PUBBLICAZIONE RASSEGNA DI SERVIZIO DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ANNO xv -N. 4-5-6 APRILE-MAGGIO-GIUGNO 1963 ANNIVERSARIO Il 1 O maggio, primo anniversario della morte dell'Avvocato Generale dello Stato on. prof. Salvatore Scoca, nella sede dell'Avvocatura Generale dello Stato stato scoperto un busto a ricordo dello scomparso alla presenza dei familiari e degli Avvocati dello Stato. L'Avvocato Generale avv. Giovanni Zappal, ricordando brevemente i meriti e l'opera del suo predecessore, ha detto: Non questo certamente il luogo adatto per commemorare degnamente il nostro caro ed indimenticabile Avvocato Generale Salvatore Scoca; n io potrei, con troppo brevi e sommari cenni, delineare qui i tratti salienti di una personalit cos complessa e poliedrica che ha svolto una lunga ed intensa attivit, non solo nell'ambito del nostro Istituto, ma anche nel campo politico ed universitario ed in quello della scienza finanziaria. Sar possibile promuovere una solenne commemorazione, allorquando sar pronta la grande sala al pianterreno, in corso di restauro. Frattanto, nel triste anniversario della Sua immatura scomparsa, abbiamo voluto elevare qui, con il concorso di tutti i colleghi, questo bronzo, fra queste mura che gli furono cos familiari, fra cui Egli svolse la Sua attivit nel nostro Istituto al servizio dello Stato. - E' un segno della nostra riconoscenza e del nostro qtto che affidiamo ai giovani ed agli Avvocati ) Stato che ancora verranno in questo grande Jio, costruito per accogliere i devoti alla regola w dei pi grandi padri della Chiesa, per pro e l'opera nostra, cos come noi, oggi, contino quella di chi ci ha preceduto, cercando, con ,veranza ed impegno, di conservare e continuare ;, lunga e luminosa tradizione e di arricchire _.tel patrimonio ideale di dignit, probit, alto ed umano senso di giustizia che ci stato tramandato. E' altamente significativo che il busto dedicato a Salvatore Scoca si affianchi qui a quello di due nostri grandi e venerati Maestri: Giuseppe Mantellini e Gaetano Scavonetti. Giuseppe Mantellini, sommo giurista, discepolo ideale dei grandi giureconsulti dell'antica Roma, seppe trarre dai loro insegnamenti i -principi ispi 1atori di quei suoi studi sui conflitti di attribuiione e su lo Stato ed il Codice Civile con cui sono stati tracciati, quasi un secolo orsono, alcuni dei lineamenti fondamentali del nostro diritto amministrativo. Uomo politico di ferrea tempra ed inflessibile rettitudine, allorquando venne incaricato dell'arduo compito di organizzare la nuova Istituzione seppe, fin dall'inizio, con rara perizia e fermezza, adeguarne la struttura a quell'alta concezione dello Stato cui si era .ispirato anche in passato difendendola nel ,_ u6 Parlamento e nei Paese, con passione quasi mistica. E di questa sua creatitra egli fu vigile tutore nei primi anni difficili; la sorresse con mano sicura; la ravviv col suo affetto; la protesse col suo personale prestigio. cc Gaetano Scavonetti, organizzato1e ed animatore geniale, dedic tutta la sua vita al nostro Istituto, rinunziando a quella carriera politica che pure gli si era dischiusa con tante allettanti prospettive. Viga'Fia d'ingegno, grande prestigio personale, altissima coscienza dei propri doveri gli consentirono di far fare al nostro Istituto, per il quale ebbe l'affetto pi profondo, passi giganteschi, in molto breve tempo. > a cura di V.E. ORLANDO, vol. IX, Milano 1902, pag. 1307 (l'illustre scrittore, rilevata la contraddittoriet delle due attribuzioni, auspicava che, nell'interesse della maest della legge, lo sconcio fosse rimosso. Contra: VroARio, La Cot;te dei Conti in Italia, Milano 1925, pag. 71 ss.). Fra gli Autori che accolgono la duplice configurazione delle funzioni del Procuratore Generale: TANGO, voce Corte dei Conti, in Digesto italiano ; MoFFA: Il concetto di parte, la pubblica Amministrazione e le spese nei giudizi innanzi la Corte dei Conti, in Rivista dir. pubbl. , 1922, I, 1 ss.; id., La Corte dei Conti del Regno d'Italia, Milano 1939, p. 60 ss.; SEPE: La Corte dei Conti. Ordinamento e funzioni di controllo, Milano 1956, p. 122 ss.; ZANOBINI: Corso di diritto amministrativo, vol. II, Milano 1954, p. 337 s. DIFESA DELLO STATO ALLA CORTE DEI CO-NTI 4a comma, T.U. 12 luglio 1934, n. 1214) non compatibile con la funzione di rappresentante della Amministrazione. Ci poteva apparire non del tutto chiaro in passato, quando nel pubblico ministero si vedeva il rappresentante del potere esecutivo presso la autorit giudiziaria . In questa formula equivoca, legata alle origini storiche dell'istituto, poteva sembrare compresa la funzione di tutela degli interessi pubblici specifici soggettivati nella pubblica Amministrazione. Oggi, per, una simile configurazione pu dirsi senz'altro superata. Per quanto sia tuttora aperto il dibattito relativo alla natura giuridica delle funzioni del pubblico ministero e all'inquadramento dell'organo fra quelli amministrativi o fra quelli giurisdizionali, ormai pacifico, anche per coloro che propendono per la natura amministrativa dell'organo e delle funzioni, che l'interesse (se d'interesse pu parlarsi) cui provvede l'attivit del pubblico ministero non e non pu essere l'interesse che muove la pubblica Amministrazione nel perseguimento dei suoi fini pubblici concreti, ma si identifica con l'interesse generalissimo all'attuazione dell'ordinamento giuridico, alla realizzazione della giustizia (2). La differenza fra le funzioni del pubblico ministero e quelle dell'Avvocatura dello Stato si presenta quindi nettissima (3). Mentre l'Avvocatura assume il patrocinio dell'Amministrazione ove ad essa si opponga in conflitto l'interesse dei singoli, al pubblico ministero compete la funzione di pro (2) Sembra, in realt, che, al di l delle formule adoperate, su questo punto non esista contrasto. Con fronta CmoVENDA: Istituzioni di diritto processitale civile, vol. II, Sez. I, Napoli 1934, p. 73 ss.; CRISTOFOLINI: Sulla posizione e sui poteri del pubblico ministero nel processo civile, in Riv. dir. proc. civ. , 1930, Il, 23; ALLORIO: Il pu.bblico ministero nel nuovo p1ocesso civile, ivi, 1941, I, 212; CARNELUTTI: Istituzioni del nuovo processo civile italiano, vol. I, Roma 1951, p. 198 ss.; REDENTI: Diritto processuale civile, vol. I, Milano 1952, p. 86 ss.; CALA.ll!IANDREI: Istituzioni di diritto processuale civile, vol. II, Padova 1944, pag. 280 ss.; SATTA: Diritto processuale civile, Padova -1957, pag. 57 ss.; id., Commentario al cod. proc. civ., Libro I, Milano 1959, p. 230 ss. (3) Lo svolgimento storico che ha condotto alla rigorosa distinzione fra la posizione della pubblica Amministrazione parte in causa, col patrocinio dell'Avvocatura, e quella del pubblico ministero delineato chiaramente da CmccA: L'evoluzione storica dei principi della soggezione --alla giurisdizione e della difesa legale dello Stato, in cc Rass. Avv. Stato, 1951, 18. Da ricordare il fondamentale contributo del Mantellini, che, cori chiara visione sistematica, decisamente si oppose alla propoi;ita di affidare al pubblico ministero la difesa legale dello Stato. -68 muovere imparzialmente la realizzazione dell'ordinamento in quei casi in cui, secondo la valutazione del legislatore, si pone un'esigenza di attuazione dei suoi precetti indipendentemente dalle richieste e dall'attivit delle parti interessate alla situazione o al rapporto regolati. L'Avvocatura dello Stato, cio, impersona la. Amministrazione nel conflitto che l'oppone ad un altro soggetto dell'ordinamento. Il pubblico ministero impersona l'ordinamento stesso nella sua esigenza di realizzazione al di l e al di sopra degli interessi dei soggetti in conflitto, sia pure fra questi soggetti si trovi I'.Amministrazione. Orbene, chiaro che in uno stesso organo non possono assolutamente coesistere la funzione, tipica del pubblico ministero, di promuovere super partes (4) l'attuazione dell'ordine giuridico e quella, tipica dell'Avvocatura dello Stato, di rappresentare e difendere in giudizio le .Amministrazioni dello Stato cc parti in causa contro altri soggetti. La diversit radicale degli interessi cui le due funzioni si coordinano ne esclude il contemporaneo esercizio da parte di un sol organo. Il Procutatore Generale della Corte dei Conti, in realt, non pubblico ministero e avvocato dello Stato insieme, ma , sempre e soltanto, pubblico ministero, come tale definito dalla legge e come tale, nella pratica, operante. Le sue attribuzioni si caratterizzano invariabilmente in funzione dell'interesse al promovimento dell'esatta e piena attuazione dell'ordinamento, e solo di riflesso il loro esercizio pu involgere (non necessariamente) la tutela di specifici interessi pubblici propri dello Stato-Amministrazione. Tutto ci ormai chiaro alla dottrina pi avveduta (5) ed stato pi volte ribadito dalla stessa (4) nota la disputa, in atto nella dottrina processualistica, sul riconoscimento o meno al pubblico ministero della qualit di parte. Senza entrare nel merito di tale disputa, vogliamo solo porre in rilievo il fatto che la peculiarit della funzione del pubblico ministero segna una netta distinzione fra la sua posizione processuale e quella delle parti (o, se si preferisce, delle altre parti). Tanto vero che anche chi riconosce al p.m. la qualit di parte costretto a ricorrere ad aggettivazioni (parte imparziale , parte in senso formale >>, parte pubblica ) che, in buona sostanza, finiscono col negare o col limitare grandemente la portata del principio affermato. La giurisprudenza della S.C. esclude nel pubblico ministero la qualit di parte: cfr. sentenza, 7 febbraio 1956, in Foro it., 1956, I, 467, con la quale stata, coerentemente, dichiarata inammissibile la condanna alle spese del p. m. soccombente. (5) DEL SERA: I motivi nuovi del Procit.ratore Generale nel giudizio pr rimborso di quote di imposte inesigibili, in <>, 1911, Il, 466; AMATUCCI: Connessione e continenza di causa nei giudizi di responsabilit, in Corte dei Conti in sede giur. , 1936, Il, 245 s.; ALFANO, f'oqiz. proc. qez l',G, n,elle oori,t. relative a rimborso per giurisprudenza della Corte, che non ha mancato di portare il principio alle logiche conseguenze. stato ritenuto ammissibile, ad esempio, il ricorso del Procuratore Generale contro un provvedimento di liquidazione di pensione anche quando la sua azione tenda all'affermazione di una tesi sfavorevole all'Amministrazione (6). Si pu quindi senz'altro escludere che l'Amministrazione dello Stato, dinanzi alla Corte dei Conti, stia in giudizio rappresentata dal Procuratore Generale. La tutela dei suoi interessi resta affidata all'azione del Procuratore, ma non nel senso che questi sia in qualche modo vincolato alla difesa delle pretese dell' .Amministrazione. Solo nel limite in cui tali pretese, secondo il libero e insindacabile apprezzamento del Procuratore Generale, coincidano con l'interesse all'esatta applicazione della legge, esse possono trovare ingresso, attraverso l'esercizio. dei poteri del Procuratore, nello agone processuale. Nulla esclude, in principio, che quegli stessi poteri siano invece esercitati in modo sostanzialmente conforme all'interesse del privato che si pretende leso da un atto dell'Amministrazione. 2. Nei giudizi ad istanza dei privati la posizione del Procuratore Generale come pubblico ministero sufficientemente chiara. Non sembra possa dubitarsi, in principio, che l'Amministrazione non parte in tali giudizi (7). Di fronte alla pretesa del privato attore, il Procuratore Generale non impersona l'Amministrazione inesigibilit, ivi Il, 16; VICARIO, op. cit.; GroGNI: Il Procuratore Generale nelle funzioni della Corte dei Conti, in Riv. Corte dei Conti>>, 1948, I, 16; GRECO: Il pubblico ministero della Corte dei Conti, ivi, 1955, I, 77; BORZELLINO: Sulla figura giuridica del Procuratore Generale presso la Corte dei Conti, in Giust. civ.>>, 1956, Il, 27; SINOPOLI: voce Corte dei Conti, in Novissimo Digesto Italiano. (6) Corte dei Conti, Sezione Riunite, 16 febbraio 1955, n. 12 in Giust. civ.>>, 1956, Il, 27. Qualche incertezza circa la posizione processuale del Procuratore Generale permane, tuttavia, nella giurisprudenza della Corte; cfr. Sez. Il, 10 aprile 1959, in Foro amm. >>, 1959, III, 2, 46. Secondo questa sentenza, nei giudizi in materia di pensioni a totale carico dello Stato, il Procuratore Generale assommerebbe in s le funzioni di pubblico ministero e di rappresentante della Amministrazione. La giurisprudenza della Corte per ferma nell'escludere la condanna alle spese del Procuratore Generale soccombente in giudizio. Tale principio viene giustificato in base a considerazioni analoghe a quelle che ispirano la ricordata giurisprudenza della Cassazione relativa al pubblico ministero nel processo civile. Cfr.: Sezioni Riunite, 11 novembre 1957, n. 52/A, in Riv. Corte dei Conti>>, 1957, III, 175; Sezione III, 24 O'btobre 1956, n. 8542, ivi, 1957, III, 78. Contra: MoFFA: Il concetto-di parte, cit.; t'ou."'-LIRI: La condanna nelle spese ed i giudizi alla Corte dei Conti, in Arch. rie. giur. , 1958, 4 7 4. (7) Cfr. Corte dei Conti, Sezione III, 24 ottobre 1956, n. 8542, cit.; Sezione I, 16 maggio 1935, in Corte dei Qonti in sede giur. , 1~36, II, 15, -69 .contro la quale la pretesa rivolta, ma si pone come puro tutore della legalit. La sua attivit potr quindi, di volta in volta, e sempre in piena indipendenza, rivolgersi alla difesa dell'operato dell'Amministrazione oppure alla difesa delle ra gioni del privato, ovvero ancora, almeno in alcuni casi (8), potr tendere al rigetto della pretesa nel l'attore entro limiti e per motivi diversi da quelli contemplati nell'atto amministrativo impugnato. Lo stesso vale per Pipotesi di impugnativa, da parte del Procuratore Generale, di un decreto di liquidazione di pensione. evidente che l'azione del Procuratore ordinata esclusivamente al fine dell'oggettiva realizzazione della legalit, indipen dentemente da ogni preoccupazione di tutela delle ragioni dell'Amministrazione o degli interessi del privato interessato. La norma dell'art. 76 del Regolamento di pro cedura, secondo la quale il Procuratore Generale pu ricorrere quando !lia leso l'interesse dell'E rario, stata giustamente superata dall'interpre tazione giurisprudenziale, che giunta ad affermare senza equivoci la posizione del tutto imparziale del Procuratore Generale in questa sua attivit di promotore di un giudizio di legalit sull'operato dell'Amministrazione, indipendentemente dalla sus sistenza di un qualunque interesse, del privato o dell'Amministrazione stessa, cui tale attivit, di fatto, si coordini (9). In tutti questi casi (giudizi in materia di pen sione; giudizi ad istanza dei privati), si verifica dunque questa situazione: delle parti interessate alla lite, solo una {il privato) presente nel giudizio; la partecipazione dell'altra {l'Amministrazione) non invece prevista, mentre imposto l'intervento del pubblico ministero a garanzia della piena e -0orretta attuazione della legge nella decisione della lite. 3. da porre in rilievo la singolarit di questa disciplina. Nel diritto privato, com' noto, esiste tutta una serie di rapporti e di situazioni giuridiche rispetto .alle quali si determina, secondo l'apprezzamento del legislatore, e per ragioni di volta in volta di verse, l'esigenza di assicurare l'attuazione piena .e incondizionata della disciplina positiva, indipen dentemente dall'iniziativa e dall'attivit dei sog getti direttamente interessati. Sono appunto i casi in cui attribuito al pubblico :ministero il potere di agire o di intervenire fu giudizio. Indubbiamente situazioni analoghe possono de terminarsi anche nel campo del \li.ritto pubblico. agevole rendersi conto come l'attuazione della disciplina pubblicistica di determinati rapporti fra le pubbliche Amministrazioni e i singoli possa .essere assunta dal legislatore ad oggetto di un in (8) Cos nei giudizi in materia di rimborso di imposte per inesigibilit. Cfr. Cassazione, S.U., 27 luglio 1933, in cc Foro amm. , 1934, II, 8; Corte Conti, Sezione I, 16 maggio 1935, cit.; DEL SERA, op. cit.; .ALFANO, op. cit. (9) Sezioni Riunite, 16 febbraio 1955, n. 2, cit. teresse che supera quello delle parti {della parte privata, come dell'Amministrazione) e sia quindi affidata all'azione del pubblico ministero. Nel diritto comune, per, la presenza nelproeesso del pubblico ministero non comporta, di regola, l'esclusione delle parti interessate al rapporto dedqtto in giudizio. La diversit degli interessi di cui sono portatrici la parte pubblica e le parti private ne impone, anzi, la contemporanea presenza. Nel nostro caso, invece, l'Amministrazione i cui interessi si trovano ad interferire con l'azione del Procuratore Generale esclusa dalla partecipazione al giudizio. La legge sembra non ammettere alcuna possibilit di valutazione autonoma, da parte della Amministrazione e con il concorso della competenza tecnica dell'organo legale, degli interessi in gioco: ogni potest in materia rimessa al Procuratore Generale. Tale disciplina, a ben considerare, non sembra reggere alla critica. Alla sua radice una visione inadeguata delle funzioni del pubblico ministero, una concezione intorbidata dal difetto di una chiara consapevolezza della distinzione che va fatta fra l'interesse obbiettivo all'attuazione dell'ordinamento e gli interessi pubblici specifici soggettivati nell'Amministrazione. Certamente apprezzabile perci l'indirizzo giurisprudenziale inteso, in armonia con l'evoluzione dell'ordinamento generale, a liberare la funzione tipica del Procuratore Generale da ogni legame con l'interesse specifico dell'Amministrazione dedotto in giudizio. L'evoluzione della figura generale del pubblico ministero impone certamente di risolvere in questo senso le dubbiezze e le ambiguit rilevabili nella disciplina positiva dell'attivit dello organo del pubblico ministero presso la Corte dei Conti. La considerazione del concreto interesse pubblico che costituisce oggetto del giudizio non pu non essere totalmente subordinata, nell'attivit del Procuratore Generale, al perseguimento del fine obbiettivo dell'esatta applicazione della legge. Ma appunto perci appare incoerente negare all'Amministrazione, nella quale quell'interesse si soggettiva, la facolt di partecipare direttamente, assistita dall'Avvocatura, al dibattito processuale, sostenendo il proprio punto di vista anche quando {anzi, soprattutto quando) esso non coincide con quello patrocinato dal pubblico ministero. All'interesse pubblico non pu, invero, mancare quella tutela processuale che la legge riconosce anche agli interessi privati interferenti con l'azione del pubblico ministero. auspicabile, perci, che venga ammessa la partecipazione dell'Amministrazione al giudizio, naturalmente in forme adeguate alla struttura di questo {10).. (10) La cc contumacia istituzionale dell'Amministrazione dello Stato nei giudizi dinanzi alla Corte dei Conti viene considerata talmente connaturata al carattere di tali giudizi che stato ritenuto non potersi giustificare la presenza dell'Avvocatura dello Stato nei giudizi relativ -70 La distinzione dell'interesse generalissimo tutelato dal Procuratore Generale e dell'interesse pubblico specific portato in giudizio dall'Avvocatura in rappresentanza. dell'Amministrazione non pu che giovare allo svolgimento dell'attivit giurisdizionale della Corte, attuando, da un lato, nella maniera pi rigorosa, il fondamentale principio del contraddittorio e contribuendo, dall'altro, alla pi netta e chiara caratterizzazione delle funzioni del Procuratore Generale come organo del pubblico ministero. La commistione dei due interessi o la obliterazione di uno di essi comporterebbe invece inconvenienti tali da far apparire superato l'ordinamento processuale dei giudizi dinanzi alla Corte. 4. Del resto, questa distinzione fra la tutela processuale dell'interesse all'attuazione della legge e quella dell'interesse pubblico specifico soggettivato nell'Amministrazione attuata in tutti i giudizi dinanzi alla Corte concernenti Amministrazioni non statali, onde non si vede proprio come possa giustificarsi il diverso sistema seguito per i giudizi interessanti lo Stato. A parte i giudizi d'appello avverso le decisioni dei Consigli di Prefettura, nei quali le Province, i Comuni e gli altri Enti stanno in giudizio rappresentati dai propri legali, da ricordare, in particolare, la disciplina dei giudizi relativi a pensioni a carico degli Enti previdenziali amministrati dalla Direzione generale degli Istituti di previdenza presso il Ministero del Tesoro. L'Avvocatura dello Stato sta in giudizio in rappresentanza dell'Ente liquidatore e per la tutela dei suoi interessi. Il Procuratore Generale, da parte sua, svincolato completamente dagli interessi in gioco, si limita a presentare conclusioni nell'interesse della legalit. In questi casi, pi chiara e netta la tipica funzione del Procuratore Generale, svincolata da ogni legame con gli interessi in conflitto, e, d'altra parte, la specifica tutela di questi interessi assicurata in modo pieno e completo. L'evidente razionalit del sistema ne impone la generalizzazione. a pensioni a carico dell'Amministrazione Ferroviaria, ! se non in virt del carattere di ente pubblico autonomo che andrebbe riconosciuto al Fondo Pensioni per i 1 personale delle F.S. (Corte Conti, Sezione II, 12 luglio 1961, in <> 1911, II, 455) che ammise l'intervento dell'Avvocatura dello Stato, in rappresentanza dell'Amministrazione del Tesoro, in un giu dizio promosso da impiegati della Corte. Conf.: SoLINAS Cossu, op. cit. L'intervento delle A,mministrazioni dello Stato, rappresentate dall'Avvocatura, nei giudizi dinanzi alla Corte fu, in principio, ritenuto ammissibile senza limiti dalla stessa procura Generale nelle conclusioni presentate nel giudizio concluso con la citata decisione delle Sezioni Riunite 3 marzo 1911. 5. Una considerazione a parte richiedono i giudizi sui conti presentati dagli agenti contabili dello Stato ed i giudizi di responsabilit promossi dal Procuratore Generale nei confronti dei dipendenti statali. -- Trattandosi dell'accertamento di un diritto al risarcimento del danno spettante all'Amministrazione, sembrerebbe evidente che, aJmeno in questo caso, il Procuratore Generale, promovendo tale accertamento, rappresenti l'Amministrazione titolare del diritto. In realt, anche in questo caso, da escludere che di rappresentanza si tratti. L'attivit del Procuratore Generale nei giudizi di conto e di responsabilit non ha caratteri diversi da quelli che, come abbiamo visto, le son propri negli altri giudizi dinanzi alla Corte. Si tratta sempre di un'attivit postulata dall'ordinamento in funzione della sua realizzazione rispetto a determinati rapporti, e non di un'attivit di parte interessata al rapporto di cui si tratta. Il fatto che l'azione del Procuratore Generale tenda ad ottenere un positivo provvedimento favorevole all'Amministrazione, non significa che il Procuratore impersoni I'.Amministrazione nella sua veste di parte titolare della pretesa al risa.rcimento del danno. Significa soltanto che, nella valutazione dell'ordinamento, l'attuazione della sanzione predisposta a tutela dell'integrit del patrimonio dello Stato (attuazione che dev'essere assolutamente garantita, rispondendo ad un rilevantissimo interesse generale) non pu essere rimessa all'iniziativa di quegli stessi funzionari dell'Amministrazione attiva che della norma sanzionatoria sono i destinatari (11), ma deve essere assicurata in maniera obbiettiva, attraverso l'azione indipendente del pubblico ministero. quindi sempre un'esigenza di attuazione obbiettiva dell'ordinamento, indipendentemente dalla attivit delle parti, che spiega l'attribuzione al Procuratore Generale dei necessari poteri processuali per giungere all'accertamento della responsabilit civile e contabile dei funzionari e agenti dello Stato (Il-bis). per da porre in rilievo il fatto che, in questa ) ipotesi, non pu postularsi un'esigenza di integrai zione del contraddittorio mediante la partecipa ! (11) V., in proposito, VICARIO, op. cit. (Il-bis) Possono citarsi, fra le altre ipotesi di azione del p.m. per la realizzazione di diritti di soggetti determinati che, per ragioni diverse, non sono in grado di promuovere l'attuazione dell'ordinamento in proprio favore: l'azione civile nel processo penale nell'interesse del danneggiato incapace (art. 105 C.p.p.); la difesa della paternit di un'opera dell'ingegno quando l'autore morto e manchino o omettano di agire le persone legittimate (art. 24 D.L. 7 novembre 1925, n. 1950); la rettificazione degli atti dello stato civile nell'interesse di persone povere (art. 167 R.D. 9 luglio 1939 n: 1237). In questi casi, secondo i pi, il p. m. assumerebbe la-veste di sostituto processuale (contra: SATTA, opere citate). La tesi seguita, per i giudizi dirianzi alla Corte dei Conti, dal GRECo, op. cit. -71 'I _: zione al giudizio delle Amministrazioni interessate. f!'.ll'esercizio dei poteri inquisitori che' la. legge ,Le ragioni che giustificano l'attribuzione al pubblico I emanda al Procuratore Generale, rafforzandoli . ministero della titolarit dell'azione non possono J .on l'obbligo di denuncia a carico dei superiori non far ritenere esclusiva tale attribuzione. ' Ci non toglie, peraltro, che tale situazione da considerare del tutto eccezionale; il che trova, in certo modo, conferma nei casi in cui la giurisdizione della Corte vien meno per ragioni di connessione con la giurisdizione penale. Nell'esercizio dell'azione di responsabilit contro i dipendenti della Amministrazione mediante costituzione di parte civile nel processo penale si manifesta chiaramente, col venir meno delle particolari ragioni che impongono la sottrazione dell'esercizio dell'azione all'organo legale dell'Amministrazione, la perfetta ammissibilit delle normali attribuzioni dell'Avvocatura dello Stato anche in questo campo. All'Avvocatura resta, d'altronde, devoluto l'e sercizio delrazione di responsabilit di fronte alla autorit giudiziaria ordinaria in tutti i casi in cui l'autore del danno all'erario, per essere vincolato all'Amministrazione da un rapporto sfornito dei caratteri della permanenza e della volontariet, escluso (per l'evidente insussistenza delle ragioni che, come abbiamo visto, spiegano l'attribuzione dell'azione di responsabilit al Procuratore Gene- raie) dall'assoggettamento alla giurisdizione della Corte. Cosi in particolare, per i militari di leva. da porre in rilievo la grave sperequazione che si verifica a carico di -questi soggetti. La loro esclusione dall'orbita della giurisdizione della Corte (indubitabile alla stregua del vigente ordinamento: cfr. Cassazione, Sezioni Unite, 18 aprile 1958, n. 1290) (12) comporta, da un lato, l'impossibilit (12) In GiUBt. civ., 1958, I, 1040. gerarchici dell'autore del dami; e, dll'iiltro, fa esclusione di quella speciale facolt di riduzione della condanna al risarcimento che spetta alla Corte dei Conti nei casi di sua competenza. Sopratutto quest'ultima conseguenza appare difficilmente giustificabile. Proprio per coloro che prestano un servizio occasionale e non volontario alle dipendenze dell'Amministrazione, l'esercizio dello speciale potere dispositivo del giudice sembra infatti rispondere a evidenti motivi di equit. Sommamente auspicabile , perci, l'unificazione della giurisdizione relativa ai giudizi di responsabilit nei confronti di tutti i dipendenti dello Stato, quale che sia la natura del loro rapporto di servizio. L'attribuzione di tutta la materia alla competenza della Corte dei Conti concilierebbe nella maniera migliore le esigenze di un rigoroso perseguimento dei responsabili e di una valutazione equitativa delle particolarit di ogni singolo caso. E, va aggiunto, la necessit di una unificazione della disciplina appare urgente anche per quanto attiene al diritto sostanziale. La responsabilit per danni arrecati a terzi, in particolare, limitata, com' noto, ai casi di dolo o colpa grave soltanto nei confronti degli impiegati civili (13). La evi dente esigenza di un'uniformit di trattamento dovr condurre alla formazione di una disciplina generale indiscriminata per tutte le categorie dei dipendenti dell'Amministrazione. (13) In virt della legge 31 dicembre 1962, n. 1833, lo stesso principio si applica, ora, a tutti i dipendenti dello Stato addetti alla conduzion3 di autoveicoli o di altri mezzi meccanici. MARCELLO CONTI PROCURATORE DELLO STATO NOTE DI DOTTRINA PASQUALE CARUGNO : L'espropriazione per pubblica utilit. V ed., Giuffr, Milano, 1962, pp. 470. La Rassegna ebbe a recensire la IV edizione di questa opera (v. pag. 112 del 1958). La nuova edizione viene pubblicata dopo la approvazione da parte del Senato di un progetto di legge per la modifica di alcune disposizioni della legge fondamentale sull'espropriazione per pubblica utilit e dopo la promulgazione della legge 18 aprile 1962, n. 167 sulla acquisizione da parte dei Comuni di aree edificatorie, per la costruzione di case di tipo economico e popolare. L'autore si limitato alla menzione delle suddette modifiche che non hanno dato luogo a seri rilievi nella discussione del progetto di legge. .Alla legge n. 167 sono dedicati tre paragrafi, il primo dei quali la riproduzione di uno scritto inserito nella Rivista Ammfoistmtiva della Repubblica (v. fase. n. 1 del 1962) prima che si perfezionasse l'iter legislativo. In questo scritto, compiendosi sulla scorta .del testo (disegno definitivo) approvato dalla Camera dei deputati una prima disamina dei criteri informatori del disegno di legge, si contengono ripetuti accenni ad un progetto di legge predisposto dal Governo francese per le c.d. zone da urbani'zzare in priorit e per quelle ad rbanizzazione differita, che obbediva alla stessa finalit di combattere la speculazione in materia di aree edificatorie. Con l'esposizione, integrata da opportuni raffronti, dei suddetti criteri il Carugno prendeva, adunque, posizione propugnando concetti e principi che, se si ha riguardo al tema fondamentale della origine del carattere edificatorio dei terreni compresi nell'ambito dei piani regolatori, non possono considerarsi una novit, ma costituiscono uno svolgimento coerente ed un ulteriore approfondimento dell'indirizzo razionale perseguito nelle precedenti edizioni. Ma l'autore che si sempre avvalso, per la definizione del requisito dell'edificatoriet, dei richiami giurisprudenziali in rapporto ai piani regolatori, non omette in questa quinta edizione l'avvertimento che le enunciazioni della giurisprudenza devono essere intese alla stregua delle norme contenute in alcune leggi speciali e che bisogna perci tenere conto della diversit del procedimento cui astretto l'interprete e di quello adottabile nel campo teorico con la necessaria libert di impostazione e con la consapevolezza che i risultati della ricerca possono ritenersi validi solo se scaturenti da un processo logico coerente. Tenendo presente questa avvertenza, ci si pu spiegare come il Carugno non esiti ad affermare che, grazie alla legge speciale del 1962, il vecchio e tanto discusso problema della formazione del c.d. demanio comunale di aree edificatorie sia stato per la prima volta af frontato e risolto dal nostro legislatore con criteri veramente razionali. Ci si rende conto altres del fatto che il Carugno, opponendosi all'indirizzo prevalente, persista nella idea che il vantaggio speciale derivante dall'opera pubblica alla parte residua del fondo non espropriata non debba essere considerato alla stregua di un vantaggio esclusivo, ed in verit i nuovi orientamenti del legislatore non potevano non costituire per lui che incentivo a perseverare in questa opinione. A pagina 187, n. 84, l'Autore torna ad esaminare il problema della discriminazione della competenza giurisdizionale del giudice ordinario da quella del giudice amministrativo in materia di impugnazione degli atti del procedimento di espropriazione. Ripudia, ai fini della identificazione del giudice competente la teorica della c.d. prospettazione alla quale aveva aderito nella precedente edizione ed afferma che la competenza dell'a.g. cc deve scatm'ire dalla ricognizione dei limiti rigorosi entro cui il legislatore ha inteso per determinati obbietti circoscrivere il potere di espropriazione; indugia nel rilevare la discrepanza ancora sussistente nella giurisprudenza nei rispetti dell'ipotesi della cessazione degli effetti della dichiarazione di pubblica utilit, che egli, seguendo il prevalente indirizzo dottrinale, sostiene doversi equiparare a quella della mancanza assoluta della dichiarazione. Un nuovo paragrafo (n. 185-bis) dedicato al tema della retrocessione dell'immobile espropriato ai sensi dell'art. 63 della legge del 1865. Anche in questo paragrafo l'Autore, muovendo dalla giusta premessa che gli effetti della dichiarazione di p.u. devono ritenersi esauriti quando l'espropriazione stata pronunciata nel termine in essa stabilito, fa rilevare che l'espressione cc decadenza adoperata in quel disposto con riferimento all'efficacia della dichiarazione di p.u. non sarebbe del tutto corretta e che il suo significato genuino quello della estinzione del diritto dell'espropriante di eseguire l'opera per cui fu ordinata l'espropriazione dopo l'inutile decorso del termine suddetto. Rilievo questo che viene fatto avendo riguardo sia all'aspetto funzionale della dichiarazione di p.u., sia alla diversit degli effetti scaturenti dall~ inosservanza del termine prescritto per il compimento dell'opera, s che l'autore ne trae argomento anche per ribadire l'insostenibilit della opinione che la decadenza operi ipso iure, dato che il nuovo trasferimento del bene espropriato non pu avverarsi indipendentemente da una domana giudiziale dell'interessato e da una pronuncia, avente, come noto, carattere costitutivo. Principio che egli trova modo di ribadire nelle osservazioni che illustrano la portata dell'art. 23 della legge 28 febbraio 1959, n. 43 (Gestione INA . casa), disposto nel quale si discorre di operativit ipso iure della decadenza dall'espropriazione in caso di inosservanza del termine di un anno prescritto per l'inizio dei lavori (v. nota 12 a pag. 361 e segg.), e cos pure nel commento di una decisione della Cassazione riguardante l'espropriazione regolata dalla legge 2 luglio 1949, n. 408 inserito nella stessa nota. In altre parole, la cessazione automatica degli effetti della dichiarazione di p.u. deve riconnettersi, secondo il Carugno, solo alla scadenza del termine ivi stabilito per il compimento della espropriazione, come egli rileva a pagina 117 del testo in cui illustra il contenuto della norma di cui all'art. 13 della legge del 1865 e nella nota 66 alla stessa pagina. Il richiamo, insistente anche in questa nota, della necessit di distinguere il termine suddetto da quello prescritto per l'esecuzione dell'opera singola si spiega anche con la diversa disciplina prevista nella legge fondamentale per i piani regolatori, alla stregua della quale concependosi l'espropriazione come una delle operazioni dirette all'esecuzione del piano, il procedimento poteva . espletarsi finch era in vigore il termine di validit del piano. E solo in virt di questo principio l'autore approva la sentenza della Cassazione n. 2481del1957 .tenendo conto, peraltro, della proroga accordata con la legge speciale numero 524 del 1952 dei termini per l'attuazione dei piani regolatori approvati prima dell'entrata in vigore della legge urbamstica; mentre critica il richiamo fatto in questa decisione cumulativamente ai termini indicati nell'art. 13 come inammissibile nella generalit dei casi. Tanto impegno nella trattazione del tema dei termini facilmente spiegabile con la sua importanza, risponde al proposito dell'Autore di chiarire anche un altro concetto: che l'inosservanza del termine per l'inizio di lavori, che pur deve essere indicato nella dichiarazione di p.u., non d luogo all'applicazione di alcuna sanzione fatta eccezione dei casi nei quali la sanzione di decadenza espressamente prevista, come in quelli richiamati nelle due prime note sopra citate e con effetti diversi a seconda dello stadio raggiunto dalla procedura. Anche l'ultimo capitolo del libro contiene un paragrafo nuovo, che una pi diffusa trattazione degli effetti della pronuncia di espropriazione inter\ enuta dopo la scadenza del termine del biennio prescritto per l'occupazione temporanea. Il Carugno saggia la fondatezza della tesi che tende a raffigurare il diritto al risarcimento del danno (permanente) come entit gi acquisita al patrimonio del proprietario prima dell'emanazione del decreto di esproprio, danno che, secondo la giurisprudenza, andrebbe liquidato secondo le norme di diritto comune e non sotto forma degli interessi legali sull'ammontare delle indennit di espropriazione. Secondo il Carugno, per le occupazioni che si presentano a carattere permanente fin dall'origine (cio quelle che attuano la trasformazione del bene mediante l'esecuzione dell'opera pubblica), se si accetta il principio che esse vengono legittimate col decreto anche se emesso dopo il biennio di cui all'art. 73 e regolate col riconoscimento del correlativo diritto alla indennit, non si potrebbe prescindere dal regolare mediante liquidazione degli interessi (compensativi) il perio~o an~eriQr~ alla emanazione del decreto, trattandosi di occupazione anticipata, ma a titolo definitivo, destinata ad essere assorbita nel procedimento di espropriazione, cos come avviene, secondo la giurisprudenza, per le occupazioni temporanee e regolari che si convertano nel termine in definitive. Secondo il Carugno, la unicit del criterio da adottare per le conseguenze patrimoniali della occupazione protratta oltre il termine deriverebbe dal carattere strumentale della occupazione in relazione alla esecuzione dell'opera di p.u. e dalla correlativa necessit di trasformazione ab initio dell'immobile occupato. Posti questi due termini, se la facolt di espropriazione riferita ai casi di occupazione inizialmente abusiva o divenuta tale per il decorso del termine di cui all'art. 73 si pu legittimamente esercitare, com' pacifico, sul bene 11h' stato gi totalmente sacrificato (col conseguente sacrificio del diritto soggettivo) ad opera della stessa Amministrazione espropriante, e se questa non incontra altra responsabilit, per il nostro ordinamento, se non quella per i c.d. atti legittimi, non vi sarebbe ragione per adottare un criterio diverso da quello della liquidazione degli interessi sino al giorno del provvedimento di esproprio. Il Carugno passa, quindi, ad esaminare le due r.entenze della Cassazione n. 3204 del 30 ottobre 1959 e n. 2087 del 22 luglio 1960, delle quali la prima ha escluso ogni influenza della tardiva procedura di espropriazione sulla pronuncia dei danni, negando ogni efficacia retroattiva alla procedura stessa la cui efficacia resta circoscritta al trasferimento di propriet del bene; mentre la seconda ha ammesso che, intervenuto il decreto di esproprio in corso del giudizio di risarcimento, il proprietario ha diritto alla indennit di esproprio liquidata nei modi di legge, oltre alla rivalsa del mancato reddito per la durata della occupazione. Fatto questo esame, il Carugno dichiara di aderire alla soluzione seguita nella prima delle due sentenze, per la considerazione che, nei casi in cui l'immobile sia stato trasformato per l'esecuzione dell'opera, cc ci che si chiede al Giudice spiegando l'azione che pur sempre diretta alla tutela della propriet una pronuncia risarcitoria per la perdita del bene irreparabilmente sofferta, il che escluderebbe la possibilit dell'assorbimento nel trasferimento coattivo successivamente intervenuto. Quanto al criterio per la liquidazione del danno per il periodo di occupazione, il Carugno dichiara di aderire al criterio seguito nella prima sentenza delle Sezioni Unite (n. 3204 del 1959) secondo cui, non facendosi alcuna distinzione tra il periodo di occupazione biennale e quello successivo, si dichiarano dovuti gli interessi legali sull'indennizzo equivalente al valore del bene occupato, daU'inizio della occupazione al soddisfo, escludendosi ogni altra forma di indennizzo per il caso in cui l'utilit (reddito) di cui il danneggiato stato privato sia di entit superiore all'interesse legale~ L. TRACANNA -74 S. MARAS : 'Le aziende autonome dello Stati>. Roma, 1963. . Il tema delle aziende autonome dello Stato non si pu dire abbia ancora trovato nella dottrina pubblicistica una considerazione adeguata alla sua importanza teorica e pratica. Una pubblicazione, come questa del Maras, che si propone di fare il punto della situazione, riassumendo lo stato della dottrina e della giurisprudenza e indicando i problemi tuttora aperti, presenta perci un interesse che non occorre sottolineare. Particolarmente utile ci sembra l'accurata analisi delle figure pi importanti che vengono solitamente ricondotte alla nozione di azienda .autonoma. L'attenzione del Maras si particolarmente soffermata sul dilemma organo-persona giuridica, e sulla possibilit di ravvisare nelle aziende autonome un tertium genus, una figura intermedia. Le conclusioni sono sostanzialmente negative: non possibile, secondo il Maras, costruire una unitaria categoria giuridica idonea a riomprnder le varie figure di aziende autonome esistenti nel nostro ordinamento. L'affermazione ci trova consenzienti. Riteniamo per che un ulteriore approfondimento del problema possa dare utili frutti, specialmente per quanto riguarda l'esatta definizione di quell'autonomia patrimoniale che, come gi fu posto in rilievo dal Girola e dal Giannini, costituisce l'aspetto pi interessante delle aziende autonome e che potrebbe, forse, ricevere un'adeguata sistei:nazione teorica attraverso l'utilizzazione dell'ampia elaborazione che quest'aspetto dell'autonomia ha ricevuto nella dottrina privatistica. RACCOLTA DI GIURISPRUDENZA CORTE COSTITUZIONALE COSTITUZIONE -Regione Siciliana -Potest legislativa -Limiti -Rispetto degli obblighi internazionali assunti dallo Stato -Trattato istitutivo della Comunit Europea. (Corte Costituzionale, 9 aprile 1963, n. 49 -Pres.: Ambrosini; Rel.: J aeger -Commissario dello Stato per la Regione siciliana c. Regione siciliana). La Regione siciliana tenuta a rispettare, nella esplicazione della sua competenza legislativa, gli obblighi internazionali assunti dallo Stato, al quale vengono giuridicamente imputati nell'ordinamento internazionale gli atti normativi delle Regioni. costituzionalmente illegittima la legge approvata dall'Assemblea regionale siciliana in violazione delle prescrzioni impartite dallo Stato in osservanza di obblighi internazionali, che ad esso competeva interpretare e definire. Per una pi esatta e completa conoscenza delle delicate questioni trattate e deciee dalla Oorte Costituzionale riteniamo opportuno trascrivere integralmente la sentenza, nella sua esposizione di fatto e nella motivazione di diritto. Con ricorso in data 13 novembre 1962 il Commissario dello Stato per la Regione siciliana ha impugnato la legge regionale approvata dall'Assemblea il 5 novembre 1962, chiedendo che ne sia dichiarata l'illegittimit costituzionale. Si premette nel ricorso che detta legge regionale, > (art. 5), che cc Le Regioni sono costituite in enti autonomi con propri poteri e funzioni secondo i principi fissati nella Costituzione (art. 115), mentre cc .Alla Sicilia, alla Sardegna, al Trentino-Alto Adige, al Friuli-Venezia Giulia e alla Valle d'Aosta sono attribuite forme e condizioni particolari di autonomia, secondo statuti speciali adottati con leggi costituzionali (art. 116). Lo Statuto speciale per la Regione siciliana ribadisce il principio, dichiarando la Sicilia cc costituita in regione autonoma... entro l'unit :politica dello Stato italiano (art. 1). Di fronte a questi principi fondamentali, che caratterizzano_ la struttura della Repubblica italiana, non pu attribuirsi importanza al fatto che lo Statuto della Regione siciliana non menzioni espressamente il rispetto degli obblighi internazionali fra i limiti della potest legislativa regionale, come hanno fatto altri statuti approvati suc- 0essivamente (art. 3 Statuto speciale per la Sardegna; art. 2 Statuto spciale per la Valle d'Aosta; art. 4 Statuto speciale per il Trentino-Alto .Adige); anche quando non vi alcuna disposizione espressa, -0ome del resto nel caso delle Regioni a statuto ordinario, nessuno potrebbe supporre che a regioni autonome siano attribuiti poteri sovrani. Poich soltanto lo Stato soggetto nell'ordinamento internazionale e ad esso vengono imputati giuridicamente in tale ordinamento gli atti normativi posti in essere dalle Regioni, non pu dubitarsi della illegittimit degli atti da queste compiuti senza l'osservanza delle regole prescritte. 3. L'Avvocatura generale dello Stato ha insi. stito, nelle difese scritte e nella discussione orale, sul punto che il vizio denunciato concerne essenzialmente la violazione di un obbligo processuale da parte della Regione; la quale non si attenuta :puntualmente alle prescrizioni di ordine procedurale, alla cui osservanza era stata richiamata dagli organi dello Stato. Tale circostanza non contestata dalla Regione e si pu ritenere per certo che l'approvazione del disegno di legge da parte della ..Assemblea regionale avvenne senza che gli organi della Regione avessero fornito le notizie e i chiarimenti richiesti dalla Commissione della Comunit economica europea per il tramite della Rappresentanza permanente della Repubblica italiana presso le Comunit europee. Ci posto, gli argomenti addotti dalla difesa della Regione per dimostrare che la legge denunniata non innova la situazione, n reca alcun turbamento all'attuazione di quei principi di libera, concorrenza, che il Trattato di Roma istitutivo della Comunit economica europea si proposto di attuare, anche se attendibili, non possono avere alcuna rilevanza ai fini del presente giudizio. Il comportamento degli organi regionali, che ha concretato la violazione delle prescrizio)li .impartite dallo Stato in osservanza di obblighi internazionali, che ad esso competeva interpretare e definire, sufficiente -a giudizio della Corte -a determinare la dichiarazione della illegittimit costituzionale della legge regionale impugnata. La Corte, dopo aver solennemente riaff ennctto il principio, secondo il qiiale le Regioni, pur se dotate di ampia aittonomia, sono enti amministrativi, privi della sovranit, che spetta unicamente allo Stato, al quale solo sono imputai'i, nell'ordinamento internazionale, gli atti delle Regioni, ha precisato che anche la Sfoilia incontra, nell'esercizio della sua competenza legislativa, il limite del rispetto degli obblighi internazionali assunti dallo Stato. Ci nonostante che lo Statuto Speciale per la Regione siciliana non contenga, come gli altri Statuti, un'espressa menztone di questo limite. La Corte ha affermato, altres, che solo lo Stato competente ad interpretare e definire gli obbligM internazionali da esso assunti. Da questa esclusiva competenza degli organi statali conseguente al fatto che internazionalmente lo Stato, che risponde degli atti delle Regioni, deriva, altres, il potere dei predetti organi d'impartire direttive e prescrizioni, che le Regioni sono tenute ad osservare nell'esplicazione delle potest, legislative ed amministrative, ad esse attribuite dalla Costituzione e dagli Statuti Sp~ciali. L'illegittimit costituzionale dell'atto regionale deriva, perci, non solo e non tanto dalla violaz-ione degli obblighi internazionali assunti dallo Stato, quanto dalla violazione delle direttive impartite dallo Stato per l'osservanza dei predetti obblighi. Onde la conseguenza che nessun margine di discrezionalit lasciato alle Regioni nella valutazione del contenuto degli obblighi stessi. G. G. CORTE COSTITUZIONALE -Giudizio di legittimit costituzionale -Giudice a quo -Giudice istruttore civile. COSTITUZIONE -Legge di registro -Obbligo di re gistrazione di documenti da produrre in giudizio Eccezione di illegittimit costituzionale -Infonda tezza. (Oorte Costituzionale, Sentenza n. 44 e 45 del 9 aprile 1963 -Pres.: Ambrosini; Rel.: Fragali). 1. Il GiudLe incaricato della istruzione della causa nei procedimenti civili non competente a promuovere direttamente il giudizio di legittimit costituzionale ai sensi dell'art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 e dell'art. 23 della legge 11 marzo. 1953, n. 87. 2. Gli artt. 85, 106, 108, 118, 121 e 122 del R.D. 30 dicembre 1923, n. 3269 sulla legg ai registro e l'art. 2 della legge 3 dicembre 1942, n. 1548-recante norme relative al bollo ed alla registrazione degli atti e documenti prodotti dalle parti nei procedimenti dvili non sono in contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione. -iv 1) La questione di cui alla prima massima era stata gi decisa dalla Corte Ccstituzionale con la sentenza 11 dicembre 1962 nel senso della invalidit della 1imessione disposta con Ordinanza del Giudice istruttore nel processo civile e non con Ordinanza del Collegio. La Corte ha confermato questa soluzione anche nel caso di specie, nel quale, a favore della competenza del Giudice istruttore, veniva addotto il divieto per questi, ex art. 2 della legge 30 dicembre 1942, n. 1548, di emettere provvedimenti sugli atti e documenti non registrati : da questo divieto si faceva deriva1e la legittimazione diretta del Giudice Istruttore a rimettere alla Corte la questione circa la legittimit costituzionale delle norme che impongano il divieto. Senonch era agevole obbiettare, anche sitl piano della interpretazione di queste norme, ed in partfoo. lare dell'art. 2 della legge 3 dicembre 1942, n. 1548, che le stesse, se dispongono la sospensione (necessaria) del processo in istruttoria, allorch si debba decidere sulla base di un atto per il quale sia prescritto ad substantiam la forma scritta (e che non sia stato registrato), non importano affatto che al Collegio la causa non possa essere rimessa (dal Giudice Istruttore) per ogni questione concernente la applicazione del divieto e, quindi, anche per la valutazione della rilevanza e per la delibazione della non manifesta infondatezza della questione di legittimit costituzionale della norma che pone il divieto. La Corte Costituzionale ha seguito, per risolvere la questione, una via diversa da quella della interpretazione della portata delle norme sul divieto: ha considerato l'assoluta autonomia del procedimento di rimessione della questione di legittimit costituzionale, affermando (con evidente riferimento alla legge 11 marzo 1953, n. 87) che esso regolato dalla legge in maniera completa da norme che non fanno riferimento a divieti di ordine tributario, che sarebbero, d'altro canto, incompatibili con la natura ilel processo costituzionale. La sentenza offre quindi alla dottrina ottimi spunti per una costruzfone della fase introduttiva del p1ocesso costituzionale in senso autonomo ed indipendente dal sistema delle norme del codice di rito che pure regolano quella fase, giacch essa ha origine nel corso di un giudizio dinanzi ad una autorit giurisdizionale secondo l'espressione usata nell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87. Peraltro, non v' dubbio che dallo stesso art. 23 posto in relazione con le disposizioni del Codice di rito civile sui poteri del giudice istruttore e sulle relative ordinanze (artt. 164 e segg.) si pu, in ogni caso, agevolmente dedurre che i presupposti per la valida instaurazione del giudizio innanzi alla Corte Costituzione devono essere valutati ed accertati, allorch la questione di costituzionalit insorga in un processo civile, sempre dal Collegio e non dal Giudice o Consigl-iere Istruttore. * * * 2) La questione di cui alla seconda massima era di quelle pi importanti e delicate sottoposte al giudizio della Corte Costituzionale: se le norme della legge di registro circa le scritture private non registrate (art. 85, 106, 108, 118, 121 e 122 del R.D. 30 dicembre 1923, n. 3269 modificato con R.D. 23gennaio 1936, n. 2313), nonch la norma dell'articolo 2 della legge 3 dicembre 1942, n. 1548 sul olla e sulla registrazione degli atti e documenti prodotti dalle parti nei procedimenti civili, fossero o meno in . contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione. Le norme ora indicate erano .state denunciate di illegittimit costituzionale, in quanto creatrici di sistemi organici di Umiti alla possibilit di tutela giurisdizionale dei diritti individuali, limiti concretantisi variamente: inerzia processuale delle ragioni della pretesa, preclusione dei poteri giurisdizionali, sanzioni e corresponsabilit obbligatorie conseguenti allo esercizio di tali poteri. La Corte Costititzionale ha respinto queste censure con motivazione sobria ma perspicuamente espressiva della affermazione dei principi, l'importanza dei quali trascende certamente il caso e la materia in. occasione dei quali sono stati enunciati. * * * Una prima affermazione di tale genere concerne l'interpretazione dell'art. 24, primo e secondo comma, della Costituzione, secondo cui tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi, mentre la difesa deve essere considerata. come diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento. L'interpretazione gi data dalla Corte Costituzionale dell'art. 24, 1 a e 2a comma (per la maggior parte dei casi, venuti in considerazione in connessione col principio della eguaglianza affermato nell'art. 3) era gi stata nel senso che l'affermazione della generica possibilit per il cittadino di agire in giudizio a tutela dei propri diritti ed interessi non escludesse la possibilit per il legislatre ordinario di intervenire a regolare concretamente l'esercizio di tale inviolabile diritto individuale, imponendo limiti e condizioni per l'ordinato svolgimento della anzidetta tutela. La Corte ha riaffermato questo principio nel casa in esame stabilendo che il legislatore ordinario, a tutela di un interesse pubblico costituzionalmente garantito quale quello dello Stato alla riscossione dei tributi (art. 53 Cost.) possa imporre prestazioni :fiscali in stretta e razionale correlazione con il processo, sia che esse configurino vere e proprie tasse giudiziarie, sia che abbiano riguardo all'uso dei documenti necessari alla pronuncia finale dei giudizi. Si , quindi, stabilito che un interesse pubblica extra processuale, quale quello dello Stato alla regolare percezione dei tributi, possa essere legislativamente attuato nel processo civile ed in occasione del processo (1) entro determinati limiti, i quali, nel pensiero della Corte, sono costituiti dalle due condizioni: a) che l'interesse pubblico di _u_i sopra si presenti in stretta e razionale relazione con jl (1) Il concetto era gi stato espresso dal CHIOVENDA: Istituzioni di dfritto processuale, Napoli 1934, II, p. 244 processo; b) che la strutturazione ed il congegno mediante il quale si attua legislativamente quello interesse non operi direttarnente sul diritto individtiale o sull'azione (come dice la sentenza), sibbene solo sulle concrete modalit di esercizio di quest'ul#ma. * * * Entro l'ambito segnato dalle ora indicate premesse, la Corte ha sentenziato che i divieti e gli oneri post-i dalle norme della legge di registro e dalla legge 3 dicembre 1942, n. 1548 in materia di atti non registrati, e gli effetti che dalla inosservanza di tali oneri derivano sono intesi a stimolare l'adempimento agli obblighi che questa (cio la legge tributaria) determina e non sono in contrasto n con l'art. 24 n con l'art. 3 della Costituzione. La ratio decidendi per la Corte, come si desume anche dalla affermata diversit del trattamento degli atti non registrati dall'istituto del solve et repete, stata la considerazione degli effetti processuali della mancata registrazione e del mancato adempimento, in genere, degli obblighi che la legge tributaria pone, com' noto, anche a carico di persone diverse da quelle tra le quali sorge il rapporto giuridico di imposta (2). Ed gi un principio di somma importanza di carattere generale, mediante l'affermazione del quale la Corte sembra avere per lo meno attenuato l'opinione che una parte della dottrina, appoggiandosi a precedenti pronuncie dlla stessa Corte, ha sostenuto circa l'esigenza di un processo legale (due process of law) sancito in altre Costituzioni (ad esempio in quella nord-americana), sotto il profilo della sostanziale rivedibilit, ai sensi dell'art. 24, di tutti gli oneri e le limitazioni imposte dalla legge a carico delle parti nel processo ci-vile in modo che ne restino menomate le garanzie processuali (3). Alla motivazione della Corte non pu che, consentirsi da parte nostra. * * * Ma c' un'altra parte della motivazione della sentenza della Corte che merita di essere qui esaminata ed la parte nella quale si coglie esattamente la vera essenza, quanto alla natura giuridica, della alternativa che la legge di registro pone alla parte nei confronti dell'uso, nel processo, della scrittura privata non registrata. Questo l'aspetto certamente pi importante della questione proposta. Per vederla completamente, attraverso le sobrie ed incisive considerazioni della sentenza, necessa1io risalire alla considerazione degli effetti, in generale, delle scritture non 1egistrate e, quindi, alla natura ed agli effetti della registrazione. (2) Sulla natura di queste obbligazioni: cfr. GIANNINI A. D.: Istituzioni di diritto tributario, Milano 1960, pagg. 165-166; GuGLIELMINI-AzZARITI: Le imposte di registro, Torino 1959, pagg. 163 e 166. (3) Cfr. CAPPELLETTI: Diritto di azione e di difesa e funzione conmetizzatrice della giurisprudenza costituzionale, in Giurisprudenza costituzionale, 1961, p. 1284. Questa allorch richiesta nel nostro sistema legislativo (per gli atti scritti ed in determinati casi, per i contratti verbali) non preordinata esclusivamente ai fini tributari, anche .se~ in oo quello che denuncia l'essersi il Consiglio di Stato Iifiutato di decidere in difformit da precedenti dell'adunanza plenaria, motivando il rifiuto con l'esigenza di distaccarsi da tali precedenti soltanto per gravi motivi di dissenso. Trascriviamo la motivazione in diritto della sentenza: Con l'unico mezzo si deduce dall'amministrazione ricorrente che il Consiglio di Stato incorse in difetto di giurisdizione per mancato esercizio della funzione giurisdizionale; e per eccesso di potere giurisdizionale. Il primo aspetto del vizio sarebbe integrato dalla :affermazione che soltanto per gravi ragioni sia consentito distaccarsi dalle decisioni adottate dall'adunanza plenaria, perch, se cos non fosse, l:IU La legge, cio, fa divieto al Giudice di fondme il suo convincimento su di un atto non registrato, allorch questo sia necessario ai fini del decidere. Questo divieto, di ordine meramente processuale e, comunque d'ordine generak, Ettrettamente" ompr~so nella materia delle prove non tocca e, quindi, non pu 'l'iolare il principio stabilito nell'art. 24, cos , come non pu toccare questo principio la norma che vieta al Giudice di disporre la prova testimoniale oltre determinati limiti di valore (art. 2721 e.e.) o la norma che dispone che un determinato atto possa essere fatto e, quindi, provato solo per atto pubblico (art. 782 in relazione all'art. 2699 e.e.). In sostanza, come esattamente ha detto la Corte, la parte posta ex lege dinanzi allei alternativa di valersi o non valersi della funzione probatoria o documentale che la scrittura chiamata a svolgere n con la ulteriore conseguenza che, quando la scrittura richiesta ad substantiam, oltre alla prova, la parte dispone anche del diritto sostanziale. JJ.I a qu.esta una valutazione di competenza e di convenienza della parte, che concerne, al di fuori, l'esercizio del diritto, ma che del tutto estranea concettualmente alla libert di tutela del diritto stesso sancita nell'art. 24, primo aomma, della Costituzione. LUCIANO TRACANNA CASSAZIONE sarebbe stato vano che la legge avesse demandato a tale organo la decisione dei contrasti giurisprudenziali o l'esame delle questioni di massima di particolare importanza. Il secondo aspetto del vizio consisterebbe nella attribuzione di valore di diritto obbiettivo alia pronuncia dell'adunanza plenaria, dai principi affermati dalla quale non sarebbe comentito distaccarsi se non per gravi ragioni. La ricorrente amministrazione sintetizza la sua censura, ricavando dalla premessa posta daJla decisione, una violazione dell'art. 101 della Costituzione, per il quae i i giudici sono soggetti soltanto alla legge, perch implicitamente il Consiglio di Stato si sarebbe ritenuto vincolato oltre che dalla legge anche dai precedenti giurisprudenziali di speciale solennit. da premettere che fuori discussione che la materia della controversia rientrasse nella gi.urisdizione del Consiglio di Stato; che questo ha adottato una decisione conforme ai suoi poteri; che la composizione del Uonsiglio non dava luogo a critiche. Fino a questo punto e per quanto concerne gli anzidetti elementi un motivo attinente alla giurisdizione non neanche ipotizzabile. Il ricorso invece si appunta contro una parte della motivazione in diritto, quella iniziale, nella quale si sintetizzato il rifiuto di accogliere le ragiQni addotte dalla Avvocatura dello Stato contro i prece:: denti dell'adunanza plenaria e della quarta Sezione. Comunque dilatato, il mezzo, assai sottile, non fondato. Si pu ammettere che i motivi << attinenti -81 alla giurisdizione >> includano tutte le ragioni che incidano sulla essenza della funzione giurisdizionale (costituzione del giudice speciale; rifiuto di pronunciarsi; disconoscimento in genere o in ispecie di tutela giurisdizionale; consumazione affermata o negata della giurisdizione; distribuzione della materia contenziosa tra i. vari ordini di giudici; travalicamento dei poteri spettanti ai giudici in genere). Ma la ipotesi prospettata a questa Corte Suprema non in nessun modo classificabile tra quelle innanzi indicate, e il motivo fatto valere contro la decisione impugnata non ha comunque attinenza con la giurj.sdizione. Il Consiglio di Stato avrebbe -al pi -motivato inopportunamente o non esaurientemente (ci si dice per mera ipotesi dialettica) circa l'invocato mutamento di giurisprudenza: le ragioni addotte potrebbero essere (anche "Ci detto in via di mera concessione) anche inesatte: ma ci costituirebbe un vizio della pronuncia, vizio della motivazione, per meglio dire, e tale vizio -lo riconosce la stessa difesa dello Stato -se affetta una decisione del Consiglio di Stato o della Corte dei conti, non denunciabile in Cassazione. Neanche sarebbe denunciabile l'omissione totale di motivazione: qualche tentativo di riportare il difetto sotto l'angolo visuale del mancato esercizio della giurisdizione, non ha trovato fortuna presso questa Corte Suprema, perch la motivazione un requisito di validit della sentenza, ma non ne costituisce l'essenza. L'Amministrazione ricorrente deve fare, del resto, uso di accorgimenti dialettici, per giustificare il non giustificabile ricorso. Deve cio togliere ogni rilievo logico all'inciso se non per gravi ragioni di dissenso >> con il quale il Consiglio cii Stato afferma la possibilit di discostarsi dai precedenti giurisprudenziali dell'adunanza plenaria, per potere affermare che quel Consesso si neghi ogni potere di decisione autonoma, allorch l'adunanza plenaria si sia pronunciata, quasi come fosse inerente al nostro ordinamento il principio stare decisis. In realt non cos, il Consiglio non solo non riconobbe forza vincolante a quelle decisioni, ma afferm che, per gravi ra,gioni di dissenso, le Sezioni possono o rinviare nuovamente la decisione alla adunanza plenaria o decidere in difformit. In realt, la sostanza della decisione tutta in questo: che la Sezione non rfoonobbe le ragioni di grave dissenso n dalla Adunanza plenaria e svilupp gli argomenti da questa adottati con una sua propria pronuncia, motivando cos l'accoglimento del ricorso. E del resto -quantunque la Corte Suprema non debba occuparsi dei difetti o dei pregi delle motivazioni delle decisioni del Consiglio di Stato -vale la pena di sottolineare che nell'ordinamento giuridico italiano la certezza del diritto assicurata non soltanto dalle leggi e dalla loro stabilit, ma anche dalla unit e dalla uniformit della interpretazione giurisprudenziale. L'affermazione che i precedenti giurisprudenziali di organi altissimi ai quali devoluto risolvere i contrasti fra i giudici diversi o le questioni importanti di massima vannl) tenuti presenti, a meno che non sussistano serie ragioni di dissenso, proprio come precedenti giuri sprudenziali, ispirata a senso di responsabilit e non merita censura. Non si pu arbitrariamente trasformare una simile affermazione nella espressione di un'efficacia norm:;i,tiya del_ m_ec_edente, vincolante assolutamente il giudice, proprio perch questi ha affermato che, se dal precedente dissentisse, non si sentirebbe vincolato. Nella memoria l'amministrazione si richiama alla sentenza n. 3008 del 1952, con la quale questa Corte Suprema ritenne che l'irregolare composizione dell'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato avesse dato luogo sia al vizio dell'inesistenza della decisione sia al vizio di difetto di giurisdizione ai sensi dell'art. 111 della Costituzione. Ma quella ipotesi non ha nessun punto di contatto con l'attuale: in quella infatti non veniva in discussione l'esercizio della giurisdizione da parte di organo legittimamente costituito, ma la corrispondenza tra il giudice che l'ordinamento ha istituito e quello che emise la pronuncia impugnata. Questa Corte Suprema accert che l'organo giudicante non era l'organo previsto dalla legge e quindi che esso non solo difettava di giurisdizione ma che la sua pronuncia era inesistente. Il vizio dell'organo dunque preesisteva alla pronuncia_ e rendeva impossibile che una pronuncia giurisdizionale venisse ad esistenza nel mondo del diritto. Nel caso di specie, al contrario, nessun vizio preesisteva alla pronuncia, che emana dall'organo competente ed compresa nell'ambito dei suoi poteri. Non vale dire che qui si ha >. Particolari cautele, pertanto, richieste per la mi gliore tutela dell'interesse pubblico, in determinati settori (scelta del contraente nei contratti onerosi), non si risolvono necessariamente in limitazioni al sistema generale, dal quale, al contrario, 1estano regolati ,i settori per i quali le cautele stesse non sono necessarie o addirittura compatibili. Traccia di ci pu rinvenirsi nella parit che lo stesso Codice civile all'art. 2699 attribuisce agli atti rogati da notaro ed a quelli rogati dagli altri Pubblici Ufficiali autmizzati e nella conseguente facolt che, nel settore pubblicistico, a norma dell'art. 102 del Regolamento di Contabiz.it generale, hanno le parti contraenti di preferire l'una o l'altra delle due categorie di Ufficiali roganti. IMPOSTA DI REGISTRO -Associazione in partecipazione -Massa imponibile. (Corte di Cassazione, Sezioni Unite, 18 febbraio 1963, n. 391 -Pres.: Torrente; Est.: Pece; P.M.: Reale (conf.) -Soc. Italstrade c. Finanze). Nell'associazione in partecipazione la massa imponibile, ai fini dell'imposta di registro, costituita dalla somma dei valori apportati dall'associante e dall'associato, senza che possa distinguersi tra beni conferiti dall'associato e beni conferiti dall'associante. Trascriviamo la motivazione in diritto della sentenza. Con i primi due mezzi del ricorso principale la Soc. Italstrade e la Ditta Volpe assumono che, nella ipotesi di associazione in partecipazione, lo imponibile, ai fini della imposta di registro, rap presentato solo dal valore dell'apporto dell'asso-ciato (nella specie, importo delle L. 2 milioni apportate dalla Ditta Volpe) e non anche dal valore dell'apporto dell'associante (nella spe~e1 importo di 2 milioni dell'associante Italstrade nonch lire 500 milioni, importo dell'appalto costruzioni idro-elettriche, aggiudicato alla Ifalstra.de in proprio e da questa apportato alla associazione in partecipazione). Pi specificamente, i ricorrenti principali assumono che: 1) dovendosi distinguere tra il concetto giuridico di societ e quello di associazione in partecipazione, e non potendosi -d'altra parte -concepire un conferimento senza trasferimento di propriet, l'art. 81 della tariffa allegato A alla legge di Registro deve essere interpretato nel senso che il valore dell'imponibile dato solo dal valore lordo del capitale conferito dall'associato, senza che possa essere computato in alcun modo anche il valore dei beni conferiti dall'associante, dato che detti beni restano di propriet dell'associante medesimo; 2) che, ai sensi del terzo comma dell'art. 4 della legge di Registro, la tassa proporzionale colpisce solo i trasferimenti di beni a titolo oneroso,. sicch la interpretazione data dalla Corte d'Appello all'art. 81 della tariffa deve ritenersi o inesatta oppure in contrasto con il menzionato articolo 4 della Legge di Registro e, come tale, illegittima. Le esposte censure sono infondate. Gi altre volte questa Corte Suprema (sentenza n. 134 del 1947; sentenza n. 2465 del 1935) ha affermato che nell'associazione in partecipazione la massa imponibile, ai fini dell'imposta di Registro, costituita dalla somma dei valori apportati dall'associante e dall'associato, senza che possa distinguersi tra i beni conferiti dall'associato e i beni conferiti dall'associante. Il suesposto indirizzo giurisprudenziale deve essere tenuto fermo. esatto che, come affermato dai ricorrenti principali, il concetto giuridico dell'associazione in partecipazione si differenzia da quello di societ. Tale differenza stata affermata anche da questa Corte Suprema (sentenza n. 2992 e n. 2727 del 1958) ponendosi in evidenza che nell'associazione in partecipazione difetta un capitale sociale mentre la titolarit dell'impresa resta nel solo associante, senza che il vincolo tra associante ed associato dia vita ad un ente a s con autonoma personalit giuridica. L'accennata distinzione, per, non decisiva ai fini del quesito in esame, postoch l'art. 81 della tariffa parla di conferimento e non esatto che, come invece affermato dai ricorrenti principali, il concetto di conferimento coincida con quello di trasferimento. Anzitutto, atteso il carattere speciale della legge di Registro, ben sarebbe stato ipotizzabile che quest'ultima avesse inteso adottare, ai fini specifici della imposta di Registro, un concetto di conferimento diverso da quello del diritto comum~.Ma la verit si che nel diritto privato il concetto di con:.~ ferimento ha un significato pi ampio di quello di trasferimento, in quanto si riferisce ad ogni prestazione, avente anche solo valore di uso di un determinato bene. Il che importa, precisamente~ che i conferimenti previsti dall'art. 81 della tabella allegato A possono anche prescindere dall'effetto giuridico del trasferimento sicch l'imposta di Registro sia legittimamente riferita anche al valore di uso dei beni che l'associante, pur conservandone la propriet, ha destinati alla realizzazione dell'affare per il quale stata stipulata l'associazione e che restano cos contrassegnati, rispetto al residuo patrimonio dell'associante medesimo, da un'autonomia funzionale, direttamente collegata, con rapporto di strumentalit, con quella realizzazione. Ci corrisponde anche alla ratio dell'art. 81, in quanto l'oggetto dell'imposta de qua non dato dai singoli beni dell'associato o dell'associante, ma dal fenomeno economico-giuridico della riunione (anche solo, per quanto attinente all'associante, :sotto l'accennato profilo della utilizzazione) dei beni e dell'associato e dell'associante. N la esposta interpretazione dell'art. 81 della tariffa A urta contro l'art. 4 della Legge di Regitro, come -invece -affermato dai ricorrenti J>rincipali. Anzitutto, le norme delle tariffe allegate alla legge si trovano in un rapporto di semplice specificazione, e non anche di subordinazione, rispetto .alle disposizioni della legge stessa, cosi come testimoniato dall'esplicito rinvio fatto alle voci delle tariffe dall'art. 5 della legge e come ribadito nel testo della Relazione, la quale ha espressamente qualificato le tabelle come sostitutive di .altrettante norme della legge, giustificandone la -elencazione separata con motivi di mera sinteticit -e chiarezza. Inoltre, il terzo comma dell'art. 4 della legge non J.imita l'applicabilit della tassa proporzionale ai soli trasferimenti a titolo oneroso di propriet ma -estende tale applicabilit anche agli atti che contengono obbligazioni o liberazione di somme o -prestazioni. E cio l'art. 4 contempla anche, come - pacifico, le obbligazioni ex contractu. A tutto ci va aggiunto che un dubbio sulla Tilevanza, ai fini fiscali, anche dell'apporto dello .associante poteva sembrare giustificato, da un punto di vista meramente formale, dalla dizione dell'art. 77 della tariffa allegata al Testo unico 20 maggio 1897, n. 217, il quale richiamava solo le cose od oggetti diversi da denaro conferiti o somministrati dai soci o dagli associati . Con che poteva dubitarsi, da un punto di vista letterale, -che il termine associato fosse stato usato nel .senso tecnico-giuridico rigoroso con esclusione di -ogni riferimento all'associante. Ogni dubbio per deve ritenersi successivamente :superato dal particolare che meditatamente l'articolo 8 della legge 23 aprile 1911, n. 509, prima, -ed il vigente art. 81 della tabella A, poi, hanno :Sancita espressamente la equiparazione, ai fini tributari, delle associazioni in partecipazione alle Societ e si sono riferite genericamente ai conferimenti di beni o di contratti qualsiasi di locazioni di cose o di opere, senza pi alcuna specificazione tra associato ed associante. Le considerazioni fin qui esposte tolgono rile- vanza al richiamo, fatto dai ricorrenti principali, .alla giurisprudenza di questa Corte Suprema in tema di tassazione delle promesse di vendita. Se. condo l'assunto dei ricorrenti, tale giurisprudenza avrebbe affermata la illegittimit delle disposizioni delle tabelle che fossero non aderenti all'art. 4 della legge di Registro. Al riguardo opp9rtmio precisare che questa Corte (sentenza n. 1473 del 1948) ebbe solo ad interpretare l'art. 5 della tariffa !lillegato A, pervenendo alla conclusione che la promessa bilaterale di compravendita equiparabile, ai fini dell'applicazione della Tassa di Registro, alla vendita definitiva solo se abbia efficacia traslativa e non anche quando ha natura meramente obbligatoria. Senza addentrarsi in una questione estranea alla presente decisione, va rilevato che mentre l'art. 5 della tariffa allegato A collocato sotto la rubrica dei trasferimenti a titolo oneroso, l'art. 81 della stessa tariffa, e che il solo che qui interessa, ha una sua rubrica e un suo contenuto autonomo, si da restare estraneo alla interpretazione dell'articolo 5. Per tutto quanto detto deve concludersi che esattamente la Corte d'Appello ha affermato il principio che nell'associazione in partecipazione, e ai fini dell'imposta di Registro, deve aversi riguardo, non solo all'apporto dell'associato, ma anche a quello dell'associante. Con la sopra riportata sentenza le Sezioni Unite hanno confermato la costante giurisprudenza della Corte Suprema ormai pressoch secolare (v. Cassa zione, Roma 21 aprile 1879 in La Corte Suprema di Roma, 1879, 353; id. 7 febbraio 1895 in Le Massime, 1895, 258; id. 25 aprile, ivi, 255; Sezioni Unite, 27 agosto 1896 in Giur. It., 1896, I, 1, 897; 10 settembre 1906, ivi, 1906, I, 1, 1006; 2 marzo 1907, ivi, 1907, I, 1, 443; 24 maggio 1916, ivi, 1916, I, 1, 1154; 25 giugno 1935 in Riv. leg. fisc., 1935, 863; 6 febbraio 1947 in Giur. Completa Cass. Civ., 1947, II, 4). I.G.E. -Imposta erroneamente corrisposta -Rimborso -Decisione Amministrativa in via gerarchica Azione Giudiziaria -Termini. (Cassazione, _Sezioni Unite, n. 3051, 26 luglio-20 ottobre 1962-Est.: Stile. Soc. Balestrini c. Finanze). Nei casi in cui, per conseguire il rimborso della imposta generale entrata erroneamente corrisposta, il contribuente abbia proposto ricorso agli Organi dell'Amministrazione Finanziaria ed abbia conseguito un provvedimento negativo definitivo, il termine per proporre azione giudiziaria non quello di prescrizione di dieci anni, ma quello di decadenza di sei mesi dalla comunicazione del provvedimento predetto. Il testo della sentenza, nella parte dalla quale la massima stata tratta, del seguente tenore; OMISSIS. ... la ricorrente per incidente denuncia la violazione dell'art. 33 della legge 23 aprile 1911, n. 509, in relazione all'art. 360 n. 1, C.p.c. e deduce che, -87 :stabilendo la norma menzionata il termine di sei mesi della decisione amministrativa dell'organo gerarchicamente superiore per adire il giudice ordinario, termine esteso dal R.D. 19 aprile 1923, n. 938, ad ogni pronuncia con carattere di definitivit, la Corte del merito avrebbe dovuto dichiarare improponibile la domanda perch erano de- corsi i sei mesi dalla decisione del Ministro. Questa censura fondata. L'art. 47 del R.D. 9 gennaio 1940, n. 2, innanzi menzionato, dispone, nel secondo comma che la "istanz.a per il rimborso all'Intendente di Finanza o al Ministero delle Finanze, deve essere prodotta nel termine di un anno dall'effettuato pagamento dell'imposta; e questa Corte Suprema ha affermato che il suddetto termine applicabile solo nel caso di istanza di rimborso prodotta in via amministrativa e non pu riferirsi all'azione giudiziaria {Sezioni Unite, 7 novembre 1957, n. 4259). Ora se esatto che, non essendo prescritto alcun termine per l'azione giudiziaria, di cui, in materia di imposteindirette, il ricorso amministrativo non costituisce presupposto, valgono per essa i termini -di prescrizione, diversa la situazione quando, proposto il ricorso o l'istanza, interviene la decisione amministrativa dell'Intendente e del Mini. stro con la conseguente comunicazione. La tesi dell'Amministrazione delle Finanze, in: fatti, gi stata accolta da queste Sezioni Unite che, con la sentenza 2.6 ottobre 1955, n. 3493, :hanno affermato che dal complesso delle norme del .sistema tributario italiano (artt. 146, legge R.D. 30 -dicembre 1923, n. 3269, 94 legge sulle successioni R.D. 30 dicembre 1923, n. 3270, 29 R.D.L. 7 .agosto 1936, n. 1639) si evince che, ove il contri buente sia insorto contro l'operato degli Uffici .Finanziari, rivolgendosi ad organi gerarchicamente superiori, le decisioni da questi emesse rivestono --0arattere di definitivit, e valgono, quindi, a porre in moto il decorso del termine di sei mesi (stabilito _gi dall'art. 1 D. L. 19 aprile 1923, n. 938) al di l -del quale non pi consentito di adire l'Autorit giudiziaria ordinaria, e nel principio si inquadra il caso di specie stante la definitivit del provvedimento ministeriale. N pu obiettarsi che l'improponibilit della .azione non pu estendersi oltre i limiti espressamente previsti (art. 14 disp. prel. al Cod. civ.); infatti, il termine suddetto trova giustificazione nella medesima ratio che permea tutta la materia tributaria nella sua unit :finalistica . A) Il principio piu volte affermato dalla Corte -di Cassazione (Sezioni Unite, 7 novembre 1957, n. 4259) secondo il quale per conseguire, in via giu- diziaria, il rimborso dell'ige erroneamente corrisposta, il termine da osservare quello di prescrizione, -dalla sentenza annotata limitato ai soli casi in cui, per il rimborso stesso, non sia intervenuto un piov- vedimento negatii'o definitivo degli organi dell' Amministrazione Finanziaria. In tali ultimi casi il :termine da osserva1e quello di decadenza di sei mesi dalla comunicazione del provvedimento predetto. Tale limitazione, nella gi vexata quaestio della portata giuridica dell'art. 47 della legge 19 giugno 1940, n. 762 e del termine"ivi previsto, di indubbia esattezza e, nella interpretazione all'articolo predetto data dalla consolidata giurisprudenza della Corte di Cassazione, trova i suoi precedenti normativi negli artt. 33 della legge 23 aprile 1911, n. 509 e del R.D. 19 aprile 1923, n. 938. Il termine, infatti, di .sei mesi posto dall'art. 33 della legge 509 del 1911 dalla decisione amministrativa per adire, in tema di imposte indirette, il Giudice 01dinario fu dal regio decreto n. 938 del 1923 esteso ad ogni pronuncia con camttme di definitivit emessa dall'organo amministrativo investito in via gerarchica. Lo stesso termine stato riprodotto espressamente nelle leggi relative a quelle imposte indirette, la cui disciplina ritenuta di generale applicazione (articolo 146 della Legge di registro, 94 di quelle di successione, 36 di quelle di manomorta, 10 di quelle ipotecarie) nonch nel D.L. 7 agosto 1~6, n. 1639 posto a disciplina del contenzioso tributario in generale. Esso, inoltre, 'rispondendo a necessit logiche e giuridiche di diritto sostanziale e processuale, trova la sua giustificazione nella dovuta unit finalistica della materia tributaria. Con il ricmso in via amministmtiva, infatti, la contestazione in atto e, sotto il profilo strettamente processuale, soggetta all'esperimento continuativo dei mezzi tutti apprestati dal contenzioso tributario . (Cfr. in Dottrina, GIANNINI: Istituzioni di Diritto Tributario, Ed. 1960, pag. 230 e Autori citati in nota). La necessit di una r.1pida definizione della lite tributaria e la conseguente continuit dei mezzi del suo contenzioso connessa alle esigenze tipiche delle Entrate e delle Uscite del Bilancio dello Stato e tale necessit in mancanza di espressa previsione legislativa in contrario, non consente, fra le iarie imposte indirette, discriminazioni che si risolverebbero in deviazioni dal sistema generale, sfornite di qualsiasi giustificazione. IMPOSTE E TASSE-Prescrizione attinente all'estinzione del debito d'imposta -Prescrizione del decreto accessorio della pena pecuniaria -Differenze -Disci plina dei due istituti. IMPOSTE E TASSE-Prescrizione -Domanda del de bitore d'imposta -Interruzione della prescrizione a favore di entrambe le parti -Nuovo periodo di prescrizione -Decorrenza -Inizio. (Corte di Cassa.. zione, Sezione I, Sentenza n. 2768/62 -Pres.: Torrente; Est.: Di Majo; P.M.: Toro (conf.)-Ditta Luxi e Ragazzo c. Finanze). Nel sistema tributario i due termini di prescrizione l'uno attinente all'estinzione del debito d'imposta, 'l'altro a quello del debito accessorio della pena pecuniaria, sono ben differenziati e, per quanto attiene al secondo, la legge 7 gennaio 1929, n. 4 stabilisce espressamente che il..djritto alla pena pecuniaria si prescrive con il decorso di _ cinque anni dal giorno della commessa violazione (art. 17, 10 comma), senza alcun riferimento quindi al termine prescrizionale previsto per il tributo, come invece avviene per la sopratassa, il cui corrispondente diritto della Finanza si estingue -88 con il decorso del tempo stabilito per la prescrizione del tributo medesimo (art. cit. 2 comma). Non pu perci estendersi all'esplicito regolamento dell'una fattispecie ildiverso regolamento dell'altra. Nel rapporto tributario la domanda del debitore, cos in via amministrativa che in via giudiziaria, interrompe la prescrizione a favore di entrambe le parti e il nuovo periodo di prescrizione ricomincia , a decorrere dalla data della definizione del procedimento amministrativo o di quello giudiziario. Trascriviamo la motivazione in diritto clella sentenza che ha accolto la tesi dell'Avvocatura. Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione degli artt. 3 e 45 legge 19 giugno 1940, n. 262 (IGE) in relazione all'art. 294 7 O.e. e 17 legge 7 gennaio 1929, n. 4, con riferimento all'articolo 360, n. 3 C.p.c. Si sostiene l'erroneit della decisione della corte di merito per avere questa affermato che il diritto dello Stato a percepire il tributo IGE si pr8scrive (giusta l'art. 45 del R.D.L. 9 gennaio 1940, numero 762) nel termine di 10 anni. L'errore della corte di merito consi3terebbe, secondo l'a~sunto del ricorrente, nel non aver tenuto presente che la pena pecuniaria, relativa alle evasioni IGE, si prescrive nel pi breve termine di cinque anni, e che nella specie il rapporto fra l'ammontare superiore della pena pecuniaria (L. 100.000), e l'ammontare inferiore del tributo (L. 95.582) comporterebbe come conseguenz11, attesa la dipendenza e accessoriet del tributo, perch minore, alla pena pecuniaria, perch maggiore, che la regolamentazione della somma maggiore assorbe e disciplina la regolamentazione della somma minore. Da ci la conclusione che il termine di prescrizione di 5 anni si sarebbe dovuto ritenere applicabile, nel caso concreto, al tributo evaso. In sostanza il ricorrente fa una question3 di quantit e ritiene che la sola circostanza dell'ammontare minore del tributo, rispetto alla pena pecuniaria, possa modificare la disciplina normativa del tributo medesimo sul punto della prescrizione. La tesi non ha alcuna consistenza. Esattamente la corte di merito ha considerato distinti i due diversi periodi di prescrizione, l'uno attinente all'estinzione del debito di imposta (IGE) l'altro a quello del debito accessorio della pena pecuniaria. Nel sistema tributario i due termini sono infa.tti ben differenziati, e per quanto attiene al secondo la legge 7 gennaio 1929, n. 4 stabilisce espressamente che il diritto alla pena pecuniaria si prescrive col decorso di 5 anni dal giorno della commessa violazione (art. 17, 1 comma) senza alcun riferiIl). ento quindi al termine prescrizionale previsto per il tributo, come invece avviene per la sopratassa, il cui corrispondente diritto della finanza si estingue con il decorso del tempo stabilito per la prescrizione del tributo medesimo (art. cit. 2 comma). Fattispecie quindi ben nette e differenziate, per cui agevole scorgere come al chiaro ed esp)icito regolamento legislativo dell'una non possa estende1 si il diverso regolamento dell'altra. Con il secondo mezzo si denuncia la violazione e falsa applicazione degli art. 45 e 52 'della legge sull'IGE in relazione all'art. 2033 O.e. e con riferimento all'art. 360 n. 3 C.p.c. Osserva il ricorrente che nel giud:lzfo' d appello fu eccepito che la prescrizione decennale 8i riferisce al credito dello Stato per l'imposta non corrisposta, mentre nel caso concreto si trattava di imposta a pena pecuniaria pagata e non dovuta. Anche questa censura non ha pregio. Come gi detto in narrativa, la corte di1 meritoha sottolineato che il punto in discussione riguardava soltanto la questione se l'azione dello Statoper la riscossione del tributo fosse o meno prescritta, e non gi l'altra concernente la prescrizione del diritto del contribuente a ripetere l'imposta pagata e non dovuta; ed in proposito ha posto in risalto detta corte che la dedotta prescrizione non sussisteva, considerato che il termine previsto dalla legge (art. 45 legge IGE) di 10 anni, e che il credito dell'amministrazione, sorto nel 1949, era alla data della contestata lite (28 ottobre 1957) pienamente azionabile. Che il tributo fosse o meno dovuto e quindi potesse chiedersene il rimborso all'amministrazione. costituiva poi tutt'altra questione (di merito) che non tocca il punto impugnato dalla sentenza della corte di Cagliari. Con il terzo mezzo si denuncia la violazione ed errata applicazione dell'art. 57 legge 7 gennaio 1929, n. 4 in relazione all'art. 17 della stessa legge. e agli art. 2940 e 2943 O.e. e 247 e 248 disp. att. C.c., con riferimento all'art. 360 n. 3 C.p.c. Si assume che la ditta nel giudizio di merito aveva dedotto che il pagamento eseguito a forza del provvedimento del ministro delle finanze non poteva considerarsi spontaneo, ma coatto, a causa. della autoritariet inerente allo steEso provvedimento, anche se nessun atto di esecuzione fosse stato promosso in base adesso, e quindi non doveva escludersi in pregiudizio di essa ditta la ripetizione di quanto pagato. La sentenza denunciata vuol superare questo sistema difensivo, col rilievo che non si fosse verificata la prescrizione quinquennale del diritto dello. Stato alla percezione della pena pecuniaria, in quanto tale termine sarebbe stato interrotto una prima volta il 20 gennaio 1951 con la notifica dell'ordinanza della intendenza e una seconda volta il 17 febbraio 1951 in dipendenza del ricorso presentato in tale data dalla ditta ricorrente e ci in esecuzione della norma prevista dall'art. 141 della legge di registro. Al riguardo -spiega il ricorrente -non ha conEcontro un provvedimento di occupazione di urgenza le censure che concernono l'estensione della area occupata, se non sia stato impugnato il decreto ministeriale che approva il progetto della costruenda opera pubblica, delimitando l'area da occupare. ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILITA' Impugnazione -Affittuario del bene -Carenza di' interesse. (Consiglio di Stato, IV Sezion, Decisione n. 40 del 23 gennaio 1963 -Pres.: Potenza; Est.: De Capua -Borriello ed altri c. Prefetto di Napoli e Provveditore alle Opere Pubbliche per la Campania. e il Molise). L'affittuario dell'immobile espropriato titolare di un semplice interesse di fatto alla legittimit del provvedimento di espropriazione e non perci legittimato a chiederne l'annullamento in sede, giurisdizionale. CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE -Partecipazione del Presidente della Regione alle sedute del Consiglio dei Ministri -Difetto di giurisdizione del Consiglio di Stato. (Consiglio di Stato, Sezione VI, decisione 111/63 -Pres.: Stumpo; Est.: Melito -Regione siciliana c. Presidenza del Consiglio e Min. dei Trasporti). inammissibile il ricorso, col quale la Regione denuncia l'illegittimit di un provvedimento per violazione dell'art. 21 S.S.Sic., non avendo il Presidente della Regione partecipato alla seduta del Consiglio dei ministri, nella quale il provvedimento stesso fu adottato, perch la questione integra un conflitto di attribuzione costituzionale devoluto alla esclusiva cognizione della Corte Costituzionale. La Regione . Sicch avverso il decreto dell'Intendente che stabilisce se il contributo o l'indennizzo o meno dovuto e che ne determina, nel primo caso, l'am montare dato solo ricorrere al Ministro per il Tesoro e, in ultima istanza, al Consiglio di Stato, perch la norma senza alcun dubbio di azione: tende cio a regolare l'attivit dell'Amministra zione in funzione esclusiva dell'interesse pubblico. Ma, una volta che l'organo competente ha am messo il singolo all'indennizzo e di questo ha fis sato l'ammontare (nella specie, a norma degli artt. 17, 25 e 28), non possono pi essere consi derate norme di azione quelle che stabiliscono coefficienti e misure con cui si deve operare per l'accertamento del quantum dell'indennizzo (citati articoli 25 e 28). Qui il privato a,equista un-a.posizione autonoma, in virt del precetto legislativo, il quale gliela assicura in forma diretta ed immed~ ata, tanto che non neppure pi previsto per questo quantum in tale modo determinato il ricorso al Ministro per il Tesoro (con successiva possibilit di adito al Consiglio di Stato). Si verte, quindi non solo in tema di norme vincolanti ma anche di norme di relazione, che danno al singolo il potere di adire il giudice ordinario, se esse vengono violate. MOTIVO UNICO DEL RICORSO VIOLAZIONE DELL'ART. 2 DELLA LEGGE 20 lliARZO 1865, N. 2248 LLEGATO E IN RELAZIONE AGLI ARTT. 25 E 28 DEL:tA LEGGE 27 DICEllrBRE 1928, N. 968 SUI DANNI DI GUERRA E ALL'ART. 360, N. 1 C.P.C. -DIFETTO DI GIURISDIZIONE. La difesa dell'Amministrazione aveva richiamato, nel giudizio di appello, la consolidata giurisprudenza della Corte Suprema, secondo cui, in materia di indennizzo per danni di guerra (o di contributo di ricostruzione), non sussiste in nessun caso (Sezioni Unite, sentenza 1a aprile 1958, n. 1190), un diritto soggettivo del privato, ma solo un interesse legittimo, sicch non dato al privato di proporre azione davanti all'.Autorit giudiziaria ordinaria. Ed aveva, anche, fatto presente come, nelle disposizioni degli artt. 25 e 28 della legge 27 dicembre 1953, n. 968, che stabiliscono, rispettivamente, la base di commisurazione e i limiti dell'indennizzo per danni di guerra, non possano ravvisarsi norme di relazione con conseguente nascita di diritti soggettivi perfetti a favore del privato, tutelabili davanti al giudice ordinario, ma bens norme di azione dirette a regolare l'attivit della Pubblica .Amministrazione in vista del perseguimento dell'interesse pubblico con conseguente tutela subordinata, indiretta e riflessa dell'interesse legittimo del privato. La Corte d'.Appello, pur ricordando espressamente la giurisprudenza del Supremo Collegio, ha ritenuto di poter affermare la giurisdizione del giudice ordinario, rilevando -essenzialmente -che, in materia di indennizzo per danni di guerra, una volta che l'organo competente ha ammesso il singolo all'indennizzo e di questo ha fissato l'ammontare (nella specie, a norma degli artt. 17, 25 e 28), non possono pi essere considerate norme di azione quelle che stabiliscono coefficienti e misure con cui si deve operare per l'accertamento del quantum dell'indennizzo (citati artt. 25 e 28) . In tal caso -secondo la Corte di merito il privato acquista una posizione autonoma, in virt del precetto legislativo, il quale gliela assi-~ cura in forma diretta ed immediata, tanto che non neppure previsto per questo quantum in tale modo determinato, il ricorso al Ministro per il Tesoro (con successiva possibilit di adito al Consiglio di Stato) . -\14 Si verterebbe, quindi, sempre secondo la Corte di merito, non solo in tema di norme vincolanti, ma anche di norme di relazione, che danno al singolo il potere di adire il giudice ordinario, se esse ven gono violate. Siffatte statuizioni sono sicuramente errate. Deve ricordarsi che, secondo la giurisprudenza consolidata delle Sezioni Unite (vedasi la citata sentenza n. 1190 del 1958 ed in senso conforme le sentenze 20 giugno 1959, n. 1954, 15 novembre 1957, n. 4399, 9 maggio 1955, n. 1320, 22 febbraio 1954, n. 491, 25 ottobre 1954, n. 4087, 29 gennaio 1953, n. 235), le norme in materia di indennizzo per danni di guerra costituiscono -avuto riguardo alla prevalente direzione di esse, volte al fine della ricostruzione del paese, in funzione dell'interesse generale e della solidariet nazionale, al di l e al di fuori di un preciso obbligo giuridico che possa legalmente riconnettersi ad un titolo di responsabilit dello Stato per il fatto distruttivo . della guerra, nelle misure legislativamente predisposte, onde lenire i danni sofferti nei loro beni dai privati -provvidenze rimesse alla funzione amministrativa sotto forma di sovvenzioni erogabili sia pre con vincolo di osservanza di prestabiliti criteri ; e pertanto, alle relative pretese dei privati danneggiati fanno corrispondentemente riscontro, e fin dall'origine, non gi diritti soggettivi perfetti ma soltanto interessi legittimi, come tali giuridicamente tutelabili innanzi al giudice degli interessi nei modi e con i limiti per detta giurisdi zione stabiliti )), Ma, la Corte d'Appello ha ritenuto di ravvisare delle eccezioni ai suesposti principi, nelle disposi zioni degli artt. 25 e 28 della legge n. 963, i quali costituirebbero cc norme di relazione intese alla protezione diretta di interessi individuali. Non pu tralasciarsi, a questo punto, di porre in rilievo una grave contraddizione da cui risulta inficiato il ragionamento dei giudici di merito, i quali, da un lato, ammettono che la fase prece dente il momento in cui si fissa l'ammontare dello indennizzo (a norma degli artt. 17, 25 e 28) in tessuta di cc norme di azione e, dall'altro, affer mano che sono cc norme di relazione cc quelle che stabiliscono coe:ffi.cienti e misure con cui si deve operare per l'accertamento del quantum dell'in dennizzo. Comunque, non tanto la contraddizione, quanto l'assoluta inesattezza del ragionamento, che qui s'intende censurare. Deve premettersi che, quando si deduce la vio lazione di determinate norme giuridiche alla cui osservanza lAmministrazione Pubblica sia vin colata, non basta che l'azione davanti all'Autorit giudiziaria ordinaria si basi su tale violazione, ma occorre, altresi, che le stesse norme siano rivolte alla tutela dell'interesse individuale dando a questo la consistenza e la garanzia del diritto subbiettivo. In altre parole, anche quando l'attivit dell'Am ministrazione venga a risultare vincolata dalla legge, si tratter di vedere se non ci si trovi di fronte ad un vincolo formale, posto in considera zione esclusiva dell'interesse pubblico e non di questo o di quell'interesse individuale. - Vale, quindi il seguente insegnamento dato dalle Sezioni Unite della-, Suprema Corte nella sentenza 11 ottobre 1955, n. 1994: Il criterio dato dalla funzione del comando (della norma) rispetto all'azine delta Pubblica Amministrazione e dalla posizione che vi assume l'interesse in esso protetto: se la norma stessa diretta a regolare l'attivit della Pubblica Ammi nistrazione in vista del perseguimento dell'interesse pubblico (norma di azione) la tutela del privato non pu non essere subordinata, riflessa o indiretta. Se, invece, il comando legislativo riconosce al privato una posizione autonoma, con rilevanza esterna, che esorbita, cio, dalla sfera della Pubblica Amministrazione per assicurare, immediatamente e direttamente, la situazione soggettiva del privato, ivi si di fronte ad un diritta soggettivo perfetto, tutelabile davanti al giudice ordinario . Lo stesso insegnamento ribadito in una successiva pronuncia delle stesse Sezioni Unite (sentenza 15 marzo 1956, n. 762) in termini pi chiari: cc Per determinare quando si faccia questione di diritti soggettivi perfetti nei confronti dell'Amministrazione Pubblica sar necessario considerare il contenuto delle norme che si dicono violate: se esse disciplinano rapporti fra i singoli e l'Amministrazione, dai quali scaturiscano diritti e doveri reciproci o diritti del privato, la violazione di essi, se compiuta dall'Amministrazione, costituisce un illecito, lede un diritto soggettivo e dovr conoscerne il. giudice ordinario. Nei casi, invece, nei quali le norme, che si dicono violate, sono poste nell'interesse pubblico, a guida dell'Amministrazione nella sua attivit, e concernono appunto i criteri e il modo dell'azione di essa, non potr scaturire un diritto soggettivo. L'interesse del privato rispetto all'Amministrazione non pu essere mai oggetto, in questo caso, di protezione diretta ed immediata da parte della norma: ma, o si confonder con quello generale della collettivit, considerato dalla norma, o, al pi, a:ffi.orer sul piano generale dell'interesse diffuso, che la norma tende a tutelare per una particolare situazione di coincidenza e assumer la consistenza di un interesse legittimo . Posta questa premessa, e ricordata la qualificazione delle norme sull'indennizzo per danni di guerra, fatta dalla Corte Suprema nella sentenza n. 1190 del 1958, resta agevole comprendere come anche gli artt. 25 e 28 della legge n. 968 del 1953, in quanto stabiliscono, rispettivamente, la base di commisurazione e i limiti dell'indennizzo da cc concedersi ai privati, costituiscano norme di azione dirette a regolare l'attivit della Pubblica Amministrazione in vista del perseguimento dell'interesse pubblico della ricostruzione del paese in funzione e perci stesso con i limiti della solidariet nazionale, al di l e al di fuori di un preciso obbligo giuridico. Pare evidente che, dovendosi, per solidariet na-_ .zionale, -e non a titolo di responsabilit dello Stato per il fatto distruttivo della guerra, -provvedere a favore di tutti col denaro pubblico, e cio col denaro di tutti, conseguentemente lenendo, 95 e non risarcendo, i danni da ogni singolo cittadino sofferti, le norme che, come quelle degli artt. 25 e 28, concernono i criteri e i limiti della azione dell'.Am.ministrazione, relativa alla concessione degli indennizzi, non possano essere altrimenti considerate che come norme di azione poste, nell'interesse generale, a guida dell'..Amministra zione medesima. Pertanto, l'interesse dei privati alla concessio ne dell'indennizzo nei modi e nei limiti legislati vamente predisposti, non pu assurgere a oggetto di protezione diretta ed immediata (diritto sog gettivo) davanti al giudice ordinario, ma, sola mente, pu affiorare sul piano generale dell'inte resse diffuso (interesse pubblico), che le norme in parola. tendono a tutelare, e, per una particolare situazione di coincidenza con tale stesso interesse, assumere la consistenza di un interesse legittimo tutelabi(e in maniera riflessa o indiretta davanti al giudie ordinario amministrativo; Per ripetere le parole della relazione alla legge n. 968, l'interesse privato viene assunto come strumento giuridico per la realizzazione dell'interesse pubblico .. La sentenza della Corte di .Appello di Milano , quindi, da annullarsi per avere ritenuto il contrario di quanto, con ogni desiderabile evidenza, risulta dalle :.orme di legge in discussione e dalla conso lidata giurisprudenza del Supremo Collegio, reite ratamente ma vanament~ ricordata dalla difesa dell'Amministrazione ai giudici di merito. Prima di concludere, deve ancora rilevarsi un ulteriore errore in cui incorsa la Corte di merito, la quale non ha esitato ad affermare che non neppure previsto per il quantum (determinato in base agli artt. 25 e 28) il ricorso al Ministro per il Tesoro con successiva possibilit di adito al Consi glio di Stato . L'abbaglio della Corte ha probabilmente radice in un grave errore di interpretazione del 1 capo verso dell'art. 17, legge n. 968 del 1953, in cui stabilito che: in base alle risultanze degli atti... l'Intendente stabilisce, con suo decreto, se do vuto... l'indennizzo e ne determina l'ammontare . Sembra che la Corte abbia ritenuto che codesto ammontare non sia lo stesso di quello determinato ai sensi degli artt. 25 e (ove la misura di base abbia superato -come nella specie -i 5.000.000) 28 della legge in esame. Donde la presunta conse guenza che, mentre rispetto all' ammontare in dicato nell'art. 17. la posizione del cittadino rimar rebbe al livello dell'interesse legittimo, tant' che viene appositamente tracciato, nel medesimo arti colo 17, l'iter della giurisdizione amministrativa; rispetto, invece, all' ammontare>> determinato a mente degli artt. 25 e 28, l'interesse del cittadino sarebbe tutelato in forma diretta e immediata, tant' -conclude, come si detto, la Corte cc che non neppure pi previsto per questo quan tum in tale modo determinato, il ricorso al Mini stro per il Tesoro, con successiva possibilit di adire il Consiglio d Stato . subito intuibile la fallacia di un simile ragionamento, frutto di una disamina superficiale del testo di legge. ccL' ammontare menzionato nell'art. 17 precisamente quello -e del resto l'unico che la legge consideri -ottenuto dopo aver eseguito i calcoli di commisurazione :fissati dall'art:-.25 e; eventualmente, quelli di riduzione :fissati dall'articolo 28. L'ammontare, insomma, che -come pl.'e non si manc di ribadire in appello -prende corpo ed acquista rilevanza esterna contestualmente al provvedimento terminale, determinativo dell'indennizzo, costituito dal decreto dell'Intendente di Finanza, dove in effetti esso assume per la prima volta espressione numerica, consentendo al beneficiario, se insoddisfatto, di rivolgersi al giudice amministrativo, per la difesa del suo interesse legittimo, laddove le sue lagnanze si appuntino -come nel caso -sulla violazione che, in ipotesi, l'Amministrazione avrebbe commesso delle norme, nessuna esclusa, comprese nella legge numero 968 del 1953 in rapporto a tutto ci che precede l'emanazione di quel provvedimento finale. Il grave equivoco originato dall'inesistente dualismo tra ammontare ai sensi dell'art. 17 e (successivo) cc ammontare ai sensi degli articoli 25 e 28 spiega fra l'altro la contraddittoriet di motivazione che si rilevata all'inizio di queste deduzioni. COMPROMESSO E _4RBITRI -Lavori del Genio Mili tare -Controversie relative a lavori extra contrat tuali. (Lodo Arbitrale, 22 gennaio 1963 -S.I.N.C.I.E.S. c. Amministrazione Difesa-Aeronautica). La Competenza del Collegio .Arbitrale previsto dalle Condizioni Generali per l'appalto dei Lavori del Genio Militare (R.D. 17 marzo 1932, n. 366) comprende anche le controversie relative ai compensi per opere extracontrattuali. Ove l'appaltatore abbia eseguito i lavori extracontrattuali senza una preventiva intesa (o mediante un'intesa giuridicamente non vincolante) con l'Amministrazione quanto alle nuove condizioni afferenti a tali lavori, il compenso deve essere determinato -salvo eventuali intese transattive -con il sistema a misura, previe le nuove necessarie indagini tecnico-contabili . Trascriviamo la motivazione del lodo nelle parti che si riferiscono alle massime: Ed in proposito bene aggiungere, prima di ogni altro rilivo, che infondatamente si nega dall'Amministrazione convenuta la competenza arbitrale in ordine a controversie relative a lavori extracontrattuali, competenza che dovrebbe essere rigidamente limitata alle questioni sorgenti dal contratto, con la conseguenza che ogni contestazione circa i ritenuti lavori extracontrattuali dovrebbe essere, invece, devoluta alla cog$.i9ne delF.A.utorit Giudiziaria Ordinaria. Di vero, come pi volte ha affermato la giurisprudenza e, segnatamente, quella del Supremo Collegio (Cassazione, Sezioni Unite 23 giugno 1941, n. 1876), anche le controversie per compensi extracontrattuali -al pari di quelle sui compensi fondati sull'utile ver . -1-Jij sione -debbono considerarsi comprese nella clausola compromissoria, non solo per l'ampiezza della relativa formula, ma anche per la considera zione decisiva che si tratta di contestazioni, le quali -come appunto quella in esame -si tro vano in rapporto di continenza e di necessaria connessione con quelle contrattuali. Chiarito, cos, senza possibilit di dubbio che si' tratta di opera non compresa nel contratto, in quanto da questo non prevista, resta da stabilire quali siano i criteri che dovranno essere seguiti per la determinazione del compenso. In proposito il Collegio ritiene che, mentre non si possa aver riguardo al compenso a corpo in riferimento ad opera non contrattuale e del tutto diversa da quella per la quale i contraenti avevano fissato tipo di compenso, il quale si basa necessariamente su particolari studi tecnici preventivi di specie, e non possa questo neppure applicarsi parzialmente per quei tratti di opera che eventualmente coincidessero con il tracciato originariamente previsto in contratto, non essendo giuridicamente possibile per un'opera nuova applicare, in parte, con irrazionale contaminazione, un compenso previsto per altra opera contrattuale non eseguita, senza incorrere in un palese arbitrio, neppure da ritenersi applicabile il criterio suggerito dalla attrice. La quale vorrebbe che la nuova opera fosse contabilizzata secondo le norme dei compensi a misura previsti nei cottimi in esame. Ma anche questo criterio, come l'altro da ultimo considerato, pecca di' arbitrio, essendo evidente che non consentito estendere compensi a misura pattiziamente fissati per opere determinate, e solo per quelle, ad opere del tutto diverse e fuori del contratto. Ritiene invece, il Collegio che se l'appaltatore abbia eseguito i lavori extracontrattuali senza una preventiva intesa (ovvero mediante un'intesa giuridicamente non vincolante) con l'Amministrazione quanto alle nuove condizioni afferenti a tali lavori e sia stata formulata, come appunto si verifica nel caso, tempestiva riserva di fronte ad un allibramento dello stato dei lavori che assuma come base arbitraria una quota del compenso a corpo stabilito dall'originario contratto, bene l'appaltatore abbia diritto ad una remunerazione riferibile alla intera opera nuova, intesa nel complesso del sistema organizzativo dei lavori, dei mezzi e degli accorgimenti impiegati. Il qual compenso non potr essere determinato -salvo eventuali intese transattive -che col sistema a misura, previe le nuove necessarie indagini tecnico-contabili, senza che possa procedervi il collegio arbitrale, chiamato a decidere soltanto, come risulta dal quesito sottopostogli, tj_uale tipo di compenso sia applicabile alla specie, con esclusione di ogni altra indagine anche in ordine a qualsiasi ulteriore eventuale pretesa della societ appaltatrice. Avuto riguardo alla natura ed ai limiti della controversia, il Collegio ritiene di dover porre a carico dell'Amministrazione soccombente le spese di causa e gli onorari di avvocato, e a carico della SINCIES le spese per il proprio funzionamento nei limiti della somma depositata. l La pronunC'ia arbitrale surriportata ci sembra criticabile sotto diversi punti di vista. In primo luogo, se si pone a confronto la decis-ione con le richieste delle parti, si profila chiaramente a vizio di ultra petita. La controversia sottoposta al giudizio degli arbit-ri pu essere cos sinteticamente riassunta. Il contratto di appaUo prevedeva, fra l'altro, lei costruzione di determinate opere stradali: alcune avreb bero dovuto essere realizzate ex novo; altre mediante adattamento e sistemazione di tronchi stradali pree sistenti. Per le prime era stabilito un compenso a misura; per le seconde un compenso forfettario a corpo. Il tracciato di alcune strade del secondo gruppo fu successivamente modificato per determinazione clel l' Amministrazione. In sede di allibramento dello stato di avanzamento dei lavori, all'Impresa venne per ugualmente accreditata una quota del compenso a corpo previsto nel contratto. L'Impresa, con ap posita riserva, sostenne invece che, data la radicale diversit fra l'opera cui il contratto si riferiva nello stabilire il compenso a corpo e l'opera effettivamente realizzata, il compenso si sarebbe dovuto calcolare sulla base dei prezzi a misura fissati dal con tratto. Questi, dunque, i termini della controversia. Gli arbitri erano chiamati a decidere su due domande di accertamento contrapposte: quella dell'Impresa, ten dente a far affermare l'applicabilit dei prezzi a misura, e quella dell'Amministrazione, tendente a una declaratoria della legittima applicazione del compenso a corpo. Gli arbitri, in sostanza, hanno respinto tanto la prima, quanto la seconda domanda, ma, invece di limitarsi a questa pronuncia meramente negativa, hanno ritenuto di dover andare oltre, affermando la >, che vanno liquidate dagli arbitri, dalle competenze ed onorari degli arbitri stessi, per i quali stabilito uno speciale procedimento di liquidazione (art. 61). Orbene, nel nostro caso, il lodo ha posto a carico dell'Amministrazione, senza peraltro liquidarle, le spese di causa e gli onorari di avvocato , e a carico dell'Impresa le spese per il funzionamento del Collegio, nei limiti della somma depositata . Non occorre spendere molte parole per dimostrare l'assoluta arbitrariet di una simile decisione. Anzitutto, nella liquidazione, si seguito esattamente il critrio opposto a quello dettato dall'art. 60: sono state liquidate le competenze degli arbitri e sono state lasciate assolutamente indeterminate le spese di causa. La condanna dell'Amministrazione rispetto a queste ultime , perci, assolutamente. inoperante: resta solo l'onere degli onorari degli arbitri a carico della Impresa, ossia della parte che, stando alla motivazione (e a prescindere dal rilevato vizio di ultra petita) deve ritenersi pienamente vincitrice. La contraddittoriet della .pronuncia talmente latente ohe non ci sembra contestabile la sua rilevanza invalidante ai sensi d~ll'art. 829 n. 4 C.p.o. * * * Cogliamo l'occasione per rilevare come, negli ultimi tempi, negli arbitrati relativi a controversie insorte fra imprese appaltatrici e P.A. sia invalsa l'abitudine di porre, con le motivazioni pi varie, a carico dell'impresa, a prescindere dal principio genmale che le spese seguono la soccombenza, gli onorari degli arbitri nei limiti della somma depositata dall'impresa , il cui ammontare non solo non risulta generalmente n dal lodo arbitrale n da altri atti ufficiali regolarmente depositati e registrati, ma anche, molto spesso, ignoto alla stessa amministrazione parte nel giudizio. Tale modo semiclandestino di liquidare gli onorari degli arbitri e di riscuoterne l'ammontare deve essere sotto ogni aspetto disapprovato. E' noto che n il codice di procedura n i capitolati generali di appalto consentono agli arbitri di chiedere depositi a garanzia dei loro onorari n li autorizzano a procedere direttamente alla loro liquidazione. Anzi, qualche capitolato come quello del Ministero della Difesa per l'appalto delle provviste di materiali del Genio Militare, al paragrafo 39 dispone che agli arbitri sar dovuto il rimborso delle spese di viaggio dalla loro ordinaria residenza al luogo di costituzione del Collegio arbitrale (f"Yitorno alla loro residenza, il rimborso della spesa di viaggio per i sopraluoghi, un'indennit giornaliera per,tutto il :tempo in cui dovranno rimanere fuori dell'ordinaria residenza nonch una speciale retribuzione da computarsi per ogni vacazione non maggiore di due ore, con facolt di accumulare, al massimo, quattro vacazioni al yiorno. Solo il Capitolato per gli appalti dipendenti dal Ministero dei Lavori Pubblici del 1895 disponeva all'art. 49 che: le spese del giudizio arbitrale saranno anticipate dalla parte che avr presentato la domanda per l'arbitramento. Gli arbitri decideranno a carico di quale delle parti, ed in quale proporzione, debbano andare le spese del giudizio . Tale disposizione aveva poi finito con l'essere applicata anche nel caso di lavori regolati da altri capitolati. Ma il nuovo Capitolato Generale approvato con Decreto del Presidente della Repubblica il 16 luglio 1962, n. 1063 espressamente prescrive all'articolo 51 che la liquidazione delle spese e degli onorari degli arbitri ha luogo nei modi stabiliti dall'art. 814 del Codice di procedura civile. Nella relazione allo schema di Capitolato Generale presentato al Consiglio dei Ministri si legge che E' da segnalare, infine, l'eliminazione dell'istituto del deposito preventivo delle spese e degli onorari che, oltre ad essere inutilmente oneroso per la parte richie dente l'arbitrato, appare chiaramente incostituzionale, alla stregua della nota sentenza della Corte Costitu zionale n. 67 del 1960 ohe dichiar l'illegittimit costituzionale dell'art. 98 codice procedura civile, dettante disposizione analoga . Non appare quindi dubbio che a decorrere dal 1 settembre 1962, cio, dall'entrata in vigore del nuovo capitolato sia fatto divieto agli arbitri cos-, di chiedere ad entrambi o, peggio ancora, alla sola impresa appaltatrice anticipazioni di somme a ga ranzia del pagamento degli onorari, come di proce dere direttamente alla liquidazione di essi. La liqui dazione, .infatti, dovr essere sempre effettuata dal Presidente del Tribunale a norma dell'art. 814 C.p.c. (vedi anche sopra a pag. 89 la sentenza n. 63 del 1963 della Corte Suprema di Cassazione). E' questa una delle norme innovatrici del nuovo Capitolato che, avendo anche riscosso il plauso delle categorie interessate (espresso chiaramente nel Com mento teorico-pratico al nuovo Capitolato Gene rale d'Appalto, pubblicato a cura dell'Associazione Nazionale Costruttori edili (pag. 98), da attendersi verr sempre e puntualmente osservata. I N D I e E s I s T E M A T I-e o DELLE CONSULTAZIONI L FORMULAZINE DEL QUESITO NON RIFLETTE IN' ALCUN MODO LA SOLUZIONE OHE NE STATA DAT..4 ACQUE PUBBLICHE DERIVAZIONE DI ACQUE -DECRETO PREFETTIZIO DI .. ESPROPRIAZIONE. 1) Se la competenza ad istruire il ricorso straordinario al Capo dello Stato proposto avverso un decreto prefettizio di espropriazione in materia di cj.erivazione di acque per usi idrici in favore della Cassa per il Mezzogiorno spetti al Ministero dei Lavori Pubblici o alla suddetta Cassa (n. 73). REGIONE SICILIANA -RISCOSSIONE CANONI. 2) Se sia lecito all'Ente Acquedotti Siciliani, tenuto per legge ad affidare la i:-iscossione dei canoni all'Esat.tore delle imposte dirette, addebitare agli utenti oltre al nolo dei contatori anche l'aggio esattoriale, con ci prescindendo dal provvedimento del C.I.P. che autorizza gli Enti acquedottisti a porre a carico degli utenti un unico diritto fisso, comprensivo anche del diritto di esazione (n. 74). AGRICOLTURA E FORESTE TRATTURI -LIQUIDAZIO]).TE. Se il diritto di prelazione spettante ai proprietari frontisti di tratturi soggetti a liquidazione, nel caso che frontista sia una comunione, possa essere esercitato da uno solo dei comproprietari e se unicamente a suo favore debba essere fatta la vendita anche in mancanza di una espress dichiarazione di rinuncia degli altri comproprietari (n. 33). ANTICHITA' E BELLE ARTI REGIONE SICILIANA -TRASFERIMENTO BENI. Se tra i beni dello Stato da trasferirsi alla Regione Siciliana a norma del D.P. 1 dicembre 1961, n. 1825 siano compresi anche i beni appartenenti al c.d. demanio artistico dello Stato (n. 50). BELLEZZE ARTISTICHE E NATURALI V ALLE D'AOSTA -TUTELA DEL PAESAGGIO. 1) Se, a seguito della dichiarazione di illegittimit costituzionale degli artt. 1 e 18, 20 comma, legge regionale valdostana 28 aprile 1960, n. 3, siano applicabili nella Regione le norme statali in materia di tutela del paesaggio (n. 8). 2) Se dopo la pronuncia di incostituzionalit di dette norme, permanga nel Presidente della Giunta regionale Valdostana il potere attribuitogli dall'art. 3 della citata legge regionale (n. 8). CONTABILITA' GENERALE DELLO STATO APPROVAZIONE ATTO DI ALIENAZIONE DI IMMOBILE PA TRIMONIALE. Se l'approvazione del contratto relativo all'alienazione degli immobili patrimoniali appartenenti all'Azienda di Stato per i servizi telefonici debba essere data con de~ creto del Ministro P.T. (n. 189). COSTITUZIONE RISARCIMENTO PER INCIDENTI DI SERVIZIO. 1) Se la prescrizione delle azioni relative al risarcimento dei danni derivati ai dipendenti dello Stato da incidenti di servizio verificatisi prima del 14 aprile 1950 e da attribuirsi a colpa dell'Amministrazione, cominci a decorrere dalla data di pubblicazione della sentenza 30 gennaio 1962, n. 1 della Corte Costituzionale dichiarante l'illegittimit costituzionale del R.D.L. n. 313 del 1936, che escludeva il diritto di azione dei dipendenti dello Stato (n. 16). LEGGE REGIONALE VALDOSTANA -TUTELA DEL PAESAG GIO. 2) Se, a seguito della dichiarazione di illegittimit costituzionale degli artt. 1 e 18, 2 comma, legge regio' nale valdostana 28 aprile 1960, n. 3, siano applicabili nella Regione le norme statali in materia di tutela del paesaggio (n. 17). 3) Se dopo la pronuncia di incostituzionalit di dette norme, permanga nel Presidente della Giunta regionale Valdostana il potere attribuitogli dall'art. 3 della citata legge regionale (n. 17). DAZI DOGANALI BOLLETTA DI SDOGANAMENTO. 1) Se l'Amministrazione Finanziaria dopo il rilascio della bolletta di sdoganamento e l'uscita della merce dagli spazi doganali possa in qualsiasi tempo e senza -101 instaurare alcuna procedura di accertamento, rivedere il valore e la qualificazione della merce stessa in base ad elementi non risultimti dagli atti e dalle scritture doganali ma acquisiti successivamente aliunde che siano tali da convincere l'Amministrazione di avere errato nel corso delle operazioni doganali (n. 20). COSTRUZIONE DI ISOLA METALLIOA IN MARE PERTO. 2) Se un'isola di acciaio costruita in mare aperto a km 6,5 dalla costa debba considerarsi parte del territorio nazionale, sottoposta alla giurisdizione civile e penale dello Stato italiano e assimilarsi alle navi ed agli aeromobili (n. 21). 3) Se il materiale acquistato all'estero per la costruzione dell'isola stessa debba fruire della esenzione doganale relativa alle merci in transito ovvero debba considerarsi come materiale importato in territorio nazionale (n. 21). DEMANIO BENI DEL CESSATO P.N.F. 1) Se per la cessione di beni gi appartenenti al p.n.f. sia in ogni caso necessaria la forma del decreto di cui all'art. 38, D.L.L. 27 luglio 1944, n. 159 e se, in mancanza di detto decreto, possa ritenersi nulla la vendita di una area ad una cooperativa edilizia sovvenzionata (n. 173). 2) Se, inoltre, l'istituto dll'usucapione decennale, di cui all'art. 2059 e.e., possa trovare applicazione nella ipotesi di acquisto di beni immobili, gi appartenenti al p.n.f., e la cui cessione, da parte dell'Amministrazione finanziaria, sia avvenuta senza il rispetto delle forme di cui al citato art. 38 D.L.L. 27 luglio 1944, n. 159 (numero 173). ESECUZIONE FORZATA CITT DEL VATICANO. Se sia possibile e con quali modalit iniziare in virt di ingiunzione fiscale l'espropriazione di beni mobili di un debitore esistenti nello Stato Citt del Vaticano (n. 31). FALLIMENTO DIOHIARAZIONE DI FALLIMENTO -CAPACIT PROCESSUALE DEL FALLITO. 1) Se la perdita da parte del fallito della capacit processuale possa essere fatta valere solo dalla massa dei creditori (n. 74). SOCIET -FALLIMENTO. 2) Se la chiusura del fallimento di una societ ne determini l'estinzione (n. 75). FERROVIE ABBONAMENTI A TARIFFA RIDOTTA. 1) Se possa essere accordato l'abbonamento a tariffa ridotta agli studenti iscritti a scuole private non pi soggette, per effetto della sentenza della Corte Costitu zionale 4 giugno 1958, all'autorizzazione cui si riferisce l'art. 44, comma 4 delle Condizioni e tariffe per i trasporti delle persone nelle F.S. (n. 342) .. PASSAGGI A LIVELLO PEDONALI. '2) Se, dopo l'entrata in vigore del nuovo codice della strada, possa ritenersi legittima -da parte dell'Amministrazione ferroviaria -la conservazione di passaggi a livello pedonali muniti di girello , e se in prossimit degli stessi debba essere installato il segnale di cui all'art. 15, 40 comma codice stradale (Croce di S. Andrea) (numero 343). IMPIEGO PUBBLICO RISARCIMENTO Plll'R INCIDENTI DI SERVIZIO. Se la prescrizione delle azioni relative ai risarcimenti dei danni derivati ai dipendenti dello Stato da incidenti di servizio verificatisi prima del 14 aprile 1950 e da attribuirsi a colpa dell'Amministrazione, cominci a decorrere dalla data di pubblicazione della sentenza 30 gennaio 1962, n. 1 della Corte Costituzionale dichiarante la illegittimit costituzionale del R.D.L. n. 313 del 1936, che escludeva il diritto di azione dei dipendenti dello Stato (n. 547). IMPORTAZIONE -ESPORTAZIONE TABACCHI -ESPORTAZIONE DIBETTA. Se l'autorizzazione amministrativa per l'esportazione di tabacchi possa essere ,ubordinata al versamento da parte delle Ditte concessionarie delle coltivazioni, che esportino direttamente il prodotto, dei contributi previsti dall'art. 3, D.L.L. 26 marzo 1946, n. 297 a favore dell'Istituto scientifico sperimentale per i tabacchi (n. 28). IMPOSTA DI REGISTRO SOCIET -AUMENTO DEL CAPITALE. Se le delibere di aumento del capitale sociale per conguaglio monetario debbano scontare il tributo vigente al momento della delibera stessa o quello vigente a momento della omologazione (n. 192). IMPOSTA ,DI RICCHEZZA MOBILE BORSE DI STUDIO. 1) Se sulle somme dovute a titolo di borse di studio ai sensi della legge 24 luglio 1962, n. 1073 sia applicabile a ritenuta diretta per imposta di R.M. (n. 23). INDENNIT DI ANZIANIT. 2) Se l'indennit di anzianit debba considerarsi reddito avente natura retributiva e se, in quanto tale, debba essere assoggettata alla ritenuta di R.M. (numero 24). -102 IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA IMPORTAZIONE DI NAVI. 1) Se sia applicabile l'art. 17 della legge organica dell'I.G.E. per la importazione delle navi al di fuori del periodo di applicazione della legge 15 luglio 1957, n. 587 (n. 100). PRESCRIZIONE. 2) Se la pendenza del ricorso gerarchico avverso la ordinanza intendentizia di condanna per evasione alla I.G.E. sia ostativa alla decorrenza della prescrizione della pena pecuniaria (n. 101). IMPOSTE E TASSE TASSA DI CONCESSIONI AMMINISTRATIVE. Se le trascrizioni di alcuni atti delle societ previste dall'abrogato codice di commercio e mantenute in vigore dall'art. 100 disp. att. al codice civile fino all'istituzione del registro . delle imprese, vadano soggette alla tassa di concessione amministrativa, pur non risultando tra gli atti amministrativi che la tabella A della legge dichiara soggetti alla tassa medesima (n. 355). MEZZOGIORNO CASSA DEL MEZZOGIORNO -DERIVAZIONE DI ACQUA. Se la competenza ad istruire il ricorso straordinario al Capo dello Stato proposto avverso un decreto prefettizio di espropriazione in materia di derivazione di acque per usi idrici in favore della Cassa per il Mezzogiorno spetti al Ministero dei Lavori Pubblici o alla suddetta Cassa (n. 23). :MILITARI PENSIONATI -RIOHIAM:O IN SERVIZIO. Se, per i dipendenti militari dello Stato, sia consentito il cumulo della pensione privilegiata ordinaria con gli assegni di normale attivit di servizio (n. 17). MONOPOLI BANANE -CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE. 1) Se il Consiglio di Amministrazione ed il Consigliere Delegato dell'Azienda Monopolio Banane possano compiere atti di ordinaria amministrazione una volta scaduto il loro mandato e prima della nomina dei nuovi componenti (n. 39). T.ABACCm -ESPORTAZIONE DIRETTA. 2) Se l'autorizzazione amministrativa per l'esportazione di tabacchi possa essere subordinata al versamento da parte delle Ditte concessionarie delle coltivazioni, che esportino direttame:qte il prodotto, dei contributi previsti dall'art. 3, D.L.L. 26 marzo 1946, n. 297 a favore dell'Istituto scientifico sperimentale per i tabacchi (numero 40). NAVE E NAVIGAZIONE COSTRUZIONE IN MARE APERTO DI UN'ISOLA METALLICA. 1) Se un'isola di acciaio costruita in mare aperto a km 6,5 dalla costa debba considerarsi parte del territorio nazionale, sottoposta alla giurisdizione civile e penale dello Stato italiano e assimilarsi alle navi e agli aeromobili (n. 109). 2) Se il materiale acquistato all'estero per la costruzione deli'isola stessa debba fruire della esenzione doganale relativa alle merci in transito ovvero debba considerarsi come materiale importato in telTitorio nazionale (n. 109). IMPORTAZIONE DI NAVI. 2) Se sia applicabile l'art. 17 della legge organica sull'I.G.E. per la importazione delle navi al di fuori del periodo di applicazione della fegge 15 luglio 1957, n. 587 (n. 110). NOTAIO SCAMBI E VALUTE. Se l'obbligo del notaio di denunziare all'Ufficio Italiano dei Cambi tutte le operazioni comportanti investimenti stranieri in Italia compiute col suo intervento sussista anche nell'ipotesi in cui l'attivit del notaio si sia limitata alla autenticazione della firma nella scrittura privata concernente l'investimento (n. 11). PENSIONI DIPENDENTI MILITARI. 1) Se, per i dipendenti militari dello Stato, sia consentito il cumulo della pensione privilegiata ordinaria con gli assegni di normale attivit di servizio (n. 105). RIDUZIONE A MET DELLA :PENSIONE. 2) Se l'art. 184, T.U., 21 febbraio 1895, n. 70; che prevede la riduzione a met della pensione durante la espiazione di pena detentiva superiore ad un anno, possa essere applicato anche nei confronti del pensionato che, nell'impossibilit di pagare una pena pecuniaria, abbia subito la commutazione della medesima in pena detentiva (n. 106). POSTE E TELECOMUNICAZIONI CONCESSIONI. Quale sia il criterio discriminatore tra concessioni ad uso pubblico e concessioni ad uso privato in materia di telecomunicazioni, e se possano ritenersi esenti da ogni canone le concessioni di esercizio di stazioni radio installate a servizio di impianti realizzati da un consorzio generale di bonifica (n. 93). CONCESSIONI SERVIZIO RECAPITO ESl'RESSI. 2) Se il risarcimento spettante all'Amminisrazione postale allorch il concessionario del recapito di corrispondenza espressa nell'ambito di un Comune ometta di ---------------------------------- 103 appiicare su ogni invoiucro ia speciale marca di affrancatura di L. 20 debba determinarsi nella misura di questa ultima tassa ovvero deila affrancatura ordinaria (n. 94). 3) Se l'Amministrazione Postale possa ugualmente pretendere il pagamento delle marche non applicate quando sia intervenuta sentenza penale passata in giudicato che assolve il concessionario perch il fatto non costituisce reato essendo provato che questi, pur non avendo applicato le marche, ha tuttavia inoltrato la corrispondenza con l'affranca.tur . ordinria (n. 94). DANNI ALLE LINEE TELEGRAFICHE. 4) Se la disposizione contenuta nell'art. 1 del Regio Decreto 1925, n. 2500 modificato dalla legge 1953, n. 95 e dal D.P.R. 1956, n. 708, che pone a carico delle altre amministrazioni dello Stato, di enti societ e privati una quota di spese generali in misura del 15 per cento sull'ammontare complessivo dei lavori e delle prestazioni eseguite dall'Amministrazione P.T., possa trovare applicazione oltre i casi in essa espressamente previsti (n. 95). PROPRIETA' SUOLI TRATTURALI -LIQUIDAZIONE. Se il diritto di prelazione spettante ai proprietari frontisti di tratturi soggetti a liquidazione, nel caso che frontista sia una comunione, possa essere esercitato da uno solo dei comproprietari e se 1micamente a suo favore debba essere fatta la vendita anche in mancanza di una espressa dichiarazione di rinunzia degli altri comproprietari (n. 33). REGIONI REGIONE SICILIANA -CREDITO AGRARIO. 1) Se siano competenti gli organi dello Stato o quelli della Regione Siciliana: a) a concedere agli istituti ed Enti esercenti il credito agrario l'autorizzazione, di cui all'art. 1 n. 25 luglio 1956, n. 838, a prorogare le scadenze delle operazioni di credito agrario di esercizio effettuate con aziende agricole danneggiate dalle avversit atmosferiche (numero 104). b) a determinare le zone danneggiate ai fini della concessione del contributo sugli interessi relativi alle operazioni prorogate, previsto dalla legge 21 luglio 1960, n. 739 (n. 104). REGIONE SICILIANA -TRASFERIMENTO BENI. DEMANIO ARTISTICO. 2) Se tra i beni dello Stato da trasferirsi alla Regione Siciliana a norma del D.P. 10 dicembre 1961, n. 1825 siano compresi anche i beni appartenenti al C.D. demanio artistico dello Stato (n. 105). REGIONE SICILIANA -RISCOSSIONE CANONI. 3) Se sia lecito all'Ente Acquedotti Siciliani, tenuto per legge ad affidare la riscossione dei canoni all'Esattoria delle imposte dirette, addebitare agli utenti oltre al nolo dei contatori anche l'aggio esattoriale, con ci prescindendo dal provvedimento del C.!.P. che autorizza gli Enti acquedottisti a porre a carico degli utenti un unico diritto fisso, comprensivo anche de1 diritto di esazione (n. 106). Y..ALLE D'AOSTA -TUTELA Dl!JL PAESAGGIO. 4) Se a seguito della dichiarazione di illegittimit costituzionale degli artt. 1e18, 2 comma, legge regionale valdostana 28 aprile 1960, n. 3, siano applicabili nella Regione le norme statali in materia di tutela del paesaggio (n. 107). 5) Se, dopo la pronuncia di incostituzionalit di dette norme, permanga nel Presidente della Giunta Regionale Valdostana il potere attribuitogli dall'art. 3 della citta legge regionale (n. 107). RICORSI AMMINISTRATIVI RICORSO AL CAPO DELLO STATO. Se la competenza ad istruire il ricorso straordinario al Capo dello Stato proposto avverso un decreto prefettizio di espropriazione in materia di derivazione di acque per usi idrici in favore della Cassa per il Mezzogiorno spetti al Ministero dei Lavori Pubblici o alla suddetta Cassa (n. 8). SCAMBI E VALUTE BOLLETTA DI SDOGANAMENTO. 1) Se l'Amministrazione Finanziaria dopo il rilascio della bolletta di sdoganamento e l'uscita della merce dagli spazi doganali possa in qualsiasi tempo e senza instaurare alcuna procedura di accertamento rivedere il valore e la qualificazione della merce stessa in base ad elementi non risultanti dagli atti e dalle scritture doganali ma acquisiti successivamente aliunde che siano tali da convincere l'Amministrazione di avere errato nel corso delle operazioni doganali (n. 18). NOTAIO. 2) Se l'obbligo del notaio di demmziare all'Ufficio Italiano dei Cambi tutte le operazioni comportanti investimenti stranieri in Italia compiuti col suo intervento sussista anche nell'ipotesi in cui l'attivit del notaio si sia limitata alla autenticazione della firma della scrittura privata concernente l'investimento (n. 19). SOCIETA' FALLIMENTO. 1) Se la chiusura del fallimento di una societ ne determini l'estinzione (n. 100). IMPOSTA DI REGISTRO -AUMENTO DEL CAPITALE. 2) Se le delibere di aumento del capitale sociale per conguaglio monetario debbano scontare il tributo vigente al momento della delibera stessa o quello vigente al momento della omologazione (n. 101). -104 TASSE DI CONESSIONlii A.M:Ml:NISTRATIVA. 3) Se le trascrizioni di alcuni atti delle societ previste dall'abrogato codice di commercio e mantenute in vigore dall'art. 100 disposizioni di attuazione al codice civile fino all'istit,uzione del registro delle imprese, vadano soggette alla tassa di concessione ammi-, nistrativa, pur non risultando tra gli atti amministrativi che la tabella A della legge dichiara soggetti alla tassa medesima (n. 102). STAMPA Quale sia la differenza tra riproduzione e rielaborazione della cartografia ufficiale e se le rielaborazioni -che per la legge 2 febbraio 1960, n. 68 devono contenere l'indicazione dell'organo statale produttore della carta al quale sono dovuti i diritti d'autore possano ravvisarsi anche allorch siano state utilizzare varie carte e documenti ufficiali inlibero commercio (n. 7). STRADE CONCESSIONI IDRJOHE. 1) Se, nell'ipotesi di passaggio di strade da uno ad un altro Ente Pubblico, possa ritenersi opponibile all'Ente nuovo proprietario una concessione idrica assentita a favore di terzi dall'Ente precedente proprietario (n. 46). p ASSAGGI A LIVELLO :PEDONALI. 2) Se, dopo l'entrata in vigore del .nuovo codice della strada, possa ritenersi legittima -da parte della Amministrazione ferroviaria -la conservazione di pas saggi a livello pedonali muniti di << girello , e se in pros simit degli stessi debba essere installato il segnale d cui all'art. 15, 4 comma, codice stradale (Croce di S. Andrea) (n. 47). ~ Si6 L l O Ti.!CA PUBBLICAZIONE RASSEGNA ~' --V DI SERVIZIO DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ANNO xv -N. 7-8-9 LUGLIO-AGOSTO-SETTEMBRE 1963 LA CORTE COSTITUZIONALE NEI PRIMI SETTE ANNI DELLA SUA ATTIVIT Discorso pronunciato dal Presidente della Corte Gaspare Ambrosini il 22 gennaio 1963 alla presenza del Presidente della Repubblica Antonio Segni SOMMARIO. -I -Genesi della Oorte e \7ariet delle controversie trattate. -II -Oontenuto della giurisprudenza della Oorte con riferimento agli argomenti seguenti : Competenza della Corte ed instaurazione dei giudizi -Interpretazione -Diritti e doveri -Il principio d'uguaglianza e gli altri prinJip1 delle Dispo3izioni fondamentali della Costituzione -I diritti tradizionali di libert (libert personale, di circolazione, di riunione ed associazione, di manifestazione del pen siero, di agire e di difendersi in giudizio, ecc.) -Il lavoro e la tutela del lavoratori -Oontratti collettivi di lavoro e diritto di sciopero -Iniziativa economica, propriet privata, finalit sociali, espropriazione ed indennizzo -L'esercizio della funzione legislativa ed interpretazione autentica delle leggi -L'eserc~zio della giurisdizione -L'unit della giurisdizione costituzionale -Caratte ristiche di taluni dispositivi delle sentenze -Oome applicato dalla Oorte il principio collegiale. III -La necessit della Oorte per la vita ed il progresso dell'ordinamento costituzionale. I -Genesi della Corte e variet delle controversie trattte Il sistema del controllo di legittimit costituzionale delle leggi strettamente collegato col sistema della Costituzione rigida, la cui ragione di essere discende dall'esigenza di una realizzazione pi completa del valore superiore delle norme della Carta fondamentale rispetto a quelle delle leggi ordinarie. E ci allo scopo di dare una maggiore garanzia ai diritti dei cittadini e di assicurare che l'attivit degli stessi poteri sovrani venga esercitata nei limiti formali e sostanziali stabiliti dalla Oostituzione. Si tratta di un'esigenza che era gi. stata avverta, dai Padri della Costituzione americana, e spedn1mente da .Alexi:Jinder Hamilton, il quale sostenne ''i essendo il Costituente il potere superiore dal .1ale il Legislativo ha attribuite funzioni e facolt ~ #rminate, non pu questo, cio il potere legisla' vn. esercitarle al di l dei limiti od in senso conra. rio a quello stabilito dal Costituente nella Carta fondamentale, e che in conseguenza non pu essere itenuta valida una legge che contrasti con la Costi, uzione. Il principio venne poi in concreto applicato dalla (:orte Suprema, a cominciare dalla celebre senJ-,, nza resa nel 1803 per il caso Marbury v. Madison, dia quale la Corte presieduta da John Marshall : che invece ammissibile; la sentenza n. 33 del 1957, che tale distinzione applica nei confronti dell'art. 121 del testo unico leggi di P. S., relativo ai vari mestieri girovaghi, tra cui quello di venditore e di~tributore di scritti, disegni o stampati; la sentenza n. 121 del 1957 in materia di spettacoli teatrali e cinematografici, dove si precisa la distinzione tra il controllo sul contenuto delle opere da rappresentare, che non ammesso, e quello che pu chiamarsi polizia dello spettacolo i> che ammesso; la sentenza n. 44 del 1960, nella quale si esclude che sotto il termine cc censura i> (vietata per la stampa dall'art. 21) possa comprendersi il controllo che il direttore del giornale tenuto a compiere sotto la sua responsabilit su quanto nel giornale stesso si pubblica; la sentenza n. 38 del 1961 nella quale si precisa che per ~ Considerando tuttavia che non stata ancora emanata la legge necessaria per iegolare le forme ed il procedimento previsti dall'art. 39, la Corte ha ritenuto che la legge impugnata del 14 luglio 1959, n. 7 41, contenente delega al Governo di emanare norme giuridiche con l'obbligo di uniformarsi alle clausole dei contratti collettivi stipulati dalle associazioni sindacali prima dell'entrata in vigore della legge stessa, potesse considerarsi di natura transitoria, provvisoria ed eccezionale , e come tale non diretta ad attuare il sistema previsto dall'art. 39 della Costituzione, e perci con esso non contrastante. D'altra parte, secondo questo stesso criterio, la Corte ha ritenuto viziata da illegittimit costituzionale la legge successiva 1 ottobre 1960, n. 1027, per la ragione che essa legge conteneva una reiterazione della delega disposta con la suddetta legge n. 741 del 1959, e che pertanto, a differenza di questa, non le si potevano riconoscere i suaccennati caratteri di transitoriet ed eccezionalit. * * ::~ Pronunciandosi sul disposto dell'art. 40, per cui <ion nell'aJ;mosfera accesa dei confiitti politici, ma nell'aria serena propria di una Corte di giustizia dopo ampi approfonditi dibattiti, condotti da eminenti avvocati sia dell'Avvocatura dello Stato che del libero Foro, dei quali la Corte apprezza l'alto contributo, e dopo approfondite discussioni dei Giudici nella Camera di Consiglio . Siamo vivamente grati al Presidente ed alla Corte dell'alto apprezzamento dimostrato nei riguardi dell'opera, fin qui svolta, dagli Avvocati dell'Avvocatura Generale dello Stato i quali hanno sempre posto, e porranno anche in futuro, il massimo impegno nell'esercizio delle funzioni loro affidate dal legislatore, ben consapevoli che la collaborazione prestata alla Corte nella soluzione di problemi costituzionali di grande importanza per l'incidenza che la soluzione stessa ha sull'ordinato sviluppo della vita del Paese, qualifica ed eleva, su un piano del tutto nuovo e particolare, l'attivit che essi svolgono nell'intere.~se della collettivit nazionale. ' ..... -----~-------- NOTE DI DOTTRINA M.ARco JANNI : Riflessi processuali del trasferimento all' E.N.E.L. delle Aziende elettriche (in Riv. dir. . proc. , 1963, p. 273. L'A. si propone il quesito se ai rapporti processuali pendenti che la legge 6 dicembre 1962, n. 1643 trasferisce .all'E.N.E.L., si applichi l'art. 110 o il successivo art. 111 del Codice di rito e perviene alla conclusione che l'ipotesi rientra integralmente nella fattispecie contemplata dall'art. 111 C.p.c. Nella specie, infi:i.tti, secondo l'A., non si verifica una successione a titolo universale dell'Ente sia perch, almeno nella maggior parte dei casi, il precedente titolare del rapporto non si estingue, sia perch, comunque, l'estinzione sarebbe successiva al trasferimento, che, invece, nella successione a titolo universale trova e deve trovare la sua causa nell'estinzione del titolare. In definitiva l'A. ravvisa nella. ipotesi legislativa un trasferimento di azienda, che, peraltro, esclude si verifichi a titolo originario e per effetto di un provvedimento espropriativo. La soluzione accolta non ci convince. A nostro avviso essa contrasta non solo con l'insegnamento della giurisprudenza (Cass., 6 luglio 1942, I, 1, 483, con nota adesiva di Di Blasi), la quale escluso che l'art. 111 0.p.c. si applichi all'ipotesi di vendita forzata immobiliare, cio, di trasferimento coatto del diritto controverso, quanto con la chiara ed inequivoca volont del legislatore, che, peraltro, s'inquadra in un ben preciso, recente indirizzo di politica legislativa. N poteva trascurarsi la considerazione, di per s assorbente, che l'art. 111 O.p.c. regola l'ipotesi di successione per atto tra vivi a titolo particolare, cio, di acquisto derivativo negoziale del diritto, non del debito. Pertanto, se si esclude l'ipotesi della successione a titolo universale e, quindi, l'applicazione dell'art. 110 C.p.c. non pu che darsi atto di una lacuna della legge pr()cessuale, la quale, peraltro non poteva disciplinare ex-professo una fattispecie eccezionale, quale la nazionalizzazione delle aziende. elettriche, tanto pi che, com' stato gi affermato dalla giurisprudenza. essa non disciplina direttamente neppure l'ipotesi del trasferimento coattivo del diritto controverso. N pu dubitarsi della natura espropriativa del provvedimento, che trasferisce le imprese elettriche all'E.N.E.L., e, conseguentemente, della natura originaria, non derivativa dell'acquisto da parte di questo ente. L'art. 43 Cost., che espressamente prevede la possibilit di trasferire, mediante espropriazione, e salvo indennizzo allo Stato o ad altri enti pubblici determinate imprese o categorie di 4 imprese, esclude ogni dubbio in proposito. Il trasferimento ew lege delle imprese elettriche all'E. N.E.L. una vera e propria espropriazione, espressamente prevista e come tale disciplinata, sulla base della Costituzione, dalla legge 6 dicembre 1962, n. 1643. Escluso che la fattispecie possa ritenersi dir~t;,. tamente disciplinata dagli artt. 110 e 111 C.p.c'.,. occorre aver riguardo, ai sensi dell'art. 12 delle preleggi, alle disposizioni che regolano casi simili o materie analoghe. Naturalmente, nella ricerca delle norme da applicare l'interprete deve tener nel massimo conto la volont del legislatore e deve in primo luogo accertare se la legge 6 dicembre 1962, n. 1643 abbia inteso trasferire all'E.N.E.L., insieme con le imprese, i debiti ed i crediti ad essa afferenti, estraniando definitivamente dal rapporto l'originario titolare dell'impresa debitore o creditore. In questa indagine l'interprete non pu, a nostro avviso, trascurare alcune altre, recenti leggi speciali, che hanno previsto e disciplinato il trasferimento di debiti. La legge 4 dicembre 1956, n. 1404 dispone in merito alla soppressione e liquidazione degli enti superflui; la legge 18 marzo 1958, n. 356, al fine di evitare che la pendenza di qualche giudizio ritardasse la chiusura delle operitzioni di liquidazione degli enti soppressi autorizzato il Ministro per il Tesoro a trasferire, con proprio decreto, i debiti in contestazione da uno ad altro ente. La predetta legge dispone che l'ente debitore liberato dell'obbligazione, anche senza adesione del creditore, con effetto dalla data di pubblicazione del decreto . In questo caso la volont del legislatore esplicita: il trasferimento, disposto al fine di chiudere le operazioni di liquidazione dell'ente a quo, ne consente ed impone l'estinzione, con la conseguenza che titolare del rapporto processuale in corso diventa esclusivamente l'ente ad q_uem. Verrebbe meno lo scopo del trasferimento e si tradirebbe la lettera e, sopratutto, lo spirito della legge se si ritenesse che il processo possa proseguire nei confronti dell'ente liberato dall'obbligazione in virt dell'imminente sua estinzione e che ba, perci, fornito all'ente ad quem, come prescrive la legge speciale, la provvista occorrente. Altre due recenti leggi regolano fattispecie analoghe: la legge 14 febbraio 1963, n. 60, che ha isti--tuito la Gestione case per lavoratori (GESCAL), e la legge 15 febbraio 1963, n. 133, che istituito l'I.S.E.S. (Istituto per lo sviluppo dell'edilizia sociale); le predette leggi dispongono (rispettiva -.l~U mente agli artt. 35 e 2) che il nuovo ente as.sume, con effetto dalla data di entrata in vigore della legge, la titolarit. attiva e passiva di tutti i rapporti processuali degli enti soppressi (Gestione INA-Casa, Comitato UNRRA-Casa). Qui la volont. del legislatore chiarissima anche perch disciplinata direttamente la fattispecie processuale, cio, la successione nel processo. Alle stesse conseguenze, deve, a nostro avviso, pervenirsi per i debiti. ed i crediti relativi alle imprese trasferite all'E.N.E.L. La legge 6 dicembre 1962, n. 1463 dispone (art. 4, nn. 1 e 9) che il trasferimento ha ad oggetto il complesso dei beni organizzati per l'esercizio delle attivit ed i relativi rappe attuale al ricorso, interes;;e che permane, permanendo la lesione, nella -125 :t,ma attualit, anche dopo la conclusione del procedimento. In secondo luogo affermavano che non pu ssere messa in dubbio la giurisdizione-com: petenza delle Sezioni riunite a conoscere della controversia, giurisdizione-competenza che risulta dall'art. 65 del T. U. 12 luglio 1934, n. 1214, sul contenzioso d'impiego della Corte dei conti, che assegna a questa la competenza a pronunziare sui rnclami dei propri dipendenti, riguardino essi diritti soggettivi o interessi legittimi. E poich non potrebbe negarsi che il preteso diritto al voto per lelezione del giudice costituzionale sia un diritto ,soggettivo di ordine funzionale, ricompreso tra gli .attributi che costituiscon lo status dei magistrati della Corte dei conti, se ne deve trarre la conse _guenza che la controversia di quelle devolute alla giurisdizione-competenza di detta Corte. Sul merito della questione la Corte, ricordato Che le parti hanno richiamato a sostegno della loro tesi i lavori parlamentari relativi alla legge n. 87 del 1953, riconosce che questi offrono uno scarso ausilio per l'interpretazione della formula adoperata nella Costituzione supreme magistrature ordinaria e amministrative n, ma aggiunge che essi forniscono, tuttavia, . N il fatto che la controversia, trattandosi di un collegio elettorale di formazione automatica, in quanto la qualit di membro legata al possesso di uno status giuridico, possa sorgere soltanto quando sia convocato il collegio, circostanza sufficiente a trasformare la controversia in una controversia relativa alle operazioni elettorali. Nel merito, la difesa, distinte le funzioni della Corte dei conti in funzioni di pubblico ministero e funzioni di decisione (a loro volta distinguibili in giurisdizionali e di controllo), sostiene che i primi referendari e i referendari assolvono alle mede sime funzioni dei consiglieri con .qualche differenza, che del tipo di quelle che si ascrivono alle esi genze tecnico-funzionali, differenze che poi nelle funzioni di pubblico ministero non esisterebbero punto. Replicando poi alla tesi della mancanza di pienezza di garanzie di cui soffrirebbero referendari e primi referendari, con particolare riferimento alla guarantigia di inamovibilit dalla quale quelli sarebbero esclusi ai sensi dell'art. 8 del T. U. 12 luglio 1934, n. 1214, la difesa asserisce che tale norma deve intendersi tacitamente abrogata dalla legge 21 marzo 1953, n. 161, e, nel caso ci non si ritenesse, formula espressa domanda giudiziale perch la Corte sollevi direttamente dinanzi a se stessa, secondo le norme di rito, la relativa questfone di legittimit costituzionale. Quanto, infine, . alla competenza della Corte a sindacare la legittimit costituzionale della legge 11 marzo 1953, n. 87, la difesa sostiene che, quale che sia la categoria nella quale questa legge debba 'essere iscritta, sarebbe certo il suo carattere di legge non costituzionale e quindi la sua assoggettabilit all'esame di questa Corte. 5 . .Anche l'Avvocatura in una non meno ampia memoria del 7 scorso ripropone le sue tesi, ribadendole con copiosi richiami ai lavori preparatori e alle leggi che hanno regolato e regolano la Corte dei conti. .Ai fini di una migliore precisazione dei termini della controversia sufficiente richiamare i seguenti punti: 1) la competenza esclusiva della Corte costituzionale, che deriva dal principio della divisione dei poteri, sarebbe giustificata anche dal fatto che, nei collegi previsti dalla legge per l'elezione dei giudici costituzionali da parte delle superme magistrature, l'elettorato attivo coinciderebbe con quello passivo, sicch ogni questione relativa alla partecipazione a quei collegi diventerebbe insieme questione relativa alla capacit di essere eletto e, come tale, necessariamente devoluta a una . competenza unitaria))' qual' quella spettante a questa Corte in sede di verifica dei titoli. La quale competenza sarebbe diversa da quella normalmente attribuita dall'art. 134 della Costituzione nel senso che essa si eserciterebbe indipendentemente dalle condizioni e dai presupposti stabiliti nei casi ordinari dalla legge, potendo la Corte conoscere sovranamente ed esclusivamente di tutte le questioni che attengano alla validit del titolo e, ove necessario, risolvere direttamente e di ufficio le eventuali questioni di legittimit costituzionale. I singoli interessati e gli organi ghuisdizionali e non giurisdizionali che si trovassero di fronte a questioni relative alla validit del titolo, potrebbero avvalersi della facolt di farne denuncia alla Corte costituzionale, al solo fine di eccitarne > e l'altra di finanziamento posto in essere mediante cambiali>>. La questione sorta in questo come altri precedenti giudizi dunque sempre la medesima, stabilire, se, alla stregua dell'una e dell'altra norma di legge, il beneficio sia dovuto solo se si tratti di rapporto di credito posto in essere mediante rilascio di cambiali solvendi causa (tesi dell'Amministrazione Finam~iaria), ovvero anche se si tratti di finanziamento collegato ad un rapporto cambiario accessorio, avente funzione di garanzia. Di questo problema si occupa il secondo motivo di ricorso. Ma, come si gi accennato, la questione stata risolta da precedenti _ decisioni di questo stesso Collegio il quale h accolto la tesi che anche nel caso in cui il rilascio di cambiali da parte del debitore sia solo a garanzia del finanziamento concesso dalla banca dietro cessione di crediti verso enti pubblici per appalti di lavori e forniture di merci, la tassa graduale di bollo scontata dalle cambiali medesime assorbe quella proporzionale di registro dovuta per l'atto di finanziamento (Sent. n. 1044 del 1961 e 321 del 1963). Tale massima si fonda principalmente sul rilievo che secondo la stessa previsione della legge deve trattarsi di due diversi rapporti, di finanziamento e cambiario, certamente collegati tra loro, ma non fino al punto che le cambiali debbano necessariamente essere rilasciate solvendi causa e non a scopo di garanzia del finanziamento medesimo. Il rapporto cambiario pu avere anche uno scopo semplicemente sussidiario e strumentale, cio concorrente al pi rapido e sicuro recupero della sovvenzione accordata al soggetto passivo dell'operazione di finanziamento. Pertanto, alla surrogazione della imposta proporzionale di registro, si ha diritto anche nella ipotesi in cui le cambiali assolvono, come nel caso concreto, una funzione di garanzia della obbligazione assunta dal sovvenuto. Con le precedenti decisioni di cui sopra questa Corte ha altres ritenuto che irrilevante la presenza di clausole contrattuali dirette a disciplinare le modalit del finanziamento indipendentemente dal rapporto cambiario, sempre per la medesima ragione che trattasi di due distinti rapporti, sebbene funzionalmente collegati. Per conseguenza non ha fondamento neppure il terzo ed ultimo motivo di ricorso con il quale si sostiene la tesi contraria, facendosi richiamo alla giurisprudenza relativa al t.rattamento tributario delle cambiali ipotecarie. Ma stato gi rilevato che divers' il presupposto del regime tributario in materia di ca,.mbiali ipotecarie, sicch i principi . st~bj}iti per quella fattispcie non possono valere anche per la diversa ipotesi disciplinata con l'art. 1 della _bgge del 1936 e pci dall'art. 2 della legge del 1953. A) Con tale sentenza la Corte di Cassazione ha confermato, anche per la legge 19 marzo 1936, nu mero 2170, quello che in ripetute occasioni (cfr. Sen tenze 1044/61-1046/61 e 321/63) ha affermato, per il regime agevolato, ai fini dell'imposta di registro, dei finanziamenti concessi dagli Istituti di credito, contemplati dal decreto-legge 375 del 1936, in relazione a cessioni, pro soluto o pro solvendo, di crediti verso Pubbliche Amministrazioni dipendenti ?da appalti, lavori o forniture di merci. La lettera, : il contenuto e lo spirito sia dell'una che dell'altra nmma di legge -precisa. la Corte di Cassazione portano a ritenere che l'assorbimento delle imposte di registro per il finanziamento in quelle di bollo per le cambiali riceve applicazione non solo nel caso in cui le cambiaU predette svolgono il ruolo di titolo costitutivo e pi precisamente di me.zzo di attuazione del finanziamento, ma anche nel caso in cui svolgono il ruolo di garanzia, di titolo parato concorrente al pi rapido e sicuro recupero della sovvenzione. .AZle argomentazioni in contrario addotte sia con richiamo alla lettera della legge finanziamento posto in essere mediante cambiali che alla posizione, nei singoli atti, di clausole che disciplinano, di solito, il finanziamento in modo diverso dal rapporto cambiario, la Corte di Cassazione ha opposto che nella stessa previsione legislativa si contemplano due diversi rapporti -finanziamento e cambiali -e che lo scopo del particolare trattamento fiscale quello di escludere il concorso delle imposte graduali di bollo smle cambiali e delle imposte proporzionali di registro sul finanziamento. I)a ci la necessit di un collegamento fra finanziamento e rapporto cambiario e non anche di una loro compenetrazione. Le ripetute pronunce, in tale senso, intervenute nella particolare materia, costituiscono, ormai, giurisprudenza costante, alla quale non resta che uniformarsi. IMPOSTA DI REGISTRO-Pagamento dell'imposta Privilegi nei confronti del terzo acquirente -Termine di decadenza di quattro anni. (Corte di Cassazione, Sezione I, Civile 24 aprile 1963, n. 1086 - Lucertoni c. Lunghi). L'azione esecutiva del Fisco (o di chi gli si surroga) per la riscossione del credito per imposta di registro e il relativo privilegio nei confronti del terzo acquirente dell'immobile sono soggetti al termin,di decadenza di quattro anni decorrente dalla data di registrazione dell'atto di compravendita ciii -si riferisce il tributo: tale termine, previsto dal 2 comma dell'art. 97 della legge di registro, di decadenza e non di prescrizione e come tale non soggetto a sospensione n ad interruzione. ".,.... ,.,...., ..,---------------------------~"'"" -141 ;,__ Trascriviamo la motivazione in diritto della sentenza: Con il quarto mezzo il ricorrente, denunciando la violazione degli art. 97, u.c. e 98 regio decreto 30 dicembre 1923, n. 3269, in relazione all'art. 360 n. 3 C.p.c., assume che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte di merito, gli atti che interrompono la prescrizione ai sensi dell'art. 141 legge registro se esplicano la loro efficacia nei confronti di tutti i condebitori solidali dell'imposta, non spiegano alcun ffetto nei confronti del te~ossessore, il quale non un condebitore solidale, ma invece un responsabile; con la conseguenza che non pu non verificarsi la prescrizione quando nessun atto interruttivo venga posto in essere direttamente contro il terzo possessore. Questa censura fondata. La risoluzione della questione proposta col mezzo postula ovviamente la :risoluzione dell'altra circa la natura del termine previsto dall'art. 97, ultimo comma, della legge del registro, se cio trattisi di termine di prescrizione o di decadenza. Come ben noto, l'art. 97 cit., nello stabilire al 1o comma che lo Stato ha privilegio, secondo le norme stabilite dal Codice civile, per la riscossione delle tasse di registro sui mobili ed immobili cui la tassa si riferisce, privilegio che garantisce anche la tassa di registro dovuta sul maggior valore accertato nel giudizio di stima, detta poi nel 2 comma che l'azione si estingue nei termini stabiliti dalla presente legge per domandare il pagamento della tassa o del suo supplemento . La Corte del merito ha ritenuto che tale termine sia di prescrizione e non di decadenza facendo leva sull'argomento che il cennato precetto fa esplicito riferimento agli articoli contenuti nel titolo VI capo I della legge di registro che tratta cc delle prescrizioni n e precisamente agli art. 136 e 137 (successivamente modificati dall'art. 1, n. 1 della legge 25 giugno 1940, n. 799 che ha prolungato di un anno il termine di tre anni); si detto al riguardo che la legge ha voluto in sostanza misurare la vita dell'azione reale contro il terzo possessore sulla durata concreta dell'azione personale nei riguardi del debitore d'imposta per evitare, che con il passaggio dei beni, il privilegio potesse estinguersi prima e indipendentemente dal credito di imposta e si concluso che pertano gli atti interruttivi che impediscono la prescrizione contro il :!" persllonalmalente obtb1!g~tot impediscono ugu(alment~ , que a re e con ro i 1erzo possessore come s1 era veri.1:&to nel caso di spede) Ma questa interpretazione, come ha esattamente osservato il Procuratore generale nella requisitoria orale, non pu essere condivisa. Il termine previsto nell'art. 97, 2 comma legge di registro di decadenza e non di prescrizione. L'argomento addotto-dai Giudici del merito non sembra effi ciente a favore della tesi da essi adottata: che anzi da esso si rilevano ragioni contrarie alla tesi medesima. Infatti, agevole osservare che il richiamo fatto dah'art. 97 (collocato nel capo eh.e si intitola ~el pagamento della tassa e dell'azione personale e reale per la loro riscossione) agli artt. 136 e 137 (posto inveca nel capo delle prescrizioni) sarebbe stato del tutto inutile se si fosse traittato di termine di prescriz:one,perch i diritti reali argaraniia, in cui sono attratti i privilegi specia.li, non possono che seguire, per la loro stessa struttura, le sorti ,del credito cui accedono. Una volta estinto il credito principale ovvio che quello di garanzia non pu autonomamente rimanere in vita. Escluso, per ragion di sistema, che il legislatore abbia voluto enunciare con l'art. 97, 2 comma, Iun precetto del tutto superfluo, indub!:>Jamente il 1 precetto stesso deve avere altra ratio. E precisa . mente quella che si identifica nella avvertita necessit di porre un limite ben determinato alla durata del privilegio. Posto infatti che tale garanzia reale (svincolata anche da ogni pubblicit immobiliare) consente allo Stato creditore (o a chi ad esso si surroga) di perseguire il bene anche quando questo ~assato dal patrimonio del deoitore nelle mani di t~zi, estranei al debito d'imposta, si ritenuto opportiiii~- per"onsfileraifn.rar. ordine pubblico, che attengono al principio di certezza e tutela della propriet immobiliare, di prefiggere appunto un termine rigido entro il quale la azione priv!!,.egiata possa essere esercitata. E la locuzione usata nella norma in esame offre ulteriore argomento a conforto della tesi qui sostenuta (e seguita in tal senso dalla prevalente dottrina del diritto tributario), giacch nell'art. 97, 2 comma, della legge di registro si dice che l'azione si estingue richiamandosi cos un concetto di eliminazione automatica (ipso iure) del corrispondente diritto soggettivo. Per vero il Codice civile abrogato, cui la legge di registro ovviamente adeguata, a proposito della prescrizione, non parlava di estinzione, ma diceva invece che tutte le azioni tanto reali quanto personali si prescrivono n (art. 2135) e l'art. 137 della legge cennato usa infatti la stessa espressione nel capo che regola le prescrizioni (l'azione della Finanza... si prescrive ... ) a differenza del Codice vigente che, risolvendo l'antica questione se con la prescrizione si estingua il diritto soggettivo materiale o l'azione, detta che ogni diritto si estingue per prescrizione (articolo 2934). Deve ritenersi perci che il legislatore abbia voluto ancorare l'estinzione del privilegio unicamente al fatto oggettivo della mancanza di esercizio del relativo diritto nel tempo stabilito (che coincide con quello della prescrizione del debito d'imposta), e non gi al fatto soggettivo della inerzia del titolare protratta per il tempo medesimo. E questo porta a concludere che trattasi di decadenza e non di prescrizione con la necessaria conseguenza che la decadenza non tollera n sospensione, n interruzioni (art. 2964). Fermo in definitiva l'indirizzo segnato da questa Corte Suprema a Sezioni Unite secondo cui il ven-ditore il quale bbia pagato per conto del compratore la tassa (principale o complementare) di registro ha diritto di rivalsa sull'immobile gravato dal privilegio,. a chiunque questo appartenga, giacch la garanzia reale, per il diritto di seguito si tra -142 :sferisce ai successivi acquirenti dell'immobile (sentenza 1468 del 1955, Foro It., 1956, I, 66), la. censura del mezzo deve essere accolto sul punto di cui si discorso con rinvio della causa ad altra .Sezione della stessa Corte di appello che nel nuovo esame si atterr al principio di diritto che qui viene , enunciato: In conformit alle esigenze di sicurezza nella circolazione dei beni, specie immobi ( liari, il termine previsto dall'art. 97, 2 comma della legge di rfgistro di decadenza e non di prescrizione e come tale non subisce n sospensioni n interruzioni, sicch l'azione esecutiva del Fisco . {o di chi ad esso si surroga) per la riscossione del credito privilegiato sull'immobile oggetto del privilegio si estingue col decorso di quattro anni che l._ decorrano dalla data di registrazione dell'atto di compravendita cui si riferisce il tributo . A) L'azione esecuti'Va reale, per la riscossione del credito per imposta di registro, sui beni ai quali la imposta stessa si riferisce, si estingue nel termine di tre anni, indicato dal combinato disposto degli artt. 97 e 136 della L.O.R. e non di quattro anni. La legge 25 giugno 1940, n. 799, infatti, ebbe a porre in 'Via del tutto occasionale ed eccezionale, una proroga ai termini di prescrizione e di decadenza previsti dalla L.O.R. per ragioni connesse con lo stato di guerra. .A simiglianza, invero, di quanto avvenuto per la guerra 1915-1918 per effetto del -decreto legge 21 maggio -1916, n. 621; decreto legge 1 aprile 1917, n. 558; legge 11agosto1921, n. 1083; legge 6 dicembre 1923, n. 2696 e regio decreto legge 2 maggio 1925, n. 622, per la guerra 1940-45 la legge 25 giugno 1940, n. 799 prorog i termini sud- detti di un solo anno solare. Perdurando lo stato di ,guerra, alla scadenza di tale anno, avvenuta il 15 luglio 1941, intervenne la legge 4 luglio 1941, n. 693 che prorog, sempre in via eccezionale ed occasionale, i termini stessi fino ad un anno dopo J,a dichiarazione della cessazione dello stato di guerra e precisamente fino al 15 aprile 194 7 (la cessazione -d~llo stato di guerra fu dal D.L.L., n. 49 del 1946 fissata al 15 aprile 1946). Per ragioni connesse con il passaggio dalla legi. slazione di guerra a quella di pace, tale ultimo .termine fu ulteriormente prorogato al 31 dicembre 1947 con il D.L.C.P.S. 16 novembre 1946, n. 476; al 31 dicembre 1949 con il D.L.C.P.S. 23 dicembre 1947, n. 1464 e per ultimo al 31 dicembre 1951 con la legge 23 dicembre 1949, n. 926. Nella sentenza annotata, intervenuta fra parti private della proroga di un anno recata dalla legge 25 giugno 1940, n. 799 stato dato atto, senza, per, che fosse affrontata e risolta la natura occasionale della stessa, le ragioni che l'hanno determinata ed il carattere essenzialmente temporaneo, a chiare note dimostrato dalle ricordate leggi successive e dai :richiami ai precedenti legislativi in esse contenuti. B) Il carattere di decadenza del termine in que Stione contrasta con l'indirizzo giurisprudenziale formatosi al riguardo con la sentenza 8 luglio 1920 della stessa Corte di Cassazione e con le decisioni 6 maggio 1941, n. 40903; 18 febbraio 1943, n. 66798; :26 maggio 1947, n. 90212 e 6 maggio 1931, n. 20902 della Commissione centtale delle Imposte. Contrasta anche con autorevole Dottrina (Cfr. I.AMMARINO: Commento alle Leggi di Registro, 'Vol. II pag. 43; RASTELLO: L'Imposta di Registro, Pllfl.:. 961 e segg.). Sia l'iina che l'altra hanno, infatti, costantemente ritenuto che il termine fosse di prescrizione e che l'interruzione 'Validamente operata nei confronti 'del soggetto passi'Vo di imposta, spiegasse i propri effetti anche nei confronti del terzo possessore. La ragione stata rav'Visata nel fatto che l'azione reale per la riscossione dell'imposta di registro ha la stessa durata, per espressa norma di legge, di quella personale e gli atti interrutti'Vi di questa seconda azione, notificati al soggetto passi'Vo, hanno efficacia interrutti'Va anche nei riguardi del terzo possessore (contra cfr. BERLIRI: Legge di Registro 1952, pag. 376 e segg.; UKMAR, III 136 e segg.; PERRICONE: Trattato di Diritto Tributario di Registro, pag. 626). La qual cosa, appare esatta dato che, la formula zione stessa della norma contenuta nell'art. 97 della L.O.R. porta a ritenere che la estinzione del privilegio segue, come conseguenza necessitata, alla estinzione del diritto di credito per a'V'Venuta prescrizione. Il principio della certezza e della tutela della propriet immobiliare non resta sacrificato. Poich il diritto di prelazione nasce al momento della registrazione, il terzo possessore in condizioni, al momento dell'acquisto del bene, di accertare se, giusto quanto stabilisce l'art. 10 della legge 12 giugno 1930, n. 762, presso l'Ufficio del Registro competente, 'Vi siano accertamenti in corso. IMPOSTA DI REGISTRO -Prorr.essa di vendita Registrazione a tassa fissa -Promessa di vendita costituente vera e propria vendita., -Art. 5 Tariffa all. A -Tassa proporzionale. (Corte di Cassazione, Sezione I, Sentenza n. 11/63 -Pres.: Varallo; Est.: Rossano; P. M.: Silocchi (conf.) -Amministrazione delle Finanze dello Stato c. Baravelli) La promessa bilaterale di vendita immobiliare ha per oggetto non il trasferimento della propriet. dell'immobile, ma l'obbligo di concludere il contratto che attua tale trasferimento, ed , pertanto, soggetto alla tassa fissa e non a quella proporzionale di registro; peraltro, qualora il contratto sia qualificato dalle parti come promessa bilaterale di vendita, ma costituisca una vera e propria vendita, in quanto le parti abbiano voluto attuare il trasferimento del dominio, applicabile la tassa proporzionale a norma dell'art. 5 della tariffa, allegato .A, della legge 30 dicembre 1923, numero 3269. Trascri'Viamo la moti'Vazione della sentenza, che conferma la giurisprudenza ormai costante della Corte Suprema (in senso conforme sent. n. 1927 del 15 luglio 1963 in causa Oanna'V o. Finanze. L'.A'Vvocatura dello Stato si adeguer atdle indirizzo giurisprudenziale. Con l'unico motivo del ricorso principale denunciandosi la violazione dell'art. 5 della tariffa. allegato .A della legge di registro 30 dicembre 1923, . ------------------- 143 n. 3269, si censura la sentenza impugnata per aver ritenuto che per la registrazione degli atti contenenti promesse bilaterali di vendita sia dovuta la tassa fissa anzich quella proporzionale. Al riguardo si deduce che tale interpretazione sarebbe contraria. al chiaro dettato della legge, la quale stabilisce che dovuta la tassa proporzionale per le promesse di vendita se esiste il consenso delle parti sulla cosa e sul prezzo . La censura infondata. Come questa Corte ha pi volte affermato, (vedi da ultimo sentenza n. 1473 del 1948) la promessa bilaterale di vendita immobiliare, avendo per oggetto non il trasferimento della propriet dell'immobile, ma l'obbligo di concludere il contratto che attua tale trasferimento, soggetta alla tassa fissa e non a quella proporzionale di registro, la qua.le, a norma dell'art. 4 della legge di registro applicabile alle cc trasmissioni a titolo oneroso di propriet . vero che l'art. 5 della tariffa allegato A di detta legge assoggetta alla tassa proporzionale le promesse di vendita di immobili, ma tale norma, che si ricollega attraverso le precedenti tariffe del 1897, del 187 4, del 1866, del 1862 e del 1854 a.I Codice Albertino, e, quindi, al Codice Napoleonico, secondo il quale la promessa di vendita equivale alla vendita se vi sia il consenso delle parti sulla cosa e sul prezzo (art. 1589), fu formulata in relazione a questa, concezione, che era dominante nel momento in cui la .tariffa fu compilata. Ora, poich per effetto della elaborazione dottrinale e giurisdizionale la promessa bilaterale di vendita concepita non pi come equivalente alla vendita se sussistono i requisiti essenziali di questo contratto, ma come rapporto sinallagmatico avente per oggetto l'obbligo di concludere la vendita, l'interpretazione del citato articolo non pu prescindere da tale mutamento di concezione e, pertanto, deve ritenersi che esso si riferisca a quei contratti che, pur qualificati promesse bilaterali di vendita, sono delle vere e proprie vendite, in quanto con essi le parti abbiano voluto attuare il trasferimento del dominio. Tale interpretazione, peraltro, trova conferma nel fatto che l'articolo posto sotto la rubrica Trasferimento a titolo oneroso. , quindi, estranea alla norma in esame la fattispecie in cui il contratto comporta soltanto l'obbligo di concludere una successiva convenzione senza ancora produrre il trasferimento della propriet della cosa, la fattispecie, cio, che la moderna concezione, recepita nell'art. 1351 del Codice civile, qualifica come contratto preliminare meramente obbligatorio. ~}{i Nella specie, la Corte di merito si puntualmente uniformata a tale interpretazione perch, accertato, con incensurabile apprezzamento di fatto, che con l'atto qualificato promessa di vendita le parti non vollero trasferire la propriet delle aree edificabili, ma si obbligarono ad addivenire alla vendita di esse in un momento successivo, ha ritenuto che esso fosse soggetto alla tassa fissa di registro. IMPOSTA DI RICCHEZZA MOBILE -Aziende eIstituti di credito -Reddito di Categoria B -Pagamento im posta per interessi passivi in -sostituzione. ..dei depo- sitanti -Rinunzia esercizio facolt di rivalsa -Per dita e non spesa -Indetraibilit. (Corte di Cassazione~ Sezione I, Sentenza n. 1115/63 -Pres.: Vistoso; Est. Malfitano; P. M.: Trotta (conf.) -Finanze c. Banca. Popolare Milano). Il pagamento dell'imposta di Ricchezza Mobile di categoria A eseguito dalle Aziende e dagli Istituti di credito, in sostituzione dei depositanti,. sugli interessi da questi percepiti, non d luogo ad una spesa inerente alla produzione del reddito di categoria B che tali aziende e istituti ritraggono. dall'esercizio della loro normale attivit, ma fa sorgere a favore degli enti medesimi un credito verso i depositanti fondato sul diritto alla rivalsa della somma pagata, espressamente sancito dallo art. 22 della legge 8 giugno 1936, n. 1231. La rinunzia all'esercizio di tale diritto di creditosi risolve in un onere di esercizio qualificabile come cc perdita . La somma di denaro nella quale si sostanzia la. perdita detraibile dal reddito di categoria B delle aziende e degli istituti anzidetti soltanto nel caso che la rinunzia sia imposta da cause del tuttoestranee alla volont del creditore. La Oommissione Oentrale aveva ritenuto -con la decisione n. 32148 in data 12 ottobre 1960 della Sezione I -che l'imposta di Ricchezza Mobile, categoria A, corrisposta dagli istituti e dalle aziende di credito -con rinunzia all'esercizio del diritto di rivalsa previsto dall'art. 22 della legge 8 giugno 1936, n. 1231 -sugli interessi aventi natura d redditi di capitale, riconosciuti a favore dei depositanti, dovesse detrarsi, come spesa necessaria alla produzione del reddito (art. 32 T.U., 24 agosto 1877, n. 4021), dall'imponibile di Ricchezza Mobile, categoria B determinato nei confron# degli istituti e delle aziende medesime. Siffatto carattere di spesa necessaria alla produzione del reddito, riconosciuto dalla Oommissione Oentrale al mancato esercizio della rival8a d'imposta} sarebbe derivato dal fatto che la riminzia sarebbe stata imposta dalle inderogabili condizioni di mercato (usi, cartello bancario, ecc.). L'Amministrazione delle Finanze, impugnando con ricorso per Oassazione ex art. 111 Oost. tale decisione, rilev che il pagamento dell'imposta d categoria A in luogo dei depositanti non fa sorgere -per gli effetti di cui al citato art. 32 del Testo unico, n. 4021 -un costo o una spesa per le aziende ed istituti di credito, ma determina pi esattamente il sorgere di un credito verso i reddituari, fondato sul diritto, dichiarato dalla legge, all'esercizio della rivalsa. Solo successivamente, e cio q-q._a~do le aziende rinunciano alla realizzazione del creditoh si manifesta un onere di esercizio qualificabile come perdita per insussistenza di attivo. In altri termini, trattandosi di un onere facente carico al percipiente del reddito, non pu parlarsi di cc spesa >) per le aziende ed istituti di credito, ma di perdita . -144 Precis l'Amministrazione che la definizione giu ridioa dell'onere assume notevole rilievo, in quanto, mentre per le cc spese l'indagine diretta alla ricerca del carattere d'inerenza, richiesto dalle disposizioni in materia ai fini della detrazione, si arresta dinanzi alla constatazione della relazione di causalit economica esistente fra le spese ed il reddito da assoggettare a tassazione, nel caso di cc perdite per mancato realizzo di credito l'indagine supera tali limiti e si estende alla ricerca della volontariet o meno della rinunzia al credito, in quanto l'onere relativo pu trovare considerazione tributaria, ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 31 del Testo unico, n. 4021, solo nel caso che, ferma restando la relazione di afferenza o inerenza alla produzione del reddito tassabile, la rinuncia sia imposta da situazioni estranee alla volont del creditore, potendosi altrimenti configiirare un mero atto di liberalit o comunque di rinunzia che non pu incidere sul reddito da acquisire alla tassazione, come ritiene la copiosa giurisprudenza della stessa Commissione Centrale. La Corte Suprema di Cassazione, con la sentenza sopra massimata, ha accolto il ricorso dell'Amministrazione, cos. motivando nella parte essenziale: Il pagamento dell'imposta di ricchezza mobile di categoria A eseguito dalle aziende e istituti di credito, in sostituzione dei depositanti, sugli interessi da questi percepiti, non d luogo a una spesa inerente alla produzione del reddito, di categoria B che tali aziende e istituti ritraggono dall'esercizio della loro normale attivit, ma fa sorgere a favore degli enti medesimi un credito verso i depositanti, fondato sul diritto all'esercizio della rivalsa della somma pagata, espressamente sancito dalla legge (art. 22 della legge 8 giugno 1936, n. 1231). Se, poi, le aziende o gli istituti non esercitano tale diritto, il pagamento dell'imposta si risolve in un onere di esercizio qualificabile come perdita. Ora, mentre per le spese inerenti alla produ . zione l'indagine diretta ad accertare tale inerenza, richiesta dalla legge come condizione necessaria per la loro detraibilit dal reddito medesimo, si esaurisce di fronte alla constatazione dell'esistenza del rapporto di causalit economica tra le spese e il reddito, per la perdita dovuta alla rinunzia al diritto di ottenere il soddisfacimento di un credito, tale indagine si estende alla ricerca della volontariet o meno della rinunzia, in quanto la somma di denaro nella quale si sostanzia la perdita, detraibile dal reddito soltanto nel caso che la rinunzia sfa imposta da cause del tutto estranee alla volont del creditore. Nella specie, la Commissione Centrale non si uniformata a tali principi perch ha ritenuto che la somma pagata dalla Banca Popolare di Milano per imposta di ricchezza mobile di categoria A sugli interessi percepiti dai depositanti fosse una spesa inerente alla produzione del reddito derivante dalla sua normale attivit e che tale somma fosse detraibile da questo ai fini della determinazione dell'imponibile di ricchezza mobile di categoria B, sebbene non fosse stato accertato che la rinuncia da parte della Banra alla rivalsa della somma :pagata non fosse volontaria. N la volontariet della rinunzia poteva essere esclusa dal fatto che le banche non esercitano il diritto di rivalsa verso i depositanti per l'esistenza di usi e accordi interbancari in tal -senso, perch questi, invece, confermano tale volontariet. I. G. E. -Ricostruzione di naviglio sinistrato per cause di guerra -Esenzione -Pagamenti effettuati dai cantieri per lavori rientranti nel quadro della ricostruzione -Applicabilit. SPESE GIUDIZIALI -Onere -Azione per rimborso I. G. E. oltre termine art. 41 legge n. 762 del 1940 Soccombenza Amministrazione -Esenzione. RIMBORSO DI TRIBUTI NON DOVUTI -Interessi Decorrenza -Legge 26 gennaio 1961 n. 29 -Applicabilit ai rapporti pregressi non ancora esauriti. (Corte di Cassazione, Sezione I, Sentenza n. 1114/63 - Pres.: Celentano; Est.: Caporaso; P. M.: Trotta (couf.)Finanze c. Soc. O.T.O.). L'esenzione dall'I.G.E., prevista dall'art. 9 del decreto legislativo 29 giugno 1947, n. 779 applicabile, non soltanto ai pagamenti effettuati dai committenti proprietari od armatori ai cantieri incaricati dell'esecuzione di lavori di costruzione, riparazione, modificazione o trasformazioni navali, ma anche agli acquisti di materiali e di macchinari effettuati dai cantieri navali per eseguire lavori che rientrino nel quadro della ricostruzione del naviglio sinistrato dalla guerra, ed ai pagamenti effettuati dai cantieri stessi per singole prestazioni. La norma demanda al Ministero della Marina Mercantile di certificare che il pagamento concerne in concreto un contratto avente ad oggetto un complesso di lavori eseguiti per una determinata nave, corrispondenti alle :finalit della ricostruzione del naviglio e dell'attivazione dell'industria delle costruzioni navali e dell'armamento . L'art. 148 della legge di registro, secondo il quale l'.A.m.ministrazione non tenuta al pagamento delle spese giudiziali quando il contribuente non abbia prima sperimentato la via amministrativa, ponendo in grado l'Amministrazione di adottare essa direttamente il provvedimento di rimborso, espressione di un principio generale valevole anche per le altre controversie in materia di tasse ed imposte indirette, e quindi anche in materia di I.G.E. N l'art. 47 della legge sull'I.G.E., che commina la decadenza dal rimborso in via amministrativa dell'imposta indebitamente pagata, per la mancata presentazione della relativa istanza entro un anno, d'ostacolo all'applicazione della regola anzidetta, perch la decadenza non determina la inammissibilit, ma rende soltanto inevitabile l'azione giudiziaria, nella quale per l'Amministrazione esente dall'onere delle spese del giu-_ dizio. La legge 26 gennaio 1961, n. 29, la quale ha stabilito che sulle somme pagate per tasse ed imposte indirette sugli affari, ritenute non dovute a seguito di provvedimento in sede amministrativa ---------------- -145 o giudiziaria, spettano al contribuente gli interessi di mora dalla data della domanda di rimborso, si applica anche ai pagamenti indebiti effettuati prima dell'entrata in vigore della legge stessa dei quali sia stata chiesta la restituzione senza che J,;ia.. sta.ta definita la relativa controversia. In tale jpotesi gli interessi decorrono dalla data di entrata in vigore della legge. La motivazione della sentenza dellci Corte S-upremci sulle questioni delle << spese gi1idiziali >> e degli interessi >> la seguente: Devesi ora esaminare il ricorso incidentale della -0.T.O., anche esso basato su due distinte censure. La seconda delle quali concerne la pronunzia in ordine alle spese del giudizio, che la Corte di Appello ha ritenuto di dover compensare in quanto era mancata nella specie la preventiva domanda di rimborso in via amministrativa. La sentenza impugnata pone a base della sua tesi la norma contenuta nell'art. 148 della legge di registro, considerandola come espressione di un _principio generale, valevole anche per le altre controversie in materia di tasse ed imposte indirette e quindi in materia di l.G.E. Questa Corte ritiene esatta la tesi, rilevando Come non soltanto per la legge di registro, sibbene .anche per l'imposta sull~ successioni (art. 96 R.D. 30 dicembre 1923, n. 3270) vige il medesimo principio, .che l'Amministrazione non tenuta al pagamento delle spese giudiziali qualora il contribuente non .abbia prima sperimentato la via amministrativa, ponendo in grado l'Amministrazione di adottare essa, direttamente, il provvedimento di rimborso. ~ l'art. 47 che commina la decadenza dal rimborso in via amministrativa dell'I.G.E. indebitamente pagata, d'ostacolo all'applicazione della regola di cui sopra. La decadenza per il decorso di un anno senza pre. sentazione della prescritta istanza di rimborso non . determina la inammissibilit, mci rende inevitabile l'azione in 1;ia giudiziaria, nella quale per l'Amministrazione esente dall'onere dell,e spese del giudizio. Poich la decisione impugnata fondata sul principio di diritto sopra accennato, la censura della O.T.O. non accoglibile. Resta, pertanto, da esaminare la prima censura del ricorso incidentale, relativo agli interessi legali .sulle somme dovute dall'Amministrazione a titolo di rimborso. Sostiene la O.T.O. cbe detti interessi dovrebbero decorrere quanto meno, dalla domanda _giudiziale e non mai dal passaggio in giudicato della sentenza che ordina il rimborso. Anche su tale punto la impugnata decisione esattamente conforme al principio di diritto imperante al momento della decisione medesima. La giurisprudenza era ormai ferma nel ritenere che il diritto del contribuente alla percezione degli interessi moratori sorgeva al momento del passaggio in giudicato della sentenza che dichiarava non dovuta l'imposta pagata dal contribuente stesso P, .ne ordinava la restituzione. Ma, successivamente alla pronunzia d'appello, .intervenuta la legge 26 gennaio 1961, n. 29, la quale ha stabilito che sulle somme pagate per tasse ed imposte indirette sugli affari, ritenute non dovute a seguito di provvedimento in sede ammi nistrativa o giudiziaria, spettano al contribuente gli interessi di mora dalla data della domanda di rimborso (art. 5). , La legge ribadisce che l'obbligo della restituzione subordinato pur sempre all'esistenza di un prov vedimento amministrativo o giudiziario, il quale riconosca non dovuto il tributo pagato, ma anti cipa la decorrenza degli interessi alla data della istanza di restituzione. In mancanza di disposizione transitoria, nasce il dubbio sull'applicabilit della norma nuova (di cui come ius superveniens, la Corte deve tener conto) ai rapporti di tassa e d'imposta indiretta sorti anteriormente, per i quali sia tuttora pen dente la controversia, non essendosi ancora formato il giudicato n sulla legittimit dell'effettuato paga mento dei tributi n sugli interessi n sulla loro decorrenza. La tesi dell'Amministrazione appare fondata su di una rigida ed astratta concezione della regola della irretroattivit contenuta nel citato art. 11 non considerando che nel caso di situazioni giuridi che le quali non si esauriscono in un determinato momento come quello in specie, detta regola lascia pur sempre aperta la questione dell'applicabilit della legge nuova alla situazione ancora in atto ed agli effetti non ancora prodotti o tuttora pen denti di un rapporto giuridico sorto anteriormente. Sono note le diverse soluzioni proposte dalla dottrina, ma la giurisprudenza (Cass., 5 agosto 1957, n. 3304), posta di fronte al problema, lo ha praticamente risolto nel senso che la nuova norma si applica allorquando concorrono le seguenti condizioni: a) che il rapporto giuridico, sebbene sorto anteriormente, non abbia ancora esaurito i suoi effetti; b) che la norma innovatrice non sia diretta a regolare il fatto o l'atto generatore del rapporto, sibbene gli effetti di esso . Con questi criteri sono stati risolti i conflitti di norme tra codice vigente e codice abrogato, tra cui quello relativo al risarcimento dell'ulteriore danno, oltre gli interessi moratori, nell'ipotesi di ritardato adempimento dell'obbligazione pecuniaria. Si a tal proposito parlato di una situazione di mora che si rinnova de die in diem, onde non pu dirsi che essa si sia interamente verificata sotto l'impero del vecchio Codice e per nulla sotto il nuovo . Le medesime considerazioni ed il medesimo cri terio valgono dunque anche per il caso in esame, nel quale l'obbligazione degli interessi a carico dell'Erario sorge del pari dalla mora debendi. Comunque, certo che al momento dell'entrata in vigore della legge del 1961, il rapporto avente ad oggetto tanto il debito di restituzione dell'im posta quanto il pagamento degli interessi moratori, non si era affatto esaurito, dappoich i.i paga-_ mento eseguito dal contribuente prima della legge pu costituire, se mai, il fatto generatore della obbligazione principale di rimborso (subordinata al provvedimento di riconoscimento dell'indebito) ma, a tale fatto segue tutta una ulteriore situazione (la mora del debitore) con gli effetti giuridici che -146 vi sono connessi, situazione che la nuova legge tributaria trova in atto ed in pieno svolgimento. La quale legge, come si gi accennato, certamente diretta a regolare tali effetti, indipendentemente e ferma la disciplina sul rimborso dei tributi indebitamente percetti. L'art. 5 in modo particolare, determina solamente ed esplicitamente il momento da cui decorrono gli interessi a carico dell'Erario, interessi che la giurisprudenza riconosceva dovuti e che erano ugualmente condizionati all'esistenza di un provvedimento definitivo che dichiarasse non dovuta l'imposta pagata dal contribuente. Fino a che tale provvedimento non sia stato emesso, il rapporto, specialmente per quanto riguarda gli interessi, non si certamente esaurito e quindi, per il principio sopra detto, ad esso applicabile la sopravvenuta disposizione del menzionato art. 5. . Per altro, se si guarda allo scopo della legge entrata in vigore nel 1961 quale risulta anche dai lavori preparatori ed in special modo dalla relazione al Senato sul disegno di legge presentato dal Ministro delle Finanze, si nota come essa sia diretta a porre in armonia con le norme del diritto privato la disciplina giuridica del ritardato adempimento cos della obbligazione del contribuente come della obbligazione di rimborso della Pubblica Amministrazione con il dichiarato intento di risolvere i vari dubbi e di eliminare una situazione di disparit di trattamento in atto esistente. Cosicch la stessa ratio della disposizion di legge induce a ritenere e sta a confermare che essa diretta ad operare anche nei confronti delle situazioni pendenti, cio nei confronti dei pagamenti d'imposta effettuati prima dell'entrata in vigore della legge medesima dei quali era stata chiesta la restituzione ma non era stata ancora definita la relativa controversia. L'atto introduttivo del procedimento, amministrativo o giurisdizionale, tiene logicamente luogo della domanda di rimborso, richiesta dall'art. 5 ai fini della decorrenza degli interessi moratori sulle somme da restituire al contribuente. Da tutto quanto sopra deriva che concorrono entrambe le condizioni necessarie, secondo la citata giurisprudenza per l'applicabilit della norma nuova ai rapporti pregressi non ancora esauriti. Conseguentemente deve ritenersi che l'art. 5 della legge 26 gennaio 1961, n. 29 spiega la. sua efficacia anche nei riguardi dei pagamenti indebiti anteriori alla legge predetta, per i quali vi sia, al momento della entrata in vigore della legge stessa, una contestazione non ancora definita. In tale ipotesi, gli interessi decorrono dalla data di entrata in i1igore della. legge. IMPOSTA SULL'ENTRATA -Corresponsione -In frazione -Pagamento -Solidariet dei soggetti Sopratasse e pene pecuniarie -Pagamento -Onere. (Corte di Cassazione, Sezione I, Sentenza n. 1937 /63 - Pres.: Varallo; Est.: Pece; P. M.: Tavolaro (conf.); Fi nanze c. Soc. Montecatini). In tema di corresponsione dell'imposta generale sull'entrata, anche quando la relativa infrazione sia imputabile ad uno solo dei soggetti dell'atto economico generatore dell'imposta, i predetti sog getti sono solidalmente obbligati, verso lo Stato" al pagamento dell'imposta stessa; al contrario,, al pagamento delle tasse e delle sopratasse e delle pene pecuniarie tenuto sofo il soggette. al qualel'infrazione imputabile. Trascriviamo la motivazione in diritto della sentenza che ha a.ccolto la tesi dell'Avvocatura: I primi due mezzi di ricorso possono essere esaminati congiuntamente. Con essi l'Amministrazione ricorrente denunzia: a) che l'art. 14 del D.L. 3 maggio 1948,. n. 799 avrebbe innovato, in tema di solidariet tra i soggetti debitori dell'imposta generale sulla entrata, non solo in relazione al R.D.L. 3 giugno1943, n. 452, ma anche in relazione all'art. 11 della legge 7 gennaio 1929, n. 4 contenente le norme generali per la repreEsione delle violazioni sulle leggi finanziarie. E cio, secondo la ricorrente, nella materia della imposta generale sull'entrata, la solidariet tra i vari soggetti obbligati all'imposta sarebbe insensibile alla imputabilit della infrazione, non solo ai fini dell'imposta, ma anche ai fini della pena pecuniaria e della sopratassa, nel senso che, anche se l'infrazione sia addebitabile ad uno solo dei soggetti obbligati, questi ultimi risponderebbero sempre in solido, verso lo Stato, e per la taRsa eper la sopratassa e per la pena pecuniaria. b) che, in via subordinata, l'art. 14 del decretolegislativo 3 maggio 1948, n. 799 ha innovato all'art~ 24 del R.D.L. 3 giugno 1943, n. 452 in tema di solidariet per la imposta, nel senso che al pagamento di quest'ultima sono sempre obbligati in solido entrambi i soggetti dell'atto economico, con l'unica eccezione della ipotesi in cui l'atto economico, nei confronti di chi esegu'e il versamento dei compensi e corrispettivi costituenti l'entrata, non sia comunque connesso ad una attivit industriale o commerciale. E cio, all'infuori della ipotesi ultima, nella quale non sussiste solidariet, in tutte le altre ipotesi i soggetti dell'atto economico sono solidalmente obbligati, verso lo Stato, al versamento dell'I.G.E., anche se il mancato pagamento di ta.Je imposta sia imputabile ad uno solo dei predetti soggetti. Al contrario, la solidariet non sussiste, per quanto attiene alla sopratassa ed alla pena pecuniaria, nella ipotesi in cui il mancato pagamento dell'l.G.E. sia imputabile ad uno solo dei soggetti dell'atto, economico. La censura di cui alla lettera a) infondata; deve essere, invece, accolta la censura di cui alla lettera b). Poich la prima parte del secondo comma dello art. 24 del R.D.L. 3 giugno 1943, n. 452, nella ipotesi di trasferimento di materie, merci.~ prodotti fra commercianti ed industriali, sanciva esplicit~-_ mente la solidariet di entrambe le parti contraenti,. non solo rispetto alle sopratasse ed alle pene pecuniarie, ma anche rispetto al pagamento dell'imposta, la conclusione di detta solidariet (nella ipotesi, contemplata nella seconda parte dPll0> -147 'btesso secondo comma, di imputabili~ della infrazione ad una sola delle parti) si estendeva, oltre che alle sopratasse ed alle pene pecuni~rie, anche al pagamento della imposta. 'i Da ci derivava, in materia di I.G.E., una eccezione al principio generale, fissato nell'art. 11 della legge 7 gennaio 1929, n. 4 (recante norme generali per la repressione delle violazioni alle leggi finanziarie), in virt del quale principio, nel caso in cui la violazione delle leggi finanziarie, .sia imputabile ad uno solo dei soggetti obbligati, la solidariet tra costoro cessa in relazione alla pena pecuniaria ed alle sopratasse, ma permane per la obbligazione dell'imposta. L'art. 14 del decreto legislativo 3 maggio 1948, n. 799 (recante modifiche in materia di I.G.E.) ha sostituita una nuova regolamentazione in tema di solidariet. Anzitutto, ha generalizzata quella solidariet (rispetto al pagamento dell'imposta non .corrisposta, della sopratassa e delle pene pecuniarie), che la prima parte del secondo comma dell'art. 24 del R.D.L. 3 giugno 1943, n. 452 dettava solo per l'I.G.E. riferibile ad atti economici fra commer. cianti ed industriali ed ha sostituito una pi limitata eccezione di carattere oggettivo a tale solidariet, escludendo quest'ultima nella ipotesi in -cui l'atto economico (indipendentemente dalla qualit dei soggetti tra i quali intervenuto) non sia -comunque connesso (nei riflessi di chi esegue il versamento dei compensi e corrispettivi costituenti l'entrata) ad una attivit industriale o commerciale. In secondo luogo, l'art. 14 del decreto legislativo .3 maggio 1948, n. 799 non ha pi disciplinata la ipotesi nella quale risulti che l'infrazione imputabile ad una sola delle parti. E cio ha soppresso la seconda parte del secondo comma dell'art. 24 del R.D.L. 3 giugno 1943, n. 452. La abrogazione dei primi due commi del decreto legislativo, n. 799 del 1948 risulta da due concorrenti ragioni che integrano, rispettivamente, la prima e la terza ipotesi di abrogazione ex art. 15 delle preleggi. CONSIGLIO CONSIGLIO DI STATO -Ricorso in sede giurisdi zionale -Effetti della dichiarazione di illegittimit costituzionale della norma applicata dall'atto. . . CONSIGLIO DI STATO -Ricorso in sede giurisdizionale -Sopravvenuta dichiarazione di illegittimit costituzionale di una norma attributiva di potest discrezionale della Pubblica Amministrazione -Effetti sulla giurisdizione. (Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 10 aprile 1963 -Compagnia Industrie Saccarifere S. Eufemia Lamezia c. Ministero Agricoltura e ForE>ste e Ministero Industria e Commercio). Dichiarata la illegittimit costituzionale della norma applicata da un atto amministrativo impugnato avanti al Consiglio di Stato, il ricorso va accolto con conseguente annullamento dello atto. Infatti, statuendo: In tali sensi restano modificate le disposizioni di cui al primo ed al secondo comma dell'art. 24 del R.D.L. 3 giugno 1943, n. 452 , lo stesso le,,,,D'islatore ad indicare cne non si tratta di mera modifica, ma di vera e propria sostituzione di norme nel senso che al posto dei "Commi primo e secondo, devono ritenersi inserite, nell'art. 24 del R.D.L. 3 giugno 19i3, n. 452, i nuovi commi. Il che potr anche intlndersi come modifica rispetto all'art. 24 predetto nella sua interezza, ma non pu non intendersi (ed il punto che interessa la causa) come sostituzione rispetto ai due commi in discussione, che il legislatore del 1948 non si limitato a ritoccare, ma ha formulato ex novo per intero. Tale abrogazione sostitutiva dei due commi in discussione confermata dal particolare che il nuovo contenuto dei due commi ex art. 14 decreto legilativo 3 maggio 1948, n. 799 regola completamente la solidariet per l'imposta principale, che era gi regolata dai primi due commi ex art. 24 R.D.L. 3 giugno 1943, n. 452. Da quanto sopradetto, per, non deriva la conseguenza espressa dalla .Amministrazione ricorrente con la censura di cui alla lettera A. Non deriva, cio, che anche nella ipotesi in cui resti accertato che la infrazione sia imputabile ad uno solo dei soggetti, anche in tal caso i soggetti partecipi all'atto economico generatore dell'imposta restano obbligati solidalmente (verso l'Erario), oltre che per il pagamento dell'imposta, anche per le sopratasse e le pene pecuniarie . Stante i suespressi principi, poich, nella specie, in discussione la solidariet solo per l' imposta e non anche per le sopratasse e le pene pecuniarie, resta assorbito il terzo mezzo del ricorso con il quale l'Amministrazione ha denunziato che la Corte di Trieste avrebbe enato nell'escludere la responsabilit della Montecatini in ordine al mancato versamento dell' I.G.E. all'Erario. DI STATO L'atto amministrativo emanato in virt di potest discrezionale, conferita alla Pubblica .Amministrazione da una norma di cui sia dichiarata la illegittimit costituzionale, costituisce esercizio non di potere inesistente, bens di potere viziato, per riflesso del vizio di incostituzionalit che inficia la norma, e conseguentemente la giurisdizione resta radicata presso il giudice amministrativo. Il testo della decisione pubblicato nella rivista Il Consiglio di Stato 1963, 508 e segg-.. La decisione interviene a risolvere un contrasta-- giurisprudenziale: che ne del ricorso giu1isdizionale per l'annullamento di mi atto amministrativo, una volta he la. Corte Costituzionale, investita della questione di legiti'imit della norma applicata dallo atto, si sia pronunciata per l'illegittimit della stessa. -148 Le tesi, accolte da alcune recenti decisioni del Consiglio di Stato, richiamate nella pronuncia della .A.dunan.m Plmaria, sono std.te: a) iinproedibilit del ricorso per inesistenza dell'atto impugnato. Si argomenta: la declcratoria di illeggittimit cost;tuzionale di una norma comporta che questa debbct ritenersi come non mai esistita nell'ordinamento giuridico. E se la norma inesistente, inesistenti sono pure l'oigano da quella norma istituito e gli atti emanati in base ad essa; b) cessazione della materia del contendere. Dalla pronuncia di incostituzionalit deriverebbe per l'Amministrazione il dovere giuridico di considerare invalido l'atto che abbia fatto applicazione della norma incostituzionale. Lo atto, cio, verrebbe automaticamente tolto di mezzo, a seguito della pronuncia della Corte. Il Consiglio di Giustizia A mministrativa della Regione Siciliana ha, in proposito, rilevato (decisione n. 19 del 19 gennaio 19<32, in Foro It., 1962, III, 150) che: la illeggittimit costituzionale della norma, sulla quale risulta fondato l'atto impugnato, costringe la Pubblica Amministrazione a considera.re l'atto stesso privato di ogni giuridica validit data stessa, data in cui la Costituzione dichiara cessata l'efficacia della norma legislativa illeggittima, cio dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione. Da quel giorno si ha un sostanziale ritiro dell'atto che in precedenza, spiegando giuridica efficacia, aveva potuto minacciare interP-ssi legittimi privati, determinando per questo particolari impugnazioni in sede giurisdizionale. Impugnazioni che successivamente non hanno pi efficacia di determinare una decisione di illegittimit, in vista della gi avvenuta eliminazione dell'atto impugnato; c) accoglimento del ricorso e conseguente annullamento dell'atto. E' la soluzione cui pervenuta l'Adunanza Plenaria, dopo la critica delle precedenti tesi. Invero, secondo la riportata decisione, non potrebbe accogliersi la soluzione di cui sub a), perch da escludere che la norma incostituzionale debba considerarsi inesistente, dal momento che gli effetti irreversibili e definitivi da essa prodotti non possono in alcun modo eliminarsi. Proprio a causa di questa attitudine della norma a produrre effetti ineliminabili, il vizio di incostituzionalit comporterebbe annullabilit e non inesistenza della norma. In secondo luogo, pur accogliendo la tesi dell'inesistenza della norma, dovrebbe nondimeno riconoscersi che, attesa l'autonomia dell'atto, espressione del potere esecutivo, rispetto alla norma, espressione del potere legislativo, l'atto non possa essere travolto eo ipso dalla cessazione d'efficacia della norma. . Nemmeno la soluzione di cui sub b) sarebbe valida, ad avviso della Adunanza Plenaria, giacch il ritiro sostanziale dell'atto (di cui cenno nella decisione del Cons. Giust . .A.mm. Reg. Sic.) non il ritiro formale, che si ottiene solo con l'annullamento e che il solo capace di assicurare una effettiva tutela degli interessati. I quali, poi, ove la Amministrazione non ritenesse di dover considerare invalido l'atto, non avrebbero pi alcuno strumento di tutela, una volta consumato il potere di impugnazione dell'atto nel giudizio conclusosi con la dichiarazione di cessazione della materia del contendere. * * * Dunque, s.econdo la riportata decisione, deve accogliersi il ricorso e pr01mnciarsi rannuUa(@ertto dell'atto Senonch l'annullabilit di un atto conseguenza di un vizio orginario, e non sopravvenuto, dell'atto stesso e, nella specie, non pu a nostro avviso sostenersi che l'atto sia ab origine viziato, proprio per la ragione, sottolineata dalla sentenza, che, attesa la autonomia tra momento legislativo e momento amministrativo, non pu riferirsi quello che un vizio della legge incostituz-ionale all'atto amministrativo emanato {n base a quella legge. In altri termini, l'atto -al momento della sua emanazione -non. presentii vizi tali da comprometterne la validit: a) non puo, invero, parlarsi di violazione di legge perch, per ipotesi, l'atto costituisce proprio appli- cazione della legge; b) neanche di incompetenza, giacch se tale vizio non concreta altro che violazione di una normrt relati11a al soggetto investito del potere di emettere l'atto 1)ale quanto detto prima; e) n, infine, pu parlarsi di eccesso di potere, perch l'autorit ammini8trat-iva, nell'emanare l'atto tende proprio al perseguimento degli scopi prefissati dalla norma. Rimane, allora, solo una via per sostenere l'annullabilit dell'atto: ritenerlo, cio ab origine viziato per effetto della dichiarazione di incostituzionalit, che retroagisce ex tunc. Poich dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione della Corte, la legge non ha pi efficacia, non solo per quanto riguarda la disciplina giuridica dei fatti futuri, ma anche per quel che attiene alla val1,tazione dei fatti passati, questi ultimi, quando siano ancora sub indice, sarebbero da giudicare come se la n01ma di legge non fosse mai esistita. Il giudizio di legittimit di un atto amministrativo dovrebbe, allora, fondarsi sull'ordinamento giuridico qual'era al momento della emanazione del provvedimento, senza considma1e la norma incostituzionale. Si prospetterebbe, cio, il. problema dell'accoglimento del ricorso giitrisdizionale per un motivo che, tutt'al pi, andrebbe considerato solo come implicitamente dedotto dal ricorrente. Accogliendo, peraltro, simile tesi, verrebbe a superarsi il postulato di partenza, affermato nella decisione, secondo cui momento legislativo e momento amministrativo sono autonomi, anche se connessi: si riferirebbe, infatti, il vizio originario della legge all'atto. Sembra, dunque, che il concetto di annullabilit non possa utilizzarsi in relazione all'atto amministrativo emesso in base a una norma dichiarata. successivamente incostituzionale. Ed invero, il p10blema della validit o invalidit di un atto giuridico sempre in rapporto alle norme vigenti al momento del sorgere dell'atto, cos come l'annullamento trova il suo fondamento sempre in una causa contemporanea alla emissione dell'atto, con la conseguenza che il fenomeno non si verifica quando Vinvalidit (se di invalidit possa parlarsi) trae origine da -cause sopravvenute. La materia offre, chiaramente, favorevole campo di indagine per i sostenitori della dottrina della invalidit successiva. Ma sembra pii opportiino . ----------------------- -149 ricorrere, in simili ipotesi, al concetto di inutilit sopravvenuta. Scrive il GIANNINI (voce .Atto amministrativo, in Enc. dir. ) che in simili ipotesi on trofe (n. 48). ~. 2) Se possa competere al privato proprietario di fonff confinante con strada pubblica il diritto all'autotuteTu" di cui all'art. 896 O.e. per la recisione dei rami e del? radici che si insinuassero nel suo fondo (n. 48). ) TELEFONI CONCESSIONI TELEFONICHE -AUMENTO DEI CANONI. Quale sia l'interpretazione dell'art. 52 delle convenzioni riguardanti le concessioni telefoniche alle Soceit S.T.I.P.E.L. e T.E.T.I. (n. 23). PUBBLICAZIONE RASSEGNA DI SERVIZIO DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ANNO xv -N. IO-U-I2 OTTOBRE-NOVEMBRE-DICEMBRE 1963 DECISIONI DI RIGETTO DELLA CORTE COSTITUZIONALI; ED. ESTINZIONE DEL PROCESSO Dt APPELLO INCIDENTATO 1 (bi . margne ad un recente caso giztdiziario) I. Una recente pronunzia del Tribunale di Napli; (1') conoscendo degli effetti delPestinzione dl processo d'appello contro, una sua prt;1Cedente sen teiiza, che, nel 1955, prima. dell'entrata in funzione della Corte Costituzionale, aveva dichiarato inoidenter tantum (a norma della VII disp. tl'ans .. della Costituzione) l'illegitfil:tnit costituzional di mi decr. eto 'legislativo di espropriazione a favore della Sezione Speciale per la riforma fondiaria presso l'O.N.C., disapplicandolo, ha ritenuto inutiliter data la sentenza della Corte Costituzionale, che, investita successivamente della questione dal giudice d'appello, l'aveva dichiarata infondata, affermando che l'estinzione del processo a quo, per mancata riassllllzione a norma dell'art. 297 C;p.c., ha comportato il passaggio in giudicato della propria sentenza del 1955. Il Tribunale pervenuto a tale conclusione, negando che la decisione della Corte Costituzion.le possa annoverarsi fra quei provvedimenti pronunciati nel procedim~nto estinto , che, modificando la sentenza impugnata, ne impediscono il passag: o in giudicato (art. 338 C. p. c.), e ci prch il udizio incidentale di costituzionalit ex artt. 1 !:ge Costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 e 23 'ge 11 marzo 1953, n. 87, non sarebbe una fase, pure devoluta alla cognizione di un giudice erso, dello stesso processo in cui la questione ~ne sollevata. Non lo sarebbe, perch, secondo il .ribunale, > dello status (12), consumando (in caso di accoglimento) l'azione per tutti i collegittimati (13). Ora il concetto di soggezione in senso tecnico indica la situazione di chi non pu impedire che con l'esercizio di un potere altrui si produca un certo effetto nella propria sfera giuridica (14) e cio implica sempre una relazione intersoggettiva, a differenza di quanto assume quella teoria, secondo la quale si tratterebbe, invece, di una relazione ... con l'ordinamento, di una qualificazione preliminare alla nascita di rapporti intersubiettivi. Ma facile accorgersi, allora, che una tale subtiUtas non in grado di indicare in che si distinguerebbe tale qualificazione della impersonale universitas civium dalla qualificazione della stessa legge come-norma vigente ed efficace (15), finch non ne sia dichiarata la illegittimit dall'apposito organo a ci predisposto dall'ordinamento medesimo. Di preliminare alla rilevnza giuiiilia dlla fattispecie concreta v', poi, subiettivamente, il c. d. presupposto soggettivo di quaJ:iicazion '(15-bis) e cio il singolo soggetto (16), a cui sar imputato l'effetto, in 'base ad un problema di leggittimazione (17), che non pu essere certo astratta qualificazione di una universitas, di una collettivit, n pu consistere in una situazione giuridica sostanziale, la quale suppone gi avve nuta. tale imputazione. E, d'altra. parte, come parlare di status (18) subiectionis dell'universitas civium, senza personi ficare (19) la collettivit, contrapponendola. allo Stato Oonditor legum, tornando, cosi, alla relazione inte:r:subiettiva? Se, invece, la collettivit non personificata, come pu parlarsi di status e di si tuazione soggettiva unica? E se, infine, questa immaginaria situazione giuridica della collettivit si trasforma nella somma di tanti status indivi duali, quanti sono i suoi componenti (20), come possibUe pensare che l'annullamento>> (21) di uno status individuale coinvolga quello di tutti coloro che non hanno partecipato al processo? Non ci si accorge, inoltre, che, se l'interesse all'annullamento dello status tutelato occasionalmente, solo quando sia gi sorto un processo nel quale sorga questione sulla. costituzionalit della norma da cui promana la predetta soggezione, e si parla di legittimazione per categoria, ci vuol dire che l'azione di annullamento dello status sarebbe concessa proprio a chi non pi titolare della mera. situazione preliminare nel. senso ipotizzato dalla teoria, ma di una situazione, in tal senso, definitiva? E se la prima non si trasforma o non assorbita necessaria.mente nella seconda, ma ne resta sempre distinta, come presupposto di una serie aperta di poteri, doveri o rapporti, non riesce possibile distinguere queste pretese, innumerevoli situazioni preliminari di soggezione, corrispondenti ad ogni norma dell'ordina.mento, subiettivamente dalla capacit giuridica del singolo, che precisamente l'attitudine alla titolarit di situazioni giuridiche e di rapporti, ed obiettivamente dalla vigenza stessa della norma (la qualificazione dell'universitas civium come subiecta legi latae si riduce alla proposizione che quella legge, fi.nch non ne sia accertata nel modo prescritto l'incostituzionalit, produrr necessariamente il suo effetto nei confronti di qualsiasi membro dell'universitas che venga a trovarsi nella prevista relazione con la fattispecie concreta, corrispondente a quella ipotizzata dalla norma, ossia afferma che a un dato fatto seguir ineluttabilmente un dato effetto sub specie juris nei confronti di un certo o di certi soggetti). Ed ancora, come pu essere proprio questa situazione di soggezione alla norma da applicare nel -processo, che il giudice, anzi -solt>--il giudice, legittimato a fare <Ossiede la caratteristica .di sorgere in occasione e in vista della risoluzione di una questione pregiudiziale, relativa a un giudizio pendente innanzi :a un'altra magistratura, viene a porsi in posizione strumentale e ausiliaria rispetto a quest'ultimo (26) -e che, fin quando la pronuncia della Corte resta -> (29), possieda anche altri caratteri (30), non pu inficiare questa verit fondamentale. Come espressione dell'esercizio di giurisdizioJ.l.e, esso una fase del processo a quo e non un processo obiettivamente autonomo, appunto perch non vi si esercita un'azione distinta e diversa da quella in corso nel primo e perch, di conseguenza, l'effetto dell'esercizio di quella potest giurisdizionale deve prodursi nel processo principale (31). Parlare di azione del giudice nel nostro ordinamento (32) arbitrario ed aberrante. Se, quando ritiene manifestamente infondata la questione di costituzionalit -e ci nei vari gradi 'e fino a giungere alla Corte di Cassazione -il giudice ordinario si sostituisce alla stessa Corte Costituzionale ed in propria competenza giudica della costituzionalit della legge, non si vede come e perch, quando ritiene la questione non manifestamente infondata e per ragio}\e di competenza la sottopone allo speciale Giudice costituzionale, dovrebbe cessare di esplicare attivit di giudice e divenire, invece, parte n attrice, tanto pi se si pensi che sarebbe ben strana l'attribuzione di un diritto di azione, che la parte del processo a quo, prima dell'ordinanza di trasmissione, pu ben escludere, rinunciando al giudizio in corso (33), cosi come potrebbe escluderla, in presenza di una eccezione di incostituzionalit, l'eventuale conciliazione delle parti (art. 185 C. p. c.) intervenuta prima di quell'ordinanza (34). Epper stato autorevolmente osservato che, anche nel caso in cui la questione sia rilevata d'ufficio dal giudice a quo, essa cc rimane ugualmente una controversia fra le parti, come tale considerata e regolata dalla legge n (35), cosicch << non della legge in astratto che si decide, ma in quanto si applica al caso concreto n (36). La configurazione trova riscontro nell'analogo caso in cui, a norma dell'art. 23 legge 7 gennaio 1929, n. 4, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione sono investite con ordinanza del giudice a quo della eventuale questione di inapplicabilit (in relazione all'art. 1 legge n. 4 del 1929) di norme penali contenute in leggi concernenti i singoli tributi e la decidono con efficacia di e< giudicato irrevocabile (cit. art. 23, legge n. 4 del 1929) fra le parti (37). Come fase (38) del processo incidentato, il procedimento innanzi alla Corte Costituzionale adempie alla funzione di accertare in via contenziosa, con la possibilit di contradittorio fra le parti del processo incidentato e degli interventi previsti dagli artt. 20 e 25 legge 11 marzo 1953, n. 87, la conformit o meno di una data formula (39) legislativa ad una o pi norme della Costituzione, facendo conoscere al giudice del processo a quo, se la norma, da questi ritenuta applicabile al caso solo condizionatamente al favorevole esito del controllo di costituzionalit richiesto alla Corte, vada o meno applicata. La Corte accerta in definitiva (se una data formula costituisca) una regula juris valevole per un caso concreto ed il controllo che essa compie della esistenza e della chiarezza della valutazione di rilevanza della questione, fatta dal giudice a quo, espressione dello stesso suo dovere di accertare e< il titolo o il -168 presupposto dell'esercizio in con::ireto della propria competenza (40) . .Alla Corte di Cassazione compete, invece, di stabilire se una data > (59). Ohe il Costituente abbia voluto soltanto la. cessazione di efficacia della legge incostituzionale, si spiega, poi, sia col fondamentale principio dell'autonomia dei poteri fondamentali dello Stato (60) (col quale mal si sarebbe conciliata l'applicazione di sanzioni contro l'atto legislativo), (61) che con l'intento di evitare in linea di principio la revivisceza del diritto abrogato (62) e di giustificare il controllo costituzionale del diritto preesistente (63). IV. Appare, pertanto, dimostrata l'erroneit. der ragionamento del Tribunale di Nap~l,i,_ irretito dalle conclusioni di una tesi dottrinale viziata a]la. base (64). La sentenza della Corte Costituzionale era intervenuta nel processo di appello, allorch questo non si era ancora estinto ed aveva modificato il precedente giudizio del Tribunale, (65) nella premessa, laddove esso aveva ritenuto la illegit -169 timit costituzionale della legge-provvedimento di cui trattasi ! Questo rilievo, assorbendo ogni altra critica, vale a confutare anche l'assunto della Corte di Appello di Catanzaro (66), che in un caso analogo a quello deciso dal Tribunale di Napoli, pur ammettendo che la pregiudiziale costituzionale si distingue dalle pregiudiziali disciplinate dal diritto comune (penale, civile, amministrativo), cc perch priva della caratteristica dell'autonomia rispetto all'oggetto della domanda principale sotto il duplice profilo che la questione di legittimit non pu, come questione astratta, :formare oggetto di un processo autonomo e che anche la Corte Costituzionale la sottopone ad esame come semplice premessa logica per la decisione del caso concreto (67), ha ugualmente ritenuto inutiliter data la sentenza della Corte Costituzionale, che aveva dichiarato la infondatezza della questione di costituzionalit di un decreto legislativo di esproprio, e ci perch quando il processo principale viene, comunque, a cessare, viene anche meno l'efficacia diretta della . sentenza, perch non esiste pi la controversia ancorata alla decisione della pregiu diziale costituzionale, o, perch, come nella specie, la controversia rimasta irrevocabilmente decisa dal giudice che all'epoca era <;iompetent~ a riso.I~ vere la stessa pregiudiziale (68). Evidentemente, sfuggito alla Corte di Catanzaro che l'estinzione del processo di appello, per mancata riassunzione a norma dell'art. 297 C.p.c. nel termine perentorio di sei mesi dal deposito della decisione della Corte Costituzionale, non poteva operare che dalla (inutile) scadenza di tale termine (69), ossia dopo che in quel processo era gi intervenuta la sentenza della Corte Costituzionale a modificare la sentenza di primo grado, impedendone il passaggio in giudicato (art. 338 C. p. c.). V . .A corroborare definitivamente questo risultato, non resta che citare, a m di conclusione, lo stesso insegnamento delle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione, secondo cui la decisione della Corte Costituzionale che dichiari l'infondatezza della questione di costituzionalit cc si deve ritenere emessa dal giudice a quo del processo e deve avere la stessa portata di una sua decisione incidentale sulla questione (70). FRANCO C.ARUSI NOTE (1) La si veda pubblicata in Terni Napoletana, 1962, 396 ss. ed in Giux. it. , 1963, I, 2, 205, ss. (2) la nota tesi svolta dal CAPPELLETTI in La pregiudizialit costituzionale nel processo civile, Milano, 1957, pagg. 4 e segg. (3) CAPPELLETTI, op. cit., pag. 52, 100, 210. (4) Cos il CAPPELLETTI, op. cit., pag. 20, conviene col MoNTESANO (v. appresso a nota 61) che nel nostro ordinamento l'incostituzionalit della legge pu essere oggetto di questione ma non di lite. (5) Cfr. KELSEN: Teoria generale del diritto e dello Stato, Milano 1952, p. 160; PIERANDREI; Oorte Costituzionale, in cc Enciclopedia del Diritto, vol. X, Milano, 1962, pag. 972. (6) CAPPELLETTI, op. cit., pagg. 24, 25 (in nota), 140, 171. Secondo il predetto autore (op. cit. pag. 25, nota 42) si tratterebbe di una mera qualifica dell'ordina mento e non gi di un rapporto intersubiettivo. Si tratterebbe di una situazione sostanzia~e preliminare. Ma la preliminarit o prodromicit una categoria dellii. concreta efficacia della norma, che suppone gi verificata una frazione della fattispecie da questa ipotizzata; gi un rapporto, v. in argomento RUBINO: La fattispecie e gli effetti giuridici preliminari, Milano, 1939, pag. 127 e segg.; sugli effetti preliminari osserva il FALZEA: Il soggetto nel sistema dei fenomeni giuridici, Milano 1939, pagine 15-16, essere cc possibile che, pux non essendo esistenti tutti gli elementi necessari perch, intervenendo la qualificazione concernente la situazione di fatto, sorgano le conseguenze giuxidiche predisposte, questi elementi semplici, possano, per s stessi, essere oggetto di una qualificazione autonoma e perci sono dei veri e propri fatti giuridici e che (pag. 17) cc la situazione di fatto parziale, qualificata, produce delle conseguenze giuxidiche autonome, indipendentemente dalla possibilit di divenire totale... salva la interdipendenza funzionale degli effetti preliminari e di quelli definitivi. (7) CAPPELLETTI: op. cit., pag. 140, testo e nota 59. (8) Id., op. cit., pagg. 76 e segg., 139 e segg. (9) Id., op. cit., pag. 171. (10) Interesse proprio anche della parte che fonda la sua difesa precisamente sulla norma rispetto alla quale venga sollevata la questione di costituzionalit ? (Il) CAPPELLETTI: op. cit., pag. 142-149; 192, nota 145. (12) Id., op. cit., pagg. 79, 84, 141 e segg. (13) Id., op. cit., pag. 171. (14) Trattasi, cio, della situazione correlativa. al potere o al diritto potestativo di un altro soggetto: cfr. SANTORo-PASSARELLI, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, 1954, pag. 55; SANDULLI, Manuale di diritto amministrativo, Napoli 1952, pag. 47, nonch AA. citati da CASSARINO. Le situazioni giuridiche e l'oggetto della giurisdizione amministrativa, Milano 1956, pag. 233, nota 46. Questo A. osserva, peraltro, (op. cit . pag. 234), che la necessit di subire gli effetti dell'esercizio del potere cc non significa nulla, poich ogni necessit. in tanto concepibile in quanto abbia ad oggetto un determinato comportamento. Nel caso della soggezione non viene in rilievo alcun comportamento, neanche_ negativo... Si tratta, quindi, nient'altro che della generica. posizione in cui si trova ogni soggetto, in capo al quale. possono produxsi effetti giuxidici. .. a seguito di comportamenti altrui giuxidicamente rilevanti . (15) CAPPELLETTI, op. cit., pag. 41, ove critica la.. nota concezione dell'EsPOSITO della legge nulla, ma esecu -170 toria; v. anche a pagg. 82-84. Sul ptinto v. le considerazioni del PIER.ANDREI, Corte Costituzionale, in Enciclopedia del Diritto, vol. X, pag. 972, il quale osserva che difficile ritenere che le leggi incostituzionali mentre vigono e il loro vizio non sia appariscente e sospettato e comunque non ancora accertato, non si pongano come obbligatorie al pari di tutte le altre leggi per il fatto che sia possibile sollevare n loro confronti la questione (in rapporto ad un potere non ancora esercitato e ohe non si sa quando verr esercitato). Sulla questione di responsabilit dei cittadini v. P.ALADIN Cenni sul sistema delle responsabilit civili per l'applicazione di leggi incostituzionali in Giur. Cost. , 1960, 1029 e segg. (15-bis) Cfr. FALZEA, op. cit., pag. 7 e 78 (v. avvertenza a pag. 79 ed artt. I, comma secondo, 462, 600, 643, 784 Cod. civ.). (16) Dire soggetto significa dire capacit giuridica, ossia attitudine ad essere pnnto di legittimazione soggettiva di conseguenze giuridiche v. F.ALZEA, op. cit., pag. 74; SANDULLI, Manuale cit., pag. 40. (17) Non ha senso, pertanto, postulare ulteriori qualificazioni soggettive rispetto alla singola norma, se non appunto in termini di legittimazione all'effetto concreto. Se prima del fatto la norma non esiste se non nel testo, come formula, mentre opera soltanto quando avviene il fatto, al quale deve essere applicata (v. la interessante polemica fra AscARELLI e CARNELUTTI, in << Riv. di dir. proc, 1957, pagg. 351, 364 ed ivi, 1958, pagg. 14-26; in particolare, CARNELUTTI, ibidem, pag. 24; v. anche Corte Cost., sent. 23 giugno 1956, n. 3, Giur. Cost. , 1956, pag. 574), l'unico modo di essere del soggetto, che pu avere significato, precisamente la legittimazione all'effetto. Il che esclude, anche, melius re perpensa, che rispetto alla norma di legge avente carattere generale possa parlarsi di legittimazione unica ed indivisibile. Ogni effetto concreto pone un problema di legittimazione, per poter essere imputato al singolo soggetto (effettivo destinatario della norma: ANDRIOLI, L'intervento nei giudizi di legittimit costituzionale, in Giur. Cost. , 1957, pag. 284). Con la divisibilit della legittimazione pu giustificarsi, peraltro, anche il fenomeno della c.d. sopravvivenza del diritto abolito, per cui una legge, pur se abrogata, continua a costituire la regola dei rapporti sorti prima dell'abrogazione e non ancora esauriti. (18-19) Il concetto di status sta appunto a indicare l'appartenenza di un soggetto ad una certa categoria caratterizzata da una particolare sfera di capacit: SANDULLI, Manuale cit., pag. 41; v. anche SANTORO PAsSA.RELLI: Dottrine generali, eco., cit. pag. 7-8. (20) V. sopra, nel testo in oorrisp~ndenza delle note (16, 17). (21) V. appresso, nel testo, in corrispondenza della nota (25). (22) CAPPELLETTI, op. cit., pag. 78. (23) Di mediazione col fatto direbbe il CARNELUTTI: Risposta al prof. Ascarelli, in << Riv. Dir. proc. , 1958, 25, il quale -ivi, pag. 26 -riconosce che l'Ascarelli ~>, 1957, pag. 523: << il processo costituzionale destinato ad esercitare eventualmente una doppia funzione, perch deve decidere una questione del processo principale e nello stesso tempo, se la decisione sar positiva, spiegher una efficacia indiretta e secondaria che trascende l'ambito di quel processo e raggiunge il piano degli elementi costitutivi dello stesso ordinamento giuridico . (31) Cfr. LIEBMAN, op. cit., pag. 523, il quale sottolinea che secondo i dati positivi il processo costituzionale appare configurato dalla legge come legato al processo principale da un rapporto non soltanto genetico, ma funzionale, che perdura inalterato, salvi eventi straordinari, fino alla sua conclusione: per cos dire una propaggine del processo principale, qualche cosa come un ramo che se ne diparte e vi ritorna pur essendo dotato, altres, di caratteristiche diverse ed altamente significative, che gli danno un'identit propria non confondibile in vista della sua funzione indiretta >>, su cui v. nota precedente; cfr. anche GARBAGNATI, Sull'effecacia delle decisioni della Corte Costituzionale, in Scritti giuridici in onore di F'. Carnelutti, vol. IV, Padova 1950, pagg. 196-198 e 210, ove mette in evidenza l'analogia con la <>, 1948, IV, col. 52; cfr., infine, appresso, nota 38. (32) Quando il CAPPELLETTI, op. cit., pag.. 143, osserva che cc la configurazione del ricorso costituzionale come azione (anche) del giudice del processo pregiudicato non dovrebbe stupire chi ricordi che l'istituto ex art. 100, comma I, della Costituzione di Bonn viene definito dalla dottrina tedesca come Richterklage, ossia, precisamente, azione del giudice, questo A. non considera la differenza che passa fra actio e Klage, in cui il momento prevalente non l'affermazione di diritto in giudizio, ma la querela intesa ad ottenere l'attivit del giudice, l'invocazione del giudice cfr. CroVENDA, l'Azione nel sistema dei diritti -Saggi di dir. proc. civ., vol. I, Roma 1930, pag. 7 a 57; v. anche SATTA, Sui rapporti, ecc., cit., pag. 593 parlare di nna azione del giudice, come si dice dagli scrittori tedeschi, non proprio per il nostro ordinamento. Epper non di azione si tratta, ma di denuncia: ofr. CALAMANDREI, L'illegittimit costituzionale delle leggi nel processo civile, Padova; 1950,_ pag. 52 e segg.; ANDRIOLI, L'intervento nei giudizi, ecc., cit., pag. 283; REDENTI, Legittimit delle leggi e Corte Costituzionale, Milano 1957, pag. 41 e 57; LIEBMAN, Contenuto, ecc., cit., pag. 520, il quale ritiene ohe non sia neppure necessario pensare a una vera e propria -171 denuncia, mettando in evidenza che il giudizio di costituzionalit promosso dal giudice della causa perch egli ha sempre il compito di stabilire liberamente quale sia la norma giuridica applicabile ai fatti della causa (iura novit curia) e in questa attivit rientra necessariamente anche l'indagine sulla validit costituzionale della norma stessa. Sebbene egli non abbia pi oggi il potere di decidere la questione, peraltro suo dovere proporsela e, in caso di dubbio, rimetterla alla Corte ; NIGIDO, Il procedimento nei giudizi di legittimit costituzionale, in '' La Corte Costituzionale " (Raccolta di studi}, suppl. de La Rassegna mensile dell'Avvocatura dello Stato>>, Roma 1957, pag. 150. (33) Cfr. SATTA, Sui rapporti fra la giurisdizione co;tituzionale e il processo (a proposito di un recente libro}, in "Riv. Trim. dir. e proc. civ., 1959, pag. 593, ove si osserva che Il giudice agisce sempre nella sua funzione di giudice, che fura novit, anche se in luogo di pronunciare sull'eccezione a norma dell'art. 112, seconda parte, si limita a sollevarla per lo speciale meccanismo della legge . (34) Cmcco e CORONAS, L'inte1pretazione giudiziale della Costituzione, in La Corte Costituzionale ll, cit, pag. 619. (35) AzzARITI, Gli effetti delle pronunzie sulla costituzionilit delle leggi, in Riv. dir. proc. >>, 1950, I, pag. 189 e pag. 190 (cc non mi sembra... che sia giusto considerare la questione sollevata d'ufficio dal giudice come una denunzia fatta nell'interesse generale, perch si rimane sempre nell'ambito di.una controversia pregiudiziale, la risoluzione della quale sia ritenuta necessaria per la decisione della causa in corso) e in Problemi attuali di diritto costituzionale, Milano, 1951, pag. 157. (36) SEGNI, Il processo civile nello Stato contemporaneo in cc Jus >>, 1954, p. 36; PIERANDREI, Corte Costituzionale, cit., pag. 947, ove si mette in evidenza che la prima condizione dell'incidente di costituzionalit, ossia la rilevanza della questione, implica che la legge impugnata sia precisamente quella che deve trovare immediata applicazione . (37) D'AMELIO, La Corte di Cassazione come giudice di prima istanza,, in Riv. di dir. Pubbl. , 1930, pag. 6 e segg. (a pag. 10 sottolinea che cc l'art: 23 non dichiara che la decisione abbia efficacia anche in confronto di estranei al giudizio). Sulle differenze fra i due istituti v. AzZARITI, Gli effetti delle pronuncie, ecc., in Riv. dir. proc. >>, 1950, I, pag. 188. (38) Cfr. Ordinanza 23 giugno 1956 delle Sezioni Unite Civ. della Corte di Cassazione in causa Mazza c. Min. Agricoltura ed Opera Valorizzazione Sila, in cc Giust. Civ. >>, 1956; CXXI: la questione non pu sorgere in via astratta, avulsa da un inte-resse specifico all'attribuzione di un bene della vita o (nel processo penale) all'affermazione della inesistenza (o d(;llla esistenza) di una pretesa punitiva verso soggetto determinato per un fatto storicamente avvenuto ed ancora (ivi): l'incidentalit intesa ai fini della sollevabilit della questione di legittimit costituzionale non postula quella rigorosa separazione concettuale tra la questione stessa e l'oggetto principale del giudizio, ma soltanto che la risoluzione della questione valga alla decisione di una controversia concreta" (39) V. SANDULLI, Atto legislativo, Statuizione legislat iva e giudizio di legittimit costituzionale, in Riv. trim. dir e proc. civ.>>, 1961, pagg. 6 e segg.; MONTESANO, Norma e fmmula legislativa nel giudizio costituzionale, in Riv. dir. proc >>, 1958, pagg. 524 e segg.; Id., Le sentenze costituzionali e l'individuazione delle norme, ivi, 1963, pagg. 20 e segg.; v. anch(;l..DE FINA1.JZ controllo sulla legislazione, ivi, 1961, pag. 48. (40) Cfr. PIERANDREI, Corte Costituzionale, cit., pagine 962, 963, ove mette in rilievo perch quel controllo non solo giustificato, ma necessario ed in nota (337) elenca numerose pronunce della Corte in ordine al controllo medesimo circa l'esistenza e la sufficienza del giudizio (del giudice a quo) sulla rilevanza della questione. Sul punto, di recente, v. Corte Cost., 9 aprile 1963, n. 45, in Sentenza ed ordinanze della O. O. suppl. della Giurisprudenza Costituzionale, 1963, 127. (41) SATTA, Corte di Cassazione (dir. proc. civ.), in " Enciclopedia del diritto >>, vol. X, Milano 1962, pag. 823. (42) GARBAGNATI, Sull'effecacia delle decisioni, ecc., cit., pag. 211. (43) Il GARBAGNATI, O{[J. cit., pag. 213, sottolinea che le decisioni della Corte Cpst. hanno l'efficacia processuale della cosa giudicata, analogamente a quelle delle Sezioni Unite a norma dell'art. 23 legge 7 gennaio 1929, n. 4: i loro effetti non si esauriscono nell'ambito del processo a quo, ma si estendono a qualsiasi processo nel quale fra le stesse parti dovesse successivamente sullevarsi la questione. Sul punto v. anche il nostro studio: Gli effetti delle pronunzie della Corte Costituzionale, ecc. in La Corte Costituzionale (Raccolta di Studi) cit., pagg. 239 e segg., ove si segnala anche la differenza fra efficacia panprocessuale ed efficacia " materiale del giudicato. (44) Che si tratti di funzione distinta non propriamente giurisdizionale ammette il SANDULLI, N atura, funzioni ed effetti delle pronunce, ecc., cit., pagg. 35 e segg.; v.ancheLIEBMAN,Contenuto, ecc., cit., pag. 523 (45) Che la Corte Costituzionale costituisca un potere distinto dai tre tradizionali mette in evidenza il GuGLIELMI, I confiitti di attribuzione tra i potmi dello Stato in La Corte Costituzionale (Raccolta di studi), cit., pag. 424, 425; v. anche REDENTI, Legittimit delle leggi e Co1te Costituzionale, Milano 1957, pagg. 33-34; TESAURO, La Corte Costituzionale, in Rass. Dir. Pubbl. >>, 1950, pagg. 205 e segg., il quale sottolinea che la Corte al di fuori e al di sopra dei vari poteri dello Stato (pag. 244245); ha natura anfibia (pag. 245) e la sua decisione (di accoglimento) ,; un atto supergiurisdizionale, perch ha una efficacia superiore e vincolante nei confronti di tutte le manifestazioni dell'attivit degli organi giurisdizionali (pag. 227); SANDULLI, op. cit., pag. 24, nota 3, secondo il quale, per, l'individualit, l'indipendenza e l'autonomia riconosciute a ciascun potere nell'ordinamento costituzionale non sono collegate alle funzioni esercitate, bens al piano sul quale esse vengono esercitate (op. loc. cit.). (46) Ed infatti la Corte Costituzionale continua a giudicare nei limiti della questione sollevata dal giudice a quo e sugli atti del processo principale, di modo che non pu dirsi che oggetto di quel giudizio divenga la legge in s, ma deve dirsi, soltanto, che l'eventui;i}e_ inutilit dell'effetto principale della decisione (spetta semm:-e __ cc al giudice non costituzionale, ove e quando se ne presenti l'occasione, decidere se lo scioglimento di quella questione possa avere efficacia o rilevanza tra le parti della causa : MONTESANO, Le sentenze costituzionali ,e l'individuazione delle norme, cit. in "Riv. dir. proc. -17::l 1963, cit., pag. 43) non impedisce alla decisione di spiegare ugualmente il suo effetto secondario... totalmente estraneo al processo a quo, cfr. LIEBMAN, Contenuto ed effecacia delle decisioni, ecc., cit., pag. 523. (47) MONTESANO, op. ult. cit., pag. 43. (48) Cfr. ANDRIOLI, Profili processuali del controllo giurisdizionale delle leggi, in .Riv. Dir. Pubbl. , 1950, I, pag. 44. (49) E ci, del resto, neppure nell'altra ipotesi di giudizi di legittimit costituzionale instaurati in via principale: cfr. SANDuLLI, Sulla discriminazione delle competenze, ecc. in Foro it. , 1956, IV, col. 50-52, nota 3; v. anche appresso, nota 61. (50) Lo stesso CAPPELLETTI, op. cit., pag. 187 esclude un potere della Corte Costituzionale di annullare le leggi sine act\one. (51) <>, 1956, CXXI; v. anche per la storia dei lavori preparatori AzZARrn, Gli effetti delle pronunzie, ecc., cit., in Problemi attuali di dir. cost. cit., pagg. 144 e segg. (52) C:fr. ANDRIOLI, Profili processuali, eec., cit., loc. cit.,: invano si andrebbe in cerca di un organo o rappresentante cui fosse commessa la cura di una massa di interessi che differenziata solo dalla qualit di destinatari della norma di cui si discute: non il P.M., che s il rappresentante della legge, ma presso il potere esecutivo e per giunta della legge con !'elle maiuscola, non i presidenti delle due Cqmere, non tanto perch la chiamata in causa non si addice alla loro dignit, quanto e sopratutto perch la legge, una volta entrata in vigore, affare che interessa ai suoi destinatari e non agli autori, v. anche le osservazioni del PICCARDI, La Corte Costituzionale in Italia, in ccRiv. Amministrativa, 1951, pagg. 239-241. (53) Cfr. LIEBMAN, Contenuto ed effecacia delle decisioni, ecc., cit., pag. 522. (54) Osserva il SANDULLI, Natura, funzione ed effetti delle pronunce, ecc., cit., pag. 40, che cc nell'imporre ai giudici comuni di rimettere alla Corte Costituzionale la questione di legittimit costituzionale delle norme legislative che altrimenti dovrebbero applicare nel corso di un giudizio questo articolo (I legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. I) implica appunto che la pronuncia di incostituzionalit destinata senz'altro a operare nel giudizio a quo (il quale, infatti, viene sospeso in attesa di quella pronuncia: art. 23, 2 comma, legge 11 marzo 1953, n. 87). Perch possa prodursi tale operativit -la qual discende direttamente e immediatamente dalla pronuncia e si realizza quindi col semplice perfezionarsi di essa (vale a dire col deposito in cancelleria: art. 26, 3 comma, legge 11 marzo 1953, n. 87) -non occorre dunque la pubblicazione della sentenza della Corte ai sensi dell'art. 30, 1 comma, legge ult. cit. e che la disposizione dell'art. 136 Cost., redatta e approvata quando non ancora si prevedeva l'adozione nel nostro sistema del giudizio costituzionale incidentale (introdotto con la successiva legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1), si riferisce palesemente agli effetti erga omnes delle sentenze di accoglimento della Corte . (55) Osserva l'AZZARITI, Gli effetti delle pronunzie, ecc. cit., in cc Problemi attuali di diritto costituzionale>>, cit., pag. 151 che esso cc indubbiamente fuori del nostro sistema processuale, secondo il quale ogni pronunzia destinata a produrre effetti tra le parti e non gi in confronto di coloro che sono estranei al giudizio . (56) Mentre, se si trattasse di azione di annullamento della legge in s, non si giustifichrebbe questa diversa estensione soggettiva del giudicato secundum eventum litis: il SANDULLI, Appunti sull'atto amministrativo collettivo, ecc., in Scritti giuridici per il centenario della casa editrice Jovene >>, Napoli, s.d., pag. 439, nota 64, avverte che la tesi della variabilit dell'estensione della cosa giudicata secundum eventum litis decisamente superata; v. anche nostro studio Gli effetti delle pronuncie, ecc., cit., pag. 221. (57) Sulla efficacia vincolante delle pronunce di rigetto in ogni altro processo in cui fra 1e stesse parti fosse riproposta la questione, v. GARBAGNATI, op. cit., pag. 212-213; sull'efficacia vincolante delle pronunce medesime non solo nel giudizio a quo, ma anche in altro giudizio che fra le stesse parti e sulla stessa controversia fosse instaurato ex novo, in caso di estinzione del processo incidentato, v. GIONFRIDA, Giudizio di legittimit costituzionale della legge, ecc., in cc Studi in onore di E. Eula >>, Milano 1957, pag. 116, anche in nota; SEGNI, L'unit del processo, Riv. it. , scienze giurid. >>, 1954, 235, nota; PIERANDREI, Corte Costituzionale, cit., pagg. 978-979, il quale (pag. 979) si riporta al principio del ne bis in idem, che vincola i giudici a non pi pronunciarsi sull'oggetto del precedente giudicato ed a conformarsi ad esso quando debbano decidere questioni che lo presuppongono; v. anche Cass. Sez. Un., 22 gennaio 1958, n. 147, in cc Giust. Civ.>>, 1958, p. 1, pagg. 1093 e segg. ed ivi nota con ampie citazioni di dottrina. Al principio del ne bis in idem si rif anche il CHIEPPA, Ancora su.lla riproponibilit di questione di legittimit costituzionale, ecc., in Giur. Cost. >>, 1961, pag. 1063. (58) Il REDENTI, Legittimit delle leggi, ecc., cit., pag. 34, designa la Corte cc custode supremo degli argini . (59) SANDULLI, Natura, funzione ed effetti delle pronunce, ecc., cit., pag. 43, il quale, pur parlando di effetto di annullamento sottolinea che esso non discende...... dal dispositivo della sentenza (ibidem). (60) Osserva il PIERANDREI, Corte Costituzionale, cit., pag. 968, che cc il nostro sistema, se da un lato non ritiene che le disposizioni legislative incostituzionali siano affette dal vizio della nullit {v. infatti, ivi, pag. 972) cc dall'altro lato non consente, a tutela della autonomia degli organi fondamentali, che le manifestazioni di volont degli organi stessi vengano direttamente eliminate da un altro organo. {61) Cfr. MoNTESANO, Legge incostituzionale, processo e responsabilit, in Foro it. , 1952, IV, Col. 157, il quale, per, negando che vi sia un'applicazione giurisdizionale di sanzioni contro l'atto incostituzionale, ritiene di potere affermare che l'atto legislativo incostituzionale non annullabile, ma nullo (op. loc. cit.). Sulla critica della concezione che l'invalidit costituisca una pura conseguenza logica della difettosit della fattispecie, v. ScoGNAMIGLIO, Contributo alla teoria del negozio giuridico, Napoli, 1950, pag. 369 e segg., .. il-quale giustamente rileva che cc l'invalidit non la sola conse-- guenza della disformit al diritto... potendosi avere sanzioni diverse o addirittura la semplice inefficacia, onde la necessit di rifarsi al disposto del legislatore (pag. 401); v. anche CANNADA-BARTOLI, L'inappli -------------------------- -173 cabilit degli atti amministrativi, Milano 1950, pag. 31, altro la teoria delle forme di divergenza, altro la teoria delle conseguenze della divergenza ed altro ancora la teoria delle cause di divergenza. (62) Mentre, non trattandosi di abrogazione legislativa (v. le osservazioni del GARBAGNATI, Sull'efficacia delle decisioni, ecc., cit., pagg. 206-208; v. anche SANDULLI, Natura, funzione ed effetti delle pronunce, ecc., cit., pagg. 24-25), quella cessazione di efficacia radicale, nel senso che esclude ogni ultrattivit della legge dichiarata incostituzionale (cfr. PmRANDREI, op. cit., pag. 968, nonch nostro studio, Gli effetti delle pronunce della Corte Costituzionale, ecc., cit., pag. 247). (63) Si veda il rilievo del TRACANNA, La illegittimit costituzionale delle leggi e degli atti aventi forza di legge, in >, 1956, cit. CX.XI: <(l'infondatezza deve risultare da un esame in limine, ma che pure escluda ogni possibilit di dubbio di una soluzione differente ) e lo stesso provvedimento sia adottato nei successivi gradi del giudizio, precludendo definitivamente la possibilit di trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale per l'esame della questione. E la natura dell'attivit esercitata dal giudice a quo e del provvedimento da lui adottato non pu certo mutare... a seconda del risultato a cui pervenga ! Non si ometta neppure di considerare che l'ordinanza di trasmissione degli atti irrevocabile (cfr. PmRANDREI, Corte Costituzionale, cit. pag. 953), mentre la revocabilit caratterii?ti(la del prov:yedimento ordinatorio e cos del provvedimento di sospensione (App. Torino 13 aprile 1954, >, 1945, 1 '299; Trib. Varese 7 luglio 1953, Giur. it. , 1954, 1, 2, 2434, ecc.) esclude che l'ordinanza di rimessione della questione di costituzionalit possa ascriversi fra i ccprovvedimenti pronunciati nel procedimento estinto, che, a norma dell'art. 338 C.p.c., impediscono il passaggio in giudicato della sentenza impugnata, il CARNELUTTI, Un caso singolare, ecc. in ccRiv. di Dir. Proc. >>, 1963, 669. In questo breve scritto non si esamina, per, la questione trattata nel testo e cio se, dato che il giudizio di costituzionalit ex art. 1 legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 costituisca una fase del giudizio incidentato, la pronuncia della Corte che lo conclude debba essere consider;'tta provvedimento idoneo ai sensi dell'art. 338 C.p.c. ad impedire il passaggio in giudicato della sentenza impugnata. da ritenere, per, che, se la questione fosse stata posta, l'A. non avrebbe mancato di tener conto di quanto gi scritto (Una pezza all'art. 136 della Costituzione? in ccRiv. di Dir. Proc., 1958, 243) per avallare la tesi del LIEBMAN (v. supra, note 30 e 31), collimante con quella sostenuta, qui, nel testo. In ordine al punto che la sentenza confermativa d'appello modifica, ai sensi e per gli effetti dell'art. 338 C.p.c., gli effetti della sentenza di primo grado, che sostituisce, sebbene non ne modifichi il dictum e cio giunga alle medesime conclusioni, v. GroDICEANDREA, Estinzione del procedimento d'appello, ecc., in e< Giur. it. , 1953, I, 1, 62. Sul principio che la natura di un provvedimento del giudice va desunta non dalla qualifica ad esso attribuita o dalla forma di cui rivestito bens dal suo contenuto sostanziale e dagli effetti che esso produce in ordine alla materia cui di riferisce v. di recente Cass., 20 aprile 1963, n. 975, cc Mass. Giur. it. >>, 1963, 326. (66) App. Catanzaro 22 novembre 1961, in cc Giur. it. , 1963, col. 210 e segg. (67) App. Catanzaro, 22 novembre 1961, cit. in cc Giur. it. >>, 1963, col. 212. (68) App. Catanzaro 22 novembre 1961, cit. in cc Giur. it. , 1963, cit. col. 213. (69) L'espressione l'estinzione opera di diritto, di cui all'ultimo comma dell'art. 307 C.p.c., significa che il provvedimento dichiarativo dell'estinzione retroagisce al momento in cui si verificata la causa dell'estinzione, cfr. ANDRIOLI, Commento al Codice di procedura civile, vol. Il, Napoli, 1956, pag. 339; MAssARI, Questioni intorno alla proroga del termine, ecc., nota a Cass. civ., 27 ottobre 1956, n. 4005, in Giur. it. >>, 1957, I, 1, col. 1378. Nella specie, pertanto, il processo si estinse allorch fu scaduto inutilmente il termine di sei mesi dal passaggio in giudicato della sentenza della Corte Costituzionale (art. 297 C.p.c.). (70) Cassazione, Sezioni Unite, 18 aprile 1962, n. 770, in Giust. Civ. >>, 1962, p. 3, pag. 253; v. ari.che Corte Costituzionale, 11 luglio 1961, n. 54 in > di cui all'art. 72 della Oostituzione non sono altro che i disegni di leggi di revisione della Oostituzione e (di) altre leggi costituzionali di cui al successivo art. 138. La riserva della procedura di approra::ione in aula vige solo per questo tipo di leggi. Per tutte le altre pienamente legittima la procedura decentrata in Oommissioni. Spetta all'apprezzamento politico del Parlamento attribuire efficacia di leggi costituzionali a determinati atti normativi, determinando cos per i relativi progetti, l'operativit della riserva in questione. Per le leggi ordinarie non c' normalmente riserva, ma apprezzamento discrezionale, e la procedura decentrata del tutto legittima. Oonclusione: l'isolamento di una categoria dogmatica di leggi in materia costituzionale ,-altra da quella delle leggi costituzionali vere e proprie non consentita. Il Oonsiglio Superiore della Magistratura, stato legittimamente istituito dalla legge 24 marzo 1958, n. 195, approvata in Oommissione in sede deliberante dalla Camera del Deputati. 3) Seconda proposizione: esatto che i Magistrati non sono inseriti in un ordinamento di carattere gerarchico, ed altrettanto vero che essi, tutti, sono egualmente soggetti soltanto alla legge. Ma questo principio (non fosse altro, per la differenziazione insita nell'esistenza di gradi di giurisdizione) non impone di tener conto unicamente del dato numerico ai fini dell'elettorato passivo e non postula che non abbia affatto peso quanto ha tratto all'esperienza ed al prestigio derivanti e dall'anzianit e dalla sele zione. Inesistenza di una gerarchia e pari sogge zione alla legge non comporta di necessit l'implica zione dall'eguaglianza assoluta e l'abolizione ili ogni considerazione di peso specifico. Tale argomento d la chiave per risolvere, in senso positivo, la questione dell'elettorato attivo differen ziato e della formazione dei collegi, dove chiaro che non possa ravvisarsi voto multiplo. Appropria ....................-...------------------- -179 tamente qui viene ricordata la sentenza n. 111del1963, ed in genere la giurisprudenza della Oorte, secondo la quale consentito al legislatore ordinario di disciplinare diversamente situazioni differenti, quando ci .abbia adeguata giustificazione. 4) Terza proposizione: non si dice che ogni inter 'Vento del Ministro di Grazia e Giustizia nel funzio-' namento del Oonsiglio Superiore della Magistratura .sia illegittimo. E non lo si pu dire senza ignorare la realt, dato che il Oonsiglio Superiore non dispone di un apparato burocratico, che, quanto meno, gli .segnali l'esistenza di una materia del deliberare, compia le istruttorie, ecc. Si dice, invece, che l'iniziativa del Ministro non esclusiva; e si dichiara l'illegittimit costituzionale dell'art. 11 della legge, in quanto stabilisce non potere deliberare il Oonsiglio senza l'impulso del: l'esecutivo. Giustissimo. Ma, ove si consideri l'impossibilit di una sanzione alla delibera del Oonsiglio Superiore, .adottata in vigenza dell'art. 11, delibera che sia stata emessa senza richiesta ministeriale, ove si considerino, ancora, come dovuti gli atti amministrativi di esecuzione di siffatta delibera, dovuti -ripetiamo in ogni caso, anche se il Ministro sia convinto .dell'illegittimit di essa, la dichiarazione d'illegittimit costituzionale assume -quanto meno in pratica -senso e valore di un Schlag in die Lebre, per altro altamente apprezzabile e di indubbia esattezza. 5) Quarta proposizione: i Magistrati non fanno parte dell'ordinamento amministrativo. Gli atti che li concernono non sono, quindi, atti (soggettiva mente) amministrativi. Ma la, Magistratura non .avulsa dall'ordinamento dello Stato, e ne segue quindi, in mancanza di una deroga espresssa, le regole. .Abbia1no quindi: a) delibere del Oonsiglio Superiore, .che sono atti di tipo amministrativo; b) decreti del Ministro o del Oapo dello Stato, che sono atti di mera esecuzione. Le delibere non possono essere sin dacate se non in quella Sede di gravame che il plenum del Oonsiglio Superiore; i decreti solo per 1Jizio proprio, o per difformit dalla delibera che li .determina, in sede di giurisdizione amministrativa di .legittimit. Oi -naturalmente -restando salvo il controllo finanziario. 6) La nobilt della sentenza che si venuti rias: sit1nendo, rifulge allorquando essa -trattando del. l'indipendenza della Magistratura -istituzionalizza in una formula giuridica, l'esigenza morale della .sua indipendenza. la Corte non pu non rilevare -osserva .la sentenza -che l'indipendenza della Magistratura trova la prima e fondamentale garanzia nel senso . del dovere dei Magistrati e nella loro obbedienza : alla legge morale, che propria all'altissimo ufficio . e che consiste nel rendere imparzialmente giustizia; principi questi ai quali si costantemente unifor mata la Magistratura italiana . Non si poteva .dire meglio: e la Oorte in queste brevi frasi si vera mente resa interprete dello stato d'animo di tutto "il Paese. CORTE COSTITUZIONALE -Questione di legittimit costituzionale pormossa da Consiglio comunale Inammissibilit. (Corte Costituzionale, 13 dicembre 1963, n. 157 -Pres.: An:ll:>rosini;. ~~l.. :. Bia!lca). Il Consiglio comunale, nel corso d'un procedimento relativo alla decadenza di componenti la commissione amministrativa di aziende municipalizzate, non pu sollevare questioni di costituzionalit. Oon questa sentenza la Oorte ha confermato la natura eccezionale della funzione giurisdizionale attribuita ai Oonsigli comunali (e provinciali) limitatamente alla materia elettorale, escludendo ancora una volta che il Oonsiglio comunale possa, in occasione di procedimenti amministrativi, sollevare questioni di costituzionalit. La sentenza cos motiva: CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Occorre innanzi tutto esaminare l'eccezione d'inammissibilit fondata sugli artt. 1 leggi costituzionali 1948, n. 1 e 1953, n. 1, nonch sull'art. 23 legge 1953, n. 87: infatti l'Avvocatura dello Stato assume che il procedimento, attraverso cui il Consiglio comunale dichiara la decadenza d'un componente della commissione amministrativa di una azienda municipalizzata, non giurisdizionale; perci, nel corso di tale procedimento non pot.rebbe essere proposta una questione di legittimit costituzionale. L'eccezione fondata. Il Consiglio comunale non ha di regola funzioni giurisdizionali; ma le svolge eccezionalemnte quando decide delle controversie in materia elettorale: e questa singolare potest., com' noto, ha la sua origine in un'antica tradizione di autonomia cittadina, alla quale si richiama il principio che primo giudice della composizione d'un organo eletto dal popolo debba essere lo stesso organo su cui confluito il voto popolare. Poich invece la commissione amministratrice dell'azienda municipalizzata si compone di persone non elette col voto cittadino, ma nominate dal Consiglio comunale, le deliberazioni consigliari che le riguardano non toccano la materia del contenzioso elettorale e in conseguenza non sono atti giurisdizionali. Il Consiglio comunale, avendo la potest di nomina e di controllo delle commissioni amministratrici, quando dichiara la decadenza d'un loro componente, esercita nient'altro che questa potest e pertanto svolge attivit amministrativa. Il relativo procedimento analogo a quello, ritenuto da alcuni giurisdizionale, che conduce alla dichiarazione di decadenza d'un consigliere comunale (art. 160 R. D. 12 febbraio 1911, n. 297); ma l'analogia solo parziale ed esterfoie, determinata soprattutto dalla stessa esigenza di inte-ressare i cittadini all'attivit delle aziende comunali (onde la facolt dell'elettore o del contribuente di avanzare una proposta di decadenza) e di mettere gli stessi componenti della commissione ammini -180 stratrice in condizione di difendersi. Del resto per escludere la giurisdizionalit. del procedimento ririguardante le commissioni amministrative, pu anche rilevarsi innanzi tutto che la dichiarazione relativa alla decadenza d'un consigliere comunale apre il campo ai vari stadi tipici del c. d. contenzioso elettorale in virt dell'art. 160, terzo comma, mentre niente di simile ha disposto il legislatore rispetto alla dichiarazione di decadenza d'.n componente della commissione amministratrice di aziende municipalizzate: per cui da credere che, in quest'ultimo caso, dopo la dichiarazione del Consiglio comunale si debba seguire la via della giurisdizione amministrativa ordinaria; o pu rilevarsi, in secondo luogo, che un semplice regolamento esecutivo, come quello che conferisce al Consiglio comunale la potest di dichiarare la decadenza dei componenti le commissioni amministrative, non poteva introdurre una nuova giurisdizione ed estendere ad altra materia una potest giurisdizionale avente crattere di eccezionalit. e limitata alle controversie elettorali. Si conclude che il Consiglio comunale, nel corso d'un procedimento relativo alla decadenza di componenti la commissione amministratrice di aziende municipalizzate, non pu sollevare questioni di costituzionalit.. CORTE COSTITUZIONALE -Conflitto di attribuzione non attuale -Inammissibilit. (Corte Costituzionale 19 dicembre 1963, n. 164 -Pres.: Ambrosini; Rel.: Castelli Avolio -Regione Autonoma della Sardegna c. Presidente del Consiglio). Non ammissibile la richiesta preventiva di regolamento di competenza. Per una pi completa cognizione delle questioni, si ritiene opportuno trascrivere integralmente la motivazione della sentenza: 1. Superata la fase del procedimento riguardante la domanda di sospensione, viene ora la causa all'esame della Corte per la decisione del merito. Il quale sostanzialmente prospettato dalle parti in causa sotto tre distinti riflessi: a) illegittimit., in se stesso, del provvedimento impugnato, in quanto, con conseguente invasione della sfera di competenza della Regione, sarebbe errata la attribuzione del carattere demaniale allo stagno Tortoli; b) invasione della sfera di attribuzione della Regione, in quanto al provvedimento si attribuisca l'effetto conseguenziale della revoca o decadenza della concessione di pesca fatta dalla Regione in tempo anteriore alla dichiarazione di demanialit. dello stagno; c) se al procedimento non si riconosca tale effetto conseguenziale, si richiede dalla Corte una pronuncia preventiva circa l'attribuzione, in base alla norma statutaria (art. 3, lettera i, dello Statuto speciale), del potere della Regione di provvedere alle concessioni di pesca anche se si tratti di acque marittime.. 2. Sul primo punto -a parte ogni questione sulla competenza della Corte all'accertamento della demanialit. dello stagno, quale presupposto del conflitto di attribuzione -la difesa della Regione non ha insistito; si deve ritener che b'6Ia; anzi1 abbandonato ogni richiesta in proposito. Gi nel ricorso si adombrava un'interpretazione del provvedimento impugnato, indipendente da ogni accertamento sulla demanialit. e da una possibile conseguente questione che implicasse un confl;tto di attribuzione, quando si affermava che la interpretazione del decreto impugnato poteva risolversi in una mera affermazione relativa alla propriet demaniale dello stagno, senza incidere sui diritti di pesca che su di esso si esercitano: il che significa completa indipendenza della dichiarazione di demanialit. dello stagno dalla concessione di pesca precedentemente accordata alla Regione quando lo stagno era formalmente incluso fra i beni di sua pertinenza a norma dell'art. 14 dello Statuto regionale. Da ultimo poi, nella seconda memoria, conclusiva del proced:. mento, la difesa della Regione, dopo aver rilevate le affermazioni contenute nelle deduzioni dell'Avvocatura dello Stato, che un provvedimento di decadenza della concessione assentita dalla Regione non stato ancora emanato e, in verit, neppure in concreto minacciato, e che un atto di ingerenza diretta dell'Amministrazione statale in tema di diritto di pesca non sarebbe implicito nel decreto ministeriale impugnato, n dovrebbe essere prospettato come un suo necessario sviluppo, in base a queste affermazioni dichiarava che, se cos dovesse ritenersi, il campo della competenza amministrativa regionale non sarebbe stato invaso, n i suoi confini risulterebbero contestati. Onde aper tamente riconosceva che conseguentemente il ricorso potrebbe essere considerato come una precauzione inutile . Se cosi -ed , come si vedr -non vi sarebbe luogo ad un giudizio per conflitto di attribuzione. 3. vero -e questo riguarda il secondo punto innanzi ricordato -che l'Avvocatura dello Stato ha ritenuto di potere affermare, in un primo momento, che la nuova qualificazione delle acquet siccome acque salse o salmastre, come tali facenti parte del demanio marittimo ai sensi dell'art. 28 del Codice della navigazione e in relazione all'art. 14 dello Statuto sardo, comporterebbe la illegittimit. della concessione precedentemente accordata dalla Regione; e questa spiega che sarebbe stata indotta a proporre il ricorso per cnflitto di attribuzione per il caso che l'Amministrazione dello Stato intendesse, appunto, essendosi modificata la qualificazione delle acque dello stagno, non fare una mera questione di propriet., ma mettere in discussione il potere della Regione di rilasciare concessioni di pesca nelle dette acque. .Aggiunge, anzi, la difesa. della Regione, che questa ipotesi potrebb~ forse trovare un fondamento nell'ordine dato, nella seconda parte del provvedimento impugnato, alla Intendenza di finanza di Nuoro di provvedere alla formale presa di possesso dello stagno . Ma, in verit, il provvedimento impugnato non legit__________________, __________________ -181 tima affatto simili illazioni e quella perentoria. conclusione. In esso si premette che lo stagno, quale bene di demanio marittimo, come tale riconosciuto a seguito degli accertamenti tecnici eseguiti, doveva rimanere escluso dall'elenco dei beni trasferiti alla Regione sarda, e che pertanto si era reso necessario provvedere alla sua restituzione formale al demanio pubblico dello Stato, e si dispone, con l'art. 1, la revoca del trasferimento alla Regione dello stagno, in primo tempo avvenuta in base all'art. 14 dello Statuto sardo, e, -0on l'art. 2, si manda all'Intendenza di finanza di Nuoro di provvedere alle conseguenti variazioni delle scritture ipotecarie e catastali e di provvedere, con le Amministrazioni interessate, << alla formale presa di possesso della realit, quale bene del demanio pubblico marittimo . Ma, provvedere alle variazioni sui registri immobiliari e prendere il forma1e possesso della realit , cio del bene immobile, da parte dell'autorit marittima non significa far decadere tutti i diritti che siano stati legittimamente costituiti sull'immobile, e quindi anche la concessione di pesca, a suo tempo accordata dalla Regione quando aveva potest di accordarla in base ad una norma statutaria ed ha ancora potest. di farlo in base alla norma stessa tuttora in vigore. Sembra di tutta evidenza che, in siffatte circostanze, occorreva una dichiarazione espressa di decadenza della concessione assentita dalla Regione, e solo di fronte ad un atto simile o ad una sia pure non formale ma chiara, univoca determinazione di volont dell'Amministrazione nel .senso della decadenza della precedente concessione fatta dalla Regione, poteva questa ritenersi legittimata a proporre il conflitto di attribuzione, per non sentir menomato il suo diritto -riconosciuto altresi da questa Oorte con le ricordate sentenze, nn. 23 del 1957 e 49 del 1958 -ad accordare le concessioni di pesca anche in acque marittime, .sia pure con certe limitazioni, nell'interesse nazionale, e quindi d'intesa con la competente Amministrazione statale. 4. La mancanza di un atto formale o, almeno, .fil una univoca non formale manifestazione di -volont -come pure stato ammesso da questa Corte (v. sentenze 18 gennaio 1957, nn. 11 e 12) -con cui si affermi il diritto di esercitare un potere, per competenza propria, in contrasto con l'affermazione di altro ente o amministrazione che pretenda che quel potere a s competa, non pu legitmare, come precedentemente si visto, l'ammis. sione del procedimento per conflitto di attribuzione dinanzi a questa Oorte. A parte il rjlievo -che pure stato fatto dall'Avvocatura dello Stato in occasione della discussione orale -che agendosi, .in materia, in via di ricorso, una richiesta preventiva di regolamento di competenza, cui in definitiva - giunta la difesa della Regione, costituirebbe una domanda nuova e perci inammissibile, l'istituto del conflitto di attribuzione deve essere mantenuto entro i confini ad esso segnati dalla Oostituzione, per non trasformare la Corte costituzionale in un organo meramente consultivo, N si vede come la Oorte possa preventi.vamente esaminare un caso che pu dar luogo a c.onflitto d.Lattribuzione, quando, in mancanza di una precisa determinazione dei presupposti, delle ragioni e dei motivi che possano indurre, in concreto, un ente od una amministrazione ad affermare la propria competenza, la Corte dovrebbe decidere in base ad astratte formulazioni di ipotesi, che potrebbero non trovare concreto riscontro nella realt. E pertanto, rispetto al caso in esame, soltanto quando venisse revocata o dichiarata decaduta la concessione di pesca accordata dalla Regi.one, o, sia pure non formalmente, ma in modo chiaro, fosse espressa la volont, in tal senso, dall'Amministrazione, solo allora, palesandone i concreti motivi, la Corte potrebbe giudi.care se il caso possa essere inquadrato entro la sfera di un conflitto di attribuzione costituzionalmente rilevante e se, nel merito, competa il potere all'Ente o all'Amministrazione che ha agito. Sotto tutti i profili il ricorso proposto dalla Regione sarda pertanto da dichiarare inammfasibile. Con questa sentenza la Corte conferma l'inammissibilit, del ricorso per regolamento preventivo di competenza, che porterebbe ad una pronuncia mmamente ipotetica, ma con una motivazione, che, interpretando estensivamente l'art. 39 legge 11marzo1953, n. 87, riconduce l'atto, con cui lo Stato e la Regione invadono la sfera di competenza riservata alla Costituzione all'altro ente, ad una qualsiasi non formale purch univoca manifestazione di volont, che determini con precisione i presupposti, le ragioni ed i motivi, che inducono uno dei due enti in confiitto ad affermare la propria competenza. IZ confiitto, perch possa esserne chiesta la risoluzione alla Corte, deve essere, ai sensi degli artt. 134 Cost. e '39 legge 11 marzo 1953, n. 87, positivo e reale; ma l'atto concreto che lo pone in essere, non necessario che abbia i requisiti, di forma e di sostanza, del provvedimento amministrativo. Non solo una circolare, che dia istruzioni ad organi periferici, ma qualunque manifestazione univoca di volont, ancorch non formale, sufficiente a porre in essere il confiitto e a legittimare la proposizione del ricorso per regolamento di competenza. La ,sentenza, perci, non pregiudica, a nostro avviso, la questione relativa all'ammissibilit, del ricorso prima che sia emanato un provvedimento con efficacia esterna quando fra Stato e Regione non si sia potuto raggiungere una intesa sulla ripartizione di competenza, essendo, peraltro, ben precisi e determinati i presupposti, le ragioni e i motivi, per cui entrambi gli enti ritengono di affermare la propria competenza. In tal caso, infatti, il ricorso non potrebbe dirsi proposto per il regolamento preventivo di competenza, perch il confiitto sarebbe in "tto, reale. _ preciso e determinato nei suoi presupposti e nel suo contenuto. -182 CORTE DI CASSAZIONE DEMANIO -Aerodtomi militari -Suolo -Esclusione. (Corte di Cassazione, Sezione I, Sentenza n. 1710/63 - Pres.: Stella Richter; Est.: Rossano; P. M.: Maccarone ( conf.) -Amministrazione Difesa Aeronautica c. Comune Catania). Gli aerodromi, se destinati alla difesa nazionale, appartengono al demanio statale. La natura demaniale si riferisce alle sole opere che sono il risultato dell'attivit dell'uomo e non al suolo che da esse separabile, secondo quanto risulta dal titolo o dalla legge. La s(}ntenza pubblicata in cc Giust. Oiv. , 1963, I, 1811. L'argomento centrale della Oorte pu riasswrnersi in questa proposizione: gli aerodromi, se destinati alla funzione della difesa nazionale, in quanto sono opere con immediata destinazione alla funzione, non possono che appartenere allo Stato )); la parola opere )) comprende, secondo il significato suo proprio, i beni che siano il risultato dell'attivit dell'uomo, non le cose naturalmente esistenti, quindi le costruzioni, non anche il suolo . Il salto logico dal quale viziata la sentenza risulta evidente sol che si rifletta -che il concetto di opera nei riguardi di un aerodromo non ha la stessa portata che ha nei riguardi di altre parti del demanio militare classico ad esempio le fortezze. In un aerodromo da escludere che le opere )) possono limitarsi solo alle costruzioni vere e proprie (aviorimesse, edifici per la truppa, per il comando, ecc.), esse comprendono certamente anche le piste che non agevole distinguere dal suolo, tanto pi che; per certi aerodromi (e pa.rticolarmente per quelli militari) sono costituite proprio solo dal suolo appena spianato e ripulito dalle piantagioni. Il vizio tanto pi grave in quanto, col progresso e la trasformazione della organizzazione della difesa nazionale e dei suoi strumenti, appa.re ormai inadeguato l'uso dei criteri tradizionali per identificare le cose appartenenti al demanio militare, non potendo pi la categoria delle opere destinate alla difesa nazionale limitarsi a comprendere solo le costruzioni intese nel senso classico di opere eseguite sopra il suolo ma dovendo sempre pi CQmprendere le opere eseguite sotto il suolo stesso. La verit che come dice giust'amente il GmcCIARDI (Il demanio); Oedam ))' 1934, pag. 114) cc nel demanio militare non rientrano diritti reali parziari )) e se una porzione del suolo viene trasformata in un bene che sia suscettibile di utilizzazione diretta per la di.fesa nazionale (aerodromo) questo bene diventa integralmente demaniale non appena .la trasformazione completata dato che con questa trasformazione si verifica la combinazione dei due mondi, oggettivo e soggettivo, essenziali per l'inizio della demanialit (v. GmccIARDI, op. cit., pag. 164). E, secondo noi, il pensiero del Guicciardi dev'essere chiarito e integrato nel senso che, con questa trasf or mazione, si determina il trasferimento dell'irnmobile al demanio militare dello Stato, sia che esso gi appartenesse al patrimonio dello Stato (o ad altra categoria di demanio), sia che esso appartenesse a privato proprietario. In altri termini, il fatto amministrativo cc esecuzione di opera destinata alla difesa nazionale )) costicostituisce modo di acquisto della propriet demaniale, fermo restanto, beninteso, il diritto del precedente privato proprietario all'indennizzo doviito a tutti coloro che subiscono espropriazioni a causa di pubblica utilit. Ohe di questo1 in sostanza si tratta: di una espropriazione per pubblica utilit effettuata in forme diverse da quella ordinaria, ma non per ci solo lesiva delle situazioni di interesse legittimo e di diritto subiettivo che si presentano a fronte di qualsiasi ordine di espropriazione ch anzi l'effettiva esecuzione dell'opera destinata alla difesa nazionale da parte dell'autorit pubblica cui spetta la competenza di eseguirla elimina in radice ogni dubbio per eventuali vizi di sviamento di potere o di cattivo uso di esso. Probabilmente, ed questo uno spunto suscettibil& di proficuo approfondimento, bisogner convincersi che la categoria dell'acquisto per accessione nello istituto della propriet demaniale funziona in senso inverso a quello regolato in relazione all'istitutodella propriet privata. Dobbiamo convenire che la giurisprudenza della Oorte Suprema finora orientata in senso nettg,mente contrario, in quanto esclude recisamente che la propriet dell'immobile che sia stato trasformato mediante esecuzione di opera pubblica, si trasferisca nella Amministrazione senza che si faccia luogo alla. regolare procedura di espropriazione (v. per tutte sent. n. 2087 /60 delle Sezioni Unite in questa Rassegna ll1 1960, pag. 78), ma anche vero che la stessa giurisprudenza riconosce esplicitamente che il diritto del privato proprietario si limita al risarcimento del danno essendo inconcepibile la restituzione del bene occupato, stante la radicale trasformazione da questo subito per effetto della attuazione dell'opera pubblica)). Sulla particolare natura degli aerodromi e sulla loro connessione essenziale con la difesa nazional& v. infra, pag. 194. IMPOSTA DI REGISTRO -Sentenze -Imposta df registro sulle sentenze -Limiti di applicazione. (Corte di Cassazione, Sezione I, Sentenza n. 2495/62 - Pres.: Celentano; Est.: Del Conte; P. M.: Tavolaro. (conf.) -Frascaro c. Amministrazione Finanze dello. Stato). A norma dell'art. 93 n. 1 della legge di registro, l'imposta sulle convenzioni si applica a tutte le parti contraenti; viceversa, l'imposta sulle sentenze, prevista dal n. 2 dello stesso art. 93, prescinde dalla partP;cipazione all'atto o al contratto. ------------------------------------- -183 enunciato ed ha riguardo unicamente alla posizione formale di parti istanti o che fanno uso della sentenza. Pertanto essa comprende anche coloro che siano del tutto estranei all'atto o 'al contratto medesimo. La motivazione della sentenza, che ha accolto la tesi dell'Amministrazione, sostanzialmente riprodotta sulla mr:issima... lMPOSTA DI REGISTRO -Transazione dichiarativa Transazione novativa -Contratto d'appalto stipulato in occasione di transazione novativa. (Corte di Cassa zione, Sezione I, Sentenza n. 2526/62 -Pres.: Celenta no; Est.: Bartolomei; P. M.: Pedace (conf.)-Soc. Fab brica Accumulatori Partenope (F.A.P.) c. Ammini , strazione delle Finanze). .Ai sensi dell'art. 60 della legge di Registro, mentre l'atto contenente una transazione dichia rativa soggetto a tassa fissa, quello contenente una transazione novativa invece soggetto alla tassa dovuta secondo la natura del negozio attra verso il quale le parti hanno novato la preesistente situazione giuridica. Pertanto, se in occasione di una transazione novativa, stato stipulato un contratto di appalto, l'atto contenente l'appalto e la transazione sog getto alla tassa di registrazione dovuta per l'intero ammontare de! prezzo di appalto, anche se, ai fini specifici della transazione sia, stata utilizzata solo una parte del predetto prezzo. Le concusioni, cui pervenuta la sentenza che si annota, non possono non essere condivise. Gravi perplessit suscita, invece, l'iter logico della decisione. In sostanza il ragionamento della Cassazione il seguente: premesso che la transazione ha normal mente natura dichiarativa, nel senso che essa tende rebbe non gi a modificare la preesistente sitazione giuridica, ma solo ad accertarla con efficacia tra le parti, si afferma che unicamente a tale situazione sarebbe applicabile la prima parte dell'art. 60 della legge del Registro relativa alla tassa fissa di registra zione. Ove le parti eliminando la insorta controversia dessero, invece, vita ad un nuovo rapporto negoziale, la transazione assumerebbe carattere novativo; in tal caso, dovendosi considerare come effettivamente conclusi due distinti negozi (il negozio nuovo, i cui effetti vengono utilizzati ai fini, della transazione, nonch la transazione stessa), l'art. 60 sopracitato, ai fini della registrazione dell'atto, darebbe la preva lenza al nuovo negozio con la conseguenza che questo ultimo andrebbe tassato secondo la natura sua propria. Appare evidente che tale ordine di idee si inse risce in quell'orientamento che afferma la natura dichiarativa della transazione (cos, in dottrina, POLACCO: Del contratto di transazione, Roma 1921; GROPALLO: La natura giuridica della transazione, in cc Riv. Dir. Oi1,, n, 1931, 320; EUTERA: Delle transazioni, Torino, 1933; STOLFI: La transazione, Napoli, 1931; CoVIELLO: Trascrizione, in cc Nuovo Dig. it. , XII, 2, 290; pi di recente, cfr. CARRESI, La transazione, in <(Trattato dir. civ. it. , Torino, 1954); orientamento che, pur potendosi considerare tradizionale in senso eminentemente storico (si riallaccia, infatti, al diritto intermedio ed alla letteratura francese formatasi intorn al Code Napolon), deve considerarsi -nel vigore del nuovo Codice ed alla luce dei pi recenti studi (cfr. VALSECCHI: La transazione, in cc Trattato dir. civ. it., , a cura di CICU e MESSINEO, Milano, 1954; PUGLIATTI: La transazione, in cc Comm. cod. civ. , Firenze, 1949; SANTORO PASSARELLI: La transazione, N apoli, 1958. Ancora sotto l'impero del vecchio codice si esprimevano per la costitutivit della transazione: NrnoL: Il riconoscimento e la transazione nel problema della rinnovazione del negozio e della novazione dell'obbligazione, in Annali Universit di Messina, vol. VII, 1932-33, 377; GUICCIARDI, La transazione degli enti pubblici, in cc Arch. Dir. Pen. , 1936, I, 64; VITERBO: L'assicurazione della responsabilit civile, Milano, 1936; GIORGIANNI: Il negozio di accertamento, Milano, 1939), definitivamente superato. . Se questo vero, la decisione della Cassazione appare manchevole nel suo stesso presupposto. , per, da ritenere che al fondo di siffatta impostazione della sentenza in esame sia quel particolare atteggiamento della dottrina tributaria, che (in ci divergendo dalla soluzione civilistica) ripete ancor oggi il dogma della dichiarativit della transazione (cos, tra i maggiori, UBERTAZZI: La legge del registro, Gasale Monferrato, 1924, 241; CAPPELLOTTO: Le tasse di registro, Venezia, 1932, 551; .lARACH: Principi per l'applicazione delle tasse di registro, Padova, 1937, 46 sgg.; e, pi di recente, UcKMA.R: La legge del registro, Padova, 1953, I, 185 e II, 405; J AMMARINO: Commento alla legge sulle imposte di registro, Torino, 1959, I, 566; cos anche BERLmI: Le leggi di registro, Milano, 1960, 391, il quale, per, con maggior consapevolezza, precisa che, ove non vi fosse la regola enunciata nel 10 comma dell'art. 60, la transazione non andrebbe soggetta alla semplice tassa fissa, ma ad una tassa graduale o proporzionale). La decisione annotata sembra, tuttavia, andare oltre queste affermazioni (che, valide su di n piano unicamente tributario, non possono essere estese ol tre l'ambito del 10 comma dell'art. 60: n pu in que sta sede aff1ontarsi il raffronto tra detta norma e i principi del Oodice civile), affermando generica mente un preteso carattere dichiarativo della transa zione, con un riferimento (non si sa bene quanto consapevole) a funzioni di accertamento, che par rebbe riecheggiare la vecchia tesi dottrinale della quali ficazione dell'atto di transazione come negozio di accer tamento. In questo senso la sentenza non fa che inserirsi in un insegnamento ormai tradizionale. Tuttavia, ai fini della presente decisione, sarebbe stato prefe ribile procedere in un diverso ordine concettuale, che -evitando di prendere posizione sul problema della natura dichiarativa o costitutiva della transazione .:::..... avrebbe consentito alla Cassazione di sottrarsi alla esigenza di certe affermazioni, quanto meno discutibili. Come s' visto in precedenza, infatti, la sentenza, premessa la affermazione circa la natura normalmente dichiarativa dell'atto transattivo, ha poi fatto -184 leva, per giungere alle conclusioni accolte, sul concetto di transazione nO'IJativa, tale ritenendo tipicamente l'ipotesi in discussione. Ed allora, il richiamo alla normale dichiarativit della transazione appare inconferente, ben potendosi risolvere la questione in esame nell'ambito esclusivo del concetto di transazione novativa. Si trattava, infatti, di una pluralit di controversie, insorte tra le parti in dipendenza dell'esecuzione di un precedente contratto di appalto, controversie che erano state transatte mediante posizione di un nuovo (e complesso) regolamento negoziale. Discutendosi dell'applicazione della tassa di registro, la Oassazione ha ritenuto trattarsi di una transazione con effetti novativi stabilendo conseguentemente l'applicabilit alla specie della seconda parte dello art. 60 della legge del registro. Giova soffermarsi brevemente su questi concetti. * * * Non par dubbio che, ai fini dell'imposta di regi stro, debba farsi distinzione tra transazione novativa e non novativa, dovendosi applicare soltanto nella seconda ipotesi la tassa fissa. In questo senso esplicito l'art. 60 della legge sul registro, 'con una norma che -considerata in relazione all'epoca in cui fu posta -appare retrospettivamente come un .esempio notevole di anticipazione sulla futura legislazione. Vigente l'art. 1772, I comma Oodice civile 1865, infatti, era opinione assolutamente dominante che la transazione non potesse produrre effetti novativi sui rapporti preesistenti (in tal senso tutti gli autori meno recenti: unica voce in contrario quella del NICOL, op. cit., il quale, partendo dal presupposto che pu aversi novazione sia quando il secondo rapporto costituito dalla dichiarazione novativa si viene a trovare in una situazione di obbiettiva incompatibilit con il rapporto al quale si sostituito, sia quando la incompatibilit fra i due rapporti non attiene alla loro natura ma deriva da uno speciale atteggiamento della volont delle parti (animus novandi), deduceva essere ben concepibile una transazione la quale, realizzando una situazione di diritto obbiettivamente incompatibile con quella precedente, ne determinasse l'estinzione per una forza che nella natura delle cose prima ancora che nella volont degli uomini. Sulle orme di NICCOL cfr. anche GIORGIANNI, op. cit. Una impostazione originale del problema, sotto il profilo della rinnovazione del negozio, era in OARNELUTTI, Documento e negozio giuridico, in Riv. dir. proc. civ., 1926, 181 sgg.). Il nuovo Oodice, affermando alliart. 1976 che la risoluzione della transazione per inadempimento non pu essere richiesta se il rapporto preesistente stato estinto per novazione, ha riacceso la disputa. Facendo leva sulla dizione letterale dell'art. 1976 (senza peraltro approfondire ulteriormente il pro blema) ammettono l'idoneit della transazione a produrre effetti novativi il V.ALSECCHI ed il OARRESI. Anche il BETTI:. Teoria generale del negozio giu ridico, Torino, 1955, 263 sgg., pur ritenendo che si tratti di istituti sostanzialmente differenti, ammette che la transazione possa avere effetti novativi. Gravi e sostanziali critiche, dalle quali non pu prescin dersi, sono state per autorevolmente mosse a tale concezione (PUGLIATTI: Della transazione, in cc Oomm. cod. civ., Firenze, 1949, 448 sgg.; SANTORO PASSARELLI, op. cit.). Si , cos1., detto che il termine di novazione in riferimento alla transazione sarebbe usato dalla legge in senso improprio, per indieare ogni ipotesi di sostituzione di una precedente situazione con altra successiva, posta in essere appunto con il negozio transattivo. Ma la inidoneit della transazione a produrre effetti novativi in senso tecnico si dovrebbe desumere dalla struttura diversa e reciprocamente incompatibile dei due istituti (cos SANTORO PASSARELLI, op. cit., 83). Il problema merita una ulteriore considerazione. * * * Precisiamo iinmediatamente che non si tratta di vedere se l'effetto novativo sia tipico e costante della transazione. Su questo punto non si fa questione. Lo stesso art. 1976 Oodice civile., ammettendo la possi bilit che il rapporto preesistente sia estinto per nova zione, fa intendere che si tratta di una mera eventua lit. Occorre invece indagare se la produzione di effetti nO'IJativi sia compatibile con lo schema negoziale della transazione, in rapporto alla struttura dei due istituti. Per esprimere il concetto della funzione della novazione si parla spesso di causa novandi. L'espressione impropria, se si accetta la tesi secondo la quale la novazione non (o almeno non necessariamente) un negozio tipico, indiviflruato e distinto dagli altri previsti dal nostro ordinamento, ma invece un evento in rapporto di effetto a causa con un precedente atto. Tale tesi confortata dal testo legislativo, il quale ricollega l'effetto estintivo ad ogni ipotesi in cui si abbia sostituzione della obbligazione originaria con quella successiva, richiedendo solamente l'aliquid novi e l'animus novandi. Non v' dubbio che il concorso di questi due requisiti non di per s sufficiente ad individuare un contratto tipico. vero piuttosto che l'art. 1234 Oodice civile, introduce un elemento causale che potrebbe indurre a conclusioni diverse; ma di tale articolo vedremo in seguito la portata e il valore. Quindi, anzich di novazione dovr pi correttamente parlarsi di effetti novativi, collegati ad un atto negoziale che pu assumere una qualunque delle forme previste dall'ordinamento, esclusi -ben s'intende -quei negozi che per loro struttura sono inidonei a tali effetti. Quanto si detto finora non esclude che le parti possano dare vita a un distinto negozio innominato, che sia rivolto unicamente al fine di novare. In questo caso legittimamente potr dirsi ohe si posto in essere un negozio individuato dalla specifica causa novandi, cio dalla funzione di estinguere una precedente obbli gazione per creazione di altra successiva, che alla pri ma si sovrappone. Qui acquista il suo pieno rilievo la norma dell'art. 1234 Oodice civile la quale, stabi lendo che la novazione senza effetto nel caso di ine- sistenza (o di nullit) dell'obbligazione originaria, fa in sostanza riferimento a una ipotesi di man canza di causa, che determina secondo i principi il venir 'meno del negozio di novazione. In questo caso veramente pu pmlarsi con piena consapevo -185 ' lezza tecnica di causa novandi, giaoch si presenza in di un elemento essenziale del contratto, che proprio da tale elemento individuato e scolpito nella sua struttura tipica. Ma fuori di questa ipotesi, che concettualmente l'eccezione, la regola rimane pur sempre che l'effetto novativo pu nascere da un qualsiasi contratto, il quale -inquadrandosi nella propria struttura causale -produrr, oltre i suoi effetti tipici, anche ulteriori effetti novativi, perch la volont delle parti si a ci specialmente indirizzata. Pertanto non necessario ohe gli effetti novativi siano individuati da una causa tipica. In altri termini, quel che la legge costantemente richiede l'animus, cio la volont delle parti di novare; ci, per, non significa che l'animus non possa essere inserito in un negozio individuato da una causa tipica diversa da quella novandi, di modo che il negozio oltre i suoi effetti normali produca anche effetti novativi. Una tale coesistenza sarebbe impossibile solo quando la causa tipica del negozio fosse concettualmente incompatibile con la novazione. Oos non potrebbero le parti fare ricorso a un negozio di accertamento (ove si ammetta tale figura negoziale) al fine di novare, giaoch la funzione di accertamento importa per definizione la conservazione del rapporto accertato. Ma questo non il caso della transazione rispetto alla quale, dopo gli ampi risultati ottenuti dalla dottrina pi recente (SANTORO PASSARELLI, op. eit.), sareb~e veramente un fuor d'opera insistere sul punto che essa non pu inquadrarsi nella figura dell'accertarnento. *** Richiamati i suesposti principi in materia di novazione, sembra agevole dedurre ohe non si potrebbe per la transazione invocare contro l'ammissibilit di effetti novativi l'impossibilit concettuale di ammettere la simultanea presenza di due distinte cause negoziali (e cc novandi e transigendi ), Il riferimento alla causa novandi, infatti, legittimo solo nell'ipotesi in cui la novazione sia attuata mediante uno specifico negozio individuato dalla unica funzione di estinguere una precedente obbligazione mediante l'assunzione di un'altra. Ma in tutte le altre ipotesi {che costituiscono, come si visto in precedenza, la normalit) l'effetto novativo non discende da una specifica causa dello stesso genere, qualificandosi, al contrario, come conseguenza ulteriore di un distinto schema negoziale. Sotto questo profilo, per affe,rmare l'inidoneit della transazione a novare i precedenti rapporti sui quali essa opera, dovrebbe affermarsi l'impossibilit concettuale di apporre alla tipica caus transigendi un ulteriore atteggiamento della volont delle parti, indirizzata all'estinzione per novazione dei precedenti rapporti obbligatori. Nulla, per, consente una simile affermazione. Al contrario ci sembra ohe l'estinzione del rapporto litigioso possa essere, in un certo senso, normale alla composizione della lite, in quanto mezzo ed, a un tempo, effetto della composizione: mezzo, in quanto inquadrabile nell'ambito delle concessioni che le parti reciprocamente si fanno; effetto, in quanto dal nuovo assetto di interessi realizzato con la transazione discender normalmente il superamento integrale della situazione precedente. Deve, quindi, concludersi che la funzione di comporre la lite mediante reciproche conessioni, .n,9ri, essendo incompatibile con l;estinzione del rapporto (o dei rapporti) precedente, ben consente l'apposizione allo schema negoziale, mediante il quale tale funzione si realizza, di quell'elemento volontaristico che tradizionalmente si designa come << animus novandi . *** L'obbiezione fondamentale che si muove alla tesi della compatibilit di effetti novativi oon la transazione che gli eventuali vizi dell'obbligazione navata reagiscono su quella successiva diversamente da quel che avviene nella transazione per i vizi afferenti al titolo, relativamente al quale la transazione stata fatta. A tale obbiezione, per quanto ci risulta, non stata ancora data una valida risposta. N sembra sufficiente il puro e semplice richiamo al testo dello art. 1976 Oodioe civile., i"Z quale in realt non d alcuna ragione dell'eccezione mossa. Qui occorre precisare che, quando la legge parla di titolo, si riferisce indubbiamente al fatto da cui sorge il rapporto obbligatorio, in ordine al quale insorta la lite. Parlare di invalidit del titolo equivale, quindi, a parlare di invalidit dell'obbligazione che ne deriva. Trazionalmente si dice che la inesistenza (cui parificata la nullit) dell'obbligazione navata determina nullit della novazione, indipendentemente da ogni considerazione sull'atteggiamento psicologico delle parti. Per la transazione, invece, in virt dello art. 1972, II comma, Oodioe civile, la eventuale nullit dell'obbligazione dedotta in lite opera sul negozio transattivo solo per il tramite del vizio della volont delle parti. Si dovrebbe da ci desumere che la transazione, essendo nel suo meccanismo causale svincolata dall'eventuale invalidit delZ'obbligazione precedente, non compatibile con la novazione, la quale per definizione individuata dal collegamento delle due obbligazioni. Osserviamo anzitutto che la disciplina dell'art. 1972 Oodice civile non si applica a tutte le ipotesi di transazione. Oi riferiamo a quei casi che una autorevole dottrina ha di recente assunto sotto il concetto di transazione non innovativa, quella transazione cio in cui la situazione preesistente non interamente dedotta in lite, e quindi non interamente sostituita, ma integrata da quella creata con la transazione (cos SANTORO PASSARELLI, op. cit., 79). Ooncretereobe tale ipotesi la transazione che, lasciando immutato il titolo del rapporto litigioso, ne modificasse l'oggetto, come chi transigesse sul quantum della prestazione, ovvero sostituisse la prestazione con altra qualitativamente diversa (ad esempio una somrna di denaro in luogo di una cosa determinata). In tal caso il rapporto, anche dopo la transazione, sempre sorretto dal fatto costitutivo originario, onde l'eventuale nullit (o inesistenza) di tal fatt importer il venir meno di tutta la situazione successiva, anche per quegli effetti che dipendevano dalla transazione. La nullit (o inesistenza) del. titolo originario opera di per s, indipendentemente dall'atteggiamento delle parti, a nulla rilevando se esse conoscessero o meno il vizio qua.ndo si indussero alla transazione. -186 Ecco dunque che nel caso di tranaazione in esame si applicano, quanto agli effetti che sulla transazione possono operare gli eventuali vizi del titolo in riferimento al quale si transatto, le stesse norme della novazione. Ora, pu dubitarsi che una transazione siffatta abbia tutti i requisiti occorrenti per novare ? Non ci sembra. Circa l'animus novandi, di cui abbiamo in precedenza dimostrato la compatibilit con lo schema negoziale transattivo, esso ricorre per ipotesi se assumiamo che le parti transigendo 'l'Ogliano ottenere il risultato di novare i precedenti rapporti obbligatori. Quanto all'aliquid novi, la diversit dell'oggetto sufficiente a concretare il mutamento richiesto dalla legge. Se poi la diversit dell'oggetto debba essere qualitativa, o possa anche essere meramente quantitaUva, problema che qui non interessa. Basti dire che, almeno nel caso in cui le parti abbiano sosUtuito la prestazione originaria con altra qualitativamente diversa, esprimendo a un tempo la loro volont di novare, si sono verificate tutte le condizioni necessarie perch si abbia novazione. Ben pu dunque una transazione che lascia inalterato il titolo, relativamente al qua.le si transige, realizzare la novazione dell'obbligazione precedente, e, poich s' gi visto che in tale ipotesi l'efficacia novativa non pu essere contesta,ta neppure sotto il profilo dell'art. 1972 O.e., dovr concludersi, contrariamente alla dottrina prevalente, che vi sono casi in cui la transazione pu certamente novare. * * * La conclusione apparentemente paradossale ohe, almeno per quanto attiene alla transazione c. d. non innovativa, non sia lecito invece dubitare della possi bilit che si producano effetti novativi, di per s sufficiente a dimostrare il nostro assunto. Ma ci sembra sia possibile ampliare tale conclusione anche alla ipotesi in cui la situazione preesistente sia inte ramente dedotta in lite. In tal caso non v' dubbio che trovi applicazione la disciplina dell'art. 1972, 2 comma, Codice civile. Se ne deduce che la situazione creata con la transa zione , rispetto alla situazione precedente, ad un grado di indifferenza molto pi elevato di q1tanto accade nella novazione. Qui la seconda obbligazione funzionalmente collegata con quella precedente, sicch gli eventuali vizi di quest'ultima reagiscono necessariamente sull'altra. Il meccanismo obbiet tivo e riposa su.lla str1ittura dell'istituto. Nella tran sazione, invece, il vizio del precednte rapporto pu diventa,re rilevante solo quando si risolva in un vizio della volont delle parti (SANTORO p ASSARELLI, op. cit., 142). La differenza del dettato legislativo va riportata al fatto che funzione tipica del negozio di transazione non di novare ma di comporre la lite. Rispetto alla causa transattiva (di composizione) l'eventuale effetto novativo sar necessariamente indifferente. Cos si comprende che il collegamento fra le due obbligazioni non pu essere obbiettivo. Per chiarire ta.le sitiiazione occorre rifiettere che, mentre l'art. 1234 Codice civile ha presente l'ipotesi di novazione per cos dire pura, nel caso in cui si novi mediante transazione inter viene una causa tipica (quella transattiva), che diretta a produrre effetti ai quali quello novativo indifferente. Sicch naturale che l'eventuale vizi<> del titolo dell'obbligazione novat urti contro tl dia framma di una causa diversa da quella novativa. Non potrebbe infatti l'invalidit del negozio, che ha una sua struttura e una sua funzione tipica, essere determinata dal vizio di una obbligazione che collegata solo con un effetto eventuale, non tipico, del negozio stesso. Se cos non fosse, si dovrebbe arnmettere che l'effetto novativo necessariamente tipic<> di un contratto individuato da una speciale causa novandi. Si dovrebbe cio escludere che novazione possa essere determinata genericament da un qualsiasi schema negoziale, giacch evidente che non solo rispetto alla transazione, ma in genere rispetto a qualsiasi contratto la reazione del vizio dell'obbligazione precedente sarebbe paralizzata dalla ca1isa. tipica del contratto, cui l'effetto novativo inerface. Deve, quindi, concludersi che l'ipotesi dell'art. 1234 Codice civile va limitata al caso in cui la novazione sia operata attraverso un contratto innominato, costruito esclusivamente al fine di novare, e quindi individuato da una autonoma causa novandi. Qui veramente l'estinzione dell'obbligazione mediante creazione di un'altra non pi un semplice effetto di un negozio individuato da una propria e diversa causa, ma essa stessa causa di un nuovo negozio individuato al fine di produrre quell'effetto. Come si dett<> in precedenza, in questa ipotesi pu esattamente parlarsi di causa novandi. JJJ ovvio quindi che la nullit dell'obbligazione novata, risolvendosi in mancanza della causa del negozio di novazione, importi nullit di qiiest'ultimo e della obbligazione che ne deriva. Ci non potrebbe dirsi nel caso della transazione. Nell'ipotesi dell'art. 1234 Codice civile la nuova obbligazione nulla per forza obbiettiva di cose, giac ch non pii essere novato quello che non esiste. E poich, d'altra parte, la stipulazione novativa non aveva altro senso che quello di novare, essa non ha pi ragione d'essere, e cade interamente.Nella transa zione, invece, pnr se l'effetto novativo non .si potr produrre per mancanza del rapporto da novare, ci sono ben altri effetti ( i pi importanti, i tipici) da far salvi. logico, quindi, e coerente ai principi che il contratto sia salvo nei limiti di cui all'art. 1972 Codice civile. * * * Se si accettano le conclusioni che precedono circa la compatibilit di effetti novativi con l'atto di transa zione (ci che, del resto, la giurisprudenza -pur senza adeguato approfondimento -ha sempre ammesso: cos, sotto l'impero del vecchio Codice, Cassazione, 14 gennaio 1933, n. 115, in Foro it. Rep. )>, 1933, voce: Transazione, n. 17, e, di recente, Appello, Firenze 31gennaio1962, in Giur. Tosc., 1962, 352), la sentenza annotata appare aver fatto buon governo della legge, non potendosi seriamente dubitare che nella specie si trattasse di una transa~ zione ad effetti novativi. V a piuttosto rilevato -per compiutezza d'inda gine -che, ferma rimanendo su di un piano teorico l'esattezza delle massime affermate dalla sentenza annotata, ai fini della decisione di specie si sarebbe ----------- --------------- -187 potitto addirittura prescindere dall'affronta;re la vexata quaestio, dei rapporti fra transa:~ione e novazione. Trattandosi, infatti, senza alcun dubbio di una transazione c. d. mista (di una transazione, cio in cui la causa transattiva concorre con altro schema negoziale: nella specie, di appalto), si sarebbe potiito senz'altro ritenere applicabile l'ultimo inciso dello; seconda parte dell'art. 60 della legge di registro, che si riferisce appunto a siffatta specie di transazione (cos. implicitamehte, BERLIRI: Le leggi di registro, Milano, 1960, 392). Anche in tal caso, comunque, la soluzione non sarebbe mutata in virt del principio di cui all'art. 8 della legge di registro. , pertanto, sotto ogni profilo -pur con le riserve esposte in ordine alla motivazione -non pu che concordarsi nelle conclusioni assunte dalla sentenza in esame. T. ALIBRANDI IMPOSTA DI REGISTRO -Errori in procedendo Poteri del Giudice di Diritto -Impugnativa di sen tenza -Riesame della controversia -Societ di fatto fra societ di capitali e societ di persone o persone fisiche -Inammissibilit -Tassazione conferimenti Presupposti -Societ ed associazione in partecipa zione -Imponibile -Appalto conferito contestual mente a pi imprese--Associazione per l'esecuzione. (Corte di Cassazione, Sezione I, Sentenza n. 342/63 - Pres.: Farallo; Est.: Di Maio -Finanze c. Ferrobeton). 1) La denuncia di errore in procedendo (preclitsione da giudicato nello stesso processo) abilita il G-iudice di diritto a conoscere delle questioni relative anche attraverso indagini al merito. 2) Il giudicato parziale si forma solo su capi distinti cd autonomi di una sentenza c non su capi necessariamente legati ad altro capo impugnato, pmch l'accoglimento della impugnazione relativa a quest'ultimo fa venir meno anche la decisione sul capo esplicitamente non impugnato collegato a quello riformato o annulla.to. Nel caso, pertanto, di appello che, per effetto dell'impugnativa di un punto fondamentale della causa, investa tutta la sentenza, il giudice di secondo grado ha il dovere di esaminare la intera controversia con conseguente possibilit di dare al rapporto giuridico controverso, anche di sua iniziativa, una configurazione giuridica diversa da quella prospettata dalle parti o ritenuta dal primo giudice. 3) Non configurabile nell'ordinamento positivo vigente, cui partecipa la legge organica di registro, un rapporto di societ di fatto fra una societ di capitali, con personalit giuridica, ed una persona fisica o una societ di persone. 4) L'imposizione disciplinata dall'art. 81 della T.A. annessa alla Legge organica di registro colpisce il fenomeno della produzione associata ed a tal fine si ha, ai fini del tributo di registro, una equiparazione fra Societ ed Associazione in partecipazione. 5) La realizzazione del conferimento, oggetto della imposizione predetta, esige elementi soggettivi ed oggettivi: gli uni sono dati dalla Societ, Associazione o altro organismo che, in 'via di aniilOgia, a norma dell'art. 8 della Legge organica di registro, conseg1ia il raggiungimento, sul piano giuridico economico, degli stessi effetti tipici, che operi il trapasso di un bene o 1_ialore di cui titolare ad altro soggetto od organismo; gli altri sono dati dal bene o valore effettivamente trasferito per la sua utilizzazione nella prod1izione associata. 6) La base imponibile in tali casi e rappresentata dalle somme dei valori apportati. 7) Il conferimento di un appalto ad imprese riunite non integra l'ipotesi .contemplata nell'art. 81 della T. A. annessa alla L. O. R. escludendo tale fatto la possibilit di configurare l'associazione in partecipazione quale caratterizzata dal fatto che la titolarit dell'impresa nel solo associante e la partecipazione dell'associato limitata ai risultati della impresa medesima. La sentenza cos motivata: Con il primo mezzo di denuncia la violazione art. 2909 O.e., 99, 112, 329, 342 O.p.c. in relazione all'art. 360, n. 3 e 4 stesso Codice. Si assume che la corte di merito abbia violato il giudicato (parziale) che si sarebbe formato con la sentenza del tribunale sul punto (non impugnato in appello) in cui i primi giudici avevano ritenuto che il rapporto attuato in concreto con la scrittura del 5 giugno 1951 costituiva una societ in nome collettivo irregolare in luogo della dichiarata associazione in partecipazione. Si spiega infatti al riguardo che avendo la :Ferrobeton contestato nei suoi motivi di appello non l'esistenza del rapporto, n la sua qualificazione, bens solo gli estremi in concreto del conferimento, l'esame di detto punto non impugnato si risolveva nella violazione del principio dispositivo sancito nell'art. 112 0.p.c., relativo alla corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato. La censura non ha consistenza. Trattandosi di denunciato errore in procedendo (pretesa preclu sione da giudicato nello stesso processo) al supre mo collegio consentito conoscere delle questioni relative anche attraverso indagini di merito (cfr. sent. 348 e 31.36/60). Ora, in proposito decisivo rilevare che la Ferrobeton aveva chiesto in appello, in riforma della sentenza dei primi giudici, la declaratoria di illegittimit della imposizione tributaria controversa con la conseguente domanda di rimborso delle somme pagate, censurando in particolare sotto molteplici profili (nel primo, secondo, terzo e quinto motivo del relativo atto di impugnativa) il ritenuto conferimento n di beni, che secondo l'avviso del tribunale era costituito dall'appa;tto;sicch risulta manifesto che la pronuncia di primo grado veniva impugnata in toto, e l'accertamento essenziale della controversia (conferimento) implicava ovviamente l'indagine sulla qualificazione giuridica del rapporto 8ocietario configurato (soc. -188 collettiva irregolare) che del conferimento rap. presentava il necessario presupposto. ben noto che il principfo seondo cui il giudice di appello non ha il potere di riesaminare i punti della sentenza di primo grado non investiti me diante appositi motivi di gravame non opera allQr ch per effetto della impugnativa di un punto fon damentale della causa l'appello investa tutta la sentenza del primo giudice, in quanto in tale ipo tesi ilgiudice di secondo grado ha il dovere di esami nare l'intera controversia con la conseguente possibilit di dare al rapporto giuridico contro verso, anche di sua iniziativa, una configurazione giuridica diversa da quella prospettata dalle parti ritenuta dal primo giudice (cfr. sent. n. 2251 e 2773/60). Il che vale quanto dire che il giudicato (parziale) pu formarsi "solo su capi distinti ed autonomi di una sentenza e non gi su capi che siano necessariamente legati ad altro capo impu gnato giacch l'accoglimento della impugnazione relativa a questo ultimo fa venir meno anche la decisione sul capo non esplicitamente impugnato, collegato a quello riformato o annullato (cfr. sent. 3512/58-1032/59-3265/60). Come appunto avvenuto nel caso concreto, in cui i giudici di appello, per giudicare delle condi zioni di legittimazione della pretesa tributaria (contestata in radice), hanno dovuto indirizzare la loro prima indagine su uno degli elementi costi tutivi della fattispecie, ossia sulla qualificazione del rapporto (societario o associativo) che solo avrebbe potuto legittimare in concreto l'oggetto dell'imposizione conferimento ai sensi dell'art. 81 della tariffa allegata alla legge del registro. Il primo mezzo del ricorso quindi da respingere. Con il secondo mezzo si denuncia la violazione e falsa applicazione degli art. 8, 11, 12, 14 e art. 81 tariffa allegato A del R. D. 30 dicembre 1923, n. 3269, dell'art. 112 C.p.c. in relazione all'art. 360, n. 3, 4 e 5 C.p.c. Spiega la ricorrente .Amministrazione delle Finanze che la corte del merito, allorch pervenuta a.Ila dichiarazione di illegittimit dell'imposizione tri butaria controversa, ha errato perch non ha esa minato in concreto la natura giuridico-economica del contratto 5 giugno 1951. Di fronte al fatto della costituzione di un vincolo, non bastava limitarsi a dichiarare la impossibilit giuridica di tale vincolo, ma se ne dovevano specificamente esaminare na tma giuridica ed effetti economici (art. 8 legge registro). N potevarilevare ilvizio dell'atto,. dato che la do manda della Ferrobeton non era fondata sulla nulli t dell'atto ma sulla intassabilit del confeiimento. Si aggiunge infine che la corte di appello ha anche omesso l'esame di un punto decisivo relativo al contenuto concreto dell'atto, quanto meno in ra gione dell'analogia esistente fra tale atto e quello preveduto dalla norma dell'art. 81 applicato da essa .Amministrazione Finanziaria. .Anche questa censura deve essere disattesa. La corte del merito a sostegno del decisum ha considerato che: a) una soc. di fatto o irregolare fra soc. di capitali e soc. di persone ovvero fra soc. di capitali e imprese individuali, non era nel caso ipotizzabile per l'impossibilit giuridica di una coesistenza, in un rapporto associativo a carattere personale di enti o persone caratterizzate intuitu personae e enti caratterizzati intuitu rei; b) una associazione in partecipazione era poi st~.ta gi esclusa dal tribunale e il relativo capo della sentenza non era stato impugnato da alcuna delle parti; e) il rapporto convenuto con la scrittura privata 5 giugno 1951 partecipava dei contratti innominati, nella nozione datane dall'art. 1322 e.e. perch, non rientrando in alcuno dei tipi forniti di una disciplina particolare, era diretto a realizzare interessi meritevoli di tutela; d) la natura del contratto, in concreto attuato, data la inosservanza dei requisiti richiesti dal diritto comune per un rapporto associativo tipico, escludeva la configurazione di un conferimento di beni, che solo preso in considerazione dall'art. 81 della tariffa della legge di registro. Orbene, questo ragionamento sfugge, dal punto di vista logico e giuridico, alle critiche che ad esso vengono rivolte dalla ricorrente. In primo luogo pu subito dirsi che tali critiche si muovono su di un piano del tutto astratto, perch non dicono esse stesse, contro le argomentazioni dei giudici di appello, quale sarebbe stato nel caso concreto, nell'ambito di applicazione della legge tributaria, il rapporto (associativo o societario o comunque a questo analogo) c1 le parti vollero dar vita con la scrittura del. 5 giugno 1951. E ci, se non detto della parte interessata, non pu certo esser detto dalla cassazione, che giudice di legittimit e non di merito. Sul piano poi strettamente giuridico non certamente contestabile l'esattezza del principio richiamato nell'impugnata decisione secondo cui non configurabile nel nostro ordinamento positivo (cui partecipava ovviamente la legge di registro) un rapporto di societ di fatto fra una societ di capitali con personalit giuridica e una persona fisica o una societ di persone. Tale principio conforme all'indirizzo ormai consolidato nella giurisprudenza del supremo collegio e non vi sono ragioni per discorstarsene (cfr. sent. 2024 e 3035 del 1958). Se perci nella fattispecie in esame si trattava unicamente di stabilire l'applicabilit o meno dell'art. 81 della tariffa allegato A della legge di registro, occorreva tener presente che questa norma, in collegamento con l'art. 8 della legge organica di registro, indica l'aliquota e quindi la misma della imposta sugli atti che implicano, nella costituzione di societ di qualunque specie o di associazione in partecipazione, conferimenti di beni o valori che il conferente intende trasferfre, ancorch in semplice uso o godimento, alla soc. o alla associazione cui il bene o il valore destinato (cfr. sent. 2016 del 1955, 2727 del 1958). ... Occorrono quindi, per la realizzazione piena della fattispecie prevista (conferimento) estremi soggettivi ed oggettivi, vale a dire da un lato un soggetto (societ, associazione o altro organismo che in via analoga, ex art. 8 legge registro, possa della societ o associazione conseguire il raggiungimento sul --------------- . --------- piano giuridico economico degli stessi effetti tipici), il quale, essendo titolare di un certo bene o valore, lo conferisca ad altro soggetto od organismo, e quindi altro soggetto od organismo destinatario del conferimento, e dall'altro un bene o valore oggetto del conferimento medesimo; sicch, nel complesso, svolgimento della sequenza prevista, a tacer d'altro, ci che necessario appunto la sussistenza di un soggetto od organismo destinatario dello apporto o conferimento che trapassa a detto soggetto od organismo dal suo titolare originario. E, al riguardo, la sentenza impugnata ha escluso per la gi. detta impossibilit. giuridica di un nesso sociale tra soc. di capitali e soc. di persone, la configurazione di ente collettivo irregolare, ed ha del pari escluso (alla stregua di quanto ritenuto dal tribunale e non impugnato) la configurazione di un'associazione in partecipazione. Questa invero si sarebbe potuta C!:mfigurare solo nell'ipotesi in cui i'appalto fosse stato conferito ad uno dei due soggetti contraenti. In tal caso infatti, giusta un vecchio e conoolidato indirizzo di questo supremo collegio, atteso che il legislatore fiscale ha voluto equiparare ai fini dell'imposta di registro i due istituti (soc. e associazione in partecipazione) si ritenuto che la specifica imposizione qui viene a colpire il fenomeno di produzione associata, alla stessa guisa di quanto accade nell'ambito societario (cfr. sent. 2465del1935,174 del1947). Ma, una volta accertato in fatto -come del resto era pacifico, che l'appalto venne conferito coli.giuntamente alle impi-ese riunite (FerrobetonDe Lieto) esulava completamente la possibilit. di configurare l'asoociazione in partecipazione, la quale caratterizzata dal fatto che la titolarit. della impresa nel solo associante e la partecipazione dell'associato limitata ai risultati dell'impresa medesima (cifr. sent. 2292) del 1958, 2791del1959). Tutto ci ha detto e bene la corte del merito, alla quale non pu poi essere addebitata indagine monca o deficiente; perch i giudici di appello hanno a.vuto cura di aggiungere che nella scrittura del giugno 1951 (su cui l'ufficio applic l'imposta in questione in base all'art. 81 della indicata tariffa) non vi era nemmeno menzione di conferimenti nel senso tecnico-giuridico e specialmente di conferimento del contratto di appalto, ma solamente si poteva ritenere che i contraenti vollero consacrare nello scritto di unire i loro mezzi e le loro attivit. ((per l'esecuzione dei lavori relativi alla costruzione dell'opera n. Mera quindi unione delle attivit. e dei mezzi dei singoli contraenti (ognuno dei quali rimaneva titolare della propria posizione originaria) con esclusione perci nel negozio documentato della capacit. di attivare quel movimento di ricchezza (ossia il conferimento) che a base della specifica tassazione. E questo d'altra parte giudizio di mero fatto congruamente motivato sull'interpretazione dei negozi giuridici, che sfugge come tale al controllo di legittimit. del supremo collegio. .A) Le affermazioni contenute nella 1a e 2a massima costituiscono giurispritdenza consolidata (cfr. sent. 348 e 3146/60; 2051 e 2773/60; 3512/58; 1032/59; - -------------------------- -189 3265/60) anche se nella economia della sentenza il principio relativo non risulta integralmente osservato. In ordine, infatti, alla configurazioa:i.e .. giuriilica del rapporto, per la quale era mancata una specifica impugnativa, il principio di cui alla massima ha operato per ritenere erronea la configurazione riconosciuta e non anche per quella dagli stessi primi giudici esclusa. A tale riguardo stato sottolineato nella sentenza quella mancata specifica impugnativa che, prima, era statti dichiarata non necessaria. B) Le affermazioni contenute nelle massime 3, 4, 5 e 6 costituiscono anche esse giurisprudenza consolidata: per la 3a cfr. sent. 2024 e 3035 del 1958; per la 4, 5 e 6 cfr. sent. 2016 del 1955, 2727 del 1958 e 391 del 1963 in Rassegna Mensile dell'Avvocatura dello Stato n, 1963, pag. 85 e segg. con nota di richiamo. O) L'affermazione contenuta nella 7a massima frutto di un accertamento di fatto che la sentenza ha dato per acquisito e che, al pari di quanto ai1evano fatto i giudici di appello, stato utilizzato per negare la configurazione, nel caso di specie, dell'istituto della associazione in partecipazione. In ci la sentenza si rivela lacunosa. Per escludere nel caso concreto l'operativit dell'art. 81 della T. A. annessa alla L. O. R. non basta affermare che il rapporto in concreto attuato non costituiva n societ di fatto fra societ di capitali e persone fisiChe, o societ di persone n una associazione in partecipazione, ma un contratto atipico, innominato del genere. previsto dall'art. 1332 del Codice civile. Per il principio, infatti, racchiuso nel secondo comma dell'art. 8 della L.O.R. sa1ebbe stato necessario -e a tale riguardo era stato proposto esplicito motivo di ricorso accertare se il rapporto in concreto attuato, atipico, innominato, partecipava, in via di analogia, della disciplina fiscale posta dal ricordato art. 81 della T. A. Nel sistema della legge di registro il fatto giuridico che determina il sorgere del rapporto di imposta noto -non il trasferimento di un bene o l'assunzione di una obbligazione, ma la stipulazione di un atto, capace di provocare un mutamento dello stato gfaridico preesistente. Determinante, perci, l'esistenza di un atto che, considerato in s e per s, sia capace di produrre la obbligazione o di attuare il mutamento suddetto, indipendentemente da tutte le circostanze che possano impedire la produzione dei suoi effetti (cfr. Cassazione, 10 luglio 1954, Montana c. Finanze in Riv. Leg. Fiscale n, 1954, 1331). E poich la tassazione eseguita in relazione al contenuto dell'atto, l'art. 8 della legge organica 30 dicembre 1923, n. 3269, posto a disciplina della ricerca di detto contenuto, stabilisce che le tasse sono applicate secondo la intrinseca natura (giuridica) e gli effetti (economico-giuridici) dello atto, quali sono rnanifestatati dal docurn;(}n_to oggetto della registrazione e della conseguente tassazigne_ _ (cfr. Cassazione, 14 luglio 1952, III, n. 3166), in relazione alle singole voci della Tariffa e con le aliquote ivi stabilite . Dato, per, che per il principio relativo alla autonomia contrattuale, gli atti in concreto posti in essere, possono non rientrare negli schemi tipici, che soli -190 sono stati contemplati nella tariffa, recependoli dal diritto comune, l'art. 8 citato, ad evitare che atti capaci di determinare una modificazione dello stato giuridico preesistente sfuggano alla dovuta loro tassazione, ha stabilito che un atto, il quale per la sua natura e per i suoi effetti risulti, secondo le norme stabilite nello art. 4 della Legge, soggetto a tassa progressiva, proporzionale e graduale, ma non si trovi nominativamente indicato nella tariffa, soggetto alla tassa stabilita per l'atto con il quale, per la sua natura e per i suoi e/etto ha maggiore analogia. Oon tale precisazione, mentre resta stabilito che le voci indicate nella tariffa sono esemplificative e non ta.ssative, resta anche confermato che: a) l'imposta di registro incide sugli effetti non soltanto giuridici o soltanto economici dell'atto, bens sugli effetti economici e giuridici al tempo stesso; b) che in ptesenza di un atto che rientri nelle categorie poste dall'art. 4 della L. O. R. per la tassazione con la proporzionale, progressiva o la graduale, la individuazione della natura e dei suoi effetti va eseguita in funzione delle singole voci della tariffa che indicano . le singole aliquote e che, per gli atti in esso non indicati, pone il ricordato criterio analogico. In tale stato di cose le indagini che, per la decisione sitlla legittimit della imposizione controversa si imponeva ai giudici di appello, era di un duplice ordine: a) quello di sta.bilire se il rapporto in concreto attuato rientrava nella previsione tipica del rapporto associativo in genere ,o dell'associazione in partecipazione, espressamente contemplate nell'art. 81 della T. A..; b) in caso negativo, quello di stabilire se il rapporto suddetto, per il suo contenuto concreto quale era dato desumere dalla scrittura privata che ne aveva sanzionata la posizione in applicazione dei principi posti dall'art. 1322 del Oodice civile, non risultando nominati'l.1amente indicato nella T. A.., poteva e doveva, in via analogica, essere tassato a norma dell'art. 81 della T. A. pi volte detto, applicato dall'Amministrazione Finanziaria. I giudici di appello, per, hanno del tutto omessa la seconda indagine e da ci i Giudici di diritto non pare abbiano tratto le dovute conseguenze, investendone, al riguardo, i giudici di rinvio. La indagine eseguita, infatti non ha accertato se il rapporto in.concreto attuato aveva la potenzialit e la efficacia strumentale a produrre quei determinati effetti che, secondo l'art. 81 della T. A.. importavano per il caso di specie il pagamento della imposta controversa. La T. A.. allegata alla legge organic'a di registro alla quale si riferisce l'articolo 8 della legge predetta allorch dispone sulla ricerca del contenuto dell'atto ed al secondo comma rinvia all'istituto dell'analogia, nell'art. 81 ha tratto infatti ai rapporti in cui si verifica il fenomeno della cooperazione di pi forze per il compimento di un affare, di una serie di affari o di una determinata attivit in comune. L'imposta proporzionale, nella economia di detto articolo, colpisce la entit economica del rapporto ed il termine conferimento prescinde sia dalla titolarit del diritto di propriet del bene conferito sia della necessit di itn trasferimento giuridico del bene stesso, ma ha tratto alla destinazione del bene. Per effetto di tale destinazione, infatti, diviene lo strumento necessario per il compimento dell'affare, della serie di affari, dell'attivit comune in vista delle quali cose il negozio giur~diCo stato .ideato ed attuato dalle parti. IMPOSTA DI REGISTRO -Bonifica Integrale -Pri vilegio oggettivo -Estremi e limiti. (Corte di Cassazione, Sezione I, n. 1724/63 -Consorzio di Bonifica del Salto c. Finanze). L'art. 6 della legge 24 dicembre 1928, n. 3134 e l'art. 9 lettera a) del T. U. 30 dicembre 1923, n. 3256 sono stati abrogati dall'art. 119 del Testo unico 13 febbraio 1933, n. 215 e trasfusi nell'art. 2 di detto Testo unico, il quale, elencando, in modo organico, tutte le opere di bonifica, comprese quelle stradali di cui ai ricordati art. 6 della legge 3134/28 e 9 del Testo unico 3256/23, nettamente distingue le opere stradali predette, considerate nella lettera g dell'art. 2 del Testo unico 215/33 sia dalle opere di bonifica idraulica, considerate nella lettera b) dell'articolo stesso sia dalle opere interessanti la montagna considerate nella lettera a). Oonseguentemente le opere stradali esulano dalle agevolazioni previste, ai fini della imposta di registro, dall'art. 88 del Testo unico 215/33, che, per il privilegio oggettivo, limita le agevolazioni stesse alle opere di bonifica idraulica (lettera b) dell'art. 2 citato) o di sistemazione montana (lettera a dello stesso art. 2). La sentenza cos motivata in diritto: Oon il primo motivo, il ricorrente lamenta che la Oorte abbia escluso la registrazione con tassa fissa, nella considerazione che 1'<< opera non rientrava tra quelle di bonifica idraulica in base alla distinzione contenute nella elencazione di cui allo art. 2 del T. U. 13 febbraio 1933, n. 215. Secondo il ricorrente, invece, per accertare se ricorre".'a la ipotesi del c. d. privilegio tributario oggettivo,. e cio del privilegio stabilito in relazione alla natura di opera di bonifica idraulica, occorreva far riferimento alle leggi anteriori al menzionato Testo unico, dato il rinvio alle leggi stesse contenuto nell'art. 88. Inoltre, il ricorrente lamenta che la Oorte abbia escluso il privilegio anche in base alla legislazione anteriore e deduce la violazione dell'art. 9 lettera a) del Testo unico 30 dicembre 1923, n. 3256, che prevedeva fra le opere di bonifica idraulica la costruzione delle strade necessarie, per mettere il territorio bonificato in comunicazione con i prossimi centri abitati, nonch dell'art. 6 della legge 24 dicembre 1928, n. 3134, che equiparava alle strade di bonifica idraulica quelle necessarie alla trasformazione fondiaria dei terreni del Mezzogiorno. La doglianza infondata. Invero, come questa Suprema Oorte ha osser vato, con le sentenze n. 787 del 13 aprile 1961 e 788 del 13 aprile 1961, l'art. 6 della legge 24 di cembre 1928, n. 3134 stato abrogato dall'art. 119 del T. U. 13 febbraio 1933, n. 215 e trasfuso -191 nell'art. 2 di detto Testo. unico il quale, elencando quale posto, in via generale, il principio del norin modo organico tutte le opere di bonifica, commale trattamento fiscale. (Ofr. Contenzioso dello prese quelle stradali di cui al menzionato art. 6 Stato n, 56, 60, vol. II, pag. 630-624) . .Per effetto della legge n. 3134 del 1928, nettamente distingue dell'abrogazione che l'art. 119 del Testo unico 215/33 le dette opere stradali considerate nella lettera g) ha fatto della legislazione anteriore in materia di di esso art. 2 sia dalle opere di ")onifica idraulica, bonifica idraulica, di sistemazione montana e di considerata nella lettera b) dell'articolo stesso, sia ' miglioramento fondiario, il rinvio contenuto nel ricordalle opere interessanti la montagna considerate dato art. 88, 2 comma del Testo unico 215/33 alla nella lettera a) e induce perci a ritenere che non legislazione, predetta resta limitato alla posizione del possono le ripetute opere stradali essere inquadrate privilegio per le opere di bonifica idraulica e di fra le opere di bonifica idraulica o di sistemasistemazione montana (art. 33 in relazione all'art. 66 zione montana, e che conseguentemente non del Testo unico 3256/23) e non anche ai criteri che, possibile far rientrare le prime nella previsione nella legislazione abrogata, disciplinavano e classifidell'art. 88 del Testo unico 215 del 1933, il quale cavano le une e le altre opere (art. 9 del Testo unico per la applicabilit. del privilegio tributario ogget3256/ 23 e 4 e 6 della legge 3134/1928). I criteri diftivo in esso contemplato richiede che si tratti ferenziali delle opere pi volte dette, dato il carattere di opere di bonifica idraulica o di sistemazione oggettivo del privilegio, non possono essere diversi montana. da quelli che, nell'assetto definitivo dato alla bonifica Quanto poi all'art. 9 lettera a) del Testo unico integrale con il Testo unico 215/33, distinguono, 30 dicembre 1923, n. 3256 va ripetuto lo stesso attraverso una dichiarata differenziazione, in caterilievo, giacch anche tale Testo unico stato gorie nettamente separate, distinte e non comunicanti, abrogato dall'art. 119 del Testo unico n. 215 le opere stesse. Il Testo unico 215/33, infatti, emadel 1933 e trasfuso in quest'ultimo Testo unico. nato in forza della delegazione dei poteri conferita D'altronde come ha posto in evidenza lo stesso dalla legge 3134 del 1928, dopo aver nell'art. 1 prericorrente, dal contesto della sentenza impugnata cisato che la bonifica integrale comprende le opere si rileva che la Corte d'appello, ha in sostanza, di bonifica e di miglioramento f ondiar_io e dopo aver escluso la natura di opere di bonifica idraulica definito le une, comprendendovi sia le opere idrauliche della strada in questione, anche in base alla legiche di sistemazione montana, e le altre, all'art. 2 slazione anteriore al T,esto unico, n. 215 del 1933. elenca le opere necessarie ai fini generali di bonifica Orbene, al riguardo non sussiste la lamentam e distingue: 1) le opere di sistemazione montana a.lla violazione di legge, in quanto la costruz;one di lettera a); 2) le opere di bonifica idraulica alla letuna strada di bonifica non rientra di per se stessa tera b); 3) il consolidamento delle dune e la piantanel concetto di bonifica idraulica o di trasformagione di alberi frangivento alla lettera c); 4) le opere zione fondiaria (equiparata per il Mezzogiorno alla di provvista di acqua potabile per le popolazioni bonifica idraulica) secondo le anzidette leggi, ben rurali alla lettera d); 5) le opere di difesa delle acque, potendo invece rientrare nel pi ampio regime della di provvista e i1tilizzazione agricola di esse alla letbonifica integrale. tera e); 6) le opere afferenti la distribuzione della Infatti, da un lato l'art. 9 lettera a) del Testo energia elettrica per gli usi agricoli alla lettera f); unico 30 dicembre 1923, n. 3256 richiede che si 7) le opere stradali alla lettera g); 8) le costituzioni tratti di strade che siano in connessione con opere di unit fondiarie alla lettera h). di bonificazione di laghi, stagni, paludi e terre In tale classificazione e distinzione le opere di paludose (art. 1 di detto Testo unico); dall'altro bonifica idraulica, alla lettera b), sono state limitate l'art. 6 della legge 24 dicembre 1928, n. 3134, alle opere di bonificazione dei laghi e stagni, delle richiede che le strade siano necessarie alla trasforpaludi e delle terre paludose o comunque deficienti mazione fondiaria dei.terreni. di scolo e le opere di sistemazione montana, alle Nella specie, invece, l'esistenza sia dell'uno che lettera a), sono state limitate alle opere di rimbo dell'altro presupposto non risultava provata e nemschimento e ricostituzione di boschi deteriorati, di meno dedotta: onde esattameme la Corte ha ritecorrezione dei tronchi montani di corsi di acqua, di nuto che l'opera non potesse considerarsi di bonifica rinsaldamento delle relative pendici, anche mediante idraulica neanche in base alle suddette norme. creazione di prati o pascoli alberati, di sistemazione idraulica agraria delle pendici stesse, in quanto Il privilegio oggettivo mantenuto in vita, dall'art. 88, tali opere siano volte ai fini pubblici . 2 comma del Testo unico 215/33, per le opere di In tale delimitazione sono state assorbite le opere bonifica idraulica e di sistemazione montana, ha gi enunciate negli artt. 9 del Testo unico 3256/23 ricevuto, con la sentenza annotata, il suo assetto e 4 e 6 della legge 3134/28, dichiaratamente abrogati, naturale. La Corte di Cassazione~ infatti, nel confere la ulteriore precisazione e caratterizzaZione dalle mare l'indirizzo assunto al riguardo, con le sentenze stesse subite, attraverso l'assorbimento predetto, va 787 e 788 del 1961, fornisce un parametro certo per lendo ai fini generali della legislazione della bonifica individuare le opere di bonifica privilegiate, ponendo non possono non valere, per ragioni di imeneuti!!_a .fine alle incertezze determinate, in passato, dalla letterale. logica e finalistica ai fini del trattamento difficolt di stabilire la linea di demarcazione fra il tributario, che la stessa legislazione ha ritenuto nel- regime della bonifica idraulica e di sistemazione l'ambito della bonifica integrale, di dover affrontare montana da quello della bonifica integrale, per il e differenziare per determinati rami della stessa. r,. c. -192 IMPOSTE E TASSE -Terzo acquirente di immobile gravato da privilegio speciale per debito di imposta Pagamento dell'imposta garantita -Sgravio totale Parziale -Conseguenze nei confronti del terzo. (Corte di Cassazione, Sezione I, 14 marzo 1963 Finanze c. Berselli, Masini e Sutti). L'acquirente, terzo possessore dell'immobile gravato da privilegio speciale per debito di imposta, non obbligato personalmente al pagamento della imposta garantita, ma tenuto al mero comportamento passivo di subire l'espropriazione forzata dell'immobile nel caso che il debitore non assolva il suo debito. Esso, peraltro, ha la facolt, concessa a qualsiasi terzo, di pagare l'imposta stessa (art. 66 del Testo unico n. 1401 del 1922 e 204 del Testo unico n. 645 del 1958) con conseguente estinzione del processo di esecuzione e cessazione di ogni rapporto con l'Amministrazione Finanziaria in ordine al debito di imposta. Lo accertamento successivo della insussistenza totale o parziale del debito fra i soggetti del rapporto, non esplica, pertanto, nei confronti del terzo acquirente, alcuna influenza sull'eseguito pagamento. La Corte ha, cos motivato: Omissis. La sentenza impugnata ha ritenuto che gli opponenti Berselli, avendo pagato l'imposta di lire 3.416.855 per sottrarre l'immobile da essi acquistato dal debitore dell'imposta di contingenza Sutti alla esecuzione immobiliare, fossero divenuti proprietari della somma di lire 2.088.000, che il decreto di sgravio aveva messo a disposizione del Sutti, dopo l'accoglimento del suo reclamo. Essa ha giustificato tale convincimento considerando che, sebbene per il pagamento del debito di imposta di contingenza l'Amministrazione avesse privilegio reale sull'immobile e quindi diritto a subastarla, tuttavia gli acquirenti, quali condebitori o responsabili d'imposta avevano pagato l'intero debito, e la loro posizione, se doveva valere ai fini della riscossione, non poteva non valere anche ai fini del rimborso, di tal che era del tutto identica a quella dello originario contribuente Sutti. I Berselli invece non erano condebitori del debito di imposta n, comunque, responsabili del debito di imposta. In vero l'acquirente, terzo possessore dell'immobile sul quale accordato il privilegio reale di imposta, non , in quanto tale e fuori di ogni previsione legislativa, obbligato personalmente al pagamento dell'imposta. Ncn vale opporre, per dedurne una generica figura di condebitore di imposta, applicabile nei confronti del terzo possessore di immobile soggetto a privilegio reale, che questi, secondo l'opinione di parte della dottrina, surrogato all'Amministrazione per conseguirne il rimborso dell'imposta pagata quale condebitore, nei confronti defdebitore d'imposta a norma dell'art. 98 della legge di registro R. D. 30 dicembre 1923, n. 3269 e dell'art. 69' della legge sulla successione R. D. 30dicembre1923, n. 3270. Le norme su indicate non fanno alcun riferimento alla figura del condebitore di imposta, qualificabile tale soltanto perch paga un debito di imposta di altri, ma a colui che paghi il debito d'imposta di altri a termini delle rispettive leggi per conto di altri : l'art. 98 della legge di registro, invero, riguarda gli ufficiali pubblici e tutti coloro i quali, a termini della legge di registro hanno pagato la tassa di registro per conto delle parti obbligate e l'art. 64 legge sulle successioni, sebbene pi genericamente, concerne tutti coloro i quali, a termini. della legge medesima, hanno pagato l'imposta di successione. N la questione stata dalla dottrina esaminata sotto l'aspetto generico, sostenuto dai resistenti nei confronti dell'Amministrazione e l'opinione della stessa dottrina, nemmeno nei limiti della. surrogazione nei confronti del debitore di imposta, stata accolta da questo supremo Collegio, il quale (sentenza 16 gennaio 1942, n. 140 Foro it. n, Rep. 1942, voce Registro, n. 136-138) ha affermato che occorre applicare nei confronti del terzo possessore i principi di diritto comune sulla surrogazione e non la citata norma della legge di registro. L'opinione non pu ritenersi confermata dall'articolo 15 D. P. 29gennaio1958, n. 645, come sostengono i resistenti. Tale articolo dispone che colui il quale, in forza di particolare disposizione di legge, obbligato al pagamento dell'imposta insieme con altri, per fatto o situazione esclusivamente riferibile a questi, ha diritto a rivalsa. Occorre pertanto una disposizione di legge che stabilisca l'obbligo di pagare l'imposta e riconosca con ci rilevanza a particolari circostanze o rapporti, come nei casi di coloro che sono obbligati a richiedere la registrazione di atti e a provvedere al pagamento della imposta (notai, cancellieri, 'tutori, esecutori testamentari, eredi: art. 80, 84, 93, n. 6, legge del registro), e di tutti coloro che sono solidalmente tenuti al pagamento della imposta di successione (art. 66 legge di successione). N il terzo possessore dell'immobile soggetto a. privilegio obbligato al pagamento dell'imposta, come sostituto di imposta. Tale figura, quale stata precisata, conformemente alla legislazione anteriorei dall'art. 127 T. U. 29 gennaio 1958, n. 645, ha riferimento ai casi in cui la legge sostituisce al soggetto, che dovrebbe pagare l'impos~a, altri in considerazione di un rapporto tra il bene, presupposto del tributo, e la persona che sostituita nel debito. Nessmra -previsione di legge sostituisce invece il terzo posses-sore dell'immobile soggetto a privilegio reale al debitore. Egli tenuto soltanto al comportamento meramente passivo di subire l'espropriazione forzata. ------------------ -193 dell'immobile nel caso che il dabitore non paghi. questo un effetto sia dell'atto di accertamento della imposta che ha natura di atto ammtnistrativo autoritativo con efficacia esecutoria nei . limiti previsti dalla legge che autorizza l'esecuzione, sia della natura del credito accertato, il quale, per essere privilegiato con efficacia reale, implica un diritto di seguito dell'Ammi1strazione (art. 2741, capv., 2746, 2770 segg. Cod. civ.). Il terzo possessore, peraltro, se non ha l'obbligo di pagare il debito come condebitore o sostituto di imposta pu avvalersi della facolt, concessa a qualunque terzo, di pagarlo con gli accessori (art. 66 T. U. 17 ottobre 1922, n. 1401 ed ora 204 T. U. 29 gennaio 1958, n. 645), con l'effetto della estinzione del processo di esecuzione. E se di tale facolt si avvale, con l'estinzione del processo, cessa ogni rapporto con l'Amministrazione, relativamente al debito d'imposta accertato, per il quale l'Amministrazione ha proceduto, e conseguentemente nessuna influenza pu avere sull'eseguito pagamento un accertamento successivo dell'insussistenza totale o parziale del debito fra i soggetti del rapporto di imposta. La posizione giuridica del terzo acquirente di immobile gravato da privilegio speciale per debito di imposta stata, nella riportata sentenza, definita dalla Corte di Oassazme con nettezza di contorni, in stretta aderenza ai principi che disciplinano il rapporto giuridico d'imposta dal suo nascere alla .estinzione. Esclusa per il terzo possessore un'obbligazione personale al soddisfacimento del credito di imposta .sia perch manca al riguardo una espressa previ. sione normativa sia perch il diritto alla rivalsa al terzo escusso riconosciuto in attuazione dell'istituto della s'urrogazione civilistica (cfr. Oassaz., Sent.enza 140/42), la soluzione adottata conseguenziale alla necessit obiettiva di escludere, nel terzo, sia la figura .di responsabile che di sostituto di imposta. L'una perch, estranea alla discussa distinzione fra debito e responsabilit, importa l'estensione dell'obbligazione tributaria a persone che non si trovano con il presupposto del tributo nella prevista relazione (cfr. GIANNINI: Istituz. Diritto Tributario, Ediz. 1960, pag. 105); l'altra perch, nella sua struttura tecnicagiuridica, importa non l'aggiunta, Uii la sostituzione, in luogo del soggetto passivo, di altra persona nello intero rapporto di imposta e non soltanto nella fase relativa alla riscossione. ' La facolt, indubbiamente riservata al terzo, di pagare il debito di imposta diretto ad evitare, nel suo esclusivo interesse, l'esecuzione sull'immobile gravato da privilegio speciale e una volta esercitata, comportando la estinzione del processo esecutivo, comporta la cessazione di ogni rapporto diretto nei confronti dell'Amministrazione. Il terzo, resta pertanto, titolare di un diritto di credito, di natura civilistica, nei confronti del .debitore d'imposta, anche nel caso di eventuali .sgravi del tributo assolto nell'esercizio della facolt predettx. PRESCRIZIONE -Prescrizione e decadenza -Differente fondamento dei due istituti. APPALTO -Pubblica Ammirisli'azion ::::Fornituf'e Condizioni generali d'oneri dello Stato -Norme regolamentari -Forza vincolante per il privato Termini di decadenza posti in dette condizioni generali d'oneri -Liceit e legittimit. (Corte di Cassazione, Sezione III, Sentenza n. 1568/63 -Pres.: Naso; Est.: Laporta; P. M. Trotta -Soc. Unione Manifatture c. Amministrazione Difesa-Esercito). Tanto per la legislazione anteriore (Cod. civ. del 1865) quanto per quella attuale (Cod. civ. del 1942) il fondamento della prescrizione la presunzione di abbandono di un diritto per inerzia del titolare, mentre fondamento della decadenza la esigenza obiettiva del compimento di particolari atti entro un termine perentorio, stabilito dalla legge o dalla volont dei privati, indipendentemente dalle circostanze subiettive ed obiettive dalle quali dipende l'inutile decorso del tempo. Le disposizioni contenute nelle condizioni generali d'oneri dello Stato hanno carattere di norme regolamentari (regolamenti di organizzazione), sempre che si tratti di contratti interessanti lo Stato, nei cui confronti il privato contraente in un rapporto di subordinazione, che giustifica la sua sottoposizione a norme regolamentari obbligatorie. Al carattere normativo delle dette disposizioni consegue la loro forza vincolante, che ribadita dal richiamo, di solito espresso, fatto ad esse nel contratto. Non pu, pertanto, dubitarsi della liceit e legittimit della determinazione di termini di decadenza con le disposizioni delle Condizioni generali d'oneri: invero; l'art. 2966 C. c. che ammette che il termine di decadenza possa essere stabilito dal contratto o da una norma di legge, va correttamente inteso nel senso dell'ammissibilit di termini di decadenza per determinazione pattizia o normativa (legislativa o regolamentare) . Trascriviamo la motivazione in diritto della sentenza nella quale riaffermata la natura regolamentare dei capitolati generali di oneri. Il primo mezzo d(}l ricorso principale denuncia la impugnata sentenza per violazione dell'art. 2936 C. c., in relazione all'art. 83 del Capitolato generale approvato con D. M. 20 giugno 1930, per avere ritenuto che il termine di sei mesi stabilito nel detto art. 83 di decadenza e non gi di prescrizione, nonostante che la norma parli espressamente di prescrizione. La censura priva di fondamento. Il giudice, nell'interpretare la norma, deve attribuirle il senso che fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la loro connessione, sempre che tale significato (lettera della legge) appaia chiara e sicura la volont del legislatore. Quando la lettera d luogo a dubbi, il giudice deve ricercare quale sia stata la precisa intenzione del legislatore. La Corte di merito ha fatto corretta applicazione di tali principi di ermeneutica, in riferimento alla norma citata dell'art. 83 delle -194 Condizioni generali d'oneri per le forniture alle forze armate. Essa, infatti, ha rilevato che l'espressione cc s'intendono prescritti ed estinti, che nella detta norma si legge, ambigua, perch riferita sia alle azioni, diritti e ragioni per restituzione di multe inflitte in dipendenza dei patti contrattuali, sia alle azioni, ai diritti ed alle ragioni per pagamento di interessi che fossero dovuti, essendo indiscutibile la propriet della terminologia soltanto con riguardo all'azione per il pagamento degli interessi, rispetto alla quale pu parlarsi tecnicamente di prescrizione. Invero, con riguardo alla azione per restituzione di multe, il termine fissato per l'esercizio va logicamente ricollegato alla esigenza di pronta definizione dei rapporti nascenti dal capitolato (esigenza che costituisce il fondamento dello istituto della decadenza) e non gi alla presunzione di abbandono dei diritti non esercitati dal titolare (che costituisce il fondamento logico-giuridico dell'istituto della prescrizione). Siffatto ragionamento va condiviso. Infatti, tanto per la legislazione anteriore (Cod. civ. del 1865) quanto per quella vigente (Cod. civ. del 1942), il fondamento della prescrizione la presunzione di abbandono di un diritto per inerzia del titolare, mentre fondamento della decadenza la esigenza obiettiva del compimento di particolari atti entro un termine perentorio, stabilito dalla legge o dalla volont dei privati, indipendentemente dalle circostanze subiettive od obiettive dalle quali dipende l'inutile de corso del tempo. Col secondo motivo si denuncia l'impugnata sentenza per violazione degli artt. 2936 e 2966 C. c., e 113 della Costituzione, assumendosi che la Corte di merito sarebbe incorsa in errore nel ritenere opponibile il termine di mesi sei, ci sia nella ipotesi che si tratti di termine di decadenza, sia in quella che si tratti di termine di prescrizione; perch la decadenza pu essere stabilita soltanto da legge formale o da convenzione e non da un atto normativo di carattere regolamentare, quale il Capitolato, e perch, per il principio della inderogabilit delle norme sulla prescri.zione, il terwinedi questa non poteva essere abbreviato se ~1on con legge formale, ed, infine, perch, per Fflil't. 11-0. della Costituzione deve ritenersi abrogata ogni limitazione alle impugnazioni giudiziali contenuta nei Capitolati d'oneri. Anche tale censura infondata. costante l'insegnamento di questa Suprema. Corte (v. sent. 23 giugno 1958, n. 2219; 21 maggio 1959, n. 1523; e 9 giugno 1960, n. 1524) secondo cui le disposizioni contenute nelle condizioni generali d'oneri dello Stato hanno carattere di norme regolamentari (regolamenti di organizzazione), sempre che si tratti di contratti interessanti lo Stato,. nei cui confronti il privato contraente in un rapporto di subordinazione, che giustifica la sua sottoposizione a norme regolamentari obbligatorie. Al carattere normativo delle dette disposizioni consegue la loro forza vincolante, che ribadita. dal richiamo, di solito espresso (come nel caso),. fatto nel contratto, ad esse. Non , pertanto,. a dubitare della liceit e legittimit della determinazione di termini di decadenza con le disposi- zioni delle Condizioni generali d'oneri; invero,. l'art. 2966 C. c. che ammette che il termine di decadenza possa essere stabilito dal contratto o da una norma di legge, va correttamente inteso nel senso dell'ammissibilit di termini di decadenza. per determinazione pattizia o normativa (legislativa o regolamentare). Il richiamo, fatto nel motivo di ricorso, al principio della inderogabilit delle norme sulla prescrizione, di cui all'art. 2936 C. c., fuori di luogo,. posto che, come si innanzi precisato, nel caso si verte in tema di decadenza. Non pertinente , altres, il richiamo all'art. 113 della Costituzione, essendo chiaro che la fissazione di un termine di decadenza non importa violazionedel principio della tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi contro gli atti della pubblica amministrazione, in quanto lo presuppone .. CONSIGLIO DI STATO SERVIT -Servit militari -Opere a cui vantaggio la servit imposta -Natura militare -Estensione ad opere, anche non militari, interessanti la difesa dello Stato -Aeroporti civili. (Consiglio di Stato, Sezione IV, decisione 30 ottobre 1963, n. 667 - Pres.: De Marco; Est.: Santaniello -Consiglio dei Orfanotrofi e Pio A. Trivuglio c. Ministero Difesa Aeronautica). Le servit militari possono essere imposte sul diritto di propriet sia in relazione ad opere esclusivamente militari (ad esempio: fortificazioni, depositi di munizioni, polveriere, ecc.), sia in relazione ad altri beni che ricevono la stessa tutela non per la loro natura (che pu essere anche non militare), bens in ragione della loro funzione che pu interessare, anche non attualmente, la difesa dello Stato. In tale seconda categoria rientrano appunto gli aeroporti (quale sia sia la loro natura, militare o civile, pubblica o privata), giacch la navigazione aerea di per s stessa costituisce un'attivit che,. direttamente o di riflesso, pu sempre essere connessa o comunque incidere su esigenze di difesa. militare. (Art. 1, legge 20 dicembre 1932, n. 1849;. articolo unico, legge 10 ottobre 1935, n. 1998~. art. 15, D. P. R. 28 giugno 1950, n. 1106; legge27 gennaio 1936, n. 245). Trascriviamo la motivazione in diritto della decisione. Il primo mezzo si scinde in varie censure, nessuna delle quali assistita da fondamento. Fra. tali doglianze va esaminata per prima, in ordine logico, quella relativa al difetto di motivazione; ed,. in proposito, osserva il Collegio che non sussiste -195 il denunciato vizio, giacch ciascuno dei quattro atti impugnati contiene l'enunciazione sommaria, ma sufficiente -in relazione al tipo e alla natura dei provvedimenti -delle ragioni su cui si fonda la determinazione adottata dall'Amministrazione. Gli atti medesimi sono stati emessi dall'Autorit militare nell'esercizio di un'attivit caratterizzata da una netta discrezionalit, quale potere di imporre la servit nei casi di urgenza (art. 4, 50 comma, della legge 20 dicembre 1932, n. 1849): sicch le ordinanze in parola, con la indicazione delle ragioni essenziali che hmno indotto l'Autorit ad emanarle (necessit di garantire il regolare funzionamento degli impianti aeronautici installati nel territorio del Comune di Peschiera, quanto ai provvedimenti 3 maggio e 24 maggio 1960; necessit di assicurare il funzionamento del servizio radar, 4uanto al provvedimento 17 dicembre 1960; necessit di garantire la sicurezza del volo sulla pista aeroportuale, quanto al provvedimento 16 febbraio 1961) contengono elementi di per s bastevoli ad individuare la presenza di una motivazione concisa, ma sufficiente, entro i limiti imposti dalla speciale natura dell'atto. N ha pregio l'altra censura, con cui si assume la falsa applicazione degli artt. 1 e segg. della legge 20 dicembre 1932, n. 1849 e, comunque, l'eccesso di potere sul riflesso che i provvedimenti impugnati non parlano di opere militari, ma fanno riferimento ad impianti genericamente aeronautici o al servizio radar o alla pista aeroportuale, senza specificare la loro destinazione a scopi militari: e che, nella specie, il carattere militare delle opere sarebbe anzi da -escludere, proprio in relazione alla circostanza che il sistema aeroportuale in questione adibito al traffico aereo civile. Siffatta tesi non pu essere condivisa dal Collegio, per il seguente ordine di considerazioni: a) l'opinione del ricorrente poggia sull'erroneo presupposto che le servit militari siano imponibili solo in presenza di un'opera esclusivamente militare: senonch l'art. 1 della ridetta legge n. 1849 del 1932 ricomprende nella sua previsione normativa non solo le opere militari , di qualunque genere, occorrenti per la difesa dello Stato n e gli stabilimenti militari i>, ma altres gli aeroporti ii e i campi di fortuna , senza alcuna differenziazione -per tali due ultime categorie di beni -fra quelli militari e quelli civili, fra quelli pubblici e quelli privati; b) la ratio della norma sembra palese; mentre alcuni beni sono suscettibili di essere tutelati nelle forme e nei modi previsti dalla ridetta legge n. 1849 del 1932, solo in quanto abbiano struttura di opera direttamente ed esclusivamente militare (ad esempio fortilizi; fortificazioni; depositi di munizioni; polveriere ecc.) altri beni, invece, ricevono la stessa tutela non pi in relazione alla loro natura (che pu essere anche non militare), ma in ragione della loro funzione, che pu interessare -anche a prescindere dalla specifica destinazione in atto -la difesa dello Stato. In tale secondo nvero rientrano per l'appunto gli aeroporti (quale che sia la loro natura, militare o civile; pubblica o privata): giacch la navigazione aerea di per s stessa costituisce una attivit che, direttamente o di riflesso, pu sempre essere connessa o comunque incidere su esigenze di difesa militare. Onde anche l'aeroporto destinato al traffico aereo civile pu .acquistare. rilevanza, di guisa che si faccia luogo alla imposizione dei vincoli previsti dalla legge del 1932 sulle servit militari. E che si fidi della tutela predisposta dall'ordine citato complesso di norme, gli aeroporti prescindano dalla qualificazione militari o civili, desume altres -oltre che dalla dizione letterale del gi menzionato art. 1 -dell'esame dei lavori preparatori della legge stessa: dai quali risulta esplicito l'intento legislativo di ricomprendere nella. nuova disciplina normativa non solo le opere fortilizie e i depositi e stabilimenti militari (gi previsti dal Testo unico approvato con R. D. 16 maggio 1900, n. 401, e del relativo Regolamento approvato con R. D. 2 gennaio 1901, n. 32), ma di estendere i vincoli stessi agli aereoporti e ai campi di fortuna in genere, con astrazione dalla loro specifica. qualificazione. DANNI DI GUERRA -Requisiti per la concessione dell'indennizzo -Necessit della loro esistenza alla data del decreto di concessione. (Consiglio di Stato, Sezione IV, decisione 30 ottobre 1963, n. 655 - Pres.: D'Avino; Est.: Trotta -Fiorino Gostino c. Ministero del Tesoro). Ai fini della concessione di indennizzi e contributi per danni di guerra, il requisito della cittadinanza. italiana deve sussistere alla data del decreto di concessione, e non anche al tempo dell'erogazione essendo irrilevante, ai fini della legittimit della. concessione, ogni mutamento nella cittadinanza che abbia luogo successivamente alla data di quel decreto (art. 1, legge 27 dicembre 1953, n. 968). Trascriviamo la motivazione in diritto dellci clecisione. Nel merito il ricorso si appalesa fondato, essendo ininfluente ai fini dell'indennizzo che l'avente diritto abbia in tempo successivo al decreto di concessione acquistato una cittadinanza straniera. L'Amministrazione resistente oppone che il requi sito della cittadinanza deve sussistere anche al momento dell'erogazione, poich in tale momento che viene soddisfatta la pretesa del cittadino al risarcimento del danno di guerra, che ha natura. e consistenza di interesse legittimo e non di diritto soggettivo. L'annullamento operato dovrebbe per tanto ritenersi regolare, essendo stato eliminato un atto emanato sulla base di un presupposto che in seguito venuto a mancare. Pur convenendo, secondo la ben nota giurispru denza di questo Consiglio e della Corte di Cassa zione che la pretesa alla reintegrazion dei dal!P di guerra si concreta in un interesse legittimo, la tesi dell'Amministrazione resistente non pu tut tavia essere condivisa poich irrilevante ai fini di detta reintegrazione, ogni mutamento sullo stato di cittadinanza che si verifichi posteriormente allo atto che costituisce il titolo per la concessione~ -196 . Tale atto infatti, appena emanato eompie ed esaurisce la sua funzione ponendo l'interessato nella teorica condizione di poterne subito realizzare il .contenuto con l'effetto che ogni mutamento intervenuto in tempo successivo all'emanazione del decreto non pu produrre alcuna conseguenza ai fini dell'avvenuta concessione. PORTI -Opere portuali -Spese di manutenzione e riparazione -Provvedimenti di ripartizione -Impugnativa -Competenza dell'A.G.O. (Consiglio di Stato, Sezione IV, decisione 30 ottobre 1963, n. 665 - Pres.: Meregazzi; Est.: Santaniello Comune di Capannori c. Ministero Lavori Pubblici). Esula dalla giurisdizione del Consiglio di Stato il provvedimento ministeriale con il quale sono ripartite fra gli enti interessati, in base ai criteri fissi stabiliti dal R. D. 12 luglio 1912, n. 974 e con esclusione di ogni discrezionalit amministrativa, le spese occorse per opere portuali. (Cfr. IV Sezione, 29 maggio 1963, n. 383, Il Consiglio di Stato , 1963, 716, con note di richiamo). Trascriviamo la motivazione in diritto della deoisione. Il Collegio ritiene fondata l'eccezione di difetto di giurisdizione, opposta dalla Amministrazione resistente, sul profilo che esula dalla presente .controversia ogni posizione di interessi legittimi o di diritti affievoliti, data la natura della obbligazione pecuniaria di cui si discute l'assenza di ogni discrezionalit della determinazione dell'obbligazione stessa. Come stato gi affermato da questa Sezione in una fattispecie del tutto analoga (v. dee. 29 maggio 1963, n. 383), esula dalla giurisdizione del Consiglio di Stato il provvedimento ministeriale .con il quale sono ripartite fra gli enti interessati, in base a criteri fissi stabiliti dal R. D. 12luglio1912, n. 974, e con esclusione di ogni discrezionalit amministrativa, le spese occorrenti per opere portuali. Ed, invero, va considerato che l'attivit della P. .A. nella determinazione delle spese occorrenti per opere relative ai porti e nella ripartizione delle .spese stesse fra le varie amministrazioni centrali .e locali interessate, strettamente vincolata la legge fondamentale (R. D. 2 apri~e 1885, n. 3092 che approva il Testo unico delle leggi sulla-dedotta materia) stabilisce, in primo luogo, in base a criteri del tutto obbiettivi, come debba procedersi alla classificazione dei porti in categorie e classi; 'stabi~ lisce, poi, sempre in base a criteri obbiettivi quale quota delle spese per i porti di seconda categoria sia posta a carico dello Stato e quale parte faccia carico alle provincie ed ai comuni. .Anche il riparto tra le provincie e comuni si effettua sulla base di percentuali fissate dalla legge. E quest'ultima determina anche i criteri in base ai quali si deve accertare quali provincie e quali comuni debbano ,considerarsi come interessati >> alla costruzione, al miglioramento e alla manutenzione del porto, qualificando come tali le provincie e i comuni che si servono del porto per la esportazione dei loro prodotti agricoli e industriali e l'importazione delle derrate e di qualsivoglia altro prodotto per uso e consumo dei rispettivi abitanti. Nel regolamento approvato con R. D. 26 settembre 1904, n. 713 si precisa, sempre in base a criteri oggettivi, quali siano le opere nuove straordinarie e quali quelle di manutenzione e di miglioramento quali siano le opere che riguardano i porti, le spiagge ed i fari soggetti alle disposizioni del regolamento stesso. Il procedimento di ripartizione delle spese fra pi comuni interessati ad un medesimo porto, regolato dal R. D. 12 luglio 1912, n. 974, che ha sostituito l'art. 18 del R .D. n. 713 del 1904 sopra richiamato, prevede l'attribuzione a ciascuno dei comuni iscritti negli elenchi di un coefficiente variabile, a seconda che si tratti di comune sede di porto o luogo di residenza delle agenzie e dei commercianti o di comune per il quale non ricorrano dette condizioni. La quota di concorso la risultante della combinazione di tre quote, determinate rispettivamrnte in ragione del principale dei contributi diretti, in ragione della popolazione e in ragione inversa della distanza dal porto. Come risulta da questa particolareggiata regolamentazione, il potere che l'Amministrazione chiamata ad esercitare nella determinazione e nella ripartizione della spesa di che trattasi regolarmente vincolato, esulando da esso ogni margine di discrezionalit. N puo dirsi anoora ohe la norma sia dettata nel prevalente pubblioo interesse. giacch essa discrimina l'onere in base alle prestazioni di cui possono fruire gli enti interessati: Deve quindi dichiararsi il difetto di giurisdizione di questo Consiglio. --------------- -----------------_;___________. ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI DELLE CORTI DI MERITO GIURISDIZIONE E COMPETENZA -Controversie agrarie -Sezioni Specializzate per le controversie agrarie -Concessioni di pertinenze idrauliche e di bonifica -Proroga legale -Comp.etenza funzionale del Foro dello Stato. (Tribunale di Firenze, Sezione Specializzata per le controversie agrarie) 13 marzo 17 aprile 1962 -Pieraccini e Coop. Ponti di Badia c. Amministrazione Finanziaria dello Stato e Ente per la Colonizzazione della Maremma Tosco Laziale). La competenza funzionale affidata dall'art. 7 della legge 4 agosto 1948, n. 1094 alle Sezioni Specializzate per le controversie agrarie, traendo origine dal modo di costituzione dell'organo giudiziario, prevale su qu!'llla funzionale del foro dello Stato prevista dall'art. 25 del C. p. c. e fi e 7 del Testo unico 30 ottobre 1933, n. 1611. Il Tribunale di Firenze ha cos motivato: Fin dal 1 maggio 1959, con memoria depositata in Cancelleria, il ricorrente Pieraccini aveva prospettato l'incompetenza territoriale di questa Sezione e correlativamente la competenza territoriale della Sezione Specializzata per le Controversie Agrarie presso il Tribunale di Grosseto. A sostegno di tale eccezione cosi sollevata il Pieraccini produceva copia della sentenza 17 marzo 1958, n. 3016 della Corte di Cassazione in causa Amministrazione delle Finanze dello Stato contro Cooperativa Agricola <> di Macchiascadona ed altri. Si legge, in tale sentenza, fra l'altro e senza specifica ulteriore motivazione, che cc va... dichiarata la competenza della Szione Specializzata per le Controversie Agrarie presso il Tribunale di Grosseto, dove sono situati i fondi in controversia >>. In memoria di replica il Pieraccini si poi richiamato alla sentenza del 27 gennaio 1962, n. 52 in causa La Castiglionese c. Amministrazione Finanziaria dello Stato, con la quale sentenza la Corte di Appello di Firenze, per essere il terreno in contestazione in quella causa ubicato nel Comune di Grosseto, dichiara l'incompetenza territoriale di questa Sezione e la competenza della Sezione Specializzata per le Controversie Agrarie presso il Tribunale di Grosseto. Questa ultima sentenza, ampiamente motivata, induce il Collegio a riesaminare la prospettata questione alla luce di nuovi argomenti che si dimostrano fondati. Infatti, l'art. 6 R. D. 30 ottobre 1933, n. 1611 che, per le cause nelle quali parte l'Amministra zione dello Stato, radica la competenza territoriale presso l'Ufficio Giudiziario dove ha sede l'Ufficio dell'Avvocatura dello Stato, viene derogato per espressa disposizione del successivo art. 7 nelle varie ipotesi in questo previste, ipotesi che rendono nuovamente applicabili i principi generali in materia di competenza, salvo per quanto attiene al giudizio di appello. Ora l'intenzione del legislatore (cfr. articolo 12 delle Preleggi), nel costituire con l'art. 7 della legge 4 agosto 1948, n. 1094 un organo specializzato della Magistratura Ordinaria, ha avuto di mira la creazione di una competenza funzionale, e come tale inderogabile, non soltanto per ragione di materia, ma altres per ragione di territorio. Lo si desume dal fatto che i quattro esperti, chiamati a far parte della Sezione, debbono essere designati dalle organizzazioni provinciali di categoria, con un riferimento, perci, all'ambito della provincia ossia ad un territorio rispetto al quale gli esperti sono in grado di integrare sul piano tecnico, economico e sociale le cognizioni del giudice collegiale. Il nome stesso di << esperto indica. come questo componente debba conferire al Collegio non un puro e semplice apprezzamento in. materia di contrapposizione sindacale di contrastanti interessi economici, bens una esperienza di usi, consuetudini, terreni, culture, sistemi di conduzioni ed in genere di situazioni legate a quel particolare territorio nel cui ambito l'organo giudiziario chiamato ad esercitare la propria gimisdi zione. Pertanto, il principio della inderogabilit della. competenza funzionale delle Sezioni Specializzate destinato a prevalere anche rispetto alla competenza territoriale del foro erariale il quale tutela. un interesse secondario rispetto a quello che determina il modo di costituzione dell'organo giudiziario. E poich i rapporti sui quali si controverte nel presente giudizio hanno per oggetto terreni posti nel Comune di Grosseto, la competenza a giudicare di tali rapporti appartiene alla sezione Specializzata per le Controversie A.grarie presso quel Tribunale. La novit e la difficolt della questione giustifica l'integrale compensazi.?n.e tra le parti delle spese di questo giudizio )), A) A seguito di tale pronuncia, nell'interesse dell'Amministrazione Finanziaria dello Stato stato proposto Ricorso per Regolamento di Giurisdizione ed istanza per R:egolamento di Competenza. -198 B) Rilevato il carattere ctssolutamente pregiudiziale della questione di giurisdizione, espressamente proposta dall'Amministrazione Finanziaria sotto il profilo della improponibilit assolu.ta della domanda diretta ad ottenere il riconoscimento dello istituto della proroga legale delle affittanze agrarie per le Concessioni Amministrative di pertinenze idrauliche e di bonifica, la giurisdizione dell'A; G. O. stata contestata con richiamo al fatto che il rapporto che, in concreto, ha caratterizzato la utilizzazione dei beni Qggetto di concessione, costituisce, sia nelle forma che nella sostanza, un rapporto tipico di diritto pubblico e precisamente una concessione amministrativa, attraverso la quale gli artt. 822 e 825 del Codice civile consentono appunto la utilizzazione da parte di privati di beni, che, natura rerum o destinationis causa, fanno parte del demanio dello Stato o del patrimonio indisponibile (Ofr. Oassaz. Sez. Unite, n. 1067 del 1949). C) La esclusione, per le cont?'oversie agrarie, della Qperativit del Foro dello Stato stata censurata con il motivo che integralmente si trascrive: Violazione delle norme sulla competenza -Violazione e falsa applicazione degli artt. 7 della legge 4 agosto 1948, n. 1094; 4 della legge 18 agosto 1948, n. 1140; 2 e 5 della legge 26 giugno 1949, n. 359 con norme sulla competenza per le controversie relative alla proroga dei contratti agrari di affitto dei fondi rustici in relazione all'art. 25 del O. p. c., 6 e 7 del Testo unico 30 ottobre 1933, n. 1611 con norme sulla mppresentanza e difesa in giudizio dello Stato. Art. 42 O. p. c. 1) Il Tribunale di Firenze, con la sentenza denunciata, ha dichiarato che esso, adito, a suo tempo, sia dal Pieraccini che dalla Coop . .Agricola Ponti di Badia in osservanza delle norme sul Foro dello Stato, sfornito di competenza territoriale ed ha affermato quella del Tribunale di Grosseto. Ha ritenuto il Tribunale suddetto che la competenza funzionale ed inderobabile del Foro dello Stato dovesse cedere di fronte a quella, parimenti funzionale e inderogabile, delle Sezioni Specializzate per la risoluzione delle controversie agrarie operanti presso i singoli Tribunali. Ci in considerazione del fatto che, per queste ultime, il carattere funzionale stato determinato dalla partecipazione di esperti designati dalle .Associazioni di categoria, i quali sono forniti sia di particolare conoscenza della situazione agricola sia di partiolare esperienza sui problemi economici del luogo. Ha tratto conforto, al riguardo dal fatto, posto in rilievo dalla giurisprudenza formatasi sull'argomento, che la partecipazione degli esperti suddetti conferisce al Collegio non un puro e semplice apprezzamento in materia di contrapposizione sindacale di contra. stanti interessi economici, bens una esperienza di usi, consuetudini, terreni, culture, sistemi di conduzione ed in genere di situazioni legate a quel particolare territorio nel cui ambito l'organo giudiziario chiamato ad esercitare la propria funzione>>. Nessun dubbio che la competenza delle Sezioni .Specializzate funzionale. Nessun dubbio del pari che le ragioni le quali hanno determinato il rilevato carattere funzionale sono quelle precisate dal Tribunale di Firenze. N l'uno n l'altro argomento, per, decisivo pe1 affermare nhe la competenza territoriale delle Sezioni Specializzate prevalga su quella, funzionale anche essa, del Foro dello Stato e ,che quest'ultima tuteli un interesse secondario rispetto a quella suddetta, che si ripercuote sul modo di costituzione dell'organo giudiziario. 2) La ricorrente .Amministrazione finanziaria non si nasconde la delicatezza della questione, ma ritiene necessario sottoporre all'esame della Ecc.ma Corte un duplice ordine di motivi che, trovando riscontro in norme positive, dovrebbero escfodere la affermata prevalenza. Il primo ordine di motivi dato dal fatto che le norme sul Foro dello Stato, nella loro interpretazione letterale logica e finalistica, istituiscono un Foro speciale per un oggetto determinato nel quale si compongono, in unit di intenti, gli elementi del territorio e della materia e richiedono, in vista di ci, una norma derogativa espressa. Orientative a riguardo sono le eccezioni tassativamente poste dall'art. 7 del Testo unico n. 1611 del 1933 ed il carattere di ordine pubblico attribuito alla disciplina cos sancita dall'art. 9 successivo. Rispetto a tale situazione, la natura di organi di giurisdizione ordinaria serbata dalle Sezioni (vedasi in Giurisprudenza ))' Cassazione, 11 dicembre 1950, n. 2711; id. 23dicembre1950, n. 28130 13 gennaio 1951, n. 80; in cc Dottrina )) TORRENTE, in Giurisprudenza sui Contratti .Agrari ))' pagina 12-13; CARRARA, cc Contratti .Agrari))' pag. 317 in nota) posta in relazione al fatto che le leggi istitutive delle Sezioni Specializzate per la proroga legale (art. 7 della legge 1094del1948 e 2 e 5 della legge 353 del 1949) hanno disciplinato la competenza delle stesse soltanto ratione materiae, senza nulla statuire rat~one loci, porta a ritenere che, territorialmente, valgono le norme ordinarie di competenza con la inderogabilit sancit dalle norme comuni, rispetto alle quali il Foro speciale dello Stato risulta prevalente. L'art. 28, infatti, del C. p. c. oltre i casi espressi di inderogabilit, richiede, per eventuali altri casi, un'apposita disposizione di legge. Il secondo ordine di motivi dato dal fatto che, mentre per le Sezioni Specializzate per la proroga legale, il legislatore ha disciplinato la competenza soltanto ratione materiae, per le Sezioni Specializzate per l'equo canone il legislatore ha disciplinato la competenza sia ratione materiae che ratione loci. Le prime trovano la loro disciplina nelle leggi 1094 cel 1948 e 392 del 1950; le seconde nella legge 1140 del 1948 con la quale fu disposta la sostituzione delle Commissioni .Arbitrali istituite dal D. L. C. P. S. n. 277 del 1947. Di diversa composizione nella scelta degli esperti, le prime hanno, ai fini della competenza, la determinazione della meteria; le seconde non solo della materia, ma anche del luogo, richiedendosi espressamente dall'art. 10 della legge 277del1947, che la domanda introduttiva sia presentata cc presso il Tribunale nella cui giurisdizione posto il fondo oggetto della controversia . -199 La diversa intensit con la quale il legislatore intervenuto nella particolare materia consente di ritenere che, se un rapporto di prevalenza fra il Foro dello Stato e la competenza delle Sezioni debba affrontarsi, le ragioni addotte dal Tribunale di Firenze sono pertinenti per l'equo canone pi di quanto non lo siano per la proroga legale: per il primo, infatti, di particolare rilievo la produttivit del fondo, la situazione agricola contingente ed i problemi tecnici del luogo nel quale risiedono gli esperti; per la seconda, gli aspetti determinanti sono la natura giuridica del rapporto e la qualifica di coltivatore diretto del conduttore. La conferma di una diversa disciplina fra le due specie di Sezioni si pu rinvenire anche nel fatto che le rispettive decisioni sono soggette a distinti mezzi di impugnazione: quelle della Sezione per la proroga ai mezzi consueti e quelle per l'equo canone al solo ricorso per Cassazione. IMPOSTA DI REGISTRO -Mutuo contratto dai Comuni con Istituto di credito -Delegazioni di pagamento sulle imposte di consumo in gestione diretta, emesse dal Comune ad estinzione del mutuo ed accet tate con obbligo del non riscosso per riscosso dalla Tesoreria Comunale -Tassazione autonoma dei due rapporti -Esclusione. (Corte di Appello di Torino, Sntenza 25 ottobre -Il novembre 1963-Pres.: Prati; Est.: Marigardi -Amministrazione Finanziaria c. Citt di Torino. Le delegazioni di pagamento sulle imposte di consumo rilasciate dai Comuni per la estinzione di un mutuo da essi contratto, in mancanza di altri cespiti delegabili, costituiscono mandati di pagamento non soggetti ad autonoma tassazione di registro in aggiunta e diRtintamente dalla tassazione del mutuo, cui si riferiscono. A) La Corte di Torino ha cos motivato: Il problema che si propone alla Corte inteso a stabilire se il mutuo e le delegazioni di pagamento contemplati nel medesimo atto debbano considerarsi negozi distinti e singolarmnte tassabili oppure costituiscano disposizioni necessariamente connesse e derivanti per l'intrinseca loro natura le une dalle altre in modo da consentire l'applicazione dell'art. 9 Cpv. Legge di Registro che, nella seconda ipotesi, considera l'atto quanto all'imposta come se comprendesse la sola disposizione che da luogo all'imposta pi grave . L'unicit del negozio giuridico di mutuo e delegazioni contestata dall'Amministrazione delle Finanze sul rilievo che mediante la delegazione il delegante ed il delegato assumono precisi obblighi che non possono considerarsi come elementi costitutivi di un unico negozio di mutuo: che la delegazione integra una obbligazione autonoma -non necessariamente connessa con quella di mutuo con la quale le parti stabiliscono l'assunzione di obblighi da parte del delegato e le modalit di pagamento, cos stipulando una vera e propria garanzia indipendente ed autonoma rispetto al contratto di mutuo. Trattasi di interpretare la norma dell'art. 9 Legge di Registro e di stabilire la sferadi,applicazione della stessa. Non ritiene questa Corte che sia accettabile il criterio dell'Amministrazione ap , pellante secondo cui la lettera della norma ed il criterio informatore della stessa precisano che l'ambito di applicazione della norma abbraccia unicamente la concatenazione strutturale, oggettiva, concettuale delle disposizioni secondo lo schema tipico del negozio e con una causa giuridica che assolva la stessa funzione economica e sociale. In sostanza l'Amministrazione Finanziaria con criterio restrittivo limita la connessione agli obblighi che in un determinato tipo di contratto assumono la natura di elementi strutturali, come le obbligazioni che costituiscono il corrispetti;vo della prestazione principale oppure i corolla:ui giuridici delle contrapposte obbligazioni. :.i1 Premesso che quella prevista dall'articolo citato deve essere connessione oggettiva, non rimessa cio alla determinazione dei contraenti, agli effetti di stabilire il collegamento tra pi disposizioni di un medesimo atto per l'applicazione della sola imposta relativa alla disposizione che d luogo all'imposta pi grave, ritiene questa doversi adeguare Corte alla interpretazione che della norma ha fatto il Supremo Collegio (Cass., 4 ottobre 1958, n. 3106): agli effetti dell'art. 9 della Legge di Registro secondo cui se un atto contiene pi disposizioni indipendenti ognuna di queste sottoposta a tassa. come se formasse un atto distinto, la nozione di disposizione indipendente va intesa nel senso di negozio giuridico autonomamente previsto dalla tariffa e la necessaria connessione tra pi disposizioni derivanti le une dalle altre, si verifica solo allorquando tra le varie disposizioni esiste per forza di legge e non per semplice volont delle parti una concatenazione tale da poter avere riassunta in un unico rapporto tassabile . da ritenersi cio che la formulazione dell'art. 9 Legge di Registro non fa riferimento ad un legame necessario tra le varie disposizioni derivante dal sinallagma tipico contrattuale nel senso di escludere da tassazioni distinte ed autonome soltanto le obbligazioni che siano corrispettive di quella principale ovvero siano corollari giuridici delle contrapposte obbligazioni: il testo della norma har portata pi vasta considerando e comprendendo tutte le ipotesi in cui la pluralit delle disposizioni e la loro concatenazione sono cagionate da forza di legge e non dalla discredionalit dei contraenti. La connessione deve ritenersi ricorrente anche quando dipende da norme che pur non incidendo direttamente sulla disciplina del contratto tipico, debbono, necessariamente, essere osservate nella, stipulazione di un particolare contratto. Il legame si ha cos tutte le volte che una disposizione viene ad aggiungersi a quelle tipiche strutturali del con-~ tratto tipo per virt di una norma legislativa che la impone in relazione anche a finalit non proprie del negozio ma di carattere pubblico. Ci premesso occorre considerare se il Comune di Torino abbia rilasciato le delegazioni di paga -200 mento di cui trattasi perch costJ.ettovi dalla legge . e se la Cassa di Risparmio le abbia accettate con la clausola del non riscosso a sua volta costrettovi per forza cogente. La risposta al quesito non dubbia ove si considerino le norme legislative che regolano la materia. La Legge Comunale e Provinciale (T. U. a marzo 1934, n. 383) stabilisce all'art. 299 n. 3 l'obbligo per il Comune di garantire l'ammortamento del mutuo determinando i mezzi per provvedervi nonch i mezzi per il pagamento degli interessi. A sua volta l'art. 94 del Testo unico sulla Finanza locale 14 settembre 1931, n. 1175 dispone che se non sussistono altri cespiti comunali delegabili per legge (e questo il caso di specie) il Comune tenuto a rilasciare delegazioni sull'imposta di consumo. Del che consegue che rilasciando le delegazioni sull'imposta di consumo il Comune di Torino non ha scelto liberamente un mezzo, ma ha ottemperato ad una modalit di pagamento del mutuo :alla cui osservanza era tenuto per forza di legge. Il che svuota di ogni contenuto l'argomentazione .dell' .A.mministraziohe Finanziaria secondo la quale l'avere il Corriune di Torino esaurito gli altri .cespiti e l'essere stato costretto a ricorrere ai proventi futuri delle imposte di consumo non deriva da norme cogenti ma dalla situazione patrimoniale .contingente che riconosciuta nella competente sede gerarchica, abilita all'esercizio della facolt ipotizzata dall'art. 94 del Testo unico sulla Finanza locale. Non vi dubbio infatti -si sostiene . che se ilComune di Torino avesse in concreto potuto .ricorrere ad altre fonti patrimoniali per fronteggiare gli oneri del prestito il ricorso ai proventi delle imposte di consumo sarebbe mancato senza .che, per tale fatto, venisse a mancare anche il mutuo. Pare facile l'obiezione che se indubbio .che la situazione patrimoniale del Comune ha rilevanza, la stessa va per rapportata al sistema della legge che , ripetesi, nel senso che nel difetto di .altri cespiti comunali delegabili il Comune, sempre per garantire l'ammortamento del mutuo, deve .rilasciare delegazioni sulle imposte di consumo a norma dell'art. 94 del citato Testo unico, in ottemperanza cio ad una facolt. Le difese dell'Amministrazione appellante postulano un particolare esame della clausola del non .riscosso per riscosso . canone fondamentale prescritto all'esattore dalla legge per riscossione delle imposte dirette quello del non riscosso per riscosso (art. 5 legge 17 ottobre 1922, n. 1401). .Sull'assunto che tale obbligo pos'to a carico dell'Esattore per i tributi comunali esigibili mediante :ruoli si sostiene che per le imposte di consumo in gestione diretta, per le quali il Comune provvede direttamente all'accertamento ed alla riscossione .affidandone il solo esercizio di cassa ad un ente distinto, Tesoriere Comunale, l'obbligo predetto non . posto dalla legge n dal contratto esattoriale .che nel particolare sistema non entra affatto in .gioco: con la conseguenza che se, non potendo parlarsi d'obbligo imposto dalla legge, il Teso: riere lo assume, ci va riportato alla sua volont .con la conseguenza ulteriore della costituzione di un negozio di garanzia distinto da quello di mutuo, non legato a questo da alcuna correlazione di necessit e quindi autonomamente tassabile. L'argomentazione con fondata. L'art. 94 del Testo unico sulla Finanza locale. pone . come specif. ca, imprescindibile condizione per le delegazioni sull'imposte di consumo che la riscossione sia data in carico all'appaltatore delle dette imposte e, nel caso di gestione diretta, all'esattore delle imposte dirette e al Tesoriere comunale con le condizioni stabilite dalla legge sulla riscossione delle imposte dirette. Ne consegue che la Cassa di Risparmio -tesoriere Comunale, alla quale i ricevitori delle imposte di consumo versano gli importi di dette imposte con correlativo obbligo di ricevimento, tenuto nell'esercizio del suo servizio all'osservanza delle condizioni di legge per la riscossione delle imposte' dirette. Si detto che canone fondamentale della riscossione delle imposte dirette quello cel non riscosso per riscosso. I capitoli normali esattoriali (D. M. Finanze 18 settembre 1823) che hanno natura di norme integrative delle disposizioni contenute nella legge e nel regolamento di riscossione dispongono che l'esattore ed il ricevitore provinciale sono tenuti a firmare le delegazioni emesse dai Comuni e dalla provincia, ed a versarne l'importo alle scadenze con l'obbligo del non riscosso per riscosso . Lo stesso obbligo applicabile per le delegazioni sui proventi del dazio consumo e delle tasse comunali affidati in riscossione agli esattori emesse in garanzia di mutui fatti dalla Cassa Depositi e Prestiti o da altro Istituto (art. 9). Pare evidente, e lo ha gi rilevato il Tribunale, che dal complesso delle disposizioni summenzionate risulta che il presupposto per emettere delegazioni sulle imposte di consumo appunto che la riscossione nel caso di gestione diretta sia affidata allo esattore o al Tesoriere con l'obbligo del non riscosso per riscosso , e che il tesoriere, nel caso di gestione diretta posto dalla legge nelle condizioni stesse dell'esattore o in quella dell'appaltatore nel caso di gestione appaltata. Non pu pertanto parlarsi di obbligo liberamente assunto dalle parti, ma trattasi dell'osservanza di un precetto legislativo che vincola il comportamento del mutuante. Solo per la compiutezza di motivazione va rile vato che dal contesto del rogito Burlando nulla appare che consenta di ritenere l'assunzione di un obbligo diretto tra la Cassa di Risparmio e l'Istituto mutuante: la sottoscrizione del rappresentante della Cassa vale unicamente come accettazione passiva delle pattuizioni intervenute tra mutuante e mutua tario, ma non implica l'assunzione di una qualche particolare specifica obbligazione diretta della stessa verso l'Istituto San Paolo. Ritiene pertanto questa Corte, ribadendo quanto gi affermato in sentenza 20 aprile ...... che le delegazioni di pagamento sulle imposte di consumo, rilasciate in mancanza di altri cespiti delegabili, --- siano da considerarsi mandati da pagamento non soggetti ad autonoma tassazione di registro in aggiunta e distintamente dalla tassazione del mutuo cui si riferiscono. Onde l'appello va respinto. -201 B) La sentenza della Oorte di Torino stata gravata di Ricorso in Oassazione sulla base dei due seguenti motivi: I -Violazione e falsa applicazione dell' a?t. 9 della Legge d~ Registro 30dicembre1923, n. 3269 nonch dell'art. 30 della tariffa A annessa alla legge di Registro precletta -Omessa insufficiente e contraddittoria motivazione -Ai sensi e per gli effetti dell'art. 360 nn. 3 e 5 del O. p. c. A) L'imposta di registro, della cui legittimit i giudici di appello erano stati investiti, concerneva, fra l'altro, la tassazione a norma dell'art. 30 della tariffa A della L. O. R. di 12 delegazioni semestrali di pagamento, emesse dalla Citt di Torino sui proventi delle imposte di consumo, sottoscritte dal Sindaco, accettate dalla Cassa di Risparmio di Torino, alla quale affidato il servizio di Tesoreria Comunale, e consegnate all'Istituto Bancario San Paolo di Torino per l'importo complessivo di L. 116.071.272, a fronte del mutuo da detto Istituto concesso alla Citt di Torino con il rogito Burlando 17 aprile 1958, n. 4232 di rep. per il maggior importo di L. 217.000.000, da restituirsi con versamenti semestrali in 25 anni. La tassazione predetta, contestata in sede giudiziaria dalla Citt di Torino, era stata operata, in via suppletiva, in occasione della verifica delle percezioni eseguite dall'Ufficio s1 rogito Burlando, con la iscrizione dell'art. 19010 A. C. Chieri nell'importo di L. 2.437 .507. I Giudici di appello, al pari dei primi giudici, hanno affermato l'illegittimit della eseguita tas sazione, giacch il mutuo concesso alla Citt di Torino e le delegazioni di pagamento sulle imposte di consumo accettate dalla Cassa di Risparmio, incaricata del servizio di Tesoreria Comunale, inte grando delle disposizioni necessariamente connesse e derivanti le une dalle altre, vanno disciplinati, ai fini del tributo di registro, dal secondo comma dell'art. 9 della L. O. R.: tassazione dell'unica dispo sizione che d luogo alla tassa maggiore. Hanno, infatti, affermato i giudici di appello che: >, sono stati assunti, nell'economia della sentenza impugnata, in conseguenza della adottata interpretazione dell'art. 9 della L. O. R., ad elementi determinanti la << connessione necessaria , presupposto della unicit della tassazione. In tali statuizioni le violazioni denunciate sono certe. B) L'art. 9 della L. O. R., al secondo comma stabilisce che << un atto che comprende pi disposizioni necessariamente connesse e derivanti, per l'intrinseca loro natura, le une dalle altre, considerato, quanto alla tassa di registro, come comprendesse la sola disposizione che d luogo alla tassa pi grave . La lettera della norma -disposizioni necessariamente connesse e derivanti, per la intrinseca loro natura, le une dalle altre -ed il criterio ispiratore della stessa -evitare il carattere vessatorio delle distinte tassazioni nei casi in cui le disposizionir anche se distinte, sono caratterizzate da una concatenazione logica s da essere riassorbite nell'unico rapporto oggetto di tassazione -precisano, a chiare note, che l'ambito di sua applicazione abbraccia unicamente e soltanto la concatenazione strutturale, oggettiva, concettuale delle disposizioni, secondo lo schema tipico del negozio e con una causa giuridica che assolva la stessa funzione economica e sociale. Ne restano escluse le concatenazioni occasionali soggettive, non concettuali, quale che sia la finalit. che le concatenazioni stesse vogliono attuare. In tali casi, infatti, delle singole disposizioni dato concepirne l'esistenza anche senza la concatenazione predetta. L'insegnamento della Corte di Cassazione tassativo al riguardo. Nella sentenza 3 ottobre 1958r n. 3087 e 4 ottobre 1958, n. 3106 (la motivazione di quest'rutima riportata nella arti in modo particolare, con una speciale rateazione, col pagamento di interessi corrispettivi ad un tasso superiore a quello legale, con rimborso dell'imposta di ricchezza mobile, rilascio di cambiali e garanzia ipotecaria consensuale, perch l'obbligo stesso viene ad assumere una fisionomia che, J>er sua natura, non deriva dal negozio di vendita. Lettera, pertanto, spirito informatore della norma .ed applicazione giurisprudenziale portano, necessaTiamente, a ritenere che: a) disposizione indipendente quella di rapporto o negozio giuridico autonomamente previsto dalle Tariffe allegate alla legge di registro; b) tale disposizione tassata in via separata .e distinta sempre che non costituisca un elemento integratore del negozio giuridico posto in essere, :Secondo lo schema tipico del negozio, quale fis. sato dalla legge; c) l'intervento della legge, dovendo soddisfare .all'esigenza di una connessione obiettiva ed inscindibile fra le varie disposizioni, che assolva alla .medesima causa giuridica -cc per l'intrinseca loro natura richiede lo art. 9 citato -deve determinare una situazione non di accessoriet della disposizione, ma di connaturale compenetrazione, con .esclusione di quei casi in cui la stessa impone delle cautele richieste da esigenze di opportunit .amministrativa, che non influiscono sulla possibilit di concepire il negozio ginridico anche senza le -0autele predette. O) I tre ordini di ragioni, pertanto, nei quali i giudici di appello hanno riscontrato gli estremi della connessione necessaria sono in violazione della dovuta interpretazione delle norme e sono frutto di un vizio logico di motivazione. Essi, infatti, integrano cautele indicate dalla legge per finalit non proprie del negozio, ma per esigenze di buona ammi nistrazione. .. L'art. 299 n. 3 del Testo unico della legge Comunale e Provinciale del 1934 disciplina le condizioni che abilitano i Comuni e le provincie a contrarre mutui, ma tale disciplina non risponde alla causa giuridica del negozio generale di mutuo ed a questo risultino legati da un vincolo di accessoriet e non di connaturalezza, nel senso voluto dalle norme, di compenetrazione strutturale, oggettiva, concettuale. La disciplina predetta, prevedendo per i Comuni l'obbligo della garanzia e della indicazione dei mezzi di pagamento, assolve ad esigenze di buona amministrazione, di necessit di bilancio e tali cose hanno una causa giuridica che assolve una funzione economica e sociale diversa da quella propria del mutuo, nello schema tipico previsto dalla legge civile. La mancanza per la Citt di Torino di cespiti delegabili per legge con il conseguente esercizio della facolt prevista dall'art. 94 del Testo unico, della Finanza Locale e l'assunzione da parte del Tesoriere Comunale, incaricato dei servizi di riscossione delle imposte di consumo dell'onere del non riscosso per riscosso, sono estrinsecazioni concrete della disciplina posta dal ricordato articolo 299 n. 3 della legge Comunale e Provinciale e rispondono alla causa giuridica della disciplina suddetta, con esclusione assoluta della compenetrazione strutturale e concettuale con il negozio di mutuo. Le disposizioni relative alle delegazioni di pagamento costituiscono, infatti una voce separata e distinta dalla tariffa A della legge di Registro -art. 30 e, per la loro natura, la loro funzione, la loro causa giuridica nei contratti di mutuo stipulati dai Comuni, sono rishieste da norme diverse, separate e distinte da quelle regolatrici del contratto. Il mutuo dei Comuni, peraltro pu essere garantito e soddisfatto anche con mezzi diversi senza che per tale fatto perda la sua fisionomia e la sua vitalit. Le delegazioni sui proventi delle imposte di consumo richiamano, pertanto, il concetto della accessoriet e non della connaturalezza con il negozio di mutuo garantito a norma dell'art. 299, terzo comma della Legge Comunale e Provinciale. II -T1iolazione e falsa applicazione dell'art. 9 della Legge di Registro 30 dicembre 1923, n. 3269, dell'art. 5 della legge 17 ottobre 1922, n. 1401 sulla riscossione delle Imposte Dirette, dell'art. 9 del Decreto del Ministero delle Finanze 18 settembre 1923 con norme esecutive ed interpretative della legge sulle riscossioni (Capitoli Normali esattoriali) -Omessa insuffciente e contraddittoria motivazione sul punto decisivo. -Ai sensi e per gli effetti dell'art. 360, nn. 3 e 5 del O. p ... c: A) I giudici di appello nel presupposto che la connessione necessaria derivante da norme di legge, non soltanto quella strutturale propria fra le varie obbligazioni a seconda del tipo del contratto, ma anche quella resa necessaria da norme cogenti --------- ----------------------------~-----~---------------- -203 diverse da quelle regolatrici del contratto, hanno poggiato la loro decisione su tre ordini di motivi: -a) sull'oblbligo posto ai Comuni dell'art. 299, n. 3 della legg-e Comunale e Provinciale del 1934 di garantire l'amm01tamento dei mutui determinando i mezzi per provvedervi ; b) sulla mancanza per la Oitt di Torin -di ,oospiti de1'egabiji iper le1gge con consegue-nte esercizio della facolt prevista - dall'art. 94 del T-esto unico sulla finanza locale del 1931; o) sull'obbligo .del non riscosso per riscosso posto dall'art. 9 dei Capitoli Normali per Esattori Comunali di accettare le delegazioni di pagamento tratte dai Comuni. La erroneit del presupposto dal quale i giudici idi appello haru10 preso le mosise, iJ.}ustrata nel primo motivo, travolge, la sentenza da Essi pronunciata.. Pari erroneit, per inficia-, sia sotto il profilo di violazione di legge che di vizio logico di motivazione, con omesso esame di punto decisivo, le affermazfoni che, nel presupposto predetto, sono state fatte in pa1ticolare. B) sub a) L'art. 299, terzo comma della legge ComunaJ,e e Provinciale del 1934 impone ai Comuni l'obbligo di garantire l'ammortamento dei mutui determinando i mezzi per provvedervi. Le delegazioni .sono in estrinsecazione dell'obbligo generale suddetto e sono frutto della libera .scelta della parte che alle stesse fa ricorso per ~1ssolvere non le esLg-e.nie causali -e fun.zionaJi del mutuo, ma quelle della buona amministrazione e della situazione contingente dei bilanci. sub b) L'avere la Citt di Torino esaudto gli altri cespiti e l'essere stata costretta. a ricorrere ai proventi futuri delle imposte di consumo, non deriva da norme cogenti, ma dalla situazione patrimoniale contingente che, riconosciuta. nella .competente sede gerarchfoa, abilita. all'esercizio della facolt ipotizzata nell'art. 94 del Testo unico della Finanz-Hi locale del 1931. Non vi dubbio, infa, tti che se i1a Oi-tt di TiOrino aviesse in 00n10reto potuto ricorrere ad altre fonti patrimoniali per fronteggiare gli oneri del prestito, il ricorso ai p~ov,enti de'IJle iimposte di 00illSUIDO sairebbe lIIlaillcato, senza che, per tale fatto, sarelbbe ma-ncato .anche il mutuo. Nell'ambito stesso delle delegazi, oni di pa-gamen to JVi di1stinzione d':ra facoltatwe ed obbligatorie: le une, v. Nuovissimo Digesto Italiano, Yoc.e Delegazioni di pagamooto -Diritto Finanziario) 5, pag. 358, sono quelle che i 1962, 1, 1121). Da ei dfacende, come ulteriore conseguenza., che in tema di controversia aventi ad oggetto la congruit. del valore, non pit parlarsi di autonomia del procedimento contenzioso amministrativo rispetto al giudizio avanti la giurisdizione ordinariti. Riconosciuto infatti che nelle controversie rifiettenti le imposte dirette, nei giudizi di estimazione non ammesso il sindacato dell'.A..G.O. sulle decisioni delle Commissioni); e che in tema di valutazione in materia di imposte indirette ricorre autonomia del giudizio amministrativo rispetto a quello davanti all'.A..G. per essere quest'ultimo un controllo di legittinit che ha come necessario presupposto una decisione Definitiva '' delle Commissioni amministrative, l'ammissibilit dell'impugnazione diretta di una decisione della Commissione distrettuale davanti all'.A..G. resta radicalmente esclusa. La. Cassazione in un suo solo e non recente ar.resto (sentenza 11 aprile 1951 in Riv. Leg. Fiscale , 195J., .. _ 611) stato di diverso avviso e nello stesso senso si pronunciato, in seguito il Tribunale di Milano (sentenza 17 giugno 1957 in Foro Pad. , 1957> 2, 1019). -207 Il S. O. ha basato la tesi acfJolta sugli artt. 148 legge di registro e 39 secondo comma della legge 8 luglio 1937' n. 1516. Ha ritenuto, in particolare, la Oassazione che, prevedendo gli articoli sopra citati, la possibilit di ricorso all'A.G. anche prima dell'esperimento dell'azione amministrativa, non fosse dubitabile che, l'art. 29 della legge 1936, facendo salvo il ricorso all'A.G. abbia altres escluso che il reclamo alla Oommissione Prm,inciale possa costituire condizione di procedibilit dell'azione stessa. Ma tale argomentazione non pu condividersi. Sia infatti, l'art. 148 sia l'art. 39 sopra citati trovano applicazione solo nelle controversie aventi ad oggetto una questione di diritto non in quelle in tema di valutazione n. Il primo comma dell'art. 39 secondo comma, richiama espressamente ed esclusivamente le controversie previste dal quarto comma dell'art. 29; (che prevede appunto le controversie relative all' applicazione della legge). Parimenti per l'art. 148 della legge di registro; gli artt. 34, 35, 36, 37 e 38 della stessa legge (ora abrogati proprio dalla legge n. 1639 del 1936) infatti prevedevano per le contestazioni in tema di valutazione un particolare procedimento in sede giurisdizionale speciale e ne dichiaravano espressamente l'inderogabilit (vedasi sopratutto al riguardo l'art. 36), obbligando l'Amministrazione a promuovere, in seguito alla opposizione del contribuente contro l'accertamento fiscale, gli atti relativi. Al collegio peritale sono state sostituite, con la legge del 1936, le Oommissioni amministrative, ma non perci venuta meno l'obbligatoriet della proposizione dello speciale preliminare procedimento. Pi gravi, ma superabili, sono i motivi addotti dal Tribunale di Milano nella decisione pi sopra citata. A sostegno della tesi accolta il Tribunale ha richia1nato come conforme la giurisprudenza del Supremo Oollegio (sentenze 1 febbraio 1947, n. 123 in cc lf'oro It. n, 1947, I, 893 con nota di Berliri; 3 aprile 1949, n. 1069 in << lf'oro It. , 1949, I, 833; Oassazione, 19novembre1954, n. 4264 in cc Giur. Oompl. Oass. n, 1956, VI, 3497); ma tale richiamo non pertinente. Tutte le decisioni sopra citate prendono in esame il diverso problema della esperibilit dell'azione giudiziaria in tema di controversie di diritto, su cui, come d'altronde stato gi chiarito, non possono sussistere dubbi. Si afferma inoltre che la parola definitiva n usata dal terzo comma dell'a1t. '29 della legge 1639 del 1939 non pu avere altro significato se non quello di escludere il ricorso alla Oommissione centrale (che invece la regola in tema di controversie relative all'applicazione della legge) contro le decisioni emesse dalla Oommissione provinciale in tema di controversie di valore, mentre la stessa espressione non riguarderebbe l'impugnazione avanti all' A utorU Giudiziaria delle stesse decisioni; che anzi avendo il legislatore usato le stesse parole adoperate nel comma seguente dello stesso articolo (il quale contempla controversie per le quali pacifico che l'azione davanti l'A.G. esperibile anche prima di ogni decisione delle Oommissioni) per far salva l'azione avanti l'A.G., implicitamente avrebbe confermata l'ammissibilit di tale azione anche contro una decisione della Oommissione distrettuale. Aggiunge ancora la decisione che ulteriore argo1mento a sostegno della tesi accolta pu trarsi dal raffronto dell'art. 29 con l'art. 22 della stessa legge. Quest'ultimo articolo concede infatti la facolt. di adire l'A.G., anche contro una decisione definitiva della Oommissione distrettuale o provinciale, purch l'imposta sia stata iscritta a ruolo n. Dal che i giudici milanesi hanno tratto l'osservazione che sarebbe molto strano che il legislatore usando nell'art. 29 le stesse parole adoperate nell'art. 22, avesse attribuitoad esse un significato tanto diverso. Gli argomenti addotti, per quanto aouti, non sono decisivi. Non convince innanzitutto il richiamo alla identit. di espressioni usate dal terzo e quarto comtn(l, dell'art. 29, perch tale identit non sussiste in quantoil quarto comma, mentre omette di richiamare proprio la parola definitiva (che non ha solo il significato che gli ha attribuito il Tribunale di escludere il ricorso alla Oommissione centrale, ma ha anche quella di non consentire il ricorso all'A. G. contro una decisione non definitiva, che non abbia cio percorso tuttol'iter previsto dalla legge), richiama invece la norma.tiva vigente per ciascuna imposta, il che consente (specie in materia di imposta di registro) il ricorsa all'A. G., senza che sia stata addirittura iniziata l'azione davanti alle Oommissioni aniministrre di addest.ramento presso organizzazioni aeronautiche civili (n. 12). 2) Se al premio di allenamento al volo sia applicabile la prescrizione biennale di cui al R. D. 19 gennaio 1939, n. 295 (n. 12). AMMINISTRAZIONE PUBBLICA CONCESSIONARI DI OPERE PUBBLICHE. 1) Se il concessionario di opere pubbliche possa acquisire i poteri di rappresentante dell'Amministrazione concedente per l'acquisto di aree necessarie alla esecuzione dell'opera concesAa (n. 269). CONSIGLIO NAZIONALE RICERCHE -CANONE DI ABBONAMENTO TELEFONICO, 2) Se spetti anche al Consiglio Nazionale delle Ricerche il trattamento a riduzione per il canone di abbonamento telefonico urbano del quale fruiscono le Amministra: zioni dello Stato (n. 270). CONTRATTI DI ASSICURAZIONE. 3) Se le Amministrazione dello Stato possano stipulare contratti di assicurazione per i danni dalle medesime patiti o arrecati a terzi (n. 271). CROCE ROSSA ITALIANA -ACQUISTO DI BENI IMMOBILI. 4) Se sia necessaria l'autorizzazione governativa per l'acquisto di beni immobili da parte della C. R.I. (n. 272). FORO ERARIALE. 5) Se, a norma delle disposizioni sul foro erariale, il giudice competente a conoscere della causa relativa ad un infortunio occorso in occasione di un trasporto ferroviario sia la Corte di Appello nel cui distretto si trova il luogo dell'incidente anche se il tratto in cui questo si verificato appartenga ad un Compartimento della Amministrazione ferroviaria sito entro il distretto di altra Corte di Appello (n. 273). POSTE E TELECOMUNICAZIONI -DIRITTO DI ESCLUSIVA. 6) Se il diritto di esclusivit che spetta alla Amministrazione postale per i servizi di posta e telecomunicazione, e, in particolare per quelli relativi alla raccolta, trasporto e distribuzione della corrispondenza espistolare, sia operante anche nei confronti delle altre Amministrazioni statali (n. 275). UNIONE NAZIONALE INCREMENTO RAZZE EQUINE. 7) Se l'U.N.I.R.E. sia da considerarsi ente pubblico economico (n. 276). ASSICURAZIONI CONTRATTI DI ASSICURAZIONE. Se le Amministrazioni dello Stato possano stipulare contratti di assicurazione per i danni dalle medesime patiti o arrecati a terzi (n. 60). -210 CAMBIALI IMPOSTA DI BOLLO. Se una cambiale gi compilata e rimasta inutilizzata possa in un secondo tempo essere usata per la emissione di un nuovo titolo, previe le opportune correzioni ed eventualmente la integrazione del bollo mediante apposizione di marche (n. 7). CITTADINANZA OPTANTI ALTO-ATESINI. Se coloro che siano nati cittadini italiani ed abbiano quindi acquisito la cittadinanza germanica per avere il loro genitore optato per quest'ultima ai sensi della legge 21 agosto 1939, n. 1341 possa ottenere il riacquisto della cittadinanza italiana dopo che ci sia stato definitiva mente negato al genitore per indegnit in applicazione del D. L. 2 febbraio 1948, n. 23 avvalendosi, come residenti in Italia, delle disposizioni di cui agli artt. 3, n. 1 e 2 e 9 n. 1 della legge organica 13 giugno 1912, n. 555 (n. 14). COMMERCIO ASSUNZIONE SERVIZIO DI RISOALDAMENTO -IMPOSTA DI REGISTRO. Se i contratti con i quali le aziende grossiste di olio combustibile assumono la gestione degli impianti di riscaldamento invernale presso i condomini, ai fini del trattamento tributario di registro, debbano qualificarsi vendite o appalti (n. 19). COMPROMESSO ED ARBITRI ART. 45 LETTERA d) Nuovo CAPITOLATO D'APPALTO PER I LAVORI DELL'AMMINISTRAZIONE DEI LAVORI PUBBLIOI. Se competa all'Amministrazione dei Lavori Pubblici la nomina dell'arbitro, di cui all'art. 45 lettera d) del nuovo Capitolato generale di appalto approvato con D. P. R. 16 luglio 1962, n. 1063, nell'ipotesi in cui la Amministrazione appaltante sia un ente diverso dallo Stato e l'appalto si riferisca ad opera finanziata con contributo statale .(n. 16). COMUNI E PROVINCIE DONAZIONI. 1) Se si debbano criticamente esaminare gli atti di alienazione dei beni ceduti ai Comuni e Provincie in esecuzione dell'art. 20 D. Lgt. 7 luglio 1866, n. 3036 quando non siano impostati su base economica e se il Ministero dell'Interno sia tenuto ad indirizzare l'attivit di controllo dei prefetti e della G. P. A. ad una maggiore aderenza agli interessi pubblici e ad una corretta interpretazione delle norme in vigore (n. 104). 2) Se l'Amministrazione demaniale possa intervenire direttamente richiedendo, eventualmente, che l'immobile venga trasferito allo Stato ovvero che venga alienato dal Comune con rispetto delle disposizioni regolatrici delle materie e con imputazione del ricavt...arproprio bilancio (n. 104). 'IMPOSTA DI FAMIGLIA, 3) Se le norme di cui agli articoli 93 legge comunale e provinciale, 117 T. U. Finanza locale, 44 legge 11 gennaio 1951, n. 25 e 18 legge 16 settembre 1960, n. 1014, relativi all'imposta di famiglia, possano ritenersi in contrasto con il disposto dell'art. 23 della Costituzione (n. 105). ORDINANZE DEL SINDACO IN MATERIA DI IGIBNE E SANIT. 4) Se le ordinanze emanate dal Sindaco in materia di igiene e sanit, ai sensi dell'art. 54 T. U. legge comunale e provinciale, siano vincolanti anche per le Amministrazioni dello Stato (n. 106). PIANI REGOLATORI. 5) Se le prescrizioni dei programmi di fabbricazione dei Comuni sprovvisti di piano regolatore siano vincolanti anche relativamente alla viabilit (n. 107). CONCESSIONI CONCESSIONI A SEGUITO DI PUBBLICO INCANTO -CANONE AFFITTO FONDI RUSTICI. Se la legislazione vincolistica in materia di equo canone di affitto di fondi rustici debba applicarsi anche nell'ipotesi in cui il fon.do appartenente al patrimonio indisponibile dello Stato sia dato in concessione al privato a seguito di pubblico incanto (n. 70). CONTABILIT GENERALE DELLO STATO GARA -INTERVENTO DEL NOTAIO. 1) Se nell'eccezione, espressa per i casi di incanto per asta pubblica, al divieto per il notaio di rivevere atti nei quali intervengano il coniuge, i suoi parenti od affini ecc. (art. 28 legge notarile 16 febbraio 1913, n. 89) si possa ricomprendere anche la licitazione privata (n. 191). MANDATO. 2) Se la revoca della procura c. d. irrevocabile ritualmente comunicata abbia efficacia rispetto al terzo (n. 192). CONTRIBUTI E FINANZIAMENTI CREDITO PESOHEREOOIO. 1) Se il versamento delle rate di ammortamento a] Fondo di rotazione del credito peschereccio, da parte-~ degli Istituti di credito che provvedono alla erogazione dei mutui, possa cessare, in caso di inadempienza dei mutuatari, prima della dichiarazione forinale di perdita. del credito (n. 47). -211 2) Se debba far carico al Fondo cl.i rotazione il pagamento degli interessi di mora, per il ritardo nei pagamenti da parte dei mutuatari, nella stessa misura pretesa dall'Istituto di credito nei confronti dei mutuatari medesimi (n. 47). INTERESSI. 3) Se la dizione interessi normali usata in una Convenzione Tesoro-IRFIS per determinare la ripartizione delle perdite di una operazione finanziaria tra il Fondo di rotazione e Istituto finanziatore esprima il tasso di interessi in vigore al momento della conclusione del -0ontratto di finanziamento o al momento della stipulazione della predetta Convenzione (n. 48). COSTITUZIONE IMPOSTA DI FAMIGLIA. 1) Se le norme di cui agli articoli 93 legge comunale e provinciale, 117 Testo unico Finanza locale, 44 legge 11 gennaio 1951, n. 25 a 18 legge 16 settembre 1960, n. 1014, relative all'imposta di famiglia, possano ritenersi in contrasto con il disposto dell'art. 23 della Costituzione (n. 18). LEGGI REGIONALI. 2) Se debba ritenersi viziata di illegittimit costitu- zionale, in relazione alrart. 15, 30 comma, S.S.T.A., la norma di una legge regionale che attribuisce al Vice- Provveditore agli studi di Bolzano funzioni aventi rilevanza esterna ed esorbitanti dai fini pervisti dalla -citata norma della S.S.T.A. (n. 19). DANNI DI GUERRA ltICOSTRUZIONE AllITAZIONI -M!SUltA DEI CONTRIBUTI. 1) Se la misura dei contributi per la ricostruzione di .abitazioni distrutte da eventi bellici debba stabilirsi oSecondo la legislazione vigente all'epoca della emana ~ione della determina di concessione ovvero secondo la diversa legislazione intervenuta prima della comuni- cazione della determina all'interessato, ma dopo la emanazione (n. 113). 2) Se le liquidazioni dei suddetti contributi effet- tuate in forza di una legge successiva alla legge 26 ottobre 1940, n. 1513, e divenuta definitiva per mancata impugnazione, siano soggette a revisione in virt della legge n. 968/1953 (n. 113). DEMANIO :BENI [GI A.J.>P.ARTENENTI ALLA CORONA -CESSIONE IN USO. 1) Se i beni gi appartenenti alla Corona siano soggetti a regime giuridico diverso da quello degli altri beni .appartenenti al patrimonio dello Stato (n. 176). .BENI PATRIMONIALI INDISPONIBILI -ALIENAZIONE. 2) Quali eleme.ti caratterizzano l'appartenenza di un ibene al patrimonio indisponibile dello Stato (n. 177). 3) Se la alienazione di un bene patrimoni~le indisponibile, senza che ne sia avvenuto il formale mutamento di destinazione da parte della P. A., sia da considerarsi nulla o annullabile (n. 177). CONCESSIONI BENI PATRIMONIALI. 4) Se la legislazione vincolistica in materia di equo canone di affitto di fondi rustici debba applicarsi anche nell'ipotesi in cui il fondo appartenente al patrimonio indisponibile dello Stato sia dato in concessione al privato a seguito di pubblico incanto (n. 178). DEMANIO MARITTIMO -COSTRUZIONI AJIUSlVE -SANZIONI. 5) Se colui che costruisca abusivamente su terreno appartenente al demanio marittimo sia soggetto alla sanzione penale dell'art. 1161 Codice della navigazione o a quella dell'art. 633 C. p. (n. 179). CHIESA S. IGNAZIO IN ROMA -CONDIZIONE GIURIDICA. 6) Se la Chiesa di S. Ignazio in Roma debba ritenersi di propriet del Demanio o del Fondo per il Culto (n. 180). LAGHI. 7) Se un lago, quale illago di Lesina, che sia in diretta comunicazione col mare, quando l'efficienza di tale comunicazione sia condizionata all'opera dell'uomo di escavazione di materiali che si accumulano lungo i canali, abbia le caratteristiche di libera comunicazione col mare volute dall'art. 28 lettera d) del Codice della Navigazione per essere considerato bene del demanio (n. 181). Uso DI BENI DELLO STATO DA PARTE DI ISTITUTI DI ISTRUZIONE SUPERIORE. 8) Se gli osservatori astronomici, geofisici e vulcano logici e le istituzioni universitarie di assistenza abbiano diritto, alla pari delle universit e degli istituti superiori universitari, all'uso gratuito e perpetuo degli immobili dello Stato destinati al loro servizio, qualunque sia l'epoca in cui l'assegnazione stata o sar realizzata (n. 182). DONAZIONI COMUNI E PROVINCIE. 1) Se si debbano cr:iticamente esaminare gli atti di alienazione dei beni ceduti ai Comuni e Provincie in esecuzione dell'art. 20 D. Lgt. 7 luglio 1866, n. 3036 quando non siano impostati su base economica e se il Ministero dell'Interno sia tenuto ad indirizzare l'attivit di controllo dei prefetti e della G. P. A. ad una maggiore aderenza agli interessi pubblici e ad una corretta interpretazione delle norme in vigore (n. 34):. _ 2) Se l'Amministrazione demaniale possa interve~ __ direttamente richiedendo, eventualmente, che l'immobile venga trasferito allo Stato ovvero che venga alienato dal Comune con rispetto delle disposizioni regolatrici delle materie e con imputazione del ricavato al proprio bilancio (n. 34). 212 ENTI E BENI ECCLESIASTICI CHIESA S. IGNAZIO IN ROMA -CONDIZIONE GIU1UDICA. Se la Chiesa di Sant'Ignazio in Roma debba ritenersi di propriet del Demanio o del Fondo per il Culto (n. 39). ESECUZIONE FISCALE ESATTORE -INDENNIT., DI MORA. 1) Se il termine notifica degli addebiti agli esattori di cui all'art. 3 legge 8 luglio 1957, n. 579 debba intendersi esclusivamente in senso tecnico (n. 65). 2) Se l'indennit di mora possa applicarsi agli esattori anche quando manca una espressa delegazione (n. 65). RISCOSSIONE ENTRATE PATRIMONIALI. 3) Se l'Amministrazione possa avvalersi del particolare procedimento ingiunzionale disciplinato dal Testo unico del 1910 per accertare e liquidare in via autoritativa le somme ad essa dovute per risarcimento de i danni (n. 66). ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILIT OCCUPAZIONE D'URGENZA. 1) Se nella occupazione di urgenza al deposito dell'indennit stabilita dal Prefetto debba seguire la sua determinazione in sede giudiziaria non contenziosa ai sensi dell'art. 31 della legge sull'espropriazione per p.u. (n. 179). SCELTA DELLE AREE -CRITERI. 2) Se, per procedere alla valutazione comparativa d'idoneit tra un'area designata per l'espropriazione ed altra indicata dall'espropriando in sede di opposizione, occorra che l'opponente abbia la disponibilit dell'area indicata (n. 180). FALLIMENTO RISCOSSIONE CREDITI. Se occorra l'autorizzazione del Giudice delegato per la riscossione da parte del curatore di capitali di spettanza del fallito (n. 78). FERROVIE COADIUTORI DEGLI ASSUNTORI F. S. 1) Se sussista rapporto d'impiego tra l'Amministrazione e i coadiutori degli assuntori delle F. S. (n. 345). DANNI ALLE PERSONE -FORO COMPETENTE. 2) Se, a norma delle disposizioni sul foro erariale il giudice competente a conoscere della causa relativa ad un infortunio occorso in occasione di un trasporto ferroviario sia la Corte di Appello nel cui distretto si trova il luogo dell'incidente anche se il tratto ferroviario in cui questo si verificato appartenga ad un Compartimento dell'Amministrazione ferroviaria sito entro il distretto di altra Corte di Appello (n. 346). FERROVIE CONCESSE -IMPOSTA FABBRICATI E TERRENI. 3) Se le societ concessionarie di ferrovie sottoposte a gestione governativa siano soggette alle imposte sui fabbricati e sui terreni destinati ai serviziO ferrviario (n. 347). dESTIONE DI MAGAZZINO FERROVIARIO PER RICOVERO MERCI DA SDOGANARE. 4) Se la gestione di un magazzino ferroviario per il ricovero di merci estere da sdoganare possa essere affidata a soggetti diversi dai facchini nominati dal Direttore Compartimentale della Dogana ai sensi dell'art. 1 Reg. approvato con R. D. 4 dicembr 1864, n. 2046 (n. 348). IMPIEGO PUBBLICO AGENTI TECNICI DEI TRASPORTI. 1) Se, agli agenti tecnici dei trasporti, applicati presso i Centri Automezzi P. T., possano essere attribuiti, in base alla legge 21 dicembre 1961, n. 1406, le mansioni di riparazione meccanica ed elettrica nonch quelle di carrozziere e garagista (n. 551). CESSIONE DI STIPENDIO. 2) Se la detrazione dalla liquidazione disposta dalla legge a favore dell'I.N.P.S. per la ricostituzione della posizione assicurativa del dipendente che cessa dal rapporto senza diritto a pensione prevalga sulle cessioni effettuate dal dipendente a favore dell' E. N. P. A. S. (n. 552). IMPIEGATI ADIBITI ALLA CONDUZIONE DI AUTOVEICOLI RESPONSABILIT PATRIMONIALE. 3) Se la legge 31 dicembre 1962, n. 1833, [recante modificazioni ed integrazioni alla disciplina della responsabilit patrimoniale dei dipendenti dello Stato adibiti alla conduzione di autoveicoli o altri mezzi meccanici,. sia applicabile anche alla ipotesi di veicoli non circolanti per via terra (n. 553). IMPOSTA DI BOLLO CAMBIALI. Se una cambiale gi compilata e rimasta inutilizzata. possa in un secondo tempo essere usata per la emissione di un nuovo titolo, previe le opportune correzioni ed eventualmente la integrazione del bollo mediante apposizione di marche (n. 23). IMPOSTA DI REGISTRO CONTRATTI ASSUNZIONE SERVIZIO RISCALDAMENTO- Se i contratti con i quali le aziende grossiste di olio. combustibile assumono la gestione degli impianti di riscaldamento invernale presso i condomini, ai fini del trattamento tributario di registro, debbano qualificarsi vendite o appalti (n. 194). ------------------ -213 I. G. E. CASSA DEL MEZZOGIORNO -ANTICIPATA E PROVVISORIA GESTIONE DI ACQUEDOTTI. Se lo speciale regime di abbonamento previsto per la Cassa del Mezzogiorno in materia di imposta possa applicarsi anche alle entrate, sia pure a titolo di rimborso spese, conseguenti alla gestione provvisoria che la Cassa fa ai Comuni mettendo in attivazione anticipata acque dotti non ancora interamente costruiti o collaudati (n. 103). IMPOSTE E TASSE l:MPOSTA DI FAMIGLIA. 1) Se la norma di cui agli articoli 93 legge comunale e provinciale, 117 T. U. Finanza locale, 44 legge 11 gennaio 1951, n. 25 e 18 legge 16 settembre 1960, n. 1014, relative all'imposta di famiglia, possa ritenersi in contrasto con il disposto dell'art. 23 Costituzione (n. 358). !MPOSTA FABBRICATI E TERRENI. 2) Se lesociet concessionarie di ferrovie sottoposte a gestione governativa siano soggette alle imposte sui fabbricati e sui terreni destinati al servizio ferroviario (n. 359). ISTRUZIONE SUPERIORE Uso DI BENI DELLO STATO. Se gli osservatori astronomici, geofisici e vulcanologici e le istituzioni universitarie di assistenza abbiano diritto, alla pari delle universit e degli istituti superiori universitari, all'uso gratuito e perpetuo degli immobili dello Stato destinati al loro servizio, qualunque sia la epoca in cui l'assegnazione stata o sar realizzata (n. 14). LAVORO SERVIZIO MILITARE DI LEVA. Se, a seguito della pubblicazione della sentenza n. 8 del 1963 della Corte Costituzionale, sussista comunque il diritto del lavoratore al computo del tempo trascorso in servizio militare di leva sulla anzianit e se detto computo debba essere effettuato non solo ai fini della liquidazione della indennit di quiescenza ma a tutti gli altri effetti (n. 35). LOCAZIONI LEGGE 30 SETTEMBRE 1963 N. 1307 -PROROGA ESECUZIONE SFRATTI. Se l'art. 1 della legge 30 settembre 1963, n. 1307, disponente la facolt del pretore di prorogare l'esecuzione degli sfratti, sia applicabile alle locazioni d'immobili destinati ad uso diverso dall'abitazione o dall'attivit artigiana, ed in particolare se sia applicabile agli immobili locati ad uso di uffici pubblici (n. 118). LOTTO E LOTTERIE SMARRIMENTO BOLLETTE VINCENTI DA PARTE DEL RICE VITORE. 1) Se debba procedersi al pagamento di una vincit al lotto quando siano andate smarrite le bollette vincenti debitamente consegnate dal giocatore al ricevitore (n. 19). 2) Se possa ritenersi responsabile il ricevitore per aver spedito le bollette vincenti, di poi smarritesi, a mezzo di raccomandata invece che di assicurata, e se la sua responsabilit possa estendersi all'Amministrazione (n. 19). MANDATO MANDATO IRREVOCABILE -REVOCA. Se la revoca della procura c. d. irrevocabile ritualmente comunicata abbia efficacia rispetto al terzo (n. 9). MEZZOGIORNO CONSORZI PER LO SVILUPPO INDUSTRIALE -ESPROPRIA ZIONE DI IMMOBILI. 1) Se i Consorzi per lo sviluppo industriale previsti dalla legge 29 luglio 1957, n. 634 possano procedere all'espropriazione di immobili per l'esecuzione di opere di attrezzatura industriale dichiarate di pubblica utilit dalla stessa legge indipendentemente dalla redazione dei piani regolatori previsti dall'art. 21 cit., aventi in virt di tale disposizione efficacia giuridica identica ai piani territoriale di coordinamento (n. 24). I. G. E. -ANTICIPATA E PROVVISORIA GESTIONE DI ACQUE DOTTI. 2) Se lo speciale regime di abbonamento previsto per la Cassa del Mezzogiorno in materia di imposte possa applicarsi anche alle entrate, sia pure a titolo di rimborso spese, conseguenti alla gestione provvisoria che la Cassa fa ai Comuni mettendo in attivazione anticipata acquedotti non ancora interamente costruiti o collaudati! (n. 25). MILITARI CONDUCENTI MILITARI -A.zlONE DI RIVALSA DELLA P. A. 1) Se sia rinunciabile, nelle forme e nei limiti previsti dall'art. 8, 20 comma, legge 31 dicembre 1962, n. 1833, il diritto dell'Amministrazione a rivalersi nei confronti del dipendente militare riconosciuto responsabile di un incidente automobilistico, con decisione della Corte dei Conti anteriore alla entrata in vigore della predetta legge e che non abbia accertato il grado di colpa del dipendente (n. 18). MILITARE IN SERVIZIO DI LEVA. 2) Se la limitazione di responsabilit stabilita nella legge n. 1833 del 1962 sia applicabile al militare di leva che, alla guida di una autovettura dell'Amministrazione per un servizio non autorizzato, cagioni un danno alla. Amministrazione medesima (n. 19). 214 -:- MONOPOLI LICENZA COLTIVAZIONE TABACCO, 1) Se la licenza per coltivazione di tabacco, oggetto di legato da parte del concessionario ad una persona giuridica, debba essere a questa intestata con riferimento .alla data della morte del testatore o a quella della autorizzazione governativa ad acquistare il legato (n. 41). 2) Se, in attesa dell'autorizzazione governativa ad .acquistare il legato, la licenza per la coltivazione di tabacco, legata ad una persona giuridica, possa essere provvisoriamente intestata all'erede ed esecutore testamentario (n. 41). OPERE PUBBLICHE ARBITRATO. 1) Se competa all'Amministrazione dei Lavori Pubblici la nomina dell'arbitro, di cui all'art. 45 lettera d) del nuovo capitolato generale di appalto approvato .con D. P. R. 16 luglio 1962, n. 1063, nell'ipotesi in cui l'Amministrazione appaltante sia un ente diverso dallo Stato e l'appalto di riferisca ad opera :finanziaria con .contributo statale (n. 54). POTERI DEL CONCE.SSIONARIO. 2) Se il concessionario di opere pubbliche possa acquisire i poteri di rappresentante dell'Amministrazione concedente per l'acquisto di aree necessarie alla esecuzione dell'opera concessa (n. 55). PENE PENE PECUNIARIE. Se la quota di compartecipazione alle pene pecuniarie spettante, in forza della legge 5 aprile 1961, n. 322, agli .scopritori delle frodi nella preparazione e commercio dei prodotti agrari e delle sostanze di uso agrario, debba .ess,ere attribuita globalmente, in relazione all'accertamento di trasgressione, ovvero ad ogni singolo agente o funzionario scopritore (n. 18). POLIZIA LOCALI DI MERETRICIO. Se, a seguito dell'entrata in vigore d,ella legge 20 febbraio 1958, n. 75 (legge Merlin) debbano considerarsi .abrogati gli artt. 190 e 191 del Testo unico di Pubblica sicurezza e l'art. 346 del Relativo Regolamento di ese. cuzione (n. 29). POSTE E TELECOMUNICAZIONI ASSEGNI POSTALI LOCALIZZATI -PRESCRIZIONE -RINNOVO. 1) Se gli assegni. postali localizzati, caduti in prescrizione, possano essere rinnovati (n. 98). AGENTI TECNICI DEI TRASP~RTI. 2) Se agli esperti tecnici dei trasporti, applicati presso i Centri Automezzi P. T., possano essere attribuiti, in base alla legge 31 dicembre 1961, n: 1406, -le mansioni di riparazione meccanica ed elettrica nonch quelle di carrozziere e garagista (n. 99). DmITTO DI ESCLUSIVA. 3) Se il diritto di esclusivit che spetta alla Amministrazione Postale per i servizi di posta e telecomunicazione e, in particolare, per quelli relativi alla raccolta trasporto e distribuzione della corrispondenza epistolare sia operante anche nei confronti delle altre Amministrazioni statali (n. 100). PREVIDENZA ED ASSISTENZA IMPIEGATI STATALI -CESSIONE STIPENDIO. Se la detrazione dalla liquidazione disposta dalla legge a favore dell'I.N.P.S. per la ricostituzione della posizione assicurativa del dipendente che cessa dal rapporto senza diritto a pensione prevalga sulle cessioni effettuate dal dipendente a favore dell'E.N.P.A.S. (n. 42) . REGIONI REGIONE TRENTINO-ALTO ADIGE -LEGGE REGIONALE. Se debba ritenersi viziata di illegittimit costituzionale, in relazione all'art. 15; 30 comma, S.S.T.A., la norma di una legge regionale che attribuisca al Vice-Provveditore agli studi di Bolzano funzioni aventi rilevanza esterna ed esorbitanti dai fini previsti dalla citata norma dello S.S.T.A. (n. 109). RESPONSABILITA CIVILE AzIONE DI RIVALSA. 1) Se sia rinunciabile, nelle forme e nei limiti previsti dall'art. so, 20 comma, legge 31 dicembre 1962, n. 1883, il diritto dell'Amministrazione a rivalersi nei confronti di un dipendente militare riconosciuto responsabile di un incidente automobilistico, con decisione della Corte die Conti anteriore alla entrata in vigore della predetta legge e che non abbia accertato il grado di colpa del dipendente (n. 203). CONTRATTI DI ASSICURAZIONE. 2) Se le Amministrazioni dello Stato possano stipulare contratti di assicurazione per i danni dalle medesime patiti o arrecati a terzi (n. 204). IMPIEGATI STArALI -RESPONSABILIT PATRIMONIALE. 3) Se la legge 31 dicembre 1962, n. 1833, recante modificazioni ed integrazioni alla disciplina della responsabilit patrimoniale dei dipendenti dello Stato adibiti alla conduzione di autoveicoli o altri mezzi meccanici, sia applicabile anche alla ipotesi di veicoli non circolanti per via terra (n. 205). "----------------------~,,,_-""""""' -215 MILITARE IN SERVIZIO DI LEVA. 4) Se la limitazione di responsabilit stabilita nella legge n. 1833 del 1962 sia applicabile al militare di leva che, alla guida di una autovettura dell'Amministrazione per un servizio non autorizzato, cagioni un danno alla Amministrazione medesima (n. 206). .RES:PONS.A.BILIT DEL :MAGISTRATO. 5) Se la responsabilit in cui sia incorrn il magistrato nell'esercizio di funzioni giurisdizionali poe1:a estendersi . all'Amministrazione (n. 207). RICORSI AMMINISTRATIVI :RIOORSO GERAROHIOO. 1) Se indipendentemente dalla presenza di altri requi siti di sostanza e di forma possa qualificarsi come ricorso gerarchie(! la lettera indirizzata sia all'Autorit periferica che ha provveduto sia all'Amministrazione Cen trale gerarchicamente superiore con la quale si chieda una revisione del provvedimento da parte dell'organo che lo ha emanato (n. 10). 2) Se l'autorit gerarchicamente superiore abbia il potere di revocare d'ufficio per motivi di merito il provvedimento emanato dall'organo inferiore (n. 10). STRADE .ALBERATURE ESISTENTI AI LATI DELLE STRADE. 1) Se la responsabilit per i danni cagionati dalla im missione di radici o rami nel fondo altrui sia esclusa o 1imitata dal mancato esercizio da parte del proprietario danneggiato del diritto di autotutela attribuitogli dall'art. 896 C. c. (n. 49). . A:e:PROV AZIONE :PROGETTI. 2) Se il Ministro dei Lavori Pubblici che abbia appro vato il progetto di variante ad una strada statale, sia competente anche ad approvare il progetto, necessario per l'esecuzione dell'opera, di spostamento di un elettrodotto ferroviario (n. 50). TELEFOJ\11 CANONE. 1) Se spetti anche al Consiglio Nizio;aie delle Ricerche il trattamento a riduzione per il canone di abbonamento telefonico urbano del quale fruiscono le :Amministrazioni dello Stato (n. 24) . RIMOZIONE IMPIANTI -SEQUESTRO APPARECCHI. 2) Se il potere conferito all'Amministrazione P. T . di rimuovere gli impianti e di sequestrare gli apparecchi nel caso previsto dall'art. 178 del Codice postale (esercenti esclusivi di linee di telecomunicazioni) si riferisca solo a fatti commessi a bordo di navi nazionali oppure si estenda a tutti gli altri casi di concessionari inadempienti o di esercenti abusivi di linee telefoniche ad uso privato, in qualsiasi luogo esistano i relativi impianti (n. 25). 3) Se per la rimozione degli impianti e per il sequestro degli apparecchi esistenti nel domicilio o nel fondo altrui, sia necessario osservare le norme che garantiscono costituzionalmente l'inviolabilit dell'altrui domicilio (n. 25). TRANSAZIONI A:e:PROVAZIONE. Se dopo l'entrata in vigore della legge 31 dicembre 1962, n. 1833 gli organi centrali dell'Amministrazione abbiano conservato le competenze ad approvare le transazioni stipulate ai sensi della legge citata, il cui importo non superi il limite di tre milioni di lire (n. 9) TRATTATI E CONVENZIONI INTERNAZIONALI AccORDO ITALO-FRANCESE 29 NOVEMBRE 1947 . Se il Governo italiano, cessionario del Governo francese in esecuzione dell'accordo italo-francese del 29 novembre 1947, possa pretendere da ditte italiane la restituzione di anticipi corrisposti dal governo francese in relazione a contratti di fornitura rimasti ineseguiti per l'intervenuto stato di guerra tra i due Paesi (n. 12). .,'. :i --------