso si limita a dare un'ampia nozione del fatto, senza scendere a particolari di esecuzione. E gi questa Corte ha avuto occasione di PARTE I, SEZ. I, GIUR. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 643 affermare in proposito che il principio in virt del quale nessuno pu essere punito per un fatto che non sia espressamente preveduto come reato dalla legge {art. 1 del Codice penale) non attuato nella legislazione penale seguendo sempre un criterio di rigorosa descrizione del fatto. Spesso le norme penali si limitano ad una descrizione sommaria ed all'uso di espressioni meramente indicative, realizzando nel miglior modo possibile lesigenza di una previsione tipica dei fatti costituenti reato {sent. n. 27 del 23 maggio 1961). Bisogna infine rilevare che queste nuove figure di reato, sottoposte al vaglio della dottrina e della giurisprudenza, sono state efficacemente determinate nei loro contorni e limiti. Onde, sotto qualsiasi aspetto esaminata, la censura della norma appare priva di fondamento. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 16 giugno 1964, n. 45 -Pres. Ambrosini - Rel. Cassandro -Zoo.asi (avv. Casarini, Fabbrici, Viola) e Presidente Consiglio Ministri (avv. Stato Foligno). Tasse ed imposte comunali -Imposta di famiglia -Interpretazione autentica dell'art. 17 del t.u. finanza locale circa l'autonomia della determinazione della base imponibile e dell'accertamento rispetto ai tributi erariali -Contrasto con l'art. 53 della Costituzione -Non sussiste. (r.d. 14 settembre 1931, n. 1175, art. 117; I. 16 settembre 1960, !Il. 1014, art. 18; I. 15 febbraio 1963, n. 150, art. unico; Cost. art. 53). La facolt, riconosciuta agli uffici accertatori dei Comuni dalrart. 18 della legge 16 settembre 1960 n. 1014, considerata, dalla legge 15 febbraio 1963 n. 150, come interpretazione autentica delfart. 117 t.u. finanza locale, di accertare, in guisa autonoma dagli uffici erariali la base imponibile delI'imposta di famiglia, non viola il principio dell,a capacit. contributiva del contribuente stabilito dal'l"art. 53 della Costituzion. La legge impugnata, infatti, non ha modificato I'oggetto delfimposta, n gli elementi da tenere presenti nell determinazi.one dell'imponibile, n il modo in cui essi devono essere assunti; ma il suo effetto retroattivo si limitato ad un punto non essenziale della figura del tributo, e ad eliminare intorno ad esso dubbi ed incertezz@ (1). (1) Il Tribunale di Modena, nel giudizio civile Zanasi -Comune di Modena, con ordinanza 20 giugno 1963 (Gazzetta Ufficiale 31 agosto 1963, n. 231) sollevava la questione di legittimit costituzionale delle norme in epigrafe, sotto il profilo che la retroattivit connessa alla lOYo natura interpretativa costitnisse RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). -1. -Il problema sottoposto all'esame della Corte quello, come si esprime testualmente l'ordinanza, della " costituzionalit della retroattivit tributaria n. Vero che nel testo profilato anche un contrasto tra la legge impugnata e il principio, che si trarrebbe dal1' art. 119 della Costituzione, per il quale finanza locale e finanza statale devono essere coordinate fra loro, ma la questione di costituzionalit che ne discende, non stata esplicitamente proposta dal giudice a quo, che sembra anzi volerne prescindere, sicch un'interpretazione coerente dell'ordinanza porta ad escludere che essa sia stata sottoposta al giudizio di questa Corte. A maggior ragione devono essere considerate fuori dei limiti del presente giudizio le numerose questioni che la difesa della parte privata ha sollevato nelle deduzioni e, ampiamente, nella discussione orale, in relazione a numerosi precetti costituzionali (artt. 3, 5, 23, 25, ecc.). 2. -Il Tribuna1e di Modena non ignora la giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale una legge tributaria retroattiva (come ogni altra Ilegge non penale), non di per s viziata di incostituzionalit, e che il carattere retroattivo di una legge siffatta pu comportare un'illegittimit costituzionale soltanto se porti, come sua conseguenza, la violazione di ~ un precetto o di un principio contenuti nella Costituzione. In conse guenza, l'ordinanza propone la questione nei confronti dell'art. 53 della violazione del prmc1p10 della capacit contributiva del cittadino, sancito dall'art. 53 della Costituzione. La legge impugnata segnava il traguardo di un quasi ventennale d~battito dottrinale e giurisprudenziale circa l'interdipendenza o, per converso, l'autonomia, dell;imposizione tributaria comunale rispetto a quella statale. L'art. 117 del t.u. per la finanza locale, dispone, infatti: L'imposta (di famiglia) colpisce l'agiatezza della famiglia desunta dai redditi o proventi di qualsiasi natura e da ogni altro indice apparente di agiatezza . Il successivo art. 119 disponeva: Per i contribuenti assoggettati all'imposta -complementare di Stato, le aliquote dell'imposta di famiglia sono applicate agli imponibili che servono di base alla determinazione della complementare, senza che occorrano ulteriori accertamenti da parte del Comune L'art. 119 fu abrogato dall'art. 19 d.1.1. 8 marzo 1945, n. 62, per cud ogni collegamento fra le due imposte avrebbe dovuto ritenersi escluso. Senonch la Corte Suprema di Cassazione interpret l'abrogazione dell'art. 119 non nel senso di un completo sganciamento della imposta di famiglia da quella ce>mplementare, ma, di na integrazione di due serie di fattori: da un lato e con carattere di rigidit e di obbligatoriet, l'accertamento dei redditi erariali da parte degli uffici statali; dall'altro, la valutazione induttiva dello stato di agiatezza con elementi tratti " aliunde n e liberamente valutati dagli uffici comunali (Sez. Un. 14 agosto 1959, n. 2524, Riv. leg. fisc., 1960, 232; Sez. Un. 12 ottobre 1960, n. 2688, ivi, 1960, 688; Sez. I, 9 marze> 1961, n. 519, ivi, 1961, 1369). PARTE I, SEZ; I, GIUR. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 645 Costituzione, e precisamente della norma Contenuta nel primo comma di esso, la quale afferma che tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragfone della loro capacit contributiva . A rafforzare questa impostazione della questione, l'ordinanza aggiunge che la retrattivit della legge impugnata conduce anche alla violazione delle norme contenute negli artt. 41, 42 e 43 della Costituzione. 3. -Il problema della cc retroattivit della legge tributaria sorge non soltanto quando la legge ponga a base della prestazione un fatto verificatosi nel passato, ma anche quando essa alteri, modifichi o trasformi, con effetto retroattivo, gli elementi essenziali dell'obbligazione tributaria e i criteri di valutazione che vi sono connessi, quali risultano da una precedente normativa. Se, infatti, per. capacit contributiva s'intende l'idoneit del contribuente a corrispndere la prestazione coattivamente imposta e se tale idoneit deve porsi in relazione, non gi con la concreta capacit di ciascun contribuente, ma col presupposto al quale la prestazione stessa collegata e con gli elementi essenziali dell'obbligazione tributaria, si deve anche ritenere che, quando la legge assuma a presupposto un fatto o una situazione passati -non pi esistenti, perci, al momento in cui essa entra in vigore -, ovvero innovi, estendendo i suoi effetti al passato, gli elementi dai quali la prestazione trae i suoi caratteri essenziali, il rapporto che deve sussi- Tale orientamento suscit vivaci contrasti di dottrina (FORTE, Sulla determinazione dell'imponibile nell'imposta di famiglia, Giur. it., 1960, I, 1, 1151; ALLoruo, Prof1i giuridico-formali del problema della valutazione del reddito agli effetti della imposta di famiglia, ivi, I, 1, 1165), rilevandosi che, senz'uopo di intervento legislativo, nessun dubbio potesse sussistere sull'autonomia assoluta fra le due imposte, e che la questione era resa opfoabile unicamente dalla resistenza dei contribuenti e da una giurisprudenza priva di basi nella legge (FORTE, In tema di autonomia dell'imposta di famiglia e di norme interpretative, Giur. it., 1963; I, 1, 411). La questione sembr risolta con l'entrata in vigore dell'art. 18 della I. 16 settembre 1960, n. 1014, col quale si stabiliva che l'accertamento e la determina-; zione della base imponibile per l'imposta di famiglia sono distinti ed autonomi da quelli riguardanti i tributi erariali . Ma fu una breve tregua. Infatti sorse subito il problema (del resto gi adombrato dall'Allorio nello scritto succitato) se la nuova legge contenesse una norma interpretativa o innovativa. La Cassazione adott questa seconda tesi, escludendo che la legge del 1960 trovasse applicazione ai rapporti anteatti (Sez. I, 28 luglio 1962, n. 2226, Giur. it., 1963, I, 1, 409). Nell'intento, infine, di risolvere la dibattuta questione, l'art. unico della I. 15 febbraio 1963, n. 150, dispose: All'art. 18 della legge 16 settembre 1960, n. 1014, agg.iunto il seguente comma: " Il primo comma del presente articolo costituisce interpretazione auten.,. tica dell'art, 117 del testo unico per la finanza locale approvato con regio decreto 646 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO stere tra imposizione e capacit contributiva, pu risultare spezzato e il precetto costituzionale ( in ragione della capadt contributiva ) violato. Pu, non risulta necessariamente spezzato: il che vuol dire che il venir meno di questo rapporto non pu essere affermato in via generale e in astratto, ma deve essere verif.cato di volta in volta, in relazione alla singola legge tributaria. Sono questi i motivi per i quali la Corte ha affermato che una legge tributaria retroattiva non comporta per se stessa la violazione del principio della capacit contributiva (sent. n. 9 del 1959), respingendo, con ci, e la tesi che codesta violazione si verifichi in ogni caso, e l'altra, opposta, che essa non abbia mai luogo. 4. -Se si tengono presenti queste ragioni, la questione sollevata dal Tribunale di Modena deve essere dichiarata non fondata. La 1. 15 febbraio 1963, n. 150, si limitata, infatti, a com.ferire all'art. 18, primo comma, della I. 16 settembre 1960, n. 1014, valore di legge interpretativa e, con ci, efficacia retroattiva. Ora, la norma, alla quale tale efficacia stata conferita, stabilisce che l'accertamento e la determinazione della base imponibile per l'imposta di famiglia sono distinti ed autonomi da quelli riguardanti i tributi erariai . Essa Ifu emanata dopo che si era disputato a lungo in dottrina e in giurisprudenza sugli effetti che comportava la abrogazione dell'art. 119 I I'.-" del t.u. per la finanza locale, approvato con .r.d. 14 settembre 1931, ; n. 1175, il quale stabiliva, invece, che, per la determinazione della 14 settembre 1931, 111. 1175, a seguito della abrogazione dell'art. 119 dello stesso testo unico disposta dall'art. 19 del decreto legislativo luogotenenziale 8 marzo 1945, n. 62 " . Indubbiamente, dal punto di v.ista della politica legislativa, non certo che la nuova norma abbia contribuito a chiarire le idee ed a facilitare i rapporti fra le parti e la definizione delle controversie; e ne eloquente riprova l'appendice (J{)Stituzionale decisa con l'annotata sentenza. Nella successione delle leggi, !invero, si riscontrano: a) una legge retroattiva (la legge del 1963 aggiunge un secondo comma alla legge del 1960); b) una legge interpretativa (iJ secondo comma della legge del 1960, aggiunto con la legge del 1963, Contiene interpretazione aute:ntica dell'art. 117 t.u. finanza locale). Sotto il profl~ costituzionale, peraltro, nulla pu fondatamente l'ilevarsi in merito alle due leggi. L'ordinanza del Tribunale di Modena aveva fatto riferimento ad una pretesa violazione del principio della capacit contributiva (art. 53 della Costituzione~. Ma esattamente la Corte Costituzionale ha ruevato che la retroattivit delle norme in parola (o pi precisamente, la loro interpretazione vincolata) non tocca i temi sostanziali dei requisiti per la tassazione, dei modi dell'accertamento ecc. Conseguentemente, poich la riserva di irretroattivit valida solo !)er la legge penale, la Corte ha confermato la sua consolidata giurisprudenza sulla PARTE I, SEZ. I, GIUR. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 647 base imponibile dell'imposta di famiglia, dovessero essere assunti gli imponibili cc che servirono di base alla determinazione della complementare . Non occorre qui decidere quale fosse la esatta interpretazione da dare all'intervenuta abrogazione, ad opera del cl.I.I. 8 marzo 1945, n. 62, della norma ora ricordata, se quella, cio, sostenuta dalla Commissione Centrale delle Imposte e in un primo tempo anche dalla Cassazione, o, viceversa, quella successiva della Cassazione medesima, che divenne prevalente. Ai fini del giudizio di legittimit della legge, sufficiente accertare che la facolt, riconosciuta agli uffici accertatori del Comune, di valutare, in guisa autonoma dagli uffici erariali, la base imponibile dell'imposta di famiglia, non ha violato la capacit contributiva nel senso in cui stata definita. A prescindere dalla tesi che i redditi possono essere assunti e valutati diversamente in relazione ad imposte diverse per oggetto e pr struttura, la legge impugnata non ha modificato l'oggetto dell'imposta, che rimasto a l'agiatezza della famiglia desunta dai redditi o proventi di qualsiasi natura e da ogni altro indice apparente di agiatezza (art. 117 del cit. t.u. per la finanza locale), n gli elementi che devono essere tenuti presenti nella determinazione dell'imponibile e il modo come devono essere assunti in questa determinazione (lett. a, b, e ed del medesimo art. 117). L'effetto retroattivo della legge si limitato a un punro non essnziale della figura del tributo, e ad eliminare intorno ad esso dubbi e ~ncertezze. E cos operando non ha al certo violato il principio della capacit contributiva. -(Omissis). ammissibilit di leggi retroattive in materia tributaria (sent. 30 diembre 1958, n. 81, Giur. it., 1959, I, 1, 385; sent. 9 marzo 1959, n. 9, cit. in motivazione, ivi, I, 1, 1015). Anche sotto il profilo soggettivo, poi, con riferimento, cio, al condizionamento del poteTe giudiziario da parte del potere legislativo nell'interpretazione vincolata di una legge (profilo, questo, peraltro, non sollevato nell'ordinanza di remissione) le leggi in esame appaiono costituzionalmente legittime. A proposito di leggi interpretative, infatti (del resto espressamente ammesse dall'art. 73 dello Statuto albertino, che pure era fondato sul principio della divisione dei poteri), e nel silenzio della vigente Costituzione, la Corte Costituzionale ne ha riconosciuto l'ammissibilit, rilevando che anche la legge interpretativa innova all'ordine legislativo preesistente: il quid ruJVi che essa introduce in tale ordine consiste nell'attribuire a certe norme anteriori un significato obbligatorio per tutti (con conseguente esclusione di ogni altra possibile interpretazione). Altra la funzione del potere giudiziario: la quale consiste nell'adozione di decisioni vincolate all'ordinamento normativo" (sent. 8 luglio 1957, n. 118, Giur. it., 1957, I, l, 1314). I limiti entro i quali pu spaziare l'interi}refazione legislativa sono poi stati fissati dalla Corte Costituzionale con la citata sentenza, nell'osservanza della duplice esigenza: rispetto dei giudicati, ed esclusione dell'intento di interferire nei giudizi in corso. 648 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE COSTITUZIONALE, 16 giugno 1964, n. 46 -Pres. Ambrosini -Rel. Petroelli -Grendene (n.c.), Presidente Consiglio Ministri e Amm.ne Finanze Stato (avv. Stato Tracanna). Fascismo -Sanzioni contro il fascismo -Confisca dei beni -Natura di pena -Esclusione -Contrasto con gli artt. 25 e 27 della Costituzione -Non sussiste. (d.l.l. 27 luglio 1944, n. 159, art. 9;. Cost. artt. 25 e 27). Le disposizioni relative alle sanzioni contro il fascismo non contengono, n nel testo, n nell'eccezionale ragione e finalit loro, nul.la che comunque significhi una brusca interruzione del principio della personalit della pena, nettamente poi riaffermato dal! art. 27 de,lla Costituzione. Pertanto, giacch la confisca disposta con fart. 9 del d.l.l. 27 luglio 1944, n. 159, sebbene riferibile ai comportamenti di un so"lo soggetto, tale da potersi disporre anche contro soggetti diversi ed anche fuori del! azione penale, essa una misura cui non pu essere riconosciuto carattere di pena; per conseguenw, essa non d luogo a violazione del principio della irretroattivit della legge penale (l). (Omissis). -Nel merito la questione non fondata. Con sentenza n. 29 del 1961 questa Corte ha ritenuto, conformemente alla varia disciplina giuridico-positiva delristituto, che la confisca non si presenta sempre di eguale natura e in unica configurazione, ma assume, in dipendenza delle diverse finalit che la legge le attribuisce,. diverso carattere, che pu essere di pena come anche di misura non penale. Nell'ordinanza di rimessione il giudice a quo esprime l'avviso che alla confisca di cui all'art. 9 del d.Ll. 27 luglio 1944 sia stato attribuito carattere di vera e propria pena, in corrispondenza di una autonoma figura di reato che la norma avrebbe creato. E poich i (1) L'ordinanza 14 luglio 1962 del Tribunale di Padova, che ha dato luogoal giudizio di legittimit costituzionale, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale 27 luglio 1963, n. 201. Con la precedente sentenza 9 giugno 1961, n. 29, indicata in motivazione,. la Corte costituzionale aveva dichiarato non fondata la analoga questione sollevata in relazione all'art. 1 del cl.I.I. 26 marzo 1946, n. 134 (Giur. it., 1961, I, 1, 856. e ampia nota di richiami). fil :Il: da ricordare, peraltro, che la giurisprudenza della Corte Suprema di Cassazione, creatasi intorno alla figura giuridica della confisca dei beni nel sistema delle sanzioni contro il fascismo, a partire dalla fondamentale sentenza delle Sez. Un. Pen. 14 febbraio 1948 (Foro it., 1948, Il, 123), poneva una fondamentale PARTE I, SEZ. I, GIUR. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 649 comportamenti costitutivi di tale reato sono anteriori alla norma stessa, ci importerebbe violazione del principio della irretroattivit della legge penale, riaffermato dall'art. 25, secondo comma, della Costituzione. : da premettere che la interpretazione del giudice a quo, secondo la quale alla confisca sarebbe stato attribuito dall'art. 9 carattere di pena, si pone in contrasto con l'orientamento in definitiva affermatosi nella giurisprudenza, specialmente con la sentenza della Cassazione a Sez. Un. del 14 febbraio 1948 (ribadita da numerosi successivi pronunciati), con cui il carattere di pena fu nettamente escluso, in conformit, del resto, con la prevalente _lottrina. A parte per questi significativi orientamenti, il testo medesimo dell'art. 9 che presenta, ad avviso della Corte, elementi sufficienti per confermare la predetta interpretazione. L'ordinanzll: di rimessione ritiene di poter far addebito alla norma impugnata di una formulazione poco felice. Anche a voler ritenere fondato un siffatto apprezzamento, tuttavia innegabile che dal testo della norma risulta ben certo : che la confisca dei beni disposta senza pregiudizio dell'azione penale; che nel caso di azione penale la confisca pronunciata dall'Autorit giudiziaria che emette la condanna; e, in caso diverso 11 dal tribunale competente per territorio, su richiesta dell'Alto Commissariato. Da ci risulta evidente, a parte la discutibile esattezza dei termini, che la confisca pu essere disposta anche indipendentemente dall'azione penale, anche quando questa non possa essere promossa o proseguita per l'avvenuta morte del reo, e per conseguenza anche contro gli eredi ed aventi causa (nel caso esaminato dalla citata sentenza della Cassazione a Sez. Un. la confisca era stata disposta contro gli eredi di persona gi deceduta all'entrata in vigore della norma). Ci pi che sufficiente per escludere che con la norma impugnata la confisca abbia assunto natura di pena, avendo la pena carattere strettamente personale, e non potendo pertanto incidere su soggetti diversi dal reo. A tal proposito la Corte non pu che riportarsi alle considerazioni gi svolte nella gi citata sentenza n. 29 del 1961; vale a dire che le disposizioni relative alle sanzioni contro il fascismo non contengono, n nel testo n nella eccezionale ragione e distinzione tra l'ipotesi di confisca prevista dall'ar( 1 d.I.1. 26 marzo 1946, n. 134, attribuendo a questa il carattere di pena, non applicabile, in caso di estinzione del reato per morte dell'imputato, agli eredi di questi, e l'ipotesi di confisca ex art. 9 d.1.1. 27 luglio 1944, n. 159, la quale, essendo svincolata dall'azione penale, tale carattere non ha. La Corte Costituzionale, per converso, sia nella sentenza del 1961 che in quella in rassegna, ha ritenuto che, in entrambe le ipotesi, sia da escludere il carattere di pena, solo .per la quale opera il divieto della retroattivit. ~ un altro esempio, questo, del tentativo di inalveare entro principi ed istituti generali -attraverso l'interpretazione adeguatrice -istituti anomali, creati per fronteg giare situazioni eccezionali e transeunti. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 650 :finalit loro, nulla che comunque significhi una brusca interruzione del principio della personalit della pena, nettamente poi riaffermato dall'art. 27 della Costituzione. Pertanto, giacch la confisca disposta con f art. 9 del d.1.1. 27 luglio 1944, sebbene riferibile ai comportamenti di un .dato soggetto, tale da potersi disporre anche contro soggetti diversi e: anche al di fuori delfazione penale, una misura cui non pu essere riconosciuto carattere di pena. Per conseguenza essa non d luogo a violazione del principio della irretroattivit della legge penale. ~(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 16 giugno 1964, n. 47 -Pres. Ambrosini - Rel. Fragali -Sonaglia (avv. Patrizi), I.N.P.S. (avv. Nardone) e Presidente Consiglio Ministri (avv. Stato Varvesi). Previdenza ed assistenza -Con.troversie in tema di previdenza e assistenza obbligatoria -Previo ricorso in via amministrativa Contrasto con l'art. 113 della Cstituzione -Esclusione. (c.p.c. art. 460; r.d.l. 4 ottobre 1935, n. 1827, artt. 97 e 98; Cost. art. 113). Non contrastano con il principio della tutela contro gli atti della P.A., sancito dall'art. 113 della Costituzione, le disposizioni _dettate dalle leggi in materia di previdenza ed assistenza obbligatoria che subordinano al previo esperimento del ricorso amministrativo alrI.N.P.S., la proponibilit delfazione giudiziaria (1). (Omissis). ---2. -Indubbi:amente il precetto contenuto nell'invocato art. 113 della Costituzione per cui, contro gli atti della pubblica amministrazione, ammessa sempre la tutela giurisdizionale, pro (1) L'ordinanza di remissione 4 aprile 1963 della Corte d'Appello di Torino pubblicata nella Gazzetta Ufficial,e 31 agosto 1963, n 231. Con la presente sentenza, la Corte Costituzionale ribadisce la sua oramai consolidata giurisprudenza richiamata nel testo della motivazione, in tema di tutela giudiziale contro gli atti della P.A. Essa, invero, ha gi rilevato come l'art. 113 della Costituzione non possa significare che contro l'atto amministrativo il cittadino abbia la facolt di invocare la tutela giurisdizionale in . ogni caso nella medesima maniera e con i medesimi effetti. Il proposito del costituente fu di gamntire al diritto del cittadino, che si senti&se leso dall'atto della Pubblica amministrazione, di richiedere la tutela giurisdizionale, non gi quello di eliminare il potere del legislatore ordinario di regolare i modi e lefficacia di questa, assicurando contro l'atto amministrativo una particolare tutela amministrativa e garantendo, in relazione con questa, i rimedi giurisdizionali previsti dall'ordinamento (-sent. 7 luglio 1962, n. 87, Giur. it., 1962, I, 1, 1281). PARTE I, SEZ. I, GIUR. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 651 dama l'inviolabilit del diritto a tale tutela. Ma quel precetto, come non afferma che il cittadino possa conseguire la protezione giudiziaria sempre nella medesima maniera e con i medesimi effetti (sentenza 3 luglio 1962, n. 87), cos non vieta che la legge ordinaria possa regolare il modo di esercizio del diritto a quella protezione, in guisa da renderla concreta (sentenza 14 giugno 1956, n. 1), purch, si intende, non siano scelte modalit che rendano impossibile o difficile l'esercizio del diritto. Questa Corte ha gi escluso che contrasti con il predetto art. 113 la legge che assicura contro l'atto dell'amministrazione, dapprima una protezione amministrativa, e, di poi, in relazione a questa, rimedi giurisdizionali diretti soltanto, o ad ottenere il risarcimento del danno cagionato dall'esecuzione dell'atto dell'amministrazione (citata sentenza 3 luglio 1962, n. 87) o ad impedire l'esecuzione di tale atto {sentenza 7 giugno 1963, n. 107). E non sostanzialmente diversa l'ipotesi di norme, come quelle sulle quali la Corte di Torino ha appuntato i suoi dubbi, che condizionano l'esperimento dell'azione giudiziaria, nel caso di prestazioni previdenziali, alla proposizione di una istanza amministrativa, e, decisa questa in senso sfavorevole, ad un ri-corso ad un organo amministrativo costituito a tale. scopo presso l'istituto erogatore delle prestazioni. 3. -Le norme denunziate pongono lonere del .procedimento preliminare nel presupposto che l'Istituto nazionale della previdenza sociale, dovendo, come pubblica amministrazione, conformare a legalit il proprio comportamento, non rifiuter le prestazioni la cui richiesta atl:ui la volont della legge, e le adempir senza che vi sia bisogno della costrizione di una sentenza di condanna; ed chiaro, allora, che quelle norme tendono a far s che siano portate avanti l'autorit giudiziaria soltanto le controversie non eliminabili per com- La Costituzione garantisce, quindi, la tutela giurisdizionale in ogni caso, ma non in ogni tempo e indipendentemente da qualsiasi forma; le parole tutti e sempre '" degli artt. 24 e 113, ribadiscono l'eguaglianza di diritto e di fatto di tutti i cittadini per quanto riguarda la possibilit di chiedere ed ottenere la tutela giurisdizionale nei confronti di altri privati, dello Stato o .di enti pubblici minori (sent. 31 marno 1961, n. 21, ivi, 1961, I, 1, 529), ma non escludono la legittimit delle misure che impongano condizioni ed oneri per la valida cootituzione del rapporto processuale, a tutela di interessi pubblici o con riferimento a categorie o presupposti oggettivi (sent. 29 navembre 1960, n. 67, ivi, 1961, I, 1, 273), e congrui termini, anche se perentori e di decadenza (sent. 22 novembre 1962, n. 93, ivi, 1963, I, 1, 98). Le disposizioni che richiedono l'esaurimento di un procedimento amministrativo per la proposizione de1l'azione giudiziaria, come quell in esame, non ledono, quindi, il principio dell'art. 113, perch si limitano a regolare le modalit di esercizio delle azioni dei cittadini per la tutela gurisdizionale dei propri diritti, RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 652 posizione extragiudiziale. Ci non vuol dire escludere o limitare la tutela giurisdizionale. Questa tutela garantita sempre dalla Costituzione, non certo nel senso che si imponga una sua relazione di immediatezza con il sorgere del diritto; e pertanto non ha pregio obiettare che condizionare razione all'espletamento di un procedimento amministrativo procrastinarne l'e:ercizio. Questa Corte ha costantemente ritenuto la legittimit cosituzionale di disposizioni che impongono oneri diretti ad evitare l'abuso del diritto alla tutela giurisdizionale (sentenze 21 aprile 1962, n. 40; 27 aprile 1963, n. 56; 25 maggio 1963, n. 83; 27 giugno 1963, n. 113); e si percorre la stessa via logica quando si riconoscono non pregiudizievoli all'esercizio di quel diritto norme, come le denunciate, che vogliono evitarrie, se non l'abuso, l'eccesso, e vogliono indirizzarlo perci verso un suo uso adeguato, ancorandolo ad una determinazione dell'opportunit: di promuovere l'azione giudiziaria, che maturi dopo un apprezzamento della fondatezza della pretesa, compiuta alla stregua delle risultanze emerse in un procedimento preliminare di natura amministrativa. Un sistema del genere non subordina la tutela giurisdizionale all'interesse della pubblica amministrazione, perch soddisfa soltanto x ad un'esigenza di economia processuale, e quindi ad un interesse della ' stessa funzione giurisdizionale; nemmeno limita la protezione giudiziaria in vista di una potest di imperio della pubblica amministrazione, perch mantiene l'assoggettamento di questa all'interesse della . ' parte privata, imponendole di esaminarne i rilievi, per evitare razione Igiudiziari. E infine neanche esatto che tal sistema d, al diritto soggettivo, la medesima tutela che prevista per gli interessi legittimi, perch, pur utilizzando il mezzo del ricorso amministrativo, esso Inon vuole che in sede giurisdizionale si accerti il vizio dell'atto del1' amministrazione e che il diritto quindi sia garantito attraverso la eliminazione di quell'atto, ma esige che, nella sede predetta, il diritto nelle materie in cui un particolare interesse pubblico lo richieda, e, lungi dal negarla, postulano la tutela giurisdizionale di tali diritti (sent. 7 giugno 1963, n. 107, ivi, 1963, I, 1, 1189). . Le altre sentenze, citate in motivazione, 26 aprile 1962, n. 40; 27 aprile 1963, n. 56; 25 maggio (8 giugno) 1963, n .. 83; 27 giugno (3 lugl:o) 1963, n. 113, sono pubblicate .in Giur. it., rispettivamente, 1962, I, 1, 1056; e 1963, I, 1, 834; I, 1, 1053; I, 1, 1175). Per quanto concerne la giurisprudenza della Corte Suprema di Cassazione, oltre le sentenze citate nella decisione in rassegna (sent. 19 settembre 1963, n. 2567, Foro it. Mass., 1963, col. 730; sent. 18 giugno 1959, n. 1913, ivi, 1959, col. 359; sent. 10 dicembre 1957, n. 4654, ivi, 1957, col. 943), v. anche sent. 18 luglio 19-63, n. 1966 (ivi, 1963, col. 571) nell'analogo caso dell'art. 58 t.u. sugli assegni familiari, apprnvato con d.p.r. 30 maggio 1955, n. 797. PARTE I, SEZ. I, GIUR. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE .653 si accerti come direttamente ed immediatamente garantito dall'ordinamento giuridico: la Corte di cassazione ha infatti da ultimo rilevato che l'azione giudiziaria in materia di prestazioni previdenziali ha per oggetto, non l'impugnazione della decisione del comitato esecutivo (sentenza 19 settembre 1963, n. 2567), ma l'esame della domanda nella sua integrit, sotto tutti i profili che le parti ritengono di sottoporre al giudice (sentenza 18 giugno 1959, n. 1913). Infondatamente poi si assume che l'adempimento dell'onere in discussione si risolve in uno svantaggio del creditore della prestazione prev~denziale. Costui ne anzi favorito, perch trova, nel procedimento amministrativo, un modo di soddisfazione della pretesa facilmente invocabile, e non dispendioso: baster avere presente la semplicit di contenuto che pu avere la domanda di prestazione e il fatto che, se questa concerne una pensione di invalidit o l'assistenza antitubercolare, il costo degli accertamenti svolti nel procedimento amministrativo restano a carico dell'Istituto nazionale della previdenza sociale anche quando si risolvono a favore dell'istante, e perci anche quando, se fosse proposta azione giudiziaria, l'istante dovrebbe sostenerne la spesa, perch ne rigettata la domanda. L'onere si risolve nel vantaggio del creditore della prestazione pure perch questi viene posto in grado di conoscere integralmente le posizioni di difesa dell'Istituto prima di deliberare sull'opportunit di esperire l'azione giu diziaria, e corre quindi un minor rischio di soccombenza. Un ritardo dell'Istituto nel pronunziarsi sulla domanda nella prima fase del procedimento non senza rimedi, perch, secondo la giurisprudenza della Corte di cassazione (10 dicembre 1957, n. 4654), esso vincibile me- 0.iante una diffida a provvedere sull'istanza amministrativa, in applicazione di noti principi di diritto. 4. -Si sostiene altres che, nella specie, un pregiudizio alla tutela giurisdizionale viene a determinarsi perch le norme denunciate prevedono, per ricorrere al comitato esecutivo, un termine la cui inutile decorrenza fa decadere dall'azione giudiziaria; e, pe:r giunta,, un termine che, essendo di novanta giorni, assai breve al confronto di quello quinquennale stabilito per l'esperimento di quell'azione, dopo che se ne conservato lesercizio. Deve per ritenersi che la fissazione del termine contestato ha la funzione di assicurare il rispetto del principio di obbligatoriet del procedimento amministrativo anche nella fase di riesame del provvedimento negativo dell'Istituto; e cos pure della sanzione di decadenza comminata per la inosservanza di quel termine. Sono numerose le situazioni soggettive che l'ordinamento sottopone ad un regime di zazione esse conferiscono alla pubblica autorit. La legge, infatti, determina direttamente le misure (art. 1, comma secondo) ed il numero ( art. 2, comma secondo) degli spazi da riservare all'affissione; fissa i termini entro i quali occorre provvedere alla loro individuazione (art. 2, comma primo) e ripartizione (artt. 4, comma primo, e 5, comma secondo); indica i soggetti legittimati all'affissione (art. 1, commi primo e secondo) e prescrive, in genere, tutte le modalit di applicazione dell disposta disciplina, senza lasciare alla Giunta comunale il minimo potere discrezionale. E ci a dirsi anche per la concreta assegnazione degli spazi, giacch questa avviene, per quanto riguarda i partiti, i gruppi politici e i candidati, secondo l'ordine di ammissione delle liste o delle candidature (art. 4, comma terzo) e, per quanto riguarda gli altri soggetti che non partecipano direttamente alla campagna elettorale, in base a semplice domanda, che non ha altra funzione che quella di render noto il prop-Osito di procedere all'affissione e che determina ipso iure l'obbligo dell'amministrazione .di assegnare gli spazi secondo modalit anch'esse rigidamente stabilite dalla legge (art. 3, commi quarto e quinto). -(Omissis). I I. CORTE COSTITUZIONALE, 23 giugno 1964, n. 53 -Pres. Ambrosini, Rel. Cassandra -Soc. p. az. Arrigoni (avv. Barile) -Presidente Consiglio Ministri e Amministrazione Finanze dello Stato (avv. ' I Stato Coronas). Trieste -Poteri normativi ed amministrativi attribuiti al Commissario generale del Governo dal decreto del Presidente della Repubblica 27 ottobre 1954, in esecuzione al memorandum di Londra del 5 ottobre 1954 -Decreto commissariale 30 dicembre 1957 n. 200 -Illegittimit costituzionale con riferimento agli artt. 23, 76 e 77 della Costituzione Esclusione. (dereto comm. 30 dicembre 1957, n. 200; d.p.r. 27 ottobre 1954 -Cost. art. 23, 76, 77). Il persistere della sovranit italiana sul territorio di Trieste ovvero la successiva sua restaurazione, non escludono che, nella zona A i detto territorio, in seguito a straordinari eventi ed accordi internazionali, quale il Memorandum di Londra del 5 ottobre 1954, si sia potuto legittimamente insturare un regime particolare .di amministrazione e di governo, quale quello che si riassume nella figura e nei poteri del Commissario generale. Conseguentemente, non contrasta con gli artt. 23, 76 e 77 della Costituzione il decreto 30 dicembre 1957, n. 200, PARTE. I, SEZ. I, GIUR. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 659 da questi emanato, che estende, con modificazioni, nel"la zona A del territorio di Trieste la legge 6 agosto 1954, n. 603, istitutiva delfimposta sUlle societ (l). {Omissis): -1. -La Corte non ritiene necessario, ai fini del presente giudizio, esaminare e risolvere puntualmente le questioni di diritto internazionale che l'interpretazione dell'art. 21 del Trattato di pace ha fatto sorgere e segnatamente se, con l'entrata in vigore di questo, sia venuta a oessare la sovranit italiana sul Territorio libero di Trieste e, nell'ipotesi che codesta cessazione abbia avuto luogo, come la sovranit dello Stato sia stata ripristinata o come si sia verificata la riannessione della zona A di quel territorio allo Stato italiano. Ritiene, infatti, la Corte che o si accolga la tesi, che appare preferibile, secondo la quale la sovranit italiana sul Territorio triestino non mai cessata, o si accolga laltra secondo la quale essa sovranit stata ripristinata in conseguenza del Memorandum d'intesa, immediatamente, o gradualmente, attraverso un idoneo comportamento dello Stato italiano, la questione della conformit alla Costituzione dei poteri conferiti al Commissario generale del Governo, cos come ora sottoposta all'esame della Corte, non subisce modificazioni di termini. :: da ronsiderare infatti che il persistere della sovranit italiana sul Territorio di Trieste o la sucoessiva sua restaurazione non escludono che, nella zona A di questo Territorio, in seguito a straordinari eventi e ad accordi (1) La questione di legittimit costituzionale era stata sollevata con ordinanza 13 maggio !H63 della Commissione provinciale delle imposte di Trieste (Gazzetta Ufficiale 26 ottobre 1963, n. 281). Essa si ricollega ad analoga questione 'sollevata con ordinanza 25 agosto 1956 del Giudice conciliatore di Trieste (Giur. cast., 1956, 1125); questione, peraltro, dichiarata inammissibile dalla Corte costituzionale per omessa motivazione sulla rilevanza (sent. 8 lglio 1957, n. 108, Foro it., 1957, I, 1358). Nella sentenza in rassegna, viceversa, il problema viene affrontato e risolto sul presupposto della piena legittimit del decreto del Presidente della Repubblica 27 ottobre 1954, che, slla base di un titolo internazionale, quale il Memoran dum di Londra del 5 ottobre 1954, attribuiva poteri normativi ed amministrativi al Commissario Generale del Governo. La legittimit, anche formale, del citato decreto presidenziale era gi stata riconosciuta dal Cons. di Stato in A. Plen. con le decisioni 27 ottobre 1961, n. 19 e 20 dicembre 1961, n. 24 (Foro it., 1962, III, 1), che ne avevano ravvisato il fondamento giuridico nell'art. 87, ottavo comma, della Costituzione. La Corte ha accolto anche il secondo profilo difensivo prospettato dall'Avvocatura, consistente nel richiamo all'art. 70 della legge costituzionale .31 gennaio 1963, n, 1, sullo Statuto speciale Friuli-Venezia Giulia. Essa ha affermato, infatti, che con questa disposizione, " il carattere extra ordinem del regime del Territorio di Trieste stato riconosciuto e, per quanto necessario, convalidato dal legislatore costituzionale RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 660 internazionali, si sia potuto legittimamente instaurare un regime particolare di amministrazione e di governo, quale quello che si riassume nella figura e nei poteri del Commissario generale. 2. -Occorre, a questo fine, fare riferimento al Menwrandum d'intesa siglato a Londra il 5 ottobre 1954 tra i governi d'Italia, del Regno Unito, degli Stati Uniti e della Jugoslavia, e ai presupposti che lo occasionarono: fimpossibilit di a tradurre in atto le clausole del Trattato di pace e la volont manifestata dalle potenze occupanti di non assumere ulteriormente la responsabilit per l'amministrazione del Territorio di Trieste. In oonseguenza di ci fu concluso un a practical arrangement o, come si esprime il testo italiano, furono adottate misure pratiche , che si concretarono nel passaggio all'amministrazione italiana e a quella jugoslava, rispettivamente, della zona A e della zona B del Territorio triestino. Italia e Jugoslavia concordarono insieme, in uno "statuto speciale allegato al Memorandum, misure per assicurare nelle zone che, in base alle disposizioni del Menwrandum, passavano nella rispettiva sfera di amministrazione, i-diritti dell'uomo e delle libert fondamentali senza distinzione di razza, di sesso, di lingua e di religione n. Si adottava pertanto una soluzione di carattere provvisorio e straol'dinario, conseguenza di uno stato di necesst, com'era del resto confermato anche dalla natura dell'atto diplomatico, col quale la si adottava, che stato ritenuto anomalo ed eccezionale. Il problema di fondo non veniva perci n risoluto n pregiudicato. Per l'Italia questo problema significava l'ulteriore destino della zona B, di una parte, ci, di territorio nazionale sulla quale l'Italia intendeva conservare e riaffermare i suoi diritti. Conforme a questa situazione e dettato dal proposito di salvaguardare queste esigenze giuridiche, storiche e politiche, fu il comportamento dello Stato italiano, che si espresse nel fatto che il Parlamento discusse intorno al Memorandum senza giungere ad adottare alcuna decisione, e nell'altro che i poteri esercitati mediante un Commissario generale del Governo nella zona passata all'amministrazione italiana si collegarono (o ne furono la continuazione) a quelli esercitati dai Comandi militari alieati prima dll'entrata in vigore del Trattato di pace e, nella medesima forma e misnra, dopo l'entrata in vigore di questo, giusta l'art. 1 dello cc Strumento per il regime provvisorio del Territorio libero di Trieste n, allegato al Trattato stesso, il quale appunto stabilisce che fino all'assunzione dei poteri da parte del governatore, il Territorio libero continuer ad essere amministrato dai Comandi militari alleati, entro le rispettive zone di competenza n. In questo quadro va considerata la particolare natura ed estensione dei poteri del Commissario generale di Governo e segnatamente di quelli legislativi: continuazione dei poteri esercitati gi dai Comandi alleati. N questo comportamento dello Stato italiano dettato dalla straordinaria situazione del Territorio PARTE I, SEZ. I, GIUR. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 661 triestino, non assimilabile, o quanto meno non identificabile a quella dei territori in via di annessione dopo la prima guerra mondiale, fu contraddetto da talune necessarie misure e interventi legislativi dello Stato italiano direttamente efficaci nel Territorio triestino, che rest nella sua peculiare configurazione, senza che ne risultasse compromessa la posizione politica internazionale dell'Italia in materia. Sono questi i motivi che rendono non sostenibile la tesi illustrata dalla difesa della Societ Arrigoni, secondo la quale non sarebbe stato necessario un regime speciale per l'amministrazione della zona, che, a ben gua:r:dare, si risolve in una critica della valutazione del momento storico e della tut~la degli interessi nazionali compiut dallo Stato italiano nel 1954. 3. -L'Avvocatura dello Statp insiste sul carattere decisivo, ai fini della soluzione della questione di legittimit, dell'entrata in vigore della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1, contenente lo Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia, e segnatamente sull'art. 70 di essa. E a ragione. L'interpretazione che di questo articolo sostiene la difesa della Societ Arrigoni non sembra accoglibile. Le norme contenute in quell'articolo devono essere interpretate, com' ovvio, nel sistema dello Statuto, e comportano il passaggio dei poteri amministrativi dal Commissario generale del Governo al Commissario del Governo per la Regione, al Prefetto e alla Regione nell'runhito della rispettiva .competenza, quale stabilita dall'ordinamento regionale e dall'ordinamento statale. Ma comportano anche la cessazione dell'esercizio di ogni potere legislativo da parte del Commissario generale di Governo e del suo successore, il Commissario di Governo. Nell'ambito, infatti, del Territorio di Trieste, ricompreso nei .confini della Regione a statuto speciale, Friuli-Venezia Giulia, il potere legislativo sar esercitato dallo Stato e dalla Regione nei limiti della rispettiva competenza. I residui poteri di amministrazione del Commissario generale, quelli, vale a dire, che non rientrano nelle previste attribuzioni della Regione, del Prefettq e del Commissario di Governo, passano anch'essi a questo ultimo, ma senza confondersi con le competenze che ordinariamente a lui spettano, e saranno esercitati fno a quando non sar diversamente disposto con legge della Repubblica : tra questi sono da ricomprendere le competenze regolate nei commi 3 e 4 dell'art. 70 dello Statuto. Con che la peculiarit della situazione del Territorio triestino rico-nosciuta anche dallo Statuto speciale. Le parti hanno discusso se con questo medesimo art. 70 il legislatore costituzionale ha inteso sanare o convalidare f esercizio da parte del Commissario generale di poteri legislativi. La Corte ritiene che la difesa della parte privata lo neghi a torto. L'interpretazione che occorre dare, come si or ora visto, all'art. 70 porta a ritenere -anche in assenza di un'esplicita dichiarazione di convalida -, che il carattere extra ordinem del regime del Territorio di Trieste stato riconosciuto 662 RASSEGNA DELL'AVVOCAT"QRA DELLO STATO e, per quanto necessario, convaHdato dal legislatore costituzionale; che, ,anzi, sotto il profilo di una particolare amministrazione, stato altres confermato. Sicch anche per questo motivo non pu essere dichiarata l'illegittimit costituzionale del decreto impugnato. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 23. giugno 1964, n. 54 -Pres. Ambrosini - Rel. Sandulli -Forte (n.c.) e Presidente Consiglio Ministri (avv. Stato Foligno). Antichit e belle arti -Opere dirette alla ricerca di cose di interesse archeologico senza la prescritta concessione -Fattispecie legale di reato contrastante con gli artt. 27 e 41 della Costituzione -Esclusione. (1. ~ giugno 1939, n. 1089, artt. 45, 68; Cast. artt. 27, 41). , La vigente legis'lazione riserva allo Stato in propriet (ed in Sicilia alla Regione) quali beni indisponibili, le cose di interesse archeologico non venute ancora in luce; ed in relazione a tale principio nessuno, ' I senza un atto amministrativo di concessione o di autorizzazione, pu intraprendere la rierca delle cose anzidette. Pertanto le sanzioni penal' connesse aU'inosservanza di tale divieto non contrastano con il principio della personalit della pena posto dall'art. 27 della eostituzione; n con quello della riserva di legge in materia di iniziativa economica posto dall'art. 41 della stessa (1). (Omissis). -I. -La vigente legislazione riserva allo Stato (in Sicilia alla Regione: art. 33 Statuto sic.) la propriet delle cose d'interesse archeologico non venute ancora alla luce (artt. 44, 46, 47 e 49 I. 1 giugno 1939, n. 1089) e configura tali cose come appartenenti al patrii: nonio indisponibile (art. 826, secondo comma e.e.), salva la possibilit per l'Amministrazione di disporre, successivamente alla ricognizione e alla individuazione della loro entit, la cessione a terzi (tra l'altro, i citati articoli autorizzano l'Amministrazione a lasciare ai ritrovatori (1) L'ordinanza 15 giugno 1963 del Pretore di Avola, che aveva sollevato la questione di legittimit costituzionale degli artt. 45 e 68 della I. 1 giugno 1939, n. 1089, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale 26 ottobre 1963, n. 281. Decisione di indubbia esattezza. Il diritto di ricerca delle cose assoggettate a tutela artistica, invero, collegato al principio della loro appartenenza allo Stato, a titolo originario (Cass. 12 ottobre 1954, n. 3623; Foro it., 1955, I, 1, 497; cfr. anche CAPACCIOLI, Rassegna di giurisprudenza sulla tutela di cose di' interesse PARTE I, SEZ. I, GIUR. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 66S -una parte degli oggetti). In relazione a ci la legge dispone che, fuori dell'Amministrazione, nessuno -neanche il proprietario del fondo possa effettuare ricerca delle cose anzidette, senza un atto amministra- tivo -di volta in volta di concessione o di autorizzazione -che a ci lo legittimi (artt. 45 e 47 legge cit.), e che chiunque scopra fortuitamente simili cose tenuto a non asportarle, ad assicurarne la conservazione e a farne immediata denuncia all'autorit amministrativa (art. 48). In tal modo l'ordinamento, avendo di mira la conservazione del patrimonio culturale della nazione, intende preservare le cose in questione dai pericoli di una ricerca incoordinata, incontrollata e incauta, e da ogni azione depredatoria. Al fine di assicurare una pi piena osservanza degli anzidetti preoetti, gli artt. 67 e 68 della legge citata li sanzionano penalmente. Tra l'altro il secondo di tali articoli punisce con l'ammenda il fatto di chi si dedichi alla rioerca archeologica su fondi propri o altrui senza averne ottenuto, rispettivamente, autorizzazione o concessione da parte dell'autorit amministrativa. Il reato, cos configurato (per la sussistenza del quale non riveste alcuna importanza il fatto che nella zona della ricerca esistano effettivamente degli oggetti vetusti, che l'esistenza ne sia nota all'agente, e che essi effettivamente posseggano interesse archeologico), presuppone dunque nell'agente la volont di svolgere quell'attivit che va sotto il nome di ricerca archeologica, che la legge interdice ai soggetti non legittimati dal necessario provvedimento amministrativo. Il fatto punito perci sicuramente un fatto proprio del soggetto cui la sanzione penale viene comminata. Ci sufficiente -in piena coerenza con i precedenti di questa Corte in materia (sentenza n. 3 del 1956, 39 del 1959, 67 e 79 del 1963) a far escludere che esso sia in contrasto col precetto .contenuto nel primo comma dell'art. 27 Cost., secondo cui la responsabilit penale personale . 2. -Del pari da escludere che la disposizione dell'art. 25 della I. 1 giugno 1939, n. 1089, che prevede la potest dis.crezionale di accordare la concessione amministrativa di rioerca archeologica su fondi altrui, e quella che consente all'Amministrazione {senza fissare alcuna specificazione delimitativa del relativo potere) di imporre in artistico e storico, Milano, 1962, 58 e segg.). Al ritrovatore ed al proprietario del fondo compete solo un diritto di credito verso la P.A., consistente nella concessione di un premio in danaro o di parte delle cose ritrovate, da stahilirsi seondo le no,rme degli artt. 44 segg della legge, e llS segg. del regolamento 20 gennaio 191S, n. S6S. Pertanto pienamente conforme ai principi generali la necessit di un atto squisitamente discrezionale dell'Amministrazione preposta alla tutela delle cose RA:SSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 664 tale occasione le prescrizioni che ritenga opportune, violino la regola della riserva di legge da osservare -CX>me pi volte questa Corte ha affermato (sent. n. 103 del 1957, 4 e 5 del 1962) -ai sensi dell'art. 41 Cast. in ogni caso di limitazione dell'iniziativa economica privata per :ragioni di utilit sociale. Con la sentenza n. 12 del 1963, in riferimento alla disciplina normativa della concessione amministrativa di certi beni patrimoniali indisponibili, questa Corte ha affermato he l'art. 41, mentre riguarda le garanzie necessarie a preservare la libert di scelta e di svolgimento delle attivit economiche proprie dei privati da interventi che la restringano in modo arbitrario , non acCX>rda alcuna particolare protezione ai privati concessionari, che vengono ad essere abilitati all' esercizio di attivit altrimenti loro precluse, ed a godere cos di un ampliamento della loro sfera giuridica, pur nei limiti e secondo le condizioni ritenute dal concedente necessarie alla salvaguardia degli interessi pubblici legati all'utilizzazione del bene . Ora, tali concetti trovano applicazione anche nel caso in esame, nel quale, se vero che non si in presenza della concessione di beni pubblici, tuttavia la concessione amministrativa ha la funzione di accordare a soggetti altrimenti non legittimati la possibilit di ricercare e portare alla luce oggetti appartenenti alla categoria dei beni pubblici. Attivit in relazione alla quale, come non potrebbe essere considerata illegittima una disciplina che precludesse qualsiasi iniziativa privata, cos -a maggior ragione -non pu esser considerata illegittima una disciplina che, nell'ammettere l'iniziativa privata con l'assenso della autorit amministrativa, conferisca a questa poteri altamente discrezionali (e quindi, comunque, strettamente correlati al fine da perseguire) in ordine al rilascio della concessione e alla determinazione delle modalit del suo esercizio. N, una volta ammesso ci, il caso di pensare -secondo un profilo adombrato nelrordinanza di rimessione -a una illegittimit d'arte, per la ricerca nel sottosuolo o altrove, di tali beni. Dal che deriva, ovviamente, la legittimit costituzionale delle sanzibni penali comminate per la violazione delle norme atte ad assicurare il concreto esercizio di tale .attivit della P.A. Legittimit costituzionale sia in relazione all'art. 27 della Costituzione, dato che le sanzioni sono dirette alla repressione penale di ~na iniziativa contra legem " del soggetto, e non di un fatto non riconducibile alla sua imputabilit; sia in relazione all'art. 41 della 'Costituzione, dato che la tutela dell'iniziativa economica privata limitata, appunto, alla sfera privatistica, e non pu interferire in campi che sono di pertfoenza esclusiva della P.A. Le sentenze della Corte costituzionale, citate in motivazione, 14 febbraio 1962, n. 4 e 5; 16 febbraio 1003, n. 12; 15 maggio 1963, n. 67; 8 giugno 1963, n. 79, sono pubblicate in Giur. it., rispettivamente, 1962, I, 1, 497 e 498; 1963, I, 1, 702; 1963, I, 1, 1083; 1963, I, 1, 1063. PARTE I, SEZ. I, GIUR. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 665 derivante alla disposizione impugnata dal fatto che il potere ampiamente discrezionale accordato alfAmministrazione sarebbe astrattamente in grado di rendere possibile un trattamento diverso in situazioni identiche . Se vero che l'impiego di ogni potere discrezionale pu essere distorto, e che uno dei pi frequenti modi di distorsione appunto quello noto sotto il nome di disparit di trattamento, ci non pu valere, di per s solo, a far escludere la possibilit che la legge conferisca all'autorit amministrativa -:. l dove non vi si opponga una riserva di legge o alcun altro precetto costituzionale -poteri latamente discrezionali. Contro l'eventuale impiego della discrezionalit per realizzare una disparit di trattamento sar possibile, del resto, far valere le garanzie di legalit concesse dairordinamento : . risolvendosi ci in un vizio di legittimit dell'atto della pubblica Amministrazione (tenuta ad osservare i precetti costituzionali di imparzialit e di uguaglianza), sono ammessi infatti in simili casi il sindacato e la repressione nelle competenti sedi amministrative e giurisdizionali. -(Omissis). - :::::: -, , ' SEZIONE SECONDA .> == GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 17 febbraio 1964, n. 348 -Pres. Tavolaro -Est. Felicetti -P.M. Pepe (conf.) -Ente Autonomo Mostra d'Oltremare (avv. Stato Soprano) c. Grieco (avv. Bussi e Bo;rselli). Amministrazione dello Stato ed Enti Pubblici Economico -Elementi di individuazione. -Ente Pubblico Competenza e giurisdizione -Ente Pubblico Economico -Ente Aut. Mostra d'Oltremare -Rapporto di impiego -Controversie -A.G.O. -Competenza -Sussiste. Allo scopo aindividuare se un ente pubblico sia o non a carattere economico, occorre guardare non tanto al fine eh' esso persegue, il quale sempre un fine di pubblico interesse, bens all' att.ivit, considerata nel suo intrinseco aspetto, che l'ente chiamato a svolgere. La natura economica deU'attivit di un ente pubblico adeguatamente rilevata dall'essere tale attivit, produttiva di beni o di servizi, esplicabili da qualsiasi impresa privata, immedJiatamente diretta ad un fine di lucro ancorch strumentale collegata con il fine pubblico delI' ente e dall'essere e8ercitata, o quanto meno potenzialmente esercitabile, in regime di concorrenza. Ricorrendo tali presupposti, l'ente pubblico esercente si pone sul medesimo piano di un privato, il quale eserciti attivit analoghe, senza che nell'esplicazione dell'attivit stessa possa riconm~cersi all'ente alcun potere autoritario e di supremazia. Pertanto, i rapporti ifimpiego con i suoi dipendenti restano regolati dal diritto privato e le controversie ad essi relative rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario (1). ij m (1-2) La sentenza si legge in Foro it., 1964, I, 666 con ampia nota di richiami. La prima massima enunciata dalla Cassazione del tutto pacifica e non su di essa verteva la controversia. Tale massima costituisce la premessa maggiore del sillogisma attraverso cui la Suprema Corte giunta alla conclusione che il rapporto di lavoro dei dipendenti della Mostra d'Oltremare sia sottratto alla giurisdizione del Consiglio di Stato e debba essere conosciuto dall' A.G. Ma nella premessa minore di tale sillogisma, e cio nell'affermazione che l'Ente Mostra d'Oltremare abbia i requisiti e i caratteri posti come elementi di PARTE I, SEZ. II, GIUR. SU QUESTIONI DI GiURSDIZIONE 667 L'Ente Autonomo della Mostra d'Oltremare un ente pubblico economico. Pertanto, le controversie d'impiego dei suoi dipendenti rientrano nella giurisdizione dell'autorit giudiziaria ordinaria e non in quella del giudice amministrativo (2). individuazione dell'ente pubblico economico, non possiamo convenire. In sostanza la convinzione della Suprema Cmte si basa sul fatto che risultato accertato che l'Ente Mostra d'Oltremare gestiva delle attivit economiche quali: sfruttamento dell'Arena Flgrea, mediante spettacoli a pagamento, concessioni di terreni per teatri, pubblici esercizi, ecc. Secondo la Suprema Corte tali elementi dimostrerebbero la natura meramente economi~a dell'Ente Mostra. Orbene noi riteni~mo che tali elementi di fatto non siano invece di per s sufficienti a dimostrare che l'Ente Mostra d'Oltremare un ente pubblico economico e ci proprio in relazione ai criteri distintivi fissati dalla stessa Cassazione nella prima massima. Invero ove si tenga conto che tra i fini istituzionali dell'Ente (art. 1 d.l. 6 maggio 1948, n. 1314) vi quello di perseguire cc finalit attinenti alla valmizzazione economica e turistica della citt di Napoli sembra evidente potersi concludere che le attivit enunciate dalla Cassazione si inquadrano nel perseguimento diretto dei fini primari dell'Ente e non costituisCO'llo un'attivit meramente strumentale economica. In altre parole con le rappresentazioni teatrali e con le altre attivit connesse ed affini l'Ente Mostra non si limita a gestire un patrimonio a fini di lucro, ma realizza in via diretta quelle finalit che ad esso sono istituzionalmente demandate. Sar pertanto opportuno che l'importante questione venga sottoposta ad un nuovo esame della Corte Regolatrice. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 9 marzo 1964, n. 506 -Pres. Celentano -Est. Laporta -P.M. Criscuoli (conf.) -Segalerba {avv. Romanelli) c. Buzzi Giuseppina {avv. Salvucci e Ghio). Competenza e giurisdizione -Provvedimenti d'urgenza ex articolo 700 c.p.c. -Questione di giurisdizione -Configurabilit Regolamento preventivo di giurisdizione -Proponibilit. (c.p.c. artt. 41 e 700). Competenza e giurisdizione -Atto amministrativo -Licenza di esercizio commerciale -Ricorso ex art. 700 c.p.c. -Difetto di giurisdizione A.G.O. -Reivindicatio e azione per ottenere sentenza costitutiva di trasferimento -Difetto di giurisdizione A.G.O. (1. 20 marzo 1865, n. 2248 all. E art. 4). Il provvedimento di urgenza ex art. 700 c.p.c. inteso ad attuare, con funzione cautelare, una tutela giurisdizionale preventiva in attesa del giudizio di merito; pertanto anche rispetto ad esso pu prospet RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 668 tarsi una questione di giurisdizione che pu dar luogo al regolamento preventivo di giurisdizione (1). Eccede i limiti della giurisdizione delfA.G.O. concedere provvedimenti cautelari (nella specie sequestro) relativi ad una licenza amministrativa nonch cono~cere su domande tendenti ad ottenere una declaratoria di propriet, ovvero una sentenza costitutiva di trasf erimento, della licenza stessa (2). (1) Giurisprudenza ormai consolidata: cfr. il recentissimo precedente di Sez. Un. 27. 2. 1004, in questa Ra8segna, 1004, 468, con nota di richiami. (2) Nella specie il proprietario di un immobile, fondando la propria pretesa su pattuizioni contrattuali, richiedeva al locatario la consegna della licenza di esercizio del cinema gestito nell'immobile locato. Il Pretore, adito ai sensi del1' art. 700 c.p.c., aveva ordinato al locat!ll'io la consegna della licenza e il locatario aveva proposto regolamento di giurisdizione sia in relazione al procedimento dinnanzi al Pretore, sia in relazione al giudizio di merito dinnanzi al Tribunale iniziato dal proprietario e con il quale era richiesta, tra l'altro, una deolMatoria di propriet dell'attrice sulla licenza e una sentenza costitutiva di trasferimento della licenza stessa. Le Sez. Un. hanno correttamente messo in luce che la licenza -come tale non pu essere oggetto di un diritto di propriet da parte del privato e, richiamandosi ad un recente precedente (Cass. 13 febbraio 1003, n. 886, in Giur. it., 1004, I, 1, 215, con nota di richiami; cfr. pure Giust. civ., 1963, I, 1626 e Foro amm., 1963, II, 322), hanno dichiarato che, se pure deve .ritenersi consentito all'A.G.0. di autorizzare sequestri che incidano esclusivamente su rapporti di diri:tto privato tra concessionari e terze persone e che si mantengano -in ogni caso -estranei al rapporto di concessione ed alla sfera soggettiva della P.A., tuttavia "non pu mettersi in dubbio che all'A.G.O. vietato di interferire con un provvedimento di sequestro su di un atto amministrativo di concessione (ovvem di autorizzazione) cos come avviene allorch la misura cautelare disposta operi sul rapporto di concessione provocandone la sospensione . Pertanto stato dichiarato il difetto di giurisdizione per quanto riguarda il ricorso ex art. 700 proposto dal proprietario. Il difetto di giurisdizione stato aJ.tres dichiarato per quanto riguarda le domande di merito tendnti ad' ottenere la declaratoria di propriet della licenza e la sentenza costitutiva di trasferimento della licenza, dato l'evidente e macroscopico contrasto di tali domande con il disposto dell'art. 4 della legge n. 2248 del 1865 all. E. Per riferimenti cfr. Cass. 21 marzo 1959, n. 864, in Foro amm. Il, 1, 120. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 24 marzo 1964, n. 663 -Pres. MastropRsqua -Est. Straniero -P.M. Criscuoli (conf.) -Sgadari {avv. Maniscalco Basile, Fornario) c. Assessore per l'Agricoltura e Foreste della Regione Siciliana (avv. Stato Agr). Competenza e giurisdizione -Giurisdizione ordinaria e ammm1strativa -Criteri di discriminazione -Prospettazione della domanda -Irrilevanza -Petitum sostanziale. (l. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, art. 2). PARTE I, SEZ. II, GIUR. SU QUESTIONI DI GiURSDiZONE 669 Competenza e giurisdizione -Riforma fondiaria -Sicilia -Ter reni soggetti a riforma -Sesto residuo -Diritto soggettivo Non sussiste -Giurisdizione A.G.O. -Non sussiste. (1. reg. sic. 27 dicembre 1950, n. 104). Il criterio distintivo tra la giurisdizione ordinaria e la giurisdizione amministrativa non dato dal modo con cui la parte prospetta la pretesa fatta valere in giudizio ma dal cosidetto petitum sostanziale, e cio dalla intrinseca consistenza dell'interesse dedotto in lite, e in funzione della reale protezione accordata dall'ordinamento giuridico al"la. posiz.ione del privato posta a fondamento della pretesa sicch il diritto medesimo, oltre che affermato dall'interessato, sia effet;tivamente ed obiettivamente configurabile alla stregua dell'ordinamento in virt di una protezione diretta ed immediata, tale da escludere un qualsiasi potere discrezionale di incidenza da parte della pubblica ammini. strazione (1). Nelfambito della legge siciliana di riforma agraria la pretesa del proprietario soggetto a scorporo di effettuare la trattenuta del sesto dei terreni gi compresi nel piano di individuazione e di conferi mento non pu essere qualificata di diritto soggettivo ma di diritto affievolito sia perch la istanza relativa non produce alcuna modificazione dello status di vincolo gi esistente per effetto del decreto di individuazione e di conferimento, n tanto meno determina, nemmeno limitatamente alle zone idealmente corrispondenti alla quota del sesto, la reviviscenza del diritto soggettivo e gi degradato a diritto affievolito, per effetto del suddetto decreto, sia perch le relat.ive operazioni da compiersi dalla P.A. e inquadrabili sempre nello speciale procedimento di espropriazione, comportano da parte sua f esercizio di un potere di discrezionalit tecnico-amministrativa, quale la scelta dei terreni e la valutazione delle garanzie offerte per il migUoramento dei terreni, sindacabile solo dal g.a. e non comportano affatto l'accertamento di un limite quantitativo della espropriazione pr@determinata automaticamente per legge (2). (1) Giurisprudenza consolidata; cfr. per tutte, Cass. 29 marzo 1963, n. 789, in Giust. civ., 1963, I, 2665, con am;pia nota di richiami. (2) Non risultano precedenti. Per riferimenti cfr. nota di richiami alla sentenza in rassegna, .in Giust. civ., 1964, I, 1136. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 11 aprile 1964, n. 847 -Pres. Tavolaro -Est. Sparvieri -P.M. CriscuoJi (conf.) -Convitto Nazionale Vittorio Emanuele II di Napoli (avv. Carrano) c. Mattiello {avv. Gerardi). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Competenza e giurisdizione -Regolamento di competenza Convertibilit in regolamento di giurisdizione -Limiti. Competenza e giurisdizione -Istruzione pubblica -Convitti nazio nali ed educandati -Scuole annesse ai convitti -Incaricati di insegnamento -Rapporto di lavoro -Natura privatistica. - :- Giurisdizione ordinaria. (r.d. 22 ottobre 1931, n. 1410). Nel caso in cui la sentenza impugnata mediante regolamento di competenza contenga soltanto una pronuncia sulla giurisdizione anzich sulla competenza, il proposto regolamento di competenza si converte in regolamento di giurisdizione quando siano state osservai-e tutte le norme contenute negli artt. 364 s.s. c.p.c., richiamati neliultima parte deliart. 41, comma primo, del codice stesso (1). L'istituzione da parte dei convitti nazionali, ove ne ravvisino la necessit (art~ unico r.d. 22 ottobre 1931, n. 1410, che modifica l'art. 134 reg. 1 settembre 1925, n. 2009), di classi o corsi completi aistruzione media classica, tecnica, scientifica, e magistrale, in cui l'insegnamento La giurisdizione in tema di rapporto di lavoro degli insegnanti delle scuole dei Convitti Nazionali. (1-2) La sentenza si legge in Giust. Civ., 1964, I, 1392. Le Sez. Un. hanno affrontato, con la decisione annotata, il problema della natura del rapporto di lavoro degli incaricati all'insegnamento nelle scuole annesse ai Convitti Nazionali e lo hanno risolto affermandone la natura privatistica, con il cornllario della competenza dell'A.G.O. a conoscere le controversie nascenti da quel rapporto. Tale insegnamento in contrasto con la prevalente giurisprudenza di merito che ha visto le controversie in questione sottoposte al Consiglio di Stato, mentre i giudici ordinari declinavano la propria giurisdizione. Le Sezioni motivano il loro orientamento sul rilievo che lattivit scolastica dei Convitti sarebbe facoltativa, accessoria rispetto ai fini pubblici istituzionali di quegli Enti e si concreterebbe in una attivit meramente economica e quindi non pubblicistica. Non riteniamo di poter aderire ad una tale ricostruzione dell'istituto, che sembra in contrasto con una corretta interpretazione delle finalit e dell'attivit dei Convitti Nazionali. Invero, non occorre una minuta esegesi dei testi legislativi riguardanti i Convitti Nazionali per escluderne il carattere di enti pubblici economici. E in proposito sufficiente richiamare gli artt. 118 e segg. del r.d. 6 maggio 1923, n. 1054 e in genra:le il Regolamento di cui al r.d. 1 settembre 1925, n. 2009 da cui si evince che lo scopo istituzionale dei Convitti l'istruzione e I sviluppo intellettuale e fisico dei giovani che vi sono accolti, e quindi il fine e la funzione dei Convitti sono preminentemente educativi e non dvolti alla produzione di un reddito. D'altra parte il Supremo Collegio ha avuto modo di indicare con chiarezza sin dalla nota pronuncia a Sez. Un. 12 luglio 1951, n. 1915, i caratteri distintivi degli Enti Pubblici Economici, precisando che il concetto di attivit economica PARTE I, SEZ. II, GIUR. SU QUESTIONI DI GUR1SDIZIONE 671 affidato per incarico (ed ai quali concesso il riconoscimento della validit degli studi e degli esami premsto dall'art. 51, reg. 4 maggio 1925, n. 653, soltanto se funzionino secondo l'ordinamento stabilito per le corrispondenti scuole statali) non rientra tra i fini pubblici istituzionali dei convitti nazionali, ma costituisce l'esercizio iure privatorum di una mera facolt degli stessi; nell'espletamento di tale attivit scelastica i convitti nazionali agiscono, quindi, come gli enti privati idoneo a caratterizzare l'Ente Pubblico ai fini della classificazione e dell'inquadramento di esso importa che l'Ente operi nel campo della produzione ... e intervenga . nei vari settori -agricolo, industriale, commerciale, creditizio, assicurativo svolgendo un'attivit non dissimile da quella esercitata dall'azienda privata e che perci rappresenta non un modo necessario per la diretta realizzazione di un fine pubblico, bens un mezzo per conseguire degli utili con la partecipazione alla vita degli affari. Alla luce di tale insegnamento non pu dubitarsi che il Convitto Nazionale non pu in alcun modo ritenersi un Istituto a carattere economico. Invero pur espletando una certa attivit economica, che d'altronde necessaria per la vita stessa dell'Ente, non si pu dire che operi in regime di libera concor renza, in quanto ad esso imposto .il rispetto di precise norme regolamentari e pi in generale delle direttive delle Autorit di Vigilanza, che vengono a pesare anche nella misura e co-rresponsione d,egli stipendi. Ma naturalmente il motivo principale per il quale i Convitti Nazionali non possono considerarsi Enti Pubblici Economici quello che il fine che lo Stato si prefisso con la creazione di essi e il fine che essi stessi perseguono con la loro attivit istituzionale non quell di conseguire degli utili, ma quello di realizzare direttamente l'educazione dei giovani che frequentano l'Istituto. Ci vale naturalmente anche per l'attivit che il Convitto esplica nelle scuole annesse. da ricordare infatti che ai sensi del r.d. 22 ottobre 1931, n. 1410 nei Convitti Nazionali possono istituirsi dei corsi completi d'istruzione media classica, tecnica, scientifica e magistrale. Il decreto citato modificava il precedente art. 142 del Regolamento di cui al r.d. 1 settembre 1925, n. 2009 che disponeva i convittori che non possono ottenere l'iscrizione negli Istituti medi di istruzione per mancanza di posti disponibili, possono essere riuniti nel Convitto, col consenso delle famiglie, in classi affidate a professori legalmente abilitati scelti dal rettore ... n. L'istituzione delle classi era pertanto limitata al caso che i convittori non trovassero posto negli Istituti di istruzione gnvernativi. L'esperienza didattica mostr per che, specialmente nei grandi convitti con numerosi convittori, le finalit educative dell'Istituto potevano essere pi agevol mente raggiunte con l'istituzione di scuole dipendenti direttamente dal Con vitto stesso. Col decreto del 1931, n. 1410 veniva pertanto modificato l'art. 142 del Regolamento e si stabil, in linea generale, e senza i limiti precedenti, che i Convitti posso istituire Scuole annesse. Non pertanto chi non veda che quella scolastica non che una specifica zione della generale attivit educativa svolta dal Convitto per il raggiungimento delle proprie finalit istituzionali. Ne consegue che i professori delle scuole annesse rientrando tra i dipendenti dell'Amministrazione del Convitto sono a tutti gli effetti impiegati di ente pubblico. 672 RASSEGNA DELI,'AVVOCATURA DELLO STATO ai quali sia data rautorizzazione J>ondenti tasse gavernative. La vigilanza immed.iata e continua sulle classi o sui oorsi costituiti nel modo anzidetto affidata al Rettore . Non pertanto seriamente contestabile che l'attivit scolastica del Convitto ha la stessa finalit educativa di preminente interesse pubblico dell'attivit istituzionale del Convitto. In altre parole, pure mediante l'istituzione di classi e corsi di istruzione il O:mv;itto tende a raggiungere in via principale e diretta lo scopo educativo e formativo che gli proprio e cio quel fine pubblicistico che deve perseguire. Ulteriore conferma di queste gi evidenti considerazioni sta nella natura di contributo della somma che le famiglie degli alunni debbono paga.re alla'cassa del del Convitto e il cui ammontare viene fissato dal Con&iglio di Amministrazione. Non si tratta quindi di un vero e proprio corrispettivo, ma solo di una contribuzione molto affine alla tassa scolastica e che viene stabilita dal Consiglio di Amministrazione avendo riguardo non a considerazioni speculative, ma al superiare mteresse pubblico persegudto dal Convitto, cosicch l'unico limite che viene posto dalla Legge che il contributo non venga stabilito in misura inferiore all'ammontare delle corrispondenti tasse governative. Riteniamo pertanto che possa concludersi che il rapporto dei professori incaricati dell'insegnamento presso le scuole annesse ai C-Onvitti Nazionali ha natura di pubblico impiego e che le controversie nascenti da tale rapporto siano sottoposte alla giurisdizione esclusiv~ del Consiglio di Stato. Vogliamo, infine, richiamare l'attenzione su una recentissima decisione analoga a quella annotata (cfr. Sez. Un. 17 febbraio 1964 n. 348, Ente Autonomo Mostra d'Oltremare c. Grieco, in questa Rassegna retro, 666). G. ZAGARI CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 14 aprile 1964, n. 890 -Pres. Flore -Est. D'Anniento -P.M. Criscuoli {conf.) -Finanze (avv. Stato Foligno) c. I.A.C.P. di Messina (avv. Brancali). Competenza e giurisdizione Terremoto Piano Regolatore di Messina Area compresa nel Piano -Controversia tra Ammi nistrazione Finanziaria e I.A.C.P. Giurisdizione ordinaria. (1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, art. -4; c.p.c. art. 41). PARTE I, SEZ. II, GIUR. SU QUESTIONI DI GIURISDZIONE 673 Terremoti -Messina -Aree danneggiate -Cessione ex art. 31 I. n. 466 del 1910 -Efficacia ope legis -Non sussiste -Necessit di atto amministrativo di trasferimento. (I. 13 luglio 1910 n. 466, art. 31). In base al criterio del petitum sostanziale per la discrimina zione tra la giurisdizione ordinaria e quella amministrativa, spetta al giudice ordinar.io conoscere della controversia tra l'Amministraz,ione finanziaria deUo Stato, che assuma di essere proprietaria di un'area inclusa nel piano regolatore di Messina, facendo valere, cos, una pretesa di carattere patrimoniale sorgente da un diritto soggettivo perfetto, e l'Istituto per le case popolari, il quale sostenga di essere succeduto nella propriet dell'area rivendicata al Comune di Messina che l'a'IJrebbe, a sua volta, ricevuta direttamente dallo Stato per effetto dellart. 31 della l. 13 luglio 1910, n. 466. La norma dell'art. 31, primo comma, della l. 13 luglio 1910, n. 466, la quale dispone che i terreni espropriati dallo Stato nei territori danneggiati dal terremoto di Messina del 28 dicembre 1908, sono ceduti ai rispettivi Comuni non opera il trapasso di propriet ipso iure dei terreni medesimi; il suddetto trapasso, come risulta dall'ultimo comma dello stesso art. 31, il quale dispone che non sono ceduti ai Comuni quei terreni che potranno occorrere allo Stato per le proprie esigenze o per provvedere ad opere o servizi pubblici, infatti suc cessivo ad una valutazione da parte dello Stato circa ropportunit di conservare i beni per le sue esigenze, il che postula la necessit di un provvedimento, risultante sia pure da facta concludentia, nel senso che il bene sia ritenuto no.n occorrente allo Stato. (1-2) Sulla questione di specie non risultano precedenti. ; La sentenza cassata riassunta in Foro it., rep. 1960, v. Terremoti n. 7, Giur. Sic., 1960, 918 (per altri riferimenti cfr. Mass. Giust. Civ., 1964, 401). )li.chiamiamo lattenzione sulla seconda massima con cui la Corte di Cassa, in accoglimento delle argomentazioni dell'Avvocatura, ha affermato il prin. 4,pfo che la cessiooe ai Comuni dei terreni espropriati dallo Stato nei territori danneggiati dal terremoto di Messina prevista dall'art. 31, I c. della I. 13 luglio 1910 n. 466 non avveniva ope legis ma solo attraverso un concreto atto di trasferimento. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 14 aprile 1964, n. 891 -Pres. Tavolaro -Est. Iannelli -P.M. Crismoli -Ministero LL.PP. (avv. Stato Buonvino) c. Petern (avv. Iemolo e Scuderi). Competenza e giurisdizione -Acque pubbliche -U~enze utilizzate nel trentennio anteriore al 1884 -Controversia con la 5 674 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO P.A. in pendenza del procedimento di riconoscimento giurisdizionale -Competenza dell'A.G.O. -Sussiste. (1. 10 agosto 1884, n. 2664, art. l; r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 2 lett. b). Acque pubbliche -Antiche utenze -Pronunzia del giudice ordinario in pendenza della procedura di riconoscimento -Effetti sul provvedimento amministrativo. (1. 10 agosto 1884, n. 2664, art. l; r.d. 11 dicembre 193S, n. 1775, art. 2 lett. b). I titolari di antiche utenze di acque pubbliche. che risultino derivate ed utilizzate per tutto il trentennio anteriore alla pubblicazione della legge 10 agosto 1884, n. 2664, hanno, di fronte alla p;.bblica amministrazione, un diritto sogget.tivo al riconoscimento delle medesime, il cui contenut rion circoscritto al solo riconoscimento della utenza ma attiene anche al quantitativo di acqua che in forza di esso, potr continuare ad essere derivato dall'utente (1). La d@cisione del giudice ordinario di declaratoria del diritto soggettivo dell'antico utente, non importa riconoscimento del diritto di utenza nei confronti dell'amministrazione e, .tanto meno, costituisce una pronuncia che tenga luogo del decreto di riconoscimento del diritto, dovendo intendersi subordinata, per una definitiva produttivit di effetti, al sopravvenire, in modo aderente, del provvedimento amministrativo di riconoscimento e, comunque, tale da doversi ulteriormente armonizzare, sul piano giuridico-patrimoniale, col modo di essere di questo. Essa giustificata dalla esigenza di non lasciare senza alcuna protezione la condizione dell'antico utente durante il tempo richiesto per la emanazione, da parte dei competenti organi, del decreto di riconoscimento (2). I.. ill ~ ' (Omissis). -Con l'unico mezzo di annullamento sia il Ministero dei LL.PP., sia i Castorina e Trigona denunciano il difetto temporaneo di giurisdizione e la incompetenza del Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche, nonch la violazione dell'art. 3 del t.u. 11 dicembre 1933, (1-2) Con la prima massima la Corte di Cassazione ha affermato la natura di diritto soggettivo anche nei confmnti della P.A., della posizione dell'antico utente di un'acqua che abbia presentato istanza di riconoscimento sulla quale sia ancora :in corso l'istruttoria da parte dell'Autorit Amministrativa. Tale importante decisione lo sviluppo dell'indirizw gi formatosi con la sentenza 15 luglio 1959, n. 2294 delle stesse Sez. Un. (in Foro it., 1959, I, 1271) con la quale era stata cassata la contraria pronuncia del Tribunale Superfo.re delle Acque 12 aprile 1958, n. 11, (Acque Bonifiche e Costruzioni 1958, 392, con nota PARTE I, SEZ. II, GIUR .. SU QUESTIONI DI GIURISDZiONE 675 n. 1775, e dell'art. 5 del Regolamento approvato con r.d. i4 agosto 1920, n. 1285, in relazione all'art. 360, nn. 1, 2, 3 e 4 c.p.c. Sostengono i ricorrenti che la posizione di diritto soggettivo degli antichi utenti di acqua pubblica, ai sensi degli artt. 2 e 3 del suddetto t.u., nelle more della procedura di riconoscimento, attiene ad un principio avente una portata non, come affermato dalla sentenza denunciata, generale, ma limitata, nel senso che l'antico utente pu far valere la menzionata posizione nei confronti dei privati e non anche della Pubblica Amministrazione, rispetto alla quale avrebbe, invece, semplicemente un interesse legittimo, tutelabile davanti al Tribunale Superiore delle Acque, quale organo in unico grado della giustizia amministrativa, specie quando egli chieda, con l'azione proposta, come il Patern-Castello e la Leoni avrebbero chiesto nel caso in oggetto, l'affermazione del proprio diritto all'utenza e quando, comunque, non potrebbe non derivare, implicitamente, dalla pronuncia, l'affermazione del diritto stesso. Il Ministero dei LL.PP. osserva, inoltre, che poich il diritto al riconoscimento dell'antica utenza, in base a titolo legittimo o al possesso trentennale anche del quantitativo di acqua effettivamente utilizzata durante tale periodo, subordinato .all'accertamento dei detti presupposti, previa un'apposita istruttoria, l'accoglimento del generale principio affermato dal Tribunale Superiore avrebbe l'effetto di porre, sostanzialmente, nel nulla il procedimento amministrativo, con l'ulteriore conseguenza che il giudice ordinario verrebbe a sostituirsi agli organi amministrativi nel riconoscimento medesimo. Rileva, infine, che il .riferimento alla sentenza n. 2294 del 1959 di queste Sezioni Unite da parte del Tribunale Superiore, a sostegno della propria decisione, non pu considerarsi puntuale, per essere stata quella sentenza pronunciata in sede di opposizione al decreto del Ministro e non avendo . essa affermato che il diritto dell'antico utente sussista, prima e al di fuori del riconoscimento, anche nei confronti della Pubblica Amministrazione, e che, d'altra parte, non concepibile negare a questa, in pendenza del riconoscimento e quando ancora il diritto di che trattasi in corso di accertamento istruttorio, il potere di disposizione di altre acque, sul riflesso della loro interferenza con quelle 9.i un'antica utenza, devolvendo la 'pronuncia, su tale oggetto, all'autorit giudiziaria ord- contraria di Conte) e di Cass. 24 gennaio 1962, n. 123, Rep. Foro it., 1962, 25, in cui la posizione di diritto soggettivo del titolare di un'antica utenza, in pendenza del riconoscimento, era stata dichiarata nei confronti dei terzi. Si erano rilevate in corso di causa le 11 aporie " cui veniva a dar luogo un tale indirizzo e, in particolare, la circostanza che la cognizione dell'A.G.0. sulla sussistenza del diritto di utenza, i. pendenza del procedimento amministrativo di riconoscimento, av.rebbe, in buona sostanza, posto nel nulla, rendendola inutile e superflua, la procedura di.riconoscimento disciplinata dall'art. 3 del t.u. del 1933 e RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 676 naria e vincolando, conseguentemente, l'Amministrazione nell'esame, che le riservato, sul diritto al riconoscimento. La censura non ha fondamento. Va precisato, anzitutto, che non v', in sostanza, contestazione circa il diritto soggettivo del titolare di un'antica utenza al ricono~ scimento della medesima, posto che la questione sollevata dai ricorrenti riflette solo i limiti della tutela giudiziaria dell'utente d'acqua . pubblica non ancora riconosciuto, ossia il punto se, data senz'altro per ammessa l'esistenza del menzionato diritto, al quale, una volta che ne siano accertati i presupposti, non pu che far riscontro una attivit vincolata dei competenti organi amministrativi, si debba, tuttavia, ritenere, diversamente dalla denunciata sentenza, che il suo contenuto sia circoscritto al solo riconoscimento della utenza, cio dell'utilizzazione dell'acqua in s, con esclusione di quanto attiene alla misura dell'utenza stessa, per essere la determinazione di questa, trattandosi dell'uso di un bene demaniale, soggetta eventualmente, al fine di contemperare l'interesse pubblico con quello privato, ad una valutazione discrezionale dell'autorit amministrativa, di guisa che colui che ha diritto al riconoscimento di un'antica utenza si debba considerare investito, in pari tempo, nei confronti dell'Amministrazio~e, di un interesse legittimo relativamente alla determinazione concreta della misura dell'utenza stessa. Or sufficiente, al riguardo, richiamare l'art. 2, lett. b) del t.u. n. 1775 del 1933 sulle acque pubbliche, il quale stabilisce che il rico noscimento del diritto di utenza spetta a chi si trovi nelle condizioni ivi specificate " limitatamente al quantitativo di acqua e di forza motrice effettivamente utilizzata durante il trentennio , per inferirne che, con detta disposizione, assicurata, senz'altro, all'antico utente, ~ insieme col diritto al riconoscimento, la stessa misura di acqua e di forza motrice precedentemente goduta. La norma, infatti, con la sua letterale chiarezza, sta a significare che la misura delle utenze di antico diritto non deve essere minore di quanto essa sia stata in passato, onde il decreto di riconoscimento, atteson suo carattere meramente dichiarativo, non pu avere ad oggetto il diritto dell'utente in una diversa misura. In netto contrasto con la tesi dei ricorrenti , perci, la fattispecie legale, la quale, nell'attribuire, sotto determinate condizioni, il diritto dell'art. 5 del Regolamento n. 1283 del 1920 violando le norme medesime e facendo s che il Mag.istrato Ordinario si venisse a pronunciare sul riconoscimento dell'antica utenza non gi .in sede di opposizione al deoreto, che sul riconoscimento stesso deve rendere il Ministro, ma in via principale, invadendo in sostanza le attribuzioni dell'Amministrazione. PARTE I, SEZ. II, GIUR. SU QUESTIONI DI GlURISDZIONE 677 al. riconoscimento delle antiche utenze, specifica anche, in modo inequivoco, quale debba essere il contenuto del diritto stesso. Ma altre ragioni stanno contro la detta tesi. Invero non sembra che si possa scindere dal diritto soggettivo c10 che ne costituisce, in realt, l'oggetto, di guisa che il diritto al riconoscimento di un'antica utenza, in tanto configurabile nella sua sostanza, in quanto venga riferito ad una quantit determinata di acqua pubblica, altrimenti verrebbe ad essere svuotato del suo concreto contenuto, come nel caso, appunto, in cui la determinazione della misura dell'utenza fosse rimessa al potere discrezionale dell'Amministrazione. Il riconoscimento delle antiche utenze potrebbe in questa guisa, come stato rilevato esattamente dalla sentenza impugnata, ridursi ad una mera lustra e perdere, conseguentemente, la funzione assegnatagli dalla legge. Questa, infatti, ha inteso condizionare il permanere degli antichi diritti di utenza al riconoscimento amministrativo, previo l'accertamerto dei soli requisiti indicati dal gi ricordato art. 2, lett. b), del t.u. del 1933, ed proprio in ci che dato ravvisare la differenza saliente tra il decreto di riconoscimento e quello di concessione di acqua pubblica, rispetto al quale lAmministrazione ha il pi ampio potere discrezionale. D'altra parte, se nei confronti di privati -com' pacifico -il diritto dell'antico utente deve ritenersi, ai fini della tutela, preesistente al riconoscimento da parte dell'Amministrazione e se nei confronti di questa -com' egualmente incontestato -l'incompleto riconoscimento involge, agli stessi fini, una questione di diritti e non di interessi, la posizione dell'antico utente non pu non considerarsi identica, ove egli lamenti la lesione del proprio diritto da parte del privato ma a seguito di un atto dell'Amministrazione. Basta, invero, che lantico utente sia titolare di un diritto soggettivo, per dovere riconoscere allo stesso la possibilit di difendere la propria posizione caratterizzata come tale, indipendentemente dall'interferenza dell'Amministrazione nel fatto lesivo, per effetto della quale non pu certo essere mutata la natura della pretesa fatta valere dal primo. Queste Sezioni Unite, gi in altre decisioni (sentenze nn. 1837 del 1954 e 2294 del 1959), hanno negato alcun potere all'Amministrazione, in sede di riconoscimento delle antiche utenze, relativamente alla determinazione della misura di cui i titolari possono continuare ad Tale indubqia incongruenza stata superata dalle Sez. Un. con l'affermazione contenuta nella seconda massima, e, cio, dichiarando che la pronuncia del giudice ordinario si limita all'affermazione del diritto dell'antico utente, pendente la procedura di riconoscimento, di continuare ad usare dell'acqua pubblica nella misura precedentemente utilizzata, ma non interferisce nel procedi RASSEGNA DELLAVVOCATURA DELLO STATO 678 usUfruire, precisando, in piena aderenza con il gi citato art. 2, lett. b), del t.u. del 1933 e conformemente al carattere dichiarativo del riconoscimento, che questo, per ci che attiene alla misura del diritto delf utente, incontra un limite nel quantitativo di acqua effettivamente utilizzata durante il trentennio come calcolato nella detta norma, ed avvertendo che il limite stesso va inteso nel senso che il riconoscimento deve aver luogo per la misura in cui racqua stafa in effetti goduta. Orbene,. nel concorso dei fatti costitutivi del diritto, sarebbe un non senso ammettere che f Amministrazione, prima del riconoscimento, abbia, riguardo alla determinazione della misura della utenza, quel potere che essa, invece, non ha in sede di riconoscimento. Resta fermo, pertanto, che, di fronte alla necessit del riconoscimento delle antiche utenze, ove ne ricorrano i presupposti, l'Amministrazione non ha la facolt di ridurne la misura, nemmeno nel momento che precede il riconoscimento stesso. Ci posto, agevole dimostrare che anche le altre argomentazioni del Ministero ricorrente sono prive di valore decisivo. Invero l'esigenza del procedimento istruttorio che deve seguire alla domanda di riconoscimento di un'antica utenza e la possibilit I che la domanda medesima sia in tutto o in parte accolta o, addirittura, rigettata, come previsto dall'art. 5, secondo comma, del Regolamento approvato con r.d. 14 agosto IH20, n. 1285, altro non significano che il diritto al riconoscimento delle antiche utenze,. fondate che siano su un titolo legittimo o sul possesso trentennale, sempre subordinato all' ac certamento di uno di tali presupposti e, in pari tempo, quando trattisi di possesso trentennale, a quello del quantitativo di acqua effettiva mente utilizzata durante il detto periodo. Se, infatti, il riconoscimento deve essere consentito in ogni caso, in perfetta corrispondenza di ci che, in esito alfapposita istruttoria, sia stato accertato in ordine alla esistenza ed al contenuto del titolo o del possesso, l'eventualit che la domanda relativa risulti giustificata soltanto in parte, non incide in alcun modo sull'essenza della pretesa mento e sul pl"OVVedimento amministrativo di riconoscimento di competenza del1' Autorit Amministrativa. La soluzione adottata lascia forse qualche dubb1o sul rigoce dei principi, non potendo non lasciar perplessi il fatto che un privato possa vedersi riconosciuto dall'A.G.0. nei confronti della P.A. un diritto soggettivo sull'esistenza del quale deve poi per legge pronunziarsi proprio la stessa autorit amministrativa. :il: peraltro necessario rilevare che tale soluzione, pur con le perplessit sopra accennate, sembra -di fatto -tener sufficiente conto della principale esigenza fra enti diversi. A questa dottrina, che rappresenta la pi recente ed autorevole sistemazione della materia, attinge l'insegnamento delle due sentenze in rassegna, allorch sottolinea che il delegato agisce in nome proprio (20) e sotto la propria responsabilit: Trattasi, invero, di un fenomeno li sostituzione, comunque rilevante per' l'ordinamento giuridico generale, ed caratteristica pacifica dell'istituto che il sostituto, o per investitura della legge o per investitura derivante dal sostituito, (10) BARTHOLINI, op. cit., 495; ma gi FRANCHINI, La delegazione ecc., cit., 74, 81, l6r.. (n) BARTHOLINI, op. Zoe. cit. (12) BARTHOLINI, op. cit.' 499 (I3) Contro la necessit di questo dato v. MIELE, Delega ecc., cit., 910. (14) Titolarit di organo. di un ente pubblico da parte di un ente pubblico minore' dr. BENVENUTI, L'organizzazione impropria della Pubblica Amministrazione, Riv. trim. dir. pubbl., 1956, 968 e segg. (I5) MIELE, Delega ecc., cit., 906. (I6) SANDULLI, Manuale ecc., cit., n6; GIANNINI M.S., Lezioni di dir. amm., voi. I, cit., n4. (I7) Si parli di rapporto intersoggettivo, di soggettivit di competenze: DE VALLEs, Teoria ecc., cit., u7 e segg.; di rapporto interpersonale: GAsPARRI, Corso di dir. amm., voi. I, Bologna 1953, 186 e segg.; di personalit strumentale: MIELE, Principi di dir. amm., Pisa, I945> 85 e seg., 97; .ovvero di rapporto riflessivo: RoMANO, Nozione e natura degli organi costituzionali dello Stato, in Scritti minori, voi. I, Milano, I950, 27 e segg.; o uniroggettivo: PucLIATTI, Il rapporto giuridico unisoggettivo, Diritto civile: metodo, teoria, pratica (Saggi), Milano, 1951, 471 e segg.; SILVESTRI, L'attivit interna della Pubblica Amministrazione, Milano, 1950, 20; per considerazioni di carattere generale, cfr. MoRTATI, Istituzioni ecc., cit., 144 e seg. (18) GIANNINI M.S., Lezioni ecc., cit., 3or. (19) MIELE, Delega ecc., cit., 908. (20) v. anche MoRTATI, Istituzioni ecc., cit., 359. ~ PARTE I, SEZ. ID, GIURISPRUDENZA CIVILE 703 legittimato a far valere un diritto, un obbligo, o un'attribuzione, che rientrano nella sfera di. competenza del sostituito, operando, a differenza del rappresentante, sotto la sua personale responsabilit e con propria efficacia giuridica, ossia con una efficacia giuridica, che non quella stessa che se l'attivit fosse stata posta in essere dal sostituito (21). Cos inquadrata, la delegazione amministrativa si distingue nettamente dal mandato e dalla rappresentanza anche per l'oggetto (22) e perch prescinde dal consenso del delegato (23). La delega fra organi si distingue, inoltre, dalla supplenza, poich questa fondata esclusivamente sulla legge ed attiene non gi ad una sostituzione nell'attivit, ma all'assunzione di una posizione giuridica a 'titolo originario, che non determina alcun rapporto fra supplente e supplito (24). Il rapporto delegatorio , ovviamente, autonomo rispetto a quello di gerarchia (25), pur comportando una posizione di preminenza o di supremazia del delegante (26). E, bens, concepibile, ove consentita dalla legge, una delega del superiore all'inferiore con efficacia esterna (da non confondere con una mera ripartizione interna di attribuzioni), nel qual caso il primo conserva i poteri che gli sono propri a titolo diverso dalla competenza (27). Le due sentenze in rassegna, pur parlando di posizione "pari (28) del delegato rispetto al delegante (l'espressione pu valere ad escludere che il delegante sia, come tale, un superiore gerarchico e, quindi, ad escludere che sia dato ricorso al delegante in via gerarchica contro gli atti del delegato) ammettono sostanzialmente la preminenza di questi su quello, allorch insegnano che il delegante viene a trovarsi rispetto agli atti di esecuzione della delega nella posizione di soggetto. investito (21) MIELE, Principi ecc., cit., 90, il quale pone in evidenza. come il concetto si spieghi, distinguendo tra attivit e risultato e precisa che rappresentante e sostituto spiegano in tale veste un'attivit che propria di essi e non riferibile al rappresentato o sostituito; la loro attivit ha una rilevanza giuridica, che necessariamente concerne la sfera di competenza, del rappresentato o del sostituito; tuttavia: mentre il rappresentante opera con .la stessa efficacia giuridica che se la stessa ,attivit fosse posta in essere dal rappresentato, e quindi, nei limiti della legge o della volont del suo rappresentato, non incorre personalmente in responsabilit, n subisce altre conseguenze del suo agire, il sostituito opera come se la propria attivit non interessass altri che lui, e quindi ne sopporta i rischi o ne riceve i vantaggi, pur se i risultati di essa concernono la sfera di competenza del sostituito >>, op. cit., 91-92. (22) FRANCHINI, op. cit., 34 e seg. (23) MIELE, Delega ecc., cit., 907; FRANCHINI, op. cit., 148 e segg.; per qualche eccezione v. artt. 3 e 4 r .d. 9 luglio 1939, n. 1238. (24) CIANFLONE, La sttpplenza ecc., cit., 774 e segg.; sulla differenza fra delegazione interorganica e decentramento burocratico v. FRANCHINI, La delegazione ecc., cit., 29: il decentramento amministrativo si risolve in una misura generale ed obbligatoria, a differenza della delegazione, che... innanzi tutto un mezzo giuridico concreto ed individuale, offerto ad un organo per sgravarsi temporaneamente del peso dell'esercizio della propria competenza senza rinunciare definitivamente ad essa . Sui limiti di delegabilit delle attribuzioni v. FRANCHINI, op. cit., 182 e segg. (25) Per una assimilazione, ma in quanto si disconosce che il caso -art. u8, commtl secondo, Cost; -sia di vera delegazione, v. MoRTATI, Ist., ecc., cit., 444; v. anche BEN VENUTI, L'organizzazione ecc., cit., 988, secondo il quale, riducendosi il rapporto di delega ex art. u8 Cost. ad un rapporto organico improprio, il c.d. delegante conserva gli stessi poteri del superiore gerarchico . (26) MIELE, Delega ecc., cit., 9I4. (27) RESTA, La revoca ecc., cit., 212, nota 8; FRANCHINI, La delegazione ecc., cit., 174 cd implicitamente MIELE, Delega ecc., cit., 910; v. anche GARGIULO, In tema di delega a decidere i ricorsi gerarchici, in questa Rassegna, 1964, 539. (28) Cfr. FRANCHINI, La delegazione ecc., cit., 174. 704 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO di funzioni di controllo. In dottrina, si riconosce tale potest di controllo (29), Da taluno (30) si parla di a ingerenza e di a potere di avocazione ,, del delegante in ordine all'attivit delegata. Va sottolineata, invero, la potest del delegante di impartire istruzioni e direttive al delegato, non solo nell'atto di delega, ma successivamente e, deve ritenersi, anche rispetto al singolo atto da compiere dal delegato, realizzando, in tal modo, un intervento diretto del delegante, che il connotato peculiare dell'istituto e vale a distinguere la delega ex lege dal decentramento (cfr. art. 121, comma quarto, Cost.: a Il Presidente della Giunta ... dirige le funzioni amministrative delegate dallo Stato alla Regione, conformandosi alle istruzioni del Governo centrale; v. anche art. 47, comma primo, I. cost. 26 febbraio 1948, n. 3; art. 44, comma secondo, 1. cost. 26 febbraio 1948, n. 4; art. 35 1. cast. 26 febbraio 1948, n. 5). Parlare di precariet di una delega, ohe solo con legge potrebbe essere revocata (nel caso ex art. 118, comma secondo, Cast., trattandosi di competenza delegata con legge non pu sussistere la avocazione o la sostituzione da parte dell'amministrazione statale ) (3 l) appare, invero, un fuor d'opera, e d'altra parte la distinzione fra trasferimento della stessa titolarit delle funzioni e trasferimento del solo potere di esercizio delle medesime resta sul piano delle pure costruzioni concettuali, tant' vero che non manca chi avverte che, essendo la funzione pubblica attivit, che si fonda sul potere sovrano, essa, per sua natura, non pu appartenere che allo Stato, onde solo l'esercizio ne pu essere affidato ad altri enti pubblici o anche a privati, o direttamente dalla legge o mediante atti di investitura appositi (32). L'abrogazione (revoca) di una delega intersoggettiva ex lege e l'abrogazione di una norma legislativa di decentramento autarchico restituirebbero entrambe l'eser} cizio della funzione all'ente di origine (salvo il problema, nel secondo caso, della ~ .: non reviviscenza della norma organizzativa, dato che la mera abrogazione di una norma non fa rivivere la precedente norma abrogata). Ed infine la stessa eccezionalit in alcuni casi positivi di delega fatta con legge (regionale) del potere del delegante di sottrarre (sempre, beninteso, con legge regionale) l'esercizio delle funzioni all'ente delegato (33) conferma la difficolt di distinguere fra i due istituti, ove si prescinda dalla considerazione della esistenza, nel caso di delegazione, della potest di intervento del delegante mediante l'emanazione di direttive particolari, vincolanti per il delegato (34). In proposito, deve avvertirsi che, anche a prescindere dal caso pi I (29) GIANNINI M. S., Lezioni ecc., cit., 300, che sottolinea, per, la mancanza di precisi elementi per stabilire entro quali limiti e con quali effetti; MIELE, Delega ecc., cit., 914, che dal carattere derivato della delega inferisce non solo la sua revocabilit e la possibilit del delegante d'impartire direttive anche vincolanti al delegato, ma ancora la possibilit di annullare per illegittimit gli atti emanati dal delegato in base alla delegazione >>, salva esclusione deducibile dal diritto positivo nel singolo caso. (30) SANDUILI, Manuale ecc., cit., 282. (31) MORTATI, lstituz. ecc., cit., 444 (32) GIANNINI M. S., Lezioni ecc., cit., n5. (33) Cfr. art. n8, comma terzo, Cost.; sul punto v. BARTHOLINl, Deleg. legisl. ecc., cit., 498 e segg.; ma v. art. l, n. 3, I. IO febbraio 1953, n. 62; v. anche i rilievi del BENVENUTI, L'organizzazione impropria ecc., cit., 981, secondo l quale l'espressione la Regione esercita normalmente le sue funzioni amministrative delegandole ... ecc. non allude ad un obbligo inderogabile. (34) Significativo ricordare che, de jure condito, il decentramento autaP. e condanna 1'.I.A.C.P. La Corte di Appello conferma, La Corte di Cassazione cassa la sentenza della Corte di Appello per ritenuta contraddittoriet della motivazione e dice essere esatto e dover rimaner fermo che nessun !l'apporto obbligatorio esisteva tra Cooperativa ed Amministrazione LL.PP., poich creditore del contributo statal,e era_ soltanto l'I.A.C.P., ma la conseguenza di ci deve essere che il pagamento eseguito dal Provveditorato 00.PP. direttamente alla Impresa appaltatrice non possa avere, di per s, efficacia liberatoria, ma solo se, alla stregua dell'art. 1188 e.e., la Cooperativa risulti l'Ente formalmente indicato dall'Istituto a riceverlo. Precisa, ancora, che dalla premessa che l'AmminiStrazione ;LL.PP. non era debitrice della Cooperativa discende altresi che la Cassa di RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 708 Risparmio, cessionaria dei diritti di quest'ultima, non aveva azione ex contractu nei . confronti dell'Amministrazione, ma il presupposto della legittimazione ad agire "" della Cassa quello, ex art. 2900 e.e., cc di voler esercitare le azioni spettanti al proprio debitore, cio a:tl'I.A.C.P. >>, che aveva trascurato di far valere i suoi diritti contro lo Stato. Tutto ci fa escludere che potesse esserci e ci fosse stata una revoca (ex art. 67, n. 2 1. fall.) della cessione. La Corte di Appello di Firenze, in sede di rinvio, ritiene che la trasmissione all'Amministrazione LL.PP. del certificato di pagamento e dello stato di avanzamento intestati alla Cooperativa non costituisca valida manifestazione di volont dell'Istituto creditore ai fini contemplati nell'art. 1188 e.e.; esclude l'efficacia liberatoria del pagamento disposto dal Provveditorato 00.PP. a favore della Cooperativa e, ritenuta la legittimazione della Cassa di Risparmio ad agire utendo iuribus dell'I.A.C.P., condanna l'Amministrazione statale a pagare all'attrice la somma da questa richiesta, affermando che la domanda della Cassa sarebbe fondata anche sotto il profilo della colpa aquiliana dell'Amministrazione LL.PP., per la negligenza da questa dimostrata nel pagare la rata di contributo alla Cooperativa invece che all'I.A.C.P. Ampie riserve sembra vadano fatte, anzitutto, sull'affermato concorso di questi due autonomi titoli di responsabilit. L'accertamento della legittimazione della Cassa ad esercitare il diritto dell'I.A.C.P. al pagamento del contributo nei confronti dell'Amministrazione LL.PP. comportava, infatti, quello dei presupposti e delle condizioni di tale legittimazione e, fra questi, dell'esistenza del credito della Cassa cessionaria verso l'I.A.C.P., debitore ceduto (sulla cessione pro solvendo v. Cass., 15 giugno 1964, n. 1518, in questa Rassegna, 1964, 723). Ed infatti cc colui che pretende sostituirsi a un'altra persona per esercitare i diritti di questa ha l'onere di dimostrare la esistenza dei presupposti richiesti per una siffatta, anomala legittimazione e la prova .deve essere piena e tale da porre fuori discussione la esistenza della qualit di creditore (NICOL, Della conservazione della gar(]Jnzia patrimonia: te -Surrogatoria -Revocatoria, in Commentario del Codice Civile a cura di A. ScIALOJA e G. BRANCA, Libro se&to, Tutela dei diritti, artt. 2900-2969, BolognaRoma, 1953, 74). Orbene, posto che il credito vantato dalla Cassa verso l'I.A.C.P. si riduceva precisamente a quello, per il recupero del quale essa aveva convenuto l'Istituto innanzi al Tribunale di Genova, sembra chiaro che, una volta accertata la legittimazione della Cassa ad agire utendo juribus dell'I.A.C.P. contro l'Amministrazione LL.PP., e, quindi, la sussistenza del diritto di credito della prima nei confronti del secondo, fosse con d stesso escluso che l'operato dell'Amministrazione dei LL.PP. avesse potuto pregiudicare tale diritto, legittimando un'azione della Cassa de jure proprio ex art. 2043 e.e. La sentenza della Corte di Cassazione, in rassegna, ritenendo superfluo l'esame dei motivi di ricorso dell'Amministrazione LL.PP. avverso la pronuncia della Corte fiorentina, in ordine alla ritenuta proponibilit, nonostante la particolare natura del contributo di cui al d.l. 8 maggio 1947, n. 399, della domanda della Cassa di Risparmio ex art. 2900 e.e., ha affermato tout court la responsabilit dell'Amministrazione LL.PP. verso la Cassa di Risparmio attrice, ai sensi dell'art. 2043 e.e., limitandosi a motivare che cc l'azione ex art. 2043 e.e. spetta a colui che ha risentito il danno e, nella specie, il pagamento illegittimo nessun danno aveva potuto recare all'Istituto Case Popolari, che aveva designato la Cooperativa o chi per essa come beneficiaria .del pagamento in contestazione. Il pagamento illegittimo ed illecito aveva, invece, piena capacit di pregiudicare, come in effetti pregiudic, il diritto della Cassa di Risparmio, la quale s'era resa cessionaria del credito della Cooperativa. N vale osservare che mai il Ministero aveva posto in essere un formale atto di riconoscimento della notificatagli cessione di credito .(cessione, si badi bene, tra Cooperativa e Cassa di Risparmio) alla quale, PARTE I, SEZ. li, GIURISPRUDENZA CIVILE 709 percio, esso Ministero non era vincolato. La Corte ha giustamente osservato che il disconoscimento dell'anzidetta cessione di credito portava come naturale sua conseguenza che il pagamento a carico dell'Amminhtrazione dei LL.PP. fosse fatto a chi per legge, cio all'Istituto Case Popolari, e non gi ad un creditore dell'Istituto, che aveva ceduto ad altri il proprio credito, come da notizia debitamente ricevuta dalla debitrice Amministrazione dei LL.PP. >>. Come si vede, la sentenza annotata non spiega in che modo il pagamento del contributo, fatto dall'Amministrazione alla Cooperativa, invece che all'I.A.C.P., avesse potuto pregiudicare ed effettivamente avesse pregiudicato il distinto e indipendente diritto della Cassa nei confronti di quest'ultimo. Se si ritenesse che alla liberazione dell'Istituto verso la banca fosse bastato il fatto di avere designato la Cooperativa o chi per essa come beneficiaria del pagamento n del contributo statale, si formulerebbe una proposizione ovviamente aberrante (come quella che intendesse affermare lefficacia liberatoria del mero incarico dato dal debitore ad un terzo di fare un certo pagamento) ed il problem.1, comunque, sarebbe supe: rato, non essendo pi in questione un diritto della Cassa verso l'I.A.C.P., pregiudicato dal comportamento dell'Amministrazione, chiamata a risponderne a titolo di colpa aquiliana, come afferma la sentenza. Ma altrettanto aberrante sarebbe ritenere che un preteso inadempimento dell'Amministrazione nei confronti dell'I. A.C.P., mettendo l'Istituto in difficolt, per la mancanza di tutti i fondi necessari a 'sopperire al tempestivo pagamento alla Cassa cessionaria dell'importo dello stato di avanzamento di cui trattavasi, avesse provocato l'estinzione del debito dell'I.A.C.P. verso questa ultima ... per impossibilit della prestazione. Sembra quasi superfluo avvertire, infatti, che tale impossibilit, come causa estintiva dell'obbligazione (art. 1256 e.e.), deve essere totale, obiettiva, definitiva ed assoluta e, a prescindere da qualsiasi altro rilievo in ordine alla natura della prestazione, non si confo.de con la mera difficultas solvendi del debitore (cfr. Cass., 15 foglio 1968, n. 1926, Giur. it., Mass. 1963, 659). Resta, allora, da ripiegare dalla nozione di pregiudizio del diritto di credito, nel senso di estinzione non satisfattoria del medesimo, a quella, pi ampia, che comprende qualsiasi alterazione del rapporto obbligatorio; dannosa al creditore ed in genere il mero pregiudizio del suo interesse (sulla sussunzione anche delle ipotesi di questo tipo nell'ambito del problema della tutela aquiliana del diritto di credito v. FEDELE, Il problema della responsabilit del terzo per pregiudizio del credito, Milano, 1954, 123 e segg.) e considerare che la difficolt subiettiva dell'Istituto, in quanto causa di morosit del medesimo nei confronti della banca, possa essere stata implicitamente ritenuta dalla Corte di Cassazione conseguepza pi o meno diretta del comportamento dell'Amministrazione LL.PP., che, a prescindere da qualsiasi rapporto fra essa e la Cassa, sia stata . imputata alla prima a titolo di responsabilit extracontrattuale. Ma, senza altre considerazioni circa l'esattezza di siffatta impostazione, deve pur osservarsi che, anche a voler spostare la questione sotto tale profilo, restava e resta pur sempre insoluto il problema della ingiustizia del danno ex art. 2043 e.e., problema neppure avvisato e posto nella motivazione della sentenza, la quale sembra abbia obliterato la precedente giurisprudenza della Suprema Corte regolatrice, in ordine alla inammissibilit, de fure cond'to. della tutela aquiliana di un diritto di credito (cfr. Cass., 7 luglio 1962, n. 1760, Giust. civ., Mass., 1962, 872-873). Ed infatti, nel nostro diritto positivo, le fonti di responsabilit sono tipiche (SAcco, L'ingiustizia di cui all'art. 2043 e.e., Foro padano, 1960, I, 1438); non sussiste un obbligo generale di non arrecare danno agli altri (ScOGNAMIGLIO, Illecito, nel Novissimo digesto italiano, vol. VIII, Torino, 1962, 171); il principio del neminem laedere una indicazione breviloqua di una serie ... di doveri specifici a noi derivanti dai fatti costitutivi di situazioni giuridiche assolute a favore di altri ,, {MENGONI, Sulla natura della responsabilit RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 710 precontrattuale, Riv. dir. comm., 1956, II, 361); l'ingiustizia del danno non pu ricavarsi dallo stesso art. 2043 e.e. (CASETI"A, L'illecito degli en.ti pubblici, Torino s.d., ma 1953, 27 e 63) e non configurabile una lesione risarcibile di diritti relativi ad opera di un terzo {CASETI"A, op. cit., 25 e, funditus, FEDELE, op. cit., 105 e segg.; sull'interpTetazione dell'art. 1259 e.e., ivi, 245 e segg.). FRANCO CARUSI CORE DI CASSAZIONE, Sez. III, 13 aprile 1964, n. 860 -Pres. Cannizzaro -Est. De Santis -P.M. Toro (conf.) -Zuffo (avv.ti Falzea, Nicol) c. Amministrazione FF.SS. (avv. Stato Ricci) e Donato (avv. Arena). Trasporto -Trasporto ferroviario di cose -Facolt di modificazione delle clausole del contratto -Compete . solo al mittente e non anche al destinatario. (d.1. 25 gennaio 1940, n. 9, art. 40, paT. l; ora d.lg. 30 marzo 1961, n. 197, art. 37, par. 1). Trasporto -Trasporto ferroviario di cose -Crediti del vettore. {d.l. 25 gennaio 1940, n, 9, art. 28, par. 3; ora d.lg. 30 marzo 1961, n. 197, art. 33, par. 3). La rrwdifiaazione delle clausole di un contratto di trasporto ferroviario di cose proposta dal vettore pu essere consentita solo dal mittente e non anche dal destinatario e solo prima della consegna della merce al destinatario (1). Il rapporto nascente dal contratto di trasporto ferroviario di cose non si esaurisce con la riconsegna delle merci, quando restino ancora inadempiute le obbligazioni del mittente e, tra esse, quella principale di pagamento del nolo (2). (1-2) Trattasi di principi espressamente sanciti dalle Condizioni per il trasporto delle cose sulle FF.SS.: cfr., ora, artt. 33, par. 3 e 37, par. 1, delle Condizioni appr, con d.lg. 30 marzo 1961, n. 197. Sul trasporto ferroviario di cose v. Relazione Avvocatura Stato, 1942-50, vol. II, Roma 1953, 333 e segg.; id., 1951-55, vol. Il, Roma, 1957, 201 e segg.; id., 1956-60, vol. III, Roma, 1961, 403 e segg. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 13 aprile 1964, n. 861 -Pres. Lonardo -Est. Salemi -P.M. Gedda (conf.) -Ferraresi e Baroni (avv. DelfAquila) c. Ministero Difesa-Esercito (avv. Stato Coronas). Cassazione -Questione nuov Preclusione -Domanda di risarcimento di danni per colpa extracontrattuale -Deduzione in Cassazione di colpa contrattuale -Inammissibilit. (e.p.c., art. 360). PARTE I, SEZ. m, GIURISPRUDENZA CIVILE 711 Sentenza Interpretazione del dispositivo Necessit di riferimento alla motivazione. {c.p.c., art. 182; disp. att. c.p.c., art. 118). Responsabilit civile -Efficienza causale di pi colpe concorrenti alla produzione dell'evento Apprezzamento del giudice di merito Incensurabilit in Cassazione. (e.e., art. 2055). Si ha questione nuova, predusa nel giudizio di cassazione, ogni volta che venga posta a base della censura la violazione di norme non invocate davanti ai giudici di merito e vengano sollevate quest{oni giuridiche, che, determinando un nuovo sistema difensivo ed un profilo giuridico non prospettato nel giudizio di merito, richiedano l'accertamento di nuovi elementi di fatto, come quando nelle fasi di merito del giudizio si sia fondata l'azione di risarcimento di danni su di una 1'esponsabilit extracontrattuale e si deduca in Cassazione una responsabilit contrattuale, mutando il fatto costitutivo dell'azione e facendo valere una diversa pretesa (1). Il dispositivo della sentenza va interpretato in relazione alle considerazioni enunciate nella motivazione (2). La determinazione del grado delle colpe concorrenti alla produzione dell'evento dannoso rimessa all'apprezzamento incensurabile del giudice di merito, il quale assolve all'obbligo della motivazione con l'esprimere il proprio convincimento, circa la maggiore od uguale gravit dell'una e dell'altra colpa, .in base ad una valutazione complessiva dei fatti e dell' eff{cienza causale del comportamento colposo di ciascun corresponsabile, senza che oocorra una esposizione analitica dei motivi (S). (1) Cfr. Cass., 15 giugno 1962, n. 1500, Foro it., Mass., 1962, 451 ( il controllo di legittimit della Corte di Cassazione si concreta nella revisione della pronuncia di merito in rapporto sia alla regolarit formale del processo, sia alle ragioni di diritto a suo tempo prospettate e vagliate, sicch impedito lesame di questioni giuridiche nuove, le quali non siano rilevabili di ufficio e non costituisqano nuovi profili di diritto da potersi considerare compresi nel dibattito perch fondati sw:~li stessi elementi di fatto gi dedotti,,); v. anche Cass., 19 maggio 1962,. n. 1153, Ibidem, 356; 22 giugno 1963, n. 1696, Id., Mass., 1963, 497; 28 giugno 1963, n. 1770, Ibidem, 518-519 ( si ha questione nuova, preclusa nel giudizio di cassazione, ogni volta che la parte ricorrente ponga a base della sua censura la violazione di una norma di diritto non invocata davanti ai giudici di merito e si richiami per sostenerne l'applicabilit ad elementi di fatto non dedotti nelle precedenti fasi del giudizio "). (2) Cfr. Cass., 14 marzo 1962, n. 525, Foro it., Mass., 1962, 153; 4 maggio 1962, n. 870, Ibidem, 261-262. (3) Cfr. Cass., 10 marzo 1961, n. 531, Foro it., Rep., 1961, voce Resp. Civ., c. 2222, n. ~06; 9 marzo. 1962, n. 464, Id., -Mass., 1962, 185. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 712 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 27 aprile 1964, n. 1008 -Pres. Celentano -Est. Caporaso -P.M. Pedote (conf.) -Ministero del Tesoro (avv. Stato Soprano) c. De Liguoro (avv.ti D'Elia, Nicol). Requisizione -Requisizione operate dalle Forze armate alleate -Indennit-di requisizione di beni mobili -Determinazione Criteri. (l. 9 gennaio 1951, n. 10, art. 2, n. 1, art. 4). L'art. 2, n. l, della legge 9 gennaio 1951, n. 10, in materia di requisizioni operate dalle Forze armate alleate, dispone che la determinazione delI'indennit di requisizione per i beni mobili fatta in base ai prezzi legalmente autorizzati, o, in mancanza, a qulli correnti al 30 giugno 1943, moltiplicati per il coefficiente 5 . L'alternativa fra prezzi legali e prezzi di mercato perentoria; solo in assenza dei primi, pu aversi riguardo ai secondi, sioch non consentita una terza via. Peraltro il criterio dell'equit, richiamato dall'art. 4 della stessa legge, pu, in concomitanza con il criterio dettato dalI' art. 2, n. l, valere per ogni altro elemento della liquidazione, ma non per quanto attiene alla determinazione dei singoli prezzi delle cose mobili requi& ite o danneggiate, qualora sussistesse per esse un prezzo d:imperio (1). (1) In tal senso la sentenza in rassegna dichiara doversi intendere il precedente insegnamento della stessa Sezione della Corte, di cui a sentenza 2 febbraio 1957, n. 398 (Giur. it., 1957, I, 1, 842 e segg.). Quella pronuncia ebbe anche occ1sione di stabilire che l'indennit per requisizione alleata di azienda non va liquidata equitativamente ai sensi dell'art. 4 I. 9 gennaio 1951, n. 10, ma secondo il criterio fissato, per le requisizioni di beni mobili, dall'art. 2, n. 1, da applicarsi analogicamente, precisando, peraltro, che, qualora, durante il periodo della requisizione, siano succeduti ai prezzi correnti al 30 giugno 1943 nuovi prezzi legalmente autorizzati, l'indennizzo va liquidato in base ai prezzi correnti, moltiplicati per il coefficiente 5, per il tempo della requisizione protrattasi fino all'entrata in vigore dei nuovi prezzi legali, e, per il tempo successivo, in base a questi ultimi prezzi, conteggiati senza maggiorazione. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 29 aprile 1964, n. 1039 -Pres. Tavolaro -Est. Giannattasio -P.M. Criscuoli (conf.) -Azienda Nazionale Autonoma Strade Statali (avv. Stato Coronas) c. Sommariva (avv.ti Campora, Romanelli). Responsabilit civile -Discrezionalit della P.A. -Insindacabilit :l da parte del G.O. -Limiti -Non si estende alle modalit di uso del mezzo tecnico prescelto dalla P .A. (e.e., art. 2043; I. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, art. 4). PARTE I, SEZ. m, GIURISPRUDENZA CIVLE 718 Responsabilit civile -Responsabilit della P.A. per fatto illecito -Responsabilit della P.A. per attivit legittima -Caratte ristiche delle l'ispettive azioni -Concorso alternativo delle medesime. (e.e., art. 2043; Cast., art. 42; I. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 4B). Responsabilit civile -Fatto illecito con carattere permanente Prescrizione del diritto al risarcimento del danno -Decorrenza. (e.e., artt. 2042, 2935, 2943, 2947, comma primo). Responsabilit civile -Responsabilit aquiliana -Concorso del fatto colposo del creditore -Dovere del creditore di impedire l'aggravarsi del danno -Limiti. (e.e., artt. 1175, 1227, 2043, 2056, comma primo). La discrezionalit il potere della P.A. di apprezzare liberamente finteresse pubblico, i pubblici bisogni e la idoneit dei mezzi da adottare per il loro soddisfacimento. In tale ambito il e.o. non pu svolgere indagine alcuna per la ricerca di una colpa, nel senso 'che non pu sidacare se la P.A. abbia convenientemente apprezzato i bisogni della collettivit e scelto i mezzi idonei a soddisfarli; ma, ri8pettati tali limiti, ben pu l'A.e.O. indagare se i mezzi scelti siano stati adeguatamente messi in opera, abbiano funzionato in modo normale, o, se per negligenza o imperizia, cio per colpa, il loro funzionamento sia stato difettoso e anormale. Trattasi, infatti, di indagine tecnica, che va risolta in base a criteri tecnici, cui estranea ogni discrezionalit amministrativa. I precetti della prudenza, diligenza e perizia, che vanno rispettati nella tecnica esecutiva, riguardano l'esecuzione dell'opera nel suo complesso e per esecuzione deve intendersi non soltanto la prestazione materiale, ma anche quella intellettuale e di studio dei tecnici, quali le progettazioni, le direttive, gli indirizzi che sempre appartengono all' esecuzione tecnica e rientrano in quella attivit soggetta al sindacato della osservanza dei precetti obbligatori della prudenza, della diligenza e delle buone regole del!:arte. La discrezionalit della P .A. si esaurisce con la scelta del mezzo tecnico atto a soddisfare un determinato bisogno; per tutto quanto si riferisce alla messa in opera del mezzo prescelto la P .A. si affida a tecnici, i quali non sono liberi di seguire o non i criteri e le norme imposte dalle discipline tecniche, non hanno affatto la facolt di progettare e costruire tecnicamente male quello che pu e deve essere progettato e costruito bene, epper il e.o. ha la potest di sindacare se le norme tecniche siano state colposamente trascurate e, nel caso affermativo, di ritenere colposo il comportamento della P.A., condannandola al risarcimento del danno (1). (1) cfr. Cass., Sez. Un., 17 ottobre 1955, n. 3224,. Giust. Civ., '1956, I, 464; Cass., 9 maggio 1957, n. 1601, Resp. Civ., 1957, 314; 8 marzo 1958, n. 793, Foro it., RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 714 Il nostro ordinamento ammette bens il concorso delle due azioni, quella fondata sull'art. 46 della legge sulle espropriazioni per p.u. e quella aquiliana di cui all'art. 2043 e.e., ma in senso alternativo e quando alcuni fatti danno luogo all'una responsabilit ed altri fatti all'altra, donde l'impossibilit di parlare di preminenza dell'una o dell'altra responsabilit rispetto al medesimo fatto. Una cosa il concorso delle due azioni ed altra la loro unificazione, che non concepibile per la diversit dei presupposti. Le due azioni differiscono, infatti, sia per il petitum, che nell'azione di risarcimento per fatto illecito si estende a tutto il pregiudizio derivato alla sfera giuridi!Co-patrimoniale di un soggetto e non soltanto al detrimento arrecato .dall'esecuzione delfopera pubblica al patrimonio immobiliare, sia per la causa petendi, e cio per il fatto giuridico costitutivo dell'azione medesima {2). Rep., 1958, voce Strade, c. 2569, nn. 98-99; Sez. Un., 29 aprile 1960,. n. 965, Resp. Civ., 1960, 539, con nota di richiami; 13 febbraio 1963, n. 287, Giust. Civ., i963, I, 1622; v. anche Sez. Un., 4 gennaio 1964, n. 3, in questa Rassegna, 1964, 317-318 ed ivi nota (sub 2) di richiami. Peraltro, se, come riconosce la sentenza in rassegna, la discrezionalit della P.A. si esaurisce " con la scelta del mezzo tecnico atto a soddisfare un determinato bisogno, mentre il sindacato del G.O. sulla colposit del comportamento della predetta investe " .Ja messa in opera del mezzo prescelto n, deve avvertirsi che il progetto dell'opera pubblica, dell'esecu. zione del quale si discuta, non pu, a sua volta, farsi rientrare, come ha opinato la sentenza, nel concetto di messa in opera del mezzo prescelto, sindacabile sotto il. profilo della colpa, se non a patto di negare la distinzione (fra progettazione ed esecuzione), prima accolta. Il giudizio sul progetto di un'opera pubblica adottato dalla P.A. non involge mai una mera questione tecnica, ma sempre tecnica ed amministrativa insieme: l'attivit tecnica costituisce il mezzo per il soddisfacimento del pubblico interesse, epper l'autorit preposta alla scelta deve tener conto anche delle esigenze di questo, adattandovi i dettami della tecnica (cfr . .ALEssr, Sistema ist. del dir. amm.vo italiano, Milano, 1953, 166 e seg.). Sul concetto di discrezionalit amministrativa, in dottrina, v. GIAN-NINI M.S., Il potere discrezionale della pubblica amministrazione, Milano, 1939, e, dello stesso A., Leziooi di dir. ammin.vo, Milal).o, 1950, 93 e segg. (in part., 98: ponderazione comparativa di interessi pubblici e privati, gi tutelati dall'ordinamento, nei rispetti di un interesse pubblico primario, ai fini di trovare la composizione pi opportuna in ordine ad un'azione da svolgere n ); ma, in senso diverso e come avvisato dalla massima: qui annotata, I v. GARGIULO, I provvedimenti di urgenza nel dir. amm.vo, Napoli, 1954, 76 e segg. (secondo il quale, op. cit., 79, la discrezionalit incide soltanto sull'apprezzamento che precede la manifestazione volitiva e non pure sulla scelta della soluzione ... dalla quale tuttavia non pu prescindere ); v. anche SANDULLI, Manuale di dir. amm.vo, Napoli, 1955, 234 e segg. Sulla differenza tra discrezionalit amministrativa e libert privata v. ZANOBINI, Corrso di dir. amm.vo, vol. I, Milano 1958, 31; S&'ercitano, organizzando, a fini turistici o meno, trasporti combinati con servizi .. automobilistici o di navigazione marittima o lacuale, con unica responsabilit nei \confronti dei viaggiatori, per l'intero percorso, fino alla destinazione finale 11. Per i \ras bordi, in seguito ad interruzioni, " con mezzi non ferroviari o di altri vettori , \art. 11, par. 2, del testo delle Condizioni e Tariffe appr. con d. interm. 13 dicem\ 1956, n. 2171 (v. anche ed. 1 gennaio 1963, art. 11, par. 2). (2) Conf. Cass., 28 marzo 1962, n. 639, Foro it., Mass., 1962, 187. Ma sulla ia interruttiva solo istantanea della citazione invalida come atto processuale t..:ass., 2 aprile 1960, n. 746, Giust. civ., 1960, I, 1395, con nota (sub 4) di riferimenti; v. anche Cass., 25 marzo 1961, n. 681, id., 1961, I, 975, che ascrive fra i casi di domanda giudiziale idonea a provocare una interruzione solo istantanea della prescrizione quelli di citazione " non portata a cognizione del giudice per mancata is'crizione a ruolo, o perch intimata innanzi a giudice incompetente (ivi, 977), nonch App. Milano, 29 marzo 1957, Mon. Trib., 1957, 747, ove si contempla il caso di citazione notificata senza losservanza del prescritto termine di comparizione. L'insegnamento della sentenza in rassegna non pu condividersi. A norma del capoverso dell'art. 2945 e.e. a se l'interruzione avvenuta mediante uno degli atti indicati dai primi due comma dell'art. 2943, la prescrizione non corre fino al momento in cui passa in giudicato la sentenza che definisce il giudizio . Non sembra, orbene, che fra tali atti possa ritenersi compresa anche la domanda proposta a Giudice incompetente. Ed invero, se cos fosse, se ne dovrebbe :ritenere RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 718 Il tempestivo esercizio de liazione davanti a giudice incompetente vale ad impedire la decadenza dal diritto dedotto in giudizio, qualora . la cama sia riassunta davanti al giudice dichiarato competente nei termini indicati dall'art. 50 c.p.c. (3). L'Amministrazione ferroviaria mpprresentata, nelle cause di com petenza della Magistratura residente a Roma, dal Ministro dei Tra sporti e, nelle cause di competenza della magistratura avente ;ede diversa, dai capi dei compartimenti ferroviari. Il potere rappresen taUvo attribuito a costoro non fa venir meno, per, il potere di rap presentanza del Ministro in qualsiasi controversia, essendo la sua capacit giuridica e processuale rispetto agli affari deliAmministra zione, cui preposto, prevalente ed assorbente di ogni altra, n potendo essa venir menomata dalfottribuzione di un limitato potere di rappre sentanza ad organi inferiori, suggerita da mere ragioni di decentra mento amministrativo e limitata a determinati affari (4). Ai fini della responsabilit del i Amministrazione ferro viaria per danni alla persona del viaggiatore, necessario che questi dimostri f anormalit del servizio, int(}sa come fatto meramente obbiettivo ed in senso comprensivo di materiale mobile e di attivit del personale, nonch il rapporto eziologico fra tale anormalit e i evento dannoso, senza dover anche indicare la causa precisa della prima (5). Il riconoscimento dell'anormalit del servizio importa un giudizio di fatto, non suscettibile di sindacato in sede di fegittimit, quando sia stato posto in luce dal giudice di merito il fatto obiettivo, nel quale ranormalit medesima si concreta (6). gi statuita l'efficacia interruttiva, mentre, invece, questa prevista soltanto dal terzo comma del ripetuto art. 2945 e.e. Tutto ci trova conferma nel rilievo che non sembra possa tenersi conto della pendenza di un giudizio destinato a chiudersi con sentenza meramente processuale. (3) Conf. Cass., 27 maggio 1961, n. 1261, Giust. civ., 1961, I, 1836. (4) Contra Cass., 10 ottobre 1955, n. 2982, Foro it., 1956, I, 526; conf., invece, Cass., 14 gennaio 1956, n. 54, ibidem, I, 525; 26 luglio 1958, n. 2714, Sett. Cass., 1958, 542; 9 marzo 1962, n. 469, Foro it., 1962, I, 951 e segg. (5-6-7) Cfr. Cass., 9 marzo 1962, n. 466, Resp. Civ., 1962, 299. Ma l'insegnamento dell Sezioni Unite nel senso che l'anormalit del servizio si concreta nell'individuazione di una causa specifica, che si possa ricollegare al modo di essere e di funzionamento del servizio. Essa pu ravvisarsi nel fatto medesimo che ha causato il danno, quando questo (come ad esempio in ipotesi di deragliamento o di scontro), presupponendo per il suo modo di estrinsecarsi una condotta omissiva dell'azienda vettrice, consente di riferire immediatamente l'evento eziologicamente all'attivit esercitata dall'azienda medesima. Fuori di tale ipotesi, il viaggiatore che abbia patito il danno durante il trasporto deve provare il fatto specifico, nel quale si concreta lanormalit del servizio, deve cio provare la inosservanza delle norme tecniche, regolamentari o di comune prudenza, che ,regolano la condotta dovuta dall'azienda vettrice, perch, in difetto di tale prova, la presunzione di colpa a PARTE I, SEZ. m, GIURISPRUDENZA CIVILE 719 L'improvvisa chiusura di uno sportello integra in re ipsa una anormalit del servizio, poich "la chiusura degli sportelli deve aver luogo .con le opportune cq,utele (7). carico dell'azienda medesima non soccorre (sent. 8 febbraio 1958, n. 408, Giur. it., 1958, I, 1, 1027, in part. 1029). Orbene, la chiusura di uno sportello, come di recente ha riconosciuto la stessa Suprema Corte regolatrice, (sent. 23 aprile 1963, n. 1053, Resp. civ., 1963, 476) 1non dimostra, di per s, una negligenza del personale ferroviario, appunto perch pu avvenire ad opera d persone estranee. L'aprirsi o il chiudersi di uno sportello sono fatti, che non possono considerarsi anormali, se non ricollegati ad una causa imputabile all'Amministrazione (cfr. App. Napoli, 18 gennaio 1954, Miele c. FF.SS., cit. nella Relazione dell'Avvocatura dello Stato, 1951-55, vol. II, Roma, 1957, 191; v. anche Relazione cit., 1956-60, vol. III, Roma, 1961, 387), n ha senso parlare di chiusura improvvisa, tenuto conto anche dell'obbligo del viaggiatore ex art. 2 lett. b) Condizioni e Tariffe appr. con d.l. 11 ottobre 1934, n. 1948, ed ix art. 2 lett. b) Condizioni e Tariffe appr. con d. interro. 13 dicembre 1956, n. 2171, ma deve parlarsi di chiusura con le opportune cautele , come finisce per affermare la stessa sentenza in rassegna. Ed allora appare chiaro che_ l'anormalit non sussiste in re ipsa, ma va ricavata aliunde, ossia che il viaggiatore non pu ritenersi esonerato dal fornire la prova, oltre che del fatto dannoso, anche del comportamento colpevole del personale delle FF.SS. Nel senso che l'anormalit deve sempre concretarsi nella individuazione di una causa specifica, ricollegabile al modo di essere e di funzionamento del servizio, v. anche Cass., 11 marzo 1959, n. 685, cit. nella Relazione dell'AvvoolXtura dello Stato, 1956-60, voi. III, Roma, 1961, 386. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 18 maggio 1964, n. 1213 -Pres. Rossano -Est. Cesaroni -P.M. Trotta (conf.) -Azienda Nazionale Autonoma delle Strade Statali (avv. Stato Peronaci) c. Angeli {avv. Cirelli). Espropriazione per p.u. -Espropriazione parziale -Determinazione indennit -Applicazione art. 40 I. 25 giugno 1865, n. 2359 -Portata della norma -Inderogabilit. (I. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 40). Espropriazione per p.u. -Determinazione dell'indennit -Stima del valore delle aree espropriande -Carattere edificatorio - Criterio di accertamento. (1. 25 giugno 1865, n. 2359, artt. 39 e 40). Nel caso di espropriazione parziale, l'indennit va liquidata in base allo speciale criterio, dettato, in modo inderogabile ed insostituibile, dall'art. 40 l. 25 giugno 1865, n. 2359, e deve corrispondere non gi al valore venale del'la porzione di fondo espropriato, ma alla differenza RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 720 tra il valore dell'intero fonda prima dell'espropriazione e il valore della porzione non espropriata (1). In tema di espropriazione per pubblica utilit, il carattere edifi-. catorio di un terreno si pu desumere, ai fini della determinazione dell'indennit espropriativa, anche in via indiretta dalle qualit intrinseche ed obiettive dell'immobile (2). (1) La sentenza cos motiva: solo in tal modo, infatti, l'indennit di espropriazione, che nella sua essenza l'equivalente del bene soppresso, pu compensare la diminuzione di valore sofferta dalla parte non espropriata, sia nell'ipotesi che il distacco ne renda meno utile o impossibile una ulteriore utilizzazione, sia nella ipotesi contraria (cfr. anche la massima, riportata sub a, in Giur. it., Mass., 1964, 392). Con tale formulazione, letteralmente non certo felice, si vuole alludere, ovvia mente, al concetto che, viceversa, l'espropriato non pu beneficiare dell'incremento di valore, verificatosi o prevedibile, nella parte residua, in conseguenza dell'esecuzione dell'opera. Si allude, cio, alla complementarit dell'art. 41 rispetto all'art. 40 I. org. espr. per p.u. Cos, stato rilevato anche in sede dottrinale, che la norma contenuta nel primo comma dell'art. 41 conferma l'interpretazione dell'art. 40, nel senso che: nel determinare il valore della parte residua, deve aversi riguard<> all'opera pubblica, quale dovr essere eseguita (RossANo, L'espropriazione per pubblica utilit, I, Torino, 1964, 259, ed ivi anche riferimenti sul concetto di vantaggio speciale e immediato). (2) Conf..Cass., 25 maggio 1962, n. 1230, Foro it., Mass., 1962, 378; 21 dicembre 1962, n. 3397, ibidem, 949; 3 giugno 1963, n. 1483, Giur. it., 1963, I, 1, 839. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 27 maggio 1964, n. 1302 -Pres. Giansiracusa -Est. De Biasi -P.M. Toro (conf.) -Angeloni (avv. Palombi) c. Ministero dell'Interno (avv. Stato Santoro-Passarelli). Responsabilit civile -Fatto dannoso considerato dalla legge come reato -Estinzione del reato per amnistia -Prescrizione del diritto al risarcimento -Decorrenza. (e.e., art. 2947). Spese giudiziali -Proposizione di nuova eccezione nel giudizio di appello -Condanna alle spese indipendentemente dalla soccombenza -Potere discrezionale del giudice di merito Insindacabilit da parte della Corte di Cassazione. {c.p.c., artt. 92, 345, comma secondo). Ove il fatto illecito generatore del danno sia considerato dalla legge come reato, la prescrizione del diritto al risarcimento decorre, in caso d estinzione del reato per amnistia, dal girno di entrata in vigore del decreto on il quale !;'amnistia stessa stata concessa e non dalla data del provvedimento giudiziario di applicazione del bene PARTE I, SEZ. III, GIURISPFlt.TDENZA CIVILE 721 ficio, e ci anche quando, alla data di pubblicazione del decreto di concessione dell'amnistia, l'az.ione penale non era stata iniziata (I). Nel caso in cui sia proposta in grado di appello un'eccezione, che si sarebbe potuta dedurre in primo grado e che determini la riforma della sentenza appellata, il giudice ha facolt e non obbligo di mettere le spese a carico della parte che ha dedotto la nuova eccezione. Trattasi di potere discrezionale, non sindacabile nel giudizio di cassazione (2). (I) Cfr. Cass., 16 aprile 1956, n. 1124, Resp. civ., 1956, 252; 12 febbraio 1960, n. 219, Giur. it., 1960, I, 1, 1029, con ampia nota di riferimenti di dottrina e giurisprudenza (compresa quella, conforme, relativa ad amnistia rinunziabile), nonch in que8ta Rassegna, 1960, 48, con nota redazionale; 12 ottobre 1962, n. 2958, Foro it., Mass., 1962, 835. Il principio, come s' accennato, vale anche nel caso di amnista rinunciabile e non rinunciata, cfr. Cass., 21 maggio 1957, n. 1839, Resp. Civ., 1957, 260; 10 luglio 1959, n. 2236, Giur. it., 1959, I, 1, 1327, con nota di riferimenti; in dottrina v. DEIANA, Estinzione del reato per amnistia e data di decorrenza della prescrizione del diritto al risarcimento dei danni, in Riv. dir. comm., 1955, II, 145 e segg. (2) Conf. Cass., 20 marzo 1962, n. 557, Foro it., Mass., 1962, 162; 15 maggio 1962, n. 1030, ibidem, 324; 29 maggio 1962, n. 1277, ibidem, 39G; 3 agosto 1962, n. 2359, ibidem, 678; 17 novembre 1962, n. 3135, ibidem, 879. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 1 giugno 1964, n. 1356 -Pres. Torrente -Est. Di Majo -P.M. Criscuoli (conf.) -Comune di Roma {avv. Marchetti) c. Scalera (avv. Romualdi). Espropriazione per p.u. -Occupazione illegittima di terreno da parte della P.A. -Risarcimento per la mancata utilizzazione del bene -Interesse legale sulla somma liquidata a titolo di risarcimento per la perdita dell'immobile. (e.e., art. 2056). Prescrizione -Prescrizione breve del credito per interessi ed altre prestazioni periodiche -Criterio informatore -Inapplicabilit al credito di restituzione dei frutti vantato nei confronti del possessore di mala fede. (e.e., art. 2948, nn. 1-4). Procedimento civile -Conclusioni delle parti -Rispetto del principio del contraddittorio. (c.p.c., artt. 101, 189, 352, 359). In tema di occupazione illegittima di terreno da parte della Pubblica Amministrazione, se la somma pari al valore venale del bene risardsce il proprietario del danno per la perdita del bene stesso, resta 722 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tuttavia da risarcire "la mancata utilizzazione dell'immobile. Questa viene di regola commisurata all'interesse legale sul"la somma liquidata a titolo di risarcimento per la perdita del bene, con decorrenza dalla data dell'occupazione e fino a quella del pagamento (1). .:. Il criterio informatore della prescrizione di cui all'art. 2948, nn. da 1 a 4, e.e. quello di liberare il debitore dalle prestazioni scadute e non richieste tempestivamente dal creditore, quando le prestazioni siano periodiche, in relazione ad una causa debendi continuativa. Nel caso, invece, di possesso di mala fede, non vi causa debendi continuativa, ma l'obbligo di restituzione del"la cosa e dei frutti o del risarcimento del danno, e non quindi configurabile una domanda dei frutti naturali o degli interessi, indipendentemente da quella di restituzione o del risarcimento; srech non vi in proposito una inerzia del creditore, alla quale possa riconnettersi effetto estintivo (2). Il giudice di merito non pu prndere in esame conclusioni contenute per "la prima volta nel"la comparsa conclusionale e non rese innanzi all'istruttore all'udienza di rimessione della causa al Collegio (3). (1) Conf. Cass. 16 maggio 1962, n. 1105, Foro it., 1962, I, 2099 e seg., ed ivi nota (sub 2) di riferimenti; v. anche Cass., 5 aprile 1960, n. 773, Foro Amm., 1960, II, 258. (2) Cfr. Cass. 16 maggio 1962, n. 1105 sopra citata, Foro it., 1962, I, 2099 e seg., ed ivi nota {sub 3) di riferimenti di giurisprudenza e dottrina. (3) Cfr. Cass., 21 luglio 1949, n. 1920, Foro it., Rep., 1949, v. Procedim civ., c. 1318, n. 257; 15 ottobre 1955, n. 3199, id., Rep., 1955, v. cit., c. 1831, n. 365; 18 giugno 1956, n. 2155, id., Rep., 1956, v. cit., c. 2202, n. 418; 12 ottobre 1956, n. 3558, id., Rep. 1956, v. cit., c. 2199, nn. 378-379; 17 luglio 1957, n. 2961, id., Rep., 1957, v. cit., c. 2016, n. 341; 12 ottobre 1957, n. 3790, ibidem, c. 2017, n. 351; 17 aprile 1959, n. 1151, Temi nap., 959, I, 569. Per l'ipotesi di omessa precisazione delle conclusioni, all'udienza di rimessione della causa al Collegio, v. Cass., 7 aprile 1952, n. 922, Giur. compl. Cass. civ., 1953, V, 1 e segg., con nota di GALLO; 8 luglio 1954, n. 2412, Giust. civ., 1954, 1705; 5 novembre 1955, n. 3604, Foro it., Rep., 1955, v. Procedim. civ., c. 1831, n. 368. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 9 giugno 1964, n. 1425 -Pres. Vistoso -Est. Cesaroni -P.M. Tuttolomondo (conf.) -Azienda Nazionale Autonoma Strade Statali (avv. Stato Bronzini N.) c. Societ Cogoleto (avv.ti Vitali, Simonetto). Espropriazione per p.u. -Indennit -Deposito presso la Cassa DD.PP. -Determinazione giudiziale in seguito ad opposizione dell'espropriato -Condanna dell'espropriante al paga PARTE I, SEZ. ID, GIURISPRUDENZA CIVlLE 723 mento della relativa somma -Inammissibilit -Necessit del deposito presso la Cassa DD.PP. -Sussiste. (I. 25 giugno 1865, n. 2359, artt. 30, 48, 55). L'indennit di espropriazione, sia che si tratti della somma convenuta in base ad accordo amichevole o di quella determinata a seguito di stima di ufficio, sia che si tratti della indennit supplementare eventualmente accertata in sede giurisdizionale, a seguito di opposizione dell'espropriato, va, in ogni caso, depositata nella Cassa DD.PP., essendo prescritto dalla legge in modo inderogabile, anche a garanzia dei diritti dei. terzi, lo speciale procedimento da seguire per lo svincolo della somma depositata. Epper, il giudice adto con l'opposizione alla stima non pu emettere una pronuncia di condanna a carico deU:espropriante ed in favore dell'opponente, e tanto meno disporre che la condanna abbia esecuzione sotto forma di pagamento diretto dall'uno all'altro soggetto del rapporto espropriativo (1). (1) Insegnamento ovvio, in relazione al tassativo disposto dell'art. 1 I. 3 aprile 1926, n. 686. In senso conforme, v. Cass., 3 marzo 1962, n. ~96. Giur. it., 1963, I, 1, 356; Sez. Un., 18 aprile 1962, n. 757, in questa Rassegna, 1962, 77 e segg., con nota redazionale; 3 giugno 1963, n. 1483, Giur. it., 1963, I, 1, 839 ed ivi nota (sub 4) di riferimenti di giurisprudenza e dottrina. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 giugno 1964, n. 1518 -Pres. Rossano -Est. Cesaroni -P.M. Tavolaro (conf.) -Banca popolare di credito di Bologna e Ferrara {avv. Moschella, Pugliesi) c. Amministrazione delle Ferrovie dello Stato (avv. Stato Pietrini-Pallotta). Obbligazioni e contratti -Cessione di crediti pro solvendo a scopo di garanzia accettata dalla P.A. debitrice ceduta Efficacia traslativa -Sussiste. (e.e., artt. 1263 e segg.; I. 20 marzo 1865, n. 2248, all. F, art. 339; r.d. 18 no vembre 1923, n. 2440, art. 69). Appalto -Appalto di opera ferroviaria -Situazione finale -Vincolativit per l'appaltatore e non per lAmministrazione FF.SS. -Diritto dell'Amministrazione delle FF.SS. di ripetere gli acconti che risultino versati in pi del dovuto in base al conto finale accettato dall'appaltatore. (Cap. gen. amministrativo di appalto delle opere di conto delle FF.SS. appr. con del. C.A. 9 aprile 1909,. artt. 36 e 37; e.e., art. 2033). Deventuale funzione di garanzia di una cessione di crediti pro solvendo (nella specie debitrice ceduta era la P.A., che aveva accettato 724 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO la cessione) non esclude ieffetto traslativo della titolarit del credito, tipico di ogni specie di cessione (1). Mentre la situazione finale, compilata ai sensi degli artt. 36 e 37 del Capitolato generale amministrativo di appalto delle opere di conto delle FF.SS., vincolante per l'appaltatore, la contabilit diventa definitiva per i Amministrazione solo con l'approvazione del collaudo e prima di quel momento essa conserva la facolt di agire per il rimborso degli acconti, che risultino versati in pi del dovuto, in base al conto finale accettato dali appaltatore (2). (1) conf. Cass., 30 maggio 1960, n. 1398, Foro it., Rep., 1960, voce Cessione dei crediti, cc. 347-348, n. 3; 30 ottobre 1956, n. 4057, Giust. civ., 1957, I, 637-639 ed ivi nota (sub 3) di riferimenti di dottrina e giurisprudenza; 26 luglio 1943, n. 1932, Foro it., Rep., 1943-45, voce Esecuzione mobiliare, c. 544, n. 29. In dottrina v. GRAZIANI, La cessione (( pro solvendo )) ' in Studi di diritto civile e commerciale, Napoli, 1953, 239 e segg. (2) cfr., sulla natura e sull'efficacia del collaudo nell'appalto, Cass., 20 febbraio 1963, n. 415, Foro it., Rep., 1963, voce Appalto, c. 107, n. 6; 9 ago~to 1960, n. 1846, id., Rep. 1960, voce citata, c. 113, n. 13. Specificamente, per l'appalto di opere pubbliche, Cass., Sez. Un., 8 ottobre 1957, n. 3669, Riv. giur. edilizia, 1958, I, 179-180, con nota del FAVARA. CORTE DI CASSAZIONE, Sez.. I, 18 giugno 1964, n. 1568 -Pres. Varallo -Est. Di Majo -P.M. Pisano (conf.) -Ministero del Tesoro (avv. Stato Ricci) c. Societ ricerche metano e minerarie fratelli Graziani (avv.ti Di Roberto, Merlin). Amministrazione dello Stato e degli Enti pubblici ~ Soppressione e liquidazione di Enti di diritto pubblico e di altri Enti, sotto qualsiasi forma costituiti, soggetti a vigilanza dello Stato e comunque interessanti la finanza statale -Liquidazione G.R.A. Tutela giudiziaria di diritto di credito vantato contro la G.R.A. Necessit del previo esperimento di procedimento amministrativo per il riconoscimento del credito Non sussiste. (1. 4 dicembre 1956, n. 1404, artt. 8, 9; 1. 16 novembre 1957, n. 1122, art. 1). Non vi alcuna norma nella legge 4 dicembre 1956, n. 1404, richiamata dalla legge 16 novembre 1957, n. 1122, che ha messo in liquidazione la Gestione raggruppamenti autocarri, la quale faccia del preventivo esperimento del procedimento amministrativo di accertamento dei crediti dei terzi un presupposto necessario ed indispensabile, la PARTE I, SE'Z. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 725 mancanza del quale impedisca al privato di adire direttamente r Autorit Giudiziaria Ordinaria per l'accertamento e la tutela di un proprio diritto soggettivo perfetto (1). (1) Cfr. Cass., 12 luglio 1961, n. 1668, Foro it., 1961, I, 1301 ed ivi nota (sub 1) di riferimenti; ma si veda, comunque, l'art. 13, terzo e quarto capover.~o, I. 4 dicembre 1956, n. 14.04 sopracitata. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 10 luglio 1964, n. 1815 -Pres. Fibbi -Est. Giannattasio -P.M. Pisano (conf.) -Ente per la colonizzazione della Maremma tosco-laziale (avv. Astuti) c. Ministero dell'Agricoltura e Foreste {avv. Stato Gargiulo) c. Federici (avv. Uhaldini). Procedimento civile -Esecuzione di sentenza d'appello -Acquiescenza Non sussiste. {c.p.c., artt. 329, 373). Riforma fondiaria -Soggetti del rapporto di espropriazione Soggetto obbligato al pagamento dell'indennit e legittimato passivamente alla causa relativa alla liquidazione della medesima. (Cost., art. 44; I. 12 maggio, 1950, n. 230, artt. 2 e segg.; I. 21 ottobre 1950, n. 841, artt. 4 e segg.; d.lg. 7 febbraio 1951, n. 66, artt. 1 e segg.; d. lg. 7 feb- braio 1951, n. 67, artt. 1 e segg.; d.lg. 7 febbraio 1951, n. 68, artt. 1 e segg.; d.lg. 7 febbraio 1951, n. 69, artt. 1 e segg.; d.lg. 7 febbraio 1951, n. 70, artt. 1 e segg.; I. 21 marzo 1953, n. 224, artt. 2 e segg.; I. 15 marzo 1956, n. 156, artt. 1 e segg.). Riforma fondiaria -Espropriazioni Determinazione dell'indennit -Criteri. (1. 12 maggio 1950, n. 230, art. 7; I. 21 ottobre 1950, n. 841, art. 18; I. 15 marzo 1956, n. 156, artt. 1 e segg.). ' Il comportamento della parte soccombente, che adempia spontaneamen. te a quanto disposto da una sentenza di appello, la quale esecutiva di diritto, lungi dall'integrare un',acoettazione della pronuncia o una rinuncia al ricorso per cassazione, neanche pu configurarsi come un fatto univoco, incompatibile con la volont di avvalersi del detto mezzo di impugnazione, dovendo interpretarsi, piuttosto, come diretto al fine di evitare resperimento di atti esecutivi {l). La disciplina normativa del procedimento di espropriazione per fattuazione della riforma fondiaria contiene principi fondamental (1) Cfr. Cass. 27 gennaio 1962, n. 161, La Settimana della Cassazione, 1962, 135; 3 aprile 1962, n. 679, Foro it., Mas~., 1962, n. 200. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 726 mente differenti rispetto a quelli, che regolano l'espropriazione di beni immobili o diritti relativi ad immobili per reseicuzione di opere di pubblica utilit, a mente della legge 25 giugno 1865, n. 2359 e delle altre leggi in materia. In queste leggi il diritto all'espropriazione riconosciuto, nel ricorso di un fine di pubblico interesse, allo Stato ed agli enti pubblici minori, a persone giuridiche ed a privati, per l'attuazione di opere o lavori corrispondenti ad un compito istituzionale o proprio dell'ente o soggetto espropriante, che siano dichiarati di pubblico interesse: [espropriante il soggetto che intraprende l'esecuzione delropera e per conseguire l'espropriazione promuove la dichiarazione di pubblica utilit e, quindi, il procedimento aespropriazione ed tenuto ad offrire e depositare l'indennit (artt. 5 e segg., 16 e segg., 24 e segg. l. n. 2359 del 1865). Le leggi di riforma fondiaria sono dirette, invece, non gi al compimento di una o pi opere pubbliche, ma aliattuazione di una riforma di struttura economico-sociale, prevista dall'art. 44 detta Costituzione e compiuta, mediante delega al Governo dell'esercizio della funzione legislativa, .con atti aventi valore di legge ordinaria a norma degli artt. 76 e 77 della Costituzione. L'attivit preparatoria demandata agli enti di riforma non si concreta in atti amministrativi, ma mera attivit di collaborazione interna, diretta alla preparazione di una volizione legislativa, talch i piani particolareggiati aespropriazione predisposti da quegli enti in base alla l. 21 ottobre 1950, n; 841, per la loro natura di atti meramente preparatori rispetto all'emanando provvedimento legislativo di espropriazione {decreto del Presidente della Repubblica) deliberato dal Governo in veste di legislatore delegato, non sono suscettibili di ricorso al Consiglio di Stato o all'A.G.O. L'ente di riforma non pu dirsi, pertanto, promotore dell'espropriazione e nemmeno beneficiario definitivo della medesima, n tampoco il soggetto obbligato alla corresponsione della relativa indennit, dovuta, invece, dallo Stato. Ne consegue che, se pu riconoscersi un interesse dell'ente di riforma a partecipare al giudizio di legittimit del provvedimento di scorporo, deve escludersi che esso abbia, parimenti, interesse e legittimazione a contraddire nel giudizio in cui si controverta unicamente sull'interpretazione da darsi alle disposizioni relative all'accertamento, alla liquidazione ed al pagamento dell'indennit espropriativa, non essendo neppure incaricato di effettuare materialmente la consegna dei titoli di Stato, emessi dal Ministero del Tesoro e depositati a cura del Ministero dell'Agricoltura presso un Istituto di credito, per essere svincolati dagli aventi diritto in base a provvedimenti del Tribunale competente (2). (2-3) Non risultano precedenti in termini. Per la diversa soluzione del problema della legittimazione passiva alle cause relative all'indennit, in ipotesi rientrante nel paradigma della ordinaria espropriazione per lesecuzione di opera di PARTE I, SE:L. ID, GIURISPRUDENZA CIVILE 727 La legge 15 marzo 1956, n. 156, relativa alla determinazione delle indennit dovute in forza delle leggi di riforma agraria, si ispira al criterio fondamentale di mantenere come base della commisurazione delrindennit i valori stabiliti per f appUcazione delrimposta straordinaria progressiva sul patrimonio e, salvo a stabilire procedure pi dirette e pi semplici, si limita ad integrare le disposizioni delle leggi di riforma per i cllSi nei quali, per qualsiasi motivo, un accertamento definitivo ai fini dell'imposta patrinwniale non vi sia stato o non sia possibile o si riferisca a beni, relativamente ai quali, nel periodo tra il marzo 1947 e respropriazione, sia entrato in vigore i1 nuovo catasto o vi siano state variazioni qualitative. La predetta legge, sebbene innovi nel caso ir cui sul fondo espropriato si siano verificate trasformazioni, disponendo che in tale ipotesi si debbano assumere per base i dati del nuovo catasto, si limita, per il resto, a demandare al Ministero delf Agricoltura e delle Foreste, anzich agli Uffici finanziari, la determinazione delfindennit di esproprio; ma tutto ci si verifica nei casi in cui non sia intervenuto, al momento dell'entrata in vigore della legge, faccertamento definitivo ai fini dell'imposta straordinaria progressiva sul patrimonio-(3). pubblica utilit, v. Cass. 3 giugno 1963, n. 1483, Giur. it., 1963, I, 1, 839 ed ivi nota (sub 2) di riferimenti; v. anche Cass., 5 giugno 1963, n. 1504, Foro it., Mass. 1963, 438. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 13 luglio 1963, n. 1857 -Pres. Caizzi -Est. Salemi -P.M. Pedace (conci. parz. diff.) -Galdo e De Feo (avv. Costa) c. Amm. FF.SS. (avv. Stato Ricci). Cassazione -Ricorso incidentale condizionato -Ammissibilit. (c.p.c., art. 371). Procedimento civile -Onere della prova -Diniego di ammissione di prova testimoniale su fatti pacifici -Omissione di valutazione di tali fatti da parte del giudice -Illegittimit. (e.e., art. 2697; c.p.c., artt. 115, 116; 360, n. 5). . . Responsabilit civile -Trasporto ferroviario di persone durante l'occupazione alleata -Danni causati da omissione di vigilanza da parte del personale ferroviario -Responsabilit delle FF.SS. (d.l. 11 ottobre 1934, n. 1948, conv. in l. 4 aprile 1935, n. 911, art. 11, par. 4). Prescrizione . -Fatto costituente reato -Estinzione del reato per amnistia -Decreto di archiviazione del giudice penale -Potere 728 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO del giudice civile di . accertamento del carattere penalmente illecito del fatto ai fini ed in funzione della determinazione del termine e della decorrenza della prescrizione del diritto al risarcimento del danno -Presupposti -Elementi di fatto nuovi e diversi determinanti il potere-dovere del giudice civile del rapporto all'autorit giudiziaria penale. (e.e., art. 2947; c.p.p., artt. 3, 74). La parte totalmente vittoriosa pu proporre ricorso incidentale per cassazione su questioni preliminari o pregiudiziali, condizionanclolo allo accoglimento del ricorso principale. In tal caso, l'esame del ricorso principale deve precedere quello del ricorso incidentale, al fine di stabilire se sussista o meno i interesse del ricorrente incidentale all' annullamento della sentenza impugnata (1). Il giudice di merito non pu, ., rrmnovando la considerazione che nella stessa legge quanto occorre per procedere al sistema di avanzamento a scelta, senza poss~bilit di inserire elementi nuovi da parte dell'interprete. L'ammissibilit del profilo dell'eccesso di potere per disparit di trattamento richiedeva la sofozione di un altro problema, e cio quello dei limiti in cui consentito l'esercizio dei poteri istruttori (qualificati come inquisitori dal Consiglio di Stato), al fine di acquisirre elementi relativi alla posizione di altri scrutinati, ritenuti inferiori al ricorrente e valutati, invece, in misura migliore. A questo riguardo l'Adunanza plenaria ha ritenuto che il principio della riservatezza che informa i giudizi mandfestati nell'ambito della proedura di avanzamento, costituisce un limite invalicabile, ai fini dell'acquisizione della documentazione personale degli ufficiali scutinati o del ricorrente, per il che siffatta richiesta istruttoria non pu venire ammessa. Nella decisione, ribadendosi il principio che nell'avanzamento a scelta non si riproduce quanto avviene in quello per merito comparativo, dato che 11 le valutazioni sono separate, autqnome, distinte e 11 il procedimento di accertamento ha per oggetto ogni singolo ufficiale '" precisato, peraltro, che 11 l'eventuale comparazione pu essere utile soltanto in un secondo tempo e non ai fini di valutazione, ma di controllo dell'obiettivit e della imparzialit delle singole valutazioni onde 11 la comparazione quindi non appartiene al procedimento amministratiivo, ma se mai strumento di controllo del giudice e quindi soggiace a quelle limitazioni istruttorie che vanno riconosciute anche nell'ambito di un procedimento acquisitivo delle prove . Posto siffatto principio, l'Adunanza plenaria ha escluso che, di regola, possa essere disposta la esibizione in giudizio della documentazione personale di ufficiali diversi dal ricorrente, pur riconoscendo, nel contempo, che siffatta esclusione non possa ritenersi in via assoluta ed aprioristica, limitando la possibilit dell' acquisiziona ai dati parziali a mezzo di stralci e di copie parziali della documentazione personale .con riferimento a circostanze di fatto per le quali va e5clusa la riservatezza propria dei giudizi contenuti nelle documentazioni personali. Tutto quanto attiene all'esercizio dell'indicato potere istruttorio viene, peraltro, condizionato, ai fini dell'ammiss~bilit della censura di eccesso di potere per disparit di trattamento, a che siffatta disparit 11 assurga ad una macroscopica divergenza di valutazione di fronte agli stessi dati di fatto, tale cio da consentire la constatazione delle qperate sproporzioni, prescindendo da ogni intento valutativo e per cos dire ictu oculi Come agevole rilevare la particolarit del giudizio di avanzamento a scelta limita il sindacato di legittimit nei confini in cui il controllo pu essere condotto dallo stesso giudice di legittimit; con ci non viene escluso il sindacato, ma esso va esercitato in modo conforme agli stessi principi che sono a base della giurisdizione di legittimit. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 749 La disparit di trattamento sindaCabile dal giudice di legittimit con riferimento al sistema di avanzamento a scelta solo quando essa assurga ad una macroscopica divergenza di valutazioni di fronte agli stessi dati di fatto, tale cio da consentire la constatazione delle operate sproporzioni, prescindendo da ogni intento valutativo e per cos dire ictu oculi. Del resto, il consentire lacquisizione di dati parziali con riferimento alle posizioni degli altri scrutinati, sempre che i dati non siano la risultante di giudizi di merito o non si sostanzino essi stessi in tali apprezzamenti, rende possibile il sindacato di legittimit, anche sotto quel particolaire e delicatissimo aspetto del1' eccesso di potere profilato come disparit di trattamento. Ed proprio in questo particolare giudizio di avanzamento a scelta che l'indicato profilo di disparit di trattamento potrebbe far superare al giudice di legittimit i limiti della decisione per scendere all'esame del merito e trasformare poi il sistema di avanzamento a scelta in quello per merito comparativo. A questo riguardo appare di estrema importanza la considerazione formulitta nella decisione e secondo la quale cc leventuale comparazione pu essere utile soltanto in un secondo tempo e non ai fini di valutazione, ma di controllo della obiettivit e della imparzialit delle s-ingole valutazioni con la ulteriore precisazione che la comparazione non appartiene al procedimento amministrativo, ma semmai strumento di controllo del giudice e quindi sogg-iace a quelle limitazioni istruttode che vanno riconosciute anche nell'ambito di un procedimento acquisitivo delle prove Ed invero non si comprende come possa procedersi in sede di controllo di legittimit di un atto attraverso un procedimento logico che sia diverso da quello che l'autorit amministrativa ha utilizzato in sede di formazione dell'atto sottoposto a controllo. Se nel giudizio di avanzamento a scelta esclusa ogni comparazione fra gli scrutinandi (e questo principio tenuto fermo anche dalla decisione annotata), nessuna cc eventuale " comparazione pu eseguire il giudice di legittimit seppure ai fini del controllo dell' obieUiv.it e della impazialit delle singole valutazioni. La comparazione non pu essere fatta in alcun caso, perch, diversamente, si rischia, quanto meno, di determinare quel superamento dei limiti del giudizio di legittimit, che nella materia dell'avanzamento scelta degli ufficiali contenuto al controllo soltanto dei dati che la Commissione d'avanzamento ha tenuto presente nella formulazione del giudizio complessivo, quale risultato dei giudizi parziali espressi dai singoli componenti la Commissione. Se la decisione annotata va interpretata attraverso le enunciazioni dei principi indiscutibilmente esatti applicati nella materia de qua, ne consegue che l'inserimento dello strumento della comparazione in 1sede di controllo di legittimit, in occasione aell' esame del profilo di eccesso di potere per disparit di trattamento, rischia di predeterminare una situazione processuale in cui il giudice di legittimit pu trasfomarsi in amministratore. Salvo la riserva sopra indicata, rimane, ormai, definitivamente stabilito dalla giurisprudenza dell'Adunanza plenaria sia la qualificazione del sistema di avanza mento, con esclusione di ogni riferimento di principi propri del merito comparativo, sia il divieto per il giudice di legittimit di chiedere la documentazione caratteristica personale degli altri scrutinati, salvo la possibilit dell'acquisizione di dati parziali sulla base di stralci di documentazione, e ci sempre che i dati medesimi non costituiscano espressione di giudizi da parte degli organi amministrativi. ANTONINO TERRANOVA 750 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 13 maggio 1964, n. 503 -Pres. Polistina -Est. Melito -Comune di Chieti (avv. Dedin) c. Ministero Lavori Pubblici (avv. Stato Coronas). Regolamento edilizio comunale -Approvazione da parte del Ministero LL.PP. -Limiti -Modificazione del contenuto del regolamento -Illegittimit. (t.u. c.p. 3 marzo 1934, n, 383, art. 102; l. 17 agosto 1942, n. 1150, art. 36). In seguito all'entrata in vigore della legge urbanistica a controllo sui regolamenti comunali edilizi consiste non pi in una omologazione da parte del Ministero dei LL.PP. {prevista daliart. 102 t.u. c~p.), bens in una approvazione, da parte dello stesso Ministero, "la qude, come atto di controllo esteso al merito e int,egrativo dell'efficacia del r.egolamento, pu essere concessa o negata, senza che i organo di controllo abbia la possibilit di riformare, con forza obbUgatoria per f ente, il oonienuto del r.egolamento stesso (1). {1) I limiti del potere di controllo da parte del Ministero LL.PP. sui regolamenti edilizi comunali sono stati gi precisati dal Consiglio di Stato (Sez. V, 23 maggio 1959, n. 304, Il Consiglio di Stato, 1959, 822; Sez. V, 24 maggio 1958, 312, ivi, 1958, 625); e l'annotata decisione ne fa esatta applicazione, informandosi alla nozione dell'istituto dell'apprQ!Vazione che, pur essendo esteso al riesame preventivo del merito, esclude la possibilit di una modilca del contenuto dell'atto. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 24 giugno 1964, n. 834 -Pres. De Marco -Est. De Capua -Lanata ed altri (avv. Podest, Romanelli) c. Prefetto di Genova (avv. Stato Del Greco) e Soc. Acquedotto De Ferrari (avv. Buscaglione, Sequi). Competenza e giurisdizione -Competenza del Tribunale superiore delle acque pubbliche -Controversie su interessi legittimi in materia di acque pubbliche. (t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 143). Elettrodotti -Servit di elettrodotto perpetua ed inamovibile Competenza prefettizia. (d.p.r. 30 giugno 1955, n. 1534, art. 2; l. 25 giugno 1865, n. 2359). Rientra nella competenza del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, e non del Consiglio di Stato, la cognizione delle controversie su interessi legittimi che abbiano per oggetto iutilizzazione diretta ed immediata delle acque pubbliche e che perci riguardino ratto di concessione o i provvedimenti diretti ali esecuzione .di opere idrauliche, di bonifica, di derivazione, ivi compresi gli atti di es'(J1"o :-: " " , PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 751 pria:zione o di occupazione, necessarie per il compimento di dette opere (1). Rientra nella competenza dell'Autorit prefettizia, e non di quella del Provveditorato alle 00.PP., il provvedimento che dispone la costituzione di una servit di elettrodotto, perpetua ed inamombile (2). (1-2) Sulla prima massima cfr. i1 senso conforme Sez. Un. 18 giugno 1962, n. 1530, Foro it., Mass., 1962, 461; sulla seconda massima, Sez. IV, 15 maggio 1963, n. 313, Il Consiglio di Stato, 1963, I, 689. CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 28 febbraio 1964, n. 295 -Pres. Gallo, Est. Fortini del Giglio -Mattace {avv. Grim,aldi) c. Opera Valorizzazione Sila (avv. Stato Carafa). Giustizia amministrativa -Esecuzione di giudicato -Richiesta restituzione di immobili espropriati e gi destinati con successivi atti al pubblico interesse -Inammissibilit -Fattispecie. (t.u. 26 giugno 1924, n. 1054, ait 27, n. 4). Dichiarato con sentenza passata in giudicato che i beni illegittimamente espropriati appartengono in propriet al p'l'ivato, questi non pu ottenerne la restituzione, ove la P.A. ne abbia disposto, con successivi atti, la dstinazione al pubblico interesse, giacch il Consiglio di Stato, adito in sede di esecuzione del giudicato, non pu sostituirsi alla P.A. nella valutazione degli atti discrezionalmente emessi, i quali conservano la .loro efficacia fin qcmdo non vengono annullati (nella specie, annullati i decreti di esproprio per riforma fondiaria, la restituzione delrimmobile non pi possibile ove ne sia avvenuta iassegnazione) (1). (Omissis). -La difesa dell'Opera per la Valorizzazione della Sila afferma che, in seguito al passaggio in giudicato della sentenza del Tribunale di Cosenza in data 3-9 marzo 1959, che ha statuito in via defi {l) Con questa decisione il Consiglio di Stato ha esattamente individuato i limiti della esecuzione del giudicato, esaminando una fattispecie nella quale era stato annullato un decreto di esprniprio emesso per i fini di riforma fondiaria e non era pi possibile, in seguito alla destinazione dell'immobile al pubblico interesse, la restituzione dell'immobile stesso al privato: in tal modo il giudice amministrativo si uniformato ai principi enunciati dalla Cassazione (Sez. Un. 22 giugno 1963, n. 1706, Fom it., Mass. 501 e Sez. Un. 22 giugno 1963, n. 1707, ivi, 502) ed ha modificato la sua precedente giurisprudenza (Sez. IV, 16 novembre 1963, n. 740, retro, 343, con nota contraria) cfr. anche Gass. 9 ottobre 1963, n. 2683, in questa Rassegna, 1964, 84 e segg., con nota di F. CARus1. 752 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO nitiva sulla propriet del ricorrente, illegittimamente espropriata dal predetto Ente -cos come deciso dalla Corte Costituzionale in sede di giudizio di legittimit del d.p.r. n. 56 del 25 luglio 19<50 -il ricorrente ebbe gi a notificave altro atto di interpellanza e diffida per la restituzione dei terreni in questione. Che, per, f Opera, trovandosi nella impossibilit di restituirli perch, nel frattt;mpo e prima della sentenza della Corte Costituzionale, detti terreni, a norma della 1. 12 maggio 1950, n. 230, concernente provvedimenti per la colonizzazione dell'altipiano della Sila e terreni viciniori, erano stati gi assegnati, mediante stipula del relativo contratto di compravendita, a n. 12 lavoratori della terra e a n. 3 in via prowisoria, aveva disposto i necessari accertamenti per offrire al ricorrente il valore del bene, detratti i miglioramenti e le addizioni effettuate dall'Ente, oltre il valore del mancato reddito dalla data della pronuncia di incostituzionalit del decreto presidenziale di esproprio. Reintegrazione in via di equivalente che fOpera si dichiarata pronta ad effettuare, anche in sede del presente giudizio. L'interessato, secondo quanto riferisce la difesa dell'Ente, aveva chiesto una somma maggiore di quella risultante dagli accertamenti tecnici disposti d'ufficio, e, poi, ha finito per ricorrere innanzi questo Consiglio affinch sia ordinata la restituzione dei fondi entro un termine perentorio. Ma evidente ohe la restituzione del bene non pu considerarsi quale immediata e necessaria conseguenza del giudicato. Difatti, per darvi esecuzione in questa forma, sarebbe, innanzi tutto, necessario porre nel nulla gli atti di assegnazione ai contadini perch come gi stato ritenuto in giurisprudenza (Cass., Sez. II, 22 giugno 1963, n. 1705 e 1706), gli atti di trasferimento dei terreni di scorporo ai lavoratori della terra assegnatari, anche dopo la dichiarazione di illegittimit costituzionale del relativo provvedimento di espropriazione, conservano, quali atti amministrativi, la loro efficacia fno a che non siano annullati per invalidit derivata, non potendo essi considerarsi nulli automaticamente per effetto di quella dichiarazione di illegittimit. Ma, pur nei suoi poteri di merito propri del giudizio di ottemperanza, non potrebbe questo Consiglio disporre o ordinare senz'altro rannullamento di tali atti e, quindi, la restituzione dei terreni, che, comportando una rettifcazione dello scorporo e dei piani di trasformazione fondiaria, nella quale quei beni possono essere stati oggettivamente previsti, implica un giudizio discrezionale che si appalesa legittimo ed opportuno lasciare alla sfera dei poteri dell'Amministrazione, salvo, in ogni caso, l'intangibile diritto del ricorrente alle giuste riparazioni. Il potere riconosciuto dall'art. 27, n. 4, al Consiglio di Stato, di sostituirsi, in sede di esecuzione del giudicato, alfAmministrazione, pu aver per oggetto i soli atti non discrezionali che derivano immediatamente dalla pronuncia del giudice. %,.~ . . ... . , PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINisTRATIVA 753 Nella specie, peraltro, l'Amministrazione, data la particolare situazione giuridica e di fatto, ritiene di ottemperare al giudicato nella forma come sopra indicata e questo Consiglio nulla ha da ecoepire in punto di legittimit e merito, salvo ogni diritto del ricorrente circa la determinazione degli indennizzi dovutigli. Il ricorso,,quindi, per quanto inteso ad ottenere l'ordine della esecuzione in forma specifica del giudicato derivante dalla sentenza suddetta del Tribunale di Cosenza, non pu essere accolto. Giusti motivi, per, ricorrono per compensare le spese. CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 6 marzo 1964, n. 328 ~ Pres. Chiofalo -Est. Romano -Micheletti (a:vv. Picchi e Fortini Gobbo) c. Prefetto di Lucca (avv. Stato Ricci) e Comune di Camaiove (avv. Baghini e Nigro). Atto amministrativo -Ordinanze di urgenza -Ordinanze sindacali emesse ai sensi dell'art. 20 t.u. 8 dicembre 1933 n. 1740 Natura -Definitivit. (l. 20 marzo 1865, n. 2248, ali.' F, artt. 378, 379; i:.u. 8 dicembre 1933, n. 1740, art. 20; t.u. 26 giugno 1924, n. 1054, artt. 1, 27). L'ordinanza sindacale, emessa ai sensi delI'art. 20 t.u. 8 dicembre 1933, n. 1740, per la tutela delle strade pubbliche, deve riteners~ definitiva, ed perci impugnabile in sede giurisdizionale e non in via gerarchica .(1). (Omissis). -Non pu dubitarsi della legittimit dell'ordinanza sindacale in quanto sia l'art. 378 della legge sui lavori pubblici sia l'art. 20 del t.u. del 1933, n. 1740, conferiscono al Prefetto (ed al Sindaco) un potere di imperio per la tutela dello stato di fatto delle strade pubbliche, che risultino alterate dalle persone; il ripristino dello stato di fatto viene attuato in via amministrativa nell'interesse della pubblica viabilit, senza pregiudizio di diritti soggettivi da fare valere avanti l'autorit giudiziara ordinaria. (1) Massima esatta: non vi dubbio che il potere di imperio per la tutela delle strade pubbliche, attribuito al Prefetto o al Sindaco (quest'ultimo da considerarsi come Ufficiale di Governo), rientra nelle attribuzioni riservate a dette autorit locali in relazione alla particolare situazione urgente e contingente da tutelare, e perci gli atti relativi sono da considerarsi definitivi; in tal senso cfr., anche se non espressamente, Ad. pl. 29 maggio 1961, n. 15, Il Consiglio di Stato, 1961, I, 862; per la dottrina cfr. GARGIULO, I provvedimenti di urgenza, Napoli, 1954, 140. 10 RASSEGNA DELLAVVOCATURA DELLO STATO 754 Sorge per la questione se fordinanza sindacale nella materia in esame sia impugnabile con ricorso in via gerarchica, e ci in conseguenza del contrasto tra rart. 379 della legge del 1865, che ammette il ricorso alfautorit superiore in via gerarchica e f art. 1, n. 8, del t.u. n. 1054 del 1924, che riserva all giurisdizione della Giunta Provinciale Amministrativa i ricorsi contro i provvedimenti OI'dinati dai Sindaci per contravvenzioni alle leggi sui lavori pubblici del 20 marzo 1865, n. 2248, allegato F. L'art. 27, n. 15, t.u. n. 1054 del 1924 analogamente dispone per il Consiglio di Stato, cui sono riservati i ricorsi contro i provvedimenti ordinati dal Prefetto a norma di quanto prescritto nell'art. 378 pi volte citato della legge sui lavori pubblici, relativi ad opera pubblica delle provincie e dei comuni. La questione ha formato oggetto di esame nell'Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato, che, con decisione del 29 maggio 1961, n. 15, ha ritenuto che l'art. 20 del t.u. del 1933, n. 1740, come norma speciale relativa alla tutela del demanio stradale, prevale, nella soggetta materia, sul precetto generale della legge del 1865. Pertanto f ordinanza del Sindaco di Camaiore doveva impugnarsi in via giurisdizionale e non gi in via geravchica. -(Omissis). CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 13 marzo 1964, n. 364 -Pres. Gallo Est. Carelli -Compagnia .Finanziaria Imprese di Costruzioni ( avv. Fortini e Canfora) c. Prefetto di Roma (avv. Stato Branzini R.). Opera pia Provvedimenti di vigilanza dell'autorit prefettizia Ricorso gerarchico -Termine di giorni 30 Applicabilit. (t.u. l.c.p. art. 5; 1. 17 luglio 1890, n. 6972, art. 42; r.d. 30 dicembre 1923, n. 2841, artt. 21, 42). I ricorsi gerarchici contro i provvedimenti prefettizi non definitivi in materia di controllo sulle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza sono soggetti al normale termine di giorni 30 e non a quello di giorni 15 {l). (1) L'orientamento assunto dall'annotata decisione pu ormai, dopo diverse oscillazioni, ritenersi costante: cfr. Sez. V, 21 giugno 1963, n. 794, retro, 126, con nota di U. GARGIULO. CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 17 aprile 1964, n. 506 -Pr.es. ed Est. Lugo -Rinaldo {avv. Berna11di) c. G.P.A. di Grosseto (avv. Stato Ricci). PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 755 Elezioni -Elezioni amministrative -Elezioni comunali -Impugnative e ricorsi -Azione popolare -Limiti -Riparto dei consiglieri del comune fra le frazioni -Ricorso del cittadino -Esclusione. (t.u. 16 maggio 1960, n. 570, art. 11). L'azione popolare ammissibil avverso le operazioni che concretano la manifestazione di volont del corpo elettorale, e non avverso a riparto dei consiglieri del comwie tra le diverse frazioni, adottato dalla G.P.A. ai sensi dell'art. 11 t.u. 16 maggio 1960, n. 570: soltanto al Comune ed eventualmente alla frazione pu riconoscersi un interesse ad impugnare l'atto della G.P.A. (1). (1) Il legislatore, dissipando col t.u. 16 maggio 1960, n. 570 i dubbi in precedenza sorti (cfr.: Ad. PI. 7 marzo 1951, n. 1), ha espressamente disposto che l'azione popolare ammissibile soltanto avverso le operazioni che concretano la manifestazione di volont del corpo elettorale -le quali hanno inizio con la fissazione per ciascun comune della data della elezione e terminano con la proclamazione degli eletti -, con la conseguenza che .il riparto dei consiglieri fra Je diverse frazioni adottato dalla G.P.A. estraneo alla nozione di dette operazioni elettorali; cfr: GIANNA'ITASIO C., In tema di ricorso elettorale e irt particolare nella causa di ineleggibilit di cui all'art. 15 n. 3 t.u. 16 maggio 1960, n. 570, Giust. civ .. 1964, I, 718. i -~ X SEZIONE QUINTA GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 24 febbraio 1964, n. 404 -Pres. Celentano -Est. Straniero -P.M. Trotta (conf.) -Guazzo (avv. A. D. Giannini) c. Finanze (avv. Stato Masi). Imposta straordinaria progressiva sul patrimonio -Rettifica dell'accertamento a norma dell'art. 48 del t.u. 9 maggio 1950, n. 203 -Abrogazione tacita a norma dell'art. 5 della I. n. 1 del 1956 -Ricorrenza. La soppressione, disposta con foltimo comma d,ell'art. 5 d,ella legge 5 gennaio 1956, n. 1, della facolt concessa alle Commissioni distrettuali delle imposte, dall'art. 39 della legge 7 agosto 1936, n. 1639 e dagli artt. 43 d,el t.u. di r.m. 24 agosto 1877, n. 4021 e 98 del regolamento approvato con r.d. 11 luglio 1907, n. 560, di aumentare i redditi accertati dagli uffici ed accertare i redditi e i cespit.i omessi, riguarda , ' I tutte le imposte dirette erariali, ordinarie e straordinarie, in esse compresa l'mposta straordinaria progressiva sul patrimonio (1). (Omissis). -Il problema giuridico sollevato dalla ricorrente col primo motivo del ricorso si ricollega alla a soppressione , statuita dalf ultimo comma dell'art. 5 della 1. 5 gennaio 1956, n. 1, della facolt (1) Le Sez. Un., nella sentenza 2 marzo 1964, n. 465, ricordata in questa Rassegna, retro, pag. 554 e segg. hanno precisato, a chiare note, che l'art. 5 della 1. n. 1 del 1956, abrogando espressamente la particolare norma di legge recata dall'art. 43 del t.u. del 1877 sulla r. m., esclude una abrogazione tacita di altre norme, sia pure di analogo contenuto, previste per tributi diversi in leggi diverse. Le Sezioni singole, con la sentenza in nota, precedente di qualche giorno, hanno ritenuto il contrario ed affrontatato, con ampiezza di argomentazioni, il relativo esame per l'imposta straordinaria progressiva sul patrimonio, hanno affermato che la soppressione disposta dal ricordato art. 5 della 1. 5 gennaio 1956, n. 1, del potere di rettifica affidato alle Commissioni dall'art. 43 del t.u. n. 4221/877 e 98 del reg. 560/907 riguarda tutte le imposte dirette erariali ordinarie e straordinarie. La qual cosa non pu essere condivisa. Le ragioni sono di vario ordine. Una prima, di carattere assorbente, quella PARTE I, SEZ. V, .GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 757 delle Commissioni tributarie di prima istanza di aumentare i redditi accertati dai funzionari delle imposte in dipendenza di una attribuzione conferita dall'art. 43 del t.u. delle leggi per l'imposta sui redditi della ricchezza mobile 24 agosto 1877, n. 4021 e successivamente riba.., dita, sia da norme di portata generale (art. 39, ultimo comma, r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 31 r.d. 8 luglio 1937, n. 1516), sia da altre di particolare riferimento a singoli tributi. 11 La Commissione Centrale ha invero, ritenuto che la soppressione ha efficacia soltanto per le imposte dirette ordinarie a carattere continuativo, noll; gi per quelle straordinarie ed a carattere temporaneo nei cui confronti il legislatore abbia dettato una norma di particolare disciplina: che norma particolare, in ordine al profilo del potere di integrazione degli accertamenti, deve essere .considerata, per !;imposta straordinaria in esame, l'ultimo comma dell'art. 48 del t.u. 9 maggio 1950, n. 203, in quanto prevede espressamente la facolt della Commissione di eseguire d'ufficio accertamenti non proposti dagli uffici distrettuali e di elevare le .cifre di patrimonio fissate dai funzionari e concordate fra contribuente e Finanza, anche quando siano gi iscritte a ruolo; che tale espressa previsione, in dipendenza del carattere specifico ed assolutamente autonomo che le proprio, ren~de inapplicabili, agli accertamenti ed alla risoluzione delle relative controversie, le disposizioni per l'imposta di ricchezza mobile e giustifca, pertanto, anche la sopravvivenza della fa.colt in rapporto ad una abrogazione che, in ogni caso, si riferisce esclusivamente aly11 art. 43 del t.u. del 1877 e successive modificazioni 11. Osserva, invece, la ricorrente, sotto il profilo della violazione del!' art. 5 della I. 5 gennaio 1956; n. 1 e degli artt. 12 e 15 delle disposizioni sulla legge in generale, che la distinzione introdotta dalla Commissione Centrale sulla base della natura, ordinaria e straordinaria, delrimposta assolutamente arbitraria. La disposizione di cui all'art. 5, per sua natura ed in quanto non contempla eccezioni o esclusioni, indicata dalla posteriore sentenza delle Sez. Un., per la quale abrogando l'art. 5 della I. n. 1 del 1956, in modo espresso la sola norma recata dall'art. 48 del t.u. 1877 sulla r.m., resta esclusa una abrogazione tacita di altre norme 11ia pure di analogo contenuto previsto in leggi diverse per tributi diversi disciplinati con norme autonome e particolari. Una seconda ragione si rinviene nel fatto che per potersi affermare che il ricordato art. 5, colpendo espressamente l'art. 48 sulla r.m. abbia colpito anche lart. 48 sulla imposta straordinaria sul patrimonio e gli altri articoli sulle distinte separate imposte autonomamente disciplinate, occorre ritenere e dimostrare che gli articoli tutti disciplinanti il potre di rettifica promanino da una stessa fonte e soddisfino uguali esigenze. Ci la sentenza in nota ha ritenuto affermando che il potere di rettifica conferito dall'art. 48 della legge del 1877 non traeva origine dalle particolari esigenze della specifica materia imponibile (ricchezza mobile e fabbricati) ma realizzava, attraverso la uniformit e la correlazione fra Je norme, RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 758 ha portata generale perch risponde alla finalit del legislatore, resa palese dai favori preparatori, di scindere, nelfintero sistema tributario delle imposte dirette erariali, la funzione contenziosa, da quella amministrativa e di evitare che organi giurisdizionali, estranei all' amministrazione attiva, possano sostituirsi all'amministrazione stessa nel processo di accertamento, di evidente natura amministrativa. Essa va di conseguenza applicata, quantomeno in via di interpretazione estensiva, a tutte le imposte dirette, e in ogni caso, la finalit della legge tale da importare fabrogazione, per incompatibilit ex art. 15 delle preleggi, delle disposizioni tributarie, in qualsiasi legge inserite, che abbiano comunque attribuito alle Commissioni facolt di accertamento. La censura per quanto riguarda le imposte dirette erariali, solo delle . quali questa Corte deve occuparsi, sostanzialmente fondata. Va, in primo luogo, precisato che l'art. 48 del t.u. 9 maggio 1950, n. 203, non presenta, rispetto all'art. 43 del t.u. del 1877, quel carattere di spiccata autonomia che gli si pretende attribuire. Il potere conferito dalla disposizione del 1877 in tema di imposta sui redditi della r.m., correlativo ad altro analogo, previsto in tema di imposta sui fabbricati, con identica dizione, dall'art. 41 del r.d. 24 agosto 1877, n. 4024, non traeva origine da una particolare natura o da particolari necessit di aiocertamento della specifica materia imponibile, s da poter essere configurato in funzione di contrapposizione, o comunque di deroga, rispetto ad altra diversa regolamentazione dell'imposizione diretta statale, ma, attraverso l'uniformit e la correlazione delle norme, realizzava, salvo che per l'imposta terreni, fiscalmente ancorata al regime del catasto, ~na disciplina unitaria del limitato sistema tributario per detta imposizione vigente nell'epoca, dotata, di conseguenza, di una intrinseca capacit di espansione nell'ambito 4elle nuove figure giuridiche d'imposta diretta che fossero state successivamente istituite. . . Siffatta potenziale capacit di espansione si , d'altra parte, tradotta in realt concreta, sia pur, talvolta, col correlativo della esten una disciplina unitaria nel limitato sistema della imposizione diretta e vigente all'epoca, dotato di intrinseca capacit di espansione, la quale si sarebbe poi appunto concretata nelle analoghe disposizioni poste per singoli e determinati tributi. L'indagine sistematica per della specifica materia delle imposte dirette nega utile e decisivo ingresso a tale affermazione. Ove infatti si approfondisca l'indagine sull'imposizione erariale diretta del 1877, quando il tributo di ricchezza mobile veniva chiamato imposta residuale per la ~.ua funzione meramente integatrice del nostro sistema tributario, mentre la imposta sui fabbricati da poco si era scissa (26 gennaio 1865, n. 2136) dall'imposta sui terreni, con la quale era stata fino allora conglobata, essendo le costruzioni edilizie considerate un accessorio del terreno, si trae l'opposto convincimento che quella facolt allora concessa alle Commissioni distrettuali in materia di riochezza mobile PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 759 sone del potere alle commissioni di appello ovvero della forma indiretta consistente nel richiamo della norma regolamentare (art. 98 regolamento approvato con r.d. 11 luglio 1907, n. 560), tanto in norme di carattere generale che hanno investito fintero normale sistema tributario ovvero parti essenziali dello stesso (art. 39. r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, sulla riforma degli ordinamenti tributari, art. 31 r.d. 8 luglio 1937, n. 1517, relativo alla costituzione ed al funzionamento delle commissioni amministrative per le im~ste dirette e per le imposte indirette sugli affari), quanto in altre norme (art. 13 r.d. 3 giugno 1943, n. 598, in materia di imposta straordinaria sui maggiori utili relativi allo stato di guerra, art. 15 r.d.l. 27 maggio 1946, n. 436, sull'avocazione allo Stato dei proftti di guerra e di quelli eccezionali di specuazione, art. 46 d.l.c.p.s. 29 marzo 1947, n. 143) la cui natura di imposizione fscale straordinaria non pu essere revocata in dubbio. Posto, pertanto, che il collegamento fra disposizioni successive ed art. 43 del t.u. del 1877 deve ritenersi corrispondente all'ordine naturale del sistema, logicamente ne deriva la conseguenza che la volont del legislatore di discostarsene debba risultare chiaramente e che, pertanto, il problema di specie debba porsi nel senso dell'indagine sul se l'art. 48 del t.u. del 1950 rappresenti in effetti una deliberata eccezione e, in particolare, consenta, rispetto al citato art. 43, il richiamo, in funzione ostativa, dell'art. 45, comma secondo, del medesimo t.u. sotto il proflo della estensibilit alla imposta straordinaria sul patrimonio delle disposizioni sull'accertamento e la risoluzione delle vertenze in tema di imposta di r,m. soltanto in quanto non siano in cotrasto con le disposizioni del t.u. Orbene, la risposta a detto problema non pu che essere negativa, dal momento che l'ipotesi considerata resistita, sotto un profilo testuale, dal richiamo dell'art. 48 (ocem gi del precedente art. 46 d.Lc.p.s. 29 marw 1947, n. 143, per l'imposta straordinaria progressiva sul patrimonio) all'art. 15 del r.d.l. 27 maggio 1946, n. 436, ad una norma, do, che a sua volta, proprio in tema di facolt di accerta- fosse riguardata proprio in funzione di contrapposizione e di deroga rispetto alla regolamentazione dell'imposizione diretta, allora rappresentata dall fondiaria (ter reni e fabbricati) ancorata ancora aI sistema catastale. Che detta facolt, poi, non realizzasse in materia una disciplina organica ed unitaria nella imposizione diretta, lo dimostrano le circostanze che: -nei tributi diretti ordinari e straordinari successivamente istituiti sempre stata avvertita dal legislatore la necessit di particolari e specifiche norme di rinvio per estendere le regole e le norme dell'imposta di r.m. anche alle imposte dirette. D'altra parte le norme di rinvio all'applicazione. delle norme vigenti per la imposta di r.m. e di imposta di fabbricazione, :per le dichiarazioni, accertamento e risoluzione delle relative controversie, non sempre sono state interpretate nel senso <:he fossero applicabili l'art. 43 de lt.u. n. 4021 o l'art. 41 del t.u. n. 4024 {cfr. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 760 ~ mento o di aumento di redditi, si ricollega espressamente alfart. 98 del regolamento del 1907 per resecuzione della imposta sui redditi per la r.m. Detta risposta, d'altra parte, consente, altres, a sua volta, di affermare che-fautonomia dell'ultimo comma dell'art. 48, sulla quale ha fatto principalmente leva la Commissione Centrale, in realt soltanto apparente e formale, s che, di conseguenza, fautonomia medesima non pu rappresentare, di per s, un valido argomento ostativo alla applicabilit dell'abrogazione di cui ali' art. 5 anche in tema di imposta straordinaria progressiva sul patrimonio nel caso in cui, sotto un diverso ordine di considerazioni, si debba effettivamente riconoscere che la menzione nel citato art. 5 soltanto dell'art. 43 debba essere identificata non quale indice di .una voluta limitazione dell'abrogazione al t.u. sulla imposta di r.m. ed alle modificazioni successivamente intervenute nella relativa disciplina ma quale sintetico richiamo, attraverso la norma primigenia, di tutta la successiva legislazione in tema di imposte dire.tte erariali.' D'altra parte, sotto questo secondo profilo di indagine, si impone, in primo luogo, losservazione che la stessa Amministrazione non insiste su una interpretazione rigorosamente restrittiva della norma abroga trice, dal momento che riconosce che lespressione conclusiva cc succes sive modificazioni pu costituire un giusto fondamento giuridico perch si ritengano caducate tutte quelle disposizioni che, mediante richiamo della norma specifica o dei principi generali sulla imposta di r.m. si deve ritenere abbiano esteso all'accertamento di altri tributi diretti erariali la norma di cui all'art. 43. Siffatta ammissione postula, art. 26 r.d. 30 dicembre 1923, n 3062, sulla imposta complementare progressiva sul reddito e art. 34 r.d.l. 12 ottobre 1939, n. 1529 sull'imposta ordinaria sul patrimonio); -il potere sostitutivo e correttivo di accertamento delle Commissioni distret tuali e, in taluni casi, anche delle Provinciali, stato previsto anche nella imposi zione erariale indiretta e nella imposizione locate, seppure con qualche limitazione (art. 2 del r.d.l. 5 marzo 1942, n. 187, per l'accertame1;1tO valore ai fini dell'imposta di registro, art. 18 d.l. 3 marzo 1948, n. 799, per l'l.G.E. riscossa mediante canoni ragguagliati al volume degli affari; art. 280 t.U:. 14 settembre 1931, n. 1175, nel testo modificato dall'art. 48 della 1. 2 luglio 1952, n. 603, in materia di tributi locali). A ben guardare, pertanto, non pu dirsi che l'art. 43 trovi la sua forza espansiva nel fatto di essere dettato in una legge che radice di tutte le imposte dirette, perch molti sono i distacchi tra le varie imposte dirette a proposito soprat tutto dell'art. 48 in esame, e perch comunque questa non norma peculiare alle imposte dirette trovandosi adattata in certi casi anche alle imposte indirette. Una terza ragione data dal fatto che in materia di abrogazione tacita, per incompatibilit, non sufficiente e ancora meno determinante il richiamo al profilo teleologico della norma che si vuole abrogatrice. La sentenza in nota non esita a PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 761 invero, inequivocabilmente, sotto un profilo logico, anche il disconoscimento sostanziale del valOre che la decisione impugnata attribuisce al carattere straordinario e temporaneo delle singole imposte. Detto carattere non pu essere, infatti, evidentemente invocato, in funzione limitativa, se, come gi si rilevato, anche leggi istitutive di imposizioni fiscali straordinarie contengano, in forma diretta o indiretta, il richiamo al t.u. del 1877. Valore decisivo e persino assorbente ha, d'altra parte, a favore della interpretazione pi lata, il profilo teleologico della norma abrogatrice, dal momento che la ratio di quest'ultima va rapportata al carattere giurisdizionale assunto dalle Commissioni tributarie a seguito dei provvedimenti legislativi del 1936 e del 1937 ed ai poteri funzionali delle stesse. Non vi dubbio, invero, che il carattere medesimo si ponga in contraddizione con la natura, certamente amministrativa, del processo di accertamento e che, di conseguenza, l'ipotesi di un ulteriore mantenimento della possibilit di intervento delle Commissioni tributarie nel processo anzidetto si risolverebbe in una indebita ingerenza, anche con poteri sostitutivi, di organi giurisdizionali nella caratteristica sfera di azione dell'amministrazione attiva. Non vi dubbio, altresl, che il legislatore del 1956 abbia voluto, per l'appunto rifrirsi, pi che ad una abrogazione di singole disposizioni legislative, cio ad una sfera oggettiva che potesse interessare le Commissioni in questione soltanto di riflesso ed in correlazione con i limiti di efficacia delle singole abrogazioni, ad una incidenza soggettiva, determinata immediatamente dalla nuova posizione delle Commissioni medesime e che si concretava direttamente in una generale soppressione di dare a tale profilo portata decisiva ed assorbente in relazione al fatto che la ragione della soppressione del potere di rettifica. andrebbe rapportato al carattere giurisdizionale delle Commissioni Tributarie e che tale carattere in contraddizione con la natura amm.va dell'accertamento. Neanche tali argomentazioni appaiono decisive. La collocazione della norma abrogativa nel Titolo I invece che nel Titolo V si spiega sia per lesistenza sistematica della materia sia per la considerazione che, mentre l'art. 62 si limita soltanto a dichiarare abrogate talune norme, l'art. 5 non abroga l'art. 43, ma lo adegua alle nuove esigenze ed in particolare proprio alla natura giurisdizionale attribuita alle Commissioni amministrative. Il potere correttivo delle Commissioni distrettuali infatti permane, avendo queste le facolt, venute a conoscenza, nel corso del giudizio, di elementi che rendano opportuno una integrazione dell'accertamento, di sospendere la pronuncia e di rinviare gli atti all'Ufficio fissando il termine per il nuovo accertamento. La qual cosa precisa che abrogato soltanto il potere sostitutivo delle Commissioni in parola, e ci perch gli Uffici distrettuali sono stati abilitati a procedere direttamente all'integrazione ed alla modificazione degli accertamenti entro i termini di decadenza, ancorch gli accertamenti siano stati definiti con la dichiarazione di cui all'art. 81 del Regolamento 11 luglio 1907, n. 560 (art. 3 della l. 5 gennaio 1956, n. 1). La differenza, pertanto, co11-il precedente sistema sta in ci che mentre RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 762 facolt, indipendentemente da qualsiasi specifica considerazione delle sfere nelle quali le facolt medesime si erano per il passato esercitate. Ne convincono di ci la testuale dizione dell'art. 5, ultimo comma, il rilievo che quest'ultima norma ha, nel sistema della legge, trovato la sua collocazione nel titolo I, di carattere generale e contenente le disposizioni sulla dichiarazione e sull'accertamento dei redditi, anzich nel titolo V, il cui art. 62. enuncia, per l'appunto, una serie di disposizion abrogate per effetto della nuova legge, la pi corretta interpretazione, infine, degli univoci lavori preparatori in materia. 1Yaltra parte, ci posto, non su_ssiste neppur motivo, giuridico o logico, per mantenere, sotto il profilo considerato, la funzione accertatrice delle Commissioni limitatam<;mte all'imposta straordinaria progressiva sul patrimonio. Questa Corte ha, infatti, pi volte ribadito il principio dell'ammissibilit della interpretazione estensiva anche in prima erano le stesse Commissioni a concretare la proposta di accertamento, la quale peraltro doveva sempre essere notificata tramite gli uffici distrettuali, sono ora questi ultimi a concretarla su disposizione delle Commissioni distrettuali. Una quarta ragione nella mancanza, per la imposta che ci riguarda, di incompatibilit fra norme nuove e norme precedenti. Per aversi incompatibilit, la legge del 1956 si sarebbe dovuta proporre j} fine di integrare o modificare il t.u. anzidetto ovvero di regolare l'intera materia gi disciplinata dal t.u. medesimo. Tutto I questo per nel caso in esame, non si verificato. La legge in questione, infatti, come dalla sua stessa denominazione, reca norme integrative della l. 11 gen, ; I naio 1951, n. 25, sulla perequazione tributaria, la quale, come noto, costituisce :~ il nucleo di quella riforma tributaria (peraltro a tutt'oggi non realizzata), i cui _, lineamenti il Ministro Vanoni ebbe ad esporre alla Camera dei Deputati iJ. 21 otto~ bre 1948: una imposizione fondamentale a carattere personale e progressiva sul reddito. Tale risultato si sarebbe dovuto raggiungere sia attraverso la personalizzazione della imposizione proporzionale, sia attraverso una minore rilevanza di questa in confronto dell'imposizione personale ad aHquote progressive, sia infin~ attraverso la introduzione di una imposta ordinaria sul patrimonio anch'essa a carattere personale e ad aliquota progressiva. Da questa impostazione nacque la necessit di meglio accertare i redditi di ciascuno,. di rafforzare i mezzi di accertament a disposizione dell'Amministrazione e di istituire rapporti di maggior fiducia tra questa e i contribuenti. Venne, pertanto, con la legge n. 25 creato l'istituto della dichiarazione uniC'a annuale dei redditi, attraverso il richiamo contenuto nell'art. 1 al d.lgt. 24 ago sto 1945, n. 585, il quale modificava l'istituto della dichiarazione dei redditi in materia di imposte dirette quale era disciplinata dagli artt. 1 a 12 del r.d. 17 di cem 1931, n. !608 (abrogati all'art. 27), prevedendo, jn sostituzione di dichiara zioni distinte e separate per ciascuno dei redditi con termini diversi, la dichiara zione unica annuale nei termini dal 1 gennaio al 31 marzo sia dei redditi che dei patrimoni. Il richiamato provvedimento legislativo (il quale sebbene pubblicato nelfa Gazzetta Ufficiale del 29 settembre 1945, n. 117, non ebbe pratica esecu zione non essendo stato mai emesso il decreto con il quale dovevano stabilirsi termini per la presentazione delle dichiarazioni), venne coordinato con la I. 11 gen naio 1951, n. 25, in base al d.p. 25 luglio 1951, n. 573, emesso in forza della delega concessa con l'art. 49 della legge n. 25. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 763 tema di leggi tributarie {Cass. 19 aprile 1961, n. 863; 22 ottobre 1959, n. 3030; 8 agosto 1959, n. 2500) n nella specie pu dubitarsi del concorso, riguardo alla imposta non espressamente regolata dal legislatore, della 1itessa finalit insita nello spirito della legge del 1956 ch altrimenti si dovrebbe ritenere, senza plausibile ragione, che soltanto rispetto all'imposta medesima non dovrebbe ravvisarsi quella incompatibilit concettuale che il principio della divisione dei poteri ha suggerito al legislatore e che quest'ultimo ha posto a ratio della norma abrogatrice. ~l primo motivo del ricorso va perci accolto, mentre il secondo resta assorbito dall'accoglimento. La decisio~e impugnata va cassata e la causa va rinviata alla stessa Commissione Centrale sulla base del principio di diritto che la soppressione, disposta con l'ultimo comma dell'art. 5 della 1. 5 gen- In tale sede venne soppresso ogni riferimento ai patrimoni soggetti ad imposta trattando la legge di perequazione tributaria esclusivamente dei redditi ai quali chiaramente manifesta di volersi riferire per aver fra l'altro, abrogato l'art. 20 del decreto legislativo n. 585 (art. 1 comma secondo che si riferiva precisamente all'imposta sul patrimonio la quale ha cessato di formare materia attiva quanto all'bbligo delle dichiarazioni (1948) n (Relazione al Consiglio dei Ministri in ordine allo schema di decreto presidenziale n. 573). Anche la Commissione interparlamentare per il t.u. sulla dichiarazione annuale dei redditi, nominata ai sensi del citato art. 49, espresse l'avviso che dovesse eliminarsi nell'emanando t.u. ogni riferimento al patrimonio ovvero ai cespiti patrimoniali perch: a) la dichiarazione annuale si riferisce ai redditi; b) a decorrere dal 1 gennaio 1948 stata soppressa l'imposta rdinaria sul patrimonio e perci qualsiasi richiamo da considerarsi inoperante; e) il secondo comma dell'art. 1 della l. n. 25 abroga espressamente l'art. 20 del decreto n. 585 riguardante appunto l'imposta sul patrimonio. Per tutto ci, la 1. 11 gennaio 1956, n. 1, recant;e escltl$ivamente norme inte-. grative della l. 11 gennaio 1951, n. l, non pu che avere un contenuto limitato alla. disciplina delle imposte dirette sui redditi e, di conseguenza, non ha istituito alcun rapporto di incompatibilit con il t.u. 9 gennaio 1950, n. 203 (non Io modifica, non. Io integra, n tanto meno ne regola l'intera materia), il quale, pertanto, non pu non porsi come provvedimento legislativo dalla caratteristica di spiccata autonomia. ed indipendenza. Il t.u. n. 203/50 infatti, disciplina una imposizione diretta sui generis, attra verso un tributo straordinario che colpisce i patrimoni posseduti ad una data pre~ stabilita (28 marzo 1947) e opera come un prelievo una tantum di ricchezza. Le procedure di accertamento inoltre sono del tutto peculiari: a) per la valutazione dei titoli azionari e delle quote di partecipazione in societ ed enti non quotate in borsa, mutuano la loro disciplina dalla soppressa imposta di negoziazione (altro tributo indiretto); b) per i terreni e i fabbricati, applicano dei coefficienti automatici di valu tazione, che escludono ogni rimedio giuridico tranne che per alcune particolari questioni di classamento {art. 9 e 12 del t.u. n. 203); e) per i titoli quotati in borsa, tengono conto della media dei prezti di compreso nel trimestre 1 gennaio -31 marzo 1947 {art. 18 del t.u.). RASSEGNA DELI:AVVOCATURA DELLO STATO 764 naia 1956, n. 1, della facolt concessa alle Commissioni Distrettuali delle Imposte dall'art. 39 1. 7 agosto 1936, n. 1639, e dagli artt. 43 del t.u. di r.m. 24 agosto 1877, n. 4021, e 98 del regolamento approvato con r.d. 11 luglio 1907, n. 560, di alimentare i redditi accertati dagli uffici e accertare i redditi e i cespiti omessi, riguarda tutte le imposte dirette erariali, ordinarie e straordinarie, in esse compresa l'imposta straordinaria progressiva sul patrimonio. -{Omissis). Del sistema cos adottato delle dichiarazioni e delle sanzioni gi stata riconosciuta peraltro l'autonomia rispetto al r.d. 17 settembre 1931, n. 208, concernente le disposizioni relative alle dichiarazioni dei redditi ed alle san2:ioni in materia di imposte dirette. La stessa Corte di Cassazione ebbe, al riguardo, ad osservare (sent. n. 464 del 25 ottobre 1961) che il sistema normativo delle imposte sul patrimonio contenuto nel t.u. delle disposizioni sui tributi di tale tipo (t.u. 9 maggio 1950, n. 203) regolando questo, il rapporto tributario in tutti i suoi elementi e in tutto a suo StJolgimento. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 9 marzo 1964, n. 513 -Pres. Romano; Est. Cesaroni, P.M. Cutrupia {conf.) -Vannicelli {avv. Vannicelli ) c. Finanze {avv. Stato Cavalli). Imposta di successione -Immobili Valore venale in comune commercio Determinazione -Criteri in relazione alla destinazione. Ai fini dell'imposta di successione, a norma degli artt. 15 e 16 r.d.l. n. 1639 del 1936, il val.ore effettivo deliimmobile trasferito va determinato con riferimento in COfU1reto non solo alla destinazione in atto del bene, ma altre51, alle diverse ed ulteriori destinazioni di cui esso suscttibile al momento del trasferimento {l). (1) Il valore venale in comune commercio che, a norma dell'art. 15 del r.d.l. 7 .agosto 1936, n, i639, costituisce, sia per i trasferimenti mortis causa che inter vivos, il parametro per la liquidazione, rispettivamente, della imposta di successione e di quella di registro, la premessa logica e giuridica delle statuizioni adottate dalla sentenza in nota. Valore venale in comune commercio , nella accezione generalmente recepita, quello che si realizza attraverso lo scambio. E perch a tale ultimo fne il ruolo determinante assunto dalla potenza di acquisto di un bene in rapporto ad un altro, nessun dubbio pu fondatamente opporsi al fatto che la destinazione del bene da prendere in considerazione non soltanto quella attuale, ma anche quella diversa ed ulteriore che il bene, in concreto considerato, suscettibile di avere alla data del trasferimento. Un precedente in termini, nel quale sono precisati i riportati concetti, si rinviene nella sntenza 22 marzo 1943, n. 963 !Riv. leg. fisc., 1943, 402). In detta sentenza, dopo aver ricordato la cennata necessit e la ragione che PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 765 la determina, precisato anche che delle diverse destinazioni o pi esattamente trasformazioni, non bisogna per altro considerare la mera eventualit, ma occorre pur sempre qualche manifestazione che la faccia apparire come un elemento concreto; o, prescindendo da una realizzazione, che siano intervenute circostanze obiettive, in base alle q.ali possa affermarsi che una trasformazione gi possibile, e soltanto occorre tradurla in atto. La qual cosa assolutamente esatta dato il prin<' ipio indefettibile per il quale il valore di scambio da prendere in considerazione quello della data di trasferimento. Nel caso della sentenza in nota anche tale esigenza stata rispettata, essendo risultato pacifico, in fatto, che d'una superficie di 3220 mq. ubicata alla periferia della citt di Roma, soltanto 700 erano occupati da costruzioni, in parte soggette a demolizione_ ed in parte in precarie condizioni di stabilit. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 11 marzo 1964, n. 522 -Pres. Rossano -Est. Di Majo -P.M. Pedote {conf.) -Soc. Immobiliare Umbal (avv. Ciaccio) c. Ministero Finanze {avv. Stato Giorgio Azzariti). Imposta di registro -Agevolazioni tributarie a favore di cooperative edilizie -Prima assegnazione -Socio di cooperative edilizie -Nozione -Comprende anche una persona giuridica. (cl.I.I. 5 aprile 1945, n. 141). L'art. 12 del d.l.l. 5 aprile 1945, n. 141, nel riaffermare a favore delle societ cooperative edilizie l'applicazione della imposta fissa di registro per la prima assegnazione al socio della casa, si riferisce alle normali societ cooperative edilizie, ossia a quelle previste dalla 'legge comune, la quale non esclude che socio della cooperativa possa essere anche una persona giuridica (1). (Omissis). -Con l'unico mezzo la ricorrente Societ Umbal denuncia la violazione dell'art. 65 della legge di registro (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269) e dell'art. 12 del d.l.l. 5 aprile 1945, n. 141, in relazione all'art. 360 c.p.c. Si assume sostanzialmente che ha errato la Commissione Centrale nel ritenere che lagevolazione fiscale di cui si discute sia limitata esclusivamente al caso che l'asegnazione dell'immobile avvenga a favore di persona fisica. La censura fondata. (1) Deve convenirsi sulla esattezza della sentenza sopra riportata, dati i limiti del giudizio che la Corte Suprema era chiamata ad emanare, determinati dal contenuto e dalla motivazione della impugnata decisione della Commissione Centrale delle imposte. La Commissione Centrale aveva infatti ritenuto che l'art. 12 del cl.I. 5 aprile 1945, n. 141 dovesse coordinarsi con le norme del testo unico sulla edilizia popolare RASSEGNA DELL'VVOCATURA DELLO STATO 766 La decisione impugnata si basa sulle seguenti considerazioni : a) quando si tratti di stabilire il regime tributario applicabile alle assegnazioni ai soci di case da parte delle cooperative edilizie deve aversi riguardo, pi che all'art. 65 legge di registro, all'art. 12 d.l. 6 aprile 1945, n. 141; b) questo articolo deve coordinarsi con le norme degli artt. 147 e 148 del t.u. sull'edilizia popolare ed economica (r.d. 28 aprile 19'38, n. 1165); e) dal complesso delle norme sopra richiamate risulta che le agevolazioni fiscali quivi previste sono limitate alle case popolari ed economiche e mirano a favorire i non abbienti, dando loro modo di procurarsi un alloggio. Da qui la limitazione derivante dallo spirito della legge pi che dalla sua lettera, della agevolazione alla categoria soltanto delle persone fisiche, restando escluso che esse possano estendersi alle persone giuridiche, pur socie della cooperativa, che rivestano carattere commerdale e speculativo. Ora tale .. ragionamento non coglie appieno il senso della legge. L'art. 12 del d.1.1. 5 aprile 1945, n. 141, contenente provvedimenti in ed economica, dalle quali deve desumersi la limitazione delle agevolazioni fiscali alle persone fisiche. Ma, come ha rilevato la Corte di Cassazione, simile argomentazione in contrasto con la lettera dell'art .12 d.l. n. 141 del 1945 che si riferisce chiaramente alle Cooperative edilizie in genere previste dagli artt. 65, 66 e 67 della legge di registro e non a quella particolare categoria di cooperative previsfa dal testo unico sulla edilizia popolare. La Corte di Cassazione, precisando che la impugnata decisione viene cassata in quanto la Commissione Centrale ha fondato esclusivamente la ragione del decidere sull'accennato erroneo principio " ed affermanao genericamente, nel principio di diritto da osservarsi dal giudice di rinvio, che l'art. 12 cl.I.I. n. 141 si riferisce alle normali cooperative edilizie previsto dalla legge comune, la quale non esclude che socio della cooperativa possa essere anche una persona giuridica, sembra abbia inteso chiarire che la sentenza sopra riportata non risolve completamente il problema della applicabilit dell'agevolazione prevista dall'articolo suddetto all'atto cn il quale una cooperativa edilizia di diritto comune assegna un appartamento ad una societ immobiliare, socia della Cooperativa stessa. Invero, malgrado l'indubbia esattezza della massima affermata dalla Ca,ssazione, sembra che al quesito sopra esposto debba darsi soluzione negativa in base alle seguenti considerazioni. anzitutto assai dubbio che una societ commerciale immobiliare, vale a dire una societ che persegua fini di lucro mediante commercio di beni immobili, possa essere socia di una cooperativa edilizia. Se infatti vero che gli artt. 2532, 2535 del e.e. presuppongono la possibilit per le persone giuridiche di acquistare la qualit di socio in societ cooperative, PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 767 materia di imposta registro e ipotecaria, stabilisce testualmente che u nei riguardi delle societ agricole cooperative e delle societ oooperative edilizie in possesso dei prescritti requisiti resta ferma l'applicazione dell'imposta fissa di registro e dell'imposta ipotecaria ridotta per la prima assegnazione al socio del fondo rustico o della casa ... ". Il riferimento al settore della normale attivit edilizia chiaro e inequivocabile: si richiamano infatti le societ cooperati~e edilizie, ossia quelle cooperative previste dagli artt. 65, 66 e 67 della legge di registro, disponendosi che resta fermo il privilegio della tassa fissa per l'atto di prima assegnazione della casa al socio. Riferimento perci alle societ cooperative edilizie sul piano della legge comune e non gi riferimento a quelle previste dalla particolare legislazione sull'edilizia popolare ed economica per le quali l'art. 147 del t.u. 28 aprile 1938, n. 1165, dispone che esse godono dei privilegi tributati secondo le stesse norme stabilite per le altre societ cooperative. E, in effetti, nel preambolo del decreto n. 141 del 1945 in esame, mentre sono richiamati vari provvedimenti legislativi, tra questi non si trova il t.u. 1165 del 1938 test accennato. Se in conseguenza la norma fiscale di favore in esame ha innegabile riguardo alle normali cooperative edilizie per le quali la legge comune non esclude, ma anzi esplicitamente consente che i soci di per anche vero che l'art. 2511 dello stesso codice stabilisce che in tanto una impresa pu costituirsi in societ cooperativa in quanto essa abbia uno scopo mutualistico . Tale collegamento tra l'essenza della societ cooperativa e Io scopo mutualistico ribadito dal successivo art. 2315 il quale esclude che la denominazione di cooperativa possa essere usata da societ che non hanno scopo mutualistico. Lo stesso codice non d la definizidne di scopo mutualistico. La relazione del guardasigilli (n. 217) precis che esso consiste nel fornire beni o servizi od occasioni di lavoro direttamente ai membrj dell'organizzazione a condizioni pi vantaggiose di quelle che si otterrebbero sul mercato, mentre Io scopo delle imprese sociali in senso proprio il conseguimento ed il riparto di utili patrimoniali. Siffatta contrapposizione tra gli scopi di lucro, delle normali imprese sociali e gli scopi mutualistici delle societ cooperative stata, in seguito, solennemente confermata dalla nostra Costituzione che, all'art. 45 ha posto il principio per il quale la Repubblica riconosce la funzione sociale della Cooperazione a carattere di mutualit e senza fini di speculazione privata Ed allora la possibilit per le pernone giuridiche di essere socie delle societ cooperative, prevista dagli artt. 2532 e 2535 e.e. va esaminata alla luce delle dispoL .sizioni da ultimo citate: essa non pu snaturare gli scopi propri delle societ cooperative fissati dalla legge. La partecipazione di tali persone giuridiche stata, invero, prevista dal nuovo codice per legalizzare una prassi per cui enti pubblici (comunf o provincie) od enti privati non aventi ,scopo di lucro partecipavano alla formazione del capitale delle cooperative con versamenti che non apparivano in conto capitale, ma come contributi od altra simile dizione. Perci pu ammettersi possa acquistare la qualit di socio un ente pubblico ovvero anche una societ di mutuo soccorso o un'opera pia (VIVANTE, Trattato di diritto commerciale, vol. II, 385); non anche 768 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO societ cooperative possano essere anche persone giuridiche (art. 2532 e 2535 e.e.), la questione pu dirsi risolut.a: non si dubita invero che nel caso concreto si al di fuori della speciale legislazione sull'edilizia popolare ed economica perch la cooperativa del Rosso societ cooperativa edilizia regolarmente costituita secondo detta legge comune avendo per suo fine statutario a la compravendita, la gestione e l' amministrazione di un immobile di qualsiasi natura e socia di detta cooperativa l'attuale ricorrente societ a r.l. Umbal. Le considerazioni che precedopo sono di per s sufficienti a dimostrare l'errore nel quale incorsa la Commissione Centrale nel ritenere che la ratio del precetto fiscale in discussione (art. 12. d.1.1. n. 141 del 1945) debba cogliersi in relazione allo spirito delle norme di cui una normale societ commerciale la quale persegua, pure nella sua attivit di socio della cooperativa, il proprio scopo di lucro: ci sarebbe in contrasto non solo con lo scopo mutualistico della cooperativa, ma con lo stesso spirito informatore della cooperazione la quale si alimenta coll'amore della classe, della cittadinanza, dell'arte e della fede (VIVANTE, op. cit., 386). Perch se vero che la mutualit, o comunque l'attivit cooperativa debba intendersi come organizzazione di categoria, vale a dire presupponga una comunione di interessi preesistenti (AscARELLI, Riv. delle Societ, 1957, 419), dovr riconoscersi possibilit di far parte di societ cooperative a quelle sole persone giuridiche le quali nella propria struttura e nel proprio funzionamento riflettano quella rilevanza della categoria che propria della societ cooperativa o di altra con quella collegantesi in un particolare ciclo produttivo non in posizioni contrapposte ma di rispettiva strumentalit od integrazione. Per tornare al caso di spcie non pu certamente dirsi preesista comunanza di interessi tra coloro che intendono acquistare una casa per abitarvi -vale a dire tra i comumatori delle case di abitazione -e chi intenda acquisire al proprio patrimonio un appartamento per farne oggetto della propria attivit commerciale. Questi ultimi non possono, perci, esser soci di cooperative edilizie: ci espressamente detto dall'art. 23 d.1.c.p.s. 14 dicembre 1947, n. 1577 il quale ha stabilito che " nelle cooperative di consumo non possono essere ammessi come soci intermediari e persone che conducano in proprio esercizi commerciali della stessa natura della cooperativa. La cooperativa edilizia indubbiamente una specie della categoria delle cooperative di comumo, in quanto essa costituita da persone che intendono procurarsi un allc>ggio e conseguentemente agiscono come consumatori di tale servizio; una societ immobiliare svolge, indubbiamente, attivit intermediaria del servizio stesso .. In tal senso, del resto, si espresso il Comitato Centrale per le cooperative, previsto dall'art. 19 citato d.l.c.p.s. n. 1577 del 1947, che, con decisione 2 mai?;gio 1957 (riportata dal VERRUCOLI, La societ cooperativa, 1958, 245 in nota) ha affermato: " 1a possibilit, risultante dall'art. 2532 e.e., che le persone giuridiche siano socie delle societ cooperative, se da un lato risponde all'esigenza di dare rilievo e disciplina legislativa al diffuso fenomeno della partecipazione a dette societ di enti morali (comuni, ospedali, enti di beneficienza) ovvero di collettivit di consumatori od anche di singoli produttori costituiti in forma societaria, dall'altro non pu certamente essere intesa indiscriminatamente, nel senso che della societ possano far parte imprese con scopo lucrativo o comunque perseguenti finalit contrastanti od incompatibili con gli scopi mutualistici propri della cooperazione. Nella fattispecie . ' , . I ' PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 769 alla legislazione speciale sull'edilizia popolare ed economica e quindi presupponga per la sua applicazione la qualit di persona fisica del socio assegnatario dell'immobile; ditalch l'impugnata pronuncia della Commissione Centrale, che ha fondato esclusivamente la ragione del decidere sull'accennato erroneo principio, deve essere cassata con rinvio n la sentenza 4378 ohe fra cessione di credito e finanziamento dovesse ricorrere. per rientrare nell' conomia del trattamento di favore, una relazione nee@Ssaria ed esclusiva, con la esclusione del trattamento predetto per i casi in cui la cessione avesse potuto anche solo potenzialmente essere utilizzata per operazioni diverse -Oal concesso contestuale finanziamento. La difformit di opinioni accentrata tutta sui limiti di tale relazione e sui criteri di sua determinazione con particolare riguardo alla volont in concreto manifestata dalle parti, essendosi pervenuti q ritenere sufficiente da un lato un mero ed iniziale collegamento fra i due negozi al momento della stipulazione dell'atto e dall'altro una irrilevanza della reiterabilit dell'utilizzo deHa anticipazione, con la conseguenza che, nonostante il limite apposto all'anticipazione stessa, la cessione di credito, di solito di gran lunga maggiore, lniva per garantire, in realt, sovvenzioni pari all'importo della cessione. Dopo avere, attraverso un esame condotto con ineccepibile rigore giuridico sulla lettera e sulla finalit della norma di favore nonch sui motivi di politica legislativa che la norma stessa aveva suggerito, individuato la portata effettiva del particolare trattamento di favore, le Sez. Un. hanno, nella sentenza in nota, posto in luce il ruolo spiegato dal ricordato controverso elemento ed hanno precisato >, all'uopo osservando che quest'opera voleva anche costituire un primo tentativo per la costruzione di una "teoria pura della Pubblica Amministrazione, e giustificando l'adottato orientamento metodologico con il rilievo che lo studio della teoria generale -la quale, propriamente intesa " dovrebbe trascendere, pur non ignorandolo, il diritto positivo - da ritenere, anche ai fini didattici e professionali, particolarmente utile nel campo amministrativistico, nel quale, per la complessit e disorganicit dei dati legislativi, e soprattutto per la loro rapida mutevolezza, non potrebbe non rivelarsi insufficiente un semplice studio esegetico, sia pure pi o meno sistematico, dei testi di legge. Tale orientamento trova ora logico e pi completo sviluppo nel lavoro in rassegna, col quale il G. si impegna in una indagine esclusivamente teorica, per pervenire -per altro dichiaratamente prescindendo dall'approfondimento di quei problemi che sono piuttosto propri della filosofia del diritto -alla individuazione della materia relativa alla Pubblica Amministrazione e dei principi fondamentali che, rispetto alla stessa, vanno enucleati, e che la regolano, e tutto ci in un piano di sistemazione generale, dei fenomeni e dei problemi che alla materia indicata si ricollegano, in rapporto non ad un dato, e quindi limitato, complesso normativo, bens alla realt giuridica nel suo insieme, e perci, da ritenere, al di l anche di ogni considerazione di elementi ecologici e temporali. L'indagine, che appare sempre condotta con rigore dialettico, e pur se con riferimento, talora, come la natura stessa dello studio impone, a presupposti che possono dirsi costituenti mere intuizioni, prende le mosse dalla considerazione della esigenza >>, alla cui stregua viene individuato il concetto di " interesse >>, e questo visto nei suoi vari aspetti (interesse positivo e negativo, immediato e mediato, egoistico ed altruistico, individuale e collettivo), con la distinzione, infine, tra interessi privati e pubblici, i quali ultimi vengono identificati come quelli corrispondenti ad una esigenza comune non ad una pluralit finita di soggetti, ma a tutta la categoria, indefinita nel tempo, di soggetti individuati solo per il loro presentare determinati caratteri tipici : interessi, quindi, che non potrebbero mai essere concepiti come direttamente sentiti in un dato momento storico, da un insieme finito di soggetti, e la cui pratica rilevanza, tuttavia, si spiega per il fatto che la " pluralit finita di soggetti pu sentire un interesse altruistico alla soddisfazione o non soddisfazione di esigenze proprie di una categoria non finita, e cos, anche, delle esigenze di tutte le generazioni, anche future, di una collettivit statale (pag. 7). In rapporto alla nozione di interesse,e considerata la possibile insorgenza di conflitti -intrasoggettivi -tra pi interessi di uno stesso soggetto, ovvero tra interessi di diversi soggetti (conflitti intersoggettivi), l'A. si sofferma a rilevare, tra l'altro, la possibilit che si abbia un interesse (altruistico) a che sia risolto in un dato modo un conflitto intrasoggettivo di interessi di un terzo (singolo o insieme RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 118 umano), ovvero anche che si verifichi una difforme considerazione, da parte di piii soggetti tutti titolari di un interesse altruistico, in re'azione al conflitto intrasoggettivo concernente quel terzo medesimo: in rapporto alla quale situazione pu individuarsi un problema, che non pi, o non soltanto, di mera opportunit, come quello riferito alla soluzione dei conflitti meramente intrasoggettivi, ma ipotizzabile in termini di giustizia, e pu sotto tale riflesso ritenersi la giuridicit anche delle norme ii opportunit, quali si rinvengono molto correntemente nel campo del diritto amministrativo, che in buona parte costituito da norme intese a contemperare ci che opportuno nei riguardi delle comunit sociali, in s considerate, con ci che giusto in ordine ai rapporti tra esse, da un lato, ed i loro singoli membri, o le comunit minori in esse comprese, dall'altro, nonch in ordine ai rapporti tra gli uni e gli altri di costoro (pag. 14). Sempre in relazione al concetto di esigenza giuridica e rimento al problema delle scelte, ed alla competenza che attribuita, per la soluzione di conflitti di interessi propri o nazione dei comportamenti, l'A. indaga sulle nozioni di di interesse, e con rifein merito a taluno sia altrui, e per la determiautarchia ed eterarchia, autonomia ed eteronomia, facolt, dovere, ecc., per passare, poi, allo studio dei giudizi e comandi giuridici >>, nell'ambito dei quali vengono enucleati quelli che, in genere, si designano col nome di norme (comandi intesi a disciplinare i comportamenti da tenere in una data classe di casi), e, tra essi, quelli -di rilievo nella materia considerata -che si risolvono in una attribuzione ad altri della competenza a . cl.ef_erminax:e un comportamento o una classe di comportamenti, che altri deve tenere, e che, quando tale determinazione sia prevista in funzione non dell'interesse individuale di colui cui la relativa potest attribuita, bens in considerazione di u una esigenza giuridica altrui non enunciata, o enunciata in modo bisognevole di precisazione, o enunciata in modo generico ed astratto, e quindi suscettibile di . applicazioni specifiche e concrete >>, integrano in genere l'attribuzione di potest proprie delle autorit amministrative (pag. 42). Non pu esser dato, naturalmente, nella recensione di un'opera di teoria gene rale, di far luogo ad una completa esposizione del pensiero dell'autore, e del processo intuitivo e sillogistico attraverso il quale esso si svolge, e nemmeno, senza il rischio di perdere di vista l'unit del tema ed il suo sviluppo generale, pu essere consentito di appmfondire anche soltanto alcuni dei problemi trattati, che siano da ritenere di maggiore interesse; dei quali, per, pu essere utile, pur con l'avvertenza che essi vanno esaminati nell'ambito del disegno generale della costruzione, che si faccia una pi specifica segnalazione. In tale ordine di idee, dunque, ci si innanzi alquanto intrattenuti su'la prima parte della trattazione, perch in essa pu ravvisarsi, cos ci parso, il motivo ispiratore, e poi conduttore, della proposta sistemazione di concetti; e si far ora un cenno, poi, salva qualche pi particolare segnalazione, degli altri argomenti, che armonica mente sono dall'A. sviluppati, grado a grado, fino a pervenire alla nozione di ordinamento, in genere, quindi allo studio degli ordinamenti statali e substatali, infine all'indagine circa gli organi e gli uffici pubblici, circa i problemi di scelte ed i collegati aspetti e limiti di discrezionalit, per finire con la ricerca del concetto di amministrazione (con i rapporti e le 'differenze rispetto alla legislazione ed alla giuridisdizione), e della nozione, conclusivamente, del diritto amministrativo. E limitandosi la segnalazione, dunque, soltanto ad alcuni dei risultati che appaiono maggiormente interessanti, e tali anche in rapporto alle implicazioni che si ritiene possano derivarne quando dalla schematizzazione teorica si voglia passare ad una ricerca in ordine alla disciplina positiva di situazioni, va in primo luogo richiamata l'attenzione sul dissenso che l'A. esprime circa la comune (o quasi) opinione in materia di autonomia e di autarchia, le quali, concepite rispettivamente come attitu -~ I ili PARTE II, RASSEGNA DI DOTI'RINA 119 dine a valutare giuridicamente, ed a scegliere, i propri comportamenti, e come attitudine delle entit umane, o di un insieme umano, a fare valutazioni giuridiche relative ai propri interessi, dovrebbero prescindere, in quanto costituenti caratteristiche intrinseche di dati insieme umani, da gni riconoscimento o conferimento da parte di autorit superiori, ed in particolare dall'autorit statale (pag. 49, segg.): il qual concetto, per altro, va coordinato, come sembra, onde ne risulta limitata la portata altrimenti forse eccessiva, con quello che il G. esprime a proposito della nozione di .Stato (individuato come un ordinamento a competenza non positivamente limitata per quanto concerne gli interessi, come criteri di valutazione >>, come per quanto riguarda le materie da disciplinare>>, pag. 70), ed in vista del quale si afferma l'ammissibilit soltanto di ordinamenti subordinati (substatali), siano essi minori ordinamenti a struttura pubblicistica ovvero privatistica, implichi o meno il riconoscimento anche un'attribuzione di soggettivit (pag. 72, segg.). Va segnalata, poi, la trattazione concernente gli organi e gli uffici, che porta, in primo luogo, sulla base dei concetti in tema di competenza in rapporto alle scelte ed ai comportamenti dei soggetti, alla identificazione dell'ufficio con la competenza di un soggetto a compiere atti per conto di un altro , che quest'altro Ǐ legittimato e tenuto, quanto meno dei confronti di chi li compie, a considerare come propri (pag. 92), e della funzione con la competenza a compiere ugualmente atti per conto di un altro, ma che anche i terzi sono tenuti a considerare propri di costui (pag. 94): dalle quali enunciazioni il G. passa alla specificazione, sempre in termini di .teoria generale, del concetto di organo, osservando che, potendosi convenire nel dire, con riferimento anche al significato glottologico del termine, " che un soggetto , giuridicamente parlando, organo di un altro, in quanto competente a compiere atti utili a quest'altro, o comunque ad esso riferibili , pu concluders~ che essere organo di qualcuno significa essere, rispetto ad esso, in rapporto di ufficio o addil'.ittm:a di funzione (pag. 97). , Di tali concetti l'A. rileva la possibile estensione rispetto alle collettivit,. con riferimento alla nozione di interesse collettivo, osservando che si pu pervenire cosi all'individuazione di un organo comune dei diversi soggetti titolari di quell'interesse \ medesimo, e, quindi, dell'insieme di costoro: il quale insieme, infine,pu considerarsi esso stesso unico interessato >>, rispetto al quale va vista la relazione, di ufficio o di funzione, con l'organo. La quale relazione, poi, che si spiegherebbe, senza far ricorso ';llle pi o meno complesse teoriche sul rapporto organico, considerandosi che in \alt il nesso, tra l'organo e l'ente collettivo non sostanzialmente diverso da quello \cui si fonda l'istituto della rappresentanza, con la sola differenza che i rappre' l,ti sono pi di .uno (i membri dell'insieme), "e tutti rappresentati in maniera \anea e cumulativa (pag. 99), andrebbe individuata anche per gli organi di '\eme aperto, di un ente pubblico, con la precisazione, tuttavia, che in questo m potendo concepirsi un mandato, o una serie di mandati (che costituiscono ~rdzio di diritto soggettivo) da parte di un tale insieme non finito (ed al riguarda va tenuto presente il concetto dall'A. in precedenza espresso circa gli ordinamenti a struttura pubblicistica), dovrebbe la imputazione ipotizzarsi, se bene abbiamo inteso, sotto un duplice congiunto profilo, a titolo rappresentativo, nei riguardi dei membri esistenti dell'insieme, ed in forza di un precetto di diritto obiettivo, riguardo ai futuri membri della stessa considerata entit collettiva. Ed a questo proposito, per, vien fatto di domandarsi, e pur senza di pi indugiare sulla questione, attesi i limiti della presente nota, se una tale duplicit di collegamento non possa dar luogo a situazioni antinomiche, gi su un piano concettuale e teorico, posto che la riferibilit dell'atto dell'organo, per rappresentanza o per comando di legge, verrebbe diversamente concepita rispetto all'insieme finito ed a quello non finito, naturalisticamente considerati, che, tuttavia, non assumono rilevanza se nori nella congiunta unitaria valutazione dell'ente, rispetto al quale, poi, RASSEGNA DELLAVVOCATURA DELLO STATO 120 un problema di discrimina.zione anche di effetti, che il differente titolo di imputazione comporterebbe, non dovrebbe potersi porre. E verrebbe anche .da chiedersi se, per superare la eventuale difficlt concettuale di una imputazione che prescinda dai concetti propri della rappresentanza (del resto da soli insufficienti, anche secondo !'A., a spiegare il nesso che collega l'organo all'ente), non sia pi agevole e convincente il riferimento alla teoria dell'organizzazione (e lo stesso G. osserva che attraverso le nozioni di ufficio e di organo si spiega il fenomeno della personalizzazione delle collettivit: pagg. 76, 99 et passim), e non possa quindi, pur senza farsi ricorso a concetti morfologici, concepirsi il rapporto organico in funzione della struttura necessariamente organizzata di un ordinamento, e sulla base del solo dato del diritto obiettivo, che quell'organizzazione postula. In 1elazione agli uffici pubblici, poi, il G., con un discorso tanto pi efficace quanto pi, via via, diventa espressione di relazioni sillogistiche in rapporto ai risulr. ati mano a mano raggiunti, procede alla individuazione degli uffici vincolati e di quelli discrezionali, distinguendo una discrezionalit personale ed impersonale, una sindacabilit o insindacabilit di scelte, e, tra l'altro, discriminando la discrezionalita tecnica da quella valutativa, la quale ultima si distingue in ci cl;te per essa viene in considerazione non la idoneit di un atto possibile alla produzione di un dato risultato, ma la sua convenienza per una data, o per date entit umane (pag. 121). E sulla base, infine, del complesso dei concetti acquisiti, !'A. procede alla indagine circa la nozione di amministrazione, in relazione alla quale, e con riferimento al disposto del primo comma dell'art. 97 della nostra Costituzione, osserva che i riferimenti al buon andamento ed all'imparzialit, che nel dettato costituzionale si trovano, corrispondono sostanzialmente ai concetti di scelte in termini di opportunit e di giustizia, pervenendo poi alla conclusione, ricordando che un atto non potrebbe qualificarsi amministrativo se non in quanto esso sia assunto in una particolare considerazione in un ordinamento giuridico, che un organo amministrativo (ed il concetto, naturalmente, si pu riferire anche alla materia in rapporto alla quale l'organo chiamato ad agire), in quanto egli sia chiamato ad esplicare un'attivit vincolata oppure un'attivit che sia discrezionale soltanto in modo relativo o limitato (pag. 139), e che, per contrapposizione, le scelte che importano una discrezionalit assoluta sono da ritenere " politiche . Anche per il concetto di legislazione, ed in particolare per quanto concerne il dato formale, il G. rileva la necessit che si abbia riguardo ad un dato ordinamento, e prende in esame le norme della nostra Costituzione, rilevando, per altro, che attivit legislativa da ritenere quella che si presenti tale anche sotto il profilo sostanziale, e che comporti, quindi, un comando innovativo, con l'implicito carattere della normativit, e sia frutto, perci, di una valutazione giuridica astratta. Per la giurisdizione, l'A. propende verso la teoria che la individua come attivit di risoluzione di liti, pur precisando, in coerenza alle premesse, che possono darsi anche liti su problemi di opportunit, oltre che di giustizia; ed osserva, poi, che l'attivit decisoria, nel suo complesso, non concettualmente contrapponibile a quella dell'amministrazione, in quanto anch'essa, almeno in generale, esercizio di una funzione vincolata o solo limitatamente discrezionale, che da quella dell'amministrazione si distingue piuttosto in ci che essa si concreta in " pronunzie conclusive di un procedimento a struttura contenziosa (pag. 174) Perviene, infine, alla nozione di " diritto amministrativo->>, osservando che se, per le cose dette, certe attivit umane possono ritenersi amministrative soltanto se ed in quanto siano giuridicamente disciplinate in un dato modo, assunte a contenuto di un "ufficio-dovere>>, deve, per conseguenza, definirsi il diritto amministrativo, col criterio di riferimento al tipo di normazione, come quella disciplina che "considera e teorizza non le norme in quanto disciplinanti attivit amministrative, ma le norme in quanto disciplinanti delle-attivit umane in modo da renderle amministrative, cio PARTE II, RASSEGNA DI DOTI'RINA 121 le norme che istituiscono, o prevedono, o presuppongono l'istituzione di uffici-dovere (pag. 179): la quale conclusione sembra potersi in certo modo rapportare alla definizione ulpianea del diritto pubblico ( lus publicum est quod ad statum rei romanae spectat, Dig. 1, 1, 1, 2), e pi in generale e pi modernamente, ad un concetto di normazione organizzativa, e di studio di un diritto organizzativo (cfr., in argomento, PuGLIATTI, Diritto pubblico e privato, Enc. del Dir., XII, 737), in considerazione del quale, dunque, ed.appena riprendendosi il discorso innanzi accennato circa il rapporto organico, potrebbe anche trovarsi ulteriore conferma della non necessit di un ricorso ad altri particolari istituti, propri di altre branche, per spiegare il nesso tra l'organo e l'ente. II lavoro si conclude con la trattazione circa il metodo con cui i fenomeni giuridici costituenti oggetto del diritto amministrativo possono essere studiati, e l'A. qui conferma la esigenza, come gi in principio si ricordato, di non limitarsi allo studio degli enunciati normativi, nel che si concreta la scienza interpretativa, ma di procedere, invece, anche ad uno studio, che di teoria generale, che valga ad individuare, definire e classificare le forme logiche universali ne'.le quali il pensiero giuridico si esprime e non pu non esprimersi , i procedere, quindi, all'approfondimento conoscitivo del pensiero normativo astrattamente considerato, che, per altro, dice il G., pu abbracciare anche soltanto quella parte della realt giuridica che riguarda i fenomeni che si conviene di comprendere nel concetto di amministrazione, e che sar, perci, una teoria generale del diritto amministrativo, o teoria giuridica della amministrazione: da considerarsi, tuttavia, mai come un sistema conoscitivo indipendente da quello della scienza interpretativa, ma in "rapporto di reciproca ed essenziale complementarit (pag. 200). I riferimenti, nel corso dell'esposizione che precede, al rilievo dato dal!' A. a qualche dato normativo concreto, e la da ultimo esplicitamente ribadita comple mentarit della teoria generale e della scienza interpretativa dei contesti giuridici, dimostrano che l'opera in rassegna, pur se dall'autore medesimo definita di teoria pura >>, stata per concepita con la visione di un contemperamento, anzi di una reciproca funzione, della teoria generale e della dommatica giuridica, ai fini della quale ultima si pone indubbiamente come propedeutica la individuazione dell'essenza, potrebbe dirsi universale, dei fenomeni considerati, i quali, per, a loro volta, visti in rapporto alla disciplina positiva di uno o pi ordinamenti, forniscono materia per intuizioni e deduzioni idonee su un piano pi generale. E se per teoria generale sempre debba intendersi una ricerca astratta, circa la struttura giuridica dell'esperienza normativa, e ci sia che la si consideri come studio delle forme, sia come studio dei contenuti sia pure estremamente generalizzati (cfr. BoBBIO, Filosofia del diritto e teoria generale del diritto, in Scritti giuridici in o. di F. CARNELUTT1, I, 49), e sia , ancora, che si tenga presente una classificazione nella quale possano amalgamarsi le due accennate prospettive, nel senso (cfr. BoBBIO, loc. cit.), che la teoria generale, pur essendo una disciplina formale, tuttavia anche una ricerca scientifica, perch i suoi concetti non sono n a priori n universali ma di derivazione empirica, potr forse doversi osservare, con riguardo al lavoro in rassegna, che esso in qualche aspetto supera i limiti di una indagine meramente teorica nel senso comunemente inteso, (come dato di rilevare, ad esempio, per ci che concerne la trattazione in tema di ordinamenti substatali, o quella relativa alla differenzia zione della funzione giurisdizionale rispetto a quella amministrativa), ma ci si risol ve in una considerazione di maggior pregio dell'opera, la quale si pone, per la esigen za che appare in essa avvertita di non perdere di vista, quando necessario, il dato contenutistico, come uno strumento idoneo anche per la successiva ricerca, che si potrebbe definire applicata, in ordine alla sperimentazione, rispetto ai fenomeni concreti, sui quali occorre operare, dei risultati teorici acquisiti. MARIO FANELLI RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 122 C. MonTATT, Atti con forza di legge e sindacato di costituzionalit (Quaderni della Giurisprudenza costituzionale, 1), Milano, 1964, pagg. 125. Il problema centrale, di maggior interesse e di fondamentale importanza, che l'A., con ragionamento sottile e penetrante, pone e risolve in questo studio, molto profondo, costituito dal sindacato di costituzionalit degli atti normativi diversi da quelli previsti negli artt. 76 e 77 della Costituzione ed in particolare dei regolamenti. Dopo un completo seppur sintetico esame sull'ammissibilit nell'ordinamento giuridico italiano dei regolamenti delegati in materia di riserva, delle "misure di temporanea sospensione di norme di legge, dei regolamenti delegati in materia non di riserva, dei regolamenti indipendenti e dei regolamenti esecutivi in materia di riserva relativa o non coperta da riserva, l'A. rileva come il regolamento possa operare non diversamente dalle cosiddette fonti primarie in quanto effettua restrizioni o, pi genericamente, modifiche di sfere di autonomia, ponendosi quale fonte diretta e esclusiva di nuovi doveri, diritti, interessi legittimi . Rilevata, d'altra parte, la relativit del concetto di forza di legge e l'inutilit di supplire a tale relativit mediante il ricorso al concetto del valore '" come assoggettabilit allo stesso trattamento stabilito per la legge formale, nel difetto di un elemento che consenta di orientare la scelta circa la sottoposizione all'uno od all'altro regime, l'A. conclude per la competenza della Corte Costituzionale nel sindacato dei regolamenti, fissandone l'ambito non solo in rapporto alle violazioni della Costituzione, ma altresl in rapporto agli eccessi in cui siano incorsi rispetto ai poteri loro accordati dalla legge. A tale conclusione l'A. portato anche dalle conseguenze, cui la discriminazione corrente tra regolamenti ed atti aventi forza di legge rispetto al controllo di costituzionalit della Corte Costituzionale condurrebbe, ma ci, se fosse imposto dal diritto positivo, come lo stesso A., ovviamente, mostra di avvertire, avrebbe un valore metagiuridico, onde si ritorna al punto di partenza. Val quanto dire che al diritto positivo bisogna rifarsi per accertare se esso consenta l'accennata conclusione. Difatti, dal diritto positivo muove l'A., che solo per confermare la bont della conclusione, cui perviene, indica le esigenze, le quali richiederebbero la unificazione del controllo di costituzionalit. Ed anche sotto l'aspetto del diritto positivo le considerazioni dell'A. hanno indubbia efficacia e esercitano grande suggestione. Resta, tuttavia, la disposizione dell'art. 87 della Costituzione, laddove, al comma quinto, tra le attribuzioni del Presidente della Repubblica si indicano, oltre alla promulgazione delle leggi, la emanazione dei decreti aventi valore di legge e dei regolamenti . L'A., per superare questo ostacolo, si richiama ai lavori della Costituente, rammentando come e perch la formulazione della parte in questione di detto articolo venne effettuata dalla Commissione di coordinamento dopo il voto della assemblea, mentre si era rinunciato a disciplinare la materia regolamentare, ma finisce per ammettere che i redattori della disposizione siano stati influenzati dall'opinione tradizionale che considerava le due specie di fonti in posizione di assoluta eterogeneit tra loro. N pi convincente sembra l'altra argomentazione 5econdo cui come da quella menzione nulla si pu desumere che conduca ad escludere la validit dei regolamenti provenienti da soggetti diversi dal Presidente della Repubblica, dovendosi tale problema risolvere sulla base di un'indagine sistematica, analogamente non appare lecito desumerne il proposito di sanzionare, per i regolamenti, una diversit di trattamento giuridico, precludendo a priori ed in via di principio PARTE II, RASSEGNA DI DOTI'RINA 123 ogni loro assimilazione, sotto qualsiasi aspetto, agli atti aventi forza di legge. Sembra, infatti, che, mentre la mancata menzione di regolamenti diversi da quelli emanati dal Presidente della Repubblica, specialmente in considerazione della rinuncia da parte dell'Assemblea Costituente a disciplinare la materia regolamentare, possa lasciare, e lasci, aperto il problema della validit di altri regolamenti, la espressa enunciazione dei regolamenti distintamente dai decreti aventi valore di legge non possa non essere rilevante, quando si tratti di stabilire la portata di formule, che, pur se si vollero molto chiare, semplici e precise (v. Atti dell'Assemblea Costiti,;ente, pag. 2629), tali non appaiono. Anzi, la relativit delle formule di forza di legge e di valore di legge , che si rinvengono nella Costituzione, potrebbe risultare precisata, almeno per quanto qui interessa, proprio dal quinto comma dell'articolo 87 della Costituzione stessa con la distinta indicazione dei decreti aventi valore di legge e dei regolamenti. Per, se cos, delle due l'una. O si distingue tra forza e valore di legge (v. SAN DULLI, Legge, forza di legge e valore di legge, Riv. trim. dir. pubbl., I957 269) e allora per escludere in rapporto ai regolamenti la competenza della Corte Costituzionale fissata nell'art. 134 della Costituzione con riferimento agli atti aventi forza di legge, bisognerebbe effettivamente escludere per i regolamenti una tal forza (v. in merito, per tutti, SANDULLI, La potest regolamentare nell'ordinamento vigente, Foro it., I958, IV, 58, e cfr. pure CRISAFULLI, Gerarchia e campeten:ra nel sistema costituzionale delle fanti, Riv. trim. dir. pubbl., 1960, 783, n. 14), a favore di che potrebbe pure ancora invocarsi la distinzione posta dal quinto comma dell'art. 87 della Costituzione se la parola valore di legge dovesse qui considerarsi adottata... come sinonimo di forza di legge (ESPOSITO, Decreta legge, Enciclopedia del diritto, voi. XI, Milano, 1962, 839, n. 31); a meno di non voler ritenere che negandosi ai regolamenti, ex art. 87, quinto comma, citato, valore di legge se ne sia voluto in ogni caso escludere il trattamento anche sotto il profilo della competenza a sinda'\ carli da parte della Corte Costituzionale. O non si distingue, tra le due espressioni, \ ed allora anche se i regolamenti potessero avere forza di legge, si dovrebbe prendere ;~tto sempre dall'ostacolo costituito ugualmente, ma, forse, pi insuperabilmente, '~J quinto comma dell'art. 87 in rapporto all'art. 134 della Costituzione. Si potr iari questo ostacolo giudicare inopportuno (EsPosrro, Diritta vivente, legge 'f._alamento di esecuzione, Giur. cost., 1962, 6o9, n. u), si potr magari auspicare . '~-~rvento del legislatore nelle forme del caso (CRISAFULLI, Atti con forza di <.regolamenti, Giur. cost., 1963, 207), ma non si potr non lasciare, intanto, \lfamenti, il sindacato giurisdizionale, cui pur sono soggetti, anche se diverso della Corte Costituzionale (v. in proposito, SANI>ULLI, La Giustizia castitu, in Italia, Giur. cost., 1961, 844). Del resto, nel senso di escludere dalla competenza della Corte Costituzionale le questioni di legittimit costituzionale attinenti ai regolamenti la giurisprudenza costante della Corte medesima (v., da ultimo, sent. 9 aprile 1963, n. 47, Giur. cost., 1963, 200 ed ivi ampia nota redazionale con richiami dei precedenti in argomento) e la giurisprudenza della Corte di Cassazione (v., da ultimo, sent. 23 gennaio 1963, n. 91, Giust. civ., 1963, III, 74). Con il che, peraltro, si intende soprattutto, sia ben chiaro, richiamare l'attenzione dei lettori su uno studio tanto autorevole per la fonte da cui promana in un campo tanto delicato avvertendolo, tuttavia, che la soluzione offerta in questo studio al problema suaccennato, per quanto magistralmente prospettata, non si ritiene accettabile. BENEDETTO BACCARI 14 RAS~EGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 124 MASSIMARIO COMPLETO DELLA GWRISPRUDENZA DEL CONSIGLIO DI STATO 1932-1961 (a cura della Rassegna Il Consiglio di Stato), in due volumi. L'opera suindicata pi che una raccolta di giurisprudenza,. come il .t~tolo, con modestia, lascerebbe intendere, costituisce un panorama della .vita d.el diritto .nella materia amministrativa, ripartita istituto per istituto, con brevi e chiare note introduttive per ciascun istituto, con la indicazione dell~ ~ibli?grafia e della !egislazione pertinenti, e, quindi, della giurisprudenza del Consiglio di Stato per u.n intero. ~rentennio, il tutto di una comp'.etezza e di un ordine tali che la consultazione, faci!itata pure dalle suddivisioni, dai sommari e dai richiami, resa veramente pronta e risulta profondamente esauriente. . . . . . Quando si pensi, poi, alla moltiplicazione dei fin~ ?ubb~ici, .venficatas~ negli. ultimi decenni, onde l'attivit del supremo consesso amministrativo s1 estesa. in ogn~ direzione, sar evidente come questo Massimario possa interessare tu~u quanti operano nel campo del diritto e non solo r~uscire di utili~~ ovviam~~te pr~z1osa, dato ci che si rilevato, per i tanti in rapporti con la Pubb.1ca Amm1mstraz10ne (B. B.). ' RASSEGNA DI LEGISLAZION'E PROVVEDIMENTI LEGISLATIVI * D.P.R. 16 APRILE 1964, N. 6g5 -Modifica l'art. 17 del regolamento generale' dei servizi postali (parte seconda -servizi a danaro), approvato con R.D. 30 maggio 1940, n. 775, consentendo, in determinati casi, il risarcimento, in favore degli aventi diritto, del danno derivante da frodi nei servizi a danaro, anche prima del passaggio in giudicato della sentenza pronunciata dal magistrato penale (G.U. ii agosto lg64, n. 204). LEGGE IO GIUGNO 1g64, N. 447 -Disciplina i limiti di et, le rafferme, le promozioni, il trattamento di quiescenza, l'organico ed i concorsi per i, volontari dell'Esercito, della Marina e dell'Aeronautica e per i sottufficiali delle stesse forze armate in servizio permanente (G.U. 2 luglio 1964, n. 16o). LEGGE 21 GIUGNO 1964, N. 463 -Stabilisce norme, secondo le quali si dovr procedere alla determinazione dell'importo revisionale, dopo la sua entrata in vigore, per i lavori di qualunque natura da appaltarsi concedersi od affidarsi dalle Amministrazioni e dalle Aziende dello Stato anche con ordinamento autonomo (eccezion fatta per i lavori di competenza dell'Azienda autonoma delle Ferrovie dello Stato), dagli enti locali e dagli enti pubblici, di cui al D.L.C.P.S. 6 dicembre 1947, n. 1501, modificato con legge 9 maggio 1950, n. 329, comprese le Amministrazioni indicate nel secondo comma dell'art. 1 della legge 23 ottobre 1963, n. 1491 (G.U. 4 luglio 1964, n. 162). LEGGE 27 GIUGNO 1964, N. 452 -Rinnova la delega al Governo per l'emanazione di norme relative all'organizzazione e al trattamento tributario dell'Ente nazionale per l'energia elettrica, dettando norme integrative della legge 6 dicembre 1962, n. 1643 principalmente per quanto attiene alle imprese assoggettate a trasferimento ed agli indennizzi (G.U. 3 luglio 1964, n. 161). D.L. 30 LUGLIO 1964, N. 610 (1) -Modifica il regime fiscale degli spiriti (G.U. 30 luglio 1964, n. 186). LEGGE 10 AGOSTO 1964, N. 663 -Estende le norme per la elezione dei consigli comunali nei comuni con popolazione superiore ai lo.ooo abitanti anche per la elezione dei consiglieri comunali nei comuni con popo'azione superiore ai 5.000 abitanti, stabilendo altresi la durata e la funzione dei consigli comunali e provinciali (non per quelli gi in carica), ed estende le norme previste dall'articolo 95 del T.U. 30 marzo 1957, n. 361 alle elezioni comunali e provinciali (G.U. 14 agosto 1964. n. 199). LEGGE IO AGOSTO 1964, N. 664 -Consente la facolt di derogare fino al 31 dicem-: bre 1964 alle norme contenute nell'art. 1 della legge 21 giugno 1964, n. 463_ -v. sopra -(G.U. 14 agosto 1964, n. l 19) Si segnalano quelli ritenuti di maggior interesse. (1) Presentato al Parlamento per la conversione. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELW STATO 126 D.L. 31 AGOSTO 1964, N. 705 (2) -Aumenta le aliquote dell'i.g.e. (G.U. 31 agosto 1964, n. 199). D:L. 31 AGOSTO 1964, N. 706 (3) -Prevede l'assunzione da parte dello Stato di oneri per il fabbisogno finanziario della gestione di talune assicurazioni sociali per il periodo 10 settembre 1964-31 dicembre 1964 e correlativamente la esenzione per alcune contribuzioni e la redazione per altre (G.U. 31 agosto 1964, n. 213). (2) Presentato al Parlamento per la conversione, risulta respinto dal Senato. Esso, pertanto, ai sensi dell'art. 77 Cast., perde efficacia fin dall'inizio. Le Camere possono, tuttavia, regola~e cn legge i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti . Ci significa che non sarebbe incostituz'onale una legge che stabilisse la non rimborsabilit delle imposte percette in forza del decreto legge in esame. (3) Presentato al Parlamento per la conversione. DISEGNI E PROPOSTE DI LEGGE PROPOSTA DI LEGGE n. 1229 (Camera dei Deputati): Norme sulla cittadinanza. DISEGNO DI LEGGE n. 52-8 (Senato della Repubblica): Norme sulla cittadinanza. Nell'intento di dare un pi organico assetto all'istituto della cittadinanza, ed in particolare per adeguarne la regolamentazione alle mutate esigenze dei tempi, che Iimpongono, specialmente nella considerata materia, una valutazione da parte del legislatore quanto pi possibile immediatamente aderente all'evoluzione della coscienza sociale, il Governo present, nella decorsa legis!atura, un apposito disegno di legge, che, approvato dal Senato, non riusci tuttavia a completare l'iter parlamentare, per il sopravvenuto scioglimento delle Camere. Rendendosi interpreti di quelle gi avvertite esigenze, i deputati Migliori e Toros, ed i senatori Battaglia, Alcidi Rezza ed altri, hanno ora presentato, ai rami del Parlamento di cui rispettivamente fanno parte, la proposta ed il disegno di legge in oggetto, in un testo quasi conforme a quello a suo tempo, come si detto, approvato dal Senato, ed accompagnandolo con la stessa re'azione che era stata predisposta, per l'Assemblea, .dalle Commissioni riunite -Interni e Giustizia -della Camera. La materia, come noto, attualmente regolata, oltre che da alcune particolari successive disposizioni di legge speciali, dalla legge fondamentale del 13 giugno 1912, n. 555, la quale, forse un po' troppo ispirata ad una tendenza missionaria e protettrice (cosl QUADRI, voce Cittadinanza del cc Novissimo Digesto, III, 323), stata da pil parti criticata per una sua insufficienza, sopravvenuta, rispetto ai mutati fattori politici e sociali, in vista dei quali le rigorose applicazioni dei principi dello ius sanguinis e dello ius soli dovrebbero attenuarsi, si osserva, per far pi largo posto alla valutazione degli effettivi legami, per comunanza di idee e di sentimenti, o per vincoli ambientali, che intercorrqno tra la societ e l'individuo, alla cui volont, per altro, dovrebbe darsi maggiore rilevanza; di modo che, in relazione agli accennati pi moderni criteri, dovrebbero ritenersi anacronistici i concetti, cui la legge del 1912 appare ispirata, di una prevalenza della cittadinanza italiana su quella straniera, in casi nei quali sarebbe forse opportuno consentirne, invece, la perdita, e di un piuttosto rigid automatismo -come nel caso, ad esempio, della donna che contrae tr..atrimonio -nell'acquisto, nella perdita e nel riacquisto della cittadinanza stessa. Col testo proposto si intende ovviare, nei limiti ritenuti politicamente congrui, ad alcune delle notate deficienze, prevedendosi, in particolare, una pi ampia serie PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 127 di casi di acquisto e di rjacquisto della cittdinanza, da una parte, ed un minor rigore nell'accennato automatismo, e ci, come si accennato, in vista del dup'.ice criterio di un maggior rilievo della vo'ont degli interessati e, nero stesso tempo, d1 una valutazione, pi aderente alle attuali esigenze sociali, dei fattori tradizionali' - vincoli di sangue e di ambiente -che pur restano fondamentali: come pu dirsi, tra l'altro, per le nuove previste ipotesi di attribuzione della cittadinanza, con atto ad hoc (decreto del Capo del!o Stato), allo straniero, del quale il padre o la madre siano stati cittadini, o che sia stato adottato o affiliato da cittadini italiani, e, in entrambi i casi, nel concorso anche del requisito della residenza in Italia da un determinato numero di anni. In relazione, poi, a tutte le ipotesi di acquisto della cittadinanza per attribuzione, anche previsto che esso non abbia effetto se l'interessato non presti giuramento di fedelt alla Repubblica e di osservanza della Costituzione e del"e altre leggi dello Stato. Inoltre, lo schema presentato al Senato (che in ci diverge da quello presentato alla Camera}, prevede, per gli indicati casi di acquisto della cittadinanza per decreto del Capo del'o Stato, e per quelli di acquisto in virt di leggi speciali, che la cittadinanza stessa si perda -oltre che per le ragioni, ben si intende, per le quali possono perderla anche gli altri cittadini -quando si compiano atti in violazione dei doveri stabiliti dal primo comma dell'art. 54 della Costituzione " Tale disposizione era stata stralciata, a suo tempo, dalle Commissioni riunite della Camera, che avevano esaminato il disegno in sede referente; ed appare conforme a tale orientamento, dunque, la proposta, ora presentata dai deputati Migliori e TC'ros, che la disposizione stessa non prevede. Si tratta, indubbiamente, di una norma che merita una attenta considerazione, sotto il profilo sia politico che giuridico, e qualche riserva, in effetti, sembra doversi prospettare. Non pare fondato, per altro, un dubbio di legittimit costituzionale, in relazione al principio di uguaglianza, poich questo, come noto, non va inteso nel senso che il legislatore non possa dettare norme diverse per regolare situazioni che esso ritiene diverse ... >>, bensl nel senso che esso "deve assicurare ad ognuno uguaglianza di trattamento, quando eguali siano le condizioni soggettive ed oggettive alle quali le norme giuridiche si riferiscono" (Corte Cost., sent. 16 gennaio 1957, n. 3 in Relaz. Avv. Stato 1956-60, I, 93), laddove nel caso chiaro che la disposizione riguarderebbe, ugualmente, tutta una classe di soggetti, i cittadini per naturalizzazione, la cui situazione il legislatore pu ritenere -e del resto in re'azione ad un dato obiettivo, attinente al loro status anteriore -diversa da quel!a degli altri cittadini. Ma, appunto per tale diversit anche iniziale di valutazione, il prob'ema richiede una scelta politica, in funzione dell'interesse, che sia o meno da riconoscere, ad. una discriminazione, che potrebbe dirsi qualitativa, dei cittadini per naturlizzazione, eh.! avrebbero in definitiva una cittadinanza revocabile; e soltanto sotto questo profilo, dunque, e cio per rilevare quali potrebbero essere le conseguenze dell'adozione o meno di quella disposizione, del problema qui si creduto di far cnno. Una volta, per altro, che si ritenga di porre la norma in questione, potrebbe essere opportuno farne una pi completa formulazione (da:Ia relazione che accompagna il disegno presentato al Senato si rileva che, invece, volutamente si credutu di adottare una formula non precisa, per superare i contrasti cui ogni possibile definizione dei casi di indegnit aveva dato luogo); ad al riguardo, invero, potrebbe osservarsi che l'estrema genericit della proposta disposizione -inadempienza ai doveri di fedelt alla Repubblica e di osservanza della Costituzione e del'.e altre leggi dello Stato comporterebbe l'attribuzione di un ampio potere discrezionale ali'Amministrazione, con riflessi indubbiamente anche di caratter~ politico, per la valutazione della conc1eta situazione di indegnit, nei singoli casi, laddove, in presenza di uno status di cittadino, sia pure, come innanzi si accennato, qualitativamente limitato, quanto RASSEGNA DELLAVVOCATURA DELLO STATO 128 meno opportuna potrebbe essere una predeterminazione, se non delle specifiche fattispecie, almeno dei criteri, alla cui stregua l'indegnit medesima sia da considerare. (Per riferimenti sulla questione, circa l'ammissibilit o meno di limitazioni dello status civitatis, cfr.: Cass. 10 febbraio 1962, n. 191, in questa Rassegna, 1962, 26). Altre disposizioni di rilievo appaiono quelle previste in tema di doppia (o plurima) cittadinanza, con una attenuazione della tendenza verso la conservazione della citta~ dinanza italiana, nei casi in cui, in effetti, nell'interesse dei singoli, ma anche della collettivit, che non ha ragione di dover conservare nel proprio seno elementi che ne siano sostanzialmente fuori, pi opportuna pu ritenersi la perdita della cittadinanza stessa: come nel caso del cittadino nato e residente in uno Stato estero, per il quale si prevede, appunto, che perder la cittadinanza, salvo che, entro un anno dal compimento della maggiore et, non dichiari espressamente di volerla conservare, o salvo che, entro lo stesso termine, non si verifichi la ricorrenza di. una circostanza (f1Bsazione della residenza in Italia, assunzione di impiego alle-dipendenze dello Stato italiano o di altro ente pubblico italiano; prestazione del servizio militare nelle Forze armate italiane), che valga a denotare il permanere dei vincoli, in vista dei quali la conservazione della cittadinanza si giustifica. Pi estesi, poi, sono i previsti casi di riacquisto della cittadinanza, che appaiono contemplati, tra l'altro, in vista di una esigenza sociale senza dubbio vivamente sentita, quale quella di evitare che non possa rientrare nel seno della comunit di origine, chi, pur se volontariamente abbia acquistato una cittadinanza straniera e perduto quella italiana, ci abbia fatto - il caso, in particolare, degli emigranti perch costretto dalla necessit di ottenere o conservare un lavoro. E da segnalare, infine, tra le altre, sono le disposizioni proposte in tema di cittadinanza della donna coniugata, con le quali -a modifica del pi rigido criterio cu: si ispirava il legislatore del 1912, che automaticamente disciplinava l'acquisto o lu perdita della cittadinanza, da parte della straniera coniugata al cittadino e, rispettivamente, della cittadina coniugata allo straniero -si prevede, ora, fermi quei principi in via generale: a) che la donna cittadina che si marita ad uno straniero, perde la cittadinanza italiana, sempre che acquisti col matrimonio quella del marito o gi nan la possieda; e non dichiari, entro un anno dalla celebrazione del matrimonio, di f1oler conservare la cittadinanza italiana; b) che la donna straniera "che contrae matrimonio nello Stato al quale appartiene con un cittadino ivi residente, acquista la cittadinanza italiana, semprech non dichiari, entro un anno dalla celebrazione del matrimonio, di voler conservare .Za propria cittadinanza, se la legge dello Stato lo censente ": in relazione alle quali norme, ispirate al criterio gi prima ricordato di dare maggior rilievo, nei consentiti limiti, alla volont degli interessati, sembrerebbe, tuttavia, da rilevare la opportunit di una diversa formulazione, per evitare, special~ ente nel secondo caso, che si determinino situazioni temporanee di doppia cittadir,>. anza, durnte il periodo previsto per le dichiarazioni di opzione, e cosl allora prevedendosi o una ipotesi di riacquisto, e rispettivamente, di perdita della cittadinanza, per effetto delle dichiarazioni delle interessate, ovvero un differimento, allo spirare del ridetto termine, del verificarsi, rispettivamente, della perdita di;lla cittadinanza, nel primo caso, e dell'acquisto, nel secondo. * * DISEGNO DI LEGGE n. 1468 (Camera dei Deputati; iniziativa governativa): Modificazioni al sistema sanzionatoria delle norme in tema di circolazione stradale e delle norme dei regolamenti locali. Col disegno di legge in oggetto, presentato dal Ministro di Grazia e Giustizia, dt concerto con i Ministri dell'Interno, dei Lavori Pubblici e dei Trasporti, viene PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 129 proposta una innovazione di notevole momento nel sistema sanzionatorio attualmente in vigore per le violazioni delle norme sulla circolazione stradale (d.p.r. 15 giugno 1959, n. 393), sulla tutela delle strade (r.d. 8 dicembre 1933 n. 1740, nelle parti ancora vigenti), sui trasporti di merci con autoveicoli (legge 20 giugno 1935, n. 1349), e, infine, per le violazioni delle norme dei regolamenti comunali e provinciali, prevedendosi la degradazione al rango di illeciti amministrativi delle violazioni che dalle dette norme sono ora previste come integranti reati contravvenzionali, e per le quali sia stabilita la sola pena dell'ammenda, con esclusione, per, di quelle che si collegano, in tema di circolazione stradale, alle c.d. norme di comportamento, e di cm, pr la loro maggiore pericolosit, non parsa opportuna la depenalizzazione . di stretta competenza politica, indubbiamente, ogni valutazione della natura e della rilevanza, specificamente in un dato momento storico, dell'interesse che si connette all'osservanza di determinati precetti, e che valga a suggerire l'inquadramento degli stessi nell'ambito del sistema penale, potendo i vari criteri, invero, che in dottrina vengono prospettati come idonei a consentire la discriminazione del torto penale dal torto civile, soltanto servire come guida al legislatore, nella scelta della migliore via da seguire. Tuttavia, e pur senza ulteriormente approfondire l'argomento, sembra potersi osservare, in ordine alla nuova proposta disciplina del considerato settore, che essa si presenta, in via generale, rispondente anche ai criteri sostanziali, appunto, che un buon legislatore deve tenere presenti, ai fini dell'accennata discriminazione, e particolarmente a quelli, quasi comunemente accettati, secondo cui da aversi riguardo, per qualificare un illecito come reato, all'allarme sociale che esso desta, ma anche al grado di pericolosit che lo stesso presenta per l'ordinata convivenza della collettivit, e. infine, alla considerazione comparativa del valore del precetto, la cui osservanza appaia opportuno garantire anche con la comminatoria di sanzioni penali, e dell'onere che allo Stato, per l'organizzazione dei servizi (di polizia e giudiziari), ne derivi: criteri che risultano tutti presi in esame, singolarmente ed in una combinata valutazione, nell'ampia relazione che accompagna il disegno. Ci premesso, sel:\lbra tuttavia doversi rilevare che alcune delle disposizioni previste per la concreta nuova disciplina della materia, potrebbero dar luogo a qualche perplessit: come a dire, in primo luogo, per la norma che escluderebbe la trasmissibilit agli eredi dell'obbligazione del trasgressore e dei coobbligati, la quale, invero, ed una volta affermata la natura civile dell'obbligazione stessa -(si parla, vero, di sanzione amministrativa >>, ma la qualificazione va ovviamente riferita alla natura dell'interesse, in vista del quale la norma posta, mentre l'obbligazione di pagamento della somma di denaro, determinata tra i previsti minimi e massimi, non sembra inquadrabile .in uno schema diverso da quello proprio delle obbligazioni di carattere civile) -si paleserebbe non conforme ai principi, riconosciuti validi, del resto, anche in materie che con quella in esame presentano una qualche analogia, e cio in tema di sanzioni per violazioni, non penali, delle leggi finanziarie e valutarie (cfr., da ultimo, Cass. 29 gennaio l.963, n. 241, Brunetti -Min. Tesoro, in questa Rassegna, 1964, I, 367). Secondo il disegno, inoltre, demandato all'Autorit amministrativa.-(Sindaco e Presidente dell'Amministrazione provinciale, per le violazioni, rispettivamente, delle norme dei regolamenti comunali e provinciali; Prefetto, negli altri casi) -di prov vdere con ordinanza motivata per la irrogazione delle sanzioni, con contestuale ingiunzione di pagamento della somma determinata. Ma anche previsto, naturalmente, per assicurare la garanzia giurisdizionale, che l'interessato possa, avverso quell'ordinanza, " proporre azione davanti al pretore del luogo, ecc ... ; e ci, dunque, per la rilevata natura civilistica del rapporto obbligatorio, che presuppone anche un soggetto attivo, individuabile nell'ente -Stato, Comune o Provincia -al quale, nei vari casi, devoluto il provvento >>, potrebbe RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 130 indurre, anzi induce, alla conclusione, anche alla stregua dei principi in tema di contraddittorio, che questo debba instaurarsi nei confronti dell'ente medesimo, con tutte le conseguenze che un processo, secondo l'ordinario rito civile, comporta. Conseguentemente, e poich non sembrerebbe concettualmente ammissibile che si escluda quel contraddittorio (oltre tutto, ne risulterebbe menomata la garenzia giurisdizionale che compete anche all'ente titolare della pretesa), potrebbe essere il caso, e proprio al fine di realizzare una semplificazione ed una economia nello svolgimento del servizio, come auspicato nella relazione, che si preveda opportunamente anche una semplificazione processuale, escludendosi, innanzi tutto, l'appellabilit delle sentenze dei pretori, consentendosi alle parti di stare in giudizio senza ministero di difensore, meno, evidentemente, per la fase dinanzi alla Corte di Cassazione (il ricorso, come ovvio, non va escluso, per il disposto dell'art. 1 II, secondo comma, della Costituzione), e prevedendosi, anche in vista della non obbligatoriet della rappresentanza ed assistenza ad opera di difensori, che gli atti, anche se il giudizio sia da proporre nei confronti dello Stato, siano direttamente notificati all'Amministrazione interessata. Da ultimo, e sempre in considera,zione della pi completa realizzazione dei fini cui mira il disegno, tra i quali quelli concernenti la economicit e la efficienza dei servizi, nella materia in esame, potrebbe rilevarsi: a) la opportunit di attribuire la competenza, in sede amministrativa, per le violazioni che concernono la tutela delle strade (r.d. 8 dicembre 1933, n. 1740 ed altre disposizioni, anche in materia di autostrade), agli organi dell'Azienda autonoma della strada, indubbiamente dotati di specifica competenza tecnica in merito, anzich ai Prefetti, ai quali resterebbe devoluta la competenza a provvedere in ordine alle violazioni in tema di circolazione e di trasporto di merci; b) la opportunit -al fine di evitare !'altrimenti necessaria integrazione, tecnica e funzionale, degli uffici dell'Amministrazione interessata -di prevedere che la riscossione delle somme dovute dai trasgressori sia curata dagli esattori comunali, i quali, come noto, gi provvedono anche alla riscossione di altre entrate, anche di natura non tributaria, dello Stato e degli enti locali. PROVVEDIMENTI LEGISLATIVI SOTTOPOSTI A GIUDIZIO DI COSTITUZIONALITA' DISPOSIZIONI DI LEGGE IN RAPPORTO ALLE QUALI E' STATA DICHIARATA NON FONDATA LA QUESTIONE DI LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE CODICE DI PROCEDURA PENALE, art. 549 (Spese e sanzioni pecuniarie in caso di rigetto o di inammissibilit del ricorso). La questione sollevata in relazione alla indicata norma, nella parte relativa alla sanzione pecuniaria prevista nel caso di rigetto o inammissibilit del ricorso per cassazione, con riferimento all'art. 24 della Costituzione, stata dichiarata non fondata (Corte Cost., sent. 30 giugno 1964, n. 69, G.U. 11 luglio 1964, n. 169, ed spec.). R.D.L. 31 DICEMBRE 1925, N. 2383, artt. 18, 19, 20 e 21 (Norme per il trattamento di quiescenza dei salariati statali). R.D. 28 GIUGNO 1933, N. 704, artt. 14, 15, 16 e 17 (Norme per il funzionamento presso l'Amministrazione dello Stato dei servizi inerenti alla liquidazione delle pensioni). La questione sollevata in rapporto alle indicate norme, regolanti per i salariati statali il concorso di trattamenti pensionistici dello Stato e delle assicurazioni per PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 131 la invalidit la vecchiaia e i superstiti, in riferimento all'art. 42, terzo comma, della Costituzione, stata dichiarata non fondata (Corte Cost., sent. 7 luglio 1964, n. 74, G.U. II luglio 1964, n. 169, ed spec.). Con la stessa pronuncia la questione di legittimit costituzionale dell'art. 8, ultimo comma, e dell'art. 10, secondo comma, del D.P.R. l l gennaio 1956, n. zo, pure concernente il trattamento di quiescenza al personale statale e sollevata nelle medesime ordinanze, in relazione alla legge zo dicembre 1954 n. l 181 ed in riferimento agli artt. 76 e 77 della Costituzione, nonch, per quanto riguarda l'art. IO, comma secondo, anche in riferimento all'art. 3 della Costituzione, stata dichiarata manifestamente infondata, in quanto gi oggetto di altra pronuncia (v. retro, II, 44). LEGGE 29 APRILE 1949, N. 264, art. 61, nel testo modificato dall'articolo unico della LEGGE 2 FEBBRAIO 1952, N. 54 (Provvedimenti in materia di avviamento al lavoro e di assistenza dei lavoratori involontariamente disoccupati). La questione sollevata, concernente il trattamento economico dei lavoratori nei cantieri-scuola, in riferimento all'art. 36 della Costituzione, stata dichiarata non fondata (Corte Cost., sent. 30 giugno 1964, G.U. l l luglio 1964, n. l6g, ed spec.). LEGGE 15 AGOSTO 1949, N. 533, artt. 5 e 7 (Norme sulla durata dei contratti individuali di lavoro dei salariati fissi dell'agricoltura e sulle relative controversie). La questione sollevata, concernente la nomina e l'assistenza di consulenti tecnici per le controversie di cui alle suindicate norme, in riferimento agli artt. 102, secondo comma, e 108, cpv., della Costituzione, stata dichiarata non fondata (Corte Cost., sent. 7 luglio 1964, G.U. l l luglio 1964, n. _16g, ed. spec.). LEGGE 6 AGOSTO 1954 N. 6o4, art. 7, penultimo comma (Modificazioni alle norme relative alle agevolazioni tributarie a favore della piccola propriet contadina). La questione sollevata in rapporto alla .suindicata norma, concernente l'accertamento, da parte dell'Ispettorato agrario, della ricorrenza delle circostanze, che determinano decandenza da agevolazioni tributarie nella soggetta materia, con riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, stata dichiarata non fondata (Corte Cost., sent. 7 luglio 1964, n. 76, G.U. Il luglio 1964, n. 169, ed spec.). LEGGE 27 DICEMBRE 1956, N. 1423, art. 2 (Misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralitii). La questione sollevata in riferimento agli artt. 3, 16, 25 e 102 della Costituzione (v. pure retro, II, 13 e 45) stata dichiarata non fondata (Corte Cost., sent. 30 giugno 1964, n. 67, G.U. II luglio 1964, n. 169, ed. spec.). LEGGE 30 DICEMBRE 196o, N. 1728 (Norme integrative della legge 19 marzo 1955, n. 160, per quanto concerne il conferimento delle supplenze annualir. LEGGE 27 DICEMBRE 1963, n. 1878 (Interpretazione autentica degli artt. 4 e 6, secondo comma, della legge 19 marzo 1955, n. 160, in materia di personale insegnante non di ruolo). La questione sollevata in rapporto alle suindicate norme, concernenti la possibilit di conferire supplenze di insegnamento anche a persone munite di titoli di studio inferiori a quelii richiesti per l'ammissione agli esami di abilitazione professionale, con riferimento agli artt. 3 e 33, quinto comma, della Costituzione, stata dichiarata non fondata (Corte Cost., sent. 7 'luglio. 1964, n. 77, G.U. 11 luglio lg64, n. 16g, ed spec.). LEGGE 2 GIUGNO 1961, N. 454, art. 28, comma terzo (Piano quinquennale per lo sviluppo dell'agricoltura). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 132 La questione sollevata in rapporto alla suindicata norma, concernente la riduzione a met degli onorari notarili per gli atti riguardanti la formazione e l'arrotondamento della piccola propriet contadina, con riferimento agli artt. 3, 35, primo comma, e 36, primo comma, della Costituzione, stata dichiarata non fondata (Corte Cost., sent. 7 luglio 1964, n. 75, G.U. li luglio 1964, n. 169, ed spec.). DISPOSTZIONI DI LEGGE IN RAPPORTO ALLE QUALI E' STATO PROMOSSO GIUDIZIO DI LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE CODICE PENALE, art. 553 (Incitamento a pratiche contro la procreazione). La questione di legittimit costituzionale stata dal Pretore di Firenze ritenuta non manifestamente infondata in relazione all'art. z1 della Costituzione (Ord. 23 maggio I964, G.U. li luglio I964, n. 169, ed spec.; v. pure retro, Il, 46). CODICE PENALE, art. 570, primo comma (Violazione degli obblighi .di assistenza familiare). La questione di legittimit costituzionale, con riferimento all'abbandono del domicilio coniugale, in relazione agli artt. 13, 16 e 29, secondo comma, della Costituzione, stata ritenuta non manifestamente infondata dal Pretore di Cuorgn (Ord. 26 giugno 1964, G.U. 29 agosto 1964, n. 212, ed spec.; v. pure retro, II, 91). CODICE DI PROCEDURA PENALE, art. 173 (Notificazione all'imputato latitante, evaso o renitente). La questione di legittimit costituzionale, per quanto riguarda le. notificazioni all'imputato renitente, stata ritenuta non manifestamente infondata dal Tribunale di Brescia, in riferimento all'art. 24 della Costituzione (Ord. 2 aprile 1964, G.U. li luglio 1964, n. 169, ed. spec.). CODICE DI PROCEDURA PENALE, art. 522, ultima parte (Questioni di nullit). La questione di legittimit costituzionale, in quanto l'ultima parte della suindicata disposizione priverebbe l'imputato di un grado di giudizio di merito, stata dal Tribunale di Locri ritenuta non manifestamente infondata con riferimento all'articolo 24 della Costituzione (Ord. 4 giugno 1964, G.U. 25 luglio 1964, n. 182, ed spec.). R.D.L. 10 GENNAIO 1926, N. 17 (Restituzione in forma italiana dei cognomi delle famiglie in provincia di Trento). La questione di legittimit costituzionale stata ritenuta non manifestamente infondata dal Tribunale di Trento in relazione all'art. 22 della Costituzione (Ord. 21 maggio 1964, G.U. 11 luglio 1964 n. 169, ed. spec.). R.D.L. li APRILE 1926, N. 752, art. 2 (Poteri dell'alto commissario per la citt e la provincia di Napoli in materia di espropriazioni per pubblica utilit). La questione di legittimit costituzionale, concernente l'estensione dell'ambito della giurisdizione della Giunta speciale presso la Corte di appello di Napoli, in relazione agli artt. 70 e 77, primo comma, della Costituzione, stata ritenuta non manifestamente infondata dalla Corte di appello di Napoli (Ord. 29 novembre 1963, G.U. 29 agosto 1964, n. 212, ed. spec.). LEGGE 20 DICEMBRE 1932, N. 1849, art. 3, secondo comma (Riforma del testo unico delle leggi sulle servit militari). La questione di legittimit costituzionale, per quanto riguarda la parte in cui implicitamente appare disposta la costituzione di servit senza indennizzo, stata PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 133 dalla Corte di Cassazione ritenuta non manifestamente infondata con riferimento all'art. 42, terzo comma, della Costituzione (Ord. 27 gennaio 1964, G.U. 29 agosto 1964, n. 212, ed. spec.). T.U. 3 MARZO 1934, N. 383, art. 260 (Legge comunale e provinciale). La questione di legittimit costituzionale, concernente i consigli di prefettura, stata rimessa dalla Corte dei Conti -sezione giurisdizionale -alla Corte Costituzionale, in relazione all'art. 103, comma secondo, della Costituzione (Ord. 28 aprile 1964, G.U. 11 luglio 1964, n. 169, ed. spec.). T.U. 3 MARZO 1934, N. 383, artt. 87, ultimo comma, 140, ultimo comma, 165 e 296 (Legge comunale e provinciale). La questione di legittimit costituzionale, per quanto riguarda il potere conferito al Prefetto di autorizzare enti locali e consorzi a stipulare contratti a trattativa privata allorquando ricorrano circostanze eccezionali e ne sia evidente la necessit e la convenienza, nonch in quanto riguarda la subordinazione dell'impegnativit, per l'ente contraente, dei c()ntratti stipulati senza la prescritta autorizzazione prefettizia al visto dello stesso organo,. cui si attribuisce facolt di negare l'esecutivit dei contratti quantunque riconosciuti regolari, stata ritenuta non manifestamente infondata dal Tribunale di Messina con riferimento agli artt. 5, 128, 130 e IX disposizione transitoria finale della Costituzione (Ord. 17 marzo 1964, G.U. 25 luglio 196+ n. 182, ed. spec.). LEGGE 17 AGOSTO 1942, N. 1150, art. 7, n. 2, 3 e 4 (Legge urbanistica). La questione di legittimit costituzionale, concernente taluni limiti imposti dai piani regolatori generali dei Comuni, stata rimessa dal Consiglio di giustizia amministrativa per la regione siciliana, in sede giuridisdizionale, alla Corte Costituzionale con riferimento all'art. 42, comma secondo e terzo, della Costituzione (Ord. 14 gennaio 1964, G.U. 25 luglio 1964, n. 182, ed spec.; v. pure due altre analoghe ordinanze con la stessa data, diverse in quanto relative solo ai numeri 2 e 3 dell'art. 7 della legge n. u50 del 1942, G.U. 25 luglio 1964, n. 182, ed. spec. e G.U. 29 agosto 1964, n. 212, ed spec.; cfr. altresi, retro, Il, 95). D.P.R. II GENNAIO 1956, N. 5, art. 3 (Compensi ai componenti delle Commissioni, Consigli, Comitati o Collegi operanti nelle Amministrazioni statali, anche con ordinamento autonomo, e delle Commissioni giudicatrici dei concorsi di ammissione e di promozione nelle carriere statali). La questione di legittimit costituzionale della suindicata norma, concernente il limite di dodici gettoni, con riferimento all'art. 36, primo comma, della Costituzione, stata ritenuta non manifestamente infondata dal Conciliatore di Monsumii:iano Terme (Ord. 7 luglio 1964, G.U. 29 agosto 1964, n. 212, ed. spec.). D.P.R. 27 OTTOBRE 1958, N. 956 (Norme concernenti la disciplina della circolaziotee stradale). La questione di legittimit costituzionale stata dal Pretore di Ariano Irpino ritenuta non manifestamente infondata in relazione agli artt. 76 e 77 della Costituzione (Ord. 19 ottobre 1963, G.U. 29 agosto 1964, n. 212, ed. spec.). In proposito, peraltro, la Corte Costituzionale si gi pronunciata dichiarando non fondate le questioni di legittimit costituzionale della legge 4 febbraio 1958, n. 572, del D.P.R. 27 ottobre 1958, n. 956 e del T.U. approvato con D.P.R. 15 giugno 1959, n. 393 (Corte Cost., sent. 6-19 dicembre 1963, n. 163, G.U. 21 dicembre 1963, n. 331, ed. spec.) .. LEGGE 30 LUGLIO 1959, N. 559, art. 2 (Condono in materia tributaria per sanzioni non aventi natura penale). 134 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La questione di legittimit costituziona~e, per quanto concerne la limitazione del, condono alle controversie definite entro un anno dalla entrata in vigore della legge, stata dalla Commissione distrettuale delle imposte di La Spezia rimessa alla Corte Costituzionale con riferimento all'art. 3 della Costituzione (Ord. 28 aprile 1964, G.U. 29 agosto 1964, n. 212, ed. spec.). T.u. 16 MAGGIO l96o, N. 570, art. 15 (Testo unico delle leggi per la composizione degli organi delle Amministrazioni comunali). La questione di legittimit costituzionale, per quanto riguarda i limiti all'esercizio del diritto-dovere dei cittadini, cui sono affidate pubbliche funzioni, limiti diversi da quelli attinenti alla disciplina ed all'onore, con riferimento all'art. 54 della Costituzione, stata rimessa alla Corte Costituzionale dal Consiglio comunale di Baiso (Del. 13 aprile 1964, G.U. 25 luglio 1964, n. 182, ed. spec.). Le questioni di legittimit costituzionale dell'intero art. 15 in relazione agli artt. 3, 24, 25, 48, 51 e 113 della Costituzione, peraltro, sono gi state dichiarate non fondate dalla Corte Costituzionale (Corte Cost., sent. 3-n luglio 1961, n. 42, G.U. 15 luglio 1961, n. 174,, ed. spec. e, da ultimo, con richiamo alle precedenti, Ord. 6-18 giugno 1963, n. lOl, G.U. 22 giugno 1963, n. 167, ed. spec.). n.P.R. 14 LUGLIO l96o, N. 1032 (Norme sul trattamento economico e normativo degli operai e degli impiegati addetti alle industrie edilizie ed affini). D.P.R. l l DICEMBRE 1961, N. 1642 (Norme sul trattamento economico e normativo, degli operai dipendenti dalle imprese edili ed affini delle province i Catania, Palermo, Siracusa e Trapani). La questione di legittimit costituzionale, con riferimento al primo dei suindicati provvedimenti, per la parte che rende obbligatorio erga omnes l'art. 6I del contratto, collettivo nazionale di lavoro 24 luglio 1959, e con riferimento al secondo, per la parte che rende obbligatorie erga omnes le clausole rn e 13 (questa in quanto riguarda la Cassa edile) dell'accordo collettivo integrativo 30 settembre 1959 per gli operai addetti alla edilizia nella provincia di Palermo, stata ritenuta non manifestamente infondata in relazione all'art. 76 della Costituzione dalla Corte di Cassazione (Ordinanze 14 aprile 1964, G.U. 29 agosto 1964, n. 212, ed. spec.; v. pure retro, 11, 97 e 98). D.P.R. 9 MAGGIO 1961, N. 865 (Norme sul trattamento economico e normativo degli operai dipendenti dalle imprese edili ed affini delle province di Avellino, Benevento, Caserta, Napoli e Salerno). La questione di legittimit costituzionale, in quanto riguarda l'obbligatoriet per la provincia di Napoli della clausola dell'art. 7 del contratto collettivo integrativo 2 ottobre 1959 stata ritenuta non manifestamente infondata dal Pretore di Casoria con riferimento all'art. 76 della Costituzione (Ord. 3 giugno 1964, G.U. 25 luglio 1964, n. 182, ed. spec.; v. pure retro, Il, 98). LEGGE 6 DICEMBRE 1962, N. 1643 (Istituzione dell'Ente nazionale per l'energia elettrica e trasferimento ad esso delle imprese esercenti le industrie elettriche). D.P.R. 15 DICEMBRE 1962, N. 1670 (Organizzazione dell'Ente nazionale per l'energia elettrica). D.P.R. 4 FEBBRAIO 1963, N. 36 (Norme relative ai trasferimenti all'Ente nazionale per l'energia elettrica delle imprese esercenti le industrie elettriche). D.P.R. 25 FEBBRAIO 1963, N. 138 (Norme relative agli indennizzi da corrisponderealle imprese assoggettate a trasferimento all'Ente nazionale per l'energia elettrica). I D.P.R. 14 MARZO 1963, N. 219 (Trasferimento all'Ente nazionale per l'energia elettrica dell'impresa della societ per azioni Edisonvolta). I PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 135 La questione di legittimit costituzionale stata ritenuta non manifestamente infondata dal vice Conciliatore di Milano (r) con riferimento agli artt. 5, 25, 47, 76, :Sr, ro2 e rr3 della Costitu.zione (Ord. r6 gennaio r964, G.U. 29 agosto r964, n. 2r2, ed. spec.). Le questioni di legittimit costituzionale gi sollevate in relazione a talune disposizioni dei primi tre provvedimenti suindicati e con riferimento ad altre norme della Costituzione nonch a norma degli statuti speciali de'la Valle d'Aosta e del Trentino-Alto Adige sono state dichiarate non fondate dalla Corte Costituzionale (v. retro, Il, 45). LEGGE 25 FEBBRAIO r963,. N. 327 (Norme sui contratti a miglioria in uso nelle provincie del Lazio). La questione di legittimit costituzionale dell'intera legge suindicata con riferimento agli artt. 3, 24, 41, 42, 43, 44, 97, IOI, rn4, rn8 e 113 della Costituzione .stata ritenuta non manifestamente infondata (v. pure retro, Il, 99) dal Tribunale di Frosinone (Ordinanze r3 maggio r964, G.U. rr luglio r964, n. r69, ed. spec. e 8 giugno 1964, G.U. 29 agosto 1964, n. 212, ed. spec.) e dal Pretore di Veroli (Ord. 15 maggio r964, G.U. 11 luglio 1964, n. r69, ed. spec.). (1) Con la stessa ordinanza, il medesimo vice Conciliatore ha disposto la trasm1ss1one
  • . L'antica dottrina privatistica aveva approfondito il concetto, fondamentale per la configurazione della categoria degli immobili per destinazione, e ne aveva posto in evidenza l'elemento soggettivo: La causa dell'immobilizzazione consiste unicamente nell'intenzione del proprietario (BIANCHI, Trattato, voi. IX, I, I32). Non diversa, del resto, la presa PARTE II, QUESTIONI di pos1z10ne della moderna dottrina rispetto a quei casi, in cui la voluntas domini rimasta fattore determinante per il regime di alcuni beni (cfr. PESCATORE, ALBANO e GREco, Della propriet, 48). II concetto e l'atto del destinare non mutano la loro caratteristica di proiettarsi nel futuro, se applicati al campo del diritto pubblico, e pi precisamente ai beni pubblici. N pu influire sull'atteggiarsi della destinazione, l'essere questa indirizzata ad assicurare il godimento diretto e immediato del bene (uso pubblico), o piuttosto un servizio pubblico. A parte il rilievo cbe per gran parte della dottrina l'uso pubblico sarebbe comprensivo, in senso lato, anche del pubblico servizio (cfr. nella giurisprudenza recente Cass. 20 luglio 1957, n. 3061, Foro pad., 1957, I, 906) certo che rispetto ad entrambi la destinazione si pone come un atto di volont della pubblica amministrazione, diretto al soddisfacimento di una funzione mediante un uso del bene che previsto (e voluto), ma non ancora attuato. Da questo punto di vista particolarmente propria l'espressione, con la quale la legge sull'espropriazione per pubblica utilit accenna alla preveduta destinazione (art ..60), per indicare quella intentio, la cui mancata attuazione condiziona il diritto alla retrocessione. Ma le pi limpide pagine sulla destinazione dei beni pubblici sono state scritte dal RANELLETTI, nel fondamentale studio ap?arso sul finire del secolo scorso (Della formazione e cessazione della demanialit,. Giur. it., 1899, IV, 1 e sgg.). Con l'intento di dimostrare come la destinazione fosse requisito indispensabile di tutti i beni demaniali, -concezione oggi abbandonata -il RANELLETTI deline i caratteri della destinazione in modo estremamente chiaro: " La destinazione presuppone un atto di volont, tacita o espressa, con cui la cosa sia diretta ad. un dato scopo. La destinazione non coerente alla cosa, ma dipende dal fatto della societ stessa o dell'autorit, che la rappresenta. Ogni cosa, perci, considerata per se stessa, non n demaniale, n patrimo,niale; essa diviene demaniale solo per il rapporto, in cui posta con una data collettivit; e il semp'ice uso, casuale, precario, non dipendente, n riconosciuto da un atto di volont, tacita o espressa, dell'autorit pubblica, non pu essere l'effetto o lo scopo di una destinazione e non pu, quindi, produrre la demanialit. della cosa, che sia ad esso sottoposta .... "La forza obbligatoria della destinazione riposa solo nella volont dell'amministrazione pubblica ... " Per il subbietto giuridico, che agisce nel campo del diritto pubblico, la formazione del bene demaniale si presenta come uno dei mezzi per soddisfare i bisogni della collettivit . Da queste espressioni parrebbe conseguente dedurre che la vo'ont di destinare dovesse, nel pensiero del RANELLETTI, costituire un prius, rispetto al concreto uso del bene pubblico. Ma questa precisazione manca, nel fondamentale studio del Ranelletti, per una ragione di coerenza. Dovendo egli giustificare una destinazione anche per i beni del demanio naturale, era indispensabile configurare un atto di destinazione anche per tali beni, per i quali l'uso pubblico preesisteva, derivando .esso dalla natura della cosa. Tale atto il RANELLETTI ravvis nella legge, che riconosceva il carattere demaniale di questi beni: legge che inevitabilmente era un posterius, rispetto all'uso pubblico esercitato spontaneamente dalla col'ettivit. Per questa necessit di adattamento, il concetto di destinazione fini per essere deformato, sotto il peso dell'accentuazione della funzione pubblica, intesa coi:ne momento in cui il bene in condizione di rendere attualmente il servizio, di soddisfare attualmente il bisogno cui destinato . La citata sentenza n. 1095 segue sostanzialmente la via segnata, oltre mezzo secolo fa, dal RANELLETTI. L'affermazione secondo la quale la destinazione all'uso pubblico rappresenta il momento finale della demanialit accidentale n viene cosi a risultare, secondo_ l'attuale diritto positivo, viziata per eccesso, in quanto generalizza una destinazione che per molte fattispecie tipiche irrilevante, come hanno recentemente ribadito il SANDULLI e il CASSARINO negli scritti citati. Ma l'addebito pi grave tocca proprio la sostanza dell'affermazione, che, insistendo sulla destinazione come RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 138 momento finale e successivo alla nascita del bene, avvalora un equivoco in cui caduta anche una parte della . moderna dottrina (FALZONE, I beni indisponibili, 280 e sgg.): la confusione, cio, fra destinazione e impiego del bene. Nello scritto apparso su questa Rassegna si era messo in evidenza come, ai fini della qualiicazione del bene, il momento del concreto impiego fosse irri'.evante. Neppure per le strade -contrariamente all'opinione di una pur autorevole dottrina (ZANOBlNl, SANDULLI) che fa derivare dalla tradizione dell'art. 427 e.e. del 1865 il requisito della cc effettiva destinazione -l'apertura al transito rappresenta un momento determinante. Il tradizionale taglio del nastro rimane una cerimonia, che segna l'inizio dell'utilizzazione della strada (cfr. Gu1cc1ARD1, Il Demanio, 203) ma che nulla aggiunge alla natura del bene. Le espressioni con le quali, sotto il vigore del precedente codice, si sottolineava che cc per le strade non vi ha altra forma di godimento ~e non nell'uso diretto che ne fanno i cittadini col passarvi (DE RucGIERO, Istituzioni, ed. VI, vol. II, 331) non volevano significare che l'effettivo transito fosse essenziale per attribuire la demanialit, ma semplicemente che per le strade l'uso pubblico era diretto, a differenza dell'uso indiretto o mediato di altri beni. N si trova traccia della attualit del transito, quale tradizionale requisito del demanio stradale, nei maggiori autori che trattarono la materia sotto l'impero del Codice del 1865: al contrario, anche il Gu1cc1ARD1 riconosce che la fine della costruzione della strada sufficiente per la nascita del bene come demaniale (op. cit., 182, nota 2), conformemente alla premessa che l'utilizzazione concreta del bene rappresenta soltanto il lato cc interno della propriet pubblica, e non influisce affatto sul sorgere della demanialit (201 e sgg.). Nel diritto intermedio alcuni commentatori avevano bensi richiesto, per il carattere pubblico di una strada, il rquisito cc quod iter per eam publice haberi consueverit accanto al cc solum publicum... auctoritate publica destinatum (R1cHER10, Iur. univ., III, 5101 e segg.): ma il requisito della consuetudine del pubblico transito serviva solo a distinguere le strade pubbliche dalle viae agrariae che collegavano i fondi privati: non consta l'esistenza di alcun passo delle fonti, dal quale possa desumersi che una via praetoria o consularis divenisse pubblica solo con l'effettivo uso da parte dei cittadini. Escluso che la destinazione possa identificarsi con l'uso concreto e materiale del bene, non si ha difficolt ad ammettere che la destinazione, "come tale, esiga manifestazioni di volont attuali e concrete da parte della pubblica Amministrazione. Ma la volont di impiegare il bene che deve estrinsecarsi, non gi l'impiego medesimo. L'estrinsecazione della volont risponde all'antico insegnamento, secondo il quale cc In totum omnia quae animi destinatione agenda sunt, non nisi vera et certa scient:J perfici possunt (1. 76, PAPIN, lib. 24, Quaest.). Ed esigenza, a nostro avviso, soddisfatta ampiamente da quel complesso di atti e fatti amministrativi, .che costantemente accompagnano la costruzione di un'opera pubblica, dal progetto all'occupazione del bene, dalla espropriazione al collaudo: atti e fatti concreti indubbiamente rivelatori di una volont di destinazione. Quando, nelle elaborazioni dottrinali in tema di opere pubbliche, si sottolinea che " la destinazione dell'opera, l'impiego che di questa intende fare il committente, sono elementi determinanti per il progettista (cosi C1ANFLONE, L'appalto di opere pubbliche, 1957, 418) si enuncia una verit che importante sotto il profilo tecnico, ma che illumina anche il problema della natura giuridica dell'opera in costruzione. Pu dirsi che il progetto una prima manifestazione della volont di costruire per soddisfare concretamente un pubblico bisogno. Non senza motivo, in molti casi la approvazione del progetto ha valore di dichiarazione di pubblica utilit; anzi, da'la pubblicazione del progetto scaturiscono immediatamente, in talune recenti leggi, significative limitazioni dei diritti dei proprietari (1. 24 luglio 1961, n. 720 sulle autostrade). Ci conferma l'importanza dell'approvazione del progetto, come fatto anteriore ed esterno, gi indicativo di una volont di destinazione. PARTE Il, QUESTIONI 139 Questo collegamento teleologico, preparato dal progetto, si materializza poi, di solito, con la procedura espropriativa e l'occupazione del bene, accompagnate dall'inizio della costruzione dell'opera. A questo punto, la destinazione -nel senso sopra illustrato di volont di trasformare il bene per il soddisfacimento di un pubblico servizio - ormai perfetta: e, quando concorra il requisito dell'appartenenza allo Stato, alla Provincia o al Comune, il concepimento dell'opera in relazione alla sua pubblica destinazione le attribuisce, anche durante il suo divenire, il carattere di bene indisponibile, giusta l'art. 826 e.e. Alcuni autori hanno cercato di sminuire l'importanza dell'espropriazione e, in genere, dell'occupazione del bene e della successiva trasformazione, negando che da esse derivi l'effetto dell'indisponibilit del bene. A sostegno della tesi negativa si ricordata la giurisprudenza che ha escluso l'indisponibilit <;ii beni espropriati o costruiti per un determinato servizio pubblico, se poi questo rimane, di fatto, non attuato (Cass. 19 febbraio 1957 n. 598, Giust. civ. 1957, I, 1332; Cass. 8 agosto 1957, n. 3369, id. 1958, 98). L'obiezione, peraltro, superabile, sol che si consideri come la destinazione sia elemento determinante dell'indisponibilit fintanto che essa sussista, e non oltre. Anche una macchina da scrivere, indisponibile in quanto assegnata ad un ufficio pubblico, diviene patrimonialmente disponibile se l'Amministrazione decide di sclassificarla, o dimostra in modo non equivoco di non volerla pi destinare al pubblico servizio. Non si mai dubitato, infatti, che la destinazione, come elemento decisivo per l'insorgenza dell'indisponibilit, altrettanto decisiva per la sua cessazione (Corte Cost. 18 maggio 1959 n. 31, Foro pad. 1959 IV, 177; Cass. 9 aprile 1964, n. 811). Ritenere che il semplice non uso da parte dei cittadini, ancorch prolungato, non basti a far cessare la destinazione (IAVOLENUS, lib. X ex Cassio: cc Viam publicam popuius non utendo amittere non potest >>, D. XXXXllI, l 1, 2 De via publica reficienda), non significa voler negare che la pubblica Amministrazione possa manifestare per facta concludentia la volont di far cessare la destinazione, rendendo disponibile il bene. Ci chiarito, devesi per ribadire che l'espropriazione, o l'occupazione d'urgenza, non possono ridursi alle proporzioni di fatti o atti irri"evanti ai fini di una particolare destinazione del bene espropriato, o occupato in via definitiva. Se si considera che questi atti o fatti sono tali da far venir meno tutte le azioni esperibili sul fondo, sottratto alla disponibilit dei privati (art. 52 legge suEe espropriazioni) al fine dichiarato di far si che nessuno possa interrompere il corso dell'espropriazione o impedirne gli effetti, deve riconoscersi l'instaurazione di un collegamento fra questi cc effetti'" cosi energicamente tutelati, e la attivit amministrativa: collegamento che , in definitiva, gi una destinazione. Sempre in difesa di questo collegamento, mentre i diritti preesistenti si trasformano in diritti sull'indennit, impedito anche il perfezionamento di diritti in corso di insorgenza sul bene espropriato (usucapione). Indipendentemente dall'interruzione naturale (art. 1167 e.e.) che normalmente consegue all'occupazione del fondo, da ritenere che anche negli eccezionali casi di continuato possesso da parte del privato, la destinazione del bene impedisca il compimento dell'usucapione con il decorso del termine residuale. Come stato esattamente rilevato, con l'occupazione seguita dalla trasformazione del fondo deve ritenersi gi avvenuta la destinazione concreta del bene privato allo scopo di pubblica utilit... per cui non potrebbe farsene un uso diverso (CARUGNO, L'espropriazione per p.u., 1962, 176). Si spiega cosi, il costante orientamento giurisprudenziale, che esclude -di fronte a trasformazioni del fondo dirette alla costruzione dell'opera pubblica la possibilit di azioni restitutorie o possessorie. La giurisprudenza pone a fondamento di questa esclusione un rilievo che ci pare del tutto esatto, e cio, che l'attivit tecnica di trasformazione del bene coincide con quella amministrafrva, e perci non pu essere arrestata (Sez. Un. 18 aprile 1962, n. 758; Cass. 15 ottobre 1963, n. 2768). La stessa predisposizione della esecuzione su suolo altrui di un'opera pubblica 15 140 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO viene considerata manifestazione di un potere amministrativo (Sez. Un. 3 marzo 1g64, n. 479): il quale null'altro se non una destinazione ad un fine pubblico. Una recente sentenza della Suprema Corte ha riassunto felicemente questi concetti, osservando che l'inammissibilit di azioni possessorie deriva dal fatto che l'atto amministrativo, promuovendo la costruzione dell'opera pubblica, ha impresso al bene una particolare destinazione al pubblico interesse (Sez. Un. 28 aprile 1964, n. 1018). Esattissimo. La destinazione, caratteristica dell'indisponibilit, conferita al bene dall'Amministrazione non gi con una astratta deliberazione, ma attraverso quella serie di atti giuridici e materiali con i quali si promuove la costruzione dell'opera; in questo processo, l'effettiva utilizzazione rappresenta un evento ulteriore, che nulla aggiunge all'indisponibilit del bene (Contra, oltre alle sentenze citate su questa Rassegna 1955, 7, e segg., cfr. Cass., Sez. II pen., 16 novembre 1954, rie. Galletti, Giust. pen. 1955, Il, 522; Cass. 8 agosto 1957, n. 3369; Sez. Un. 18 ottobre 1961, n. 2226; Cass. 28 luglio 1962, n. 2215 in questa Rassegna, 1963, 48). Bene indisponibile , quindi, il ponte, il viadotto, l'opera d'arte di una strada in costruzione; indisponibile il bene dello Stato, della provincia e del comune, sul quale, come esattamente si esprime la Cassazione, siano state costruite opere che devono servire alla destinazione del bene al pubblico interesse " (Cass. 28 ottobre 1959, n. 3163). Il passaggio dall'indisponibilit alla demanialit avviene poi in un momento successivo, con la nascita del bene nella sua fattispecie tipica, e cio, con l'ultimazione dell'opera. Sarebbe interessante, a questo riguardo, cercare di fissare il momento finale di questa evoluzione che presenta aspetti diversi a seconda dei vari tipi di demanio artificiale. In talune opere pubbliche di grandi dimensioni o di vasta estensione, potrebbe ritenersi che anche costruzioni parziali acquistino, non appena ultimate, il carattere della demanialit. Un viadotto lungo migliaia di metri e del costo di miliardi gi una strada, e parte di una strada, ancor prima che il tracciato di questa sia ultimato; esso demaniale, e non solo indisponibile, non appena finita la sua costruzione. Una casa cantoniera su una strada ferrata in costruzione demaniale non appena edificata, anche se la strada ferrata, di cui fa parte, non del tutto ultimata. In questo senso, la categoria del bene demaniale si sfaccetta ' nelle sottospecie dei suoi componenti: e il sorgere della sottospecie nella sua compiuta conformazione, segna, a nostro avviso, il sorgere di singoli beni intrinsecamente demaniali, ancorch l'opera completa non sia ultimata. Ripugna pensare che un'autostrada in costruzione non sia una vera autostrada, nelle parti e nelle opere ultimate. Ma indipendentemente da questo problema, che supera i limiti di questa nota, ci pare di poter ribadire l'opinione altre volte espressa su questa Rassegna, e cio che nella fase formativa della demanialit le singole opere o parti di opere acquistino immediatamente, per la loro immanente destinazione al pubblico servizio, il carattere dell'indisponibilit. Pu concludersi, quindi, che la destinazione non tanto il momento finale della demanialit, quanto piuttosto il momento iniziale dell'indisponibilit. Al momento del completamento dell'opera avr invece inizio la demanialit, senza soluzione di continuit e indipendentemente da una concreta utilizzazione dell'opera stessa. A. cmcco CONSULTAZIONI* AGRICOLTURA E FORESTE Propriet privata -Vincolo idrogeologico 1) Se sia derogabile il vincolo idrogeologico imposto alla propriet privata dal r.d. 30 dicembre 1923, n. 3267 anche a scopo di costruzioni edilizie (n; 36). 2) Se la procedura da seguire per la concessione delle deroghe al detto vincolo sia quella prevista dal regelamento 16 maggio 1926, n. n26 per l'applicazione del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3267 (n. 36). 3) Se 1a Camera di Commercio, nel concedere deroghe al vincolo forestale per costruzioni edilizie, possa prescrivere a carico del beneficiario un deposito cauzionale a garanzia delle condizioni che intende imporre (n. 36). AMMINISTRAZIONE PUBBLICA Donazioni di beni immobili al Demanio dello Stato -Autorizzazione Se l'acquisto di beni immobili da parte dello Stato debba essere autorizzato ai sensi e con la procedura della I. 8 giugno 1850, n. 1037 e successive modifiche (n. 286). APPALTO Opere pubbliche -Fallimento dell'appaltatore l) Quali effetti determini il fallimento dell'appaltatore sui contratti di appalto per le opere pubbliche (n. 276). 2) Se in caso di fallimento dell'appaltatore siano applicabili gli artt. 340 e 341 della I. 20 marzo 1865, n. 2248, all. F e gli artt. 27 e seguenti del r.d. 25 maggio 1895. n. 350 (n. 276). 3) Se l'appalto per le opere pubbliche sia un contratto fondato sull'intuitus personae (n. 276). 4) Quale procedura sia opportuno adottare in caso di fallimento dell'appaltatore per garantire gli interessi dell'Amministrazione committente (n. 276). AUTOVEICOLI Fallimento dell'avente diritto all'indennit di requisizione Se, in caso di requisizione, l'Amministrazione requirente possa invocare l'art. 3 del r.d.l. 15 marzo 1927, n. 436 (che vincola l'indennit di requisizione al pagamento dei crediti garantiti da privilegio iscritto sull'autoveicolo requisito) e l'art. 31 delle disposizioni di attuazione approvate con r.d. 29 luglio 1927, n. 1814 (che condiziona il versamento dell'indennit all'esibizione di certificato dell'A.C.I. da cui risulta la insussistenza di privilegi, per rifiutare il pagamento dell'indennit di requisizione al curatore del fallimento (n. 66) . .. La formulazione del quesito non riflette in alcun modo la soluzione che ne stata data. 142 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO AVVOCATI E PROCURATORI Convenzione internazionale di New York del 20 giugno 1956 Se siano operative le norme sul foro (n. 201). 4) Se l'appalto per le opere pubbliche sia un contratto fondato sull'intuitus personae (n. 201). 5) Quale procedura sia opportuno adottare in caso di fallimento dell'appaltatore per garantire gli interessi dell'Amministrazione committente (n. 201). PARTE Il, CONSULTAZIONI 143 Pignorarnento stipendi 6) Se le eccezioni previste dall'art. 2 del d.p.r. 5 gennaio 1950, n. 180 al principio generale della impignorabilit degli stipendi siano operative anche per l'indennit integrativa speciale concessa con 1. 27 maggio 1959, n. 324 e per l'integrazione temporanea mensile concessa con 1. 27 settembre 1963, n. 1315 (n. 202). Poste e Telecomunicazioni 7) Se e con quali moda!it possa disporsi il pagamento in favore del procuratore autorizzato dal creditore alla riscossione in ipotesi di versamenti effettuati a mezzo di conto corrente postale (n. 203). DAZI DOGANALI Dogane -Benefici all'importazione Se l'art. 260 reg. es. Legge Doganale, modificato dall'art. 2 d.p.r. 12 ottobre 1956, n. 146o, che stabilisce le condizioni per l'emissione dei duplicati delle bollette di esportazione e per il conseguente rimborso dei diritti spettanti su merci importate, sia applicabile al caso di esportazione col beneficio del reintegro ai sensi dell'art. 1 della I. 26 febbraio 1963, n. 259 (n. 23). DEMANIO Demanio marittimo -Efficacia della determinazione di procedere alla delimitazione ai sensi dell'art. 1148 e.e. 1) '3e, in materia di demanio marittimo, la determinazione di procedere alla delimitazione" possa essere considerata, per gli effetti dell'art. 1148 e.e., equivalente ad una domanda giudiziale (n. 188). Foreste demaniali della Regione Siciliana 2) Se l'art. 50 del t.u. 5 giugno 1939, n. 1016 della legge sulla caccia che costituisce in bandita di rifugio e di ripop'Jlamento della selvaggina le foreste gestite dall'Azienda di Stato per le Foreste Demaniali, sia applicabile alle foreste demaniali della Regione Siciliana," ad essa pervenute dallo Stato o da essa direttamente acquistate e la cui gestione affidata all'Azienda Foreste Demaniali della Regione Siciliana (n. 189). Imposizione servit telefonica su beni demaniali 3) Se i beni demaniali e del patrimonio indisponibile dello Stato siano suscettibili di imposizione di servit coattiva di appoggio e passaggio di linee telefoniche (n. 190). 4) A quali criteri deve ispirarsi la determinazione del canone per l'appoggio su beni dello Stato di linee telefoniche dell'Azienda di St;ito per i servizi telefonici (n. 190)). DONAZIONI Donazioni di beni immobili al demanio dello Stato -Autorizzazione Se l'acquisto di beni immobili da patte dello Stato debba .essere autorizzato ai sensi e con la procedura della I. 8 giugno 1850, n. 1037 e successive modifiche (n. 36). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 144 EDILIZIA ECONOMICA E POPOLARE Alloggi popolari -Cessione in propriet l) Se, ai snsi dell'art. 16 del d.p.r. 17 gennaio 1959, n. 7, l'immediato ed integrale pagamento del prezzo di cessione dell'alloggio popolare importi il trasferimento immediato della propriet dell'alloggio all'inquilino (n. 148). 2) Se, ai sensi dell'art. 9 del d.p.r. 17 gennaio 1959, n. 7 si verifichi il trasferimento immediato della propriet dell'alloggio all'inquilino anche nel caso di pagamento del prezzo dilazionato in venti annualit (n. 148). ELETTRICITA' ED ELETTRODOTTI E.N.E.L. -Costituzione di ipoteche su impianti idroelettrici l) Se, dopo l'entrata in vigore della l. 6 dicembre 1962, n. 1643, siano possibili ed abbiano pratica efficacia le costituzioni di ipoteche,,a garanzia di. mutui, su impianti idroelettrici dell'E.N.E.L. e se possa essere concesso, per i detti contratti di mutuo, il nulla osta previsto dal 30 comma dell'art. 29 del t.u. l 1 dicembre 1933 n. 1775 (n. 12). E.N.E.L. -Riserva di sfruttamento giacimenti minerari a favore delle F.S. 2) Se la r. 6 dicembre 1962, n. 1643 istitutiva dell'E.N.E.L. abbia abrogato sostanzialmente la riserva a favore delle F.S. sancita dal r.d. 20 febbraio 1939, n. 318 della ricerca e coltivazione dei giacimenti minerari di vapori a gas comunque suscettibili di essere utilizzati per la produzione di energia elettrica esistenti nel territorio delle province di Grosseto, Livorno, Pisa e Siena (n. 13). Linee elettriche -Norme tecniche 3) Quale sia la natura giuridica delle " Norme esplicative del r.d. 25 novembre 1940, n. 1969 contenente le norme per la costruzione delle linee elettriche aeree esterne (n. 14). 4) Se, nel caso di contrasto tra il dettato di una norma del suddetto r.d. ed il contenuto delli. nota esplicativa, possa attribuirsi valore preminente a quest'ultima (n. 14). ESECUZIONE FISCALE Azione in separazione Se il suocero del debitore sia legittimato a reclamare la propriet dei mobili pignorat, a seguito di procedura esecutiva esattoriale in una casa locata al reclamante e nella quale il del;>itore siai ospitato in modo permanente (n. 68). ESECUZIONE FORZATA Pignoramento stipendi Se le eccezioni 'previste dall'art. 2 del d.p.r. 5 gennaio 1950, n. 18o al princ1p10 generale della impignorabilit degli stipendi siano operative anche per l'indennit integrativa speciale concessa con l. 27 maggio 1959. n. 324 e per l'integrazione temporanea mensile concessa con 1. z7 settembre 1g63, n. 1315 (n. 36). PARTE II, CONSULTAZIONI 145 ESPROPRIAZIONE PER P.U. Esproprio -Deposito indennit l) Se possono essere accettati in deposito dalla Cassa DD.PP., ai sensi dell'art. 12 t.u. z gennaio 1913, n. 453 e degli artt. z e 7 lett. a) D. Min. Tes. zz novembre 1954' residui di somme dovute per indennit di esproprio a norma della I. 5 giugno 1865, n. z359, qualora la differenza sia stata gi pagata direttamente dall'espropriante all'espropriato (n. 185). Tassabilit degli interessi sulle indennit di espropriazione e di occupazione z) Se siano soggetti ad imposta di R.M. gli interessi legali maturali sul supplemento di indennit di espropriazione e di occupazione deciso dall'a.g.o.; e se detta imposta, ove sia dovuta, possa essere riscossa mediante ritenuta diretta (n. 186). FALLIMENTO Autoveicoli -Requisizioni 1) Se, in caso di requisizione, l'Amministrazione requirente possa invocare l'art. 3 del r.d.l. 15 marzo 19z7, n. 436 (che vincola l'indennit di requisizione al pagamento dei crediti garantiti da privilegio iscritto sull'autoveicolo requisito) e l'art. 31 delle disposizioni di attuazione approvate con r.d. z9 luglio 19z7, n. 1814 (che condiziona il versamento dell'indennit all'esibizione di certificato dell' A.C.I. da cui risulti la insussistenza di privilegi) per rifiutare il pagamento dell'indennit di requisizione al curatore del fallimento (n. 80). Concordato z) Se dopo il concordato le somme dovute al fallimento debbano essere versate al curatore o all'assuntore del fallimento (n. 81). Fallimento appaltatore di OOPP. 3) Quali effetti determini il fallimento dell'appaltatore sui contratti di appalto per le opere pubbliche (n. 8z). 4) Se in caso di fallimento dell'appaltatore siano applicabili gli artt. 340 e 341 della 1. zo marzo 1865, n. 2z48, all. F e gli artt. z7 e segg. del r.d. z5 maggio 1895, ~~~~ . 5) Se l'appalto per le opere pubbliche sia un contratto fondato sull'intuitus personae (n. 8z). 6) Quale procedura sia opportuno adottare in caso di fallimento dell'appaltatore per garantire gli interessi dell'Amministrazione committente (n. 8z). Interessi moratori 7) Se i crediti privilegiati d'imposta continuino a produrre interessi anche successivamente alla dichiarazione Cli fallimento (n. 83). Societ a r.l. 8) Se dopo la chiusura del fallimento di una societ a r.l. i singoli soci rispondano delle obbligazioni non soddisfatte in sede di reparto per insufficienza di attivo (n. 84). FERROVIE Concessione D" 1) Se la moglie di un dipendente dell'Amministrazione ammesso al beneficio della Concessione Speciale D per le F.S., separata dal marito per colpa di entrambi RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 146 i coniugi ed alla quale stato con sentenza riconosciuto il diritto ad assegno alimentare, abbia diritto al godimento della predetta concessione (n. 353). E.N.E.L. -Riserva di sfruttamento giacimenti minerari a favore delle F,S. 2) Se la I. 6 dicembre 1962, istitutiva dell'E.N.E.L. abbia abrogato sostanzialmente la riserva a favore delle F.S. sancita dal r.d. 20 febbraio 1939, n. 318 della ricerca e coltivazione dei giacimenti minerari di vapori a gas comunque suscettibili di essere utilizzati per la produzione di energia elettrica esistenti nel territorio delle province di Grosseto, Livorno, Pisa e Siena (n. 354). FILIAZIONE Convenzione Internazionale di New York del 20 giugno 1956 1) Quale sia la legge applicabile per l'accertamento e la costituzione del rapporto di filiazione naturale (n. 6). 2) Sui criteri e sulle modalit di attuazione in Italia, in tema di obbligazioni alimentari derivanti dal rapporto di filiazione naturale, della Convenzione Internazionale per il recupero degli alimenti all'estero, firmata a New York il 20 giugno 1956 e ratificata dall'Italia con I. 23 marzo 1958, n. 338 (n. 7). 2) Quale sia la legge applicabile nei giudizi promossi in attuazione della Convenzione di New York del 20 giugno 1956 (n. 7). 4) Sulla delibazione delle sentenze straniere che 'dichiarano la sussistenza del rapporto di paternit naturale in applicazione di principi del tutto diversi da quelli vigenti nel nostro ordinamento (n. 8). 5) Sulle condizioni richieste dal n. 1 dell'art. 269 del e.e. per la dichiarazione giudiziale della paternit naturale (n. 9). IMPIEGO PUBBLICO Dipendente pubblico -Aggiunta di famiglia -Figlio naturale 1) Se un dipendente pubblico abbia diritto alla quota di famiglia per il proprio figlio naturale dalla data di nascita anzich da quella del matrimonio con la madre dello stesso, quando il Tribunale, adito per il disconoscimento della paternit ex lege del precedente marito della madre del minore, il matrimonio dei quali era stato sciolto per dispensa de' rato e non consumato abbia anche dichiarato che il minore stesso debba essere iscritto nei registri di Stato Civile come figlio legittimo del pubblico dipendente (n. 561). .> Impiegato statale -Cessione stipendio 2) Se sia ammessa la cessione di quote di stipendio per debiti alimentari (n. 562). 3) Quali siano le indennit e gli assegni assoggettabili a ritenute mensili in caso di pignoramento (n. 562). ,, IMPORTAZIONE-ESPORTAZIONE Dogane -Benefici all'importazione -Condizioni 1) Se l'art. 260 reg. es. Legge Doganale, modificato dall'art. 2 d.p.r. 12 dicembre 1956, n. 1460, che stabilisce le condizioni per l'emissione dei duplicati delle bol PARTE. Il, CONSULTAZIONI 147 lette di esportazione e per il conseguente rimborso dei diritti spettanti su merci importate, sia applicabile al caso di esportazione col beneficio del reintegro, ai sensi deL'art. 1 della I. 26 febbraio 1963, n. 259 (n. 31). Importazione zucchero 2) Se la disciplina stabilita dal provvedimento C.I.P. 24 marzo 1964, n. w66 e dal d.m. 2 aprile 1964 sul conguag:io del prezzo dello zucchero di importazione si applichi anche alle ipotesi in cui la licenza d'importazione sia stata ri:asciata dal Ministero del Commercio con l'Estero prima del:a emanazione dei suddetti provvedimenti e al di fuori della concessione di integrazione di przzo (n. 32). IMPOSTA DI R.M; Tassabilit degli interessi sulla indennit di espropriazione e di occupazione Se siano soggetti ad imposta di r.m. g:i interessi legali maturati sul supplemento di indennit di espropriazione e di occupazione deciso dal?a.g.o.; e se detta imposta, ove sia dovuta, possa essere riscossa mediante ritenuta diretta (n. 26). MATRIMONIO Cause di opposizione -Legittimazione passiva 1) Se nelle controversie derivanti da opposizione al matrimonio, sia passivamente legittimato il Ministero dell'Interno o l'ufficiale dello stato civile (n; 17). Delibazione di sentenze straniere 2) Sulla delibazione delle sentenze straniere che dichiarazione la separazione personale di coniugi italiani (n. 18). PIGNORAMENTO Stipendi -Indennit integrativa speciale 1) Se le eccezioni previste dall'art. 2 del d.p.r. 5 gennaio 1950, n. 180 al principio generale della impignorabilit degli stipendi siano operative anche per l'indennit integrativa speciale concessa con I. 27 maggio 1959, n. 324 e per l'integrazione temporanea mensile concessa con I. 27 settembre 1963, n. x315 (n. 8). Titoli affidati all'Amministrazione postale 2) Se siano ammissibili il sequestro, in sede civi'e, o il pignoramento dei titoli affidati all'Amministrazione postale per la riscossione (n. 9). POLIZIA Misure di sicurezza in Alto Adige Se ad un privato proprietario di un albergo, che ha risentito danno dal divieto di parcheggio stabilito per un tempo limitato dall'autorit di P.S. nello spazio antistante l'albergo stesso e circostante una cabina elettrica oggetto di attentati terroristici, spetti il risarcimento del danno medesimo, o, quanto meno, un indennizzo (n. 33). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEJ4,0 STATO 148 POSTE E TELECOMUNICAZIONI Linee elettriche -Norme tecniche l) Quale sia la natura giuridica delle note esplicative del ~.d. 25 novembre 1940, n. 1969 contenente le norme per la costruzione delle linee elettriche aeree esterne (n. 107). 2) Se, nel caso di contrasto tra il dettato di una norma del suddetto r.d. ed il contenuto della nota esplicativa, possa attribuirsi valore preminente a quest'ultima (n. 107). Pagamenti al procuratore 3) Se e con quali modalit possa disporsi il pagamento in favore del procuratore autorizzato dal creditore alla riscossione in ipotesi di versamenti effettuati a mezzo di conto corrente postale (n. 108). Titoli affidati alle Poste per la riscossione 4) Se siano ammissibili il sequestro, in sede civile, o il pignoramento dei titoli affidati all'Amministrazione postale per la riscossione (n. 109) PRESCRIZIONE Contributi assicurativi 1) Se, nei confronti della P.A., corra la prescrizione quinquennale di cui all'articolo 55 d.l. 4 ottobre 1935 n. 1827 relativa al versamento dei contributi assicurativi all'I.N.P.S., in caso di licenziamento del dipendente successivamente annullato in accoglimento di ricorso gerarchico (n. 42). 2) Se il prestatore di lavoro possa proporre azione di risarcimento dei danni derivanti da mancate contribuzioni a sensi dell'art. 2u6 e.e. anche prima del raggiungimento dell'et di pensionamento (n. 42). Contributi assicurativi -Risarcimento danni 33) Quale sia il termine di prescrizione dell'azione di risarcimento del lavoratore contro il datore di lavoro che abbia omesso il versamento dei contributi assicurativi e se esso inizi a decorrere dalla cessazione del rapporto di lavoro o dal .compimento dell'et di pensionamento (n. 43). PREZZI Importazione zucchero Se la disciplina stabilita dal provvedimento C.I.P. 24 marzo 1964, n. 1066 e dal d.m. 2 aprile 1964 sul conguaglio del prezzo dello zucchero d'importazione si applichi anche alle ipotesi in cui la licenza d'importazione sia stata rilasciata dal Ministero del Commercio con l'Estero prima della emanazione dei suddetti provvedimenti e al di fuori della concessione di integrazione di prezzo (n. 57). PREVIDENZA ED ASSISTENZA Contributo assicurativi l) Se, nei confronti della P.A., corra la prescrizione quinquennale di cui all'articolo 55 d.l. 4 ottobre 1935, n. 1827 relativa al versamento dei contributi assicurativi PARTE II, CONSULTAZIONI all'I.N.P.S., in caso di licenziamento del dipendente successivamente annullato in accoglimento di ricorso gerarchico (n. 45). 2) Se il prestatore di lavoro possa proporre azione di risarcimento dei danni derivanti da mancate contribuzioni a sensi dell'art. 2'116 e.e. anche prima del raggiungimento dell'et di pensionamento (n. 45). Contributi assicurativi -Risarcimento danni 3) Quale sia il termine di prescrizione dell'azione di risarcimento del lavoratore contro il datore di lavoro che abbia omesso il versamento dei contributi assicurativi e se esso inizi a decorrere dalla cessazione del rapporto di lavoro o dal compimento dell'et di pensionamento (n. 46). PROCEDIMENTO CIVILE Applicazione della Convenzione Internazionale di New York del 20 giugno 1956 l) Se siano operative le norme sul foro dello Stato e sull'esenzione dalle tasse giudiziali nei procedimenti promossi dall'Amministrazione dell'Interno in attuazione della Convenzione Internazionale di Nw York del 20J giugno 1956 (n. 31). Opposizione all'esecuzione 2) Se in tema di opposizione di terzo all'esecuzione sia applicabile l'art. 102, 2<> comma, c.p.c. quando il ricorso non sia stato notificato al debitore nel termine perentorio assegnato dal Giudice a norma del 20 comma dell'art. 619 c.p.c. (n. 32). 3) Se il creditore procedente sia,tenuto al pagamento delle spese giudiziali quando, ritenendo attendibili le ragioni del terzo opponente, rinunzi all'azione esecutiva nel <:orso dell'udienza fissata dal Giudice per la comparizione delle parti (n. 32). PROPRIETA' Propriet privata -Vincolo idrogeologico 1) Se sia derogabile il vincolo idrogeologico imposto alla propriet privata dal r,d 30 dicembre 1923, n. 3267 anche a scopo di costruzion,i edilizie (n. 39). 2) Se la procedura da seguire per la concessione delle deroghe al detto vincolo sia quella prevista dal regolamento 16 maggio 1926, n. l 126 per l'applicazione del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3267 (n. 39). 3) Se la Camera di Commercio, nel concedere deroghe al vincolo forestale per <:ostruzioni edilizie, possa prescrivere a carico del beneficiario un deposito cauzionale a garanzia delle condizioni che intende imporre' (n. 39). REGIONI Regione Siciliana -Leggi sulla caccia l) Se l'art. 50 t.u. 5 giugno 1939, n. 1016 delle leggi sulla caccia, che costituisce in bandita di rifugio e di ripopolamento della selvaggina le foreste gestite dall'Azienda d1 Stato per le Foreste Demaniali, sia applicabile alle foreste demaniali della Regione Siciliana, ad essa pervenute dallo Stato o da essa direttamente acquistate e la 'cui gestione affidata all'Azienda Foreste Demaniali della Regione Siciliana (n. l 15). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 150 Regione Siciliana -Imposte e tasse 2) Se la legge della Regione Siciliana che regoli materie tributarie e sia costituzionalmente legittima prevalga sulla legge nazionale (n. 116). 3) Se un nuova legge nazionale renda costituzionalmente illegittima una legge regionale siciliana che ha adattato alle esigenze della regione l'istituto tributario. gi regolato dalla abrogata legge nazionale (n. 116). 4) Se la legge della Regione Siciliana 22 agosto 1952, n. 49, che applica nel territCJrio siciliano disposizioni pi favorevoli in materia d'imposta di registro violi i principi e gli interessi generali cui s'informa la legislazione dello Stato (n. 116). 5) Quali siano i requisiti formali richiesti per l'applicazione dei benefici previsti dalla legge della Regione Siciliana 22 agosto 1952, n. 49 in materia d'imposta di registro Fu atti di cessione (n. 116). J'alle d'Aosta -Tutela artistica e paesistica 6) Sulla ripartizione delle competenze tra il Ministero della Pubblica Istruzione e gli organi della Regione della Valle d'Aosta in materia di tutela artistica e paesistica nella Valle (n. 117). REQUISIZIONI Requisizione di autoveicoli -Fallimento Se, in caso di requisizione l'Amministrazione requirente possa invocare l'art. 3 de! r.d.l. 15 marzo 1927, n. 436 (che vincola l'indennit di requisizione al pagamento dei crediti garantiti da privilegio iscritto sull'autoveicolo requisito) e l'art. 31 de'le disposizioni di attuazione approvate con r.d. 29 luglio 1927, n. 1814 (che condiziona U versamento dell'indennit all'esibizione di certificato dell'A.C.I. da cui risulti la insussistenza di privilegi) per rifiutare il pagamento dell'indennit di requisizione al curatore del fallimento (n. 118). SENTENZA Delibazione sentenze straniere l) Sulla delibazione deEe sentenze straniere che dichiarazione la separazione personale di coniugi italiani (n. 16). 2) Sulla delibazione di sentenze straniere che dichiarano la sussistenza del rapporto di paternit naturale in applicazione di principi del tutto diversi da quelli vigenti nel nostro ordinamento (n. 17) Convenzione italo-tedesca del 9 marzo 1936 3) Se alle sentenze tedesche che dichiarano la sussistenza del rapporto di paternit naturale possa riconoscersi efficacia automatica di cosa giudicata in virt della Convenzione italo-tedesca del 9 marzo 1936 (n. 18). SEQUESTRO Titoli affidati all'Amministrazione postale Se siano ammissibili il sequestro, in sede civile, o il pignoramento dei titoli affidati all'Amministrazione postale per la riscossione (n. 20). PARTE II, CONSULTAZIONI 151 SERVITU' Imposizione servit telefonica su beni demaniali 1) Se i teni demaniali e del patrimonio indisponibile dello Stato siano suscettibili di imposizione di servit coattiva di appoggio e passaggio di linee telefoniche (n. 38). 2) A quali criteri deve ispirarsi la determinazione del canone per l'appoggio su beni dello Stato di linee telefoniche dell'Azienda di Stato per i Servizi Telefonici (n. 38). SOCIETA' Fallimento di societ a r.l. Se dopo la chiusura del fallimento di una societ a responsabilit limitata i singoli soci rispondano delle obbligazioni non soddisfatte in sede di reparto per insufficienza di attivo (n. 105). SPESE GIUDIZIALI Opposizione all'esecuzione 1) Se in tema di opposizione di terzo all'esecuzione sia app'icabile l'art. 102, 20 comma, c.p.c quando il ricorso non sia stato notificato al debitore nel termine perentorio assegnato dal Giudice a norma del 20 comma dell'art. 619 c.p.c. (n. 17). 2) Se il creditore procedente sia tenuto al pagamento delle spese giudiziali quando, ritenendo attendibili le ragioni del terzo opponente, rinunzi all'azione esecutiva nel corso dell'udienza fissata dal Giudice per la comparizione delle parti (n. 17). SUCCESSIONI Divisione \: \__ Se nel caso di divisione ereditaria tra parenti entro il terzo grado, con conguaglio \~i denaro, possa trovare applicazione la presunzione di liberalit stabilita dall'art. 5 \el d.l. 8 marzo 1945, n. 90 (n. 70). ~: ">cessioni dello Stato 2) Quale sia la documentazione necessaria per venire in possesso di eredit devoluta allo Stato a norma dell'art. 586 del e.e. (n. 71). . TELEFONI Imposizione servit telefonica su beni demaniali l) Se i beni demaniali e del patrimonio indisponibile dello Stato siano suscettibili di imposizione di servit coattiva di appoggio e di passaggio di linee te~efoniche (n. 27). 2) A quali criteri deve ispirarsi la determinazione del canone per l'appoggio su beni dello Stato di linee telefoniche dell'Azienda d Stato per i Servizi Telefonici (n. 27). 152 RASSEGNA DELI..'AVVOCATURA DELLO STATO Unione Italia11a Assistenza dell'Infanzia 3) Se, ai sensi dell'art. l del d.m. 19 settembre 1959, che stabilisce, ai fini dell'abbonamento telefonico urbano, varie categorie tariffarie, l'Unione Italiana Assistenza all'Infanzia possa essere assegnata alla quinta categoria quale Opera Pia legalmente riconosciuta (n. 28). TRATTATI E CONVENZIONI INTERNAZIONALI Convenzione Internazionale di New York del 20 giugno 1956 -Filiazione naturale l) Quale sia la legge applicabile per l'accertamento e la costituzione del rapporto di filiazione naturale (n. 14) 2) Sui criteri e sulle modalit di attuazione in Italia, in tema di obbligazioni alimentari derivanti dal rapporto di filiazione naturale, della Convenzione Internazionale per il recupero degli alimenti all'estero, firmata a New York il 20 giugno 1956 e ratificata dall'Italia con 1. 23 marzo 1958, n. 338 (n. 15) 3) Quale sia la legge applicabile nei giudizi promossi in attuazione della Convenzione di New York del 20 giugno 1956 (n. 15). Convenzione Internazionale di New York del 20 giugno 1956 -Delibazione sentenze straniere 4) Sulla delibazione delle sentenze straniere che dichiarano la sussistenza del rnpporto di paternit naturale in applicazione di principi del tutto diversi da quelli vigenti nel nostro ordinamento (n. 16). 5) Se alle sentenze tedesche che dichiarano la sussistenza del rapporto di pater .nit naturale possa riconoscersi efficacia automatica di cosa giudicata in virt della Convenzione italo-tedesca del 9 marzo 1936 (n. 17). 6) Sulla delibazione delle sentenze straniere che dichiarano la separazione personale di coniugi italiani (n. 18). Convenzione Internazionale di New York del 20 giugno 1956 -Procedimento civile 7) Se siano operative le norme sul foro dello Stato e sull'esenzione dalle tasse giudiziali nei procedimenti promossi dall'Amministrazione dell'Interno in attuazione della Convenzione Internazionale di New York del 20 giugno 1956 (n. 19). I ::