ANNO XVI N. 1 GENNAIO-FEBBRAIO 1964
RASSEGNA
DELL'AVVOCATURA DELLO STATO
Pubblicazione di servizio
ARTI GRAFICHE MllllLO ROMA
Con questo numero la Rassegna dell'Avvocatura dello
Stato assume, dopo sedici anni, una nuova veste, cui si
accompagna una riorganizzazione redazionale con la costituzione
di un corpo di redattori, composto di colleghi,
a ciascuno dei quali affidata la cura di una rubrica.
Questa specifica assunzione di responsabilit ha,
ovviamente, solo lo scopo di permettere il pi agevole
conseguimento dei fini propri , della Rassegna che restano
pur sempre quelli indicati fin dal primo numero:
la Rassegna, cio, vuol continuare ad essere, sopratutto,
un razionale strumento per il perfezionamento tecnico
dell'organizzazione istituzionale e per la migliore preparazione
professionale degli avvocati dello Stato. Perci
l'affidamento delle rubriche a singoli colleghi non solo
non esclude la collaborazione di tutti gli altri, ma anzi
tende a stimolarla e renderla pi organica e sistematica.
Il bilancio di questi sedici anni, che costituiscono la
prima fase, prevalentemente sperimentale, pu considerarsi
positivo; spesso, infatti, nella difesa degli interessi
fondamentali della Amministrazione dello Stato (che sono
poi gli interessi di tutti i cittadini) sia in sede giurisdizionale
sia qualche volta anche in altra sede, la possibilit
di far conoscere le nostre tesi ha concorso, in
misura notevole, a far conseguire utili risultati.
Ricordando e confermando l'impegno assunto nel
1948 diamo inizio a questa nuova fase della vita del nostro
periodico, con la certezza che al suo successo tutti
i colleghi si sentiranno personalmente impegnati.
Elenco delle principali annotazioni a sentenze:
La
redazione, La incostituzionalit del ricorso straordinario pag. 3
F. AGR, Ancora sulla distinzione tra interesse legittimo e interesse
a ricorrere . 44
F.
CARUSI, Tutela del diritto del richiedente su titolo intrasferibile
all'ordine di prenditore cartolare inesistente 60
F. CARUSI, In tema di liquidazione delle indennit per requisizione
alleate 68
F. CARUSI, Sugli effetti della dichiarazione di incostituzionalit
delle norme sulla composizione delle sezioni specializzate
agrarie )) 79
F. CARUSI,
Sugli effetti della dichiarazione di incostituzionalit
di decreti di scorporo per l'esecuzione della riforma fondiaria
)) 87
F. CARUSI, In tema di prowedimenti cautelari innominati . )) 97
F. CARUSI, In tema di conflitto di diritti di assegnatari di terre
di riforma )) 100
U.
GARGIULO, In tema di definitivit del bando di concorso
per conferimento di sedi farmaceutiche . 121
U.
GARGIULO, Sul termine per ricorrere avverso i decreti prefettizi
emananti nell'esercizio del potere di vigilanza sulle
opere pie . )) 127
U.
GARGIULO, In tema di applicabilit delle agevolazioni della
l. n. 408 del 1949 ai contratti anteriori alla legge . )) 147
L. CORREALE, Poteri del giudice ordinario di disporre, con
l'annullamento della decisione della Commissione provinciale
in tema di valutazione, la restituzione di somme gi
pagate )) 167
L.
CORREALE, Limiti dell'impugnativa giudiziaria delle decisioni
delle Commissioni provinciali in tema di valutazione )) 169
G.
GUGLIELMI, Competenza della Commssione Centrale delle
imposte nei giudizi di valutazione )) 185
G.
DEL GRECO, Sul ritardo nel pagamento dei corrispettivi
nell'appalto pubblico, e sulla natura giuridica del decimo
in caso di rescissione )) 193
G. GUGLIELMI, Slla liceit del Casin di Taormina . )) 223
-
INDICE
Parte prima: GIURISPRUDENZA
Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE pag. 3
Sezione seconda: GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 22
Sezione terza: GIURISPRUDENZA CIVILE 58
Sezione quarta: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 116
Sezione quinta: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 147
Sezione sesta: GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE PUBBLICHE AP
PALTI E FORNITURE 188
Sezione settima: GIURISPRUDENZA PENALE 217
Parte seconda: RASSEGNE QUESTIONI CONSULTAZIONI
RASSEGNA DI DOTTRINA pag. 3
RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 6
CONSULTAZIONI . 15
Le sezioni della parte prima sono curate, nell'ordine, dagli avvocati:
Michele Savarese, Giorgio Zagari, Franco Carusi, Ugo Gargiulo, Leonida Correale,
Giuseppe del Greco, Antonino Terranova;
le rassegne di dottrina e legislazione dagli avvocati:
Benedetto Saccari e Mario Fanelli.
Coordinamento generale: avvocati
Aristide Salvatori e Ugo Gargiulo.
INDICE ANALITICO-ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA.
ACQUE PUBBLICHE
-Sottensione parziale -Presupposti
di legittimit del provvedimento,
205.
-Sottensione totale e perziale di
utenza -DiscipHna delle due ipotesi,
205.
ALBERGHI
-Regolamenti edilizi comunali
Prescrizione di altezza degli edifici
-Provvedimento di deroga Motivazione
Comparazione tra
l'interesse albel'ghiero e l'interesse
urbanistico -Necessit, 119.
APPALTO
-Appalto di opere delle Ferrovie
dello Stato -Rescissione dell'appalto
-Decimo da pagarsi all'appaltatore
-Calcolo -Riferimento
ai prezzi revisionati, con nota di
G. DEL GRECO, 192.
-Aippalto di opere delle Ferrovie
dello Stato _ Ritardo nei pagamenti
-Responsabilit della p.a.
-Liquidazione dei danni in via
preventiva e forfettaria, con nota
di G. DEL GRECO, 192.
APPELLO
-Riserva facoltativa di appello contro
sentenza non definitiva -Appello
congiunto a quello contro
la sentenza definitiva, 102.
ARBITRATO
-Deposito del lodo -Ordinanza del
Presidente del Tribunale che ne.
ga l'esecutoriet _ Ricorribilit in
Cassazione, 188.
ATTO AMMINISTRATIVO
-Omesso o errato richiamo a norme
di legge -Non ragione di
illegittimit, 205.
-Piena conoscenza anteriore alla
notif.ca -Irricevibilit del ricorso
giurisdizionale, 209.
AUTORIZZAZIONE AMMINISTRATIVA
-
Diiniego Le!jione dii interesse
legittimo _ Danno ai sensi dell'art.
2043 e.e. -Insussistenza Domanda
di risal'cimento -Difetto
assoluto di giurisdizione, 32.
CASSAZIONE
-Ricorso per Cassazione -Erronea
indicazione dl norme violate -Irrilevanza
_ Ammissibilit, 102.
COMPETENZA E GIURISDIZIONE
-Consiglio di Stato -Decisione Ricorso
alle S.U. della Cassazione
-Motivi -Difetto di giurisdizione
-Estremi, 37.
-Consiglio di Stato -Decisione Impugnabilit
per Cassazione -Difetto
di motivazione -Non deducibtlit,
38.
-Decisione del Consiglio di Stato Impugnabilit
per Cassazione
Motivi attinenti alla giurisdizione
Decisione d'inammissibilit .od
improcedibilit -Non impugnabilit
per Cassazione, 38.
~
Impiego pubblico -Diritti patrimoniali
conseguenziali -Controversie
-Giurisdizione ordinaria,
22.
-Impieg0 pubblico _ Controversie -
Restitutio in integrum -Emolu
menti accessori allo stipendio
Competenza del Consiglio di Stato,
38.
-Impiego pubbilico -Controversie
in dipendenza diretta e immediata
del rapporto di impiego -Giurisdizione
esclusiva del Consiglio
di Stato, 22.
-Ricorso contro la sentenza di appello
e contro quella sulla revocazione
-Indagine preliminare sui
presupposti della 1giurisdizione, 31.
COMUNE
-D1ohiarazione di Comune come lo
Calit economicamente depressa ex
1. n. 365 del 1957 -Comuni viciniori
-Interesse, da parte di questi
ultimi, a ricorrere. Ammissibilit,
con nota di F. AGRO', 44.
CONCESSIONI AMMINISTIRATIVE
-Concessione di servizio pubblico di
ferrovia -Riscatto -Aree espropriate
o acquistate con fondi forniti
dallo Stato a 1forfait -Dev
luzione
gratuita a favore dello Stato,
140.
II
i '
I
I
iili
I
~
INDICE
IX
-Concessioni provvisorie -Inadempimento
del concessionario -Decadenza
-Controversie _ Competenza,
54.
-Sopravvenuta eccessiva onerosit
della prestazione -Risoluzione -
Inaommissibilit -Sopravvenuta eccessiva
onerosit di una sol!\ clausola
-Sua eliminazione -lnamsibilit,
139.
-Trasporti in concessione -Autolinee
~ Preferenze -Nuova coneessione
-Posizioni dei precedenti
concessionari -Preferenze -Limiti,
136.
CONTENZIOSO TRIBUTARIO
-Registro -Controversie di valutazione
Decisione delle Commissioni
proviuciali -Ricorso alla
Commissione Centrale, con nota di
G. GUGLIELMI, 185.
CONTRATTI . AGRARI
--Norme relative alla composizione
delle sezioni specializzate agrarie
-E}Lfetti della dichiarazione di incostituzionalit
_ Procedimento civile
-Vizio attinente ai presupposti
processuali -Difetto di costituzione
del giudice -Nullit insanabie
-Rinvio al giudice di I
grado, con nofa di F. CARUSI, 78.
CORTE COSTITUZIONALE
-Decisioni dei giudizi incidentali di
legittimit costituzionale -Natura
ed eJ!fetti nei giudizi principali ed
erga omnes , con nota di F.
CARUSI, 84.
-Giudizi incidentali di legittimit
costituzionale -Decisione di rigetto
-E:tlfetti, 108.
-pronuncia di illegittimit costitu-.
zionale -Natura -Efficacia retroattiva
-Sussistenza -Limiti,
con nota d F. CARUSI, 78.
COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA
-Obbligatoriet delle norme incostituzionali
prima (dell'efficacia)
della pronuncia della Corte Costituzionale,
con nota di F. CARUSI,
84.
--Previdenza e assistenza -Termine
per la proposizione dei ricorsi
in tema di assegni familiari _ De<'
orrenza dalla data di spedizione
della decisione impugnata -Illegittimit
costituzionale, 9.
DEMANIO
-Demanio storico ed artistico -Vin
colo di interesse storico e artistico
-Notifica precedente alla 1.
n. 1089 del 1939 -Rinnovazione Autonomia
rispetto al precedente
vincolo -Presupposti -Accertamento
Necessit, 13!!.
-Demanio storico e artistico -Vincolo
di interesse storico e artistico
-Contenuto -Indeterminatezza
-IHegittimit, 139.
DEPOSITO
-Depositi bancari e cassette di .sicurezza
-Sblocco Istanza di
sblocco -Rigetto -Impugnativa Lesione
di diritti soggettivi -Difetto
di giurisdizione del Consiglio
di Sttao, 57.
-Depositi consolari -Deposito regolare
-Obbligo di convertire le
somme depositate nella nuova carta
moneta, 72.
-Depositi consolari -Responsabilit
dello Stato italiano, 72.
EDILIZIA POPOLARE ED ECONOMICA
-Alloggi cooperativi -Assegnazione
-Ricorso di soggetto estraneo
alla cooperativa -Pronunzia della
Commissione -Illegittimit, 137.
-Commissione di vigilanza -Attribuzioni
di vigilanza e di decisione
-Distinzione . Pronunzia Motivazione
Perplessit -Illegittimit,
138.
ESECUZIONE FISCALE
-Riscossione delle imposte dirette
-Delegato governativo per la gestione
esattoriale -Diretta riferibilit
dell'attivit del delegato al1'
Amministrazione delle Finanze Conseguenza
circa l'onere delle
spese dei giudizi relativi alla riscossione
e circa la legittimazione
a proseguire i giudizi in corso all'atto
della cessazione dell'attivit
del delegato, 154.
ESPROPRIAZIONE PER P.U.
-Espropriazione ai sensi della 1. 15
gennaio 1885 n. 2892 -Interpellanza
ai sensi dell'art. 23 1. Urbanistica
_ Non necessaria -Sussistenza
del potere espropriativo -Impugnativa
-Competenza del Consiglio
di Stato, 25.
-
Indennit -Danno risarcibile per
protrazione ultrabiennale senza titolo
di occupazione di urgenza Destinazione
dell'area a sede di
opera pubblica prevista nel piano
RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO
X
di ricostruz:one -Irrilevanza, 113. GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA
-Occupazione in via d'urgenza da -Decisione del Consiglio di Stato
parte della Pubblica Amministrasu
eccezione di illegittimit costi
zione -Protrazione ultrabiennale tuzionale dichiarata in decisione,
della medesima senza il perfezioanzich
con separata ordinanza namento
della procedura esproIncensurabilit
da parte della Cas
prltiva -Trasformazione dell'imsazione,
28.
mobile in seguito a :costruzione IMPOSTA DI NEGOZIAZIONE
dell'opera pubblica -Risarcimento -Accertamento dell'Jmposta comple
dei danni -Liquidazione, 113. mentare da parte dell'Ufficio del
-Opere eseguite dallo Stato -ComRegistro
-Previa valutazione dei
pilazione e pubblicazione del protitoli
da parte del Comitato diretgetto
di massima -Non necessativo
Agenti di cambio -Natura
rie, 209. di tale Comitato -Imprescrittibi
-Prefissione del termine per le elit
del diritto di accertamento delspropriazioni
con decorrenza dall'imposta
prima che sia compiuta
la consegna dei lavri _ Illegittidetta
valutazione _ Inapplicabilit
mit, 210. della decadenza di cui all'art. 34
-Urgenza ed indifferibilit non dir.
d. n. 3269 e della prescrizione di
chiarata ex lege -Necessit di cui all'art. 16 d.l. n. 1975 del 1938,
specifica dimostrazione, 210. 163.
IMPOSTA DI REGISTRO
FALSO
-Aumenti di capitale per fusione o
-Falso documentale in atto pubbli
concentrazione di aziende -Con
co -Soggetto passivo -Danneg
temporaneit e strumentalit delle
giato dal reato -Distinzione, con
operazioni ai fini dei benefici fi
nota di A. TERRANOVA, 217.
scali -Nozione -Fattispecie, 157.
FARMACIE
-C3se di nuova costruzione -Age
-Bando di concorso per sede far
volazioni previste dall'art. 18 dt'll
maceutica -Sospensione del con
la l. n. 498 del 1949 -Contratti
corso -Successivo decreto prefet
di mutuo stipulati, per la costru
tizio di abrogazione del provvedi
zione di case di abitazione, prima
mento di sospensione -Definiti
dell'entrata in vigore della legge
vit, con nota di U. GARGIULO,
ma dopo l'entrata in vigore del
120.
d.1.1. 24 aprile 1946 n. 350 -Ap-
Competenza in materia di concor-
plicabilit, con nota di U. GAR
so farmaceutico -Assegnazione al
GIULO, 147.
medico provinciale, con nota di
-Decisione della Commissione pro
U. GARGIULO, 120.
vinciale in tema di valutazione
-Farmacie comunali -Autorizzazio
Azione giudiziaria -Limiti, con
ne -Motivazione -Valutazione deL
nota di L. CORREALE, 168.
le ragioni giustificanti la deroga
-Decisioni della Commissione pro
Necessit, 124.
v~nciale in tema di valutazione GIUDIZIO
CIVILE E PENALE Annullamento da parte del giu-
Giudice penale di secondo grado dice ordinario -Restituzione delle
-Liquidazione dei danni -Refor-somme pagate in esecuzione della
matio in peius -Inapplicabilit, decisione annullata -Ammissibicon
nota di A. TERRANOVA, 217. lit nello stesso giudizio, con nota
-Giudice penale di secondo grado di L. CORREALE, 161.
-Impossibilit di liquidazione del -Privilegio fiscale _ Permuta di bedanno
-Rimessione giudice civile, ni dotali .-Pignorabilit per de
con nota di A. TERRANOVA, 217. bito di imposta, 183.6
GIUOCO D'AZZARDO -Societ -Concentrazione di azien-
R.D. 31 maggio '1935, n. 1410, code
-Benefici previsti dall'art. 29
stitutivo dell'Ente turistico alberdella
1. 6 agosto 1954 n. 603 glhiero
per la Libia CE.T.A.L.) -P:i;esupposti -Limiti, 172.
Efficacia discriminante -Esercizio -Societ -Aumenti di capitale per
di casa da giuoco in Taormina, con fusione di societ o concentrazione
nota di G. GUGLIELMI, 230. di aziende sociali -Tassa fissa
INDICE
Xl
Presupposti, 157.
-Strumentalit dell'aumento di capitale
rispetto alla fusione di so
Ciet e alla concentrazione di
aziende sociali -Necessit che la
prova del requisito, ai fini dei benefici
fiscali, risulti dall'atto sottoposto
a registrazione -Insussistenza,
157.
-Trasferimenti immobiliari -Accessioni
-Presunzione ex art. 47
della legge 3269 del 1923 -Prova
contraria, 180.
IMPOSTA DI RICCHEZZA MOBILE
-Societ ed altri soggetti tassabili
in base a bilancio -Accertamento
induttivo -Condizioni, 175.
IMPOSTA DI SUCCESSIONE
-Fondi rustici -Accertamento automatico
del valore _ Applicabilit
-Limiti, 167.
IMPOSTE E TASSE
-Controversie giudiziarie -Foro erariale
-Opposizione agli atti ese'
Cutivi -Applicabilit, 168.
IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA
-Cessione di beni -Restituzione degli
stessi beni al venditore contro
restituzione o accredito del relativo
importo -Atto economico autonomamente
imponibile -Limiti,
151.
-Entrate a titolo di capitale non
soggette all'imposta -Nozione, 151.
-Movimento di danaro soggetto all'imposta
-Presupposti e condizioni
-Inesistenza di un aumento
di ricchezza per l'accipiens e concreta
non esercitabilit del diritto
di rivalsa -Irrilevanza, 151.
-Uso d'atti irregolari ai fini dell'imposta
generale entrata _ Obbligo
di pagamento -Prescrizione,
178.
INVENZIONI INDUSTRIALI
-Brevetti -Medicamenti -Divieti
di lbrevettabilit Anestetici Rientrano
fra i medicamenti, 108.
ISTRUZIONE PUBBLICA
-
.Maestri elementari -Concorso per
maestro elementare in soprannumero
-Conseguita idoneit -Annullamento
del concorso _ Bando
di un concorso magistrale per titoli
-Esibizione del certificato della
conseguita idoneit poi annullata
-Esclusione dal concorso Legittimit,
136.
-Maestri elementari -Concorso per
maestro elementare in soprannumero
-Conseguita idoneit _ Annullamento
del concorso -Bando
di un concorso maigistrale per titoli
-Esibizione del certificato della
conseguita ioneit poi annullata
-E'sclusione dal concorso Legittimit,
135.
LEGGE
-Illegittimit costituzionale di norme
di legge -Eccezione ritenuta
manifestamente infondata -Impugnazione
limitata alla sola questione
di legittimit costituzionale
-Inammiss~.bilit, 28.
OPERA PIA
-Provvedimenti di vigilanza dell'au.
torit Prefettizia -Ricorso gerarchico
-Termine di 1giorni 15 ~
Inapplicabilit, con nota di U.
GARGIULO, 126.
OPERE PUBBLICHE
-Direttore dei lavori -Attribuzioni
-Attivit svolta al di fuori di
tali attribuzioni _ Non impegna la
p.a. committente, 214.
-Zone depresse -Riconoscimento Criteri
e procedimento, con nota
di F. AGRO', 44.
PRESCRIZIONE ESTINTIVA
-Atti interruttivi, 102.
PREZZI
-Disciplina dei prezzi Organi
competenti C.l.P. e C.P.P.
Provvedimento di perequazione dei
prezzi -Presupposti, 116.
-Dis'Ciplina dei prezzi -Provvedimenti
del C.I.P. -Fine di perequazione
-Indagine sui costi _ Omissione
-Illegittimit, 116.
PROCEDIMENTO CIVILE
-Consulente tecnico -Valutazione
consulenza -Poteri del giudice di
merito, 102.
-
Provvedimenti di urgenza -Autonoma
impugnabilit -Esclusione,
con nota di F. CARUSI, 97.
-Sentenza non definitiva -"Jus superveniens
-Applicabilit da parte
del giudice di appello, 102.
PROFITTI DI REGIME
-Profitti avocabili ai sensi deli'art.
5 del d.1.1. n. 134 del 1946 _ Accertamento
-Richiamo alle norme per
l'accertamento dei redditi di ric
chezza mobile -Limiti, 175.
SARDEGNA
-Regione Sarda -Statuto speciale
RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO
XII
Piano regolatore generale degli
acquedotti e legge di delega al Governo
ad emanare le relative norme
-Contrasto con lo Statuto della
regione Sarda -Esclusione, 15
SICILIA
-Ragione SLciliana -Conflitto di
attribuzioni -Istruzione pubblica Decisione
dei ricorsi gerarchici degli
insegnanti elementari in materh
di concorsi banditi nelle provincie
siciliane -Competenza del1'
Assessore alla P.I. della Regione
-Esclusione, 12.
-Regione Siciliana -Maestrl elementari
-Passaggio dei serv1z1
dallo Sbto alla Regione -Non
ancora intervenuto -Incomp1!tenza
della Regione ad emettere
norme di immediata applicazione
sullo stato giuridico degli insegnanti
elementari, 137.
SPESE GIUDIZIALI
-Distrazione a favore del difensore Omessa
pronuncia sulla distrazione
-Legittimazione all'impugna
zione del solo difensore, 72.
REGOLAMENTO ED.ILIZIO
-Procedimento -Approvazione della
G.P.A. -E' necessaria -Parere
del Consiglio di Stato -Non obbligatorio,
125.
-Procedimento -Intervento del solo
Ministro per la Sanit in sostituzione
del Ministro dell'Interno Legittimit,
125.
REQUISIZIONE
-Provvedimenti emanati sotto il governo
della repubblica sociale italiana
da organi statuali preesistenti
-Efficacia, 103.
-Requisizioni alleate di immobili Indennit
-Liquidazione -Criteri,
con nota di F. CARUSI, 68.
-Requisizioni alleate -Procedimento
amministrativo -Azione giudiziaria
-Rapporti -Conseguenze, con
nota di F. CARUSI, 68.
RESPONSABILITA' CIVILE
-Lucro cessante -Decorrenza interessi,
102.
-Responsabilit della p.a. -Condotta
dolosa del dipendente -Difetto
di sorveglianza da parte degli organi
dell'Amministrazione, con nota
di A TERRANOVA, 217.
-Responsabilit della p.a. -Respon
sabilit diretta in caso di colpa o
dolo del funzionario -Rapporto di
occasionalit necessaria tra atto illecito
e attribuzione del funzionario,
103.
RIOORSO STRAORDINARIO
-T.U. 26 giugno 1924, n. 1054 -art. 34
cvp. 2 e 3 -Illegittimit costituzionale,
con nota redazionale, 3.
RIFORMA FONDIARIA
-Assegnazione di terre ~ Diritto dell'assegnatario
Controversia tra
due soggetti sulla spettanza di un
terreno quali assegnatari, con nota
di F. CARUSI, 99.
-Controversie tra pretesi asseignatari
dello stesso fondo -Intervento
in giudizio dell'Ente di riforma,
con nota di F. CARUSI, 99.
-Di!ohiarazione di illegittimit costituzionale
di legigi delegate di
espropriazione -Conseguenze -A
I
zione di risarcimento -Legittimazione
pa1ssiva, con nota di F. CARUSI,
85.
TASSE E IMPOSTE COMUNALI ,
I
-Aumento delle aliquote massime
legali -Deliberazioni comunali istitutive
di sovraimposte -Successiva
autorizzazione -Legittimit, 130.
-Sovraimposte -Deliberazione istitutiva
-Valutazione dei presupposti
-Ri!ferimento ale esigenze del
bilancio -Illegittimit, 131.
TITOLI DI CREDITO
I
-Assegno circolare emesso con la
.clausola di intrasferibilit .a favore
di soggetto diverso dal richieden
I
te -Rapporto di emissione -Rapporto
cambiario -Errore di persona
nel pagamento -Responsabilita
cambiaria della Banca emittente
-Legittimazione del prenditore
e non del richiedente, con nota
di F. CARUSI, 58.
-Vaglia della Banca d'Italia emessi
con la clausola di intrasferibilit
a favore di prenditori cartolari inesistenti
in commutazione di ordinativi
ministeriali di pa.gamento
falsificati -Riscossione dei medesimi
da parte dei truffatori a mezzo
banchiere giratario per l'incasso
che manc di identificarli -Esclusione
di responsabilita del medesimo
nei confronti del richiedente,
1con nota di F. CARUSI, 59.
INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA
CORTE COSTITUZIONALE
(24 gennaio) 1 febbraio 1964 n. 1
(24 gennaio) 1 febbraio 1964 n. 2
(24 gennaio) 1 febbraio 1964 n. 3
(24 gennaio) 1 febbraio 1964 n. 4
GIURISDIZIONI CIVILI
CORTE DI CASSAZIONE
Sez. I 17 maggio 1963 n. 1269
Sez. I 22 maggio 1963 n. 1343
Sez. I 30 luglio 1963 n. 2174
Sez. Un. 5 agosto 1963 n. 2194
Sez. Un. 5 agosto 1963 n. 2195
Sez. I 29 agosto 1963 n. 2392
Sez. Un. 16 settembre 1963 n. 2528
Sez. III 3 ottobre 1963 n. 2620
Sez. II 5 ottobre 1963 n. 2650 .
Sez. Un. 5 ottobre 1963 n. 2661
Sez. I 9 ottobre 1963 n. 2683
Sez. I 14 ottobre 1963 n. 2737
Sez. I 14 ottobre 1963 n. 2744
Sez. I 14 ottobre 1963 n. 2745
Sez. Un. 15 ottobre 1963 n. 2769
Sez. Un. 17 ottobre 1963 n. 2770
Sez. I 17 ottobre 1963 n. 2773
Sez. III 29 ottobre 1963 n. 2854
Sez. I 29 ottobre 1963 n. 2887
Sez. III 29 ottobre 1963 n. 2897 .
Sez. I 25 novembre 1963 n. 3034
Sez. L 29 novembre 1963 n. 3062
Sez. III 30 novembre 1963 n. 3069
Sez. I 6 dicembre 1963 n. 3rll l
Sez. I 14 dicembre 1963 n. 3159
Sez. I 14 dicembre 1963 n. 3166
Sez. I 18 dicembre 1963 n. 3188
Sez. I 20 dicembre 1963 n. 3201
Sez. Un. 30 dicembre 1963 n. 3246
pag. 3
)) 9
}) 12
15
147
58
)) 68
22
)) 22
)) 72
)) 25
78
)) 188
27
)) 84
151
154
157
161
}) 31
)) 163
}) 97
99
)) 192
}) 168
)) 167
)) 102
)) 168
108
113
)) 172
174
37
XIV RASSEGNA DLL'AVVOCATURA .DELLO STATO
TRIBUNALI
Milano, Sez. I 16 maggio 1963
Napoli, Sez. I 28 maggio 1963
Bologna, Sez. I 14 giugno 1963 n. 504
Catania, Sez. I 28 giugno 1963 n. 843
TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE PUBBLICHE
27 luglio 1963 n. 24
8 novembre 1963 n. 26
LODI ARBITRALI
30 novembre 1963
30 dicembre 1963 n. 64
GIURISDIZIONI AMllfINISTRATIVE
CONSIGLIO DI STATO
Sez. IV 4 ottobre 1963 n. 600
Sez. IV 23 ottobre 1963 n. 620
Sez. IV 30 ottobre 1963 n. 650
Sez. IV 30 ottobre 1963 n. 654
Sez. V 30 marzo 1963 n. 170
Sez. V 27 aprile 1963 n. 541
Sez. V 21 giugno 1963 n. 794
Sez. V 8 luglio 1963 n. 547
Sez. V 25 settembre 1963 n. 773
Sez. VI 15 ottobre 1963 n. 513
Sez. VI 15 ottobre 1963 n. 535
Sez. VI 16 ottobre 1963 n. 739
Sez. VI 16 ottobre 1963. n. 743
Sez. VI 23 ottobre 1963 n. 619
Sez. VI 30 ottobre 1963 n. 797
Sez. VI 31 ottobre 1963 n. 798
COMMISSIONI TRIBUTARIJ!:
COMMISSIONE CENTRALE
Se:i XI 20 giugno 1962 n. 89695
GIURISDIZIONI PENALI
CORTE DI CASSAZIONE
Sez. III, 5 marzo 1963 (Milano)
PRETURE
Taormina, 19 febbraio 1963 (Guarnaschelli)
)) 178
)) 58
))
180
))
183
pag. 205
)) 209
pag. 139
)) 214
)) 116
)) 119
)) 120
)) 124
)) 43
)) 125
)) 126
)) 130
)) 135
)) 54
)) 137
)) 136
)) 136
)) 57
)) 138
)) 139
pag. 185
pag. 217
pag. 223
-
SOMMARIO DELLA PARTE SECONDA
RASSEGNA DI DOTTRINA
SATTA, Istituzioni di diritto fallimentare (recensione) . .
RIGHETTI, Per un inquadramento sistematico della responsabilit
del vettore (recensione) .
RASSEGNA DI LEGISLAZIONE
Provvedimenti legislativi
Disegni e proposte di legge
Provvedimenti legislativi sottoposti a giudizio di costituzionalit
CONSULTAZIONI
Indice sistematico delle consultazioni
pag. 3
4
))
6
)) 6
)) 10
)) . 15
~
1
!
t
1
!
l
I
I
I
-
PARTE PRIMA
i
i
fil
.
~
~
II
I
I
,
I
.
I,
t
I w
~
GIURISPRUDENZA
SEZIONE PRIMA
GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE
E INTERNAZIONALE
CORTE COSTITUZIONALE, 1 febbraio 1964, n. 1 -Pres. Ambrosini
-Rei. Fragali -Ordine dei Geometri c. Ordine degli
Ingegneri e Collegio degli Architetti e Min. dei Lavori
Pubblici.
Ricorso straordinario -T. u. 26 giugno 1924, n. 1054 -art. 34, cpv. 2 e
3 -Illegittimit costituzionale.
Il secondo e terzo comma dell'art. 34 del r. d. 26 giugno
1924, n. 1054 sono affetti da illegittimit costituzionale, in
quanto il procedimento per la proposizione e la risoluzione del
ricorso straordinario al Presidente della Repubblica non assicura
ai controinteressati la possibilit della tutela giurisdiziQnale
(1).
(1) La incostituzionalit del ricorso straordinario.
La sentenza, che si annota, la prima, che abbia esaminato, sebbe
ne sotto un profilo particolare, che, per il macroscopico contrasto con
la Costituzione, non pu considerarsi il pi delicato, la legittimit costituzionale
del ricorso straordinario al Capo dello Stato, residuo storico
della giustizia ritenuta (1) che ci si ostina a mantenere in piedi,
nonostante i gravi inconvenienti e gl'insanabili contrasti cui d luogo,
a sollievo di qualche ritardatario.
La Rassegna dell'Avvocatura (2) non aveva mancato di richiamare
sul tema l'attenzione degli studiosi fin dall'entrata in vigore della Costituzione
repubblicana, che, sopprimendo il presupposto essenziale della
giustizia ritenuta ed assicurando al cittadino sempre la tutela giuri
sdizionale degl'interessi legittimi (art. 113) e da parte del suo giudicenaturale, ha travolto ineluttabilmente il ricorso straordinario.
Un duro colpo al vetusto istituto, con disappunto dei suoi sostenitori,
, peraltro, l'aveva gi dato la Corte di Cassazione con le sentenze
8 luglio 1953 e 2 ottobre 1953 (in .questa Rassegna, 1953, pag. 278),
interrompendo bruscamente ed inesorabilmente il cammino intrapreso
per condurre, attraverso l'applicazione del ricorso ex-art. 27, n. 4 t. u.
1054 del 1924, alla affermazione della natura giurisdizionale o para
(1) Vedasi in proposito l'ordinanza di rimessione della Corte di Cassazione
a Sezioni Unite, pubblicata in calce.
(2) Vedasi 1948, fase. IX, 1 seg.; 1951, 40 seg.; 1953, 7 e 278 seg.;
1961, 53 seg.; 1962, 3 seg., autori ivi citati.
4 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ;)
,_.@
I
__
(Omissis). -1. -L'ordinanza della Corte di cassazione richiaI.
.
ma soltanto il secondo e il terzo comma dell'art. 34 r.d. 26 giugno .
1924, n. 1054, contenente il testo unico delle leggi sul Consiglio di
Stato. Viceversa, l'Ordine dei geometri chiede, sia nell'atto di
'
costituzione, sia nella memoria, .che sia dichiarato illegittimo
l'art. 34 predetto, e quindi anche il suo primo comma. Questa
Corte deve per stare ai termini della questione cos come
I
stata proposta dalla Cassazione.
Deve stare a tali termini anche per escludere che possa es-
giurisdizionale del decreto del Capo dello Stato, che decide il ricorso
straordinario.
La sentenza che si annota, ha posto, a nostro avviso, la parola
'
fine all'istituto, che insanabilmente in contrasto con l'art. 113 Cost.,
e solo una fugace lettura di essa potrebbe far ritenere possibile l'adozione
di rimedi atti a farlo sopravvivere.
E' esatto, infatti, che la Corte ha dichiarato la illegittimit costituzionale
del secondo e del terzo comma dell'art. 34 r. d. 26 giugno 1924,
n. 1054 solo in quanto, cio, nelle parti in cui non assicu.rano ai controinteressati
la possibilit della tutela giurisdizionale; ma la sentenza ha
avuto cura di precisare che solo questo era il thema decidendum. A
proposito della scelta imposta ai cointeressati, infatti, la Corte ha
espressamente affermato che la questione della sua legittimit costituzionale
non era stata proposta (per il giudizio a quo era del tutto irrilevante
e, perci, non poteva essere proposta) e, passando a trattare dei
controinteressati -unica questione rimessa al suo esame e, perci,
unica questione sulla quale la Corte poteva e doveva decidere -ha
dichiarato la illegittimit costituzionale delle norme, perch hanno
loro negato financo quel modo di tutela che comunque esse avevano
ritenuto sufficiente per i cointeressati . L'espressione non ha bisognodi commenti e non difficile prevedere la sorte delle norme stesse relativamente
ai cointeressati, allorquando alla prima occasione saranno
rimesse al giudizio della Corte costituzionale anche sotto questo profilo.
Ma alla dichiarazione di incostituzionalit, a nostro avviso, non possonosfuggire i nebulosi scondo e terzo comma dell'art. 34 neppure con
riguardo all'unico interessato, perch anche ad esso l'art. 113 Cost. assicura
la tutela giurisdizionale (non para o quasi giurisdizionale) degli
interessi legittimi contro gli atti della P. A. e tale anche il provvedimento,
che decide il ricorso straordinario.
D'altra parte il principio dell'alternativit, contrastante con la Costituzione,
un corollario del principio, fondamentale per una serena
ed obiettiva giustizia, che un giudice non si pronunzi due volte sullo
stesso affare e questo principio sarebbe violato manifestamente se si
ricorresse all'espediente di far assentare dalla Adunanza Generale tutti
i magistrati addetti ad una Sezione, i quali potrebbero, cosi, pronunziarsi,
sfuggendo alla ricusazione, sul ricorso avverso il decreto, che
decide il ricorso straordinario (LANDI, Trasposizione del ricorso straordinario
alla sede giurisdizionale, Giur. it., 1964, VI, 4). Il principio
riguarda il giudice, non.solo i suoi componenti, e la Adunanza Generale
assorbe in s tutte le Sezioni del Consiglio di Stato.
In queste condizioni riteniamo auspicabile un intervento legislativo,
che sopprima, prima che gli ultimi due commi dell'art. 34 siano dichiarati
costituzionalmente illegittimi nella loro interezza, il ricorso
straordinario, istituto che, nell'attuale ordinamento, potrebbe sopravvivere
solo riducendosi ad un inutile rimedio amministrativo di terzo
grado, spesso dannoso, fra l'altro, perch in contrasto con il principio
PARTE I, s::::. I, G:URISPRUDBNZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE
5
sere seguita l'impostazione data alla questione dal Ministero dei
Lavori Pubblici, il quale ha discusso ampiamente se le disposizioni
denunciate contrastano con l'art. 113 della Costituzione, in
quanto in via generale pongono al soggetto leso da un atto amministrativo
definitivo l'alternativa fra il ricorso giurisdizionale
al Consiglio di Stato e quello straordinario al Presidente della
Repubblica. Tale metodo ha indotto l'Ordine dei geometri ad
intrattenrsi sull'argomento, sia pure con brevi cenni; ma il
dubbio proposto dalla Corte di cassazione riguarda soltanto il
della definitivit degli atti amministrativi e con l'esigenza che, attraverso
la conseguita inoppugnabilit degli stessi per effetto della decorrenza
del breve termine fissato dalla legge, le situazioni giuridiche amministrative
diventino al pi presto certe e definite.
L'intervento legislativo -che dia piena attuazione alla sentenza
della Corte Costituzionale -, a nostro avviso, indispensabile per assicurare
ai cittadini, che abbiano incautamente scelto la via del ricorso
straordinario, quella tutela degli interessi legittimi contro gli atti della
pubblica amministrazione, che solo il ricorso giurisdizionale pu dare
e che la Costituzione assicura esclusivamente attraverso quest'ultimo,
come si evince in modo inconfutabile dal combinato disposto degli artt.
24, 100, I comma (che enuncia le due distinte funzioni del Consiglio di
Stato, la consultiva e la giurisdizionale), 103, I comma, e 113 della Carta
Costituzionale (3). La legge, perci, dovrebbe sopprimere il ricorso
straordinario, assegnando un termine perentorio ai ricorrenti per la
trasposizione del ricorso stesso nella sede giurisdizionale. Allo stato,
infatti, essendo stata dichiarata costituzionalmente illegittima, sia purein parte, una norma procedurale, questa deve ritenersi inapplicabile
n toto, con la conseguenza che nessun ricorso straordinario pu essere
proposto o deciso, neppure se il provvedimento non riguardi affatto persona,
diversa dal ricorrente, fino a quando il legislatore non abbia
provveduto a sostituire la norma dichiarata incostituzionale. D'altra
parte, la lacuna legislativa, creatasi per effetto della sentenza, che si
annota, non potrebbe essere colmata diversamente, attribuendo, ad
esempio, ai controinteressati quel modo di tutela che l'art. 34 aveva
ritenuto comunque sufficiente per i cointeressati.
A prescindere dalle considerazioni fatte dianzi sull'assoluta inefficienza
di questo modo di tutela -che la Corte non ha approvato affatto,
espressamente astenendosi dall'esaminare la questione, ad essa non
proposta -non chi non veda come la posizione del controinteressato
sia del tutto diversa e non raffrontabile con quella del cointeressato.
L'interesse legittimo di questi era stato leso dal provvedimento definitivo,
avverso il quale egli aveva il potere e l'onere di proporre ricorso giurisdizionale
entro il termine perentorio fissato dalla legge. Se non l'ha
f.atto imputet sibi e, almeno sul piano etico, non avr da dolersi se altri
proponga un rimedio, del quale egli potr avvalersi e dal quale, comunque,
almeno in via generale ed astratta, pu prevedersi ch'egli non subir
danno. L'interesse legittimo del controinteressato, invece, leso e
per la prima volta dal provvedimento, che decide il ricorso straordinario.
Ora, imporgli l'onere di insorgere contro il ricorso straordinario a
lui notificato e di richiedere espressamente, entro un breve termine
perentorio, che il ricorso sia deciso in sede giurisdizionale, con la sanzione,
in caso d'inadempimento, della perdita di quella tutela giurisdi
(3) In questi sensi la proposta di legge degli onn. ALBERTINI e
altri presentata 1'11 ottobre 1963 (A. C. 568).
6 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO
precetto, ritenuto implicito in quell'alternativa, in base al quale
la possibilit di impugnare in Consiglio di Stato la decisione
6 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO
precetto, ritenuto implicito in quell'alternativa, in base al quale
la possibilit di impugnare in Consiglio di Stato la decisione
che accoglie il ricorso straordinario preclusa a coloro che avevano
un interesse contrario a tale accoglimento.
2. -L'esistenza di questo precetto stata messa in dubbio
dall'Ordine dei geometri; ma esso risulta dal significato
generalmente attribuito alle disposizioni in esame.
E' per fondato l'assunto della sua illegittimit costituzionale.
zionale degl'interessi legittimi, che l'art. 113 assicura in ogni caso, in
contrasto con la Costituzione. A prescindere dalla legittimit della im-"
posizione di questo onere, dal suo mancato adempimento (che potrebbe
I
anc~e ricol~egar~i a f~tto. ~ton imputabdi~e"ttal tertz?t) !lon put mai de-:?:.
durs1 una rinunzia -imp1ic1 a -a un iri o cos i uz1ona 1men e garan
tito, peraltro, ancora non sorto. Pu a nostro avviso, dubitarsi, cio, se ,
sia costituzionalmente legittimo presumere da un comportamento omis-1
sivo (non ricollegantesi ad un preesistente obbligo di agire) la rinunzia ,
a un diritto; ma fuor di dubbio che sia contrario alla Costituzione
presumere la rinunzia ad un diritto, che questa garantisce, e; sopra u o, ~ ..
t tt lr_,i,
ad un diritto non ancora sorto. L'art. 113 Cost. assicura sempre contro
gli atti della P. A. la tutela giurisdizionale degli interessi legittimi; per =
il controinteressato il diritto a questa tutela sorge soltanto dopo che il [_~_'.
suo interesse legittimo sia stato leso dal provvedimento, che accoglie i:;
il ricorso straordinario; a questo diritto -si ripete -costituzionalmen-f.~
te garantito egli non pu rinunziare prima che sorga, essendo esclusa
1==_:
dall'ordinamento la rinunzia preventiva e, per di pi, a diritti indisponibili
(4); meno che mai questa rinunzia preventiva pu essere presunta
o ricollegata alla omissione di un'iniziativa, cui non era tenuto.
D'altra parte -e questo si dice solo per dimostrare l'assurdit della ~-'
ipotesi da noi formulata -che cosa accadrebbe se il ricorso straordi W
nario non fosse notificato personalmente a tutti i controinteressati ( ~'
da escludere, infatti, una notifica per pubblici proclami, che non dareb-i==
be neppure la certezza della conoscenza dell'atto, che minaccia gl'inte-fil
ressi legittimi dei controinteressati) o fosse notificato irritualmente ad ~~
alcuni di essi, senza che ci risultasse chiaramente dagli atti? potrebbe
il controinteressato trascurato proporre ricorso giurisdizionale pieno ~
senza incorrere nella violazione del principio dell'alternativit? e quale
I
sorte avrebbe 1 ricorso proposto a un giudice, che gi si pronunziatosulla questione? ~
La risposta, implicita in queste domande, che possono considerarsi fil
retoriche o scolastiche, induce a ritenere che la unica soluzione della ~
questione sia quella prospettata da tempo dall'Avvocatura ed auspicata
~~,:::::~:::g:::l:.::~n~::p::p::,:~:.~:::::~:~. I
rinunce e le transazioni del lavoratore , pag. 155-57; D1sTAso, Un luogo !jl
comune in tema di rinuncia >>, Giur. Cass. Civ. 1948, II, pag. 126; Cass. t;
15 gennaio 1957, n. 79; id. 8 giugno 1957, n. 269; id. 24 ottobre 1961, n. r
2355); essa, che considerata un sottotipo del potere di disposizione,
ii_,_,
non ammessa per i diritti futuri .(Cass. 15 novembre 1954, n. 4233 , ~
Anp. Napoli 11 ottobre 1956, Rep Foro it., v. Rinuncia, n. 10; nonch 1~_=,
Bozzi A., voce Rinunzia, N.D.I., vol. XI, pag. 713 e autori citati a nota
10) e, tanto meno, per i diritti indisponibili.
I
J:
cwrw:rtrmmtITBffiffwfW.i0rtrMrw1,;nrtrFfmK1Wftlf@JH11wwwwwwewJiillfrrurawrmrrKtt111wffefifr.tw.rrwrr:w*w""mF&
~.-r~~-==~=:~::=-=~=:~w
. 93~rar~~~---. -~W%f1MmtL=--~-W"f~
PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE '2
Il principio si suole spiegare osservandosi, per un verso,
che la tutela dei controinteressati contro l'istanza proposta
con il ricorso straordinario assicurata dalla presenza, nel procedimento
instaurato da quel ricorso, dell'organo dell'amministrazione
che ha formato l'atto impugnato, e, per altro verso,
che i controinteressati sono vincolati dalla scelta esercitata
dai cointeressati, fra la via amministrativa e quella giurisdizionale,
. ai sensi delle norme richiamate.
A parte che non sempre nel procedimento presente la
amministrazione da cui promana l'atto denunciato per l'annullamento,
come si pu intendere considerando il caso in cui
questo atto non promana dallo stesso Ministro competente per
la decisione, incontestabile che l'interesse legittimo, cadendo
nella sfera giuridica del singolo, si differenzia da quello della
amministrazione, e deve perci comportare una possibilit di
difesa indpendente dalle ragioni che pu esporre l'autorit
alla quale l'atto si deve imputare; il che riconosciuto
quando si esige la notifica del ricorso ai controinteressati. Tanto
pi la posizione di costoro deve ritenersi autonoma nei riguardi
della pubblica amministrazione in quanto nemmeno
sempre vero che gli uni e l'altra possono dedurre difese
identiche.
Quanto alla scelta spettnte ai cointeressati fra il ricorso
straordinario il ricorso al Consiglio di Stato, scelta che la
Corte di cassazione, non avendo proposto la questione della sua
legittimit, ha ritenuto non contrastante con il dettato dell'art. 3
della Costituzione, essa non potrebbe mai pregiudicare i controinteressati,
la cui posizione soggettiva del tutto contrapposta
a quella dei cointeressati, e ai quali quindi non possono
non spettare poteri propri. Non accordandoli, le norme predette
hanno negato ai controinteressati financo quel modo di
tutela che comunque esse avevano ritenuto sufficiente per i
cointeressati.
3. -Deve pertanto ritenersi fondata la questione proposta
dalla Corte di cassazione e deve decidersi in conformit,
senza che (ex art. 27 1. 11 marzo 1953, n. 87) si possa dichiarare
l'illegittimit costituzionale dell'intero contenuto delle
norme denunciate, come domanda l'Ordine dei geometri nella
sua memoria, non essendo di ordine conseguenziale la questione
che concerne il ricorrente e i cointeressati.
Ordinanza di rimessione della Corte di Cassazione a Sezioni
Unite, 4 aprile 1963 -Pres. Torrente -Est. Rossano:
RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO
FATTO E DIRITTO. -Con atto del 14 gennaio 1960 Tata Nardini, in
nome proprio e come presidente del Consiglio dell'Ordine dei geometri,
proponeva ricorso al Consiglio di Stato in sede giurisdizionale contro
il decreto del Presidente della Repubblica, in data 26 agosto 1959
(cfr. G. U. del 21 novembre 1959), con il ,quale era stato accolto il
riesame straordinario proposto dall'Ordine degli ingegneri di Venezia
e dal Collegio degli ingegneri ed architetti della Provincia di Venezia
contro una circolare del Ministero dei lavori pubblici, in data 5 maggio
1955, circa i limiti dell'attivit professionale dei geometri. Il Nardini,
con il predetto ricorso giurisdizionale, denunciava la violazione
degli artt. 61 reg. 21 aprile 1941, n. 444, 24 Cost. e 5 legge comunale e
provinciale.
L'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con decisione del 24 maggio
1961, n. 12, ammesso l'interesse a ricorrere del Nardini, in proprio e
nella qualit, dichiarava inamissibile il ricorso per i vizi denunciati in
quanto proposto contro la decisione del Presidente della Repubblica che
pronunciava sul ricorso straordinario.
Il Consiglio dell'Ordine dei geometri e il Nardini hanno proposto
ricorso a queste Sezioni Unite per difetto di giurisdizione sotto due distinti
aspetti,
L'Ordine degli ingegneri della Provincia di Venezia e il Collegio degli
ingegneri ed architetti della Provincia di Venezia sostengono che il
ricorso a queste Sezioni Unite sia inammissibile in quanto concerne non
un difetto di giurisdizione del Consiglio di Stato ma l'nterpretazione
delle norme che disciplinano la impugnabilit della decisione sul ricorso
straordinario in relazione al ricorso giurisdizionale. L'interpretazione
accolta dalla impugnata decisione dell'Adunanza Plenaria del Consiglio
di Stato, secondo i resistenti, anche se erronea, sarebbe sottratta al sindacato
di queste Sezioni Unite per disposizione di legge.
E' sufficiente considerare in contrario che la decisione impugnata
ha negato la tutela giurisdizionale dell'interesse legittimo dedotto dai
controinteressati sulla base dell'interpretazione dell'art. 34 r.d. 26 giugno
1924, n. 1054, t. u. delle leggi sul Consiglio di Stato; conseguentemente
il ricorso a queste Sezioni Unite dei controinteressati ammissibile
a norma dell'art. 362 c.p.c. per motivi attinenti alla giurisdizione,
tra i quali compreso anche il diniego di tutela giurisdizionale dell'interesse
legittimo.
I ricorrenti, nel primo motivo di ricorso, sostengono che il difetto
di giurisdizione debba senz'altro rilevarsi, in mancanza di una norma di
legge che esplicitamente escluda il ricorso al Consiglio di Stato in sede
giurisdizionale ai sensi dell'art. 26 t.u. delle leggi sul Consiglio di Stato,
approvato con r.d. 26 giugno 1924, n. 1054; soltanto per il caso che la
esclusione del ricorso si ritenga fondata su i commi secondo e terzo
dell'art. 34 del predetto t.u. sollevano la questione di legittimit costituzionale
per violazione dell'art. 113 della Costituzione.
Ma deve considerarsi che la impugnata decisione dell'Adunanza Plenaria
ha negato l'ammissibilit del ricorso giurisdizionale contro il
decreto del Presidente della Repubblica, che decide sul ricorso in sede
amministrativa, a meno che non siano dedotti vizi di procedimento o
di forma suoi propri (omesso parere del Consiglio di Stato, omessa deliberazione
del Consiglio dei Ministri, omessa menzione di tali adempimenti,
omessa motivazione della difforme deliberazione del Consiglio
dei Ministri su alcuni motivi non presi in esame dal Consiglio di Stato,
PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE
incompetenza del Ministro proponente, pronuncia nel merito anzich
sulla legittimit, etc.), conformemente ad una interpretazione dei menzionati
commi secondo e terzo dell'art. 34, che risale alla stessa istituzione
del Consiglio di Stato come giudice di legittimit per la tutela
degli interessi legittimi. Tale interpretazione, se si ha riguardo alla formula
delle disposizioni, si fonda sulla previsione del menzionato secondo
comma, il quale esclude, in generale, l'ammissibilit del ricorso
giurisdizionale quando, contro il provvedimento definitivo, siasi presentato
ricorso in sede amministrativa, secondo la legge vigente ; e, in
connessione con la previsione medesima, ha riguardo a quella . del terzo
comma, che disciplina il principio dell'alternativit quando il provvedimento
si riferisce direttamente ad altri interessati senza considerare
il caso di terzi che abbiano interesse opposto al ricorrente ( controinteressati),
giuridicamente qualificato alla conservazione del provvedimento,
e ai quali questo direttamente si riferisca. L'interpretazione medesima
poi storicamente ha origine nella distinzione tra giustizia ritenuta
e giustizia delegata ed stata costantemente affermata dal Consiglio di
Stato in sede giurisdizionale e ritenuta esatta dagli studiosi della materia.
Un mutamento di essa da parte di queste Sezioni Unite, sia pure
per quanto concerne l'ammissibilit del ricorso da parte dei controinteressati
attuali ricorrenti, lascerebbe dubbi sulla sua esattezza e sullo
stesso mantenimento di una diversa interpretazione, dati il peso degli
argomenti che sono apparsi efficaci fino all'attuale Costituzione e alla
previsione dell'art. 113 della stessa circa la tutela giurisdizionale dei
diritti soggettivi e degli interessi legittimi. Non ravvisandosi pertanto
di compiere un riesame approfondito della questione con riguardo particolare
agli argomenti addotti nella decisione dell'Adunanza Plenaria,
una pronuncia di illegittimit costituzionale dei su citati commi secondo
e terzo dell'art. 34, per quanto attengono a controinteressati e alle conseguenze
che ne deriverebbero circa la scindibilit delle posizioni soggettive
degli interessati ricorrenti in relazione ai loro rispettivi interessi
legittimi, avrebbe influenza decisiva sul fondamento del ricorso
per difetto di giurisdizione del Consiglio di Stato sull'interesse legittimo
che si assume violato; e non affatto manifestatamente infondato, in
quanto le disposizioni medesime giustificano dubbi sulla previsione di
inammissibilit, dato il contenuto dell'art. 113 per quanto attiene alla
tutela giurisdizionale degli interessi legittimi e alla ammissibilit di limiti
della stessa.
CORTE COSTITUZIONALE, 1 febbraio 1964 n. 2 -Pres. Ambro
sini -Rel. Fragali -Porcelli c. Istituto Nazionale Previdenza
Sociale.
Costituzione della Repubblica -Previdenza e assistenza -Termine per
la proposizione dei ricorsi in tema di assegni familiari -Decorren
za dalla data di spedizione della decisione impugnata -Illegitti
mit costituzionale.
(Cost. artt. 24, 113; t.u. d.P.R. 30 maggio 1955, n. 797, art. 58, 4
comma).
-
10
RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO
E' costituzionalmente illegittima, per contrasto con gli artt.
113 e 24 della Costituzione, la norma di cui all'art. 58, IV
comma d.P.R. 30 maggio 1955 n. 797, che fa decorrere a carico
dell'interessato il termine per proporre il ricorso al Ministero
del Lavoro e l'azione giudiz~aria, non dalla data di recezione
del provvedimento impugnabile, ma dalla data di consegna ali'ufficio
postale della lettera contenente la comunicazione del
provvedimento stesso (1).
(Omissis). -1. -Il Tribunale di Matera ha osservato che
breve il termine stabilito per la proposizione dell'azione giudiziaria
in materia di assegni familiari. Ma addivenuto a tale
rilievo soltanto per farne conseguire la maggiore gravit degli
inconvenienti che produce la norma sancita nel IV comma
dell'art. 5& del t.u., che regola la materia oggetto specifico della
questione di legittimit costituzionale proposta, secondo la quale
quel termine decorre dalla data della spedizione postale
della lettera di comunicazione delle decisioni amministrative. Infatti,
nel dispositivo, l'ordinanza non fa richiamo al I e al II comma
dello stesso articolo, che fissa quel termine; e nei motivi ammette
che un termine breve potrebbe talora essere necessario,
ad avviso discrezionale del legislatore.
Ritiene perci la Corte che non possa discutersi in questa
sede della congruit del termine in esame; del resto, solitamente
giustificata con l'esigenza di rendere rapida la definizione di
controversie, che, come quelle relative agli assegni familiari,
hanno contenuto spiccatamente sociale. E limita quindi il suo
giudizio alla norma che statuisce sulla decorrenza del termine
predetto.
2. -Questa norma non si accorda con l'art. 113 della Costituzione.
A parte che essa deroga senza alcuna giustificazione al sistema
cui ispirato quello generale delle notificazioni e delle
comunicazioni a mezzo del servizio postale, il quale aderisce al
criterio della recezione, decisivo osservare che l'altro principio,
quello della spedizione, adottato nella norma denunciata, fa
decorrere il termine per la proposizione dell'azione giudiziaria
(1) Decisione di indubbia esattezza, che pone rimedio ad una palese
anomalia rispetto ai princip generali in tema di conoscenza del provvedimento
impugnato: art 5, legge comunale e provinciale; art. 36, t.u. 26
giugno 1924, n. 1054, sul Consiglio di Stato; artt. 1 e 3, reg. 17 agosto
1907, n. 642, e disposizioni analoghe per la G.P.A.
L'ordinanza di rimessione 17 gennaio 1963 del Tribunale di Matera
pubblicata in Gazz. Uff., 6 luglio 1963, n. 180.
fJ
PARTE I, SEZ, I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 11
dall'avverarsi di un fatto che si manifesta fuori della sfera giuridica
dell'interessato, e del cui verificarsi questi in grado di
avere notizia solo se e quando ne riceva comunicazione. Ma la
conoscenza della decisione del Ministro pu ritardare, a causa
degli impedimenti che possono colpire la sfera dell'ufficio postale,
ed allora il termine per ricorrere al giudice potrebbe in
fatto ridursi o financo restare eliminato, e rimarrebbe condizionata
alla diligenza di quell'ufficio, e comunque al fatto delle persone
addette ad esso, la possibilit di una reazione giurisdzionale
del destinatario o di una reazione adeguata.
Questa Corte ha deciso altra volta (sentenza 22 novembre
1962, n. 93) che il diritto di difesa deve essere regolato dalla
legge ordinaria in modo da assicurarne l'effettivit o da non
renderne l'esercizio estremamente difficile; e la particolare natura
delle controversie relative agli assegni familiari non pu
essere motivo di pregiudizio all'esplicazione di un diritto garantito
costituzionalmente. Assicura invece questa esplicazione
il principio che fa esaurire nella recezione il procedimento di
notificazione o di comunicazione a mezzo del servizio postale
dell'atto contro cui la parte pu avere interesse a reclamare.
E' ovviamente di nessun rilievo l'obiettare che, secondo la
prevalente interpretazione del sistema, per il disposto dell'art. 98
r.d.l. 4 ottobre 1935, n. 1827, richiamato nell'art. 58 del testo
unico sugli assegni familiari, la parte pu esperire l'azione giudiziaria
dopo che siano trascorsi sessanta giorni dalla presentazione
del ricorso al Ministro, ove entro tale termine il ricorso
non sia stato deciso. Tale facolt non data per rendere possibile
quella azione quando la parte abbia ricevuto in ritardo o
non abbia ricevuto la comunicazione della decisione ministeriale,
e quindi quale mezzo di protezione contro il pericolo che l'interessato
decada dall'azione giudiziaria per avere ignorato che
gli stata spedita la comunicazione predetta. E' data per stimolare
il Ministro all'esame sollecito del ricorso contro la decisione
del comitato; tanto vero che non viene meno il diritto
dell'interessato alla tutela giurisdizionale se egli, confidando nella
fondatezza delle sue stanze, attendesse il completarsi del
procedimento che ha iniziato (arg. art. 460 cod. proc. civ.).
3. -La norma impugnata deve dichiararsi illegittima anche
per quanto si riferisce alla decorrenza del termine per il ricorso
al Ministro. Infatti la regola che fa iniziare tale termine dalla
consegna all'ufficio postale della lettera con cui si comunica
all'interessato la decisione sfavorevole del comitato speciale
pure lesiva del diritto alla tutela giurisdizionale, perch un ir
12 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO
regolare funzionamento di quell'ufficio, ove provocasse la deca~
12 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO
regolare funzionamento di quell'ufficio, ove provocasse la deca~
denza dal ricorso al Ministro, rendendo immutabile la pronunzia
del comitato, precluderebbe l'azione giudiziaria.
Non dubbio che, se si applica alla specie il ricordato
art. 98 r.d.l. 4 ottobre 1935, n. 1827, la parte, come dopo il
decorso di un uguale termine, pu agire in via giudiziaria ove
il Ministro non si sia pronunziato sul ricorso contro la deliberazione
del comitato, cos ha facolt di ricorrere al Ministro
se il comitato non avr deciso entro sessanta giorni sull'istanza
ad esso proposta. Ma le considerazioni sopra svolte circa le
finalit della norma che attribuisce quel potere valgono a convincere
che la sua attribuzione non elimina nemmeno il vizio di illegittimit
della disposizione che fa decorrere dalla data di spedizione
postale anche il termine per il ricorso al Ministro contro la
decisione del comitato speciale. -(Omissis).
CORTE COSTITUZIONALE, 24 gennaio 1964 n. 3 -Pres. Ambrosini
-Rel. Castelli Avolio -Regione Siciliana c. Pres. Consiglio
dei Ministri e Ministero P .I.
Sicilia -Regione Siciliana -Conflitto di attribuzioni -Istruzione pub
blica -Decisione dei ricorsi gerarc~ici degli insegnanti elementari
in materia di concorsi banditi nelle provincie siciliane -Compe
tenza dell'Assessore alla P.I. della Regione -Esclusione.
(Statuto regione sic., artt. 14, 17, 20).
Spetta al Ministro della P. I. e non all'Assessore alla P. I.
della Regione Siciliana la competenza a decidere i ricorsi gerarchici
degli insegnanti elementari in materia di concorsi banditi
nelle provincie della Sicilia (1).
(1) La Corte Costituzionale, in accoglimento delle difese svolte dall'Avvocatura,
ha accolto il principio gi espresso dal Ministero della P.I. con
la circolare 30 novembre 1962, n. 7325, che anche nelle provincie siciliane
la competenza a decidere i ricorsi gerarchici per i concorsi magistrali
spetti agli organi dell'Amministrazione dello Stato e non alla Regione.
La sentenza della stessa Corte Costituzionale 30 dicembre 1958, n. 77,
richiamata nel testo, pubblicata in Giur. it. 1959, I, 389.
La presente sentenza, trattando ancora della controversa interpretazione
dell'art. 20 dello Statuto siciliano (cfr. DE FINA, Il passaggio delle
funzioni amministrative dello Stato alla Regione Siciliana, Foro it. 1955,
IV, 145) precisa che, affinch possa esplicarsi in concreto l'attivit am-
X
PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 13
(Omissis). -La difesa della Regione sostiene che il Presidente
della Guinta regionale o l'Assessore alla P.I. abbiano, in base all'art.
20 dello Statuto, una competenza amministrativa generale
e permanente, che si riferirebbe non solo alle materie demandate
alla competenza legislativa della Regione, tassativamnte
indicate nello Statuto, ma anche a quelle destinate a rimanere
di pertinenza dello Stato ,
Per sorreggere questa affermazione si richiama, innanzi
tutto, ad un elemento storico, cio ai precedenti legislativi rappresentati
dal d.l. 18 marzo 1944, n. 91, e dal d.l. lg. 28
dicembre 1944, n. 416, modificato col d.l. lg. 1 febbraio 1945,
n. 50. Con questi decreti fu creato in Sicilia l'Alto Commissariato
il quale, salvo alcune esclusioni, era competente ad esercitare
nell'Isola tutte le attribuzioni delle Amministrazioni centrali.
Soppresso l'Alto Commissariato e entrato in vigore lo
Statuto speciale, sarebbe inverosimile -scrive la difesa della
Regione -pensare che lo Statuto, norma fondamentale dell'autonomia
siciliana, abbia voluto togliere alla Sicilia ci che la
Sicilia gi aveva: sarebbe contraddittorio concludere che lo
Statuto, atto emanato per approfondire e sviluppare il solco
iniziato col d.l. 1944, n. 91, abbia introdotto restrizioni rispetto
alla disciplina preesistente . Ma questo riferimento e l'illazione
che se ne trae non valgono, perch appunto il d.l. del
1944, n. 91 che, nello stabilire, con l'art. 2, le attribuzioni dell'Alto
Commissariato per la Sicilia, espressamente eccettuava,
nell'ultimo comma, la materia riguardante gli impiegati dello
Stato (e non si mai dubitato che gli insegnanti elementari siano
impiegati dello Stato) e quelli degli enti di diritto pubblico.
E questa esclusione veniva confermata nell'art. 1 del pure invocato
d.l. lg. 28 dicembre 1944, n. 416. Il d.l. lg. 1 febbraio
1945, n. 50, concerne modificazioni riguardanti soltanto
la composizione della Consulta regionale e non contiene alcuna
ministrativa della Regione, nelle materie indicate nell'art. 20, 1 comma,
2 parte dello Statuto, occorrono i due fondamentali requisiti
della attribuzione del potere da parte dello Stato, e delle direttive per
l'esercizio di tale potere. Mancando anche uno solo di tali requisiti, non
pu attuarsi la previsione astrattamente indicata nello Statuto.
N pu parlarsi di esercizio, da parte della Regione, dei poteri amministrativi
non delegati, ma primari, (i poteri, cio, della prima parte
dell'art. 20, 1 comma, nella materia in cui la Regione ha legislazione
esclusiva), perch ci presuppone il trasferimento delle relative attribuzioni,
legislative ed amministrative, dallo Stato alla Regione, e fin tanto
tale trasferimento non abbia luogo, illegittima ogni ingerenza della
Regione (Corte Cost., 15 luglio 1959, n. 44, Giur. it., 1959, I, 1302).
-
14
RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO
norma che si riferisca alle attribuzioni dell'Alto Commissariato,
mentre col cl.I. 30 giugno 1947, n. 567, che reca norme transitorie
per l'attuazione dello Statuto siciliano, veniva stabilito
che: fino a quando non sar attuato completamente il passaggio
degli uffici e del personale dello Stato alla Regione, e
fino a quando non saranno emanate tutte le norme occorrenti
per l'attuazione dello Statuto della Regione siciliana, continuano
ad osservarsi, in quanto applicabili, le disposizioni del r.d.I.
18 marzo 1944 n. 91, e successive aggiunte e modificazioni,
Si riportati, quindi, alla eccettuazione espressamente contenuta
nel richiamato precedente decreto.
Bisogna pertanto riandare all'art. 20 dello Statuto speciale
per accertare se questo, per se stesso, in qualche guisa .,
giustifichi l'attribuzione della materia in esame agli organi della
Regione.
La difesa della Regione sostiene che i suoi organi sarebbero
competenti in base alla disposizione del I comma, II parte,
dell'articolo 20, e che nel caso in esame ricorrerebbe una fattispecie
analoga a quella della Corte con la menzionata sentenza
n. 77 del 1958. Ma va subito osservato che la controversia
decisa con questa sentenza era del tutto particolare. La Corte,
limitando il proprio esame, in relazione al caso da decidere,
alla materia dei trasferimenti e delle assegnazioni provvisorie
di insegnanti elementari disposto dall'Assessore regionale alla
P.I., ebbe a rilevare che il Ministero aveva sempre inviato
all'Assessore i relativi atti e che non erano mancate le direttive
della Amministrazione centrale. E concludeva : Di conseguenza,
si deve dichiarare che la Regione ha operato nella materia
della presente controversia non jure proprio, bens quale organo
decentrato dell'Amministrazione statale, la quale rimane titolare
di questi poteri fino a quando non passeranno alla Regione
con il procedimento stabilito dall'art. 43 dello Statuto
siciliano o in altra guisa giuridicamente efficace. In tale veste
l'Amministrazione regionale tenuta a sottostare alle direttive
dell'Amministrazione centrale dello Stato. In questo modo la
Corte, mentre decideva un caso particolare, chiaramente precisava
il concetto -che va ribadito anche rispetto all'attuale
controversia -eh~, per aversi una competenza decentrata della
Regione in virt della 2 parte del 1 comma dell'articolo 20
dello Statuto speciale, occorre, come del resto si desume dal
detto articolo, che vi sia l'attribuzione del potere da parte del
competente organo dello Stato -attribuzione sia pure desumibile
da fatti concreti -e che da quello vengano date le diret
PARTE J, SEZ, I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALB E INTERNAZIONALE 15
tive. Diviene una quaestio facti ii modo come tali direttive
siano date.
Nel caso attuale la materia diversa da quella esaminata
nella ricordata sentenza, trattandosi di proposizione e risoluzione
di ricorsi gerarchici; non sono stati inviati per la decisione
all'organo regionale tutti i ricorsi inoltrati al Ministero
della P.I. (i due, soltanto, trasmessi dal Ministero all'Assore
dopo l'ordinanza del 1961, potrebbero anche essere stati
inviati per errore); mancano del tutto le direttive, le quali non
escluso che possano essere date anche in questa materia.
Si deve dunque risolvere la presente controversia affermandosi
la competenza del Ministro per la P .I. a decidere i ricorsi
'gerarchici degli insegnanti elementari in materia di concorsi
banditi nelle provincie della Sicilia, e respingersi, di conseguenza,
il ricorso della Regione. (Omissis).
CORTE COSTITUZIONALE, 24 gennaio 1964, n. 4 -Pres. Ambrosini
:: Rel. Cassandra -Regione Sarda c. Presidenza Consiglio
dei Ministri.
Sardegna -Regione Sarda -Statuto speciale -Piano regolatore generale
degli acquedotti e legge di delega al Governo ad emanare le
relative norme -Contrasto con Io Statuto della Regione Sarda Esclusione.
(1. 4 febbraio 1963, n. 129; Statuto regione sarda, artt. 3, 4, 6, 14).
Non contrasta con le disposizioni dello Statuto speciale per
la Regione Sarda la l .. 4 febbraio 1963, n. 129 che detta norme
per la compilazione di un piano regolatore generale degli acquedotti
e delega il Governo ad emanare le relative norme di
attuazione, in quanto essa prevede la normalizzazione del rifornimento
idrico dell'intero territorio nazionale, secondo un piano
che non pu essere impostato se non con una visione generale
delle necessit del Paese con riferimento ai mezzi finanziari necessari
a risolvere il problema, con un ordine di preferenza che
pu essere fissato solo dal legislatore statale (l).
(1) E' la prima volta, a quanto risulta, che la Corte Costituzionale ha
dovuto occuparsi della legittimit costituzionale, con riferimento alla
autonomia regionale, di una legge contenente l'enunciazione di un programma
tecnico-economico, valevole per .l'intero territorio nazionale.
E, nel leddere l'impugnativa sollevata dalla Regione sarda, la
Corte ha chiaramente precisato la subordinazione dell'autonomia re
16
RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO
(Omissis). -La questione fondamentale, e che assorbe
tutte le altre sottoposte all'esame della Corte, questa: se lo
Stato sia, oppure non, competente a emanare leggi che abbiano
per loro contenuto la formulazione di programmi e piani, riguardanti
l'intero territorio statale, comprese in questo le Regioni
a statuto speciale, e relativi all'intera economia del Paese
o a questo o a quel settore di essa.
Posta in questi termini, la questione non pu non essere
risolta se non positivamente, nel senso, cio, che lo Stato ad
avere una competenza siffatta; e non pu non averla, perch
soltanto ad esso spetta la tutela degli interessi generali. Detto
diversamente, l'efficacia della legge statale non si arresta, in
questi casi, ai confini della Regione sia a statuto ordinari, sia
a statuto speciale. La Corte ha gi affermato questo principio
nella sentenza n. 12 del 1963 proprio con riferimento alla Sardegna.
Esso ha il suo fondamento nell'altro dell'unit dello Stato,
della quale le autonomie regionali sono un'articolazione, e
trova espressione nel rispetto degli interessi nazionali e delle
norme fondamentali delle riforme economico-sociali, imposto
esplicitamente o implicitamente come limite della potest legislativa
regionale e sancito per la Sardegna negli artt. 3 e 4
dello Statuto.
gionale -che, gi di per s, pu svolgersi solo nei limiti dei principi fondamentali
stabiliti dalle leggi dello Stato e sempre che non contrasti con
l'interesse nazionale o con quello di altre Regioni (art. 117 Cost.) -alle
esigenze pi ampie di una programmazione a carattere nazionale, pur
non trascurando di porre in evidenza la necessit del coordinamento con
le esigenze regionali.
Che tale soluzione sia ineccepibile basterebbe a dimostrare gi solo
l'art. 41, ultimo comma, della Costituzione, il quale prevede, appunto,
programmi e controlli opportuni disposti, in base alla legge, perch,
l'attivit economica pubblica e privata possa essere coordinata a fini sociali.
Trattasi di una norma valevole per gli Enti pubblci non meno che
per i privati.
Limite formale a tale potere programmatico dello Stato la riserva
di legge, la quale, peraltro, non va intesa in senso assoluto, come da taluno
si propende a ritenere (Fms, Osservazioni sui limiti dell'impugnativa
costituzionale e sulla riserva di lgge prevista dall'art. 41 Cast., Giur.
cost., 1958, 25), bens in senso relativo (PREDIERI, Profili costituzionali, natura
ed effetti dei piani urbanistici nelle opinioni della dottrina e nelle
decisioni giurisprudenziali, Riv. trim. dir. pubbl., 1961, 240; SANTANIELLO,
Gli atti amministrativi generali a contenuto non normativo, Milano, 1963,
171), nel senso, cio, che il legislatore determina il programma, il
quale viene successivamente attuato mediante uno o pi atti amministrativi-
piani.
Nella precedente sentenza 24 giugno 1961, n. 35, (Giur. it. 1961, I, 1032, e
PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE l
Che il piano generale degli acquedotti sia un piano ispirato
a un preminente e fondamentale interesse nazionale e che esso
possa essere collegato, entro certi limiti, con le riforme economico-
sociali, delle quali parola nelle previsioni legislative sopra
ricordate degli statuti speciali, non pare possa essere revocato
in dubbio. Vero che la difesa della Regione ha tentato di
distinguere tra programmazione economica e pianificazio
ne tecnico-urbanistica collegata ad una parallela e complementare
programmazione di interventi finanziari, per ammettere
la competenza statale ad emanare soltanto norme che abbiano
ad oggetto la prima, vale a dire la programmazione economica
. Ma, a prescindere dalla fondatezza di una distinzione siffatta,
che pu accettarsi assegnando alla programmazione economica
una significazione ampia e generica, tale, cio, da abbracciare
l'intera economia del Paese al fine di segnare le grandi
linee direttive dello sviluppo economico della collettivit, non
ritiene la Corte che essa possa essere invocata per giustificare
una dichiarazione di illegittimit della legge impugnata.
In realt, un piano generale per gli acquedotti, che si proponga
di assicurare i rifornimenti idrici a tutta la popolazione
della Repubblica, o, come dicono i tecnii, di normalizzare
con riferimento a certi parametri quantitativi e temporali, la
richiami di dottrina ivi indicati) la stessa Corte Costituzionale aveva
chiaramente precisato i limiti e le modalit del programma che, nella
fattispecie allora decisa, era ben pi settoriale che non il piano degli acquedotti,
e cos testualmente affermava: Non basta, dunque, che la
legge determini genericamente i fini che con i detti programmi si vogliono
raggiungere. Occorre la specificazione dei fini, la precisazione dei criteri
da seguire per il raggiungimento di questi fini, l'indicazione dei mezzi, la
determinazione degli organi che sono chiamati ad attuare i programmi o
che sorto stabiliti per esercitare i controlli. Non basta attribuire un potere
in 'vista del raggiungimento dei fini, ma bisogna anche stabilire i
limiti e l'estensione del potere e prevedere gli. effetti che con gli atti,
derivanti da tale potere, si producono. In concreto, talvolta la legge
stessa attraverso le sue disposizioni determiner, col programma, le finalit,
fisser i criteri di attuazione, gli organi, i poteri e le limitazioni dei
poteri degli organi, l'estensione della libert che pur bisogna lasciare agli
operatori ed ogni altra particolarit atta a meglio disciplinare il programma,
altra volta sar pi opportuno che la legge approvi semplicemente
un programma o piano, separatamente formato nei suoi particolari, ma
discusso con la legge stessa e allegato alla medesima, e quindi di essa
facente parte integrante, salvo a modificare, con. legge, questa legge di
approvazione o il piano allegato, soltanto quando circostanze di tempo o
mutazioni economiche lo richiederanno. L'organo legislativo in ci sovrano
e, a seconda dei casi, presceglier forma e sostanza, salvi per
sempre i dettami della Carta costituzionale .
18 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO
soddisfazione di un bisogno primario e fondamentale degli abitanti,
non pu essere impostato se non secondo una visione generale
delle necessit del Paese e con riferimento ai mezzi firiaru
ziari necessari a risolvere il problema e alla assegnazione di
codesti mezzi ai vari settori secondo un ordine di preferenze che
non pu essere fissato se non dal legislatore statale. E d'altra
parte difficile negare che un piano, il quale si proponga le finalit
sopra enunciate, non sia riconducibile a quelle modificazioni
delle infrastrutture (come usa dire), che sono condizione
e, insieme, parte delle riforme economico-sociali che lo Stato
tenuto a perseguire secondo gli indiiizzi e col rispetto dei limiti
posti dalla Costituzione.
Ci, tuttavia, non significa che la competenza statale in questo
campo sia cos assorbente da limitare ogni altra competenza
regionale fino ad eliminarla affatto. Qualora si affermasse un
principio di questo genere, si correrebbe il rischio di vedere
compromessa l'autonomia regionale e perfino negate la stessa
sua ragione d'essere, che quella di dare soluzioni appropriate
ai problemi particolari di ciascuna Regione e tutela adeguata ai
relativi interessi.
Occorre perci che in questo campo il preminente interesse
generale, del quale portatore lo Stato, si coordini e si concilii
con l'interesse particolre del quale portatrice la Regione,
quando dalla impostazione generale del piano si scenda alla sua
La 1. 4 febbraio 1963, n. 129, risponde pienamente a tali limiti ed
a tali modalit, con la previsione specifica degli organi chiamati ad elaborare
il piano, del suo contenuto analiticamente determinato, delle forme
. di pubblicit, delle osservazioni ed opposizioni, delle conseguenze
giuridiche vincolanti per i terzi (riserva delle acque incluse nel piano), ed,
infine, delle norme di attuazione del piano stesso, da adottare con la
forma dei decreti legislativi delegati, secondo principi direttivi e termine
perentorio predisposti nella stessa legge, in ottemperanza all'art. 76 della
Costituzione.
Di conseguenza per quanto riguarda le specifiche norme di legge
impugnate la Corte ha dichiarato assorbite le censure di legittimit costituzionale
mosse dalla Regione, in quanto esse pongono solo i criteri direttivi
del piano regolatore costituendone la premessa necessaria, mandando
all'Esecutivo ed al Legislatore di stabilire, rispettivamente, il contenuto
del piano e le norme per la sua attuazione.
Questa affermazione della Corte sembra particolarmente importante
perch pone a fuoco, se pure non espressamente, il problema della ammisI,:
.
.[
sibilit dell'impugnativa costituzionale avverso leggi deleganti non ancora
seguite dalle leggi delegate.
Finora, infatti a partire dalla fondamentale sentenza 24 gennaio 1957,
r
wi
n. 3 (Giur. cost. 1957, 11), la Corte aveva ritenuto la propria competenza
a conoscere delle leggi deleganti solo come mezzo per giudicare della
.. -Il .
.
.
5::1JW#1-.;.rr.rrr.11111._11,,r
:'.1'mms'-~
;....,J@f:illf!IBW.w.efl..4.f&:Ai.M.. ~.;..t>L.~&fill..y,)b:./)t.y,;.:.,,,,,.. M .; ~.,. ,~---~
PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 19
specificazione concreta. Soprattutto in questa fase, che la fase
di realizzazione del piano generale attraverso piani regionali,
deve intervenire il necessario coordinamento dell'opera statale
con quella regionale, nell'ambito e nel rispetto delle competenze
statutarie delle singole regioni.
E' stata questa, del resto, la via seguita dal legislatore per
la formulazione del piano organico di rinascita della Sardegna,
itJ:revisto dall'art. 13 dello Statuto speciale e per gli interventi
straordinari nell'Italia meridionale e insulare ad opera della
Cassa del Mezzogiorno. Nel primo caso il piano disposto dal
Comitato dei Ministri. per il Mezzogiorno col concorso della Regione
autonoma della Sardegna, concorso che si realizza mediant
la partecipazione del Presidente della Giunta regionale
con voto deliberativo alle deliberazioni del Comitato dei Ministri,
e mediante l'intesa tra gli organi tecnici della Regione per
la Cassa per il Mezzogiorno nella fase di predisposizioni del
piano generale e dei programmi annuali e pluriennali nell'ambito
di quello, tutti sottoposti, poi, all'approvazione del Comitato
dei Ministri come sopra integrato (artt. 1, 3 e 4 della I. 11
giugno 1962, n. 588). Nel secondo caso, i programmi particolari
delle opere relative alla Sicilia e alla Sardegna sono predisposti
dalle Amministrazioni delle Regioni d'intesa con la Cassa per il
Mezzogiorno, competente poi ad approvarli, e nell'ambito di un
piano o programma generale predisposto e approvato lal Co-
validit delle relative leggi delegate; e cos, nell'esercizio di tali poteri,
la Corte aveva affermata la sua competenza a sindacare anche la validit
del procedimento . formale per l'approvazione della legge delegante,
della sussistenza e dell'ampiezza dei principi direttivi, della prefissione
del termine, della sua eventuale proroga, ecc.
Ma non era ancora avvenuto che s'impugnasse una legge delegante
prima ancora che -con l'emanazione del decreto delegato -fosse
concretamente manifestata e resa attualmente operante verso tutti i
cittadini la volont del legislatore.
Di fronte ad una situazione siffatta lecito il dubbio sull'ammissibilit
dell'impugnazione. La legge di delegazione, invero, legge strumentale,
come fonte del potere del Governo; ed solo indirettamente o
mediatamente legge materiale (LIGNOLA, La delegazione legislativa, Milano,
1950, 151), anzi, ;pu dirsi, lo solo condizionatamente all'effettivo
esercizio della delega da parte del Governo. Se quest'organo lascia scadere
il termine stabilito, la legge delegante, bench formalmente e sostanzialmente
valida, inutiliter data . Cosicch il controllo di legittimit
costituzionale, che ammesso per le leggi formali recanti disposizioni in
senso materiale (REDENTI, Legittimit delle leggi e Corte costituzionale,
Milano, 1957, 20) non sembra esercitabile in ipotesi del genere, dove le
conseguenze sostanziali connesse all'esercizio della funzione legislativa
sono addirittura quiescenti e condizionate.
-
20 li
RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO
I~
mitato dei Ministri (art. 25, 1. 10 agosto 1950, n. 646). In
virt di questa legge e delle successive che l'hanno modificata
e integrata (segnatamente quella 29 luglio 1957, n. 634), stato 'f.1
predisposto e approvato ed gi in fase di avanzata attuazione
il piano di normalizzazione dei rifornimenti idrici per tutti
i centri abitati della Sardegna (come fu ricordato al Senato
durante la discussione della legge impugnata); sulla base del
quale sono state poste a carico totale dello Stato le opere principali
di raccolta e di adduzione delle acque, ivi compresi i serbatoi,
nonch, per la maggior parte dei centri abitati, quelle di
distribuzione interna e degli impianti e reti di fognatura, che
la legislazione precedente poneva a carico dei Comuni (artt. 5, 1.
10 agosto 1950, n. 646 e 6 1. 29 luglio 1957, n. 634).
i
N si pu dire che la legge impugnata abbia seguito una ra
via diversa, trascurando l'esigenza che l'opera d'intervento statale
si coordini con quella regionale per assicurare che l'attivit
pianificatrice dello Stato non si compia col sacrificio del
I.
l'autonomia regionale, ma, al contrario, mediante questa e nel
,
I
rispetto delle competenze della Regione, nell'ambito del quale @
gli Statuti le riconoscono e delimitano. Il piano generale, infatti,
deve essere in primo luogo formulato sentite le Regioni, e, trat'
tandosi appunto di un piano generale, non poteva essere disposto
altrimenti. Pretendere, come sostiene la difesa regionale, ,
che in questa fase si dovesse procedere d'intesa con la Regione,
,
,,
significherebbe rendere impossibile la definitiva redazione del f;:;
~,
I
"
piano generale, che, necessariamente, deve operare una sintesi ru
delle diverse esigenze locali e fondarsi su criteri unitari. In sem
condo luogo le norme di attuazione del piano che, per la delega
contenuta nell'art. 5, devono essere emanate dal Governo,
entro il termine di tre anni dall'entrata in vigore della legge,
devono tener conto delle competenze delle Regioni, ovviamente
non soltanto di quelle a statuto ordinario, ma altres, e a mag
It
gior ragione, di quelle a statuto speciale (nel che, del resto, le
parti concordano), e, per quel che riguarda la Sardegna, di
quanto gi stato legittimamente predisposto e compiuto dalla ro
legislazione precedente ed in via di attuazione nel territorio w
ili
dell'Isola, mediante l'opera concorde dello Stato e della Regione.
l!i!
Da quanto precede risulta chiaro che le questioni sollevate ~'
dalla difesa regionale nei confronti delle norme contenute ner
gli articoli impugnati della legge devono ri~enersi assorbite. 1r
Quelle norme, infatti, pongono soltanto i criteri direttivi del !~
piano regolatore, ne costituiscono, cio, la premessa necessa-m
i:~
l
l
~
<
::;
J!
~
PARTE I, SEZ, I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 21
ria o, come quella dell'art. 3, 2 comma, relativa alla riserva
delle acque ai sensi dell'art. 51 del t.u. 11 dicembre 1933,
n. 1775, lo strumento temporaneo e indispensabile per rendere
possibile a suo tempo la attuazione del piano, e sono pertanto
esplicazione puntuale e legittima dei poteri che, come si visto,
lo Stato ha in questa materia. -(Omissis).
SEZIONE SECONDA
GIURISPRUDENZA
SEZIONE SECONDA
GIURISPRUDENZA
SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE
CORTE DI <;ASSAZIONE, Sez. Un. 5 agosto 1963, n. 2194 -Pres.
Tavolarq -Est. Cannizzaro -P. M. Criscuoli (conf.) -Passeri
c. Finanze.
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un. 5 agosto 1963 n. 2195 -Pres.
Tavolaro -Est. Cannizzaro -P. M. Criscuoli (conf.) -Passeri
c. Finanze.
Competenza .e giurisdizione -Impiego pubblico -.Controversie in di
pendenza diretta e immediata del rapporto di impiego -Giuri
sdizione esclusiva del Consiglio di Stato.
Competenza e giurisdizione Impiego pubblico -Diritti patrimoniali
conseguenziali -Controversie -Giurisdizione ordinaria.
La giurisdizione esclusiva del Consiglio di Stato in materia
di pubblico impiego comprende tutte le controversie derivanti
dal rapporto, non escluse quelle che abbiano per oggetto il pagamento
di stipendi o di altri assegni in dipendenza diretta ed
immediata di esso. (1).
Se sia stato impugnato per illegittimit l'atto amministra
tivo (pur se concretamente consistente in un comportamento
negativo o in un rifiuto della p.a., che non abbia corrisposto o
che si sia rifiutata di corrispondere al suo dipendente i com
pensi dovuti) e se dalla impugnazione sia derivata una pronun
eia di illegittimit dell'atto,. sorge, correlativamente all'obbligo
della p.a. di conformarsi alla decisione del. giudice amministra
tivo la possibilit per il dipendente di agire in giudizio davanti
all'autorit giudiziaria ordinaria soltanto al fine di far valere i
pr~pri diritti patrimoniali conseguenziali (2).
(1-2) Le due annotate sentenze del Supremo Collegio confermano l'indirizzo
delle Sezioni Unite nel senso che le questioni di ordine patrimoniale,
strutturalmente e funzionalmente collegate col rapporto di pubblico
impiego rientrano nella competenza del giudice amministrativo, in
ossequio al principio della restitutio in integrum (cfr. da ultimo, Cass.,
Sez. Un., 6 ottobre 1962, n. 2827, Foro it., 1962, I, 1036; Cass., Sez. Un., 22
gennaio 1957, n. 167, Giur. it. 1957, I, 223).
Per effetto di tale principio stato esattamente ritenuto che tutte le
PARTE I, SEZ. Il, GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 23
(Omissis). -La ricorrente denunzia la violazione dello
art. 30, cpv. t. u. 26 giugno 1924, n. 1054, in relazione all'art.
360 n. 5 c.p.c., per avere il Consiglio di Stato respinto senza
riserve e considerazioni il suo ricorso anche per quel che rifletteva
la domanda specifica, formulata in via subordinata, diretta
ad ottenere il riconoscimento del suo diritto agli emolumenti
fino alla data di notificazione del provvedimento ministeriale
impugnato, pur trattandosi di questione attinente a diritti
patrimoniali conseguenziali alla legittimit o meno del provvedimento
medesimo: questione, che, anche nelle materie deferite
alla giurisdizione esclusiva del Consiglio di Stato, da
ritenersi compresa fra quelle riservate alla cognizione dell'Autorit
giudiziaria ordinaria.
La censura infondata. L'art. 30 del t.u. sul Consiglio
di Stato 26 giugno n. 1054, dopo aver stabilito che nelle
questioni deferite alla giurisdizione esclusiva del Consiglio medesimo,
questo conosce anche di tutte le questioni relative a
diritti, riserva, vero, all'Autorit giudiziaria ordinaria le que
voci costituenti la retribuzione dell'impiegato, comprese quelle di carattere
accessorio, trovano collocazione sotto il pi ampio paradigma
della retribuzione, come erogazione dovuta da parte della p.a. (Cass.,
Sez. Un., 18 luglio 1961, n. 1750, Foro amm., 1961, II, 417; Cass., Sez. Un.,
1 febbraio 1961, ivi, II, 201); e che tali voci non possono essere richieste,
nemmeno a titolo di risarcimento danni, all'a.g.o. (Cass., Sez. Un., 23
febbraio 1956~ n. 512, Foro it., 1956, I, 1319; Cass., Sez. Un., 6 ottobre 1962,
n. 2827, cit.).
Per converso, il Consiglio di Stato pur ammettendo il principio dell'automatismo
della restitutio in integrum, aveva ritenuto fossero da escludere
dalla propria giurisdizione le richieste di indennit accessorie, come,
ad esempio, il premio di presenza (Ad. PI. 27 febbraio 1954, n. 12, Il Consiglio
di Stato, 1954, I, 107; Sez. IV, 30 dicembre 1958, n. 996, ivi, 1535).
In dottrina, per un riassunto della questione, cfr. TROCCOLI, La "resti
tutio in integrum" dei pubblici dipendenti ingiustamente licenziati, Foro
amm., 1961, 770).
Coerentemente alle premesse, le Sezioni Unite riaffermano poi, con
la seconda massima, la necessit di una pronuncia sul merito della pretesa
dell'impiegato, per la successiva proposizione dell'azione risarcitoria,
per la parte in cui questa sia ammessa. L'art. 30 t. u. sul Consiglio
di Stato -e cos l'art. 5. t.u. sulla G.P.A. -espressamente richiede, infatti,
una pronuncia sulla legittimit dell'atto amministrativo impugnato dal
pubblico dipendente, pronunc;a che non pu essere sostituita, neppure
incidenter tantum, da un accertamento del giudice ordinario. Per cui,
allorquando, a causa di decadenza o di preclusioni, il ricorso sia dichia
I
rato inammissibile o irricevibile, o, qualora, per qualsiasi causa, il giu
I
dice amministrativo non abbia potuto esaminare la legittimit dell'atto
impugnato, non pu dirsi sorto il presupposto per l'esercizio dell'azione
I
di risarcimento su diritti patrimoniali conseguenziali.
I
!
24 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO
stioni patrimoniali conseguenziali alla pronunzia di legittimit
j..
dell'atto o provvedimento impugnato. Ma, a prescindere che, nella
specie, manca del tutto una pronunzia di legittimit o meno I:-:
.
.
del provvedimento impugnato, in quanto il Consiglio di Stato
si limitato a dichiarare inammissibile il ricorso della Passeri
per mancanza d'interesse; a parte, ancora, il rilievo che la doglianza
mossa davanti a queste Sezioni Unite avverso la decisione
del Consiglio di Stato per avere quell'Alto Consesso respinto,
senza riserve e condizioni, il ricorso della Passeri (anche
in relazione alla domanda della stessa diretta a ottenere
in via subordinata il riconoscimento del suo diritto agli emolumenti
fino alla data della notificazione del provvedimento
ministeriale impugnato) non ha il contenuto di motivo meritevole
di considerazione, giacch ogni diritto ha la sua tutela
indipendentemente dalla riserva che ne possa essere fatta in
una pronunzia avente carattere giurisdizionale, da Ficordare
come gi altre volte hanno deciso queste Sezioni Unite, davanti
alle quali le decisioni del Consiglio di Stato possono essere
impugnate soltanto per motivi attinenti alla giurisdizione
(art. 48 t.u. predetto, in relaz. agli artt. 3, 4 e 5 della legge
31 marzo 1877 n. 3761, nonch in relazione all'art. 111, 2
comma, della Costituzione della Repubblica), che il ricorso potrebbe
trovare accoglimento soltanto se il Consiglio di Stato
si fosse pronunziato su materia sottrat~a, per legge, alla sua
cognizione sotto ogni aspetto, cio sotto ogni profilo, sia in
ordine all'oggetto della controversia, sia in ordine alla formazione
del provvedimento impugnato, per quel che concerne la
distribuzione della competenza interna degli organi della giustizia
amministrativa. Ora, nella specie, non si verifica alcuna
delle predette ipotesi perch la giurisdizione esclusiva del Consiglio
di Stato in materia di pubblico impiego comprende tutte
le controversie derivanti dal rapporto, anche quelle che abbiano
contenuto patrimoniale se, come nel caso in esame, la
pretesa abbia necessariamente per titolo il rapporto medesimo.
Ditalch, se la controversia abbia per oggetto il pagamento di
stipendi, indennit o altri assegni, in dipendenza diretta ed immediata
del rapporto, la cognizione spetta sempre al giudiCe
amministrativo, il quale, nelle materie devolute alla sua giurisdizione
esclusiva, conosce anche di qualsiasi questione pur
se relativa a diritti. E ancora: se sia stato impugnato per illegittimit
l'atto amministrativo, pur se concretamente consistente
in un comportamento negativo o in un rifiuto della pubblica
amministrazione (o ente pubblico, in genere); che non
PARTE I, SEZ. Il, GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE
25
abbia corrisposto o che si sia rifiutata di corrispondere al suo
dipendente, alla scadenza, i compensi dovuti, e, se dalla impugnazione
sia derivata una pronunzia di illegittimit dell'atto,
correlativamente all'obbligo della pubblica amministrazione (o
dell'ente) di conformarsi alla decisione del giudice amministrativo,
sorge per il dipendente la possibilit di agire in giudizio
davanti all'autorit giudiziaria ordinaria soltanto al fine di fare
valere i propri diritti patrimoniali conseguenziali.
Ma, si ripete, una pronunzia del genere di quelle sopra
specificate, nel caso in esame, manca del tutto, ond' che per
nessun verso la decisione del Consiglio di Stato merita censura
in questa sede sotto il profilo del difetto di giurisdizione.
(Omi~sis).
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 16 settembre 1993, n. 2528 -
Pres. Torrente -Est. Giannattasio -P.M. Pepe (conf.) -Consiglio
Istituti Ospedalieri di Milano, Scuotto Antonio ed
altri c. Comune di Napoli, Ministero dei LL.PP. e dell'Interno,
Soc. ICE ed altri.
Espropriazione per p.u. -Espropriazione ai sensi della I. 15 gennaio
1885 n. 2892 -Interpellanza ai sensi dell'art. 23 I. urbanistica Non
necessaria -Sussistenza del potere espropriativo -Impugnativa
-Competenza del Consiglio di Stato.
(1. 17 agosto 1942, n. 1150, art. 23).
Se ancor prima della disposizione contenuta nell'art. 23
della legge urbanistica e nell'art. 870 e.e. non si poteva disconoscere
il principio generale, in materia di espropriazione per
p.u., secondo cui il potere espropriativo della p.a, ed il conseguente
affievolimento del diritto del proprietario sorge solo
allorch questi, previamente interpellato, non provveda alle costruzioni
in conformit dei piani approvati dall'autorit amministrativa,
tale principio trova tuttavia una deroga nell'art. 13
della legge 15 gennaio 1885 n. 2892 sul risanamento della citt
di Napoli ed in genere in tutte le leggi per Napoli che prevedono
sempre la procedura di urgenza, che non ~ compatibile
con l'interpellanza. (1).
(1) La sentenza richiamata nel testo pubblicata in Foro it., 1961, I,
320, con nota redazionale di richiami.
La decisione confermata del Consiglio di Stat,o 12 febbraio 1960, n. 115,
pubblicata in Il Consiglio di Stato, 1960, 168.
In via generale, la posizione del privato al quale non sia stato noti
-
26 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO
(Omissis). -I ricorrenti eccepiscono, in sostanza, il di
26 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO
(Omissis). -I ricorrenti eccepiscono, in sostanza, il di
fetto di giurisdizione del Consiglio di Stato, dato che sarebbe
mancato il potere di espropriazione, il quale sorge, giusta lo
art. 23 della legge urbanistica, solo dopo che sia decorso inutilmente
il termine fissato ai proprietari per dichiarare se intendono
procedere, da soli, se proprietari dell'intero comporto
edificatorio, o riuniti in consorzio, all'edificazione dell'area e
alle trasformazioni degli immobili in esso compresi, secondo
speciali prescrizioni.
La questione non nuova, perch gi venuta all'esame di
questo Supremo Collegio a Sezioni Unite, il quale ha ritenuto
che non trova applicazione la legge urbanistica allorch si tratti
non di attuazione di piani regolatori, ma di piani di risana
mento edilizio, che si distinguono da primi per. il diverso specifico
scopo che perseguono, in presenza dei quali il potere di
espropriazione della P. A. sorge immediatamente connesso all'opera.
di risanamento, e, una volta esercitato, attua il trasferimento
del bene all'espropriante, con la conseguenza che questi
non pu essere tenuto ad interpellare ai sensi dell'art. 23
legge urbanistica (Cass. 21 gennaio 1960 n. SO).
Invero, se si tiene presente che il piano di risanamento (ed
in particolare quello della citt di Napoli, la cui legislazione
speciale ebbe inizio a pochi mesi dalla tremenda epidemia di
colera del 1884), in quanto ispirato essenzialmente a fini di
igiene e di sanit, ha per scopo soprattutto la demolizione di
un quartiere, con l'eliminazione di tutti gli agglomerati insalubri,
e la ricostruzione del quartiere su basi completamente
diverse, e che si ha pertanto una fattispecie totalmente diversa
da quella di una normale espropriazione, non possibile concepire,
in presenza di un piano di risanamento, un diritto a riedificare
dei proprietari, i cui edifici siano destinati ad essere irrimediabilmente
demoliti, senza possibilit di ricostruzione, in
quanto destinati ad essere sostituiti da vie, da piazze, da giardini.
Inoltre nel piano di risanamento, a differenza del piano regolatore,
prevalente l'interesse pubblico, per cui viene attuato
direttamente dall'ente pubblico.
Il problema, semmai, si pone unicamente per i proprietari
ficato l'interpello di cui all'art. 23 della legge urbanistica, stata configurata
come un vero e proprio diritto soggettivo (cfr. Cass., Sez. Un., 19 otto.
bre 1962, n. 3047, Foro it., 1963, I, 559; id. 20 giugno 1962, n. 1657, Giust.
civ., 1962, 1169; id., 9 dicembre 1960, n. 3212, ivi, 1961, 223; e in dottrina,
SoNARELLI, Espropriazione per l'edificazione dei comparti di p.u. e competenza
giurisdizionale, ivi).
PARTE I, SEZ. II, GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE
dei beni compresi nelle zone attigue all'opera pubblica, e c10e
delle zone, contigue alle vie, alle piazze, ai giardini, ma in proposito
soccorre anzitutto la norma di cui al 3 comma dello
art. 34 del r.d. 8 febbraio 1923 n. 422, per cui; quando i proprietari
si obblighino a dare essi alle zone attigue la prevista nuova
destinazione, l'Amministrazione espropriante pu rinunciare all'espropriazione,
il che presuppone evidentemente l'esistenza del
potere stesso, potere cui la P.A. pu solo, nella sua facolt discrezionale,
rinunciare. Ma soccorre soprattutto, in particolare,
la norma dell'art. 13 della I. 15 gennaio 1885, n. 2892 per il
risanamento della citt di Napoli, richiamato dall'art. 2 della
I. 12 luglio 1912, n. 783, relativa alla bonifica del Rione San
Giuseppe-Carit. Secondo il ricordato art. 13, nel piano di cui
all'art. 1, sar determinata l'area di zone, laterali alle nuove
strade, che il municipio potr espropriare per pubblica utilit
. E l'art. 2 della I. 783 del 1912, dopo aver dichiarato
di pubblica utilit le opere necessarie al bonificamento del rione
S. Giuseppe-Carit della citt di Napoli, ed aver richiamato
al riguardo la disposizione contenuta nella I. del 1885, afferma
al 3 comma: Il Comune di Napoli autorizzato a
concedere l'esecuzione delle opere stesse a trattativa privata
alla Societ per il risanamento di Napoli.
Tale possibilit di concessione, non soggetta a limiti e a
condizioni, non assolutamente compatibile con il diritto preferenziale
dei proprietari delle zone attigue.
La decisione impugnata del Consiglio di Stato ha fatto,
quindi, esatta applicazione dei principi, allorch ha rilevato che,
se non potevasi, ancor prima che ci venisse consacrato legislativamente
nell'art. 23 della legge urbanistica e nell'art. 870
cod. civ., disconoscere il principio generale in materia di espropriazione
per pubblica utilit, secondo cui il proprietario pu
sottrarsi all'espropriazione dei beni, obbligandosi a provvedere
alle costruzioni in conformit dei piani approvati dall'autorit
amministrativa, tale principio trova tuttavia una deroga nell'art.
13 della I. 15 gennaio 1885 n. 2892 sul risanamento della
citt di Napoli ed in genere in tutte le leggi per Napoli che
prevedono sempre la procedura d'urgenza, che non compatibile
con l'interpellanza (Omissis).
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 5 ottobre 1963, n. 2661 -
Pres. Torrente -Est. Favara -P. M. Pepe (conf.) -Ditta Garrone
c. Sanguineti e Ministeri Industria e Commercio, Finanze
e Marina Mercantile.
-
28
RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO
Legge -Illegittimit costituzionale di norme di legge -Eccezione ritenuta
manifestamente infondata -Impugnazione limitata alla sola
questione di legittimit costituzionale -Inammissibilit.
Giustizia amministrativa -Decisione del Consiglio di Stato su eccezione
di illegittimit cos~ituzionale dichiarata in decisione, anzich
con separata ordinanza -Incensurabilit da parte della Cassazione
( Cost. art 111; 1. 11 marzo 1953 n. 87, artt. 23 e 24).
Ritenuta la manifesta infondatezza della eccezione di illegittimit
costituzionale di 'Una disposizione di legge, da parte
del giudice inferiore, non ammissibile, tenute presenti le norme
degli artt. 23 e 24 della l. 11 marzo 1953, n. 87, un'impugnazione
limitata soltanto alla questione di legittimit costituzionale,
senza che sia, cio, riproposto anche il giudizio nelle ulteriori
sue questioni di rito e di merito, ai fini della cui decisione
soltanto l'eccezione pu, sempre in via incidentale, essere
ammessa, in quanto, cio, si accerti preliminarmente che il giudizio
stesso, cos devoluto al giudice superiore, non possa da
questo essere definito indipendentemente dalla risoluzione della
questione di legittimit costituzionale; col riesame, pertanto,
sia del giudizio sulla rilevanza che di quello relativo alla manifesta
infondatezza della eccezione stessa. (1).
La circostanza che il Consiglio di Stato si pronunci, dichiarandola
infondata, sull'eccezione di illegittimit costituzionale
di una norma di legge, proposta da una delle parti, nel
corso della stessa decisione, anzich con separata ordinanza
motivata ai sensi dell'art. 24 della legge 11 marzo 1953 n. 87,
pu costituire, al pi, una violazione di legge d'ordine processuale
che, in s stessa considerata, non d luogo a motivo di
ricorso alle Sezioni Unite della Suprema Corte, in quanto i
limiti dei poteri assegnati, anche dall'art. 111 della Costituziow,
ne, alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, in ordine alle
decisioni del Consiglio di Stato, riguardano solo l'indagine avente
per oggetto motivi attinenti od inerenti alla giurisdizione,
ma non anche le eventuali violazioni di norme giuridiche in cui
sia eventualmente incorso il Consiglio di Stato nella propria
decisione (2).
(1-2) La decisione delle Sezioni Unite fa esatta applicazione dei principi
generali, sia in tema di riproposizione della eccezione di illegittimit
costituzionale, sia in tema di impugnazione delle decisioni del Consiglio
di Stato.
Sotto il primo profilo, invero, da ritenere che anche le eccezioni
PARTE I, SEZ. II, GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE
29
(Omissis). -Il ricorso, cos come proposto, esclusivamente
per quanto attiene al rigetto, da parte del Consiglio di
Stato, dell'eccezione d'illegittimit costituzionale dell'art. 19 del
r.d. 2 novembre 1939, n. 1741 per asserito contrasto con gli artt.
3, 24, 41 e 42 della Costituzione (per di pi sollevata, in quella
sede, dagli attuali resistenti e non dagli attuali ricorrenti) e per
difetto di giurisdizione del Consiglio di Stato, in quanto esso, nel
dichiarare infondata, anzich manifestamente infondata, l'eccezione
anzidetta d'illegittimit costituzionale avrebbe ecceduto dai
limiti della propria giurisdizione, inammissibile.
A sensi, infatti, dell'art. 24 della I. 11 marzo 1953 n. 87
allorquando l'eccezione d'illegittimit costituzionale viene respinta
per manifesta irrilevanza, od infondatezza, mediante ordinanza
del giudice davanti al quale essa stata proposta, l'eccezione
stessa pu essere riproposta all'inizio di ogni grado ulteriore
del processo, nella stessa guisa in cui poteva, ai sensi
dell'art. 23 della stessa I. n. 87 del 1953, essere proposta,
nel corso del giudizio davanti all'autorit giurisdizionale nei
gradi precedenti e, perci, solo in via incidentale e, con obbligo
da parte d_el giudice superiore, di rivalutarne dapprima la
rilevanza e, cio, la necessit della sua risoluzione per la definizione
del giudizio proposto, e, questa ritenuta, l'eventuale sua
respinte dai giudici diversi dal Consiglio di Stato e dalla Corte dei
Conti, per i quali, cio, sia ammesso il sindacato di legittimit per
violazione di legge o per difetto di motivazione, non possono essere riproposte
che congiuntamente al merito, o a quei capi di merito della
decisione impugnata per i quali l'eccezione assume giuridica rilevanza.
Cos com' strutturato il nostro processo costituzionale, per vero,
da escludersi -tranne nelle ipotesi dei conflitti di attribuzione un'impugnativa
di norme legislative fine a se stessa; essa opera sempre,
invece, (o dovrebbe operare), come strumento per la decisione
della causa di merito.
La riserva non senza rilievo, di fronte a non impegnanti ordinanze
di rimessine da parte di giudici minori, talvolta anche minimi,
di questioni evidentemente sproporzionate all'economia della causa di
merito. Si potrebbe forse parlare di processo simulato, e di ordinanza
in "fraudem legis", ma ci esula dai limiti delle presenti osservazioni.
Ammessa, dunque, in via generale la riproponibilit dell'eccezione respinta
in grado superiore, peraltro necessario che essa s'accompagni
all'impugnazione degli aspetti di merito della vertenza (cfr. in conformit,
LAVAGNA, Sulla possibilit di riproporre in Cassazione le questioni
di legittimit costituzionale, Foro it., 1961, I, 471; e, per l'impugnabilit
in via autonoma dell'ordinanza di rigetto dell'eccezione di incostituzionalit:
Css., Sez. Un., 30 giugno 1960, n. 1722, Giur. it., 1962, I, 477,
con nota di ANGELICI).
La questione si sposta, cos, sotto il secondo profilo, cio sui limiti
-
30
RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO
manifesta infondatezza, senza che tale suo rinnovato giudizio
abbia il valore ed il contenuto d'una revisione del precedente
apprezzamento del giudice inferiore al riguardo, trattandosi
d'una renovatio e non di una vera e propria revisio prioris
instantiae . Ritenuta, pertanto, la manifesta infondatezza
della eccezione d'illegittimit costituzionale d'una disposizione
di legge, da parte del giudice inferiore, non ammissibile una
impugnazione limitata soltanto alla questione di legittimit costituzionale,
senza che sia, cio, riproposto anche il giudizio nelle
ulteriori sue questioni di rito e di merito, ai fini della cui
decisione soltanto l'eccezione pu essere, sempre in via incidentale,
ammessa, in quanto, cio, si accerti preliminarmente che
il giudizio stesso, cos devoluto al giudice superiore, non possa
.da questo essere definito indipendentemente dalla risoluzione
della questione di legittimit costituzionale, col riesame, pertanto,
sia del giudizio sulla rilevanza, che di quello relativo
alla infondatezza manifesta dell'eccezione stessa. E' questo il
motivo per il quale il legislatore ha disposto, nel ricordato art.
24 della I. n. 87 del 1953, che l'eccezione d'illegittimit costituzionale
deve dal giudice essere eventualmente respinta per
la sua manifesta irrilevanza, od infondatezza, mediante ord-
dell'impugnazione delle decisioni del Consiglio di Stato per motivi ine
renti alla giurisdizione (Cost., art. 111).
La Corte Suprema ha ripetutamente affermato, a questo proposito,
che il sindacato sulla giurisdizione del Consiglio di Stato ammesso
solo quando questo organo abbia invaso la sfera di attribuzione propria
di uno degli altri poteri dello Stato, ovvero abbia invaso la sfera di
attribuzione dell'ordine giudiziario ordinario, o di un organo di giurisdi
zione speciale, ovvero abbia dichiarato di non poter decidere perch
la materia non pu essere oggetto di funzione giurisdizionale, o della
giurisdizione del Consiglio di Stato (Cass., Sez. Un., 30 dicembre 1963,
n. 3246, in questa Rassegna, 1964, 16; Cass., Sez. Un., 28 ottobre 1961, n. 2480,
Foro it., Mass., 1961, 655; Cass., Sez. Un., 18 giugno 1962, n. 1532, ivi,
1962, 462).
In tale prospettiva, esattamente la Corte Suprema ha ritenuto, da
un lato, inammissibile la censura contro il denunciato error in procedendo,
per essere stata la questione decisa nel testo della stessa sen-
tenza anzich con separata ordinanza, trattandosi, al pi, di una mera
violazione
tione.
In effetti, e per rispondere allo specifico quesito. se l'interesse fatto
valere dai Comuni limitrofi fosse legittimo (gravitante -cio -nell'orbita
dell'art. 26 del t.u. delle leggi sul Consiglio di Stato), si adducono
tre argomenti diversi, il cui reciproco rapporto -che non certo
di complementariet -non del tutto chiaro. Pi precisamente:
a) titolare di un interesse legittimo chi, pur essendo terzo rispetto
ad un atto amministrativo che amplia la sfera dei diritti di altro soggetto,
PARTE I, SEZ. II, GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE
45
(Omissis). -In via preliminare deve essere poi esam1nata
l'altra eccezione che la stessa Avvocatura dello Stato e la difesa
del Comune di Castelfranco di Sotto hanno sollevato, sostenendo
che il ricorso inamissibile, in quanto i Comuni ricorrenti non
hanno un interesse legittimo, di cui possono lamentare la lesione,
ma hanno un semplice interesse di fatto, che la legge non ha inteso
prendere in considerazione.
Procedendo, quindi, a tale esame si rileva:
Non pu dubitarsi che sia titolare di un interesse occasionalmente
protetto e, quindi, legittimo colui che, pur essendo
terzo rispetto ad un atto amministrativo che amplia la sfera
dei diritti appartenenti ad una persona fisica o giuridica, si
trovi in una situazione tale da subire un danno ove l'atto me
si trovi in situazione tale da subire un danno, ove l'atto sia stato emanato
in difformit dalla legge;
b) la vicinanza pu costituire elemento differenziatore fra l'interesse
legittimo e quello semplice. Chi abita vicino ad uno stabilimento
industriale ha un interesse legittimo a veder rispettate le distanze di
legge, per ci che ha tratto alle esalazioni, rumori, ed in genere immissioni.
e) il mantenimento dello status quo e -di riflesso -delle
rispettive situazioni sul piano delle possibilit produttive un interesse
legittimo. Un incentivo male accordato determina una lesione rilevante
sul piano della legittimit.
2. -Si esaminino distintamente i tre pilastri logici della parte di
motivazione che qui interessa.
E' chiaro che l'argomento indicato sub a) vale a definire un interesse
alla legittimit dell'atto, ma non un vero e proprio interesse legittimo.
E' vero che ad ogni posizione di interesse legittimo ne soggiace una di
interesse alla legittimit; ma non affatto vera la proposizione reciproca
e cio che ogni interesse alla legittimit sia perci solo un interesse
legittimo a' sensi dell'art. 26 del t.u. sul Consiglio di Stato.
La verit che quando si parla di interesse legittimo, si definisce
una vera e propria situazione giuridica soggettiva di vantaggio (cos,
p. es., CASETTA, Diritto soggettivo ed interesse legittimo: problemi della
loro tutela giurisdizionale, Riv. trim. dir. pubbl., 1952, 611 sgg., spec.
618 sgg. e 623, ed autori ivi citati). Tra l'interesse di fatto e le norme
d'azione che regolano l'operato della pubblica amministrazione deve sussistere
un collegamento giuridico. Si parla qui talvolta di fissazione dell'interesse
alla legittimit dell'atto in un soggetto, ovvero -con maggiore
semplicit di termini -di protezione occasionale, dove l'aggettivo
non oblitera il sostantivo : occasionale s, ma pur sempre protezione, e
protezione accordata dalla legge, con la considerazione che essa abbia
del soggetto, portatore di una certa pretesa (cos, Sez. Un., 14 agosto 1951,
n. 2519).
Va notato che queste ovvie verit sono sempre state chiarissime agli
occhi del Supremo Consesso Amministrativo. Senza andare tanto lontano,
sar sufficiente considerare quel che accaduto quando detentori di
attivit economiche in regime di oligopolio (o, addirittura, di monopolio
46
RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO
desimo sia stato emanato in difformit dall'interesse pubblico
perseguito da una norma di legge. In tal caso, infatti, l'interesse
del terzo coincide con l'interesse pubblico alla osservanza di detta
norma e, pertanto, trova nella norma stessa una protezione
occasionale o riflessa, differenziandosi dall'interesse generico di
tutti i cittadini al buon andamento della pubblica amministrazione.
Ad individuare poi la particolare situazione da cui deriva
l'esistenza dell'interesse legittimo, nella figura dell'interesse occasionalmente
protetto, spesso si ricorre al criterio della vicinanza.
Cos, ad esempio, si sempre ritenuto che chi abita vicino
a un opificio industriale, dal quale sono emesse esalazioni
nocive alla salute, abbia un interesse legittimo di cui possa la-
di fatto) hanno proposto ricorso in sede di legittimit in tema di autorizzazione
all'esercizio data ad imprese concorrenti: per es. assicurazioni,
sportelli bancari, raffinerie di ol minerali.
Prima di porsi il problema se le dedotte violazioni di legge fossero
state effettivamente commesse, il Consigio di Stato ha esaminato la
questione (ritenuta decisiva ai fini della propria giurisdizione) se la situazione
del titolare dell'(asserito) interesse apparisse, nella fattispecie normativa,
come giuridicamente rilevante agli effetti dell'emanazione del
provvedimento, denunciato come lesivo. In altri termini, se il legislatore
si fosse preoccupato di tutelare, ancorch di riflesso, oppure occasionalmente,
l'interesse dedotto in giudizio, non apparendo sufficiente la pura
e semplice esistenza di una normativa, sia sostantiva che di procedimento,
dettata al fine di regolare l'attivit dell'Amministrazione.
Cos si negato che il titolare d'una raffineria di oli minerali fosse
portatore di un interesse legittimo, che Io abilitasse ad opporsi ad una
nuova autorizzazione, pur se illegittima (Cons. Stato, V, 24 luglio 1959,
Foro amm., 1959, I, 2, 861, dove viene fatto il punto in giurisprudenza).
Ma vi ha di pi: lo stesso si detto per le Compagnie
cl'assicurazione, pur essendo innegabile che v'ha un pubblico interesse
notevolmente inienso alla prosperit di questo tipo d'imprese, tale da
rendere pi che plausibile la configurazione di un collegamento giuridico
tra posizione della singola Compagnia e tutela dell'interesse pubblico
(cos Cons. Stato, Sez. VI, 17 febbraio 1953, n. 445, Relaz. Avv.ra Stato 1951-55,
I, pag. 81). Ma tant': requisito indefettibile perch un interesse sia considerato
legittimo -secondo la giurisprudenza costante del Consiglio
di Stato -la considerazione che della posizione del suo titolare abbia
la legge (Cons. Stato, Sez. IV, 9 luglio 1958, n. 576). Solo allora l'asserita lesione
sar giuridicamente rilevante, ed uscir dal limbo del mero fatto eco:~
nomico (e valga qui -a rovescio -l'esempio delle farmacie, delle
sale cinematografiche, et similia). jii
Sia chiaro che l'argomentazione della Quinta Sezione, in s e per s,
non sbagliata. Ma concerne non la qualificazione dell'interesse come !,,1
legittimo, bens l'interesse a ricorrere.
-J
Ed invero, l'indagine sul punto se il ricorrente dall'ampliamento
della sfera giuridica di altro soggetto risenta un pregiudizio, che possa '-~ ,
I:
.
j .
.
~s~~llJ.1.~,"''r-&va.,.,,.,,,:,.;;,,,:.,R~llJIL,,.,.~===
Jfilff-~-fr-
PARTE I, SEZ. Il, GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE
47
mentare la lesione, ove l'impianto dell'opificio stesso sia stato
autorizzato a una distanza inferiore a quella stabilita dalla legge.
Nella specie, con il provvedimento impugnato in questa sede,
il Comitato dei Ministri per le Opere Straordinarie nell'Ha
lia settentrionale e centrale ha dichiarato il Comune ai Castelfranco
di Sotto localit economicamente depressa ai sensi
e per gli effetti _di cui all'art. 8 della legge 29 luglio 1957, n. 635.
;Ora non contestato che i Comuni ricorrenti sono limitrofi
al Comune di Castelfranco di Sotto. Essi, pertanto, si trovano
indubbiamente in una situazione tale da subire un danno immediato
e diretto, qualora il beneficio di cui trattasi sia stato
concesso illegittimamente.
Come noto, infatti, le nuove industrie che vengono a co
essere riparato dalla decisione di annullamento, si risolve -in realt -nel
vedere se sussista un vantaggio potenziale derivante al ricorrente medesimo
dalla vittoria giudiziale. Cio avvia a soluzione il problema del
l'interesse a ricorrere, ma non l'altro se la lesione sia tale in senso giuridico
od un mero pregiudizio di fatto.
Anzi, c'f! qualche cosa di pi da osservare. E cio che l'argomentazione
in parola porta diritto filato a dire che l'interesse semplice ed il giudizio
di merito. Ed infatti solo in un giudizio che abbia come thema decidendi
un interesse semplice l'indagine preliminare deve essere circoscritta
all'interesse a ricorrere, senza che si passi a vedere che cosa di
sostantivo soggiaccia al presupposto processuale.
3. -Analoghe osservazioni possono muoversi al secondo argomento,
che svolge il criterio della vicinanza. Anche qui si confonde un elemento
processuale con un elemento sostanziale: l'essere vicini all'attivit molesta
illegalmente autorizzata pu valere ai fini della legittimazione a ricorrere, in
quanto serve a differenziare la posizione del ricorrente da quella della
generalit degli individui. Non vale, invece, a creare un nesso giuridico
tra interesse interesse di fatto e norme di azione, n a far trovare nella
legge il requisito della protezione dell'interesse.
Si deve soggiungere che la Quinta Sezione del Consiglio di Stato non
ha, forse, avuta la mano troppo felice nello scegliere, il caso dei rumori
o delle esalazioni da stabilimenti industriali. Lasciando da parte quanto
non persuade nel merito dell'argomento, va detto che l'esempio inap
propriato perch in queste ipotesi chi ricorre o il proprietario contiguo,
in nome dell'interesse legittimo (strumentale rispetto al diritto di propriet)
a non vedere considerate lecite immissioni nocive sulla base di
provvedimenti illegittimi, oppure -in estrema ipotesi -chi agisce a
tutela della propria integrit fisica (anche questa diritto soggettivo), che
non pu essere compromessa da un atto illegittimo (su questo tipo di
interessi legittimi, cfr. per tutti MoRTATI, Istituz. di diritto pubblico, VI
ediz., pag. 55, e gli autori ivi citati a nota 1), spec. CANNADA BARTOLI e
BENVENUTI).
4. -Solo con rargomento indicato sub e) si dicono cose pertinenti.
Ma, a
nostro avviso, errate.
Gi, istintivamente, ci si trova nell'imbarazzo quando -senza tor
48 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO
stituirsi nella localit dichiarata economicamente depressa godono
notevoli agevolazioni fiscali. Ci nonostante, nelle predette
localit, che siano in effetti economicamente depresse, stentano
a sorgere nuove industrie, in quanto le agevolazioni fiscali
. spesso non compensano in misura adeguata gli svantaggi derivanti
dalle condizioni ambientali che ostacolano il normale svi
luppo delle attivit produttive.
E' certo, invece, che se il riconoscimento di localit econo
micamente depressa viene dato a una zona che tale in realt
non sia, in contrasto con le finalit perseguite dalla legge n. 635
del 1957, come si assume nel caso di specie, le nuove industrie
preferiranno impiantarsi in questa zona anzich nei territori dei
comuni vicini. Per effetto della violazione di tale legge, quindi,
tuose circonlucuzioni -si ienta di esprimere l'oggetto ed il contenuto
di questo preteso interesse legittimo in tema di persistenza dello status
quo ante. Interesse legittimo a... a che? Al mantenimento in istato di
disagio economico del prossimo, cos da convalidare la massima tanto
manchesteriana, quanto poco cristiana, che la ricchezza di ognuno di
noi per met fatta della povert del nostro vicino?
Ad ogni modo, dando per ammesso che qui una situazione di non
svantaggio,, (?!) sussista in realt, che questa situazione sia definibile,
e che si dia una lesione, quanto meno potenziale, di essa, resta da vedere
se la medesima sia giuridica. Si , infatti, osservato che non bastano le
due serie parallele: interesse di fatto -normativa, per dar luogo al
fenomeno giuridico dell'interesse legittimo. Occorre, invece, che i due
termini siano collegati da un nesso giuridico, costituito dalla rilevanza
attribuita dalla legge alla posizione del terzo: in altre parole dalla pro
tezione che questo terzo trovi nella legge, protezione che -pur se occa
sionale o riflessa -deve in ogni modo essere giuridica.
Occorre, perlanto, esaminare i testi legislativi qui applicabili e vedere
se l'eventualit di una competizione fra Comune e Comune sia conside
rata in un modo qualsiasi. Mancando questo, chiaro che si resta nella
t.ona ambigua dell'interesse alla legittimit e non si assurge all'interesse
legittimo.
Orbene, va detto senz'altro che la possibile situazione di concorrenza
fra Comune e Comune fuori da ogni previsione del corpus di norme che
partono dalla legge 10agosto 1950, n. 647, e culminano nella legge 29 lu
glio 1957, n. 635. Qui solo questione di un dialogo tra il Comune istante
e lo Stato. Rileva unicamente se il Comune chieda fondatamente o infon
datamente e se lo Stato accordi o dinieghi legittimamente o illegittima,
mente. E ci, senza che sia lasciato il minimo spazio ad opposizioni di
terzi soggetti, che non troverebbero nessuna possibile sistemazione nel
l'eonomia della legge. Solo il Comune istante potr ricorrere in sede
di legittimit avverso l'ingiusto diniego, e soltanto lo Stato potr procedere
ad annullare d'ufficio il beneficio a torto accordato. Gli eventuali inte
ressi di terzi soggetti restano nell'ambito del mero fatto, dato che la
legge non solo non Ii protegge, ma addirittura li ignora. C' di pi. E cio
che nella specie quella normativa, alla quale si vorrebbe collegare l'inte,
PARTE I, SEZ. Il, GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE
49
i comuni vicini vengono a subire un danno immediato e diretto,
consistente nell'arresto o, comunque, nella diminuzione del normale
incremento delle attivit produttive nell'ambito dei loro
territori, con un conseguente arresto o, comunque, con una diminuzione
del normale incremento delle attivit produttive nell'ambito
dei loro territori, con un conseguente arresto o diminu:.
zione dell'incremento delle entrate dei rispettivi bilanci.
Da quanto precede consegue che la dedotta eccezione deve
essere disattesa, giacch l'interesse sostanziale che le Amministrazioni
ricorrenti intendono far valere nel presente giudizio non
pu non essere qualificato come un interesse legittimo. Consegue
inoltre, che la denunciata lesione di tale interesse non
eventuale, ma ha il requisito dell'attualit. Viene, quindi, a ca-
resse dei ricorrenti, non esiste. Le condizioni per l'atto dichiarativo sono
deostruite dalla Sezione sulla base di affermazioni _politiche!
Se mai (e -diciamolo francamente -con uno sforzo d'immagina
zione giuridica) si volesse trovare in questa intricata materia una situazione
d'interesse legittimo in Comuni terzi, limitrofi e non limitrofi, questa,
se pure in casi ben delimitati, sarebbe ad adiuvandum e non ad
opponendum quanto al riconoscimento della qualifica nel Comune istante.
In effetti, la legge 29 luglio 1957, n. 635, contiene pi di un riferimento
alla legge 25 luglio 1952, n. 991 (p. es. all'art. 5,, all'art. 7, etc.), portante
provvedimenti in favore dei territori montani. Ora, per l'art. 1 della
legge del 1925 citata, oltre ai Comuni aventi le caratteristiche di territori
montani, possono essere ammessi ai benefici di legge altri Comuni anche
non limitrofi in parit di condizioni economico-agrarie. Il che -se non
andiamo errati -pu determinare solidariet e non certo antagonismo
d'interessi, quanto meno l dove il riconoscimento di area depressa sia.
conseguenza immediata della qualificazione del territorio come montano.
Ci rendiamo conto che, in linea d'ortodossia giuridica, neanche in
questa ipotesi pu fondatamente discorrersi di protezione all'interesse di
Comuni terzi, ed in particolare di protezione appropriata ai fini della
legge del 1957: comunque l'argomento colorisce a contrariis l'irrilevanza
di una situazione di concorrenza competitiva, che opponga Comune a
Comune.
5. -Sin qui si visto come, in difetto di un collegamento giuridico
tra normativa e pretesa dei Comuni confinanti a quello di Castelfranco
di Sotto, l'interesse di questi ultimi debba qualificarsi come interesse
semplice, sottratto alla giurisdizione del Consiglio di Stato.
Ma lo sguardo pu spingersi pi a fondo. Ed allora possibile scorgere
come, sotto le ingannevoli apparenze di un sindacato di legittimit,
la Quinta Sezione del Consiglio di Stato abbia compiuto un giudizio di
merito. Anzi, data la falsa impostazione data alla questione dalla forma
disadatta, in cui essa si presentava (pseudo sindacato di legittimit su di
un provvedimento amministrativo), qui non si avuto neppure un giudizio
di merito completo, ma un giudizio di merito a met, cio un esame
della controversia condotto unicamente in considerazione delle deduzioni
dei ricorrenti.
RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO
50
dere anche l'ulteriore eccezione d'inammissibilit del ricorso sollevato
al riguardo dal patrocinio del Comune di Castelfranco di
Sotto.
Superate queste questioni pregiudiziali, per quanto attiene
al merito della controversia si osserva che i ricorrenti deducono,
fra l'altro, che l'atto impugnato illegittimo per violazione
dell'art. 8 della legge 29 luglio 1957, n. 635, con la quale sono
state emanate disposizioni integrative della legge 10 agosto 1950,
n. 647, per l'esecuzione di opere straordinarie di pubblico interesse
nell'Italia settentrionale e centrale.
Ora questa censura si appalesa fondata.
Ed invero, n la legge del 1950, n quella del 1957, come
ammesso dagli stessi ricorrenti, stabiliscono le condizioni ne-
In realt, quanto si diceva nel ricorso al Consiglio di Stato costituiva
la denuncia di un contrasto d'interessi fra Comune e Comune, determinatosi
per effetto dell'atto amministrativo di qualificazione di area
depressa: il vantaggio dato a Castelfranco di Sotto pone questo Comune
in una situazione differente e migliore rispetto a quella delle localit
limitrofe e gli conferisce maggiori possibilit di sviluppo industriale; le
nuove attivit produttive della zona si orienteranno di preferenza su
Castelfranco; l'esenzione dal tributo statale determiner l'assorbimento
di ogni incremento industriale e commerciale, etc. etc.
Ora, chiaro che, per potere verificare tutte quante tali proposizioni,
ocorreva fare taluni apprezzamenti per i quali la sede giurisdizionale,
in genere, e, peggio che mai, quella limitata al sindacato di pura
legittimit, era la pi inappropriata ed incongrua.
In effetti non era possibile giudicare senza avere prima di tutto stabilito
che gli eventi paventati dai ricorrenti si sarebbero effettivamente
avverati, non solo, ma che non avrebbero prodotto altri eventi, per avventura
di gran lunga pi vantaggiosi per i ricorrenti, di quanto non fossero
nocivi quelli temuti e denunciati al Consiglio di Stato.
Giacch la Quinta Sezione ha giudicato come se tutte quante le
attivit economiche siano del tipo c.d. primario , dimenticando l'esistenza
di attivit secondarie e terziarie (infrastruttura, servizi, etc.).
Verissimo: le fabbriche andranno a Castelfranco. E poi? Chiaro che
occorrer una migliore viabilit, che occorreranno alloggi, che la produzione
agricola, artigiana, di servizi etc. della zona avr nuovi sbocchi,
che sar necessaria nuova mano d'opera, che i beni prodotti dovranno
essere commerciati, etc. etc. E' mai possibile che questi nuovi impulsi
economici si esauriscano nella cerchia delle mura del Comune di Castelfranco
e non si estendano ai Comuni limitrofi.? Ed in che misura? E
come si apprezza tutto questo nell'ambito di un giudizio di pura legittimit?
E' appunto per ragioni di questo genere che il Costituente, nel prevedere
all'art. 127, terzo e quarto comma, della Costituzione, la possibilit di
un conflitto di interesse tra Regione e Stato o tra Regione e Regione,
ha accolto -con valore di principio generale -la verit che il contrasto
d'interesse d luogo esclusivamente ad una questione di merito.
PARTE I, SEZ. II, GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE
51
cessarie per la dichiarazione di localit economicamente depres
sa. Tuttavia, dai lavori preparatori relativi alla prima di tali leggi
effettivamente risulta che per identificare una zona depressa si
deve tener conto degli elementi indicati nel ricorso e specificati
in narrativa.
Nel caso concreto, avuto riguardo a tali elementi, non pu
ritenersi giustificato il beneficio concesso dal Comune di Castelfranco
di Sotto. Difatti, come hanno posto in rilievo le Amministrazioni
ricorrenti e come del resto risulta dagli atti, nel Comune
di Castelfranco di Sotto -che, in base all'ultimo censimento
ha una popolazione di appena 8.085 abitanti -esistono
ben 60 opifici, di cui 36 calzaturifici con una produzione giornaliera
di L. 6.000/6.500 paia di scarpe. Tali opifici impiegano di-
Si noti bene che, una volta eretto l'argine dell'interesse nazionale e
delle altre Regioni dall'art. 117 Cost. a fronte dell'attivit legislativa regionale,
si istituito -in sostanza -un requisito di legittimit costituzionale
per le leggi regionali: queste saranno legittime in quanto, oltre
tutto il resto, non contrastino all'interesse nazionale o di altre Regioni.
Ma, con tutto questo, il relativo giudizio di merito: la questione di
legittimit costituzionale per violazione dell'art. 117 cost., pur configurabile
astrattamente come primaria, si considera come giudicabile solo in sede
di composizione del contrasto di merito, nella sede competente e responsabile
per le decisioni di merito: il Parlamento.
6. -Siamo arrivati al punto di concludere.
E' di pien evidenza che quando la legge prende in considerazione
la situazione giuridica di soggetti terzi rispetto all'emanazione di un dato
provvedimento amministrativo, ed in tal guisa dispone-una forma di
protezione, pur se occasionale o riflessa, dei loro interessi, essa opera
una scelta ed un giudizio di prevalenza. Per esmpio, tornando al caso
dianzi cennato delle farmacie, la legge considera prevalente l'interesse
del farmacista che si trovi a meno di cinquecento metri dalla farmacia
di nuova istituzione su quello del nuovo esercente, ed a tale interesse
accorda un certo tipo di protezione, funzionale rispetto alla pubblica
esigenza a che l legge venga osservata.
In altre parole, J'apprezzamento di merito fatto dal legislatore,
ed il Giudice di legittimit dispensato da ogni esame sull'effettivo prevalere
di un interesse -privato e pubblico -su di un altro; anzi -addirittura
-sulla reale sussistenza della lesione (pu ben darsi, in certe
circostanze, che una farmacia illegittimamente autorizzata giovi pi che
non nuoccia all'esercizio viciniore, ma l'argomento sarebbe irrilevante ai
fini del giudizio di legittimit).
Altro da dire nel caso in cui la figura del terzo estranea alla
previsione legislativa, nel caso in cui, cio, l'asserito interesse del terzo
a che un certo provvedimento amministrativo non sia emanato non si
trovi in una posizione di collegamento giuridico con i precetti che regolano
l'attivit della pubblica Amministrazione, s da riceverne protezione.
Allora, se vero che giurisdizione giurisdizione e non controllo di
legittimit, se vero che giurisdizione di diritto subiettivo, qual' appunto
52 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO
rettamente 1.700 operai e indirettamente altre numerose persone
che lavorano a domicilio. Inoltre, intorno a queste attivit
industriali vi sono varie attivit commerciali, che dnno occu~
pazione e reddito ad altri lavoratori, cosicch l'intera mano d'opera
locale pu ritenersi completamente assorbita.
Ci posto, di fronte a questi concreti e precisi dati di fatto
che non sono smentiti dalle Amministrazioni resistenti, devesi riconoscere
che sussiste la lamentata violazione di legge.
N vale sostenere, come sostiene l'Avvocatura dello Stato, che
il provvedimento in contestazione in ogni caso giustificato
dalle peculiari condizioni in cui si trova una parte del Comune
di Castelfranco di Sotto e precisamente la frazione di Orentano,
che occupa circa la met del territorio comunale.
Sta di fatto, invero, che lo stesso Comune di Castelfranco
di Sotto richiese il riconoscimento di localit depressa non per
l'intero territorio comunale, ma limitatamente alla suddetta
frazione.
Senonch il Comitato dei Ministri, ritenuto che la legge non
consentisse la possibilit di operare il riconoscimento di lo-
quella delle Sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato, giurisdizione
di diritto subiettivo, che non pu -cio -prescindere dall'accertamnto
del torto da riparare, con l'eliminazione del provvedimento illegittimo,
e non giurisdizione di diritto obiettivo, che si limiti ad esaminare se sia
stata commessa una violazione della norma, indipendentemente dall'indagine
circa la situazione giuridica soggettiva fatta valere in giudizio,
il Giudice di pura legittimit, al quale il sullodato terzo si rivolga, non
pu non dichiarare il proprio difetto di giurisdizione.
In caso contrario, ove -cio -venga creato in sede giurisdizionale
quel collegamento tra la norma e !'(asserito) interesse di fatto, che non
nella legge, il giudizio dal piano della legittimit straripa nel merito.
Giacch merito lo stabilire se e quali sono quegli interessi di fatto che
assurgano al livello di pretesa a fronte di norme dettate unicamente
nei confronti della pubblica Amministrazione, ed merito identificare
se lesione questi interessi abbiano subto dall'inosservanza delle norme
predette. L'esempio fatto nel paragrafo precedente circa il giudizio di
merito a met abbastanza istruttivo.
Si pu soggiungere che questo straripamento nel merito della giurisdizione
di legittimit determina una situazione, quanto meno di arbitrio,
nell'identificazione dei presupposti processuali. I Comuni limitrofi sono
legittimati ed hanno interesse a ricorrere; perch non le industrie in
situazione di concorrenza, attuale o potenziale, con quelle che profitteranno
dell'esenzione tributaria? Ed, in genere, perch non i contribuenti dei
Comuni vicini? E quanto vicini? Etc. etc. Risulta, infatti, evidente che,
ove si prescinda da un collegamento giuridico tra situazione di vantaggio
.asserita dal ricorrente e normativa, si pu pervenire a qualsiasi
soluzione.
FRANCESCO AGRO'
PARTE I, SEZ. II, GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE
calit economicamente depressa se non con riferimento alla
circoscrizione amministrativa espressamente indicata (comune)
deliber di estendere tale riconoscimento a tutto il territorio del
comune, considerando che la depressione economica che investiva
oltre la met di quel territorio rappresentava uno squilibrio
per l'intera economia comunale che, di fatto, era inferiore per
molti aspetti alla media della provincia di Pisa.
Al riguardo per agevole opporre quanto segue :
1) Pu anche ammettersi che il riconoscimento di localit
economicamente depressa non possa essere espresso direttamente
ad una parte del territorio comunale, essendo questa priva di
personalit giuridica e che, quindi, il relativo provvedimento
debba essere emanato nei confronti del Comune. Ci, pertanto,
non impedisce che l'efficacia di tale provvedimento venga limitata
a quella zona del territorio comunale, che in effetti sia
economicamente depressa. Questa limitazione anzi appare pienamente
conforme alla volont della legge .
. 2) Come stato chiarito dall'Avvocatura dello Stato, la
frazione di Orentano esclusivamente agricola, essendo priva di
ogni altra risorsa economica, perch lontana dalle strade di grande
comunicazione e tagliata fuori da ogni possibilit di diretto
e celere contatto con il capoluogo del Comune per la interposizione
della frazione Stappali del Comune di S. Croce sull'Arno e
delle colline boscose delle Cernaie.
Ora, di fronte a questa situazione, ovvio che il provvedimento
'in esame non pu raggiungere lo scopo a cui diretto,
cio lo scopo di promuovere lo sviluppo economico della frazione
suddetta, giacch le nuove industrie avranno interesse a
costituirsi nel capoluogo del comune, in quanto oltre a conse.
guire le stesse agevolazioni :fiscali, beneficeranno delle pi favorevoli
condizioni locali. Di conseguenza lo squilibrio esistente
fra la zona di Orentano e il rimanente territorio del comune
non solo non sar eliminato, ma con ogni probabilit diventer
sempre maggiore. N per smentire questa logica previsione vale
affermare che, dopo l'emanazione dell'atto impugnato, nella frazione
di Orentano si sono costituite alcune piccole industrie,
giacch, anche a voler ritenere esatta tale affermazione, devesi
presumere che si tratti di casi eccezionali che non sono destinati
a ripetersi.
3) Con nota del 21 maggio 1961 il Comune di Castelfranco
di Sotto ha fatto presente al Comitato dei Ministri che il Ministero
delle Finanze aveva espresso parere sfavorevole al riconoscimento
della localit di Orentano come zona economica
54 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO
mente depressa, in quanto, anzich tenere conto di questa sola
localit, aveva preso in esame l'intero territorio comunale.
Appare quindi evidente che con questa nota lo stesso Comune
interessato ha implicitamente ma chiaramente ammesso
che il suo intero territorio, anche avuto riguardo alle particolari
condizioni della zona di Orentano, non poteva essere riconosciuto
come economicamente depresso.
Per le considerazioni che precedono la deliberazione impugnata
deve ravvisarsi in ogni caso illegittima e, quindi, il ricorso
deve essere senz'altro accolto, rimanendo superfluo soffermarsi
sulle altre censure dedotte dai ricorrenti, perch quella
gi esaminata, oltre ad essere fondata, ha carattere assorbente
rispetto alle cennate ulteriori censure. -(Omissis).
CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 15 ottobre 1963, n. 513 -Pres.
D'Avino -Est. Russo -Societ Maresole c. Ministero Marina
Mercantile.
~.
Concessioni amministrative -Concessioni provvisorie -Inadempimento
del concessionario -Decadenza -Controversie -Competenza.
(cod. nav., art. 38). .
L'occupazione anticipata di un'area demaniale marittima con
contemporanea emissione di atti di sottomissione, d luogo a una I.
specie di concessione provvisoria, la cui risoluzione per inadempimento
del privato di una delle clausole del contratto (nella
specie versamento del deposito cauzionale) importa una controversia
che sfugge alla competenza del giudice amministrativo
per rientrare in quella del giudice ordinario (1).
(1) Giurisprudenza costante. Con questa sentenza il Consiglio di Stato, ~
nel precisare che la concessione provvisoria assicura al concessionario il
diritto al godimento del bene demaniale e perci le relative controversie
sono sottratte alla propria competenza, si informa agli esatti criteri -
ormai consolidati -di discriminazione fra giurisdizione ordinaria e amministrativa
in materia di concessioni. Secondo tali criteri rientrano nellffi
la competenza del giudice ordinario soltanto le controversie che abbiano
per oggetto la interpretazione e l'adempimento di clausole relative al re.
golamento convenzionale (concessione-contratto) (nella specie es~minata, :!.!
inadempimento per mancato versamento di cauzione), mentre rientrano .:
nella competenza del giudice amministrativo le controversie che riguar
::
dano la interpretazione e l'applicazione dell'atto di concessione, inteso ~
come espressione del potere discrezionale amministrativo. In tal senso cfr. "
Cass. 10 ottobre 1962, n. 2930, Foro it. Mass., 1962, 829'; Cons. Stato, -~
sez. VI, 25 luglio 1959, n. 509, Foro am1n., 1959, I, 1059, con nota; 18 .-;
.. -I:;
-~
"
PARTE I, SEZ. II, GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE
55
(Omissis). -Passando all'esame di merito del ricorso, il
Collegio deve dichiarare, come si detto, il proprio difetto di
giurisdizione.
La Societ ricorrente impugna il provvedimento con il quale
il Ministero della Marina Mercantile ha revocato l'atto di
sottomissione relativo alla concessione provvisoria di un bene
del demanio marittimo per non avere la ricorrente ottemperato
all'obbligo che discendeva dell'articolo 4 dell'atto medesimo,
concernente il pagamento di una somma a gaanzia dei
canoni per l'uso del ben demaniale.
Gi questo Consiglio, in analoga fattispecie, (Sez. VI, 18 aprile
1956, n. 258), ebbe a dichiarare il proprio difetto di giurisdizione
sulla considerazione che, una volta precisate in un atto
contrattuale le clausole di risoluzione di un rapporto, l'averlo
risolto per inadempimento del privato ad una delle clausole del
contratto, importa una controversia che sfugge alla competenza
del giudice amministrativo per rientrare in quella del giudice
ordinario.
La Corte di Cassazione, confermando detta pronuncia
(Sez. Un. 10 ottobre 1962, n. 2930), ha individuato nell'occupazione
anticipata di un'area demaniale marittima con contemporanea
emissione di un atto di sottomissione una specie di
aprile 1956, n. 258, Il Consiglio di Stato, 1956, I, 422. Di recente la Cassa
zione, con la sentenza n. 1666/63, in questa Rassegna, 1963, 135, ha fatto
esatta applicazione del richiamato criterio di discriminazione delle competenze,
laddove ha affermato che la controversia, avente ad oggetto la
legittimit dell'imposizione di un canone per la concessione, rientra nella
competenza del giudice amm.vo, in quanto essa investe la maniera con
la quale fa p.a. ha esercitato il potere discrezionale.
Ci premesso, non pu condividersi l'orientamento, che talvolta, come
nella specie, il Consiglio di Stato assume allorch con la decisione definitiva
declina la propria competenza, mentre con l'ordinanza, in via preliminare,
sospende l'esecuzione dell'atto impugnato, ritenendosi cos, sia
pure ai soli effetti della pronuncia cautelare, implicitamente competente.
Se, infatti, il Consiglio di Stato non ha il potere di decidere il merito
del ricorso per difetto di giurisdizione, non ha neanche il potere di sospendere
l'atto impugnato. E ci perch, in sede di giudizio preliminare{
sulla sospensione, il predetto organo giurisdizionale ben pu delibare
la propria competenza, specie quando, come nel caso deciso, dall'oggetto
essenziale dell pretesa dedotta in giudizio col ricorso (inadempimento,
da parte del privato, della concessione provvisoria, per mancato versamento
della cauzione) si rilevava, ictu oculi, la lesione di un diritto soggettivo
e non di un interesse legittimo. Codesta osservazione , peraltro,
conforme alla giurisprudenza dello stesso Consiglio di Stato, il quale ha
affermato il proprio difetto di giurisdizione, se rilevabile ictu oculi in
sede di delibazione sulla domanda di sospensione (Cons. Stato, Sez. V, 19
~
(.,~
56 R<\.SSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO
.'
concessione provvisoria che, pur importando, rispetto a quella !)
definitiva, un pi ampio potere di revoca, da parte della pub
~
f
blica Amministrazione per ragioni di pubblico interesse, tuttavia
assicura ugualmente al concessionario provvisorio nei conIfronti
dell'Amministrazione concedente e nell'ambito del rapporto
contrattuale inerente alla concessione, un diritto al godimento
dello stesso, diritto tutelabile innanzi al giudice ordinario.
I
Nella specie, invero, come si detto, con atto di sottomissione
10 aprile 1952, il Ministero della Marina Mercantile, premesso
che la Societ ricorrente aveva chiesto la concessione
di una zona di arenile, richiedendo altres che, nelle more della
I
istruttoria per la concessione richiesta, le fossero assentiti la
I
I
ru
immediata occupazione della zona e l'immediato inizio dei lavori,
autorizzava l'occupazione stessa, purch il richiedente sottoscrivesse
l'atto di sttomissione. Con tale atto la societ ricorrente
assumeva diversi obblighi, fra cui (articolo 4) quello
di versare la somma di L. 500.000 a garanzia dell'osservanza di
tutti gli obblighi assunti con il presente atto, restando l'Ammi
I
nistrazione marittima facoltizzata ad incamerare, in tutto o in i!.
t
parte, il suddetto deposito, senza bisogno di alcun provvedimen
to, dell'autorit giudiziaria... e restando, altres, obbligata ad
~11
eseguire i depositi suppletivi, che nel corso della validit del ::
presente atto fossero ritenuti dall'Amministrazione necessari,
I
I
r. ~
dicembre 1959, n. 1423, Foro it., Rep., voce Giust. amm.va n. 408), ed alla
giurisprudenza della Cassazione, la quale, nel riesaminare la questione,
ha affermato che il Consiglio di Stato, giudice della propria competenza,
nel pronunciarsi sull'istanza di sospensione, pu riconoscere implicita3
mente o esplicitamente la propria giurisdizione e che, tuttavia, la pronuncia
sulla sospensione non immediatamente impugnabile con ricorso
per Cassazione (il che per non pu essere condiviso, .data la natura giurisdizionale
dell'ordinanza affermata dallo stesso S.C.; v. in tale senso
I'MoRTATI, Sulla impugnabilit per difetto di giurisdizione delle pronunce '
I M 'di sospensione degli atti amministrativi, Giuris. it., 1950, 1, 3, 80) e non
quindi proclusa dalla regiudicata il ricorso contro la decisione definitiva
per motivi attinenti alla giurisdizione (Sez. Un., 9 maggio 1949, n. 1110,
Foro amm., 1949, II, l, 135; v. anche VARVESI, Osservazioni sull'incidente ,
di sospensione nei giudizi innanzi al Consiglio di Stato, in questa Rivista '
I .1949, 1; GARGIULO, La sospensione dell'atto amministrativo da parte del
Consiglio di Stato, 126; NIGRO, Sospensione dell'esecutoriet del provvedimento
impugnato e istanza per regolamento di giurisdizione, Foro amm.
1956, I, 3, 22).
Le premesse osservazioni non hanno solo rilevanza teorica, giacch
non pu disconoscersi, da un punto di vista logico e giuridico, la inam
1~:
missibilit della sospensione di un provvedimento da parte di un giudice
che si riconosce poi incompetente, ed il pregiudizio per l'interesse pubI
blico derivante dalla concessa sospensione che viene poi caducata.
--1m
PARTE I, SEZ. II, GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE
57
ecc., Col provvedimento impugnato l'Amministrazione ha revocato
l'atto di sottomissione non avendo la Societ ottemperato
all'ingiunzione di versare un deposito suppletivo di lire
20.000.000 a garanzia del pagamento dei canoni arretrati (resosi
necessario per il lungo decorso della occupazione provvisoria).
E' evidente che il provvedimento si basa unicamente sull'inadempimento
ad un preciso obbligo che la Societ si era
assunto con l'atto di sottomissione. Nel rapporto complesso, instaurato
tra l'Amministrazione e il concessionario, con il menzionato
atto di sottomissione, non c' dubbio che la questione
sollevata col ricorso attiene alla lesione di un diritto soggettivo
e come tale, in base alle considerazioni svolte dalla Cassazione,
e condivise dal Collegio, sottratta alla competenza di questo
Consiglio. (Omissis).
CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 23 ottobre 1963, n. 619 -Pres.
De Marco -Est. Meregazzi -Soc. Antonelli e Orlandi c. Ministero
Tesoro.
Deposito -Depositi bancari e cassette di sicurezza -Sblocco Istanza
di sblocco Rigetto -Impugnativa Lesione di diritti soggettivi Difetto
di giurisdizione del Consiglio di Stato.
(1. 2 luglio 1952, n. 911, art:t. 1 e segg).
Le controversie che sorgono in materia di sblocco di assegni
bancari vertono su lesione di diritti soggettivi, e pertanto il
Consiglio di Stato difetta di giurisdizione a conoscere della impugnativa
di un provvedimento col quale il Ministero del Tesoro
ha rigettato l'istanza di sblocco sul presupposto che il
'conto corrente sarebbe stato estinto dagli alleati (i).
(1) Massima esatta. Non risultano precedenti; cfr. tuttavia, Cass. Sez.
Un. 3'0 ottobre 1961, n. 2507, le quali hanno affermato la pregiudizialit,
rispetto alla proposizione dell'azione giudiziaria in materia di sblocco di
depositi bancari, della procedura amm.va disciplinata dagli artt. 1 e segg.
della I. n. 911 del 1952, con la conseguenza che, fino a quando detta prq
cedura non sia espletata, l'a.g.o. difetta di giurisdizione a conoscere delle
domande degli interessati intesa ad ottenere la disponibilit delle somme
depositate nei conti correnti bancari.
-
SEZIONE TERZA
GIURISPRUDENZA CIVILE
I
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 22 maggio 1963, n. 1343 -Pres.
Torrente -Est. D'Armiento -P. M. Pisano (conf.) -Sacconi
c. Banco di Santo Spirito.
Titoli di credito -Assegno circolare emesso con la clausola di intrasferibilit
a favore di soggetto diverso dal richiedente -Rapporto
di emissione -Rapporto cambiario -Erl'ore di persona nel pagamento
-Responsabilit cambiaria della Banca emittente -Legittimazione
del prenditore e non del richiedente.
(R.D. 21 dicembre 1933, n. 1736, artt. 43, 86).
Il rapporto di emissione di un assegno circolare intrasferibile
si esaurisce con la creazione del titolo avente i caratteri
pattuiti e la consegna dello stesso al richiedente. Distinto , invece,
il rapporto che intercorre fra emittente e prenditore e dal
quale scaturisce per il primo la responsabilit, nei confronti del
secondo, per il pagamento malamente eseguito a favore di persona
diversa (1).
II
TRIBUNALE DI NAPOLI, 28 maggio 1963 -Pres. Mazzacane
Est. Mastrocinque -Ministeri dei Lavori Pubblici e del Te
soro c. Banca d'America e d'Italia.
(1) Conf. Cass. 26 aprile 1954, n. 1276, Banca, borsa e titoli di credito,
1954, II, 184; 18 luglio 1956, n. 2783, Id., 1956, II, 523; 7 ottobre 1958, n. 3133,
Foro it., 1959, I, 73.
Molteplici sono le opinioni dibattute in dottrina e giurisprudenza sulla
natura giuridica del rapporto di emissione dell'assegno circolare: deposito
irregolare, con l'obbligo dell'emittente di restituire la somma ricevuta
al richiedente o ad un terzo da lui indicato (MESSINEO, Assegno circo
lare e azione ex causa, in Banca, borsa e titoli di credito, 1940, I, 34; FIORENTINO,
Il rapporto fondamentale nell'assegno circolare, Riv. trim. dir. proc.
civ., 1948, 130; Trib. Milano, 2 aprile 1951, Banca, borsa e titoli di credito,
1952, II, 228); mandato (App. Milano, 14 gennaio 1955, Giust. Civ., Mass.
Appello Milano, 1955, 2); compravendita {SALANDRA, Assegno circolare e pagamento,
Dir. e prat. comm., 1939, I, 197); contratto misto di compravendita
e d'opera (PELLIZZI, In tema di rapporto fondamentale nell'assegno circolare,
Banca, borsa e titoli di credito, 1952, II, 228); contratto sui generis
di emissione (DE STIMO, Dritto cambiario, Milano, 1953, 799).
59
PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE
Titoli di credito -Vaglia della Banca d'Italia emessi con la clausola
di intrasferibili.t a favore cli prenditori cartolari inesistenti
in commutazione di ordinativi ministeriali di pagamento
falsificati -Riscossione dei medesimi da parte clei truffatori a
mezzo banchiere giratario per l'incasso che manc di identificarli .
-Esclusione cli responsabilit del medesimo nei confronti del
richiedente.
(r.d. 21 dicembre 1933 n. 1736, artt. 43 e 92; e.e., artt. 948, 1994
e 2043).
Il richiedente di vaglia bancario intrasferibile a favore di
prenditore cartolare, di cui fu accertata l'inesistenza con giudicato
penale, non ha azione contro il banchiere, che, avendolo
ricevuto per l'incasso dal truffatore del richiedente, sedicente
prenditore, di cui manc l'identificazione, ne abbia provocato il
pagamento liberatorio e l'estinzione da parte dell'emittente (2).
I
(Omissis). -Con il primo motivo si denunzia la violazione
e la falsa applicazione degli artt. 43-73-86 R.D. 21 dicembre 1933,
n. 1736; 1176, 1375 cod. civ., in relazione all'art. 360 n. 5 e 3 c.p.c.,
assumendo che la sentenza impugnata non abbia esaminato la
causa sotto il profilo dedotto.
E si argomenta che, se i principi affermati in materia di
responsabilit della Banca emittente possono valere in caso di
normale assegno circolare, i principi stessi non riguardano e
non possono riguardare l'assegno non trasferibile, posto che
con la emissione di un titolo di tal genere la banca assume lo
obbligo di non pagare a favore di altri che non sia l'intestatario
dell'assegno, sostanzialmente non trasferibile. Conseguentemente
-si conclude -la Banca deve usare una diligenza maggiore
nell'accertatore la identificazione dell'intestatario, e se
commette un errore, deve imputarlo a sua colpa e risponderne
nei confronti del richiedente l'assegno, a titolo di responsabilit
contrattuale.
(2) Sulla preclusione ex art. 28, c.p.p., v. GUARNERI, Limiti soggettivi ed
oggettivi all'efficacia del giudicato penale nel giudizio civile, Giur. it., 1957, I,
l, 192; v. anche Cass. 14 aprile 1961, n. 801, in Temi napoletana, 1961, I, 551;
Cass. 27 dicembre 1963, n. 3229, Giur. it., Mass. 1963, 1088. Sul concetto di
danno come fatto: DE CuPis, v. Danno, in Enciclopedia del diritto, vol. XI,
Milano, 1962, 623 e gi, dello stesso A., Il danno, Milano 1946, 5 e segg.;
PETROCELLI, L'antigiuridicit, Padova 1951, 119 e segg., in particolare 123.
Sul concetto di danno ingiusto v. SACCO, L'ingiustizia di cui all'art. 2043, in
Foro Pad., 1960, I, 1420 e segg.
60 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO
La censura infondata.
Come questa Corte regolatrice ha avuto occasione di precisare
ripetutamente (sentt. 26 aprile 1954, n. 1276; 18 luglio 1956,
n. 2783; 7 ottobre 1958, n. 3133), le obbligazioni della banca, una
volta versata la provvista, si riassumono nell'emettere l'assegno
avente le caratteristiche volute dal richiedente, e nel consegnarlo
allo stesso o al prenditore. Con la consegna dell'assegno, la
banca adempie agli obblighi sorgenti dal contratto e, se deve
rispondere verso il richiedente, come tale, per l'inadempimento,
nel caso che l'assegno non sia regolar, non pu rispondere per
le successive vicende del titolo, e perci neanche per l'illegittimo
pagamento.
Una volta esaurita l'azione derivante dal rapporto che diede
causa all'emissione dell' assegno (con l'effettiva emissione e consegna
dello stesso), sorge un nuovo rapporto (cambiario) fra isti
I
tuto e prenditore, il quale soltanto pu far valere i suoi diritti @
verso la Banca. ID
Orbene, essendosi perfettamente adeguata a tali principi la f:J
i.
Corte di merito ed avendone fatta corretta ed esatta applica~
zione, la sentenza non presta il fianco ad alcun giusto rilievo. ~<
.
Dopo avere richiamato puntualmente i detti principi, la CorI.,
te di appello, con impeccabile logica, ha detto che il Sacconi non f
era legittimato a sperimentare l'azione proposta contro la Ban,
ca (per asserito, irregolare pagamento dell'assegno a persona di.
i versa dall'intestatario e malamente identificata), giacch si era .
limitato a chiedere l'assegno all'ordine del Barbarulo, senza per '
I
II
0-2) Tutela del !li.ritto del richiedente su titolo intrasferibile all'or
dine di prenditore cartolare inesistente.
Secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione, qualunque configurazione
giuridica voglia attribuirsi al rapporto di emissione, certo che,
con la consegna del titolo, creato regolarmente, con le caratteristiche volute
dal richiedente, la banca emittente ha completamente adempiuto agli
obblighi nascenti dal contratto nei confronti dell'altra parte. Restano estranee
al rapporto di emissione, se il richiedente non sia anche prenditore, le
successive vicende del rapporto cambiario. E la ragione di tutto ci
I
quella confermata anche dalla prima sentenza in rassegna: l'emittente non
,
,
ffi
pu rispondere dell'irregolare pagamento a due persone diverse: al prenditore
legittimato ai sensi dell'art. 43 1. ass. banc. (r.d. 21 dicembre 1933, n.
1736), ovvero al portatore legittimato ex cartula nei casi ordinari, ed in pari
tempo al richiedente, legittimato per la pretesa azione nascente dal contratto
di emissione. La banca deve rispondere del mancato adempimento
nei confronti di una sola persona, che il titolare del diritto cambiario
I(cos la predetta sentenza), e, se il titolo intrasferibile, la mancata
identificazione del vero prenditore costituisce elemento impeditivo della sua
liberazione (cfr. PELLIZZI, Banca, borsa e titoli di credito, 1952, 555 e seg.),
ossia la responsabilit cambiaria permane.
ijr:
~
~~~
PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE
61
nulla figurare nel titolo. Il rapporto cambiario era sorto, perci,
esclusivamente fra il banco ed il detto Barbarulo, il quale, solo,
poteva chiedere conto all'emittente dell'esatto adempimento dell'obbligazione
portata dal titolo.
La mancanza di legittimazione da parte del richiedente non
intestatario dell'assegno risulta evidente per la distinzione fra
contratto di emissione e contratto cambiario; peraltro trova
conferma nel fatto che la banca pu e deve rispondere del mancato
adempimento nei confronti di una sola persona che il titolare
del diritto cambiario.
N giova opporre che i principi ricordati varrebbero solo
in tema di assegno circolare normale e non pure nella ipotesi
di assegno circolare non trasferibile, come si asserisce dal ricorrente
avrebbe ritenuto questa Suprema Corte con la sentenza
7 ottobre 1958, n. 3133, in quanto il richiamo non risulta esatto.
Nella detta sentenza, invero, che pure concerneva la responsabilit
per pagamento di assegno circolare non trasferibile a
persona diversa dal prenditore intestatario, questo Collegio
espressamente conferm, testualmente, riferendosi anche ai precedenti
in materia (costituiti dalle sentenze 26-4-1954 n. 1276 e
18-7-1956, n. 2783), che il rapporto di emissione di un assegno circolare
si esaurisce con l'emissione del titolo, avente i caratteri
pattuiti. e la consegna di esso al richiedente; successivamente
sorge un nuovo rapporto, cambiario, fra la banca e il prendi~
tore, che autonomo rispetto al primo.
Basta per poco considerare, ora, la fattispecie decisa dal Tribunale di
Napoli con la seconda sentenza in rassegna (conforme ad essa altra, di
pari data, emessa dallo stesso Tribunale, in causa Ministeri dei Lavori Pubblici
e dd Tesoro contro Banca Nazionale del Lavoro), per accorgersi agevolmente
come nessun conforto rechi l'insegnamento della Corte di Cassazione
alle conclusioni cui pervenuto quel Giudice di merito. Risultava,
infatti, accertato da giudicato penale che gli ordinativi di pagamento, commutati
in vaglia intrasferibili della Banca d'Italia, erano stati falsamente intestati
al nome di fittizi ed inesistenti creditori dello Stato, mentre sotto
tali falsi nomi i falsari avevano acceso un conto corrente presso la filiale
di Napoli deUa Banca d'America e d'Italia, facendosi accreditare sullo
stesso l'importo dei vaglia, a quella girati per l'incasso, e con tale sistema
avevano consumato la truffa in danno dello Stato.
Peraltro la stessa sentenza in rassegna ha ritenuto acquisito un dato
fondamentale, e cio che il richiedente aveva il diritto di rivendicare gli
assegni nei confronti del possessore di mala fede. Ma, se questa premessa
era esatta (art. 1994 e.e., art. 20, cpv., I. camb. appr. con R.D. 14 dicembre
1933, n. 1669; cfr. FERRI, I titoli di credito, Torino, 1950, 116 e 118), se la
propriet dei titoli intrasferibili, emessi all'ordine di un terzo prenditore
cartolare inesistente, non era passata nel possessore di mala fede, ma era
rimasta del richiedente, che ebbe a riceverli dall'emittente contro versa
-
62 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO
E solo stabil, in relazione ai punti controversi:
a) che negli assegni non trasferibili la identificazione del
l'intestatario assume un'importanza speciale, anzi un valore
essenziale, tale cio da escludere che possa discutersi sulla dili
genza usata dal banchiere, il quale si libera solo se paga bene,
mentre, se cade in errore nell'identificazione, deve pagare una
seconda volta; b) che la responsabilit della banca, la quale
paghi malamente, non configurabile come risarcimento del
danno, bensi come inadempimento dell'originaria obbligazione
cambiaria. -(Omissis).
II
(Omissis). -Gli elementi di fatto posti a base della domanda
spiegata dai Ministeri del Tesoro e dei Lavori pubblici
contro la Banca d'America e d'Italia sono sostanzialmente pacifici
ed emergono dalle sentenze pronunziate contro il funzionario
del Ministero del Tesoro Benedetto Mercurio ed altri correi,
nel procedimento penale contro questi ultimi, in ordine ai
reati di truffa e di falso continuati. Il suddetto funzionario compil
una serie di falsi mandati di pagamento, a carico del Ministero
dei LL.PP., sul capitolo relativo a lavori per nuove costruzioni
ferroviarie, per il complessivo importo di L. 164.712.300,
a favore della ditta Ing. Biagio Castelli e Mario Lipari. Parte
di tali mandati, commutati in vaglia intrasferibili della Banca
d'Italia, furono riscossi a mezzo stanza di compensazione dalla
Banca d'America e d'Italia, cui erano stati girati per lo incasso
mento delle provviste, non si vede come possa negarsi che, avendo certamente
la Banca emittente -una volta accertata giudizialmente la truffa
e l'inesistenza del rapporto cambiario -l'obbligo di restituire le provviste
al richiedente, che le avesse restituito i titoli (sulla incorporazione dell'obbligazione
unilaterale dell'emittente nel titolo, anche se intrasferibile,
v. BurrARO, in Banca, borsa e titoli di credito, 1950, II, 105), sia stato precisa:~
mente l'operato della Banca girataria per l'incasso, col provocarne colposamente
il pagamento e l'estinzione da parte dell'emittente (cfr. cit. art. 43,
comma secondo, I. ass.), a pregiudicare tale restituzione.
N sembra lecito sostenere, come fa il Tibunale, che il diritto al risarcimento
presuppone il correlativo obbligo del responsabile al rispetto
del diritto offeso >>, mentre non sussiste alcun rapporto giuridico tra richiedente
e banchiere giratario per l'incasso, in cui possa inquadarsi la
violazione di tale diritto di credito. Qui non si trattava di tutela aquiliana
di un diritto di credito (in senso negativo v., infatti, Cass. 7 luglio 1962, ~::
n. 1760, Giur. it., Mass. 1962, 636; 6 novembre 1957, n. 4257, Id., 1957, 952. 1~
Per la posizione del problema ed un esame di diritto comparato v. TEDI!SCHI,
!::
La tutela aquiliana del creditore contro i terzi, Riv. dir. civ., 1955, I, 291 e
segg.), ma l'operato della banca, girataria per l'incasso per conto dei posm
l
l
~~
sessori di mala fede, aveva pregiudicato, invece, un diritto assoluto: quello lll
-e
...
.
.
63
PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE
dal Mercurio e dal suo complice Giovanni Russo, presentatisi
come gli intestatari dei titoli. Le Amministrazioni attrici chiedono
dra alla convenuta banca la restituzione delle somme corrisposte
in L. 119.592.100, osservando che, essendo stati emessi
i vaglia intrasferibili a favore di un prenditore inesistente, la
perdita patrimoniale subita dallo Stato si verificata per l'incauto
pagamento da parte del banchiere, cui furono presentati
i vaglia per l'incasso, al Mercurio e al Russo, che non erano i
prenditori dell'assegno. Si precisa al riguardo dalla difesa erariale
che, essendo stati emessi gli assegni a favore di prenditori
fittizi, poich il Mercurio e il Russo ebbero cura di nascondere
i loro nomi, l'unica obbligazione che si profilava a carico dell'emittente
era quella di restituire la provvista, che non poteva
essere versata ad un creditore cambiario inesistente; e che,
trattandosi peraltro di titoli emessi con la clausola di intrasferibilit,
il richiedente, in quanto proprietario dei titoli, avrebbe
potuto rivendicarli nei confronti di qualsiasi portatore, che non
poteva essere che di mala fede, in quanto l'assegno intrasferibile
non d luogo a trasferibilit del titolo, ma solo della legittimazione
cartolare ad un banchiere, che lo possiede a nome del
prenditore (art. 43 I. assegno bancario), in modo da documentare
all'emittente la mancata estinzione del titolo e abilitarlo
alla restituzione della provvista.
Poich con l'accettazione dell'assegno per lo incasso il banchiere
ha provocato il pagamento dell'assegno, senza colpa del-
del richiedente sui titoli (cfr. FEDELE, Il problema della responsabilit del
terzo per pregiudizio del credito, Milano 1954, 105 e seg. ed ivi bibliografia).
Sembra, pertanto, un fuor d'opera sottolineare, come fa la seconda
sentenza in rassegna, la responsabilit cambiaria del banchiere giratario
per l'incasso ed affermare, segnatamente, che l'attivit intermediatrice
della Banca per la riscossione del titolo deve spiegarsi non a favore
di chi, qualificatosi come prenditore dell'assegno, abbia a lei consegnato
e girato il titolo per l'incasso, ma a vantaggio del vero prenditore cartolare,
in virt del principio della letteralit dei titoli di credito>>, per
negare, comunque, la legittimazione del richiedente ad agire, se non
ex art. 1189, almeno ex art. 2043 e.e., e certo non in via cambiaria, allegando
la colpa del banchiere per la mancata identificazione dei presentatori
dei titoli e la lesione del proprio diritto sui titoli, cos come sarebbe
un fuor d'opera fare riferimento all'insegnamento contenuto nella
prima sentenza in rassegna. Nella specie, infatti, l'obbligo dell'emittente
di restituire al richiedente le provviste, a fronte della restituzione dei
titoli, nasceva, appunto, dall'inestistenza, accertata dal giudicato penale,
dei prenditori letterali dei titoli medesimi (trattandosi di nominativi fittizi,
sotto i quali riuscirono a celarsi i falsari, proprio per la negligenza
della Banca, perfezionando, cos, la truffa in danno dello Stato).
FRANCO CARUSI
64 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO
l'emittente, che non era tenuto all'onere di identificare il girante,
ma solo ad accertare la regolarit formale della girata
per lo incasso ed il banchiere legittimato dall'apparente procura
cartolare (art. 46, 2" cpv., 1. camb.; art. 43, cpv., 1. ass. banc.), il
primo obbligato a rispondere verso il vero legittimato, secondo
le regole della ripetizione dell'indebito (art. 1189, cpv., cod.
civ.), ovvero secondo le regole del risarcimento del danno per
fatto illecito (art. 2043 e.e.), qualora sia incorso in negligenza
nella identificazione del presentatore.
Le tesi difensive delle Amministrazioni attrici non appaiono
fondate.
Che il Banchiere giratario per l'incasso debba rispondere
del pagamento eseguito .a persona diversa del prenditore, in
luogo dell'emittente, cosa che non pu revocarsi in dubbio,
I
posto che l'art. 43, secondo comma, della legge sull'assegno
bancario, richiamato, insieme ad altre disposizioni, dall'art. 86, I che detta norme particolari sull'assegno circolare, esime esprest
i;amente l'emittente da ogni responsabilit per il pagamento [~
dell'assegno non trasferibile fatto al prenditore dell'assegno o
I~
al banchiere giratario per l'incasso.
:~;
Ed in realt, se la legge consente che l'assegno non trasferiI
bile pu essere girato per l'incasso ad un banchiere, appare .
.
evidente come non possa parlarsi di inadempimento da parte
I
dell'emittente che paga appunto al giratario, che legittimato malla riscossione e non , dunque, creditore apparente. Si deve
aggiungere che la Banca convenuta non pag l'assegno in base
I
ad una convenzione di corrispondenza con l'Istituto emittente,
lJ
per cui avrebbe agito, nel caso, come mandataria di questo, ma
come girataria per lo incasso, onde indiscutibile, in ipotesi,
la sua diretta responsabilit, alla stregua dell'art. 43 della legge
,
sull'assegno bancario, che anzi deve essere interpretato in senso
pi rigoroso di quanto le stesse amministrazioni statali pro'
'
lI
spettano.
La disposizione in argomento costituisce, infatti, una norma
speciale in tema di pagamento a creditore apparente regolato
dall'art. 1189 e.e., poich pi:evede l'ipotesi particolare del
pagamento di un assegno a persona diversa dal prenditore o
II dal banchiere giratario per l'incasso. Stabilendo senz'altro, in
questo caso, la responsabilit del pagatore nei confronti del vero
creditore, la norma implicitamente esclude la possibilit di invocare
la buona fede, che comporta, in via generale, per il paga
mento al creditore apparente, la liberazione del creditore, onde
appare addirittura superfluo stabilire se e come l'Istituto ban.
I!~;
:~
J~
lf74llmw64fJiL.,.......%".,Al0..,.fa.-,:.,-~~,..,... ~
65
PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE
cario non abbia provveduto all'onere di identificare il prenditore,
una volta che non abbia soddisfatto l'obbligazione cambiaria,
il cui adempimento garantito in modo del tutto tranquillante
dalla legge, per il creditore dell'assegno bancario non
trasferibile. E' evidente, tuttavia, che tale responsabilit non
ha carattere di illecito extracontrattuale, ma discende direttamente
dall'obbligazione cambiaria assunta.
Per restare nel campo dell'assegno circolare, l'emittente,
che paghi a un creditore apparente, tenuto a rinnovare il pagamento
al creditore cartolare, non a titolo di colpa, ma per
effetto dell'obbligazione cambiaria assunta con l'emissione de]
titolo e non soddisfatta.
Analogo carattere cambiario ha, poi, l'obbligazione del
banchiere giratario per l'incasso: quest'ultimo, invero, se riscuote
il titolo dall'emittente e paga a persona diversa dal prenditore,
non adempie alla obbligazione assunta con la girata per
l'incasso, che ha l'efficacia del mandato, in quanto l'attivit intermediatrice
della Banca per la riscossione del titolo deve spiegarsi
non a favore di chi, qualificatosi come prenditore dell'assegno,
abbia a lei consegnato e girato il titolo per l'incasso, ma
a vantaggio del vero prenditore cartolare, in virt del principio
della letteralit dei titoli di credito. Cos identificata la natura
dell'obbligazione a carico del banchiere giratario per l'incasso,
facile dedurre che le Amministrazioni attrici, in quanto richiedenti
degli assegni circolari e non portatori dei titoli, sono carenti
di legittimazione attiva, in ordine alla pretesa di rimborso
delle somme riscosse dal Mercurio, e art. 1189 cod. civ. E'
principio pacifico in dottrina e giurisprudenza che il rapporto
di emissione si esaurisce con l'emissione del titolo avente i caratteri
pattuiti e con la consegna di esso al richiedente e che
quest'ultimo estraneo ai successivi rapporti cambiari ed in
particolare che solo il portatore e mai il richiedente pu far
valere i suoi diritti per il mancato o per l'erroneo pagamento dell'ssegno
(cfr. Cass. 7 ottobre 1958, n. 3133). N si deve pervenire
a diversa conclusione per il fatto che il prenditore era
inesistente. Senza che sia necessario approfondire il problema
relativo alla asserita inesistenza del creditore, il che implica la
inesistenza del credito -mentre nella specie, per effetto del
doloso comportamento del funzionario, l'assegno era stato emesso
a favore del medesimo falsificatore con lo pseudonimo con
cui aveva aperto un conto corrente sulla banca girataria -si
pu riconoscere che, in ogni caso, il richiedente aveva il diritto
di rivendicare gli assegni nei confronti del possessore di
66 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO
mala fede, come appunto si sostiene dall'Avvocatura dello
Stato. Ma, una volta che tale revindica non fu esercitata, non
si vede perch la Banca girataria per l'incasso debba rispondere
del danno che derivato alle Amministrazioni e che si ricollega
in modo esclusivo e diretto all'emissione e alla consegna degli
assegni al possessore di mala fede e non. al preteso comportamento
colpevole della Banca. Ed infatti, ammesso che il richiedente
non perda il possesso del titolo emesso dal banchiere a
fronte di un ordine erroneo o falso, ovvero che ne rientri in possesso
rivendicandolo dal possessore di mala fede prima del pagamento,
non pu sostenersi che alcun pregiudizio patrimoniale
sia derivato al richiedente per l'emissione ovvero che tale pregiudizio
sia diverso da quello conseguente al successivo pagamento
del titolo. E' il cso di tenere presente, invero, che la
emissione di un assegno circolare postula il preventivo versamento
della provvista dal richiedente all'emittente e d vita
all'obbligazione autonoma e diretta dell'emittente, nei confronti
del portatore, di pagare l'assegno. Non chi non veda, dunque,
che, negoziandosi il titolo in cambio del denaro, il nocumento
per la richiesta di emissione di un assegno per soddisfare un
credito inesistente coincide con il versamento della provvista
alla Banca e non con il pagamento dell'assegno al portatore,
giacch, fin dal momento dell'emissione, il richiedente perde
ogni diritto oltre che l'effettiva disponibilit sulla provvista.
Pur riconoscendosi che al richiedente non potrebbe negarsi in
tutti i casi di mancato trasferimento del titolo _al portatore,
di prescrizione del titolo o di inesistenza del portatore -una
azione di arricchimento verso l'Istituto emittente, non pu am
mettersi per che tale azione sorga da un diritto soggettivo del
richiedente in virt del rapporto di emissione. Si ha conferma,
invece, che, potendosi sperimentare l'azione di arricchimento
solo a condizione che sussista un danno (art. 2041 e.e.), la le
sione del diritto patrimoniale per la richiesta dell'assegno per
un credito inesistente si definitivamente concretata con la
richiesta di emissione del titolo e che, per essere ammissibile :~
l'azione nel presupposto che alcun'altra azione spetti al danneg
giato, essa non posta a presidio del diritto offeso, ma per
mera ragione di equit. Da questa premessa consegue che la
condotta della Banca, la quale avrebbe omesso di procedere
all'identificazione del cliente con la dovuta circospezione, non
ha inciso nella sfera dei diritti patrimoniali delle Amministra
zioni attrici, gi compromessi all'epoca della riscossione degli
assegni, ma ha pregiudicato soltanto l'azione di arricchimento
PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE
nei confronti dell'Istituto emittente, il quale, avendo pagato i
vaglia cambiari, non ha tratto dall'operazione bancaria alcun
illecito arricchimento.
Deriva, altres, che l'azione di risarcimento nei confronti
del banchiere giratario per l'incasso inammissibil~, sia perch
il diritto al risarcimento presuppone il correlativo~obbligo del
responsabile al rispetto del diritto offeso -e non{'sussiste alcun
rapporto giuridico tra richiedente e banchiere giratario per
l'incasso in cui possa inquadrarsi la violazione di tale diritto di
credito -sia perch dal pregiudizio dell'azione di arricchimento,
che, come si detto ha carattere sussidiario, presupponendo
la impossibilit della tutela giuridica del diritto offeso, non pu
sorgere un'azione di contenuto pi ampio, qual' la pretesa ri
sarcitoria ex art. 2043 e.e. A tale conclusione non osta il
giudicato penale richiamato dalle attrici e dal quale risulta che
il momento consumativo dei reati di truffa commessi in danno
dello Stato coincise con la riscossione degli assegni da parte de
. gli imputati, tramite l'Istituto bancario convenuto, e non con
il conseguimento del possesso dei titoli. L'efficacia da riconoscersi
alla sentenza penale in questione non quella prevista
dall'art. 27 c.p.p., che si riferisce al rapporto tra la sentenza
penale di condanna e il conseguente giudizio di risarcimento
del danno nei confronti del colpevole o del responsabile civile,
ma quella richiamata dal successivo art. 28, che regola il rapporto
tra giudicato penale e la controversia civile o amministrativa,
in cui il riconoscimento del diritto strettamente connesso
all'accertamento dei fatti materiali accertati nel giudizio .
penale. Infatti, la banca chiamata a rispondere del danno subto
dallo Stato a titolo del tutto autonomo e diverso dal rapporto
giuridico per il quale i colpevoli sono tenuti a rispondere
del reato.
E' chiaro, quindi, che l'indagine preclusa in questa sede
attiene al meccanismo delle truffe, alle modalit di realizzazione
del profitto, all'ammontare del danno subito dalle pubbliche
amministrazioni, ma non si estende alle valutazioni di
ordine giuridico effettuate dal giudice in rapporto allo specifico
accertamento della responsabilit penale del colpevole e
che devono essere compiute con piena libert dal giudice civile,
con riguardo alla diversa incidenza che i medesimi fatti
materiali, definitivamente accertati in .sede penale, assumono
nel rapporto in contestazione tra soggetti divrsi. -(Omissis).
68 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO
I
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 30 luglio 1963 n. 2174 -Pres. .
Torrente -Est. Perrone Capano -P.M. Trotta (conf.) -Min. '
I
Tesoro c. Forquet. ~J
Requisizione -Requisizioni alleate -Procedimento amministrativo
Azione giucliziaria -Rapporti -Conseguenze.
(1. 9 gennaio 1951, n. 10, art.t. 1, 2, 4, 5; c.p.c., art. 353).
Requisizione
-Requisizioni alleate cli immobili -Indennit -Liquidazione
-Criteri.
(1. 9 gennaio 1951, n. 10, artt. 2, 4),
Il procedimento amministrativo prescritto dalla legge 9
gennaio 1951 n. 10 per la liquidazione delle indennit ivi previste
obbligatorio e deve precedere l'azione giudiziaria. Esso
costituisce un presupposto processuale e la sua mancanza non
importa difetto di giurisdizione del giudice ordinario, ma solo
circostanza impeditiva del suo esercizio. Epper il giudice di
appello, che riconosca erronea la declaratoria del primo giudice
di inammissibilitt. della domanda, perch accerti l'espletamento
della procedura amministrativa, da quegli ritenuto mancato, non
pu e non deve applicare l'art. 353 c.p.c. (1).
La liquidazione con criterio equitativo a norma dell'art. 4
della legge n. 10 del 1951 delle indennit di requisizione in uso
'disposte dalle forze armate alleate deve aver riguardo al reddito
che l'immobile avrebbe prodotto se non fosse stato requisito
(2).
(12) In tema di liquidazione delle indennit per requisizioni al
leate.
I. -La preoccupazione di riaffermare il carattere di diritto soggettivo
perfetto della pretesa agli indennizzi ex art. 11. 9 gennaio 1951, n. 10 (cfr.
Cass., Sez. Un., 28 novembre 1953, n. 3624 e 19 gennaio 1954, n. 102, Giur. it.,
1955, I, 1, c. 113 e seg., ed ivi nota di richiami; 2 dicembre 1959, n. 3487,
Foro it., Rep. 1959, v. Requisizioni, c. 2087, n. 12; 12 ottobre 1962, n. 2965,
Foro it., Mass., 1962, c. 836, Rep. 1962, v. Requisizioni, c. 2492, n. 17) ha fatto
pervenire la sentenza in rassegna al singolare risultato di restringere
la tutela dello stesso interesse del privato, togliendo a questi un grado
di giurisdizione sul merito.
;L'Avvocatura aveva sostenuto che la Corte di Appello, posto che il
procedimento amministrativo dovesse ritenersi espletato (ma contro l'applicabilit
alla specie dell'istituto del silenzio-rifiuto v. GUGLIELMI, in questa
Rassegna, 1954, 189), avrebbe dovuto rimettere le parti davanti al primo
giudice, a norma dell'art. 353 c.p.c. La tesi trovava appoggio, peraltro, nella
stessa giurisprudenza delle Sezioni Unite della C.S., secondo cui la potest
del G.0. di conoscere delle domande di liquidazione delle indennit previste
dalla 1. n. 10 del 1951 sorge solo dopo il procedimento amministrativo
(Sez. Un., 29 giugno 1953, n. 3078, Giur. Compl. Cass. Civ.,
69
PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE
(Omissis). -Col primo motivo, nel denunciare la violazione
dell'art. 353 cod. proc. civ., in relazione all'art. 360 n. 3
dello stesso codice, il ricorrente deduce che il Tribunale, dichiarando
inammissibile la domanda del Forquet per mancato esaurimento
del procedimento amministrativo, avrebbe ritenuto il
proprio difetto di giurisdizione, sicch la Corte d'appello -la
quale accert, invece, che il procedimento amministrativo era
stato espletato -non avrebbe dovuto giudicare nel merito, ma
avrebbe dovuto rimettere le parti davanti al primo giudice, a
norma dell'art. 353 del codice di rito.
La censura infondata.
Il tribunale non dichiar il proprio difetto di giurisdizione,
n avrebbe potuto dichiararlo in base alla 1. 9 gennaio 1951
n. 10, la quale ha disciplinato in modo autonomo ed integrale
tutta la materia relativa agli indennizzi per le requisizioni operate
dalle forze armate alleate, o per conto delle stesse, nonch
per i danni arrecati con azioni non di combattimento. Il procedimento
amministrativo prescritto da tale legge, diretto all'accertamento
ed alla determinazione dell'indennit, senza dubbio
obbligatorio, ed ovviamente deve precedere l'azione giudiziaria
(che venga promossa dagli interessati, titolari di diritti sogget"
tivi perfetti), ma esso ha efficacia di mero preliminare al giudizio
davanti al magistrato ordinario, come le Sezioni Unite di
questa Suprema Corte hanno gi precisato con sentenze 2 di-
cembre 1959, n. 3487 e 12 ottobre 1962, n. 2965. Esso rappresenta,
cio, un mero presupposto processuale, che non importa
1953, n. 3041; 8 luglio 1953, n. 2149, n. 2150, n. 2151, n. 2152, Giust. Civ.,
1953, 2392 e segg. e in questa Rassegna, 1954, 189). Ma la sentenza annotata
non ha ritenuto di condividere tale insegnamento, affermando che la
mancanza del procedimento amministrativo previsto dalla I. n. 10 del
1951 si traduce nel difetto di un presupposto processuale e non gi della
giurisdizione del G.O. Senonch agevole obiettare che la nozione dei
presupposti processuali (ZANZUCCHI, Dir. Proc. Civ., vol. I, Milano 1948,
58 e 67 e seg.), o requisiti del processo di merito (ALLORIO, Dir. Proc. Trib.,
Torino, 1953, 326), o condizioni della decisione di merito (JAEGER, Dir. Proc.
Civ., Torino 1943, 98) comprende anche quella di giurisdizione (cfr., fin
da epoca meno recente, Cass. 2 marzo 1934, Riv. Proc. Civ., 1934, II, 170
e seg.; artt. 5 e 187, comma terzo, c.p.c.; ZANZUCCHI, op. cit., 45, 67 e 70;
ALLORIO, op. cit., 330; da ultimo, Cass., Sez. Unite, 22 giugno 1963, n. 1707,
Foro it., 1963, I, c. 1359 e seg., ove si riconosce che il vizio di costituzione
dell'organo giudicante, assimilabile al difetto non assoluto di giurisdizione,
attiene ai presupposti del processo ; cos anche Cass. 3 ottobre
1963, n. 2620, in questa Rassegna, 1964, 78-79 ed infine Cass. Sez. Un., 13
gennaio 1964, n. 77, Giur. it., Mass. 1964, 25). Peraltro, posto che: a) diritto
soggettivo ed azione giudiziaria sono concetti autonomi (cfr. per tutti ZANzuccHI,
op. cit., 47 e seg.); b) questione di giurisdizione anche quella
70 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO
difetto di giurisdizione del giudice ordinario, ma ne impedisce
solo l'esercizio finch quel presupposto non siasi avverato. In
-~
sostanza, il giudice ordinario non pu pronunciare sulla doman~
da di liquidazione dell'indennit, in ordine alla quale investito
di giurisdizione, finch non venga espletato il procedimento amministrativo
previsto dalla citata legge. Ove il giudice di primo
grado, ritenendo erroneamente che sia mancato il procedimento
amministratjvo, dichiari inammissibile la domanda, il giudice
di appello, Glie accerti invece l'avvenuto espletamento della procedura
amml.nistrativa, non pu e non deve applicare l'art. 353
cod. proc. civ., appunto perch il primo giudice non ha negato
(n esplicitamente, n implicitamente) la giurisdizione dell'autorit
giudiziaria ordinaria. E poich i casi in-cui la causa pu
essere rimessa al primo giudice sono soltanto quelli stabiliti
tassativamente dalla legge (articoli 353 e 354 c.p.c.), esattamente,
nella specie, la Corte di Appello, dopo aver rilevato l'errore
in cui era incorso il Tribunale, ha giudicato nel merito, procedendo
alla liquidazione dell'indennit spettante ai Forquet.
~
Col secondo motivo si deduce che la Corte di merito, nel
procedere alla liquidazione della indennit, avrebbe applicato i ,
i principii concernenti il risarcimento di danni da fatto illecito,
anzich adottare i criteri equitativi prescritti dalla citata legge .
9 gennaio 1951, n. 10.
,
Anche questa censura infondata.
l
@
E' certo che la liquidazione dell'Indennit (per le requlSlzioni
disposte dalle forze armate alleate) deve essere improntata
a spirito di equit, giusta il disposto dell'art. 4 della legge del
dei rapporti del G.O. con la P.A. (artt. 37 e 41 c.p.c.); e) la discrezionalit
solo un aspetto della azione amministrativa (sulla contrapposizione
fra attivit vincolata e attivit discrezionale della P.A. v. VITTA, Dir.
Amm.vo, Torino, 1954, 322; ALESSI, Dir. Amm.vo, Milano 1949, 269; SANDULLI,
Manuale di dir. amm.vo, Napoli, 1955, 234), dire che l'esistenza e
la consistenza del diritto del privato all'indennit ex art. 1 L. 9 gennaio
1951, n. 10 non possono essere accertate dal G.O., finch su di esse non
siasi previamente pronunciata la P.A. a norma degli artt. 4 e 5 della ripetuta
legge, significa riconoscere, precisamente, il temporaneo difetto di
juris dictio del G.O., il quale, se pronunciasse ugualmente, pur in mancanza
del provvedimento amministrativo definitivo di liquidazione, usurperebbe,
senza alcun dubbio, attribuzioni della P.A. (cfr. sul vizio di difetto
di giurisdizione ex art. 360, n. 1, c.p.c. come conseguenza dello
esercizio da parte del giudice di una potest riservata dalla legge ad
organi amministrativi... : CALAMANDREI e FuRNO, voce Cassazione Civile,
Novissimo Digesto Italiano, vol. Il, Torino, 1958, 1071).
II. -Affermando che l'indennizzo di requisizione in uso deve essere determinato
con riguardo allo stato dei beni ed all'entit del danno e
71
PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE
1951. Ma non esatto quanto sostiene il ricorrente, e cio che
il COlijl.'
Ifil
non rientra tra quelle proprie dell'Amministrazione degli Este
.
ri, ma che li riguarda personalmente. Il contratto di deposito, '
per essere riferibile all'Amministrazione, deve essere stipulato
con le rigorose ed inderogabili formalit stabilite dalla legge e
~
dal regolamento sulla contabilit generale dello Stato, mentre
I
il deposito presso il console avviene mediante il rilascio di una ~
semplice ricevuta. In particolare, poi, nella specie, sarebbe sta1=
1
ta omessa ogni formalit ed i funzionari si sarebbero assunto ~
l'obbligo di trasferire i rubli in Italia, il che era vietato dalle
leggi russe, ovvero di negoziare la conversione dei rubli in lire,
il che era vietato dalle leggi italiane (r.d.l. del 1938 citato e successive
modificazioni).
Il ricorso infonda.to.
Come questo Supremo Collegio ha gi avuto occasione di
statuire (sentenza 15 maggio 1959, n. 1445), lo Stato italiano
responsabile dei depositi eseguiti presso i consoli, a norma
dell'art. 114 del regolamento consolare 7 giugno 1866, n. 2996.
Invero gli articoli 113 e seguenti di tale regolamento prevedono
depositi volontari o n~cessari, la cui differenza consiste sol
(3) In senso conforme v. Cass. 21 marzo 1960, n. 580, Giust. civ., 1960,
I, 2005; v. anche Cass. 23 marzo 1963, n. 721, ivi, 1963, I, 1007
F. C.
PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE
tanto nell'obbligatoriet di questi ultimi, tutti regolati dalla
stessa disciplina: essi sono accertati mediante verbali di iscri
zione in apposito registro, in cui sono indicate le monete ed i
valori od oggetti depositati (o ritirati), la provenienza e la
causa del deposito (art. 115); le somme, gli oggetti preziosi o
valori depositati sono custditi sotto chiave, dopo essere stati
chiusi e suggellati in appositi sacchi ed involti, con un'etichetta
indicante il numero del deposito, il nome del deponente, la natura
degli oggetti e l'ammontare della somma depositata (art.
116); nel concorso di determinate circostanze, i consoli possono
ordinare la vendita delle merci od effetti depositati (art. 117);
i consoli alla fine di ogni semestre devono inviare al Ministero
degli Affari Esteri un elenco dei depositi eseguiti (art. 119);
inoltre devono spedire al Ministero gli oggetti e valori depositati,
se nel corso di un biennio non ne sia domandata la restituzione
dagli aventi diritto (art. 118).
E' da ricordare poi che, a norma dell'art. 2 della tariffa
consolare approvata con r.d. 10 agosto 1890, n. 7087, i depositi
non sono gratuiti, ma retribuiti con una percentuale del
2% , che si devolve in parte a pro.fitto dello Stato.
Da questa disciplina risulta in modo univoco che i depositi
sono fatti ai consoli a causa e nell'esercizio delle loro funzioni
e che, quindi, il contratto interviene tra il deponente e lo
Stato, il quale risponde della perdita della cosa depositata.
Naturalmente, una qualsiasi colpa o negligenza da parte del
console rende questo responsabile verso lo Stato, oltre che
verso il deponente, ma ci non esclude la responsabilit diretta
dello Stato, per conto del quale il console agisce. Questo il
significato dell'espressione dell'art. 114 sotto la loro responsabilit
, riferita ai consoli. La responsabilit dei consoli affermata
anche dall'articolo 113, che riguarda i depositi fatti di
ufficio, il che conferma l'insussistenza di una diversa regolamentazione
dei depositi volontari e di quelli necessari.
Quanto alle forme d.a osservarsi, esse sono quelle indicate
dal regolamento e non altre. Che nella specie siano state osservate,
si deve presumere, dato che il Ministero degli Affari Esteri
ha restituito ai Lomani la valigetta dei preziosi ed ha dichiarato,
con la lettera 1 aprile 1948, di tenere a disposizione i rubli, sia
pure nella misura ridotta di 1.000, per effetto dell'intervenuto
cambio della moneta.
Le promesse, che sarebbero state fatte dai funzionari, di trasferire
i rubli in Italia, convertendoli in lire, non sono state accertate
dai giudici del merito. Comunque, esse non potevano im
-
76 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO
pegnare l'Amministrazione, la quale, in base al contratto di deposito,
tenuta a restituire le medesime cose depositate, nello
stesso luogo, e cio a Mosca, non gi in Italia. Il Ministero, senza
esservi tenuto, ha consegnato la valigetta in Italia e si interessato
presso il Ministero del Tesoro per ottenere la conversione
dei rubli, ma ci in via di mera agevolazione, e non per un
obbligo legale.
Le promesse del personale consolare, se intervenute, devono
essere interpretate nello stesso senso, e cio quello di adoperarsi,
in quanto possibile, per consentire ai Lomani, non solo di salvare
i loro beni, ma anche di poterli ritirare in Italia.
Il ricorso incidentale deve, pertanto, essere respinto.
I primi sei mezzi del ricorso principale denunciano, sotto vari
aspetti, la violazione degli stessi articoli del regolamento consolare,
degli artt. 1766, 1768, 1770, 1771, 1774, 1782, 1219, 1277,
1278 cod. civ., nonch dell'art. 7 del d.l. 6 giugno 1956, n. 1476,
per avere la Corte ritenuto che si trattasse di un deposito regolare,
anzich di un deposito irregolare, che importava l'obbligo
di restituire l'equivalente in lire italiane della somma depositata,
al cambio el giorno dell'effettuato deposito. Si sostiene che questa
era l'essenza del contratto concluso; che il cambio si sarebbe
dovuto compiere mediante la commutazione in dollari americani,
i quali mantennero fermo il loro valore, rispetto al rublo,
dopo l'emissione dei nuovi rubli; che il Ministero fu posto
in mora con la ripetuta richiesta fatta dai Lomani, prima della
detta operazione monetaria russa; che la Corte non poteva condannare
il Ministero al pagamento di rubli diversi da quelli depositati,
n ad eseguire il pagamento in Italia di una somma
di danaro in una moneta estera non avente corso nello Stato
Italiano, emanando, cos, una pronuncia insuscettibile di esecuzione.
Questo assunto, illustrato con dovizia di particolari, contrastato
alla radice dalla considerazione che il regolamento consolare
sopra esaminato prevede esclusivamente un deposito regolare,
posto che impone allo Stato, che opera attraverso il console,
di custodire le somme, gli oggetti preziosi ed i valori depositati
sotto chiave, dopo essere stati chiusi e suggellati in appositi
sacchi od involucri. Ci esclude nel modo pi certo che
il console possa servirsi delle somme, per poi accreditare al deponente
l'equivalente. Il console, in rappresentanza dell'Amm.ne,
deve conservare e restituire le stesse somme, nel luogo in cui
sono state depositate, e, cio, nella specie, a Mosca e non in
Italia. L'interessamento del Ministero per l'utilizzo da parte
~
'
.
I
f-:'
="
i!:i
'
I .
I
---j~
i
=~=
.
-~
~illff.f{:f-%.f"ff.if-W-=ilimf%{==""::f%:C:-:"W<-=''='="'='=''''-"'=':!W'::f$%'80W-<:::::>if:f"$0:<'"-0."$},f'-='f=''-='%f%.f!,.:&."f.:t.:iW-='U{%'=""''''/.':<-:':.>l'f':.w;:::?-"::::r{--&
PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE
della nostra rappresentanza a Mosca della somma in rubli, in
teressamento rimasto infruttuoso per la opposizione del Mi
nistero del Tesoro (lettera del 23 gennaio 1948), non pu rite
nersi fatto che in via di graziosa agevolazione, non gi per un
obbligo legale. Il Ministero, del resto, non ha riconosciuto di
dover effettuare una restituzione in Italia, ma ha dichiarato
solo, nella lettera del 1 aprile 1948, che l'Ambasciata a Mosca
aveva comunicato che la somma si era ridotta a 1.000 rubli,
per effetto del cambio della moneta, il che dimostra che la
somma si trovava ancora a Mosca.
Quindi, esattamente, la Corte d'Appello ha dichiarato che
il Ministero tenuto alla restituzione dalla eadem res, vale a
dire degli stessi rubli depositati. La circostanza che si siano
convertiti i rubli vecchi nei nuovi non costituisce violazione
del detto principio, poich l'autorit consolare, se non poteva
disporre della somma, poteva e doveva anzi provvedere, usan
do la normale diligenza, a cambiare la moneta vecchia nella
nuova, per evitare di conservarne una, che, decorso il tempo stabilito
per la conversione, sarebbe stata priva di ogni valore.
, Nessun dovere aveva, invece, di effettuare il cambio in dollari,
ed anzi non ne aveva neppure il potere, perch, ripetesi, doveva
restituire ai deponenti rubli e non altre valute.
La sentenza non ha pronunciato condanna al pagamento
dei rubli, condanna che non era stata neppure richiesta; la
domanda era di declaratoria dell'effettuato deposito e del di
ritto dei Lomani di ricevere l'equivalente della conversione dei
10.000 rubli in lire italiane; la sentenza ha dichiarato che
stato compiuto il deposito e che, trattandosi di deposito regolare,
i deponenti hanno diritto di ottenere in restituzione 1.000
nuovi rubli, in sostituzione dei vecchi 10.000. La sentenza, cio,
non di condanna, ma di mero accertamento, conformemente
alla domanda. Non hanno ragion d'essere, quindi, le censure
sulla inammissibilit di una condanna a pagare una somma
non avente corso nello Stato e sulla inseguibilit della sentenza.
La insussistenza di un obbligo dell'Amm.ne di effettuare la
restituzione in Italia rende ultronea ogni questione sulla pre
tesa mora dell'Amm.ne medesima.
I primi sei motivi del ricorso principale devono, perci, es
sere respinti.
Con il settimo si lamenta che la Corte non abbia provveduto
sulla domanda di distrazione delle spese a favore dello
avv. Luigi Supino, che ne aveva fatta richiesta. Al riguardo da
osservare che tale motivo di ricorso doveva essere proposto
78
].ASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO
dallo stes~o avvocato Supino e non gi dai coniugi Lomani, posto
che le contestazioni sulla distrazione fanno divenire parte
j
del processo il difensore antistatario. Questi soltanto ha interesse
alla pronuncia di distrazione, non la parte assistita, la
quale, anzi, pu eventualmente opporsi alla distrazione. Quindi,
legittimato all'impugnazione per la omessa pronuncia sulla distrazione
era esclusivamente l'avv. Supino. L'impugnazione proposta
dai Lomani inammissibile. Vero che il detto difensore
ha sottoscritto il ricorso, ma tale sottoscrizione avvenuta
nella veste, appunto, di difensore, non in proprio, mentre il
ricorso risulta proposto, in tutti i suoi motivi, esclusivamente
dai Lomani. -(Omissis).
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 3 ottobre 1963 n. 2620 -
Pres. Mastropasqua -Rel. Bartolomei -P. M. Maccarone (d.)Filocamo
c. Calcaterra.
Corte Costituzionale -Pronuncia di illegittimit costituzionale -Natura
-Efficacia retroattiva -Sussistenza -Limiti.
(Cast., art. 136; 1. cast. 9 febbraio 1948, n. 1, art. 1; I. 11 marzo
1953 n. 87, art. 30, comma terzo).
Contratti agrari -Norme relative alla compos1z1one delle sezioni specializzate
agrarie -Effetti della dichiarazione di incostituzionalit Procedimento
civile -Vizio attinente ai presupposti processuali Difetto
di costituzione del giudice -Nullit insanabile -Rinvio
al giudice di I grado.
(Cast., artt. 102, comma 2 e 108, comma 2; 1. 4 agosto 1948,
n. 1094, art. 7, comma 1 e 2; 1. 18 agosto 1948, n. 1440, art. 5;
1. 25 giugno 1949 n. 353, art. 6; 1. 3 giugno 1950 n. 392, art. 1 sostitutivo
del testo dell'art. 2 1. 25 giugno 1949, n. 3'53; 1. 2 marzo
1963 n. 320, art. 6; c.p.c., artt. 158, 161, comma 2", 354, 383, comma
3).
La decisione della Corte Costituzionale, che dichiara l'illegittimit
.costituzionale di norme di legge od atti aventi forza
di legge, si inquadra nella categoria degli accertamenti costitutivi,
poich realizza il presupposto cui conseguono ope
constitutionis alcuni effetti risalenti al passato ed assimila
..
bili a quelli dell'annullamento. L'efficacia retroattiva della pro.:.
nuncia non solo opera, necessariamente, nel giudizio in cui incidentalmente
sorge la questione, ma si estende a tutti i giudizi
relativi a fatti o rapporti anteriori a quella decisione, purch,
79
PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE.
beninteso, non ancora esauriti. Con tale limite il giudice deve
tener conto della pronuncia di illegittimit costituzionale, sia nel
procedimento di primo grado, che nel procedimento d'impugna
zione, sia relativamente alle questioni prospettate dalle parti, sia
rispetto a quelle rilevabili di ufficio (1).
La accertata illegittimit costituzionale delle norme sulla
composizione delle Sezioni specializzate in controversie agra
rie si traduce in un vizio del procedimento, rilevabile d'ufficio,
perch attinente ai presupposti processuali, e cio nella caren
za della legittimazione del giudice all'esercizio della potestas
decidendi, assimilabile quoad effectus al difetto non assoluto
di giurisdizione ed inquadrabile obiettivamente nella fattispe
cie prevista dall'art. 158 c.p.c. In conseguenza, la causa dev'es
sere rimessa al giudice di primo grado (ossia alla competente
Sezione specializzata per le controversie in materia di contrat
ti agrari, istituita ai sensi della l. 2 marzo 1963, n. 320) in ap
plicazione del principio, secondo cui il rinvio al giudice di primo
grado prescritto dall'ari. 354 c.p.c. con riferimento all'ipotesi con
templata dall'art. 161, secondo comma, stesso codice, va dispo
sto anche nella ipotesi in cui la sentenza di primo grado sia
nulla ai sensi dell'art. 158 per difetto di costituzione del giu
dice, trattandosi appunto di nullit insanabile (2).
(1) Sull'efficacia delle sentenze della Corte Cost., che dichiarano l'illegittimit
costituzionale di norme di leggi o di altri atti aventi forza
di legge, cfr. Cass., 16 settembre 1957, n. 3492, Foro it., 1957, I, c. 1607;
16 ottobre 1957, n. 3884, id. Rep. 1957, voce Corte Cost., n. 99; 29 ottobre
1957, n. 4186, ibid., n. 101; 23 marzo 1959, n. 876, id., Rep. 1959, voce cit.,
n. 49; 22 luglio 1'960, n. 2077, a Sez. Un., id. Rep. 1960, voce cit., nn. 66-68;
30 maggio 1961, n. 1271, id. 1961, I, 1483; 30 maggio 1961, n. 1273,
id., Rep. 1961, voce cit., n. 110; 3 novembre 1961, n. 2565, ibid.,
n. 110 bis; 7 luglio 1962, n. 1749, id., 1963, I, 111 ed infine Sez; Unite, 22
giugno 1963, n. 1707, ibid., 1352 e seg., sulle orme della quale si muovono
le argomentazioni della sentenza in rassegna; v. anche Cons. Stato, Sez.
IV, 27 febbraio 1963, n. 115, Foro it., 1963, III, c. 197 ed Ad. Plen., 10 aprile
1963, n. 8, ibid., III; c. 282, nonch Cass., 9 ottobre 1963, n. 2683, in questa
Rassegna, .1964, 84.
(2) cfr. Cass., Sez. Un., 22 giugno 1963, n. 1707, in Foro it., 1963, I, c.
1356 e segg.
(1-2) Sugli effetti della dichiarazione di incostituzionalit delle norme
sulla composizione delle Sezioni specializzate agrarie.
I -Notevole nella sentenza in rassegna il sostanziale riconoscimento
che il giudizio di legittimit costituzionale ex artt. 1 I. cost. 9 febbraio
1948, n. 1 e 23 I. 11 marzo 1953, n. 87, non ha per oggetto un'azione di
annullamento della legge, ma si esaurisce in una pronuncia di accertamento,
destinata a produrre effetti pratici nel giudizio a quo e costituente
RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO
80
(Omissis). -A seguito della pronuncia della illegittimit
costituzionale delle norme sulla composizione delle Sezioni specializzate
per le controversie in materia di contratti agrari, data
dalla Corte Costituzionale con le sentenze 11 dicembre 1962,
n. 108 e 12 febbraio 1963, n. 2, si pone la questione, rilevabile
di ufficio, perch attinente ai presupposti processuali, della regolarit
del rapporto processuale.
La sua decisione importa pregiudizialmente la soluzione dell'altra
questione relativa alla efficacia della pronuncia della Corte
Costituzionale dell'illegittimit costituzionale di norme od
atti aventi forza di legge, sui rapporti sorti anteriormente ad
essa, ma non ancora esauriti.
solo il presupposto (ossia un fatto), cui conseguono ape constitutionis
eventuali effetti anche erga omnes. Con tale premessa, si comprende anche
che il riconoscimento dell'esigenza, pur avvertita dalla sentenza 22 giugno
1963, n. 1707 delle Sezioni Unite (in Foro it., 1963, I, c. 1356), di cogliere neil'istituto
le caratteristiche peculiari che lo distinguono nettamente da
istituti tradizionali e non permettono di qualificarlo o di chiarirne la portata
e gli effetti attraverso il riferimento a schemi e concetti elaborati a
proposito di tali istituti (ivi, c. 1357), debba indurre a sottolineare,
attraverso un maggior approfondimento del problema, l'impropriet dello
stesso ricorso ai concetti di invalidit e di annullamento per spiegare la
retroattivit degli effetti della pronuncia nel giudizio a quo e quella degli
effetti erga omnes ex art. 136 Cost. La prima non che la logica conseguenza
del fatto che la decisione della Corte Costituzionale stata appunto
destinata, de jure condito, (cfr. art. 1, 1. cost. n. 1 del 1948), come
riconosce la Corte di Cassazione, a produrre i suoi effetti proprio nel giu
dizio a quo. La seconda si ritiene conseguenza del disposto degli artt. 136
Cost. e 30, comma terzo, I. 11 marzo 1953, n. 87, senza che con ci possa
dirsi che da queste norme si tragga addirittura una sanzione di invali
dit nei confronti della legge incostituzionale. Non di sanzione contro l'at
to si tratta, ma di semplice inefficacia delle norme dichiarate incosti
tuzionali nei confronti di tutti i fatti e rapporti non ancora esauriti fino
al giorno successivo a quello della pubblicazione della decisione della Corte
(il limite della retroattivit sarebbe . costituito dagli effetti che la
norma incostituzionale abbia irrevocabilmente prodotti, quale il caso
delle situazioni e dei rapporti divenuti incontrovertibili per il maturarsi
cli termini di prescrizione o di decadenza, o perch definiti con giudicato,
ecc. , cos Cons. Stato, Ad. Plen., 10 aprile 1'963, n. 8, cit., Foro it., 1963,
III, c. 282; v. anche Cass. Sez. Unite, 22 giugno 1963, n. 1707, cit., ibid.,
I, c. 1359, ove si parla di situazioni giuridiche ormai esaurite ossia consolidate
ed intangibili e come tali insuscettibili di essere rimosse o diversamente
regolate attraverso una situai:ione che prescinda dalla norma
dichiarata incostituzionale: il che pu verificarsi o per la preclusione nascente
dal giudicato o per effetto di atti amministrativi che abbiano esaurito
i loro effetti, o in dipendenza di atti negoziali o di altri atti o fatti
che siano rilevanti sul piano sostanziale o processuale, nonostante l'inefficacia
di quella norma ). Se fosse vero che dalla pronuncia di incostituzionalit
consegua un effetto di annullamento dell'atto legislativo in s, do
81
PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE
La Corte ritiene che la detta pronuncia abbia efficl;l.cia retrattiva
e che essa spieghi i suoi effetti rispetto a rapporti, atti,
fatti anteriori, qualora sia rilevante ai fini della individuazione
del precetto applicabile per la decisione di questioni sostanziali
o processuali, sulle quali il giudice ha il potere-dovere di pronunciare.
E ci in considerazione che il precetto in contrasto con le
norme della Costituzione o di altre leggi costituzionali affetto
da un vizio intrinseco, sostanziale e originario -che risale cio
al momento della entrata in vigore della norma incostituzionale
o del precetto costituzionale violato, a seconda che si tratti di
norma emanata posteriormente od anteriormente a quest'ultimo
-e che tale vizio, per il suo carattere di originariet e di imvrebbe,
con l'eliminazione di questo, rivivere il diritto abolito, il che non
, onde la stessa Corte di Cassazione (nella citata sentenza a Sez. Un., 22
giugno 1963, n. 1707) parla di eliminazione di norme e non di atti (Foro it.,
1963, I, c. 1357). Sulla distinzione fra l'effetto proprio della pronuncia nel
giudizio a quo e quello ex art. 136 Cost., conseguente ad una pi ampia
fattispecie: v. SANDULLI, Natura, funzioni ed effetti delle pronunce della
Corte Costituzionale sulla legittimit delle leggi, in Riv. trim. dir. pubbl.,
1'959, 40. Sulla duplicit di funzioni del processo costituzionale v. LIEBMAN,
Contenuto ed efficacia delle decisioni della Corte Costituzionale, Riv. dir.
proc., 1957, 523. Infine, sulla critica della nozione di invalidit come mera
disformit dell'atto alla fattispecie legale, v. SCOGNAMIGLIO, Contributo alla
teoria del negozio giuridico, Napoli, 1950, 369 e seg., in particolare v. a
pag. 401. Per una maggiore informazione sulla problematica a cui si
fatto cenno ci permettiamo di rinviare ai nostri studi: Gli effetti delle
pronunce della Corte Costituzionale ecc., La Corte Costituzionale (Raccolta
di studi a cura dell'Avvocatura dello Stato), Roma 1957, 216 e segg.,
nonch: Decisioni di rigetto della Corte Costituzionale ed estinzione del
processo d'appello incidentato, in questa Rassegna, 1963, 165 e segg., ed ivi
bibliografia, Si veda anche in questa Rassegna 1964, 87, in nota a Cass. 9
ottobre 1963, n. 2683.
II -Alla regola che i motivi di nullit si convertono in motivi di gravame
(art. 161, comma primo, c.p.c.) fa riscontro la tassativit delle ipotesi
di rimessione della causa al giudice di primo grado, in seguito alla
constatazione da parte del giudice d'appello di nullit della sentenza o
del procedimento (ANDRIOLI, Commento al Codice di Procedura Civile,
vol. Il, Napoli, 1956, 478 e seg.). Da lungo tempo, per, la giurisprudenza
della Corte di Cassazione ha ammesso una interpretazione estensiva della
ipotesi prevista dal congiunto disposto degli artt. 354, comma primo e 161,
comma secondo, cod. proc. civ. (rimessione al primo giudice per
nullit della sentenza, per mancata sottoscrizione del giudice), pel rilievo
che se l'inesistenza della sentenLa per mancanza di sottoscrizione, essendo
da considerar.si quale mancata pronuncia del giudice di primo grado,
rende necessario il ritorno davanti al giudice medesimo, per provocarlo
ad emanare una sentenza idonea ed eseguibile secondo la legge, la
stessa esigenza, ancor pi imperiosa, si ha allorquando si riconosca che
nel Collegio che si pronunciato non si identifica l'organo costituito nel
senso voluto dalla legge per l'esercizio del potere giurisdizionale (Sez.
82 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO
manenza, produca la invalidit della norma in contrasto ed importi
la esclusione della sua obbligatoriet, tanto pi che esso
dedotto in via incidentale dalle parti o rilevato di ufficio.
Per i rilievi che precedono, la Corte ritiene che la decisione
della Corte Costituzion~le si inquadri nella categoria dei cosi-
detti accertamenti costitutivi, poich realizza il presupposto
cui conseguono ape constitutionis alcuni effetti, i quali sono
assimilabili a quelli dell'annullamento, che opera la eliminazione
degli atti invalidi ex tunc.
Conferma della efficacia retroattiva della pronuncia della
Corte Costituzionale si ricava dalla disposizione dell'art. 1 della
legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, la quale, stabilendo
che la questione di illegittimit costituzionale debba essere sol-
Un., 7 febbraio 1953, n. 313, Foro it., 1953, I, 322; v. anche Cass., 24 giugno
1942, n. 1779, id., Rep., 1942, voce Appello Civile n. 261; 15 marzo 1949,
n. 559, id., Rep. 1949, voce cit., n. 289). Peraltro, il vizio di costituzione delle
Sezioni specializzate agrarie, per l'accertata incostituzionalit delle norme
sulla loro composizione, stato dalla C.S. assimilato quoad effectus al .,
..:
difetto non assoluto di giurisdizione (in ordine alla tendenza. della Corte
di Cassazione ad allargare il concetto di vizio di giurisdizione attraendovi
i casi di irregolare costituzione del giudice v. CALAMANDREI e FURNO, voce
Cassazione Civile, in Novissimo Digesto Italiano, vol. II, Torino 1958, 1071 e
seg.) ed inquadrato nella previsione dell'art. 158 c.p.c., ossia considerato
causa, non gi. addirittura di inesistenza della sentenza (che non soggiacerebbe
ad alcuna preclusione e potrebbe essere fatta valere anche
fuori del processo, mediante azione di accertamento negativo o
in sede di opposizione all'esecuzione), ma di nullit c.d. insanabile,
ossia rilevabile d'ufficio anche nei giudizi d'impugnazione eventualmente
proposti per altri motivi, purch i giudizi stessi siano stati tempestivamente
e ritualmente instaurati (ch, altrimenti, a differenza dell'ine
sistenza, la nullit di cui trattasi sarebbe pur sempre sanata dal giudicato:
cfr. Cass., Sez. Un., 22 giugno 1963, n. 1707, Foro it., 1963, I, c. 1360).
A questa giurisprudenza, per l'appunto, si adegua la sentenza in rassegna.
In senso contrario stato gi rilevato in dottrina che la partecipazione
ai giudizi in materia di controversie agrarie degli esperti estranei
all'Ordine giudiziario, che la Corte Costituzionale ha ritenuto illegittima,
cagiona un vizio relativo alla costituzione del giudice: che, pur essen,do
insanabile e rilevabile d'ufficio, pu esser fatto valere soltanto nei
limiti e con le modalit dell'appello e del ricorso per cassazione (art. 158,
161 c.p.c.) : cos l'ANDRIOLI. (Effetti della incostituzionalit delle Sezioni
Agrarie, in Giur. Cast. 1962, 1342). Al citato studio si rimanda per un utile '
excursus sulle vicende del contenzioso agrario e per la conoscenza della
portata delle sentenze 20 dicembre 1962, n. 108 e 12 febbraio 1963, n. 5 .
.
della Corte Costituzionale (rispettivamente, in Giur. Cost., 1962, 1451 e .
seg. e Id., 1963, 47 e seg.). Sulla problematica processuale del diritto agra,
.
rio, in generale, si veda CAPPELLETTI, Il problema processuale del diritto
agrario alla luce delle tendenze pianificatrici delle costituzioni moderne,
Riv. dir. proc., 1963, 550 e seg.
'FRANCO CARUSI
-~
-1:.
IJ.
......_11
:\n;Titi.rwW.;Lj!lfr-=wrxswff.~@r~Ifr&f.&f.t-==:r2Fmw;.rrrr-*smwiwiJ
y/,:::::: .:X.L . , Y/.. Yh,::;:~%,.,,...,Jl.BI,,....fil.L. h.-x-Jf..L. ,, , ._./;,._;,:,,.,....,,.,..Y,, . ;,:.,J~l
83
PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE
levata, in via incidentale, nel corso di un giudizio, porta a ritenere
che la eventuale decisione operi per il giudizio in cui
stata sollevata, ancorch relativo ad un rapporto precostituito.
La stessa portata di ordine generale e di efficacia erga omnes
della pronuncia di incostituzionalit importa che i suoi effetti
si verifichino sia rispetto al processo in cui la questione fu
sollevata che in altri processi. N pu essere trascurato di considerare
il disposto dell'art. 30, III comma, della I. n. 87 del
1953, il quale vieta tassativamente l'applicazione delle norme incostituzionali
a partire dal giorno successivo alla pubblicazione
della decisione della Corte Costituzionale ed applicabile anche
nei giudizi relativi a fatti o rapporti anteriori a quella decisione.
Ritiene, per, la Corte che il principio della retroattivit
incontri dei limHi per la interferenza di altre norme nella disciplina
della fattispecie concreta, e che pertanto la pronuncia della
illegittimit costituzionale non abbia effetto per quelle situazioni
giuridiche ormai esaurite, consolidate ed intangibili, e
cio o per la preclusione nascente da giudicato civile, o per effetto
di atti amministrativi, che abbiano esaurito i loro effetti, o
in dipendenza di atti negoziali o di altri atti o fatti, che siano
rilevanti sul piano sostanziale o processuale, nonostante la inefficacia
della norma incostituzionale.
Fuori di questi casi, la pronuncia di incostituzionalit spieC"
fl. i rnoi effetti rispetto ad atti o fatti o rapporti anche anteriori.
Ci importa (v. Cass., Sez. Unite, sent. 22 giugno 1963, numero
1707) che il giudice debba tener conto della pronuncia di
illegittimit costituzionale sia nel procedimento di primo grado,
che nel procedimento di impugnazione, sia relativamente alle
questioni prospettate dalle parti, sia rispetto a quelle rilevanti
d'ufficio, come quella in esame.
La accertata illegittimit costituzionale delle norme sulla
composizione delle Sezioni specializzate in controversie agrarie
si traduce, dal punto di vista funzionale, in un vizio del procedimento,
che si concreta nella carenza della legittimazione del
giudice all'esercizio della potestas decidendi, pur nei limiti
fissati dalle norme sulla ripartizione della giurisdizione e della
competenza, assimilabile, quoad effectus, al difetto non assoluto
di giurisdizione e, a parte obiecti, inquadrabile nella
fattispecie prevista dall'art. 158. cod. proc. civ., trattandosi di
inosservanza di norme, che si riferiscono ai requisiti soggettivi
di idoneit, che deve possedere il giudice per l'esercizio
delle sue funzioni.
84 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO
Trattasi di nullit insanabile, che incide sulla sentenza di
primo grado o su quella di appello e si riflette su tutte le statuizioni
di merito, poich rispetto ad esse non si verificano gli effetti
del giudicato.
Tali principi trovano applicazione anche in tema di regolamento
di competenza, di cui nella specie si tratta, dovendo, anche
in tal caso, questa Corte rilevare la nullit dipendente dal
difetto dei requisiti soggettivi del giudice.
In conseguenza, la causa dev'essere rimessa al Giudice di
primo grado, in applicazione del principio, pi volte ribadito
da questa Corte, secondo cui il rinvio al giudice di primo grado,
prescritto dall'art. 354 c.p.c. con riferimento all'ipotesi contemplata
dall'art. 161, secondo comma, stesso codice, va disposto
anche nella ipotesi in cui la sentenza di primo grado sia .<
nulla, ai sensi dell'art. 158, per difetto di costituzfone del giu
~
dice, trattandosi appunto di nullit insanabile.
I ~
La dichiarata nullit della sentenza impugnata preclude a
questa Corte l'esame del regolamento di competenza, poich la
decisione della questione di competenza, prospettata col regolamento,
spetta ex novo al giudie di primo grado cui }a causa
va rinviata.
I,.
Il giudice di rinvio la Sezione specializzata per le con.
troversie in materia di contratti agrari, ricostituita a norma della '
I
,
I
I. 2 marzo 1963, n. 320, presso il Tribunale di Palmi. -(Omissis).
I ' .
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 9 ottobre 1963, n. 2683 -
Pres. Torrente -Est. Stella Richter -P. M. Pedace
I
(conf.). Ente Colonizzazione Maremma Tosco Laziale c. Ministero
Agricoltura e Foreste c. Ricci.
Corte costituzionale -Decisioni dei giudizi incidentali di legittimit
costituzionale -Natura ed effetti nei giudizi principali ed erga
omnes.
(Cost., art:t. 134, comma primo, 136, comma primo; 1. cost. 9 febbraio
1948 n. 1, art. 1; 1. 11 marzo 1953 n. 87, artt. 23, 27 e 30,
comma 3).
Costituzione della Repubblica -Obbligatoriet delle norme incostituzionali
prima (dell'efficacia) della pronuncia della Corte costituzionale
(Cost., arg. art. 136, comma primo).
85
PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE
Riforma fondiaria -Dichiarazione di illegittimit costituzionale di
leggi delegate di espropriazione -Conseguenze -Azione di risar
cimento -. Legittimazione passiva.
(Cost. artt. 76, 77 e 136, comma 1; 1. 21 ottobre 1950, n. 841,
art. 4; 1. 15 marzo 1956 n. 156; d.P.R. 29 novembre 1952 n. 2717;
1. 11 marzo 1953 n. 87, art. 30, comma 3; I. 20 marzo 1865,
n. 2248, all. E, art. 4).
Nei giudizi ncidentali di legittimit costituzionale la sentenza
di accoglimento della Corte Costituzionale accerta e dichiara
il contrasto tra la norma ordinaria ed il precetto costituzionale.
La pronuncia opera nel giudizio a quo come una decisione
giurisdizionale e quindi vincola il giudice con l'efficacia di un
giudicato. Qusto effetto si produce sia per le sentenze di accoglimento
che per quelle di rigetto. Per le prime l'effetto viene
esteso erga omnes a norma dell'art. 136 Cost., il quale deve essere
interpretato, come indicato dall'art. 30, comma terzo, l.
11 marzo 1953, n. 87, nel senso che dal giorno successivo alla
pubblicazione della sentenza della Corte Costituzicnale la norma
dichiarata incostituzionale non pu avere pi applicazione
ai rapporti anteriori, purch non esauriti (1).
Sia le autorit amministrative sia, almeno in via di regola,
i privati sono tenuti ad osservare la norma di legge incostitu
(1) v. Cass., Sez. Un., 22 giugno 1963, n. 1705 e 1706, Foro it., 1963, I,
c. 1366 e seg. -v. anche Cass., 3 ottobre 1963, n, 2620, in questa Rassegna,
1964, 78, ed ivi nota.
Sull'efficacia delle pronuncie di rigetto della Corte Costituzionale v.
Cass., Sez. Un., 22 gennaio 1958, n. 147, Giust. Civ., 1958, I, 1093 e seg. ed
ivi nota di riferimenti; 18 aprile 1962, n. 770, Id., 1962, III, 253. Sulla
mancanza di autonomia dell'oggetto del processo costituzionale incidentale,
ch' giudicato dalla Corte unicamente nella sua qualit di premessa
logica per la decisione del caso concreto, v. LIEBMAN, Contenuto
ed efficacia delle decisioni della Corte Costituzionale, Riv, dir. proc., 1957,
521; v. anche Corte Cost., 25 maggio 1957, n. 59, Giur. Cost., 1957, 676 e
segg., ove si sottolinea (683) che la pronuncia della Corte costituisce la
premessa maggiore del sillogismo giudiziale. .
La tesi del LIEBMAN (v. anche ANDRIOLI, Profili processuali del controllo
giurisdizionale delle leggi, Riv. di dir. pubbl., 1950, I, 35 e segg.;
GARBAGNATI, Sull'efficacia delle decisioni della Corte Costituzionale, in
Scritti giuridici in onore di F. Carnelutti, voi. IV, Padova 1950, 196 e
segg., 210) stata ritenuta dal CARNELUTTI (Una pezza all'art. 136 della
Costituzione?, Riv. dir. proc., 1958, 243) l'unica idonea a superare fondamentali
difficolt esegetiche e pratiche. Lo JAEGER (Sui limiti di efficacia
delle decisioni della Corte Costituzionale, Riv. dir. proc., 1958, 369, nota
1) ne ha riconosciuto la rigorosit di impostazione sul piano processua
86 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO
zionale, finch non divenga operativa la pronuncia di accoglimento
della Corte Costituzionale (2).
Per effetto della dichiarazione di incostituzionalit di una
legge delegata di espropriazione per l'attuazione della riforma
fondiaria l'Ente di Riforma e non gi lo Stato legittimato a
risponde:re della illegittima espropriazione ed a prescindere
dalla colposit del suo comportamento va condannato al risarcimento
del danno a favore del privato, consistente, in difetto
di restituzione dell'immobile, nel valore attuale di esso, nonch
nell'eventuale deprezzamento dei beni contigui non espropriati
ed, infine, nella perdita dei frutti percepiti e percipiendi
con l'ordinaria diligenza dopo la domanda giudiziale (3).
listico (ossia in quanto la pronuncia della Corte Costituzionale sia considerata
come atto di esercizio di funzione giurisdizionale vera e propria),
ammettendo la peculiare diversit della c.d. pregiudiziale costituzionale
dalle altre proponibili in via autonoma e convenendo che la Corte
'Costituzionale la esamina come semplice premessa logica della controversia
concreta. Questo risultato si coglie con maggiore evidenza (e la
stessa Corte Costituzionale lo ha fatto, con la pronuncia 25 maggio 1957,
n. 59 sopracitata), allorch il giudizio di costituzionalit riguardi -delle
leggi-provvedimento, come quelle delegate di espropriazione _per l'attuazione
della riforma fondiaria. Posta l'inesistenza di destinatari della
norma provvedimento diversi dalle parti del giudizio a quo (ANDRIOLI,
Note sulle sentenze della Corte Costituzionale in tema di riforma
fondaria, Giur. cast., 1959, 643), apparir sottolineata l'estraneit alla
funzione giurisdizionale propria della Corte dell'effetto erga omnes
ex art. 136 Cost. ed anche se a proposito di esso dovr parlarsi di una
ulteriore funzione indiretta ed eventuale del processo costituzionale, non
per questo l'interprete scrupoloso de lege lata potr disconoscere (come
ha fatto ad es. il Tribunale di Napoli nella sentenza 7 settembre 1962,
Giur. it., 1963, I, 2, c. 204 e seg.) che quel processo rappresenti naturalmente
una fase del giudizio a quo.
(2) Sulla seconda massima si vedano Cass., Sez. Unite, 22 giugno 1963,
n. 1705 e 1706 citate sub. (1), ove si legge (Foro it., 1963, I, c. 1370) che
la norma incostituzionale, prima della pronuncia di incostituzionalit
obbligatoria e deve essere osservata come legge. Ma, invece, in senso
contrario, pu vedersi, delle stesse Sezioni Unite, la sentenza 22 giugno
1963, n. 1707, ove si accoglie (Foro it., 1963, I, c. 1356--1357), la dottrina
dell'EsPosuo (Il controllo giurisdizionale sulla costituzionalit
delle leggi in Italia, in La Costituzione Italiana, Saggi, Padova 1954,
27'0; v. anche dello stesso A., Illegittimit costituzionale e abrogazione,
Giur. Cast., 1958, 831), secondo cui la legge incostituzionale sarebbe
nulla e non obbligatoria per i subditi, ma solo esecutoria per le
autorit esecutive e giurisdizionali, e si parla, tuttavia, di annullamento
(per la critica della dottrina dell' ESPOSITO v. PIERANDREI, Corte Costituzionale,
in Enciclopedia del diritto, voi. X, Milano 1962, 972).
(3) Per l'inapplicabilit dell'istituto della retrocessione v. MORTATI,
Sull'efficacia delle decisioni di accoglimento in materia di riforma fondia
PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE
87
(Omissis). -Deve preliminarmente disporsi la riunione del
ricorso principale e di quello incidentale condizionato, che sono
iscritti sotto distinti numeri di ruolo.
Devono esaminarsi, poi, il primo e il secondo motivo del ricorso
principale, intimamente connessi tra loro.
Con il primo, denunciandosi la violazione e la falsa applicazione
degli artt. 136 della Costituzione e 30 della 1. 11 mar-
ria, Giur. Cast;, 1957, 735 e seg.). Interessanti considerazioni sull'inquadramento
della pretesa del proprietario, nei confronti del quale fu emanato
il decreto presidenziale di scorporo oggetto della questione di costituzionalit
in ANDRIOLI, Note sulle sentenze della Corte Costituzionale in
tema di riforma fondiaria cit., 635 e segg.
(1-3) Sugli effetti della dichiarazione di incostituzionalit di decreti
di scorporo per l'esecuzione della riforma fondiaria.
I -La sentenza in rassegna, che si adegua a Cass., Sez. Un., 22 giugno
1963, n. 1705 e 1706 sopracitate, bene 'riconferma che la pronuncia
della Corte Costituzionale, come decisione giurisdizionale, opera nel giudizio
a quo. e precisa che potest della Corte quella di accertare il
contrasto tra la norma ordinaria e il precetto costituzionale, realizzando
cos il presupposto cui conseguono in virt della Costituzione det~rminati
effetti . Non sembra, per, esatto attribuire alla pronuncia della
Corte natura di un annullamento . In proposito si sono svolte gi
brevi considerazioni in nota a Cass. 3 ottobre 1963, n. 2620, in questa Rassegna
1964, 79 e segg. Sembra il caso di ribadire il concetto che l'invalidit,
come negazione del valore giuridico di un atto, sempre di diritto positivo
e non mera categoria logica. Questo pacifico in dottrina per l'annullabilit.
La dottrina amministrativistica fonda sull'attribuzione del potere ex
articoli 26 e 45 I. org. sul Consiglio di Stato la invalidit dell'atto amministrativo
illegittimo e parla di illegittimit legale per spiegare, in forma
icastica, che l'invalidit diventa positiva annullabilit solo in quanto assuma
la veste particolare propria delle tre figure enumerate dal cit. art. 26
T.U. 26 giugno 1924, n. 1054 (cfr. ALESSI, Sistema istituzionale del diritto
amministrativo italiano, Milano 1953, 303). Ora, poich nessuna sanzione
di invalidit dell'atto legislativo incostituzionale si trova comminata nel
nostro ordinamento, per stabilire la condizione di quell'atto -non resta
che considerare il potere di cui esso munisce l'organo di controllo (cfr.
PIERANDREI, voce Corte Costituzionale in Enciclopedia del diritto, voi. X,
Milano 1962, 971); e, se questo potere limitato all'accertamento del
rapporto di conformit o disformit dell'atto legislativo alle norme superiori,
da cui deriva la perdita di efficacia delle norme inferiori riconosciute
e dichiarate difformi, non sembra che ci autorizzi a fare della
giurisdizione costituzionale una giuriSdizione di annullamento degli atti
del Legislatore, quando chiaro, peraltro, che il processo costituzionale
incidentale ricalca i limiti soggettivi di quello incidentato e non pu avere
altro obietto che quello ricavato dal processo principale, come una parte
dall'intero (e la conclusione valida anche per i giudizi in via principale
ex art. 2 I. cost., n. 1 del 1948: cfr. GARGIULO, Gli effetti delle pronunce
RASEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO
88
zo 1953, n. 87, nonch degli artt. 73 e 87 della Costituzione,
10, 12 e 15 delle preleggi, in relazione all'art. 360 n. 3 e
5 c.p.c., si lamenta che la Corte di appello abbia attribuito
efficacia retroattiva alla pronuncia della Corte Costituzionale,
che ha dichiarato l'illegittimit costituzionale del decreto presidenziale
quale avente forza di legge, nella parte in cui ha disposto
lespropriazione dei terreni del Ricci in misura superiore
emesse dalla Corte Costituzionale su questioni di legittimit costituzionale
sollevate in via principale, La Corte Costituzionale, Raccolta di Studi
a cura dell'Avvocatura dello Stato, Roma, 1957, 264; v. anche SANDULLI,
Sulla discriminazion delle competenze tra Corte Costituzionale e Alta
Corte per la Regione Siciliana, Foro it., 1956, IV, c. 50 e seg., nota 3). La
retroattivit delle pronunzie della Corte Costituzionale nei giudizi di cui
trattasi si spiega non gi come conseguenza dell'annullamento dell'atto
legislativo, ma deriva dal fatto che quelle pronunce sono positivamente
preordinate ad operare nei giudizi incidentati. Essa fondata, insomma,
sull'art. 1 I. cost., n. 1 del 1948 (cfr. PIERANDREI, voce Corte Costituzionale
cit., Encicl. del Diritto, vol.-x cit., 971). E quella che si voglia attribuire
all'effetto erga omnes ex art. 136 Cost. -sul rilievo che l'inapplicabilit
della norma dichiarata incostituzionale non pu non riferirsi anche ai
rapporti sorti anteriormente, poich proprio in relazione ad uno di essi
che viene sollevata la questione e la pronuncia di illegittimit costituzionale
deve spiegare la sua efficacia giurisdizionale -nel tener conto
del dettato dell'art. 30, comma terzo, 1. n. 87 del 1953, come ha fatto la
sentenza in rassegna, non pare possa configurarsi prescindendo dall'autorevole
rilievo che non si pu interpretare la Costituzione secondo la
legge ordinaria, ma si deve interpretare quest'ultima secondo la Costituzionale.
Non la formula della disapplicazione che pu chiarire il significato
della perdita di efficacia, ma, viceversa, questa formula determina
il valore di quella (CARNELUTTI, Una pezza all'art. 136 della Costituzione?
Riv. dir. proc., 1958, 241; cfr. JAEGER, Sui limiti di efficacia delle decisioni
della Corte Costituzionale, Ibidem, 371, nota 1: le norme ordinarie ...
debbono essere interpretate in senso compatibile con i principi di questa
[Costituzione] , Il rilievo vale anche, ad es., per l'interpretazione dell'art. 22
del Regolamento interno della Corte Costituzionale, che non sempre
stato inteso in armonia con gli artt. 1 I. cost., n. 1 del 1948 e I. cost., 11
marzo 1953, n. 1). Si ricordi, infine, che il concetto di disapplicazione, come
elaborato dalla dottrina amministrativista, riguarda soltanto gli
effetti dell'atto e non anche l'atto (CANNADA-BARTOLI, L'inapplicabilit
degli atti amministrativi, Milano 1950, 163.
L'art. 136 della Cost., in ogni caso, nel prevedere che la norma in
costituzionale perda efficacia dopo la pubblicazione della decisione della
Corte e la vacatio prevista dall'articolo medesimo, sembra chiaramente
presupporre che, anteriormente alla decisione, la norma stessa abbia pro
dotto degli effetti che vanno rispettati. La sentenza in rassegna ha rico
nosciuto questo limite, parlando ancora una volta (v., infatti, Cass., Sez.
Un., 22 giugno 1963, n. 1707, Foro it., 1963, I, c. 1359) di situazioni esaurite.
Ma pu dirsi problema tuttora aperto quello di una sicura determina
zione di tale concetto (cfr. PIERANDREI, Corte Costituzionale cit., 973 e seg.
ed ivi bibliografia), alla soluzione del quale la sentenza annotata reca il
89
PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE
a quella consentita ai sensi dell'art. 4 della 1. 21 ottobre 1950,
n. 841.
Si sostiene che, se la norma dichiarata costituzionalmente
illegittima cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione
della decisione (art. 136 Costituzione) e non pu avere
applicazione dalla stessa data (art. 30 della 1. 11 marzo 1953,
n. 87), la pronuncia di illegittimit costituzionale pu operare
contributo di una significativa allusione ad atti e rapporti precostituiti ,
in relazione ai quali si siano determinate situazioni giuridiche consolidate
ed intangibili e come tali insuscettibili di essere rimosse o diversamente
regolate attraverso una statuizione che prescinda dalla norma
dichiarata incostituzionale.
II -A proposito degli effetti della dichiarazione di incostituzionalit di
decreti di scorporo, il Consiglio di Stato (Sez. IV, 22 marzo 1961, n.. 198, in
Il Consiglio di Stato, 1961, I, 487 e seg.) ha affermato che la reintegrazione
in forma specifica costituisce il contenuto di un obbligo giuridico
incombente sugli enti di riforma: l'adempimento di siffatto obbligo sarebbe
affidato alla stessa Amministrazione e, in sostituzione o surrogazione
di essa e nel presupposto della sua inerzia, allo stesso Consiglio
di Stato, con le modalit e nei limiti di cui all'art. 27, n. 4 del T.U. 26
giugno 1924, n. 1054. Esattamente la sentenza annotata ha chiarito esplicitamente
il punto relativo alla legittimazione passiva all'azione di risarcimento,
escludendo quella dello Stato ed affermando quella dell'ente di
riforma, poich non dalla corresponsione dell'indennit, ma dalla illegittima
espropriazione in favore dell'ente consegue l'obbligo della restituzione
del bene o del risarcimento del danno . Il richiamo del primo
comma dell'art. 4 l. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, per fondare l'obbligo
di tale risarcimento, a prescindere da qualsiasi colpa, esclusivamente
sulla illegittimit del provvedimento di scorporo dichiarata dalla Corte
Costituzionale, non pu, tuttavia, non lasciare perplessi, se vero che
qui non si tratta di un atto amministrativo, n soggettivamente, n oggettivamente,
ma legislativo (cfr. Cass., Sez. Un., 15 gennaio 1953, n. 107 e
108, Foro it., 1953, I, c. 173) e precisamente di un atto avente forza di
legge e natura politica (GUARINO, Profili costituzionali, ecc., Foro it., 1952,
IV, 82 e 92), al quale, perci, non pu applicarsi quella norma, che prevede
la potest del G.0. di conoscere, in relazione all'oggetto dedotto in
giudizio, degli effetti di un atto dell'autorit amministrativa, che si
assuma lesivo di un diritto subiettivo (cfr. Trib. Rovigo, 20 ottobre 1955,
Foro Pad., 1956, IV, 7; Trib. Locri, 30 luglio 1955, Giur. Compl. Cass. Civ.,
1955, VI, 583; App. Catanzaro, 12 maggio 1955, Foro it., 1956, I, 258).
D'altra parte, se si voglia aver riguardo, invece, all'attivit amministrativa
posta in essere dall'ente espropriante (sull'appartenenza degli
Enti di Riforma alla P.A. v. Trib. Grosseto, 1 luglio 1954, cit. da ASTUTI,
Giur. Cast., 1958, 691; v. anche, sulla natura pubblicistica di tali enti,
Cass. Sez. Un., 17 maggio 1958, n. 1607, Giur. Cast., 1958, 676), per eseguire
l'ordine, contenuto nel decreto di scorporo, di procedere alla immediata
occupazione dei terreni indicati, ai fini dell'ulteriore attivit istituzionale
di trasformazione, miglioramento, appoderamento o quotizzazione ed
assegnazione delle terre, sembra difficile considerarla ex post attivit
illegittima, poich in ordine alla validit dell'atto occorre aver riguardo
90
RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO
solo ex nun e non ex tunc. Si soggiunge che la irretroattivit
tanto pi si impone, quando si tratti, come nella specie, non
gi di una legge-norma, ossia di un comando generale ed astratto,
rispetto al quale la disapplicazione anche per fatti anteriori
alla pronuncia di illegittimit costituzionale potrebbe affermarsi
in modo analogo a quello proprio del cos detto ius superveniens,
bens di una legge-provvedimento, e cio di un atto il
alle norme vigenti al momento della sua emanazione (SANDULLI, Manuale
di diritto amministrativo, Napoli 1955, 254) e poich, si gi visto,
nulla autorizza l'interprete fedele del diritto positivo a concepire una
invalidazione successiva, ossia una eliminazione dello stesso atto legi
stativo, fonte della norma attributiva del potere-dovere di compiere tale
attivit (cfr. ROMANO, Osservazioni sulla invalidit successiva degli atti
amministrativi, in Scritti minori, vol. II, Milano 1950, 337. Per la critica
del concetto di invalidit successiva introdotto dal ROMANO v. ROMANELLI,
Sulla c.d. invalidit successiva degli atti amministrativi, in Scritti giuridici
per il centenario della Casa editrice Jovene, Napoli 1954, 381 e
segg.), visto che de jure condito la conseguenza della illegittimit costituzionale
di quell'atto soltanto la perdita di efficacia (si vedano le pertinenti
considerazioni dello ScoGNAMIGLIO, Contributo alla teoria del ne
gozio giuridico, Napoli 1950, 401, ed anche 371 e segg.). Al mome;nto
di disporre e far eseguire l'occupazione (intimazione all'espropriato e formale
presa di possesso) l'ente aveva, certo, il potere di compiere tali atti,
non avendo senso negare il potere ed affermare contemporaneamnte il
dovere di adempiere al precetto legale, n potendo configurarsi una ca
ducazione dell'atto, se non a patto di ritenere che quel requisito dovesse
permanere anche dopo la sua emanazione, ossia... quando il pote:re era
stato gi esercitato, ovvero di riscontrare in esso la mancanza di un
nuovo requisito retroattivamente richiesto (di esercizio di un potere
viziato per riflesso del vizio di costituzionalit, che inficia la norma
attributiva parla il Consiglio di Stato, nella decisione dell'Adunanza
Plenaria 8 aprile 1963, n. 8, riportata, con nota del LA VALLE, in Giur.
it., 1'964, III, 67 e segg., ammettendo, per, che la dichiarazione d'illegittimit,
costituzionale si estende ai fatti interiori, salvo il limite...
degli effetti prodottisi in modo definitivo . La tesi dell'annotatore della
decisione che l'attribuzione del potere deve considerarsi, al sopravvenire
della caducazione della norma, come non avvenuta postula che l'eff.
cacia della norma poscia dichiarata incostituzionale possa e debba cancellarsi
dalla scena giuridica, concezione radicale ed eccessiva, in contrasto
col positivo dettato dell'art. 136 Cost.).
Deve, anzi, soggiungersi che, intervenuta l'assegnazione delle terre
occupate, quegli atti avrebbero ormai esaurito i loro effetti, subentrando
alla fase esecutiva del provvedimento di scorporo quella, distinta e di
versa (cfr. PACE, Espropri incostituzionali: restituzioni e responsabilit
civili della Pubblica amministrazione per l'applicazione di leggi illegitti
me, Giur. Cast., 1962, 1235), della redistribuzione delle terre tra i conta
dini. Epper, secondo l'insegnamento delle Sezioni Unite della Corte
di Cassazione, la c.d. retroattivit della pronuncia di incostituzionalit
del decreto di scorporo dovrebbe rispettare la legittimit di una situazione
ormai consolidata per effetto di atti amministrativi che abbia
PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE
91
cui contenuto normativo costituito da un comando particolare
e concreto, quale il trasferimento della propi"iet da un soggetto
ad un altro. Si conclude che il decreto legislativo in oggetto
ha cessato di avere efficacia dal giorno s-ucessivo alla
pubblicazione della sentenza della Corte Costituzionale e, quindi,
solo da tale data deve essere disapplicato dal giudice.
Con il secondo motivo di ricorso si censura la sentenza im
no esaurito i loro effetti (Cass., Sez. Un., 22 giugno 1963, n. 1707, Foro
it., 1963, I, c. 1359). Per venire, infine, a parlare dell'assegnazione, proprio
il suo carattere di atto distinto dall'esecuzione del provvedimento
di scorporo, avente autonoma e diversa funzione, dovrebbe costituire ulteriore
argomento per dimostrare l'intangibilit delle situazioni fondate
su quel provvedimento, il quale non pu essere ridotto, peraltro, ad un
mero componente della fattispecie prduttiva dell'acquisto (differito) del
diritto di propriet in capo al contadino, come si fa da chi (PACE, op. cit.,
1237) ne vorrebbe inficiata la portata, contro lo stesso disposto dell'art. 4
I. n. 2248 all. E, dalla eventuale, tempestiva trascrizione della domanda
giudiziale di restituzione proposta dal proprietario espropriato, dimentico
in tal modo che esso persegue autonome finalit di interesse pubblico
(stabilimento di equi rapporti sociali e razionale sfruttamento delle terre,
cfr. art. 44 Cost.), che trascendono la mera funzione traslativa del bene
(cfr. ANDRIOLI, Note sull'assegnazione di terre per l'attuazione della riforma
fondiaria, Dir. e Giur., 1955, 7; v. anche Cass., 19 giugno 1957, Foro it., 1957,
I, 1170; Cons. Stato, Sez. V, 25 ottobre 1957, n. 869, Il Consiglio di Stato,
1957, 1279).
Se sono esatti i rilievi svolti anche sub I, la retroattivit della pronuncia
dichiarativa della incostituzionalit di un provvedimento di scorporo,
da non confondere con una pro,nuncia di annullamento (perch, si
ripete, nessun potere del genere il legislatore costituzionale ha attribuito
all'Organo di controllo, cos come ad es. !"ordinamento ha attribuito al
1Consiglio di Stato, per gli atti amministrativi viziati da incompetenza,
eccesso di potere e violazione di legge, con i ricordati artt. 26 e 45 T.V.
26 giugno 1924, n. 1054), lasciando intatt la legittimit' di atti amministrativi
ormai definitivi non potrebbe inficiare la validit dell'atto di assegnazione
(le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, nella gi ricordata
sentenza 22 giugno 1963, n. 1706, Foro it., 1963, I, c. 1366 e segg., parlano,
ibid., c. 1373, di perdita della propriet dei terreni come conseguenza
dell'assegnazione dei terreni ai contadini ), ma dovrebbe comportare unicamente
l'obbligo dell'Ente -e non, certo, dello Stato, trattandosi di
conseguenza di attivit del primo -di corrispondere al proprietario espropriato
il valore venale del bene al momento dell'assegnazione (al quale proposito
da avvertire che non manca chi sostiene l'applicazione alla specie
dell'art. 2038 e.e.: cfr. ASTUTI, Memoria difensiva dell'Ente Maremma, in
Giur. Cast., 1958, 692. Per un caso di applicazione di tale norma, v. Cass.,
4 ottobre 1957, n. 3605, Foro it., Rep. 1957, voce Israeliti, c. 1328, n. 6).
Di un comportamento illecito dell'Ente, nei confronti dell'e~propriato,
potrebbe, insomma, parlarsi soltanto con decorrenza ex nunc dalla
pronuncia della Corte Costituzionale (sulla inammissibilit del concetto di
un comportamento retroattivamente colposo v. LA VALLE, La rilevanza
nel giudizio amministrativo della incostituzionalit delle leggi, Giur. it.,
EASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO
92
pugnata per violazione dell'art. 136 della Costituzione, 100 cod.
proc. civ., in relazione agli artt. 8 della I. 12 maggio 1950, n. 230,
18 della I. 21 ottobre 1950 n. 841, alle disposizioni del d. m.
28 giugno 1951 e delle I. 1 marzo 1953, n. 224 e 15 marzo 1956,
n. 156, nonch per violazione dell'art. 2043, cod. civ., e 4 I. 20
marzo 1865, n. 2248, ali. E, in relazione all'art. 360 n. 3 e 5
cod. proc. civ.
La complessa doglianza riguarda: a) la ritenuta legittimazione
passiva dell'Ente Maremma, mentre legittimato passivo
per tutte le questioni di indennizzo il Ministero dell'Agricoltura
e Foreste; b) la ritenuta responsabilit dello stesso ente,
non solo per il pagamento di un indennizzo pari al valore venale
dei terreni espropriati in eccesso, ma anche per il risarci.=:.
mento di tutti gli altri danni subiti dal Ricci, a far tempo dal
giorno dell'occupazione; c) la effettuata condanna al risarcimento
senza il preventivo accertamento della sussistenza della
espropriazione in eccesso e quindi del danno, e senza comunque
la concessione della facolt alternativa di restituzione dei terreni
in luogo del pagamento del loro valore.
A sostegno di queste censure si sostiene che il provvedimento
espropriativo era pienamente efficace e non meramente
esecutivo fino alla pronuncia di incostituzionalit; che in conseguenza
non pu parlarsi di un'occupazione illegittima ab ori
1964, III, 69) e con riguardo alla lesione del diritto, non gi alla
restituzione del bene, ma al pagamento del suo equivalente economico,
all'atto dell'accennato fenomeno di conversione necessaria (su cui vedasi
cenno in Trib. Bari, 17 marzo 1959, Giur. Cost., 1962, 1236). Queste
notazioni, che non pretendono di esaurire l'arduo problema, sembrano
accordarsi anche con la tesi di chi, parlando di legge incostituzionale
esecutoria, pur se nu,lla e quindi non obbligatoria (ma
come potrebbe una legge essere esecutoria per le Pubbliche Autorit,
se non fosse anche obbligatoria per i subditi?), afferma coerentemente
che la legge incostituzionale anche dopo la dichiarazione di illegittimit
costituzionale conserva ... il carattere di legge esecutoria per
il periodo in cui essa non era stata ancora dichiarata illegittima: e perci
ne resta esclusa ogni responsabilit delle Autorit amministrative o
dello Stato amministratore [o dell'Ente Pubblico] che vi abbia dato esecuzione
(ESPOSITO, Il controllo giurisdizionale, ecc.; cit., L.a Costituzione
Italiana, Saggi, Padova 1954, 271; nel senso della irresponsabilit dei pubblici
funzionari e della responsabilit della P.A. v. PALADIN, Cenni sul sistema
delle responsabilit civili per l'applicazione di leggi incostituzionali,
Giur. Cost., 1960, 1029 e segg., il quale -ivi, 1032 -prospetta una
impugnativa degli atti esecutivi della legge incostituzionale ed una
chiamata in causa della pubblica amministrazione, che pure poteva non
avere nessuna alternativa di comportamento >>, come l'indispensabile
espediente ( ?) per far rispondere il legislatore ).
FRANCO CARUSI
PARTE I, SEZ, III, GIURISPRUDENZA CIVILE
93
gine, n equipararsi la dichiarazione di illegittimit costitunale
del decreto legislativo all'annullamento di un decreto prefettizio
di espropriazione; che nessuna responsabilit addebitabile
all'ente, ma solo il Ministero dell'Agricoltura e Foreste,
quale organo dello Stato cui spetta di corrispondere l'indennit
di espropriazione, tenuto al pagamento dell'indenniz~o e
di altri eventuali danni, a far tempo dalla data di pubblicazione
della sentenza della Corte Costituzionale.
Le questioni prospettate hanno gi formato oggetto di esame
da parte di questo Supremo Collegio a Sezioni Unite, nelle
cause tra lo stesso Ente Maremma, Settimio Sacchini e la Societ
Il solco , decise il 14 marzo 1963.
La Sezione semplice ritiene di dover seguire gli stessi criteri,
tenendo conto anche della successiva pronuncia delle Sezioni
Unite del 18 aprile 1963, nella causa tra Perrone e il Comune
di Bron, la quale, pur riferendosi ad altro oggetto, concerne
la questione degli effetti della pronuncia di illegittimit
costituzionale di una legge o di un atto avente forza di legge.
L'art. 136 della Costituzione, secondo il quale la norma dichiarata
incostituzionale cessa di avere efficacia dal giorno
successivo alla pubblicazione della sentenza della Corte Costituzionale,
deve essere interpretato nel senso indicato dallo
art. 30, comma 3, della 1. 11 marzo 1953, n. 87, e cio che da
quel momento la norma non pu pi avere applicazione.
Ora che tale disapplicazione non si riferisca solo ai rapporti
futuri, ma anche a quelli passati, si desume dalla legge
costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1. La Costituzione non prevedeva
le condizioni e le forme per la proposizione dei giudizi di
legittimit costituzionale. A ci ha provveduto appunto la detta
legge costituzionale n. 1 del 1948, la quale con l'art. 1 ha introdotto
il giudizio incidentale di legittimit costituzionale, attribuendo
carattere pregiudiziale alla relativa questione. Essa,
come noto, impone al giudice, quando la questione sorga nel
corso di un giudizio e non sia manifestamente infondata, di
rimetterne la decisione alla Corte Costituzionale. E l'art. 23 della
citata 1. 11 marzo 1953, n. 87 aggiunge che il giudizio rimane
sospeso fino alla pronuncia della Corte.
Ci importa che tale pronuncia opera nel giudizio a quo
come una decisione giurisdizionale e quindi vincola il giudice
con l'efficacia di un giudicato; questo effetto si produce sia
per le pronuncie di accoglimento, sia per quelle di rigetto. Per
le prime l'effetto si produce, non solo all'interno, ma anche all'esterno,
e cio erga omnes.
i
I
I
I
I
94
RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO
.jj
Posto c10, l'inapplicabilit della norma dichiarata incostituzionale
non pu non riferirsi anche ai rapporti passati, poich
proprio in relazione ad essi che viene sollevata la questione
e che la pronuncia di illegittimit costituzionale deve
spiegare effetti nel giudizio a quo. E tali effetti non possono
non avere la stessa portata e la stessa estensione rispetto al
processo in cui la questione fu proposta e rispetto ad ogni altro
processo, dato c;he la dichiarazione di illegittimit costituzionale
ha valore erga omnes.
Deve indagarsi, ora, quale sia il carattere della detta dichiarazione.
Indubbiamente esso non abrogativo, in quanto l'abrogazione
disposta dal legislatore per ragioni di mera opportunit
e costituisce una manifestazione tipica di discrezionalit
politica, mentre il fenomeno della perdita di efficacia previsto
dall'art. 136 della Costituzione ontologicamente diverso, coordinandosi
ad una pronuncia che di mera legittimit, giacch
prescinde da qualsiasi valutazione . politico-discrezionale ed
impostata sull'accertamento di una causa preesistente di invalidit
della norma.
Che tale fenomeno non sia assimilabile all'abrogazione
confermato dalla considerazione che la formula dell'art. 136
della Costituzione nettamente diversa da quella dell'art. 75,
che prevede l'abrogazione a seguito di referendum popolare,
mentre conforme a quella dell'art. 77, che riguarda i decreti
legge, non convertiti in legge.
La sentenza di accoglimento della Corte Costituzionale accerta
il contrasto tra la norma ordinaria e il precetto costituzionale
e dichiara tale vizio con efficacia erga omnes. Essa si
inquadra nella categoria dei cos detti accertamenti costitutivi,
perch realizza il presupposto, cui conseguono, in virt della
Costituzione, determinati effetti.
Prima della pronuncia della Corte Costituzionale la norma
non affetta da nullit assoluta o inesistenza, perch, al contrario,
in quanto promana da organi investiti del potere legislativo
ed ha tutti i requisiti che caratterizzano l'essenza della leg'tge,
ha il carattere dell'esecutoriet, nel senso che sia le autorit
amministrative, sia, almeno in via di regola, i privati sono tenuti
ad osservarla.
Essa peraltro affetta da un vizio, che la invalida. Quindi
la pronuncia della Corte Costituzionale, che accerta e dichiara
tale invalidit, ha la natura di un annullamento. Tale annullamento
non pu peraltro equipararsi all'annullamento di un
negozio giuridico, che cancella tutti gli effetti gi prodotti. In
PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE
vero la nozione generale di inefficacia si distingue in specie particolari,
di modo che non possibile estendere i principi propri
di una specie ad un'altra. Mentre l'efficacia provvisoria del negozio
viziato riferibile soltanto alla sfera di autonomia delle
parti che lo posero in essere, quella della norma di legge viziata
riferibile ad una disciplina di interessi eteronomi e vincolante
in forza dell'ordinamento giuridico.
Da queste premesse consegue che la dichiarazione di illegittimit
costituzionale retroattiva, con il limite, peraltro, del
rispetto delle situazioni esaurite. Quando, cio, in relazione agli
atti e rapporti precostituiti, si erano determinate situazioni
giuridiche consolidate ed intangibili, e come tali insuscettibili
di essere . rimosse o diversamente regolate attraverso una sta~
uizione che prescinda dalla norma dichiarata incostituzionale,
come nel caso in cui si sia formato il giudicato, la retroattivit
non pu operare. E non vale distinguere tra legge-norma e
legge-provvedimento, dato che la parziale retroattivit suscettibile
di applicazione rispetto a concreti rapporti non esauriti,
e la possibilit di applicazione deve stabilirsi nei singoli casi.
Altra conseguenza della esecutoriet della norma precedentemente
alla dichiarazione di incostituzionalit quella che non
possa .considerarsi illecito il comportamento dell'amministrazione
o dei privati, imposto dall'obbligo dell'osservanza della
norma medesima, e che quindi non possa configurarsi una responsabilit
per danni causati da fatto illecito. La disapplicazione
per incostituzionalit dell'atto legislativo che ha disposto
una espropriazione importa il diritto alla restituzione del bene
espropriato; ma se del bene stato disposto ai fini pubblici, e
quindi il giudice non pu ordinare tale restituzione, il privato
ha diritto al risarcimento del danno per la mancata restituzione.
E tale danno consiste nell'equivalente economico del bene, vale
a dire nel valore attuale di esso, nonch nell'eventuale deprezzamento
dei beni contigui non espropriati, nonch, infine, nella
perdita del reddito. Quest'ultima, peraltro, deve essere limitata,
fissandosene la decorreni:a dal giorno della domanda : infatti,
non sussistendo una responsabilit per dolo o per colpa, appli
. cabile l'art. 1148 cod. civ., secondo cui il possessore di buona
fede risponde dei frutti percepiti dopo la domanda giudiziale
e di quelli che avrebbe potuto percepire dopo tale data, usando
la diligenza di un buon padre di famiglia.
E' da escludere, invece, la risarcibilit di ogni altro even
tuale danno.
Legittimato passivamente all'azione di risarcimento lo
96 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO
Ente Maremma, al quale i beni furono trasmessi con il provvedimento
di espropriazione, ente che sarebbe in grado di restituirli
e che, in difetto, deve pagare l'equivalente, con gli accessori.
L'organo dello Stato che corrisponde l'indennit non
passivamente legittimato, perch non dalla corresponsione dell'indennit,
ma dalla illegittima espropriazione in favore dello
ente consegue l'obbligo della restituzione del bene o del risarcimento
del danno.
Nella specie, in cui il rapporto non si certamente esaurito,
la retroattivit della pronuncia di illegittimit costituzionale
importa che l'Ente Maremma debba risarcire il danno nei
sensi e nei limiti suindicati.
Per le esposte considerazioni, deve essere respinto il primo
mezzo del ricorso, nonch la censura del secondo sopra indicata
sub a), mentre deve essere accolta quella sub b).
Quanto alla censura sub c), essa. palesemente infondata.
Invero la sussistenza di un'espropriazione in eccesso costituisce
l'indispensabile presupposto di fatto, in base al quale stata
ritenuta rilevante la questione di legittimit costituzionale. Ogni
contestazione in proposito quindi preclusa.
Quanto alla facolt dell'Ente di restituire il terreno anzich
pagarne il valore, basta rilevare che il terreno stesso era
gi stato trasmesso ai contadini, e cio aveva avuta la destinazione
di pubblico interesse per la quale era stato espropriato.
Non vi era ragione, quindi, che il giudice prendesse in considerazione
la possibilit di una restituzione.
Poich il ricorso principale viene respinto nella parte in
cui censura la ritenuta legittimazione passiva dell'Ente Maremm,
deve considerarsi assorbito il ricorso incidentale, che stato
proposto dal Ricci condizionatamente all'accoglimento di
quella censura.
L'accoglimento, sia pure parziale, del secondo motivo del
ricorso principale importa l'assorbimento del terzo motivo dello
stesso ricorso, che concerne la pronuncia sulle spese.
L'accoglimento medesimo importa la cassazione della denunciata
sentenza ed il rinvio della causa ad altro giudice dello
stesso grado per il riesame alla stregua degli enunciati principii
di diritto.
E' opportuno demandare allo stesso giudice di provvedere
anche sulle spese della presente fase del giulizio.
Entrambi i ricorrenti hanno diritto alla restituzione dei
depositi. -(Omissis).
I"
,
I
.
.~
97
PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 29 ottobre 1963, n. 2854 -
Pres. Mastropasqua -Est. Forlenza -P. M. Colli (conf.) -
Torrisi c. Fiorentino.
Procedimento civile -Provvedimenti cl'urgenza -Autonoma impugna
bilit ~ Esclusione.
(c.p.c., artt. 700-702).
J provvedimenti d'urgenza non sono suscettibili di autonoma
impugnazione, poich, avendo carattere strumentale, rimangono
di necessit assorbiti dalla decisione della causa di
merito, della quale seguono la sorte (1).
(1) Sulla inoppugnabilit del provvedimento di reiezione (salva la possibilit
di proporre nuova istanza al giudice, adducendo nuovi elementi
o nuove prove) v. DINI, I provvedimenti d'urgenza, S. Maria C. V., 1950,
77-78.
Sottolinea che la cessazione della misura cautelare consegue non solo
alla decisione di merito, ma anche alla sentenza che chiuda il processo,
negando il potere del giudice di decidere sul merito, il MONTESANO (Sulla
durata dei provvedimenti d'urgenza, Riv. dir. proc., 1956, II, 8), il quale
avverte, per, (ibidem) che, nell'ipotesi di sentenza dichiarativa d'incompetenza,
salvo il caso dell'estinzione del processo con la conseguente
inefficacia del provvedimento d'urgenza, spetter al giudice dichiarato
competente, innanzi al quale il processo prosegue, il potere di revocare
o modificare la gi ottenuta misura cautelare.
Sulla suscettibilit di esecuzione forzata dei provvedimenti urgenti v.
REDENTI, Dir. Proc. Civ., voi. III, Milano 1954, 95 e seg.
In tema di provvedimenti cautelari innominati.
Il principio affermato nella sentenza in rassegna si ricollega a precedente
giurisprudenza della Corte di Cassazione, ove si precisa che, se
l'esistenza del diritto esclusa, il provvedimento d'urgenza viene meno,
se invece l'esistenza del diritto accertata, il provvedimento d'urgenza
sostituito dalla decisione di merito (cfr. Cass. 5 agosto 1960, n. 2299, in
Acque, bonifiche e costruzioni, 1960, 361; 1 luglio 1958, n. 2343, Foro Padano,
1958, I, 1134; 21 maggio 1955, n. 1499, Riv. Dir. Proc., 1956, II, 1 e
segg., con nota di MONTESANO, e Giur. it., 1957, I, 1, c. 197 e segg., con
nota di MOSETTO). A questa giurisprudenza fa riscontro l'indirizzo dottrinale,
che, nell'ambito delle misure cautelari, assegna ai provvedimenti
d'urgenza ex art. 700 c.p.c. la funzione strumentale di assicurazione provvisoria
degli effetti della decisione di merito, a cautela del risultato con-
creto del processo di cognizione ed in attuazione, sul terreno dei fatti,
dello stesso principio realizzato, sul piano del diritto, dai c.d. effetti sostanziali
della domanda -e cio che la necessit del processo non torni
a danno di chi ha ragione -e nega che quelle misure possano avere
funzione alcuna, dopo l'accertamento giurisdizionale, definitivo o non,
sull'esistenza del diritto da cautelarsi, poich ... un provvedimento, che sia
preordinato a quell'assicurazione, non pu evidentemente servire (per di
pi, attraverso una cognizione sommaria) a rimediare al pregiudizio de
98 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO
(Omissis). -Con il primo mezzo si muove alla sentenza
impugnata la censura di non avere adeguatamente e correttamente
ragionato sulla legittimit del provvedimento ex art. 700
c.p.c., con cui il Pretore di Taormina avva sospeso la raccolta
dei frutti che gli acquirenti Torrisi e D'Angelo stavan_o effettuando.
La Corte d'Appello si sarebbe limitata a dire genericamente
che lasciata al Pretore la facolt di valutare le ragioni
di opportunit dei provvedimenti di urgenza, mentre avrebbe
dovuto controllare se nel caso ricorrevano gli estremi per
la concessione del provvedimento.
rivabile da una sentenza gi pronunciata in seguito ad un processo di
cognizione ordinaria, cio piena (MONTESANO, op. cit., 2; ID., I provve
dimenti d'urgenza nel processo civile, Napoli, 1955, cap. II. Contro la
possibilit di servirsi del provvedimento ex art. 700 c.p.c. per sosp,en
dere l'esecuzione di una sentenza v. PERETTI-GRIVA, in Foro Padano, 1950,
I, 93 e seg.; in senso restrittivo v. anche FRONTIERI, Prime applicazioni
del provvedimento cautelare innominato, Giur. it., 1948, IV, c. 89 e segg.).
Una precedente giurisprudenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite
(Ord. 28 aprile 1948, Giur. Compl. Cass. Civ., 1948, II, 79, con nota critica
di CONIGLIO) riteneva applicabile analogicamente, alla materia, l'art. 683
l
c.p.c. ed insegnava, quindi, che anche i provvedimenti d'urgenza con
templati nell'art. 700, quali misure cautelari, non perdono la loro effiI
cacia sino quando la sentenza che dichiari inesistente il diritto cautelato
non sia passata in giudicato . Correlativamente, in dottrina non
manca chi (DINI, op. cit., 82), per analogia l sequestro, ammette la
applicabilit dell'ultimo comma dell'art. 683 c.p.c. (dichiarazione di inefficacia
del provvedimento d'urgenza con decreto del Giudice, su ricorso
della parte interessata). Contro tale analogia (su cui v. anche CALVOSA,
IRiv. dir. proc., 1949, II, 218) , invece, altra tesi dottrinale, che ha sottolineato
il carattere speciale della norma in questione (MosETTO, Su alcuni
caratteri dei provvedimenti cautelari d'urgenza, Giur. it., 1957, I. l,
c. 202, il quale, peraltro, si pronuncia, conseguentemente, per la possibilit
di revisione del provvedimento urgente, ossia di riesame da parte del
giudice che lo ha emesso, in caso di mutamento della situazione di fatto
che costituisce il presupposto della cautela; v. anche MONTESANO, Sulla
durata ecc., cit., Riv. dir. proc., 1956, II, 4, che ritiene, invece, applicabile
analogicamente l'art. 708, comma quarto, c.p.c.). Pu, in conclusione, giustamente
osservarsi che, come esistono argomenti contrari alla tesi della durata
dei provvedimenti interinali urgenti fino al passaggio in giudicato della
decisione di merito, cos ne esistono altri contro la tesi dell'immediata
inefficacia di quei provvedimenti, al sopraggiungere della decisione di
primo grado. In proposito, si rilevato che l'eventualit dell'inconveniente
che, dopo aver tolto di mezzo il provvedimento cautelare, la sentenza di merito
venga a sua volta riformata, non solo procrastinata, ma anche sensibilmente
ridotta, ove si ammetta che la perdita di efficacia del provvedimento
segua non gi alla semplice emissione del provvedimento principale,
bens alla sua esecutoriet, che pu derivare ex lege dal giudizio
di appello, oppure essere concessa ponderatamente dal giudice di
primo grado (MosETro, op. cit., c, 206).
FRANCO CARUSI
PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 99
Il mezzo inattendibile.
Al riguardo importa, innanzi tutto, rilevare che, secondo
ci che la Suprema Corte ha avuto occasione di affermare
(sent. 1" luglio 1958, n. 2343), i provvedimenti di urgenza in
s presi non sono suscettibili di un autonomo riesame. Essi,
avendo carattere strumentale, sono vincolati al clir.itto che si
vuol far valere e rimangono, di necessit, assorbiti:~ dalla decisione
della causa di merito (della quale seguono la sorte), che
l'istante tenuto ad iniziare nel termine perentorio fissatogli
dal giudice.
D'altro canto, nella fattispecie, per quanto attiene al momento
della concessione e all'esistenza delle condizioni obiettive,
cui l'istituto condizionato, non vero che la Corte d'Appello
non si sia di queste occupata.
Ha preso, invece, in esame la. situazione, che allora si era
presentata ed anticipando in certo qual modo il giudizio di
merito ha ritenuto che il provvedimento era stato tempestivo,
dal momento che era stata intrapresa una raccolta di frutti
con modalit contrastanti con gli accordi fra le parti e con gli
usi locali, ed era perci sorto nel venditore il .fondato timore
di perdere le garanzie della interdipendenza tra fasi di raccolta
e versamenti degli acconti sul prezzo. (Omissis).
-~1~~\~t;.i:.
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 29 ottobre 1963, n. 2887 -Pres.
Varallo -Est. Bianchi D'Espinosa -P.M. Pedote (conf.) -Cannone
c. Sezione Speciale per la Riforma Fondiaria in Puglia,
Lucania e Molise.
Riforma fondiaria -Assegnazione di terre -Diritto dell'assegnatario
Controversia tra due soggetti sulla spettanza di un terreno quali
assegnatari.
(1. 12 maggio 1950, n. 230, artt. 17-23; 1. 21 ottobre 1950, n. 841,
art. 21; e.e. art. 1380).
Riforma fondiaria -Controversie tra pretesi assegnatari dello stesso
fondo -Intervento in giudizio dell'Ente di riforma.
(e.p.e., art. 105).
L'assegnazione delle terre di riforma fondiaria costituisce
uno speciale negozio, per effetto del quale, durante il periodo
trentennale stabilito per l'ammortamento del prezzo, l'assegnatario
un semplice detentore e pu vantare solo diritti di carattere
personale. In caso di controversia fra due soggetti assegnatari
100 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO I, ..
dello stesso fondo preferito, a norma dell'art. 1380 e.e., chi per
primo ne abbia conseguito il godimento (1). ~,
Intervenendo in un giudizio in cui si discute a quale dei due ..
soggetti spettino i diritti dell'assegnatario su un fondo, l'Ente
di riforma fa valere il suo diritto di propriet sul fondo medesimo,
ossia un diritto relativo all'oggetto dedotto in giudizio e, di
conseguenza, l'intervento ha carattere e natura di intervento principale
e l'interveniente ha la pi ampia facolt di proporre, in
modo autonomo, domande ed eccezioni contro i soggetti originari
del processo (2).
(Omissis). -Egualmente infondati sono gli ultimi due motivi
del ricorso, riguardanti la decisione nel merito. La Corte
d'appello ha ritenuto infondata la domanda proposta dal Cannone
contro il Lamanna, per un duplice ordine di motivi :
a) perch il Lamanna, nel conflitto fra due soggetti che
vantano uno stesso diritto di godimento sulla stessa cosa, doveva
essere preferito, avendo per primo conseguito il godimento
del fondo n. 0120, di cui era mezzadro prima dell'espropriazione
(ed avendo, quindi, il diritto alla preferenza nell'assegnazione);
b) perch l'assegnazione al Cannone fu, comunque, revocata
dalla Sezione di Riforma Fondiaria.
L'una e l'altra argomentazione (ed ognuna di esse sarebbe
stata sufficiente a giustificare la decisione di rigetto delle domande
del Cannone), sono esatte. Indiscutibile che il Lamanna
stato immesso nel godimento del fondo prima del Cannone
(il quale, anzi, non vi mai stato immesso); onde applicabile
nella specie l'art. 1380, primo comma, una volta ammesso
che l'Ente di riforma abbia assegnato al Lamanna la quota in
contestazione. E tale dato di fatto, accertato dalla Corte di
merito, non pu essere riesaminato in sede di legittimit, come
non pu essere pi ridiscussa la questione (anche essa forman(
1-2) In tema di conflitto di diritti di assegnatari di terre di riforma.
Nel caso di specie, al soggetto soccombente nel conflitto, secondo
il criterio privatistico ex art. 1380 e.e., era gi stata dall'Ente di riforma
revocata l'assegnazione, epper la decisione appare, praticamente,
esatta. Non sembra, per, da condividerne la sia pur succinta motivazione,
laddove essa riconosce esatta autosufficienza ad ognuno dei due
argomenti addotti dalla Corte di merito, per giustificare il rigetto della
domanda attrice: a) priorit del conseguimento del godimento del fondo
da parte del convenuto; b) avvenuta, esplicita revoca dell'assegnazione
all'attore, da parte dell'Ente di riforma, autorizzando, cos, la
formulazione del principio sopra massimato sub (1). Come stato
efficasemente dimostrato (ANDRIOLI, Note sull'assegnazione di terre per
101
PARTE I, SEZ, III, GIURISPRUDENZA CIVILE
te oggetto di accertamento di fatto), se il Lamanna fosse mezzadro
del precedente proprietario, e quindi, avendo in corso un
contratto miglioratario sul fondo, poteva vantare la preferenza..,.
nell'assegnazione, ai sensi dell'art. 21 legge 21 ottobre 1950,
n. 841.
Del resto, anche a non voler tener conto di tali considerazioni,
il rigetto delle domande del. Cannone rimaneva pienamente
giustificato, per la circostanza che, con deliberazione 10-101957,
l'Ente di riforma, in applicazione dell'art. 18 legge 12-51950,
n. 30, revoc l':;i.ssegnazione del fondo al Cannone medesi
l'attuazione della riforma fondiaria, Dir. e Giur., 1955, 5 e segg.), sarebbe
semplicistico ed erroneo ridurre l'assegnazione ad un puro
schema privastico, se incontestabile che essa un rapporto
mediante il quale enti e assegnatari realizzano, in comunit di intenti,
i due fini previsti nell'art. 44 della Costituzione della Repubblica:
razionale sfruttamento del suolo; stabilimento di equi rapporti
sociali (ANDRIOLI, op. cit., 10; cfr. anche Cons. Stato, Sez. V, 25 ottobre
1957, n. 869, Il Consiglio di Stato, 1957, I, 1279). Per quanto ha
tratto alla facolt di godimento del fondo, basta por mente all'obbligo
previsto dall'art. 23 I. 12 maggio 1950, n. 230 (partecipazione ventennale
dell'assegnatario alle Cooperative o ai Consorzi promossi o costituiti
dall'Ente di riforma a fini di assistenza tecnica ed economico-finanziaria)
ed alla sanzione di decadenza dall'assegnazione, dalla stessa
norma sancita a carico degli inadempienti, per comprendere che nel
periodo ventennale il rapporto corrente tra ente e assegnatario non
differisce dalla concessione d'uso di beni pubblici (ANDRIOLI, op. cit.,
11), col che dimostrata anche la inadeguatezza di una configurazione
meramente privatistica della clausola contrattuale prevista dall'art. 18
della legge n. 230 del 1950 (periodo di prova di tre anni sotto condizione
risolutiva espressa). Essa non integra gli estremi della clausola
risolutiva espressa, di cui all'art. 1456 e.e. e nemmeno si configura
come condizione sospensiva della efficacia del contratto, ma attribuisce
all'Ente il potere di operare gli effetti abrogativi dell'assegnazione
ipso jure, senza bisogno di una dichiarazione giudiziale e, comunque,
produce l'effetto di sottrarre il potere discrezionale dell'Ente al sindacato
del giudice ordinario (Trib. Roma 5 novembre 1954, Riv. dir.
agr., 1955, II, 13). Tale potere discrezionale, in tanto, appunto, sus
siste, in quanto vi siano fini pubblici da conseguire (Cons. Stato,
Sez. V, 25 ottobre 1957, n. 869, cit., Il Consiglio di Stato, cit., 1957, I,
1281, ove si avverte che l'assegnazione consta di due atti, l'uno pubblicistico
e l'altro privatistico , sia pure contemporanei e contestuali).
Ci premesso, appare evidente che, in caso di difetto di revoca esplicita
della prima assegnazione, il problema deve essere posto non gi col
ricorso al criterio privatistico ex art. 1380 cod. civ., ma alla stregua dei
principi valevoli in tema di incompatibilit di atti amministrativi. A
questo proposito pu ricordarsi che, mentre nella dottrina amministrativa
si ammette, per il caso di incompatibilit fra concessioni onerose,
l'applicabilit del principio della priorit (cfr. RANELLETTI, Teoria generale
delle autorizzazioni e concessioni amministrative, Parte III, Torino
102 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO
mo, s che, per effetto di tale deliberazione, erano venuti a cessare
anche quei diritti personali di godimento, in base ai quali
l'attore aveva proposto le sue domande. Si tratta, come chiaro,
~ :-:-:-:-:
.:
di un atto amministrativo, fondato su ragioni di merito (l'Ente
ha considerato che il Cannone ha coltivato in modo assolutamente
irrazionale la quota a lui affidata), che perci il giudice
ordinario non ha facolt di sindacare. Non essendo stato tale
atto impug.ato, la sua efficacia non pu essere disconosciuta
nell'attualdgiudizio; onde non hanno fondamento le censure
formulate, contro tale punto della sentenza impugnata, col quarto
motivo del ricorso. -(Omissis).
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 30 novembre 1963, n. 3069 -
Pres. Laporta -Est. Salerni -P.M. Cutrupia (conf.) Amm.
Interni c. Petacci-Persichetti.
Prescrizione estintiva -Atti interruttivi.
(c. c., art. 2943).
Cassazione -Ricorso per cassazione -Erronea indicazione norme violate
-Irrilevanza -Ammissibilit.
(c.p.c., art. 366, n. 4).
Procedimento civile -Consulente tecnico Valutazione consulenza
Poteri del giudice di merito.
(c.p.c., artt. 61, 62, 132, 191, 194-197; Disp. att. c.p.c., art. 118).
Procedimento civile -Sentenza non definitiva - Jus superveriiens -
Applicabilit da parte del giudice di appello.
(c.p.c., art. 345).
Responsabilit civile -Lucro cessante -Decorrenza interessi.
."j
e.e., art. 2056).
Appello -Riserva facoltativa di appello contro sentenza non definitiva
-Appello congiunto a quello contro la sentenza clefinitiva.
(c.p.c., art. 340).
1897, 225; RESTA, La revoca degli atti amministrativi, Milano, 1935, 160)
e d in deroga all'opposto principio della posterit, valevole per il conflitto
fra atti amministrativi, tale deroga non appare pi giustificata,
allorch sia previsto dalla legge un potere discrezionale dell'Ente conce"
dente di operare ipso jure la cessazione del rapporto e tale potere sia
legittimamente esercitato con la revoca implicita del primo provvedimento,
di modo che il successivo atto amministrativo, incompatibile
col primo, si sottragga al sindacato occasionale del G.O. ai fini della
eventuale disapplicazione ex art. 5 1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E (sulla
particolare ipotesi di tale disapplicazione v. CANNADA-BARTOLI, L'inapplicabilit
degli atti amministrativi, Milano 1950, 166).
FRANCO CARUSI
PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 103
Responsabilit civile -R,esponsabilit della P.A. -Responsabilit diretta
in caso di colpa o dolo del funzionario -Rapporto di occasionalit
necessaria tra atto illecito e attribuzione del funzionario.
(Cost., art.. 28; c.c.1 art. 2043; d. lg. 1 gennaio 1956, n. 17, art. 12,
comma secondo).
Requisizione -Provvedimenti emanati sotto. il governo della repubblica
sociale italiana da organi statuali preesistenti -Efficacia.
(d. lg. I. 5 ottobre 1944, n. 249, artt. 1 e 2; d. lg. 1. 4 gennaio 1946,
n. 3, art. 1, comma secondo).
La idoneit d un atto ad interrompere la prescrizione va
stabilita con un'indagine di fatto, da compiersi caso per caso
dal giudice di merito, per accertare la effettiva volont della
parte di far valere tempestivamente il proprio diritto. Ad interrompere
la prescrizione estintiva sufficiente qualsiasi atto che
manifesti, comunque, contro la presunzione implicita nel decorso
del tempo, la chiara volont del creditore di sollecitare
il soddisfacimento del suo diritto (1).
L'erronea indicazione nei motivi di ricorso per cassazione
delle norme, che si assumono violate, non costituisce causa di
inammissibilit del ricorso, quando possa identificarsi, attraverso
il contesto delle ragioni addotte dal ricorrente, il motivo della
censura (2).
Il giudice di merito, che riconosca esatte e condivida le con
(1) cfr. Cass. 8 marzo 1963, n. 559, Giur. it., Mass. 1963, 182, ove
si precisa non essere necessario che l'atto abbia carattere intimatorio
(diffida a pagare), ma sufficiente che esso manifesti contro la presunzione
di rinuncia, implicita nel decorso del tempo, la chiara volont
del creditore, diretta a sollecitare il soddisfacimento del suo diritto;
v. anche Cass. 21 febbraio 1961, n. 392, Foro it., Rep. 1961, voce
Prescrizione in materia civile, n. 35, c. 1916, ove si afferma che l'atto
pu essere idoneo all'interruzione, anche se non reca indicazioni sulla
misura e modalit del credito ; Cass. 9 agosto 1961, n. 1930, Ibidem,
voce cit., n. 30, c. 1915, ove si avverte, invece, che la semplice, generica
riserva di far valere in separato giudizio un determinato diritto,
contenuta in uno scritto difensivo, non equivale a manifestazione ferma
ed univoca di volont, diretta a quello scopo: perci non vale a costituire
in mora il debitore e non spiega alcuna efficacia di atto interruttivo
della prescrizione, ai sensi dell'art. 2943, 4 comma, e.e. ,
(2) Conf. Cass. 19 giugno 1962, n. 1567, Foro it., Mass. 1962, 473 e
Rep. 1962, voce Cassazione in materia civile, n. 213; 20 aprile 1959,
n. 1174, Giust. civ., Rep. 1959, voce Cassazione civile, n. 103; 29 luglio
1958, n. 2753, id., Rep. 1958, voce cit., n. 112; 20 novembre 1957,
n. 4448, id., Rep. 1957, voce cit. n. 176.
104
RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO
elusioni del consulente tecnico d'ufficio, non tenuto ad espri
mere particolari ragioni di tale suo convincimento (3).
Il giudice di primo grado, davanti al quale sia proseguito il
processo, per la decisione di altri capi di domanda, non pu riesaminare
le questioni gi decise con sentenza non definitiva,
neppure al fine di applicare al rapporto controverso nuove norme
sopravvenute in corso di causa. Tale potere-dovere spetta al
giudice d'appello, qualora la sentenza non definitiva venga impugnata,
essendo ammissibile ai sensi dell'art. 345 c.p.c. dedurre
in appello la nuova regolamentazione giuridica del rapporto (4 ).
Sulla somma liquidata a titolo di risarcimento di danni per
fatto illecito decorrono di pieno diritto gli interessi compensativi
dal giorno dell'illecito. In particolare, per quanto riguarda
il danno derivato dalla mancata utilizzazione d'un bene (lucro
cessante), la decorrenza degli interessi sulla somma liquidata
per risarcimento va stabilita con riferimento alle singole fra
1
I
~
(3) Conf. Cass. 13 aprile 1963, n. 939, Giur. it., Mass. 1963, 312; 6 otto~::
bre 1962, n. 2856, Foro it., Mass. 1962, 806 e Rep. 1962, voce Consulente
tecnico, n. 52. Se si discosta dalle conclusioni del consulente
tecnico d'ufficio, il giudice tenuto... a spiegare con esauriente e
I
corretta motivazione le ragioni del suo dissenso >>, cos Cass. 9 novembre
1962, n. 3101, Foro it., Mass. 1962, 872. Ma nelle cause d'ap~
pello, in cui si renda necessaria la rinnovazione della consulenza tecnica,
se il giudice ritenga di uniformarsi al parere del consulente di secondo ,
I
grado, difforme da quello del consulente di primo grado, egli non
tenuto a compiere una previa confutazione degli argomenti e delle
conclusioni di quest'ultimo, del resto implicita nell'accettazione dei
risultati della nuova consulenza; Cass. 6 agosto 1962, n. 2390, Foro it.,
Mass. 1962, 687. In ordine all'obbligo della motivazione della decisione,
I
che, ritenendo convincenti le conclusioni del consulente d'ufficio, disattenda
le diverse risultanze della consulenza di parte, v. Cass., Sez. Unite,
18 febbraio 1963, n. 394, Giur. it., Mass. 1963, 129, ove si stabilisce che
tale obbligo sussiste soltanto nell'ipotesi che i rilievi di quest'ultima
consulenza fossero tali da condurre, se fondati, ad una diversa soluzione
I
della causa .
(4) cfr. Cass. 30 marzo 1963, n. 803, Giur. it., Mass. 1963, 264: Ai
sensi dell'art. 345 c.p.c. consentito proporre in appello nuove ecceI
zioni e dedurre l'jus superveniens, inteso questo, non solo come una
.
nuova regolamentazione giuridica del rapporto dedotto in causa, bens
I
nche come fatto nuovo intervenuto nel corso del giudizio, a condizione
che quest'ultimo caso, quando si verifichi nel corso del giudizio di f:
appello, non importi violazione del divieto di mutamento della domant:
da ; Cass. 15 ottobre 1957, n. 3847, Foro Pad. 1958, I, 558 e Riv.
I .
l
dir. proc., 1959, 157: lo jus superveniens di immediata applicazione
da parte del giudice, ma detta applicazione deve essere coordinata
con i principi relativi alla competenza funzionale tra i diversi gradi
di giurisdizione. Questa decisione stata criticata, per ragione di spe
fJ
cie, dal Cmcco, Appunti sullo jus superveniens , Foro it., -~9~9, I, .
.
. .
Jl
105
PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE
zioni del reddito, che si sar.ebbe periodicamente maturato, dal
giorno della perdita del bene e fino a quello della liquidazione (5).
1 La norma dell'art. 340 c.p.c., precisando che, quando sia fatta
riserva di appello contro sentenza non definitiva, l'appello deve
essere proposto insieme a quello contro la sentenza che definisce
il giudizio, attua il principio della concentrazione dei gravami.
In virt di tale principio, qualora appellante sia la medesima
parte che ha fatto la riserva, l'appello contro la sentenza definitiva
e quello contro la non definitiva vanno proposti con il medesimo
atto. Qualora, invece, l'appello sia proposto da parte diversa da
quella che ha fatto la riserva, occorre distinguere il caso che
detta parte abbia impugnato soltanto la sentenza definitiva, da
quello in cui essa abb.ia impugnato anche la sentenza non defin-
c. 90 e, pi generalmente, dal PROVINCIALI, Applicazione del jus superveniens
dopo sentenza non definitiva, Foro padano, 1958, I, c. 557 e
segg., il quale obietta che il principio della preclusione patisce delle
eccezioni, fra cui evidente ed intuitiva quella del jus superveniens:
quando sia variata la premessa, perch mutata la legge, non vi
nuova e diversa pronunzia sugli stessi presupposti (il che vietato),
bens una nuova decisione ed un nuovo sillogismo, giustificati e resi
doverosi dalla diversit delle premesse (c. 558). Contra ed in senso favorevole
all'insegnamento della Cassazione, VELLANI, Sentenza non definitiva
e legge sopravvenuta, Riv. dir. proc., 1959, 157 e segg., il quale,' a
sua volta, osserva che, per quanto concerne la legge nuova, emanata
mentre in corso un giudizio, di essa il giudice di quella causa deve
tener conto non in ogni caso, bens soltanto quando risulti applicabile
ai fatti su cui si contende, anteriori al giudizio; ed applicabile ai fatti
compiuti soltanto quando sia una legge retroattiva, come per es. una
legge interpretativa. E quindi di jus superveniens non si dovrebbe parlare
a proposito di ogni legge nuova, bens, appunto, soltanto con riferimento
a quella che retroagisce nel senso sopra precisato (op. cit., 167168)
e che quando il legislatore... statuisce... l'applicabilit della nuova
legge anche ai fatti su cui si contende, siano o no gi stati decisi con
sentenza, purch non ancora passata in giudicato..., le nuove norme
vanno, si, applicate, anche d'ufficio, pur dopo che stata emanata una
sentenza non definitiva, ma dal giudice che solo pu, ormai, modificare
tale sentenza, cio dal giudice dell'impugnazione (se, s'intende, venga
adito) (op. cit., 168). Ma gi il CHICCO (op. cit., 90), aveva sottolineato che
la lex superveniens agisce nel processo solo quando essa o retroattiva
in senso proprio, oppure colpisce gli effetti in corso di un rapporto
giuridico, che non viene, tuttavia, intaccato direttamente .
(5) La sentenza in rassegna fa riferimento a Cass. 13 ottobre 1960, n.
2723, Foro it., Rep. 1960, voce Responsabilit civile, n. 421, c. 2281, ove
si parla di compenso per il ritardo nel risarcimento ; sulla decorrenza
degli interessi, con riferimento alle singole frazioni di reddito che si sarebbero
maturate periodicamente, v. Cass. 13 settembre 1963, n. 2503,
in Giur. it., Mass. 1963, 848. Si parla di interessi compensativi sulla somma
liquidata a titolo di risarcimento di danni da fatto illecito, con de
106 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA !JELLO STATO
tiva, sulla quale caduta la riserva. Nel primo caso il riservante
dovr proporre appello nei confronti della sentenza non definitiva
con atto autonomo, nel secondo caso dovr proporlo in via incidentale
(6).
Non pu escludersi la responsabilit della P.A. per i danni
arrecati dai suoi dipendenti con abuso di poteri, poich tale attivit
(fuori dell'ipotesi in cui il dipendente agisca come semplice
privato, per finalit meramente egoistiche, nel qual caso l'attivit
si configura come assolutamente estranea all'ambito delle pubbliche
funzioni) pur sempre ricollegabile al pubblico servizio,
che il dipendente chiamato a prestare e deve ritenersi che la
P.A. risponda, sempre in via diretta, in caso di colpa o di dolo
del funzionario, qualora sussista un rapporto di occasionalit
,necessaria tra l'atto illecito e le incombenze attribuite al fun~
zionario, sicch queste abbiano reso possibile l'attivit dannosa
(7).
correnza di pieno diritto dal giorno del commesso illecito, da Cass. 17
dicembre 1962, n. 3383, Giur. it., Mass. 1962, 1129, mentre Cass. 17 novembre
1962, n. 3133, Ibidem, 1048, precisa che nelle obbligazioni ex
delicto la mora del debitore risale al verificarsi dell'evento dannoso,
con la conseguenza che da questo debbono farsi decorrere gli interessi
dovuti per il ritardo del risarcimento. In Cass. 30 maggio 1942, n. 1508,
Foro it., Mass. 1942, 361, si parla di interessi compensativi, come sottospecie
di interessi moratori, con riguardo al capoverso dell'articolo
1224 e.e..(cos, in dottrina, v. MESSINEO, Manuale di dir. civ. e comm., val.
II, p. 2, Milano 1952, 341). La nozione di interes'si compensativi, quale
adottata dal codice civile vigente (art. 1499), prescinde ,invece, dalla
colpa e dalla mora. Essi si distinguerebbero dagli stessi interessi corrispettivi
e sarebbero dovuti anche prima della scadenza dell'obbligazione
(MESSINEO, op. cit., vol. cit., 341).
(6) In argomento cfr. Cass. 19 luglio 1961, n. 1762, Foro it., Rep.
1961, voce Appello civ., n. 14.
La proposizione della riserva salvaguarda il diritto di appello inci.
dentale differito contro sentenza non definitiva, se da altra parte venga
appellata in via principale la sentenza definitiva, anche se il riservante,
appellante incidentale, sia carente di interesse ad impugnare quest'ultima:
Cass. 30 ottobre 1956, n. 4061, Foro it. 1957, I, 804-805.
(7) conf. Cass. 20 aprile 1962, n. 792, in Giur. it., Mass. 1962, 285 : Alla " Pubblica Amministrazione va riferito ogni atto del dipendente, se comX
piuto nella veste di organo dell'Amministrazione medesima, nell'esplicazione
delle funzioni a lui demandate, quale conseguenza del rapporto
organico che lega il funzionario all'ente. Pertanto, una frattura del rapporto
organico con esclusione di responsabilit della Pubblica Amministrazione
ha luogo soltanto quando il funzionario agisca come semplice
privato, per finalit egoistiche, nel qual caso l'attivit di lui si configura
come assolutamente estranea all'ambito delle pubbliche funzioni. Al di
li.
~ :
I~ . :
qua di tale limite (attivit personale), ogni altro atto, anche se illegittimo
e compiuto con abuso di poteri, deve farsi risalire alla Pubblica
PARTE I, SEZ, .III, GIURISPRUDENZA CIVILE
107
Alla sanzione d'inefficacia comminata per i provvedimenti
di requisizione adottati sotto il governo della repubblica sociale
si sottraggono gli atti di requisizione disposti da organi
Amministrazione, dato che ricollegabile al pubblico servizio, che il dipendente
chiamato a svolgere . Ma, se il criterio di tale collegamento,
come esplicitamente afferma la sentenza in rassegna, costituito dal
rapporto di occasionalit necessaria tra l'atto illecito e le incombenze
del funzionario, deve dirsi che esso assolutamente inadeguato e contraddittorio
con la premessa della responsabilit diretta della P.A., a cui
la Corte di Cassazione tuttora ancorata (cfr. Cass., Sez. Un., 4 gennaio
1964, n. 3, Giur. it., Mass. 1964, 2). Questa sorta di responsabilit
non pu essere in alcun modo conciliata col dolo, anche se generico,
dell'agente, poich esso spezza sempre il rapporto organico. Bene
stato osservato, in proposito, che l'attivit maliziosa con~ettualmente
estranea alle attribuzioni dell'organo, cos come il fine illecito per definizione
estraneo ai fini della Pubblica Amministrazione (GUGLIELMI,
L'art. 28 della Costituzione e la responsabilit dello Stato e degli enti
pubblici, in questa Rassegna, 1949, 171). Il problema si pu porre, allora,
soltanto nei termini avvertiti dal TORRENTE (La responsabilit indiretta
della Pubblica amministrazione, in Riv. dir. civ., 1958, I, 285), ossia che
la rottura del rapporto organico non valga ad escludere la possibilit
di una responsabilit indiretta della PA. Ma il merito della giurisprudenza
della Corte di Cassazione consiste precisamente nella esclusione
de jure condito di tale altro tipo di responsabilit per la Pubblica Amministrazione
(cfr. anche Cass., Sez. Unite, 29 maggio 1963, n. 1422, in
Giur. it., Mass. 1963, 490 e, meno di recente, Cass. 13 novembre 1957, n.
4377, Relaz. Avvocatura dello Stato, 1956-1960, vo}. II, Roma 1961, 147;
19 giugno 1958, n. 2109, Foro it., 1959, I, 1732; 23 settembre 1958, numero
3029, Foro it., 1959, I, 406; 31 marzo 1960, n. 708, Relaz. Avvocatura
dello Stato cit., vol. cit., 147. Pur al cospetto della norma di cui al
secondo comma dell'art. 12 D. Lg. 1 gennaio 1956 n. 17, il TORRENTE ritiene
di potere affermare che in base alle norme ed ai principi vigenti dell'ordinamento
giuridico sussista accanto alla responsabilit diretta della
P.A. anche un tipo di responsabilit indiretta a titolo di garanzia
del danneggiato, per la quale funzionerebbe, appunto, il limite costituito
dal legame di occasionalit necessaria dell'atto con le incombenze del dipendente.
Tale responsabilit sussidiaria sarebbe sancita dall'art. 28
Cost., mentre la responsabilit diretta sarebbe sancita dall'art. 113 Cost.:
una volta identificata nell'art. 113 della Costituzione la norma che sancisce
la responsabilit della pubblica amministrazione, l'estensione della
responsabilit del dipendente alla pubblica amministrazione, affermata
nell'art. 28 della stessa Costituzione, non ha significato. se non riferendola
all'ipotesi di dolo del dipendente. Esclusa questa ipotesi ,ove si interpretasse
l'estensione della responsabilit alla sola fattispecie della colpa,
il precetto che sancisce siffatta estensione non costituirebbe che una
duplicazione della regola contenuta nell'art. 113 . Questo ragionamento
non convince e, comunque, si fonda su una premessa indimostrata.
L'art. 113 Cost. non ha inteso regolare affatto la responsabilit della
P.A., ma soltanto abrogare le norme che escludevano o limitavano la
sindacabilit degli atti amministrativi in s.g., riconoscendo tutela giurisdizionale
contro gli atti della P.A. (Cass., Sez. Unite, 31 gennaio 1948,
108 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO
della Pubblica Amministrazione preesistenti alla repubblica sociale
italiana, che abbiano continuato in quel periodo a funzionare
secondo le leggi dello Stato (8).
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 14 dicembre 1963, n. 3159 -
Pres. Vistoso -Est. di Majo -P. M. Gentile (conf.) -Imperia!
Chemical Industries Ltd. c. Ministero dell'Industria e
Commercio.
Corte Costituzionale -Giudizi incidentali di legittimit costituzionale Decisioni
di rigetto -Effetti.
(Cost., art. 134; 1. cost. 9 febbraio 1948, n. 1, art. 1; 1. 11 marzo
1953, n. 87, artt. 23, 29).
Invenzioni industriali -Brevetti -Medicamenti -Divieti di brevettabilit
-Anestetici -Rientrano fra i medicamenti.
(r.d. 29 giugno 1939 n. 1127, art:. 14).
Le decisioni della Corte Costituzionale, che dichiarano infondata
la questione di costituzionalit di una norma di legge
o di atto avente forza di legge, sollevata nel corso di un giudizio
dinanzi ad una autorit giudiziaria, non implicano un accertamento
assoluto della legittimit della norma, ma soltanto
relativo alla questione sollevata ed in tali limiti spiegano
n. 157, Giur. compl. Cass. Civ., XXVII, 1948, I, 210; Cons. Stato, Sez. V, 8 ottobre
1948, n. 610, Foro Amm., 1949, I, 2, 135; 12 novembre 1948, n. 732,
Id., 1949, I, 2, 151; 8 ottobre 1949, n. 612, Id., 1949, I, 2, 142 e 151; Sez. V,
30 dicembre. 1949, n. 442, Id., 1950, I, 1, 152; 30 dicembre 1949, n. 452,
Rass. dir. pubbl., 1950, 841; Cass. 27 giugno 1955, n. 1993, Il Consiglio di
Stato, 1955, II, 137). Quella norma concerne, cio, il tema specifico dei
poteri e dell'attivit dell'Autorit giudiziaria, mentre della responsabilit
dello Stato e degli enti pubblici, come dei funzionari dagli stessi dipendenti,
si occupa specificamente l'articolo 28 (Dr CIOMMO, La responsabilit
civile del dipendente statale e dell'Amministrazione dello Stato, in
questa Rassegna, 1957, 35, ove si citano anche gli Atti Parlamentari, I,
Sottocommissione, seduta 1 ottobre 1946, p. 162; v. anche, sui lavori preparatori,
GUGLIELMI, op. cit., 174-175). La problematica della responsabilit
degli enti pubblici stata trattata, di recente, da ALESSI, La responsabilit
degli enti pubblici, Milano, 1964, studio che sar recensito nel
prossimo numero di questa Rassegna.
(8) Conf. Cass. 25 ottobre 1960, n. 2897; cfr. Cass. 12 luglio 1951,
n. 1922, Relaz. Avvocatura dello Stato, 1951-1955, vol. II, Roma 1957, 873:
fatta eccezione per le requisizioni di alloggi disposte a favore di pri
vati sinistrati o sfollati, sono prive di efficacia giuridica, a norma del
primo comma dell'art. 1 del d.1.l. 4 gennaio 1946, n. 3, tutti gli altri
provvedimenti di requisizione in propriet o in uso, adottati da organi
istituiti sotto la r.s.i. e non preesistenti ad essa .
F. C.
PARTE I, SEZ, III, GIURISPRUDENZA CIVILE lO!J
influenza sulla valutazione della medesima questione in altri
giudizi (1).
A norma della legislazione vigente, non possono costituire
oggetto di brevetto i procedimenti per la fabbricazione di medicamenti.
Medicamento quel farmaco che riesce di giovamento
diretto o indiretto all'uomo, epper anche l'anestetico non
pu non essere considerato medicamento (2).
(1) La questione di incostituzionalit dell'art. 14, comma primo,
r.d. 29 giugno 1939, n. 1127 (secondo il quale non possono costituire
oggetto di brevetto i procedimenti per la fabbricazione dei medicamenti),
per essere questa norma in contrasto con la delega legislativa
conferita al Governo con il r.d.l. 24 febbraio 1939, n. 317, convertito
nella I. 2 giugno 1939, n. 739, era stata gi sollevata in numerose controversie
fra altre parti e rimessa dalla stessa Corte di Cassazione alla
Corte Costituzionale, che la dichiar non fondata, con sentenza 26 gennaio
1957 N. 37 (Giur. Cast., 1957, 454 e segg., con nota del MORTATI).
Essendo stata la medesima questione riproposta anche dalla ricorrente
Societ Imperlai Chemical Industries, la Corte di Cassazione, nella sentenza
in rassegna, l'ha ritenuta infondata, formulando il principio, sopra
massimato, che la questione debba essere risolta nello stesso modo,
se non siano prospettati nuovi profili o addotti argomenti nuovi (cfr.
gi Cass., Sez. Un., 20 maggio 1959, n. 1522, Giur. Cast., 1959, 1335). Non
si tratta di estensione erga omnes dell'efficacia delle decisioni di rigetto,
poich tale estensione vale soltanto per le pronunce di accoglimento
(art. 136 Cost.; art. 30 1. 11 marzo 1953 N. 87), e ci conferma
che il giudizio incidentale di costituzionalit non si trasforma in un giudizio
sulla validit della legge in s; ma si tratta di un precedente giurisprudenziale,
che induce la stessa Corte Costituzionale a dichiarare
manfestamente infondata la questione, che abbia ad oggetto la medesima
norma, se non vi siano ragioni per adottare una diversa pronunzia
(cfr. Corte Cost., Ordinanze 30 ottobre 1956, n. 30 e 31, Giur. Cast.,
1957, 86 e 87). Sull'efficacia vincolante delle decisioni di rigetto nel processo
a quo ed in tutti quelli futuri, che possano insorgere, fra le stesse
parti, in ordine alla medesima controversia di merito, per il principio
relativo al ne bis in idem, cfr. PIERANDREI, Corte Costituzionale, Encicl.
del Diritto, Voi. X, Milano 1962, 978 e segg.; CHIEPPA, Ancora sulla riproponibilit
di questione di legittimit costituzionale, ecc., in Giur.
Cast., 1961, 1063; v. anche Cass. Sez. Un., 22 gennaio 1958, N. 147, Giust.
Civ., 1958, I, 1093 e segg.; Cass., Sez. Un., 18 aprile 1962, N. 770, Giust.
Civ., 1962, III, 253, ove si insegna che la decisione della Corte Costituzionale
che dichiari l'infondatezza della questione si deve ritenere emessa
dal giudice a quo del processo e deve avere la stessa portata di una
sua decisione incidentale sulla questione.
(2) Sulla brevettabilit dei procedimenti per la produzione dei medicinali
ed in senso negativo, de jure condito, v. gi Cass., Sez. Un.,
20 maggio 1959, n. 1522, Giur. Cast., 1959, 1334 e segg. Conformi alla
sentenza in rassegna sono anche le sentenze della Corte di Cassazione,
di pari data e della stessa Sezione, recanti i numeri 3158 e 3160, emesse
su ricorso della societ Deutsche Gold -u. Silber Scheideanstalt vormals
Roessler, nonch quella in data 29 novembre 1963, della stessa 1 Sezio
RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO
110
(Omissis) . .,..-Con il primo mezzo la ricorrente, denunciando
violazione e falsa applicazione .dell'art. 14 r.d. 29 giugno 1939,
n. 1127 e degli artt. 12 e 14 preleggi, in relazione all'art. 360, n. 3,
c.p.c., assume che la Commissione non ha considerato che il
legislatore, introducendo una deroga al principio generale che .
riconosce ad ogni inventore un temporaneo monopolio dello
oggetto della sua invenzione, ha inteso limitare il divieto di
brevettabilit ai medicamenti veri e propri e ai processi per la
loro produzione, e cio a tutti i rimedi capaci di ridare la salute
ai sofferenti, di curarne le malattie e di prevenirle; sicch
sono brevettabili gi anestetici ed i processi per la loro
produzione, le quali sostanze non possono farsi rientrare tra
i medicinali, perch non hanno alcun potere curativo.
La censura infondata.
La ricorrente riconosce nelle sue difese che esatto il
principio affermato dalla Commissione dei brevetti che la nozione
di medicamento inscindibilmente legata ad un effetto
terapeutico, ma sostiene sostanzialmente che tale effetto non
possa attribuirsi all'anestetico, che a suo avviso sarebbe solo
un mezzo, alla stessa stregua dello strumento chirurgico, insieme
al quale viene di norma usato, rivolto ad abolire la sensibilit
del paziente, sottoposto ad intervento chirurgico, senza
apportare alcun beneficio al male del paziente stesso.
Ora, su questo punto, esattamente la Commissione ha rilevato
che, se il medicamento quel farmaco che riesce di giovamento
diretto o indiretto all'uomo, anche l'anestetico non pu
non essere considerato medicamento. Perch, e il rilievo di facile
intuizione, la speciale propriet dell'anestetico, di abolire la
sensibilit, specialmente quelfo dolorifica, viene utilizzata a
scopo terapeutico, sia come mezzo diretto, nel caso in cui ne
venga fatto uso per eliminare o attenuare un dolore conseguente
a uno stato morboso, sia come mezzo indiretto, quando ven
ne Civile, recante il n. 3064 ed emessa su ricorso della Societ Imperia!
Chemical Industries Ltd. In dottrina v., in senso parimenti negativo,
ROTONDI, Sulla brevettabilit dei procedimenti per la produzione di medicinali,
in Riv. dir. comm. 1952, I, 275 e segg.; REDENTI, In tema di
brevettabilit dei processi di produzione di medicamenti, Id., 1955, II,
199 e segg., con ampie citazioni; JEMOLO, Interpretazione o distorsione
di norme, Riv. dir. industriale, 1955, II, 120; CALAMANDREI, Sulla brevettabilit
o meno dei processi di produzione dei medicamenti, in Foro padano,
1956, I, c. 52 e segg.; contra: EuLA, Brevettabilit dei processi,
ecc., Riv. dir. comm., 1946, I, 27; A.NDRIOLI, L'incostituzionalit dell'art. 14
della legge 20 giugno 1939, n. 1127, in Scritti giuridici raccolti per il
centenario della casa editrice Jovene, Napoli 1954, 623 e segg.
F. C.
PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE
~a usato, nella terapia chirurgica, per eliminare il dolore cagionato
dall'intervento.
Con il s.econdo mezzo la ricorrente -denunciando violazione
degli artt. 2 n. 3 e 6 n. 4 I. 30 ottobre 1859, n. 3731, in
relazione all'art. 3 r.d.l. 24 febbraio 1939, n. 317 e all'art. 360,
n. 3, c.p.c., e violazione dell'art. 2 r.d. 29 giugno 1939, n. 1127
in contrasto con l'art. 14 stesso r. d., in relazione all'art. 360,
n.
3, c.p.c. -assume che:
a) -contrariamente a quanto ritenuto dalla Commissione,
la questione di illegittimit costituzionale dell'art. 14 r.d.
29 giugno 1939, n. 1127 fondata e va, quindi, rimessa alla
Corte Costituzionale. L'art. 16 r.d. 13 settembre 1934, n. 1602,
che riconosceva la brevettabilit dei processi per la produzione
dei medicamenti, aveva valore di interpretazione autentica
dell'art. 2, n. 3, legge 30 ottobre 1859, n. 3731, che ammetteva in
generale la brevettabilit dei processi o metodi di produzione
industriale, senza esclusione dei processi di produzione dei
medicamenti; e poich il legislatore delegante aveva demandato
al Governo di riunire nei tre testi -in cui andava diviso
il testo del 1934 -le rispettive disposizioni della legge del
1934, da mettere in attuazione per prime, nonch le disposizioni
delle leggi e dei decreti vigenti, che restano in vigore
in luogo e vece delle disposizioni da attuarsi in tempi
successivi (art. 3 r.d. I. 24 febbraio 1939, n. 317), il legislatore
delegato, negando la brevettabilit dei processi per la produzione
dei medicamenti, ha ecceduto dalla delega conferitagli,
perch ha modificato in senso diametralmente opposto la norma
dell'art. 16 r.d. n. 1602 del 1934, che era stata semplicemente
differita, e cos ha modificato indebitamente ed arbitrariamente
anche lo stato di diritto e di fatto preesistente secondo
la legge del 1859;
b) contrariamente a quanto ritenuto dalla Commissione,
la norma dell'art. 2 r.d. 29 giugno 1939, n. 1127 in insanabile
contrasto con la norma del successivo art. 14; l'art. 2, disponendo
che il brevetto concernente un nuovo metodo o processo
industriale si estende anche al prodotto ottenuto, purch
questo sia brevettabile, si riferisce soltanto ai processi per la
produzione dei medicamenti, ammettendone la brevettabilit,
perch il prodotto non brevettabile solo il medicamento, e
quindi in contrasto con l'art. 14, che invece nega la brevettabilit
dei processi per la produzione dei medicamenti. Poich
tale contrasto comporta una questione di interpretazione, risolubile
con la interpretatio abrogans, come esattamente rilevato
-
112
RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO
dalla Commissione, va accordata prevalenza alla norma dello
art. 2, che pi risponde alle esigenze e finalit dell'argomento.
Anche queste censure non colgono nel segno.
La ricorrente ripropone la questione circa la incostituzionalit
dell'art. 14 del r.d. 29 giugno 1939, n. 1127, che nel suo
contenuto esorbiterebbe dalla delega legislativa, di cui al r.d.l.
24 febbraio 1939, n. 317.
La questione, come ben noto, stata gi decisa dalla
Corte Costituzionale; che, con sentenza n. 37 del 26 gennaio 1957,
si pronunciata per la manifesta infondatezza della questione
stessa e, quindi, per la costituzionalit del divieto della brevettabilit
dei procedimenti per la produzione dei medicamenti,
sancito nella indicata norma.
Ora, esatto che le pronunce della Corte Costituzionale,
le quali dichiarino infondata una questione di illegittimit costituzionale,
non hanno l'efficacia vincolante di quelle che dichiarino
l'illegittimit costituzionale di una norma, in quanto
dette pronunce non implicano un accertamento assoluto ed immutabile
della legittimit della norma, ma spiegano influenza
solo sulla valutazione della questione, nel senso che questa deve
essere risolta nello cStesso modo, se non. esistono ragioni per
adottare una soluzione diversa; e che, quindi, se si prospettino
nuovi profili o si adducano argomenti nuovi, eventualmente
desunti da ulteriori svolgimenti dei principi informatori dello
ordinamento giuridico, la questione pu essere riconosciuta fondata
(sent. 1522 e 1702 del 1959; 770 e 1918 del 1962).
Ma la ricorrente non adduce argomenti diversi da quelli
gi vagliati e che hanno determinato l'indirizzo -che qui si
riconferma -secondo cui, a norma della legislazione vigente,
non possono costituire oggetto di brevetto i procedimenti per
la fabbricazione di medicamenti (sent. 763, 1522 e 1702 del
1959; 2073 del 1960).
E' sufficiente qui ricordare che l'art. 2 del R. D. 29 giugno
1939 n. 1127, nello estendere il brevetto di un metodo o
processo al prodotto ottenuto, alla condizione che questo possa
formare oggetto di brevetto, si coordina perfettamente con il
divieto della brevettabilit dei medicinali.
Non vero che, esclusa la applicabilit ai medicamenti, la
norma non potrebbe avere applicazione, poich pu ipotizzarsi
il caso di un procedimento nuovo, riferentesi ad un prodotto,
che abbia gi formato oggetto di privativa; quello di un procedimento,
che dia luogo ad un prodotto avente i caratteri di
modello industriale; quello di un procedimento, che possa por
PARTE I, SEZ, III, GIURISPRUDENZA CIVILE 113
tare a prodotti differenti, alcuno lecito ed altro no, perch nocivo
alla salute pubblica o contrario al buon costume.
E si deve, perci, concludere che la disposizione dell'art. 2
della I. n. 1127 del 1939 ha una portata di carattere generale,
perch si riferisce genericamente ai metodi e processi industriali
e non ai particolari procedimenti per la produzione dei
medicamenti, regolati nel successivo art. 14 della stessa legge,
che ne sancisce la non brevettabilit.
Il ricorso deve, in conseguenza, essere rigettato. -(Omissis).
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 14 dicembre 1963, n. 3166 -
Pres. Pece -Est. Pece -P.M. Colonnese (conf.) -Comune
di Palermo c. Portinaio.
Espropriazione per pubblica utilit -Occupazione in via d'urgenza da
parte della Pubblica Amministrazione -Protrazione ultrabiennale
della medesima senza. il perfezionamento della procedura espropriativa
-Trasformazione dell'immobile in seguito a costruzione
dell'opera pubblica -Risarcimento dei danni -Liquidazione.
CL 25 giugno 1865, n. 2359, art. 73; e.e., artt. 2043, 2056, 2058).
Espropriazione per pubblica utilit -Indennit -Danno risarcibile per
protrazione ultrabiennale senza titolo di occupazione d'urgenza Destinazione
dell'area a sede di opera pubblica prevista nel piano
cli Ricostruzione -Irrilevanza.
Cl. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 39; I. 27 ottobre 1951, n. 1402, art. 9).
Il risarci1nento del danno subito dal proprietario di un immobile
occupato dalla pubblica amministrazione e trasformato
in sede stabile di un'opera pubblica, senza che sia intervenuto
successivamente il decreto di espropriazione, sostitutivo del
diritto alla reintegrazione in forma specifica nella disponibilit
del bene, attesa la impossibilit della sua restituzione, epper
deve essere liquidato con riferimento al valore dell'immobile al
momento della decisione (1).
La determinazione dell'inl.ennit di espropriazione, ovvero
quella del risarcimento del danno, sostitutivo della mancata restituzione
dell'immobile, nel caso che esso sia stato trasformato
in sede stabile dell'opera pubblica senza che sia intervenuto il
decreto d'espropriazione, devono aver luogo -ove non sia applicabile
alla specie una eccezionale disposizione di piano regola
(1) Conf. Cass. 19 giugno 1961, n. 1440, Giur. it., 1962, I, 1, 1380, ove
si legge (Ibidem, 1382) che poich l'azione di restituzione ha indubbiamente
natura reale, tale deve ritenersi-anche quella (nel caso, sostitutiva ed
114 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO
1
tore -senzu tener conto del vincolo coituito dalla destinazione ..
prevista nel piano di ricostruzione. La legge regolatrice dei . .
1
piani di ricostruzione richiama, infatti, l'art. 39 della legge 25 :::
giugno 1865 n. 2359, che, interpretato in coordinazione col successivo
art. 42, sancisce il principio per cui l'indennit d'espropriazione
deve essere sottratta ad ogni indebito arricchimento
e ad ogni ingiusto sacrificio da parte del soggetto espropriato (2).
(Omissis). -In quanto alla seconda censura (mancata rilevanza
della incidenza negativa del piano di ricostruzione in
relazione al valore del terreno espropriato), va richiamato che,
per fermo indirizzo di questa Corte Suprema (sent. n. 1644
del 1961, n. 1560 del 1962, n. 206 del 1963) . vero che, ai fini
del vincolo alla destinazione prevista nel piano di ricostruzione,
quest'ultimo ha l'efficacia di un piano regolatore particolareggiato,
ma che la determinazione della indennit di espropriazione
non ne resta influenzata.
Tale insensibilit giustificata dal richiamo che la legge
regolatrice dei piani di ricostruzione (legge n. 1402 del 1951) fa
all'art. 39 della legge fondamentale del 25 giugno 1865, n. 2359,
postoch, a sua volta, l'art. 39 predetto pacificamente interpretato
(in coordinazione con il successivo art. 42) nel senso
equipollente) di attribuzione dell'indennizzo, per l'identica finalit a
cui si ispira . Per cenni critici v. AGOSTINO, in nta alla medesima sentenza,
Ibidem, 1381 e seg. Si vedano anche, in senso conforme alla sentenza
in rassegna, Cass. 10 ottobre 1962, n. 2919, Giur. it., Mass. 1962,
984, ove si avverte che il risarcimento sostitutivo della mancata restituzione
dell'immobile (oltre all'indennizzo per il mancato godimento)
soddisfa ed esaurisce tutti i diritti spettanti a tal titolo al proprietario,
al quale, pertanto, non compete alcun altro compenso per il successivo
trasferimento del diritto di propriet; 19 maggio 1962, n. 1153,
Foro it., Mass. 1962, 356; 16 maggio 1962, n. 1105, Foro it., 1962, I, 2099;
14 maggio 1962, n. 1002, Foro Amm. 1962, II, 313; 19 giugno 1962,
n. 1560, Giur. Sic., 1962, 454. Sul rapporto fra l'azione risarcitoria del
privato proprietario dell'immobile occupato dalla P.A. senza titolo ed
il potere di quest'ultima di procedere ugualmente a regolare espropriazione
del bene v. Cass. 18 aprile 1962, n. 753, Giur. it., Mass. 1962,
267; 29 maggio 1962, n. 1282, Giust. Civ. 1963, I, 147; 24 gennaio 1962,
n. 118, Giust. Civ., 1962, I, 1542; Sez. Un., 17 maggio 1961, n. 1164,
Foro it., 1961, I, 1699, con ampia nota di richiami; Id., 24 ottobre 1960,
n. 2892, Foro it., 1961, I, 61; Id., 22 luglio 1960, n. 2087, 14 luglio 1960,
n. 1918 e 30 ottobre 1959, n. 3204, Foro it., 1960, I, 1702 e 1703.
(2) Conf. Cass. 10 luglio 1961, n. 1644, Giust. Civ., 1961, I, 1564 e
seg., ove si mette in evidenza che il principio generale quello del giusto
prezzo e che le ipotesi eccettuative devono essere espressamente
stabilite e sono di stretta interpretazione; Cass. 19 giugno 1962, n. 1560,
Sett. Cass., 1962, 689 e, con la motivazione, Giur. Sic., 1962, 454,
ove si sottolinea il carattere eccezionale delle norme, che sanciscono
PARTE I, SEZ, III, GIURISPRUDENZA CIVILE 115
che la liquidazione della indennit di esproprio deve essere sottratta
ad ogni indebito arricchimento e ad ogni ingiusto sacrificio
da parte del soggetto espropriato. Di qui la conseguenza
che, come l'espropriato non pu avvantaggiarsi dell'aumento
di valore dipendente dall'opera pubblica in vista della quale
egli sub l'espropriazione, cos non pu risentire dello svantaggio
dipendente dal vincolo dettato dalla legge in previsione
del compimento dell'opera pubblica.
Ora, i principi di cui sopra, vigenti in tema di regolare procedimento
di espropriazione, a maggior ragione devono essere
applicati, come gi notato altra volta da questa stessa Sezione
(sent. n. 206 del 1963), quando, come nella specie in esame, si
verta in tema di illegittima occupazione del bene (sine titulo) da
parte della pubblica amministrazione.
D'altra parte, quando le leggi di approvazione di determinati
piani regolatori (ad es. il r.d.l. 6 luglio 1931, n. 981, riguardante
il piano regolatore per la citt di Roma) hanno voluto
che la destinazione dell'area (a piazze o strade di pubblico uso)
incidesse negativamente sul calcolo del valore venale del bene
espropriato, ci hanno sancito esplicitamente.
Donde la conseguenza che, in mancanza di un espresso disposto
di legge, la determinazione della indennit di esproprio
e, a maggior ragione e come si gi detto, la determinazione del
danno risarcibile, nella ipotesi di occupazione sine titulo, non
restano influenzate negativamente dall'eventuale declassamento
del terreno per effetto del piano di ricostruzione. -(Omissis).
la rilevanza del vincolo di inedificabilit al fine della determinazione
delle indennit espropriative, contenute nelle leggi di approvazione di
piani regolatori; Cass. 7 febbraio 1963, n. 206, Giur. it., Mass. 1963,
67; Id., 7 maggio 1963, n. 1124, Ibidem, 382. In argomento, si veda anche
la motivazione della sentenza 3 gennaio 1963 del Tribunale di Firenze,
in Giur. it., 1963, I, 2, 61 e seg. Sulla parallela regola ex art. 42 1. 25 giugno
1865, n. 2359 d'esclusione dal calcolo dell'indennit espropriativa
dell'aumento di valore che deriverebbe all'immobile espropriato per
effetto dell'esecuzione dell'opera pubblica e sulla applicabilit di tale
principio (v. art. 38 I. 17 agosto 1942, n. 1150, per quanto riguarda gli
incrementi di valore derivati dalla esecuzione dei piani regolatori) ai
piani di sviluppo delle zone industriali, quando si tratti di espropriazioni
disposte a favore della Pubblica Amministrazione, v. Relazione Avvocatura
dello Stato, 1956-1960, vol. III, Roma 1961, 335-337. In dottrina,
sui piani regolatori, v. PREDIERI, Profili costituzionali, natura ed effetti dei
piani urbanistici nelle opinioni della dottrina e nelle decisioni giurisprudenziali,
in Riv. trim. dir. pubbl., 1961, 224 e segg.; sui piani di ricostruzione
v. VIGNOCCHI, Piani di ricostruzione, in Studi in onore di A. D. Giannini,
Milano 1962.
F. C.
~I
SEZIONE QUAIL...,,., fo.;:";,,b......"" ..=-..<
PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 131
Tasse e imposte comunali -Sovraimposte -Deliberazione istitutiva
Valutazione dei presupposti -Riferimento alle esigenze del bilan
cio -Illegittimit.
(t.u. c. e p. del 1934, artt. 306 e 332; 1. 2 luglio 1952, n. 703, art. 24;
1. 6 ottobre 1962 n. 1468).
Gli atti deliberativi dei Comuni in materia di~ aumenti di
imposte oltre la tariffa massima diventano esecutivi per effetto
dell'autorizzazione, anche se concessa successivamente, della
Commissione Centrale della Finanza locale e della G. P. A. E'
valida, pertanto, la c.d. autorizzazione successiva ai fini della
legittimit (e della esecutoriet) delle deliberazioni comunali (1).
La deliberazione istitutiva di sovraimposte, incidendo in
modo grave sugli interessi patrimoniali dei contribuenti, deve
essere adottata in base a un ponderato esame della situazione
economico -finanziaria. E' pertanto illegittima la deliberazione
che, nell'istituire la supercontribuzione, faccia generico riferimento
alle esigenze del bilancio, anche se formulate nel senso di
ottenerne il pareggio (2).
(Omissis). -Censure analoghe a quelle dedotte con gli altri
motivi sono state gi esaminate dalla Sezione con decisione in
pari data, emessa su ricorso proposto dalla stessa Soc. Autostrade
nei confronti del Comune di S. Benedetto Val di Sam
(1) Puntuale applicazione delle norme interpretative contenute nella
I. 6 ottobre 1962, n. 1468. In precedenza la Cassazione si era pronunciata
nel senso della illegittimit della deliberazione relativa a una tariffa
superiore al massimo e adottata prima dell'autorizzazione, e .nel senso
della invalidit della c,d. autorizzazione successiva: Cass. 20 febbraio 1961,
n. 370, Foro it., Mass., 1961, 82.
(2) Esatta delimitazione del potere attribuito ai Comuni per imporre
sovrimposte ai sensi degli artt. 306 e 332 t.u. c. e p. del 1934 ed ai sensi
dell'art. 95 t.u. fin. loc. modificato dall'art. 24 l. 2 luglio 1952, n. 703. Non
infatti sufficiente un generico riferimento alle esigenze del bilancio
per giustificare la imposizione di sovrimposte; n sufficiente uno specifico
riferimento alle esigenze di ottenere il pareggio del bilancio. E' invece
necessaria, dato che le richiamate norme delimitano le circostanze (accertate
necessit, casi eccezionali) nel cui concorso quel potere va esercitato,
una completa valutazione della situazione economico-finanziaria e, se s'intende
conseguire il pareggio, occorre, in particolare, considerare l'entit
del gettito delle entrate ordinarie, che deve apparire insufficiente per le
esigenze dell'ente e ~iustificare cos l'adozione della maggiorazione delle
imposte. (Il 5 comma dell'art. 332 t.u. c. e p. -prima della modifica
di cui alla I. 16 settembre 1960 n. 1014, art. 23 - stato dichiarato illegittimo
dalla Corte Costituzionale con sentenza 30 gennaio 1962 n. 2,
Giuris. Cast., 1962, 15).
La Cassazione si occupata dell'impugnabilit della deliberazione
comunal.'I: istitutiva di tributo speciale, da altro aspetto; e cio se avverso
132 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO
bro avverso la deliberazione istitutiva delle supercontribuzioni
per l'anno 1960, dalla quale il Collegio ritiene di non doversi discostare.
In particolare, si osserva che il secondo motivo, con il quale
viene denunciata la violazione degli artt. 95, ultimo comma, t.u.
14 settembre 1931, n. 1175, e 306 t.u. 3 marzo 1934, n. 383, infondato.
Nelle more del presente giudizio entrata in vigore la.1. 6 ottobre
1962, n. 1468, dal titolo Interpretazione autentica degli articoli
306 e 332 del testo unico della 1. com. e prov. 3 marzo 1934,
n. 383, e successive modificazioni, e dell'art. 95 del t. u. per la
fin. loc. 14 settembre 1931, n. 1175, e successive modificazioni.
Il dichiarato carattere di interpretazione autentica delle
disposizioni legislative in materia, proprio della citata legge,
ed espressamente ribadito nel testo della medesima, preclude
ogni indagine circa l'effettiva portata della nuova norma. Come
risulta dalla stessa sua formulazione e si desume dai lavori
preparatori (v. relazione sulla proposta di I. n. 3671, presentata
alla Camera dei Deputati il 22 marzo 1962), essa ha
voluto stabilire che gli atti deliberativi dei Comuni in materia
di aumenti di imposte -oltre la tariffa massima -di
di essa, prima ancora che sia stato compiuto l'accertamento nei confronti
dei singoli contribuenti, sia ammissibile, da parte di costoro, l'impugnativa,
ed il S.C. (Sez. Un. sent. n. 2519/51, in questa Rassegna, 1952, 41, con
nota di A. Cmcco) ha formulato la seguente massima: La deliberazione
comunale istitutiva di un tributo speciale non ancora accertato nei confronti
dei singoli contribuenti non spiega la sua incidenza su determinati
soggetti dell'obbligazione tributaria, che possano, per ci solo, ritenersi
lesi in un loro diritto. Non pu, quindi, parlarsi in tale ipotesi, di diritto
soggettivo, che si ha solo con riferimento a posizioni individuali, assunte
lese non potenzialmente ed eventualmente, ma concretamente, dall'imposizione.
Conseguentemente non sufficiente invocare la possibilit astratta
di una lesione, in dipendenza del provvedimento generale amministrativo
che istituisca il tributo, per chiedere davanti al giudice ordinario l'attuazione
di una concreta volont di legge che si assume esistente a proprio
favore, restandosi sempre nel campo della tutela di un interesse legittimo
ma non gi di un diritto soggettivo.
Fino a quando l'imposizione del tributo ha una illimitata latitudine
della sua possibilit di espansione sui soggetti passivi del tributo, svincolata
da ogni riferibilit personale, diretta e attuale, non si ha lesione
in atto. In tal caso, l'interesse del cittadino non diventa autonomo con
autonomia di mezzi di tutela, ma rimane conglobato con l'interesse collettivo,
e rimesso pertanto, come interesse generale di tutti e di ciascuno
della regolarit dell'azione amministrativa, alla tutela dello stesso ente
pubblico.
In tale situazione manca al cittadino l'interesse qualificato ad agire
e la relativa questione si risolve in questione di giurisdizione .
PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 133
ventano esecutivi per effetto dell'autorizzazione, anche se concessa
successivamente, della Commissione Centrale per la Finanza
Locale, delle Giunte Provinciali Amministrative e dei
corrispondenti organi delle Regioni a statuto speciale e che
non si fa luogo a restituzione di somme gi pagate in base
a deliberazioni comunali per le quali sia comunque intervenuta
l'autorizzazione .
La legge in esame riconosce, quindi, la validit della c.d.
autorizzazione successiva ai fini della legittimit (e della esecutoriet)
delle deliberazioni comunali istitutive delle sovraimposizioni.
E poich, per il suo carattere interpretativo, ha effetto
retroattivo, .sicuramente applicabile nel caso in esame.
Consegue che la deliberazione comunale che ha approvato la
tariffa ordinaria e ha istituito le maggiorazioni delle imposte
di consumo, approvata dalla G.P.A. con autorizzazione alla
applicazione delle supercontribuzioni , si sottrae alla censura
dedotta sotto tale profilo.
Sul terzo e sul quarto motivo osserva la Sezione che, ai
sensi dell'art. 95 t.u. n. 1175 del 1931, modificato dall'art. 24
della 1. 2 luglio 1952, n. 703, i Comuni possono essere autorizzati
ad aumentare le tariffe delle imposte di consumo in caso
di accertata necessit. Le modalit e i criteri di applicazione
della norma suddetta sono stabiliti dall'art. 306 t.u. n. 383
del 1934, secondo il quale (sesto comma) la G.P.A., in casi eccezionali,
pu autorizzare ulteriori aumenti delle tariffe massime
fino al limite del 50%.
L'esercizio di siffatto potere vincolato a precisi presupposti,
onde non consentito all'Amministrazione prescindere
dalla considerazione delle particolari circostanze ( accertata
necessit ed eccezionalit del caso ), che, sole, giustificano
la sovraimposizione. Ne deriva che non sufficiente il generico
riferimento alle esigenze del bilancio, che si legge nella
deliberazione comunale in questione.
Nel corso della discussione orale, la difesa del Comune ha
obiettato che la censura di difetto di motivazione, dedotta sotto
tale profilo, inconferente, perch l'Amministrazione non
si sarebbe avvalsa del potere di cui all'art. 95 t.u. fin. loc. ma li
quello conferitole dall'art. 332, quinto comma, t.u. c. e p. e successive
modificazioni appunto in relazione all'esigenza di conseguire
il pareggio del bilancio. E il riferimento alla detta esigenza,
contenuto nella deliberazione comunale, costituirebbe
idonea motivazione. .
Si sostiene cio che la vigente legislazione contempla due
134 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO
poteri di maggiorazione delle imposte di consumo: l'uno, previsto
dall'art. 95 t.u. n. 1175 del 1931, ha per oggetto l'aumento
delle tariffe massime, in caso di accertata necessit e dietro
autorizzazione della G.P.A.; l'altro, contemplato al 5 comma
dell'art. 332 suddetto, concerne i soli Comuni, che non siano
in grado di assicurare il pareggio economico del proprio
bilancio ed ha per oggetto l'aumento delle imposte in genere e,
in ispecie, d.i quelle di consumo.
Ma, anche ammesso che i due poteri siano assolutamente
diversi per le finalit che si propongono e che il Comune di
S. Benedetto Val di Sambro si sia avvalso del potere di cui
all'art. 332, 5 comma, t.u. 3 marzo 1934, n. 383, il semplice
riferimento alle esigenze di bilancio, ripetendo tautologicamente
le parole della legge, si palesa quale una mera clausola
di stile, insufficiente a giustificare l'esercizio di un potere,
previsto pur sempre, nel sistema della finanza locale, per casi
eccezionali.
In ogni modo, la deliberazione istitutiva delle supercontribuzioni,
che cos gravemente incide sugli interessi patrimoniali
dei contribuenti, deve essere adottata in base a un ponderato
esame della situazione economico -finanziaria del Comune. E
le necessit del bilancio, invocate nel provvedimento impugnato,
non potrebbero, a stretto rigore, essere accertate se
non in occasione della formazione e dell'approvazione del bilancio
; il che non avvenuto nella speci.
La ricorrente deduce, ulteriormente, che il Comune non ha
tenuto conto delle ripercussioni che sul bilancio avrebbero
avuto le entrate provenienti dall'applicazione della tariffa massima
ordinaria delle imposte di consumo sui materiali da impiegare
nella costruzione dell'autostrada.
Anche tale censura fondata.
La valutazione della sovraimposizione derivante dal gettito
ordinario delle imposte di consumo costituisce effettivamente
il presupposto delle deliberazioni istitutive delle so.
vraimposizioni. La necessit dell'applicazione delle medesime
, infatti, determinata proprio dalla insufficienza delle
entrate ordinarie a fare fronte a certe esigenze.
Occorre, pertanto, che il Comune consideri anzitutto l'entit
del gettito di queste ultime, al fine di stabilire se debba,
tuttavia, ricorrere all'adozione delle maggiorazioni delle imposte.
Le sovraimposizioni, poi, costituendo nel sistema della finanza
locale un rimedio eccezionale, vanno contenute -entro
i limiti massimi stabiliti dalla legge -nella misura indi-
Il
.
.
:
~
PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 135
spensabile ad assicurare il soddisfacimento delle esigenze, in
relazione alle quali sono deliberate.
Nella specie, la maggiorazione della tariffa stata adottata
ai fini del pareggio del bilancio . Dunque, lo stesso Comune,
con tale formula, ha inequivocamente affermato di volere
contenere l'aumento nei limiti occorrenti al ripiano del bilancio.
Ma, a tale fine, avrebbe dovuto, in primo luogo, tenere
conto dell'entit della sovraimposizione attiva derivante dal gettito
ordinario delle imposte e, poi, se fosse stato tuttavia necessario,
avrebbe potuto procedere alla sovraimposizione nei
limiti suindicati. L'Amministrazione obietta che, in quel momento,
il credito per le imposte ordinarie non era certo, essendo
stata contestata dalla Societ ricorrente la stessa assoggettabilit
dei materiali occorrenti per l'esecuzione dei lavori
all'imposta di consumo. Ma l'argomento non ha pregio.
I bilanci comunali sono, infatti, bilanci di competenza e
non di cassa e, pertanto, nella previsione non poteva non tenersi
conto del credito in questione. D'altra parte, il Comune
aveva gi in deposito il terzo presunto dell'imposta, onde era
in possesso di tutti gli elementi necessari per valutare l'entit
della sovraimposizione e le sue ripercussioni sul bilancio.
Il ricorso deve essere, quindi, accolto. (Omissis).
CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 25 settembre 1963, n. 773
. , Pres. Chiofalo -Est. Scotto -Moscatelli c. Ministero In
terni e Opera pia Fondazione Figlio di Mamma Rosa .
Istruzione pubblica -Maestri elementari -Concorso per maestro elementare
in soprannumero -Conseguita idoneit -Annullamento
del concorso -Bando di un cocorso magistrale per titoli -Esibizione
del certificato della conseguit idoneit poi annullata Esclusione
dal concorso ~ Legittimit.
(1. 17 luglio 1890, n. 6972, art. 46; t.u. c. e p. del 1934, art. 19;
1. 8 marzo 1947, n. 277).
E' legittimo il provv~dimento col quale il Prefetto, avvalendosi
del potere eccezionale di urgente necessit, fatto salvo
dalla prima parte dell'art. 46 l. 17 luglio 1890, n. 6972 e
da esercitarsi con funzione surrogatoria non soltanto sugli uffici
pubblici, ma anche sugli enti pubblici che svolgano com~
piti di carattere ausiliario a quelli dello Stato (nella specie
opera pia), abbia nominato un Commissario straordinario per
procedere ad una completa normalizzazione amministrativa e
patrimoniale dell'ente, la cui attivit era stata paralizzata in
RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO
136
,seguito alle dimissioni, sebbene non ancora accettate, della,
maggioranza dei componenti del Consiglio di amministrazio
ne (1).
(1) Massima esatta; cfr. per un caso analogo Sez. IV, 30 ottobre 1951,
n. 719. Non vi dubbio infatti che l'art. 46 I. n. 6972, nel disciplinare uno
speciale procedimento per lo scioglimento delle amministrazioni delle opere
pie, abbia fatto salvi i provvedimenti di urgente necessit, tra i quali
rientmno appunto quelli previsti dall'art. 19 t.u. c. e p., modificato dalla
I. 8 marzo 1949, n. 277, che attribt1isce all'autorit prefettizia una funzione
surrogatoria nei riguardi degli enti pubblici che esercitano attivit ausiliaria
a quella dello Stato e che per circostanze contingenti e imprevedibili
non sono in grado di funzionare (come nel caso di dimissioni della
maggioranza dell'organo deliberante).
Deve peraltro ritenersi che il provvedimento prefettizio, essendo stato
emanato ai sensi della I. n. 277, doveva, come in effetti stato, conside~
rarsi definitivo.
CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 16 ottobre 1963, n. 739 -Pres.
Stumpo -Est. Melito -Soc. Turismo e Autolinee Roma
(S.T.E.A.R.) c. Ministero Trasporti.
Concessioni amministrative -Trasporti in concessione -Autolinee Preferenze
-Nuova concessione -Posizioni dei precedenti concessionari
-Preferenze -Limiti.
Cl. 28 settembre 1939, n. 1822, art. 5).
I, diritti di preferenza, ai sensi dell'art. 5, della l. 28 settembre
1939, n. 1822, hanno finalit conservative, nel senso che essi
intendono, con la conservazione del traffico gi acquisito, tutelare
le posizioni precostituite dei precedenti concessionari ed
il contenuto economico delle concessioni, ma non nel senso di
favorire un indefinito ampliamento delle sfere concessionali
esistenti (1 ).
) Giurisprudenza costante: cfr. Sez. IV 18 maggio 1956, Il Consiglio
di Stato, 1956, I, 578; Sez. IV, 18 maggio 1956, n. 511, ivi, I, 579; Sez. IV,
6 giugno 1956, n. 581, ivi, I, 615.
-:~
CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 16 ottobre 1963, n. 743 -Pres.
Stumpo -Est. Daniele -Russo c. Ministero P. I.
Istruzione pubblica -Maestri elementari -Concorso per maestro elementare
in soprannumero -Conseguita idoneit -Annullamento
del concorso -Bando di un concorso magistrale per titoli -Esibizione
del certificato della conseguita idoneit poi annullata -Esclus1one
dal concorso -Legittimit.
PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 137
. Regione siciliana -Maestri elementari -Passaggio dei servizi dallo
Stato alla Regione -Non ancora intervenuto -Incompetenza
della Regione ad emettere norme di immediata applicazione sullo
stato giuridico degli insegnanti elementari.
(Statuto spec. per la Reg. sicil., art. 14, lett. q.; art. 3).
In seguito all'annullamento del concorso a posti di maestri
in soprannumero, nel quale sia stata conseguita la idoneit,
legittima la esclusione di un aspirante dal concorso magistrale
per titoli, in cui sia stato esibito, quale titolo di ammissione, il
certificato della annullata idoneit (1 ).
Le Regione Siciliana ha competenza legislativa esclusiva in
materia di istruzione elementare; ma il relativo potere non pu
essere esercitato prima del passaggio delle funzioni dallo Stato
alla Regione. Di conseguenza, le norme emanate dalla Regione in
materia di stato giuridico dei maestri sono legittime solo in
quanto non siano dirette a produrre immediata modificazione.
della condizione giuridica del personale; esse devono ritenersi
emanate in vista del futuro passaggio delle funzioni e non sono
quindi applicabili immediatamente ai maestri, i quali restano
amministrati dalla Regione, quale organo decentrato dello
Stato (2).
{1-2) La prima massima valuta con esattezza le conseguenze giuridiche
che sono derivate dall'annullamento della 1. reg. sic. 6 maggio 1955,
n. 40 (pronunciato dalla Corte Costituzionale, 8 luglio 1959, n. 44, Giuris.
cast. 1959, 724), in base alla quale il concorso per maestro in soprannumero
era stato espletato.
La seconda massima s'informa al principio gi affermato dalla Corte
Costituzionale (19 dicembre 1959, n. 63, riv. cit. 1959, 1148), secondo il
quale la Regione Siciliana '11.0n pu emanare norme relative allo stato giuridico
degli insegnanti elementari prima che, con l'osservanza del procedimento
stabilito dall'art. 43 dello Statuto, gli insegnanti stessi siano passati
dallo Stato alla Regione (cfr. anche Corte Cost. 24 gennaio 1964, n. 3,
retro, 12; Ad plen. 23 giugno 1953, n. 1, Il Consiglio di Stato, 1953, 761).
CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 16 ottobre 1963, n. 535 -Pres.
D'Avino -Est. Manzari -Ammendola c. Ministero Lavori
Pubblici.
Edilizia popolare ed economica Alloggi cooperativi -Assegnazione Ricorso
'di soggetto estraneo alla cooperativa -Pronunzia della
Commissione -Illegittimit.
138
RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO
Edilizia popolare ed economica -Commissione di vigilanza -Attribu
zioni di vigilanza e di decisione -Distinzione -Pronunzia -Moti
vazione -Perplessit -Illegittimit.
(t.u. 28 aprile 1938, n. 1165, artt. 111, 131).
Non legittimato a ricorrere alla Commissione di vigilanza
per l'edilizia popolare ed economic, al fine di far dichiarare la
decadenza dell'assegnazione di alloggio cooperativo, chi non sia
socio n aspirante socio della cooperativa (dovendosi ritenere
estraneo alla cooperativa colui che, in dipendenza dell'avvenuta
locazione di alloggio cooperativo, sia un semplice affittuario) (1).
La Commissione di vigilanza ha attribuzioni di vigilanza, che
esercita di ufficio a tutela dell'interesse pubblico, ed attribuzioni
decisorie che esercita su ricorso degli interessati: le due funzioni
non si confondono tra di loro, ma devono rimanere distinte
ed autonome, con la conseguenza che deve ritenersi illegittima
la pronunzia nella quale la Commissione non dichiari
espressamente, o quanto meno non possibile determinare con
assoluta certezza, se essa sia stata emessa ex officio o su ricorso
(2).
(1-2) Su entrambe le massime la giurisprudenza costante: sulla prima
cfr. Sez. IV, 11 marzo 1959, n. 368, Il Consiglio di Stato, 1959, I, 345 e
giuris. ivi cit.; sulla seconda cfr. Sez. VI, 7 novembre 1962, n. 779, ivi,
1962, I, 1884.
CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 30 ottobre 1963, ri.. 797 Pres.
De Martino Rosaroll -Est. -Valitutti -Amm.ne Orfanotrofi
di Brescia c. Ministero P. I.
.Demanio -Demanio storico e artistico -Vincolo di interesse storico e ru
artistico -Notifica precedente alla 1. n, 1089 del 1939 -Rinnovazione
-Autonomia rispetto al precedente vincolo -Presupposti -Accertamento
-Necessit.
(1. 1. giugno 1939, n. 1089, art. 21).
'
l
t
L'atto di rinnovo, ai sensi dell'art. 21 l. 1 giugno 1939,
~!
n. 1089, di vincolo storico e artistico precedentemente notifi~
i;
cato deve essere motivato con l'indicazione, diretta o per rela.
tionem delle concrete ragioni giustificative del provvedimento. '
Esso autonomo rispetto al precedente vincolo : la rinnovaziol
ne, infatti, deve essere valutata sulla base delle condizioni di ~
~
f.i;;
.
'
irn
. [~
lllffllrefif.8tr-rl'1IJBW'Wl{ftff.:4'ITWf~-;WfJi-.;t.f011rw11mzJW...~
~~,Al-;;, "~ m ftK... ;;,~~;-. ",-. tL Yp ,,#h :..illlw.0ffiill.ll,, Y. y,.;;:},,%',Y. )j
PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 139
fatto alla data della rinnovazione, e l'atto deve enunciare la
natura dell'interesse particolarmente importante, nonch il pubblico
interesse alla conservazione del vincolo (1 ).
(1) Giurisprudenza costante: cfr. Sez. VI, 27 gennaio 1960, n. 22, Il
Consiglio di Stato, 1960, I, 93; 25 gennaio 1961, 51, ivi, 1961, I. 127..
CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 31 ottobre 1963, n. 798 -Pres.
D'Avino -Est. Valitutti -Amm.ne Orfanotrofi. di Brescia c. Mi
nistro P. I.
Demanio -Demanio storico e artistico -Vincolo di interesse storico e
artistico -Contenuto -Indeterminatezza -Illegittimit.
(1. 1. giugno 1939, n. 1089, art. 21).
Il potere, attribuito al Ministro della P. I. dall'art. 21 l. 1 giugno
1939, n. 1089, rivolto a prescrivere distanze, misure ed altre
norme al fine di evitare che sia messa in pericolo l'integrit
delle cose immobili aventi valore storico e artistico, ne sia danneggiata
la prospettiva e la linea e ne siano alterate le condizioni
di ambiente e di decoro, imponendo cos dei vincoli
alla propriet privata non in considerazione del valore intrinseco
dei beni (c.d. vincolo diretto), ma per la relazione ambientale
che i beni stessi hanno con gli immobili di valore storico
e artistico (c.d. vincolo indiretto). Il relativo provvedimento,
a seconda della natura dell'interesse da tutelare, deve
con precisione determinare il contenuto del vincolo, che attribuito
alla competenza esclusiva de,l Ministro (1).
E' pertanto illegittima l'imposizione del vincolo quando il
Ministro non abbia specificato gli oneri imposti al proprietario
e ne abbia rimesso la futura determina?,ione al soprintendente
(2).
(1-2) Giurisprudenza costante: cfr. Sez. VI, 14 ottobre 1959, n. 595, Il
Consiglio di Stato, 1959, I, 1385; Sez. VI, 31 maggio 1961, n. 489, ivi, 1961,
I, 1003; Sez. VI, 31 ottobre 1961, n. 811, ivi, 1961, I, 1795; 15 ottobre 1963,
n. 516; 23 ottobre 1963, n. 788.
LODO 30 novembre 1963 (Roma) -Pres. ed Est. Meregazzi -
Soc. it. strade ferrate del Mediterraneo c. Ministero dei
Trasporti e dell'Aviazione civile.
Concessioni amministrative -Sopravvenuta eccessiva onerosit della
prestazione ~ Risoluzione ~ Inammissibilit -Sopravvenuta eccessiva
onerosit di una sola clausola. -Sua eliminazione -Inammissibilit.
-
140
R<\SiEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO
Concessioni amministrative -Concessione di servizio pubblico di ferrovia
-Riscatto -Aree espropriate o acquistate con fondi forniti dallo
Stato a forfait -Devoluzione gratuita a favore dello Stato.
(r.d. 1. 29 luglio 1926, n. 1450; r.d. 9 maggio 1912, n. 1447, art. 186;
e.e. art. 1467).
In tema di concessioni amministrative (nella specie: concessione
di un pubblico servizio di ferrovie) la sopravvenuta eccessiva
onerosit della prestazione non pu comportare la risoluzione
della concessione. In nessun caso, comunque, l'eccessiva
onerosit di una clausola pu dar luogo alla sua eliminazione,
ma comporterebbe in ogni caso la risoluzione del contratto
nella sua interezza; e pertanto le norme sull'eccessiva onerosit
non possono essere invocate quando, eseguito ormai tutto
il contratto, resta da eseguire quella sola parte di esso che si
assume essere divenuta eccessivamente onerosa (1).
In caso di riscatto di una concessione a favore di una industria
privata, avente ad oggetto un servizio pubblico di trasporto
in ferrovia, le aree, che siano state, con fondi forniti dallo.
Stato a forfait, espropriate a favore del concessionario ovvero
da costui acquistate per la costruzione ed il funzionamento della
ferrovia, debbono interamente e gratuitamente essere devolute
allo Stato al momento del riscatto, ai sensi dell'art. 186 t. u.
9 maggio 1912, n. 1447, dovendo le stesse considerarsi pertinenze
della ferrovia, di cui seguono le sorti (2).
(1-2) Non risultano precedenti della Cassazione sulla questione (v.,
tuttavia, in senso contrario lodo 23 giugno 1948, Foro it., 1949, I, 772 con
nota di L. BTAMONTI). La Cassazione invece ha esaminato l'ammissibilit
della risoluzione per eccessiva operosit per i contratti di pubblici appalti
e di pubbliche forniture, escludendola (cfr., per gli appalti, Cass. 30
luglio' 1957, n. 3233, Foro it., 1957, I, 738; per le forniture, Cass. 16 luglio
1956, n. 2719, Giust. civ., 1956, I, 2037, con nota di DI SALVO, I contratti di
pubbliche forniture e la risoluzione per eccessiva onerosit).
Non vi dubbio poi, che l'eccessiva onerosit di una sola clausola
non pu dar luogo alla sua eliminazione, dovendo il contratto considerarsi
ed eseguirsi nella sua interezza. La questione sorta, nella specie,
in relazione alla clausola contenuta nell'art. 42 della convenzione: decorsi
venti anni dal giorno dell'apertura dell'intera rete al pubblico servizio,
lo Stato avr diritto al riscatto della rete stessa: ... b) rilevando il
materiale rotabile al prezzo originario di acquisto sotto deduzione delle
spese occorrenti per renderlo in condizioni normali di manutenzione . Al
riguardo la difesa della societ ha sostenuto che il prezzo originario di
acquisto va inteso come valore originario di acquisto, sul quale non dovrebbero
incidere i deprezzmenti conseguenti all'uso; valore che, in linea
di massima, destinato a diminuire col crescere dell'uso dlla cosa,
ma che, eccezionalmente, pu anche aumentare se intervengono cause ec
PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 141
(Omissis). -In via subordinata, la Societ nell'ipotesi dimostratasi
fondata -che fosse esatta l'interpretazione data
dall'Amministrazione alla clausola contenuta nella lettera b) dell'art.
42 della Convenzione, ritiene che nel caso si applicherebbe
l'art. 1467 del e.e., perch, trattandosi di un contratto ad esecuzione
differita, la prestazione di una delle parti sarebbe divenuta
eccessivamente onerosa per il verificarsi di avvenimenti
straordinari ed imprevedibili.
In linea di principio la stessa difesa della Societ -la cui
profonda competenza ed esp<;!rienza nel campo del diritto pubblico
ben nota -si rende conto che ci si trova di fronte ad
una concessione amministrativa, ad un rapporto, cio, di diritto
pubblico, regolato in gran parte direttamente dalla legge; e
in tale considerazione sarebbe indotta ad escludere che la sopravvenuta
eccessiva onerosit della prestazione possa comportare
la risoluzione dell'intero contratto.
Il Collegio non pu che condividere tale esattissima opinione,
nel rilievo che in materia di concessione di pubblici servizi,
tutte le disposizioni di legge e le clausole dei disciplinari sono
intese ad assicurarne comunque l'espletamento anche contro lo
interesse del concessionario ed in qualsiasi evenienza. Applicazione
di tale principio l'art. 79, r comma, del T.U. 9 maggio 1912,
n. 1447, a mente del quale i concessionari delle ferrovie pubbliche
debbono provvedere a tutti i casi e sottostare a tutti
gli eventi, cos ordinari come straordinari, senza potersi esicezionali,
di cui la pi nota la svalutazione monetaria. Insomma, secondo
la societ, si deve considerare quanta moneta, secondo il valore attuale
di essa, occorre per acquistare materiale identico a quello a suo
tempo acquistato dalla :mciet, unica esigenza da osservare essendo quella
di consegnare materiale in normali condizioni di manutenzione. Se al contrario,
ha aggiunto la societ, il prezzo originario di acquisto. dovesse
intendersi, in conformit alla tesi dell'Amministrazione, come prezzo che
si corrisponde all'atto di acquisto di tUJ;a cosa, potrebbe eccepirsi la non
esecuzione deJ.la clausola di consegna del materiale mobile, per sopravvenuta
eccessiva onerosit. La tesi stata esattamente respinta dal Collegio,
sia perch una clausola non pu scindersi dal complessivo contenuto
del contratto, che va interpretato nella sua interezza, sia perch l'eccessiva
onerosit presuppone l'attuale esecuzione del contratto stesso, e
non la risoluzione o la estinzione, che ha luogo in virt del riscatto.
La seconda massima individua e delimita le conseguenze che discendono
dal riscatto di una concessione di pubblico servizio, ponendone
in rilievo gli effetti devolutivi, in virt dei quali tutte le aree, espropriate
(salvo restando. il diritto di retrocessione, ove ne ricorrano i presupposti)
o acquistate con fondi forniti dallo Stato a forfait, sono trasferite allo
Stato stesso gratuitamente ai sensi dell'art. 186 t.u. n. 1447 del 1912.
142 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO
mere dagli obblighi contratti in forza della loro concessione e
senza acquistare diritto a speciali compensi che non fossero
espressamente pattuiti negli atti di concessione.
Ritiene, tuttavia, la Societ che in questo caso il problema
cos enunciato ha scarsa rilevanza; applicandosi la risoluzione
ad un rapporto continuativo (cio avente per oggetto prestazioni
di carattere continuativo), nel momento in cui qesto
viene a cessare, la risoluzione non avrebbe effetto nei riguardi
delle prestazioni gi adempiute, a norma del 1 comma dello
art. 1458 e.e.
Ma anche con tale impostazione non si supera la preclusione
di principio sopraindicata, perch sempre si tratta di
una clausola del rapporto concessionale di diritto pubblico,
n si evita l'obiezione che la risoluzione colpirebbe una sola
clausola del contratto, e non l'intero contratto. Ora n la dottrina
n la giurisprudenza ammettono che la risoluzione per
eccessiva onerosit possa applicarsi ad una sola clausola del
contratto. In altri termini, la eccessiva onerosit di una clausola
di un contratto non pu dare luogo alla sua eliminazione,
ma comporterebbe semmai la risoluzione del contratto nella sua
interezza.
L'acuta difesa della Societ osserva che nel caso sarebbe
l'intero contratto a venir meno nella sola clausola che rimane
da eseguire, poich -come si detto -ai sensi dell'art. 1458
e.e. la risoluzione non ha effetto nei confronti delle prestazioni
gi eseguite, nei contratti ad esecuzione continuata.
E poich non si nasconde le gravi conseguenze di tale pronuncia,
la difesa della Societ si affretta a riconoscere che essa
non potrebbe comunque incidere sul potere di riscatto della P.
A. che deriva direttamente dalla legge (art. 188 e seguenti del
t.u. 9 maggio 1912 n. 1447) e non dalla clausola contrattuale ed
pertanto inderogabile e irrinunciabile perch conferito istituzionalmente
nel pubblico interesse. Il risultato della soppressione
dell'art. 42 (poich tutto l'articolo scomparirebbe e non
soltanto la clausola di cui alla lettera b) consisterebbe, come
ritiene la societ, nell'applicazione delle modalit di riscatto
previste in via generale dalla legge (art. 190 e segg. del predetto
t.u., il che inesatto perch, semmai, si applicherebbe l'art. 188
in relazione all'art. 191, n. 1) in sostituzione di quelle dell'art. 42
della Convenzione che vi avevano derogato. Fermo restando il
potere della P. A. di disporre il riscatto, sarebbero annullate
soltanto le speciali e onerose modalit previste dalla Convenzione.
PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 143
Ma anche in presenza di codesta ingegnosa costruzione dogmatica
(che tuttavia, come si gi accennato, contrasta con la
richiesta principale della Societ che vuole il materiale rivalutato
sulla base delle variazioni dell'indice dei prezzi all'ingrosso,
e non al prezzo di stima) il Collegio osserva che nella
specie non si tratterebbe di una delle prestazioni periodiche e
continuative che per eventi straordinari e imprevedibili sarebbe
diventata eccessivamente onerosa, ma della clausola che pone
fine allo stesso rapporto contrattuale e concerne gli effetti
di tale estinzione. Sarebbe una contraddizione in termini, dichiarare
risoluto un contratto, nel momento stesso in cui esso
gi estinto in virt del riscatto.
Inoltre, essendo ormai -in tutto quel che non riguarda
il riscatto -completamente esaurito nelle reciproche prestazioni
il contenuto dell'intero rapporto contrattuale e finito il
suo specifico oggetto, non possibile isolare la clausola finale
dall'economia contrattuale e non nemmeno pensabile una sua
eventuale eccessiva onerosit quando non possa pi riferirsi
all'equilibrio sinallagmatico che regge ogni rapporto contrattuale
con prestazioni corrispettive, ormai, nella specie, del. tutto
adempiute nel passato. L'onerosit di una clausola non pu essere
valutata in senso assoluto, ma soltanto in rapporto a tutte
le prestazioni contrattuali di ambedue le parti; prestazioni che,
nella fattispecie, non sono omogenee, ma sono di diversa natura
e ormai esaurite completamente.
Manca pertanto ogni presupposto per l'applicazione dello
art. 1467 e.e.
In realt l'applicazione della norma inciderebbe proprio sul
potere della P.A., poich potrebbe portare all'assurda conseguenza
di riconoscere il diritto della Societ a non consegnare
allo Stato il materiale rotabile, svuotando cos di contenuto il
potere di riscatto. Che se poi, secondo la tesi prospettata dalla
Societ, il potere sussistesse ancora e con esso l'obbligo della
Societ di consegnare il materiale rotabile, mutandosi soltanto
le modalit e la misura dell'indennit, non si avrebbe una
risoluzione della clausola, ma soltanto una sua modificazione
consistente in una reductio ad aequitatem non consentita dall'art.
1467 e tanto meno rientrante nella competenza del Collegio
che, per espresso patto della Convenzione (art. 48 ultimo
comma), deve giudicare soltanto secondo le regole di diritto.
(Omissis).
(Omissis). -La societ ha sottoposto al Collegio la questione
se le aree a suo tempo acquistate o espropriate, ma ri
RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO
sultate p01 m realt esuberanti alle necessit della rete ferroviaria
e pertanto non utilizzate, debbano essere consegnate all'Amministrazione
al momento del riscatto, ovvero debbano rimanere
alla societ, costituendo -essa ritiene -una sua pro'
priet privata.
Nel merito occorre in primo luogo osservare che la questione
non concerne -per concorde riconoscimento delle parti i
terreni acquistati dalla societ per la costruzione delle linee
a rimborso di spesa, intestati in catasto alla societ con vincolo
di riversibilit allo Stato; ma riguarda soltanto le aree
espropriate o acquistate per la costruzione di linee con fondi
forniti dallo Stato a forfait (art. 5, 11 e 13 della Convenzione)
per i quali tale vincolo non iscritto.
Nessun dubbio che l'intera rete ferroviaria, senza distin
zione fra tronchi costruiti a rimborso di spesa e tronchi co
struiti a forfait, devoluta ipso jure e gratuitamente allo Stato
per effetto del riscatto, ai sensi dell'art. 186 del t.u. 9 mag
gio 1912, n. 1447.
I
Ma quid per le aree non utilizzate? I'
Anzitutto il Collegio osserva che la circostanza che attualmente
dette aree non siano utilizzate non comporta una presunzione
assoluta della loro inutilizzabilit nel futuro, poich non
detto che diversi criteri _organizzativi e nuove necessit del
traffico non rendano necessari per le pili varie esigenze quegli
'
stessi terreni.
Per individuare tali terreni la societ, mentre in un primo
tempo li ha identificati in quelli contemplati nell'art. 60 della
legge 25 giugno 1865 n. 2359 (e per analogia anche in quelli
acquistati e non espropriati che si trovano nella stessa situa
zione), in un secondo tempo li ha in parte indicati come quelle
frazioni residue dei terreni, di cui il proprietario ha diritto di
chiedere l'espropriazione perch ridotte dall'espropriazione
dell'area principale in modo tale da non poter pi avere una
utile destinazione, come previsto dall'art. 23 della stessa legge
del 1865.
Senonch, nel primo caso non si vede come e perch possa
sostituirsi al proprietario espropriato nel promuovere la di
chiarazione prefettizia che i beni pi non servono all'opera
pubblica come previsto nell'ultimo comma della ripetuta legge
del 1865, quando di tale dichiarazione dovrebbe beneficiare non
l'originario proprietario dell'area ma la societ stessa espro
priante; inoltre chiaro che la inutilit deve risultare da una
valutazione tecnico-discrezionale e da un decreto formale della
PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 145
autorit governativa e non pu giuridicamente fondarsi su una
semplice, apodittica opinione della societ.
Nel secondo caso la societ non ha dimostrato che alcuna
delle aree, che assume inutilizzate, sia proprio una di quelle di
cui il proprietario ha imposto l'esproprio, non sapendo pi che
farsene, valendosi della facolt prevista dall'art. 23 della legge
1865. D'altra parte, anche per queste aree -non comprese
nel primitivo piano per la costruzione della rete -non si pu
escludere in modo assoluto che non possano servire in futuro
alle necessit della ferrovia.
Ma siffatte osservazioni marginali non colpiscono ancora
lessenza della questione.
Per l'art. 186 del t.u. 9 maggio 1912, n. 1447, e successive
modificazioni, alla scadenza della concessione -e quindi anche
al momento del riscatto -la societ deve consegnare al
Governo in buono stato la Strada ferrata, le opere componenti
la medesima e le sue dipendenze , tra le quali annovera espressamente
in generale qualunque altro immobile che non abbia
per destinazione distinta e speciale il servizio dei tn1.sporti .
Quanto alle aree espropriate in base alla dichiarazione di
pubblica utilit emessa implicitamente col decreto di concessione,
ai sensi dell'art. 21 del citato t.u. per gli effetti dello
art. 438 (ora 834) del e.e. e delle leggi 25 giugno 1865, n. 2359
e 18 dicembre 1879, n. 5188 sulle espropriazioni, chiaro che
la societ non potrebbe mai conservare, dalla data di trasferimento
allo Stato della rete ferroviaria, la propriet di terreni
a suo tempo espropriati per una causa di pubblico interesse e
da considerarsi pertinenza della ferrovia, di cui seguono le sorti.
Che se poi fosse intervenuto il decreto prefettizio che dichiarasse
che i beni suddetti non pi servivano all'opera pubblica,
altrettanto evidente -come si disse -che ne beneficierebbe
l'antico proprietario espropriato, ma non la societ.
Comunque l'osservazione decisiva la seguente:
Le aree in questione furono tutte, senza distinzione, acquistate
a forfait con fondi dello Stato, sia quelle espropriate,
sia quelle acquisite dalla societ con comuni contratti di compravendita.
Se anche le previsioni del piano di costruzione della
rete fossero state formulate con una certa larghezza e conseguentemente
anche i fondi messi a disposizione dallo Stato fossero
serviti a procurare terreni di ampiezza che oggi si pretende
superiore a quelle che poi si manifestarono le reali esigenze
del servizi ferroviario, in linea di diritto non dubbio
che tutti gli immobili acquisiti coi fondi dello Stato a forfait
RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ~
146
.
per il fine pubblico della costruzione dlle ferrovie debbano i~
i 'blocco trasferirsi gratuitamente allo Stato al momento del ri'
I,
scatto (cos come sarebbe avvenuto alla scadenza della concessione
per l'art. 186 del t.u.) senza po~sibilit, sotto il p;oflo
giuridico, di una prova contraria circa la loro effettiva
destinazione ed utilizzazione. (Omissis).
SEZIONE QUINTA
GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, .17 maggio 1963, n. 1269 -
Pres. Varallo -Est. Favara -P.M. Colli -Ministero Finanze
c. Sinigaglia.
Imposta di registro -Case di nuova costruzione -Agevolazioni previste
dall'art. 18 della legge n. 408 del 1949 -Contratti_di mutuo
stipulati, per la costruzione di case di abitazione, prima dell'entrata
in vigore. della legge ma dopo l'entrata in vigore del d.1.1.
2<,l aprile 1946 n. 350 -Applicabilit.
Per la ultrattivit prevista dall'art. 4 del d.l.l. 24 aprile
1946, n. 350, col quale gli edifici costruiti dopo l'entrata in
vigore del decreto medesimo vennero ammessi a godere delle
agevolazioni di qualsiasi natura che avrebbero potuto essere
concesse con successivi provvedimenti, va dichiarata l'applicabilit
dei benefici previsti dall'art. 18 della legge 2 luglio 1949
n. 408 anche ai contratti di mutuo, per la costruzione di quegli
edifici, stipulati prima dell'entrata in vigore della legge stessa (1).
(Omissis). -Devesi, pertanto, passare all'esame dell'unico
motivo del ricorso principale con cui si censura la sentenza,
denunziando violazione ed errata applicazione degli artt. 18
della 1. 2 luglio 1949, n. 408, delle disposizioni sulla legge in
genere e 4 del d.l. 24 aprile 1946, n. 350 e si sostiene che la
sentenza avrebbe errato nel ritenere applicabili ai contratti di
mutuo in questione, per la ricostruzione di immobili, la maggiore
(1) In tema di applicabilit delle agevolazioni della L. n. 408 tlel
1949 ai contratti anteriori alla legge.
Con questa sentenza la Cassazione ha ritenuto applicabili le agevolazioni
tributarie previste dall'art. 18 I. 2 luglio 1949 n. 408 ai contratti
di mutuo, relativi ad edifici per uso di abitazione, anche se stipulati
prima dell'entrata in vigore della legge, ma dopo l'entrata in vigore del
cl.l.l 24 aprile 1946 n. 350. Il ragionamento stato il seguente: l'applicazione
delle agevolazioni discende non da una retroattivit della I. n. 408,
bens da una ultrattivit dell'art. 4 del d.1.1. n. 350, secondo il quale
gli edifici (costruiti dopo l'entrata in vigore di tale decreto) saranno
ammessi a godere delle agevolazioni di qualsiasi natura che potranno
essere concesse per le nuove costruzioni con successivi provvedimenti :
-
148 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO
agevolazione prevista dall'art. 18 della legge n. 480 del 1949,
quando questa non era ancora entrata in vigore al momento
della stipulazione del mutuo. Sarebbe, perci, a parere della
ricorrente Amministrazione, stato violato il principio dell'irretroattivit
della legge, non giovando il richiamo all'art. 4 del
'd.l. 24 aprile 1946 n. 350, la sua entrata in vigore, cosicch
potrebbe venire in considerazione solo l'esenzione venticinquennale
dell'imposta fabbricati, di cui all'art. 13 della L.
n. 408 del 1949, al quale soltanto si riferisce l'articolo 23 successivo
nello stabilire la eccezione alla regola della irretroattivit;
ci risulterebbe ancora pi manifesto dal testo modificato, di
cui alla legge n. 1082 del 1954.
Le censure del mezzo sono infondate.
Poich, infatti, per effetto dell'art. 4 del d.l. 24 aprile
1946, n. 350, le costruzioni di edifici effettuate dopo l'entrata
in vigore del decreto stesso dovevano ritenersi ammesse a go-
In tal modo l'art. 4 sarebbe una norma in bianco (cos definito dalla
Commissione Centrale, 13 novembre 1957 n. 98072, Riv. giur. ed., 1959, I,
175, con nota di U. GARGIULO), che opera un rinvio ricettizio di tutte le
agevolazioni che norme successive all'entrata in vigore del d.l. n. 350 po
tranno prevedere, rinviando cos, in particolare, ai benefici concessi alle
costruzioni ad uso di abitazione dalla 1. n. 408 (art. 18).
Codesto ragionamento non pu condividersi per due decisivi rilievi.
Anzitutto la legge, laddove prevede che gli edifici saranno ammessi a
godere delle agevolazioni di qualsiasi natura, ha inteso, evidentemente,
riferirsi ai benefici dal pagamento di imposte di qualsiasi natura che
colpiscono gli edifici; e la imposta che colpisce l'edificio l'imposta
fabbricati, con le relative sovraimposte, cio l'imposta che colpisce l'im
mobile, non l'imposta che inerisce al contratto di mutuo o di trasfe..
rimento dell'immobile. Ci confermato dal criterio di collegamento,
che il legislatore ha inteso poi stabilire, tra la norma di rinvio (d. n. 350)
e la norma cui si rinvia (1. n. 408), avendo precisato nella 1. 29 ottobre
1954, n. 1082 che il beneficio (di cui al precedente articolo 13) esteso
alle costruzioni, ampliamenti, ricostruzioni, la cui esecuzione sia iniziata
dopo l'entrata in vigore del d.1.1. 24 aprile 1946 n. 350. In tal modo, attra
verso la norma di collegamento, l'agevolazione tributaria stata limitata
al beneficio dell'art. 13, e cio all'esenzione dall'imposta fabbricati.
Occorre poi osservare (e cos veniamo al secondo rilievo) che l'esten
sione del rinvio, intesa dalla Cassazione, anche alle agevolazioni che ine
riscono ai contratti (imposte di registro, ipotecaria) darebbe al citato
art. 4 del d. n. 350 un significato quanto mai ampio e impreciso, che il
legislatore, in materia di benefici fiscali, non ha mai usato. Se infatti si
esaminano le varie norme che prevedono agevolazioni tributarie, esse,
anche in relazione alla loro interpretazione restrittiva, indicano in modo
tassativo l'atto cui si riferiscono e la specie dell'imposta, di cui inten
dono concedere una riduzione o l'esenzione; cos ad es. r.d. 28 aprile
1938 n. 1165, art. 166: per le compravendite di case costruite entro il
31 dicembre 1938 la tassa di registro ridotta ad un quarto della misura
~
PARTE I, SEZ V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 149
dere delle agevolazioni di qualsiasi natura che potevano essere
concesse per le nuove costruzioni in virt di successivi provvedimenti,
alle costruzioni degli anzidetti edifici si deve altres
ritenere estesa -fra le altre -l'agevolazione di cui all'art. 18
della legge 2 luglio 1949, n. 408, per la quale i contratti di mutuo
stipulati per le costruzioni stesse, alle condizioni IVI previste,
sono assoggettati al pagamento dell'imposta di registro
e di quella ipotecaria ridotte ad un quarto.
Nella specie, infatti, la Corte di Torino non ha mancato
di accertare, con insindacabile giudizio di merito, che le costruzioni
in parola si riferivano ad un edificio sinistrato per
eventi bellici, in relazione al quale l'attuale resistente non si
era limitato soltanto alla ricostruzione della parte distrutta,
ma aveva, altres, ampliato l'edificio stesso, costruendo vari
alloggi in piano sopraelevato, per uso di abitazione non di
lusso.
La Corte ha perci verificato l'esistenza, in punto di fat
ordinaria ; art. 169: la tassa di registro sui contratti di appalto...
ridotta alla met della misura normale ; I. 9 agosto 1954 n. 640, art. 14:
gli atti ed i contratti occorrenti per l'attuazione della presente legge
sono esenti dall'imposta di bollo ... ; art. 15 : sono concessi il beneficio
dell'imposta fissa di registro e quella della riduzione al quarto dell'imposta
ipotecaria per gli acquisti di aree e per i contratti di appalto ... .
E' infine da rilevare che la ultrattivit, nel significato inteso dalla
Cassazione, si risolverebbe in una applicazione indefinita dei benefici,
quasi a catena, di cui sarebbe difficile individuare la fine. Infatti l'agevolazione
dovrebbe riguardare anche l'imposta sul contratto di appalto dei
lavori; e poi le imposte relative agli atti di garanzia, e quindi agli atti
di finanziamento; e poi ancora l'imposta sul contratto di acquisto dell'area
edificabile, che, una volta eseguita la costmzione, fa parte dell'edificio
(!"area stata inspiegabilmente esclusa dal beneficio dalla
Comm.ne Centrale con la citata decisione); e cos via. Codesta interpretazione
ben lontana dal significato proprio racchiuso nell'art. 4 e in
generale espresso, come si visto, nelle norme che prevedono benefici
fiscali.
Non superfluo rilevare che il principio affermato dal Supremo
Collegio porterebbe, nella sua applicazione pratica, alla seguente situa
zione abnorme: nel periodo intercorrente tra l'entrata in vigore del d.
n. 350 del 1946 e l'entrata in vigore della 1. n. 408 del 1949, vi possono
essere contratti di mutuo, di trasferimento, di appalto, riguardanti edifici
per uso di abitazione, sui quali legittimamente la p.a. ha applicato
la tassa di registro ordinaria e ne ha richiesto il pagamento, definendo
cos H rapporto tributario, e contratti della stessa specie, dello stesso
oggetto, sui quali la p.a. ha applicato la tassa e ne ha richiesto il pagamento
che, in seguito all'opposizione del contribuente, non ha avuto
luogo, rendendo cos ancora controverso il rapporto tributario. Ora, seguendo
il ragionamento della Cassazione, per effetto di una affe~~ta
150 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO
to, di tutti gli estremi richiesti dall'art. 4 del d.l. 24 aprile 1946
n. 350, per la applicabilit delle successive agevolazioni fiscali,
nonch h sussistenza dei requisiti posti dall'art. 18 della legge
2 .luglh; 1949, n. 408 ed invano, perci, la ricorrente Amministrazione
contesta gli accertamenti medesimi, insindacabili in
questa sede, perch correttamente motivati, ed esenti da ogni
errore di diritto.
In queste circostanze, non a parlare di una irretroattivit
della legge fiscale (e, si noti, che uno dei mutui in questione
era del 13 luglio, quando la legge n. 408 era del 2 lu
glio, anche se entrata successivamente in vigore), quanto di una
applicazione delle agevolazioni da essa previste a costruzioni
eseguite dopo l'entrata in vigore del d.l. n. 350 del 1946, per
effetto della ultrattivit stabilita dall'art. 4 del provvedimento
stesso e dell'estensione alle costruzioni stesse d'ogni ulteriore
beneficio di legge fiscale successivamente concesso, di
ultrattivit del d. n. 350, limitata al periodo sopraccennato, la p.a., in relazione
alla prima categoria di contratti, si troverebbe costretta ad accogliere
istanze di rimborso di imposte, le quali, se si ha riferimento al
momento della loro applicazione, sono state legittimamente pagate, perch
non ancora emanata la 1. n. 408 (e ci ripropone in discussione rapporti
ormai esauriti, superando anche il termine entro il quale il rimborso
va chiesto); mentre, per la seconda categoria di contratti, sol
perch. il contribuente ha proposto opposizione all'ingiunzione di pagamento,
che stato cos ritardato, la p.a. si troverebbe costretta a revisionare
l'applicazione della imposta in base alle nuove norme della 1.
n. 408, successive alla di;ita di stipulazione dell'atto (e ci, tra l'altro,
contrasta col principio che tien conto della data dell'atto ai fini dell'applicazione
dell'imposta di registro, che tassa di atto). E' appena il caso di
aggiungere che la Comm.ne Centrale, con la richiamata decisione, si
resa conto delle accennate difficolt, teoriche e pratiche, e le ha risolte,
,in modo sommario, affermando l'ammissibilit in ogni caso del rimborso
e l'applicazione, ai rapporti controversi, dei benefici della I. n. 408.
La questione verr pertanto riproposta all'esame del Supremo Collegio,
limitatamente per a quegli atti che siano stati stipulati prima del
.l'entrata in vigore della 1. n. 408. In ordine ad essi, infatti, si potr sostenere
che, colpendo l'imposta di registro l'atto, i benefici di cui agli artt.
14, 17, 18, non ancora in vigore quando l'atto fu stipulato, non sono applicabili.
Ove mai l'atto sia stato posto in essere dopo l'entrata in vigore, della
1. n. 408, e la costruzione dell'edificio sia stata iniziata prima di tale entrata
in vigore, la tesi sovraesposta non appare sostenibile, sia perch i
benefici degli artt. 14, 17 e 18 erano gi in vigore, sia perch l'art. 13 (cui
l'art. 17 rinvia), nel sancire che la costruzione sia iniziata entro Il 31 dicembre
1963, non ha inteso, con certezza, escludere dal beneficio le costruzioni
iniziate prima della sua entrata in vigore.
U. GARGIULO
151
PARTE I, SEZ V, GIUIUSPRUDENZA TRIBUTARIA
cui, se mi, l'art. 23 della legge n. 408, del 1949, forma un'applicazione
(con lievi varianti nei requisiti temporali) e non lina
i;estrizione, con un'estensione ulteriore a tutte le abitazioni
considerate nell'art. 13, anche se non formanti (come quelle
di specie) unico edificio.
Comunque considerato, perci, il mezzo in esame privo
di fondamento e va respinto. (Omissis).
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 14 ottobre 1963, n. 2737
-Pres. Vistoso -Est. Malftano -P.M. Gedda (conf.) -Soc.
Borovier Toso c. Finanze Stf!rn
Imposta generale sull'entrata -Movimento di danaro soggetto all'imposta
-Presupposti e condizioni -Inesistenza di un aumento di ricchezza
per l'accipiens e concreta non esercitabilit del diritto di rivalsa
-Irrilevanza.
(1. 19 giugno 1940 n. 742, artt. 1 e segg.).
Imposta generale sull'entrata -Cessione di beni -Restituzione degli
stessi beni al venditore contro restituzione o accredito del relativo
importo -Atto economico autonomamente imponibile -Limiti.
(1. 19 giugno 1940 n. 742, artt. 1, 2).
Imposta generale sull'entrata -Entrate a titolo di capitale non soggette
all'imposta -Nozione.
(1. 19 giugno 1940 n. 762, art. 1, 3" co., lett. a).
E' soggetto all'imposta sull'entrata qualsiasi movimento di
danaro, al lordo, che abbia luogo in collegamento od in occasione
di una cessione di beni o di una prestazione di servizi,
indipendentemente dall'aumento di ricchezza che ne derivi all'accipiens
ed indipendentemente dalla concreta esercitabilit del
diritto alla rivalsa.
L'accredito all'acquirente dell'importo di merci dallo stesso
restituite al venditore (produttore o commerciante) d luogo
ad entrata imponibile, quando non avvenga nell'ambito dello
stesso atto economico, non ancora esaurito, che legittim la
prima consegna delle merci stesse, ma rappresenti l'esecuzione,
da parte di uno dei contraenti, di un atto economico diverso e
distinto (1).
(1-2) Dato il principio per il quale il fatto generatore del diritto alla
percezione dell'ige l'entrata in danaro, conseguita in corrispondenza della
-
152 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO
La disposizione dell'art. 1 lett. a) della legge 19 giugno 1940,
n. 762, che dichiara non soggette all'imposta le somme introitate
a titolo di capitale, riguarda i corrispettivi riscossi per la vendita
di beni, che siano stati in precedenza acquistati a scopo di inve1stimento,
e cio i corrispettivi che rappresentino il recupero di
capitali impiegati in un determinato modo (2).
(Omissis). -Con l'unico motivo del ricorso si censura la
sentenza impugnata per aver ritenuto che la societ Barovier
e Toso fosse obbligata a corrispondere l'imposta generale sull'entrata
sulle somme da essa accreditate ai propri clienti a
seguito della restituzione di oggetti di vetro rotti, fuori moda
o invendibili agli stessi forniti.
Al riguardo si deduce che, in coerenza con il principio I
sancito nella legge istitutiva dell'I.G.E., secondo cui non vi I"
entrata imponibile se non in corrispondenza d'una cessione '.
di beni o d'una prestazione di servizi, non pu dar luogo ad
entrata imponibile la restituzione di merci al venditore di-I
pendente dalla risoluzione del contratto di vendita, in quanto r
tale restituzione non costituisce una cessione di beni, ma un
facere dovuto all'annullamento di questa, il quale, se com-Wl
cessione di beni o di servizi ricevuti o da ricevere, indipendentemente dalla
~j
ricorrenza in concreto di un effettivo aumento di ricchezza (cfr. Cass., ,~
n. 13'9/63; 803/59; 474/53; 2994/63; 1884/52; 2059/52), la soluzione adottata
la conseguenza necessitata di due dati obiettivi.
L'uno dato dal mancato condizionamento del rapporto giuridico di ~?:
imposta al rapporto di rivalsa sancito dall'art. 6 della I. 19 giugno 1940 ~::
n. 762; l'altro dato dalla esclusione, per i casi presi in esame, di entrata
ru,=:.:
a titolo di capitale. ~==
Il rapporto di rivalsa , nell'economia dell'art. 6 citato, concepito lli
come una conseguenza del rapporto di imposta gi sorto, giacch, mentre ~
quest'ultimo collegato al verificarsi dell'entrata, il primo trova il suo ~
antecedente logico e giuridico nel rapporto d'imposta e nel conseguen-~
ziale pagamento del debito. ffi
N la disciplina legislativa relativa all'imposta entrata contiene di-!fil
sposizione alcuna che, in contrasto con la rilevata natura dei rapporti,
I possa portare a ritenere il contestato condizionamento (cfr. Cass., Sez.
I, n. 765/60; 598/62; 803/59).
Il presupposto della entrata a titolo di capitale l'acquisto di un 1==
bene allo scopo di investimento. Tale presupposto, in caso di rivendita, :i
si verifica solo quando, a seguito di quest'ultima, si attua il recupero llji
del capitale prima impiegato. Nulla di tutto ci nei casi in cui si pone t'
in essere un atto economico uguale e contrario a quello che ebbe a ;:~=
formare materia tassabile. i~==
L'assoluta identit dell'attivit economica -retrocessione e cessio-~=~
ne -esclude, infatti, che, per l'inversione della posizione dei soggetti, f,.~,
si possa avere un diverso regime giuridico di una medesima imposta. "'
.. -~~
-~
".,
=~
PARTE I, SEZ V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA
porta la restituzione da parte del venditore delle somme ricevute
come corrispettivo della cessione, d luogo non ad
un'entrata in senso tecnico, ma a un semplice movimento di
capitali che secondo la disposizione di cui all'art. 1 della citata
legge non costituisce entrata. La censura infondata.
Come questa Corte Suprema ha altre volte affermato, la
legge assoggetta all'imposta sull'entrata qualsiasi movimento
di danaro, al lordo, sempre che sia collegato od occasionato
da una cessione di beni o da una prestazione di servizi, ab~
bia, poi, arrecato o non all'accipiens un aumento di ricchezza;
e la circostanza che il diritto alla rivalsa n:on sia o non possa.
essere esercitato non pu avere alcuna giuridica rilevanza ai
fini dell'insorgenza dell'obbligazione tributaria (v. sent. n. 803
del 1959 e 589 del 1962).
In coerenza con questi principi deve ritenersi che la restituzione
di merci a un produttore o a un commerciante da
parte di colui che le ha acquistate non costituisce un atto che
in ogni caso d luogo a una entrata imponibile. Invero, ci si
verifica soltanto nell'ipotesi in cui la restituzione non avvenga
nell'ambito dello stesso atto economico, non ancora esaurito,
che legittim la prima consegna della merce, ma rappresenti
l'esecuzione, da parte di uno dei contraenti, d'un atto economico
diverso e distinto da quello che dette luogo a tale consegna,
perch in tal caso si in presenza d'un nuovo atto economico
che produce una nuova entrata, la quale giustifica una
nuova imposizione.
Nella specie, la Corte di merito si uniformata a questi
principi perch, accertato con incensurabile apprezzamento di
fatto che la restituzione di merci alla Barovier e Toso, avvenuta
dopo molti anni dalla consegna, non si era verificata nell'ambito
economico che determin tale consegna il quale aveva
avuto piena e intera esecuzione ma costituiva un nuovo atto
economico, diverso dal primo, per effetto del quale la Barovier
e Toso aveva corrisposto ai restituenti delle somme di
danaro, ha ritenuto che questo movimento di danaro fosse assoggettabile
all'imposta sull'entrata. .
N pu sostenersi che, nella specie, non si sarebbe verificata
un'entrata suscettibile d'imposizione, trattandosi di somme
introitate a titolo di capitale e, in quanto tali, non assoggettabili
al tributo per la disposizione di cui all'art. 1 lett. a)
della I. 19 giugno 1940, n. 762, perch presupposto di questa
norma che il bene sia stato acquistato allo scopo di investimento
di capitali, sicch la successiva vendita, con conseguente
-
154 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO
realizzo di danaro, non costituisce un'entrata tassabile, ma sol154
RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO
realizzo di danaro, non costituisce un'entrata tassabile, ma soltanto
il recupero di un capitale impiegato in un determinato
modo, mentre nel caso in esame si verificata una retrocessione
di merci con recupero di danaro, cio un atto identico
alla cessione verso danaro.
Non vale, poi, rilevare che la ricorrente non pu esercitare
pi il diritto di rivalsa dell'imposta nei confronti dei
clienti che le restituirono le merci, perch tale impossibilit,
come si affermato innanzi, non ha giuridica rilevanza ai
:l;ni dell'insorgenza dell'obbligo d'imposta. (Omissis).
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 14 ottobre 1963 n. 2744 -Pres.
Vistoso -Est. Malfitano -P.M. Gentile (conf.) Caravita c.
Finanze Stato.
Esecuzione fiscale -Riscossione delle imposte dirette -Delegato governativo
per la gestione esattoriale -Diretta riferibilit dell'attivit
del delegato all'Amministrazione delle Finanze -.conseguenze
circa l'onere delle spese dei giudizi relativi alla riscossione
e circa la legittimazione a proseguire i giudizi in corso all'atto
della cessazione dell'attivit del delegato.
(r.d. 15 settembre 1923 n. 2090; d.l. C.P.S. 5 ottobre 1947 n. 1233).
Il delegato governativo per la riscossione delle imposte dirette,
a differenza dell'esattore, il quale un appaltatore che
agisce in nome e per conto proprio, deve ritenersi un rappresentante
dell'Amministrazione dello Stato, ed il rapporto che si
instaura tra questa ed il delegato medesimo deve ritenersi non
diverso da quello, di rappresentanza organica, che sussiste relativamente
agli altri funzionari. Conseguentemente; l'Amministrazione
d,elle Finanze risponde delle spese, cui sia condannato
il delegato nei giudizi relativi alla riscossione, ed alla stessa -
1e non gi all'esattore successivamente nominato -spetta la
legittimazione a proseguire detti giudizi in sostituzione del delegato
la cui attivit sia cessata (1).
(1) Le soluzioni di carattere processuale adottate nella riportata
sentenza sono la conseguenza necessitata della figura giuridica riconosciuta
al delegato per la riscossione nella gestione delle esattorie vacanti.
Investito delle funzioni a norma degli artt. 23 e segg. del reg. approvato
con il r..d. 15 settembre 1~23 n. 2090 e 1 e segg. del d.l. 5 ottobre
1947 il delegato per la riscossione legato alla Amministrazione da un
rapporto che, differenziandosi, nella sostanza e nella forma, da quello
dell'esattore, richiama l'istituto della rappresentanza organica. Chiamato
PARTE I, SEZ V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 155
(Omissis). -Con il primo motivo si censura la sentenza
impugnata per aver respinto la eccezione di inammissibilit
dell'appello sul rilievo che la cessazione della gestione provvisoria
del delegato governativo di un'esattoria non d luogo a
successione.
Al riguardo si deduce che il titolare dell'esattoria che succede
al delegato governativo assume ope legis le rate di
imposte e di tasse scadute e non riscosse durante l'esercizio
del delegato ed ha, quindi, interesse nel giudizio concernente
la sussistenza del credito di imposta e la nullit dell'avviso
di mora.
Si aggiunge che il nuovo titolare dell'esattoria non un
cessionario di tanti crediti quanti sono quelli da riscuotere,
ma il titolare del rapporto di esattoria con tutte le conseguenze
che ne derivano e che, cessata la gestione del delegato
governativo, si ripristina automaticamente il rapporto ordinario
di riscossione delle imposte al quale interessato il
nuovo esattore. La Corte di merito, quindi, avrebbe dovuto
ritenere che, nella specie, si versasse nell'ipotesi d1 successione
universale nel processo prevista dall'art. 110 cod. proc.
ad agire non in rappresentanza dell'esattore, ma in mancanza di esso,
nominato con decreto ministeriale, passibile di revoca o di sostituzine,
sottoposto alla continua vigilanza del Prefetto e dell'Intendente
di finanza.
E' scelto. nell'ambito dell'Amministrazione Finanziaria, retribuito in
misura fissa mensile e, per l'attivit svolta, tenuto al rendiconto mensile
delle riscossioni e dei versamenti, nonch, a chiusura dell'anno fornnziario,
al rendiconto della gestione, con l'osservanza, per la parte erariale,
delle norme di contabilit di Stato, da sottoporsi al giudizio della
Corte dei Conti. Non presta cauzione, non risponde del non riscosso per
riscosso e svolge la sua attivit con le modalit prescritte dal Ministro
delle Finanze nella normale n. 29 del 1929 (Giustizia Tributaria, 1929, 608)
che, nel ribadire il richiamo alla contabilit mensile, dispongono in ordine
alla spettanza agli enti impositori delle multe per mora.
Dal che la necessaria catalogazione del delegato fra i rappresentanti
dell'Amm.ne, per conto e nell'interesse diretto della quale svolge la sua
funzione, e la conseguente riferibilit all'Amm.ne stessa dell'attivit in
concreto svolta. La qual cosa, affermata da~la Cassazione romana nel
lontano 1911 nella sentenza Finanze c. Pistolesi, Giur. it. 1911, I, I, 410,
ha trovat conferma nella sentenza n. 3506 del 1955 della Corte di Cassazione:
riportata con nota di SCANDALE, Giur. it., 1956, 1, 416 ed condivisa
dalla dottrina. In particolare BERLIRI, Principi di diritto tributario, 1, 173,
175; LA PORIA, La .riscossione delle impo$te dirette, 341-343; SCANDALE, La
riscossione delle imposte dirette, VIII ed., 85 e segg.; Coc1VERA, Guida alle
imposte dirette, III ed., 141.
-
156 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO
civ. e, conseguentemente, dichiarare inammissibile l'appello
per non avere l'Amministrazione provveduto, nel termine di
legge, alla riassunzione del processo interrotto nei confronti
dell'Esattore.
La censura infondata.
La Corte di merito ha esattamente respinto la eccezione
di inammissibilit dell'appello per la mancata riassunzione del
processo nei confronti dell'esattore succeduto al delegato governativo
in quanto, cessata nel corso del processo l'attivit
di quest'ultimo, legittimata alla prosecuzione del processo, in
sostituzione di lui, era la stessa Amministrazione delle Finanze,
per conto e nell'interesse della quale il delegato agiva.
Invero, dalle varie disposizioni del Regolamento approvato
con il r.d. 15 settembre 1923 n. 2090, concernenti i delegati per
la riscossione delle imposte, si desume che il delegato, a differenza
dell'esattore il quale un appaltatore che agisce in
nome e per conto proprio, deve ritenersi un rappresentante
dell'Amministrazione dello Stato, incaricato della riscossione
delle imposte, la cui attivit ad essa direttamente riferibile.
Le disposizioni, infatti, secondo le quali il delegato pu
essere revocato dall'incarico in qualsiasi momento, non risponde
del non riscosso per riscosso, non presta cauzione, deve
rendere il conto delle riscossioni e dei versamenti ogni mese
e deve, alla chiusura dell'anno finanziario, rendere il conto
della gestione per la parte erariale, secondo le norme della
contabilit generale dello Stato, conto che viene poi sottoposto
all'esame della Corte dei Conti, sono chiaramente indicative
dell'affermata figura giuridica del delegato per la riscossione
delle imposte e pongono in evidenza la differenza tra tale
figura e quella dell'esattore.
La figura giuridica di rappresentante dell'Amministrazione
dello Stato, peraltro, stata gi riconosciuta al delegato per
la riscossione dei tributi dalla dottrina e da questa Corte
Suprema, la quale nella sentenza n. 3506 del 1955 ha affermato
la responsabilit dell'Amministrazione delle Finanze per
le spese giudiziali, alle quali sia stato condannato il delegato
nei giudizi relativi alla riscossione, sul presupposto che tra lo
Stato e il delegato alla riscossione dei tributi si instaura un
rapporto di rappresentanza organica, che non diverso da
quello che sussiste relativamente agli altri funzionari.
Nella specie, quindi, cessata la gestione del delegato nel
corso del giudizio, i poteri conferiti a quest'ultimo venivano
riassorbiti dall'Amministrazione dello Stato delegante e, poi-
I
I
@
~=i
'
'
'
.
;::;
II
~
!~
I
Iij
IiI
~
ru
I ~;
i
i
1::
f?i
!;!
~
i
I fil
fl
~
~
~
~
~
ID
I ~
I f:1
i:=
~l
~.....M?#llMlrlt..;:::8
PARTE I, SEZ V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA
157
ch questa era costituita in giudizio, nessuna influenza poteva
avere sulla proseuzione del processo il fatto che la gestione
del delegato era venuta a cessare. (Omissis).
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 14 ottobre 1963 n. 2745 -
Pres. Torrente -Est. Caporaso -P.M. Tavolaro (conf.) -Soc.
Manifatture Tessile di Sovico c. Finanze Stato.
Imposta di registro -Societ -Aumenti di capitale per fusione di
societ o concentrazione di aziende sociali -Tassa fissa -Presupposti.
O. 6 agosto 1954 n. 603, art. 29).
Imposta di registro -Aumenti di capitale per fusione o concentrazione
di aziende -Contemporaneit e strumentalit delle operarazioni
ai fini dei benefici fiscali -Nozione -Fattispecie.
(1. 6 agosto 1954 n. 603, art. 29).
Imposta di registro ~ Strumentalit dell'aumento di capitale rispetto
alla fusione di societ o alla concentrazione di aziende sociali Necessit
che la prova del requisito, ai fini dei benefici fiscali,
risulti dall'atto sottoposto a registrazione -Insussistenza.
(1. 6 agosto 1954 n. 603, art. 29; r.d. 30 dicembre 1923 n. 3269,
art. 8).
Il beneficio della registrazione a tassa fissa delle deliberazioni
di aumento di capitale sociale, adottate in contemplazione
della fusione con altra societ o di concentrazione di aziende
sociali, subordinato a due presupposti essenziali: che siano
contemporaneamente deliberati l'aumento di capitale e la fusione
o concentrazione, che l'aumento di capitale sia in funzione
esclusiva della fusione o concentrazione (1).
{1-3) Nella riportata sentenza l'affermazione per la quale la contemporaneit
fra aumento di capitale e fusione di societ possa ricavarsi indifferentemente
dalla deliberazione societaria sulla fusione ovvero dall'atto
conclusivo della fusione stessa, determina qualche perplessit. Tale affermazione
parte del presupposto che la contemporaneit fra aumento
di capitale e assorbimento delle due societ sia stata richiesta dalla legge n.
603 del 1954 al solo scopo di acquisire la certezza del carattere strumentale
dell'aumento di capitale, con la conseguenza che, deliberato l'aumento
stesso, la registrazione beneficiata opera anche se [a fusione
segue a distanza di tempo, e sia fornita la prova della effettiva e reale
sua destinazione.
Ci indubbiamente vero, ma, ai fini del trattamento di favore fi
-
158 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO
La contemporaneit dell'aumento di capitale e della fusione
di societ o concentrazione di aziende sociali, richiesta dalla
legge ai fini del beneficio dell'applicabilit delle tasse fisse di
registro (ed ipotecarie) non va intesa in senso rigorosamente
cronologico e deve ritenersi sussistente anche se rilevabile rispetto
ad atti che costituiscano antecedente logico e necessario
di quelli conclusivi dell'operazione che il legislatore ha inteso
favorire (E' stata ritenuta sussistente la contemporaneit per
un aumento di capitale deliberato in concomitanza con la deliberazione
assembleare di fusione anzich con il contratto relativo
alla fusione medesima) (2).
La prova che l'aumento di capitale sia effettivamente diretto
ed idoneo ad agevolare la fusione di societ, e ci ai
fini dei benefici fiscali concessi a tale scopo, pu essere acqui~
sita, oltre che sulla base degli elementi risultanti dalla deliberazione
sottoposta a registrazione, anche con autonomi mezzi.
'come in ogni ipotesi in cui devesi provare l'esistenza di determinati
presupposti di fatto cui sia subordinata la concessionP
di un beneficio, semprech la legge non fissi un termine di decadenza
per esibire la documentazione giustificativa (3).
(Omissis). -Contro la sentenza hanno proposto ricorso
sia il contribuente (allegando la regolare bolletta di deposito
n. 713 oltre quella n. 715 che riguarda le spese di giustizia
nelle fasi precedenti), che l'Amministrazione delle Finanze, reciprocamente
contestando la interpretazione che la Corte ha
dato all'art. 29 della legge fiscale 6 agosto 1954 n. 603.
I due ricorsi devono necessariamente essere riuniti e possono
essere trattati contemporaneamente, poich sia l'uno che
l'altro sono diretti a stabilire quali siano i requisiti obiettivi
"(>er poter fruire della registrazione a tassa fissa delle delibe
scale, lo scopo va armonizzato con la lettera della legge e con la inter
pretazione, che alle singole norme va data secondo l'art. 14 delle dispo
sizioni sulla legge in generale.
La lettera della legge, infatti, laddove postula il trattamento di favore
per gli atti di fusione e per i contemporanei aumenti di capitali delibe
rati in funzione esclusiva e diretta della fusione, posta in relazione alla
disciplina civilistica dell'istituto della fusione delle societ e partico
larmente degli atti conclusivi del procedimento di fusione, indicativa
nel senso che la contemporaneit debba sussistere con l'atto che attua l
!'usione e non con quella che la prevede, con manifestazione di volont
interna di una delle societ, soggetto della fusione stessa. Il contesto dello
articolo di legge precisa, che beneficiati sono l'atto di fusione ed il con
temporaneo aumento di capitale ed atto di fusione auella conclusivo.
-~
..
Wfi.[@fffe7#f1ff.f"'W='-tt@?X<'".@::1'~7"".<'':-:---~l--~/8:4817~1..,~
PARTE I, SEZ V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 185
pu dubitarsi che la predetta norma riguardi anche la imposta
di registro.
Del resto l'art. 61 della stessa legge di registro (modificato
dall'art. 3 d.l. 8 marzo 1945, n. 90) disciplina proprio la
tassazione del contratto di costituzione di dote, e l'art. 18 1. 16
giugno 1939, n. 942 prevede la possibilit che la dote possa essere
gravata da tributi.
Da quanto sopra esposto viene, cos, dimostrato che la
opposizione proposta dalla Distefano Salvatrice avverso l'ingiunzione
notificatale dall'Ufficio del Registro di Vizzini infondata,
perch, nella specie i macchinari sui quali era stato
trasferito il vincolo dotale in virt dell'atto di permuta in notar
Musumeci del 23 aprile 1946, potevano essere staggiti per
il soddisfacimento dell'imposta complementare di registro che
riguardava, proprio, detto atto di permuta, di cui i macchinari
stessi costituivano l'oggetto. (Omissis).
~~:?~:;3z~i~1\~~-(...;~~~--~ __
COMMISSIONE CENTRALE, Sez. XI, 20 giugno 1962, n. 89695
-Morasso Mario c. Finanze.
Contenzioso tributario -Registro -Controversie di valutazione -De
cisione delle Commissioni provinciali -Ricorso aIIa Commissione
Centrale.
L'obbligo della motivazione, di cui all'art. 42 r.d. 8 luglio 1937,
n. _1516, non soddisfatto da un generico richiamo alla consistenza,
posizione, manutenzione e valore in comune commercio
del cespite da valutare (1).
(1) Competenza deIIa
giudizi di valutazione.
Commissione Centrale delle imposte nei
Con la decisione, che si annota, la Commissione Centrale, in
conformit della sua precedente giurisprudenza, si pronunziata, ritenendosi
competente, su ricorso proposto avverso decisione resa dalla
Commissione provinciale in grado di appello, annullandola per difetto
di motivazione.
La Corte di Cassazione a Sezioni Unite ha, peraltro, escluso l'ammissione
del ricorso alla Commissione Centrale avverso le decisioni rese
dalle Commissioni Provinciali in tema di valutazione, affermando che
queste decisioni, emesse in grado di appello, sono definitive salvo il
ricorso all'autorit giudiziaria ordinaria, ai sensi dell'art. 29 d.l. 7 agosto
1936, n. 1639 o il riorso per Cassazione, ai sensi dell'art. 111 Cost.
La decisione annotata , pertanto, in contrasto con la giurisprudenza
della Corte regolatrice ed avverso di essa si sarebbe potuto opporre
RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO
186
(Omissis). -L'art. 42 del r.d. 8 luglio 1937 n. 1516, fa obbligo
alle Commissioni delle Imposte per le controversie di valutazione
di enunciare nelle loro decisioni una sommaria motivazione
dalla quale risultino gli elementi di fatto tenuti a calcolo
nella determinazione dei valori imponibili. Tale obbligo non
certo soddisfatto quando, come nella specie, la decisione si limiti
ad un richiamo generico alla consistenza, posizione, manutenzione
e valore in comune commercio del cespite da valu
ricorso per Cassazione al fine di ottenerne l'annullamento. Non essendo
stato esperito siffatto rimedio, riteniamo che la decisione spieghi tutta
la sua efficacia, imponendo il rinnovamento del giudizio di appello innanzi
la Commissione provinciale, salvi, ovviamente, gli ulteriori rimedi previsti
dalla legge avverso la nuova decisione di quest'ultima.
Le decisioni della Commissione Centrale in materia di valutazione,
essendo pronunciate fuori dei limiti di competenza di quest'organo,
sono, perci, viziate di incompetenza. Potrebbe dirsi che, trattandosi
di organo di giurisdizione speciale, organizzato peraltro per gradi, l'incompetenza
s'identifichi con il difetto di giurisdizione, implicando essa esorbitanza
dai limiti di attribuzione dell'organo. Ma in nessun caso pu pervenirsi
alla conclusione che le decisioni emanate dalla Commissione Centrale,
sia pure in ipotesi non previste dalla legge, siano inesistenti. Esse
sono viziate, ma esistono e spiegano tutta la loro efficacia di atto giurisdizionale,
suscettibile di passaggio in giudicato, finch non siano annullate
dalla Corte di Cassazione, unico organo, posto al vertice dell'ordinamento
giudiziario, competente a sindacare il vizio d'incompetenza o il
difetto di giurisdizione degli organi giurisdizionali speciali. Questa soluzione
confermata -a nostro avviso in modo incontestabile -dalla
circostanza che la Corte di Cassazione, la quale ha avuto occasione di
pronunziarsi pi volte sulla questione (Cass. Sez. Un., 13 ottobre 1960,
n. 2689; id. 18 ottobre 1961, n. 2925 in questa Rassegna 1962, p. 93; id. 6 ottobre
1962, n. 2828, ivi, 1963, p. 44), ha cassato senza rinvio le impugnate
decisioni della Commissione Centrale, ritenendole cos viziate ma giuridicamente
esistenti, e non ha, invece, dichiarato inammissibili i ricorsi,
come avrebbe dovuto fare se le avesse considerate inesistenti.
N alla specie sembra applicabile il disposto degli artt. 22, 3 e 4
comma, e 29, 4 comma, d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, che consente l'azione
giudiziaria nel termine di sei mesi dalla decisione definitiva delle commissioni,
perch questa norma attiene alla prosecuzione della controversia
sulla debenza del tributo innanzi l'autorit giudiziaria ordinaria
e la sua applicazione limitata alle questioni di diritto, in materia di
imposte indirette, o di valutazione complessa, in tema di imposte dirette.
In tali casi l'azione giudiziaria, diversamente da com' previsto per l'ipotesi
di cui al 3 comma dell'art. 29 cit., non concepita come gravame
rispetto alla decisione della Commissione; essa autonoma e limitata
alla questione sostanziale, con esclusione di ogni riesame degli eventuali
errori in procedendo, in cui siano incorse le Commissioni.
In materia di valutazione l'azione giudiziaria ex art. 29, 3 comma,
d.l. 7 agosto 1936, n. 1639 e il ricorso per Cassazione ex art. 111 Cast., sono
gli unici rimedi esperibili per l'annullamento delle decisioni delle Com
PARTE I, SEZ V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 187
tare occorrendo invece dati concreti e specifici sia pure sommari,
riferiti alle reali condizioni dell'immobile ed al calcolo
che ne consegue.
Ancora, nella specie, il generico riferimento anzidetto per
dippi contenuto in un modulo a stampa, che toglie ogni garanzia
di specifico esame dei dati obbiettivi da valutare.
Evidente quindi il difetto di motivazione della decisione
impugnata, che conseguentemente va annullata. (Omissis).
missioni, le quali, in mancanza dell'esperimento di quei rimedi, acquistano
efficacia di cosa giudicata, ancorch viziate d'incompetenza.
Ben pi delicata la questione, che si esamina brevement per completezza
d'indagine, nelle ipotesi, in cui 1a Commissione Centrale respinga
il ricorso del contribuente, confermando la decisione della Commissione
provinciale, o, come speriamo che faccia d'ora innanzi, lo dichiari inammissibile,
adeguandosi, cos, all'insegnamento della Corte di Cassazione.
Nell'ipotesi considerata da ultimo non v' dubbio che debba consic;lerarsi
definitiva la decisione della Commissione provinciale, con la conseguente
decadenza del contribuente e dell'Amministrazione finanziaria dal diritto
di proporre ricorso all'autorit giudiziaria previsto dall'art. 29, 3 comma,
d.l. 7 agosto 1936, n. 1639. Ma a tale conseguenza riteniamo che debba
pervenirsi anche nella prima ipotesi perch l'esperimento di un rimedio
non previsto dall'ordinamento giuridico, qual' il ricorso alla Commissione
Centrale nei giudizi di valutazione, non certamente idoneo ad impedire
il verificarsi della decadenza per il decorso del termine perentorio
di sei mesi, fissato dal citato art. 29, che inizia dalla notificazione della
decisione della Commissione provinciale.
G. GUGLIELMI
-
SEZIONE SESTA
GIURISPRUDENZA IN MATERIA
DI ACQUE PUBBLICHE, APPALTI E FORNITURE
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. II, 5 ottobre 1963, n. 2650 -
Pres. La Via -Est. Corduas -P.M. Trotta (conf.) -Impresa
Rancilio c. Gestione Ina-Casa.
Arbitrato -Deposito del lodo -Ordinanza del Presidente del Tribu
nale che nega l'esecutoriet -RicorribiJit in Cassazione.
(Cost., art. 111, 2 comma; cod. civ., art. 825).
L'ordinanza del Presidente del Tribunale, con la quale viene
respinto il reclamo avverso il decreto pretorile che nega l' esecutoriet
del lodo, ha carattere giurisdizionale. Pertanto la stessa
impugnabile con ricorso alla Cassazione per violazione di
legge. (1).
(Omissis). -FATTO. Con lodo arbitrale in data 6 giugno
1960 veniva decisa una controversia, insorta tra l'Impresa Gervasio
Rancilio, la Gestione Ina Casa e l'Istituto della Previdenza
Sociale.
Il lodo veniva depositato nella cancelleria della Pretura
(1) Dopo la sentenza 30 luglio 1953, n. 2593 (Foro it., 1953, I, 1248), la
Corte Suprema ha costantemente ria:ffermafo il principio, per il quale
l'espressione sentenza di cui al 2 comma dell'art. 111 della costituzione,
ha significato di provvedimento di natura decisoria. La tendenza
stata recentemente criticata da parte della dottrina (ANDRIOLI, Incidenza
della Costituzione in materia fallimentare, Banca, borsa, ecc., 1960, I, 391;
'FURNO, voce Cass. civ., Noviss. Digesto it., I, 1053, 20, aggiornamento; contra:
BIANCHI D'EsPINOSA, La Costituzione e il ricorso per cassazione, Riv.
dir. proc., 1962, pag. 218 e ss.), rilevandosi che per le norme di diritto
processuale, e quindi di natura formale, la lettera della legge pone all'interprete
limiti pi rigorosi e ristretti, che non per le norme di diritto
sostanziale. Pertanto, non la Costituzione -che non d una propria nozione
di sentenza -ma le leggi disciplinatrici delle procedure nelle quali
i singoli provvelimenti sono adottati, sarebbero l'unico parametro formale
di collegamento per l'applicazione del 2 comma dell'art. 111.
E' da rilevare, che l'esame di legittimit costituzionale delle disposizioni
escludenti l'impugnazione per violazione di legge di determinate
sentenze, o di ordinanze e decreti di riconosciuta natura e contenuto decisorio,
stato fin'ora effettuato solo dalla Corte Suprema, che persiste
nella prassi di ritenerle abrogate per contrasto con la norma costituzionale.
Ci sembra giustificato solo in parte; poich se vero, che la stessa
'
PARTE I, SEZ, VI, GIURIS. IN MATERIA DI AA. PP., APPALTI E FORNITURE 189
di Milano; ma il Pretore, con decreto 10 giugno 1960, negava
la dichiarazione di esecutivit al lodo, perch non erano stati
depositati il contratto contenente la clausola compromissoria, e.
gli atti con i quali erano stati proposti i quesiti, come prescritto
dall'art. 825 c.p.c.
L'impresa reclamava al Presidente del Tribunale di Milano,
il quale, per, con ordinanza 10 ottobre 1960, respingeva il reclamo.
Osservava l presidente:
1) che la produzione dei documenti eseguita dopo la decisione
del pretore e dopo il decorso del termine perentorio di
cui all'art. 825, 1 comma, c.p.c. non poteva supplire alla mancata
produzione degli stessi;
2) che, relativamente agli atti contenenti i quesiti, doveva
riconoscersi che il mancato tempestivo deposito dei medesimi
non aveva rilevanza, in quanto i quesiti sottoposti agli arbitri
risultavano integralmente riportati nel lodo;
3) che, invece, riguardo all'atto contenente la clausola
compromissoria, esso non era stato depositato, n tale deficienza
poteva essere ovviata per il fatto che, tempestivamente,
era stato depositato unitamente al lodo copia autentica del Capitolato
generale per la Gestione Ina-Casa, contenente una clausola
compromissoria, posto che non esisteva alcuna prova che
le disposizioni di tale capitolato dovessero applicarsi ai rapporti
giuridici che avevano formato oggetto del lodo. (Omissis).
giurisprudenza costituzionale ha ammesso la possibilit dell'abrogazione
implicita delle foggi anteriori alla costituzione, anche vero che, data la
notevole diversit delle conseguenze tra abrogazione e dichiarazione di
illegittimit costituzionale (sulla distinzione, cfr.: Corte Cost. 27 gennaio
1959, n. 1, Giust. civ., 1959, III, 37; 27 giugno 1958, n. 40, Giur. cost., 1958,
925), sarebbe opportuno avere un definitivo chiarimento dall'Organo costituzionale
sul significato dell'espressione sentenza '" usata nel 2 comma
dall'art. 111. Tanto non certamente nel caso di provvedimenti che risultino
sentenze in senso formale e sostanziale; ma nell'ipotesi delle ordinanze
o decreti, che sono impugnabili unicamente se l'espressione sentenza
viene intesa nel senso di provvedimenti a carattere decisorio, cos
rifiutando l'interpretazione che alla stessa assegna portata puramente formale
(in questi sensi: BIANCHI n'EsPINOSA, op. cit., 239-240).
La questione di merito stata risolta, sul presupposto del Cer pubblica utilit -Opere eseguite dallo Stato -Compilazione
e pubblicazione del progetto di massima -Non necessarie.
(legge 25 giugno 1865, n. 2359, art. 4; r.d. 8 febbraio 1923, n. 422,
art. 30).
210 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO
i
l
l
.
Espropriazione per pubblica utilit -Prefissione del termine per le
[
espropriazioni con decorrenza dalla consegna dei lavori -Illegittimit.
[~ili
(Legge 25 giugno 1865, n. 2359, art. 13). :
Espropriazione per pubblica utilit -Urgenza ed indifferibilit non dichiarata
ex lege -Necessit di specifica dimostrazione.
(Legge 25 giugno 1865, n. 2359, art. 71; r.d. 8 febbraio 1923, n. 422,
art. 32).
La piena conoscenza del provvedimento amministrativo
da considerare equipollente alla notifica, ai fini della decorrenza
del termine per l'impugnazione giurisdizionale. (1)
La compilazione e la pubblicazione del progetto di massima,
come anche le formalit preliminari di cui al titolo 2, capo I
della legge 25 giugno 1865, n. 2359, non sono necessarie per le
espropriazioni preordinate all'esecuzione di opere pubbliche eseguite
dallo Stato. (2)
L'indicazione che i termini per l'inizio ed il compimento delle
espropriazioni decorreranno dalla data di consegna dei lavori,
non sufficiente ai fini dell'art. 13 della legge fondamentale
del 1865. (3).
(1) L'ammissibilit di equipollenti della notifica di un provvedimento
amministrativo, prevista nell'art. 1 del r.d. 23 ottobre 1924, n. 1672 (come
modificato dall'art. 1 della I. 8 febbraio 1925, n. 88), che ha introdotto
l'elemento della piena conoscenza dell'atto da impugnare, ai fini
di stabilire Ja decorrenza del termine utile.
La giurisprudenza particolarmente ampia e varia ( cfr. : Massimario
della giurisprudenza del Cons. Stato, 1932 -1961, vol. II, pagg. 4292
e ss.); e la sua caratteristica -ovviamente - proprio quella di essere
una giurisprudenza d specie. La tendenza diretta ad estendere l'ambito
.di applicazione della norma, ben oltre i limiti dell'accertamento specifico
e diretto della conoscenza effettiva; consentendo largo impiego delle
presunzioni, attraverso cui giungere alla legittima conclusione della estrema
probabilit (se non della certezza) di tale conoscenza.
Tuttavia, ben fermo il principio della necessit della cognizione
degli elementi essenziali dell'atto; intendendosi per tali quegli elementi,
in base ai quali il soggetto possa individuare la lesione di un suo in
teresse, e cio la precisazione dell'organo che ha emanato l'atto, la data
di esso, e l'oggetto.
Per richiami in dottrina, cfr.: op. cit., pag. 4277, n. 5.
(2-3) Giurisprudenza costante, dopo la decisione del Cons. Stato, Sezione
IV, 15 luglio 1955, n. 547 (Il Consiglio di Stato, 1955, I, 850); nella
quale una disamina completa anche. dei principi relativi alla dichiarazione
di pubblica utilit, fatta direttamente dalla legge; ed alla disciplina prevista
dall'art. 30 r.d. n. 422 del 1923 per le opere eseguite dallo Stato.
PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI AA. PP., APPALTI E FORNITURE 211
L'urgenza ed indifferibilit dei lavori, quando non derivi
direttamente dalla legge o non sia contestuale alla dichiarazione
di pubblica utilit, deve essere motivata e dimostrata
concretamente, (4 ).
La sig.ra Giuseppina Bonetti in Vismara ha prop9sto ricorso
a questo Tribunale Superiore avverso il decreto 10 dttobre 1961,
con il quale il Prefetto di Sondrio ha autorizzato !~occupazione
di urgenza di un fondo di sua propriet, necessaria per i lavori
di sistemazione della valletta Solco , affluente in sinistra dell'Adda
in Comune di Valdisotto; nonch avverso i decreti 29 febbraio
1960 e 3 agosto 1961 del Magistrato del Po, con i quali
stato approvato il progetto e sono stati dichiarati urgenti e indifferibili
i lavori suddetti. (Omissis).
E' infondata l'eccezione di irricevibilit sollevata dalla resistente
Amministrazione in ordine all'impugnativa avverso il de-
Per ulteriori riferimenti, cfr.: LANDI, Rassegna di giurisprudenza sulle
espropr. per p.u., Appendice 1962, nn. 52, 239 e 322).
Interessante quesito se sia possibile fissare con successivo provvedimento,
ad integrazione di quello impugnato, i termini in questione.
Un accenno in proposito nelle decisioni del Cons. Stato, Sez. IV, n. 786
del 22 settembre 1960 (Il Consiglio di Stato, 1960, I, 2, pag. 1502), e Sez. V,
n. 554 del 16 giugno 1949 (Foro amm., 1950, I, 2, col. 12), che -per non
affrontano specificamente il problema. La dottrina (CARUGNO, L'espr.
per p.u., 1958, pag. 107) si pronuncia in senso negativo, facendo riferimento
al carattere formale del provvedimento dichiarativo di pubblica
utilit. Sembra, per, che l'obbiezione non sia conferente; dovendosi piuttosto
avere riguardo alla circostanza, se la prefissione dei termini condizioni
la stessa esistenza giuridica del provvedimento, o non detem1ini
piuttosto un vizio del procedimento espropriativo ( cfr.: Cons. Stato, Sezione
V, n. 158 del 12 marzo 1948, Foro amm., 1948, I, 2, 228).
(4) La decisione non sembra rispondente ad esatti principi. Poich
non pu dubitarsi che il Tribunale Superiore abbia tenuto presente che
la dichiarazione di indifferibilit ed urgenza, nella specie, era regolata
dall'art. 39 del r.d. 8 febbraio 1923, n. 422 (in relazione all'art. 8, 2 comma
del d.p.r. 30 giugno 1955, n. 1534, ed all'art. 6 della legge 18 marzo
1958, n. 240), andava considerato che il relativo potere aveva carattere
ampiamente discrezionale. Infatti, a differenza della facolt conferita ai
Prefetti dall'art. 71, primo comma, prima parte, della legge 25 giugno
1865, n. 2359, l'esercizio del potere in questione unicamente in funzione
della natura oggettiva dei lavori, e delle normali esigenze dell'Amministrazione
interessata ( cfr. LANDI, op. cit., pag. 149; ed Appendice 1962,
pag. 95). N sembra sostenibile che l'omessa valutazione della situazione
d'urgenza, in sede di dichiarazione di pubblica utilit, renda illegittima
la successiva pronuncia di indifferibilit; poich, a prescindere dalle
eventuali necessit sopravvenute, trattasi di valutazioni tra loro indipendenti
e preordinate a fini diversi.
-
RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO
creta 29 febbraio 1960, con il quale il Magistrato del Po ha approvato
e autorizzato l'esecuzione dei lavori di sistemazione della
Valletta Solco , affluente in sinistra dell'Adda in Comune di
Valdisotto.
Se vero, infatti, che la cognizione del provvedimento da
parte dell'interessato da considerare equipollente alla notificazione,
ai fini del decorso del termine per proporre l'impugnativa,
non men vero che la conoscenza del provvedimento idonea a
segnare l'inizio della decorrenza del termine suddetto deve essere
piena, nel senso che il provvedimento stesso deve essere conosciuto
nei suoi elementi essenziali.
Nella specie, invece, dalla lettera 18 novembre 1960 diretta
dalla ricorrente al Ministro dei Lavori Pubblici e posta dall'Avvocatura
dello Stato a sostegno dell'eccezione di irricevibilit,
non risulta affatto provata la piena conoscenza del provvedimen-,
to 29 febbraio 1960 del Magistrato del Po: la ricorrente infatti
in detta lettera dichiara di aver saputo dall'Ufficio del Genio
civile di Sondrio, che la sua propriet doveva essere occupata, e
aggiunge che all'albo comunale di Valdisotto, era stato affisso
il piano di esecuzione dei lavori per la costruzione del canale e
la relativa espropriazione dei terreni soggetti ai lavori stessi, ma
in nessun punto di detta lettera fa cenno al decreto di approvazione
del Magistrato del Po, del quale evidentemente ignorava la
esistenza, come facile del resto desumere dalla circostanza che
in detta lettera la ricorrente continua ancora a ritenere che i
lavori siano stati illegittimamente iniziati prima dell'approvazione
(intervenuta invece con il decreto 29 febbraio 1960), e che
il piano pubblicato all'albo comunale sia soltanto il piano di
massima, che, a norma dell'articolo 4 della legge del 1865 sulle
espropriazioni, deve essere pubblicato prima della dichiarazione
di pubblica utilit.
Passando dopo ci all'esame dei motivi di ricorso rivolti
contro il pi volte richiamato decreto 29-2-1960 del Magistrato
del Po, osserva il Collegio, che tutte le censure contenute nel
primo motivo sono infondate.
E' invero, non pu parlarsi di violazione dell'art. 4 della legge
del 1865 sulle espropriazioni, per mancata compilazione e pubblicazione
del progetto di massima, perch, come noto, le espropriazioni
relative ad opere pubbliche da eseguirsi dallo Stato
non richiedono l'espltamento delle formalit preliminari stabilite
dal titolo I capo I della legge 25 giugno 1865, n. 2359,
dato che la dichiarazione di pubblica utilit implicita nell'approvazione
dei relativi progetti (v. per tutte, la decisione del Con
PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI AA. PP., APPALTI E FORNITURE 213
siglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana 13 febbraio
1952, n. 15). (Omissis).
Fondato appare invece il terzo motivo, con il quale la ricorrente
lamenta la mancata prefissione dei termini per l'inizio
e il compimento delle espropriazioni e dei lavori. E' vero che nel
decreto impugnato il termine per l'esecuzione degli esproprii
viene fissato in due anni, con decorrenza dalla data di consegna
dei lavori, ma ci non soddisfa il precetto dell'art. 13 della
legge del 1865 sulle espropriazioni, il quale richiede che il termine
suddetto sia fissato in modo certo, con la conseguenza
che deve ritenersi illegittimo il provvedimento che faccia decorrere
l'inizio dei lavori da un termine incerto, qual' quello della
consegna dei lavori (Consiglio di Stato, Sez. IV, 24 ottobre 1956,
n.
1150).
Deve essere pertanto accolto in base al motivo. suddetto, il
ricorso avverso il decreto 29 febbraio 1960 del Magistrato del
Po, che va annullato.
Ugualmente fondato il ricorso avverso il decreto 3 agosto
1961, con il quale il Magistrato del Po ha dichiarato urgenti e
indifferibili i lavori dichiarati di pubblica utilit con il precedente
decreto. Ed invero, nei casi, come quello in esame, in cui
la dichiarazione di urgenza e di indifferibilit non derivi direttamente
dalla legge, occorre che l'urgenza e l'indifferibilit effettivamente
esistano e siano dimostrate.
Nella specie, invece, tra il decreto di approvazione del progtto
e la dichiarazione di indifferibilit ed urgenza sono decorsi
ben 18 mesi, il che dimostra che i lavori da effettuare non erano
n urgenti n indifferibili. N pu dirsi che potrebbero l'urgenza
e l'indifferibilit essere sopravvenute, perch i motivi posti q base
della dichiarazione chiaramente lo escludono.
Detti motivi, contenuti nel parere 15-7-1961 del Comitato Tecnico
Amministrativo richiamato nel provvedimento impugnato,
sono indicati nella necessit di assicurare la difesa idraulica,
nell'aumento del rischio dei danni che potrebbe derivare dal ritardo
nella esecuzione delle opere, nella opposizione della ricorrente
che ha ritardato il corso dei lavori e nella necessit di
evitare il pagamento dei danni per la forzata inattivit del cantiere,
richiesti dalla ditta appaltatrice dei lavori.
Ora, la necessit della difesa idraulica la stessa che port
all'approvazione del progetto, mentre l'aumento del rischio dei
danni che potrebbe derivare dal ritardo nella esecuzione delle
opere, a prescindere dalla considerazione che si tratta di una
affermazione generica e non dimostrata, un elemento che po
RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO
214
teva e doveva valutarsi al momento dell'approvazione del progetto,
e non si pu presumere che in quel momento non sia
stato valutato : il fatto che non sia stata subito emanata la
dichiarazione di indifferibilit e di urgenza dimostra che nella
specie i lavori potevano effettuarsi nel termine necessario per
compiere le espropriazioni, senza che ci comportasse un pericolo.
Pi precisamente i due motivi della urgenza e indiffe-
ribilit sin qui esaminati, se esistenti, avrebbero dovuto portare
subito alla dichiarazione di indifferibilit e di urgenza:
il fatto che detta dichiarazione sia intervenuta dopo diciotto
mesi dall'approvazione del progetto, dimostra che essi non esistono,
almeno nella intensit che possa legittimare le dichiarazione
a distanza di tanto tempo.
Per quel che riguarda invece la opposizione della ricorrente
e la richiesta dei danni per inattivit del cantiere avanzata
dalla ditta appaltatrice dei lavori, facile osservare che detti
motivi non hanno a che vedere con l'urgenza e l'indifferibilit
delle opere da eseguire, a prescindere dalla considerazione che
gli inconvenienti addotti dipendono esclusivamente dalla ii:ieriia
della amministrazione, la quale nei diciotto mesi lasciati
inutilmente trascorrere avrebbe ben potuto portare a termine
l'espropriazione nelle forme ordinarie.
Deve pertanto ritenersi illegittima la dichiarazione di urgenza
e indifferibilit impugnata, perch emanata a lunga distanza
di tempo in base. a motlvi che si devono ritenere o ingiustificati
o inconferenti e ad ogni modo gi esistenti e valutati
diversamente sin dal momento dell'approvazione delle opere;
con la conseguenza che la dichiarazione suddetta deve essere
annullata, cos come deve essere annullato il successivo
decreto di occupazione di urgenza che la presuppone e che di
essa costituisce l'esecuzione. (Omissis).
LODO 30 dicembre 1963, n. 64 (Roma) -Pres. Pinchera -Est.
Girelli -Impresa Falchi c. Amministrazione provinciale di
Sassari e Gestione case per lavoratori.
~
Opere Pubbliche -Direttore dei lavori -Attribuzioni -Attivit svolta
:
al di fuori di tali attribuzioni -Non impegna la p.a. committente.
(r.d. 25 maggio 1895, n. 350, sulla direzione, contabilit e collau<.
I
dazione dei lavori dello Stato; artt. 2, 3, 13 e 63). t
I ~
. 1~1
.:0: ;,:;: :,;:; J'-?.'-:;.:; "J'F.(J;. J' O"F.J'.' ..-.-... NJ'.~J' N.I'. !I': r....... -~
PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI AA. PP., APPALTI E FORNITURE 215
Il Direttore dei lavori ha il compito di verificare i materiali
somministrati dall'appaltatore, e di curare la buona e puntuale
esecuzione dei lavori. Egli non che lo strumento di cui
si avvale il capo dell'organo tecnico dell'Amministrazione committente;
ed agisce in posizione meramente subordinata, alle
dipendenze di quest'ultimo. Pertanto un comportamento che
ecceda le attribuzioni demandategli, o che sia in contrasto con
la legge o con esplicite pattuizioni contrattuali, non impegna
il committente. (1)
(Omissis). -A sostegno delle proprie ragioni, l'Impresa
ha prodotto una lettera in data 27 febbraio 1963 dell'ex direttore
dei lavori, con la quale lo scrivente, che in sede di controdeduzioni
delle riserve inserite nel registro di contabilit si era
praticamente pronunciato per il rigetto di tutte le istanze avanzate
dall'appaltatore, esprime parere favorevole all'accoglimento
delle stesse.
Le convenute Amministrazioni hanno contestato la vali
(1) L'attivit di ingerenza, direzione e collaborazione, che nell'esecuzione
di un'opera pubblica riservata all'Amministrazione appaltante,
di competenza del dirigente del proprio organo tecnico. Negli appalti
statali, questa competenza dell'Ingegnere capo del Genio Civile (reg. 25
maggio 1895, n. 350, art. 1); negli appalti di altre amministrazioni, che richiamino
o comunque applichino il cennato regolamento, secondo un'ovvio
criterio di adattamento della norma, non pu non essere attribuita
che al dirigente dell'ufficio tecnico.
Il Direttore dei lavori solo lo strumento, di cui esso dirigente si
avvale; agisce alle sue dipendenze e ne riceve gli ordini, e le istruzioni
necessarie per la condotta dei lavori. La sua figura, quindi, meramente
subordinata; e tanto ci vero, che qualunque suo ordine, deve essere
approvato e vistato dal Capo dell'Ufficio dal quale dipende (artt. 2, 6, 7
e 13, reg. cit.).
Ci posto, chiaro che l'opinione del Direttore dei lavori su controversie
insorte con l'Impresa, espressione di convincimento esclusivamente
personale, che in nessun modo impegna l'Amministrazione appaltante
nemmeno sotto il profilo tecnico. E' ovvio che in tale considerazione
si prescinde dalla eventualit, che le affermazioni del Direttore dei
lavori siano fatte in sede di istruttoria assunta dall'organo giudicante.
In questo caso, la situazione giuridica diversa, sia in relazione al contenuto
delle affermazioni (non rappresentate da meri giudizi, ma dal
riferimento di fatti obbiettivi), che in rapporto alla diversa veste del
dichiarante.
Sulla figura del Direttore dei lavori, sulle modalit di esercizio dei
suoi compiti, sulle sue responsabilit verso l'Amministrazione e nei confronti
dell'appaltatore e di terzi, cfr.: CIANFLONE, L'appalto di oo.pp., 1957,
138 e 374 e ss.; nonch, Cass. 20 luglio 1960, n. 2035, Foro amm. 1961, II,
304, con nota di richiami.
-
216 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO
dit di tale parere, osservando che l'opinione dell'ex direttore
dei lavori deve ritenersi espressione di un convincimento puramente
personale, in nessun modo impegnativo per la committente,
nemmeno sotto il profilo tecnico.
Il Collegio rileva che il reg. 25 maggio 1895, n. 350 al quale
il capitolato generale della Gestione si richiama, nel precisare
le incombenze e le responsabilit delle persone preposte alla vigilanza
sulla esecuzione delle opere, stabilisce in sostanza che
il direttore dei lavori ha il compito di verificare i materiali somministrati
dall'appaltatore, e di curare la buona e puntuale esecuzione
dei lavori, in conformit dei patti contrattuali. Egli pertanto
non che lo strumento di cui il capo dell'organo tecnico
dell'Amministrazione committente si avvale, e che agisce, in
I
posizione meramente subordinata, alle dipendenze di questo
ultimo. E ci risulta tanto pi vero quando si consideri, che 1-~
I
~
qualunque ordine del direttore dei lavori deve essere appro.
vato e vistato dal capo dell'ufficio dal quale dipende.
Il direttore dei lavori, perci, non ha la rappresentanza '
dell'Ente appaltante, e un suo eventuale comportamento che
~~
ecceda le attribuzioni demandategli o che sia in contrasto con
la legge o con esplicite pattuizioni contrattuali, non impegna
in alcun modo il committente. Nella specie pacifico, che lo
ing. Flores, a norma dell'art. 63 del regolamento citato, forI
:
mul le sue controdeduzioni nel registro di contabilit, relati.'
I
vamente alle riserve dell'impresa; che le controdeduzioni furono
esaminate dal collaudatore, il quale -a sua volta -rifer
con propria relazione all'Amministrazione committente; :~~
I
che quest'ultima, infine, sulla scorta degli elementi a disposi.
zione, ritenne di adottare determinate decisioni, per altro non .
accettate dall'impresa, che instaur il presente giudizio.
,
Alla luce di quanto innanzi deve concludersi che al diret
Itore dei lavori era a questo punto inibito di assumere qualsiasi
autonoma iniziativa, e di intervenire spontaneamente con lo
esprimere opinioni, che non possono non qualificarsi di natura
puramente soggettiva, nella controversia in atto. Il Collegio,
I
pertanto, ritiene di non attribuire valore probatorio alla ri
fil
chiamata lettera; ma di dover prendere in considerazione solo ili
le controdeduzioni a suo tempo inserite dal direttore dei lavori
~:
nel registro di contabilit. (Omissis).
SEZIONE SETTIMA
GIURISPRUDENZA PENALE
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 5 marzo 1963, Pres. Auriemmo
-Est. Rosso -P. M. Reviglio della Venezia (conf.) -rie.
Milano Giuseppe -Amministrazione delle poste e delle telecomunicazioni
-(C. A. Napoli 27 gennaio 1962).
Giudizio civile e penale -Giudice penale di secondo grado -Liquidazione
dei danni -Reformatio in peius -Inapplicabilit.
(Art. 515 c.ri.c.).
Giudizio civile e penale -Giudice penale di secondo grado -Impossibilit
liquidazione del danno -Rimessione giudice civile.
(Art. 489-519, c.p.c.).
Falso -Falso documentale in atto pubblico -Soggetto passivo -Danneggiato
dal reato -Distinzione.
Responsabilit civile -Responsabilit della pubblica Amministrazione
-Condotta dolosa del dipendente -Difetto di sorveglianza
da parte degli organi dell'Amministrazione.
(Cost., art. 28).
Non applicabile l'articolo 515 c.p.p. nella ipotesi in cui
il giudice di secondo grado, avendo riformato la decisione del
primo giudice in punto alla liquidazione dei danni, abbia ordinato
la rimessione delle parti dinanzi al giudice civile per la
liquidazione di interessi non previsti nella sentenza del primo
giudice (1).
L'ordinamento processuale penale prevede la rimessione al
giudice civile non solo nella fase di primo grado, ma anche in
quella di appello, quando non possa essere immediatamente
deciso sul quantum secondo l'apprezzamento discrezionale del
giudice penale (2).
(1) Sulla prima massima non vi sono osservazini da formulare dato
che, in realt, l'art. 515 c.p.c. si riferisce all'impugnazione dei capi penali
della sentenza.
(2) Esatto appare anche il principio indicato nella seconda massima
e che trova riscontro nella sentenza della Corte suprema 18 febbraio
1959 (Giust. pen. 1959, III, 533), citata in motivazione.
-
218 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO
'
Nel reato di falso documentale in atto pubblico
ravvisabile come soggetto passivo del reato la persona
non
priva
.ta: in questo caso, tal persona pu assumere la posizione di
danneggiato dal reato con diritto ad ottenere il risarcimento
nei confronti dell'autore del falso e del responsabile civile (3).
Vanno tenute distinte la figura della persona offesa dal
reato e quella del danneggiato dal reato : la prima si identifica
nel titolare del bene giuridieo leso dalla condotta criminosa,
la seconda nel soggetto che ha riportato conseguenze svantaggiose
dalla condotta criminosa dell'autore del reato (4).
La pubblica Amministrazione risponde anche del comportamento
doloso del proprio dipendente oltre che nel caso in
cui questi abbia agito per fini non privati, anche nella ipotesi
in cui l'atto doloso che abbia recato danno, pur in contrasto
con l'attivit propria della pubblica Amministrazione, sia stato
reso possibile dalla mancanza di sorveglianza da parte degli organi
della stessa pubblica Amministrazione alla quale risale la
responsabilit civile proprio per la colpa degli organi preposti
alla vigilanza ~ alla sorveglianza dei pubblici uffici (5).
(3-4) La terza e la quarta massima costituiscono applicazione di principi
ormai costanti in giurisprudenza, ed, in particolare, la distinzione fra
persona offesa dal reato e soggetto danaeggiato dal reato-trova riscontro
nella precedente sentenza della Corte suprema 7 marzo 1962 (Rep Foro it.,
voce parte civile, 1962, n. 20).
(5) Qualche osservazione va, invece, formulata con riguardo alla quinta
massima.
Come noto, la Corte suprema, con la sentenza 23 settembre 1958,
n. 3029, mut il costante indirizzo giurisprudenziale in ordine al principio
che veniva, ormai, indicato con la nota formula che il dolo rompe il
nesso eziologico fra l'azione del dipendente e la posizione dell'Amministrazione.
In quella occasione, la Corte suprema ritenne, pur riconfermando il
principio della responsabilit diretta della pubblica Amministrazione, che
la frattura del rapporto organico, con conseguente irresponsabilit della
pubblica Amministrazione, si determina solo quando il funzionario agisca
come semplice privato per finalit egoistiche, per modo che l'attivit si
configura come assolutamente estranea all'ambito delle pubbliche funzioni.
Il Supremo Collegio ha avuto occasione di riconfermare il principio
indicato (v., fra le altre, 31 marzo 1960, n. 708, Foro it., 1961, I, 688; S.U.
28 novembre 1961, n. 2749, ibd., 1790; 20 aprile 1962, n. 792, Rep. Foro
it.,
1962, voce Resp. civ., 172-174; 30 novembre 1963, n. 3069, Mass. Foro it.,
1963, n. 3069).
La sentenza annotata si riferisce non solo alla indicazione giurispru
denziale predetta, ma ad altro principio che trova riscontro in prece
denti sentenze del Supremo collegio, citate in motivazione.
In particolare, con la sentenza 2 agosto 1954, n. 2831, la Corte suprema,
pur riaffermando il principio che il dolo (salvo casi eccezionali espres
PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 21!1
(Omissis). -Nessuna sostituzione sostanziale e radicale del
decidere si verificata ma solo precisazione dell'oggetto dell'an
debatur in riferimento alla iniziale domanda -integralmente ac~
colta dal tribunale -nell'ambito del compito istituzionale del
giudice di secondo grado. Tanto meno potrebbe ravvisarsi una
re/ormatio in pejus, come sembrerebbe adombrare la difesa
_della pubblica Amministrazione, per avere il giudice di secondo
grado -riformando al riguardo la decisione del tribunale che
aveva provveduto alla immediata liquidazione dei danni -ordinato
la rimessione delle parti davanti di detta difesa circa la
possibilit in prosieguo di giudizio della liquidazione anche di
interessi non previsti con la decisione del tribunale non potrebbe
richiamarsi all'art. 515 cod. proc. pen. che si riferisce al
divieto di inasprimento della pena e comunque estraneo
alla fase del processo penale -in cui si inserisce l'azione
civile dei danneggiati dal reato. L'ordinamento di rito prevede
la rimessione al giudice civile non solo nella fase di primo
grado, ma anche in quella di appello (Sez. I, 18 febbraio 1959,
samente regolati dalla legge) spezza ogni rapporto organico, riteneva
che, ove l'atto doloso e dannoso del pendente fosse stato reso possibile
dalla mancanza di qualsiasi vigilanza da parte degli organi dell'Amministrazione
pubblica, questa ultima verrebbe a rispondere delle conseguenze
della condotta illecita del dipendente.
La sentenza applic tali principi nella ipotesi di un dipendente che
aveva falsificato buoni di prelevamento di merce al fine di ottenere la
consegna della merce stessa da parte della ditta fornitrice dell'Amministrazione.
Nonostante la riconferma dell'indirizzo, ormai costante, del Supremo
collegio, vale ugualmente formulare le relative riserve in ordine ai principi
sopra indicati.
E' evidente che la sussistenza dell'attivit dolosa del dipendente non
pu far considerare come riferibile all'Amministrazione l'attivit illecita
del dipendente medesimo: siffatta riferibilit si resa in concreto possibile
solo forse in difetto di un richiamo all'art. 43 del codice penale
nel quale chiaramente descritta la configurazione del delitto doloso.
Se, infattl, il delitto doloso, o secondo l'intenzione, quando l'evento
dannoso o pericoloso, che il risultato dell'azione od omissione e da cui
la legge fa dipendere l'esistenza del delitto, dall'agente preveduto e
voluto come conseguenza della propria azione od omissione, chiaro
che non sufficiente la coscienza e volontariet dell'azione ad integrare
gli estremi del dolo, ma occorre la volont dell'evento e, quindi, la inten
zione di determinare una specifica modificazione del mondo es~erno, il
che appare del tutto estraneo alle attribuzioni ed alle finalit che la
norma indica per quel detereminato dipendente che ha posto in essere
la condotta illecita, informata a dolo.
L'indirizzo giurisprudenziale che, pur considerando riferibile all'Am
-
220 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO
Baroni) quando non possa essere immediatamente deciso sul
quantum liquidatorio secondo l'apprezzamento discrezionale
del giudice penale che nella specie, per quanto si riferisce alla
sentenza impugnata, mostra peraltro di ispirarsi a principii'
non di ampliamento dell'obbligo risarcitorio del responsabile
civile, ma a sua precisazione limitando l'ambito dell'obbligo
medesimo in confronto alla decisione del tribunale.
Del pari infondato il secondo motivo di gravame. Nei
reati di falso documentale in atto pubblico non ravvisabile
soggetto passivo del reato persona privata, ma ci non equi
ministrazione il comportamento doloso del dipendente, si sempre premurato
di limitare la riferibilit ai casi in cui l'illecito non sia stato
commes!)o per finalit meramente egoistiche richiedendo che sussista un
rapporto di occasionalit necessaria tra l'atto illecito e le incombenze attribuite
al funzionario, sicch queste abbiano reso possibile l'attivit dannosa,
ha tenuto conto, soltanto in modo parziale, della configurazione che
il codice penale d del dolo.
E' chiaro, infatti, che se il dipendente ha posto in essere l'attivit
delittuosa con la coscienza e la volont di realizzare quel determinato
evento, si , con ci stesso, fuori dai limiti di un'attivit pubblicistica
riferibile all'Amministrazione.
E cos, al fine di superare l'ostacolo frapposto dall'art. 43 del codice
penale, la giurisprudenza sia prima del mutamento di indirizzo verificatosi
nel 1958 (v. Cass. 2 agosto 1954, n. 2831 ), sia successivamente (v.
sentenza annotata) ha fatto ricorso ad un elemento, quale la mancata
necessaria vigilanza da parte degli organi dell'Amministrazione con riguardo
all'attivit del dipendente che ha posto in essere l'azione delittuosa,
elemento che del tutto estraneo alla economia dell'attivit criminosa
considerata e trova, ai fini della responsabilit, un titolo diverso da quello
(responsabilit diretta) che pur viene riconfermato con riferimento alla
attivit illecita del dipendente.
E' evidente, infatti, che, in questo caso, l'Amministrazione non viene
a rispondere dell'attivit delittuosa di quel determinato dipendente che
ha posto in essere un'azione criminosa dolosa, ma risponde, in realt,
della negligenza di altri dipendenti, i quali, probabilmente a titolo di
colpa, (poich, diversamente, concorrerebbero con: la attivit delittuosa
dal dipendente considerato), non hanno esercitato in modo sufficiente ed
adeguato i necessari controlli sull'attivit del dipendente che ha posto
in essere quella determinata attivit delittuosa.
In base a tale rilievo, deve allora convenirsi che non appare del
tutto esatto il principio secondo il quale l'Amministrazione risponde anche
per l'attivit dolosa dei propri funzionari, onde appare pi conforme
ai principi, e non soltanto a quelli amministrativi, ma, sostanzialmente,
a quelli accolti dal codice penale, che, in realt, il dolo determina una
frattura nel rapporto di immedesimazione organica, e ci proprio perch,
ripetesi, l ove sussiste la intenzione di conseguire un evento illecito
si gi fuori dalle attribuzioni del dipendente e si versa nel campo
dell'interesse privato dcl dipendente cio in quella
meramente stesso e == :;
... -::::
:~
~
~~
<
PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 221
vale a negare la configurabilit in quest'ultima di danneggiato
dal reato con diritto a pretese risarcitorie nei confronti dallo
autore del falso e del responsabile civile. Secondo ormai comune
accezione, si deve necessariamente distinguere tra persona
offesa dal reato che il titolare del bene giuridico leso
dalla condotta criminosa e danneggiato dal reato per avere riportato
conseguenze per lui svantaggiose dalla detta condotta
criminosa dell'autore del reato. Nessun dubbio che nella specie
tale danno deve ravvisarsi come generico an debeatur
ai fini del diritto al risarcimento a prescindere dal quantum
ipotesi in cui, come indicato, dalla giurisprudenza, il dipendente ha agito
per motivi privati o per finalit meramente egoistiche.
Cos intesa la responsabilit della pubblica Amministrazione appare,
altres, evidente la inutilit di far riferimento al concetto del rapporto
di occasionalit necessaria tra l'atto illecito e le incombenze attribuite
al funzionario >>, in modo che queste abbiano reso possibile l'attivit
dannosa.
E' evidente, infatti, che il riferimento a tale rapporto di occasionalit
necessaria si rende indispensabile quando, come nell giurisprudenza
considerata, si ritiene di dover consentire la proponibilit dell'azione
di responsabilit pur in presenza di un'attivit dolosa del funzionario.
Senonch, il concetto di rapporto di occasionalit necessaria stato
indicato dalla giurisprudenza (v. sul punto TORRENTE, La responsabilit
indiretta della pubblica Amministrazione, Riv. dir. civ. 1958, 278), con
riferimento ad una disciplina della responsabilit indiretta ex art. 2049
e.e. la quale esige perch sussista la responsabilit dei padroni e dei
committenti che il fatto illecito sia commesso nell'esercizio delle incombenze
a cui i domestici ed i commessi sono adibiti ,
Siffatta indicazione, per, si rendeva necessaria da parte della giurisprudenza,
proprio perch, altrimenti, l'attivit dolosa del domestico
o commesso, in quanto propria del soggetto che la poneva in essere,
sarebbe rimasta estranea alla sfera giuridica del padrone e del committente,
i quali proprio perch la loro responsabilit a titolo indiretto,
sono tenuti per clpa in vigilando o in eligendo.
Senonch, nel settore della responsabilit della pubblica Amministrazione,
proprio perch la responsabilit diretta, stante il rapporto di
immedesimazione organica, non vi posto per un riferimento ad un rapporto
di occasionalit necessaria, poich, diversamente, si vertirebbe nel
campo della responsabilit indiretta.
Non appare, forse, del tutto infondato il rilievo secondo il quale,
in sostanza, la giurisprudenza, pur riaffermando da un lato che la pubblica
Amministrazione risponde a titolo diretto, in realt viene gi ad
introdurre nella disciplina dell'istituto anche il titolo della responsabilit
indiretta, venendo, cos, ad accogliere quella distinzione che una
parte della dottrina (v. TORRENTE, op. cit.) fa drivare dalla contrapposizione
degli artt. 113 e 28 della Costituzione.
ANTONINO TERRANOVA
222 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO
che sar oggetto di accertamento nella successiva fase di remissione
al giudice civile, nella indisponibilit dei propri beni
come conseguenza delle falsit commesse sui titoli rappresentativi
del credito del privato verso la pubblica Amministrazione.
Tale diritto risarcitorio delle parti civili si ripercuote, oltre
che sull'autore materiale pubblico dipendente, anche sulla
pubblica Amministrazione, secondo la costante giurisprudenza
pacifica nel senso di duplice responsabilit in proposito anche
in riferimento all'art. 28 della Costituzione, precisando ancora
l'esistenza di responsabilit immediata e diretta della pubblica
Amministrazione anche se il funzionario o il pubblico dipendente
abbia agito per dolo (da ultimo sez. un. civ. 28 novembre
1961 n. 2749). Nessun valore ha quindi l'accenno difensivo
-peraltro del tutto generico e con riferimento esclusivo a
preteso errore giuridico e non difetto di motivazione e inoltre
solo con i motivi di ricorso e non con quelli di appello -che
nella specie la responsabilit civile della pubblica Amministrazione
sarebbe stata affermata per un delitto doloso quale
quello di cui si tratta, che costituisce un caso limite in quanto
il fatto del dipendente determinato in modo tipico da un
fine strettamente egoistico e strettamente privato .
Non per esatto che la pubblica Amministrazione non risponda
mai per il comportamento doloso del proprio dipendente
perch all'incontro le Sezioni civili di questo Collegio hanno
affermato la responsabilit civile della pubblica Amministrazione
per il fatto doloso del dipendente oltre che quando egli
abbia agito per fini non privati (Sez. III, 23 settembre 1958,
n. 3029; 31 marzo 1960, n. 708) nonch allorquando l'atto doloso
e dannoso del dipendente -pur in contrasto con l'attivit
propria della pubblica Amministrazione -sia stato reso
possibile dalla mancanza di sorveglianza da parte degli organi
della pubblica Amministrazione con negligenza da parte di
quest'ultima alla quale ultima risale la responsabilit civile
proprio per colpa degli organi preposti alla vigilanza e sorveglianza
dei pubblici uffici (Sez. I, 14 aprile 1953, n. 970; 2 agosto
1954, n. 2831). E ci stato ritenuto proprio per la responsabilit
civile della pubblica Amministrazione per falsi documentali
dolosamente redatti dal pubblico dipendente che con
essi abbia leso terzi.
223
PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE
,PRETURA DI TAORMINA, 19 febbraio 1963, imp. Guarnaschelli.
Giuoco d'azzardo -R.D. 31 maggio 1935, n. 1410, costitutivo dell'Ente
turistico alberghiero per la Libia (E.T.A.L.) -Efficacia discriminante
-Esercizio di casa da giuoco in Taormina.
(r.d. 31 maggio 1935, n. 1410; r.d. 22 aprile 1943, n. 560).
L'apertura e l'esercizio di una casa da giuoco in Taormina
da parte della societ A. Zagara, quale avente causa dell'E.T.A.L.,
~ono penalmente leciti per effetto del r.d. 31 maggio 1935, numero
1410, in relazione al r. d. 22 aprile 1943, n. 560 (1).
(Omissis). -Con dettagliato esposto in data 8 novembre 1962,
tale Sorbello Rosario, residente in Fiumefreddo Sicilia, denunciava
a questo Pretore che in Taormina, presso la Villa Mon
Repos , di propriet della, signora Marjorie Varaschini, della
quale il denunciante assumeva essere mandatario, era stata
istituita, ad opera della S.p.A. A. Zagara , conduttrice dello
immobile, una casa da giuoco in violazione alle norme del Codice
Penale che reprimono il giuoco d'azzardo.
Lo stesso giorno 8 novembre 1962, si presentava al Pretore
tale Guarnaschelli Domenico, nella asserita sua qualit di
consigliere delegato della S.p.A. A. Zagara. Costui dicendosi
edotto della presentazione della denuncia a suo carico da parte
del Sorbello, ammetteva pienamente i fatti dem,J.nciati, assumeva,
per, la liceit dell'intrapreso esercizio della casa da giuo
(1) Sulla li~eit del Casin di Taormina.
Alcune premesse di fatto serviranno a chiarire l'erroneit della sen
tenza, con la quale il Pretore di Taormina ha ritenuto di poter conclu
dere l'annosa vicenda, pi volte portata all'esame della Corte Costitu
zionale.
Con r.d. 31 maggio 1935, n. 1410, era istituito l'Ente turistico alber
ghiero per la Libia (E.T.A.L.), persona giuridica di diritto pubblico, con
il compito di esercitare in Libia alcune attivit economiche per lo svi
luppo e l'incremento del turismo in quella regione. Con deliberazione
10 agosto 1937, approvata dal Governatore Generale per la Libia con deli
bere 22328 e 30762 del 17 agosto e 6 novembre 1937, il Municipio di Tripoli
revocava la concessione assentita il 27 aprile 1935 alla Scita (societ con
trollata dal Guarnaschelli) ed autorizzava l'ETAL a gestire una casa da
giuoco in Tripoli. Di qui una lunga vertenza fra il Guarnaschelli e la Scita
contro l'ETAL e il Municipio di Tripoli, conclusa favorevolmente per
l'ente.
Nel 1943, a seguito dell'evacuazione della Libia, l'ultimo commissa
rio dell'E.T.A.L., si trasferiva in Italia e otteneva, con decreto intermini
steriale 20 aprile 1947, che l'Ente fosse autorizzato ad esplicare in Italia
le attivit economiche gi esercitate in Libia. Il decreto di autorizzazione
-
224 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO
co in quanto sorretto da titoli idonei a legittimarlo; precisava
fra l'altro, che l'apertura della casa da giuoco era stata notificata
tanto alla Regione Siciliana quanto al Ministero del Tesoro,
cointeressati alla gestione; presentava, infine, memoria
scritta con allegati documenti, diretti a dimostrare l'assunto di
legittimit.
Con decreto 8 novembre 1962, il Pretore ordinava il sequestro
penale delle attrezzature ed oggetti inservienti al giuoco,
che affidava in custodia allo stesso Guarnaschelli, ordinava il
sequestro del 50% dei proventi lordi derivanti dall'esercizio
del giuoco, esercizio di cui consentiva la continuazione fino allo
esito del procedimento penale; dettava, infine, ulteriori disposizioni
di esecuzione del provvedimento.
Con decreto 9 novembre 1962, il Procuratore Generale presso
la Corte di Appello di Messina avocava a s la istruzione
sommaria del procedimento penale in forza dell'art. 392 ult. parte
c.p.p.; con altro coevo decreto revocava quello in data 8 novembre
1962 del Pretore ed ordinava il sequestro, con modalit
diverse, degli arnesi e degli oggetti della A. Zagara.
faceva espresso riferimento alle sole attivit, di cui all'art. 1 r.d. 31 maggio
1935, n. 1410 e, pertanto, doveva ritenersi escluso il giuoco d'azzardo.
Successivamente a tale autorizzazione (1'11 aprile 1949), il Commissario
dell'Ente stipulava con il Guarnaschelli una transazione, per effetto
della quale l'Ente s'impegnava a sub-concedere al Guarnaschelli l'esercizio
del giuoco d'azzardo in Italia qualora fosse stato a ci autorizzato. La
predetta autorizzazione, di cui entrambe le parti a quel tempo sentivano
la necessit, non mai intervenuta:
Con decreto 27 aprile 1949, n. 1, pubblicato sulla G.U.R.S. 30 aprile 1949,
n. 19, l'Assessore al turismo ed allo spettacolo della Regione siciliana,
infatti, autorizzava l'E.T.A.L. a svolgere in Sicilia, direttamente o a mezzo
di sub-concessionari, i programmi inerenti al proprio scopo d'incremento
turistico e alberghiero e ad esercitare tutte le attivit connesse
con lo scopo anzidetto, gi esercitate in Libia, ivi compreso l'esercizio
del giuoco d'azzardo. Il predetto decreto assessoriale, peraltro, non ebbe
esecuzione e sulla G.U.R.S. 4 maggio 1949, n. 20 fu pubblicato il seguente
avviso: Agli effetti dell'efficacia esecutiva del decreto n. 1 dell'Assessorato
per il turismo e lo spettacolo in data 27 aprile 1949, pubblicato sulla
G.U. 30 aprile 1949, _n. 19, si rende noto che il predetto decreto all'esame
della Corte dei Conti per la registrazione .
Il predetto decreto assessoriale, restituito con rilievo, non fu pi
inoltrato alla Corte dei Conti.
Successivamente interveniva la Risoluzione delle Nazioni Unite 15
dicembre 1950, relativa alla sorte dei beni italiani in Libia, in esecuzione
~~jr r:: della quale erano stipulati l'Accordo 28 giugno 1951 fra l'Italia e la Gran
Bretagna, ratificato con 1. 30 luglio 1952, n. 1301 e l'Accordo italo-libico 2
ottobre 1956, ratificato con 1. 17 agosto 1957, n. 843. In questi Accordi (art. 5,
punto 5) l'E.T.A.L. compreso fra gli enti libici da liquidarsi in confor-I-
-,
glI~:,
rj
1~~
~
-
225
PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE
A seguito di ricorso proposto dal Guarnaschelli, la Suprema
Corte di Cassazine sezione IV penale, con sentenza
30 gennaio -2 febbraio 1963, annullava senza rinvio i detti
provvedimenti del Procuratore Generale di Messina.
In data 6 febbraio 1963, gli atti del procedimento venivano
restituiti a questo Pretore, che, a seguito di formale istanza
della difesa del Guarnaschelli ed in ossequio al combinato disposto
degli artt. i52 e 421 c.p.p. emetteva 1'11 febbraio 1963
decreto di citazione a giudizio dell'imputato Guarnaschelli, cui
veniv contestato il reato di che in epigrafe, per l'udienza del
19 febbraio 1963.
All'odierno pubblico dibattimento, l'imputato si riportato,
confermandole, alle dichiarazioni rese spontaneamente a
questo Pretore in data 8 novembre 1962.
Il P. M. e la difesa hanno concluso chiedendo la assoluzione
dell'imputato perch il fatto non costituisce reato.
DIRITTO
Osserva pregiudizialmente il decidente che il reato ascritto
al Guarnaschelli rientra nella previsione del recente decreto
mit delle leggi in vigore nel Regno di Libia (in effetti l'ente stato/posto
in liquidazione con provvedimento del Governo Libico, a cui sono stati
devoluti i beni). Su questo punto ed in questi sensi si pro:mnziato
il Consiglio di Stato, con decisione 19 giugno 1954, n. 409 su ricorso Rabitti.
In esecuzione della citata Risoluzione e dei conseguenti Accordi internazionali
il Governo iialiano ha adottato, nei confronti dell'E.T.A.L., i
seguenti provvedimenti:
a) con decreto interministeriale 3 marzo 1951 stata revocata l'autorizzazione
concessagli con decreto interministeriale 30 aprile 1947;
b) con d.p. 14 febbraio 1958, pubblicato sulla G.U. 10 marzo 1960,
n. 60, l'E.T.A.L. stato soppresso e messo in liquidazione, ai sensi della
legge 4 dicembre 1956, n. 1404;
c) la chiusura delle operazioni di liquidazione dell'ente, avocate al
Ministero del Tesoro con d.m. 21 marzo 1958, pubblicato sulla G.U. 16 aprile
1958, n. 92, stata approvata con d.m. 22 maggio 1962, pubblicato sulla
G.U. 2 agosto 1962, n. 194. Il residuo patrimonio dell'ente in Italia, definitivamente
estinto, stato devoluto allo Stato.
Con decreto 28 maggio 1959, n. 203/A, il Presidente della Regione siciliana
confermava per la durata di 20 anni alla societ A' Zagara , costituita
dal Guarnaschelli, quale avente causa dell'E.T.A.L., l'autorizzazione
concessa con il decreto assessoriale 27 aprile 1949, n. 1 e concretamente
disciplinava l'esercizio del giuoco d'azzardo.
Con decreto del Presidente della Repubblica 25 giugno 1959, h. 1098 il
dianzi citato provvedimento regionale era annullato ai sensi dell'art. 6
t.u. com. e prov. Il Presidente del Consiglio impugnava, altres, il
decreto del Presidente della Regione con ricorso alla Corte Costituzionale,
che dal 1956 era entrata in funzione.
Al fine di eliminare gli effetti dell'annullamento il Presidente della
~
226 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO
del Presidente della Repubblica 24 gennaio 1963, n. 5, pubbli226
RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO
del Presidente della Repubblica 24 gennaio 1963, n. 5, pubblicato
in Gazzetta Ufficiale n. 22 del 25 gennaio 1963, con cui
stata concessa amnistia.
Osserva altres il decidente che alla applicazione della detta
causa estintiva del reato pregiudiziale, per il chiaro disposto
dell'art. 152 cpv. c.p.p., il proscioglimento in merito
quante volte esistano gi prove le quali rendono evidente che
il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso o
che il fatto non preveduto dalla legge come reato .
Osserva ancora il decidente che, in tali ipotesi, il giudice
deve procedere al dibattimento e prosciogliere con la formula
relativa: infatti l'art. 421 c.p.p; fa appunto salva espressamente
la disposizione del cpv. dell'art. 152 c.p.p. condizionando
la possibilit del proscioglimento nel periodo degli atti preliminari
al dibattimento alla inesistenza di una causa che determini
il giudizio di merito, il quale non pu avvenire che in
seguito al dibattimento (MANZJNI, Trattato di diritto processuale
penale, Voi. IV, ediz. III, 1949, pag. 317; Cass. 16 dicembre
1943, Riv. dir. penit. 1943, 575; Cass. 2 aprile 1946, Giur.
Regione emanava il decreto legge 1 luglio 1959, avente lo stesso contenuto
del precedente decreto 28 maggio 1959, n. 203/A e proponeva anch'egli
ricorso alla Corte Costituzionale avverso il d.p. 25 giugno 1959, n. 1098.
li decreto . legge regionale 1 luglio 1959, su ricorso del Commissario
dello Stato per la Regione siciliana, era annullato, con sentenza 29 luglio
1959, dalla Corte Costituzionale, la quale negava al Presidente ed alla
Giunta regionale il potere di emanare decreti aventi valore di legge.
Con successiva sentenza n . 58 del 26 novembre 1959 la Corte Costituzionale
annullava il decreto del Presidente della Repubblica 25 giugno 1959,
n. 1098, negando al Governo dello Stato il potere di annullare, ex-art. 6 t.u.
com. e prov., provvedimenti regionali, che ponessero in essere conflitti di
attribuzione, ed annullava, altres, il decreto 28 maggio 1959, n. 203-A del
Presidente della Regione nella parte relativa al giuoco d'azzardo, negando
alla Regione ogni potest, legislativa o amministrativa, nella materia, che
deve considerarsi penale e, come tale, riservata allo Stato (Parlamento).
Il successivo decreto 15 febbraio 1960, n. 55/A, emanato dal Presidente
della Regione siciliana nella pretesa veste di organo decentrato
dello Stato e riproducente il gi annullato decreto 28 maggio 1959, numero
203/A, era annuilato dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 23
del 1961, mentre l'ultimo provvedimento regionale (decreto del Presidente
della Regione 31 maggio 1961, n. 36/A), in seguito al ricorso proposto
dal Presidente del Consiglio alla Corte Costituzionale, era annullato
dallo stesso Presidente della Regione con decreto 20 giugno 1961 e la
Corte, con sentenza n. 3 del 1962, dichiarava cessata la materia del
contendere.
Intervenivano, poi, il provvedimento di sequestro del Pretore di
Taormina e la successiva sentenza di assoluzione del Guamaschelli, che
qui si annota.
-~ fil
PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 227
Completa della C. S. XXIII, 2 1068; nonch, sia pure implicicitamente,
Cass. Sez. Unite 24 giugno 1950, Giustizia penale
1951, III, col. 36 M. 26).
Osserva altres il decidente che, per consolidata giurisprudenza,
la formula che il fatto non preveduto dalla legge come
reato , usata dal legislatore nell'art. 152 cpv. c.p.p., richiama
e comprende non solo il caso in cui non sussista incriminazione
del fatto (art. 1, 2 del co. pen.), ma anche quello
in cui il fatto, pur essendo astrattamente incriminato, non costituisce
tuttavia in concreto reato per la sussistenza di una
causa generica o specifica di non punibilit. Invero, la formula
del proscioglimento perch il fatto non costituisce reato
da ritenere compresa nella pi ampia formula usata dal legislatore
nel cpv. dell'art. 152 c.p.p. Siffatta formula, tipicamente
riferibile alla ipotesi di assenza del precetto, comprende
anche per necessit di sintesi il caso in cui la legge penale,
per qualsiasi causa, non com.mini una sanzione (Cass. Sez.
III, 27 giugno 1955, Giustizia penale 1956, III, 286, n. 309;
Cass. sez. III, 23 gennaio 1956, ivi, 1957, III, 30; Cass. Sez. Il,
Dalle tre citate sentenze della Corte Costituzionale risulta evidente:
a) che la Regione non pu emanare provvedimenti in materia di
giuoco d'azzardo, che, quale materia penale, esula dalla sua competenza l
(sentenza n. 58 del 1959); I
b) che la societ A. Zagara, neppure quale avente causa del1.
l'E.T.A.L., pu vantare alcun diritto ad esercitare in Italia il giuoco d'azzardo .
(sentenza n. 23 del 1961) n in base a provvedimenti regionali, as.solutamente
privi di effetti esimenti, n in base a precedenti provvedimenti
1
l1
statali. 1
A quest'ultimo proposito opportuno precisare che il decreto interministeriale
30 aprile 1947, revocato col successivo decreto 3 marzo 1951
e, in realt, caducato per effetto della legge 30 luglio 1952, n. 1301, che
poneva I'E.T.A.L. fuori dell'ordinamento giuridico italiano, non aveva mai 1I
autorizzato n poteva autorizzare l'E.T.A.L. ad esercitare in Italia il giuoco
d'azzardo. II citato decreto 30 aprile 1947 autorizzava I'E.T.A.L. ad eserci,
tare le attivit, di cui all'art. 1 r.d. 31 maggio 1935,
prendono il giuoco d'azzardo.
n. 1410, che non com II
Esso, inoltre, fu emanato in base all'art. 17 I. 18 maggio 1942, n. 669
ed al r.d. 22 aprile 1943, n. 560, i quali consentivano agli enti gi ope'
I
ranti nei territori d'oltremare di esercitare in Italia fino alla data di
cessazione dello stato di guerra, le attivit svolte nei predetti territori coI
consenso dei Ministri per l'A.I., per le finanze e per le corporazioni, osservate
le disposizioni vigenti in materia. II consenso delle amministrazioni
vigilanti aveva l'effetto di derogare ai limiti territoriali fissati agli Enti
1I
iII
dai rispettivi statuti, ma non sostituiva le autorizzazioni, concessioni o
licenze, eventualmente necessarie per lo svolgimento di determinate attivit,
da rilasciarsi dalle autorit competenti. In questi sensi, peraltro,
espressamente dispongono la legge 25 giugno 1940, n. 1066, il r.d. 17 ago
E
228 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO
19 dicembre 1956, ivi, 1957, lii, 317, Cass. Sez. III, 5 febbraio 1957,
ivi, 1957 Ili, 265).
Osserva, infine, il decidente che la videnza , richiesta
dall'art. 152 cpv. come presupposto dell'obbligo di proscioglimento
nel merito nonostante la esistenza di una causa di estinzione
del reato, non riguarda il mezzo di prova considerato
per se stesso, ma piuttosto la conclusione logico-giuridica cui
conduce l'uso dello stesso mezzo. In altri termini, perch il
Giudice sia tenuto a pronunciarsi in merito, non necessario
che la prova, valutata prima facie, dia la certezza della innocenza
dell'imputato o della insussistenza del fatto o del reato,
ma basta che sicuro sia il giudizio al quale. si perviene attraverso
l'adueguata valutazione degli elementi probatori gi acquisiti
agli atti. La Suprema Corte Sez. III 29 gennaio 1958,
Riv. it. dir. proc. pen. 1959, 1081, ha statuito: la pronuncia di
merito emanata ai sensi dell'art. 152 cpv c.p.p. dove ritenersi
pienamente legittima anche quando il Giudice, per giungere ad
un convincimento interiore di innocenza evidente, abbia dovuto
compiere un esame, pi o meno approfondito, delle prove
sto 1941, n. 1269 e la legge 4 marzo 1952, n. 137, che hanno dettato norme
per disciplinare l'analoga situazione dei cittadini rimpatriati in seguito ai
noti eventi bellici dai territori gi soggetti alla sovranit italiana, prevedendo
il rilascio, da parte della competente autorit, delle necessarie licenze
ed autorizzazioni o l'iscrizione negli albi.
N pu trascurarsi la considerazione che, a differenza di queste leggi,
riguardanti le persone fisiche, quelle relative agli enti non potevano non
subire restrizioni o modificazioni per effetto del Trattato di pace e dei
successivi accordi bilaterali, relativi alla situazione degli enti pubblici gi
esistenti nei predetti territori. Le predette leggi, cio, hanno cessato di
essere applicabili agli enti, che gli Accordi infernazionali hanno ritenuto
localizzati nel territorio non pi soggetto alla sovranit italiana e, perci,
fuori dell'ordinamento giuridico italiano.
Alla stregua di queste premesse risulta evidente l'erroneit della sen
tenza, che si annota, la quale, dopo aver posto in luce che i tre provve
dimenti legislativi (rr.dd.Il. 22 dicembre 1927, n. 2448, 2 marzo 1933, n. 201
e 16 luglio 1936, n. 1404), in base ai quali sono state aperte le case da
giuoco di San Remo, Campione e Venezia, derogano agli artt. 718 e 720
c.p. con formulazione ambigua, ma sempre al fine di soddisfare concrete
finalit pubbliche, crede di riscontrare nel r.d. 31 maggio 1935, -n. 1410,
istitutivo dell'E.T.A.L., una deroga analoga e, sulla base del r.d. 22 aprile
1943, n. 560 e del decreto interministeriale 30 aprile 1947, ritiene autorizzata
legislativamente e, quindi, lecita l'attivit del Guarnaschelli.
Gli errori della sentenza possono cos riassumersi:
1) l'analogia fra i rr.dd.ll. n. 2248 del 1927, n. 201 del 1933 e n. 1404
del 1936 da una parte e il r.d. 31 maggio 1935, n. 1410 non sussiste. Anche
se ambigua la formula e tortuoso l'iter previsto dai primi tre, la deroga
alle leggi penali espressa. I citati tre provvedimenti legislativi, infatti,
.
-1
.
.
v
PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 229
gi acquisite; invero, rispetto alla esigenza cui la norma ispirata,
non importa tanto il modo in cui quel risultato si raggiunto,
quanto la essenza del suo specifico contenuto .
Tutto ci osservato in via preliminare, ritiene il decidente
che le prove offerte e gi acquisite agli atti rendono evidente
che il fatto ascritto al{O,Guarnaschelli non costitutivo di reato
e, quindi, in applicazione del cpv. del pi volte citato art. 152
c.p.p., l'imputato va assolto nel merito con la formula relativa.
Ed invero: prima di passare all'esame particolare del caso
sub judice mette conto rilevare quale sia nell'ordinamento giuridico
italiano la disciplina del giuoco d'azzardo. In via generale
esso perseguito penalmente dagli artt. 718 e 720 c.p.:
quello punisce come reato contravvenzionale il fatto del tenere
un giuoco d'azzardo, questo, correlativamente, punisce
il fatto di chi partecipa al giuoco. L'art. 721 c.p., poi, definisce
come giuochi d'azzardo quelli nei quali ricorre il fine di lucro
e la vincita o la perdita interamente o quasi interamente
aleatoria. Chiara e palese la obiettivit giuridica della
norma incriminatrice: con essa si inteso proteggere l'inte
dnno facolt al Ministro per l'Interno di autorizzare i Comuni di San
Remo, Campione e Venezia ad adottare tutti i provvedimenti necessari
a sanare il bilancio anche in deroga alle leggi vigenti . Il provvedimento
legislativo, che istitu l'E.T.A.L., non contiene alcuna autorizzazione
a derogare alle leggi vigenti, tanto meno a quelle penali.
2) Se la ratio della deroga il soddisfacimento di un interesse
pubblico,. che il legislatore qualifica preminente rispetto all'interesse punitivo,
l'autorizzazione al giuoco d'azzardo in deroga agli artt. 718 e 720
localizzata ed inscindibilmente connessa con l'interesse pubblico perseguito.
L'autorizzazione, connessa all'incremento turistico della Libia, non
pu valere come discriminante altrove e per un interesse pubblico diverso.
3) Il decreto interministeriale 30 aprile 1947, che autorizzava, in base
al r.d. 22 aprile 1943, n. 560 ed in applicazione dell'art. 17 I. 18 maggio
1942, n. 669, lo E.T.A.L. ad esercitare in Italia le attivit, che svolgeva
in Libia, non comprendeva il giuoco d'azzardo e non escludeva la necessit
delle licenze, autorizzazioni o permessi previsti dall'ordinamento, perch
esplicitamente imponeva l'osservanza delle disposizioni vigenti in materia
. Per ogni branca d'attivit, pertanto, l'E.T.A.L. doveva munirsi dei
predetti permessi e, per l'esercizio del giuoco in deroga alle leggi penali,
della necessaria autorizzazione legislativa.
Le leggi citate consentivano che gli enti gi operanti nei territori
d'oltremare fossero autorizzati ad esercitare in Italia le attivit svolte
nei predetti territori fino alla data di cessazione dello stato di guerra "
Il decreto interministeriale 30 aprile 1947 era fin dall'origine illegittimo e
privo di efficacia, tanto meno discriminante, perch lo stato di guerra
era gi cessato il 15 aprile 1946. A voler tutto ammettere, il citato decreto
interministeriale poteva aver vigore fino alla data del Trattato di Pace o,
comunque, fino alla data degli Accordi bilaterali, che, in esecuzione del
-
230 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO
resse pubblico acch sia impedito il malcostume dei giuochi di
azzardo, quale vizio moralmente riprovevole ed economica:
mente dannoso.
Nel nostro ordinamento giuridico, per, esistono deroghe
al divieto penale: non mancano, cio, altre norme di legge che,
ponendosi quale eccezione alla regola !fenerale, permettono il
fatto che, in conseguenza, diventa penalmente lecito. La esistenza
di tali norme derogatrici fatta palese dagli artt. 1933,
1934 e 1935 e.e., dove negata (art. 1933) azione per il pagamento
dl un debito di giuoco e di -scommessa, anche se si tratta
di giuoco o di scommessa non proibiti (ivi compresi i giuochi
d'azzardo sottratti alla legge penale per speciale autorizzazione
amministrativa; relazione del Guardasigilli al libro obbligazioni,
n. 225); dove, invece, data (art. 1935) azione relativamente
alle lotterie legalmente autorizzate.
Ritenuta, quindi, la sussistenza nel nostro ordinamento giuridico
d norme permissive in deroga al generale divieto posto
dal Codice Penale, sembra opportuno mettere in evidenza il
comune denominatore di siffatte norme, vale a dire la loro comune
causa giustificatrice.
Va subito avvertito, intanto; che, attesa l'ampiezza della
Trattato, avrebbero regolato la posizione degli enti gi operanti nei territori,
su cui era cessata la sovranit italiana.
II predetto decreto, comunque, caducato per effetto della Risoluzione
delle Nazioni Unite 15 dicembre 1950, in esecuzione della quale furono,
poi, stipulati gli Accordi con la Gran Bretagna (28 giugno 1951) e il Regno
di Libia (2 ottobre 1956), fu formalmente revocato col decreto interministeriale
3 marzo 1951, cui fecero seguito il d.p. 14 febbraio 1958 e il
d.m. 22 maggio 1962, che hanno soppresso l'E.T.A.L. per l'ordinamento
italiano.
4) L'analogia, che il Pretore riscontra fra la situazione giuridica delle
case da giuoco di San Remo, Campione e Venezia, concessionarie dei
rispettivi Comuni e il Guarnaschelli, concessionario, per effetto della
transazione 11 aprile 1949, dell'E..T.A.L. non avrebbe, mai, potuto portare
alla conseguenza di un legittimo esercizio della concessione dopo la revoca
dell'autorizzazione e, poi, la soppressione dell'ente. L'analogia deve condurre
al risultato opposto: cessato il potere dell'ente di esercitare legittimamente
il giuoco d'azzardo, cessa anche quello del concessionario,
che in luogo e per conto del primo lo esercita.
Concludendo, il r.d. 31 maggio 1935, n. 1410 non autorizza, neppure
I
implicitamente, l'E.T.A.L. a svolgere il giuoco d'azzardo in deroga agli
i,,artt. 718 e 720 c.p.; l'autorizzazione, comunque, localizzata in Libia e
connessa all'interesse turistico di quella zona, non potrebbe avere efficacia
:
.
discriminante altrove; in ogni caso essa avrebbe cessato di aver vigore
con la cessazione dell'ente. j
I '
G. GUGLIELMI :
. Im
PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE
definizione legislativa dei giuochi d'azzardo (art. 721 c.p.), sono
da considerarsi tali anche le tombole, le varie lotterie, gli innumerevoli
concorsi a premio per la pubblicit di prodotti industriali
e commerciali, i concorsi pronostici collegati al lotto
ed alle manifestazioni sportive . ed, infine, il lotto pubblico.
Orbene, comune denominatore delle norme autorizzanti, in
via di deroga, le predette attivit l'interesse pubblico, la
tutela di un prevalente interesse sociale e collettivo. Particolarmente:
per le tombole e lotterie (art. 40, r.d.l. 19 ottobre 1938,
n. 1933) la destinazione del prodotto netto a scopi educativi,
assistenziali e culturali; per i concorsi e le operazioni a premio
(art. 43, r.d.l. 19 ottobre 1938, n. 1933) la diffusione e 10
smercio del prodotto con il conseguente incremento ed espansione
delle industrie e dei commerci nazionali; per i concorsi
pronostici (d.l. 14 aprile 1948) , indubbiamente, il maggiore
potenziamento dello sport nazionale e la diffusione di esso fra
le masse; per il lotto pubblico (le origini in Italia sono remotissime
e risalgono al tempo della Repubblica Genovese, intorno
al 1576; esso fu introdotto, nei secoli XVII e XVIII, via
via negli altri Stati italiani e, nel 1731, fu definitivamente ammesso
nello Stato Pontificio da Clemente XII con la motivazione
: ad vitanda maiora mala et pro sublevamine locorum
ad quorum utilitatem erogatur lucrum ; sempre nello Stato
Pontificio, i proventi del giuoco del lotto fornirono a Pio VI i
mezzi per intraprendere, nel 1785, la bonifica delle paludi pontine),
la cui importanza sociale resta evidenziata dalla grande
massa di provvedimenti legislativi regolanti la materia, la
devoluzione dei proventi all'Erario dello Stato.
Quanto poi alle case da giuoco vere e proprie, non mancano
nell'ordinamento italiano provvedimenti legislativi in deroga
alla norma penale. Sebbene non fu convertito in legge e
non ebbe mai, pratica applicazione significativo, ai fini particolari
della nostra indagine, il r.d.l. 27 aprile 1924, n. 636.
Tale testo, esplicitamente derogando alle norme del Codice PeM
nale allora vigente che vietavano il giuoco d'azzardo (art. 484 e
487 c. p. del 1889), cos disponeva con l'art. 1: ... nelle localit
che siano da almeno dieci anni sedi di stazioni climatiche,
balneari o idrominerali e che non si trovino in prossimit di
centri con popolazione superiore ai 200 mila abitanti, pu essere
concessa l'apertura di case da giuoco, nelle quali permesso
il giuoco anche di azzardo. La relativa concessione era,
per l'art. 3, demandata al Ministro per l'Interno ed accordata
con decreto. Il citato r.d.l. non fu, come osservato, convertito
-
l
l
232 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO
f=i
in legge ed , in conseguenza, estraneo all'ordinamento giu.
,
ridico italiano. Tuttavia, non pu passarsi sotto silenzio ed , .
di tutta evidenza la ragione ispiratrice e giustificatrice del prov.
vedimento in deroga al divieto della norma generale penale: ..
'
essa va ricercata sempre in un prevalente interesse pubblico.
Nella specie: l'incremento del turismo, fonte indubbia di ricchezza
nazionale.
Decaduto, per la rilevata mancata conversione in legge, il
citato r.d.l. 27 aprile 1924, d'uopo chiedersi, allora, in base a
quali provvedimenti legislativi dello Stato sono state autorizzate
le esistenti e notorie case da giuoco di San Remo, Campione
e Venezia (quanto all'altra casa da giuoco, quella di S.
Vincent, la cui liceit ancora sub iudice, sufficiente qui ricordare
che fu istituita con atto amministrativo della Regione:
decreto 3 aprile 1946 del Presidente della Valle d'Aosta). Le
dette case da giuoco furono istituite, rispettivamente, con il
r.d.l. 22 dicembre 1927, n. 2448 (San Remo), con il r.d.l. 2 marzo
1933, n. 201 (Campione), con il r.d.l. 16 luglio 1936, n. 1404
(Venezia). Occorre ora subito rilevare che in nessuno di tali
provvedimenti il legislatore esplicitamente autorizza l'apertura
di casin. Invero, all'art. 1 cos statuisce: E' data facolt al
Ministro per l'Interno di autorizzare, anche in deroga all~ leggi
vigenti, purch senza aggravio per il bilancio dello Stato, il
Comune di San Remo ad adottare tutti i provvedimenti necessari
per poter addivenire all'assestamento del proprio bilan
cio ed alla esecuzione delle opere pubbliche indilazionabili.
Identica formula e dettato adotta il legislatore nel r.d.l. 2 marzo
1933, n. 201 concernente Provvedimenti a favore del Comune
di Campione. Infine, con il r.d.l. 16 luglio 1936, n. 1404,
che consta di un unico articolo, il legislatore cos statuisce:
Le disposizioni del r.d.l. 22 dicembre 1927, n. 2448, convertito
nella I. 27 dicembre 1928, n. 3125, recante provvedimenti a
favore del Comune di San Remo, sono estese al Comune di
Venezia.
L'interprete non pu non rilevare la poca chiarezza, l'ambigU:
it e la genericit dei tre riferiti testi legislativi, ma molteplici
considerazioni inducono a ritenere che il legislatore intese,
con quei provvedimenti, autorizzare l'apertura di casin
nei tre ricordati Comuni. Basta considerare infatti che, i tre
testi non essendo contestuali (quello relativo a Venezia fu adottato
a circa nove anni di distanza da quello relativo a San
Remo), non poteva sfuggire al legislatore, nel porre il secondo
(Campione) e terzo (Venezia) provvedimento, quale interpre
233
PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE
tazione ed applicazione fosse stata data al primo dei provvedimenti
(San Remo): con la logica conseguenza che, se non avesse
voluto a.torizzare effettivamente l'apertura di casin, certamente
non avrebbe usato la stessa formula e dettato (Campione)
od addirittura il richiamo ricettizio (Venezia). Basta
considerare i lavori preparatori in occasione della conversione
in legge (1. 27 dicembre 1928) del primo dei provvedimenti,
per convencersi, ove ancora potessero esservi dubbi, che il legislatore
intese, pur usando e servendosi delle gi avvertite equivoche
espressioni, provvedere ad autorizzaze l'apertura di case
da giuoco d'azzardo.
All'interprete viene naturale domandarsi il perch e la ra~
gione della nessuna chiarezza delle norme legislative di cui
discorso, specie raffrontandole alla esplicit e chiara formulazione
del testo legislativo, pi sopra ricordato, di cui al r.d.L
27 aprile 1924, n. 636 (poi non convertito in legge). Trattasi, ritiene
il decidente, di una chiara ragione di politica legislativa in
un determinato momento storico del Paese: il legislatore, interprete
del costume e delle esigenze di un popolo, non poteva
allora usare espressioni diverse e chiaramente autorizzare,
qual eccezione alla regola, il giuoco d'azzardo, per non urtare e
porsi in aperta antitesi con il costume e la morale allora correnti,
che il giuoco riprovavano quale vizio e fonte di corruzione
e di dissipazione. Ma avvertiva pure il legislatore del
tempo, con una pi ampia visione del problema, che il giuoco
d'azzardo, non come fine a se stesso, ma come mezzo di propulsione
turistica, quale richiamo di maggiori correnti turistiche
economicamente pi qualificate, quale mezzo di produzione
di ricchezza da destinarsi ad opere pubbliche ed a finalit collettive,
ben poteva assolvere una funzione sociale.
La compiuta disamina della legislazione vigente in materia
di giuochi d'azzardo consente al decidente di poter fissare
i seguenti logici corollari:
1) Il giuoco d'azzardo stato vietat.o (art. 484 e segg. c.p.
del 1889) ed vietato (art. 718 e segg. c.p. vigente) in via generale;
2) sussistono nell'ordinamento italiano delle eccezioni al
divieto posto in via generale dalle norme penali;
3) le eccezioni dette, perch possano avere forza derogatrice,
debbono provenire dal potere legislativo centrale dello
Stato;
4) l'occasio legis, la ragione delle eccezioni al divieto, va
individuata nel conseguimento di una utilit sociale che il giuo
-
234 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO
co d'azzardo, nei congrui casi inteso come mezzo o strumento,
realizza;
5) l'interesse pubblico al conseguimento della detta utilit
sociale prevalente rispetto alla obiettivit giuridica della
norma incriminatrice del giuoco d'azzardo;
6) il legislatore quando, in materia di case da giuoco,
ha posto deroghe al precetto penale, per consolidata prassi ed
in ossequio a ragioni di politica legislativa, non ha mai specificato
l'oggetto della norma (istituzione di casin) preferendo,
piuttosto, alla chiarezza di dettato una formulazione generica
ed ambigua;
7) il raggiungimento di scopi educativi, culturali, assistenziali;
il potenziamento delle industrie, dei commerci, dello sport,
il risanamento di bilanci dissestati e precari di alcuni enti
autarchici territoriali, la realizzazione di opere pubbliche indilazionabili;
l'incremento del turismo con il conseguente indubbio
vantaggio delle economie locali e nazionali, queste, sono altrettante
cause giustificatrici dei provvedimenti legislativi deroganti,
talvolta in modo esplicito e talaltra attraverso perifrasi e circonlocuzioni,
al divieto della norma penale.
Dopo queste premesse, il momento di intraprendere l'indagine.
sul punto se la societ A Zagara e, per essa, il suo
consigliere delegato, l'imputato Guarnaschelli, ha titolo legale,
fondato su atto legislativo dello Stato (che solo ha competenza,
e competenza esclusiva, in materia penale), per gestire oltre
alle varie attivit istituzionali, come mezzo al fine, anche una
casa da giuoco.
Il Guarnaschelli fa derivare tale suo diritto da una serie
di atti e provvedimenti e precisamente:
a) il r.d. 31-5-1935 n. 1410 avente ad oggetto istituzione
dell'ente turistico ed alberghiero della Libia (E.T.A.L.);
b) la deliberazione n. 257 del 10-8-1937 con la quale il
Podest di Tripoli revocava la concessione dell'esercizio di giuochl
ammessi nel Casin Municipale di San Remo alla Societ
Coloniale Incremento Turistico Anonima (S.C.I.T.A.) e la attribuiva
all'E.T.A.L.;
c) la legge 18-5-1942, n. 669, dettante norme relative alla
gestione nel Regno durante lo stato di guerra delle attivit
economiche esercitate nell'Africa Orientale .Italiana;
d) il r.d. 22-4-1943, n. 560, con oggetto: Applicazione nei
confronti delle attivit economiche esercitate in Libia delle
norme relative alla gestione nel Regno durante lo stato di
PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 235
guerra delle attivit economiche esercitate nell'Africa Orientale
Italiana;
e) il d.m. 30 aprile 1947 con oggetto: Autorizzazione all'Ente
Turistico Alberghiero della Libia ad esercitare in Italia
gestioni alberghiere ed altre attivit economiche ;
f) l'atto di transazione 11-4-1949, registrato il 2-5-1949, intervenuto
tra l'imputato Guarnaschelli e l'E.T .A.L.;
g) lettera in data 3-2-1950 del Ministero dell'Africa Italiana,
Dir. Gen. AA. EE. FF., Direzione III, procollo n. 420210,
a firma del Ministro Brusasca;
h) il decreto 27-4-1949, n. 1, della Regione Siciliana, Assessorato
per il Turismo e lo Spettacolo.
, prbene, l'assunto difensivo appare pienamente fondato. Ritiene,
infatti, il decidente che, raffrontando il contenuto e la
generica formulazione degli atti legislativi (r.d.l. 22-12-1927 e
r.d.l. 2-3-1933) che autorizzarono, rispettivamente, i Comuni. di
San Remo e di Campione ad esercitare il giuoco di azzardo
(quello relativo al Comune di Venezia posteriore alla legge
istitutiva dell'E.T.A.L.) con la non diversa ampiezza ed, anzi,
pi precisa e specifica formulazione del r.d. 31-5-1935, n. 1410
(avente vigore di legge in base all'art. 44 r.d.l. 3-12-1934, n. 2012),
con il quale venne istituito l'E.T.A.L., gi in detta legge. istitutiva
si riscontra la fonte normativa derogativa al divieto penale.
Si legge infatti nel preambolo al r.d. 1935: considerato
che le attivit costituite o da costituirsi per l'attuazione delle
iniziative e delle imprese che tendono o sono comunque connesse
all'incremento turistico della Libia, rivestono, nelle condizioni
attuali, carattere di pubblico interesse; ritenuto che, per
il raggiungimento di tali finalit, necessita accentrare in uno
stesso Ente la gestione delle attivit patrimoniali a tal uopo
gi costituite e le iniziative attuali e potenziali facenti capo
ad Enti ed Istituti diversi. Si legge poi all'art. 1 del decreto
che l'E.T.A.L. ha lo scopo di promuovere e di incrementare
il movimento turistico in Libia ..... e di gestire alberghi e svolgere
ogni altra attivit attinente allo scopo predetto. Si legge,
ancora, all'art. 3 lettere a) e 1), che le entrate dell'E.T.A.L. sono
costituite dai proventi derivanti dallo svolgimento della sua attivit
e da qualsiasi altro provento . Si legge, infine, all'art.
1 dello Statuto dell'Ente, approvato con d.m. 24-6-1935,
pubblicato in G.U. n. 202 del 30-8-1935, che esso potr assumere
...... la gestione di ogni altra iniziativa relativa al movimento
dei forestieri nella Colonia ed in genere allo sviluppo dei
luoghi di cura e di soggiorno.
-
236 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO
Pur avvertendo la solita generica ed equivoca formulazione
del dettato legislativo (c.:ostume, come nelle premesse rilevate,
del legislatore del tempo fermamente e volutamente resto
alla chiarezza in tema di autorizzazioni all'apertura di case
da giuoco), non pare potersi dubitare (ed in ci facendo ricorso
ai corollari e princpi che discendono dall'ordinamento giuridico
e dalla legislazfone in materia di giuochi, corollari e
princpi gi in premessa esposti e fissati) che il r.d. 1935 n. 1410
contenga, tra le altre statuizioni, anche una deroga al precetto
penale. Tale interpretazione fatta palese dalla applicazione
concreta che al decreto fu data dalle autorit della Libia ( parte
integrante del territorio dello Stato Italiano e dove, art. 43
r.d.l. 3-12-1934, n. 2012, era applicabile il codice penale italiano).
Infatti, costituito l'E.T.A.L., la Consulta Municipale di Tripoli,
pur non facendo richiamo esplicito al preambolo del r.d.
1935, provvedeva a revocare alla S.C.l.T.A. la concessione (27
aprile 1935) dell'esercizio dei giuochi ammessi al Casin Municipale
di San Remo, attribuendola all'E.T.A.L. (delibera della
Consulta n. 55 del 9-8-1937 e successiva deliberazione n. 257
del 10-8-1937 del Podest di Tripoli).
Ma v' di pi. Ad avvalorare la data interpretazione al r.d.
31-5-1935 contenente, ad avviso del decidente, deroga al precetto
penale, soccorrono i successivi provvedimenti legislativi
riguardanti l'E.T.A.L.
Con legge 18 maggio 1942, n. 669, fu statuito (art. 17) ...gli
enti istituiti per l'esercizio di attivit economiche nell'Africa
Orientale Italiana ed usufruenti di concorso dello Stato o comunque
sottoposti alla sua vigilanza possono, previo consenso
del Ministro per l'Africa Italiana, di intensa con i Ministri per
le Finanze e le Corporazioni, estendere tali attivit anche fuori
del predetto territorio, osservate le disposizioni vigenti in materia
. Fu statuito altres (art. 34): Il Governo del Re autorizzato,
ai sensi dell'art. 3 n. 1 della legge 31-1-1926, n. 100, a
disporre che, in caso di necessit, le norme contenute nella
presente legge siano applicate, integralmente o parzialmente,
con eventuali adattamenti, anche alle attivit economiche esercitate
in altro territorio soggetto alla sovranit dello Stato da
enti, societ e privati .
Puntualmente, essendo intanto precipitate le sorti della
guerra, il Governo del Re, in forza del citato art. 34 della citata
legge 18 maggio 1942, n. 669, ed in forza dell'art. 3 n. 1
della legge 31-1-1926, n. 100, con r.d. 22-4-1943, n. 560, estendeva
alle attivit economiche esercitate in Libia le norme con
PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE
tenute nella citata legge 18 maggio 1942. E poich quest'ultima
legge subordinava (art. 17 sopra riportato) il trasferimento delle
attivit al previo consenso del Ministro per l'Africa Italiana di
intesa con i Ministri per le Finanze e le Corporazioni, con d.m.
30-4-1947, a firma dei tre Ministri abilitati dalla legge 18-5-1942,
veniva decretata (art. unico) l'autorizzazione all'E.T.A.L. di esercitare
in Italia gestioni alberghiere e le altre attivit economiche
previste dall'art. 1 del r.d. 31 maggio 1935, istitutivo dell'Ente.
Vero che nel citato decreto interministeriale del 1947 non v'
espressa autorizzazione all'E.T.A.L. per l'esercizio anche del giuaco
d'azzardo e che v', soltanto, un generico richiamo alle attivit
previste dall'art. 1 del r.d. 31 maggio 1935; ma anche vero,
e ci sembra al decidente risolutivo, che la portata dell'art. 1 e,
particolarmente, la deroga al divieto penale sancita, con interpretazione
autentica, dallo stesso firmatario del decreto interministeriale
30 aprile 1947 il Ministro per l'Africa Italiana. Quando,
infatti, l'E.T .A.L. a conclusione di varie vicende giudiziarie con
la S.C.I.T.A. e, per essa, con il Guarnaschelli, addivenne all'atto
transattivo del 11-4-1949, registrato il 2-5-1949, mediante il quale
l'E.T.A.L. cedette al Guarnaschelli la gestione del giuoco d'azzardo,
il Ministro dell'Africa Italiana, cui fu sottoposto l'atto di
transazione, con nota n. 420210 del 3-2-1950, diretta all'E.T.A.L.
ed avente come oggetto transazione E.T.AL. -Cav. Domenico
Guarnaschelli , cos testualmente si espresse: Questo Ministero
ha preso visione di quanto la S.V. ha comunicato con il foglio
del 5-1 e relativi allegati e si compiace che siano stati rimossi
quegli ostacoli che avrebbero impedito la urgente realizzazione
del complesso di attivit turistiche che codesto ente stato chiamato
a svolgere in Sicilia. .
Affermata, per le premesse, la legittimazione, per atto
legislativo dello Stato, dell'E.T.A.L. a gestire, anche in Italia, una
casa da giuoco, non pu non concludersi che pari ed identica
legittimazione competa al Guarnaschelli, quale cessionario ed
avente causa dall'E.T.A.L. (situazione analoga riscontrasi per i
gestori delle case da giuoco nei Comuni autorizzati). In proposito,
vale la pena riportare quanto ha statuito la Corte d'Appello di
Firenze sez. I penale con sentenza 14-12-1962 pronunciata nella
causa penale per il casin di S. Vincent: la finalit pubblica
perseguita attraverso l'apertura dei casin nei Comuni autorizzati,
consistendo nel procurare benefici finanziari ad enti pubblici
mediante prelevamento di ricchezza privata sul denaro dissipato
nel giuoco, imprime, secondo l'opinione concorde della giurisprudenza
e della dottrina, carattere di concessione ammini
-
RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO
strativa all'atto con il quale il Comune, che il titolare della attivit
che forma oggetto della concessione, provvede ad attribuire
al privato l'esercizio. Da ci consegue che il privato diventa concessionario
di un pubblico servizio e che come tale, nell'esercizio
dei diritti e nell'adempimento degli obbighi impostigli col capitolato
di concessione, rimane dispensato, alla stessa maniera
del concedente, dall'osservanza della legge penale).
E' pur vero che, con d.m. 3-3-1951 in G.U. n. 82, del 10-41951,
l'autorizzazione concessa all'E.T .A.L. con il decreto interministeriale
30-4-1947 cess di avere effetto a decorrere dalla
data del decreto; ma anche vero che ci ovviamente significa
che non solo stata esclusa ogni efficacia retroattiva del provvedimento,
ma stata ritenuta la piena validit e regolarit
dell'attivit precedentemente svolta dall'E.T.A.L. e sia per quanto
riguarda la titolarit dei diritti che l'E.T.A.L. pu avere acquistato
sia per quanto, infine, riguarda gli atti di disposizione
di tali diritti che l'E.T.A.L. abbia posto in essere a favore di
terzi.
Compiutezza di indagine impone al decidente un accenno
sul decreto della Regione Siciliana -Assessorato al Turismo
-del n. 27-4-1949 n. 1. La Corte Costituzionale nella sentenza
n. 58 del 26-11-1959, pronunciando su due ricorsi riumti,
proposti rispettivamente dalla Regione Siciliana e dal Presidente
del Consiglio dei Ministri ed entrambi accogliendoli, nella
motivazione dela sentenza rileva che il detto decreto rimasto
privo di efficacia non essendo stato registrato alla Corte dei
Conti. Il rlievo dell'Alta Corte, a parte la considerazione che
non ha valore obbligatorio in quanto non adottato incidenter
tantum perch su di esso non fondata alcuna parte del dispositivo,
non incide sulla questione che ne occupa per il semplice
fatto che il decreto assessoriale del 1949, per il suo contenuto
(n poteva essere diversamente, dato che le deroghe in materia
penale sono di esclusiva competenza del potere legislativo
dello Stato), ha mera funzione regolamentare, attiene, cio, al
concreto modo di esercizio del diritto dell'E.T.A.L. e del suo
cessionario e ne disciplina le modalit.
La citata sentenza n. 58 nonch quella n. SO del 28-7-1959,
infine, non contengono statuizioni, neppure incidenter tantum,
in contrasto con le conclusioni cui il decidente pervenuto, che
anzi, nella sentenza n. 58, l'Alta Corte, pur non ammettendola,
non esclude tuttavia la titolarit dell'E.T.A.L. del diritto all'esercizio
del giuoco d'azzardo.
Per tutto quanto precede, trovandosi in presenza di una leg
-
w
1::
.
.
.
1
.. IjJ
.
PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE
ge extrapenale permissiva (il R.D. 31-5-1935), il fatto ascritto al
Guarnaschelli, pur sembrando in contraddizione al precetto penale
sanzionato agli artt. 718 e segg. c.p. risulta giustificato ai
sensi dell'art. 51 stesso codice. P. Q. M. letti gli artt. 152, 421,
479, c.p.p. Assolve Guarnaschelli Domenico dal reato contestatogli
trattandosi di persona non punibile perch il fatto non
costituisce reato. (Omissis).
-
-~
.:
::
pARTE SECONDA
RASSEGNA DI DOTTRINA
SATTA, Istituzioni di diritto fallimentare, sesta edizione rielaborata e
aggiornata, Roma, 1964, pagg. XXVIII, 486.
L'opera, che gi al suo primo apparire tanti consensi riscosse, destinata
ad avere anche in questa sesta edizione larga diffusione tra gli studiosi
e gli operatori del diritto. Trattandosi di una riedizione, sia pur rielaborata
e aggiornata, sembra opportuno rimandare, anzitutto, il lettore alle
tante recensioni apparse in occasione della prima edizione e delle successive_
(v., per tutti, tra gli altri, CARNELUTTI in Riv. dir. proc.; 1943, 275; con
particolare ampiezza, MONTESSORI in Riv. dir. comm., 1944, I, 245; BIGIAVI
in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1947, 446 e ASQUINI in Riv. dir. comm., 1948,
I, 315), recensioni le quali hanno posto variamente in luce gli indiscutibili
pregi dell'opera, e limitarci qui, poi, ad alcuni cenni per quanto
attiene alla rielaborazione e all'aggiornamento; non senza prima aggiungere,
per personale esperienza, che sebbene impostata con rigore scientifico,
di cui il nome medesimo dell'autore indiscutibile garanzia, l'opera
di grande ausilio pratico : quante volte si presentata una questione in
teressante in materia, seppur marginale, sempre, magari sinteticamente o
perfino attraverso un semplice accenno in una nota, si trovata la soluzione
o almeno la via per una soluzione confortevole in quest'opera, pi che,
talvolta, in altre di maggior o di molto maggior mole, le quali abbondano
sul diritto fallimentare e spesso son, peraltro, il frutto di una lunga
attivit giudiziaria.
L'accenno fatto alle note render ancor pi evidente l'utilit di questa
nuova edizione che nelle note principalmente si differenzia dalla precedente
non solo per quanto riguarda gli accuratissimi e appropriati aggiornamenti
giurisprudenziali, dottrinari e legislativi, ma anche per quanto
riguarda osservazioni sempre acute, aggiunte qua e l, magari con
note bis.
Ci, peraltro, non significa che pure il testo non sia stato rielaborato,
beninteso nei limiti in cui l'opera attraverso le successive edizioni si va
sempre pi avvicinando alla perfezione nel suo genere.
Per soffermarci su qualche aspetto saliente converr ricordare il problema
del rapporto tra fallito e fallimento inquadrato nell'ampio concetto
di sostituzione , reso meno propriamente ma pi efficacemente
pure con riferimento all'art. 110 c.p.c. mediante l'espressione successione
, che come noto pu essere mortis causa ed inter vivos ma in questa
ultima ipotesi, per avere carattere universale come nel fallimento (a differenza
del pignoramento, differenza della quale si deve tener conto anche
agli effetti dell'applicazione e dell'estensione delle norme relative alla
espropriazione forzata in generale), -non deve dipendere dalla volont del
soggetto (pagg. 131-132, 150 e 294); converr altres accennare al problema
dei rimedi dati contro il decreto del giudice delegato che stabilisce e rende
esecutivo il piano di riparto: contestazioni in sede di giudizio per il
rendiconto del curatore previsto nell'art. 116 l.f.? reclamo generale stabilito
dall'art. 26 l.f.? e ricorso per cassazione contro il conseguente provvedi
4 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO
I
I
W:
mento del Tribunale (Cass. 17 gennaio 1962, Riv. dir. comm. 1963, II, 256
con nota del Satta e da ultimo Cass. 30 maggio 1963, n. 1461)? o tutela meno
limitata, come, trattandosi di veri e propri diritti soggettivi, sarebbe pi
giusto, attraverso l'applicazione estensiva dell'art. 98 l.f. ovvero attraverso
le norme generali del codice di procedura civile per la risoluzione delle
controversie in sede di distribuzione del ricavato, tesi per le quali propende
motivatamente l'A. (pagg. 301-302)?; converr, infine, menzionare la
questione dell'opposizione di terzo contro la sentenza di omologazione del
concordato, questione in rapporto alla quale l'A. modifica l'opinione espressa
nelle precedenti edizioni (pagg. 344-345), la questione della riapertura del
fallimento della societ, cui l'A. d corivincente soluzione positiva (pag.
384), ed, ancora, i problemi derivanti dall'applicazione degli artt. 167 e
173 l.f., ex art. 188 U., con riferimento alla sorte degli atti compiuti contra
legem dal debitore, ammesso alla procedura dell'amministrazione
controllata, dopo la conclusione di questa nelle diverse ipotesi, in rapporto
al che, pure, l'A. modifica le opinioni espresse nelle precedenti edi'
zioni additando soluzioni in parte diverse (pagg. 432-433). .
.
Come si vede, adunque, nuove questioni, nuovi problemi, tutti di grande
interesse, scientifico e soprattutto pratico, e per tutte tali questioni
I
e tali problemi soluzioni od orientamenti precisi e meditati.
fJ
BENEDETTO BACCARI g
tIl
RIGHETTI, Per un inquadramento sistematico della responsabilit del vettore,
(Riv. dir. civ., 1964, I, pagg. 56-76).
In questo scritto l'A. dedica un solo breve paragrafo (il paragrafo n. 8)
a la responsabilit nel trasporto ferroviario . Poco, per vero, se si considera
l'importanza, in genere, di questo tipo di trasporto, la peculiare
regolamentazione che lo disciplina pure per quanto riguarda la responsabilit
ed i conseguenti problemi che si pongono in proposito; tanto pi
che, in realt, la materia del trasporto ferroviario non risulta negli ultimi
tempi oggetto di particolari opere (al volume dell'OTTOLENGHI, Lo Stato e il
contratto di trasporto ferroviario, Torino, 1907, ed ai volumi del MARCHESINI,
Il contratto di trasporto delle merci per ferrovia secondo la convenzione
internazionale di Berna e la legislazione italiana, Milano, 1908-1909, fanno
riscontro in epoche relativemente recenti il libro del CHIMENTI, I trasporti
ferroviari, Milano, 1936, ed il libro del SANTONI, Il contratto per il trasporto
delle cose sulle ferrovie dello Stato -commento alle vigenti condizioni,
Roma, 1947, nel campo specifico; e poi trattazioni pi o meno ampie nei
testi dedicati al contratto di trasporto in generale -tra i quali ricordiamo:
IANNUZZI, Del trasporto, Roma, 1961, nel Commentario del codice civile
a cura di SCIALOJA e BRANCA, e STOLFI, Appalto-Trasporto, Milano, 1960, nel
Trattato di diritto civile diretto da GROSSO e SANTORO PASSARELLI -, nei vari
commentari al codice civile, nel Nuovo Digesto italiano e nelle enciclopedie
minori, giacch alle relative voci non sono ancora arrivati l'Enciclopedia
del diritto e il Nuovissimo Digesto italiano, nonch nei testi istituzionali
e negli scritti, apparsi qua e l su varie riviste).
Comunque, soffermandoci, siccome di maggiore interesse ai fini di
questa rassegna, sugli accenni che dell'argomento fa l'A. nello studio in
esame deve rilevarsi la sommariet di quanto vi si legge: Benvero, l'A.
menziona le norme fondamentali speciali, nazionali (ma si noti che con
PARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA
il D.P.R. 30 marzo 1961, n. 197 stata approvata la revisione organica delle
Condizioni per i trasporti delle cose sulle Ferrovie dello Stato) ed internazionali
che concretano notevoli deviazioni dal sistema , ricorda il carattere
essenzialmente reale del contratto di trasporto merci per ferrovia
, le cosiddette presunzioni di fortuito applicate legislativamente
in larga misura , sottolineando l'attenuazione del rigore della responsabilit
ex recepto, con desumibile atteggiamento critico, laddove, peraltro, egli
stesso ammette che la presunta irresponsabilit si rapporta alla prova, sia
pur mera , di una forte probabilit statistica di dipedenza del fatto
impeditivo dal fortuito. Atteggiamento critico che sembra riaffiorare di
fronte alla limitazione della presunzione della responsabilit del vettore ferroviario
di persone ai danni per anormalit di servizio, da specificarsi e
dimostrarsi dal danneggiato, ed anch'essa eliminabile ove il vettore