ANNO XVI N. 1 GENNAIO-FEBBRAIO 1964 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Pubblicazione di servizio ARTI GRAFICHE MllllLO ROMA Con questo numero la Rassegna dell'Avvocatura dello Stato assume, dopo sedici anni, una nuova veste, cui si accompagna una riorganizzazione redazionale con la costituzione di un corpo di redattori, composto di colleghi, a ciascuno dei quali affidata la cura di una rubrica. Questa specifica assunzione di responsabilit ha, ovviamente, solo lo scopo di permettere il pi agevole conseguimento dei fini propri , della Rassegna che restano pur sempre quelli indicati fin dal primo numero: la Rassegna, cio, vuol continuare ad essere, sopratutto, un razionale strumento per il perfezionamento tecnico dell'organizzazione istituzionale e per la migliore preparazione professionale degli avvocati dello Stato. Perci l'affidamento delle rubriche a singoli colleghi non solo non esclude la collaborazione di tutti gli altri, ma anzi tende a stimolarla e renderla pi organica e sistematica. Il bilancio di questi sedici anni, che costituiscono la prima fase, prevalentemente sperimentale, pu considerarsi positivo; spesso, infatti, nella difesa degli interessi fondamentali della Amministrazione dello Stato (che sono poi gli interessi di tutti i cittadini) sia in sede giurisdizionale sia qualche volta anche in altra sede, la possibilit di far conoscere le nostre tesi ha concorso, in misura notevole, a far conseguire utili risultati. Ricordando e confermando l'impegno assunto nel 1948 diamo inizio a questa nuova fase della vita del nostro periodico, con la certezza che al suo successo tutti i colleghi si sentiranno personalmente impegnati. Elenco delle principali annotazioni a sentenze: La redazione, La incostituzionalit del ricorso straordinario pag. 3 F. AGR, Ancora sulla distinzione tra interesse legittimo e interesse a ricorrere . 44 F. CARUSI, Tutela del diritto del richiedente su titolo intrasferibile all'ordine di prenditore cartolare inesistente 60 F. CARUSI, In tema di liquidazione delle indennit per requisizione alleate 68 F. CARUSI, Sugli effetti della dichiarazione di incostituzionalit delle norme sulla composizione delle sezioni specializzate agrarie )) 79 F. CARUSI, Sugli effetti della dichiarazione di incostituzionalit di decreti di scorporo per l'esecuzione della riforma fondiaria )) 87 F. CARUSI, In tema di prowedimenti cautelari innominati . )) 97 F. CARUSI, In tema di conflitto di diritti di assegnatari di terre di riforma )) 100 U. GARGIULO, In tema di definitivit del bando di concorso per conferimento di sedi farmaceutiche . 121 U. GARGIULO, Sul termine per ricorrere avverso i decreti prefettizi emananti nell'esercizio del potere di vigilanza sulle opere pie . )) 127 U. GARGIULO, In tema di applicabilit delle agevolazioni della l. n. 408 del 1949 ai contratti anteriori alla legge . )) 147 L. CORREALE, Poteri del giudice ordinario di disporre, con l'annullamento della decisione della Commissione provinciale in tema di valutazione, la restituzione di somme gi pagate )) 167 L. CORREALE, Limiti dell'impugnativa giudiziaria delle decisioni delle Commissioni provinciali in tema di valutazione )) 169 G. GUGLIELMI, Competenza della Commssione Centrale delle imposte nei giudizi di valutazione )) 185 G. DEL GRECO, Sul ritardo nel pagamento dei corrispettivi nell'appalto pubblico, e sulla natura giuridica del decimo in caso di rescissione )) 193 G. GUGLIELMI, Slla liceit del Casin di Taormina . )) 223 - INDICE Parte prima: GIURISPRUDENZA Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE pag. 3 Sezione seconda: GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 22 Sezione terza: GIURISPRUDENZA CIVILE 58 Sezione quarta: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 116 Sezione quinta: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 147 Sezione sesta: GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE PUBBLICHE AP PALTI E FORNITURE 188 Sezione settima: GIURISPRUDENZA PENALE 217 Parte seconda: RASSEGNE QUESTIONI CONSULTAZIONI RASSEGNA DI DOTTRINA pag. 3 RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 6 CONSULTAZIONI . 15 Le sezioni della parte prima sono curate, nell'ordine, dagli avvocati: Michele Savarese, Giorgio Zagari, Franco Carusi, Ugo Gargiulo, Leonida Correale, Giuseppe del Greco, Antonino Terranova; le rassegne di dottrina e legislazione dagli avvocati: Benedetto Saccari e Mario Fanelli. Coordinamento generale: avvocati Aristide Salvatori e Ugo Gargiulo. INDICE ANALITICO-ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA. ACQUE PUBBLICHE -Sottensione parziale -Presupposti di legittimit del provvedimento, 205. -Sottensione totale e perziale di utenza -DiscipHna delle due ipotesi, 205. ALBERGHI -Regolamenti edilizi comunali Prescrizione di altezza degli edifici -Provvedimento di deroga Motivazione Comparazione tra l'interesse albel'ghiero e l'interesse urbanistico -Necessit, 119. APPALTO -Appalto di opere delle Ferrovie dello Stato -Rescissione dell'appalto -Decimo da pagarsi all'appaltatore -Calcolo -Riferimento ai prezzi revisionati, con nota di G. DEL GRECO, 192. -Aippalto di opere delle Ferrovie dello Stato _ Ritardo nei pagamenti -Responsabilit della p.a. -Liquidazione dei danni in via preventiva e forfettaria, con nota di G. DEL GRECO, 192. APPELLO -Riserva facoltativa di appello contro sentenza non definitiva -Appello congiunto a quello contro la sentenza definitiva, 102. ARBITRATO -Deposito del lodo -Ordinanza del Presidente del Tribunale che ne. ga l'esecutoriet _ Ricorribilit in Cassazione, 188. ATTO AMMINISTRATIVO -Omesso o errato richiamo a norme di legge -Non ragione di illegittimit, 205. -Piena conoscenza anteriore alla notif.ca -Irricevibilit del ricorso giurisdizionale, 209. AUTORIZZAZIONE AMMINISTRATIVA - Diiniego Le!jione dii interesse legittimo _ Danno ai sensi dell'art. 2043 e.e. -Insussistenza Domanda di risal'cimento -Difetto assoluto di giurisdizione, 32. CASSAZIONE -Ricorso per Cassazione -Erronea indicazione dl norme violate -Irrilevanza _ Ammissibilit, 102. COMPETENZA E GIURISDIZIONE -Consiglio di Stato -Decisione Ricorso alle S.U. della Cassazione -Motivi -Difetto di giurisdizione -Estremi, 37. -Consiglio di Stato -Decisione Impugnabilit per Cassazione -Difetto di motivazione -Non deducibtlit, 38. -Decisione del Consiglio di Stato Impugnabilit per Cassazione Motivi attinenti alla giurisdizione Decisione d'inammissibilit .od improcedibilit -Non impugnabilit per Cassazione, 38. ~ Impiego pubblico -Diritti patrimoniali conseguenziali -Controversie -Giurisdizione ordinaria, 22. -Impieg0 pubblico _ Controversie - Restitutio in integrum -Emolu menti accessori allo stipendio Competenza del Consiglio di Stato, 38. -Impiego pubbilico -Controversie in dipendenza diretta e immediata del rapporto di impiego -Giurisdizione esclusiva del Consiglio di Stato, 22. -Ricorso contro la sentenza di appello e contro quella sulla revocazione -Indagine preliminare sui presupposti della 1giurisdizione, 31. COMUNE -D1ohiarazione di Comune come lo Calit economicamente depressa ex 1. n. 365 del 1957 -Comuni viciniori -Interesse, da parte di questi ultimi, a ricorrere. Ammissibilit, con nota di F. AGRO', 44. CONCESSIONI AMMINISTIRATIVE -Concessione di servizio pubblico di ferrovia -Riscatto -Aree espropriate o acquistate con fondi forniti dallo Stato a 1forfait -Dev luzione gratuita a favore dello Stato, 140. II i ' I I iili I ~ INDICE IX -Concessioni provvisorie -Inadempimento del concessionario -Decadenza -Controversie _ Competenza, 54. -Sopravvenuta eccessiva onerosit della prestazione -Risoluzione - Inaommissibilit -Sopravvenuta eccessiva onerosit di una sol!\ clausola -Sua eliminazione -lnamsibilit, 139. -Trasporti in concessione -Autolinee ~ Preferenze -Nuova coneessione -Posizioni dei precedenti concessionari -Preferenze -Limiti, 136. CONTENZIOSO TRIBUTARIO -Registro -Controversie di valutazione Decisione delle Commissioni proviuciali -Ricorso alla Commissione Centrale, con nota di G. GUGLIELMI, 185. CONTRATTI . AGRARI --Norme relative alla composizione delle sezioni specializzate agrarie -E}Lfetti della dichiarazione di incostituzionalit _ Procedimento civile -Vizio attinente ai presupposti processuali -Difetto di costituzione del giudice -Nullit insanabie -Rinvio al giudice di I grado, con nofa di F. CARUSI, 78. CORTE COSTITUZIONALE -Decisioni dei giudizi incidentali di legittimit costituzionale -Natura ed eJ!fetti nei giudizi principali ed erga omnes , con nota di F. CARUSI, 84. -Giudizi incidentali di legittimit costituzionale -Decisione di rigetto -E:tlfetti, 108. -pronuncia di illegittimit costitu-. zionale -Natura -Efficacia retroattiva -Sussistenza -Limiti, con nota d F. CARUSI, 78. COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA -Obbligatoriet delle norme incostituzionali prima (dell'efficacia) della pronuncia della Corte Costituzionale, con nota di F. CARUSI, 84. --Previdenza e assistenza -Termine per la proposizione dei ricorsi in tema di assegni familiari _ De<' orrenza dalla data di spedizione della decisione impugnata -Illegittimit costituzionale, 9. DEMANIO -Demanio storico ed artistico -Vin colo di interesse storico e artistico -Notifica precedente alla 1. n. 1089 del 1939 -Rinnovazione Autonomia rispetto al precedente vincolo -Presupposti -Accertamento Necessit, 13!!. -Demanio storico e artistico -Vincolo di interesse storico e artistico -Contenuto -Indeterminatezza -IHegittimit, 139. DEPOSITO -Depositi bancari e cassette di .sicurezza -Sblocco Istanza di sblocco -Rigetto -Impugnativa Lesione di diritti soggettivi -Difetto di giurisdizione del Consiglio di Sttao, 57. -Depositi consolari -Deposito regolare -Obbligo di convertire le somme depositate nella nuova carta moneta, 72. -Depositi consolari -Responsabilit dello Stato italiano, 72. EDILIZIA POPOLARE ED ECONOMICA -Alloggi cooperativi -Assegnazione -Ricorso di soggetto estraneo alla cooperativa -Pronunzia della Commissione -Illegittimit, 137. -Commissione di vigilanza -Attribuzioni di vigilanza e di decisione -Distinzione . Pronunzia Motivazione Perplessit -Illegittimit, 138. ESECUZIONE FISCALE -Riscossione delle imposte dirette -Delegato governativo per la gestione esattoriale -Diretta riferibilit dell'attivit del delegato al1' Amministrazione delle Finanze Conseguenza circa l'onere delle spese dei giudizi relativi alla riscossione e circa la legittimazione a proseguire i giudizi in corso all'atto della cessazione dell'attivit del delegato, 154. ESPROPRIAZIONE PER P.U. -Espropriazione ai sensi della 1. 15 gennaio 1885 n. 2892 -Interpellanza ai sensi dell'art. 23 1. Urbanistica _ Non necessaria -Sussistenza del potere espropriativo -Impugnativa -Competenza del Consiglio di Stato, 25. - Indennit -Danno risarcibile per protrazione ultrabiennale senza titolo di occupazione di urgenza Destinazione dell'area a sede di opera pubblica prevista nel piano RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO X di ricostruz:one -Irrilevanza, 113. GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA -Occupazione in via d'urgenza da -Decisione del Consiglio di Stato parte della Pubblica Amministrasu eccezione di illegittimit costi zione -Protrazione ultrabiennale tuzionale dichiarata in decisione, della medesima senza il perfezioanzich con separata ordinanza namento della procedura esproIncensurabilit da parte della Cas prltiva -Trasformazione dell'imsazione, 28. mobile in seguito a :costruzione IMPOSTA DI NEGOZIAZIONE dell'opera pubblica -Risarcimento -Accertamento dell'Jmposta comple dei danni -Liquidazione, 113. mentare da parte dell'Ufficio del -Opere eseguite dallo Stato -ComRegistro -Previa valutazione dei pilazione e pubblicazione del protitoli da parte del Comitato diretgetto di massima -Non necessativo Agenti di cambio -Natura rie, 209. di tale Comitato -Imprescrittibi -Prefissione del termine per le elit del diritto di accertamento delspropriazioni con decorrenza dall'imposta prima che sia compiuta la consegna dei lavri _ Illegittidetta valutazione _ Inapplicabilit mit, 210. della decadenza di cui all'art. 34 -Urgenza ed indifferibilit non dir. d. n. 3269 e della prescrizione di chiarata ex lege -Necessit di cui all'art. 16 d.l. n. 1975 del 1938, specifica dimostrazione, 210. 163. IMPOSTA DI REGISTRO FALSO -Aumenti di capitale per fusione o -Falso documentale in atto pubbli concentrazione di aziende -Con co -Soggetto passivo -Danneg temporaneit e strumentalit delle giato dal reato -Distinzione, con operazioni ai fini dei benefici fi nota di A. TERRANOVA, 217. scali -Nozione -Fattispecie, 157. FARMACIE -C3se di nuova costruzione -Age -Bando di concorso per sede far volazioni previste dall'art. 18 dt'll maceutica -Sospensione del con la l. n. 498 del 1949 -Contratti corso -Successivo decreto prefet di mutuo stipulati, per la costru tizio di abrogazione del provvedi zione di case di abitazione, prima mento di sospensione -Definiti dell'entrata in vigore della legge vit, con nota di U. GARGIULO, ma dopo l'entrata in vigore del 120. d.1.1. 24 aprile 1946 n. 350 -Ap- Competenza in materia di concor- plicabilit, con nota di U. GAR so farmaceutico -Assegnazione al GIULO, 147. medico provinciale, con nota di -Decisione della Commissione pro U. GARGIULO, 120. vinciale in tema di valutazione -Farmacie comunali -Autorizzazio Azione giudiziaria -Limiti, con ne -Motivazione -Valutazione deL nota di L. CORREALE, 168. le ragioni giustificanti la deroga -Decisioni della Commissione pro Necessit, 124. v~nciale in tema di valutazione GIUDIZIO CIVILE E PENALE Annullamento da parte del giu- Giudice penale di secondo grado dice ordinario -Restituzione delle -Liquidazione dei danni -Refor-somme pagate in esecuzione della matio in peius -Inapplicabilit, decisione annullata -Ammissibicon nota di A. TERRANOVA, 217. lit nello stesso giudizio, con nota -Giudice penale di secondo grado di L. CORREALE, 161. -Impossibilit di liquidazione del -Privilegio fiscale _ Permuta di bedanno -Rimessione giudice civile, ni dotali .-Pignorabilit per de con nota di A. TERRANOVA, 217. bito di imposta, 183.6 GIUOCO D'AZZARDO -Societ -Concentrazione di azien- R.D. 31 maggio '1935, n. 1410, code -Benefici previsti dall'art. 29 stitutivo dell'Ente turistico alberdella 1. 6 agosto 1954 n. 603 glhiero per la Libia CE.T.A.L.) -P:i;esupposti -Limiti, 172. Efficacia discriminante -Esercizio -Societ -Aumenti di capitale per di casa da giuoco in Taormina, con fusione di societ o concentrazione nota di G. GUGLIELMI, 230. di aziende sociali -Tassa fissa INDICE Xl Presupposti, 157. -Strumentalit dell'aumento di capitale rispetto alla fusione di so Ciet e alla concentrazione di aziende sociali -Necessit che la prova del requisito, ai fini dei benefici fiscali, risulti dall'atto sottoposto a registrazione -Insussistenza, 157. -Trasferimenti immobiliari -Accessioni -Presunzione ex art. 47 della legge 3269 del 1923 -Prova contraria, 180. IMPOSTA DI RICCHEZZA MOBILE -Societ ed altri soggetti tassabili in base a bilancio -Accertamento induttivo -Condizioni, 175. IMPOSTA DI SUCCESSIONE -Fondi rustici -Accertamento automatico del valore _ Applicabilit -Limiti, 167. IMPOSTE E TASSE -Controversie giudiziarie -Foro erariale -Opposizione agli atti ese' Cutivi -Applicabilit, 168. IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA -Cessione di beni -Restituzione degli stessi beni al venditore contro restituzione o accredito del relativo importo -Atto economico autonomamente imponibile -Limiti, 151. -Entrate a titolo di capitale non soggette all'imposta -Nozione, 151. -Movimento di danaro soggetto all'imposta -Presupposti e condizioni -Inesistenza di un aumento di ricchezza per l'accipiens e concreta non esercitabilit del diritto di rivalsa -Irrilevanza, 151. -Uso d'atti irregolari ai fini dell'imposta generale entrata _ Obbligo di pagamento -Prescrizione, 178. INVENZIONI INDUSTRIALI -Brevetti -Medicamenti -Divieti di lbrevettabilit Anestetici Rientrano fra i medicamenti, 108. ISTRUZIONE PUBBLICA - .Maestri elementari -Concorso per maestro elementare in soprannumero -Conseguita idoneit -Annullamento del concorso _ Bando di un concorso magistrale per titoli -Esibizione del certificato della conseguita idoneit poi annullata -Esclusione dal concorso Legittimit, 136. -Maestri elementari -Concorso per maestro elementare in soprannumero -Conseguita idoneit _ Annullamento del concorso -Bando di un concorso maigistrale per titoli -Esibizione del certificato della conseguita ioneit poi annullata -E'sclusione dal concorso Legittimit, 135. LEGGE -Illegittimit costituzionale di norme di legge -Eccezione ritenuta manifestamente infondata -Impugnazione limitata alla sola questione di legittimit costituzionale -Inammiss~.bilit, 28. OPERA PIA -Provvedimenti di vigilanza dell'au. torit Prefettizia -Ricorso gerarchico -Termine di 1giorni 15 ~ Inapplicabilit, con nota di U. GARGIULO, 126. OPERE PUBBLICHE -Direttore dei lavori -Attribuzioni -Attivit svolta al di fuori di tali attribuzioni _ Non impegna la p.a. committente, 214. -Zone depresse -Riconoscimento Criteri e procedimento, con nota di F. AGRO', 44. PRESCRIZIONE ESTINTIVA -Atti interruttivi, 102. PREZZI -Disciplina dei prezzi Organi competenti C.l.P. e C.P.P. Provvedimento di perequazione dei prezzi -Presupposti, 116. -Dis'Ciplina dei prezzi -Provvedimenti del C.I.P. -Fine di perequazione -Indagine sui costi _ Omissione -Illegittimit, 116. PROCEDIMENTO CIVILE -Consulente tecnico -Valutazione consulenza -Poteri del giudice di merito, 102. - Provvedimenti di urgenza -Autonoma impugnabilit -Esclusione, con nota di F. CARUSI, 97. -Sentenza non definitiva -"Jus superveniens -Applicabilit da parte del giudice di appello, 102. PROFITTI DI REGIME -Profitti avocabili ai sensi deli'art. 5 del d.1.1. n. 134 del 1946 _ Accertamento -Richiamo alle norme per l'accertamento dei redditi di ric chezza mobile -Limiti, 175. SARDEGNA -Regione Sarda -Statuto speciale RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO XII Piano regolatore generale degli acquedotti e legge di delega al Governo ad emanare le relative norme -Contrasto con lo Statuto della regione Sarda -Esclusione, 15 SICILIA -Ragione SLciliana -Conflitto di attribuzioni -Istruzione pubblica Decisione dei ricorsi gerarchici degli insegnanti elementari in materh di concorsi banditi nelle provincie siciliane -Competenza del1' Assessore alla P.I. della Regione -Esclusione, 12. -Regione Siciliana -Maestrl elementari -Passaggio dei serv1z1 dallo Sbto alla Regione -Non ancora intervenuto -Incomp1!tenza della Regione ad emettere norme di immediata applicazione sullo stato giuridico degli insegnanti elementari, 137. SPESE GIUDIZIALI -Distrazione a favore del difensore Omessa pronuncia sulla distrazione -Legittimazione all'impugna zione del solo difensore, 72. REGOLAMENTO ED.ILIZIO -Procedimento -Approvazione della G.P.A. -E' necessaria -Parere del Consiglio di Stato -Non obbligatorio, 125. -Procedimento -Intervento del solo Ministro per la Sanit in sostituzione del Ministro dell'Interno Legittimit, 125. REQUISIZIONE -Provvedimenti emanati sotto il governo della repubblica sociale italiana da organi statuali preesistenti -Efficacia, 103. -Requisizioni alleate di immobili Indennit -Liquidazione -Criteri, con nota di F. CARUSI, 68. -Requisizioni alleate -Procedimento amministrativo -Azione giudiziaria -Rapporti -Conseguenze, con nota di F. CARUSI, 68. RESPONSABILITA' CIVILE -Lucro cessante -Decorrenza interessi, 102. -Responsabilit della p.a. -Condotta dolosa del dipendente -Difetto di sorveglianza da parte degli organi dell'Amministrazione, con nota di A TERRANOVA, 217. -Responsabilit della p.a. -Respon sabilit diretta in caso di colpa o dolo del funzionario -Rapporto di occasionalit necessaria tra atto illecito e attribuzione del funzionario, 103. RIOORSO STRAORDINARIO -T.U. 26 giugno 1924, n. 1054 -art. 34 cvp. 2 e 3 -Illegittimit costituzionale, con nota redazionale, 3. RIFORMA FONDIARIA -Assegnazione di terre ~ Diritto dell'assegnatario Controversia tra due soggetti sulla spettanza di un terreno quali assegnatari, con nota di F. CARUSI, 99. -Controversie tra pretesi asseignatari dello stesso fondo -Intervento in giudizio dell'Ente di riforma, con nota di F. CARUSI, 99. -Di!ohiarazione di illegittimit costituzionale di legigi delegate di espropriazione -Conseguenze -A I zione di risarcimento -Legittimazione pa1ssiva, con nota di F. CARUSI, 85. TASSE E IMPOSTE COMUNALI , I -Aumento delle aliquote massime legali -Deliberazioni comunali istitutive di sovraimposte -Successiva autorizzazione -Legittimit, 130. -Sovraimposte -Deliberazione istitutiva -Valutazione dei presupposti -Ri!ferimento ale esigenze del bilancio -Illegittimit, 131. TITOLI DI CREDITO I -Assegno circolare emesso con la .clausola di intrasferibilit .a favore di soggetto diverso dal richieden I te -Rapporto di emissione -Rapporto cambiario -Errore di persona nel pagamento -Responsabilita cambiaria della Banca emittente -Legittimazione del prenditore e non del richiedente, con nota di F. CARUSI, 58. -Vaglia della Banca d'Italia emessi con la clausola di intrasferibilit a favore di prenditori cartolari inesistenti in commutazione di ordinativi ministeriali di pa.gamento falsificati -Riscossione dei medesimi da parte dei truffatori a mezzo banchiere giratario per l'incasso che manc di identificarli -Esclusione di responsabilita del medesimo nei confronti del richiedente, 1con nota di F. CARUSI, 59. INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA CORTE COSTITUZIONALE (24 gennaio) 1 febbraio 1964 n. 1 (24 gennaio) 1 febbraio 1964 n. 2 (24 gennaio) 1 febbraio 1964 n. 3 (24 gennaio) 1 febbraio 1964 n. 4 GIURISDIZIONI CIVILI CORTE DI CASSAZIONE Sez. I 17 maggio 1963 n. 1269 Sez. I 22 maggio 1963 n. 1343 Sez. I 30 luglio 1963 n. 2174 Sez. Un. 5 agosto 1963 n. 2194 Sez. Un. 5 agosto 1963 n. 2195 Sez. I 29 agosto 1963 n. 2392 Sez. Un. 16 settembre 1963 n. 2528 Sez. III 3 ottobre 1963 n. 2620 Sez. II 5 ottobre 1963 n. 2650 . Sez. Un. 5 ottobre 1963 n. 2661 Sez. I 9 ottobre 1963 n. 2683 Sez. I 14 ottobre 1963 n. 2737 Sez. I 14 ottobre 1963 n. 2744 Sez. I 14 ottobre 1963 n. 2745 Sez. Un. 15 ottobre 1963 n. 2769 Sez. Un. 17 ottobre 1963 n. 2770 Sez. I 17 ottobre 1963 n. 2773 Sez. III 29 ottobre 1963 n. 2854 Sez. I 29 ottobre 1963 n. 2887 Sez. III 29 ottobre 1963 n. 2897 . Sez. I 25 novembre 1963 n. 3034 Sez. L 29 novembre 1963 n. 3062 Sez. III 30 novembre 1963 n. 3069 Sez. I 6 dicembre 1963 n. 3rll l Sez. I 14 dicembre 1963 n. 3159 Sez. I 14 dicembre 1963 n. 3166 Sez. I 18 dicembre 1963 n. 3188 Sez. I 20 dicembre 1963 n. 3201 Sez. Un. 30 dicembre 1963 n. 3246 pag. 3 )) 9 }) 12 15 147 58 )) 68 22 )) 22 )) 72 )) 25 78 )) 188 27 )) 84 151 154 157 161 }) 31 )) 163 }) 97 99 )) 192 }) 168 )) 167 )) 102 )) 168 108 113 )) 172 174 37 XIV RASSEGNA DLL'AVVOCATURA .DELLO STATO TRIBUNALI Milano, Sez. I 16 maggio 1963 Napoli, Sez. I 28 maggio 1963 Bologna, Sez. I 14 giugno 1963 n. 504 Catania, Sez. I 28 giugno 1963 n. 843 TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE PUBBLICHE 27 luglio 1963 n. 24 8 novembre 1963 n. 26 LODI ARBITRALI 30 novembre 1963 30 dicembre 1963 n. 64 GIURISDIZIONI AMllfINISTRATIVE CONSIGLIO DI STATO Sez. IV 4 ottobre 1963 n. 600 Sez. IV 23 ottobre 1963 n. 620 Sez. IV 30 ottobre 1963 n. 650 Sez. IV 30 ottobre 1963 n. 654 Sez. V 30 marzo 1963 n. 170 Sez. V 27 aprile 1963 n. 541 Sez. V 21 giugno 1963 n. 794 Sez. V 8 luglio 1963 n. 547 Sez. V 25 settembre 1963 n. 773 Sez. VI 15 ottobre 1963 n. 513 Sez. VI 15 ottobre 1963 n. 535 Sez. VI 16 ottobre 1963 n. 739 Sez. VI 16 ottobre 1963. n. 743 Sez. VI 23 ottobre 1963 n. 619 Sez. VI 30 ottobre 1963 n. 797 Sez. VI 31 ottobre 1963 n. 798 COMMISSIONI TRIBUTARIJ!: COMMISSIONE CENTRALE Se:i XI 20 giugno 1962 n. 89695 GIURISDIZIONI PENALI CORTE DI CASSAZIONE Sez. III, 5 marzo 1963 (Milano) PRETURE Taormina, 19 febbraio 1963 (Guarnaschelli) )) 178 )) 58 )) 180 )) 183 pag. 205 )) 209 pag. 139 )) 214 )) 116 )) 119 )) 120 )) 124 )) 43 )) 125 )) 126 )) 130 )) 135 )) 54 )) 137 )) 136 )) 136 )) 57 )) 138 )) 139 pag. 185 pag. 217 pag. 223 - SOMMARIO DELLA PARTE SECONDA RASSEGNA DI DOTTRINA SATTA, Istituzioni di diritto fallimentare (recensione) . . RIGHETTI, Per un inquadramento sistematico della responsabilit del vettore (recensione) . RASSEGNA DI LEGISLAZIONE Provvedimenti legislativi Disegni e proposte di legge Provvedimenti legislativi sottoposti a giudizio di costituzionalit CONSULTAZIONI Indice sistematico delle consultazioni pag. 3 4 )) 6 )) 6 )) 10 )) . 15 ~ 1 ! t 1 ! l I I I - PARTE PRIMA i i fil . ~ ~ II I I , I . I, t I w ~ GIURISPRUDENZA SEZIONE PRIMA GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE CORTE COSTITUZIONALE, 1 febbraio 1964, n. 1 -Pres. Ambrosini -Rei. Fragali -Ordine dei Geometri c. Ordine degli Ingegneri e Collegio degli Architetti e Min. dei Lavori Pubblici. Ricorso straordinario -T. u. 26 giugno 1924, n. 1054 -art. 34, cpv. 2 e 3 -Illegittimit costituzionale. Il secondo e terzo comma dell'art. 34 del r. d. 26 giugno 1924, n. 1054 sono affetti da illegittimit costituzionale, in quanto il procedimento per la proposizione e la risoluzione del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica non assicura ai controinteressati la possibilit della tutela giurisdiziQnale (1). (1) La incostituzionalit del ricorso straordinario. La sentenza, che si annota, la prima, che abbia esaminato, sebbe ne sotto un profilo particolare, che, per il macroscopico contrasto con la Costituzione, non pu considerarsi il pi delicato, la legittimit costituzionale del ricorso straordinario al Capo dello Stato, residuo storico della giustizia ritenuta (1) che ci si ostina a mantenere in piedi, nonostante i gravi inconvenienti e gl'insanabili contrasti cui d luogo, a sollievo di qualche ritardatario. La Rassegna dell'Avvocatura (2) non aveva mancato di richiamare sul tema l'attenzione degli studiosi fin dall'entrata in vigore della Costituzione repubblicana, che, sopprimendo il presupposto essenziale della giustizia ritenuta ed assicurando al cittadino sempre la tutela giuri sdizionale degl'interessi legittimi (art. 113) e da parte del suo giudicenaturale, ha travolto ineluttabilmente il ricorso straordinario. Un duro colpo al vetusto istituto, con disappunto dei suoi sostenitori, , peraltro, l'aveva gi dato la Corte di Cassazione con le sentenze 8 luglio 1953 e 2 ottobre 1953 (in .questa Rassegna, 1953, pag. 278), interrompendo bruscamente ed inesorabilmente il cammino intrapreso per condurre, attraverso l'applicazione del ricorso ex-art. 27, n. 4 t. u. 1054 del 1924, alla affermazione della natura giurisdizionale o para (1) Vedasi in proposito l'ordinanza di rimessione della Corte di Cassazione a Sezioni Unite, pubblicata in calce. (2) Vedasi 1948, fase. IX, 1 seg.; 1951, 40 seg.; 1953, 7 e 278 seg.; 1961, 53 seg.; 1962, 3 seg., autori ivi citati. 4 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ;) ,_.@ I __ (Omissis). -1. -L'ordinanza della Corte di cassazione richiaI. . ma soltanto il secondo e il terzo comma dell'art. 34 r.d. 26 giugno . 1924, n. 1054, contenente il testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato. Viceversa, l'Ordine dei geometri chiede, sia nell'atto di ' costituzione, sia nella memoria, .che sia dichiarato illegittimo l'art. 34 predetto, e quindi anche il suo primo comma. Questa Corte deve per stare ai termini della questione cos come I stata proposta dalla Cassazione. Deve stare a tali termini anche per escludere che possa es- giurisdizionale del decreto del Capo dello Stato, che decide il ricorso straordinario. La sentenza che si annota, ha posto, a nostro avviso, la parola ' fine all'istituto, che insanabilmente in contrasto con l'art. 113 Cost., e solo una fugace lettura di essa potrebbe far ritenere possibile l'adozione di rimedi atti a farlo sopravvivere. E' esatto, infatti, che la Corte ha dichiarato la illegittimit costituzionale del secondo e del terzo comma dell'art. 34 r. d. 26 giugno 1924, n. 1054 solo in quanto, cio, nelle parti in cui non assicu.rano ai controinteressati la possibilit della tutela giurisdizionale; ma la sentenza ha avuto cura di precisare che solo questo era il thema decidendum. A proposito della scelta imposta ai cointeressati, infatti, la Corte ha espressamente affermato che la questione della sua legittimit costituzionale non era stata proposta (per il giudizio a quo era del tutto irrilevante e, perci, non poteva essere proposta) e, passando a trattare dei controinteressati -unica questione rimessa al suo esame e, perci, unica questione sulla quale la Corte poteva e doveva decidere -ha dichiarato la illegittimit costituzionale delle norme, perch hanno loro negato financo quel modo di tutela che comunque esse avevano ritenuto sufficiente per i cointeressati . L'espressione non ha bisognodi commenti e non difficile prevedere la sorte delle norme stesse relativamente ai cointeressati, allorquando alla prima occasione saranno rimesse al giudizio della Corte costituzionale anche sotto questo profilo. Ma alla dichiarazione di incostituzionalit, a nostro avviso, non possonosfuggire i nebulosi scondo e terzo comma dell'art. 34 neppure con riguardo all'unico interessato, perch anche ad esso l'art. 113 Cost. assicura la tutela giurisdizionale (non para o quasi giurisdizionale) degli interessi legittimi contro gli atti della P. A. e tale anche il provvedimento, che decide il ricorso straordinario. D'altra parte il principio dell'alternativit, contrastante con la Costituzione, un corollario del principio, fondamentale per una serena ed obiettiva giustizia, che un giudice non si pronunzi due volte sullo stesso affare e questo principio sarebbe violato manifestamente se si ricorresse all'espediente di far assentare dalla Adunanza Generale tutti i magistrati addetti ad una Sezione, i quali potrebbero, cosi, pronunziarsi, sfuggendo alla ricusazione, sul ricorso avverso il decreto, che decide il ricorso straordinario (LANDI, Trasposizione del ricorso straordinario alla sede giurisdizionale, Giur. it., 1964, VI, 4). Il principio riguarda il giudice, non.solo i suoi componenti, e la Adunanza Generale assorbe in s tutte le Sezioni del Consiglio di Stato. In queste condizioni riteniamo auspicabile un intervento legislativo, che sopprima, prima che gli ultimi due commi dell'art. 34 siano dichiarati costituzionalmente illegittimi nella loro interezza, il ricorso straordinario, istituto che, nell'attuale ordinamento, potrebbe sopravvivere solo riducendosi ad un inutile rimedio amministrativo di terzo grado, spesso dannoso, fra l'altro, perch in contrasto con il principio PARTE I, s::::. I, G:URISPRUDBNZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 5 sere seguita l'impostazione data alla questione dal Ministero dei Lavori Pubblici, il quale ha discusso ampiamente se le disposizioni denunciate contrastano con l'art. 113 della Costituzione, in quanto in via generale pongono al soggetto leso da un atto amministrativo definitivo l'alternativa fra il ricorso giurisdizionale al Consiglio di Stato e quello straordinario al Presidente della Repubblica. Tale metodo ha indotto l'Ordine dei geometri ad intrattenrsi sull'argomento, sia pure con brevi cenni; ma il dubbio proposto dalla Corte di cassazione riguarda soltanto il della definitivit degli atti amministrativi e con l'esigenza che, attraverso la conseguita inoppugnabilit degli stessi per effetto della decorrenza del breve termine fissato dalla legge, le situazioni giuridiche amministrative diventino al pi presto certe e definite. L'intervento legislativo -che dia piena attuazione alla sentenza della Corte Costituzionale -, a nostro avviso, indispensabile per assicurare ai cittadini, che abbiano incautamente scelto la via del ricorso straordinario, quella tutela degli interessi legittimi contro gli atti della pubblica amministrazione, che solo il ricorso giurisdizionale pu dare e che la Costituzione assicura esclusivamente attraverso quest'ultimo, come si evince in modo inconfutabile dal combinato disposto degli artt. 24, 100, I comma (che enuncia le due distinte funzioni del Consiglio di Stato, la consultiva e la giurisdizionale), 103, I comma, e 113 della Carta Costituzionale (3). La legge, perci, dovrebbe sopprimere il ricorso straordinario, assegnando un termine perentorio ai ricorrenti per la trasposizione del ricorso stesso nella sede giurisdizionale. Allo stato, infatti, essendo stata dichiarata costituzionalmente illegittima, sia purein parte, una norma procedurale, questa deve ritenersi inapplicabile n toto, con la conseguenza che nessun ricorso straordinario pu essere proposto o deciso, neppure se il provvedimento non riguardi affatto persona, diversa dal ricorrente, fino a quando il legislatore non abbia provveduto a sostituire la norma dichiarata incostituzionale. D'altra parte, la lacuna legislativa, creatasi per effetto della sentenza, che si annota, non potrebbe essere colmata diversamente, attribuendo, ad esempio, ai controinteressati quel modo di tutela che l'art. 34 aveva ritenuto comunque sufficiente per i cointeressati. A prescindere dalle considerazioni fatte dianzi sull'assoluta inefficienza di questo modo di tutela -che la Corte non ha approvato affatto, espressamente astenendosi dall'esaminare la questione, ad essa non proposta -non chi non veda come la posizione del controinteressato sia del tutto diversa e non raffrontabile con quella del cointeressato. L'interesse legittimo di questi era stato leso dal provvedimento definitivo, avverso il quale egli aveva il potere e l'onere di proporre ricorso giurisdizionale entro il termine perentorio fissato dalla legge. Se non l'ha f.atto imputet sibi e, almeno sul piano etico, non avr da dolersi se altri proponga un rimedio, del quale egli potr avvalersi e dal quale, comunque, almeno in via generale ed astratta, pu prevedersi ch'egli non subir danno. L'interesse legittimo del controinteressato, invece, leso e per la prima volta dal provvedimento, che decide il ricorso straordinario. Ora, imporgli l'onere di insorgere contro il ricorso straordinario a lui notificato e di richiedere espressamente, entro un breve termine perentorio, che il ricorso sia deciso in sede giurisdizionale, con la sanzione, in caso d'inadempimento, della perdita di quella tutela giurisdi (3) In questi sensi la proposta di legge degli onn. ALBERTINI e altri presentata 1'11 ottobre 1963 (A. C. 568). 6 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO precetto, ritenuto implicito in quell'alternativa, in base al quale la possibilit di impugnare in Consiglio di Stato la decisione 6 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO precetto, ritenuto implicito in quell'alternativa, in base al quale la possibilit di impugnare in Consiglio di Stato la decisione che accoglie il ricorso straordinario preclusa a coloro che avevano un interesse contrario a tale accoglimento. 2. -L'esistenza di questo precetto stata messa in dubbio dall'Ordine dei geometri; ma esso risulta dal significato generalmente attribuito alle disposizioni in esame. E' per fondato l'assunto della sua illegittimit costituzionale. zionale degl'interessi legittimi, che l'art. 113 assicura in ogni caso, in contrasto con la Costituzione. A prescindere dalla legittimit della im-" posizione di questo onere, dal suo mancato adempimento (che potrebbe I anc~e ricol~egar~i a f~tto. ~ton imputabdi~e"ttal tertz?t) !lon put mai de-:?:. durs1 una rinunzia -imp1ic1 a -a un iri o cos i uz1ona 1men e garan tito, peraltro, ancora non sorto. Pu a nostro avviso, dubitarsi, cio, se , sia costituzionalmente legittimo presumere da un comportamento omis-1 sivo (non ricollegantesi ad un preesistente obbligo di agire) la rinunzia , a un diritto; ma fuor di dubbio che sia contrario alla Costituzione presumere la rinunzia ad un diritto, che questa garantisce, e; sopra u o, ~ .. t tt lr_,i, ad un diritto non ancora sorto. L'art. 113 Cost. assicura sempre contro gli atti della P. A. la tutela giurisdizionale degli interessi legittimi; per = il controinteressato il diritto a questa tutela sorge soltanto dopo che il [_~_'. suo interesse legittimo sia stato leso dal provvedimento, che accoglie i:; il ricorso straordinario; a questo diritto -si ripete -costituzionalmen-f.~ te garantito egli non pu rinunziare prima che sorga, essendo esclusa 1==_: dall'ordinamento la rinunzia preventiva e, per di pi, a diritti indisponibili (4); meno che mai questa rinunzia preventiva pu essere presunta o ricollegata alla omissione di un'iniziativa, cui non era tenuto. D'altra parte -e questo si dice solo per dimostrare l'assurdit della ~-' ipotesi da noi formulata -che cosa accadrebbe se il ricorso straordi W nario non fosse notificato personalmente a tutti i controinteressati ( ~' da escludere, infatti, una notifica per pubblici proclami, che non dareb-i== be neppure la certezza della conoscenza dell'atto, che minaccia gl'inte-fil ressi legittimi dei controinteressati) o fosse notificato irritualmente ad ~~ alcuni di essi, senza che ci risultasse chiaramente dagli atti? potrebbe il controinteressato trascurato proporre ricorso giurisdizionale pieno ~ senza incorrere nella violazione del principio dell'alternativit? e quale I sorte avrebbe 1 ricorso proposto a un giudice, che gi si pronunziatosulla questione? ~ La risposta, implicita in queste domande, che possono considerarsi fil retoriche o scolastiche, induce a ritenere che la unica soluzione della ~ questione sia quella prospettata da tempo dall'Avvocatura ed auspicata ~~,:::::~:::g:::l:.::~n~::p::p::,:~:.~:::::~:~. I rinunce e le transazioni del lavoratore , pag. 155-57; D1sTAso, Un luogo !jl comune in tema di rinuncia >>, Giur. Cass. Civ. 1948, II, pag. 126; Cass. t; 15 gennaio 1957, n. 79; id. 8 giugno 1957, n. 269; id. 24 ottobre 1961, n. r 2355); essa, che considerata un sottotipo del potere di disposizione, ii_,_, non ammessa per i diritti futuri .(Cass. 15 novembre 1954, n. 4233 , ~ Anp. Napoli 11 ottobre 1956, Rep Foro it., v. Rinuncia, n. 10; nonch 1~_=, Bozzi A., voce Rinunzia, N.D.I., vol. XI, pag. 713 e autori citati a nota 10) e, tanto meno, per i diritti indisponibili. I J: cwrw:rtrmmtITBffiffwfW.i0rtrMrw1,;nrtrFfmK1Wftlf@JH11wwwwwwewJiillfrrurawrmrrKtt111wffefifr.tw.rrwrr:w*w""mF& ~.-r~~-==~=:~::=-=~=:~w . 93~rar~~~---. -~W%f1MmtL=--~-W"f~ PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE '2 Il principio si suole spiegare osservandosi, per un verso, che la tutela dei controinteressati contro l'istanza proposta con il ricorso straordinario assicurata dalla presenza, nel procedimento instaurato da quel ricorso, dell'organo dell'amministrazione che ha formato l'atto impugnato, e, per altro verso, che i controinteressati sono vincolati dalla scelta esercitata dai cointeressati, fra la via amministrativa e quella giurisdizionale, . ai sensi delle norme richiamate. A parte che non sempre nel procedimento presente la amministrazione da cui promana l'atto denunciato per l'annullamento, come si pu intendere considerando il caso in cui questo atto non promana dallo stesso Ministro competente per la decisione, incontestabile che l'interesse legittimo, cadendo nella sfera giuridica del singolo, si differenzia da quello della amministrazione, e deve perci comportare una possibilit di difesa indpendente dalle ragioni che pu esporre l'autorit alla quale l'atto si deve imputare; il che riconosciuto quando si esige la notifica del ricorso ai controinteressati. Tanto pi la posizione di costoro deve ritenersi autonoma nei riguardi della pubblica amministrazione in quanto nemmeno sempre vero che gli uni e l'altra possono dedurre difese identiche. Quanto alla scelta spettnte ai cointeressati fra il ricorso straordinario il ricorso al Consiglio di Stato, scelta che la Corte di cassazione, non avendo proposto la questione della sua legittimit, ha ritenuto non contrastante con il dettato dell'art. 3 della Costituzione, essa non potrebbe mai pregiudicare i controinteressati, la cui posizione soggettiva del tutto contrapposta a quella dei cointeressati, e ai quali quindi non possono non spettare poteri propri. Non accordandoli, le norme predette hanno negato ai controinteressati financo quel modo di tutela che comunque esse avevano ritenuto sufficiente per i cointeressati. 3. -Deve pertanto ritenersi fondata la questione proposta dalla Corte di cassazione e deve decidersi in conformit, senza che (ex art. 27 1. 11 marzo 1953, n. 87) si possa dichiarare l'illegittimit costituzionale dell'intero contenuto delle norme denunciate, come domanda l'Ordine dei geometri nella sua memoria, non essendo di ordine conseguenziale la questione che concerne il ricorrente e i cointeressati. Ordinanza di rimessione della Corte di Cassazione a Sezioni Unite, 4 aprile 1963 -Pres. Torrente -Est. Rossano: RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO FATTO E DIRITTO. -Con atto del 14 gennaio 1960 Tata Nardini, in nome proprio e come presidente del Consiglio dell'Ordine dei geometri, proponeva ricorso al Consiglio di Stato in sede giurisdizionale contro il decreto del Presidente della Repubblica, in data 26 agosto 1959 (cfr. G. U. del 21 novembre 1959), con il ,quale era stato accolto il riesame straordinario proposto dall'Ordine degli ingegneri di Venezia e dal Collegio degli ingegneri ed architetti della Provincia di Venezia contro una circolare del Ministero dei lavori pubblici, in data 5 maggio 1955, circa i limiti dell'attivit professionale dei geometri. Il Nardini, con il predetto ricorso giurisdizionale, denunciava la violazione degli artt. 61 reg. 21 aprile 1941, n. 444, 24 Cost. e 5 legge comunale e provinciale. L'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con decisione del 24 maggio 1961, n. 12, ammesso l'interesse a ricorrere del Nardini, in proprio e nella qualit, dichiarava inamissibile il ricorso per i vizi denunciati in quanto proposto contro la decisione del Presidente della Repubblica che pronunciava sul ricorso straordinario. Il Consiglio dell'Ordine dei geometri e il Nardini hanno proposto ricorso a queste Sezioni Unite per difetto di giurisdizione sotto due distinti aspetti, L'Ordine degli ingegneri della Provincia di Venezia e il Collegio degli ingegneri ed architetti della Provincia di Venezia sostengono che il ricorso a queste Sezioni Unite sia inammissibile in quanto concerne non un difetto di giurisdizione del Consiglio di Stato ma l'nterpretazione delle norme che disciplinano la impugnabilit della decisione sul ricorso straordinario in relazione al ricorso giurisdizionale. L'interpretazione accolta dalla impugnata decisione dell'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, secondo i resistenti, anche se erronea, sarebbe sottratta al sindacato di queste Sezioni Unite per disposizione di legge. E' sufficiente considerare in contrario che la decisione impugnata ha negato la tutela giurisdizionale dell'interesse legittimo dedotto dai controinteressati sulla base dell'interpretazione dell'art. 34 r.d. 26 giugno 1924, n. 1054, t. u. delle leggi sul Consiglio di Stato; conseguentemente il ricorso a queste Sezioni Unite dei controinteressati ammissibile a norma dell'art. 362 c.p.c. per motivi attinenti alla giurisdizione, tra i quali compreso anche il diniego di tutela giurisdizionale dell'interesse legittimo. I ricorrenti, nel primo motivo di ricorso, sostengono che il difetto di giurisdizione debba senz'altro rilevarsi, in mancanza di una norma di legge che esplicitamente escluda il ricorso al Consiglio di Stato in sede giurisdizionale ai sensi dell'art. 26 t.u. delle leggi sul Consiglio di Stato, approvato con r.d. 26 giugno 1924, n. 1054; soltanto per il caso che la esclusione del ricorso si ritenga fondata su i commi secondo e terzo dell'art. 34 del predetto t.u. sollevano la questione di legittimit costituzionale per violazione dell'art. 113 della Costituzione. Ma deve considerarsi che la impugnata decisione dell'Adunanza Plenaria ha negato l'ammissibilit del ricorso giurisdizionale contro il decreto del Presidente della Repubblica, che decide sul ricorso in sede amministrativa, a meno che non siano dedotti vizi di procedimento o di forma suoi propri (omesso parere del Consiglio di Stato, omessa deliberazione del Consiglio dei Ministri, omessa menzione di tali adempimenti, omessa motivazione della difforme deliberazione del Consiglio dei Ministri su alcuni motivi non presi in esame dal Consiglio di Stato, PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE incompetenza del Ministro proponente, pronuncia nel merito anzich sulla legittimit, etc.), conformemente ad una interpretazione dei menzionati commi secondo e terzo dell'art. 34, che risale alla stessa istituzione del Consiglio di Stato come giudice di legittimit per la tutela degli interessi legittimi. Tale interpretazione, se si ha riguardo alla formula delle disposizioni, si fonda sulla previsione del menzionato secondo comma, il quale esclude, in generale, l'ammissibilit del ricorso giurisdizionale quando, contro il provvedimento definitivo, siasi presentato ricorso in sede amministrativa, secondo la legge vigente ; e, in connessione con la previsione medesima, ha riguardo a quella . del terzo comma, che disciplina il principio dell'alternativit quando il provvedimento si riferisce direttamente ad altri interessati senza considerare il caso di terzi che abbiano interesse opposto al ricorrente ( controinteressati), giuridicamente qualificato alla conservazione del provvedimento, e ai quali questo direttamente si riferisca. L'interpretazione medesima poi storicamente ha origine nella distinzione tra giustizia ritenuta e giustizia delegata ed stata costantemente affermata dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale e ritenuta esatta dagli studiosi della materia. Un mutamento di essa da parte di queste Sezioni Unite, sia pure per quanto concerne l'ammissibilit del ricorso da parte dei controinteressati attuali ricorrenti, lascerebbe dubbi sulla sua esattezza e sullo stesso mantenimento di una diversa interpretazione, dati il peso degli argomenti che sono apparsi efficaci fino all'attuale Costituzione e alla previsione dell'art. 113 della stessa circa la tutela giurisdizionale dei diritti soggettivi e degli interessi legittimi. Non ravvisandosi pertanto di compiere un riesame approfondito della questione con riguardo particolare agli argomenti addotti nella decisione dell'Adunanza Plenaria, una pronuncia di illegittimit costituzionale dei su citati commi secondo e terzo dell'art. 34, per quanto attengono a controinteressati e alle conseguenze che ne deriverebbero circa la scindibilit delle posizioni soggettive degli interessati ricorrenti in relazione ai loro rispettivi interessi legittimi, avrebbe influenza decisiva sul fondamento del ricorso per difetto di giurisdizione del Consiglio di Stato sull'interesse legittimo che si assume violato; e non affatto manifestatamente infondato, in quanto le disposizioni medesime giustificano dubbi sulla previsione di inammissibilit, dato il contenuto dell'art. 113 per quanto attiene alla tutela giurisdizionale degli interessi legittimi e alla ammissibilit di limiti della stessa. CORTE COSTITUZIONALE, 1 febbraio 1964 n. 2 -Pres. Ambro sini -Rel. Fragali -Porcelli c. Istituto Nazionale Previdenza Sociale. Costituzione della Repubblica -Previdenza e assistenza -Termine per la proposizione dei ricorsi in tema di assegni familiari -Decorren za dalla data di spedizione della decisione impugnata -Illegitti mit costituzionale. (Cost. artt. 24, 113; t.u. d.P.R. 30 maggio 1955, n. 797, art. 58, 4 comma). - 10 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO E' costituzionalmente illegittima, per contrasto con gli artt. 113 e 24 della Costituzione, la norma di cui all'art. 58, IV comma d.P.R. 30 maggio 1955 n. 797, che fa decorrere a carico dell'interessato il termine per proporre il ricorso al Ministero del Lavoro e l'azione giudiz~aria, non dalla data di recezione del provvedimento impugnabile, ma dalla data di consegna ali'ufficio postale della lettera contenente la comunicazione del provvedimento stesso (1). (Omissis). -1. -Il Tribunale di Matera ha osservato che breve il termine stabilito per la proposizione dell'azione giudiziaria in materia di assegni familiari. Ma addivenuto a tale rilievo soltanto per farne conseguire la maggiore gravit degli inconvenienti che produce la norma sancita nel IV comma dell'art. 5& del t.u., che regola la materia oggetto specifico della questione di legittimit costituzionale proposta, secondo la quale quel termine decorre dalla data della spedizione postale della lettera di comunicazione delle decisioni amministrative. Infatti, nel dispositivo, l'ordinanza non fa richiamo al I e al II comma dello stesso articolo, che fissa quel termine; e nei motivi ammette che un termine breve potrebbe talora essere necessario, ad avviso discrezionale del legislatore. Ritiene perci la Corte che non possa discutersi in questa sede della congruit del termine in esame; del resto, solitamente giustificata con l'esigenza di rendere rapida la definizione di controversie, che, come quelle relative agli assegni familiari, hanno contenuto spiccatamente sociale. E limita quindi il suo giudizio alla norma che statuisce sulla decorrenza del termine predetto. 2. -Questa norma non si accorda con l'art. 113 della Costituzione. A parte che essa deroga senza alcuna giustificazione al sistema cui ispirato quello generale delle notificazioni e delle comunicazioni a mezzo del servizio postale, il quale aderisce al criterio della recezione, decisivo osservare che l'altro principio, quello della spedizione, adottato nella norma denunciata, fa decorrere il termine per la proposizione dell'azione giudiziaria (1) Decisione di indubbia esattezza, che pone rimedio ad una palese anomalia rispetto ai princip generali in tema di conoscenza del provvedimento impugnato: art 5, legge comunale e provinciale; art. 36, t.u. 26 giugno 1924, n. 1054, sul Consiglio di Stato; artt. 1 e 3, reg. 17 agosto 1907, n. 642, e disposizioni analoghe per la G.P.A. L'ordinanza di rimessione 17 gennaio 1963 del Tribunale di Matera pubblicata in Gazz. Uff., 6 luglio 1963, n. 180. fJ PARTE I, SEZ, I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 11 dall'avverarsi di un fatto che si manifesta fuori della sfera giuridica dell'interessato, e del cui verificarsi questi in grado di avere notizia solo se e quando ne riceva comunicazione. Ma la conoscenza della decisione del Ministro pu ritardare, a causa degli impedimenti che possono colpire la sfera dell'ufficio postale, ed allora il termine per ricorrere al giudice potrebbe in fatto ridursi o financo restare eliminato, e rimarrebbe condizionata alla diligenza di quell'ufficio, e comunque al fatto delle persone addette ad esso, la possibilit di una reazione giurisdzionale del destinatario o di una reazione adeguata. Questa Corte ha deciso altra volta (sentenza 22 novembre 1962, n. 93) che il diritto di difesa deve essere regolato dalla legge ordinaria in modo da assicurarne l'effettivit o da non renderne l'esercizio estremamente difficile; e la particolare natura delle controversie relative agli assegni familiari non pu essere motivo di pregiudizio all'esplicazione di un diritto garantito costituzionalmente. Assicura invece questa esplicazione il principio che fa esaurire nella recezione il procedimento di notificazione o di comunicazione a mezzo del servizio postale dell'atto contro cui la parte pu avere interesse a reclamare. E' ovviamente di nessun rilievo l'obiettare che, secondo la prevalente interpretazione del sistema, per il disposto dell'art. 98 r.d.l. 4 ottobre 1935, n. 1827, richiamato nell'art. 58 del testo unico sugli assegni familiari, la parte pu esperire l'azione giudiziaria dopo che siano trascorsi sessanta giorni dalla presentazione del ricorso al Ministro, ove entro tale termine il ricorso non sia stato deciso. Tale facolt non data per rendere possibile quella azione quando la parte abbia ricevuto in ritardo o non abbia ricevuto la comunicazione della decisione ministeriale, e quindi quale mezzo di protezione contro il pericolo che l'interessato decada dall'azione giudiziaria per avere ignorato che gli stata spedita la comunicazione predetta. E' data per stimolare il Ministro all'esame sollecito del ricorso contro la decisione del comitato; tanto vero che non viene meno il diritto dell'interessato alla tutela giurisdizionale se egli, confidando nella fondatezza delle sue stanze, attendesse il completarsi del procedimento che ha iniziato (arg. art. 460 cod. proc. civ.). 3. -La norma impugnata deve dichiararsi illegittima anche per quanto si riferisce alla decorrenza del termine per il ricorso al Ministro. Infatti la regola che fa iniziare tale termine dalla consegna all'ufficio postale della lettera con cui si comunica all'interessato la decisione sfavorevole del comitato speciale pure lesiva del diritto alla tutela giurisdizionale, perch un ir 12 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO regolare funzionamento di quell'ufficio, ove provocasse la deca~ 12 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO regolare funzionamento di quell'ufficio, ove provocasse la deca~ denza dal ricorso al Ministro, rendendo immutabile la pronunzia del comitato, precluderebbe l'azione giudiziaria. Non dubbio che, se si applica alla specie il ricordato art. 98 r.d.l. 4 ottobre 1935, n. 1827, la parte, come dopo il decorso di un uguale termine, pu agire in via giudiziaria ove il Ministro non si sia pronunziato sul ricorso contro la deliberazione del comitato, cos ha facolt di ricorrere al Ministro se il comitato non avr deciso entro sessanta giorni sull'istanza ad esso proposta. Ma le considerazioni sopra svolte circa le finalit della norma che attribuisce quel potere valgono a convincere che la sua attribuzione non elimina nemmeno il vizio di illegittimit della disposizione che fa decorrere dalla data di spedizione postale anche il termine per il ricorso al Ministro contro la decisione del comitato speciale. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 24 gennaio 1964 n. 3 -Pres. Ambrosini -Rel. Castelli Avolio -Regione Siciliana c. Pres. Consiglio dei Ministri e Ministero P .I. Sicilia -Regione Siciliana -Conflitto di attribuzioni -Istruzione pub blica -Decisione dei ricorsi gerarc~ici degli insegnanti elementari in materia di concorsi banditi nelle provincie siciliane -Compe tenza dell'Assessore alla P.I. della Regione -Esclusione. (Statuto regione sic., artt. 14, 17, 20). Spetta al Ministro della P. I. e non all'Assessore alla P. I. della Regione Siciliana la competenza a decidere i ricorsi gerarchici degli insegnanti elementari in materia di concorsi banditi nelle provincie della Sicilia (1). (1) La Corte Costituzionale, in accoglimento delle difese svolte dall'Avvocatura, ha accolto il principio gi espresso dal Ministero della P.I. con la circolare 30 novembre 1962, n. 7325, che anche nelle provincie siciliane la competenza a decidere i ricorsi gerarchici per i concorsi magistrali spetti agli organi dell'Amministrazione dello Stato e non alla Regione. La sentenza della stessa Corte Costituzionale 30 dicembre 1958, n. 77, richiamata nel testo, pubblicata in Giur. it. 1959, I, 389. La presente sentenza, trattando ancora della controversa interpretazione dell'art. 20 dello Statuto siciliano (cfr. DE FINA, Il passaggio delle funzioni amministrative dello Stato alla Regione Siciliana, Foro it. 1955, IV, 145) precisa che, affinch possa esplicarsi in concreto l'attivit am- X PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 13 (Omissis). -La difesa della Regione sostiene che il Presidente della Guinta regionale o l'Assessore alla P.I. abbiano, in base all'art. 20 dello Statuto, una competenza amministrativa generale e permanente, che si riferirebbe non solo alle materie demandate alla competenza legislativa della Regione, tassativamnte indicate nello Statuto, ma anche a quelle destinate a rimanere di pertinenza dello Stato , Per sorreggere questa affermazione si richiama, innanzi tutto, ad un elemento storico, cio ai precedenti legislativi rappresentati dal d.l. 18 marzo 1944, n. 91, e dal d.l. lg. 28 dicembre 1944, n. 416, modificato col d.l. lg. 1 febbraio 1945, n. 50. Con questi decreti fu creato in Sicilia l'Alto Commissariato il quale, salvo alcune esclusioni, era competente ad esercitare nell'Isola tutte le attribuzioni delle Amministrazioni centrali. Soppresso l'Alto Commissariato e entrato in vigore lo Statuto speciale, sarebbe inverosimile -scrive la difesa della Regione -pensare che lo Statuto, norma fondamentale dell'autonomia siciliana, abbia voluto togliere alla Sicilia ci che la Sicilia gi aveva: sarebbe contraddittorio concludere che lo Statuto, atto emanato per approfondire e sviluppare il solco iniziato col d.l. 1944, n. 91, abbia introdotto restrizioni rispetto alla disciplina preesistente . Ma questo riferimento e l'illazione che se ne trae non valgono, perch appunto il d.l. del 1944, n. 91 che, nello stabilire, con l'art. 2, le attribuzioni dell'Alto Commissariato per la Sicilia, espressamente eccettuava, nell'ultimo comma, la materia riguardante gli impiegati dello Stato (e non si mai dubitato che gli insegnanti elementari siano impiegati dello Stato) e quelli degli enti di diritto pubblico. E questa esclusione veniva confermata nell'art. 1 del pure invocato d.l. lg. 28 dicembre 1944, n. 416. Il d.l. lg. 1 febbraio 1945, n. 50, concerne modificazioni riguardanti soltanto la composizione della Consulta regionale e non contiene alcuna ministrativa della Regione, nelle materie indicate nell'art. 20, 1 comma, 2 parte dello Statuto, occorrono i due fondamentali requisiti della attribuzione del potere da parte dello Stato, e delle direttive per l'esercizio di tale potere. Mancando anche uno solo di tali requisiti, non pu attuarsi la previsione astrattamente indicata nello Statuto. N pu parlarsi di esercizio, da parte della Regione, dei poteri amministrativi non delegati, ma primari, (i poteri, cio, della prima parte dell'art. 20, 1 comma, nella materia in cui la Regione ha legislazione esclusiva), perch ci presuppone il trasferimento delle relative attribuzioni, legislative ed amministrative, dallo Stato alla Regione, e fin tanto tale trasferimento non abbia luogo, illegittima ogni ingerenza della Regione (Corte Cost., 15 luglio 1959, n. 44, Giur. it., 1959, I, 1302). - 14 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO norma che si riferisca alle attribuzioni dell'Alto Commissariato, mentre col cl.I. 30 giugno 1947, n. 567, che reca norme transitorie per l'attuazione dello Statuto siciliano, veniva stabilito che: fino a quando non sar attuato completamente il passaggio degli uffici e del personale dello Stato alla Regione, e fino a quando non saranno emanate tutte le norme occorrenti per l'attuazione dello Statuto della Regione siciliana, continuano ad osservarsi, in quanto applicabili, le disposizioni del r.d.I. 18 marzo 1944 n. 91, e successive aggiunte e modificazioni, Si riportati, quindi, alla eccettuazione espressamente contenuta nel richiamato precedente decreto. Bisogna pertanto riandare all'art. 20 dello Statuto speciale per accertare se questo, per se stesso, in qualche guisa ., giustifichi l'attribuzione della materia in esame agli organi della Regione. La difesa della Regione sostiene che i suoi organi sarebbero competenti in base alla disposizione del I comma, II parte, dell'articolo 20, e che nel caso in esame ricorrerebbe una fattispecie analoga a quella della Corte con la menzionata sentenza n. 77 del 1958. Ma va subito osservato che la controversia decisa con questa sentenza era del tutto particolare. La Corte, limitando il proprio esame, in relazione al caso da decidere, alla materia dei trasferimenti e delle assegnazioni provvisorie di insegnanti elementari disposto dall'Assessore regionale alla P.I., ebbe a rilevare che il Ministero aveva sempre inviato all'Assessore i relativi atti e che non erano mancate le direttive della Amministrazione centrale. E concludeva : Di conseguenza, si deve dichiarare che la Regione ha operato nella materia della presente controversia non jure proprio, bens quale organo decentrato dell'Amministrazione statale, la quale rimane titolare di questi poteri fino a quando non passeranno alla Regione con il procedimento stabilito dall'art. 43 dello Statuto siciliano o in altra guisa giuridicamente efficace. In tale veste l'Amministrazione regionale tenuta a sottostare alle direttive dell'Amministrazione centrale dello Stato. In questo modo la Corte, mentre decideva un caso particolare, chiaramente precisava il concetto -che va ribadito anche rispetto all'attuale controversia -eh~, per aversi una competenza decentrata della Regione in virt della 2 parte del 1 comma dell'articolo 20 dello Statuto speciale, occorre, come del resto si desume dal detto articolo, che vi sia l'attribuzione del potere da parte del competente organo dello Stato -attribuzione sia pure desumibile da fatti concreti -e che da quello vengano date le diret PARTE J, SEZ, I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALB E INTERNAZIONALE 15 tive. Diviene una quaestio facti ii modo come tali direttive siano date. Nel caso attuale la materia diversa da quella esaminata nella ricordata sentenza, trattandosi di proposizione e risoluzione di ricorsi gerarchici; non sono stati inviati per la decisione all'organo regionale tutti i ricorsi inoltrati al Ministero della P.I. (i due, soltanto, trasmessi dal Ministero all'Assore dopo l'ordinanza del 1961, potrebbero anche essere stati inviati per errore); mancano del tutto le direttive, le quali non escluso che possano essere date anche in questa materia. Si deve dunque risolvere la presente controversia affermandosi la competenza del Ministro per la P .I. a decidere i ricorsi 'gerarchici degli insegnanti elementari in materia di concorsi banditi nelle provincie della Sicilia, e respingersi, di conseguenza, il ricorso della Regione. (Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 24 gennaio 1964, n. 4 -Pres. Ambrosini :: Rel. Cassandra -Regione Sarda c. Presidenza Consiglio dei Ministri. Sardegna -Regione Sarda -Statuto speciale -Piano regolatore generale degli acquedotti e legge di delega al Governo ad emanare le relative norme -Contrasto con Io Statuto della Regione Sarda Esclusione. (1. 4 febbraio 1963, n. 129; Statuto regione sarda, artt. 3, 4, 6, 14). Non contrasta con le disposizioni dello Statuto speciale per la Regione Sarda la l .. 4 febbraio 1963, n. 129 che detta norme per la compilazione di un piano regolatore generale degli acquedotti e delega il Governo ad emanare le relative norme di attuazione, in quanto essa prevede la normalizzazione del rifornimento idrico dell'intero territorio nazionale, secondo un piano che non pu essere impostato se non con una visione generale delle necessit del Paese con riferimento ai mezzi finanziari necessari a risolvere il problema, con un ordine di preferenza che pu essere fissato solo dal legislatore statale (l). (1) E' la prima volta, a quanto risulta, che la Corte Costituzionale ha dovuto occuparsi della legittimit costituzionale, con riferimento alla autonomia regionale, di una legge contenente l'enunciazione di un programma tecnico-economico, valevole per .l'intero territorio nazionale. E, nel leddere l'impugnativa sollevata dalla Regione sarda, la Corte ha chiaramente precisato la subordinazione dell'autonomia re 16 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). -La questione fondamentale, e che assorbe tutte le altre sottoposte all'esame della Corte, questa: se lo Stato sia, oppure non, competente a emanare leggi che abbiano per loro contenuto la formulazione di programmi e piani, riguardanti l'intero territorio statale, comprese in questo le Regioni a statuto speciale, e relativi all'intera economia del Paese o a questo o a quel settore di essa. Posta in questi termini, la questione non pu non essere risolta se non positivamente, nel senso, cio, che lo Stato ad avere una competenza siffatta; e non pu non averla, perch soltanto ad esso spetta la tutela degli interessi generali. Detto diversamente, l'efficacia della legge statale non si arresta, in questi casi, ai confini della Regione sia a statuto ordinari, sia a statuto speciale. La Corte ha gi affermato questo principio nella sentenza n. 12 del 1963 proprio con riferimento alla Sardegna. Esso ha il suo fondamento nell'altro dell'unit dello Stato, della quale le autonomie regionali sono un'articolazione, e trova espressione nel rispetto degli interessi nazionali e delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali, imposto esplicitamente o implicitamente come limite della potest legislativa regionale e sancito per la Sardegna negli artt. 3 e 4 dello Statuto. gionale -che, gi di per s, pu svolgersi solo nei limiti dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato e sempre che non contrasti con l'interesse nazionale o con quello di altre Regioni (art. 117 Cost.) -alle esigenze pi ampie di una programmazione a carattere nazionale, pur non trascurando di porre in evidenza la necessit del coordinamento con le esigenze regionali. Che tale soluzione sia ineccepibile basterebbe a dimostrare gi solo l'art. 41, ultimo comma, della Costituzione, il quale prevede, appunto, programmi e controlli opportuni disposti, in base alla legge, perch, l'attivit economica pubblica e privata possa essere coordinata a fini sociali. Trattasi di una norma valevole per gli Enti pubblci non meno che per i privati. Limite formale a tale potere programmatico dello Stato la riserva di legge, la quale, peraltro, non va intesa in senso assoluto, come da taluno si propende a ritenere (Fms, Osservazioni sui limiti dell'impugnativa costituzionale e sulla riserva di lgge prevista dall'art. 41 Cast., Giur. cost., 1958, 25), bens in senso relativo (PREDIERI, Profili costituzionali, natura ed effetti dei piani urbanistici nelle opinioni della dottrina e nelle decisioni giurisprudenziali, Riv. trim. dir. pubbl., 1961, 240; SANTANIELLO, Gli atti amministrativi generali a contenuto non normativo, Milano, 1963, 171), nel senso, cio, che il legislatore determina il programma, il quale viene successivamente attuato mediante uno o pi atti amministrativi- piani. Nella precedente sentenza 24 giugno 1961, n. 35, (Giur. it. 1961, I, 1032, e PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE l Che il piano generale degli acquedotti sia un piano ispirato a un preminente e fondamentale interesse nazionale e che esso possa essere collegato, entro certi limiti, con le riforme economico- sociali, delle quali parola nelle previsioni legislative sopra ricordate degli statuti speciali, non pare possa essere revocato in dubbio. Vero che la difesa della Regione ha tentato di distinguere tra programmazione economica e pianificazio ne tecnico-urbanistica collegata ad una parallela e complementare programmazione di interventi finanziari, per ammettere la competenza statale ad emanare soltanto norme che abbiano ad oggetto la prima, vale a dire la programmazione economica . Ma, a prescindere dalla fondatezza di una distinzione siffatta, che pu accettarsi assegnando alla programmazione economica una significazione ampia e generica, tale, cio, da abbracciare l'intera economia del Paese al fine di segnare le grandi linee direttive dello sviluppo economico della collettivit, non ritiene la Corte che essa possa essere invocata per giustificare una dichiarazione di illegittimit della legge impugnata. In realt, un piano generale per gli acquedotti, che si proponga di assicurare i rifornimenti idrici a tutta la popolazione della Repubblica, o, come dicono i tecnii, di normalizzare con riferimento a certi parametri quantitativi e temporali, la richiami di dottrina ivi indicati) la stessa Corte Costituzionale aveva chiaramente precisato i limiti e le modalit del programma che, nella fattispecie allora decisa, era ben pi settoriale che non il piano degli acquedotti, e cos testualmente affermava: Non basta, dunque, che la legge determini genericamente i fini che con i detti programmi si vogliono raggiungere. Occorre la specificazione dei fini, la precisazione dei criteri da seguire per il raggiungimento di questi fini, l'indicazione dei mezzi, la determinazione degli organi che sono chiamati ad attuare i programmi o che sorto stabiliti per esercitare i controlli. Non basta attribuire un potere in 'vista del raggiungimento dei fini, ma bisogna anche stabilire i limiti e l'estensione del potere e prevedere gli. effetti che con gli atti, derivanti da tale potere, si producono. In concreto, talvolta la legge stessa attraverso le sue disposizioni determiner, col programma, le finalit, fisser i criteri di attuazione, gli organi, i poteri e le limitazioni dei poteri degli organi, l'estensione della libert che pur bisogna lasciare agli operatori ed ogni altra particolarit atta a meglio disciplinare il programma, altra volta sar pi opportuno che la legge approvi semplicemente un programma o piano, separatamente formato nei suoi particolari, ma discusso con la legge stessa e allegato alla medesima, e quindi di essa facente parte integrante, salvo a modificare, con. legge, questa legge di approvazione o il piano allegato, soltanto quando circostanze di tempo o mutazioni economiche lo richiederanno. L'organo legislativo in ci sovrano e, a seconda dei casi, presceglier forma e sostanza, salvi per sempre i dettami della Carta costituzionale . 18 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO soddisfazione di un bisogno primario e fondamentale degli abitanti, non pu essere impostato se non secondo una visione generale delle necessit del Paese e con riferimento ai mezzi firiaru ziari necessari a risolvere il problema e alla assegnazione di codesti mezzi ai vari settori secondo un ordine di preferenze che non pu essere fissato se non dal legislatore statale. E d'altra parte difficile negare che un piano, il quale si proponga le finalit sopra enunciate, non sia riconducibile a quelle modificazioni delle infrastrutture (come usa dire), che sono condizione e, insieme, parte delle riforme economico-sociali che lo Stato tenuto a perseguire secondo gli indiiizzi e col rispetto dei limiti posti dalla Costituzione. Ci, tuttavia, non significa che la competenza statale in questo campo sia cos assorbente da limitare ogni altra competenza regionale fino ad eliminarla affatto. Qualora si affermasse un principio di questo genere, si correrebbe il rischio di vedere compromessa l'autonomia regionale e perfino negate la stessa sua ragione d'essere, che quella di dare soluzioni appropriate ai problemi particolari di ciascuna Regione e tutela adeguata ai relativi interessi. Occorre perci che in questo campo il preminente interesse generale, del quale portatore lo Stato, si coordini e si concilii con l'interesse particolre del quale portatrice la Regione, quando dalla impostazione generale del piano si scenda alla sua La 1. 4 febbraio 1963, n. 129, risponde pienamente a tali limiti ed a tali modalit, con la previsione specifica degli organi chiamati ad elaborare il piano, del suo contenuto analiticamente determinato, delle forme . di pubblicit, delle osservazioni ed opposizioni, delle conseguenze giuridiche vincolanti per i terzi (riserva delle acque incluse nel piano), ed, infine, delle norme di attuazione del piano stesso, da adottare con la forma dei decreti legislativi delegati, secondo principi direttivi e termine perentorio predisposti nella stessa legge, in ottemperanza all'art. 76 della Costituzione. Di conseguenza per quanto riguarda le specifiche norme di legge impugnate la Corte ha dichiarato assorbite le censure di legittimit costituzionale mosse dalla Regione, in quanto esse pongono solo i criteri direttivi del piano regolatore costituendone la premessa necessaria, mandando all'Esecutivo ed al Legislatore di stabilire, rispettivamente, il contenuto del piano e le norme per la sua attuazione. Questa affermazione della Corte sembra particolarmente importante perch pone a fuoco, se pure non espressamente, il problema della ammisI,: . .[ sibilit dell'impugnativa costituzionale avverso leggi deleganti non ancora seguite dalle leggi delegate. Finora, infatti a partire dalla fondamentale sentenza 24 gennaio 1957, r wi n. 3 (Giur. cost. 1957, 11), la Corte aveva ritenuto la propria competenza a conoscere delle leggi deleganti solo come mezzo per giudicare della .. -Il . . . 5::1JW#1-.;.rr.rrr.11111._11,,r :'.1'mms'-~ ;....,J@f:illf!IBW.w.efl..4.f&:Ai.M.. ~.;..t>L.~&fill..y,)b:./)t.y,;.:.,,,,,.. M .; ~.,. ,~---~ PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 19 specificazione concreta. Soprattutto in questa fase, che la fase di realizzazione del piano generale attraverso piani regionali, deve intervenire il necessario coordinamento dell'opera statale con quella regionale, nell'ambito e nel rispetto delle competenze statutarie delle singole regioni. E' stata questa, del resto, la via seguita dal legislatore per la formulazione del piano organico di rinascita della Sardegna, itJ:revisto dall'art. 13 dello Statuto speciale e per gli interventi straordinari nell'Italia meridionale e insulare ad opera della Cassa del Mezzogiorno. Nel primo caso il piano disposto dal Comitato dei Ministri. per il Mezzogiorno col concorso della Regione autonoma della Sardegna, concorso che si realizza mediant la partecipazione del Presidente della Giunta regionale con voto deliberativo alle deliberazioni del Comitato dei Ministri, e mediante l'intesa tra gli organi tecnici della Regione per la Cassa per il Mezzogiorno nella fase di predisposizioni del piano generale e dei programmi annuali e pluriennali nell'ambito di quello, tutti sottoposti, poi, all'approvazione del Comitato dei Ministri come sopra integrato (artt. 1, 3 e 4 della I. 11 giugno 1962, n. 588). Nel secondo caso, i programmi particolari delle opere relative alla Sicilia e alla Sardegna sono predisposti dalle Amministrazioni delle Regioni d'intesa con la Cassa per il Mezzogiorno, competente poi ad approvarli, e nell'ambito di un piano o programma generale predisposto e approvato lal Co- validit delle relative leggi delegate; e cos, nell'esercizio di tali poteri, la Corte aveva affermata la sua competenza a sindacare anche la validit del procedimento . formale per l'approvazione della legge delegante, della sussistenza e dell'ampiezza dei principi direttivi, della prefissione del termine, della sua eventuale proroga, ecc. Ma non era ancora avvenuto che s'impugnasse una legge delegante prima ancora che -con l'emanazione del decreto delegato -fosse concretamente manifestata e resa attualmente operante verso tutti i cittadini la volont del legislatore. Di fronte ad una situazione siffatta lecito il dubbio sull'ammissibilit dell'impugnazione. La legge di delegazione, invero, legge strumentale, come fonte del potere del Governo; ed solo indirettamente o mediatamente legge materiale (LIGNOLA, La delegazione legislativa, Milano, 1950, 151), anzi, ;pu dirsi, lo solo condizionatamente all'effettivo esercizio della delega da parte del Governo. Se quest'organo lascia scadere il termine stabilito, la legge delegante, bench formalmente e sostanzialmente valida, inutiliter data . Cosicch il controllo di legittimit costituzionale, che ammesso per le leggi formali recanti disposizioni in senso materiale (REDENTI, Legittimit delle leggi e Corte costituzionale, Milano, 1957, 20) non sembra esercitabile in ipotesi del genere, dove le conseguenze sostanziali connesse all'esercizio della funzione legislativa sono addirittura quiescenti e condizionate. - 20 li RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO I~ mitato dei Ministri (art. 25, 1. 10 agosto 1950, n. 646). In virt di questa legge e delle successive che l'hanno modificata e integrata (segnatamente quella 29 luglio 1957, n. 634), stato 'f.1 predisposto e approvato ed gi in fase di avanzata attuazione il piano di normalizzazione dei rifornimenti idrici per tutti i centri abitati della Sardegna (come fu ricordato al Senato durante la discussione della legge impugnata); sulla base del quale sono state poste a carico totale dello Stato le opere principali di raccolta e di adduzione delle acque, ivi compresi i serbatoi, nonch, per la maggior parte dei centri abitati, quelle di distribuzione interna e degli impianti e reti di fognatura, che la legislazione precedente poneva a carico dei Comuni (artt. 5, 1. 10 agosto 1950, n. 646 e 6 1. 29 luglio 1957, n. 634). i N si pu dire che la legge impugnata abbia seguito una ra via diversa, trascurando l'esigenza che l'opera d'intervento statale si coordini con quella regionale per assicurare che l'attivit pianificatrice dello Stato non si compia col sacrificio del I. l'autonomia regionale, ma, al contrario, mediante questa e nel , I rispetto delle competenze della Regione, nell'ambito del quale @ gli Statuti le riconoscono e delimitano. Il piano generale, infatti, deve essere in primo luogo formulato sentite le Regioni, e, trat' tandosi appunto di un piano generale, non poteva essere disposto altrimenti. Pretendere, come sostiene la difesa regionale, , che in questa fase si dovesse procedere d'intesa con la Regione, , ,, significherebbe rendere impossibile la definitiva redazione del f;:; ~, I " piano generale, che, necessariamente, deve operare una sintesi ru delle diverse esigenze locali e fondarsi su criteri unitari. In sem condo luogo le norme di attuazione del piano che, per la delega contenuta nell'art. 5, devono essere emanate dal Governo, entro il termine di tre anni dall'entrata in vigore della legge, devono tener conto delle competenze delle Regioni, ovviamente non soltanto di quelle a statuto ordinario, ma altres, e a mag It gior ragione, di quelle a statuto speciale (nel che, del resto, le parti concordano), e, per quel che riguarda la Sardegna, di quanto gi stato legittimamente predisposto e compiuto dalla ro legislazione precedente ed in via di attuazione nel territorio w ili dell'Isola, mediante l'opera concorde dello Stato e della Regione. l!i! Da quanto precede risulta chiaro che le questioni sollevate ~' dalla difesa regionale nei confronti delle norme contenute ner gli articoli impugnati della legge devono ri~enersi assorbite. 1r Quelle norme, infatti, pongono soltanto i criteri direttivi del !~ piano regolatore, ne costituiscono, cio, la premessa necessa-m i:~ l l ~ < ::; J! ~ PARTE I, SEZ, I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 21 ria o, come quella dell'art. 3, 2 comma, relativa alla riserva delle acque ai sensi dell'art. 51 del t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, lo strumento temporaneo e indispensabile per rendere possibile a suo tempo la attuazione del piano, e sono pertanto esplicazione puntuale e legittima dei poteri che, come si visto, lo Stato ha in questa materia. -(Omissis). SEZIONE SECONDA GIURISPRUDENZA SEZIONE SECONDA GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE CORTE DI <;ASSAZIONE, Sez. Un. 5 agosto 1963, n. 2194 -Pres. Tavolarq -Est. Cannizzaro -P. M. Criscuoli (conf.) -Passeri c. Finanze. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un. 5 agosto 1963 n. 2195 -Pres. Tavolaro -Est. Cannizzaro -P. M. Criscuoli (conf.) -Passeri c. Finanze. Competenza .e giurisdizione -Impiego pubblico -.Controversie in di pendenza diretta e immediata del rapporto di impiego -Giuri sdizione esclusiva del Consiglio di Stato. Competenza e giurisdizione Impiego pubblico -Diritti patrimoniali conseguenziali -Controversie -Giurisdizione ordinaria. La giurisdizione esclusiva del Consiglio di Stato in materia di pubblico impiego comprende tutte le controversie derivanti dal rapporto, non escluse quelle che abbiano per oggetto il pagamento di stipendi o di altri assegni in dipendenza diretta ed immediata di esso. (1). Se sia stato impugnato per illegittimit l'atto amministra tivo (pur se concretamente consistente in un comportamento negativo o in un rifiuto della p.a., che non abbia corrisposto o che si sia rifiutata di corrispondere al suo dipendente i com pensi dovuti) e se dalla impugnazione sia derivata una pronun eia di illegittimit dell'atto,. sorge, correlativamente all'obbligo della p.a. di conformarsi alla decisione del. giudice amministra tivo la possibilit per il dipendente di agire in giudizio davanti all'autorit giudiziaria ordinaria soltanto al fine di far valere i pr~pri diritti patrimoniali conseguenziali (2). (1-2) Le due annotate sentenze del Supremo Collegio confermano l'indirizzo delle Sezioni Unite nel senso che le questioni di ordine patrimoniale, strutturalmente e funzionalmente collegate col rapporto di pubblico impiego rientrano nella competenza del giudice amministrativo, in ossequio al principio della restitutio in integrum (cfr. da ultimo, Cass., Sez. Un., 6 ottobre 1962, n. 2827, Foro it., 1962, I, 1036; Cass., Sez. Un., 22 gennaio 1957, n. 167, Giur. it. 1957, I, 223). Per effetto di tale principio stato esattamente ritenuto che tutte le PARTE I, SEZ. Il, GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 23 (Omissis). -La ricorrente denunzia la violazione dello art. 30, cpv. t. u. 26 giugno 1924, n. 1054, in relazione all'art. 360 n. 5 c.p.c., per avere il Consiglio di Stato respinto senza riserve e considerazioni il suo ricorso anche per quel che rifletteva la domanda specifica, formulata in via subordinata, diretta ad ottenere il riconoscimento del suo diritto agli emolumenti fino alla data di notificazione del provvedimento ministeriale impugnato, pur trattandosi di questione attinente a diritti patrimoniali conseguenziali alla legittimit o meno del provvedimento medesimo: questione, che, anche nelle materie deferite alla giurisdizione esclusiva del Consiglio di Stato, da ritenersi compresa fra quelle riservate alla cognizione dell'Autorit giudiziaria ordinaria. La censura infondata. L'art. 30 del t.u. sul Consiglio di Stato 26 giugno n. 1054, dopo aver stabilito che nelle questioni deferite alla giurisdizione esclusiva del Consiglio medesimo, questo conosce anche di tutte le questioni relative a diritti, riserva, vero, all'Autorit giudiziaria ordinaria le que voci costituenti la retribuzione dell'impiegato, comprese quelle di carattere accessorio, trovano collocazione sotto il pi ampio paradigma della retribuzione, come erogazione dovuta da parte della p.a. (Cass., Sez. Un., 18 luglio 1961, n. 1750, Foro amm., 1961, II, 417; Cass., Sez. Un., 1 febbraio 1961, ivi, II, 201); e che tali voci non possono essere richieste, nemmeno a titolo di risarcimento danni, all'a.g.o. (Cass., Sez. Un., 23 febbraio 1956~ n. 512, Foro it., 1956, I, 1319; Cass., Sez. Un., 6 ottobre 1962, n. 2827, cit.). Per converso, il Consiglio di Stato pur ammettendo il principio dell'automatismo della restitutio in integrum, aveva ritenuto fossero da escludere dalla propria giurisdizione le richieste di indennit accessorie, come, ad esempio, il premio di presenza (Ad. PI. 27 febbraio 1954, n. 12, Il Consiglio di Stato, 1954, I, 107; Sez. IV, 30 dicembre 1958, n. 996, ivi, 1535). In dottrina, per un riassunto della questione, cfr. TROCCOLI, La "resti tutio in integrum" dei pubblici dipendenti ingiustamente licenziati, Foro amm., 1961, 770). Coerentemente alle premesse, le Sezioni Unite riaffermano poi, con la seconda massima, la necessit di una pronuncia sul merito della pretesa dell'impiegato, per la successiva proposizione dell'azione risarcitoria, per la parte in cui questa sia ammessa. L'art. 30 t. u. sul Consiglio di Stato -e cos l'art. 5. t.u. sulla G.P.A. -espressamente richiede, infatti, una pronuncia sulla legittimit dell'atto amministrativo impugnato dal pubblico dipendente, pronunc;a che non pu essere sostituita, neppure incidenter tantum, da un accertamento del giudice ordinario. Per cui, allorquando, a causa di decadenza o di preclusioni, il ricorso sia dichia I rato inammissibile o irricevibile, o, qualora, per qualsiasi causa, il giu I dice amministrativo non abbia potuto esaminare la legittimit dell'atto impugnato, non pu dirsi sorto il presupposto per l'esercizio dell'azione I di risarcimento su diritti patrimoniali conseguenziali. I ! 24 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO stioni patrimoniali conseguenziali alla pronunzia di legittimit j.. dell'atto o provvedimento impugnato. Ma, a prescindere che, nella specie, manca del tutto una pronunzia di legittimit o meno I:-: . . del provvedimento impugnato, in quanto il Consiglio di Stato si limitato a dichiarare inammissibile il ricorso della Passeri per mancanza d'interesse; a parte, ancora, il rilievo che la doglianza mossa davanti a queste Sezioni Unite avverso la decisione del Consiglio di Stato per avere quell'Alto Consesso respinto, senza riserve e condizioni, il ricorso della Passeri (anche in relazione alla domanda della stessa diretta a ottenere in via subordinata il riconoscimento del suo diritto agli emolumenti fino alla data della notificazione del provvedimento ministeriale impugnato) non ha il contenuto di motivo meritevole di considerazione, giacch ogni diritto ha la sua tutela indipendentemente dalla riserva che ne possa essere fatta in una pronunzia avente carattere giurisdizionale, da Ficordare come gi altre volte hanno deciso queste Sezioni Unite, davanti alle quali le decisioni del Consiglio di Stato possono essere impugnate soltanto per motivi attinenti alla giurisdizione (art. 48 t.u. predetto, in relaz. agli artt. 3, 4 e 5 della legge 31 marzo 1877 n. 3761, nonch in relazione all'art. 111, 2 comma, della Costituzione della Repubblica), che il ricorso potrebbe trovare accoglimento soltanto se il Consiglio di Stato si fosse pronunziato su materia sottrat~a, per legge, alla sua cognizione sotto ogni aspetto, cio sotto ogni profilo, sia in ordine all'oggetto della controversia, sia in ordine alla formazione del provvedimento impugnato, per quel che concerne la distribuzione della competenza interna degli organi della giustizia amministrativa. Ora, nella specie, non si verifica alcuna delle predette ipotesi perch la giurisdizione esclusiva del Consiglio di Stato in materia di pubblico impiego comprende tutte le controversie derivanti dal rapporto, anche quelle che abbiano contenuto patrimoniale se, come nel caso in esame, la pretesa abbia necessariamente per titolo il rapporto medesimo. Ditalch, se la controversia abbia per oggetto il pagamento di stipendi, indennit o altri assegni, in dipendenza diretta ed immediata del rapporto, la cognizione spetta sempre al giudiCe amministrativo, il quale, nelle materie devolute alla sua giurisdizione esclusiva, conosce anche di qualsiasi questione pur se relativa a diritti. E ancora: se sia stato impugnato per illegittimit l'atto amministrativo, pur se concretamente consistente in un comportamento negativo o in un rifiuto della pubblica amministrazione (o ente pubblico, in genere); che non PARTE I, SEZ. Il, GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 25 abbia corrisposto o che si sia rifiutata di corrispondere al suo dipendente, alla scadenza, i compensi dovuti, e, se dalla impugnazione sia derivata una pronunzia di illegittimit dell'atto, correlativamente all'obbligo della pubblica amministrazione (o dell'ente) di conformarsi alla decisione del giudice amministrativo, sorge per il dipendente la possibilit di agire in giudizio davanti all'autorit giudiziaria ordinaria soltanto al fine di fare valere i propri diritti patrimoniali conseguenziali. Ma, si ripete, una pronunzia del genere di quelle sopra specificate, nel caso in esame, manca del tutto, ond' che per nessun verso la decisione del Consiglio di Stato merita censura in questa sede sotto il profilo del difetto di giurisdizione. (Omi~sis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 16 settembre 1993, n. 2528 - Pres. Torrente -Est. Giannattasio -P.M. Pepe (conf.) -Consiglio Istituti Ospedalieri di Milano, Scuotto Antonio ed altri c. Comune di Napoli, Ministero dei LL.PP. e dell'Interno, Soc. ICE ed altri. Espropriazione per p.u. -Espropriazione ai sensi della I. 15 gennaio 1885 n. 2892 -Interpellanza ai sensi dell'art. 23 I. urbanistica Non necessaria -Sussistenza del potere espropriativo -Impugnativa -Competenza del Consiglio di Stato. (1. 17 agosto 1942, n. 1150, art. 23). Se ancor prima della disposizione contenuta nell'art. 23 della legge urbanistica e nell'art. 870 e.e. non si poteva disconoscere il principio generale, in materia di espropriazione per p.u., secondo cui il potere espropriativo della p.a, ed il conseguente affievolimento del diritto del proprietario sorge solo allorch questi, previamente interpellato, non provveda alle costruzioni in conformit dei piani approvati dall'autorit amministrativa, tale principio trova tuttavia una deroga nell'art. 13 della legge 15 gennaio 1885 n. 2892 sul risanamento della citt di Napoli ed in genere in tutte le leggi per Napoli che prevedono sempre la procedura di urgenza, che non ~ compatibile con l'interpellanza. (1). (1) La sentenza richiamata nel testo pubblicata in Foro it., 1961, I, 320, con nota redazionale di richiami. La decisione confermata del Consiglio di Stat,o 12 febbraio 1960, n. 115, pubblicata in Il Consiglio di Stato, 1960, 168. In via generale, la posizione del privato al quale non sia stato noti - 26 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). -I ricorrenti eccepiscono, in sostanza, il di 26 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). -I ricorrenti eccepiscono, in sostanza, il di fetto di giurisdizione del Consiglio di Stato, dato che sarebbe mancato il potere di espropriazione, il quale sorge, giusta lo art. 23 della legge urbanistica, solo dopo che sia decorso inutilmente il termine fissato ai proprietari per dichiarare se intendono procedere, da soli, se proprietari dell'intero comporto edificatorio, o riuniti in consorzio, all'edificazione dell'area e alle trasformazioni degli immobili in esso compresi, secondo speciali prescrizioni. La questione non nuova, perch gi venuta all'esame di questo Supremo Collegio a Sezioni Unite, il quale ha ritenuto che non trova applicazione la legge urbanistica allorch si tratti non di attuazione di piani regolatori, ma di piani di risana mento edilizio, che si distinguono da primi per. il diverso specifico scopo che perseguono, in presenza dei quali il potere di espropriazione della P. A. sorge immediatamente connesso all'opera. di risanamento, e, una volta esercitato, attua il trasferimento del bene all'espropriante, con la conseguenza che questi non pu essere tenuto ad interpellare ai sensi dell'art. 23 legge urbanistica (Cass. 21 gennaio 1960 n. SO). Invero, se si tiene presente che il piano di risanamento (ed in particolare quello della citt di Napoli, la cui legislazione speciale ebbe inizio a pochi mesi dalla tremenda epidemia di colera del 1884), in quanto ispirato essenzialmente a fini di igiene e di sanit, ha per scopo soprattutto la demolizione di un quartiere, con l'eliminazione di tutti gli agglomerati insalubri, e la ricostruzione del quartiere su basi completamente diverse, e che si ha pertanto una fattispecie totalmente diversa da quella di una normale espropriazione, non possibile concepire, in presenza di un piano di risanamento, un diritto a riedificare dei proprietari, i cui edifici siano destinati ad essere irrimediabilmente demoliti, senza possibilit di ricostruzione, in quanto destinati ad essere sostituiti da vie, da piazze, da giardini. Inoltre nel piano di risanamento, a differenza del piano regolatore, prevalente l'interesse pubblico, per cui viene attuato direttamente dall'ente pubblico. Il problema, semmai, si pone unicamente per i proprietari ficato l'interpello di cui all'art. 23 della legge urbanistica, stata configurata come un vero e proprio diritto soggettivo (cfr. Cass., Sez. Un., 19 otto. bre 1962, n. 3047, Foro it., 1963, I, 559; id. 20 giugno 1962, n. 1657, Giust. civ., 1962, 1169; id., 9 dicembre 1960, n. 3212, ivi, 1961, 223; e in dottrina, SoNARELLI, Espropriazione per l'edificazione dei comparti di p.u. e competenza giurisdizionale, ivi). PARTE I, SEZ. II, GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE dei beni compresi nelle zone attigue all'opera pubblica, e c10e delle zone, contigue alle vie, alle piazze, ai giardini, ma in proposito soccorre anzitutto la norma di cui al 3 comma dello art. 34 del r.d. 8 febbraio 1923 n. 422, per cui; quando i proprietari si obblighino a dare essi alle zone attigue la prevista nuova destinazione, l'Amministrazione espropriante pu rinunciare all'espropriazione, il che presuppone evidentemente l'esistenza del potere stesso, potere cui la P.A. pu solo, nella sua facolt discrezionale, rinunciare. Ma soccorre soprattutto, in particolare, la norma dell'art. 13 della I. 15 gennaio 1885, n. 2892 per il risanamento della citt di Napoli, richiamato dall'art. 2 della I. 12 luglio 1912, n. 783, relativa alla bonifica del Rione San Giuseppe-Carit. Secondo il ricordato art. 13, nel piano di cui all'art. 1, sar determinata l'area di zone, laterali alle nuove strade, che il municipio potr espropriare per pubblica utilit . E l'art. 2 della I. 783 del 1912, dopo aver dichiarato di pubblica utilit le opere necessarie al bonificamento del rione S. Giuseppe-Carit della citt di Napoli, ed aver richiamato al riguardo la disposizione contenuta nella I. del 1885, afferma al 3 comma: Il Comune di Napoli autorizzato a concedere l'esecuzione delle opere stesse a trattativa privata alla Societ per il risanamento di Napoli. Tale possibilit di concessione, non soggetta a limiti e a condizioni, non assolutamente compatibile con il diritto preferenziale dei proprietari delle zone attigue. La decisione impugnata del Consiglio di Stato ha fatto, quindi, esatta applicazione dei principi, allorch ha rilevato che, se non potevasi, ancor prima che ci venisse consacrato legislativamente nell'art. 23 della legge urbanistica e nell'art. 870 cod. civ., disconoscere il principio generale in materia di espropriazione per pubblica utilit, secondo cui il proprietario pu sottrarsi all'espropriazione dei beni, obbligandosi a provvedere alle costruzioni in conformit dei piani approvati dall'autorit amministrativa, tale principio trova tuttavia una deroga nell'art. 13 della I. 15 gennaio 1885 n. 2892 sul risanamento della citt di Napoli ed in genere in tutte le leggi per Napoli che prevedono sempre la procedura d'urgenza, che non compatibile con l'interpellanza (Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 5 ottobre 1963, n. 2661 - Pres. Torrente -Est. Favara -P. M. Pepe (conf.) -Ditta Garrone c. Sanguineti e Ministeri Industria e Commercio, Finanze e Marina Mercantile. - 28 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Legge -Illegittimit costituzionale di norme di legge -Eccezione ritenuta manifestamente infondata -Impugnazione limitata alla sola questione di legittimit costituzionale -Inammissibilit. Giustizia amministrativa -Decisione del Consiglio di Stato su eccezione di illegittimit cos~ituzionale dichiarata in decisione, anzich con separata ordinanza -Incensurabilit da parte della Cassazione ( Cost. art 111; 1. 11 marzo 1953 n. 87, artt. 23 e 24). Ritenuta la manifesta infondatezza della eccezione di illegittimit costituzionale di 'Una disposizione di legge, da parte del giudice inferiore, non ammissibile, tenute presenti le norme degli artt. 23 e 24 della l. 11 marzo 1953, n. 87, un'impugnazione limitata soltanto alla questione di legittimit costituzionale, senza che sia, cio, riproposto anche il giudizio nelle ulteriori sue questioni di rito e di merito, ai fini della cui decisione soltanto l'eccezione pu, sempre in via incidentale, essere ammessa, in quanto, cio, si accerti preliminarmente che il giudizio stesso, cos devoluto al giudice superiore, non possa da questo essere definito indipendentemente dalla risoluzione della questione di legittimit costituzionale; col riesame, pertanto, sia del giudizio sulla rilevanza che di quello relativo alla manifesta infondatezza della eccezione stessa. (1). La circostanza che il Consiglio di Stato si pronunci, dichiarandola infondata, sull'eccezione di illegittimit costituzionale di una norma di legge, proposta da una delle parti, nel corso della stessa decisione, anzich con separata ordinanza motivata ai sensi dell'art. 24 della legge 11 marzo 1953 n. 87, pu costituire, al pi, una violazione di legge d'ordine processuale che, in s stessa considerata, non d luogo a motivo di ricorso alle Sezioni Unite della Suprema Corte, in quanto i limiti dei poteri assegnati, anche dall'art. 111 della Costituziow, ne, alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, in ordine alle decisioni del Consiglio di Stato, riguardano solo l'indagine avente per oggetto motivi attinenti od inerenti alla giurisdizione, ma non anche le eventuali violazioni di norme giuridiche in cui sia eventualmente incorso il Consiglio di Stato nella propria decisione (2). (1-2) La decisione delle Sezioni Unite fa esatta applicazione dei principi generali, sia in tema di riproposizione della eccezione di illegittimit costituzionale, sia in tema di impugnazione delle decisioni del Consiglio di Stato. Sotto il primo profilo, invero, da ritenere che anche le eccezioni PARTE I, SEZ. II, GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 29 (Omissis). -Il ricorso, cos come proposto, esclusivamente per quanto attiene al rigetto, da parte del Consiglio di Stato, dell'eccezione d'illegittimit costituzionale dell'art. 19 del r.d. 2 novembre 1939, n. 1741 per asserito contrasto con gli artt. 3, 24, 41 e 42 della Costituzione (per di pi sollevata, in quella sede, dagli attuali resistenti e non dagli attuali ricorrenti) e per difetto di giurisdizione del Consiglio di Stato, in quanto esso, nel dichiarare infondata, anzich manifestamente infondata, l'eccezione anzidetta d'illegittimit costituzionale avrebbe ecceduto dai limiti della propria giurisdizione, inammissibile. A sensi, infatti, dell'art. 24 della I. 11 marzo 1953 n. 87 allorquando l'eccezione d'illegittimit costituzionale viene respinta per manifesta irrilevanza, od infondatezza, mediante ordinanza del giudice davanti al quale essa stata proposta, l'eccezione stessa pu essere riproposta all'inizio di ogni grado ulteriore del processo, nella stessa guisa in cui poteva, ai sensi dell'art. 23 della stessa I. n. 87 del 1953, essere proposta, nel corso del giudizio davanti all'autorit giurisdizionale nei gradi precedenti e, perci, solo in via incidentale e, con obbligo da parte d_el giudice superiore, di rivalutarne dapprima la rilevanza e, cio, la necessit della sua risoluzione per la definizione del giudizio proposto, e, questa ritenuta, l'eventuale sua respinte dai giudici diversi dal Consiglio di Stato e dalla Corte dei Conti, per i quali, cio, sia ammesso il sindacato di legittimit per violazione di legge o per difetto di motivazione, non possono essere riproposte che congiuntamente al merito, o a quei capi di merito della decisione impugnata per i quali l'eccezione assume giuridica rilevanza. Cos com' strutturato il nostro processo costituzionale, per vero, da escludersi -tranne nelle ipotesi dei conflitti di attribuzione un'impugnativa di norme legislative fine a se stessa; essa opera sempre, invece, (o dovrebbe operare), come strumento per la decisione della causa di merito. La riserva non senza rilievo, di fronte a non impegnanti ordinanze di rimessine da parte di giudici minori, talvolta anche minimi, di questioni evidentemente sproporzionate all'economia della causa di merito. Si potrebbe forse parlare di processo simulato, e di ordinanza in "fraudem legis", ma ci esula dai limiti delle presenti osservazioni. Ammessa, dunque, in via generale la riproponibilit dell'eccezione respinta in grado superiore, peraltro necessario che essa s'accompagni all'impugnazione degli aspetti di merito della vertenza (cfr. in conformit, LAVAGNA, Sulla possibilit di riproporre in Cassazione le questioni di legittimit costituzionale, Foro it., 1961, I, 471; e, per l'impugnabilit in via autonoma dell'ordinanza di rigetto dell'eccezione di incostituzionalit: Css., Sez. Un., 30 giugno 1960, n. 1722, Giur. it., 1962, I, 477, con nota di ANGELICI). La questione si sposta, cos, sotto il secondo profilo, cio sui limiti - 30 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO manifesta infondatezza, senza che tale suo rinnovato giudizio abbia il valore ed il contenuto d'una revisione del precedente apprezzamento del giudice inferiore al riguardo, trattandosi d'una renovatio e non di una vera e propria revisio prioris instantiae . Ritenuta, pertanto, la manifesta infondatezza della eccezione d'illegittimit costituzionale d'una disposizione di legge, da parte del giudice inferiore, non ammissibile una impugnazione limitata soltanto alla questione di legittimit costituzionale, senza che sia, cio, riproposto anche il giudizio nelle ulteriori sue questioni di rito e di merito, ai fini della cui decisione soltanto l'eccezione pu essere, sempre in via incidentale, ammessa, in quanto, cio, si accerti preliminarmente che il giudizio stesso, cos devoluto al giudice superiore, non possa .da questo essere definito indipendentemente dalla risoluzione della questione di legittimit costituzionale, col riesame, pertanto, sia del giudizio sulla rilevanza, che di quello relativo alla infondatezza manifesta dell'eccezione stessa. E' questo il motivo per il quale il legislatore ha disposto, nel ricordato art. 24 della I. n. 87 del 1953, che l'eccezione d'illegittimit costituzionale deve dal giudice essere eventualmente respinta per la sua manifesta irrilevanza, od infondatezza, mediante ord- dell'impugnazione delle decisioni del Consiglio di Stato per motivi ine renti alla giurisdizione (Cost., art. 111). La Corte Suprema ha ripetutamente affermato, a questo proposito, che il sindacato sulla giurisdizione del Consiglio di Stato ammesso solo quando questo organo abbia invaso la sfera di attribuzione propria di uno degli altri poteri dello Stato, ovvero abbia invaso la sfera di attribuzione dell'ordine giudiziario ordinario, o di un organo di giurisdi zione speciale, ovvero abbia dichiarato di non poter decidere perch la materia non pu essere oggetto di funzione giurisdizionale, o della giurisdizione del Consiglio di Stato (Cass., Sez. Un., 30 dicembre 1963, n. 3246, in questa Rassegna, 1964, 16; Cass., Sez. Un., 28 ottobre 1961, n. 2480, Foro it., Mass., 1961, 655; Cass., Sez. Un., 18 giugno 1962, n. 1532, ivi, 1962, 462). In tale prospettiva, esattamente la Corte Suprema ha ritenuto, da un lato, inammissibile la censura contro il denunciato error in procedendo, per essere stata la questione decisa nel testo della stessa sen- tenza anzich con separata ordinanza, trattandosi, al pi, di una mera violazione
  • tione. In effetti, e per rispondere allo specifico quesito. se l'interesse fatto valere dai Comuni limitrofi fosse legittimo (gravitante -cio -nell'orbita dell'art. 26 del t.u. delle leggi sul Consiglio di Stato), si adducono tre argomenti diversi, il cui reciproco rapporto -che non certo di complementariet -non del tutto chiaro. Pi precisamente: a) titolare di un interesse legittimo chi, pur essendo terzo rispetto ad un atto amministrativo che amplia la sfera dei diritti di altro soggetto, PARTE I, SEZ. II, GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 45 (Omissis). -In via preliminare deve essere poi esam1nata l'altra eccezione che la stessa Avvocatura dello Stato e la difesa del Comune di Castelfranco di Sotto hanno sollevato, sostenendo che il ricorso inamissibile, in quanto i Comuni ricorrenti non hanno un interesse legittimo, di cui possono lamentare la lesione, ma hanno un semplice interesse di fatto, che la legge non ha inteso prendere in considerazione. Procedendo, quindi, a tale esame si rileva: Non pu dubitarsi che sia titolare di un interesse occasionalmente protetto e, quindi, legittimo colui che, pur essendo terzo rispetto ad un atto amministrativo che amplia la sfera dei diritti appartenenti ad una persona fisica o giuridica, si trovi in una situazione tale da subire un danno ove l'atto me si trovi in situazione tale da subire un danno, ove l'atto sia stato emanato in difformit dalla legge; b) la vicinanza pu costituire elemento differenziatore fra l'interesse legittimo e quello semplice. Chi abita vicino ad uno stabilimento industriale ha un interesse legittimo a veder rispettate le distanze di legge, per ci che ha tratto alle esalazioni, rumori, ed in genere immissioni. e) il mantenimento dello status quo e -di riflesso -delle rispettive situazioni sul piano delle possibilit produttive un interesse legittimo. Un incentivo male accordato determina una lesione rilevante sul piano della legittimit. 2. -Si esaminino distintamente i tre pilastri logici della parte di motivazione che qui interessa. E' chiaro che l'argomento indicato sub a) vale a definire un interesse alla legittimit dell'atto, ma non un vero e proprio interesse legittimo. E' vero che ad ogni posizione di interesse legittimo ne soggiace una di interesse alla legittimit; ma non affatto vera la proposizione reciproca e cio che ogni interesse alla legittimit sia perci solo un interesse legittimo a' sensi dell'art. 26 del t.u. sul Consiglio di Stato. La verit che quando si parla di interesse legittimo, si definisce una vera e propria situazione giuridica soggettiva di vantaggio (cos, p. es., CASETTA, Diritto soggettivo ed interesse legittimo: problemi della loro tutela giurisdizionale, Riv. trim. dir. pubbl., 1952, 611 sgg., spec. 618 sgg. e 623, ed autori ivi citati). Tra l'interesse di fatto e le norme d'azione che regolano l'operato della pubblica amministrazione deve sussistere un collegamento giuridico. Si parla qui talvolta di fissazione dell'interesse alla legittimit dell'atto in un soggetto, ovvero -con maggiore semplicit di termini -di protezione occasionale, dove l'aggettivo non oblitera il sostantivo : occasionale s, ma pur sempre protezione, e protezione accordata dalla legge, con la considerazione che essa abbia del soggetto, portatore di una certa pretesa (cos, Sez. Un., 14 agosto 1951, n. 2519). Va notato che queste ovvie verit sono sempre state chiarissime agli occhi del Supremo Consesso Amministrativo. Senza andare tanto lontano, sar sufficiente considerare quel che accaduto quando detentori di attivit economiche in regime di oligopolio (o, addirittura, di monopolio 46 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO desimo sia stato emanato in difformit dall'interesse pubblico perseguito da una norma di legge. In tal caso, infatti, l'interesse del terzo coincide con l'interesse pubblico alla osservanza di detta norma e, pertanto, trova nella norma stessa una protezione occasionale o riflessa, differenziandosi dall'interesse generico di tutti i cittadini al buon andamento della pubblica amministrazione. Ad individuare poi la particolare situazione da cui deriva l'esistenza dell'interesse legittimo, nella figura dell'interesse occasionalmente protetto, spesso si ricorre al criterio della vicinanza. Cos, ad esempio, si sempre ritenuto che chi abita vicino a un opificio industriale, dal quale sono emesse esalazioni nocive alla salute, abbia un interesse legittimo di cui possa la- di fatto) hanno proposto ricorso in sede di legittimit in tema di autorizzazione all'esercizio data ad imprese concorrenti: per es. assicurazioni, sportelli bancari, raffinerie di ol minerali. Prima di porsi il problema se le dedotte violazioni di legge fossero state effettivamente commesse, il Consigio di Stato ha esaminato la questione (ritenuta decisiva ai fini della propria giurisdizione) se la situazione del titolare dell'(asserito) interesse apparisse, nella fattispecie normativa, come giuridicamente rilevante agli effetti dell'emanazione del provvedimento, denunciato come lesivo. In altri termini, se il legislatore si fosse preoccupato di tutelare, ancorch di riflesso, oppure occasionalmente, l'interesse dedotto in giudizio, non apparendo sufficiente la pura e semplice esistenza di una normativa, sia sostantiva che di procedimento, dettata al fine di regolare l'attivit dell'Amministrazione. Cos si negato che il titolare d'una raffineria di oli minerali fosse portatore di un interesse legittimo, che Io abilitasse ad opporsi ad una nuova autorizzazione, pur se illegittima (Cons. Stato, V, 24 luglio 1959, Foro amm., 1959, I, 2, 861, dove viene fatto il punto in giurisprudenza). Ma vi ha di pi: lo stesso si detto per le Compagnie cl'assicurazione, pur essendo innegabile che v'ha un pubblico interesse notevolmente inienso alla prosperit di questo tipo d'imprese, tale da rendere pi che plausibile la configurazione di un collegamento giuridico tra posizione della singola Compagnia e tutela dell'interesse pubblico (cos Cons. Stato, Sez. VI, 17 febbraio 1953, n. 445, Relaz. Avv.ra Stato 1951-55, I, pag. 81). Ma tant': requisito indefettibile perch un interesse sia considerato legittimo -secondo la giurisprudenza costante del Consiglio di Stato -la considerazione che della posizione del suo titolare abbia la legge (Cons. Stato, Sez. IV, 9 luglio 1958, n. 576). Solo allora l'asserita lesione sar giuridicamente rilevante, ed uscir dal limbo del mero fatto eco:~ nomico (e valga qui -a rovescio -l'esempio delle farmacie, delle sale cinematografiche, et similia). jii Sia chiaro che l'argomentazione della Quinta Sezione, in s e per s, non sbagliata. Ma concerne non la qualificazione dell'interesse come !,,1 legittimo, bens l'interesse a ricorrere. -J Ed invero, l'indagine sul punto se il ricorrente dall'ampliamento della sfera giuridica di altro soggetto risenta un pregiudizio, che possa '-~ , I: . j . . ~s~~llJ.1.~,"''r-&va.,.,,.,,,:,.;;,,,:.,R~llJIL,,.,.~=== Jfilff-~-fr- PARTE I, SEZ. Il, GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 47 mentare la lesione, ove l'impianto dell'opificio stesso sia stato autorizzato a una distanza inferiore a quella stabilita dalla legge. Nella specie, con il provvedimento impugnato in questa sede, il Comitato dei Ministri per le Opere Straordinarie nell'Ha lia settentrionale e centrale ha dichiarato il Comune ai Castelfranco di Sotto localit economicamente depressa ai sensi e per gli effetti _di cui all'art. 8 della legge 29 luglio 1957, n. 635. ;Ora non contestato che i Comuni ricorrenti sono limitrofi al Comune di Castelfranco di Sotto. Essi, pertanto, si trovano indubbiamente in una situazione tale da subire un danno immediato e diretto, qualora il beneficio di cui trattasi sia stato concesso illegittimamente. Come noto, infatti, le nuove industrie che vengono a co essere riparato dalla decisione di annullamento, si risolve -in realt -nel vedere se sussista un vantaggio potenziale derivante al ricorrente medesimo dalla vittoria giudiziale. Cio avvia a soluzione il problema del l'interesse a ricorrere, ma non l'altro se la lesione sia tale in senso giuridico od un mero pregiudizio di fatto. Anzi, c'f! qualche cosa di pi da osservare. E cio che l'argomentazione in parola porta diritto filato a dire che l'interesse semplice ed il giudizio di merito. Ed infatti solo in un giudizio che abbia come thema decidendi un interesse semplice l'indagine preliminare deve essere circoscritta all'interesse a ricorrere, senza che si passi a vedere che cosa di sostantivo soggiaccia al presupposto processuale. 3. -Analoghe osservazioni possono muoversi al secondo argomento, che svolge il criterio della vicinanza. Anche qui si confonde un elemento processuale con un elemento sostanziale: l'essere vicini all'attivit molesta illegalmente autorizzata pu valere ai fini della legittimazione a ricorrere, in quanto serve a differenziare la posizione del ricorrente da quella della generalit degli individui. Non vale, invece, a creare un nesso giuridico tra interesse interesse di fatto e norme di azione, n a far trovare nella legge il requisito della protezione dell'interesse. Si deve soggiungere che la Quinta Sezione del Consiglio di Stato non ha, forse, avuta la mano troppo felice nello scegliere, il caso dei rumori o delle esalazioni da stabilimenti industriali. Lasciando da parte quanto non persuade nel merito dell'argomento, va detto che l'esempio inap propriato perch in queste ipotesi chi ricorre o il proprietario contiguo, in nome dell'interesse legittimo (strumentale rispetto al diritto di propriet) a non vedere considerate lecite immissioni nocive sulla base di provvedimenti illegittimi, oppure -in estrema ipotesi -chi agisce a tutela della propria integrit fisica (anche questa diritto soggettivo), che non pu essere compromessa da un atto illegittimo (su questo tipo di interessi legittimi, cfr. per tutti MoRTATI, Istituz. di diritto pubblico, VI ediz., pag. 55, e gli autori ivi citati a nota 1), spec. CANNADA BARTOLI e BENVENUTI). 4. -Solo con rargomento indicato sub e) si dicono cose pertinenti. Ma, a nostro avviso, errate. Gi, istintivamente, ci si trova nell'imbarazzo quando -senza tor 48 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO stituirsi nella localit dichiarata economicamente depressa godono notevoli agevolazioni fiscali. Ci nonostante, nelle predette localit, che siano in effetti economicamente depresse, stentano a sorgere nuove industrie, in quanto le agevolazioni fiscali . spesso non compensano in misura adeguata gli svantaggi derivanti dalle condizioni ambientali che ostacolano il normale svi luppo delle attivit produttive. E' certo, invece, che se il riconoscimento di localit econo micamente depressa viene dato a una zona che tale in realt non sia, in contrasto con le finalit perseguite dalla legge n. 635 del 1957, come si assume nel caso di specie, le nuove industrie preferiranno impiantarsi in questa zona anzich nei territori dei comuni vicini. Per effetto della violazione di tale legge, quindi, tuose circonlucuzioni -si ienta di esprimere l'oggetto ed il contenuto di questo preteso interesse legittimo in tema di persistenza dello status quo ante. Interesse legittimo a... a che? Al mantenimento in istato di disagio economico del prossimo, cos da convalidare la massima tanto manchesteriana, quanto poco cristiana, che la ricchezza di ognuno di noi per met fatta della povert del nostro vicino? Ad ogni modo, dando per ammesso che qui una situazione di non svantaggio,, (?!) sussista in realt, che questa situazione sia definibile, e che si dia una lesione, quanto meno potenziale, di essa, resta da vedere se la medesima sia giuridica. Si , infatti, osservato che non bastano le due serie parallele: interesse di fatto -normativa, per dar luogo al fenomeno giuridico dell'interesse legittimo. Occorre, invece, che i due termini siano collegati da un nesso giuridico, costituito dalla rilevanza attribuita dalla legge alla posizione del terzo: in altre parole dalla pro tezione che questo terzo trovi nella legge, protezione che -pur se occa sionale o riflessa -deve in ogni modo essere giuridica. Occorre, perlanto, esaminare i testi legislativi qui applicabili e vedere se l'eventualit di una competizione fra Comune e Comune sia conside rata in un modo qualsiasi. Mancando questo, chiaro che si resta nella t.ona ambigua dell'interesse alla legittimit e non si assurge all'interesse legittimo. Orbene, va detto senz'altro che la possibile situazione di concorrenza fra Comune e Comune fuori da ogni previsione del corpus di norme che partono dalla legge 10agosto 1950, n. 647, e culminano nella legge 29 lu glio 1957, n. 635. Qui solo questione di un dialogo tra il Comune istante e lo Stato. Rileva unicamente se il Comune chieda fondatamente o infon datamente e se lo Stato accordi o dinieghi legittimamente o illegittima, mente. E ci, senza che sia lasciato il minimo spazio ad opposizioni di terzi soggetti, che non troverebbero nessuna possibile sistemazione nel l'eonomia della legge. Solo il Comune istante potr ricorrere in sede di legittimit avverso l'ingiusto diniego, e soltanto lo Stato potr procedere ad annullare d'ufficio il beneficio a torto accordato. Gli eventuali inte ressi di terzi soggetti restano nell'ambito del mero fatto, dato che la legge non solo non Ii protegge, ma addirittura li ignora. C' di pi. E cio che nella specie quella normativa, alla quale si vorrebbe collegare l'inte, PARTE I, SEZ. Il, GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 49 i comuni vicini vengono a subire un danno immediato e diretto, consistente nell'arresto o, comunque, nella diminuzione del normale incremento delle attivit produttive nell'ambito dei loro territori, con un conseguente arresto o, comunque, con una diminuzione del normale incremento delle attivit produttive nell'ambito dei loro territori, con un conseguente arresto o diminu:. zione dell'incremento delle entrate dei rispettivi bilanci. Da quanto precede consegue che la dedotta eccezione deve essere disattesa, giacch l'interesse sostanziale che le Amministrazioni ricorrenti intendono far valere nel presente giudizio non pu non essere qualificato come un interesse legittimo. Consegue inoltre, che la denunciata lesione di tale interesse non eventuale, ma ha il requisito dell'attualit. Viene, quindi, a ca- resse dei ricorrenti, non esiste. Le condizioni per l'atto dichiarativo sono deostruite dalla Sezione sulla base di affermazioni _politiche! Se mai (e -diciamolo francamente -con uno sforzo d'immagina zione giuridica) si volesse trovare in questa intricata materia una situazione d'interesse legittimo in Comuni terzi, limitrofi e non limitrofi, questa, se pure in casi ben delimitati, sarebbe ad adiuvandum e non ad opponendum quanto al riconoscimento della qualifica nel Comune istante. In effetti, la legge 29 luglio 1957, n. 635, contiene pi di un riferimento alla legge 25 luglio 1952, n. 991 (p. es. all'art. 5,, all'art. 7, etc.), portante provvedimenti in favore dei territori montani. Ora, per l'art. 1 della legge del 1925 citata, oltre ai Comuni aventi le caratteristiche di territori montani, possono essere ammessi ai benefici di legge altri Comuni anche non limitrofi in parit di condizioni economico-agrarie. Il che -se non andiamo errati -pu determinare solidariet e non certo antagonismo d'interessi, quanto meno l dove il riconoscimento di area depressa sia. conseguenza immediata della qualificazione del territorio come montano. Ci rendiamo conto che, in linea d'ortodossia giuridica, neanche in questa ipotesi pu fondatamente discorrersi di protezione all'interesse di Comuni terzi, ed in particolare di protezione appropriata ai fini della legge del 1957: comunque l'argomento colorisce a contrariis l'irrilevanza di una situazione di concorrenza competitiva, che opponga Comune a Comune. 5. -Sin qui si visto come, in difetto di un collegamento giuridico tra normativa e pretesa dei Comuni confinanti a quello di Castelfranco di Sotto, l'interesse di questi ultimi debba qualificarsi come interesse semplice, sottratto alla giurisdizione del Consiglio di Stato. Ma lo sguardo pu spingersi pi a fondo. Ed allora possibile scorgere come, sotto le ingannevoli apparenze di un sindacato di legittimit, la Quinta Sezione del Consiglio di Stato abbia compiuto un giudizio di merito. Anzi, data la falsa impostazione data alla questione dalla forma disadatta, in cui essa si presentava (pseudo sindacato di legittimit su di un provvedimento amministrativo), qui non si avuto neppure un giudizio di merito completo, ma un giudizio di merito a met, cio un esame della controversia condotto unicamente in considerazione delle deduzioni dei ricorrenti. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 50 dere anche l'ulteriore eccezione d'inammissibilit del ricorso sollevato al riguardo dal patrocinio del Comune di Castelfranco di Sotto. Superate queste questioni pregiudiziali, per quanto attiene al merito della controversia si osserva che i ricorrenti deducono, fra l'altro, che l'atto impugnato illegittimo per violazione dell'art. 8 della legge 29 luglio 1957, n. 635, con la quale sono state emanate disposizioni integrative della legge 10 agosto 1950, n. 647, per l'esecuzione di opere straordinarie di pubblico interesse nell'Italia settentrionale e centrale. Ora questa censura si appalesa fondata. Ed invero, n la legge del 1950, n quella del 1957, come ammesso dagli stessi ricorrenti, stabiliscono le condizioni ne- In realt, quanto si diceva nel ricorso al Consiglio di Stato costituiva la denuncia di un contrasto d'interessi fra Comune e Comune, determinatosi per effetto dell'atto amministrativo di qualificazione di area depressa: il vantaggio dato a Castelfranco di Sotto pone questo Comune in una situazione differente e migliore rispetto a quella delle localit limitrofe e gli conferisce maggiori possibilit di sviluppo industriale; le nuove attivit produttive della zona si orienteranno di preferenza su Castelfranco; l'esenzione dal tributo statale determiner l'assorbimento di ogni incremento industriale e commerciale, etc. etc. Ora, chiaro che, per potere verificare tutte quante tali proposizioni, ocorreva fare taluni apprezzamenti per i quali la sede giurisdizionale, in genere, e, peggio che mai, quella limitata al sindacato di pura legittimit, era la pi inappropriata ed incongrua. In effetti non era possibile giudicare senza avere prima di tutto stabilito che gli eventi paventati dai ricorrenti si sarebbero effettivamente avverati, non solo, ma che non avrebbero prodotto altri eventi, per avventura di gran lunga pi vantaggiosi per i ricorrenti, di quanto non fossero nocivi quelli temuti e denunciati al Consiglio di Stato. Giacch la Quinta Sezione ha giudicato come se tutte quante le attivit economiche siano del tipo c.d. primario , dimenticando l'esistenza di attivit secondarie e terziarie (infrastruttura, servizi, etc.). Verissimo: le fabbriche andranno a Castelfranco. E poi? Chiaro che occorrer una migliore viabilit, che occorreranno alloggi, che la produzione agricola, artigiana, di servizi etc. della zona avr nuovi sbocchi, che sar necessaria nuova mano d'opera, che i beni prodotti dovranno essere commerciati, etc. etc. E' mai possibile che questi nuovi impulsi economici si esauriscano nella cerchia delle mura del Comune di Castelfranco e non si estendano ai Comuni limitrofi.? Ed in che misura? E come si apprezza tutto questo nell'ambito di un giudizio di pura legittimit? E' appunto per ragioni di questo genere che il Costituente, nel prevedere all'art. 127, terzo e quarto comma, della Costituzione, la possibilit di un conflitto di interesse tra Regione e Stato o tra Regione e Regione, ha accolto -con valore di principio generale -la verit che il contrasto d'interesse d luogo esclusivamente ad una questione di merito. PARTE I, SEZ. II, GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 51 cessarie per la dichiarazione di localit economicamente depres sa. Tuttavia, dai lavori preparatori relativi alla prima di tali leggi effettivamente risulta che per identificare una zona depressa si deve tener conto degli elementi indicati nel ricorso e specificati in narrativa. Nel caso concreto, avuto riguardo a tali elementi, non pu ritenersi giustificato il beneficio concesso dal Comune di Castelfranco di Sotto. Difatti, come hanno posto in rilievo le Amministrazioni ricorrenti e come del resto risulta dagli atti, nel Comune di Castelfranco di Sotto -che, in base all'ultimo censimento ha una popolazione di appena 8.085 abitanti -esistono ben 60 opifici, di cui 36 calzaturifici con una produzione giornaliera di L. 6.000/6.500 paia di scarpe. Tali opifici impiegano di- Si noti bene che, una volta eretto l'argine dell'interesse nazionale e delle altre Regioni dall'art. 117 Cost. a fronte dell'attivit legislativa regionale, si istituito -in sostanza -un requisito di legittimit costituzionale per le leggi regionali: queste saranno legittime in quanto, oltre tutto il resto, non contrastino all'interesse nazionale o di altre Regioni. Ma, con tutto questo, il relativo giudizio di merito: la questione di legittimit costituzionale per violazione dell'art. 117 cost., pur configurabile astrattamente come primaria, si considera come giudicabile solo in sede di composizione del contrasto di merito, nella sede competente e responsabile per le decisioni di merito: il Parlamento. 6. -Siamo arrivati al punto di concludere. E' di pien evidenza che quando la legge prende in considerazione la situazione giuridica di soggetti terzi rispetto all'emanazione di un dato provvedimento amministrativo, ed in tal guisa dispone-una forma di protezione, pur se occasionale o riflessa, dei loro interessi, essa opera una scelta ed un giudizio di prevalenza. Per esmpio, tornando al caso dianzi cennato delle farmacie, la legge considera prevalente l'interesse del farmacista che si trovi a meno di cinquecento metri dalla farmacia di nuova istituzione su quello del nuovo esercente, ed a tale interesse accorda un certo tipo di protezione, funzionale rispetto alla pubblica esigenza a che l legge venga osservata. In altre parole, J'apprezzamento di merito fatto dal legislatore, ed il Giudice di legittimit dispensato da ogni esame sull'effettivo prevalere di un interesse -privato e pubblico -su di un altro; anzi -addirittura -sulla reale sussistenza della lesione (pu ben darsi, in certe circostanze, che una farmacia illegittimamente autorizzata giovi pi che non nuoccia all'esercizio viciniore, ma l'argomento sarebbe irrilevante ai fini del giudizio di legittimit). Altro da dire nel caso in cui la figura del terzo estranea alla previsione legislativa, nel caso in cui, cio, l'asserito interesse del terzo a che un certo provvedimento amministrativo non sia emanato non si trovi in una posizione di collegamento giuridico con i precetti che regolano l'attivit della pubblica Amministrazione, s da riceverne protezione. Allora, se vero che giurisdizione giurisdizione e non controllo di legittimit, se vero che giurisdizione di diritto subiettivo, qual' appunto 52 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO rettamente 1.700 operai e indirettamente altre numerose persone che lavorano a domicilio. Inoltre, intorno a queste attivit industriali vi sono varie attivit commerciali, che dnno occu~ pazione e reddito ad altri lavoratori, cosicch l'intera mano d'opera locale pu ritenersi completamente assorbita. Ci posto, di fronte a questi concreti e precisi dati di fatto che non sono smentiti dalle Amministrazioni resistenti, devesi riconoscere che sussiste la lamentata violazione di legge. N vale sostenere, come sostiene l'Avvocatura dello Stato, che il provvedimento in contestazione in ogni caso giustificato dalle peculiari condizioni in cui si trova una parte del Comune di Castelfranco di Sotto e precisamente la frazione di Orentano, che occupa circa la met del territorio comunale. Sta di fatto, invero, che lo stesso Comune di Castelfranco di Sotto richiese il riconoscimento di localit depressa non per l'intero territorio comunale, ma limitatamente alla suddetta frazione. Senonch il Comitato dei Ministri, ritenuto che la legge non consentisse la possibilit di operare il riconoscimento di lo- quella delle Sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato, giurisdizione di diritto subiettivo, che non pu -cio -prescindere dall'accertamnto del torto da riparare, con l'eliminazione del provvedimento illegittimo, e non giurisdizione di diritto obiettivo, che si limiti ad esaminare se sia stata commessa una violazione della norma, indipendentemente dall'indagine circa la situazione giuridica soggettiva fatta valere in giudizio, il Giudice di pura legittimit, al quale il sullodato terzo si rivolga, non pu non dichiarare il proprio difetto di giurisdizione. In caso contrario, ove -cio -venga creato in sede giurisdizionale quel collegamento tra la norma e !'(asserito) interesse di fatto, che non nella legge, il giudizio dal piano della legittimit straripa nel merito. Giacch merito lo stabilire se e quali sono quegli interessi di fatto che assurgano al livello di pretesa a fronte di norme dettate unicamente nei confronti della pubblica Amministrazione, ed merito identificare se lesione questi interessi abbiano subto dall'inosservanza delle norme predette. L'esempio fatto nel paragrafo precedente circa il giudizio di merito a met abbastanza istruttivo. Si pu soggiungere che questo straripamento nel merito della giurisdizione di legittimit determina una situazione, quanto meno di arbitrio, nell'identificazione dei presupposti processuali. I Comuni limitrofi sono legittimati ed hanno interesse a ricorrere; perch non le industrie in situazione di concorrenza, attuale o potenziale, con quelle che profitteranno dell'esenzione tributaria? Ed, in genere, perch non i contribuenti dei Comuni vicini? E quanto vicini? Etc. etc. Risulta, infatti, evidente che, ove si prescinda da un collegamento giuridico tra situazione di vantaggio .asserita dal ricorrente e normativa, si pu pervenire a qualsiasi soluzione. FRANCESCO AGRO' PARTE I, SEZ. II, GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE calit economicamente depressa se non con riferimento alla circoscrizione amministrativa espressamente indicata (comune) deliber di estendere tale riconoscimento a tutto il territorio del comune, considerando che la depressione economica che investiva oltre la met di quel territorio rappresentava uno squilibrio per l'intera economia comunale che, di fatto, era inferiore per molti aspetti alla media della provincia di Pisa. Al riguardo per agevole opporre quanto segue : 1) Pu anche ammettersi che il riconoscimento di localit economicamente depressa non possa essere espresso direttamente ad una parte del territorio comunale, essendo questa priva di personalit giuridica e che, quindi, il relativo provvedimento debba essere emanato nei confronti del Comune. Ci, pertanto, non impedisce che l'efficacia di tale provvedimento venga limitata a quella zona del territorio comunale, che in effetti sia economicamente depressa. Questa limitazione anzi appare pienamente conforme alla volont della legge . . 2) Come stato chiarito dall'Avvocatura dello Stato, la frazione di Orentano esclusivamente agricola, essendo priva di ogni altra risorsa economica, perch lontana dalle strade di grande comunicazione e tagliata fuori da ogni possibilit di diretto e celere contatto con il capoluogo del Comune per la interposizione della frazione Stappali del Comune di S. Croce sull'Arno e delle colline boscose delle Cernaie. Ora, di fronte a questa situazione, ovvio che il provvedimento 'in esame non pu raggiungere lo scopo a cui diretto, cio lo scopo di promuovere lo sviluppo economico della frazione suddetta, giacch le nuove industrie avranno interesse a costituirsi nel capoluogo del comune, in quanto oltre a conse. guire le stesse agevolazioni :fiscali, beneficeranno delle pi favorevoli condizioni locali. Di conseguenza lo squilibrio esistente fra la zona di Orentano e il rimanente territorio del comune non solo non sar eliminato, ma con ogni probabilit diventer sempre maggiore. N per smentire questa logica previsione vale affermare che, dopo l'emanazione dell'atto impugnato, nella frazione di Orentano si sono costituite alcune piccole industrie, giacch, anche a voler ritenere esatta tale affermazione, devesi presumere che si tratti di casi eccezionali che non sono destinati a ripetersi. 3) Con nota del 21 maggio 1961 il Comune di Castelfranco di Sotto ha fatto presente al Comitato dei Ministri che il Ministero delle Finanze aveva espresso parere sfavorevole al riconoscimento della localit di Orentano come zona economica 54 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO mente depressa, in quanto, anzich tenere conto di questa sola localit, aveva preso in esame l'intero territorio comunale. Appare quindi evidente che con questa nota lo stesso Comune interessato ha implicitamente ma chiaramente ammesso che il suo intero territorio, anche avuto riguardo alle particolari condizioni della zona di Orentano, non poteva essere riconosciuto come economicamente depresso. Per le considerazioni che precedono la deliberazione impugnata deve ravvisarsi in ogni caso illegittima e, quindi, il ricorso deve essere senz'altro accolto, rimanendo superfluo soffermarsi sulle altre censure dedotte dai ricorrenti, perch quella gi esaminata, oltre ad essere fondata, ha carattere assorbente rispetto alle cennate ulteriori censure. -(Omissis). CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 15 ottobre 1963, n. 513 -Pres. D'Avino -Est. Russo -Societ Maresole c. Ministero Marina Mercantile. ~. Concessioni amministrative -Concessioni provvisorie -Inadempimento del concessionario -Decadenza -Controversie -Competenza. (cod. nav., art. 38). . L'occupazione anticipata di un'area demaniale marittima con contemporanea emissione di atti di sottomissione, d luogo a una I. specie di concessione provvisoria, la cui risoluzione per inadempimento del privato di una delle clausole del contratto (nella specie versamento del deposito cauzionale) importa una controversia che sfugge alla competenza del giudice amministrativo per rientrare in quella del giudice ordinario (1). (1) Giurisprudenza costante. Con questa sentenza il Consiglio di Stato, ~ nel precisare che la concessione provvisoria assicura al concessionario il diritto al godimento del bene demaniale e perci le relative controversie sono sottratte alla propria competenza, si informa agli esatti criteri - ormai consolidati -di discriminazione fra giurisdizione ordinaria e amministrativa in materia di concessioni. Secondo tali criteri rientrano nellffi la competenza del giudice ordinario soltanto le controversie che abbiano per oggetto la interpretazione e l'adempimento di clausole relative al re. golamento convenzionale (concessione-contratto) (nella specie es~minata, :!.! inadempimento per mancato versamento di cauzione), mentre rientrano .: nella competenza del giudice amministrativo le controversie che riguar :: dano la interpretazione e l'applicazione dell'atto di concessione, inteso ~ come espressione del potere discrezionale amministrativo. In tal senso cfr. " Cass. 10 ottobre 1962, n. 2930, Foro it. Mass., 1962, 829'; Cons. Stato, -~ sez. VI, 25 luglio 1959, n. 509, Foro am1n., 1959, I, 1059, con nota; 18 .-; .. -I:; -~ " PARTE I, SEZ. II, GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 55 (Omissis). -Passando all'esame di merito del ricorso, il Collegio deve dichiarare, come si detto, il proprio difetto di giurisdizione. La Societ ricorrente impugna il provvedimento con il quale il Ministero della Marina Mercantile ha revocato l'atto di sottomissione relativo alla concessione provvisoria di un bene del demanio marittimo per non avere la ricorrente ottemperato all'obbligo che discendeva dell'articolo 4 dell'atto medesimo, concernente il pagamento di una somma a gaanzia dei canoni per l'uso del ben demaniale. Gi questo Consiglio, in analoga fattispecie, (Sez. VI, 18 aprile 1956, n. 258), ebbe a dichiarare il proprio difetto di giurisdizione sulla considerazione che, una volta precisate in un atto contrattuale le clausole di risoluzione di un rapporto, l'averlo risolto per inadempimento del privato ad una delle clausole del contratto, importa una controversia che sfugge alla competenza del giudice amministrativo per rientrare in quella del giudice ordinario. La Corte di Cassazione, confermando detta pronuncia (Sez. Un. 10 ottobre 1962, n. 2930), ha individuato nell'occupazione anticipata di un'area demaniale marittima con contemporanea emissione di un atto di sottomissione una specie di aprile 1956, n. 258, Il Consiglio di Stato, 1956, I, 422. Di recente la Cassa zione, con la sentenza n. 1666/63, in questa Rassegna, 1963, 135, ha fatto esatta applicazione del richiamato criterio di discriminazione delle competenze, laddove ha affermato che la controversia, avente ad oggetto la legittimit dell'imposizione di un canone per la concessione, rientra nella competenza del giudice amm.vo, in quanto essa investe la maniera con la quale fa p.a. ha esercitato il potere discrezionale. Ci premesso, non pu condividersi l'orientamento, che talvolta, come nella specie, il Consiglio di Stato assume allorch con la decisione definitiva declina la propria competenza, mentre con l'ordinanza, in via preliminare, sospende l'esecuzione dell'atto impugnato, ritenendosi cos, sia pure ai soli effetti della pronuncia cautelare, implicitamente competente. Se, infatti, il Consiglio di Stato non ha il potere di decidere il merito del ricorso per difetto di giurisdizione, non ha neanche il potere di sospendere l'atto impugnato. E ci perch, in sede di giudizio preliminare{ sulla sospensione, il predetto organo giurisdizionale ben pu delibare la propria competenza, specie quando, come nel caso deciso, dall'oggetto essenziale dell pretesa dedotta in giudizio col ricorso (inadempimento, da parte del privato, della concessione provvisoria, per mancato versamento della cauzione) si rilevava, ictu oculi, la lesione di un diritto soggettivo e non di un interesse legittimo. Codesta osservazione , peraltro, conforme alla giurisprudenza dello stesso Consiglio di Stato, il quale ha affermato il proprio difetto di giurisdizione, se rilevabile ictu oculi in sede di delibazione sulla domanda di sospensione (Cons. Stato, Sez. V, 19 ~ (.,~ 56 R<\.SSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO .' concessione provvisoria che, pur importando, rispetto a quella !) definitiva, un pi ampio potere di revoca, da parte della pub ~ f blica Amministrazione per ragioni di pubblico interesse, tuttavia assicura ugualmente al concessionario provvisorio nei conIfronti dell'Amministrazione concedente e nell'ambito del rapporto contrattuale inerente alla concessione, un diritto al godimento dello stesso, diritto tutelabile innanzi al giudice ordinario. I Nella specie, invero, come si detto, con atto di sottomissione 10 aprile 1952, il Ministero della Marina Mercantile, premesso che la Societ ricorrente aveva chiesto la concessione di una zona di arenile, richiedendo altres che, nelle more della I istruttoria per la concessione richiesta, le fossero assentiti la I I ru immediata occupazione della zona e l'immediato inizio dei lavori, autorizzava l'occupazione stessa, purch il richiedente sottoscrivesse l'atto di sttomissione. Con tale atto la societ ricorrente assumeva diversi obblighi, fra cui (articolo 4) quello di versare la somma di L. 500.000 a garanzia dell'osservanza di tutti gli obblighi assunti con il presente atto, restando l'Ammi I nistrazione marittima facoltizzata ad incamerare, in tutto o in i!. t parte, il suddetto deposito, senza bisogno di alcun provvedimen to, dell'autorit giudiziaria... e restando, altres, obbligata ad ~11 eseguire i depositi suppletivi, che nel corso della validit del :: presente atto fossero ritenuti dall'Amministrazione necessari, I I r. ~ dicembre 1959, n. 1423, Foro it., Rep., voce Giust. amm.va n. 408), ed alla giurisprudenza della Cassazione, la quale, nel riesaminare la questione, ha affermato che il Consiglio di Stato, giudice della propria competenza, nel pronunciarsi sull'istanza di sospensione, pu riconoscere implicita3 mente o esplicitamente la propria giurisdizione e che, tuttavia, la pronuncia sulla sospensione non immediatamente impugnabile con ricorso per Cassazione (il che per non pu essere condiviso, .data la natura giurisdizionale dell'ordinanza affermata dallo stesso S.C.; v. in tale senso I'MoRTATI, Sulla impugnabilit per difetto di giurisdizione delle pronunce ' I M 'di sospensione degli atti amministrativi, Giuris. it., 1950, 1, 3, 80) e non quindi proclusa dalla regiudicata il ricorso contro la decisione definitiva per motivi attinenti alla giurisdizione (Sez. Un., 9 maggio 1949, n. 1110, Foro amm., 1949, II, l, 135; v. anche VARVESI, Osservazioni sull'incidente , di sospensione nei giudizi innanzi al Consiglio di Stato, in questa Rivista ' I .1949, 1; GARGIULO, La sospensione dell'atto amministrativo da parte del Consiglio di Stato, 126; NIGRO, Sospensione dell'esecutoriet del provvedimento impugnato e istanza per regolamento di giurisdizione, Foro amm. 1956, I, 3, 22). Le premesse osservazioni non hanno solo rilevanza teorica, giacch non pu disconoscersi, da un punto di vista logico e giuridico, la inam 1~: missibilit della sospensione di un provvedimento da parte di un giudice che si riconosce poi incompetente, ed il pregiudizio per l'interesse pubI blico derivante dalla concessa sospensione che viene poi caducata. --1m PARTE I, SEZ. II, GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 57 ecc., Col provvedimento impugnato l'Amministrazione ha revocato l'atto di sottomissione non avendo la Societ ottemperato all'ingiunzione di versare un deposito suppletivo di lire 20.000.000 a garanzia del pagamento dei canoni arretrati (resosi necessario per il lungo decorso della occupazione provvisoria). E' evidente che il provvedimento si basa unicamente sull'inadempimento ad un preciso obbligo che la Societ si era assunto con l'atto di sottomissione. Nel rapporto complesso, instaurato tra l'Amministrazione e il concessionario, con il menzionato atto di sottomissione, non c' dubbio che la questione sollevata col ricorso attiene alla lesione di un diritto soggettivo e come tale, in base alle considerazioni svolte dalla Cassazione, e condivise dal Collegio, sottratta alla competenza di questo Consiglio. (Omissis). CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 23 ottobre 1963, n. 619 -Pres. De Marco -Est. Meregazzi -Soc. Antonelli e Orlandi c. Ministero Tesoro. Deposito -Depositi bancari e cassette di sicurezza -Sblocco Istanza di sblocco Rigetto -Impugnativa Lesione di diritti soggettivi Difetto di giurisdizione del Consiglio di Stato. (1. 2 luglio 1952, n. 911, art:t. 1 e segg). Le controversie che sorgono in materia di sblocco di assegni bancari vertono su lesione di diritti soggettivi, e pertanto il Consiglio di Stato difetta di giurisdizione a conoscere della impugnativa di un provvedimento col quale il Ministero del Tesoro ha rigettato l'istanza di sblocco sul presupposto che il 'conto corrente sarebbe stato estinto dagli alleati (i). (1) Massima esatta. Non risultano precedenti; cfr. tuttavia, Cass. Sez. Un. 3'0 ottobre 1961, n. 2507, le quali hanno affermato la pregiudizialit, rispetto alla proposizione dell'azione giudiziaria in materia di sblocco di depositi bancari, della procedura amm.va disciplinata dagli artt. 1 e segg. della I. n. 911 del 1952, con la conseguenza che, fino a quando detta prq cedura non sia espletata, l'a.g.o. difetta di giurisdizione a conoscere delle domande degli interessati intesa ad ottenere la disponibilit delle somme depositate nei conti correnti bancari. - SEZIONE TERZA GIURISPRUDENZA CIVILE I CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 22 maggio 1963, n. 1343 -Pres. Torrente -Est. D'Armiento -P. M. Pisano (conf.) -Sacconi c. Banco di Santo Spirito. Titoli di credito -Assegno circolare emesso con la clausola di intrasferibilit a favore di soggetto diverso dal richiedente -Rapporto di emissione -Rapporto cambiario -Erl'ore di persona nel pagamento -Responsabilit cambiaria della Banca emittente -Legittimazione del prenditore e non del richiedente. (R.D. 21 dicembre 1933, n. 1736, artt. 43, 86). Il rapporto di emissione di un assegno circolare intrasferibile si esaurisce con la creazione del titolo avente i caratteri pattuiti e la consegna dello stesso al richiedente. Distinto , invece, il rapporto che intercorre fra emittente e prenditore e dal quale scaturisce per il primo la responsabilit, nei confronti del secondo, per il pagamento malamente eseguito a favore di persona diversa (1). II TRIBUNALE DI NAPOLI, 28 maggio 1963 -Pres. Mazzacane Est. Mastrocinque -Ministeri dei Lavori Pubblici e del Te soro c. Banca d'America e d'Italia. (1) Conf. Cass. 26 aprile 1954, n. 1276, Banca, borsa e titoli di credito, 1954, II, 184; 18 luglio 1956, n. 2783, Id., 1956, II, 523; 7 ottobre 1958, n. 3133, Foro it., 1959, I, 73. Molteplici sono le opinioni dibattute in dottrina e giurisprudenza sulla natura giuridica del rapporto di emissione dell'assegno circolare: deposito irregolare, con l'obbligo dell'emittente di restituire la somma ricevuta al richiedente o ad un terzo da lui indicato (MESSINEO, Assegno circo lare e azione ex causa, in Banca, borsa e titoli di credito, 1940, I, 34; FIORENTINO, Il rapporto fondamentale nell'assegno circolare, Riv. trim. dir. proc. civ., 1948, 130; Trib. Milano, 2 aprile 1951, Banca, borsa e titoli di credito, 1952, II, 228); mandato (App. Milano, 14 gennaio 1955, Giust. Civ., Mass. Appello Milano, 1955, 2); compravendita {SALANDRA, Assegno circolare e pagamento, Dir. e prat. comm., 1939, I, 197); contratto misto di compravendita e d'opera (PELLIZZI, In tema di rapporto fondamentale nell'assegno circolare, Banca, borsa e titoli di credito, 1952, II, 228); contratto sui generis di emissione (DE STIMO, Dritto cambiario, Milano, 1953, 799). 59 PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE Titoli di credito -Vaglia della Banca d'Italia emessi con la clausola di intrasferibili.t a favore cli prenditori cartolari inesistenti in commutazione di ordinativi ministeriali di pagamento falsificati -Riscossione dei medesimi da parte clei truffatori a mezzo banchiere giratario per l'incasso che manc di identificarli . -Esclusione cli responsabilit del medesimo nei confronti del richiedente. (r.d. 21 dicembre 1933 n. 1736, artt. 43 e 92; e.e., artt. 948, 1994 e 2043). Il richiedente di vaglia bancario intrasferibile a favore di prenditore cartolare, di cui fu accertata l'inesistenza con giudicato penale, non ha azione contro il banchiere, che, avendolo ricevuto per l'incasso dal truffatore del richiedente, sedicente prenditore, di cui manc l'identificazione, ne abbia provocato il pagamento liberatorio e l'estinzione da parte dell'emittente (2). I (Omissis). -Con il primo motivo si denunzia la violazione e la falsa applicazione degli artt. 43-73-86 R.D. 21 dicembre 1933, n. 1736; 1176, 1375 cod. civ., in relazione all'art. 360 n. 5 e 3 c.p.c., assumendo che la sentenza impugnata non abbia esaminato la causa sotto il profilo dedotto. E si argomenta che, se i principi affermati in materia di responsabilit della Banca emittente possono valere in caso di normale assegno circolare, i principi stessi non riguardano e non possono riguardare l'assegno non trasferibile, posto che con la emissione di un titolo di tal genere la banca assume lo obbligo di non pagare a favore di altri che non sia l'intestatario dell'assegno, sostanzialmente non trasferibile. Conseguentemente -si conclude -la Banca deve usare una diligenza maggiore nell'accertatore la identificazione dell'intestatario, e se commette un errore, deve imputarlo a sua colpa e risponderne nei confronti del richiedente l'assegno, a titolo di responsabilit contrattuale. (2) Sulla preclusione ex art. 28, c.p.p., v. GUARNERI, Limiti soggettivi ed oggettivi all'efficacia del giudicato penale nel giudizio civile, Giur. it., 1957, I, l, 192; v. anche Cass. 14 aprile 1961, n. 801, in Temi napoletana, 1961, I, 551; Cass. 27 dicembre 1963, n. 3229, Giur. it., Mass. 1963, 1088. Sul concetto di danno come fatto: DE CuPis, v. Danno, in Enciclopedia del diritto, vol. XI, Milano, 1962, 623 e gi, dello stesso A., Il danno, Milano 1946, 5 e segg.; PETROCELLI, L'antigiuridicit, Padova 1951, 119 e segg., in particolare 123. Sul concetto di danno ingiusto v. SACCO, L'ingiustizia di cui all'art. 2043, in Foro Pad., 1960, I, 1420 e segg. 60 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La censura infondata. Come questa Corte regolatrice ha avuto occasione di precisare ripetutamente (sentt. 26 aprile 1954, n. 1276; 18 luglio 1956, n. 2783; 7 ottobre 1958, n. 3133), le obbligazioni della banca, una volta versata la provvista, si riassumono nell'emettere l'assegno avente le caratteristiche volute dal richiedente, e nel consegnarlo allo stesso o al prenditore. Con la consegna dell'assegno, la banca adempie agli obblighi sorgenti dal contratto e, se deve rispondere verso il richiedente, come tale, per l'inadempimento, nel caso che l'assegno non sia regolar, non pu rispondere per le successive vicende del titolo, e perci neanche per l'illegittimo pagamento. Una volta esaurita l'azione derivante dal rapporto che diede causa all'emissione dell' assegno (con l'effettiva emissione e consegna dello stesso), sorge un nuovo rapporto (cambiario) fra isti I tuto e prenditore, il quale soltanto pu far valere i suoi diritti @ verso la Banca. ID Orbene, essendosi perfettamente adeguata a tali principi la f:J i. Corte di merito ed avendone fatta corretta ed esatta applica~ zione, la sentenza non presta il fianco ad alcun giusto rilievo. ~< . Dopo avere richiamato puntualmente i detti principi, la CorI., te di appello, con impeccabile logica, ha detto che il Sacconi non f era legittimato a sperimentare l'azione proposta contro la Ban, ca (per asserito, irregolare pagamento dell'assegno a persona di. i versa dall'intestatario e malamente identificata), giacch si era . limitato a chiedere l'assegno all'ordine del Barbarulo, senza per ' I II 0-2) Tutela del !li.ritto del richiedente su titolo intrasferibile all'or dine di prenditore cartolare inesistente. Secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione, qualunque configurazione giuridica voglia attribuirsi al rapporto di emissione, certo che, con la consegna del titolo, creato regolarmente, con le caratteristiche volute dal richiedente, la banca emittente ha completamente adempiuto agli obblighi nascenti dal contratto nei confronti dell'altra parte. Restano estranee al rapporto di emissione, se il richiedente non sia anche prenditore, le successive vicende del rapporto cambiario. E la ragione di tutto ci I quella confermata anche dalla prima sentenza in rassegna: l'emittente non , , ffi pu rispondere dell'irregolare pagamento a due persone diverse: al prenditore legittimato ai sensi dell'art. 43 1. ass. banc. (r.d. 21 dicembre 1933, n. 1736), ovvero al portatore legittimato ex cartula nei casi ordinari, ed in pari tempo al richiedente, legittimato per la pretesa azione nascente dal contratto di emissione. La banca deve rispondere del mancato adempimento nei confronti di una sola persona, che il titolare del diritto cambiario I(cos la predetta sentenza), e, se il titolo intrasferibile, la mancata identificazione del vero prenditore costituisce elemento impeditivo della sua liberazione (cfr. PELLIZZI, Banca, borsa e titoli di credito, 1952, 555 e seg.), ossia la responsabilit cambiaria permane. ijr: ~ ~~~ PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 61 nulla figurare nel titolo. Il rapporto cambiario era sorto, perci, esclusivamente fra il banco ed il detto Barbarulo, il quale, solo, poteva chiedere conto all'emittente dell'esatto adempimento dell'obbligazione portata dal titolo. La mancanza di legittimazione da parte del richiedente non intestatario dell'assegno risulta evidente per la distinzione fra contratto di emissione e contratto cambiario; peraltro trova conferma nel fatto che la banca pu e deve rispondere del mancato adempimento nei confronti di una sola persona che il titolare del diritto cambiario. N giova opporre che i principi ricordati varrebbero solo in tema di assegno circolare normale e non pure nella ipotesi di assegno circolare non trasferibile, come si asserisce dal ricorrente avrebbe ritenuto questa Suprema Corte con la sentenza 7 ottobre 1958, n. 3133, in quanto il richiamo non risulta esatto. Nella detta sentenza, invero, che pure concerneva la responsabilit per pagamento di assegno circolare non trasferibile a persona diversa dal prenditore intestatario, questo Collegio espressamente conferm, testualmente, riferendosi anche ai precedenti in materia (costituiti dalle sentenze 26-4-1954 n. 1276 e 18-7-1956, n. 2783), che il rapporto di emissione di un assegno circolare si esaurisce con l'emissione del titolo, avente i caratteri pattuiti. e la consegna di esso al richiedente; successivamente sorge un nuovo rapporto, cambiario, fra la banca e il prendi~ tore, che autonomo rispetto al primo. Basta per poco considerare, ora, la fattispecie decisa dal Tribunale di Napoli con la seconda sentenza in rassegna (conforme ad essa altra, di pari data, emessa dallo stesso Tribunale, in causa Ministeri dei Lavori Pubblici e dd Tesoro contro Banca Nazionale del Lavoro), per accorgersi agevolmente come nessun conforto rechi l'insegnamento della Corte di Cassazione alle conclusioni cui pervenuto quel Giudice di merito. Risultava, infatti, accertato da giudicato penale che gli ordinativi di pagamento, commutati in vaglia intrasferibili della Banca d'Italia, erano stati falsamente intestati al nome di fittizi ed inesistenti creditori dello Stato, mentre sotto tali falsi nomi i falsari avevano acceso un conto corrente presso la filiale di Napoli deUa Banca d'America e d'Italia, facendosi accreditare sullo stesso l'importo dei vaglia, a quella girati per l'incasso, e con tale sistema avevano consumato la truffa in danno dello Stato. Peraltro la stessa sentenza in rassegna ha ritenuto acquisito un dato fondamentale, e cio che il richiedente aveva il diritto di rivendicare gli assegni nei confronti del possessore di mala fede. Ma, se questa premessa era esatta (art. 1994 e.e., art. 20, cpv., I. camb. appr. con R.D. 14 dicembre 1933, n. 1669; cfr. FERRI, I titoli di credito, Torino, 1950, 116 e 118), se la propriet dei titoli intrasferibili, emessi all'ordine di un terzo prenditore cartolare inesistente, non era passata nel possessore di mala fede, ma era rimasta del richiedente, che ebbe a riceverli dall'emittente contro versa - 62 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO E solo stabil, in relazione ai punti controversi: a) che negli assegni non trasferibili la identificazione del l'intestatario assume un'importanza speciale, anzi un valore essenziale, tale cio da escludere che possa discutersi sulla dili genza usata dal banchiere, il quale si libera solo se paga bene, mentre, se cade in errore nell'identificazione, deve pagare una seconda volta; b) che la responsabilit della banca, la quale paghi malamente, non configurabile come risarcimento del danno, bensi come inadempimento dell'originaria obbligazione cambiaria. -(Omissis). II (Omissis). -Gli elementi di fatto posti a base della domanda spiegata dai Ministeri del Tesoro e dei Lavori pubblici contro la Banca d'America e d'Italia sono sostanzialmente pacifici ed emergono dalle sentenze pronunziate contro il funzionario del Ministero del Tesoro Benedetto Mercurio ed altri correi, nel procedimento penale contro questi ultimi, in ordine ai reati di truffa e di falso continuati. Il suddetto funzionario compil una serie di falsi mandati di pagamento, a carico del Ministero dei LL.PP., sul capitolo relativo a lavori per nuove costruzioni ferroviarie, per il complessivo importo di L. 164.712.300, a favore della ditta Ing. Biagio Castelli e Mario Lipari. Parte di tali mandati, commutati in vaglia intrasferibili della Banca d'Italia, furono riscossi a mezzo stanza di compensazione dalla Banca d'America e d'Italia, cui erano stati girati per lo incasso mento delle provviste, non si vede come possa negarsi che, avendo certamente la Banca emittente -una volta accertata giudizialmente la truffa e l'inesistenza del rapporto cambiario -l'obbligo di restituire le provviste al richiedente, che le avesse restituito i titoli (sulla incorporazione dell'obbligazione unilaterale dell'emittente nel titolo, anche se intrasferibile, v. BurrARO, in Banca, borsa e titoli di credito, 1950, II, 105), sia stato precisa:~ mente l'operato della Banca girataria per l'incasso, col provocarne colposamente il pagamento e l'estinzione da parte dell'emittente (cfr. cit. art. 43, comma secondo, I. ass.), a pregiudicare tale restituzione. N sembra lecito sostenere, come fa il Tibunale, che il diritto al risarcimento presuppone il correlativo obbligo del responsabile al rispetto del diritto offeso >>, mentre non sussiste alcun rapporto giuridico tra richiedente e banchiere giratario per l'incasso, in cui possa inquadarsi la violazione di tale diritto di credito. Qui non si trattava di tutela aquiliana di un diritto di credito (in senso negativo v., infatti, Cass. 7 luglio 1962, ~:: n. 1760, Giur. it., Mass. 1962, 636; 6 novembre 1957, n. 4257, Id., 1957, 952. 1~ Per la posizione del problema ed un esame di diritto comparato v. TEDI!SCHI, !:: La tutela aquiliana del creditore contro i terzi, Riv. dir. civ., 1955, I, 291 e segg.), ma l'operato della banca, girataria per l'incasso per conto dei posm l l ~~ sessori di mala fede, aveva pregiudicato, invece, un diritto assoluto: quello lll -e ... . . 63 PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE dal Mercurio e dal suo complice Giovanni Russo, presentatisi come gli intestatari dei titoli. Le Amministrazioni attrici chiedono dra alla convenuta banca la restituzione delle somme corrisposte in L. 119.592.100, osservando che, essendo stati emessi i vaglia intrasferibili a favore di un prenditore inesistente, la perdita patrimoniale subita dallo Stato si verificata per l'incauto pagamento da parte del banchiere, cui furono presentati i vaglia per l'incasso, al Mercurio e al Russo, che non erano i prenditori dell'assegno. Si precisa al riguardo dalla difesa erariale che, essendo stati emessi gli assegni a favore di prenditori fittizi, poich il Mercurio e il Russo ebbero cura di nascondere i loro nomi, l'unica obbligazione che si profilava a carico dell'emittente era quella di restituire la provvista, che non poteva essere versata ad un creditore cambiario inesistente; e che, trattandosi peraltro di titoli emessi con la clausola di intrasferibilit, il richiedente, in quanto proprietario dei titoli, avrebbe potuto rivendicarli nei confronti di qualsiasi portatore, che non poteva essere che di mala fede, in quanto l'assegno intrasferibile non d luogo a trasferibilit del titolo, ma solo della legittimazione cartolare ad un banchiere, che lo possiede a nome del prenditore (art. 43 I. assegno bancario), in modo da documentare all'emittente la mancata estinzione del titolo e abilitarlo alla restituzione della provvista. Poich con l'accettazione dell'assegno per lo incasso il banchiere ha provocato il pagamento dell'assegno, senza colpa del- del richiedente sui titoli (cfr. FEDELE, Il problema della responsabilit del terzo per pregiudizio del credito, Milano 1954, 105 e seg. ed ivi bibliografia). Sembra, pertanto, un fuor d'opera sottolineare, come fa la seconda sentenza in rassegna, la responsabilit cambiaria del banchiere giratario per l'incasso ed affermare, segnatamente, che l'attivit intermediatrice della Banca per la riscossione del titolo deve spiegarsi non a favore di chi, qualificatosi come prenditore dell'assegno, abbia a lei consegnato e girato il titolo per l'incasso, ma a vantaggio del vero prenditore cartolare, in virt del principio della letteralit dei titoli di credito>>, per negare, comunque, la legittimazione del richiedente ad agire, se non ex art. 1189, almeno ex art. 2043 e.e., e certo non in via cambiaria, allegando la colpa del banchiere per la mancata identificazione dei presentatori dei titoli e la lesione del proprio diritto sui titoli, cos come sarebbe un fuor d'opera fare riferimento all'insegnamento contenuto nella prima sentenza in rassegna. Nella specie, infatti, l'obbligo dell'emittente di restituire al richiedente le provviste, a fronte della restituzione dei titoli, nasceva, appunto, dall'inestistenza, accertata dal giudicato penale, dei prenditori letterali dei titoli medesimi (trattandosi di nominativi fittizi, sotto i quali riuscirono a celarsi i falsari, proprio per la negligenza della Banca, perfezionando, cos, la truffa in danno dello Stato). FRANCO CARUSI 64 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO l'emittente, che non era tenuto all'onere di identificare il girante, ma solo ad accertare la regolarit formale della girata per lo incasso ed il banchiere legittimato dall'apparente procura cartolare (art. 46, 2" cpv., 1. camb.; art. 43, cpv., 1. ass. banc.), il primo obbligato a rispondere verso il vero legittimato, secondo le regole della ripetizione dell'indebito (art. 1189, cpv., cod. civ.), ovvero secondo le regole del risarcimento del danno per fatto illecito (art. 2043 e.e.), qualora sia incorso in negligenza nella identificazione del presentatore. Le tesi difensive delle Amministrazioni attrici non appaiono fondate. Che il Banchiere giratario per l'incasso debba rispondere del pagamento eseguito .a persona diversa del prenditore, in luogo dell'emittente, cosa che non pu revocarsi in dubbio, I posto che l'art. 43, secondo comma, della legge sull'assegno bancario, richiamato, insieme ad altre disposizioni, dall'art. 86, I che detta norme particolari sull'assegno circolare, esime esprest i;amente l'emittente da ogni responsabilit per il pagamento [~ dell'assegno non trasferibile fatto al prenditore dell'assegno o I~ al banchiere giratario per l'incasso. :~; Ed in realt, se la legge consente che l'assegno non trasferiI bile pu essere girato per l'incasso ad un banchiere, appare . . evidente come non possa parlarsi di inadempimento da parte I dell'emittente che paga appunto al giratario, che legittimato malla riscossione e non , dunque, creditore apparente. Si deve aggiungere che la Banca convenuta non pag l'assegno in base I ad una convenzione di corrispondenza con l'Istituto emittente, lJ per cui avrebbe agito, nel caso, come mandataria di questo, ma come girataria per lo incasso, onde indiscutibile, in ipotesi, la sua diretta responsabilit, alla stregua dell'art. 43 della legge , sull'assegno bancario, che anzi deve essere interpretato in senso pi rigoroso di quanto le stesse amministrazioni statali pro' ' lI spettano. La disposizione in argomento costituisce, infatti, una norma speciale in tema di pagamento a creditore apparente regolato dall'art. 1189 e.e., poich pi:evede l'ipotesi particolare del pagamento di un assegno a persona diversa dal prenditore o II dal banchiere giratario per l'incasso. Stabilendo senz'altro, in questo caso, la responsabilit del pagatore nei confronti del vero creditore, la norma implicitamente esclude la possibilit di invocare la buona fede, che comporta, in via generale, per il paga mento al creditore apparente, la liberazione del creditore, onde appare addirittura superfluo stabilire se e come l'Istituto ban. I!~; :~ J~ lf74llmw64fJiL.,.......%".,Al0..,.fa.-,:.,-~~,..,... ~ 65 PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE cario non abbia provveduto all'onere di identificare il prenditore, una volta che non abbia soddisfatto l'obbligazione cambiaria, il cui adempimento garantito in modo del tutto tranquillante dalla legge, per il creditore dell'assegno bancario non trasferibile. E' evidente, tuttavia, che tale responsabilit non ha carattere di illecito extracontrattuale, ma discende direttamente dall'obbligazione cambiaria assunta. Per restare nel campo dell'assegno circolare, l'emittente, che paghi a un creditore apparente, tenuto a rinnovare il pagamento al creditore cartolare, non a titolo di colpa, ma per effetto dell'obbligazione cambiaria assunta con l'emissione de] titolo e non soddisfatta. Analogo carattere cambiario ha, poi, l'obbligazione del banchiere giratario per l'incasso: quest'ultimo, invero, se riscuote il titolo dall'emittente e paga a persona diversa dal prenditore, non adempie alla obbligazione assunta con la girata per l'incasso, che ha l'efficacia del mandato, in quanto l'attivit intermediatrice della Banca per la riscossione del titolo deve spiegarsi non a favore di chi, qualificatosi come prenditore dell'assegno, abbia a lei consegnato e girato il titolo per l'incasso, ma a vantaggio del vero prenditore cartolare, in virt del principio della letteralit dei titoli di credito. Cos identificata la natura dell'obbligazione a carico del banchiere giratario per l'incasso, facile dedurre che le Amministrazioni attrici, in quanto richiedenti degli assegni circolari e non portatori dei titoli, sono carenti di legittimazione attiva, in ordine alla pretesa di rimborso delle somme riscosse dal Mercurio, e art. 1189 cod. civ. E' principio pacifico in dottrina e giurisprudenza che il rapporto di emissione si esaurisce con l'emissione del titolo avente i caratteri pattuiti e con la consegna di esso al richiedente e che quest'ultimo estraneo ai successivi rapporti cambiari ed in particolare che solo il portatore e mai il richiedente pu far valere i suoi diritti per il mancato o per l'erroneo pagamento dell'ssegno (cfr. Cass. 7 ottobre 1958, n. 3133). N si deve pervenire a diversa conclusione per il fatto che il prenditore era inesistente. Senza che sia necessario approfondire il problema relativo alla asserita inesistenza del creditore, il che implica la inesistenza del credito -mentre nella specie, per effetto del doloso comportamento del funzionario, l'assegno era stato emesso a favore del medesimo falsificatore con lo pseudonimo con cui aveva aperto un conto corrente sulla banca girataria -si pu riconoscere che, in ogni caso, il richiedente aveva il diritto di rivendicare gli assegni nei confronti del possessore di 66 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO mala fede, come appunto si sostiene dall'Avvocatura dello Stato. Ma, una volta che tale revindica non fu esercitata, non si vede perch la Banca girataria per l'incasso debba rispondere del danno che derivato alle Amministrazioni e che si ricollega in modo esclusivo e diretto all'emissione e alla consegna degli assegni al possessore di mala fede e non. al preteso comportamento colpevole della Banca. Ed infatti, ammesso che il richiedente non perda il possesso del titolo emesso dal banchiere a fronte di un ordine erroneo o falso, ovvero che ne rientri in possesso rivendicandolo dal possessore di mala fede prima del pagamento, non pu sostenersi che alcun pregiudizio patrimoniale sia derivato al richiedente per l'emissione ovvero che tale pregiudizio sia diverso da quello conseguente al successivo pagamento del titolo. E' il cso di tenere presente, invero, che la emissione di un assegno circolare postula il preventivo versamento della provvista dal richiedente all'emittente e d vita all'obbligazione autonoma e diretta dell'emittente, nei confronti del portatore, di pagare l'assegno. Non chi non veda, dunque, che, negoziandosi il titolo in cambio del denaro, il nocumento per la richiesta di emissione di un assegno per soddisfare un credito inesistente coincide con il versamento della provvista alla Banca e non con il pagamento dell'assegno al portatore, giacch, fin dal momento dell'emissione, il richiedente perde ogni diritto oltre che l'effettiva disponibilit sulla provvista. Pur riconoscendosi che al richiedente non potrebbe negarsi in tutti i casi di mancato trasferimento del titolo _al portatore, di prescrizione del titolo o di inesistenza del portatore -una azione di arricchimento verso l'Istituto emittente, non pu am mettersi per che tale azione sorga da un diritto soggettivo del richiedente in virt del rapporto di emissione. Si ha conferma, invece, che, potendosi sperimentare l'azione di arricchimento solo a condizione che sussista un danno (art. 2041 e.e.), la le sione del diritto patrimoniale per la richiesta dell'assegno per un credito inesistente si definitivamente concretata con la richiesta di emissione del titolo e che, per essere ammissibile :~ l'azione nel presupposto che alcun'altra azione spetti al danneg giato, essa non posta a presidio del diritto offeso, ma per mera ragione di equit. Da questa premessa consegue che la condotta della Banca, la quale avrebbe omesso di procedere all'identificazione del cliente con la dovuta circospezione, non ha inciso nella sfera dei diritti patrimoniali delle Amministra zioni attrici, gi compromessi all'epoca della riscossione degli assegni, ma ha pregiudicato soltanto l'azione di arricchimento PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE nei confronti dell'Istituto emittente, il quale, avendo pagato i vaglia cambiari, non ha tratto dall'operazione bancaria alcun illecito arricchimento. Deriva, altres, che l'azione di risarcimento nei confronti del banchiere giratario per l'incasso inammissibil~, sia perch il diritto al risarcimento presuppone il correlativo~obbligo del responsabile al rispetto del diritto offeso -e non{'sussiste alcun rapporto giuridico tra richiedente e banchiere giratario per l'incasso in cui possa inquadrarsi la violazione di tale diritto di credito -sia perch dal pregiudizio dell'azione di arricchimento, che, come si detto ha carattere sussidiario, presupponendo la impossibilit della tutela giuridica del diritto offeso, non pu sorgere un'azione di contenuto pi ampio, qual' la pretesa ri sarcitoria ex art. 2043 e.e. A tale conclusione non osta il giudicato penale richiamato dalle attrici e dal quale risulta che il momento consumativo dei reati di truffa commessi in danno dello Stato coincise con la riscossione degli assegni da parte de . gli imputati, tramite l'Istituto bancario convenuto, e non con il conseguimento del possesso dei titoli. L'efficacia da riconoscersi alla sentenza penale in questione non quella prevista dall'art. 27 c.p.p., che si riferisce al rapporto tra la sentenza penale di condanna e il conseguente giudizio di risarcimento del danno nei confronti del colpevole o del responsabile civile, ma quella richiamata dal successivo art. 28, che regola il rapporto tra giudicato penale e la controversia civile o amministrativa, in cui il riconoscimento del diritto strettamente connesso all'accertamento dei fatti materiali accertati nel giudizio . penale. Infatti, la banca chiamata a rispondere del danno subto dallo Stato a titolo del tutto autonomo e diverso dal rapporto giuridico per il quale i colpevoli sono tenuti a rispondere del reato. E' chiaro, quindi, che l'indagine preclusa in questa sede attiene al meccanismo delle truffe, alle modalit di realizzazione del profitto, all'ammontare del danno subito dalle pubbliche amministrazioni, ma non si estende alle valutazioni di ordine giuridico effettuate dal giudice in rapporto allo specifico accertamento della responsabilit penale del colpevole e che devono essere compiute con piena libert dal giudice civile, con riguardo alla diversa incidenza che i medesimi fatti materiali, definitivamente accertati in .sede penale, assumono nel rapporto in contestazione tra soggetti divrsi. -(Omissis). 68 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO I CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 30 luglio 1963 n. 2174 -Pres. . Torrente -Est. Perrone Capano -P.M. Trotta (conf.) -Min. ' I Tesoro c. Forquet. ~J Requisizione -Requisizioni alleate -Procedimento amministrativo Azione giucliziaria -Rapporti -Conseguenze. (1. 9 gennaio 1951, n. 10, art.t. 1, 2, 4, 5; c.p.c., art. 353). Requisizione -Requisizioni alleate cli immobili -Indennit -Liquidazione -Criteri. (1. 9 gennaio 1951, n. 10, artt. 2, 4), Il procedimento amministrativo prescritto dalla legge 9 gennaio 1951 n. 10 per la liquidazione delle indennit ivi previste obbligatorio e deve precedere l'azione giudiziaria. Esso costituisce un presupposto processuale e la sua mancanza non importa difetto di giurisdizione del giudice ordinario, ma solo circostanza impeditiva del suo esercizio. Epper il giudice di appello, che riconosca erronea la declaratoria del primo giudice di inammissibilitt. della domanda, perch accerti l'espletamento della procedura amministrativa, da quegli ritenuto mancato, non pu e non deve applicare l'art. 353 c.p.c. (1). La liquidazione con criterio equitativo a norma dell'art. 4 della legge n. 10 del 1951 delle indennit di requisizione in uso 'disposte dalle forze armate alleate deve aver riguardo al reddito che l'immobile avrebbe prodotto se non fosse stato requisito (2). (12) In tema di liquidazione delle indennit per requisizioni al leate. I. -La preoccupazione di riaffermare il carattere di diritto soggettivo perfetto della pretesa agli indennizzi ex art. 11. 9 gennaio 1951, n. 10 (cfr. Cass., Sez. Un., 28 novembre 1953, n. 3624 e 19 gennaio 1954, n. 102, Giur. it., 1955, I, 1, c. 113 e seg., ed ivi nota di richiami; 2 dicembre 1959, n. 3487, Foro it., Rep. 1959, v. Requisizioni, c. 2087, n. 12; 12 ottobre 1962, n. 2965, Foro it., Mass., 1962, c. 836, Rep. 1962, v. Requisizioni, c. 2492, n. 17) ha fatto pervenire la sentenza in rassegna al singolare risultato di restringere la tutela dello stesso interesse del privato, togliendo a questi un grado di giurisdizione sul merito. ;L'Avvocatura aveva sostenuto che la Corte di Appello, posto che il procedimento amministrativo dovesse ritenersi espletato (ma contro l'applicabilit alla specie dell'istituto del silenzio-rifiuto v. GUGLIELMI, in questa Rassegna, 1954, 189), avrebbe dovuto rimettere le parti davanti al primo giudice, a norma dell'art. 353 c.p.c. La tesi trovava appoggio, peraltro, nella stessa giurisprudenza delle Sezioni Unite della C.S., secondo cui la potest del G.0. di conoscere delle domande di liquidazione delle indennit previste dalla 1. n. 10 del 1951 sorge solo dopo il procedimento amministrativo (Sez. Un., 29 giugno 1953, n. 3078, Giur. Compl. Cass. Civ., 69 PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE (Omissis). -Col primo motivo, nel denunciare la violazione dell'art. 353 cod. proc. civ., in relazione all'art. 360 n. 3 dello stesso codice, il ricorrente deduce che il Tribunale, dichiarando inammissibile la domanda del Forquet per mancato esaurimento del procedimento amministrativo, avrebbe ritenuto il proprio difetto di giurisdizione, sicch la Corte d'appello -la quale accert, invece, che il procedimento amministrativo era stato espletato -non avrebbe dovuto giudicare nel merito, ma avrebbe dovuto rimettere le parti davanti al primo giudice, a norma dell'art. 353 del codice di rito. La censura infondata. Il tribunale non dichiar il proprio difetto di giurisdizione, n avrebbe potuto dichiararlo in base alla 1. 9 gennaio 1951 n. 10, la quale ha disciplinato in modo autonomo ed integrale tutta la materia relativa agli indennizzi per le requisizioni operate dalle forze armate alleate, o per conto delle stesse, nonch per i danni arrecati con azioni non di combattimento. Il procedimento amministrativo prescritto da tale legge, diretto all'accertamento ed alla determinazione dell'indennit, senza dubbio obbligatorio, ed ovviamente deve precedere l'azione giudiziaria (che venga promossa dagli interessati, titolari di diritti sogget" tivi perfetti), ma esso ha efficacia di mero preliminare al giudizio davanti al magistrato ordinario, come le Sezioni Unite di questa Suprema Corte hanno gi precisato con sentenze 2 di- cembre 1959, n. 3487 e 12 ottobre 1962, n. 2965. Esso rappresenta, cio, un mero presupposto processuale, che non importa 1953, n. 3041; 8 luglio 1953, n. 2149, n. 2150, n. 2151, n. 2152, Giust. Civ., 1953, 2392 e segg. e in questa Rassegna, 1954, 189). Ma la sentenza annotata non ha ritenuto di condividere tale insegnamento, affermando che la mancanza del procedimento amministrativo previsto dalla I. n. 10 del 1951 si traduce nel difetto di un presupposto processuale e non gi della giurisdizione del G.O. Senonch agevole obiettare che la nozione dei presupposti processuali (ZANZUCCHI, Dir. Proc. Civ., vol. I, Milano 1948, 58 e 67 e seg.), o requisiti del processo di merito (ALLORIO, Dir. Proc. Trib., Torino, 1953, 326), o condizioni della decisione di merito (JAEGER, Dir. Proc. Civ., Torino 1943, 98) comprende anche quella di giurisdizione (cfr., fin da epoca meno recente, Cass. 2 marzo 1934, Riv. Proc. Civ., 1934, II, 170 e seg.; artt. 5 e 187, comma terzo, c.p.c.; ZANZUCCHI, op. cit., 45, 67 e 70; ALLORIO, op. cit., 330; da ultimo, Cass., Sez. Unite, 22 giugno 1963, n. 1707, Foro it., 1963, I, c. 1359 e seg., ove si riconosce che il vizio di costituzione dell'organo giudicante, assimilabile al difetto non assoluto di giurisdizione, attiene ai presupposti del processo ; cos anche Cass. 3 ottobre 1963, n. 2620, in questa Rassegna, 1964, 78-79 ed infine Cass. Sez. Un., 13 gennaio 1964, n. 77, Giur. it., Mass. 1964, 25). Peraltro, posto che: a) diritto soggettivo ed azione giudiziaria sono concetti autonomi (cfr. per tutti ZANzuccHI, op. cit., 47 e seg.); b) questione di giurisdizione anche quella 70 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO difetto di giurisdizione del giudice ordinario, ma ne impedisce solo l'esercizio finch quel presupposto non siasi avverato. In -~ sostanza, il giudice ordinario non pu pronunciare sulla doman~ da di liquidazione dell'indennit, in ordine alla quale investito di giurisdizione, finch non venga espletato il procedimento amministrativo previsto dalla citata legge. Ove il giudice di primo grado, ritenendo erroneamente che sia mancato il procedimento amministratjvo, dichiari inammissibile la domanda, il giudice di appello, Glie accerti invece l'avvenuto espletamento della procedura amml.nistrativa, non pu e non deve applicare l'art. 353 cod. proc. civ., appunto perch il primo giudice non ha negato (n esplicitamente, n implicitamente) la giurisdizione dell'autorit giudiziaria ordinaria. E poich i casi in-cui la causa pu essere rimessa al primo giudice sono soltanto quelli stabiliti tassativamente dalla legge (articoli 353 e 354 c.p.c.), esattamente, nella specie, la Corte di Appello, dopo aver rilevato l'errore in cui era incorso il Tribunale, ha giudicato nel merito, procedendo alla liquidazione dell'indennit spettante ai Forquet. ~ Col secondo motivo si deduce che la Corte di merito, nel procedere alla liquidazione della indennit, avrebbe applicato i , i principii concernenti il risarcimento di danni da fatto illecito, anzich adottare i criteri equitativi prescritti dalla citata legge . 9 gennaio 1951, n. 10. , Anche questa censura infondata. l @ E' certo che la liquidazione dell'Indennit (per le requlSlzioni disposte dalle forze armate alleate) deve essere improntata a spirito di equit, giusta il disposto dell'art. 4 della legge del dei rapporti del G.O. con la P.A. (artt. 37 e 41 c.p.c.); e) la discrezionalit solo un aspetto della azione amministrativa (sulla contrapposizione fra attivit vincolata e attivit discrezionale della P.A. v. VITTA, Dir. Amm.vo, Torino, 1954, 322; ALESSI, Dir. Amm.vo, Milano 1949, 269; SANDULLI, Manuale di dir. amm.vo, Napoli, 1955, 234), dire che l'esistenza e la consistenza del diritto del privato all'indennit ex art. 1 L. 9 gennaio 1951, n. 10 non possono essere accertate dal G.O., finch su di esse non siasi previamente pronunciata la P.A. a norma degli artt. 4 e 5 della ripetuta legge, significa riconoscere, precisamente, il temporaneo difetto di juris dictio del G.O., il quale, se pronunciasse ugualmente, pur in mancanza del provvedimento amministrativo definitivo di liquidazione, usurperebbe, senza alcun dubbio, attribuzioni della P.A. (cfr. sul vizio di difetto di giurisdizione ex art. 360, n. 1, c.p.c. come conseguenza dello esercizio da parte del giudice di una potest riservata dalla legge ad organi amministrativi... : CALAMANDREI e FuRNO, voce Cassazione Civile, Novissimo Digesto Italiano, vol. Il, Torino, 1958, 1071). II. -Affermando che l'indennizzo di requisizione in uso deve essere determinato con riguardo allo stato dei beni ed all'entit del danno e 71 PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1951. Ma non esatto quanto sostiene il ricorrente, e cio che il COlijl.' Ifil non rientra tra quelle proprie dell'Amministrazione degli Este . ri, ma che li riguarda personalmente. Il contratto di deposito, ' per essere riferibile all'Amministrazione, deve essere stipulato con le rigorose ed inderogabili formalit stabilite dalla legge e ~ dal regolamento sulla contabilit generale dello Stato, mentre I il deposito presso il console avviene mediante il rilascio di una ~ semplice ricevuta. In particolare, poi, nella specie, sarebbe sta1= 1 ta omessa ogni formalit ed i funzionari si sarebbero assunto ~ l'obbligo di trasferire i rubli in Italia, il che era vietato dalle leggi russe, ovvero di negoziare la conversione dei rubli in lire, il che era vietato dalle leggi italiane (r.d.l. del 1938 citato e successive modificazioni). Il ricorso infonda.to. Come questo Supremo Collegio ha gi avuto occasione di statuire (sentenza 15 maggio 1959, n. 1445), lo Stato italiano responsabile dei depositi eseguiti presso i consoli, a norma dell'art. 114 del regolamento consolare 7 giugno 1866, n. 2996. Invero gli articoli 113 e seguenti di tale regolamento prevedono depositi volontari o n~cessari, la cui differenza consiste sol (3) In senso conforme v. Cass. 21 marzo 1960, n. 580, Giust. civ., 1960, I, 2005; v. anche Cass. 23 marzo 1963, n. 721, ivi, 1963, I, 1007 F. C. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE tanto nell'obbligatoriet di questi ultimi, tutti regolati dalla stessa disciplina: essi sono accertati mediante verbali di iscri zione in apposito registro, in cui sono indicate le monete ed i valori od oggetti depositati (o ritirati), la provenienza e la causa del deposito (art. 115); le somme, gli oggetti preziosi o valori depositati sono custditi sotto chiave, dopo essere stati chiusi e suggellati in appositi sacchi ed involti, con un'etichetta indicante il numero del deposito, il nome del deponente, la natura degli oggetti e l'ammontare della somma depositata (art. 116); nel concorso di determinate circostanze, i consoli possono ordinare la vendita delle merci od effetti depositati (art. 117); i consoli alla fine di ogni semestre devono inviare al Ministero degli Affari Esteri un elenco dei depositi eseguiti (art. 119); inoltre devono spedire al Ministero gli oggetti e valori depositati, se nel corso di un biennio non ne sia domandata la restituzione dagli aventi diritto (art. 118). E' da ricordare poi che, a norma dell'art. 2 della tariffa consolare approvata con r.d. 10 agosto 1890, n. 7087, i depositi non sono gratuiti, ma retribuiti con una percentuale del 2% , che si devolve in parte a pro.fitto dello Stato. Da questa disciplina risulta in modo univoco che i depositi sono fatti ai consoli a causa e nell'esercizio delle loro funzioni e che, quindi, il contratto interviene tra il deponente e lo Stato, il quale risponde della perdita della cosa depositata. Naturalmente, una qualsiasi colpa o negligenza da parte del console rende questo responsabile verso lo Stato, oltre che verso il deponente, ma ci non esclude la responsabilit diretta dello Stato, per conto del quale il console agisce. Questo il significato dell'espressione dell'art. 114 sotto la loro responsabilit , riferita ai consoli. La responsabilit dei consoli affermata anche dall'articolo 113, che riguarda i depositi fatti di ufficio, il che conferma l'insussistenza di una diversa regolamentazione dei depositi volontari e di quelli necessari. Quanto alle forme d.a osservarsi, esse sono quelle indicate dal regolamento e non altre. Che nella specie siano state osservate, si deve presumere, dato che il Ministero degli Affari Esteri ha restituito ai Lomani la valigetta dei preziosi ed ha dichiarato, con la lettera 1 aprile 1948, di tenere a disposizione i rubli, sia pure nella misura ridotta di 1.000, per effetto dell'intervenuto cambio della moneta. Le promesse, che sarebbero state fatte dai funzionari, di trasferire i rubli in Italia, convertendoli in lire, non sono state accertate dai giudici del merito. Comunque, esse non potevano im - 76 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO pegnare l'Amministrazione, la quale, in base al contratto di deposito, tenuta a restituire le medesime cose depositate, nello stesso luogo, e cio a Mosca, non gi in Italia. Il Ministero, senza esservi tenuto, ha consegnato la valigetta in Italia e si interessato presso il Ministero del Tesoro per ottenere la conversione dei rubli, ma ci in via di mera agevolazione, e non per un obbligo legale. Le promesse del personale consolare, se intervenute, devono essere interpretate nello stesso senso, e cio quello di adoperarsi, in quanto possibile, per consentire ai Lomani, non solo di salvare i loro beni, ma anche di poterli ritirare in Italia. Il ricorso incidentale deve, pertanto, essere respinto. I primi sei mezzi del ricorso principale denunciano, sotto vari aspetti, la violazione degli stessi articoli del regolamento consolare, degli artt. 1766, 1768, 1770, 1771, 1774, 1782, 1219, 1277, 1278 cod. civ., nonch dell'art. 7 del d.l. 6 giugno 1956, n. 1476, per avere la Corte ritenuto che si trattasse di un deposito regolare, anzich di un deposito irregolare, che importava l'obbligo di restituire l'equivalente in lire italiane della somma depositata, al cambio el giorno dell'effettuato deposito. Si sostiene che questa era l'essenza del contratto concluso; che il cambio si sarebbe dovuto compiere mediante la commutazione in dollari americani, i quali mantennero fermo il loro valore, rispetto al rublo, dopo l'emissione dei nuovi rubli; che il Ministero fu posto in mora con la ripetuta richiesta fatta dai Lomani, prima della detta operazione monetaria russa; che la Corte non poteva condannare il Ministero al pagamento di rubli diversi da quelli depositati, n ad eseguire il pagamento in Italia di una somma di danaro in una moneta estera non avente corso nello Stato Italiano, emanando, cos, una pronuncia insuscettibile di esecuzione. Questo assunto, illustrato con dovizia di particolari, contrastato alla radice dalla considerazione che il regolamento consolare sopra esaminato prevede esclusivamente un deposito regolare, posto che impone allo Stato, che opera attraverso il console, di custodire le somme, gli oggetti preziosi ed i valori depositati sotto chiave, dopo essere stati chiusi e suggellati in appositi sacchi od involucri. Ci esclude nel modo pi certo che il console possa servirsi delle somme, per poi accreditare al deponente l'equivalente. Il console, in rappresentanza dell'Amm.ne, deve conservare e restituire le stesse somme, nel luogo in cui sono state depositate, e, cio, nella specie, a Mosca e non in Italia. L'interessamento del Ministero per l'utilizzo da parte ~ ' . I f-:' =" i!:i ' I . I ---j~ i =~= . -~ ~illff.f{:f-%.f"ff.if-W-=ilimf%{==""::f%:C:-:"W<-=''='="'='=''''-"'=':!W'::f$%'80W-<:::::>if:f"$0:<'"-0."$},f'-='f=''-='%f%.f!,.:&."f.:t.:iW-='U{%'=""''''/.':<-:':.>l'f':.w;:::?-"::::r{--& PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE della nostra rappresentanza a Mosca della somma in rubli, in teressamento rimasto infruttuoso per la opposizione del Mi nistero del Tesoro (lettera del 23 gennaio 1948), non pu rite nersi fatto che in via di graziosa agevolazione, non gi per un obbligo legale. Il Ministero, del resto, non ha riconosciuto di dover effettuare una restituzione in Italia, ma ha dichiarato solo, nella lettera del 1 aprile 1948, che l'Ambasciata a Mosca aveva comunicato che la somma si era ridotta a 1.000 rubli, per effetto del cambio della moneta, il che dimostra che la somma si trovava ancora a Mosca. Quindi, esattamente, la Corte d'Appello ha dichiarato che il Ministero tenuto alla restituzione dalla eadem res, vale a dire degli stessi rubli depositati. La circostanza che si siano convertiti i rubli vecchi nei nuovi non costituisce violazione del detto principio, poich l'autorit consolare, se non poteva disporre della somma, poteva e doveva anzi provvedere, usan do la normale diligenza, a cambiare la moneta vecchia nella nuova, per evitare di conservarne una, che, decorso il tempo stabilito per la conversione, sarebbe stata priva di ogni valore. , Nessun dovere aveva, invece, di effettuare il cambio in dollari, ed anzi non ne aveva neppure il potere, perch, ripetesi, doveva restituire ai deponenti rubli e non altre valute. La sentenza non ha pronunciato condanna al pagamento dei rubli, condanna che non era stata neppure richiesta; la domanda era di declaratoria dell'effettuato deposito e del di ritto dei Lomani di ricevere l'equivalente della conversione dei 10.000 rubli in lire italiane; la sentenza ha dichiarato che stato compiuto il deposito e che, trattandosi di deposito regolare, i deponenti hanno diritto di ottenere in restituzione 1.000 nuovi rubli, in sostituzione dei vecchi 10.000. La sentenza, cio, non di condanna, ma di mero accertamento, conformemente alla domanda. Non hanno ragion d'essere, quindi, le censure sulla inammissibilit di una condanna a pagare una somma non avente corso nello Stato e sulla inseguibilit della sentenza. La insussistenza di un obbligo dell'Amm.ne di effettuare la restituzione in Italia rende ultronea ogni questione sulla pre tesa mora dell'Amm.ne medesima. I primi sei motivi del ricorso principale devono, perci, es sere respinti. Con il settimo si lamenta che la Corte non abbia provveduto sulla domanda di distrazione delle spese a favore dello avv. Luigi Supino, che ne aveva fatta richiesta. Al riguardo da osservare che tale motivo di ricorso doveva essere proposto 78 ].ASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dallo stes~o avvocato Supino e non gi dai coniugi Lomani, posto che le contestazioni sulla distrazione fanno divenire parte j del processo il difensore antistatario. Questi soltanto ha interesse alla pronuncia di distrazione, non la parte assistita, la quale, anzi, pu eventualmente opporsi alla distrazione. Quindi, legittimato all'impugnazione per la omessa pronuncia sulla distrazione era esclusivamente l'avv. Supino. L'impugnazione proposta dai Lomani inammissibile. Vero che il detto difensore ha sottoscritto il ricorso, ma tale sottoscrizione avvenuta nella veste, appunto, di difensore, non in proprio, mentre il ricorso risulta proposto, in tutti i suoi motivi, esclusivamente dai Lomani. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 3 ottobre 1963 n. 2620 - Pres. Mastropasqua -Rel. Bartolomei -P. M. Maccarone (d.)Filocamo c. Calcaterra. Corte Costituzionale -Pronuncia di illegittimit costituzionale -Natura -Efficacia retroattiva -Sussistenza -Limiti. (Cast., art. 136; 1. cast. 9 febbraio 1948, n. 1, art. 1; I. 11 marzo 1953 n. 87, art. 30, comma terzo). Contratti agrari -Norme relative alla compos1z1one delle sezioni specializzate agrarie -Effetti della dichiarazione di incostituzionalit Procedimento civile -Vizio attinente ai presupposti processuali Difetto di costituzione del giudice -Nullit insanabile -Rinvio al giudice di I grado. (Cast., artt. 102, comma 2 e 108, comma 2; 1. 4 agosto 1948, n. 1094, art. 7, comma 1 e 2; 1. 18 agosto 1948, n. 1440, art. 5; 1. 25 giugno 1949 n. 353, art. 6; 1. 3 giugno 1950 n. 392, art. 1 sostitutivo del testo dell'art. 2 1. 25 giugno 1949, n. 3'53; 1. 2 marzo 1963 n. 320, art. 6; c.p.c., artt. 158, 161, comma 2", 354, 383, comma 3). La decisione della Corte Costituzionale, che dichiara l'illegittimit .costituzionale di norme di legge od atti aventi forza di legge, si inquadra nella categoria degli accertamenti costitutivi, poich realizza il presupposto cui conseguono ope constitutionis alcuni effetti risalenti al passato ed assimila .. bili a quelli dell'annullamento. L'efficacia retroattiva della pro.:. nuncia non solo opera, necessariamente, nel giudizio in cui incidentalmente sorge la questione, ma si estende a tutti i giudizi relativi a fatti o rapporti anteriori a quella decisione, purch, 79 PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE. beninteso, non ancora esauriti. Con tale limite il giudice deve tener conto della pronuncia di illegittimit costituzionale, sia nel procedimento di primo grado, che nel procedimento d'impugna zione, sia relativamente alle questioni prospettate dalle parti, sia rispetto a quelle rilevabili di ufficio (1). La accertata illegittimit costituzionale delle norme sulla composizione delle Sezioni specializzate in controversie agra rie si traduce in un vizio del procedimento, rilevabile d'ufficio, perch attinente ai presupposti processuali, e cio nella caren za della legittimazione del giudice all'esercizio della potestas decidendi, assimilabile quoad effectus al difetto non assoluto di giurisdizione ed inquadrabile obiettivamente nella fattispe cie prevista dall'art. 158 c.p.c. In conseguenza, la causa dev'es sere rimessa al giudice di primo grado (ossia alla competente Sezione specializzata per le controversie in materia di contrat ti agrari, istituita ai sensi della l. 2 marzo 1963, n. 320) in ap plicazione del principio, secondo cui il rinvio al giudice di primo grado prescritto dall'ari. 354 c.p.c. con riferimento all'ipotesi con templata dall'art. 161, secondo comma, stesso codice, va dispo sto anche nella ipotesi in cui la sentenza di primo grado sia nulla ai sensi dell'art. 158 per difetto di costituzione del giu dice, trattandosi appunto di nullit insanabile (2). (1) Sull'efficacia delle sentenze della Corte Cost., che dichiarano l'illegittimit costituzionale di norme di leggi o di altri atti aventi forza di legge, cfr. Cass., 16 settembre 1957, n. 3492, Foro it., 1957, I, c. 1607; 16 ottobre 1957, n. 3884, id. Rep. 1957, voce Corte Cost., n. 99; 29 ottobre 1957, n. 4186, ibid., n. 101; 23 marzo 1959, n. 876, id., Rep. 1959, voce cit., n. 49; 22 luglio 1'960, n. 2077, a Sez. Un., id. Rep. 1960, voce cit., nn. 66-68; 30 maggio 1961, n. 1271, id. 1961, I, 1483; 30 maggio 1961, n. 1273, id., Rep. 1961, voce cit., n. 110; 3 novembre 1961, n. 2565, ibid., n. 110 bis; 7 luglio 1962, n. 1749, id., 1963, I, 111 ed infine Sez; Unite, 22 giugno 1963, n. 1707, ibid., 1352 e seg., sulle orme della quale si muovono le argomentazioni della sentenza in rassegna; v. anche Cons. Stato, Sez. IV, 27 febbraio 1963, n. 115, Foro it., 1963, III, c. 197 ed Ad. Plen., 10 aprile 1963, n. 8, ibid., III; c. 282, nonch Cass., 9 ottobre 1963, n. 2683, in questa Rassegna, .1964, 84. (2) cfr. Cass., Sez. Un., 22 giugno 1963, n. 1707, in Foro it., 1963, I, c. 1356 e segg. (1-2) Sugli effetti della dichiarazione di incostituzionalit delle norme sulla composizione delle Sezioni specializzate agrarie. I -Notevole nella sentenza in rassegna il sostanziale riconoscimento che il giudizio di legittimit costituzionale ex artt. 1 I. cost. 9 febbraio 1948, n. 1 e 23 I. 11 marzo 1953, n. 87, non ha per oggetto un'azione di annullamento della legge, ma si esaurisce in una pronuncia di accertamento, destinata a produrre effetti pratici nel giudizio a quo e costituente RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 80 (Omissis). -A seguito della pronuncia della illegittimit costituzionale delle norme sulla composizione delle Sezioni specializzate per le controversie in materia di contratti agrari, data dalla Corte Costituzionale con le sentenze 11 dicembre 1962, n. 108 e 12 febbraio 1963, n. 2, si pone la questione, rilevabile di ufficio, perch attinente ai presupposti processuali, della regolarit del rapporto processuale. La sua decisione importa pregiudizialmente la soluzione dell'altra questione relativa alla efficacia della pronuncia della Corte Costituzionale dell'illegittimit costituzionale di norme od atti aventi forza di legge, sui rapporti sorti anteriormente ad essa, ma non ancora esauriti. solo il presupposto (ossia un fatto), cui conseguono ape constitutionis eventuali effetti anche erga omnes. Con tale premessa, si comprende anche che il riconoscimento dell'esigenza, pur avvertita dalla sentenza 22 giugno 1963, n. 1707 delle Sezioni Unite (in Foro it., 1963, I, c. 1356), di cogliere neil'istituto le caratteristiche peculiari che lo distinguono nettamente da istituti tradizionali e non permettono di qualificarlo o di chiarirne la portata e gli effetti attraverso il riferimento a schemi e concetti elaborati a proposito di tali istituti (ivi, c. 1357), debba indurre a sottolineare, attraverso un maggior approfondimento del problema, l'impropriet dello stesso ricorso ai concetti di invalidit e di annullamento per spiegare la retroattivit degli effetti della pronuncia nel giudizio a quo e quella degli effetti erga omnes ex art. 136 Cost. La prima non che la logica conseguenza del fatto che la decisione della Corte Costituzionale stata appunto destinata, de jure condito, (cfr. art. 1, 1. cost. n. 1 del 1948), come riconosce la Corte di Cassazione, a produrre i suoi effetti proprio nel giu dizio a quo. La seconda si ritiene conseguenza del disposto degli artt. 136 Cost. e 30, comma terzo, I. 11 marzo 1953, n. 87, senza che con ci possa dirsi che da queste norme si tragga addirittura una sanzione di invali dit nei confronti della legge incostituzionale. Non di sanzione contro l'at to si tratta, ma di semplice inefficacia delle norme dichiarate incosti tuzionali nei confronti di tutti i fatti e rapporti non ancora esauriti fino al giorno successivo a quello della pubblicazione della decisione della Corte (il limite della retroattivit sarebbe . costituito dagli effetti che la norma incostituzionale abbia irrevocabilmente prodotti, quale il caso delle situazioni e dei rapporti divenuti incontrovertibili per il maturarsi cli termini di prescrizione o di decadenza, o perch definiti con giudicato, ecc. , cos Cons. Stato, Ad. Plen., 10 aprile 1'963, n. 8, cit., Foro it., 1963, III, c. 282; v. anche Cass. Sez. Unite, 22 giugno 1963, n. 1707, cit., ibid., I, c. 1359, ove si parla di situazioni giuridiche ormai esaurite ossia consolidate ed intangibili e come tali insuscettibili di essere rimosse o diversamente regolate attraverso una situai:ione che prescinda dalla norma dichiarata incostituzionale: il che pu verificarsi o per la preclusione nascente dal giudicato o per effetto di atti amministrativi che abbiano esaurito i loro effetti, o in dipendenza di atti negoziali o di altri atti o fatti che siano rilevanti sul piano sostanziale o processuale, nonostante l'inefficacia di quella norma ). Se fosse vero che dalla pronuncia di incostituzionalit consegua un effetto di annullamento dell'atto legislativo in s, do 81 PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE La Corte ritiene che la detta pronuncia abbia efficl;l.cia retrattiva e che essa spieghi i suoi effetti rispetto a rapporti, atti, fatti anteriori, qualora sia rilevante ai fini della individuazione del precetto applicabile per la decisione di questioni sostanziali o processuali, sulle quali il giudice ha il potere-dovere di pronunciare. E ci in considerazione che il precetto in contrasto con le norme della Costituzione o di altre leggi costituzionali affetto da un vizio intrinseco, sostanziale e originario -che risale cio al momento della entrata in vigore della norma incostituzionale o del precetto costituzionale violato, a seconda che si tratti di norma emanata posteriormente od anteriormente a quest'ultimo -e che tale vizio, per il suo carattere di originariet e di imvrebbe, con l'eliminazione di questo, rivivere il diritto abolito, il che non , onde la stessa Corte di Cassazione (nella citata sentenza a Sez. Un., 22 giugno 1963, n. 1707) parla di eliminazione di norme e non di atti (Foro it., 1963, I, c. 1357). Sulla distinzione fra l'effetto proprio della pronuncia nel giudizio a quo e quello ex art. 136 Cost., conseguente ad una pi ampia fattispecie: v. SANDULLI, Natura, funzioni ed effetti delle pronunce della Corte Costituzionale sulla legittimit delle leggi, in Riv. trim. dir. pubbl., 1'959, 40. Sulla duplicit di funzioni del processo costituzionale v. LIEBMAN, Contenuto ed efficacia delle decisioni della Corte Costituzionale, Riv. dir. proc., 1957, 523. Infine, sulla critica della nozione di invalidit come mera disformit dell'atto alla fattispecie legale, v. SCOGNAMIGLIO, Contributo alla teoria del negozio giuridico, Napoli, 1950, 369 e seg., in particolare v. a pag. 401. Per una maggiore informazione sulla problematica a cui si fatto cenno ci permettiamo di rinviare ai nostri studi: Gli effetti delle pronunce della Corte Costituzionale ecc., La Corte Costituzionale (Raccolta di studi a cura dell'Avvocatura dello Stato), Roma 1957, 216 e segg., nonch: Decisioni di rigetto della Corte Costituzionale ed estinzione del processo d'appello incidentato, in questa Rassegna, 1963, 165 e segg., ed ivi bibliografia, Si veda anche in questa Rassegna 1964, 87, in nota a Cass. 9 ottobre 1963, n. 2683. II -Alla regola che i motivi di nullit si convertono in motivi di gravame (art. 161, comma primo, c.p.c.) fa riscontro la tassativit delle ipotesi di rimessione della causa al giudice di primo grado, in seguito alla constatazione da parte del giudice d'appello di nullit della sentenza o del procedimento (ANDRIOLI, Commento al Codice di Procedura Civile, vol. Il, Napoli, 1956, 478 e seg.). Da lungo tempo, per, la giurisprudenza della Corte di Cassazione ha ammesso una interpretazione estensiva della ipotesi prevista dal congiunto disposto degli artt. 354, comma primo e 161, comma secondo, cod. proc. civ. (rimessione al primo giudice per nullit della sentenza, per mancata sottoscrizione del giudice), pel rilievo che se l'inesistenza della sentenLa per mancanza di sottoscrizione, essendo da considerar.si quale mancata pronuncia del giudice di primo grado, rende necessario il ritorno davanti al giudice medesimo, per provocarlo ad emanare una sentenza idonea ed eseguibile secondo la legge, la stessa esigenza, ancor pi imperiosa, si ha allorquando si riconosca che nel Collegio che si pronunciato non si identifica l'organo costituito nel senso voluto dalla legge per l'esercizio del potere giurisdizionale (Sez. 82 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO manenza, produca la invalidit della norma in contrasto ed importi la esclusione della sua obbligatoriet, tanto pi che esso dedotto in via incidentale dalle parti o rilevato di ufficio. Per i rilievi che precedono, la Corte ritiene che la decisione della Corte Costituzion~le si inquadri nella categoria dei cosi- detti accertamenti costitutivi, poich realizza il presupposto cui conseguono ape constitutionis alcuni effetti, i quali sono assimilabili a quelli dell'annullamento, che opera la eliminazione degli atti invalidi ex tunc. Conferma della efficacia retroattiva della pronuncia della Corte Costituzionale si ricava dalla disposizione dell'art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, la quale, stabilendo che la questione di illegittimit costituzionale debba essere sol- Un., 7 febbraio 1953, n. 313, Foro it., 1953, I, 322; v. anche Cass., 24 giugno 1942, n. 1779, id., Rep., 1942, voce Appello Civile n. 261; 15 marzo 1949, n. 559, id., Rep. 1949, voce cit., n. 289). Peraltro, il vizio di costituzione delle Sezioni specializzate agrarie, per l'accertata incostituzionalit delle norme sulla loro composizione, stato dalla C.S. assimilato quoad effectus al ., ..: difetto non assoluto di giurisdizione (in ordine alla tendenza. della Corte di Cassazione ad allargare il concetto di vizio di giurisdizione attraendovi i casi di irregolare costituzione del giudice v. CALAMANDREI e FURNO, voce Cassazione Civile, in Novissimo Digesto Italiano, vol. II, Torino 1958, 1071 e seg.) ed inquadrato nella previsione dell'art. 158 c.p.c., ossia considerato causa, non gi. addirittura di inesistenza della sentenza (che non soggiacerebbe ad alcuna preclusione e potrebbe essere fatta valere anche fuori del processo, mediante azione di accertamento negativo o in sede di opposizione all'esecuzione), ma di nullit c.d. insanabile, ossia rilevabile d'ufficio anche nei giudizi d'impugnazione eventualmente proposti per altri motivi, purch i giudizi stessi siano stati tempestivamente e ritualmente instaurati (ch, altrimenti, a differenza dell'ine sistenza, la nullit di cui trattasi sarebbe pur sempre sanata dal giudicato: cfr. Cass., Sez. Un., 22 giugno 1963, n. 1707, Foro it., 1963, I, c. 1360). A questa giurisprudenza, per l'appunto, si adegua la sentenza in rassegna. In senso contrario stato gi rilevato in dottrina che la partecipazione ai giudizi in materia di controversie agrarie degli esperti estranei all'Ordine giudiziario, che la Corte Costituzionale ha ritenuto illegittima, cagiona un vizio relativo alla costituzione del giudice: che, pur essen,do insanabile e rilevabile d'ufficio, pu esser fatto valere soltanto nei limiti e con le modalit dell'appello e del ricorso per cassazione (art. 158, 161 c.p.c.) : cos l'ANDRIOLI. (Effetti della incostituzionalit delle Sezioni Agrarie, in Giur. Cast. 1962, 1342). Al citato studio si rimanda per un utile ' excursus sulle vicende del contenzioso agrario e per la conoscenza della portata delle sentenze 20 dicembre 1962, n. 108 e 12 febbraio 1963, n. 5 . . della Corte Costituzionale (rispettivamente, in Giur. Cost., 1962, 1451 e . seg. e Id., 1963, 47 e seg.). Sulla problematica processuale del diritto agra, . rio, in generale, si veda CAPPELLETTI, Il problema processuale del diritto agrario alla luce delle tendenze pianificatrici delle costituzioni moderne, Riv. dir. proc., 1963, 550 e seg. 'FRANCO CARUSI -~ -1:. IJ. ......_11 :\n;Titi.rwW.;Lj!lfr-=wrxswff.~@r~Ifr&f.&f.t-==:r2Fmw;.rrrr-*smwiwiJ y/,:::::: .:X.L . , Y/.. Yh,::;:~%,.,,...,Jl.BI,,....fil.L. h.-x-Jf..L. ,, , ._./;,._;,:,,.,....,,.,..Y,, . ;,:.,J~l 83 PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE levata, in via incidentale, nel corso di un giudizio, porta a ritenere che la eventuale decisione operi per il giudizio in cui stata sollevata, ancorch relativo ad un rapporto precostituito. La stessa portata di ordine generale e di efficacia erga omnes della pronuncia di incostituzionalit importa che i suoi effetti si verifichino sia rispetto al processo in cui la questione fu sollevata che in altri processi. N pu essere trascurato di considerare il disposto dell'art. 30, III comma, della I. n. 87 del 1953, il quale vieta tassativamente l'applicazione delle norme incostituzionali a partire dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione della Corte Costituzionale ed applicabile anche nei giudizi relativi a fatti o rapporti anteriori a quella decisione. Ritiene, per, la Corte che il principio della retroattivit incontri dei limHi per la interferenza di altre norme nella disciplina della fattispecie concreta, e che pertanto la pronuncia della illegittimit costituzionale non abbia effetto per quelle situazioni giuridiche ormai esaurite, consolidate ed intangibili, e cio o per la preclusione nascente da giudicato civile, o per effetto di atti amministrativi, che abbiano esaurito i loro effetti, o in dipendenza di atti negoziali o di altri atti o fatti, che siano rilevanti sul piano sostanziale o processuale, nonostante la inefficacia della norma incostituzionale. Fuori di questi casi, la pronuncia di incostituzionalit spieC" fl. i rnoi effetti rispetto ad atti o fatti o rapporti anche anteriori. Ci importa (v. Cass., Sez. Unite, sent. 22 giugno 1963, numero 1707) che il giudice debba tener conto della pronuncia di illegittimit costituzionale sia nel procedimento di primo grado, che nel procedimento di impugnazione, sia relativamente alle questioni prospettate dalle parti, sia rispetto a quelle rilevanti d'ufficio, come quella in esame. La accertata illegittimit costituzionale delle norme sulla composizione delle Sezioni specializzate in controversie agrarie si traduce, dal punto di vista funzionale, in un vizio del procedimento, che si concreta nella carenza della legittimazione del giudice all'esercizio della potestas decidendi, pur nei limiti fissati dalle norme sulla ripartizione della giurisdizione e della competenza, assimilabile, quoad effectus, al difetto non assoluto di giurisdizione e, a parte obiecti, inquadrabile nella fattispecie prevista dall'art. 158. cod. proc. civ., trattandosi di inosservanza di norme, che si riferiscono ai requisiti soggettivi di idoneit, che deve possedere il giudice per l'esercizio delle sue funzioni. 84 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Trattasi di nullit insanabile, che incide sulla sentenza di primo grado o su quella di appello e si riflette su tutte le statuizioni di merito, poich rispetto ad esse non si verificano gli effetti del giudicato. Tali principi trovano applicazione anche in tema di regolamento di competenza, di cui nella specie si tratta, dovendo, anche in tal caso, questa Corte rilevare la nullit dipendente dal difetto dei requisiti soggettivi del giudice. In conseguenza, la causa dev'essere rimessa al Giudice di primo grado, in applicazione del principio, pi volte ribadito da questa Corte, secondo cui il rinvio al giudice di primo grado, prescritto dall'art. 354 c.p.c. con riferimento all'ipotesi contemplata dall'art. 161, secondo comma, stesso codice, va disposto anche nella ipotesi in cui la sentenza di primo grado sia .< nulla, ai sensi dell'art. 158, per difetto di costituzfone del giu ~ dice, trattandosi appunto di nullit insanabile. I ~ La dichiarata nullit della sentenza impugnata preclude a questa Corte l'esame del regolamento di competenza, poich la decisione della questione di competenza, prospettata col regolamento, spetta ex novo al giudie di primo grado cui }a causa va rinviata. I,. Il giudice di rinvio la Sezione specializzata per le con. troversie in materia di contratti agrari, ricostituita a norma della ' I , I I. 2 marzo 1963, n. 320, presso il Tribunale di Palmi. -(Omissis). I ' . CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 9 ottobre 1963, n. 2683 - Pres. Torrente -Est. Stella Richter -P. M. Pedace I (conf.). Ente Colonizzazione Maremma Tosco Laziale c. Ministero Agricoltura e Foreste c. Ricci. Corte costituzionale -Decisioni dei giudizi incidentali di legittimit costituzionale -Natura ed effetti nei giudizi principali ed erga omnes. (Cost., art:t. 134, comma primo, 136, comma primo; 1. cost. 9 febbraio 1948 n. 1, art. 1; 1. 11 marzo 1953 n. 87, artt. 23, 27 e 30, comma 3). Costituzione della Repubblica -Obbligatoriet delle norme incostituzionali prima (dell'efficacia) della pronuncia della Corte costituzionale (Cost., arg. art. 136, comma primo). 85 PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE Riforma fondiaria -Dichiarazione di illegittimit costituzionale di leggi delegate di espropriazione -Conseguenze -Azione di risar cimento -. Legittimazione passiva. (Cost. artt. 76, 77 e 136, comma 1; 1. 21 ottobre 1950, n. 841, art. 4; 1. 15 marzo 1956 n. 156; d.P.R. 29 novembre 1952 n. 2717; 1. 11 marzo 1953 n. 87, art. 30, comma 3; I. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, art. 4). Nei giudizi ncidentali di legittimit costituzionale la sentenza di accoglimento della Corte Costituzionale accerta e dichiara il contrasto tra la norma ordinaria ed il precetto costituzionale. La pronuncia opera nel giudizio a quo come una decisione giurisdizionale e quindi vincola il giudice con l'efficacia di un giudicato. Qusto effetto si produce sia per le sentenze di accoglimento che per quelle di rigetto. Per le prime l'effetto viene esteso erga omnes a norma dell'art. 136 Cost., il quale deve essere interpretato, come indicato dall'art. 30, comma terzo, l. 11 marzo 1953, n. 87, nel senso che dal giorno successivo alla pubblicazione della sentenza della Corte Costituzicnale la norma dichiarata incostituzionale non pu avere pi applicazione ai rapporti anteriori, purch non esauriti (1). Sia le autorit amministrative sia, almeno in via di regola, i privati sono tenuti ad osservare la norma di legge incostitu (1) v. Cass., Sez. Un., 22 giugno 1963, n. 1705 e 1706, Foro it., 1963, I, c. 1366 e seg. -v. anche Cass., 3 ottobre 1963, n, 2620, in questa Rassegna, 1964, 78, ed ivi nota. Sull'efficacia delle pronuncie di rigetto della Corte Costituzionale v. Cass., Sez. Un., 22 gennaio 1958, n. 147, Giust. Civ., 1958, I, 1093 e seg. ed ivi nota di riferimenti; 18 aprile 1962, n. 770, Id., 1962, III, 253. Sulla mancanza di autonomia dell'oggetto del processo costituzionale incidentale, ch' giudicato dalla Corte unicamente nella sua qualit di premessa logica per la decisione del caso concreto, v. LIEBMAN, Contenuto ed efficacia delle decisioni della Corte Costituzionale, Riv, dir. proc., 1957, 521; v. anche Corte Cost., 25 maggio 1957, n. 59, Giur. Cost., 1957, 676 e segg., ove si sottolinea (683) che la pronuncia della Corte costituisce la premessa maggiore del sillogismo giudiziale. . La tesi del LIEBMAN (v. anche ANDRIOLI, Profili processuali del controllo giurisdizionale delle leggi, Riv. di dir. pubbl., 1950, I, 35 e segg.; GARBAGNATI, Sull'efficacia delle decisioni della Corte Costituzionale, in Scritti giuridici in onore di F. Carnelutti, voi. IV, Padova 1950, 196 e segg., 210) stata ritenuta dal CARNELUTTI (Una pezza all'art. 136 della Costituzione?, Riv. dir. proc., 1958, 243) l'unica idonea a superare fondamentali difficolt esegetiche e pratiche. Lo JAEGER (Sui limiti di efficacia delle decisioni della Corte Costituzionale, Riv. dir. proc., 1958, 369, nota 1) ne ha riconosciuto la rigorosit di impostazione sul piano processua 86 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO zionale, finch non divenga operativa la pronuncia di accoglimento della Corte Costituzionale (2). Per effetto della dichiarazione di incostituzionalit di una legge delegata di espropriazione per l'attuazione della riforma fondiaria l'Ente di Riforma e non gi lo Stato legittimato a risponde:re della illegittima espropriazione ed a prescindere dalla colposit del suo comportamento va condannato al risarcimento del danno a favore del privato, consistente, in difetto di restituzione dell'immobile, nel valore attuale di esso, nonch nell'eventuale deprezzamento dei beni contigui non espropriati ed, infine, nella perdita dei frutti percepiti e percipiendi con l'ordinaria diligenza dopo la domanda giudiziale (3). listico (ossia in quanto la pronuncia della Corte Costituzionale sia considerata come atto di esercizio di funzione giurisdizionale vera e propria), ammettendo la peculiare diversit della c.d. pregiudiziale costituzionale dalle altre proponibili in via autonoma e convenendo che la Corte 'Costituzionale la esamina come semplice premessa logica della controversia concreta. Questo risultato si coglie con maggiore evidenza (e la stessa Corte Costituzionale lo ha fatto, con la pronuncia 25 maggio 1957, n. 59 sopracitata), allorch il giudizio di costituzionalit riguardi -delle leggi-provvedimento, come quelle delegate di espropriazione _per l'attuazione della riforma fondiaria. Posta l'inesistenza di destinatari della norma provvedimento diversi dalle parti del giudizio a quo (ANDRIOLI, Note sulle sentenze della Corte Costituzionale in tema di riforma fondaria, Giur. cast., 1959, 643), apparir sottolineata l'estraneit alla funzione giurisdizionale propria della Corte dell'effetto erga omnes ex art. 136 Cost. ed anche se a proposito di esso dovr parlarsi di una ulteriore funzione indiretta ed eventuale del processo costituzionale, non per questo l'interprete scrupoloso de lege lata potr disconoscere (come ha fatto ad es. il Tribunale di Napoli nella sentenza 7 settembre 1962, Giur. it., 1963, I, 2, c. 204 e seg.) che quel processo rappresenti naturalmente una fase del giudizio a quo. (2) Sulla seconda massima si vedano Cass., Sez. Unite, 22 giugno 1963, n. 1705 e 1706 citate sub. (1), ove si legge (Foro it., 1963, I, c. 1370) che la norma incostituzionale, prima della pronuncia di incostituzionalit obbligatoria e deve essere osservata come legge. Ma, invece, in senso contrario, pu vedersi, delle stesse Sezioni Unite, la sentenza 22 giugno 1963, n. 1707, ove si accoglie (Foro it., 1963, I, c. 1356--1357), la dottrina dell'EsPosuo (Il controllo giurisdizionale sulla costituzionalit delle leggi in Italia, in La Costituzione Italiana, Saggi, Padova 1954, 27'0; v. anche dello stesso A., Illegittimit costituzionale e abrogazione, Giur. Cast., 1958, 831), secondo cui la legge incostituzionale sarebbe nulla e non obbligatoria per i subditi, ma solo esecutoria per le autorit esecutive e giurisdizionali, e si parla, tuttavia, di annullamento (per la critica della dottrina dell' ESPOSITO v. PIERANDREI, Corte Costituzionale, in Enciclopedia del diritto, voi. X, Milano 1962, 972). (3) Per l'inapplicabilit dell'istituto della retrocessione v. MORTATI, Sull'efficacia delle decisioni di accoglimento in materia di riforma fondia PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 87 (Omissis). -Deve preliminarmente disporsi la riunione del ricorso principale e di quello incidentale condizionato, che sono iscritti sotto distinti numeri di ruolo. Devono esaminarsi, poi, il primo e il secondo motivo del ricorso principale, intimamente connessi tra loro. Con il primo, denunciandosi la violazione e la falsa applicazione degli artt. 136 della Costituzione e 30 della 1. 11 mar- ria, Giur. Cast;, 1957, 735 e seg.). Interessanti considerazioni sull'inquadramento della pretesa del proprietario, nei confronti del quale fu emanato il decreto presidenziale di scorporo oggetto della questione di costituzionalit in ANDRIOLI, Note sulle sentenze della Corte Costituzionale in tema di riforma fondiaria cit., 635 e segg. (1-3) Sugli effetti della dichiarazione di incostituzionalit di decreti di scorporo per l'esecuzione della riforma fondiaria. I -La sentenza in rassegna, che si adegua a Cass., Sez. Un., 22 giugno 1963, n. 1705 e 1706 sopracitate, bene 'riconferma che la pronuncia della Corte Costituzionale, come decisione giurisdizionale, opera nel giudizio a quo. e precisa che potest della Corte quella di accertare il contrasto tra la norma ordinaria e il precetto costituzionale, realizzando cos il presupposto cui conseguono in virt della Costituzione det~rminati effetti . Non sembra, per, esatto attribuire alla pronuncia della Corte natura di un annullamento . In proposito si sono svolte gi brevi considerazioni in nota a Cass. 3 ottobre 1963, n. 2620, in questa Rassegna 1964, 79 e segg. Sembra il caso di ribadire il concetto che l'invalidit, come negazione del valore giuridico di un atto, sempre di diritto positivo e non mera categoria logica. Questo pacifico in dottrina per l'annullabilit. La dottrina amministrativistica fonda sull'attribuzione del potere ex articoli 26 e 45 I. org. sul Consiglio di Stato la invalidit dell'atto amministrativo illegittimo e parla di illegittimit legale per spiegare, in forma icastica, che l'invalidit diventa positiva annullabilit solo in quanto assuma la veste particolare propria delle tre figure enumerate dal cit. art. 26 T.U. 26 giugno 1924, n. 1054 (cfr. ALESSI, Sistema istituzionale del diritto amministrativo italiano, Milano 1953, 303). Ora, poich nessuna sanzione di invalidit dell'atto legislativo incostituzionale si trova comminata nel nostro ordinamento, per stabilire la condizione di quell'atto -non resta che considerare il potere di cui esso munisce l'organo di controllo (cfr. PIERANDREI, voce Corte Costituzionale in Enciclopedia del diritto, voi. X, Milano 1962, 971); e, se questo potere limitato all'accertamento del rapporto di conformit o disformit dell'atto legislativo alle norme superiori, da cui deriva la perdita di efficacia delle norme inferiori riconosciute e dichiarate difformi, non sembra che ci autorizzi a fare della giurisdizione costituzionale una giuriSdizione di annullamento degli atti del Legislatore, quando chiaro, peraltro, che il processo costituzionale incidentale ricalca i limiti soggettivi di quello incidentato e non pu avere altro obietto che quello ricavato dal processo principale, come una parte dall'intero (e la conclusione valida anche per i giudizi in via principale ex art. 2 I. cost., n. 1 del 1948: cfr. GARGIULO, Gli effetti delle pronunce RASEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 88 zo 1953, n. 87, nonch degli artt. 73 e 87 della Costituzione, 10, 12 e 15 delle preleggi, in relazione all'art. 360 n. 3 e 5 c.p.c., si lamenta che la Corte di appello abbia attribuito efficacia retroattiva alla pronuncia della Corte Costituzionale, che ha dichiarato l'illegittimit costituzionale del decreto presidenziale quale avente forza di legge, nella parte in cui ha disposto lespropriazione dei terreni del Ricci in misura superiore emesse dalla Corte Costituzionale su questioni di legittimit costituzionale sollevate in via principale, La Corte Costituzionale, Raccolta di Studi a cura dell'Avvocatura dello Stato, Roma, 1957, 264; v. anche SANDULLI, Sulla discriminazion delle competenze tra Corte Costituzionale e Alta Corte per la Regione Siciliana, Foro it., 1956, IV, c. 50 e seg., nota 3). La retroattivit delle pronunzie della Corte Costituzionale nei giudizi di cui trattasi si spiega non gi come conseguenza dell'annullamento dell'atto legislativo, ma deriva dal fatto che quelle pronunce sono positivamente preordinate ad operare nei giudizi incidentati. Essa fondata, insomma, sull'art. 1 I. cost., n. 1 del 1948 (cfr. PIERANDREI, voce Corte Costituzionale cit., Encicl. del Diritto, vol.-x cit., 971). E quella che si voglia attribuire all'effetto erga omnes ex art. 136 Cost. -sul rilievo che l'inapplicabilit della norma dichiarata incostituzionale non pu non riferirsi anche ai rapporti sorti anteriormente, poich proprio in relazione ad uno di essi che viene sollevata la questione e la pronuncia di illegittimit costituzionale deve spiegare la sua efficacia giurisdizionale -nel tener conto del dettato dell'art. 30, comma terzo, 1. n. 87 del 1953, come ha fatto la sentenza in rassegna, non pare possa configurarsi prescindendo dall'autorevole rilievo che non si pu interpretare la Costituzione secondo la legge ordinaria, ma si deve interpretare quest'ultima secondo la Costituzionale. Non la formula della disapplicazione che pu chiarire il significato della perdita di efficacia, ma, viceversa, questa formula determina il valore di quella (CARNELUTTI, Una pezza all'art. 136 della Costituzione? Riv. dir. proc., 1958, 241; cfr. JAEGER, Sui limiti di efficacia delle decisioni della Corte Costituzionale, Ibidem, 371, nota 1: le norme ordinarie ... debbono essere interpretate in senso compatibile con i principi di questa [Costituzione] , Il rilievo vale anche, ad es., per l'interpretazione dell'art. 22 del Regolamento interno della Corte Costituzionale, che non sempre stato inteso in armonia con gli artt. 1 I. cost., n. 1 del 1948 e I. cost., 11 marzo 1953, n. 1). Si ricordi, infine, che il concetto di disapplicazione, come elaborato dalla dottrina amministrativista, riguarda soltanto gli effetti dell'atto e non anche l'atto (CANNADA-BARTOLI, L'inapplicabilit degli atti amministrativi, Milano 1950, 163. L'art. 136 della Cost., in ogni caso, nel prevedere che la norma in costituzionale perda efficacia dopo la pubblicazione della decisione della Corte e la vacatio prevista dall'articolo medesimo, sembra chiaramente presupporre che, anteriormente alla decisione, la norma stessa abbia pro dotto degli effetti che vanno rispettati. La sentenza in rassegna ha rico nosciuto questo limite, parlando ancora una volta (v., infatti, Cass., Sez. Un., 22 giugno 1963, n. 1707, Foro it., 1963, I, c. 1359) di situazioni esaurite. Ma pu dirsi problema tuttora aperto quello di una sicura determina zione di tale concetto (cfr. PIERANDREI, Corte Costituzionale cit., 973 e seg. ed ivi bibliografia), alla soluzione del quale la sentenza annotata reca il 89 PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE a quella consentita ai sensi dell'art. 4 della 1. 21 ottobre 1950, n. 841. Si sostiene che, se la norma dichiarata costituzionalmente illegittima cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione (art. 136 Costituzione) e non pu avere applicazione dalla stessa data (art. 30 della 1. 11 marzo 1953, n. 87), la pronuncia di illegittimit costituzionale pu operare contributo di una significativa allusione ad atti e rapporti precostituiti , in relazione ai quali si siano determinate situazioni giuridiche consolidate ed intangibili e come tali insuscettibili di essere rimosse o diversamente regolate attraverso una statuizione che prescinda dalla norma dichiarata incostituzionale. II -A proposito degli effetti della dichiarazione di incostituzionalit di decreti di scorporo, il Consiglio di Stato (Sez. IV, 22 marzo 1961, n.. 198, in Il Consiglio di Stato, 1961, I, 487 e seg.) ha affermato che la reintegrazione in forma specifica costituisce il contenuto di un obbligo giuridico incombente sugli enti di riforma: l'adempimento di siffatto obbligo sarebbe affidato alla stessa Amministrazione e, in sostituzione o surrogazione di essa e nel presupposto della sua inerzia, allo stesso Consiglio di Stato, con le modalit e nei limiti di cui all'art. 27, n. 4 del T.U. 26 giugno 1924, n. 1054. Esattamente la sentenza annotata ha chiarito esplicitamente il punto relativo alla legittimazione passiva all'azione di risarcimento, escludendo quella dello Stato ed affermando quella dell'ente di riforma, poich non dalla corresponsione dell'indennit, ma dalla illegittima espropriazione in favore dell'ente consegue l'obbligo della restituzione del bene o del risarcimento del danno . Il richiamo del primo comma dell'art. 4 l. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, per fondare l'obbligo di tale risarcimento, a prescindere da qualsiasi colpa, esclusivamente sulla illegittimit del provvedimento di scorporo dichiarata dalla Corte Costituzionale, non pu, tuttavia, non lasciare perplessi, se vero che qui non si tratta di un atto amministrativo, n soggettivamente, n oggettivamente, ma legislativo (cfr. Cass., Sez. Un., 15 gennaio 1953, n. 107 e 108, Foro it., 1953, I, c. 173) e precisamente di un atto avente forza di legge e natura politica (GUARINO, Profili costituzionali, ecc., Foro it., 1952, IV, 82 e 92), al quale, perci, non pu applicarsi quella norma, che prevede la potest del G.0. di conoscere, in relazione all'oggetto dedotto in giudizio, degli effetti di un atto dell'autorit amministrativa, che si assuma lesivo di un diritto subiettivo (cfr. Trib. Rovigo, 20 ottobre 1955, Foro Pad., 1956, IV, 7; Trib. Locri, 30 luglio 1955, Giur. Compl. Cass. Civ., 1955, VI, 583; App. Catanzaro, 12 maggio 1955, Foro it., 1956, I, 258). D'altra parte, se si voglia aver riguardo, invece, all'attivit amministrativa posta in essere dall'ente espropriante (sull'appartenenza degli Enti di Riforma alla P.A. v. Trib. Grosseto, 1 luglio 1954, cit. da ASTUTI, Giur. Cast., 1958, 691; v. anche, sulla natura pubblicistica di tali enti, Cass. Sez. Un., 17 maggio 1958, n. 1607, Giur. Cast., 1958, 676), per eseguire l'ordine, contenuto nel decreto di scorporo, di procedere alla immediata occupazione dei terreni indicati, ai fini dell'ulteriore attivit istituzionale di trasformazione, miglioramento, appoderamento o quotizzazione ed assegnazione delle terre, sembra difficile considerarla ex post attivit illegittima, poich in ordine alla validit dell'atto occorre aver riguardo 90 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO solo ex nun e non ex tunc. Si soggiunge che la irretroattivit tanto pi si impone, quando si tratti, come nella specie, non gi di una legge-norma, ossia di un comando generale ed astratto, rispetto al quale la disapplicazione anche per fatti anteriori alla pronuncia di illegittimit costituzionale potrebbe affermarsi in modo analogo a quello proprio del cos detto ius superveniens, bens di una legge-provvedimento, e cio di un atto il alle norme vigenti al momento della sua emanazione (SANDULLI, Manuale di diritto amministrativo, Napoli 1955, 254) e poich, si gi visto, nulla autorizza l'interprete fedele del diritto positivo a concepire una invalidazione successiva, ossia una eliminazione dello stesso atto legi stativo, fonte della norma attributiva del potere-dovere di compiere tale attivit (cfr. ROMANO, Osservazioni sulla invalidit successiva degli atti amministrativi, in Scritti minori, vol. II, Milano 1950, 337. Per la critica del concetto di invalidit successiva introdotto dal ROMANO v. ROMANELLI, Sulla c.d. invalidit successiva degli atti amministrativi, in Scritti giuridici per il centenario della Casa editrice Jovene, Napoli 1954, 381 e segg.), visto che de jure condito la conseguenza della illegittimit costituzionale di quell'atto soltanto la perdita di efficacia (si vedano le pertinenti considerazioni dello ScoGNAMIGLIO, Contributo alla teoria del ne gozio giuridico, Napoli 1950, 401, ed anche 371 e segg.). Al mome;nto di disporre e far eseguire l'occupazione (intimazione all'espropriato e formale presa di possesso) l'ente aveva, certo, il potere di compiere tali atti, non avendo senso negare il potere ed affermare contemporaneamnte il dovere di adempiere al precetto legale, n potendo configurarsi una ca ducazione dell'atto, se non a patto di ritenere che quel requisito dovesse permanere anche dopo la sua emanazione, ossia... quando il pote:re era stato gi esercitato, ovvero di riscontrare in esso la mancanza di un nuovo requisito retroattivamente richiesto (di esercizio di un potere viziato per riflesso del vizio di costituzionalit, che inficia la norma attributiva parla il Consiglio di Stato, nella decisione dell'Adunanza Plenaria 8 aprile 1963, n. 8, riportata, con nota del LA VALLE, in Giur. it., 1'964, III, 67 e segg., ammettendo, per, che la dichiarazione d'illegittimit, costituzionale si estende ai fatti interiori, salvo il limite... degli effetti prodottisi in modo definitivo . La tesi dell'annotatore della decisione che l'attribuzione del potere deve considerarsi, al sopravvenire della caducazione della norma, come non avvenuta postula che l'eff. cacia della norma poscia dichiarata incostituzionale possa e debba cancellarsi dalla scena giuridica, concezione radicale ed eccessiva, in contrasto col positivo dettato dell'art. 136 Cost.). Deve, anzi, soggiungersi che, intervenuta l'assegnazione delle terre occupate, quegli atti avrebbero ormai esaurito i loro effetti, subentrando alla fase esecutiva del provvedimento di scorporo quella, distinta e di versa (cfr. PACE, Espropri incostituzionali: restituzioni e responsabilit civili della Pubblica amministrazione per l'applicazione di leggi illegitti me, Giur. Cast., 1962, 1235), della redistribuzione delle terre tra i conta dini. Epper, secondo l'insegnamento delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, la c.d. retroattivit della pronuncia di incostituzionalit del decreto di scorporo dovrebbe rispettare la legittimit di una situazione ormai consolidata per effetto di atti amministrativi che abbia PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 91 cui contenuto normativo costituito da un comando particolare e concreto, quale il trasferimento della propi"iet da un soggetto ad un altro. Si conclude che il decreto legislativo in oggetto ha cessato di avere efficacia dal giorno s-ucessivo alla pubblicazione della sentenza della Corte Costituzionale e, quindi, solo da tale data deve essere disapplicato dal giudice. Con il secondo motivo di ricorso si censura la sentenza im no esaurito i loro effetti (Cass., Sez. Un., 22 giugno 1963, n. 1707, Foro it., 1963, I, c. 1359). Per venire, infine, a parlare dell'assegnazione, proprio il suo carattere di atto distinto dall'esecuzione del provvedimento di scorporo, avente autonoma e diversa funzione, dovrebbe costituire ulteriore argomento per dimostrare l'intangibilit delle situazioni fondate su quel provvedimento, il quale non pu essere ridotto, peraltro, ad un mero componente della fattispecie prduttiva dell'acquisto (differito) del diritto di propriet in capo al contadino, come si fa da chi (PACE, op. cit., 1237) ne vorrebbe inficiata la portata, contro lo stesso disposto dell'art. 4 I. n. 2248 all. E, dalla eventuale, tempestiva trascrizione della domanda giudiziale di restituzione proposta dal proprietario espropriato, dimentico in tal modo che esso persegue autonome finalit di interesse pubblico (stabilimento di equi rapporti sociali e razionale sfruttamento delle terre, cfr. art. 44 Cost.), che trascendono la mera funzione traslativa del bene (cfr. ANDRIOLI, Note sull'assegnazione di terre per l'attuazione della riforma fondiaria, Dir. e Giur., 1955, 7; v. anche Cass., 19 giugno 1957, Foro it., 1957, I, 1170; Cons. Stato, Sez. V, 25 ottobre 1957, n. 869, Il Consiglio di Stato, 1957, 1279). Se sono esatti i rilievi svolti anche sub I, la retroattivit della pronuncia dichiarativa della incostituzionalit di un provvedimento di scorporo, da non confondere con una pro,nuncia di annullamento (perch, si ripete, nessun potere del genere il legislatore costituzionale ha attribuito all'Organo di controllo, cos come ad es. !"ordinamento ha attribuito al 1Consiglio di Stato, per gli atti amministrativi viziati da incompetenza, eccesso di potere e violazione di legge, con i ricordati artt. 26 e 45 T.V. 26 giugno 1924, n. 1054), lasciando intatt la legittimit' di atti amministrativi ormai definitivi non potrebbe inficiare la validit dell'atto di assegnazione (le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, nella gi ricordata sentenza 22 giugno 1963, n. 1706, Foro it., 1963, I, c. 1366 e segg., parlano, ibid., c. 1373, di perdita della propriet dei terreni come conseguenza dell'assegnazione dei terreni ai contadini ), ma dovrebbe comportare unicamente l'obbligo dell'Ente -e non, certo, dello Stato, trattandosi di conseguenza di attivit del primo -di corrispondere al proprietario espropriato il valore venale del bene al momento dell'assegnazione (al quale proposito da avvertire che non manca chi sostiene l'applicazione alla specie dell'art. 2038 e.e.: cfr. ASTUTI, Memoria difensiva dell'Ente Maremma, in Giur. Cast., 1958, 692. Per un caso di applicazione di tale norma, v. Cass., 4 ottobre 1957, n. 3605, Foro it., Rep. 1957, voce Israeliti, c. 1328, n. 6). Di un comportamento illecito dell'Ente, nei confronti dell'e~propriato, potrebbe, insomma, parlarsi soltanto con decorrenza ex nunc dalla pronuncia della Corte Costituzionale (sulla inammissibilit del concetto di un comportamento retroattivamente colposo v. LA VALLE, La rilevanza nel giudizio amministrativo della incostituzionalit delle leggi, Giur. it., EASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 92 pugnata per violazione dell'art. 136 della Costituzione, 100 cod. proc. civ., in relazione agli artt. 8 della I. 12 maggio 1950, n. 230, 18 della I. 21 ottobre 1950 n. 841, alle disposizioni del d. m. 28 giugno 1951 e delle I. 1 marzo 1953, n. 224 e 15 marzo 1956, n. 156, nonch per violazione dell'art. 2043, cod. civ., e 4 I. 20 marzo 1865, n. 2248, ali. E, in relazione all'art. 360 n. 3 e 5 cod. proc. civ. La complessa doglianza riguarda: a) la ritenuta legittimazione passiva dell'Ente Maremma, mentre legittimato passivo per tutte le questioni di indennizzo il Ministero dell'Agricoltura e Foreste; b) la ritenuta responsabilit dello stesso ente, non solo per il pagamento di un indennizzo pari al valore venale dei terreni espropriati in eccesso, ma anche per il risarci.=:. mento di tutti gli altri danni subiti dal Ricci, a far tempo dal giorno dell'occupazione; c) la effettuata condanna al risarcimento senza il preventivo accertamento della sussistenza della espropriazione in eccesso e quindi del danno, e senza comunque la concessione della facolt alternativa di restituzione dei terreni in luogo del pagamento del loro valore. A sostegno di queste censure si sostiene che il provvedimento espropriativo era pienamente efficace e non meramente esecutivo fino alla pronuncia di incostituzionalit; che in conseguenza non pu parlarsi di un'occupazione illegittima ab ori 1964, III, 69) e con riguardo alla lesione del diritto, non gi alla restituzione del bene, ma al pagamento del suo equivalente economico, all'atto dell'accennato fenomeno di conversione necessaria (su cui vedasi cenno in Trib. Bari, 17 marzo 1959, Giur. Cost., 1962, 1236). Queste notazioni, che non pretendono di esaurire l'arduo problema, sembrano accordarsi anche con la tesi di chi, parlando di legge incostituzionale esecutoria, pur se nu,lla e quindi non obbligatoria (ma come potrebbe una legge essere esecutoria per le Pubbliche Autorit, se non fosse anche obbligatoria per i subditi?), afferma coerentemente che la legge incostituzionale anche dopo la dichiarazione di illegittimit costituzionale conserva ... il carattere di legge esecutoria per il periodo in cui essa non era stata ancora dichiarata illegittima: e perci ne resta esclusa ogni responsabilit delle Autorit amministrative o dello Stato amministratore [o dell'Ente Pubblico] che vi abbia dato esecuzione (ESPOSITO, Il controllo giurisdizionale, ecc.; cit., L.a Costituzione Italiana, Saggi, Padova 1954, 271; nel senso della irresponsabilit dei pubblici funzionari e della responsabilit della P.A. v. PALADIN, Cenni sul sistema delle responsabilit civili per l'applicazione di leggi incostituzionali, Giur. Cost., 1960, 1029 e segg., il quale -ivi, 1032 -prospetta una impugnativa degli atti esecutivi della legge incostituzionale ed una chiamata in causa della pubblica amministrazione, che pure poteva non avere nessuna alternativa di comportamento >>, come l'indispensabile espediente ( ?) per far rispondere il legislatore ). FRANCO CARUSI PARTE I, SEZ, III, GIURISPRUDENZA CIVILE 93 gine, n equipararsi la dichiarazione di illegittimit costitunale del decreto legislativo all'annullamento di un decreto prefettizio di espropriazione; che nessuna responsabilit addebitabile all'ente, ma solo il Ministero dell'Agricoltura e Foreste, quale organo dello Stato cui spetta di corrispondere l'indennit di espropriazione, tenuto al pagamento dell'indenniz~o e di altri eventuali danni, a far tempo dalla data di pubblicazione della sentenza della Corte Costituzionale. Le questioni prospettate hanno gi formato oggetto di esame da parte di questo Supremo Collegio a Sezioni Unite, nelle cause tra lo stesso Ente Maremma, Settimio Sacchini e la Societ Il solco , decise il 14 marzo 1963. La Sezione semplice ritiene di dover seguire gli stessi criteri, tenendo conto anche della successiva pronuncia delle Sezioni Unite del 18 aprile 1963, nella causa tra Perrone e il Comune di Bron, la quale, pur riferendosi ad altro oggetto, concerne la questione degli effetti della pronuncia di illegittimit costituzionale di una legge o di un atto avente forza di legge. L'art. 136 della Costituzione, secondo il quale la norma dichiarata incostituzionale cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della sentenza della Corte Costituzionale, deve essere interpretato nel senso indicato dallo art. 30, comma 3, della 1. 11 marzo 1953, n. 87, e cio che da quel momento la norma non pu pi avere applicazione. Ora che tale disapplicazione non si riferisca solo ai rapporti futuri, ma anche a quelli passati, si desume dalla legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1. La Costituzione non prevedeva le condizioni e le forme per la proposizione dei giudizi di legittimit costituzionale. A ci ha provveduto appunto la detta legge costituzionale n. 1 del 1948, la quale con l'art. 1 ha introdotto il giudizio incidentale di legittimit costituzionale, attribuendo carattere pregiudiziale alla relativa questione. Essa, come noto, impone al giudice, quando la questione sorga nel corso di un giudizio e non sia manifestamente infondata, di rimetterne la decisione alla Corte Costituzionale. E l'art. 23 della citata 1. 11 marzo 1953, n. 87 aggiunge che il giudizio rimane sospeso fino alla pronuncia della Corte. Ci importa che tale pronuncia opera nel giudizio a quo come una decisione giurisdizionale e quindi vincola il giudice con l'efficacia di un giudicato; questo effetto si produce sia per le pronuncie di accoglimento, sia per quelle di rigetto. Per le prime l'effetto si produce, non solo all'interno, ma anche all'esterno, e cio erga omnes. i I I I I 94 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO .jj Posto c10, l'inapplicabilit della norma dichiarata incostituzionale non pu non riferirsi anche ai rapporti passati, poich proprio in relazione ad essi che viene sollevata la questione e che la pronuncia di illegittimit costituzionale deve spiegare effetti nel giudizio a quo. E tali effetti non possono non avere la stessa portata e la stessa estensione rispetto al processo in cui la questione fu proposta e rispetto ad ogni altro processo, dato c;he la dichiarazione di illegittimit costituzionale ha valore erga omnes. Deve indagarsi, ora, quale sia il carattere della detta dichiarazione. Indubbiamente esso non abrogativo, in quanto l'abrogazione disposta dal legislatore per ragioni di mera opportunit e costituisce una manifestazione tipica di discrezionalit politica, mentre il fenomeno della perdita di efficacia previsto dall'art. 136 della Costituzione ontologicamente diverso, coordinandosi ad una pronuncia che di mera legittimit, giacch prescinde da qualsiasi valutazione . politico-discrezionale ed impostata sull'accertamento di una causa preesistente di invalidit della norma. Che tale fenomeno non sia assimilabile all'abrogazione confermato dalla considerazione che la formula dell'art. 136 della Costituzione nettamente diversa da quella dell'art. 75, che prevede l'abrogazione a seguito di referendum popolare, mentre conforme a quella dell'art. 77, che riguarda i decreti legge, non convertiti in legge. La sentenza di accoglimento della Corte Costituzionale accerta il contrasto tra la norma ordinaria e il precetto costituzionale e dichiara tale vizio con efficacia erga omnes. Essa si inquadra nella categoria dei cos detti accertamenti costitutivi, perch realizza il presupposto, cui conseguono, in virt della Costituzione, determinati effetti. Prima della pronuncia della Corte Costituzionale la norma non affetta da nullit assoluta o inesistenza, perch, al contrario, in quanto promana da organi investiti del potere legislativo ed ha tutti i requisiti che caratterizzano l'essenza della leg'tge, ha il carattere dell'esecutoriet, nel senso che sia le autorit amministrative, sia, almeno in via di regola, i privati sono tenuti ad osservarla. Essa peraltro affetta da un vizio, che la invalida. Quindi la pronuncia della Corte Costituzionale, che accerta e dichiara tale invalidit, ha la natura di un annullamento. Tale annullamento non pu peraltro equipararsi all'annullamento di un negozio giuridico, che cancella tutti gli effetti gi prodotti. In PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE vero la nozione generale di inefficacia si distingue in specie particolari, di modo che non possibile estendere i principi propri di una specie ad un'altra. Mentre l'efficacia provvisoria del negozio viziato riferibile soltanto alla sfera di autonomia delle parti che lo posero in essere, quella della norma di legge viziata riferibile ad una disciplina di interessi eteronomi e vincolante in forza dell'ordinamento giuridico. Da queste premesse consegue che la dichiarazione di illegittimit costituzionale retroattiva, con il limite, peraltro, del rispetto delle situazioni esaurite. Quando, cio, in relazione agli atti e rapporti precostituiti, si erano determinate situazioni giuridiche consolidate ed intangibili, e come tali insuscettibili di essere . rimosse o diversamente regolate attraverso una sta~ uizione che prescinda dalla norma dichiarata incostituzionale, come nel caso in cui si sia formato il giudicato, la retroattivit non pu operare. E non vale distinguere tra legge-norma e legge-provvedimento, dato che la parziale retroattivit suscettibile di applicazione rispetto a concreti rapporti non esauriti, e la possibilit di applicazione deve stabilirsi nei singoli casi. Altra conseguenza della esecutoriet della norma precedentemente alla dichiarazione di incostituzionalit quella che non possa .considerarsi illecito il comportamento dell'amministrazione o dei privati, imposto dall'obbligo dell'osservanza della norma medesima, e che quindi non possa configurarsi una responsabilit per danni causati da fatto illecito. La disapplicazione per incostituzionalit dell'atto legislativo che ha disposto una espropriazione importa il diritto alla restituzione del bene espropriato; ma se del bene stato disposto ai fini pubblici, e quindi il giudice non pu ordinare tale restituzione, il privato ha diritto al risarcimento del danno per la mancata restituzione. E tale danno consiste nell'equivalente economico del bene, vale a dire nel valore attuale di esso, nonch nell'eventuale deprezzamento dei beni contigui non espropriati, nonch, infine, nella perdita del reddito. Quest'ultima, peraltro, deve essere limitata, fissandosene la decorreni:a dal giorno della domanda : infatti, non sussistendo una responsabilit per dolo o per colpa, appli . cabile l'art. 1148 cod. civ., secondo cui il possessore di buona fede risponde dei frutti percepiti dopo la domanda giudiziale e di quelli che avrebbe potuto percepire dopo tale data, usando la diligenza di un buon padre di famiglia. E' da escludere, invece, la risarcibilit di ogni altro even tuale danno. Legittimato passivamente all'azione di risarcimento lo 96 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Ente Maremma, al quale i beni furono trasmessi con il provvedimento di espropriazione, ente che sarebbe in grado di restituirli e che, in difetto, deve pagare l'equivalente, con gli accessori. L'organo dello Stato che corrisponde l'indennit non passivamente legittimato, perch non dalla corresponsione dell'indennit, ma dalla illegittima espropriazione in favore dello ente consegue l'obbligo della restituzione del bene o del risarcimento del danno. Nella specie, in cui il rapporto non si certamente esaurito, la retroattivit della pronuncia di illegittimit costituzionale importa che l'Ente Maremma debba risarcire il danno nei sensi e nei limiti suindicati. Per le esposte considerazioni, deve essere respinto il primo mezzo del ricorso, nonch la censura del secondo sopra indicata sub a), mentre deve essere accolta quella sub b). Quanto alla censura sub c), essa. palesemente infondata. Invero la sussistenza di un'espropriazione in eccesso costituisce l'indispensabile presupposto di fatto, in base al quale stata ritenuta rilevante la questione di legittimit costituzionale. Ogni contestazione in proposito quindi preclusa. Quanto alla facolt dell'Ente di restituire il terreno anzich pagarne il valore, basta rilevare che il terreno stesso era gi stato trasmesso ai contadini, e cio aveva avuta la destinazione di pubblico interesse per la quale era stato espropriato. Non vi era ragione, quindi, che il giudice prendesse in considerazione la possibilit di una restituzione. Poich il ricorso principale viene respinto nella parte in cui censura la ritenuta legittimazione passiva dell'Ente Maremm, deve considerarsi assorbito il ricorso incidentale, che stato proposto dal Ricci condizionatamente all'accoglimento di quella censura. L'accoglimento, sia pure parziale, del secondo motivo del ricorso principale importa l'assorbimento del terzo motivo dello stesso ricorso, che concerne la pronuncia sulle spese. L'accoglimento medesimo importa la cassazione della denunciata sentenza ed il rinvio della causa ad altro giudice dello stesso grado per il riesame alla stregua degli enunciati principii di diritto. E' opportuno demandare allo stesso giudice di provvedere anche sulle spese della presente fase del giulizio. Entrambi i ricorrenti hanno diritto alla restituzione dei depositi. -(Omissis). I" , I . .~ 97 PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 29 ottobre 1963, n. 2854 - Pres. Mastropasqua -Est. Forlenza -P. M. Colli (conf.) - Torrisi c. Fiorentino. Procedimento civile -Provvedimenti cl'urgenza -Autonoma impugna bilit ~ Esclusione. (c.p.c., artt. 700-702). J provvedimenti d'urgenza non sono suscettibili di autonoma impugnazione, poich, avendo carattere strumentale, rimangono di necessit assorbiti dalla decisione della causa di merito, della quale seguono la sorte (1). (1) Sulla inoppugnabilit del provvedimento di reiezione (salva la possibilit di proporre nuova istanza al giudice, adducendo nuovi elementi o nuove prove) v. DINI, I provvedimenti d'urgenza, S. Maria C. V., 1950, 77-78. Sottolinea che la cessazione della misura cautelare consegue non solo alla decisione di merito, ma anche alla sentenza che chiuda il processo, negando il potere del giudice di decidere sul merito, il MONTESANO (Sulla durata dei provvedimenti d'urgenza, Riv. dir. proc., 1956, II, 8), il quale avverte, per, (ibidem) che, nell'ipotesi di sentenza dichiarativa d'incompetenza, salvo il caso dell'estinzione del processo con la conseguente inefficacia del provvedimento d'urgenza, spetter al giudice dichiarato competente, innanzi al quale il processo prosegue, il potere di revocare o modificare la gi ottenuta misura cautelare. Sulla suscettibilit di esecuzione forzata dei provvedimenti urgenti v. REDENTI, Dir. Proc. Civ., voi. III, Milano 1954, 95 e seg. In tema di provvedimenti cautelari innominati. Il principio affermato nella sentenza in rassegna si ricollega a precedente giurisprudenza della Corte di Cassazione, ove si precisa che, se l'esistenza del diritto esclusa, il provvedimento d'urgenza viene meno, se invece l'esistenza del diritto accertata, il provvedimento d'urgenza sostituito dalla decisione di merito (cfr. Cass. 5 agosto 1960, n. 2299, in Acque, bonifiche e costruzioni, 1960, 361; 1 luglio 1958, n. 2343, Foro Padano, 1958, I, 1134; 21 maggio 1955, n. 1499, Riv. Dir. Proc., 1956, II, 1 e segg., con nota di MONTESANO, e Giur. it., 1957, I, 1, c. 197 e segg., con nota di MOSETTO). A questa giurisprudenza fa riscontro l'indirizzo dottrinale, che, nell'ambito delle misure cautelari, assegna ai provvedimenti d'urgenza ex art. 700 c.p.c. la funzione strumentale di assicurazione provvisoria degli effetti della decisione di merito, a cautela del risultato con- creto del processo di cognizione ed in attuazione, sul terreno dei fatti, dello stesso principio realizzato, sul piano del diritto, dai c.d. effetti sostanziali della domanda -e cio che la necessit del processo non torni a danno di chi ha ragione -e nega che quelle misure possano avere funzione alcuna, dopo l'accertamento giurisdizionale, definitivo o non, sull'esistenza del diritto da cautelarsi, poich ... un provvedimento, che sia preordinato a quell'assicurazione, non pu evidentemente servire (per di pi, attraverso una cognizione sommaria) a rimediare al pregiudizio de 98 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). -Con il primo mezzo si muove alla sentenza impugnata la censura di non avere adeguatamente e correttamente ragionato sulla legittimit del provvedimento ex art. 700 c.p.c., con cui il Pretore di Taormina avva sospeso la raccolta dei frutti che gli acquirenti Torrisi e D'Angelo stavan_o effettuando. La Corte d'Appello si sarebbe limitata a dire genericamente che lasciata al Pretore la facolt di valutare le ragioni di opportunit dei provvedimenti di urgenza, mentre avrebbe dovuto controllare se nel caso ricorrevano gli estremi per la concessione del provvedimento. rivabile da una sentenza gi pronunciata in seguito ad un processo di cognizione ordinaria, cio piena (MONTESANO, op. cit., 2; ID., I provve dimenti d'urgenza nel processo civile, Napoli, 1955, cap. II. Contro la possibilit di servirsi del provvedimento ex art. 700 c.p.c. per sosp,en dere l'esecuzione di una sentenza v. PERETTI-GRIVA, in Foro Padano, 1950, I, 93 e seg.; in senso restrittivo v. anche FRONTIERI, Prime applicazioni del provvedimento cautelare innominato, Giur. it., 1948, IV, c. 89 e segg.). Una precedente giurisprudenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite (Ord. 28 aprile 1948, Giur. Compl. Cass. Civ., 1948, II, 79, con nota critica di CONIGLIO) riteneva applicabile analogicamente, alla materia, l'art. 683 l c.p.c. ed insegnava, quindi, che anche i provvedimenti d'urgenza con templati nell'art. 700, quali misure cautelari, non perdono la loro effiI cacia sino quando la sentenza che dichiari inesistente il diritto cautelato non sia passata in giudicato . Correlativamente, in dottrina non manca chi (DINI, op. cit., 82), per analogia l sequestro, ammette la applicabilit dell'ultimo comma dell'art. 683 c.p.c. (dichiarazione di inefficacia del provvedimento d'urgenza con decreto del Giudice, su ricorso della parte interessata). Contro tale analogia (su cui v. anche CALVOSA, IRiv. dir. proc., 1949, II, 218) , invece, altra tesi dottrinale, che ha sottolineato il carattere speciale della norma in questione (MosETTO, Su alcuni caratteri dei provvedimenti cautelari d'urgenza, Giur. it., 1957, I. l, c. 202, il quale, peraltro, si pronuncia, conseguentemente, per la possibilit di revisione del provvedimento urgente, ossia di riesame da parte del giudice che lo ha emesso, in caso di mutamento della situazione di fatto che costituisce il presupposto della cautela; v. anche MONTESANO, Sulla durata ecc., cit., Riv. dir. proc., 1956, II, 4, che ritiene, invece, applicabile analogicamente l'art. 708, comma quarto, c.p.c.). Pu, in conclusione, giustamente osservarsi che, come esistono argomenti contrari alla tesi della durata dei provvedimenti interinali urgenti fino al passaggio in giudicato della decisione di merito, cos ne esistono altri contro la tesi dell'immediata inefficacia di quei provvedimenti, al sopraggiungere della decisione di primo grado. In proposito, si rilevato che l'eventualit dell'inconveniente che, dopo aver tolto di mezzo il provvedimento cautelare, la sentenza di merito venga a sua volta riformata, non solo procrastinata, ma anche sensibilmente ridotta, ove si ammetta che la perdita di efficacia del provvedimento segua non gi alla semplice emissione del provvedimento principale, bens alla sua esecutoriet, che pu derivare ex lege dal giudizio di appello, oppure essere concessa ponderatamente dal giudice di primo grado (MosETro, op. cit., c, 206). FRANCO CARUSI PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 99 Il mezzo inattendibile. Al riguardo importa, innanzi tutto, rilevare che, secondo ci che la Suprema Corte ha avuto occasione di affermare (sent. 1" luglio 1958, n. 2343), i provvedimenti di urgenza in s presi non sono suscettibili di un autonomo riesame. Essi, avendo carattere strumentale, sono vincolati al clir.itto che si vuol far valere e rimangono, di necessit, assorbiti:~ dalla decisione della causa di merito (della quale seguono la sorte), che l'istante tenuto ad iniziare nel termine perentorio fissatogli dal giudice. D'altro canto, nella fattispecie, per quanto attiene al momento della concessione e all'esistenza delle condizioni obiettive, cui l'istituto condizionato, non vero che la Corte d'Appello non si sia di queste occupata. Ha preso, invece, in esame la. situazione, che allora si era presentata ed anticipando in certo qual modo il giudizio di merito ha ritenuto che il provvedimento era stato tempestivo, dal momento che era stata intrapresa una raccolta di frutti con modalit contrastanti con gli accordi fra le parti e con gli usi locali, ed era perci sorto nel venditore il .fondato timore di perdere le garanzie della interdipendenza tra fasi di raccolta e versamenti degli acconti sul prezzo. (Omissis). -~1~~\~t;.i:. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 29 ottobre 1963, n. 2887 -Pres. Varallo -Est. Bianchi D'Espinosa -P.M. Pedote (conf.) -Cannone c. Sezione Speciale per la Riforma Fondiaria in Puglia, Lucania e Molise. Riforma fondiaria -Assegnazione di terre -Diritto dell'assegnatario Controversia tra due soggetti sulla spettanza di un terreno quali assegnatari. (1. 12 maggio 1950, n. 230, artt. 17-23; 1. 21 ottobre 1950, n. 841, art. 21; e.e. art. 1380). Riforma fondiaria -Controversie tra pretesi assegnatari dello stesso fondo -Intervento in giudizio dell'Ente di riforma. (e.p.e., art. 105). L'assegnazione delle terre di riforma fondiaria costituisce uno speciale negozio, per effetto del quale, durante il periodo trentennale stabilito per l'ammortamento del prezzo, l'assegnatario un semplice detentore e pu vantare solo diritti di carattere personale. In caso di controversia fra due soggetti assegnatari 100 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO I, .. dello stesso fondo preferito, a norma dell'art. 1380 e.e., chi per primo ne abbia conseguito il godimento (1). ~, Intervenendo in un giudizio in cui si discute a quale dei due .. soggetti spettino i diritti dell'assegnatario su un fondo, l'Ente di riforma fa valere il suo diritto di propriet sul fondo medesimo, ossia un diritto relativo all'oggetto dedotto in giudizio e, di conseguenza, l'intervento ha carattere e natura di intervento principale e l'interveniente ha la pi ampia facolt di proporre, in modo autonomo, domande ed eccezioni contro i soggetti originari del processo (2). (Omissis). -Egualmente infondati sono gli ultimi due motivi del ricorso, riguardanti la decisione nel merito. La Corte d'appello ha ritenuto infondata la domanda proposta dal Cannone contro il Lamanna, per un duplice ordine di motivi : a) perch il Lamanna, nel conflitto fra due soggetti che vantano uno stesso diritto di godimento sulla stessa cosa, doveva essere preferito, avendo per primo conseguito il godimento del fondo n. 0120, di cui era mezzadro prima dell'espropriazione (ed avendo, quindi, il diritto alla preferenza nell'assegnazione); b) perch l'assegnazione al Cannone fu, comunque, revocata dalla Sezione di Riforma Fondiaria. L'una e l'altra argomentazione (ed ognuna di esse sarebbe stata sufficiente a giustificare la decisione di rigetto delle domande del Cannone), sono esatte. Indiscutibile che il Lamanna stato immesso nel godimento del fondo prima del Cannone (il quale, anzi, non vi mai stato immesso); onde applicabile nella specie l'art. 1380, primo comma, una volta ammesso che l'Ente di riforma abbia assegnato al Lamanna la quota in contestazione. E tale dato di fatto, accertato dalla Corte di merito, non pu essere riesaminato in sede di legittimit, come non pu essere pi ridiscussa la questione (anche essa forman( 1-2) In tema di conflitto di diritti di assegnatari di terre di riforma. Nel caso di specie, al soggetto soccombente nel conflitto, secondo il criterio privatistico ex art. 1380 e.e., era gi stata dall'Ente di riforma revocata l'assegnazione, epper la decisione appare, praticamente, esatta. Non sembra, per, da condividerne la sia pur succinta motivazione, laddove essa riconosce esatta autosufficienza ad ognuno dei due argomenti addotti dalla Corte di merito, per giustificare il rigetto della domanda attrice: a) priorit del conseguimento del godimento del fondo da parte del convenuto; b) avvenuta, esplicita revoca dell'assegnazione all'attore, da parte dell'Ente di riforma, autorizzando, cos, la formulazione del principio sopra massimato sub (1). Come stato efficasemente dimostrato (ANDRIOLI, Note sull'assegnazione di terre per 101 PARTE I, SEZ, III, GIURISPRUDENZA CIVILE te oggetto di accertamento di fatto), se il Lamanna fosse mezzadro del precedente proprietario, e quindi, avendo in corso un contratto miglioratario sul fondo, poteva vantare la preferenza..,. nell'assegnazione, ai sensi dell'art. 21 legge 21 ottobre 1950, n. 841. Del resto, anche a non voler tener conto di tali considerazioni, il rigetto delle domande del. Cannone rimaneva pienamente giustificato, per la circostanza che, con deliberazione 10-101957, l'Ente di riforma, in applicazione dell'art. 18 legge 12-51950, n. 30, revoc l':;i.ssegnazione del fondo al Cannone medesi l'attuazione della riforma fondiaria, Dir. e Giur., 1955, 5 e segg.), sarebbe semplicistico ed erroneo ridurre l'assegnazione ad un puro schema privastico, se incontestabile che essa un rapporto mediante il quale enti e assegnatari realizzano, in comunit di intenti, i due fini previsti nell'art. 44 della Costituzione della Repubblica: razionale sfruttamento del suolo; stabilimento di equi rapporti sociali (ANDRIOLI, op. cit., 10; cfr. anche Cons. Stato, Sez. V, 25 ottobre 1957, n. 869, Il Consiglio di Stato, 1957, I, 1279). Per quanto ha tratto alla facolt di godimento del fondo, basta por mente all'obbligo previsto dall'art. 23 I. 12 maggio 1950, n. 230 (partecipazione ventennale dell'assegnatario alle Cooperative o ai Consorzi promossi o costituiti dall'Ente di riforma a fini di assistenza tecnica ed economico-finanziaria) ed alla sanzione di decadenza dall'assegnazione, dalla stessa norma sancita a carico degli inadempienti, per comprendere che nel periodo ventennale il rapporto corrente tra ente e assegnatario non differisce dalla concessione d'uso di beni pubblici (ANDRIOLI, op. cit., 11), col che dimostrata anche la inadeguatezza di una configurazione meramente privatistica della clausola contrattuale prevista dall'art. 18 della legge n. 230 del 1950 (periodo di prova di tre anni sotto condizione risolutiva espressa). Essa non integra gli estremi della clausola risolutiva espressa, di cui all'art. 1456 e.e. e nemmeno si configura come condizione sospensiva della efficacia del contratto, ma attribuisce all'Ente il potere di operare gli effetti abrogativi dell'assegnazione ipso jure, senza bisogno di una dichiarazione giudiziale e, comunque, produce l'effetto di sottrarre il potere discrezionale dell'Ente al sindacato del giudice ordinario (Trib. Roma 5 novembre 1954, Riv. dir. agr., 1955, II, 13). Tale potere discrezionale, in tanto, appunto, sus siste, in quanto vi siano fini pubblici da conseguire (Cons. Stato, Sez. V, 25 ottobre 1957, n. 869, cit., Il Consiglio di Stato, cit., 1957, I, 1281, ove si avverte che l'assegnazione consta di due atti, l'uno pubblicistico e l'altro privatistico , sia pure contemporanei e contestuali). Ci premesso, appare evidente che, in caso di difetto di revoca esplicita della prima assegnazione, il problema deve essere posto non gi col ricorso al criterio privatistico ex art. 1380 cod. civ., ma alla stregua dei principi valevoli in tema di incompatibilit di atti amministrativi. A questo proposito pu ricordarsi che, mentre nella dottrina amministrativa si ammette, per il caso di incompatibilit fra concessioni onerose, l'applicabilit del principio della priorit (cfr. RANELLETTI, Teoria generale delle autorizzazioni e concessioni amministrative, Parte III, Torino 102 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO mo, s che, per effetto di tale deliberazione, erano venuti a cessare anche quei diritti personali di godimento, in base ai quali l'attore aveva proposto le sue domande. Si tratta, come chiaro, ~ :-:-:-:-: .: di un atto amministrativo, fondato su ragioni di merito (l'Ente ha considerato che il Cannone ha coltivato in modo assolutamente irrazionale la quota a lui affidata), che perci il giudice ordinario non ha facolt di sindacare. Non essendo stato tale atto impug.ato, la sua efficacia non pu essere disconosciuta nell'attualdgiudizio; onde non hanno fondamento le censure formulate, contro tale punto della sentenza impugnata, col quarto motivo del ricorso. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 30 novembre 1963, n. 3069 - Pres. Laporta -Est. Salerni -P.M. Cutrupia (conf.) Amm. Interni c. Petacci-Persichetti. Prescrizione estintiva -Atti interruttivi. (c. c., art. 2943). Cassazione -Ricorso per cassazione -Erronea indicazione norme violate -Irrilevanza -Ammissibilit. (c.p.c., art. 366, n. 4). Procedimento civile -Consulente tecnico Valutazione consulenza Poteri del giudice di merito. (c.p.c., artt. 61, 62, 132, 191, 194-197; Disp. att. c.p.c., art. 118). Procedimento civile -Sentenza non definitiva - Jus superveriiens - Applicabilit da parte del giudice di appello. (c.p.c., art. 345). Responsabilit civile -Lucro cessante -Decorrenza interessi. ."j e.e., art. 2056). Appello -Riserva facoltativa di appello contro sentenza non definitiva -Appello congiunto a quello contro la sentenza clefinitiva. (c.p.c., art. 340). 1897, 225; RESTA, La revoca degli atti amministrativi, Milano, 1935, 160) e d in deroga all'opposto principio della posterit, valevole per il conflitto fra atti amministrativi, tale deroga non appare pi giustificata, allorch sia previsto dalla legge un potere discrezionale dell'Ente conce" dente di operare ipso jure la cessazione del rapporto e tale potere sia legittimamente esercitato con la revoca implicita del primo provvedimento, di modo che il successivo atto amministrativo, incompatibile col primo, si sottragga al sindacato occasionale del G.O. ai fini della eventuale disapplicazione ex art. 5 1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E (sulla particolare ipotesi di tale disapplicazione v. CANNADA-BARTOLI, L'inapplicabilit degli atti amministrativi, Milano 1950, 166). FRANCO CARUSI PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 103 Responsabilit civile -R,esponsabilit della P.A. -Responsabilit diretta in caso di colpa o dolo del funzionario -Rapporto di occasionalit necessaria tra atto illecito e attribuzione del funzionario. (Cost., art.. 28; c.c.1 art. 2043; d. lg. 1 gennaio 1956, n. 17, art. 12, comma secondo). Requisizione -Provvedimenti emanati sotto. il governo della repubblica sociale italiana da organi statuali preesistenti -Efficacia. (d. lg. I. 5 ottobre 1944, n. 249, artt. 1 e 2; d. lg. 1. 4 gennaio 1946, n. 3, art. 1, comma secondo). La idoneit d un atto ad interrompere la prescrizione va stabilita con un'indagine di fatto, da compiersi caso per caso dal giudice di merito, per accertare la effettiva volont della parte di far valere tempestivamente il proprio diritto. Ad interrompere la prescrizione estintiva sufficiente qualsiasi atto che manifesti, comunque, contro la presunzione implicita nel decorso del tempo, la chiara volont del creditore di sollecitare il soddisfacimento del suo diritto (1). L'erronea indicazione nei motivi di ricorso per cassazione delle norme, che si assumono violate, non costituisce causa di inammissibilit del ricorso, quando possa identificarsi, attraverso il contesto delle ragioni addotte dal ricorrente, il motivo della censura (2). Il giudice di merito, che riconosca esatte e condivida le con (1) cfr. Cass. 8 marzo 1963, n. 559, Giur. it., Mass. 1963, 182, ove si precisa non essere necessario che l'atto abbia carattere intimatorio (diffida a pagare), ma sufficiente che esso manifesti contro la presunzione di rinuncia, implicita nel decorso del tempo, la chiara volont del creditore, diretta a sollecitare il soddisfacimento del suo diritto; v. anche Cass. 21 febbraio 1961, n. 392, Foro it., Rep. 1961, voce Prescrizione in materia civile, n. 35, c. 1916, ove si afferma che l'atto pu essere idoneo all'interruzione, anche se non reca indicazioni sulla misura e modalit del credito ; Cass. 9 agosto 1961, n. 1930, Ibidem, voce cit., n. 30, c. 1915, ove si avverte, invece, che la semplice, generica riserva di far valere in separato giudizio un determinato diritto, contenuta in uno scritto difensivo, non equivale a manifestazione ferma ed univoca di volont, diretta a quello scopo: perci non vale a costituire in mora il debitore e non spiega alcuna efficacia di atto interruttivo della prescrizione, ai sensi dell'art. 2943, 4 comma, e.e. , (2) Conf. Cass. 19 giugno 1962, n. 1567, Foro it., Mass. 1962, 473 e Rep. 1962, voce Cassazione in materia civile, n. 213; 20 aprile 1959, n. 1174, Giust. civ., Rep. 1959, voce Cassazione civile, n. 103; 29 luglio 1958, n. 2753, id., Rep. 1958, voce cit., n. 112; 20 novembre 1957, n. 4448, id., Rep. 1957, voce cit. n. 176. 104 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO elusioni del consulente tecnico d'ufficio, non tenuto ad espri mere particolari ragioni di tale suo convincimento (3). Il giudice di primo grado, davanti al quale sia proseguito il processo, per la decisione di altri capi di domanda, non pu riesaminare le questioni gi decise con sentenza non definitiva, neppure al fine di applicare al rapporto controverso nuove norme sopravvenute in corso di causa. Tale potere-dovere spetta al giudice d'appello, qualora la sentenza non definitiva venga impugnata, essendo ammissibile ai sensi dell'art. 345 c.p.c. dedurre in appello la nuova regolamentazione giuridica del rapporto (4 ). Sulla somma liquidata a titolo di risarcimento di danni per fatto illecito decorrono di pieno diritto gli interessi compensativi dal giorno dell'illecito. In particolare, per quanto riguarda il danno derivato dalla mancata utilizzazione d'un bene (lucro cessante), la decorrenza degli interessi sulla somma liquidata per risarcimento va stabilita con riferimento alle singole fra 1 I ~ (3) Conf. Cass. 13 aprile 1963, n. 939, Giur. it., Mass. 1963, 312; 6 otto~:: bre 1962, n. 2856, Foro it., Mass. 1962, 806 e Rep. 1962, voce Consulente tecnico, n. 52. Se si discosta dalle conclusioni del consulente tecnico d'ufficio, il giudice tenuto... a spiegare con esauriente e I corretta motivazione le ragioni del suo dissenso >>, cos Cass. 9 novembre 1962, n. 3101, Foro it., Mass. 1962, 872. Ma nelle cause d'ap~ pello, in cui si renda necessaria la rinnovazione della consulenza tecnica, se il giudice ritenga di uniformarsi al parere del consulente di secondo , I grado, difforme da quello del consulente di primo grado, egli non tenuto a compiere una previa confutazione degli argomenti e delle conclusioni di quest'ultimo, del resto implicita nell'accettazione dei risultati della nuova consulenza; Cass. 6 agosto 1962, n. 2390, Foro it., Mass. 1962, 687. In ordine all'obbligo della motivazione della decisione, I che, ritenendo convincenti le conclusioni del consulente d'ufficio, disattenda le diverse risultanze della consulenza di parte, v. Cass., Sez. Unite, 18 febbraio 1963, n. 394, Giur. it., Mass. 1963, 129, ove si stabilisce che tale obbligo sussiste soltanto nell'ipotesi che i rilievi di quest'ultima consulenza fossero tali da condurre, se fondati, ad una diversa soluzione I della causa . (4) cfr. Cass. 30 marzo 1963, n. 803, Giur. it., Mass. 1963, 264: Ai sensi dell'art. 345 c.p.c. consentito proporre in appello nuove ecceI zioni e dedurre l'jus superveniens, inteso questo, non solo come una . nuova regolamentazione giuridica del rapporto dedotto in causa, bens I nche come fatto nuovo intervenuto nel corso del giudizio, a condizione che quest'ultimo caso, quando si verifichi nel corso del giudizio di f: appello, non importi violazione del divieto di mutamento della domant: da ; Cass. 15 ottobre 1957, n. 3847, Foro Pad. 1958, I, 558 e Riv. I . l dir. proc., 1959, 157: lo jus superveniens di immediata applicazione da parte del giudice, ma detta applicazione deve essere coordinata con i principi relativi alla competenza funzionale tra i diversi gradi di giurisdizione. Questa decisione stata criticata, per ragione di spe fJ cie, dal Cmcco, Appunti sullo jus superveniens , Foro it., -~9~9, I, . . . . Jl 105 PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE zioni del reddito, che si sar.ebbe periodicamente maturato, dal giorno della perdita del bene e fino a quello della liquidazione (5). 1 La norma dell'art. 340 c.p.c., precisando che, quando sia fatta riserva di appello contro sentenza non definitiva, l'appello deve essere proposto insieme a quello contro la sentenza che definisce il giudizio, attua il principio della concentrazione dei gravami. In virt di tale principio, qualora appellante sia la medesima parte che ha fatto la riserva, l'appello contro la sentenza definitiva e quello contro la non definitiva vanno proposti con il medesimo atto. Qualora, invece, l'appello sia proposto da parte diversa da quella che ha fatto la riserva, occorre distinguere il caso che detta parte abbia impugnato soltanto la sentenza definitiva, da quello in cui essa abb.ia impugnato anche la sentenza non defin- c. 90 e, pi generalmente, dal PROVINCIALI, Applicazione del jus superveniens dopo sentenza non definitiva, Foro padano, 1958, I, c. 557 e segg., il quale obietta che il principio della preclusione patisce delle eccezioni, fra cui evidente ed intuitiva quella del jus superveniens: quando sia variata la premessa, perch mutata la legge, non vi nuova e diversa pronunzia sugli stessi presupposti (il che vietato), bens una nuova decisione ed un nuovo sillogismo, giustificati e resi doverosi dalla diversit delle premesse (c. 558). Contra ed in senso favorevole all'insegnamento della Cassazione, VELLANI, Sentenza non definitiva e legge sopravvenuta, Riv. dir. proc., 1959, 157 e segg., il quale,' a sua volta, osserva che, per quanto concerne la legge nuova, emanata mentre in corso un giudizio, di essa il giudice di quella causa deve tener conto non in ogni caso, bens soltanto quando risulti applicabile ai fatti su cui si contende, anteriori al giudizio; ed applicabile ai fatti compiuti soltanto quando sia una legge retroattiva, come per es. una legge interpretativa. E quindi di jus superveniens non si dovrebbe parlare a proposito di ogni legge nuova, bens, appunto, soltanto con riferimento a quella che retroagisce nel senso sopra precisato (op. cit., 167168) e che quando il legislatore... statuisce... l'applicabilit della nuova legge anche ai fatti su cui si contende, siano o no gi stati decisi con sentenza, purch non ancora passata in giudicato..., le nuove norme vanno, si, applicate, anche d'ufficio, pur dopo che stata emanata una sentenza non definitiva, ma dal giudice che solo pu, ormai, modificare tale sentenza, cio dal giudice dell'impugnazione (se, s'intende, venga adito) (op. cit., 168). Ma gi il CHICCO (op. cit., 90), aveva sottolineato che la lex superveniens agisce nel processo solo quando essa o retroattiva in senso proprio, oppure colpisce gli effetti in corso di un rapporto giuridico, che non viene, tuttavia, intaccato direttamente . (5) La sentenza in rassegna fa riferimento a Cass. 13 ottobre 1960, n. 2723, Foro it., Rep. 1960, voce Responsabilit civile, n. 421, c. 2281, ove si parla di compenso per il ritardo nel risarcimento ; sulla decorrenza degli interessi, con riferimento alle singole frazioni di reddito che si sarebbero maturate periodicamente, v. Cass. 13 settembre 1963, n. 2503, in Giur. it., Mass. 1963, 848. Si parla di interessi compensativi sulla somma liquidata a titolo di risarcimento di danni da fatto illecito, con de 106 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA !JELLO STATO tiva, sulla quale caduta la riserva. Nel primo caso il riservante dovr proporre appello nei confronti della sentenza non definitiva con atto autonomo, nel secondo caso dovr proporlo in via incidentale (6). Non pu escludersi la responsabilit della P.A. per i danni arrecati dai suoi dipendenti con abuso di poteri, poich tale attivit (fuori dell'ipotesi in cui il dipendente agisca come semplice privato, per finalit meramente egoistiche, nel qual caso l'attivit si configura come assolutamente estranea all'ambito delle pubbliche funzioni) pur sempre ricollegabile al pubblico servizio, che il dipendente chiamato a prestare e deve ritenersi che la P.A. risponda, sempre in via diretta, in caso di colpa o di dolo del funzionario, qualora sussista un rapporto di occasionalit ,necessaria tra l'atto illecito e le incombenze attribuite al fun~ zionario, sicch queste abbiano reso possibile l'attivit dannosa (7). correnza di pieno diritto dal giorno del commesso illecito, da Cass. 17 dicembre 1962, n. 3383, Giur. it., Mass. 1962, 1129, mentre Cass. 17 novembre 1962, n. 3133, Ibidem, 1048, precisa che nelle obbligazioni ex delicto la mora del debitore risale al verificarsi dell'evento dannoso, con la conseguenza che da questo debbono farsi decorrere gli interessi dovuti per il ritardo del risarcimento. In Cass. 30 maggio 1942, n. 1508, Foro it., Mass. 1942, 361, si parla di interessi compensativi, come sottospecie di interessi moratori, con riguardo al capoverso dell'articolo 1224 e.e..(cos, in dottrina, v. MESSINEO, Manuale di dir. civ. e comm., val. II, p. 2, Milano 1952, 341). La nozione di interes'si compensativi, quale adottata dal codice civile vigente (art. 1499), prescinde ,invece, dalla colpa e dalla mora. Essi si distinguerebbero dagli stessi interessi corrispettivi e sarebbero dovuti anche prima della scadenza dell'obbligazione (MESSINEO, op. cit., vol. cit., 341). (6) In argomento cfr. Cass. 19 luglio 1961, n. 1762, Foro it., Rep. 1961, voce Appello civ., n. 14. La proposizione della riserva salvaguarda il diritto di appello inci. dentale differito contro sentenza non definitiva, se da altra parte venga appellata in via principale la sentenza definitiva, anche se il riservante, appellante incidentale, sia carente di interesse ad impugnare quest'ultima: Cass. 30 ottobre 1956, n. 4061, Foro it. 1957, I, 804-805. (7) conf. Cass. 20 aprile 1962, n. 792, in Giur. it., Mass. 1962, 285 : Alla " Pubblica Amministrazione va riferito ogni atto del dipendente, se comX piuto nella veste di organo dell'Amministrazione medesima, nell'esplicazione delle funzioni a lui demandate, quale conseguenza del rapporto organico che lega il funzionario all'ente. Pertanto, una frattura del rapporto organico con esclusione di responsabilit della Pubblica Amministrazione ha luogo soltanto quando il funzionario agisca come semplice privato, per finalit egoistiche, nel qual caso l'attivit di lui si configura come assolutamente estranea all'ambito delle pubbliche funzioni. Al di li. ~ : I~ . : qua di tale limite (attivit personale), ogni altro atto, anche se illegittimo e compiuto con abuso di poteri, deve farsi risalire alla Pubblica PARTE I, SEZ, .III, GIURISPRUDENZA CIVILE 107 Alla sanzione d'inefficacia comminata per i provvedimenti di requisizione adottati sotto il governo della repubblica sociale si sottraggono gli atti di requisizione disposti da organi Amministrazione, dato che ricollegabile al pubblico servizio, che il dipendente chiamato a svolgere . Ma, se il criterio di tale collegamento, come esplicitamente afferma la sentenza in rassegna, costituito dal rapporto di occasionalit necessaria tra l'atto illecito e le incombenze del funzionario, deve dirsi che esso assolutamente inadeguato e contraddittorio con la premessa della responsabilit diretta della P.A., a cui la Corte di Cassazione tuttora ancorata (cfr. Cass., Sez. Un., 4 gennaio 1964, n. 3, Giur. it., Mass. 1964, 2). Questa sorta di responsabilit non pu essere in alcun modo conciliata col dolo, anche se generico, dell'agente, poich esso spezza sempre il rapporto organico. Bene stato osservato, in proposito, che l'attivit maliziosa con~ettualmente estranea alle attribuzioni dell'organo, cos come il fine illecito per definizione estraneo ai fini della Pubblica Amministrazione (GUGLIELMI, L'art. 28 della Costituzione e la responsabilit dello Stato e degli enti pubblici, in questa Rassegna, 1949, 171). Il problema si pu porre, allora, soltanto nei termini avvertiti dal TORRENTE (La responsabilit indiretta della Pubblica amministrazione, in Riv. dir. civ., 1958, I, 285), ossia che la rottura del rapporto organico non valga ad escludere la possibilit di una responsabilit indiretta della PA. Ma il merito della giurisprudenza della Corte di Cassazione consiste precisamente nella esclusione de jure condito di tale altro tipo di responsabilit per la Pubblica Amministrazione (cfr. anche Cass., Sez. Unite, 29 maggio 1963, n. 1422, in Giur. it., Mass. 1963, 490 e, meno di recente, Cass. 13 novembre 1957, n. 4377, Relaz. Avvocatura dello Stato, 1956-1960, vo}. II, Roma 1961, 147; 19 giugno 1958, n. 2109, Foro it., 1959, I, 1732; 23 settembre 1958, numero 3029, Foro it., 1959, I, 406; 31 marzo 1960, n. 708, Relaz. Avvocatura dello Stato cit., vol. cit., 147. Pur al cospetto della norma di cui al secondo comma dell'art. 12 D. Lg. 1 gennaio 1956 n. 17, il TORRENTE ritiene di potere affermare che in base alle norme ed ai principi vigenti dell'ordinamento giuridico sussista accanto alla responsabilit diretta della P.A. anche un tipo di responsabilit indiretta a titolo di garanzia del danneggiato, per la quale funzionerebbe, appunto, il limite costituito dal legame di occasionalit necessaria dell'atto con le incombenze del dipendente. Tale responsabilit sussidiaria sarebbe sancita dall'art. 28 Cost., mentre la responsabilit diretta sarebbe sancita dall'art. 113 Cost.: una volta identificata nell'art. 113 della Costituzione la norma che sancisce la responsabilit della pubblica amministrazione, l'estensione della responsabilit del dipendente alla pubblica amministrazione, affermata nell'art. 28 della stessa Costituzione, non ha significato. se non riferendola all'ipotesi di dolo del dipendente. Esclusa questa ipotesi ,ove si interpretasse l'estensione della responsabilit alla sola fattispecie della colpa, il precetto che sancisce siffatta estensione non costituirebbe che una duplicazione della regola contenuta nell'art. 113 . Questo ragionamento non convince e, comunque, si fonda su una premessa indimostrata. L'art. 113 Cost. non ha inteso regolare affatto la responsabilit della P.A., ma soltanto abrogare le norme che escludevano o limitavano la sindacabilit degli atti amministrativi in s.g., riconoscendo tutela giurisdizionale contro gli atti della P.A. (Cass., Sez. Unite, 31 gennaio 1948, 108 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO della Pubblica Amministrazione preesistenti alla repubblica sociale italiana, che abbiano continuato in quel periodo a funzionare secondo le leggi dello Stato (8). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 14 dicembre 1963, n. 3159 - Pres. Vistoso -Est. di Majo -P. M. Gentile (conf.) -Imperia! Chemical Industries Ltd. c. Ministero dell'Industria e Commercio. Corte Costituzionale -Giudizi incidentali di legittimit costituzionale Decisioni di rigetto -Effetti. (Cost., art. 134; 1. cost. 9 febbraio 1948, n. 1, art. 1; 1. 11 marzo 1953, n. 87, artt. 23, 29). Invenzioni industriali -Brevetti -Medicamenti -Divieti di brevettabilit -Anestetici -Rientrano fra i medicamenti. (r.d. 29 giugno 1939 n. 1127, art:. 14). Le decisioni della Corte Costituzionale, che dichiarano infondata la questione di costituzionalit di una norma di legge o di atto avente forza di legge, sollevata nel corso di un giudizio dinanzi ad una autorit giudiziaria, non implicano un accertamento assoluto della legittimit della norma, ma soltanto relativo alla questione sollevata ed in tali limiti spiegano n. 157, Giur. compl. Cass. Civ., XXVII, 1948, I, 210; Cons. Stato, Sez. V, 8 ottobre 1948, n. 610, Foro Amm., 1949, I, 2, 135; 12 novembre 1948, n. 732, Id., 1949, I, 2, 151; 8 ottobre 1949, n. 612, Id., 1949, I, 2, 142 e 151; Sez. V, 30 dicembre. 1949, n. 442, Id., 1950, I, 1, 152; 30 dicembre 1949, n. 452, Rass. dir. pubbl., 1950, 841; Cass. 27 giugno 1955, n. 1993, Il Consiglio di Stato, 1955, II, 137). Quella norma concerne, cio, il tema specifico dei poteri e dell'attivit dell'Autorit giudiziaria, mentre della responsabilit dello Stato e degli enti pubblici, come dei funzionari dagli stessi dipendenti, si occupa specificamente l'articolo 28 (Dr CIOMMO, La responsabilit civile del dipendente statale e dell'Amministrazione dello Stato, in questa Rassegna, 1957, 35, ove si citano anche gli Atti Parlamentari, I, Sottocommissione, seduta 1 ottobre 1946, p. 162; v. anche, sui lavori preparatori, GUGLIELMI, op. cit., 174-175). La problematica della responsabilit degli enti pubblici stata trattata, di recente, da ALESSI, La responsabilit degli enti pubblici, Milano, 1964, studio che sar recensito nel prossimo numero di questa Rassegna. (8) Conf. Cass. 25 ottobre 1960, n. 2897; cfr. Cass. 12 luglio 1951, n. 1922, Relaz. Avvocatura dello Stato, 1951-1955, vol. II, Roma 1957, 873: fatta eccezione per le requisizioni di alloggi disposte a favore di pri vati sinistrati o sfollati, sono prive di efficacia giuridica, a norma del primo comma dell'art. 1 del d.1.l. 4 gennaio 1946, n. 3, tutti gli altri provvedimenti di requisizione in propriet o in uso, adottati da organi istituiti sotto la r.s.i. e non preesistenti ad essa . F. C. PARTE I, SEZ, III, GIURISPRUDENZA CIVILE lO!J influenza sulla valutazione della medesima questione in altri giudizi (1). A norma della legislazione vigente, non possono costituire oggetto di brevetto i procedimenti per la fabbricazione di medicamenti. Medicamento quel farmaco che riesce di giovamento diretto o indiretto all'uomo, epper anche l'anestetico non pu non essere considerato medicamento (2). (1) La questione di incostituzionalit dell'art. 14, comma primo, r.d. 29 giugno 1939, n. 1127 (secondo il quale non possono costituire oggetto di brevetto i procedimenti per la fabbricazione dei medicamenti), per essere questa norma in contrasto con la delega legislativa conferita al Governo con il r.d.l. 24 febbraio 1939, n. 317, convertito nella I. 2 giugno 1939, n. 739, era stata gi sollevata in numerose controversie fra altre parti e rimessa dalla stessa Corte di Cassazione alla Corte Costituzionale, che la dichiar non fondata, con sentenza 26 gennaio 1957 N. 37 (Giur. Cast., 1957, 454 e segg., con nota del MORTATI). Essendo stata la medesima questione riproposta anche dalla ricorrente Societ Imperlai Chemical Industries, la Corte di Cassazione, nella sentenza in rassegna, l'ha ritenuta infondata, formulando il principio, sopra massimato, che la questione debba essere risolta nello stesso modo, se non siano prospettati nuovi profili o addotti argomenti nuovi (cfr. gi Cass., Sez. Un., 20 maggio 1959, n. 1522, Giur. Cast., 1959, 1335). Non si tratta di estensione erga omnes dell'efficacia delle decisioni di rigetto, poich tale estensione vale soltanto per le pronunce di accoglimento (art. 136 Cost.; art. 30 1. 11 marzo 1953 N. 87), e ci conferma che il giudizio incidentale di costituzionalit non si trasforma in un giudizio sulla validit della legge in s; ma si tratta di un precedente giurisprudenziale, che induce la stessa Corte Costituzionale a dichiarare manfestamente infondata la questione, che abbia ad oggetto la medesima norma, se non vi siano ragioni per adottare una diversa pronunzia (cfr. Corte Cost., Ordinanze 30 ottobre 1956, n. 30 e 31, Giur. Cast., 1957, 86 e 87). Sull'efficacia vincolante delle decisioni di rigetto nel processo a quo ed in tutti quelli futuri, che possano insorgere, fra le stesse parti, in ordine alla medesima controversia di merito, per il principio relativo al ne bis in idem, cfr. PIERANDREI, Corte Costituzionale, Encicl. del Diritto, Voi. X, Milano 1962, 978 e segg.; CHIEPPA, Ancora sulla riproponibilit di questione di legittimit costituzionale, ecc., in Giur. Cast., 1961, 1063; v. anche Cass. Sez. Un., 22 gennaio 1958, N. 147, Giust. Civ., 1958, I, 1093 e segg.; Cass., Sez. Un., 18 aprile 1962, N. 770, Giust. Civ., 1962, III, 253, ove si insegna che la decisione della Corte Costituzionale che dichiari l'infondatezza della questione si deve ritenere emessa dal giudice a quo del processo e deve avere la stessa portata di una sua decisione incidentale sulla questione. (2) Sulla brevettabilit dei procedimenti per la produzione dei medicinali ed in senso negativo, de jure condito, v. gi Cass., Sez. Un., 20 maggio 1959, n. 1522, Giur. Cast., 1959, 1334 e segg. Conformi alla sentenza in rassegna sono anche le sentenze della Corte di Cassazione, di pari data e della stessa Sezione, recanti i numeri 3158 e 3160, emesse su ricorso della societ Deutsche Gold -u. Silber Scheideanstalt vormals Roessler, nonch quella in data 29 novembre 1963, della stessa 1 Sezio RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 110 (Omissis) . .,..-Con il primo mezzo la ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione .dell'art. 14 r.d. 29 giugno 1939, n. 1127 e degli artt. 12 e 14 preleggi, in relazione all'art. 360, n. 3, c.p.c., assume che la Commissione non ha considerato che il legislatore, introducendo una deroga al principio generale che . riconosce ad ogni inventore un temporaneo monopolio dello oggetto della sua invenzione, ha inteso limitare il divieto di brevettabilit ai medicamenti veri e propri e ai processi per la loro produzione, e cio a tutti i rimedi capaci di ridare la salute ai sofferenti, di curarne le malattie e di prevenirle; sicch sono brevettabili gi anestetici ed i processi per la loro produzione, le quali sostanze non possono farsi rientrare tra i medicinali, perch non hanno alcun potere curativo. La censura infondata. La ricorrente riconosce nelle sue difese che esatto il principio affermato dalla Commissione dei brevetti che la nozione di medicamento inscindibilmente legata ad un effetto terapeutico, ma sostiene sostanzialmente che tale effetto non possa attribuirsi all'anestetico, che a suo avviso sarebbe solo un mezzo, alla stessa stregua dello strumento chirurgico, insieme al quale viene di norma usato, rivolto ad abolire la sensibilit del paziente, sottoposto ad intervento chirurgico, senza apportare alcun beneficio al male del paziente stesso. Ora, su questo punto, esattamente la Commissione ha rilevato che, se il medicamento quel farmaco che riesce di giovamento diretto o indiretto all'uomo, anche l'anestetico non pu non essere considerato medicamento. Perch, e il rilievo di facile intuizione, la speciale propriet dell'anestetico, di abolire la sensibilit, specialmente quelfo dolorifica, viene utilizzata a scopo terapeutico, sia come mezzo diretto, nel caso in cui ne venga fatto uso per eliminare o attenuare un dolore conseguente a uno stato morboso, sia come mezzo indiretto, quando ven ne Civile, recante il n. 3064 ed emessa su ricorso della Societ Imperia! Chemical Industries Ltd. In dottrina v., in senso parimenti negativo, ROTONDI, Sulla brevettabilit dei procedimenti per la produzione di medicinali, in Riv. dir. comm. 1952, I, 275 e segg.; REDENTI, In tema di brevettabilit dei processi di produzione di medicamenti, Id., 1955, II, 199 e segg., con ampie citazioni; JEMOLO, Interpretazione o distorsione di norme, Riv. dir. industriale, 1955, II, 120; CALAMANDREI, Sulla brevettabilit o meno dei processi di produzione dei medicamenti, in Foro padano, 1956, I, c. 52 e segg.; contra: EuLA, Brevettabilit dei processi, ecc., Riv. dir. comm., 1946, I, 27; A.NDRIOLI, L'incostituzionalit dell'art. 14 della legge 20 giugno 1939, n. 1127, in Scritti giuridici raccolti per il centenario della casa editrice Jovene, Napoli 1954, 623 e segg. F. C. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE ~a usato, nella terapia chirurgica, per eliminare il dolore cagionato dall'intervento. Con il s.econdo mezzo la ricorrente -denunciando violazione degli artt. 2 n. 3 e 6 n. 4 I. 30 ottobre 1859, n. 3731, in relazione all'art. 3 r.d.l. 24 febbraio 1939, n. 317 e all'art. 360, n. 3, c.p.c., e violazione dell'art. 2 r.d. 29 giugno 1939, n. 1127 in contrasto con l'art. 14 stesso r. d., in relazione all'art. 360, n. 3, c.p.c. -assume che: a) -contrariamente a quanto ritenuto dalla Commissione, la questione di illegittimit costituzionale dell'art. 14 r.d. 29 giugno 1939, n. 1127 fondata e va, quindi, rimessa alla Corte Costituzionale. L'art. 16 r.d. 13 settembre 1934, n. 1602, che riconosceva la brevettabilit dei processi per la produzione dei medicamenti, aveva valore di interpretazione autentica dell'art. 2, n. 3, legge 30 ottobre 1859, n. 3731, che ammetteva in generale la brevettabilit dei processi o metodi di produzione industriale, senza esclusione dei processi di produzione dei medicamenti; e poich il legislatore delegante aveva demandato al Governo di riunire nei tre testi -in cui andava diviso il testo del 1934 -le rispettive disposizioni della legge del 1934, da mettere in attuazione per prime, nonch le disposizioni delle leggi e dei decreti vigenti, che restano in vigore in luogo e vece delle disposizioni da attuarsi in tempi successivi (art. 3 r.d. I. 24 febbraio 1939, n. 317), il legislatore delegato, negando la brevettabilit dei processi per la produzione dei medicamenti, ha ecceduto dalla delega conferitagli, perch ha modificato in senso diametralmente opposto la norma dell'art. 16 r.d. n. 1602 del 1934, che era stata semplicemente differita, e cos ha modificato indebitamente ed arbitrariamente anche lo stato di diritto e di fatto preesistente secondo la legge del 1859; b) contrariamente a quanto ritenuto dalla Commissione, la norma dell'art. 2 r.d. 29 giugno 1939, n. 1127 in insanabile contrasto con la norma del successivo art. 14; l'art. 2, disponendo che il brevetto concernente un nuovo metodo o processo industriale si estende anche al prodotto ottenuto, purch questo sia brevettabile, si riferisce soltanto ai processi per la produzione dei medicamenti, ammettendone la brevettabilit, perch il prodotto non brevettabile solo il medicamento, e quindi in contrasto con l'art. 14, che invece nega la brevettabilit dei processi per la produzione dei medicamenti. Poich tale contrasto comporta una questione di interpretazione, risolubile con la interpretatio abrogans, come esattamente rilevato - 112 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dalla Commissione, va accordata prevalenza alla norma dello art. 2, che pi risponde alle esigenze e finalit dell'argomento. Anche queste censure non colgono nel segno. La ricorrente ripropone la questione circa la incostituzionalit dell'art. 14 del r.d. 29 giugno 1939, n. 1127, che nel suo contenuto esorbiterebbe dalla delega legislativa, di cui al r.d.l. 24 febbraio 1939, n. 317. La questione, come ben noto, stata gi decisa dalla Corte Costituzionale; che, con sentenza n. 37 del 26 gennaio 1957, si pronunciata per la manifesta infondatezza della questione stessa e, quindi, per la costituzionalit del divieto della brevettabilit dei procedimenti per la produzione dei medicamenti, sancito nella indicata norma. Ora, esatto che le pronunce della Corte Costituzionale, le quali dichiarino infondata una questione di illegittimit costituzionale, non hanno l'efficacia vincolante di quelle che dichiarino l'illegittimit costituzionale di una norma, in quanto dette pronunce non implicano un accertamento assoluto ed immutabile della legittimit della norma, ma spiegano influenza solo sulla valutazione della questione, nel senso che questa deve essere risolta nello cStesso modo, se non. esistono ragioni per adottare una soluzione diversa; e che, quindi, se si prospettino nuovi profili o si adducano argomenti nuovi, eventualmente desunti da ulteriori svolgimenti dei principi informatori dello ordinamento giuridico, la questione pu essere riconosciuta fondata (sent. 1522 e 1702 del 1959; 770 e 1918 del 1962). Ma la ricorrente non adduce argomenti diversi da quelli gi vagliati e che hanno determinato l'indirizzo -che qui si riconferma -secondo cui, a norma della legislazione vigente, non possono costituire oggetto di brevetto i procedimenti per la fabbricazione di medicamenti (sent. 763, 1522 e 1702 del 1959; 2073 del 1960). E' sufficiente qui ricordare che l'art. 2 del R. D. 29 giugno 1939 n. 1127, nello estendere il brevetto di un metodo o processo al prodotto ottenuto, alla condizione che questo possa formare oggetto di brevetto, si coordina perfettamente con il divieto della brevettabilit dei medicinali. Non vero che, esclusa la applicabilit ai medicamenti, la norma non potrebbe avere applicazione, poich pu ipotizzarsi il caso di un procedimento nuovo, riferentesi ad un prodotto, che abbia gi formato oggetto di privativa; quello di un procedimento, che dia luogo ad un prodotto avente i caratteri di modello industriale; quello di un procedimento, che possa por PARTE I, SEZ, III, GIURISPRUDENZA CIVILE 113 tare a prodotti differenti, alcuno lecito ed altro no, perch nocivo alla salute pubblica o contrario al buon costume. E si deve, perci, concludere che la disposizione dell'art. 2 della I. n. 1127 del 1939 ha una portata di carattere generale, perch si riferisce genericamente ai metodi e processi industriali e non ai particolari procedimenti per la produzione dei medicamenti, regolati nel successivo art. 14 della stessa legge, che ne sancisce la non brevettabilit. Il ricorso deve, in conseguenza, essere rigettato. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 14 dicembre 1963, n. 3166 - Pres. Pece -Est. Pece -P.M. Colonnese (conf.) -Comune di Palermo c. Portinaio. Espropriazione per pubblica utilit -Occupazione in via d'urgenza da parte della Pubblica Amministrazione -Protrazione ultrabiennale della medesima senza. il perfezionamento della procedura espropriativa -Trasformazione dell'immobile in seguito a costruzione dell'opera pubblica -Risarcimento dei danni -Liquidazione. CL 25 giugno 1865, n. 2359, art. 73; e.e., artt. 2043, 2056, 2058). Espropriazione per pubblica utilit -Indennit -Danno risarcibile per protrazione ultrabiennale senza titolo di occupazione d'urgenza Destinazione dell'area a sede di opera pubblica prevista nel piano cli Ricostruzione -Irrilevanza. Cl. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 39; I. 27 ottobre 1951, n. 1402, art. 9). Il risarci1nento del danno subito dal proprietario di un immobile occupato dalla pubblica amministrazione e trasformato in sede stabile di un'opera pubblica, senza che sia intervenuto successivamente il decreto di espropriazione, sostitutivo del diritto alla reintegrazione in forma specifica nella disponibilit del bene, attesa la impossibilit della sua restituzione, epper deve essere liquidato con riferimento al valore dell'immobile al momento della decisione (1). La determinazione dell'inl.ennit di espropriazione, ovvero quella del risarcimento del danno, sostitutivo della mancata restituzione dell'immobile, nel caso che esso sia stato trasformato in sede stabile dell'opera pubblica senza che sia intervenuto il decreto d'espropriazione, devono aver luogo -ove non sia applicabile alla specie una eccezionale disposizione di piano regola (1) Conf. Cass. 19 giugno 1961, n. 1440, Giur. it., 1962, I, 1, 1380, ove si legge (Ibidem, 1382) che poich l'azione di restituzione ha indubbiamente natura reale, tale deve ritenersi-anche quella (nel caso, sostitutiva ed 114 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 1 tore -senzu tener conto del vincolo coituito dalla destinazione .. prevista nel piano di ricostruzione. La legge regolatrice dei . . 1 piani di ricostruzione richiama, infatti, l'art. 39 della legge 25 ::: giugno 1865 n. 2359, che, interpretato in coordinazione col successivo art. 42, sancisce il principio per cui l'indennit d'espropriazione deve essere sottratta ad ogni indebito arricchimento e ad ogni ingiusto sacrificio da parte del soggetto espropriato (2). (Omissis). -In quanto alla seconda censura (mancata rilevanza della incidenza negativa del piano di ricostruzione in relazione al valore del terreno espropriato), va richiamato che, per fermo indirizzo di questa Corte Suprema (sent. n. 1644 del 1961, n. 1560 del 1962, n. 206 del 1963) . vero che, ai fini del vincolo alla destinazione prevista nel piano di ricostruzione, quest'ultimo ha l'efficacia di un piano regolatore particolareggiato, ma che la determinazione della indennit di espropriazione non ne resta influenzata. Tale insensibilit giustificata dal richiamo che la legge regolatrice dei piani di ricostruzione (legge n. 1402 del 1951) fa all'art. 39 della legge fondamentale del 25 giugno 1865, n. 2359, postoch, a sua volta, l'art. 39 predetto pacificamente interpretato (in coordinazione con il successivo art. 42) nel senso equipollente) di attribuzione dell'indennizzo, per l'identica finalit a cui si ispira . Per cenni critici v. AGOSTINO, in nta alla medesima sentenza, Ibidem, 1381 e seg. Si vedano anche, in senso conforme alla sentenza in rassegna, Cass. 10 ottobre 1962, n. 2919, Giur. it., Mass. 1962, 984, ove si avverte che il risarcimento sostitutivo della mancata restituzione dell'immobile (oltre all'indennizzo per il mancato godimento) soddisfa ed esaurisce tutti i diritti spettanti a tal titolo al proprietario, al quale, pertanto, non compete alcun altro compenso per il successivo trasferimento del diritto di propriet; 19 maggio 1962, n. 1153, Foro it., Mass. 1962, 356; 16 maggio 1962, n. 1105, Foro it., 1962, I, 2099; 14 maggio 1962, n. 1002, Foro Amm. 1962, II, 313; 19 giugno 1962, n. 1560, Giur. Sic., 1962, 454. Sul rapporto fra l'azione risarcitoria del privato proprietario dell'immobile occupato dalla P.A. senza titolo ed il potere di quest'ultima di procedere ugualmente a regolare espropriazione del bene v. Cass. 18 aprile 1962, n. 753, Giur. it., Mass. 1962, 267; 29 maggio 1962, n. 1282, Giust. Civ. 1963, I, 147; 24 gennaio 1962, n. 118, Giust. Civ., 1962, I, 1542; Sez. Un., 17 maggio 1961, n. 1164, Foro it., 1961, I, 1699, con ampia nota di richiami; Id., 24 ottobre 1960, n. 2892, Foro it., 1961, I, 61; Id., 22 luglio 1960, n. 2087, 14 luglio 1960, n. 1918 e 30 ottobre 1959, n. 3204, Foro it., 1960, I, 1702 e 1703. (2) Conf. Cass. 10 luglio 1961, n. 1644, Giust. Civ., 1961, I, 1564 e seg., ove si mette in evidenza che il principio generale quello del giusto prezzo e che le ipotesi eccettuative devono essere espressamente stabilite e sono di stretta interpretazione; Cass. 19 giugno 1962, n. 1560, Sett. Cass., 1962, 689 e, con la motivazione, Giur. Sic., 1962, 454, ove si sottolinea il carattere eccezionale delle norme, che sanciscono PARTE I, SEZ, III, GIURISPRUDENZA CIVILE 115 che la liquidazione della indennit di esproprio deve essere sottratta ad ogni indebito arricchimento e ad ogni ingiusto sacrificio da parte del soggetto espropriato. Di qui la conseguenza che, come l'espropriato non pu avvantaggiarsi dell'aumento di valore dipendente dall'opera pubblica in vista della quale egli sub l'espropriazione, cos non pu risentire dello svantaggio dipendente dal vincolo dettato dalla legge in previsione del compimento dell'opera pubblica. Ora, i principi di cui sopra, vigenti in tema di regolare procedimento di espropriazione, a maggior ragione devono essere applicati, come gi notato altra volta da questa stessa Sezione (sent. n. 206 del 1963), quando, come nella specie in esame, si verta in tema di illegittima occupazione del bene (sine titulo) da parte della pubblica amministrazione. D'altra parte, quando le leggi di approvazione di determinati piani regolatori (ad es. il r.d.l. 6 luglio 1931, n. 981, riguardante il piano regolatore per la citt di Roma) hanno voluto che la destinazione dell'area (a piazze o strade di pubblico uso) incidesse negativamente sul calcolo del valore venale del bene espropriato, ci hanno sancito esplicitamente. Donde la conseguenza che, in mancanza di un espresso disposto di legge, la determinazione della indennit di esproprio e, a maggior ragione e come si gi detto, la determinazione del danno risarcibile, nella ipotesi di occupazione sine titulo, non restano influenzate negativamente dall'eventuale declassamento del terreno per effetto del piano di ricostruzione. -(Omissis). la rilevanza del vincolo di inedificabilit al fine della determinazione delle indennit espropriative, contenute nelle leggi di approvazione di piani regolatori; Cass. 7 febbraio 1963, n. 206, Giur. it., Mass. 1963, 67; Id., 7 maggio 1963, n. 1124, Ibidem, 382. In argomento, si veda anche la motivazione della sentenza 3 gennaio 1963 del Tribunale di Firenze, in Giur. it., 1963, I, 2, 61 e seg. Sulla parallela regola ex art. 42 1. 25 giugno 1865, n. 2359 d'esclusione dal calcolo dell'indennit espropriativa dell'aumento di valore che deriverebbe all'immobile espropriato per effetto dell'esecuzione dell'opera pubblica e sulla applicabilit di tale principio (v. art. 38 I. 17 agosto 1942, n. 1150, per quanto riguarda gli incrementi di valore derivati dalla esecuzione dei piani regolatori) ai piani di sviluppo delle zone industriali, quando si tratti di espropriazioni disposte a favore della Pubblica Amministrazione, v. Relazione Avvocatura dello Stato, 1956-1960, vol. III, Roma 1961, 335-337. In dottrina, sui piani regolatori, v. PREDIERI, Profili costituzionali, natura ed effetti dei piani urbanistici nelle opinioni della dottrina e nelle decisioni giurisprudenziali, in Riv. trim. dir. pubbl., 1961, 224 e segg.; sui piani di ricostruzione v. VIGNOCCHI, Piani di ricostruzione, in Studi in onore di A. D. Giannini, Milano 1962. F. C. ~I SEZIONE QUAIL...,,., fo.;:";,,b......"" ..=-..< PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 131 Tasse e imposte comunali -Sovraimposte -Deliberazione istitutiva Valutazione dei presupposti -Riferimento alle esigenze del bilan cio -Illegittimit. (t.u. c. e p. del 1934, artt. 306 e 332; 1. 2 luglio 1952, n. 703, art. 24; 1. 6 ottobre 1962 n. 1468). Gli atti deliberativi dei Comuni in materia di~ aumenti di imposte oltre la tariffa massima diventano esecutivi per effetto dell'autorizzazione, anche se concessa successivamente, della Commissione Centrale della Finanza locale e della G. P. A. E' valida, pertanto, la c.d. autorizzazione successiva ai fini della legittimit (e della esecutoriet) delle deliberazioni comunali (1). La deliberazione istitutiva di sovraimposte, incidendo in modo grave sugli interessi patrimoniali dei contribuenti, deve essere adottata in base a un ponderato esame della situazione economico -finanziaria. E' pertanto illegittima la deliberazione che, nell'istituire la supercontribuzione, faccia generico riferimento alle esigenze del bilancio, anche se formulate nel senso di ottenerne il pareggio (2). (Omissis). -Censure analoghe a quelle dedotte con gli altri motivi sono state gi esaminate dalla Sezione con decisione in pari data, emessa su ricorso proposto dalla stessa Soc. Autostrade nei confronti del Comune di S. Benedetto Val di Sam (1) Puntuale applicazione delle norme interpretative contenute nella I. 6 ottobre 1962, n. 1468. In precedenza la Cassazione si era pronunciata nel senso della illegittimit della deliberazione relativa a una tariffa superiore al massimo e adottata prima dell'autorizzazione, e .nel senso della invalidit della c,d. autorizzazione successiva: Cass. 20 febbraio 1961, n. 370, Foro it., Mass., 1961, 82. (2) Esatta delimitazione del potere attribuito ai Comuni per imporre sovrimposte ai sensi degli artt. 306 e 332 t.u. c. e p. del 1934 ed ai sensi dell'art. 95 t.u. fin. loc. modificato dall'art. 24 l. 2 luglio 1952, n. 703. Non infatti sufficiente un generico riferimento alle esigenze del bilancio per giustificare la imposizione di sovrimposte; n sufficiente uno specifico riferimento alle esigenze di ottenere il pareggio del bilancio. E' invece necessaria, dato che le richiamate norme delimitano le circostanze (accertate necessit, casi eccezionali) nel cui concorso quel potere va esercitato, una completa valutazione della situazione economico-finanziaria e, se s'intende conseguire il pareggio, occorre, in particolare, considerare l'entit del gettito delle entrate ordinarie, che deve apparire insufficiente per le esigenze dell'ente e ~iustificare cos l'adozione della maggiorazione delle imposte. (Il 5 comma dell'art. 332 t.u. c. e p. -prima della modifica di cui alla I. 16 settembre 1960 n. 1014, art. 23 - stato dichiarato illegittimo dalla Corte Costituzionale con sentenza 30 gennaio 1962 n. 2, Giuris. Cast., 1962, 15). La Cassazione si occupata dell'impugnabilit della deliberazione comunal.'I: istitutiva di tributo speciale, da altro aspetto; e cio se avverso 132 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO bro avverso la deliberazione istitutiva delle supercontribuzioni per l'anno 1960, dalla quale il Collegio ritiene di non doversi discostare. In particolare, si osserva che il secondo motivo, con il quale viene denunciata la violazione degli artt. 95, ultimo comma, t.u. 14 settembre 1931, n. 1175, e 306 t.u. 3 marzo 1934, n. 383, infondato. Nelle more del presente giudizio entrata in vigore la.1. 6 ottobre 1962, n. 1468, dal titolo Interpretazione autentica degli articoli 306 e 332 del testo unico della 1. com. e prov. 3 marzo 1934, n. 383, e successive modificazioni, e dell'art. 95 del t. u. per la fin. loc. 14 settembre 1931, n. 1175, e successive modificazioni. Il dichiarato carattere di interpretazione autentica delle disposizioni legislative in materia, proprio della citata legge, ed espressamente ribadito nel testo della medesima, preclude ogni indagine circa l'effettiva portata della nuova norma. Come risulta dalla stessa sua formulazione e si desume dai lavori preparatori (v. relazione sulla proposta di I. n. 3671, presentata alla Camera dei Deputati il 22 marzo 1962), essa ha voluto stabilire che gli atti deliberativi dei Comuni in materia di aumenti di imposte -oltre la tariffa massima -di di essa, prima ancora che sia stato compiuto l'accertamento nei confronti dei singoli contribuenti, sia ammissibile, da parte di costoro, l'impugnativa, ed il S.C. (Sez. Un. sent. n. 2519/51, in questa Rassegna, 1952, 41, con nota di A. Cmcco) ha formulato la seguente massima: La deliberazione comunale istitutiva di un tributo speciale non ancora accertato nei confronti dei singoli contribuenti non spiega la sua incidenza su determinati soggetti dell'obbligazione tributaria, che possano, per ci solo, ritenersi lesi in un loro diritto. Non pu, quindi, parlarsi in tale ipotesi, di diritto soggettivo, che si ha solo con riferimento a posizioni individuali, assunte lese non potenzialmente ed eventualmente, ma concretamente, dall'imposizione. Conseguentemente non sufficiente invocare la possibilit astratta di una lesione, in dipendenza del provvedimento generale amministrativo che istituisca il tributo, per chiedere davanti al giudice ordinario l'attuazione di una concreta volont di legge che si assume esistente a proprio favore, restandosi sempre nel campo della tutela di un interesse legittimo ma non gi di un diritto soggettivo. Fino a quando l'imposizione del tributo ha una illimitata latitudine della sua possibilit di espansione sui soggetti passivi del tributo, svincolata da ogni riferibilit personale, diretta e attuale, non si ha lesione in atto. In tal caso, l'interesse del cittadino non diventa autonomo con autonomia di mezzi di tutela, ma rimane conglobato con l'interesse collettivo, e rimesso pertanto, come interesse generale di tutti e di ciascuno della regolarit dell'azione amministrativa, alla tutela dello stesso ente pubblico. In tale situazione manca al cittadino l'interesse qualificato ad agire e la relativa questione si risolve in questione di giurisdizione . PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 133 ventano esecutivi per effetto dell'autorizzazione, anche se concessa successivamente, della Commissione Centrale per la Finanza Locale, delle Giunte Provinciali Amministrative e dei corrispondenti organi delle Regioni a statuto speciale e che non si fa luogo a restituzione di somme gi pagate in base a deliberazioni comunali per le quali sia comunque intervenuta l'autorizzazione . La legge in esame riconosce, quindi, la validit della c.d. autorizzazione successiva ai fini della legittimit (e della esecutoriet) delle deliberazioni comunali istitutive delle sovraimposizioni. E poich, per il suo carattere interpretativo, ha effetto retroattivo, .sicuramente applicabile nel caso in esame. Consegue che la deliberazione comunale che ha approvato la tariffa ordinaria e ha istituito le maggiorazioni delle imposte di consumo, approvata dalla G.P.A. con autorizzazione alla applicazione delle supercontribuzioni , si sottrae alla censura dedotta sotto tale profilo. Sul terzo e sul quarto motivo osserva la Sezione che, ai sensi dell'art. 95 t.u. n. 1175 del 1931, modificato dall'art. 24 della 1. 2 luglio 1952, n. 703, i Comuni possono essere autorizzati ad aumentare le tariffe delle imposte di consumo in caso di accertata necessit. Le modalit e i criteri di applicazione della norma suddetta sono stabiliti dall'art. 306 t.u. n. 383 del 1934, secondo il quale (sesto comma) la G.P.A., in casi eccezionali, pu autorizzare ulteriori aumenti delle tariffe massime fino al limite del 50%. L'esercizio di siffatto potere vincolato a precisi presupposti, onde non consentito all'Amministrazione prescindere dalla considerazione delle particolari circostanze ( accertata necessit ed eccezionalit del caso ), che, sole, giustificano la sovraimposizione. Ne deriva che non sufficiente il generico riferimento alle esigenze del bilancio, che si legge nella deliberazione comunale in questione. Nel corso della discussione orale, la difesa del Comune ha obiettato che la censura di difetto di motivazione, dedotta sotto tale profilo, inconferente, perch l'Amministrazione non si sarebbe avvalsa del potere di cui all'art. 95 t.u. fin. loc. ma li quello conferitole dall'art. 332, quinto comma, t.u. c. e p. e successive modificazioni appunto in relazione all'esigenza di conseguire il pareggio del bilancio. E il riferimento alla detta esigenza, contenuto nella deliberazione comunale, costituirebbe idonea motivazione. . Si sostiene cio che la vigente legislazione contempla due 134 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO poteri di maggiorazione delle imposte di consumo: l'uno, previsto dall'art. 95 t.u. n. 1175 del 1931, ha per oggetto l'aumento delle tariffe massime, in caso di accertata necessit e dietro autorizzazione della G.P.A.; l'altro, contemplato al 5 comma dell'art. 332 suddetto, concerne i soli Comuni, che non siano in grado di assicurare il pareggio economico del proprio bilancio ed ha per oggetto l'aumento delle imposte in genere e, in ispecie, d.i quelle di consumo. Ma, anche ammesso che i due poteri siano assolutamente diversi per le finalit che si propongono e che il Comune di S. Benedetto Val di Sambro si sia avvalso del potere di cui all'art. 332, 5 comma, t.u. 3 marzo 1934, n. 383, il semplice riferimento alle esigenze di bilancio, ripetendo tautologicamente le parole della legge, si palesa quale una mera clausola di stile, insufficiente a giustificare l'esercizio di un potere, previsto pur sempre, nel sistema della finanza locale, per casi eccezionali. In ogni modo, la deliberazione istitutiva delle supercontribuzioni, che cos gravemente incide sugli interessi patrimoniali dei contribuenti, deve essere adottata in base a un ponderato esame della situazione economico -finanziaria del Comune. E le necessit del bilancio, invocate nel provvedimento impugnato, non potrebbero, a stretto rigore, essere accertate se non in occasione della formazione e dell'approvazione del bilancio ; il che non avvenuto nella speci. La ricorrente deduce, ulteriormente, che il Comune non ha tenuto conto delle ripercussioni che sul bilancio avrebbero avuto le entrate provenienti dall'applicazione della tariffa massima ordinaria delle imposte di consumo sui materiali da impiegare nella costruzione dell'autostrada. Anche tale censura fondata. La valutazione della sovraimposizione derivante dal gettito ordinario delle imposte di consumo costituisce effettivamente il presupposto delle deliberazioni istitutive delle so. vraimposizioni. La necessit dell'applicazione delle medesime , infatti, determinata proprio dalla insufficienza delle entrate ordinarie a fare fronte a certe esigenze. Occorre, pertanto, che il Comune consideri anzitutto l'entit del gettito di queste ultime, al fine di stabilire se debba, tuttavia, ricorrere all'adozione delle maggiorazioni delle imposte. Le sovraimposizioni, poi, costituendo nel sistema della finanza locale un rimedio eccezionale, vanno contenute -entro i limiti massimi stabiliti dalla legge -nella misura indi- Il . . : ~ PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 135 spensabile ad assicurare il soddisfacimento delle esigenze, in relazione alle quali sono deliberate. Nella specie, la maggiorazione della tariffa stata adottata ai fini del pareggio del bilancio . Dunque, lo stesso Comune, con tale formula, ha inequivocamente affermato di volere contenere l'aumento nei limiti occorrenti al ripiano del bilancio. Ma, a tale fine, avrebbe dovuto, in primo luogo, tenere conto dell'entit della sovraimposizione attiva derivante dal gettito ordinario delle imposte e, poi, se fosse stato tuttavia necessario, avrebbe potuto procedere alla sovraimposizione nei limiti suindicati. L'Amministrazione obietta che, in quel momento, il credito per le imposte ordinarie non era certo, essendo stata contestata dalla Societ ricorrente la stessa assoggettabilit dei materiali occorrenti per l'esecuzione dei lavori all'imposta di consumo. Ma l'argomento non ha pregio. I bilanci comunali sono, infatti, bilanci di competenza e non di cassa e, pertanto, nella previsione non poteva non tenersi conto del credito in questione. D'altra parte, il Comune aveva gi in deposito il terzo presunto dell'imposta, onde era in possesso di tutti gli elementi necessari per valutare l'entit della sovraimposizione e le sue ripercussioni sul bilancio. Il ricorso deve essere, quindi, accolto. (Omissis). CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 25 settembre 1963, n. 773 . , Pres. Chiofalo -Est. Scotto -Moscatelli c. Ministero In terni e Opera pia Fondazione Figlio di Mamma Rosa . Istruzione pubblica -Maestri elementari -Concorso per maestro elementare in soprannumero -Conseguita idoneit -Annullamento del concorso -Bando di un cocorso magistrale per titoli -Esibizione del certificato della conseguit idoneit poi annullata Esclusione dal concorso ~ Legittimit. (1. 17 luglio 1890, n. 6972, art. 46; t.u. c. e p. del 1934, art. 19; 1. 8 marzo 1947, n. 277). E' legittimo il provv~dimento col quale il Prefetto, avvalendosi del potere eccezionale di urgente necessit, fatto salvo dalla prima parte dell'art. 46 l. 17 luglio 1890, n. 6972 e da esercitarsi con funzione surrogatoria non soltanto sugli uffici pubblici, ma anche sugli enti pubblici che svolgano com~ piti di carattere ausiliario a quelli dello Stato (nella specie opera pia), abbia nominato un Commissario straordinario per procedere ad una completa normalizzazione amministrativa e patrimoniale dell'ente, la cui attivit era stata paralizzata in RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 136 ,seguito alle dimissioni, sebbene non ancora accettate, della, maggioranza dei componenti del Consiglio di amministrazio ne (1). (1) Massima esatta; cfr. per un caso analogo Sez. IV, 30 ottobre 1951, n. 719. Non vi dubbio infatti che l'art. 46 I. n. 6972, nel disciplinare uno speciale procedimento per lo scioglimento delle amministrazioni delle opere pie, abbia fatto salvi i provvedimenti di urgente necessit, tra i quali rientmno appunto quelli previsti dall'art. 19 t.u. c. e p., modificato dalla I. 8 marzo 1949, n. 277, che attribt1isce all'autorit prefettizia una funzione surrogatoria nei riguardi degli enti pubblici che esercitano attivit ausiliaria a quella dello Stato e che per circostanze contingenti e imprevedibili non sono in grado di funzionare (come nel caso di dimissioni della maggioranza dell'organo deliberante). Deve peraltro ritenersi che il provvedimento prefettizio, essendo stato emanato ai sensi della I. n. 277, doveva, come in effetti stato, conside~ rarsi definitivo. CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 16 ottobre 1963, n. 739 -Pres. Stumpo -Est. Melito -Soc. Turismo e Autolinee Roma (S.T.E.A.R.) c. Ministero Trasporti. Concessioni amministrative -Trasporti in concessione -Autolinee Preferenze -Nuova concessione -Posizioni dei precedenti concessionari -Preferenze -Limiti. Cl. 28 settembre 1939, n. 1822, art. 5). I, diritti di preferenza, ai sensi dell'art. 5, della l. 28 settembre 1939, n. 1822, hanno finalit conservative, nel senso che essi intendono, con la conservazione del traffico gi acquisito, tutelare le posizioni precostituite dei precedenti concessionari ed il contenuto economico delle concessioni, ma non nel senso di favorire un indefinito ampliamento delle sfere concessionali esistenti (1 ). ) Giurisprudenza costante: cfr. Sez. IV 18 maggio 1956, Il Consiglio di Stato, 1956, I, 578; Sez. IV, 18 maggio 1956, n. 511, ivi, I, 579; Sez. IV, 6 giugno 1956, n. 581, ivi, I, 615. -:~ CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 16 ottobre 1963, n. 743 -Pres. Stumpo -Est. Daniele -Russo c. Ministero P. I. Istruzione pubblica -Maestri elementari -Concorso per maestro elementare in soprannumero -Conseguita idoneit -Annullamento del concorso -Bando di un concorso magistrale per titoli -Esibizione del certificato della conseguita idoneit poi annullata -Esclus1one dal concorso -Legittimit. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 137 . Regione siciliana -Maestri elementari -Passaggio dei servizi dallo Stato alla Regione -Non ancora intervenuto -Incompetenza della Regione ad emettere norme di immediata applicazione sullo stato giuridico degli insegnanti elementari. (Statuto spec. per la Reg. sicil., art. 14, lett. q.; art. 3). In seguito all'annullamento del concorso a posti di maestri in soprannumero, nel quale sia stata conseguita la idoneit, legittima la esclusione di un aspirante dal concorso magistrale per titoli, in cui sia stato esibito, quale titolo di ammissione, il certificato della annullata idoneit (1 ). Le Regione Siciliana ha competenza legislativa esclusiva in materia di istruzione elementare; ma il relativo potere non pu essere esercitato prima del passaggio delle funzioni dallo Stato alla Regione. Di conseguenza, le norme emanate dalla Regione in materia di stato giuridico dei maestri sono legittime solo in quanto non siano dirette a produrre immediata modificazione. della condizione giuridica del personale; esse devono ritenersi emanate in vista del futuro passaggio delle funzioni e non sono quindi applicabili immediatamente ai maestri, i quali restano amministrati dalla Regione, quale organo decentrato dello Stato (2). {1-2) La prima massima valuta con esattezza le conseguenze giuridiche che sono derivate dall'annullamento della 1. reg. sic. 6 maggio 1955, n. 40 (pronunciato dalla Corte Costituzionale, 8 luglio 1959, n. 44, Giuris. cast. 1959, 724), in base alla quale il concorso per maestro in soprannumero era stato espletato. La seconda massima s'informa al principio gi affermato dalla Corte Costituzionale (19 dicembre 1959, n. 63, riv. cit. 1959, 1148), secondo il quale la Regione Siciliana '11.0n pu emanare norme relative allo stato giuridico degli insegnanti elementari prima che, con l'osservanza del procedimento stabilito dall'art. 43 dello Statuto, gli insegnanti stessi siano passati dallo Stato alla Regione (cfr. anche Corte Cost. 24 gennaio 1964, n. 3, retro, 12; Ad plen. 23 giugno 1953, n. 1, Il Consiglio di Stato, 1953, 761). CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 16 ottobre 1963, n. 535 -Pres. D'Avino -Est. Manzari -Ammendola c. Ministero Lavori Pubblici. Edilizia popolare ed economica Alloggi cooperativi -Assegnazione Ricorso 'di soggetto estraneo alla cooperativa -Pronunzia della Commissione -Illegittimit. 138 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Edilizia popolare ed economica -Commissione di vigilanza -Attribu zioni di vigilanza e di decisione -Distinzione -Pronunzia -Moti vazione -Perplessit -Illegittimit. (t.u. 28 aprile 1938, n. 1165, artt. 111, 131). Non legittimato a ricorrere alla Commissione di vigilanza per l'edilizia popolare ed economic, al fine di far dichiarare la decadenza dell'assegnazione di alloggio cooperativo, chi non sia socio n aspirante socio della cooperativa (dovendosi ritenere estraneo alla cooperativa colui che, in dipendenza dell'avvenuta locazione di alloggio cooperativo, sia un semplice affittuario) (1). La Commissione di vigilanza ha attribuzioni di vigilanza, che esercita di ufficio a tutela dell'interesse pubblico, ed attribuzioni decisorie che esercita su ricorso degli interessati: le due funzioni non si confondono tra di loro, ma devono rimanere distinte ed autonome, con la conseguenza che deve ritenersi illegittima la pronunzia nella quale la Commissione non dichiari espressamente, o quanto meno non possibile determinare con assoluta certezza, se essa sia stata emessa ex officio o su ricorso (2). (1-2) Su entrambe le massime la giurisprudenza costante: sulla prima cfr. Sez. IV, 11 marzo 1959, n. 368, Il Consiglio di Stato, 1959, I, 345 e giuris. ivi cit.; sulla seconda cfr. Sez. VI, 7 novembre 1962, n. 779, ivi, 1962, I, 1884. CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 30 ottobre 1963, ri.. 797 Pres. De Martino Rosaroll -Est. -Valitutti -Amm.ne Orfanotrofi di Brescia c. Ministero P. I. .Demanio -Demanio storico e artistico -Vincolo di interesse storico e ru artistico -Notifica precedente alla 1. n, 1089 del 1939 -Rinnovazione -Autonomia rispetto al precedente vincolo -Presupposti -Accertamento -Necessit. (1. 1. giugno 1939, n. 1089, art. 21). ' l t L'atto di rinnovo, ai sensi dell'art. 21 l. 1 giugno 1939, ~! n. 1089, di vincolo storico e artistico precedentemente notifi~ i; cato deve essere motivato con l'indicazione, diretta o per rela. tionem delle concrete ragioni giustificative del provvedimento. ' Esso autonomo rispetto al precedente vincolo : la rinnovaziol ne, infatti, deve essere valutata sulla base delle condizioni di ~ ~ f.i;; . ' irn . [~ lllffllrefif.8tr-rl'1IJBW'Wl{ftff.:4'ITWf~-;WfJi-.;t.f011rw11mzJW...~ ~~,Al-;;, "~ m ftK... ;;,~~;-. ",-. tL Yp ,,#h :..illlw.0ffiill.ll,, Y. y,.;;:},,%',Y. )j PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 139 fatto alla data della rinnovazione, e l'atto deve enunciare la natura dell'interesse particolarmente importante, nonch il pubblico interesse alla conservazione del vincolo (1 ). (1) Giurisprudenza costante: cfr. Sez. VI, 27 gennaio 1960, n. 22, Il Consiglio di Stato, 1960, I, 93; 25 gennaio 1961, 51, ivi, 1961, I. 127.. CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 31 ottobre 1963, n. 798 -Pres. D'Avino -Est. Valitutti -Amm.ne Orfanotrofi. di Brescia c. Mi nistro P. I. Demanio -Demanio storico e artistico -Vincolo di interesse storico e artistico -Contenuto -Indeterminatezza -Illegittimit. (1. 1. giugno 1939, n. 1089, art. 21). Il potere, attribuito al Ministro della P. I. dall'art. 21 l. 1 giugno 1939, n. 1089, rivolto a prescrivere distanze, misure ed altre norme al fine di evitare che sia messa in pericolo l'integrit delle cose immobili aventi valore storico e artistico, ne sia danneggiata la prospettiva e la linea e ne siano alterate le condizioni di ambiente e di decoro, imponendo cos dei vincoli alla propriet privata non in considerazione del valore intrinseco dei beni (c.d. vincolo diretto), ma per la relazione ambientale che i beni stessi hanno con gli immobili di valore storico e artistico (c.d. vincolo indiretto). Il relativo provvedimento, a seconda della natura dell'interesse da tutelare, deve con precisione determinare il contenuto del vincolo, che attribuito alla competenza esclusiva de,l Ministro (1). E' pertanto illegittima l'imposizione del vincolo quando il Ministro non abbia specificato gli oneri imposti al proprietario e ne abbia rimesso la futura determina?,ione al soprintendente (2). (1-2) Giurisprudenza costante: cfr. Sez. VI, 14 ottobre 1959, n. 595, Il Consiglio di Stato, 1959, I, 1385; Sez. VI, 31 maggio 1961, n. 489, ivi, 1961, I, 1003; Sez. VI, 31 ottobre 1961, n. 811, ivi, 1961, I, 1795; 15 ottobre 1963, n. 516; 23 ottobre 1963, n. 788. LODO 30 novembre 1963 (Roma) -Pres. ed Est. Meregazzi - Soc. it. strade ferrate del Mediterraneo c. Ministero dei Trasporti e dell'Aviazione civile. Concessioni amministrative -Sopravvenuta eccessiva onerosit della prestazione ~ Risoluzione ~ Inammissibilit -Sopravvenuta eccessiva onerosit di una sola clausola. -Sua eliminazione -Inammissibilit. - 140 R<\SiEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Concessioni amministrative -Concessione di servizio pubblico di ferrovia -Riscatto -Aree espropriate o acquistate con fondi forniti dallo Stato a forfait -Devoluzione gratuita a favore dello Stato. (r.d. 1. 29 luglio 1926, n. 1450; r.d. 9 maggio 1912, n. 1447, art. 186; e.e. art. 1467). In tema di concessioni amministrative (nella specie: concessione di un pubblico servizio di ferrovie) la sopravvenuta eccessiva onerosit della prestazione non pu comportare la risoluzione della concessione. In nessun caso, comunque, l'eccessiva onerosit di una clausola pu dar luogo alla sua eliminazione, ma comporterebbe in ogni caso la risoluzione del contratto nella sua interezza; e pertanto le norme sull'eccessiva onerosit non possono essere invocate quando, eseguito ormai tutto il contratto, resta da eseguire quella sola parte di esso che si assume essere divenuta eccessivamente onerosa (1). In caso di riscatto di una concessione a favore di una industria privata, avente ad oggetto un servizio pubblico di trasporto in ferrovia, le aree, che siano state, con fondi forniti dallo. Stato a forfait, espropriate a favore del concessionario ovvero da costui acquistate per la costruzione ed il funzionamento della ferrovia, debbono interamente e gratuitamente essere devolute allo Stato al momento del riscatto, ai sensi dell'art. 186 t. u. 9 maggio 1912, n. 1447, dovendo le stesse considerarsi pertinenze della ferrovia, di cui seguono le sorti (2). (1-2) Non risultano precedenti della Cassazione sulla questione (v., tuttavia, in senso contrario lodo 23 giugno 1948, Foro it., 1949, I, 772 con nota di L. BTAMONTI). La Cassazione invece ha esaminato l'ammissibilit della risoluzione per eccessiva operosit per i contratti di pubblici appalti e di pubbliche forniture, escludendola (cfr., per gli appalti, Cass. 30 luglio' 1957, n. 3233, Foro it., 1957, I, 738; per le forniture, Cass. 16 luglio 1956, n. 2719, Giust. civ., 1956, I, 2037, con nota di DI SALVO, I contratti di pubbliche forniture e la risoluzione per eccessiva onerosit). Non vi dubbio poi, che l'eccessiva onerosit di una sola clausola non pu dar luogo alla sua eliminazione, dovendo il contratto considerarsi ed eseguirsi nella sua interezza. La questione sorta, nella specie, in relazione alla clausola contenuta nell'art. 42 della convenzione: decorsi venti anni dal giorno dell'apertura dell'intera rete al pubblico servizio, lo Stato avr diritto al riscatto della rete stessa: ... b) rilevando il materiale rotabile al prezzo originario di acquisto sotto deduzione delle spese occorrenti per renderlo in condizioni normali di manutenzione . Al riguardo la difesa della societ ha sostenuto che il prezzo originario di acquisto va inteso come valore originario di acquisto, sul quale non dovrebbero incidere i deprezzmenti conseguenti all'uso; valore che, in linea di massima, destinato a diminuire col crescere dell'uso dlla cosa, ma che, eccezionalmente, pu anche aumentare se intervengono cause ec PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 141 (Omissis). -In via subordinata, la Societ nell'ipotesi dimostratasi fondata -che fosse esatta l'interpretazione data dall'Amministrazione alla clausola contenuta nella lettera b) dell'art. 42 della Convenzione, ritiene che nel caso si applicherebbe l'art. 1467 del e.e., perch, trattandosi di un contratto ad esecuzione differita, la prestazione di una delle parti sarebbe divenuta eccessivamente onerosa per il verificarsi di avvenimenti straordinari ed imprevedibili. In linea di principio la stessa difesa della Societ -la cui profonda competenza ed esp<;!rienza nel campo del diritto pubblico ben nota -si rende conto che ci si trova di fronte ad una concessione amministrativa, ad un rapporto, cio, di diritto pubblico, regolato in gran parte direttamente dalla legge; e in tale considerazione sarebbe indotta ad escludere che la sopravvenuta eccessiva onerosit della prestazione possa comportare la risoluzione dell'intero contratto. Il Collegio non pu che condividere tale esattissima opinione, nel rilievo che in materia di concessione di pubblici servizi, tutte le disposizioni di legge e le clausole dei disciplinari sono intese ad assicurarne comunque l'espletamento anche contro lo interesse del concessionario ed in qualsiasi evenienza. Applicazione di tale principio l'art. 79, r comma, del T.U. 9 maggio 1912, n. 1447, a mente del quale i concessionari delle ferrovie pubbliche debbono provvedere a tutti i casi e sottostare a tutti gli eventi, cos ordinari come straordinari, senza potersi esicezionali, di cui la pi nota la svalutazione monetaria. Insomma, secondo la societ, si deve considerare quanta moneta, secondo il valore attuale di essa, occorre per acquistare materiale identico a quello a suo tempo acquistato dalla :mciet, unica esigenza da osservare essendo quella di consegnare materiale in normali condizioni di manutenzione. Se al contrario, ha aggiunto la societ, il prezzo originario di acquisto. dovesse intendersi, in conformit alla tesi dell'Amministrazione, come prezzo che si corrisponde all'atto di acquisto di tUJ;a cosa, potrebbe eccepirsi la non esecuzione deJ.la clausola di consegna del materiale mobile, per sopravvenuta eccessiva onerosit. La tesi stata esattamente respinta dal Collegio, sia perch una clausola non pu scindersi dal complessivo contenuto del contratto, che va interpretato nella sua interezza, sia perch l'eccessiva onerosit presuppone l'attuale esecuzione del contratto stesso, e non la risoluzione o la estinzione, che ha luogo in virt del riscatto. La seconda massima individua e delimita le conseguenze che discendono dal riscatto di una concessione di pubblico servizio, ponendone in rilievo gli effetti devolutivi, in virt dei quali tutte le aree, espropriate (salvo restando. il diritto di retrocessione, ove ne ricorrano i presupposti) o acquistate con fondi forniti dallo Stato a forfait, sono trasferite allo Stato stesso gratuitamente ai sensi dell'art. 186 t.u. n. 1447 del 1912. 142 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO mere dagli obblighi contratti in forza della loro concessione e senza acquistare diritto a speciali compensi che non fossero espressamente pattuiti negli atti di concessione. Ritiene, tuttavia, la Societ che in questo caso il problema cos enunciato ha scarsa rilevanza; applicandosi la risoluzione ad un rapporto continuativo (cio avente per oggetto prestazioni di carattere continuativo), nel momento in cui qesto viene a cessare, la risoluzione non avrebbe effetto nei riguardi delle prestazioni gi adempiute, a norma del 1 comma dello art. 1458 e.e. Ma anche con tale impostazione non si supera la preclusione di principio sopraindicata, perch sempre si tratta di una clausola del rapporto concessionale di diritto pubblico, n si evita l'obiezione che la risoluzione colpirebbe una sola clausola del contratto, e non l'intero contratto. Ora n la dottrina n la giurisprudenza ammettono che la risoluzione per eccessiva onerosit possa applicarsi ad una sola clausola del contratto. In altri termini, la eccessiva onerosit di una clausola di un contratto non pu dare luogo alla sua eliminazione, ma comporterebbe semmai la risoluzione del contratto nella sua interezza. L'acuta difesa della Societ osserva che nel caso sarebbe l'intero contratto a venir meno nella sola clausola che rimane da eseguire, poich -come si detto -ai sensi dell'art. 1458 e.e. la risoluzione non ha effetto nei confronti delle prestazioni gi eseguite, nei contratti ad esecuzione continuata. E poich non si nasconde le gravi conseguenze di tale pronuncia, la difesa della Societ si affretta a riconoscere che essa non potrebbe comunque incidere sul potere di riscatto della P. A. che deriva direttamente dalla legge (art. 188 e seguenti del t.u. 9 maggio 1912 n. 1447) e non dalla clausola contrattuale ed pertanto inderogabile e irrinunciabile perch conferito istituzionalmente nel pubblico interesse. Il risultato della soppressione dell'art. 42 (poich tutto l'articolo scomparirebbe e non soltanto la clausola di cui alla lettera b) consisterebbe, come ritiene la societ, nell'applicazione delle modalit di riscatto previste in via generale dalla legge (art. 190 e segg. del predetto t.u., il che inesatto perch, semmai, si applicherebbe l'art. 188 in relazione all'art. 191, n. 1) in sostituzione di quelle dell'art. 42 della Convenzione che vi avevano derogato. Fermo restando il potere della P. A. di disporre il riscatto, sarebbero annullate soltanto le speciali e onerose modalit previste dalla Convenzione. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 143 Ma anche in presenza di codesta ingegnosa costruzione dogmatica (che tuttavia, come si gi accennato, contrasta con la richiesta principale della Societ che vuole il materiale rivalutato sulla base delle variazioni dell'indice dei prezzi all'ingrosso, e non al prezzo di stima) il Collegio osserva che nella specie non si tratterebbe di una delle prestazioni periodiche e continuative che per eventi straordinari e imprevedibili sarebbe diventata eccessivamente onerosa, ma della clausola che pone fine allo stesso rapporto contrattuale e concerne gli effetti di tale estinzione. Sarebbe una contraddizione in termini, dichiarare risoluto un contratto, nel momento stesso in cui esso gi estinto in virt del riscatto. Inoltre, essendo ormai -in tutto quel che non riguarda il riscatto -completamente esaurito nelle reciproche prestazioni il contenuto dell'intero rapporto contrattuale e finito il suo specifico oggetto, non possibile isolare la clausola finale dall'economia contrattuale e non nemmeno pensabile una sua eventuale eccessiva onerosit quando non possa pi riferirsi all'equilibrio sinallagmatico che regge ogni rapporto contrattuale con prestazioni corrispettive, ormai, nella specie, del. tutto adempiute nel passato. L'onerosit di una clausola non pu essere valutata in senso assoluto, ma soltanto in rapporto a tutte le prestazioni contrattuali di ambedue le parti; prestazioni che, nella fattispecie, non sono omogenee, ma sono di diversa natura e ormai esaurite completamente. Manca pertanto ogni presupposto per l'applicazione dello art. 1467 e.e. In realt l'applicazione della norma inciderebbe proprio sul potere della P.A., poich potrebbe portare all'assurda conseguenza di riconoscere il diritto della Societ a non consegnare allo Stato il materiale rotabile, svuotando cos di contenuto il potere di riscatto. Che se poi, secondo la tesi prospettata dalla Societ, il potere sussistesse ancora e con esso l'obbligo della Societ di consegnare il materiale rotabile, mutandosi soltanto le modalit e la misura dell'indennit, non si avrebbe una risoluzione della clausola, ma soltanto una sua modificazione consistente in una reductio ad aequitatem non consentita dall'art. 1467 e tanto meno rientrante nella competenza del Collegio che, per espresso patto della Convenzione (art. 48 ultimo comma), deve giudicare soltanto secondo le regole di diritto. (Omissis). (Omissis). -La societ ha sottoposto al Collegio la questione se le aree a suo tempo acquistate o espropriate, ma ri RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sultate p01 m realt esuberanti alle necessit della rete ferroviaria e pertanto non utilizzate, debbano essere consegnate all'Amministrazione al momento del riscatto, ovvero debbano rimanere alla societ, costituendo -essa ritiene -una sua pro' priet privata. Nel merito occorre in primo luogo osservare che la questione non concerne -per concorde riconoscimento delle parti i terreni acquistati dalla societ per la costruzione delle linee a rimborso di spesa, intestati in catasto alla societ con vincolo di riversibilit allo Stato; ma riguarda soltanto le aree espropriate o acquistate per la costruzione di linee con fondi forniti dallo Stato a forfait (art. 5, 11 e 13 della Convenzione) per i quali tale vincolo non iscritto. Nessun dubbio che l'intera rete ferroviaria, senza distin zione fra tronchi costruiti a rimborso di spesa e tronchi co struiti a forfait, devoluta ipso jure e gratuitamente allo Stato per effetto del riscatto, ai sensi dell'art. 186 del t.u. 9 mag gio 1912, n. 1447. I Ma quid per le aree non utilizzate? I' Anzitutto il Collegio osserva che la circostanza che attualmente dette aree non siano utilizzate non comporta una presunzione assoluta della loro inutilizzabilit nel futuro, poich non detto che diversi criteri _organizzativi e nuove necessit del traffico non rendano necessari per le pili varie esigenze quegli ' stessi terreni. Per individuare tali terreni la societ, mentre in un primo tempo li ha identificati in quelli contemplati nell'art. 60 della legge 25 giugno 1865 n. 2359 (e per analogia anche in quelli acquistati e non espropriati che si trovano nella stessa situa zione), in un secondo tempo li ha in parte indicati come quelle frazioni residue dei terreni, di cui il proprietario ha diritto di chiedere l'espropriazione perch ridotte dall'espropriazione dell'area principale in modo tale da non poter pi avere una utile destinazione, come previsto dall'art. 23 della stessa legge del 1865. Senonch, nel primo caso non si vede come e perch possa sostituirsi al proprietario espropriato nel promuovere la di chiarazione prefettizia che i beni pi non servono all'opera pubblica come previsto nell'ultimo comma della ripetuta legge del 1865, quando di tale dichiarazione dovrebbe beneficiare non l'originario proprietario dell'area ma la societ stessa espro priante; inoltre chiaro che la inutilit deve risultare da una valutazione tecnico-discrezionale e da un decreto formale della PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 145 autorit governativa e non pu giuridicamente fondarsi su una semplice, apodittica opinione della societ. Nel secondo caso la societ non ha dimostrato che alcuna delle aree, che assume inutilizzate, sia proprio una di quelle di cui il proprietario ha imposto l'esproprio, non sapendo pi che farsene, valendosi della facolt prevista dall'art. 23 della legge 1865. D'altra parte, anche per queste aree -non comprese nel primitivo piano per la costruzione della rete -non si pu escludere in modo assoluto che non possano servire in futuro alle necessit della ferrovia. Ma siffatte osservazioni marginali non colpiscono ancora lessenza della questione. Per l'art. 186 del t.u. 9 maggio 1912, n. 1447, e successive modificazioni, alla scadenza della concessione -e quindi anche al momento del riscatto -la societ deve consegnare al Governo in buono stato la Strada ferrata, le opere componenti la medesima e le sue dipendenze , tra le quali annovera espressamente in generale qualunque altro immobile che non abbia per destinazione distinta e speciale il servizio dei tn1.sporti . Quanto alle aree espropriate in base alla dichiarazione di pubblica utilit emessa implicitamente col decreto di concessione, ai sensi dell'art. 21 del citato t.u. per gli effetti dello art. 438 (ora 834) del e.e. e delle leggi 25 giugno 1865, n. 2359 e 18 dicembre 1879, n. 5188 sulle espropriazioni, chiaro che la societ non potrebbe mai conservare, dalla data di trasferimento allo Stato della rete ferroviaria, la propriet di terreni a suo tempo espropriati per una causa di pubblico interesse e da considerarsi pertinenza della ferrovia, di cui seguono le sorti. Che se poi fosse intervenuto il decreto prefettizio che dichiarasse che i beni suddetti non pi servivano all'opera pubblica, altrettanto evidente -come si disse -che ne beneficierebbe l'antico proprietario espropriato, ma non la societ. Comunque l'osservazione decisiva la seguente: Le aree in questione furono tutte, senza distinzione, acquistate a forfait con fondi dello Stato, sia quelle espropriate, sia quelle acquisite dalla societ con comuni contratti di compravendita. Se anche le previsioni del piano di costruzione della rete fossero state formulate con una certa larghezza e conseguentemente anche i fondi messi a disposizione dallo Stato fossero serviti a procurare terreni di ampiezza che oggi si pretende superiore a quelle che poi si manifestarono le reali esigenze del servizi ferroviario, in linea di diritto non dubbio che tutti gli immobili acquisiti coi fondi dello Stato a forfait RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ~ 146 . per il fine pubblico della costruzione dlle ferrovie debbano i~ i 'blocco trasferirsi gratuitamente allo Stato al momento del ri' I, scatto (cos come sarebbe avvenuto alla scadenza della concessione per l'art. 186 del t.u.) senza po~sibilit, sotto il p;oflo giuridico, di una prova contraria circa la loro effettiva destinazione ed utilizzazione. (Omissis). SEZIONE QUINTA GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, .17 maggio 1963, n. 1269 - Pres. Varallo -Est. Favara -P.M. Colli -Ministero Finanze c. Sinigaglia. Imposta di registro -Case di nuova costruzione -Agevolazioni previste dall'art. 18 della legge n. 408 del 1949 -Contratti_di mutuo stipulati, per la costruzione di case di abitazione, prima dell'entrata in vigore. della legge ma dopo l'entrata in vigore del d.1.1. 2<,l aprile 1946 n. 350 -Applicabilit. Per la ultrattivit prevista dall'art. 4 del d.l.l. 24 aprile 1946, n. 350, col quale gli edifici costruiti dopo l'entrata in vigore del decreto medesimo vennero ammessi a godere delle agevolazioni di qualsiasi natura che avrebbero potuto essere concesse con successivi provvedimenti, va dichiarata l'applicabilit dei benefici previsti dall'art. 18 della legge 2 luglio 1949 n. 408 anche ai contratti di mutuo, per la costruzione di quegli edifici, stipulati prima dell'entrata in vigore della legge stessa (1). (Omissis). -Devesi, pertanto, passare all'esame dell'unico motivo del ricorso principale con cui si censura la sentenza, denunziando violazione ed errata applicazione degli artt. 18 della 1. 2 luglio 1949, n. 408, delle disposizioni sulla legge in genere e 4 del d.l. 24 aprile 1946, n. 350 e si sostiene che la sentenza avrebbe errato nel ritenere applicabili ai contratti di mutuo in questione, per la ricostruzione di immobili, la maggiore (1) In tema di applicabilit delle agevolazioni della L. n. 408 tlel 1949 ai contratti anteriori alla legge. Con questa sentenza la Cassazione ha ritenuto applicabili le agevolazioni tributarie previste dall'art. 18 I. 2 luglio 1949 n. 408 ai contratti di mutuo, relativi ad edifici per uso di abitazione, anche se stipulati prima dell'entrata in vigore della legge, ma dopo l'entrata in vigore del cl.l.l 24 aprile 1946 n. 350. Il ragionamento stato il seguente: l'applicazione delle agevolazioni discende non da una retroattivit della I. n. 408, bens da una ultrattivit dell'art. 4 del d.1.1. n. 350, secondo il quale gli edifici (costruiti dopo l'entrata in vigore di tale decreto) saranno ammessi a godere delle agevolazioni di qualsiasi natura che potranno essere concesse per le nuove costruzioni con successivi provvedimenti : - 148 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO agevolazione prevista dall'art. 18 della legge n. 480 del 1949, quando questa non era ancora entrata in vigore al momento della stipulazione del mutuo. Sarebbe, perci, a parere della ricorrente Amministrazione, stato violato il principio dell'irretroattivit della legge, non giovando il richiamo all'art. 4 del 'd.l. 24 aprile 1946 n. 350, la sua entrata in vigore, cosicch potrebbe venire in considerazione solo l'esenzione venticinquennale dell'imposta fabbricati, di cui all'art. 13 della L. n. 408 del 1949, al quale soltanto si riferisce l'articolo 23 successivo nello stabilire la eccezione alla regola della irretroattivit; ci risulterebbe ancora pi manifesto dal testo modificato, di cui alla legge n. 1082 del 1954. Le censure del mezzo sono infondate. Poich, infatti, per effetto dell'art. 4 del d.l. 24 aprile 1946, n. 350, le costruzioni di edifici effettuate dopo l'entrata in vigore del decreto stesso dovevano ritenersi ammesse a go- In tal modo l'art. 4 sarebbe una norma in bianco (cos definito dalla Commissione Centrale, 13 novembre 1957 n. 98072, Riv. giur. ed., 1959, I, 175, con nota di U. GARGIULO), che opera un rinvio ricettizio di tutte le agevolazioni che norme successive all'entrata in vigore del d.l. n. 350 po tranno prevedere, rinviando cos, in particolare, ai benefici concessi alle costruzioni ad uso di abitazione dalla 1. n. 408 (art. 18). Codesto ragionamento non pu condividersi per due decisivi rilievi. Anzitutto la legge, laddove prevede che gli edifici saranno ammessi a godere delle agevolazioni di qualsiasi natura, ha inteso, evidentemente, riferirsi ai benefici dal pagamento di imposte di qualsiasi natura che colpiscono gli edifici; e la imposta che colpisce l'edificio l'imposta fabbricati, con le relative sovraimposte, cio l'imposta che colpisce l'im mobile, non l'imposta che inerisce al contratto di mutuo o di trasfe.. rimento dell'immobile. Ci confermato dal criterio di collegamento, che il legislatore ha inteso poi stabilire, tra la norma di rinvio (d. n. 350) e la norma cui si rinvia (1. n. 408), avendo precisato nella 1. 29 ottobre 1954, n. 1082 che il beneficio (di cui al precedente articolo 13) esteso alle costruzioni, ampliamenti, ricostruzioni, la cui esecuzione sia iniziata dopo l'entrata in vigore del d.1.1. 24 aprile 1946 n. 350. In tal modo, attra verso la norma di collegamento, l'agevolazione tributaria stata limitata al beneficio dell'art. 13, e cio all'esenzione dall'imposta fabbricati. Occorre poi osservare (e cos veniamo al secondo rilievo) che l'esten sione del rinvio, intesa dalla Cassazione, anche alle agevolazioni che ine riscono ai contratti (imposte di registro, ipotecaria) darebbe al citato art. 4 del d. n. 350 un significato quanto mai ampio e impreciso, che il legislatore, in materia di benefici fiscali, non ha mai usato. Se infatti si esaminano le varie norme che prevedono agevolazioni tributarie, esse, anche in relazione alla loro interpretazione restrittiva, indicano in modo tassativo l'atto cui si riferiscono e la specie dell'imposta, di cui inten dono concedere una riduzione o l'esenzione; cos ad es. r.d. 28 aprile 1938 n. 1165, art. 166: per le compravendite di case costruite entro il 31 dicembre 1938 la tassa di registro ridotta ad un quarto della misura ~ PARTE I, SEZ V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 149 dere delle agevolazioni di qualsiasi natura che potevano essere concesse per le nuove costruzioni in virt di successivi provvedimenti, alle costruzioni degli anzidetti edifici si deve altres ritenere estesa -fra le altre -l'agevolazione di cui all'art. 18 della legge 2 luglio 1949, n. 408, per la quale i contratti di mutuo stipulati per le costruzioni stesse, alle condizioni IVI previste, sono assoggettati al pagamento dell'imposta di registro e di quella ipotecaria ridotte ad un quarto. Nella specie, infatti, la Corte di Torino non ha mancato di accertare, con insindacabile giudizio di merito, che le costruzioni in parola si riferivano ad un edificio sinistrato per eventi bellici, in relazione al quale l'attuale resistente non si era limitato soltanto alla ricostruzione della parte distrutta, ma aveva, altres, ampliato l'edificio stesso, costruendo vari alloggi in piano sopraelevato, per uso di abitazione non di lusso. La Corte ha perci verificato l'esistenza, in punto di fat ordinaria ; art. 169: la tassa di registro sui contratti di appalto... ridotta alla met della misura normale ; I. 9 agosto 1954 n. 640, art. 14: gli atti ed i contratti occorrenti per l'attuazione della presente legge sono esenti dall'imposta di bollo ... ; art. 15 : sono concessi il beneficio dell'imposta fissa di registro e quella della riduzione al quarto dell'imposta ipotecaria per gli acquisti di aree e per i contratti di appalto ... . E' infine da rilevare che la ultrattivit, nel significato inteso dalla Cassazione, si risolverebbe in una applicazione indefinita dei benefici, quasi a catena, di cui sarebbe difficile individuare la fine. Infatti l'agevolazione dovrebbe riguardare anche l'imposta sul contratto di appalto dei lavori; e poi le imposte relative agli atti di garanzia, e quindi agli atti di finanziamento; e poi ancora l'imposta sul contratto di acquisto dell'area edificabile, che, una volta eseguita la costmzione, fa parte dell'edificio (!"area stata inspiegabilmente esclusa dal beneficio dalla Comm.ne Centrale con la citata decisione); e cos via. Codesta interpretazione ben lontana dal significato proprio racchiuso nell'art. 4 e in generale espresso, come si visto, nelle norme che prevedono benefici fiscali. Non superfluo rilevare che il principio affermato dal Supremo Collegio porterebbe, nella sua applicazione pratica, alla seguente situa zione abnorme: nel periodo intercorrente tra l'entrata in vigore del d. n. 350 del 1946 e l'entrata in vigore della 1. n. 408 del 1949, vi possono essere contratti di mutuo, di trasferimento, di appalto, riguardanti edifici per uso di abitazione, sui quali legittimamente la p.a. ha applicato la tassa di registro ordinaria e ne ha richiesto il pagamento, definendo cos H rapporto tributario, e contratti della stessa specie, dello stesso oggetto, sui quali la p.a. ha applicato la tassa e ne ha richiesto il pagamento che, in seguito all'opposizione del contribuente, non ha avuto luogo, rendendo cos ancora controverso il rapporto tributario. Ora, seguendo il ragionamento della Cassazione, per effetto di una affe~~ta 150 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO to, di tutti gli estremi richiesti dall'art. 4 del d.l. 24 aprile 1946 n. 350, per la applicabilit delle successive agevolazioni fiscali, nonch h sussistenza dei requisiti posti dall'art. 18 della legge 2 .luglh; 1949, n. 408 ed invano, perci, la ricorrente Amministrazione contesta gli accertamenti medesimi, insindacabili in questa sede, perch correttamente motivati, ed esenti da ogni errore di diritto. In queste circostanze, non a parlare di una irretroattivit della legge fiscale (e, si noti, che uno dei mutui in questione era del 13 luglio, quando la legge n. 408 era del 2 lu glio, anche se entrata successivamente in vigore), quanto di una applicazione delle agevolazioni da essa previste a costruzioni eseguite dopo l'entrata in vigore del d.l. n. 350 del 1946, per effetto della ultrattivit stabilita dall'art. 4 del provvedimento stesso e dell'estensione alle costruzioni stesse d'ogni ulteriore beneficio di legge fiscale successivamente concesso, di ultrattivit del d. n. 350, limitata al periodo sopraccennato, la p.a., in relazione alla prima categoria di contratti, si troverebbe costretta ad accogliere istanze di rimborso di imposte, le quali, se si ha riferimento al momento della loro applicazione, sono state legittimamente pagate, perch non ancora emanata la 1. n. 408 (e ci ripropone in discussione rapporti ormai esauriti, superando anche il termine entro il quale il rimborso va chiesto); mentre, per la seconda categoria di contratti, sol perch. il contribuente ha proposto opposizione all'ingiunzione di pagamento, che stato cos ritardato, la p.a. si troverebbe costretta a revisionare l'applicazione della imposta in base alle nuove norme della 1. n. 408, successive alla di;ita di stipulazione dell'atto (e ci, tra l'altro, contrasta col principio che tien conto della data dell'atto ai fini dell'applicazione dell'imposta di registro, che tassa di atto). E' appena il caso di aggiungere che la Comm.ne Centrale, con la richiamata decisione, si resa conto delle accennate difficolt, teoriche e pratiche, e le ha risolte, ,in modo sommario, affermando l'ammissibilit in ogni caso del rimborso e l'applicazione, ai rapporti controversi, dei benefici della I. n. 408. La questione verr pertanto riproposta all'esame del Supremo Collegio, limitatamente per a quegli atti che siano stati stipulati prima del .l'entrata in vigore della 1. n. 408. In ordine ad essi, infatti, si potr sostenere che, colpendo l'imposta di registro l'atto, i benefici di cui agli artt. 14, 17, 18, non ancora in vigore quando l'atto fu stipulato, non sono applicabili. Ove mai l'atto sia stato posto in essere dopo l'entrata in vigore, della 1. n. 408, e la costruzione dell'edificio sia stata iniziata prima di tale entrata in vigore, la tesi sovraesposta non appare sostenibile, sia perch i benefici degli artt. 14, 17 e 18 erano gi in vigore, sia perch l'art. 13 (cui l'art. 17 rinvia), nel sancire che la costruzione sia iniziata entro Il 31 dicembre 1963, non ha inteso, con certezza, escludere dal beneficio le costruzioni iniziate prima della sua entrata in vigore. U. GARGIULO 151 PARTE I, SEZ V, GIUIUSPRUDENZA TRIBUTARIA cui, se mi, l'art. 23 della legge n. 408, del 1949, forma un'applicazione (con lievi varianti nei requisiti temporali) e non lina i;estrizione, con un'estensione ulteriore a tutte le abitazioni considerate nell'art. 13, anche se non formanti (come quelle di specie) unico edificio. Comunque considerato, perci, il mezzo in esame privo di fondamento e va respinto. (Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 14 ottobre 1963, n. 2737 -Pres. Vistoso -Est. Malftano -P.M. Gedda (conf.) -Soc. Borovier Toso c. Finanze Stf!rn Imposta generale sull'entrata -Movimento di danaro soggetto all'imposta -Presupposti e condizioni -Inesistenza di un aumento di ricchezza per l'accipiens e concreta non esercitabilit del diritto di rivalsa -Irrilevanza. (1. 19 giugno 1940 n. 742, artt. 1 e segg.). Imposta generale sull'entrata -Cessione di beni -Restituzione degli stessi beni al venditore contro restituzione o accredito del relativo importo -Atto economico autonomamente imponibile -Limiti. (1. 19 giugno 1940 n. 742, artt. 1, 2). Imposta generale sull'entrata -Entrate a titolo di capitale non soggette all'imposta -Nozione. (1. 19 giugno 1940 n. 762, art. 1, 3" co., lett. a). E' soggetto all'imposta sull'entrata qualsiasi movimento di danaro, al lordo, che abbia luogo in collegamento od in occasione di una cessione di beni o di una prestazione di servizi, indipendentemente dall'aumento di ricchezza che ne derivi all'accipiens ed indipendentemente dalla concreta esercitabilit del diritto alla rivalsa. L'accredito all'acquirente dell'importo di merci dallo stesso restituite al venditore (produttore o commerciante) d luogo ad entrata imponibile, quando non avvenga nell'ambito dello stesso atto economico, non ancora esaurito, che legittim la prima consegna delle merci stesse, ma rappresenti l'esecuzione, da parte di uno dei contraenti, di un atto economico diverso e distinto (1). (1-2) Dato il principio per il quale il fatto generatore del diritto alla percezione dell'ige l'entrata in danaro, conseguita in corrispondenza della - 152 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La disposizione dell'art. 1 lett. a) della legge 19 giugno 1940, n. 762, che dichiara non soggette all'imposta le somme introitate a titolo di capitale, riguarda i corrispettivi riscossi per la vendita di beni, che siano stati in precedenza acquistati a scopo di inve1stimento, e cio i corrispettivi che rappresentino il recupero di capitali impiegati in un determinato modo (2). (Omissis). -Con l'unico motivo del ricorso si censura la sentenza impugnata per aver ritenuto che la societ Barovier e Toso fosse obbligata a corrispondere l'imposta generale sull'entrata sulle somme da essa accreditate ai propri clienti a seguito della restituzione di oggetti di vetro rotti, fuori moda o invendibili agli stessi forniti. Al riguardo si deduce che, in coerenza con il principio I sancito nella legge istitutiva dell'I.G.E., secondo cui non vi I" entrata imponibile se non in corrispondenza d'una cessione '. di beni o d'una prestazione di servizi, non pu dar luogo ad entrata imponibile la restituzione di merci al venditore di-I pendente dalla risoluzione del contratto di vendita, in quanto r tale restituzione non costituisce una cessione di beni, ma un facere dovuto all'annullamento di questa, il quale, se com-Wl cessione di beni o di servizi ricevuti o da ricevere, indipendentemente dalla ~j ricorrenza in concreto di un effettivo aumento di ricchezza (cfr. Cass., ,~ n. 13'9/63; 803/59; 474/53; 2994/63; 1884/52; 2059/52), la soluzione adottata la conseguenza necessitata di due dati obiettivi. L'uno dato dal mancato condizionamento del rapporto giuridico di ~?: imposta al rapporto di rivalsa sancito dall'art. 6 della I. 19 giugno 1940 ~:: n. 762; l'altro dato dalla esclusione, per i casi presi in esame, di entrata ru,=:.: a titolo di capitale. ~== Il rapporto di rivalsa , nell'economia dell'art. 6 citato, concepito lli come una conseguenza del rapporto di imposta gi sorto, giacch, mentre ~ quest'ultimo collegato al verificarsi dell'entrata, il primo trova il suo ~ antecedente logico e giuridico nel rapporto d'imposta e nel conseguen-~ ziale pagamento del debito. ffi N la disciplina legislativa relativa all'imposta entrata contiene di-!fil sposizione alcuna che, in contrasto con la rilevata natura dei rapporti, I possa portare a ritenere il contestato condizionamento (cfr. Cass., Sez. I, n. 765/60; 598/62; 803/59). Il presupposto della entrata a titolo di capitale l'acquisto di un 1== bene allo scopo di investimento. Tale presupposto, in caso di rivendita, :i si verifica solo quando, a seguito di quest'ultima, si attua il recupero llji del capitale prima impiegato. Nulla di tutto ci nei casi in cui si pone t' in essere un atto economico uguale e contrario a quello che ebbe a ;:~= formare materia tassabile. i~== L'assoluta identit dell'attivit economica -retrocessione e cessio-~=~ ne -esclude, infatti, che, per l'inversione della posizione dei soggetti, f,.~, si possa avere un diverso regime giuridico di una medesima imposta. "' .. -~~ -~ "., =~ PARTE I, SEZ V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA porta la restituzione da parte del venditore delle somme ricevute come corrispettivo della cessione, d luogo non ad un'entrata in senso tecnico, ma a un semplice movimento di capitali che secondo la disposizione di cui all'art. 1 della citata legge non costituisce entrata. La censura infondata. Come questa Corte Suprema ha altre volte affermato, la legge assoggetta all'imposta sull'entrata qualsiasi movimento di danaro, al lordo, sempre che sia collegato od occasionato da una cessione di beni o da una prestazione di servizi, ab~ bia, poi, arrecato o non all'accipiens un aumento di ricchezza; e la circostanza che il diritto alla rivalsa n:on sia o non possa. essere esercitato non pu avere alcuna giuridica rilevanza ai fini dell'insorgenza dell'obbligazione tributaria (v. sent. n. 803 del 1959 e 589 del 1962). In coerenza con questi principi deve ritenersi che la restituzione di merci a un produttore o a un commerciante da parte di colui che le ha acquistate non costituisce un atto che in ogni caso d luogo a una entrata imponibile. Invero, ci si verifica soltanto nell'ipotesi in cui la restituzione non avvenga nell'ambito dello stesso atto economico, non ancora esaurito, che legittim la prima consegna della merce, ma rappresenti l'esecuzione, da parte di uno dei contraenti, d'un atto economico diverso e distinto da quello che dette luogo a tale consegna, perch in tal caso si in presenza d'un nuovo atto economico che produce una nuova entrata, la quale giustifica una nuova imposizione. Nella specie, la Corte di merito si uniformata a questi principi perch, accertato con incensurabile apprezzamento di fatto che la restituzione di merci alla Barovier e Toso, avvenuta dopo molti anni dalla consegna, non si era verificata nell'ambito economico che determin tale consegna il quale aveva avuto piena e intera esecuzione ma costituiva un nuovo atto economico, diverso dal primo, per effetto del quale la Barovier e Toso aveva corrisposto ai restituenti delle somme di danaro, ha ritenuto che questo movimento di danaro fosse assoggettabile all'imposta sull'entrata. . N pu sostenersi che, nella specie, non si sarebbe verificata un'entrata suscettibile d'imposizione, trattandosi di somme introitate a titolo di capitale e, in quanto tali, non assoggettabili al tributo per la disposizione di cui all'art. 1 lett. a) della I. 19 giugno 1940, n. 762, perch presupposto di questa norma che il bene sia stato acquistato allo scopo di investimento di capitali, sicch la successiva vendita, con conseguente - 154 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO realizzo di danaro, non costituisce un'entrata tassabile, ma sol154 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO realizzo di danaro, non costituisce un'entrata tassabile, ma soltanto il recupero di un capitale impiegato in un determinato modo, mentre nel caso in esame si verificata una retrocessione di merci con recupero di danaro, cio un atto identico alla cessione verso danaro. Non vale, poi, rilevare che la ricorrente non pu esercitare pi il diritto di rivalsa dell'imposta nei confronti dei clienti che le restituirono le merci, perch tale impossibilit, come si affermato innanzi, non ha giuridica rilevanza ai :l;ni dell'insorgenza dell'obbligo d'imposta. (Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 14 ottobre 1963 n. 2744 -Pres. Vistoso -Est. Malfitano -P.M. Gentile (conf.) Caravita c. Finanze Stato. Esecuzione fiscale -Riscossione delle imposte dirette -Delegato governativo per la gestione esattoriale -Diretta riferibilit dell'attivit del delegato all'Amministrazione delle Finanze -.conseguenze circa l'onere delle spese dei giudizi relativi alla riscossione e circa la legittimazione a proseguire i giudizi in corso all'atto della cessazione dell'attivit del delegato. (r.d. 15 settembre 1923 n. 2090; d.l. C.P.S. 5 ottobre 1947 n. 1233). Il delegato governativo per la riscossione delle imposte dirette, a differenza dell'esattore, il quale un appaltatore che agisce in nome e per conto proprio, deve ritenersi un rappresentante dell'Amministrazione dello Stato, ed il rapporto che si instaura tra questa ed il delegato medesimo deve ritenersi non diverso da quello, di rappresentanza organica, che sussiste relativamente agli altri funzionari. Conseguentemente; l'Amministrazione d,elle Finanze risponde delle spese, cui sia condannato il delegato nei giudizi relativi alla riscossione, ed alla stessa - 1e non gi all'esattore successivamente nominato -spetta la legittimazione a proseguire detti giudizi in sostituzione del delegato la cui attivit sia cessata (1). (1) Le soluzioni di carattere processuale adottate nella riportata sentenza sono la conseguenza necessitata della figura giuridica riconosciuta al delegato per la riscossione nella gestione delle esattorie vacanti. Investito delle funzioni a norma degli artt. 23 e segg. del reg. approvato con il r..d. 15 settembre 1~23 n. 2090 e 1 e segg. del d.l. 5 ottobre 1947 il delegato per la riscossione legato alla Amministrazione da un rapporto che, differenziandosi, nella sostanza e nella forma, da quello dell'esattore, richiama l'istituto della rappresentanza organica. Chiamato PARTE I, SEZ V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 155 (Omissis). -Con il primo motivo si censura la sentenza impugnata per aver respinto la eccezione di inammissibilit dell'appello sul rilievo che la cessazione della gestione provvisoria del delegato governativo di un'esattoria non d luogo a successione. Al riguardo si deduce che il titolare dell'esattoria che succede al delegato governativo assume ope legis le rate di imposte e di tasse scadute e non riscosse durante l'esercizio del delegato ed ha, quindi, interesse nel giudizio concernente la sussistenza del credito di imposta e la nullit dell'avviso di mora. Si aggiunge che il nuovo titolare dell'esattoria non un cessionario di tanti crediti quanti sono quelli da riscuotere, ma il titolare del rapporto di esattoria con tutte le conseguenze che ne derivano e che, cessata la gestione del delegato governativo, si ripristina automaticamente il rapporto ordinario di riscossione delle imposte al quale interessato il nuovo esattore. La Corte di merito, quindi, avrebbe dovuto ritenere che, nella specie, si versasse nell'ipotesi d1 successione universale nel processo prevista dall'art. 110 cod. proc. ad agire non in rappresentanza dell'esattore, ma in mancanza di esso, nominato con decreto ministeriale, passibile di revoca o di sostituzine, sottoposto alla continua vigilanza del Prefetto e dell'Intendente di finanza. E' scelto. nell'ambito dell'Amministrazione Finanziaria, retribuito in misura fissa mensile e, per l'attivit svolta, tenuto al rendiconto mensile delle riscossioni e dei versamenti, nonch, a chiusura dell'anno fornnziario, al rendiconto della gestione, con l'osservanza, per la parte erariale, delle norme di contabilit di Stato, da sottoporsi al giudizio della Corte dei Conti. Non presta cauzione, non risponde del non riscosso per riscosso e svolge la sua attivit con le modalit prescritte dal Ministro delle Finanze nella normale n. 29 del 1929 (Giustizia Tributaria, 1929, 608) che, nel ribadire il richiamo alla contabilit mensile, dispongono in ordine alla spettanza agli enti impositori delle multe per mora. Dal che la necessaria catalogazione del delegato fra i rappresentanti dell'Amm.ne, per conto e nell'interesse diretto della quale svolge la sua funzione, e la conseguente riferibilit all'Amm.ne stessa dell'attivit in concreto svolta. La qual cosa, affermata da~la Cassazione romana nel lontano 1911 nella sentenza Finanze c. Pistolesi, Giur. it. 1911, I, I, 410, ha trovat conferma nella sentenza n. 3506 del 1955 della Corte di Cassazione: riportata con nota di SCANDALE, Giur. it., 1956, 1, 416 ed condivisa dalla dottrina. In particolare BERLIRI, Principi di diritto tributario, 1, 173, 175; LA PORIA, La .riscossione delle impo$te dirette, 341-343; SCANDALE, La riscossione delle imposte dirette, VIII ed., 85 e segg.; Coc1VERA, Guida alle imposte dirette, III ed., 141. - 156 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO civ. e, conseguentemente, dichiarare inammissibile l'appello per non avere l'Amministrazione provveduto, nel termine di legge, alla riassunzione del processo interrotto nei confronti dell'Esattore. La censura infondata. La Corte di merito ha esattamente respinto la eccezione di inammissibilit dell'appello per la mancata riassunzione del processo nei confronti dell'esattore succeduto al delegato governativo in quanto, cessata nel corso del processo l'attivit di quest'ultimo, legittimata alla prosecuzione del processo, in sostituzione di lui, era la stessa Amministrazione delle Finanze, per conto e nell'interesse della quale il delegato agiva. Invero, dalle varie disposizioni del Regolamento approvato con il r.d. 15 settembre 1923 n. 2090, concernenti i delegati per la riscossione delle imposte, si desume che il delegato, a differenza dell'esattore il quale un appaltatore che agisce in nome e per conto proprio, deve ritenersi un rappresentante dell'Amministrazione dello Stato, incaricato della riscossione delle imposte, la cui attivit ad essa direttamente riferibile. Le disposizioni, infatti, secondo le quali il delegato pu essere revocato dall'incarico in qualsiasi momento, non risponde del non riscosso per riscosso, non presta cauzione, deve rendere il conto delle riscossioni e dei versamenti ogni mese e deve, alla chiusura dell'anno finanziario, rendere il conto della gestione per la parte erariale, secondo le norme della contabilit generale dello Stato, conto che viene poi sottoposto all'esame della Corte dei Conti, sono chiaramente indicative dell'affermata figura giuridica del delegato per la riscossione delle imposte e pongono in evidenza la differenza tra tale figura e quella dell'esattore. La figura giuridica di rappresentante dell'Amministrazione dello Stato, peraltro, stata gi riconosciuta al delegato per la riscossione dei tributi dalla dottrina e da questa Corte Suprema, la quale nella sentenza n. 3506 del 1955 ha affermato la responsabilit dell'Amministrazione delle Finanze per le spese giudiziali, alle quali sia stato condannato il delegato nei giudizi relativi alla riscossione, sul presupposto che tra lo Stato e il delegato alla riscossione dei tributi si instaura un rapporto di rappresentanza organica, che non diverso da quello che sussiste relativamente agli altri funzionari. Nella specie, quindi, cessata la gestione del delegato nel corso del giudizio, i poteri conferiti a quest'ultimo venivano riassorbiti dall'Amministrazione dello Stato delegante e, poi- I I @ ~=i ' ' ' . ;::; II ~ !~ I Iij IiI ~ ru I ~; i i 1:: f?i !;! ~ i I fil fl ~ ~ ~ ~ ~ ID I ~ I f:1 i:= ~l ~.....M?#llMlrlt..;:::8 PARTE I, SEZ V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 157 ch questa era costituita in giudizio, nessuna influenza poteva avere sulla proseuzione del processo il fatto che la gestione del delegato era venuta a cessare. (Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 14 ottobre 1963 n. 2745 - Pres. Torrente -Est. Caporaso -P.M. Tavolaro (conf.) -Soc. Manifatture Tessile di Sovico c. Finanze Stato. Imposta di registro -Societ -Aumenti di capitale per fusione di societ o concentrazione di aziende sociali -Tassa fissa -Presupposti. O. 6 agosto 1954 n. 603, art. 29). Imposta di registro -Aumenti di capitale per fusione o concentrazione di aziende -Contemporaneit e strumentalit delle operarazioni ai fini dei benefici fiscali -Nozione -Fattispecie. (1. 6 agosto 1954 n. 603, art. 29). Imposta di registro ~ Strumentalit dell'aumento di capitale rispetto alla fusione di societ o alla concentrazione di aziende sociali Necessit che la prova del requisito, ai fini dei benefici fiscali, risulti dall'atto sottoposto a registrazione -Insussistenza. (1. 6 agosto 1954 n. 603, art. 29; r.d. 30 dicembre 1923 n. 3269, art. 8). Il beneficio della registrazione a tassa fissa delle deliberazioni di aumento di capitale sociale, adottate in contemplazione della fusione con altra societ o di concentrazione di aziende sociali, subordinato a due presupposti essenziali: che siano contemporaneamente deliberati l'aumento di capitale e la fusione o concentrazione, che l'aumento di capitale sia in funzione esclusiva della fusione o concentrazione (1). {1-3) Nella riportata sentenza l'affermazione per la quale la contemporaneit fra aumento di capitale e fusione di societ possa ricavarsi indifferentemente dalla deliberazione societaria sulla fusione ovvero dall'atto conclusivo della fusione stessa, determina qualche perplessit. Tale affermazione parte del presupposto che la contemporaneit fra aumento di capitale e assorbimento delle due societ sia stata richiesta dalla legge n. 603 del 1954 al solo scopo di acquisire la certezza del carattere strumentale dell'aumento di capitale, con la conseguenza che, deliberato l'aumento stesso, la registrazione beneficiata opera anche se [a fusione segue a distanza di tempo, e sia fornita la prova della effettiva e reale sua destinazione. Ci indubbiamente vero, ma, ai fini del trattamento di favore fi - 158 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La contemporaneit dell'aumento di capitale e della fusione di societ o concentrazione di aziende sociali, richiesta dalla legge ai fini del beneficio dell'applicabilit delle tasse fisse di registro (ed ipotecarie) non va intesa in senso rigorosamente cronologico e deve ritenersi sussistente anche se rilevabile rispetto ad atti che costituiscano antecedente logico e necessario di quelli conclusivi dell'operazione che il legislatore ha inteso favorire (E' stata ritenuta sussistente la contemporaneit per un aumento di capitale deliberato in concomitanza con la deliberazione assembleare di fusione anzich con il contratto relativo alla fusione medesima) (2). La prova che l'aumento di capitale sia effettivamente diretto ed idoneo ad agevolare la fusione di societ, e ci ai fini dei benefici fiscali concessi a tale scopo, pu essere acqui~ sita, oltre che sulla base degli elementi risultanti dalla deliberazione sottoposta a registrazione, anche con autonomi mezzi. 'come in ogni ipotesi in cui devesi provare l'esistenza di determinati presupposti di fatto cui sia subordinata la concessionP di un beneficio, semprech la legge non fissi un termine di decadenza per esibire la documentazione giustificativa (3). (Omissis). -Contro la sentenza hanno proposto ricorso sia il contribuente (allegando la regolare bolletta di deposito n. 713 oltre quella n. 715 che riguarda le spese di giustizia nelle fasi precedenti), che l'Amministrazione delle Finanze, reciprocamente contestando la interpretazione che la Corte ha dato all'art. 29 della legge fiscale 6 agosto 1954 n. 603. I due ricorsi devono necessariamente essere riuniti e possono essere trattati contemporaneamente, poich sia l'uno che l'altro sono diretti a stabilire quali siano i requisiti obiettivi "(>er poter fruire della registrazione a tassa fissa delle delibe scale, lo scopo va armonizzato con la lettera della legge e con la inter pretazione, che alle singole norme va data secondo l'art. 14 delle dispo sizioni sulla legge in generale. La lettera della legge, infatti, laddove postula il trattamento di favore per gli atti di fusione e per i contemporanei aumenti di capitali delibe rati in funzione esclusiva e diretta della fusione, posta in relazione alla disciplina civilistica dell'istituto della fusione delle societ e partico larmente degli atti conclusivi del procedimento di fusione, indicativa nel senso che la contemporaneit debba sussistere con l'atto che attua l !'usione e non con quella che la prevede, con manifestazione di volont interna di una delle societ, soggetto della fusione stessa. Il contesto dello articolo di legge precisa, che beneficiati sono l'atto di fusione ed il con temporaneo aumento di capitale ed atto di fusione auella conclusivo. -~ .. Wfi.[@fffe7#f1ff.f"'W='-tt@?X<'".@::1'~7"".<'':-:---~l--~/8:4817~1..,~ PARTE I, SEZ V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 185 pu dubitarsi che la predetta norma riguardi anche la imposta di registro. Del resto l'art. 61 della stessa legge di registro (modificato dall'art. 3 d.l. 8 marzo 1945, n. 90) disciplina proprio la tassazione del contratto di costituzione di dote, e l'art. 18 1. 16 giugno 1939, n. 942 prevede la possibilit che la dote possa essere gravata da tributi. Da quanto sopra esposto viene, cos, dimostrato che la opposizione proposta dalla Distefano Salvatrice avverso l'ingiunzione notificatale dall'Ufficio del Registro di Vizzini infondata, perch, nella specie i macchinari sui quali era stato trasferito il vincolo dotale in virt dell'atto di permuta in notar Musumeci del 23 aprile 1946, potevano essere staggiti per il soddisfacimento dell'imposta complementare di registro che riguardava, proprio, detto atto di permuta, di cui i macchinari stessi costituivano l'oggetto. (Omissis). ~~:?~:;3z~i~1\~~-(...;~~~--~ __ COMMISSIONE CENTRALE, Sez. XI, 20 giugno 1962, n. 89695 -Morasso Mario c. Finanze. Contenzioso tributario -Registro -Controversie di valutazione -De cisione delle Commissioni provinciali -Ricorso aIIa Commissione Centrale. L'obbligo della motivazione, di cui all'art. 42 r.d. 8 luglio 1937, n. _1516, non soddisfatto da un generico richiamo alla consistenza, posizione, manutenzione e valore in comune commercio del cespite da valutare (1). (1) Competenza deIIa giudizi di valutazione. Commissione Centrale delle imposte nei Con la decisione, che si annota, la Commissione Centrale, in conformit della sua precedente giurisprudenza, si pronunziata, ritenendosi competente, su ricorso proposto avverso decisione resa dalla Commissione provinciale in grado di appello, annullandola per difetto di motivazione. La Corte di Cassazione a Sezioni Unite ha, peraltro, escluso l'ammissione del ricorso alla Commissione Centrale avverso le decisioni rese dalle Commissioni Provinciali in tema di valutazione, affermando che queste decisioni, emesse in grado di appello, sono definitive salvo il ricorso all'autorit giudiziaria ordinaria, ai sensi dell'art. 29 d.l. 7 agosto 1936, n. 1639 o il riorso per Cassazione, ai sensi dell'art. 111 Cost. La decisione annotata , pertanto, in contrasto con la giurisprudenza della Corte regolatrice ed avverso di essa si sarebbe potuto opporre RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 186 (Omissis). -L'art. 42 del r.d. 8 luglio 1937 n. 1516, fa obbligo alle Commissioni delle Imposte per le controversie di valutazione di enunciare nelle loro decisioni una sommaria motivazione dalla quale risultino gli elementi di fatto tenuti a calcolo nella determinazione dei valori imponibili. Tale obbligo non certo soddisfatto quando, come nella specie, la decisione si limiti ad un richiamo generico alla consistenza, posizione, manutenzione e valore in comune commercio del cespite da valu ricorso per Cassazione al fine di ottenerne l'annullamento. Non essendo stato esperito siffatto rimedio, riteniamo che la decisione spieghi tutta la sua efficacia, imponendo il rinnovamento del giudizio di appello innanzi la Commissione provinciale, salvi, ovviamente, gli ulteriori rimedi previsti dalla legge avverso la nuova decisione di quest'ultima. Le decisioni della Commissione Centrale in materia di valutazione, essendo pronunciate fuori dei limiti di competenza di quest'organo, sono, perci, viziate di incompetenza. Potrebbe dirsi che, trattandosi di organo di giurisdizione speciale, organizzato peraltro per gradi, l'incompetenza s'identifichi con il difetto di giurisdizione, implicando essa esorbitanza dai limiti di attribuzione dell'organo. Ma in nessun caso pu pervenirsi alla conclusione che le decisioni emanate dalla Commissione Centrale, sia pure in ipotesi non previste dalla legge, siano inesistenti. Esse sono viziate, ma esistono e spiegano tutta la loro efficacia di atto giurisdizionale, suscettibile di passaggio in giudicato, finch non siano annullate dalla Corte di Cassazione, unico organo, posto al vertice dell'ordinamento giudiziario, competente a sindacare il vizio d'incompetenza o il difetto di giurisdizione degli organi giurisdizionali speciali. Questa soluzione confermata -a nostro avviso in modo incontestabile -dalla circostanza che la Corte di Cassazione, la quale ha avuto occasione di pronunziarsi pi volte sulla questione (Cass. Sez. Un., 13 ottobre 1960, n. 2689; id. 18 ottobre 1961, n. 2925 in questa Rassegna 1962, p. 93; id. 6 ottobre 1962, n. 2828, ivi, 1963, p. 44), ha cassato senza rinvio le impugnate decisioni della Commissione Centrale, ritenendole cos viziate ma giuridicamente esistenti, e non ha, invece, dichiarato inammissibili i ricorsi, come avrebbe dovuto fare se le avesse considerate inesistenti. N alla specie sembra applicabile il disposto degli artt. 22, 3 e 4 comma, e 29, 4 comma, d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, che consente l'azione giudiziaria nel termine di sei mesi dalla decisione definitiva delle commissioni, perch questa norma attiene alla prosecuzione della controversia sulla debenza del tributo innanzi l'autorit giudiziaria ordinaria e la sua applicazione limitata alle questioni di diritto, in materia di imposte indirette, o di valutazione complessa, in tema di imposte dirette. In tali casi l'azione giudiziaria, diversamente da com' previsto per l'ipotesi di cui al 3 comma dell'art. 29 cit., non concepita come gravame rispetto alla decisione della Commissione; essa autonoma e limitata alla questione sostanziale, con esclusione di ogni riesame degli eventuali errori in procedendo, in cui siano incorse le Commissioni. In materia di valutazione l'azione giudiziaria ex art. 29, 3 comma, d.l. 7 agosto 1936, n. 1639 e il ricorso per Cassazione ex art. 111 Cast., sono gli unici rimedi esperibili per l'annullamento delle decisioni delle Com PARTE I, SEZ V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 187 tare occorrendo invece dati concreti e specifici sia pure sommari, riferiti alle reali condizioni dell'immobile ed al calcolo che ne consegue. Ancora, nella specie, il generico riferimento anzidetto per dippi contenuto in un modulo a stampa, che toglie ogni garanzia di specifico esame dei dati obbiettivi da valutare. Evidente quindi il difetto di motivazione della decisione impugnata, che conseguentemente va annullata. (Omissis). missioni, le quali, in mancanza dell'esperimento di quei rimedi, acquistano efficacia di cosa giudicata, ancorch viziate d'incompetenza. Ben pi delicata la questione, che si esamina brevement per completezza d'indagine, nelle ipotesi, in cui 1a Commissione Centrale respinga il ricorso del contribuente, confermando la decisione della Commissione provinciale, o, come speriamo che faccia d'ora innanzi, lo dichiari inammissibile, adeguandosi, cos, all'insegnamento della Corte di Cassazione. Nell'ipotesi considerata da ultimo non v' dubbio che debba consic;lerarsi definitiva la decisione della Commissione provinciale, con la conseguente decadenza del contribuente e dell'Amministrazione finanziaria dal diritto di proporre ricorso all'autorit giudiziaria previsto dall'art. 29, 3 comma, d.l. 7 agosto 1936, n. 1639. Ma a tale conseguenza riteniamo che debba pervenirsi anche nella prima ipotesi perch l'esperimento di un rimedio non previsto dall'ordinamento giuridico, qual' il ricorso alla Commissione Centrale nei giudizi di valutazione, non certamente idoneo ad impedire il verificarsi della decadenza per il decorso del termine perentorio di sei mesi, fissato dal citato art. 29, che inizia dalla notificazione della decisione della Commissione provinciale. G. GUGLIELMI - SEZIONE SESTA GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE PUBBLICHE, APPALTI E FORNITURE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. II, 5 ottobre 1963, n. 2650 - Pres. La Via -Est. Corduas -P.M. Trotta (conf.) -Impresa Rancilio c. Gestione Ina-Casa. Arbitrato -Deposito del lodo -Ordinanza del Presidente del Tribu nale che nega l'esecutoriet -RicorribiJit in Cassazione. (Cost., art. 111, 2 comma; cod. civ., art. 825). L'ordinanza del Presidente del Tribunale, con la quale viene respinto il reclamo avverso il decreto pretorile che nega l' esecutoriet del lodo, ha carattere giurisdizionale. Pertanto la stessa impugnabile con ricorso alla Cassazione per violazione di legge. (1). (Omissis). -FATTO. Con lodo arbitrale in data 6 giugno 1960 veniva decisa una controversia, insorta tra l'Impresa Gervasio Rancilio, la Gestione Ina Casa e l'Istituto della Previdenza Sociale. Il lodo veniva depositato nella cancelleria della Pretura (1) Dopo la sentenza 30 luglio 1953, n. 2593 (Foro it., 1953, I, 1248), la Corte Suprema ha costantemente ria:ffermafo il principio, per il quale l'espressione sentenza di cui al 2 comma dell'art. 111 della costituzione, ha significato di provvedimento di natura decisoria. La tendenza stata recentemente criticata da parte della dottrina (ANDRIOLI, Incidenza della Costituzione in materia fallimentare, Banca, borsa, ecc., 1960, I, 391; 'FURNO, voce Cass. civ., Noviss. Digesto it., I, 1053, 20, aggiornamento; contra: BIANCHI D'EsPINOSA, La Costituzione e il ricorso per cassazione, Riv. dir. proc., 1962, pag. 218 e ss.), rilevandosi che per le norme di diritto processuale, e quindi di natura formale, la lettera della legge pone all'interprete limiti pi rigorosi e ristretti, che non per le norme di diritto sostanziale. Pertanto, non la Costituzione -che non d una propria nozione di sentenza -ma le leggi disciplinatrici delle procedure nelle quali i singoli provvelimenti sono adottati, sarebbero l'unico parametro formale di collegamento per l'applicazione del 2 comma dell'art. 111. E' da rilevare, che l'esame di legittimit costituzionale delle disposizioni escludenti l'impugnazione per violazione di legge di determinate sentenze, o di ordinanze e decreti di riconosciuta natura e contenuto decisorio, stato fin'ora effettuato solo dalla Corte Suprema, che persiste nella prassi di ritenerle abrogate per contrasto con la norma costituzionale. Ci sembra giustificato solo in parte; poich se vero, che la stessa ' PARTE I, SEZ, VI, GIURIS. IN MATERIA DI AA. PP., APPALTI E FORNITURE 189 di Milano; ma il Pretore, con decreto 10 giugno 1960, negava la dichiarazione di esecutivit al lodo, perch non erano stati depositati il contratto contenente la clausola compromissoria, e. gli atti con i quali erano stati proposti i quesiti, come prescritto dall'art. 825 c.p.c. L'impresa reclamava al Presidente del Tribunale di Milano, il quale, per, con ordinanza 10 ottobre 1960, respingeva il reclamo. Osservava l presidente: 1) che la produzione dei documenti eseguita dopo la decisione del pretore e dopo il decorso del termine perentorio di cui all'art. 825, 1 comma, c.p.c. non poteva supplire alla mancata produzione degli stessi; 2) che, relativamente agli atti contenenti i quesiti, doveva riconoscersi che il mancato tempestivo deposito dei medesimi non aveva rilevanza, in quanto i quesiti sottoposti agli arbitri risultavano integralmente riportati nel lodo; 3) che, invece, riguardo all'atto contenente la clausola compromissoria, esso non era stato depositato, n tale deficienza poteva essere ovviata per il fatto che, tempestivamente, era stato depositato unitamente al lodo copia autentica del Capitolato generale per la Gestione Ina-Casa, contenente una clausola compromissoria, posto che non esisteva alcuna prova che le disposizioni di tale capitolato dovessero applicarsi ai rapporti giuridici che avevano formato oggetto del lodo. (Omissis). giurisprudenza costituzionale ha ammesso la possibilit dell'abrogazione implicita delle foggi anteriori alla costituzione, anche vero che, data la notevole diversit delle conseguenze tra abrogazione e dichiarazione di illegittimit costituzionale (sulla distinzione, cfr.: Corte Cost. 27 gennaio 1959, n. 1, Giust. civ., 1959, III, 37; 27 giugno 1958, n. 40, Giur. cost., 1958, 925), sarebbe opportuno avere un definitivo chiarimento dall'Organo costituzionale sul significato dell'espressione sentenza '" usata nel 2 comma dall'art. 111. Tanto non certamente nel caso di provvedimenti che risultino sentenze in senso formale e sostanziale; ma nell'ipotesi delle ordinanze o decreti, che sono impugnabili unicamente se l'espressione sentenza viene intesa nel senso di provvedimenti a carattere decisorio, cos rifiutando l'interpretazione che alla stessa assegna portata puramente formale (in questi sensi: BIANCHI n'EsPINOSA, op. cit., 239-240). La questione di merito stata risolta, sul presupposto del Cer pubblica utilit -Opere eseguite dallo Stato -Compilazione e pubblicazione del progetto di massima -Non necessarie. (legge 25 giugno 1865, n. 2359, art. 4; r.d. 8 febbraio 1923, n. 422, art. 30). 210 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO i l l . Espropriazione per pubblica utilit -Prefissione del termine per le [ espropriazioni con decorrenza dalla consegna dei lavori -Illegittimit. [~ili (Legge 25 giugno 1865, n. 2359, art. 13). : Espropriazione per pubblica utilit -Urgenza ed indifferibilit non dichiarata ex lege -Necessit di specifica dimostrazione. (Legge 25 giugno 1865, n. 2359, art. 71; r.d. 8 febbraio 1923, n. 422, art. 32). La piena conoscenza del provvedimento amministrativo da considerare equipollente alla notifica, ai fini della decorrenza del termine per l'impugnazione giurisdizionale. (1) La compilazione e la pubblicazione del progetto di massima, come anche le formalit preliminari di cui al titolo 2, capo I della legge 25 giugno 1865, n. 2359, non sono necessarie per le espropriazioni preordinate all'esecuzione di opere pubbliche eseguite dallo Stato. (2) L'indicazione che i termini per l'inizio ed il compimento delle espropriazioni decorreranno dalla data di consegna dei lavori, non sufficiente ai fini dell'art. 13 della legge fondamentale del 1865. (3). (1) L'ammissibilit di equipollenti della notifica di un provvedimento amministrativo, prevista nell'art. 1 del r.d. 23 ottobre 1924, n. 1672 (come modificato dall'art. 1 della I. 8 febbraio 1925, n. 88), che ha introdotto l'elemento della piena conoscenza dell'atto da impugnare, ai fini di stabilire Ja decorrenza del termine utile. La giurisprudenza particolarmente ampia e varia ( cfr. : Massimario della giurisprudenza del Cons. Stato, 1932 -1961, vol. II, pagg. 4292 e ss.); e la sua caratteristica -ovviamente - proprio quella di essere una giurisprudenza d specie. La tendenza diretta ad estendere l'ambito .di applicazione della norma, ben oltre i limiti dell'accertamento specifico e diretto della conoscenza effettiva; consentendo largo impiego delle presunzioni, attraverso cui giungere alla legittima conclusione della estrema probabilit (se non della certezza) di tale conoscenza. Tuttavia, ben fermo il principio della necessit della cognizione degli elementi essenziali dell'atto; intendendosi per tali quegli elementi, in base ai quali il soggetto possa individuare la lesione di un suo in teresse, e cio la precisazione dell'organo che ha emanato l'atto, la data di esso, e l'oggetto. Per richiami in dottrina, cfr.: op. cit., pag. 4277, n. 5. (2-3) Giurisprudenza costante, dopo la decisione del Cons. Stato, Sezione IV, 15 luglio 1955, n. 547 (Il Consiglio di Stato, 1955, I, 850); nella quale una disamina completa anche. dei principi relativi alla dichiarazione di pubblica utilit, fatta direttamente dalla legge; ed alla disciplina prevista dall'art. 30 r.d. n. 422 del 1923 per le opere eseguite dallo Stato. PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI AA. PP., APPALTI E FORNITURE 211 L'urgenza ed indifferibilit dei lavori, quando non derivi direttamente dalla legge o non sia contestuale alla dichiarazione di pubblica utilit, deve essere motivata e dimostrata concretamente, (4 ). La sig.ra Giuseppina Bonetti in Vismara ha prop9sto ricorso a questo Tribunale Superiore avverso il decreto 10 dttobre 1961, con il quale il Prefetto di Sondrio ha autorizzato !~occupazione di urgenza di un fondo di sua propriet, necessaria per i lavori di sistemazione della valletta Solco , affluente in sinistra dell'Adda in Comune di Valdisotto; nonch avverso i decreti 29 febbraio 1960 e 3 agosto 1961 del Magistrato del Po, con i quali stato approvato il progetto e sono stati dichiarati urgenti e indifferibili i lavori suddetti. (Omissis). E' infondata l'eccezione di irricevibilit sollevata dalla resistente Amministrazione in ordine all'impugnativa avverso il de- Per ulteriori riferimenti, cfr.: LANDI, Rassegna di giurisprudenza sulle espropr. per p.u., Appendice 1962, nn. 52, 239 e 322). Interessante quesito se sia possibile fissare con successivo provvedimento, ad integrazione di quello impugnato, i termini in questione. Un accenno in proposito nelle decisioni del Cons. Stato, Sez. IV, n. 786 del 22 settembre 1960 (Il Consiglio di Stato, 1960, I, 2, pag. 1502), e Sez. V, n. 554 del 16 giugno 1949 (Foro amm., 1950, I, 2, col. 12), che -per non affrontano specificamente il problema. La dottrina (CARUGNO, L'espr. per p.u., 1958, pag. 107) si pronuncia in senso negativo, facendo riferimento al carattere formale del provvedimento dichiarativo di pubblica utilit. Sembra, per, che l'obbiezione non sia conferente; dovendosi piuttosto avere riguardo alla circostanza, se la prefissione dei termini condizioni la stessa esistenza giuridica del provvedimento, o non detem1ini piuttosto un vizio del procedimento espropriativo ( cfr.: Cons. Stato, Sezione V, n. 158 del 12 marzo 1948, Foro amm., 1948, I, 2, 228). (4) La decisione non sembra rispondente ad esatti principi. Poich non pu dubitarsi che il Tribunale Superiore abbia tenuto presente che la dichiarazione di indifferibilit ed urgenza, nella specie, era regolata dall'art. 39 del r.d. 8 febbraio 1923, n. 422 (in relazione all'art. 8, 2 comma del d.p.r. 30 giugno 1955, n. 1534, ed all'art. 6 della legge 18 marzo 1958, n. 240), andava considerato che il relativo potere aveva carattere ampiamente discrezionale. Infatti, a differenza della facolt conferita ai Prefetti dall'art. 71, primo comma, prima parte, della legge 25 giugno 1865, n. 2359, l'esercizio del potere in questione unicamente in funzione della natura oggettiva dei lavori, e delle normali esigenze dell'Amministrazione interessata ( cfr. LANDI, op. cit., pag. 149; ed Appendice 1962, pag. 95). N sembra sostenibile che l'omessa valutazione della situazione d'urgenza, in sede di dichiarazione di pubblica utilit, renda illegittima la successiva pronuncia di indifferibilit; poich, a prescindere dalle eventuali necessit sopravvenute, trattasi di valutazioni tra loro indipendenti e preordinate a fini diversi. - RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO creta 29 febbraio 1960, con il quale il Magistrato del Po ha approvato e autorizzato l'esecuzione dei lavori di sistemazione della Valletta Solco , affluente in sinistra dell'Adda in Comune di Valdisotto. Se vero, infatti, che la cognizione del provvedimento da parte dell'interessato da considerare equipollente alla notificazione, ai fini del decorso del termine per proporre l'impugnativa, non men vero che la conoscenza del provvedimento idonea a segnare l'inizio della decorrenza del termine suddetto deve essere piena, nel senso che il provvedimento stesso deve essere conosciuto nei suoi elementi essenziali. Nella specie, invece, dalla lettera 18 novembre 1960 diretta dalla ricorrente al Ministro dei Lavori Pubblici e posta dall'Avvocatura dello Stato a sostegno dell'eccezione di irricevibilit, non risulta affatto provata la piena conoscenza del provvedimen-, to 29 febbraio 1960 del Magistrato del Po: la ricorrente infatti in detta lettera dichiara di aver saputo dall'Ufficio del Genio civile di Sondrio, che la sua propriet doveva essere occupata, e aggiunge che all'albo comunale di Valdisotto, era stato affisso il piano di esecuzione dei lavori per la costruzione del canale e la relativa espropriazione dei terreni soggetti ai lavori stessi, ma in nessun punto di detta lettera fa cenno al decreto di approvazione del Magistrato del Po, del quale evidentemente ignorava la esistenza, come facile del resto desumere dalla circostanza che in detta lettera la ricorrente continua ancora a ritenere che i lavori siano stati illegittimamente iniziati prima dell'approvazione (intervenuta invece con il decreto 29 febbraio 1960), e che il piano pubblicato all'albo comunale sia soltanto il piano di massima, che, a norma dell'articolo 4 della legge del 1865 sulle espropriazioni, deve essere pubblicato prima della dichiarazione di pubblica utilit. Passando dopo ci all'esame dei motivi di ricorso rivolti contro il pi volte richiamato decreto 29-2-1960 del Magistrato del Po, osserva il Collegio, che tutte le censure contenute nel primo motivo sono infondate. E' invero, non pu parlarsi di violazione dell'art. 4 della legge del 1865 sulle espropriazioni, per mancata compilazione e pubblicazione del progetto di massima, perch, come noto, le espropriazioni relative ad opere pubbliche da eseguirsi dallo Stato non richiedono l'espltamento delle formalit preliminari stabilite dal titolo I capo I della legge 25 giugno 1865, n. 2359, dato che la dichiarazione di pubblica utilit implicita nell'approvazione dei relativi progetti (v. per tutte, la decisione del Con PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI AA. PP., APPALTI E FORNITURE 213 siglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana 13 febbraio 1952, n. 15). (Omissis). Fondato appare invece il terzo motivo, con il quale la ricorrente lamenta la mancata prefissione dei termini per l'inizio e il compimento delle espropriazioni e dei lavori. E' vero che nel decreto impugnato il termine per l'esecuzione degli esproprii viene fissato in due anni, con decorrenza dalla data di consegna dei lavori, ma ci non soddisfa il precetto dell'art. 13 della legge del 1865 sulle espropriazioni, il quale richiede che il termine suddetto sia fissato in modo certo, con la conseguenza che deve ritenersi illegittimo il provvedimento che faccia decorrere l'inizio dei lavori da un termine incerto, qual' quello della consegna dei lavori (Consiglio di Stato, Sez. IV, 24 ottobre 1956, n. 1150). Deve essere pertanto accolto in base al motivo. suddetto, il ricorso avverso il decreto 29 febbraio 1960 del Magistrato del Po, che va annullato. Ugualmente fondato il ricorso avverso il decreto 3 agosto 1961, con il quale il Magistrato del Po ha dichiarato urgenti e indifferibili i lavori dichiarati di pubblica utilit con il precedente decreto. Ed invero, nei casi, come quello in esame, in cui la dichiarazione di urgenza e di indifferibilit non derivi direttamente dalla legge, occorre che l'urgenza e l'indifferibilit effettivamente esistano e siano dimostrate. Nella specie, invece, tra il decreto di approvazione del progtto e la dichiarazione di indifferibilit ed urgenza sono decorsi ben 18 mesi, il che dimostra che i lavori da effettuare non erano n urgenti n indifferibili. N pu dirsi che potrebbero l'urgenza e l'indifferibilit essere sopravvenute, perch i motivi posti q base della dichiarazione chiaramente lo escludono. Detti motivi, contenuti nel parere 15-7-1961 del Comitato Tecnico Amministrativo richiamato nel provvedimento impugnato, sono indicati nella necessit di assicurare la difesa idraulica, nell'aumento del rischio dei danni che potrebbe derivare dal ritardo nella esecuzione delle opere, nella opposizione della ricorrente che ha ritardato il corso dei lavori e nella necessit di evitare il pagamento dei danni per la forzata inattivit del cantiere, richiesti dalla ditta appaltatrice dei lavori. Ora, la necessit della difesa idraulica la stessa che port all'approvazione del progetto, mentre l'aumento del rischio dei danni che potrebbe derivare dal ritardo nella esecuzione delle opere, a prescindere dalla considerazione che si tratta di una affermazione generica e non dimostrata, un elemento che po RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 214 teva e doveva valutarsi al momento dell'approvazione del progetto, e non si pu presumere che in quel momento non sia stato valutato : il fatto che non sia stata subito emanata la dichiarazione di indifferibilit e di urgenza dimostra che nella specie i lavori potevano effettuarsi nel termine necessario per compiere le espropriazioni, senza che ci comportasse un pericolo. Pi precisamente i due motivi della urgenza e indiffe- ribilit sin qui esaminati, se esistenti, avrebbero dovuto portare subito alla dichiarazione di indifferibilit e di urgenza: il fatto che detta dichiarazione sia intervenuta dopo diciotto mesi dall'approvazione del progetto, dimostra che essi non esistono, almeno nella intensit che possa legittimare le dichiarazione a distanza di tanto tempo. Per quel che riguarda invece la opposizione della ricorrente e la richiesta dei danni per inattivit del cantiere avanzata dalla ditta appaltatrice dei lavori, facile osservare che detti motivi non hanno a che vedere con l'urgenza e l'indifferibilit delle opere da eseguire, a prescindere dalla considerazione che gli inconvenienti addotti dipendono esclusivamente dalla ii:ieriia della amministrazione, la quale nei diciotto mesi lasciati inutilmente trascorrere avrebbe ben potuto portare a termine l'espropriazione nelle forme ordinarie. Deve pertanto ritenersi illegittima la dichiarazione di urgenza e indifferibilit impugnata, perch emanata a lunga distanza di tempo in base. a motlvi che si devono ritenere o ingiustificati o inconferenti e ad ogni modo gi esistenti e valutati diversamente sin dal momento dell'approvazione delle opere; con la conseguenza che la dichiarazione suddetta deve essere annullata, cos come deve essere annullato il successivo decreto di occupazione di urgenza che la presuppone e che di essa costituisce l'esecuzione. (Omissis). LODO 30 dicembre 1963, n. 64 (Roma) -Pres. Pinchera -Est. Girelli -Impresa Falchi c. Amministrazione provinciale di Sassari e Gestione case per lavoratori. ~ Opere Pubbliche -Direttore dei lavori -Attribuzioni -Attivit svolta : al di fuori di tali attribuzioni -Non impegna la p.a. committente. (r.d. 25 maggio 1895, n. 350, sulla direzione, contabilit e collau<. I dazione dei lavori dello Stato; artt. 2, 3, 13 e 63). t I ~ . 1~1 .:0: ;,:;: :,;:; J'-?.'-:;.:; "J'F.(J;. J' O"F.J'.' ..-.-... NJ'.~J' N.I'. !I': r....... -~ PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI AA. PP., APPALTI E FORNITURE 215 Il Direttore dei lavori ha il compito di verificare i materiali somministrati dall'appaltatore, e di curare la buona e puntuale esecuzione dei lavori. Egli non che lo strumento di cui si avvale il capo dell'organo tecnico dell'Amministrazione committente; ed agisce in posizione meramente subordinata, alle dipendenze di quest'ultimo. Pertanto un comportamento che ecceda le attribuzioni demandategli, o che sia in contrasto con la legge o con esplicite pattuizioni contrattuali, non impegna il committente. (1) (Omissis). -A sostegno delle proprie ragioni, l'Impresa ha prodotto una lettera in data 27 febbraio 1963 dell'ex direttore dei lavori, con la quale lo scrivente, che in sede di controdeduzioni delle riserve inserite nel registro di contabilit si era praticamente pronunciato per il rigetto di tutte le istanze avanzate dall'appaltatore, esprime parere favorevole all'accoglimento delle stesse. Le convenute Amministrazioni hanno contestato la vali (1) L'attivit di ingerenza, direzione e collaborazione, che nell'esecuzione di un'opera pubblica riservata all'Amministrazione appaltante, di competenza del dirigente del proprio organo tecnico. Negli appalti statali, questa competenza dell'Ingegnere capo del Genio Civile (reg. 25 maggio 1895, n. 350, art. 1); negli appalti di altre amministrazioni, che richiamino o comunque applichino il cennato regolamento, secondo un'ovvio criterio di adattamento della norma, non pu non essere attribuita che al dirigente dell'ufficio tecnico. Il Direttore dei lavori solo lo strumento, di cui esso dirigente si avvale; agisce alle sue dipendenze e ne riceve gli ordini, e le istruzioni necessarie per la condotta dei lavori. La sua figura, quindi, meramente subordinata; e tanto ci vero, che qualunque suo ordine, deve essere approvato e vistato dal Capo dell'Ufficio dal quale dipende (artt. 2, 6, 7 e 13, reg. cit.). Ci posto, chiaro che l'opinione del Direttore dei lavori su controversie insorte con l'Impresa, espressione di convincimento esclusivamente personale, che in nessun modo impegna l'Amministrazione appaltante nemmeno sotto il profilo tecnico. E' ovvio che in tale considerazione si prescinde dalla eventualit, che le affermazioni del Direttore dei lavori siano fatte in sede di istruttoria assunta dall'organo giudicante. In questo caso, la situazione giuridica diversa, sia in relazione al contenuto delle affermazioni (non rappresentate da meri giudizi, ma dal riferimento di fatti obbiettivi), che in rapporto alla diversa veste del dichiarante. Sulla figura del Direttore dei lavori, sulle modalit di esercizio dei suoi compiti, sulle sue responsabilit verso l'Amministrazione e nei confronti dell'appaltatore e di terzi, cfr.: CIANFLONE, L'appalto di oo.pp., 1957, 138 e 374 e ss.; nonch, Cass. 20 luglio 1960, n. 2035, Foro amm. 1961, II, 304, con nota di richiami. - 216 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dit di tale parere, osservando che l'opinione dell'ex direttore dei lavori deve ritenersi espressione di un convincimento puramente personale, in nessun modo impegnativo per la committente, nemmeno sotto il profilo tecnico. Il Collegio rileva che il reg. 25 maggio 1895, n. 350 al quale il capitolato generale della Gestione si richiama, nel precisare le incombenze e le responsabilit delle persone preposte alla vigilanza sulla esecuzione delle opere, stabilisce in sostanza che il direttore dei lavori ha il compito di verificare i materiali somministrati dall'appaltatore, e di curare la buona e puntuale esecuzione dei lavori, in conformit dei patti contrattuali. Egli pertanto non che lo strumento di cui il capo dell'organo tecnico dell'Amministrazione committente si avvale, e che agisce, in I posizione meramente subordinata, alle dipendenze di questo ultimo. E ci risulta tanto pi vero quando si consideri, che 1-~ I ~ qualunque ordine del direttore dei lavori deve essere appro. vato e vistato dal capo dell'ufficio dal quale dipende. Il direttore dei lavori, perci, non ha la rappresentanza ' dell'Ente appaltante, e un suo eventuale comportamento che ~~ ecceda le attribuzioni demandategli o che sia in contrasto con la legge o con esplicite pattuizioni contrattuali, non impegna in alcun modo il committente. Nella specie pacifico, che lo ing. Flores, a norma dell'art. 63 del regolamento citato, forI : mul le sue controdeduzioni nel registro di contabilit, relati.' I vamente alle riserve dell'impresa; che le controdeduzioni furono esaminate dal collaudatore, il quale -a sua volta -rifer con propria relazione all'Amministrazione committente; :~~ I che quest'ultima, infine, sulla scorta degli elementi a disposi. zione, ritenne di adottare determinate decisioni, per altro non . accettate dall'impresa, che instaur il presente giudizio. , Alla luce di quanto innanzi deve concludersi che al diret Itore dei lavori era a questo punto inibito di assumere qualsiasi autonoma iniziativa, e di intervenire spontaneamente con lo esprimere opinioni, che non possono non qualificarsi di natura puramente soggettiva, nella controversia in atto. Il Collegio, I pertanto, ritiene di non attribuire valore probatorio alla ri fil chiamata lettera; ma di dover prendere in considerazione solo ili le controdeduzioni a suo tempo inserite dal direttore dei lavori ~: nel registro di contabilit. (Omissis). SEZIONE SETTIMA GIURISPRUDENZA PENALE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 5 marzo 1963, Pres. Auriemmo -Est. Rosso -P. M. Reviglio della Venezia (conf.) -rie. Milano Giuseppe -Amministrazione delle poste e delle telecomunicazioni -(C. A. Napoli 27 gennaio 1962). Giudizio civile e penale -Giudice penale di secondo grado -Liquidazione dei danni -Reformatio in peius -Inapplicabilit. (Art. 515 c.ri.c.). Giudizio civile e penale -Giudice penale di secondo grado -Impossibilit liquidazione del danno -Rimessione giudice civile. (Art. 489-519, c.p.c.). Falso -Falso documentale in atto pubblico -Soggetto passivo -Danneggiato dal reato -Distinzione. Responsabilit civile -Responsabilit della pubblica Amministrazione -Condotta dolosa del dipendente -Difetto di sorveglianza da parte degli organi dell'Amministrazione. (Cost., art. 28). Non applicabile l'articolo 515 c.p.p. nella ipotesi in cui il giudice di secondo grado, avendo riformato la decisione del primo giudice in punto alla liquidazione dei danni, abbia ordinato la rimessione delle parti dinanzi al giudice civile per la liquidazione di interessi non previsti nella sentenza del primo giudice (1). L'ordinamento processuale penale prevede la rimessione al giudice civile non solo nella fase di primo grado, ma anche in quella di appello, quando non possa essere immediatamente deciso sul quantum secondo l'apprezzamento discrezionale del giudice penale (2). (1) Sulla prima massima non vi sono osservazini da formulare dato che, in realt, l'art. 515 c.p.c. si riferisce all'impugnazione dei capi penali della sentenza. (2) Esatto appare anche il principio indicato nella seconda massima e che trova riscontro nella sentenza della Corte suprema 18 febbraio 1959 (Giust. pen. 1959, III, 533), citata in motivazione. - 218 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ' Nel reato di falso documentale in atto pubblico ravvisabile come soggetto passivo del reato la persona non priva .ta: in questo caso, tal persona pu assumere la posizione di danneggiato dal reato con diritto ad ottenere il risarcimento nei confronti dell'autore del falso e del responsabile civile (3). Vanno tenute distinte la figura della persona offesa dal reato e quella del danneggiato dal reato : la prima si identifica nel titolare del bene giuridieo leso dalla condotta criminosa, la seconda nel soggetto che ha riportato conseguenze svantaggiose dalla condotta criminosa dell'autore del reato (4). La pubblica Amministrazione risponde anche del comportamento doloso del proprio dipendente oltre che nel caso in cui questi abbia agito per fini non privati, anche nella ipotesi in cui l'atto doloso che abbia recato danno, pur in contrasto con l'attivit propria della pubblica Amministrazione, sia stato reso possibile dalla mancanza di sorveglianza da parte degli organi della stessa pubblica Amministrazione alla quale risale la responsabilit civile proprio per la colpa degli organi preposti alla vigilanza ~ alla sorveglianza dei pubblici uffici (5). (3-4) La terza e la quarta massima costituiscono applicazione di principi ormai costanti in giurisprudenza, ed, in particolare, la distinzione fra persona offesa dal reato e soggetto danaeggiato dal reato-trova riscontro nella precedente sentenza della Corte suprema 7 marzo 1962 (Rep Foro it., voce parte civile, 1962, n. 20). (5) Qualche osservazione va, invece, formulata con riguardo alla quinta massima. Come noto, la Corte suprema, con la sentenza 23 settembre 1958, n. 3029, mut il costante indirizzo giurisprudenziale in ordine al principio che veniva, ormai, indicato con la nota formula che il dolo rompe il nesso eziologico fra l'azione del dipendente e la posizione dell'Amministrazione. In quella occasione, la Corte suprema ritenne, pur riconfermando il principio della responsabilit diretta della pubblica Amministrazione, che la frattura del rapporto organico, con conseguente irresponsabilit della pubblica Amministrazione, si determina solo quando il funzionario agisca come semplice privato per finalit egoistiche, per modo che l'attivit si configura come assolutamente estranea all'ambito delle pubbliche funzioni. Il Supremo Collegio ha avuto occasione di riconfermare il principio indicato (v., fra le altre, 31 marzo 1960, n. 708, Foro it., 1961, I, 688; S.U. 28 novembre 1961, n. 2749, ibd., 1790; 20 aprile 1962, n. 792, Rep. Foro it., 1962, voce Resp. civ., 172-174; 30 novembre 1963, n. 3069, Mass. Foro it., 1963, n. 3069). La sentenza annotata si riferisce non solo alla indicazione giurispru denziale predetta, ma ad altro principio che trova riscontro in prece denti sentenze del Supremo collegio, citate in motivazione. In particolare, con la sentenza 2 agosto 1954, n. 2831, la Corte suprema, pur riaffermando il principio che il dolo (salvo casi eccezionali espres PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 21!1 (Omissis). -Nessuna sostituzione sostanziale e radicale del decidere si verificata ma solo precisazione dell'oggetto dell'an debatur in riferimento alla iniziale domanda -integralmente ac~ colta dal tribunale -nell'ambito del compito istituzionale del giudice di secondo grado. Tanto meno potrebbe ravvisarsi una re/ormatio in pejus, come sembrerebbe adombrare la difesa _della pubblica Amministrazione, per avere il giudice di secondo grado -riformando al riguardo la decisione del tribunale che aveva provveduto alla immediata liquidazione dei danni -ordinato la rimessione delle parti davanti di detta difesa circa la possibilit in prosieguo di giudizio della liquidazione anche di interessi non previsti con la decisione del tribunale non potrebbe richiamarsi all'art. 515 cod. proc. pen. che si riferisce al divieto di inasprimento della pena e comunque estraneo alla fase del processo penale -in cui si inserisce l'azione civile dei danneggiati dal reato. L'ordinamento di rito prevede la rimessione al giudice civile non solo nella fase di primo grado, ma anche in quella di appello (Sez. I, 18 febbraio 1959, samente regolati dalla legge) spezza ogni rapporto organico, riteneva che, ove l'atto doloso e dannoso del pendente fosse stato reso possibile dalla mancanza di qualsiasi vigilanza da parte degli organi dell'Amministrazione pubblica, questa ultima verrebbe a rispondere delle conseguenze della condotta illecita del dipendente. La sentenza applic tali principi nella ipotesi di un dipendente che aveva falsificato buoni di prelevamento di merce al fine di ottenere la consegna della merce stessa da parte della ditta fornitrice dell'Amministrazione. Nonostante la riconferma dell'indirizzo, ormai costante, del Supremo collegio, vale ugualmente formulare le relative riserve in ordine ai principi sopra indicati. E' evidente che la sussistenza dell'attivit dolosa del dipendente non pu far considerare come riferibile all'Amministrazione l'attivit illecita del dipendente medesimo: siffatta riferibilit si resa in concreto possibile solo forse in difetto di un richiamo all'art. 43 del codice penale nel quale chiaramente descritta la configurazione del delitto doloso. Se, infattl, il delitto doloso, o secondo l'intenzione, quando l'evento dannoso o pericoloso, che il risultato dell'azione od omissione e da cui la legge fa dipendere l'esistenza del delitto, dall'agente preveduto e voluto come conseguenza della propria azione od omissione, chiaro che non sufficiente la coscienza e volontariet dell'azione ad integrare gli estremi del dolo, ma occorre la volont dell'evento e, quindi, la inten zione di determinare una specifica modificazione del mondo es~erno, il che appare del tutto estraneo alle attribuzioni ed alle finalit che la norma indica per quel detereminato dipendente che ha posto in essere la condotta illecita, informata a dolo. L'indirizzo giurisprudenziale che, pur considerando riferibile all'Am - 220 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Baroni) quando non possa essere immediatamente deciso sul quantum liquidatorio secondo l'apprezzamento discrezionale del giudice penale che nella specie, per quanto si riferisce alla sentenza impugnata, mostra peraltro di ispirarsi a principii' non di ampliamento dell'obbligo risarcitorio del responsabile civile, ma a sua precisazione limitando l'ambito dell'obbligo medesimo in confronto alla decisione del tribunale. Del pari infondato il secondo motivo di gravame. Nei reati di falso documentale in atto pubblico non ravvisabile soggetto passivo del reato persona privata, ma ci non equi ministrazione il comportamento doloso del dipendente, si sempre premurato di limitare la riferibilit ai casi in cui l'illecito non sia stato commes!)o per finalit meramente egoistiche richiedendo che sussista un rapporto di occasionalit necessaria tra l'atto illecito e le incombenze attribuite al funzionario, sicch queste abbiano reso possibile l'attivit dannosa, ha tenuto conto, soltanto in modo parziale, della configurazione che il codice penale d del dolo. E' chiaro, infatti, che se il dipendente ha posto in essere l'attivit delittuosa con la coscienza e la volont di realizzare quel determinato evento, si , con ci stesso, fuori dai limiti di un'attivit pubblicistica riferibile all'Amministrazione. E cos, al fine di superare l'ostacolo frapposto dall'art. 43 del codice penale, la giurisprudenza sia prima del mutamento di indirizzo verificatosi nel 1958 (v. Cass. 2 agosto 1954, n. 2831 ), sia successivamente (v. sentenza annotata) ha fatto ricorso ad un elemento, quale la mancata necessaria vigilanza da parte degli organi dell'Amministrazione con riguardo all'attivit del dipendente che ha posto in essere l'azione delittuosa, elemento che del tutto estraneo alla economia dell'attivit criminosa considerata e trova, ai fini della responsabilit, un titolo diverso da quello (responsabilit diretta) che pur viene riconfermato con riferimento alla attivit illecita del dipendente. E' evidente, infatti, che, in questo caso, l'Amministrazione non viene a rispondere dell'attivit delittuosa di quel determinato dipendente che ha posto in essere un'azione criminosa dolosa, ma risponde, in realt, della negligenza di altri dipendenti, i quali, probabilmente a titolo di colpa, (poich, diversamente, concorrerebbero con: la attivit delittuosa dal dipendente considerato), non hanno esercitato in modo sufficiente ed adeguato i necessari controlli sull'attivit del dipendente che ha posto in essere quella determinata attivit delittuosa. In base a tale rilievo, deve allora convenirsi che non appare del tutto esatto il principio secondo il quale l'Amministrazione risponde anche per l'attivit dolosa dei propri funzionari, onde appare pi conforme ai principi, e non soltanto a quelli amministrativi, ma, sostanzialmente, a quelli accolti dal codice penale, che, in realt, il dolo determina una frattura nel rapporto di immedesimazione organica, e ci proprio perch, ripetesi, l ove sussiste la intenzione di conseguire un evento illecito si gi fuori dalle attribuzioni del dipendente e si versa nel campo dell'interesse privato dcl dipendente cio in quella meramente stesso e == :; ... -:::: :~ ~ ~~ < PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 221 vale a negare la configurabilit in quest'ultima di danneggiato dal reato con diritto a pretese risarcitorie nei confronti dallo autore del falso e del responsabile civile. Secondo ormai comune accezione, si deve necessariamente distinguere tra persona offesa dal reato che il titolare del bene giuridico leso dalla condotta criminosa e danneggiato dal reato per avere riportato conseguenze per lui svantaggiose dalla detta condotta criminosa dell'autore del reato. Nessun dubbio che nella specie tale danno deve ravvisarsi come generico an debeatur ai fini del diritto al risarcimento a prescindere dal quantum ipotesi in cui, come indicato, dalla giurisprudenza, il dipendente ha agito per motivi privati o per finalit meramente egoistiche. Cos intesa la responsabilit della pubblica Amministrazione appare, altres, evidente la inutilit di far riferimento al concetto del rapporto di occasionalit necessaria tra l'atto illecito e le incombenze attribuite al funzionario >>, in modo che queste abbiano reso possibile l'attivit dannosa. E' evidente, infatti, che il riferimento a tale rapporto di occasionalit necessaria si rende indispensabile quando, come nell giurisprudenza considerata, si ritiene di dover consentire la proponibilit dell'azione di responsabilit pur in presenza di un'attivit dolosa del funzionario. Senonch, il concetto di rapporto di occasionalit necessaria stato indicato dalla giurisprudenza (v. sul punto TORRENTE, La responsabilit indiretta della pubblica Amministrazione, Riv. dir. civ. 1958, 278), con riferimento ad una disciplina della responsabilit indiretta ex art. 2049 e.e. la quale esige perch sussista la responsabilit dei padroni e dei committenti che il fatto illecito sia commesso nell'esercizio delle incombenze a cui i domestici ed i commessi sono adibiti , Siffatta indicazione, per, si rendeva necessaria da parte della giurisprudenza, proprio perch, altrimenti, l'attivit dolosa del domestico o commesso, in quanto propria del soggetto che la poneva in essere, sarebbe rimasta estranea alla sfera giuridica del padrone e del committente, i quali proprio perch la loro responsabilit a titolo indiretto, sono tenuti per clpa in vigilando o in eligendo. Senonch, nel settore della responsabilit della pubblica Amministrazione, proprio perch la responsabilit diretta, stante il rapporto di immedesimazione organica, non vi posto per un riferimento ad un rapporto di occasionalit necessaria, poich, diversamente, si vertirebbe nel campo della responsabilit indiretta. Non appare, forse, del tutto infondato il rilievo secondo il quale, in sostanza, la giurisprudenza, pur riaffermando da un lato che la pubblica Amministrazione risponde a titolo diretto, in realt viene gi ad introdurre nella disciplina dell'istituto anche il titolo della responsabilit indiretta, venendo, cos, ad accogliere quella distinzione che una parte della dottrina (v. TORRENTE, op. cit.) fa drivare dalla contrapposizione degli artt. 113 e 28 della Costituzione. ANTONINO TERRANOVA 222 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO che sar oggetto di accertamento nella successiva fase di remissione al giudice civile, nella indisponibilit dei propri beni come conseguenza delle falsit commesse sui titoli rappresentativi del credito del privato verso la pubblica Amministrazione. Tale diritto risarcitorio delle parti civili si ripercuote, oltre che sull'autore materiale pubblico dipendente, anche sulla pubblica Amministrazione, secondo la costante giurisprudenza pacifica nel senso di duplice responsabilit in proposito anche in riferimento all'art. 28 della Costituzione, precisando ancora l'esistenza di responsabilit immediata e diretta della pubblica Amministrazione anche se il funzionario o il pubblico dipendente abbia agito per dolo (da ultimo sez. un. civ. 28 novembre 1961 n. 2749). Nessun valore ha quindi l'accenno difensivo -peraltro del tutto generico e con riferimento esclusivo a preteso errore giuridico e non difetto di motivazione e inoltre solo con i motivi di ricorso e non con quelli di appello -che nella specie la responsabilit civile della pubblica Amministrazione sarebbe stata affermata per un delitto doloso quale quello di cui si tratta, che costituisce un caso limite in quanto il fatto del dipendente determinato in modo tipico da un fine strettamente egoistico e strettamente privato . Non per esatto che la pubblica Amministrazione non risponda mai per il comportamento doloso del proprio dipendente perch all'incontro le Sezioni civili di questo Collegio hanno affermato la responsabilit civile della pubblica Amministrazione per il fatto doloso del dipendente oltre che quando egli abbia agito per fini non privati (Sez. III, 23 settembre 1958, n. 3029; 31 marzo 1960, n. 708) nonch allorquando l'atto doloso e dannoso del dipendente -pur in contrasto con l'attivit propria della pubblica Amministrazione -sia stato reso possibile dalla mancanza di sorveglianza da parte degli organi della pubblica Amministrazione con negligenza da parte di quest'ultima alla quale ultima risale la responsabilit civile proprio per colpa degli organi preposti alla vigilanza e sorveglianza dei pubblici uffici (Sez. I, 14 aprile 1953, n. 970; 2 agosto 1954, n. 2831). E ci stato ritenuto proprio per la responsabilit civile della pubblica Amministrazione per falsi documentali dolosamente redatti dal pubblico dipendente che con essi abbia leso terzi. 223 PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE ,PRETURA DI TAORMINA, 19 febbraio 1963, imp. Guarnaschelli. Giuoco d'azzardo -R.D. 31 maggio 1935, n. 1410, costitutivo dell'Ente turistico alberghiero per la Libia (E.T.A.L.) -Efficacia discriminante -Esercizio di casa da giuoco in Taormina. (r.d. 31 maggio 1935, n. 1410; r.d. 22 aprile 1943, n. 560). L'apertura e l'esercizio di una casa da giuoco in Taormina da parte della societ A. Zagara, quale avente causa dell'E.T.A.L., ~ono penalmente leciti per effetto del r.d. 31 maggio 1935, numero 1410, in relazione al r. d. 22 aprile 1943, n. 560 (1). (Omissis). -Con dettagliato esposto in data 8 novembre 1962, tale Sorbello Rosario, residente in Fiumefreddo Sicilia, denunciava a questo Pretore che in Taormina, presso la Villa Mon Repos , di propriet della, signora Marjorie Varaschini, della quale il denunciante assumeva essere mandatario, era stata istituita, ad opera della S.p.A. A. Zagara , conduttrice dello immobile, una casa da giuoco in violazione alle norme del Codice Penale che reprimono il giuoco d'azzardo. Lo stesso giorno 8 novembre 1962, si presentava al Pretore tale Guarnaschelli Domenico, nella asserita sua qualit di consigliere delegato della S.p.A. A. Zagara. Costui dicendosi edotto della presentazione della denuncia a suo carico da parte del Sorbello, ammetteva pienamente i fatti dem,J.nciati, assumeva, per, la liceit dell'intrapreso esercizio della casa da giuo (1) Sulla li~eit del Casin di Taormina. Alcune premesse di fatto serviranno a chiarire l'erroneit della sen tenza, con la quale il Pretore di Taormina ha ritenuto di poter conclu dere l'annosa vicenda, pi volte portata all'esame della Corte Costitu zionale. Con r.d. 31 maggio 1935, n. 1410, era istituito l'Ente turistico alber ghiero per la Libia (E.T.A.L.), persona giuridica di diritto pubblico, con il compito di esercitare in Libia alcune attivit economiche per lo svi luppo e l'incremento del turismo in quella regione. Con deliberazione 10 agosto 1937, approvata dal Governatore Generale per la Libia con deli bere 22328 e 30762 del 17 agosto e 6 novembre 1937, il Municipio di Tripoli revocava la concessione assentita il 27 aprile 1935 alla Scita (societ con trollata dal Guarnaschelli) ed autorizzava l'ETAL a gestire una casa da giuoco in Tripoli. Di qui una lunga vertenza fra il Guarnaschelli e la Scita contro l'ETAL e il Municipio di Tripoli, conclusa favorevolmente per l'ente. Nel 1943, a seguito dell'evacuazione della Libia, l'ultimo commissa rio dell'E.T.A.L., si trasferiva in Italia e otteneva, con decreto intermini steriale 20 aprile 1947, che l'Ente fosse autorizzato ad esplicare in Italia le attivit economiche gi esercitate in Libia. Il decreto di autorizzazione - 224 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO co in quanto sorretto da titoli idonei a legittimarlo; precisava fra l'altro, che l'apertura della casa da giuoco era stata notificata tanto alla Regione Siciliana quanto al Ministero del Tesoro, cointeressati alla gestione; presentava, infine, memoria scritta con allegati documenti, diretti a dimostrare l'assunto di legittimit. Con decreto 8 novembre 1962, il Pretore ordinava il sequestro penale delle attrezzature ed oggetti inservienti al giuoco, che affidava in custodia allo stesso Guarnaschelli, ordinava il sequestro del 50% dei proventi lordi derivanti dall'esercizio del giuoco, esercizio di cui consentiva la continuazione fino allo esito del procedimento penale; dettava, infine, ulteriori disposizioni di esecuzione del provvedimento. Con decreto 9 novembre 1962, il Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Messina avocava a s la istruzione sommaria del procedimento penale in forza dell'art. 392 ult. parte c.p.p.; con altro coevo decreto revocava quello in data 8 novembre 1962 del Pretore ed ordinava il sequestro, con modalit diverse, degli arnesi e degli oggetti della A. Zagara. faceva espresso riferimento alle sole attivit, di cui all'art. 1 r.d. 31 maggio 1935, n. 1410 e, pertanto, doveva ritenersi escluso il giuoco d'azzardo. Successivamente a tale autorizzazione (1'11 aprile 1949), il Commissario dell'Ente stipulava con il Guarnaschelli una transazione, per effetto della quale l'Ente s'impegnava a sub-concedere al Guarnaschelli l'esercizio del giuoco d'azzardo in Italia qualora fosse stato a ci autorizzato. La predetta autorizzazione, di cui entrambe le parti a quel tempo sentivano la necessit, non mai intervenuta: Con decreto 27 aprile 1949, n. 1, pubblicato sulla G.U.R.S. 30 aprile 1949, n. 19, l'Assessore al turismo ed allo spettacolo della Regione siciliana, infatti, autorizzava l'E.T.A.L. a svolgere in Sicilia, direttamente o a mezzo di sub-concessionari, i programmi inerenti al proprio scopo d'incremento turistico e alberghiero e ad esercitare tutte le attivit connesse con lo scopo anzidetto, gi esercitate in Libia, ivi compreso l'esercizio del giuoco d'azzardo. Il predetto decreto assessoriale, peraltro, non ebbe esecuzione e sulla G.U.R.S. 4 maggio 1949, n. 20 fu pubblicato il seguente avviso: Agli effetti dell'efficacia esecutiva del decreto n. 1 dell'Assessorato per il turismo e lo spettacolo in data 27 aprile 1949, pubblicato sulla G.U. 30 aprile 1949, _n. 19, si rende noto che il predetto decreto all'esame della Corte dei Conti per la registrazione . Il predetto decreto assessoriale, restituito con rilievo, non fu pi inoltrato alla Corte dei Conti. Successivamente interveniva la Risoluzione delle Nazioni Unite 15 dicembre 1950, relativa alla sorte dei beni italiani in Libia, in esecuzione ~~jr r:: della quale erano stipulati l'Accordo 28 giugno 1951 fra l'Italia e la Gran Bretagna, ratificato con 1. 30 luglio 1952, n. 1301 e l'Accordo italo-libico 2 ottobre 1956, ratificato con 1. 17 agosto 1957, n. 843. In questi Accordi (art. 5, punto 5) l'E.T.A.L. compreso fra gli enti libici da liquidarsi in confor-I- -, glI~:, rj 1~~ ~ - 225 PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE A seguito di ricorso proposto dal Guarnaschelli, la Suprema Corte di Cassazine sezione IV penale, con sentenza 30 gennaio -2 febbraio 1963, annullava senza rinvio i detti provvedimenti del Procuratore Generale di Messina. In data 6 febbraio 1963, gli atti del procedimento venivano restituiti a questo Pretore, che, a seguito di formale istanza della difesa del Guarnaschelli ed in ossequio al combinato disposto degli artt. i52 e 421 c.p.p. emetteva 1'11 febbraio 1963 decreto di citazione a giudizio dell'imputato Guarnaschelli, cui veniv contestato il reato di che in epigrafe, per l'udienza del 19 febbraio 1963. All'odierno pubblico dibattimento, l'imputato si riportato, confermandole, alle dichiarazioni rese spontaneamente a questo Pretore in data 8 novembre 1962. Il P. M. e la difesa hanno concluso chiedendo la assoluzione dell'imputato perch il fatto non costituisce reato. DIRITTO Osserva pregiudizialmente il decidente che il reato ascritto al Guarnaschelli rientra nella previsione del recente decreto mit delle leggi in vigore nel Regno di Libia (in effetti l'ente stato/posto in liquidazione con provvedimento del Governo Libico, a cui sono stati devoluti i beni). Su questo punto ed in questi sensi si pro:mnziato il Consiglio di Stato, con decisione 19 giugno 1954, n. 409 su ricorso Rabitti. In esecuzione della citata Risoluzione e dei conseguenti Accordi internazionali il Governo iialiano ha adottato, nei confronti dell'E.T.A.L., i seguenti provvedimenti: a) con decreto interministeriale 3 marzo 1951 stata revocata l'autorizzazione concessagli con decreto interministeriale 30 aprile 1947; b) con d.p. 14 febbraio 1958, pubblicato sulla G.U. 10 marzo 1960, n. 60, l'E.T.A.L. stato soppresso e messo in liquidazione, ai sensi della legge 4 dicembre 1956, n. 1404; c) la chiusura delle operazioni di liquidazione dell'ente, avocate al Ministero del Tesoro con d.m. 21 marzo 1958, pubblicato sulla G.U. 16 aprile 1958, n. 92, stata approvata con d.m. 22 maggio 1962, pubblicato sulla G.U. 2 agosto 1962, n. 194. Il residuo patrimonio dell'ente in Italia, definitivamente estinto, stato devoluto allo Stato. Con decreto 28 maggio 1959, n. 203/A, il Presidente della Regione siciliana confermava per la durata di 20 anni alla societ A' Zagara , costituita dal Guarnaschelli, quale avente causa dell'E.T.A.L., l'autorizzazione concessa con il decreto assessoriale 27 aprile 1949, n. 1 e concretamente disciplinava l'esercizio del giuoco d'azzardo. Con decreto del Presidente della Repubblica 25 giugno 1959, h. 1098 il dianzi citato provvedimento regionale era annullato ai sensi dell'art. 6 t.u. com. e prov. Il Presidente del Consiglio impugnava, altres, il decreto del Presidente della Regione con ricorso alla Corte Costituzionale, che dal 1956 era entrata in funzione. Al fine di eliminare gli effetti dell'annullamento il Presidente della ~ 226 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO del Presidente della Repubblica 24 gennaio 1963, n. 5, pubbli226 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO del Presidente della Repubblica 24 gennaio 1963, n. 5, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 22 del 25 gennaio 1963, con cui stata concessa amnistia. Osserva altres il decidente che alla applicazione della detta causa estintiva del reato pregiudiziale, per il chiaro disposto dell'art. 152 cpv. c.p.p., il proscioglimento in merito quante volte esistano gi prove le quali rendono evidente che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso o che il fatto non preveduto dalla legge come reato . Osserva ancora il decidente che, in tali ipotesi, il giudice deve procedere al dibattimento e prosciogliere con la formula relativa: infatti l'art. 421 c.p.p; fa appunto salva espressamente la disposizione del cpv. dell'art. 152 c.p.p. condizionando la possibilit del proscioglimento nel periodo degli atti preliminari al dibattimento alla inesistenza di una causa che determini il giudizio di merito, il quale non pu avvenire che in seguito al dibattimento (MANZJNI, Trattato di diritto processuale penale, Voi. IV, ediz. III, 1949, pag. 317; Cass. 16 dicembre 1943, Riv. dir. penit. 1943, 575; Cass. 2 aprile 1946, Giur. Regione emanava il decreto legge 1 luglio 1959, avente lo stesso contenuto del precedente decreto 28 maggio 1959, n. 203/A e proponeva anch'egli ricorso alla Corte Costituzionale avverso il d.p. 25 giugno 1959, n. 1098. li decreto . legge regionale 1 luglio 1959, su ricorso del Commissario dello Stato per la Regione siciliana, era annullato, con sentenza 29 luglio 1959, dalla Corte Costituzionale, la quale negava al Presidente ed alla Giunta regionale il potere di emanare decreti aventi valore di legge. Con successiva sentenza n . 58 del 26 novembre 1959 la Corte Costituzionale annullava il decreto del Presidente della Repubblica 25 giugno 1959, n. 1098, negando al Governo dello Stato il potere di annullare, ex-art. 6 t.u. com. e prov., provvedimenti regionali, che ponessero in essere conflitti di attribuzione, ed annullava, altres, il decreto 28 maggio 1959, n. 203-A del Presidente della Regione nella parte relativa al giuoco d'azzardo, negando alla Regione ogni potest, legislativa o amministrativa, nella materia, che deve considerarsi penale e, come tale, riservata allo Stato (Parlamento). Il successivo decreto 15 febbraio 1960, n. 55/A, emanato dal Presidente della Regione siciliana nella pretesa veste di organo decentrato dello Stato e riproducente il gi annullato decreto 28 maggio 1959, numero 203/A, era annuilato dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 23 del 1961, mentre l'ultimo provvedimento regionale (decreto del Presidente della Regione 31 maggio 1961, n. 36/A), in seguito al ricorso proposto dal Presidente del Consiglio alla Corte Costituzionale, era annullato dallo stesso Presidente della Regione con decreto 20 giugno 1961 e la Corte, con sentenza n. 3 del 1962, dichiarava cessata la materia del contendere. Intervenivano, poi, il provvedimento di sequestro del Pretore di Taormina e la successiva sentenza di assoluzione del Guamaschelli, che qui si annota. -~ fil PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 227 Completa della C. S. XXIII, 2 1068; nonch, sia pure implicicitamente, Cass. Sez. Unite 24 giugno 1950, Giustizia penale 1951, III, col. 36 M. 26). Osserva altres il decidente che, per consolidata giurisprudenza, la formula che il fatto non preveduto dalla legge come reato , usata dal legislatore nell'art. 152 cpv. c.p.p., richiama e comprende non solo il caso in cui non sussista incriminazione del fatto (art. 1, 2 del co. pen.), ma anche quello in cui il fatto, pur essendo astrattamente incriminato, non costituisce tuttavia in concreto reato per la sussistenza di una causa generica o specifica di non punibilit. Invero, la formula del proscioglimento perch il fatto non costituisce reato da ritenere compresa nella pi ampia formula usata dal legislatore nel cpv. dell'art. 152 c.p.p. Siffatta formula, tipicamente riferibile alla ipotesi di assenza del precetto, comprende anche per necessit di sintesi il caso in cui la legge penale, per qualsiasi causa, non com.mini una sanzione (Cass. Sez. III, 27 giugno 1955, Giustizia penale 1956, III, 286, n. 309; Cass. sez. III, 23 gennaio 1956, ivi, 1957, III, 30; Cass. Sez. Il, Dalle tre citate sentenze della Corte Costituzionale risulta evidente: a) che la Regione non pu emanare provvedimenti in materia di giuoco d'azzardo, che, quale materia penale, esula dalla sua competenza l (sentenza n. 58 del 1959); I b) che la societ A. Zagara, neppure quale avente causa del1. l'E.T.A.L., pu vantare alcun diritto ad esercitare in Italia il giuoco d'azzardo . (sentenza n. 23 del 1961) n in base a provvedimenti regionali, as.solutamente privi di effetti esimenti, n in base a precedenti provvedimenti 1 l1 statali. 1 A quest'ultimo proposito opportuno precisare che il decreto interministeriale 30 aprile 1947, revocato col successivo decreto 3 marzo 1951 e, in realt, caducato per effetto della legge 30 luglio 1952, n. 1301, che poneva I'E.T.A.L. fuori dell'ordinamento giuridico italiano, non aveva mai 1I autorizzato n poteva autorizzare l'E.T.A.L. ad esercitare in Italia il giuoco d'azzardo. II citato decreto 30 aprile 1947 autorizzava I'E.T.A.L. ad eserci, tare le attivit, di cui all'art. 1 r.d. 31 maggio 1935, prendono il giuoco d'azzardo. n. 1410, che non com II Esso, inoltre, fu emanato in base all'art. 17 I. 18 maggio 1942, n. 669 ed al r.d. 22 aprile 1943, n. 560, i quali consentivano agli enti gi ope' I ranti nei territori d'oltremare di esercitare in Italia fino alla data di cessazione dello stato di guerra, le attivit svolte nei predetti territori coI consenso dei Ministri per l'A.I., per le finanze e per le corporazioni, osservate le disposizioni vigenti in materia. II consenso delle amministrazioni vigilanti aveva l'effetto di derogare ai limiti territoriali fissati agli Enti 1I iII dai rispettivi statuti, ma non sostituiva le autorizzazioni, concessioni o licenze, eventualmente necessarie per lo svolgimento di determinate attivit, da rilasciarsi dalle autorit competenti. In questi sensi, peraltro, espressamente dispongono la legge 25 giugno 1940, n. 1066, il r.d. 17 ago E 228 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 19 dicembre 1956, ivi, 1957, lii, 317, Cass. Sez. III, 5 febbraio 1957, ivi, 1957 Ili, 265). Osserva, infine, il decidente che la videnza , richiesta dall'art. 152 cpv. come presupposto dell'obbligo di proscioglimento nel merito nonostante la esistenza di una causa di estinzione del reato, non riguarda il mezzo di prova considerato per se stesso, ma piuttosto la conclusione logico-giuridica cui conduce l'uso dello stesso mezzo. In altri termini, perch il Giudice sia tenuto a pronunciarsi in merito, non necessario che la prova, valutata prima facie, dia la certezza della innocenza dell'imputato o della insussistenza del fatto o del reato, ma basta che sicuro sia il giudizio al quale. si perviene attraverso l'adueguata valutazione degli elementi probatori gi acquisiti agli atti. La Suprema Corte Sez. III 29 gennaio 1958, Riv. it. dir. proc. pen. 1959, 1081, ha statuito: la pronuncia di merito emanata ai sensi dell'art. 152 cpv c.p.p. dove ritenersi pienamente legittima anche quando il Giudice, per giungere ad un convincimento interiore di innocenza evidente, abbia dovuto compiere un esame, pi o meno approfondito, delle prove sto 1941, n. 1269 e la legge 4 marzo 1952, n. 137, che hanno dettato norme per disciplinare l'analoga situazione dei cittadini rimpatriati in seguito ai noti eventi bellici dai territori gi soggetti alla sovranit italiana, prevedendo il rilascio, da parte della competente autorit, delle necessarie licenze ed autorizzazioni o l'iscrizione negli albi. N pu trascurarsi la considerazione che, a differenza di queste leggi, riguardanti le persone fisiche, quelle relative agli enti non potevano non subire restrizioni o modificazioni per effetto del Trattato di pace e dei successivi accordi bilaterali, relativi alla situazione degli enti pubblici gi esistenti nei predetti territori. Le predette leggi, cio, hanno cessato di essere applicabili agli enti, che gli Accordi infernazionali hanno ritenuto localizzati nel territorio non pi soggetto alla sovranit italiana e, perci, fuori dell'ordinamento giuridico italiano. Alla stregua di queste premesse risulta evidente l'erroneit della sen tenza, che si annota, la quale, dopo aver posto in luce che i tre provve dimenti legislativi (rr.dd.Il. 22 dicembre 1927, n. 2448, 2 marzo 1933, n. 201 e 16 luglio 1936, n. 1404), in base ai quali sono state aperte le case da giuoco di San Remo, Campione e Venezia, derogano agli artt. 718 e 720 c.p. con formulazione ambigua, ma sempre al fine di soddisfare concrete finalit pubbliche, crede di riscontrare nel r.d. 31 maggio 1935, -n. 1410, istitutivo dell'E.T.A.L., una deroga analoga e, sulla base del r.d. 22 aprile 1943, n. 560 e del decreto interministeriale 30 aprile 1947, ritiene autorizzata legislativamente e, quindi, lecita l'attivit del Guarnaschelli. Gli errori della sentenza possono cos riassumersi: 1) l'analogia fra i rr.dd.ll. n. 2248 del 1927, n. 201 del 1933 e n. 1404 del 1936 da una parte e il r.d. 31 maggio 1935, n. 1410 non sussiste. Anche se ambigua la formula e tortuoso l'iter previsto dai primi tre, la deroga alle leggi penali espressa. I citati tre provvedimenti legislativi, infatti, . -1 . . v PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 229 gi acquisite; invero, rispetto alla esigenza cui la norma ispirata, non importa tanto il modo in cui quel risultato si raggiunto, quanto la essenza del suo specifico contenuto . Tutto ci osservato in via preliminare, ritiene il decidente che le prove offerte e gi acquisite agli atti rendono evidente che il fatto ascritto al{O,Guarnaschelli non costitutivo di reato e, quindi, in applicazione del cpv. del pi volte citato art. 152 c.p.p., l'imputato va assolto nel merito con la formula relativa. Ed invero: prima di passare all'esame particolare del caso sub judice mette conto rilevare quale sia nell'ordinamento giuridico italiano la disciplina del giuoco d'azzardo. In via generale esso perseguito penalmente dagli artt. 718 e 720 c.p.: quello punisce come reato contravvenzionale il fatto del tenere un giuoco d'azzardo, questo, correlativamente, punisce il fatto di chi partecipa al giuoco. L'art. 721 c.p., poi, definisce come giuochi d'azzardo quelli nei quali ricorre il fine di lucro e la vincita o la perdita interamente o quasi interamente aleatoria. Chiara e palese la obiettivit giuridica della norma incriminatrice: con essa si inteso proteggere l'inte dnno facolt al Ministro per l'Interno di autorizzare i Comuni di San Remo, Campione e Venezia ad adottare tutti i provvedimenti necessari a sanare il bilancio anche in deroga alle leggi vigenti . Il provvedimento legislativo, che istitu l'E.T.A.L., non contiene alcuna autorizzazione a derogare alle leggi vigenti, tanto meno a quelle penali. 2) Se la ratio della deroga il soddisfacimento di un interesse pubblico,. che il legislatore qualifica preminente rispetto all'interesse punitivo, l'autorizzazione al giuoco d'azzardo in deroga agli artt. 718 e 720 localizzata ed inscindibilmente connessa con l'interesse pubblico perseguito. L'autorizzazione, connessa all'incremento turistico della Libia, non pu valere come discriminante altrove e per un interesse pubblico diverso. 3) Il decreto interministeriale 30 aprile 1947, che autorizzava, in base al r.d. 22 aprile 1943, n. 560 ed in applicazione dell'art. 17 I. 18 maggio 1942, n. 669, lo E.T.A.L. ad esercitare in Italia le attivit, che svolgeva in Libia, non comprendeva il giuoco d'azzardo e non escludeva la necessit delle licenze, autorizzazioni o permessi previsti dall'ordinamento, perch esplicitamente imponeva l'osservanza delle disposizioni vigenti in materia . Per ogni branca d'attivit, pertanto, l'E.T.A.L. doveva munirsi dei predetti permessi e, per l'esercizio del giuoco in deroga alle leggi penali, della necessaria autorizzazione legislativa. Le leggi citate consentivano che gli enti gi operanti nei territori d'oltremare fossero autorizzati ad esercitare in Italia le attivit svolte nei predetti territori fino alla data di cessazione dello stato di guerra " Il decreto interministeriale 30 aprile 1947 era fin dall'origine illegittimo e privo di efficacia, tanto meno discriminante, perch lo stato di guerra era gi cessato il 15 aprile 1946. A voler tutto ammettere, il citato decreto interministeriale poteva aver vigore fino alla data del Trattato di Pace o, comunque, fino alla data degli Accordi bilaterali, che, in esecuzione del - 230 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO resse pubblico acch sia impedito il malcostume dei giuochi di azzardo, quale vizio moralmente riprovevole ed economica: mente dannoso. Nel nostro ordinamento giuridico, per, esistono deroghe al divieto penale: non mancano, cio, altre norme di legge che, ponendosi quale eccezione alla regola !fenerale, permettono il fatto che, in conseguenza, diventa penalmente lecito. La esistenza di tali norme derogatrici fatta palese dagli artt. 1933, 1934 e 1935 e.e., dove negata (art. 1933) azione per il pagamento dl un debito di giuoco e di -scommessa, anche se si tratta di giuoco o di scommessa non proibiti (ivi compresi i giuochi d'azzardo sottratti alla legge penale per speciale autorizzazione amministrativa; relazione del Guardasigilli al libro obbligazioni, n. 225); dove, invece, data (art. 1935) azione relativamente alle lotterie legalmente autorizzate. Ritenuta, quindi, la sussistenza nel nostro ordinamento giuridico d norme permissive in deroga al generale divieto posto dal Codice Penale, sembra opportuno mettere in evidenza il comune denominatore di siffatte norme, vale a dire la loro comune causa giustificatrice. Va subito avvertito, intanto; che, attesa l'ampiezza della Trattato, avrebbero regolato la posizione degli enti gi operanti nei territori, su cui era cessata la sovranit italiana. II predetto decreto, comunque, caducato per effetto della Risoluzione delle Nazioni Unite 15 dicembre 1950, in esecuzione della quale furono, poi, stipulati gli Accordi con la Gran Bretagna (28 giugno 1951) e il Regno di Libia (2 ottobre 1956), fu formalmente revocato col decreto interministeriale 3 marzo 1951, cui fecero seguito il d.p. 14 febbraio 1958 e il d.m. 22 maggio 1962, che hanno soppresso l'E.T.A.L. per l'ordinamento italiano. 4) L'analogia, che il Pretore riscontra fra la situazione giuridica delle case da giuoco di San Remo, Campione e Venezia, concessionarie dei rispettivi Comuni e il Guarnaschelli, concessionario, per effetto della transazione 11 aprile 1949, dell'E..T.A.L. non avrebbe, mai, potuto portare alla conseguenza di un legittimo esercizio della concessione dopo la revoca dell'autorizzazione e, poi, la soppressione dell'ente. L'analogia deve condurre al risultato opposto: cessato il potere dell'ente di esercitare legittimamente il giuoco d'azzardo, cessa anche quello del concessionario, che in luogo e per conto del primo lo esercita. Concludendo, il r.d. 31 maggio 1935, n. 1410 non autorizza, neppure I implicitamente, l'E.T.A.L. a svolgere il giuoco d'azzardo in deroga agli i,,artt. 718 e 720 c.p.; l'autorizzazione, comunque, localizzata in Libia e connessa all'interesse turistico di quella zona, non potrebbe avere efficacia : . discriminante altrove; in ogni caso essa avrebbe cessato di aver vigore con la cessazione dell'ente. j I ' G. GUGLIELMI : . Im PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE definizione legislativa dei giuochi d'azzardo (art. 721 c.p.), sono da considerarsi tali anche le tombole, le varie lotterie, gli innumerevoli concorsi a premio per la pubblicit di prodotti industriali e commerciali, i concorsi pronostici collegati al lotto ed alle manifestazioni sportive . ed, infine, il lotto pubblico. Orbene, comune denominatore delle norme autorizzanti, in via di deroga, le predette attivit l'interesse pubblico, la tutela di un prevalente interesse sociale e collettivo. Particolarmente: per le tombole e lotterie (art. 40, r.d.l. 19 ottobre 1938, n. 1933) la destinazione del prodotto netto a scopi educativi, assistenziali e culturali; per i concorsi e le operazioni a premio (art. 43, r.d.l. 19 ottobre 1938, n. 1933) la diffusione e 10 smercio del prodotto con il conseguente incremento ed espansione delle industrie e dei commerci nazionali; per i concorsi pronostici (d.l. 14 aprile 1948) , indubbiamente, il maggiore potenziamento dello sport nazionale e la diffusione di esso fra le masse; per il lotto pubblico (le origini in Italia sono remotissime e risalgono al tempo della Repubblica Genovese, intorno al 1576; esso fu introdotto, nei secoli XVII e XVIII, via via negli altri Stati italiani e, nel 1731, fu definitivamente ammesso nello Stato Pontificio da Clemente XII con la motivazione : ad vitanda maiora mala et pro sublevamine locorum ad quorum utilitatem erogatur lucrum ; sempre nello Stato Pontificio, i proventi del giuoco del lotto fornirono a Pio VI i mezzi per intraprendere, nel 1785, la bonifica delle paludi pontine), la cui importanza sociale resta evidenziata dalla grande massa di provvedimenti legislativi regolanti la materia, la devoluzione dei proventi all'Erario dello Stato. Quanto poi alle case da giuoco vere e proprie, non mancano nell'ordinamento italiano provvedimenti legislativi in deroga alla norma penale. Sebbene non fu convertito in legge e non ebbe mai, pratica applicazione significativo, ai fini particolari della nostra indagine, il r.d.l. 27 aprile 1924, n. 636. Tale testo, esplicitamente derogando alle norme del Codice PeM nale allora vigente che vietavano il giuoco d'azzardo (art. 484 e 487 c. p. del 1889), cos disponeva con l'art. 1: ... nelle localit che siano da almeno dieci anni sedi di stazioni climatiche, balneari o idrominerali e che non si trovino in prossimit di centri con popolazione superiore ai 200 mila abitanti, pu essere concessa l'apertura di case da giuoco, nelle quali permesso il giuoco anche di azzardo. La relativa concessione era, per l'art. 3, demandata al Ministro per l'Interno ed accordata con decreto. Il citato r.d.l. non fu, come osservato, convertito - l l 232 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO f=i in legge ed , in conseguenza, estraneo all'ordinamento giu. , ridico italiano. Tuttavia, non pu passarsi sotto silenzio ed , . di tutta evidenza la ragione ispiratrice e giustificatrice del prov. vedimento in deroga al divieto della norma generale penale: .. ' essa va ricercata sempre in un prevalente interesse pubblico. Nella specie: l'incremento del turismo, fonte indubbia di ricchezza nazionale. Decaduto, per la rilevata mancata conversione in legge, il citato r.d.l. 27 aprile 1924, d'uopo chiedersi, allora, in base a quali provvedimenti legislativi dello Stato sono state autorizzate le esistenti e notorie case da giuoco di San Remo, Campione e Venezia (quanto all'altra casa da giuoco, quella di S. Vincent, la cui liceit ancora sub iudice, sufficiente qui ricordare che fu istituita con atto amministrativo della Regione: decreto 3 aprile 1946 del Presidente della Valle d'Aosta). Le dette case da giuoco furono istituite, rispettivamente, con il r.d.l. 22 dicembre 1927, n. 2448 (San Remo), con il r.d.l. 2 marzo 1933, n. 201 (Campione), con il r.d.l. 16 luglio 1936, n. 1404 (Venezia). Occorre ora subito rilevare che in nessuno di tali provvedimenti il legislatore esplicitamente autorizza l'apertura di casin. Invero, all'art. 1 cos statuisce: E' data facolt al Ministro per l'Interno di autorizzare, anche in deroga all~ leggi vigenti, purch senza aggravio per il bilancio dello Stato, il Comune di San Remo ad adottare tutti i provvedimenti necessari per poter addivenire all'assestamento del proprio bilan cio ed alla esecuzione delle opere pubbliche indilazionabili. Identica formula e dettato adotta il legislatore nel r.d.l. 2 marzo 1933, n. 201 concernente Provvedimenti a favore del Comune di Campione. Infine, con il r.d.l. 16 luglio 1936, n. 1404, che consta di un unico articolo, il legislatore cos statuisce: Le disposizioni del r.d.l. 22 dicembre 1927, n. 2448, convertito nella I. 27 dicembre 1928, n. 3125, recante provvedimenti a favore del Comune di San Remo, sono estese al Comune di Venezia. L'interprete non pu non rilevare la poca chiarezza, l'ambigU: it e la genericit dei tre riferiti testi legislativi, ma molteplici considerazioni inducono a ritenere che il legislatore intese, con quei provvedimenti, autorizzare l'apertura di casin nei tre ricordati Comuni. Basta considerare infatti che, i tre testi non essendo contestuali (quello relativo a Venezia fu adottato a circa nove anni di distanza da quello relativo a San Remo), non poteva sfuggire al legislatore, nel porre il secondo (Campione) e terzo (Venezia) provvedimento, quale interpre 233 PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE tazione ed applicazione fosse stata data al primo dei provvedimenti (San Remo): con la logica conseguenza che, se non avesse voluto a.torizzare effettivamente l'apertura di casin, certamente non avrebbe usato la stessa formula e dettato (Campione) od addirittura il richiamo ricettizio (Venezia). Basta considerare i lavori preparatori in occasione della conversione in legge (1. 27 dicembre 1928) del primo dei provvedimenti, per convencersi, ove ancora potessero esservi dubbi, che il legislatore intese, pur usando e servendosi delle gi avvertite equivoche espressioni, provvedere ad autorizzaze l'apertura di case da giuoco d'azzardo. All'interprete viene naturale domandarsi il perch e la ra~ gione della nessuna chiarezza delle norme legislative di cui discorso, specie raffrontandole alla esplicit e chiara formulazione del testo legislativo, pi sopra ricordato, di cui al r.d.L 27 aprile 1924, n. 636 (poi non convertito in legge). Trattasi, ritiene il decidente, di una chiara ragione di politica legislativa in un determinato momento storico del Paese: il legislatore, interprete del costume e delle esigenze di un popolo, non poteva allora usare espressioni diverse e chiaramente autorizzare, qual eccezione alla regola, il giuoco d'azzardo, per non urtare e porsi in aperta antitesi con il costume e la morale allora correnti, che il giuoco riprovavano quale vizio e fonte di corruzione e di dissipazione. Ma avvertiva pure il legislatore del tempo, con una pi ampia visione del problema, che il giuoco d'azzardo, non come fine a se stesso, ma come mezzo di propulsione turistica, quale richiamo di maggiori correnti turistiche economicamente pi qualificate, quale mezzo di produzione di ricchezza da destinarsi ad opere pubbliche ed a finalit collettive, ben poteva assolvere una funzione sociale. La compiuta disamina della legislazione vigente in materia di giuochi d'azzardo consente al decidente di poter fissare i seguenti logici corollari: 1) Il giuoco d'azzardo stato vietat.o (art. 484 e segg. c.p. del 1889) ed vietato (art. 718 e segg. c.p. vigente) in via generale; 2) sussistono nell'ordinamento italiano delle eccezioni al divieto posto in via generale dalle norme penali; 3) le eccezioni dette, perch possano avere forza derogatrice, debbono provenire dal potere legislativo centrale dello Stato; 4) l'occasio legis, la ragione delle eccezioni al divieto, va individuata nel conseguimento di una utilit sociale che il giuo - 234 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO co d'azzardo, nei congrui casi inteso come mezzo o strumento, realizza; 5) l'interesse pubblico al conseguimento della detta utilit sociale prevalente rispetto alla obiettivit giuridica della norma incriminatrice del giuoco d'azzardo; 6) il legislatore quando, in materia di case da giuoco, ha posto deroghe al precetto penale, per consolidata prassi ed in ossequio a ragioni di politica legislativa, non ha mai specificato l'oggetto della norma (istituzione di casin) preferendo, piuttosto, alla chiarezza di dettato una formulazione generica ed ambigua; 7) il raggiungimento di scopi educativi, culturali, assistenziali; il potenziamento delle industrie, dei commerci, dello sport, il risanamento di bilanci dissestati e precari di alcuni enti autarchici territoriali, la realizzazione di opere pubbliche indilazionabili; l'incremento del turismo con il conseguente indubbio vantaggio delle economie locali e nazionali, queste, sono altrettante cause giustificatrici dei provvedimenti legislativi deroganti, talvolta in modo esplicito e talaltra attraverso perifrasi e circonlocuzioni, al divieto della norma penale. Dopo queste premesse, il momento di intraprendere l'indagine. sul punto se la societ A Zagara e, per essa, il suo consigliere delegato, l'imputato Guarnaschelli, ha titolo legale, fondato su atto legislativo dello Stato (che solo ha competenza, e competenza esclusiva, in materia penale), per gestire oltre alle varie attivit istituzionali, come mezzo al fine, anche una casa da giuoco. Il Guarnaschelli fa derivare tale suo diritto da una serie di atti e provvedimenti e precisamente: a) il r.d. 31-5-1935 n. 1410 avente ad oggetto istituzione dell'ente turistico ed alberghiero della Libia (E.T.A.L.); b) la deliberazione n. 257 del 10-8-1937 con la quale il Podest di Tripoli revocava la concessione dell'esercizio di giuochl ammessi nel Casin Municipale di San Remo alla Societ Coloniale Incremento Turistico Anonima (S.C.I.T.A.) e la attribuiva all'E.T.A.L.; c) la legge 18-5-1942, n. 669, dettante norme relative alla gestione nel Regno durante lo stato di guerra delle attivit economiche esercitate nell'Africa Orientale .Italiana; d) il r.d. 22-4-1943, n. 560, con oggetto: Applicazione nei confronti delle attivit economiche esercitate in Libia delle norme relative alla gestione nel Regno durante lo stato di PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 235 guerra delle attivit economiche esercitate nell'Africa Orientale Italiana; e) il d.m. 30 aprile 1947 con oggetto: Autorizzazione all'Ente Turistico Alberghiero della Libia ad esercitare in Italia gestioni alberghiere ed altre attivit economiche ; f) l'atto di transazione 11-4-1949, registrato il 2-5-1949, intervenuto tra l'imputato Guarnaschelli e l'E.T .A.L.; g) lettera in data 3-2-1950 del Ministero dell'Africa Italiana, Dir. Gen. AA. EE. FF., Direzione III, procollo n. 420210, a firma del Ministro Brusasca; h) il decreto 27-4-1949, n. 1, della Regione Siciliana, Assessorato per il Turismo e lo Spettacolo. , prbene, l'assunto difensivo appare pienamente fondato. Ritiene, infatti, il decidente che, raffrontando il contenuto e la generica formulazione degli atti legislativi (r.d.l. 22-12-1927 e r.d.l. 2-3-1933) che autorizzarono, rispettivamente, i Comuni. di San Remo e di Campione ad esercitare il giuoco di azzardo (quello relativo al Comune di Venezia posteriore alla legge istitutiva dell'E.T.A.L.) con la non diversa ampiezza ed, anzi, pi precisa e specifica formulazione del r.d. 31-5-1935, n. 1410 (avente vigore di legge in base all'art. 44 r.d.l. 3-12-1934, n. 2012), con il quale venne istituito l'E.T.A.L., gi in detta legge. istitutiva si riscontra la fonte normativa derogativa al divieto penale. Si legge infatti nel preambolo al r.d. 1935: considerato che le attivit costituite o da costituirsi per l'attuazione delle iniziative e delle imprese che tendono o sono comunque connesse all'incremento turistico della Libia, rivestono, nelle condizioni attuali, carattere di pubblico interesse; ritenuto che, per il raggiungimento di tali finalit, necessita accentrare in uno stesso Ente la gestione delle attivit patrimoniali a tal uopo gi costituite e le iniziative attuali e potenziali facenti capo ad Enti ed Istituti diversi. Si legge poi all'art. 1 del decreto che l'E.T.A.L. ha lo scopo di promuovere e di incrementare il movimento turistico in Libia ..... e di gestire alberghi e svolgere ogni altra attivit attinente allo scopo predetto. Si legge, ancora, all'art. 3 lettere a) e 1), che le entrate dell'E.T.A.L. sono costituite dai proventi derivanti dallo svolgimento della sua attivit e da qualsiasi altro provento . Si legge, infine, all'art. 1 dello Statuto dell'Ente, approvato con d.m. 24-6-1935, pubblicato in G.U. n. 202 del 30-8-1935, che esso potr assumere ...... la gestione di ogni altra iniziativa relativa al movimento dei forestieri nella Colonia ed in genere allo sviluppo dei luoghi di cura e di soggiorno. - 236 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Pur avvertendo la solita generica ed equivoca formulazione del dettato legislativo (c.:ostume, come nelle premesse rilevate, del legislatore del tempo fermamente e volutamente resto alla chiarezza in tema di autorizzazioni all'apertura di case da giuoco), non pare potersi dubitare (ed in ci facendo ricorso ai corollari e princpi che discendono dall'ordinamento giuridico e dalla legislazfone in materia di giuochi, corollari e princpi gi in premessa esposti e fissati) che il r.d. 1935 n. 1410 contenga, tra le altre statuizioni, anche una deroga al precetto penale. Tale interpretazione fatta palese dalla applicazione concreta che al decreto fu data dalle autorit della Libia ( parte integrante del territorio dello Stato Italiano e dove, art. 43 r.d.l. 3-12-1934, n. 2012, era applicabile il codice penale italiano). Infatti, costituito l'E.T.A.L., la Consulta Municipale di Tripoli, pur non facendo richiamo esplicito al preambolo del r.d. 1935, provvedeva a revocare alla S.C.l.T.A. la concessione (27 aprile 1935) dell'esercizio dei giuochi ammessi al Casin Municipale di San Remo, attribuendola all'E.T.A.L. (delibera della Consulta n. 55 del 9-8-1937 e successiva deliberazione n. 257 del 10-8-1937 del Podest di Tripoli). Ma v' di pi. Ad avvalorare la data interpretazione al r.d. 31-5-1935 contenente, ad avviso del decidente, deroga al precetto penale, soccorrono i successivi provvedimenti legislativi riguardanti l'E.T.A.L. Con legge 18 maggio 1942, n. 669, fu statuito (art. 17) ...gli enti istituiti per l'esercizio di attivit economiche nell'Africa Orientale Italiana ed usufruenti di concorso dello Stato o comunque sottoposti alla sua vigilanza possono, previo consenso del Ministro per l'Africa Italiana, di intensa con i Ministri per le Finanze e le Corporazioni, estendere tali attivit anche fuori del predetto territorio, osservate le disposizioni vigenti in materia . Fu statuito altres (art. 34): Il Governo del Re autorizzato, ai sensi dell'art. 3 n. 1 della legge 31-1-1926, n. 100, a disporre che, in caso di necessit, le norme contenute nella presente legge siano applicate, integralmente o parzialmente, con eventuali adattamenti, anche alle attivit economiche esercitate in altro territorio soggetto alla sovranit dello Stato da enti, societ e privati . Puntualmente, essendo intanto precipitate le sorti della guerra, il Governo del Re, in forza del citato art. 34 della citata legge 18 maggio 1942, n. 669, ed in forza dell'art. 3 n. 1 della legge 31-1-1926, n. 100, con r.d. 22-4-1943, n. 560, estendeva alle attivit economiche esercitate in Libia le norme con PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE tenute nella citata legge 18 maggio 1942. E poich quest'ultima legge subordinava (art. 17 sopra riportato) il trasferimento delle attivit al previo consenso del Ministro per l'Africa Italiana di intesa con i Ministri per le Finanze e le Corporazioni, con d.m. 30-4-1947, a firma dei tre Ministri abilitati dalla legge 18-5-1942, veniva decretata (art. unico) l'autorizzazione all'E.T.A.L. di esercitare in Italia gestioni alberghiere e le altre attivit economiche previste dall'art. 1 del r.d. 31 maggio 1935, istitutivo dell'Ente. Vero che nel citato decreto interministeriale del 1947 non v' espressa autorizzazione all'E.T.A.L. per l'esercizio anche del giuaco d'azzardo e che v', soltanto, un generico richiamo alle attivit previste dall'art. 1 del r.d. 31 maggio 1935; ma anche vero, e ci sembra al decidente risolutivo, che la portata dell'art. 1 e, particolarmente, la deroga al divieto penale sancita, con interpretazione autentica, dallo stesso firmatario del decreto interministeriale 30 aprile 1947 il Ministro per l'Africa Italiana. Quando, infatti, l'E.T .A.L. a conclusione di varie vicende giudiziarie con la S.C.I.T.A. e, per essa, con il Guarnaschelli, addivenne all'atto transattivo del 11-4-1949, registrato il 2-5-1949, mediante il quale l'E.T.A.L. cedette al Guarnaschelli la gestione del giuoco d'azzardo, il Ministro dell'Africa Italiana, cui fu sottoposto l'atto di transazione, con nota n. 420210 del 3-2-1950, diretta all'E.T.A.L. ed avente come oggetto transazione E.T.AL. -Cav. Domenico Guarnaschelli , cos testualmente si espresse: Questo Ministero ha preso visione di quanto la S.V. ha comunicato con il foglio del 5-1 e relativi allegati e si compiace che siano stati rimossi quegli ostacoli che avrebbero impedito la urgente realizzazione del complesso di attivit turistiche che codesto ente stato chiamato a svolgere in Sicilia. . Affermata, per le premesse, la legittimazione, per atto legislativo dello Stato, dell'E.T.A.L. a gestire, anche in Italia, una casa da giuoco, non pu non concludersi che pari ed identica legittimazione competa al Guarnaschelli, quale cessionario ed avente causa dall'E.T.A.L. (situazione analoga riscontrasi per i gestori delle case da giuoco nei Comuni autorizzati). In proposito, vale la pena riportare quanto ha statuito la Corte d'Appello di Firenze sez. I penale con sentenza 14-12-1962 pronunciata nella causa penale per il casin di S. Vincent: la finalit pubblica perseguita attraverso l'apertura dei casin nei Comuni autorizzati, consistendo nel procurare benefici finanziari ad enti pubblici mediante prelevamento di ricchezza privata sul denaro dissipato nel giuoco, imprime, secondo l'opinione concorde della giurisprudenza e della dottrina, carattere di concessione ammini - RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO strativa all'atto con il quale il Comune, che il titolare della attivit che forma oggetto della concessione, provvede ad attribuire al privato l'esercizio. Da ci consegue che il privato diventa concessionario di un pubblico servizio e che come tale, nell'esercizio dei diritti e nell'adempimento degli obbighi impostigli col capitolato di concessione, rimane dispensato, alla stessa maniera del concedente, dall'osservanza della legge penale). E' pur vero che, con d.m. 3-3-1951 in G.U. n. 82, del 10-41951, l'autorizzazione concessa all'E.T .A.L. con il decreto interministeriale 30-4-1947 cess di avere effetto a decorrere dalla data del decreto; ma anche vero che ci ovviamente significa che non solo stata esclusa ogni efficacia retroattiva del provvedimento, ma stata ritenuta la piena validit e regolarit dell'attivit precedentemente svolta dall'E.T.A.L. e sia per quanto riguarda la titolarit dei diritti che l'E.T.A.L. pu avere acquistato sia per quanto, infine, riguarda gli atti di disposizione di tali diritti che l'E.T.A.L. abbia posto in essere a favore di terzi. Compiutezza di indagine impone al decidente un accenno sul decreto della Regione Siciliana -Assessorato al Turismo -del n. 27-4-1949 n. 1. La Corte Costituzionale nella sentenza n. 58 del 26-11-1959, pronunciando su due ricorsi riumti, proposti rispettivamente dalla Regione Siciliana e dal Presidente del Consiglio dei Ministri ed entrambi accogliendoli, nella motivazione dela sentenza rileva che il detto decreto rimasto privo di efficacia non essendo stato registrato alla Corte dei Conti. Il rlievo dell'Alta Corte, a parte la considerazione che non ha valore obbligatorio in quanto non adottato incidenter tantum perch su di esso non fondata alcuna parte del dispositivo, non incide sulla questione che ne occupa per il semplice fatto che il decreto assessoriale del 1949, per il suo contenuto (n poteva essere diversamente, dato che le deroghe in materia penale sono di esclusiva competenza del potere legislativo dello Stato), ha mera funzione regolamentare, attiene, cio, al concreto modo di esercizio del diritto dell'E.T.A.L. e del suo cessionario e ne disciplina le modalit. La citata sentenza n. 58 nonch quella n. SO del 28-7-1959, infine, non contengono statuizioni, neppure incidenter tantum, in contrasto con le conclusioni cui il decidente pervenuto, che anzi, nella sentenza n. 58, l'Alta Corte, pur non ammettendola, non esclude tuttavia la titolarit dell'E.T.A.L. del diritto all'esercizio del giuoco d'azzardo. Per tutto quanto precede, trovandosi in presenza di una leg - w 1:: . . . 1 .. IjJ . PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE ge extrapenale permissiva (il R.D. 31-5-1935), il fatto ascritto al Guarnaschelli, pur sembrando in contraddizione al precetto penale sanzionato agli artt. 718 e segg. c.p. risulta giustificato ai sensi dell'art. 51 stesso codice. P. Q. M. letti gli artt. 152, 421, 479, c.p.p. Assolve Guarnaschelli Domenico dal reato contestatogli trattandosi di persona non punibile perch il fatto non costituisce reato. (Omissis). - -~ .: :: pARTE SECONDA RASSEGNA DI DOTTRINA SATTA, Istituzioni di diritto fallimentare, sesta edizione rielaborata e aggiornata, Roma, 1964, pagg. XXVIII, 486. L'opera, che gi al suo primo apparire tanti consensi riscosse, destinata ad avere anche in questa sesta edizione larga diffusione tra gli studiosi e gli operatori del diritto. Trattandosi di una riedizione, sia pur rielaborata e aggiornata, sembra opportuno rimandare, anzitutto, il lettore alle tante recensioni apparse in occasione della prima edizione e delle successive_ (v., per tutti, tra gli altri, CARNELUTTI in Riv. dir. proc.; 1943, 275; con particolare ampiezza, MONTESSORI in Riv. dir. comm., 1944, I, 245; BIGIAVI in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1947, 446 e ASQUINI in Riv. dir. comm., 1948, I, 315), recensioni le quali hanno posto variamente in luce gli indiscutibili pregi dell'opera, e limitarci qui, poi, ad alcuni cenni per quanto attiene alla rielaborazione e all'aggiornamento; non senza prima aggiungere, per personale esperienza, che sebbene impostata con rigore scientifico, di cui il nome medesimo dell'autore indiscutibile garanzia, l'opera di grande ausilio pratico : quante volte si presentata una questione in teressante in materia, seppur marginale, sempre, magari sinteticamente o perfino attraverso un semplice accenno in una nota, si trovata la soluzione o almeno la via per una soluzione confortevole in quest'opera, pi che, talvolta, in altre di maggior o di molto maggior mole, le quali abbondano sul diritto fallimentare e spesso son, peraltro, il frutto di una lunga attivit giudiziaria. L'accenno fatto alle note render ancor pi evidente l'utilit di questa nuova edizione che nelle note principalmente si differenzia dalla precedente non solo per quanto riguarda gli accuratissimi e appropriati aggiornamenti giurisprudenziali, dottrinari e legislativi, ma anche per quanto riguarda osservazioni sempre acute, aggiunte qua e l, magari con note bis. Ci, peraltro, non significa che pure il testo non sia stato rielaborato, beninteso nei limiti in cui l'opera attraverso le successive edizioni si va sempre pi avvicinando alla perfezione nel suo genere. Per soffermarci su qualche aspetto saliente converr ricordare il problema del rapporto tra fallito e fallimento inquadrato nell'ampio concetto di sostituzione , reso meno propriamente ma pi efficacemente pure con riferimento all'art. 110 c.p.c. mediante l'espressione successione , che come noto pu essere mortis causa ed inter vivos ma in questa ultima ipotesi, per avere carattere universale come nel fallimento (a differenza del pignoramento, differenza della quale si deve tener conto anche agli effetti dell'applicazione e dell'estensione delle norme relative alla espropriazione forzata in generale), -non deve dipendere dalla volont del soggetto (pagg. 131-132, 150 e 294); converr altres accennare al problema dei rimedi dati contro il decreto del giudice delegato che stabilisce e rende esecutivo il piano di riparto: contestazioni in sede di giudizio per il rendiconto del curatore previsto nell'art. 116 l.f.? reclamo generale stabilito dall'art. 26 l.f.? e ricorso per cassazione contro il conseguente provvedi 4 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO I I W: mento del Tribunale (Cass. 17 gennaio 1962, Riv. dir. comm. 1963, II, 256 con nota del Satta e da ultimo Cass. 30 maggio 1963, n. 1461)? o tutela meno limitata, come, trattandosi di veri e propri diritti soggettivi, sarebbe pi giusto, attraverso l'applicazione estensiva dell'art. 98 l.f. ovvero attraverso le norme generali del codice di procedura civile per la risoluzione delle controversie in sede di distribuzione del ricavato, tesi per le quali propende motivatamente l'A. (pagg. 301-302)?; converr, infine, menzionare la questione dell'opposizione di terzo contro la sentenza di omologazione del concordato, questione in rapporto alla quale l'A. modifica l'opinione espressa nelle precedenti edizioni (pagg. 344-345), la questione della riapertura del fallimento della societ, cui l'A. d corivincente soluzione positiva (pag. 384), ed, ancora, i problemi derivanti dall'applicazione degli artt. 167 e 173 l.f., ex art. 188 U., con riferimento alla sorte degli atti compiuti contra legem dal debitore, ammesso alla procedura dell'amministrazione controllata, dopo la conclusione di questa nelle diverse ipotesi, in rapporto al che, pure, l'A. modifica le opinioni espresse nelle precedenti edi' zioni additando soluzioni in parte diverse (pagg. 432-433). . . Come si vede, adunque, nuove questioni, nuovi problemi, tutti di grande interesse, scientifico e soprattutto pratico, e per tutte tali questioni I e tali problemi soluzioni od orientamenti precisi e meditati. fJ BENEDETTO BACCARI g tIl RIGHETTI, Per un inquadramento sistematico della responsabilit del vettore, (Riv. dir. civ., 1964, I, pagg. 56-76). In questo scritto l'A. dedica un solo breve paragrafo (il paragrafo n. 8) a la responsabilit nel trasporto ferroviario . Poco, per vero, se si considera l'importanza, in genere, di questo tipo di trasporto, la peculiare regolamentazione che lo disciplina pure per quanto riguarda la responsabilit ed i conseguenti problemi che si pongono in proposito; tanto pi che, in realt, la materia del trasporto ferroviario non risulta negli ultimi tempi oggetto di particolari opere (al volume dell'OTTOLENGHI, Lo Stato e il contratto di trasporto ferroviario, Torino, 1907, ed ai volumi del MARCHESINI, Il contratto di trasporto delle merci per ferrovia secondo la convenzione internazionale di Berna e la legislazione italiana, Milano, 1908-1909, fanno riscontro in epoche relativemente recenti il libro del CHIMENTI, I trasporti ferroviari, Milano, 1936, ed il libro del SANTONI, Il contratto per il trasporto delle cose sulle ferrovie dello Stato -commento alle vigenti condizioni, Roma, 1947, nel campo specifico; e poi trattazioni pi o meno ampie nei testi dedicati al contratto di trasporto in generale -tra i quali ricordiamo: IANNUZZI, Del trasporto, Roma, 1961, nel Commentario del codice civile a cura di SCIALOJA e BRANCA, e STOLFI, Appalto-Trasporto, Milano, 1960, nel Trattato di diritto civile diretto da GROSSO e SANTORO PASSARELLI -, nei vari commentari al codice civile, nel Nuovo Digesto italiano e nelle enciclopedie minori, giacch alle relative voci non sono ancora arrivati l'Enciclopedia del diritto e il Nuovissimo Digesto italiano, nonch nei testi istituzionali e negli scritti, apparsi qua e l su varie riviste). Comunque, soffermandoci, siccome di maggiore interesse ai fini di questa rassegna, sugli accenni che dell'argomento fa l'A. nello studio in esame deve rilevarsi la sommariet di quanto vi si legge: Benvero, l'A. menziona le norme fondamentali speciali, nazionali (ma si noti che con PARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA il D.P.R. 30 marzo 1961, n. 197 stata approvata la revisione organica delle Condizioni per i trasporti delle cose sulle Ferrovie dello Stato) ed internazionali che concretano notevoli deviazioni dal sistema , ricorda il carattere essenzialmente reale del contratto di trasporto merci per ferrovia , le cosiddette presunzioni di fortuito applicate legislativamente in larga misura , sottolineando l'attenuazione del rigore della responsabilit ex recepto, con desumibile atteggiamento critico, laddove, peraltro, egli stesso ammette che la presunta irresponsabilit si rapporta alla prova, sia pur mera , di una forte probabilit statistica di dipedenza del fatto impeditivo dal fortuito. Atteggiamento critico che sembra riaffiorare di fronte alla limitazione della presunzione della responsabilit del vettore ferroviario di persone ai danni per anormalit di servizio, da specificarsi e dimostrarsi dal danneggiato, ed anch'essa eliminabile ove il vettore