PUBBLICAZIONE RASSEGNA DI SERVIZIO DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ANNo x;n -N. I-2-3 GENNAIO-FEBBRAIO-MARZO I961 RACCOLTA DI GIURISPRUDENZA COSTITUZIONE -Solve et repete. Illegittimit costituzionale del secondo comma dell'art.6, L. 20 marZoi_ 1865, n. 2248 allegato E. (Corte Costituzionale, 31 marzo 1961, n. 21 -Pres.: Cappi; Rel.: ,Jaeger). Il principio del solve et repete costituzionalmente illegittimo per contrasto con l'art. 3 Cost., essendo evidente la differenza di trattamento fra il contribuente che sia in grado di pagare immediata . mente l'intero tributo e quello, che non abbia i mezzi sufficienti, e con gli artt. 24, primo comma e 113 Cost., che ribadiscono l'uguaglianza di diritto e di fatto di tutti i cittadini per quanto concerne la possibilit di chiedere ed ottenere la tutela giurisdizionale nei confronti dello Stato e degli enti pubblici minori. * * * La questione che forma oggetto del presente giudizio ha dato luogo da tempo a discussioni e decisioni nella dottrina e nella giurisprudenza, che hanno prospettato diversi modi di qualificare l'istituto del solve et repete. Compito della Corte Costituzionale non quello di inquadrarlo nell'una o nell'altra categoria dogmatica, ma solo di risolvere la questione se esso sia da ritenere legittimo costituzionalmente rispetto alle norme contenute negli artt. 3, 24 e 113 della Costituzione, richiamati nell'ordinanza del pretoJ:'.!'l di Pavia. Sembra opportuno anzitutto rilevare che ogni richiamo al principio della normale esecutoriet degli atti amministrativi non reca alcun contributo alla soluzione della questione nel senso sostenuto dalla amministrazione :finanziaria, perch quel principio non verrebbe in alcun modo intaccato o eluso dal venir meno dell'istituto del solve et repete, ben potendo aneli.e in tal caso l'amministrazione stessa procedere in via esecutiva contro il contribuente moroso, nonostante qualsiasi sua opposizione, posto che il giudice ordinario non mai autorizzato a sospendere l'esecuzione di provvedimenti dell'autorit amministrativa. Si pu dire, piuttosto, che proprio l'esistenza di tale istituto indebolisce in certo senso l'efficacia di quel principio, razionalmente e praticamente. Il solve et repete indubbiamente una misura particolarmente energica ed efficace al fine dell'attuazione del pubblico interesse alla percezione dei tributi; e appunto per questo venne introdotto ed stato conservato tanto a lungo nella legislazione italiana, nonostante vari progetti per l'abolizione di iniziativa governativa e parlamentare, e pur essendo stato esposto altrettanfo a lungo a severe critiche da parte della dottrina o ad interpreta zioni correttive e limitative per opera della giurisprudenza, la quale giunta ad escludere l'applicabilit dell'istituto stesso quando la pretesa tributaria risulti prima facie assolutamente infondata. Tutto ci conferma che, anche indipendentemente dai principi contenuti nella Costituzione, e gi prima dell'approvazione di questa, si era avuta una no~evole evoluzione nella sensibilit di coloro, cui spettavano la interpretazione e l'applicazione delle norme vigenti: evoluzione provocata proprio dalla eccessivit di quella misura, che gi appariva non consentanea ai principi in formatori di un or. dinamento moderno in tema di rapporti fra il cit. tadino e lo Stato. Sembra difficile supporre che il legislatore costituente abbia ignorato il problema tanto dibattuto e, meno ancora, che non lo abbia considerato risolto implicitamente attraverso la formulazione dei principi generali, diretti in gran parte proprio a regolare i rapporti fra i cittadini e lo Stato, contemperando le esigenze di questo con i diritti di quelli, e -in ogni caso -ponendo le condizioni necessarie perch questi diritti possano essere fatti valere ugualmnte da tutti. La imposizione dell'onere del pagamento del tributo, regolato quale presupposto imprescindibile della esperibilit dell'azione giudiziaria diretta a ottenere la tutela del diritto del contribuente mediante l'accertamento giudiziale della illegittimit del tributo stesso, in contrasto, a giudizio della Corte, con tutti i principi contenuti negli articoli della Costituzione enunciati nella ordinanza del pretore. Essa in contrasto con la norma contenuta nell'art. 3, perch evidente la differenza di trattamento che ne consegue fra il contribuente, che sia in grado di pagare immediatamente l'intero tributo, ed il contribuente, che non abbia mezzi sufficienti per fare il pagamento, n possa procurarseli agevolmente ricorrendo al credito, fra l'altro perch, anche in caso di vittoria in giudizio, non otterrebbe il rimborso delle somme versate se non con ritardo. -2 .Al primo dunque consentito, proprio in conseguenza delle sue condizioni economiche, di chiedere giustizia e di ottenerla, ove possa provare di aver ragione; al secondo questa facolt resa difficile e talvolta impossibile, non solo di fatto, ma anche in base al diritto, in forza di un presupposto processuale stabilito dalla legge e consistente nell'onere del versamento di una somma eventualmente assai ingente. Le stesse considerazioni valgono a giustificare anche il richiamo alle norme contenute negli articoli 24, primo comma, e 113 della Costituzione, nei quali l'uso delle parole tutti e sempre ha chiaramente lo scopo di ribadire la uguaglianza di diritto e di fatto 'a.i tutti i cittadini per quanto concerne la possibilit d.i richiedere e di ottenere la tutela giurisdizionale, sia nei confronti di altri privati sia in quelli dello Stato e di enti pubblici minori. La Corte pertanto dell'avviso che l'istituto del ' solve et repete sia in contrasto con le norme della Costituzione e che debba essere dichiarata illegittima la disposizione che le prevede. da osservare che nell'ordinanza del pretore si propone letteralmente la questione della illegittimit costituzionale dell'intero art. 6 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, allegato E, mentre l'istituto del solve et repete previsto solo nel secondo comma di tale disposizione e gli altri commi riguardano oggetti del tutto diversi. Poich l'ordinanza tratta esclusivamente, anche quando motiva sulla rilevanza della questione, di quell'istituto, la Crte ritiebe di dover interpretare l'ordinanza stessa nel senso che il pretore intendeva proporre la questione di legittimit del solo secondo comma dell'articolo citato e che di conseguenza le altre norme, pur contenute nello stesso articolo, non fanno parte dell'oggetto del presente giudizio. Per una maggior comprensione dell'importanza e delicatezza della questione decisa, riteniamo opportuno riportare integralmente la memoria dell'Avvocatura. Il giudizio nel quale sorta l'attuale questione di costituzionalit concerne un'opposizione al Pretore di Pavia proposta dal sig. Stroppa Franco, ai sensi dell'art. 3 della legge 14 aprile 1910, n. 639, avverso la ing;iunzione, a lui fatta intimare il 15 novembre 1958 dall'Ufficio Atti giuziziari, Bollo e Demanio di Pavia per il pagamento d L. 23.750 a titolo di canoni radio evasi (L. 22.000) e di ammenda (L. 1500) comminata con Ordinanza dell'Intendente di Pavia 31 marzo 1959, divenuta definitiva per avere il Tribunale di Pavia dichiarata inammissibile l'impugnativa del condannato. Avverso l'atto di opposizione proposto ad evidente scopo dilatorio e manifestamente infondato, oltre che inammissibile, l'Amministrazione delle Finanze, costituitasi in giudizio, oppose l'inadempimento della regola del solve et repete, ai sensi dell'art. 6 della legge 20 marzo 1865, allegato E. Sulla eccezione di incostituzionalit sollevata dal patrocinio dell'opponente, il quale si per la verit del tutto inesattamente, richiamato a pretesi dubbi che sarebbero stati avanzati circa la legittimit attuale dello istituto del solve et repete dalla Corte di Cassazione (e vedremo che non cos) e persino da noi stessi ( : ), il Pretore di Pavia, pur manifestando varie perplessit a pr della infondatezza della questione, in relazione a ciascuno dei tre profili di cont!asto prospettati dall'opponente, ha deciso di rimettere la questione al giudizio di codesta Ecc.ma Corte ritenendo determinanti, a pr della non manifesta infondatezza, gli argomenti che abbiamo riassunti nell'atto di intervento e nelle deduzioni (pag. 3) e che torneremo ad esaminare qui di seguito. * * * In via preliminare, si osserva che la Ordinanza di rimessione promana da un Giudice certamente in competente, in quanto, trattandosi di controversia di imposta, si verteva in materia di competenza funzionale del Tribunale, ai sensi dell'art. 9 del C.p.c., nonch dell'ultimo comma dello stesso arti colo 6 della legge 20 marzo 1865, n. 2248. Vedr, pertanto, l'Ecc.ma Corte Costituzionale se possano ritenersi, nella specie, adempiuti i pre supposti per la valida instaurazione del giudizio, ai sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87. * * * I~a questione di costituzionalit dell'art. 6, se condo comma, della legge 20 marzo 1865, n. 2248 allegato E, che viene per la prima volga all'esame dell'Ecc.ma Corte, appare manifestamente infon data, sotto tutti i profili addotti nell'Ordinanza di rimessione. In precedenza, la giurisprudenza, sia della Corte di Cassazione che dei Tribunali di merito, ha sempre ritenuto infondata la questione di illegittimit co stituzionale dell'art. 6, sia in relazione all'art. 113 della Costituzione (cfr. Cassazione, Sezioni Unite 30 divembre 1957, n. 4551, Foro it., 1958, I, 27; Sezioni Unite, Ordinanza 25 gennaio ''1957, n. 260 in Giust. Civ. 1957, III, 1959 e Dir. e prat. tributaria, 1958, II, 237; Sezioni Unite 3 dicembre 1957, Piaccinato c. Finanze, in Dir. e prat. tributaria, 1958, II, 241), sia in relazione all'art. 111 della Costituzione (Cassazione, Sezioni Unite 26 giugno 1957, Ditta Molinari c. Comune di Finale Emilia, in Dir. e prat. tributaria, 1958, II, 240), sia in relazione all'art. 3 della Costituzione (Appello Mi Iano, sentenza 19 dicembre 1957, in Foro Padano, 1957, II, 78 e 1958, I, 1322 con nota di Stendardi); sia infine, all'art. 24 della Costituzione (Tribunale di Firenze, sentenza 4 giugno 1954, riportata nel Il Contenzioso dello Stato negli anni 1951-1955, Roma, 1957 vol. I, p. 398; con riferimento agli artt. 24 e 113 della Costituzione, Tribunale di Pi stoia Ordinanza 16 novembre 1959 in Giustizia Ci vile, 1960, n. III, 67). Contro questa giurisprudenza che sembra ormai consolidata circa la manifesta infondatezza della questione della legittimit costituzfonale del solve et repete sotto gli accennati profili, il Pretore di Pavia ha ritenuto di poter ,rimettere a codesta Ecc.ma Corte l'esame della questione stessa, per gli stessi profili e con argomenti sostanzialmente -3 analoghi a quelli in base ai quali la Cassazione ed i Tribunali di merito avevano dichiarato di escludere il contrasto con le norme costituzionali. A) Ome.A IL PRETESO CONTRASTO DEL SOLVE ET REPETE CON L'ART 3 DELLA COSTITUZIONE. Secondo la Ordinanza di rimessione, il precetto del solve et repete violerebbe in particolare il principio sancito nell'art. 3, secondo comma della Costituzione, in quanto costituirebbe un ostacolo di ordine economico che limiterebbe di fatto l'eguaglianza dei cittadini menoabbientisia riguardo alla possibilit. di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi (art. 24, primo comma), sia in particolare, riguardo alla possibilit. di agire in giudizio contro gli atti della P.A. (art. 113). Senonch, com' stato esattamente deciso dalla giurisprudenza gi menzionata (Appello Milano, sentenza 19 dicembre 1957, in Foro padano, 1958, I, 1322, con nota di,Stendardi) l'art. 3, sia considerato nella disposizione del primo comma che del secondo, non pu ritenersi in contrasto col solve et repete; anzi, appare addirittura invocato fuor di proposito . Invero, sotto il primo aspetto (preteso contrasto con l'art. 3, primo comma) fin troppo agevole osservare che il precetto del solve et repete si applica indistintamente a tutti i cittadini, senza distinzione di ceto o di censo, e con inderogabile rigore; quindi non pu determinare alcuna disparit. di trattamento dei cittadini di fronte alla legge. Del resto, l'uguaglianza alla quale si riferisce l'art. 3 della Costituzione l'uguaglianza giuridica tra tu:tti i cittadini della Repubblica, intesa nel senso di parit assoluta circa la capacit. di essere titolari di diritti privati e pubblici e circa il potere di esercitarli, sia nei confronti dei privati che nei confronti degli organi dello Stato. Questa eguaglianza non concerne direttamente la capacit. economica dei cittadini ed i beni che mediante tale capacit. essi possono procurarsi; e soprattutto, non importa l'adozione di un principio costituzionale che elimini tra i singoli quelle inevitabili differenze di ricchezza che, in un paese ad economia libera, non possono non concretarsi in una diversa possibilit. di acq1listo di qualsiasi bene, e, quindi, anche in una situazione di favore in cui il pi abbiente venga naturalmente a trovarsi nello svolgimento della sua attivit.: si potrebbe, ad es~mpio, al riguardo, osservare che nel nostro ordinamento la incapacit. economica non viene mai presa in considerazione come causa giustificatrice dell'inadempimento della obbliga zione. Sotto il secondo aspetto (asserito contrasto con l'art. 3, secondo comma) , anzitutto da rilevare che gli scopi e le funzioni per le quali il principio stesso proclamato ad integrazione del principio stabilito nel primo comma (assicurare il pieno svi luppo della persona umana e l'effettiva partecipa zione di tutti i lavoratori all'organizzazione po litica., economica e sociale del Paese) non sem brano avere alcuna diretta attinenza con la ma teria tributaria e con l'istituto del solve et repete. In secondo luogo, il principio per cui lo Stato deve creare le condizioni per cui tutti i lavoratori possano partecipare alla organizzazione politica, economica e sociale del Paese, significa che lo Stato deve attuare, nel proprio ordinamento; le" provvidenze atte ad eliminare, per tutti i lavoratori, le accennate disuguaglianze economiche iniziali, ma non significa certamente che la Costituzione intende pareggiare in fatto le condizioni sociali, politiche ed economiche dei cittadini. Nella specie, comunque, anche di questo principio mancano i presupposti oggettivi e soggettivi di applicazione ed} in ogni caso la confighrabilit., nei riguardi del solve et repete dello ostacolo di ordine economico alla parit dei cittadini. Infatti, qualunque teoria si segua circa il fondamento della regola del solve et repete certo, sotto il profilo che qui interessa, che essa non pu costituire un ostacolo di ordine economico alla parit dei cittadini, essendo questi, in quanto contribuenti, soggetti em lege al potere extra-processuale di riscossione dell'imposta da parte dell'Amministrazione, basato sul principio generale e fondamentale della esecutoriet. dell'atto amministrativo (il c. d. accertamento ) col quale viene determinata la pretesa tributaria. Il solve et repete non importa, dunque, alcuna menomazione del principio della eguaglianza dei cittadini: anzi, come stato affermato in giurisprudenza con evidenti riferimenti all'art. 53 della Costituzione (cfr. la citata sentenza 19 novembre 1957 della Corte d'Appello di Milano) ne promuove il comune interesse in quanto, assicurando la re golare esazione dei tributi, garantisce l'ordinario soddisfacimento dei bisogni della collettivit., a vantaggio della quale le imposte vengono pagate. B) CIRO.A IL PRETESO CONTRASTO DEL SOLVE ET REPETE CON L'ART. 113 DELLA COSTITUZIONE Il precetto del solve et repete non pu neanche ritenersi in contrasto con l'art. 113 della Costituzione n, come subito si vedr, con l'art. 24, articoli che devono essere necessariamente collegati su:l piano logico e giuridico, ai fini della questione in esame. Come gi si ricordato, la manifesta infondatezza della questione di costituzionalit. con riferimento all'art. 113 (come quella proposta con riferimento all'art. 24) stata ripetutamente dichiarata dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite (cfr. Ordinanza n. 61 del 25 gennaio 1957, in Giust. Civ. 1957, II, 159; sentenza n. 2482 del 26 giugno 1957 Molinari c. Comune di Finale Emilia in Giust. Ci., 1957, 963; sentenza n. 4515 del 3 novembre 1957 in Foro It., 1958, 27) ed anche dai tribunali di merito (Tribunale di Firenze, sentenza 4 giugno 1954, riportta ne Il contenzioso dello Btato negli anni 1951-1955, Roma 1957, vol. I, pag. 397). Invero, l'art. 113 della Costituzione sancisce il principio della tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi del cittadino innanzi agli organi di giurisdizione ordinaria ed amministrativa contro . gli atti della Pubblica Amministrazione e proibisce la esclusione di questa tutela od anche l -4 limitazione a particolari mezzi di impugnazione o per determinate categorie di atti. Ora, nessuna di queste ipotesi di contrasto con la norma costituzionale si verifica nei riguardi del precetto del solve et repete quale che sia il fondamento e la natura giuridica che ad esso si voglia assegnare nell'attuale stato della legislazione e della giurisprudenza. Si tratta, com' noto,. di un problema dibattuto, perch mentre un'autorevole e forse prevalente dottrina, sulle orme del Chiovenda (1), ritiene che si tratti di un presupposto processuale, la cui mancanza determina una eccezione processuale che pu essere fatta valere soltanto dall'Amministrazione convenuta (2), la giurisprudenza della Corte di Cassazione, seguendo l'opinione tradizionale che risale a Ludovico Mortara (3), da lungo tempo consolidata nel senso che si tratta di norma la cui inosservanza determina un difetio, sia pure condizionato, temporaneo (e con determinati limiti ed eccezioni), dell'Autorit giudiziaria Ordinaria (4). , altres, noto che, oltre a.le esclusioni ammesse dalla stessa giurisprudenza (infondateza manifesta prima facie della pretesa tributaria) il solve et repete non vige. nei giudizi proposti dal contribuente innanzi alle Commissioni tributarie, alle quali stato riconosciuto il carattere di organi di giurisdizione, e neanche per il ricorso in Cassazione avverso la decisione della Commissione Centrale, ricorso che pu essere anche proposto per violazione di-legge ai sensi dell'art. 111 della Costituzione. Non qui il luogo di esaminare la intrinseca rispondenza dell'una o dell'altra teoria circa la struttura e gli effetti processuali del solve et repete. Interessa, piuttosto, stabilirne il fondamento, che qualunque sia il pratico congegno e l'efficacia processuale propria dell'istituto, non pu che essere ravvisato nel principio generale e fondamentale della esecutoriet dell'atto amministrativo col quale stata in concreto determinata la pretesa tributaria, principio del quale secondo la pi autorevole dottrina di diritto amministrativo, la regola del solve et repete costituisce una applicazione specifica, un modo particolare di atteggiarsi nel campo tributario (5). (1) Cfr. CHIOVEND.A: Istituzioni di diritto processuale civile, Napoli, 1934, vol. Il, p. 343-344. (2) Cfr. GIA.NNINI A. D.: Istituzioni di diritto tributario, Milano, 1960, pp. 219 a 227 e la dottrina ivi citata ARomuooNO: in Foro It. >>, 1960, I, 1151. (3) Cfr. MORTARA: Commentario, I, pp. 330 e segg. (4) C.ASSAZIONE, Sezione Unite sentenza 10 luglio 1957, n. 2742 in (< Giust. Civ. >>, 1958; I, 140; III, Sezione 21 febbraio 1958 in Riv. Leg. Fiscale>>, 1958, 936; in data meno recente, Cassazione: sentenza 9 dicembre 1938 in cc Giust. Civ. 1939, I, 1, 206; 2 maggo 1942 in cc Foro It. >>, 1942, I, 827. Secondo la giurisprudenza il difetto temporaneo di giurisdizione conseguente. alla inosservanza del salve et repete deve essere esammato d'ufficio, prima di ogni altra questione: Cassazione 17 maggio 1958, n. 1606, in cc Foro It. , rep. 1958, v. salve et repete, n. 18; 21 febbraio 1958, n. 564, ibidem n. 19. (5) Cfr. ZANOBINI: Corso di Diritto Amministrativo, Milano 1954, vol. 1 cap. VII, paragr. 4, n. 3; GuICCI.ARDI La Giustizia Amministrativa, Padova, 1954, pp. 315-316; V1TT.A: Manuale di diritto amministratwo, Torino, 1950, II, 690. Si tratta, in sostanza, di un ulteriore mezzo di . tutela concesso per la realizzazionedel credito tributario, in funzione dei noti fini di interesse generale (assicurare il regolare gettito delle imposte e, con es.so, la realizzazione dei -fini dello Stato) per indurre il cittadino, sempre soggetto al potere extraprocessuale di riscossione dell'imposta da parte dell' .Amministrazione, a pagare la stessa prima di agire innanzi all'Autorit Giudiziaria. Si utilizza, in sostanza, il condizionamento della esperibilit del giudizio quale mezzo coercitivo affinch nel pubblico interesse, il contribuente adempia alla obbligazione ex lege, che pu essere dall'Amministrazione coattivamente realizzata anche al di fuori del giudizio stesso. Qualcosa di analogo, com' stato osservato in dottrina, avviene nel diritto privato per i titoli di credito c.d. astratti dal rapporto fondamentale (1). Che, in ci, sia violazione del diritto da parte del cittadino di agire in giudizio contro gli atti della Pubblica .Amministrazione certamente da negare. Il precetto del solve et repete non esclude affatto la tutela giurisdizionale del cittadino nei confronti dell'atto amministrativo col quale viene determinato il credito dell' .Amministrazione Finanziaria n la limita a particolari mezzi di impugnazione, ma soltanto, negli anzidetti termini, la condiziona, nel pubblico interesse, alla circostanza che venga previamente pagato il tributo in contestazione. Che questo concreti un privilegio concesso allo Stato, ed, in particolare, un privilegio di esecuzione, consistente in una particolare efficacia del titolo, costituito dall'accertamento tributario non supplementare certo. Ma si tratta di privilegio che, com' stato bene ritenuto dalla Corte di Cassazione (2), giustificato oltre che dalla necessit del sollecito introito d!li tributi, e dalla particolare solubilit dello Stato che permette di mantenere integra la esecutoriet dell'atto amministrativo di imposizione del tributo, dalla ulteriore considerazione (3) che, nella specie, la presunzione di legittimit dell'atto, dal quale in definitiva scaturisce il precetto del solve et repete, resa ancora pi sicura dal previo esperimento, da parte del contribuente, dei ricorsi alle Commissioni giurisdizionali, Sicch, anche da un punto di vista logico e sostanziale, se nonostante tale vaglio, il contribuente ritenga di doversi ancora gravare nei confronti della imposizione tributaria, non appare ingiusto che sia prima obbligato al versamento della somma accertata a suo debito, salvo rimborso in caso d'accoglimento della domand1:1i in sede giudiziaria. In definitiva, come fu bene osservato dalle Sezioni Unite della Cassazione, nella sentenza n. 4551 del 3 dicembre 1957, l'istituto del solve et repete contemperando le esigenze proprie della P. A. con (1) MONTES.ANO: La condanna nel processo civile a!IWhi!,_ tra privati e P. A. Napoli 1957, pagg. 206-209. . (2) Cfr. la citata Ordinanza 25 gennaio 1957 delle Sezioni Unite in cc Giust. Civ., 1957, II, 1959. (3) L'osservazione gi nel VTT.A: Manuale,cit. vol. Il, pag. 690. -5 quelle dei contribuenti, d all'azione di questi ultimi in sede giurisdizionale una particolare regolamentazione di contenuto quella di azione in ripetizione del tributo pagato, con l'accertameno del.la illegittimit della imposizione, quando la illegittimit gi non risulti prima facie, nel qual caso l'accertamento pu astrarre dal presupposto del pagamento del tributo. Del resto, questa regolamentazione e relativa configurazione del contenuto dell'azione del soggetto passivo dell'imposta, nei casi espressamente previsti dalla legge, nulla ha in se di antigiuridico, esistendo nel nostro ordinamento, sia pure con diversa intensit ed efficaia, il principio in base al quale si possono stipulare convenzionalmente clausole preclusive di eccezioni al fine di evitare o ritardare la prestazione dovuta (art. 1462 O.e.). Si tratta, dunque, di un istituto che non nato per ilprocesso e per ragioni d'ordine meramente procedurali, bens di istituto sorto in funzione degli interessi pubblici sostanziali sopra richiamati e ad ulteriore tutela e cautela della presunzione di legittimit e dell'esecutoriet dell'atto amministrativo di imposizione tributaria: e si tratta, pertento, di istituto che impone un onere derivante da un presupposto obbiettivo, non da condizioni subbiettive e personali, come , ad esempio, dell'istituto processuale della cauzione per le spese (art. 98 O.p.c.), la cui ditl'erenza ontologica e sostanziale dal solve et repete stata esattamente posta in rilievo da codesta Ecc.ma Oorte nella recente sentenza n. 67 del 29 novembre 1960, con orgomenti chiaramente concludenti per la soluzione del tutto diversa da quella adottata per la cauzione delle spese. 0) 01RCA IL PRETESO CONTRASTO DEL SOLVE ET RPETE CON L'ART. 24 DELLA 00STITUZIONE, La sentenza n. 67 del 29 novembre 1960 di co desta Ecc.ma Oorte Costituzionale in materia di cauzione per le spese si , indirettamente ed inci dentalmente, ccupata del solve et repete, in rela zione all'art. 24 della Oostituzione, richiamato in quel giudizio. Nell'attuale giudizio non pu esservi dubbio che l'asserito contrasto tra il solve et repete e l'art. 24 non sussiste, sia che all'istituto si riconosca un fondamento di diritto sostanziale per quanto di rettamente influente sul processo (teoria che a noi sembra preferibile), sia che, invece, ad esso si attri buisca la natura di una mera eccezione processuale introdotta a favore dell' .A:mministrazione finan ziaria. Seguendosi la prima teoria, il diritto di difesa individuale sancito nell'art. 24 non appare, sotto alcun aspetto, violato, per le stesse ragioni gi sopra espresse a confutazione dell'asserita violazione del pricipio stabilito nell'art. 113 della Costituzione. Ma anche seguendosi la teoria della eccezione processuale si perviene allo stesso risultato, in quanto la concessione della eccezione stessa alla Amministrazione finanziaria non implica certamente che l'altra part.e, cio il contribuente, non possa agire in giudizio per la difesa dei suoi diritti. Invero, l'art. 24, primo e secondo com.ma, volto a vietare che la tutela giurisdizionale possa essere esclusa principalmente per condizioni di carattere soggettivo, cio con riguardo a certe qualit della persona, mentre il solve et repete si fonda su di un presupposto obbiettivo, eguale per tutti e non esclude l'azione giudiziaria, anzi neppure la limita, condizionandola soltanto al presupposto stesso, cio al previo pagamento del tributo da parte del cittadino. Assolutamente ininfluente infine, l'argomento che l'Ordinanza ritiene di poter desumere dall'articolo 24, terzo comma circa gli istituti a tutela delle ragioni dei meno abbienti (gratuito patrocinio). Invero l'art. 24 terzo com.ma, allorch menziona. questi istituti, intende riferirsi evidentemente ad una difesa in senso teorico, cio alla opportunit che ogni cittadino abbia, comunque, un difensore in giudizio e non pone certo una regola concernente l'efficienza. di tale difesa, nel senso che tutti devono avere una difesa egualmente valida ed efficace: in altre parole, il gratuito patrocinio costituisce un correttivo della disparit economica. esistente tra i singoli, non gi un illimitato ed integra. le livella.mento tra i cittadini circa il modo con cui essi devono venir difesi in giudizio. Il che conferma. che il gratuito patrocinio ed istituti affini sono invocati del tutto fuori posto nella questione del solve et repete. * * * Ooncludendo; sotto ogni aspetto o profilo, la questione di legittimit costituzionale dell'art. 6 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, allegato E si rivela palesemente infondata. N varrebbe osservare che da pi parti ed anche in sede preparatoria legislativa si , talvolta, pro spettata la opportunit di una abolizione dello istituto. Queste iniziative non si sono mai basate sulla pretesa incostituzionalit del solve et repete ma su motivi di politica legislativa assolutamente estra nei alla questione stessa. Pertanto, essendo compito dell'Ecc.ma Oorte il giudicare della legittimit costituzionale delle leg gi esistenti, insistiamo nelle conclusioni di dichia razione di non fondatezza della questione di ille gittimit costituzionale dell'art. 6 della legge 20 mar zo 1865, n. 2248 proposta con l'Ordinanza in epi grafe. Nella memoria dianzi trascritta, si era ritenuto doveroso prospettare alla Oorte tutte le ragioni in base alla quali sembrava dovesse escludere l'illegit timit costituzionale del solve et reete, arwhe e soprattutto per la considerazione che si era formata al riguardo una consolidata giurisprudenza della Oorte di Oassazione, la quale aveva pi volte dfohia rato manifestamente infondata la questione di le gittimit costituzionale del secondo comma delVar ticolo 6 L. 20 marzo 1865, n. 2248, allegato E. D'altra parte la stessa Oorte Costituzionale, nella sentenza n. 67 del 1960, aveva fatto espressamente 6 salva la predetta questione, che era da ritenersi, perci6, del tutto impregiudicata. L sentenza, comunque, lascia notevolmente per plessi, sia per la conclusione sia per la motivazione attraverso la quale ad essa si pervenuti. Non v' dubbio che il principio del solve et repete dovesse considerarsi ormai in ogni punto superato e di scarso valore pratico. L'istituto era stato uno dei cardini della finanza statale e locale quando il gettito tributario era costi tuito principalmente dalle imposte dirette, e da quelle indirette sugli affari, perch garantiva la continuit e la sicurezza delle maggiori entrate, su cui si fondava il bilancio -tanto che la Corte di Cassazione aveva pi volte affermato ch'esso non costituiva un'ecce zione, ma una regola in materia di tasse e imposte (Sezioni Unite, 4 maggio 1929, in Foro It., 1929, I, 1080; vedi anche Rel. avv. Erariale 1926-29 p. 395). Con l'evoluzione del sistema fiscale, conseguente alla evoluzione della economia, con il sempre minor peso delle imposte dirette e di quelle indirette sugli affari nel quadro generale delle entrate statali, il solve et repete era andato via via perdendo impor tanza, anche perch la giurisprudenza vi aveva ap portato il temperamento del prima facie, che trovava sempre pi frequente applicazione e che era diretto, .soprattutto, ad evitare proprio quelle situazioni di ingiustizia grave, di cui si preoccupata la Corte. In pratica il sol ve et repete si applicava ai complementi d'imposta, ili registro, successione, doganale, ecc. richiesti a chi, avendo compiuto atti economici proporzionati alle proprie possibilit, era da ritenere ben in grado di adempiere al preventivo pagamento dell'imposta. N va trascurata la considerazione che, a prescindere dal solve et repete, la maggior parte delle opposizioni giudiziarie erano anche infondate nel merito e prodotte a scopo meramente dilatorio. D'altra parte da notare che per le impo.ste dirette e, in genere, per quelle che si riscuotono mediante ruoli, l'entrata, allo Stato ed all'ente pubblico, garantita dal principio del non riscosso per riscosso contrattualmente imposto all'esattore. L'abolizione del solve et repete d'altronde risulter in gran parte compensata dalle disposizioni della legge 26 .gennaio 1961, n. 29 le quali, disponendo il pagamento d'interessi moratori nella misura .del 3 % semestrale ed a decorrere dal giorno, in cui il tributo esigibile, costituiranno indubbiamente una remora alle opposizioni, fatte solo a scopo dilatorio. Nessun dubbio, quindi, sulla attuale scars(l, importanza pratica e sulla opportunit politica di sopprimere il principio del solve et repete, soppression& alla quale, peraltro, si accingeva il Parlamento in occasione della riforma del contenzioso tributario. Le nostre vive perplessit attengono, invece come si accennava alla dichiarazione di illegittimit costituzionale del principio, che, a nostro avviso, non sembra contrastasse con alcuna norma della Costituzione. Motivo di perplessit , altres, la motivazione della sentenza, la quale, trascurando la maggiorre delle specifiche argomentazioni prospettate dall'Avvocatura si ripete, sulla scorta di una consolidata giurispridenza e di un'autorevole dottrina., afferma categoricamente rispetto alla tutela giurisdizionale, un principio di uguaglianza, di fatto e di diritto, suscettibile di pericolose ulteriori applicazioni, che potrebbero finire per incidere gr()!l)(Jffb(3nte sul nostro sistema processuale. In base allo stesso principio, infatti, potrebbe ritenersi incostituzionale non solo il deposito per multa, previsto per il ricorso per Cassazione, ma anche ogni altro gravame fiscale (bollo e registro) imposto per gli atti giudiziari. La Corte ha dichiarato costituzionalmente illegittimo solo il secondo comma dell'art. 6 L. 20 marzo 1865, senza tener conto delle altre norme, che ribadisono il principio del solve et repete nei riguardi delle singole imposte (art. 149 legge di registro, art. 97 legge sulle successioni, art. 52 legge sull'I.G.E., art. 15 legge doganale etc.) Tuttavia dato che queste norme rappresentano l'applicazione particolare del principio generale affermato nell'art. 6 deve ritenersi che siano rimaste travolte dalla dichiarazione di illegittimit costituzionale dell'art. 6 citato e, in genere, del principio del solve et repete, sicch la .Avvocatura d'ora innanzi si asterr dal richiederne l'applicazione auspicando che i giudici, ordinari e speciali, aderiscano a questa interpretazione rendendo 'superfluo il rinvio alla Corte delle singole norme delle leggi tributarie, che prevedono appunto, in relazione ai singoli tributi, l'applicazione del principio del solve et repete. AMMINISTRAZIONE PUBBLICA Contratti Con trolli preventivi e successivi Mancata registrazione da parte della Corte dei Conti, del decreto di approvazione di un contratto tra ente pubblico e privato Non costituisce titolo per risarcimento di danno da inesecuzione di contratto Limiti. (Corte di Cassazione, Sent. n. 3042/60, Sezio~i Unite, Presidente: Oggioni; Est.: Straniero; P.M.: Pomodoro (conf.) Spinelli c. Assessorato Reg. Lav. e Prev. Soc, Regione Siciliana). La mancata registrazione, da parte della Oorte dei Oonti, del decreto di approvazione di un contratto tra ente pubblico e privato, contratto per il quale tale registrazione sia tassativamente prescritta dalla legge, non costituisce, di per se, titolo per risarcimento di danno da inesecuzione di contratto, anche quando essa sia dovuta ad omissione di presentazione imputabile alla P.A. * * * << Ora, ci premesso, si osserva che la questione fondamentale da risolvere, per il suo nesso pi o meno diretto con ciascuno dei motivi test sin tetizzati, concerne lo status che alla registrazione deve essere assegnato rispetto al procedimento di formazione del contratto soggetto ad approvazione Tale questione , d'altra parte, intimamente connessa con l'altra sulla natura intrinseca della. regi:-. strazione e sulle sue possibilit di fusione o, co~ munque, di collegamento con la nozione giuridica dell' approvazione, dal momento che per questa ultima la giurisprudenza di questa Oorte e la dot -7 trina pi cospicua hanno fissato alcuni principi, nel cui complesso schema il disconoscimento, da parte della Corte di Palermo, della responsabilit contrattuale (unica da essa considerata) pu trovare sostanziale giustificazione. Questa Corte ha, invero, gi precisato che, riguardo all'approvazione, in quanto atto di controllo esercitabile ad esclusiva tutela dell'interesse pubblico, possono profilarsi, a favore del privato contraente, soltanto interessi legittimi (sentenze 15 ottobre 1956, n. 3620 e 9 agosto 1959, n. 3113). Il principio medesimo stato, d'altra parte, applicato (sentenze 3 ottobre 1959, n. 2655 e 31 luglio 1955, n. 2482), proprio in tema di mancato esercizio, da parte dell'Amministrazione, della attivit che, per istituto, deve svolgere al fine di render possibile la pronuncia dell'autorit di controllo, sotto l'identico profilo dell'intima connessione fra l'interesse privato all'esercizio del controllo e l'interesse pubblico e sotto l'altro, particolare, della inesistenza, nell'ordinamento giuridico vigente, di una qualsiasi norma che, nell'interesse privato, obblighi l'organo amministrativo agente a trasmettere l'atto, per il quale il controllo necessario, all'autorit che detto controllo deve esercitare. Questa Cor~e, ha infine, ritenuto (sentenza Sezioni Unite 15 agosto 1953, n. 2376) che non possibile applicare la disciplina sull'avveramento della condizione ai sensi dell'art. 1359 C.c. neppur quando l'omissione imputabile alla pubblica amministrazione sia determinata da un interesse di quest'ulthria contraria a detto avveramento, dal momento che tale norma, in quanto intimamente collegata con l'origin volontaria della condizione e sostanzialmente creatrice di una finzione, non pu che riguardare le condizioni proprie o facti non gi la approvazione, condizione juris o impropria, nel cui schema la finzione non pu sostituirsi all'evento al cui avverarsi la legge subordina, necessariamente ed inderogabilmente, l'attuazione del negozio per superiori esigenze della pubblica amministrazione e nell'esercizio di un controllo, che costituisce estrinsicazione di un'attivit a finalit diversa da quelle peseguite in concreto dall'amministrazione attiva. Nei rilievi precedenti vi , d'altra parte, materia sufficiente per trarne argomenti decisivi a favore della non configurabilit di un risarcimento di danno per colpa contrattuale da inadempimento o per colpa in contraendo riferita all'attivit precontrattuale in s stessa. Non pu prospettarsi, invero, l'inadempimento rispetto ad un rapporto negoziale nel quale la pretesa parte inadempiente giuridicamente obbligata. soltanto dopo l'approvazione n, l'inderogabilit, per legge, del controllo e l'inammissibilit, a suo riguardo, di alcun equivalente consentono di fondare un qualsiasi preteso diritto del contraente privato su alcuna delle norme sugli effetti dei contratti (articoli 1374 e 1375 C.c.) dal momento che queste presuppongono l'esistenza dell'obbligazione della parte nei cui confronti si pretende applicarle. D'altra parte, la caratteristica di semplice interesse legittimo nell'interesse del privato contraente a che l'approvazione sia concessa, la non sindacabilit dei motivi, di legittimit o di interesse pubblico, che abbiano in concreto indotto l'organo di controllo a pronunciarsi negativamente, da parte dell'autorit giudiziaria ordinaria (quest'ultima, altrimenti, esorbiterebbe, attraverso detto controllo, dai limiti assegnatigli dalle norme abolitrici del contenzioso amministrativo e verrebbe a sostituirsi all'amministrazione nella valuiiazione degli interessi pubblici e dei criteri amministrativi), l'inesistenza, per l'Amministrazione, di vincoli precontrattuali ed il collegamento del perfezionamento dei contratti nei suoi confronti all'esercizio di poteri discrezionali costituiscono altrettanti elementi concorrenti per contestare a favore di un contraente che, oltre tutto, dovendo conoscere i principi che disciplinano la formazione dei contratti in questione da ritenere che abbia volontariamente assunto un'alea conosciuta sin dal tempo della contrattazione. N, come questa Corte ha gi deciso (sentenza 30 ottobre 1959, n. 2655), vi motivo di adottare soluzione diversa quando si pretende far derivare il danno, sotto il profilo della responsabilit contrattuale, dal mancato esercizio, da parte dell'Amministrazione, del potere-dovere di compiere, l'attivit diretta ad ottenere l'atto di controllo. La possibilit giuridica che l'atto inefficace, pur non essendo idoneo a produrre gli effetti suoi propri, possa venire in considerazione ad altri effetti rilevanti per il diritto e la considerazione che l'autorit di controllo deve essere sempre posta in grado di procurarsi la conoscenza di tutti gli elementi utili all'esercizio del suo ministero non tolgono, infatti, che si verta pur sempre in tema di attivit precontrattuale (come tale intesa sotto il profilo che l'approvazione costituisce l'atto conclusivo del procedimento contrattuale nel senso che, in sua mancanza, non si raggiunge la liberalit del vincolo) e che debba valere, in s stessa e nelle sue conseguenze, la limitazione del diritto del privato alla sfera dell'interesse legittimo ... L'indagine, posta la premessa che la registrazione non importa soltanto un riscontro finanziario nell'ambito della tutela della legge del bilancio, bens anche un pi ampio esame sulla legittimit del provvedimento alla stregua dell'osservanza, da parte dell'Amministrazfone, di tutti i precetti giuridici vigenti nella materia contrattuale, va pertanto, necessariamente accentrata, come gi accennato, nella identificazione dello status della registrazione e, in particolare, nella possibilit di riconoscere al contraente privato, quando il contratto sia stato approvato ma non registrato, l'esercizio di una qualsiasi pretesa, diretta o per equivalente, nei confronti della pubblica amministrazione J.Ja Corte di merito si al riguardo pronunciata negativamente e la decisione va, ad avviso di questa Corte, tenuta ferma con qualche ulteriore precisazione. Non vi dubbio infatti, che la registrazione costituisca una condicio juris dell'efficacia pratica del contratto dal momento che l'eseguibi.J.i_t, di quest'ultimo evidentemente impedita dal rifiuto ._ del visto da parte della Corte d~i Conti, onde essa viene sostanzialmente a porsi, ad ogni effetto, sulla stesso piano giuridico dell'approvazione, almeno secondo quell'interpretazione dottrinale, con -8 divisa dalla pressoch costante giurisprudenza di questa Corte, per la quale l'approvazione non elemento di perfezione del contratto, quale parte integrativa e decisiva della volont di uno dei contraenti, ma soltanto condicio juris dell'efficacia del medesimo. D'altra parte, il visto della Corte dei Conti, suppur formalmente distinto dal decreto di approvazione per ilquale prescritto, viene sostanzialmente ad integrare il medesimo nel senso, corrispondente alla gi rilevata sua natura, che gli attribuisce ad ogni effetto, compreso evidentemente quello per il quale il decreto conclude, nei riguardi dell'Amministrazione, il procedimento contrattuale e viene, di conseguenza, a vincolarla, un'efficacia che precedentemente non aveva perch condizionata, per l'appunto, alla registrazione e, in particolare, alla circostanza saliente che la registrazione possa eventualmente essere. negata per un motivo di illegittimit, direttamente inerente alla regolarit formale del decreto stesso. Fino a quando il visto non intervenga, e a maggior ragione, quando sia rifiutato, non pu pertanto, sostenersi n che la pubblica amministrazione debba considerarsi vincolata dal contratto e sia, quindi tenuta ad ese guirlo ovvero a rispondere per equivalente della mancata esecuzione della sua prestazione n che la dichiarazione di non voler pi eseguire o, comunque, il comportamento negativo debbano essere qualificati come manifestazioni della volont di recesso unilaterale da un contratto gi formalmente perietto e vincolante per entrambi i contraenti. Il rilievo, infine, che la registrazione certamente prescritta nell'interesse pubblico rende applicabili, a suo riguardo, le stesse considerazioni gi fatte, per l'approvazione in ordine alla insindacabilit del provvedimento negativo da parte dell'autorit giudiziaria ordinaria, alla natura da attribuirsi all'interesse del contraente privato anche per la mancata presentazione dell'atto di controllo ai riflessi di tal natura sulla profilabilit e risarcibilit di un danno. I motivi di ricorso sin qui citati vanno pertanto tutti rigettati perch sostanzialmente assorbiti, almeno quanto alla loro rilevanza, dalle considerazioni gi svolte e, soltanto ad abundantiam, pu aggiungersi, al riguardo del terzo motivo, che da escludersi il carattere contrattuale di un impegno di stile che l'Assessorato ha specificato, in adempimento di un preciso obbligo legale derivantegli dall'art. 18 della legge sulla Corte dei Conti, in un atto, che sostanzialmente interno, malgrado abbia riflessi sul procedimento contrattuale, Col quarto motivo si denunciano la violazione delle stesse norme indicate nel motivo preliminare in relazione agli artt. 2697, 2730 e 2735 O.e. e 115 e 116 C.p.c. nonch il vizio di motivazione insufficiente. Si sostiene, in altri termini, che la Corte di merito ha dato credito, con un semplice cenno sommario ed incerto, all'affermazione dell' .Assessorato, secondo la quale ragioni di interesse pubblico rendevano opportuno di non dare corso alla pubblicazione del Vademecum, senza considerare che dell'effettivo concorso di ragioni del genere la parte non aveva dato prova alcuna e che, se mai, una tranquillante prova del contrario, poteva, invece, trarsi dalla lettera 29 dicembre 1954, dal momento che quest'ultima, unica manifestazione di volont portata a conoscenza-delle controparte, non menzionava affatto un qualsiasi diverso apprezzament del pubblico interesse. La censura non pu essere accolta dal momento che l'apprezzl!lmento non pu, per s stesso, costituire oggetto di riesame da parte del giudice ordinario e che, d'altra parte, sotto il profilo dell'adempimento dell'onere della prova, la Corte non merita censura di difetto di motivazione se non ha svolto indagini in ordine ad un collegamento eziologico che l'.Assessorato aveva specificato e la cui sostanza lo Spinelli non aveva posto in discussione nel corso del giudizio di merito. La chiarezza della motivazione dispensa da ulteriori commenti. V a rilevato tuttavia che nella fattispecie la Oorte Suprema ha ritenuto ipotizzabile una responsabilit della Regione per comportamento colposo degli organi dell'Assessorato, ma ha espressamente precisato che il principio di diritto affermato nella massima deve essere mantenuto fermo. La sentenza stata annotata sul Foro It. (1961, I, 451 e segg.) da Ooletti e Nigro, in senso contrario. Segnaliamo particolarmente la nota del Ooletti per i precisi ed abbondanti riferimenti giurisprudenziali, richiamando l'attenzione su quella che riteniamo essere stata una svista dell'Autore, laildov afferma che l'esercizio di ogni ,potere discrezionale delle Pubbliche Amministrazioni non pu6 tramutarsi in abuso o in arbitrio, abuso ed arbitrio che possono essere rilevati anche dal giudice ordinario {sic) sotto il profilo dell'eccesso di potere nella sua forma di straripamento di potere.... AMMINISTRAZIONE PUBBLICA Enti Pubblici Sospensione -Liquidazione e incorporazione -Disci plina relativa (legge n. 1004 del 1956) -Domande di riconoscimento di crediti o di rivendicazione e resti tuzione di cose Procedimenti civili pendenti, relativi al predetto oggetto. Disciplina. (Corte di Cassazione, sent. n. 2840, Sez. II -Pres. Varallo; Est.: Albano; P.M. Trotta (conf.) -Ministero Tesoro c. Bultrini). Il secondo comma dell'art. 8 della legge 4 dicembre 1956, n. 1404, la quale disciplina la soppressione, liquidazione ed incorporazione degli enti pubblici, stabilisce, in i1pplicazione del principio generale sulla conservazione dei diritti quesiti, che le domande di riconoscimento di credito e le istanze per rivendicazione o restituzione di cose presentate, nei termini prescritti, all precedenti gestioni di liquidazione, conservano tutti i loro effetti. In forza dello stesso principio, qualora alla data della soppressione o messa in liquidazione diun ente pubblico siano pendenti procedimenti civili aventi ad oggetto domande, neico~ronti dell'ente medesimo, di riconoscimento di crediti o di rivendicazioni o restituzione di cose, i credifoii stessi e in genere i terzi interessati non sono tenuti a presen~tare alcun'altra domanda o istanza in forma amministrativa, a norma del primo comma del predetto art. 8, per ilriconoscimento del lorodiritto rispettivo. -9 - Trasoriviamo la motivazione in diritto della sentenza: Sostiene il ricorrente che, poich con la legge n. 1122 del 1957 la G. R. A. era stata posta in liquidazione secondo le norme della legge n. 1404 del 1956, la domanda del Bultrini avrebbe dovuto essere dichiarata improponibile per non essere stata preventivamente espletata la procedura regolata dagli art. 8 e 9 della legge n. 1404. Lamenta che erroneamente la Corte abbia disattesa la relativa eccezione di improponibilit, che era stata sollevata, per il fatto che il Bultrini aveva proposta. la domanda davanti al Tribunale quando ancora. la G. R. A. non era stata posta in liquidazione e non erano ancora intervenute le leggi n. 1404 del 1956 e n. 1122 del 1957, e osserva in contrario che, quando nel corso del processo, interviene una nuova legge che toglie al giudice ordinario talune attribuzioni per conferirle ad un organo speciale o ad un giudice speciale, senza dettare norme transitorie per le cause pendenti, la nuova legge di immediata applicazione. Osserva, infine, che la procedura precontenziosa di cui ai detti artt. 8 e 9 della legge del 1956 deve ritenersi necessaria perla formazione degli elenchi dei creditori, ammessi o non ammessi, e per le successive determinazioni dell'Amministrazione, che pu far luogo alla liquidazione concorsuale nel caso previsto dall'art. 15 della stessa legge n. 1404. Questa Corte ritiene che la dedotta censura non abbia fondamento e che l'interpretazione, data dalla Corte di merito, degli artt. 8 e 9 della legge n. 1404 sia sostanzialmente esatta. da premettere che la legge 4 dicembre 1956, n. 1404 contiene la disciplina generale relativa alla soppressione, liquidazione ed incorporazione degli enti pubblici e che la liquidazione dell'Ente in questione -Gestione Raggruppamento Autocarri (G. R. A.), stata disposta solo successivamente, con la ricordata legge 16 novembre 1957, n. 1122. Orbene, l'art. 8, 1 comma della legge n. 1404 impone a coloro che hanno diritti da far valere nei confronti degli enti, la liquidazione dei quali affidata all'Ufficio liquidazioni, l'obbligo di presentare la domanda di riconoscimento di credito e le istanze per rivendicazione o restituzione di cose entro il termine di sessanta giorni dalla data di pubblicazione del provvedimento di soppressione, liquidazione o incorporazione. Il secondo comma dello stesso art. 8, per, in applicazione del principio generale relativo alla conservazione dei diritti quesiti, stabilisce che le domande presentate nei termini prescritti alle precedenti gestioni di liquidazione conservano tutti i loro effetti. Il successivo art. 9 disciplina, invece, l'attivit dell'ufficio liquidazione in relazione ai crediti e alle rivendicazioni vantati dai terzi: la norma innanzi tutto impone all'ufficio la formazione dell'elenco dei crediti ammessi o non ammessi, con annotazione degli eventuali diritti di prelazione, e quello delle domande di rivendicazione o restituzione, accolte o respinte. E interessante rilevare che la norma stabilisce anche il termine in cui tali elenchi devono essere formati (90 giorni) e tale termine fa decorrere -il che particolarmente significativo -dalla data della presa in consegna delpatrimonio dell'ente soppresso e posto in liquidazione. Delle decisioni adottate con gli elenchi deve essere, infu:l,e, data comunicazione agli interessati -creditori e terzii quali possono cosi, entro il termine perentorio di 30 giorno dalla comunicazione delle decisioni, proporre ricorso ali' Autorit giudiziaria. Non si fa cenno nei due articoli ora ricordati, 8 e 9 (n, perla verit, nelle altre disposizioni della legge), della sorte dei processi pendenti alla data .della soppressione o messa in liquidazione dell'ente pubblico. Tenuto conto della ratio delle due norme in parola, ispirate indubbiamente al principio della economia e della rapidltdei procedimenti e avuto riguardo sopratutto al secondo comma dell'art. 8, che, come si detto, ammette la piena efficacia delle domande dicredito presentate alleprecedenti gestioni di liquidazione, da ritenere che, ove, alla data della soppressione o messa in liquidazione di un ente pubblico, siano pendenti procedimenti civili aventi ad oggetto domande nei confronti dell'ente medesimo, di riconoscimento di crediti o di rivendicazione o restituzione di cose, i creditori stessi e in genere i terzi interessati non siano tenuti a presentare alcun'altra domanda o istanza in forma amministrativa, ai sensi dell'art. 8 suddetto, per il riconoscimento del loro diritto rispettivo, e ci per l'ovvia considerazine che, esistendo gi una domanda in forma contenziosa, l'ente pubblico, e per esso l'Ufficio liquidazioni che gli succede, gi a conoscenza sia dell'esistenza.del credito (o di danaro o di cosa) e sia della relativa richiesta del creditore. Se la legge (2 comma dell'art. 8) riconosce pieno effetto alle domande in forma amministrativa presentate alle precedenti gestioni, e non ;richiede in tal caso una nuova domanda, a maggior ragione deve ritenersi non necessaria tale nuova domanda in forma amministrativa, allorch sia stata gi proposta quella contenziosa. Diversamente opinando, si pretermetterebbe del tutto il principio dell'economia dei procedimenti, che pure si visto essere invece alla base delle norme in esame. D'altra parte, l'Ufficio liquidazioni non tenuto affatto, in linea di principio, a proseguire a tutti i costi il processo pendente, e, se intende riconoscere il credito, pu farlo benissimo, anzi devef arlo, includendolo nell'elenco dei crediti ammessi o pagandolo addirittura (come avrebbe fatto appunto nella specie per un credito del Bultrini, relativo ad interessi). Ad avvalorare la tesi fin qui seguita esiste ancora un altro argomento, che si trae dalla disposizione, gi ricordata dell'art. 9, la quale senza dubbio collegata con il secondo comma del precedente art. 8. L'Ufficio liquidazioni, in base appunto all'art. 9, deve formare l'elenco dei crediti (ammessi o non ammessi) e quello delle domande di rivendicazione o restituzione (accolte o non accolte) in un termine -di 90 giorni -che non decorre -badisi alla data di presentazione delle domande, bensi dalla data di presa in consegna del patrimonio. Il che, mentre conferma indirettamente la limitata funzione della domanda amministrativa prevista -10 dal primo comma dell'art. 8, che quella di portare a conoscenza dell'ufficio l'esistenza dei crediti dei terzi, quando essi non siano stati altrimenti o diversamente richiesti, trova, d'altra parte, spiegazione nel rilievo che l'Ufficio liquidazioni, all'atto della presa in consegna del patrimonio poich in questo sono comprese sia le attivit che le passivit dell'ente, viene necessariamente a conoscenza delle domande di riconoscimento di crediti dei terzi e di quelle di rivendicazione o di restituzione, quando le stesse gi risultino proposte (anteriormente cio alla messa in liquidazione dell'ente pubblico) o in forma amministrativa o gi informa contenziosa dinanzi all'Autorit giudiziaria. L'Ufficio liquidazioni, essendo regolarmente in possesso di tutti gli elemen,ti di giudizio perci in condizioni di poter ugualmente formare gli elenchi di cui all'art. 9 e procedere eventualmente anche alla liquidazione concorsuale nel caso previsto dall'art. 15 della stessa legge n. 1404. Nella specie, pertanto, mentre il Bultrini doveva ritenersi esonerato -come esattamente ha affermato anche la Corte di merito -dall'obbligo di presentare una nuova domanda, non vi stata, per contro, alcuna carenza, neanche temporanea, di giurisdizione del giudice ordinario (Corte di .Appello), che ha perci legittimamente conosciuto della controversia in esame. La sentenza, nonostante l'ampia ed accurata moti vazione, non convincente. Ben vero che, a diffe renza di altre leggi analoghe. (vedasi, ad esempio lo art. 20, del D. L. L; 23 novembre 1944, n. 369 sulla soppressione delle associazioni sindacali fasciste), la legge 4 dicembre 1956, n. 1404, non dispone in merito ai giudizi in corso; ma da questa omissione non poteva certo argomentarsi che la legge ne consen tisse la pura e semplice continuazione. aontro questa soluzione, quanto meno in riferimento alle sentenze di condanna, sta non solo il sistema, che si ricava dagli artt. 8 e 9 della legge e dalla perentoriet dei termini in essi previsti, quanto l'esigenza, di cui si fa carico il successivo art. 15, che, a nostro avviso, stato del tutto trascurato. Se il Ministro del Tesoro deve scegliere, per le liquidazioni deficitarie, fra cui notoriamente quella della G. R. A., fra intervento finanziario e liquida zione coatta amministrativa, necessario che sia prima formato lo stato passivo e che, nelle more di questa formazione, sia esclusa ogni azione indivi duale, suscettibile di ledere la par condicio credi torum. ai sembra, altres, che la aorte non abbia tenuto nel debito conto che le domande, ai sensi dell'art. 8, debbono essere presentate al Ministero del Tesoro, non all'ente soppresso, e che la legge conserva gli effetti alle sole domande presentate nei termini pre scritti alle precedenti gestioni di liquidazione non all'ente anteriormente alla messa in liquidazione, com'era nella specie. Ragioni pratiche inducono a non riproporre la questione, che peraltro limitata ai giudizi in corso, attualmente in numero non rilevante, all'esame della aorte di aassazione a Sezioni Unite. G. G. APPALTO Contratti di appalto e di forniture pubbliche Revisione dei prezzi Norme contenute nel R.D.L. n. 901 del 1940 Incostituzionalit Insussi stenza Revisione non contrattualmente prevista Discrezionalit della P. A. Controversia Interesse legittimo del privato. APPALTO Opere pubbliche Revisione dei prezzi Decisione del Ministro Natura Amministrativa Conseguenze. (Corte di Cassazione, Sezioni Unite, Sentenza n. 2685/60 -Pres.: Chiappa; Est.: Caporaso; P.M.: Tavolaro -Trischitta c. Ministero Tesoro e Difesa). 1) Non viola alcuna norma costituzionale la disciplina legislativa della revisione dei prezzi nei contratti di appalto e di forniture pubbliche, con la quale si stabiliscano il limite e le modalit entro cui tale revisione pu essere consentita e ci in deroga al canone fondamentale della invariabilit dei prezzi, tuttora vigente per i contratti dello Stato. Conseguentemente, nessun contratto e nessun divieto nell'ordinamento giuridico in vigore pu incontrare il R. D. L. n. 901 del 1940, con cui si stabilito che qualora la revisione dei prezzi non sia contrattualmente prevista e regolata, in facolt della P . .A. di procedervi: di contro a tale facolt non sussiste che il mero interesse legittimo e non gi il diritto soggettivo del privato, onde, in caso di controversia, il difetto di giurisdizione del giudice ordinario. 2) La decisione del Ministro dei J,avori Pubblici, che conclude la procedura della revisione dei prezzi dei pubblici appalti, ha carattere amministrativo e perci contro di essa non ammesso ricorso per cassazione, a norma dell'art. 111 della Costituzione *** La Societ Silva, dopo la decisione negativa del Commissariato per la liquidazione e sistemazione dei contratti di guerra, ha agito in giudizio per i seguenti due titoli di credito: a) revisione dei prezzi contrattuali della forni tura di cinquantamila quintali di legna da ardere; b) rivalutazione mnetaria delle somme dovute a saldo dell'importo della fornitura anzidetta. Il primo motivo di ricorso riguarda il credito dell'art. 1 R. D. L. 13 giugno 1940, n. 901 e la vio lazione degli artt. 1467, 1469 e 1664 C. c., nonch la violazione dei principi giuridici in materia di poteri della S. A. nella gestione dei pubblici con tratti. La Corte di merito ha, in ordine a tale capo di domanda, esattamente ritenuto il difetto di giurisdi zione dell'autorit giudiziaria ordinaria, sul riflesso che per il contratto de quo, non contenente clausola espressa di revisione dei;prezzi, questa sia rimessa, giusta l'art. 1 R. D. L. 13 giugno 1940 n. 901, al discrezionale potere dell'Amministrazione che ha in carico l'appalto o la fornitura. Com' noto la materia della revisne dei prezzi nei pubblici appalti limitata a quelle due sol voci di onerosit sopravvenuta, costo dei materiali e della mano d'opera, che sono prese in particolare considerazione dall'art. 1664 codice civile. -11 Secondo il ricorrente, da tale articolo del codice dovrebbe trarsi il principio regolatore della chiesta revisione dei prezzi, in quanto la norma speciale contenuta nel richiamato R.D.L. del 1940 sarebbe stata sostituita da quelle successive del codice civile. Tale tesi non pu essere condivisa da queste Sezioni Unite. L'abrogazione tacita della legge pu aversi solo nei casi d'incompatibilit della medesima con una norma sopravvenuta, che abbia interamente regolata la stessa materia, ritenendo in tal modo impossibile la coesistenza e la concorrenza delle due successive disposizioni. Nel caso della revisione, una siffatta incompatibilit tra i due sistemi normativi, quello del codice civile e quello della leggedel1940, non sussiste. Il primo concerne tutti gli appalti di natura privata; l'altro abbraccia la.singola categoria dei contratti con la P. A., ponendosi in una situazione non gi di inconciliabilit, sebbene di specialit rispetto alla regola generale contenuta nel codice civile. Quanto alla sollevata eccezione di incostituzionalit del citato R. D. L n. 901 del 1940, per essere in contrasto con la disciplina legale dettata dallo art. 1664 C. c., essa sicuramente e manifestamente infondata. La incidenza della sopravvenienza nel contratto in genere ed in quello d'appalto, in specie, non pu farsi assurgere a principio di ordine costituzionale, sol perch esso trovasi accolto e sancito negli articoli del codice civile vigente. Trattasi, invero, di una ordinaria regola di diritto, che non ha neppure carattere cogente, in quanto ben possibile, per ilnostro ordinamento giuridico, addossare all'appaltatore (o al fornitore) l'intera alea del contratto, ed in particolare, il rischio relativo alla eventualit di un mutamento dei prezzi della mano d'opera o dei materiali. Analogamente potrebbe regolarsi la P. A. nei contratti in cui essa parte e, quindi, non pu violare alcuna norma costituzionale la disciplina legislativa della revisione dei prezzi nei contratti di appalti e forniture pubbliche, con la quale si stabilisca il limite e le modalit entro cui tale revisione pu essere consentita e ci in deroga al canone fondamentale della invariabilit dei prezzi, tuttora vigente per i contratti dello Stato. Trattasi, come si vede, di un temperamento del principio della invariabilit dei prezzi, tempera mento che stato per contenuto in ben determi nati limiti, essendosi attribuito alla revisione il carattere di una facolt discrezionale, che si tramuta in obbligo della P. A., con corrispondente diritto soggettivo del privato, in cospetto e per effetto di una espressa clausola di rivedibilit dei prezzi inse rita in contratto. Conseguentemente, nessun contrasto a nessun divieto nell'ordinamento giuridico in vigore pu incontrare il R. D. L. n. 901 del 1940, con cui stabilito che, qualora la revisione dei prezzi non fosse contrattualmente prevista e regolata, in facolt dell'Amministrazione di procedervi. Di contro a tale facolt non c' che il mero interesse legittimo e non gi il diritto soggettivo del privato, onde il difetto di giurisdizione dlgiu dice ordinario. Oltre che manifestata.mente infondata, addirittura irrilevante ai fini della decisione di questa causa poi la questione di illegittimit costituzionale se riferita alla validit dell'articolo 2 dello stesso R. D. L. del 1940, il quale prevede un& speciale procedimento contenzioso, procedimento che sfocia nella decisione del Ministro. Secondo il ricorrente, la norma sarebbe incostituzionale, perch darebbe luogo alla cos d.etta figura del Ministro -Giudice, inconcepibile sul piano costituzionale. In primo luogo, da rilevare che la pi recente giurisprudenza delle Sezioni Unite (decisione n. 529, 620 e 1851del1960) ha finito col negare che ilprov . vedimento emanato dal Ministro in tema di revisione prezzi abbia la natura ed il contenuto dello atto giurisdizionale, avendolo inquadrato nella categoria degli atti amministrativi.. Ci toglie alla sollevata eccezione di incostituzionalit l'unico suo presupposto, che, cio, si versi nella ipotesi del Ministro-Giudice. D'altra parte, per la decisione della causa era sufficiente rilevare, come stato dichiarato dalla impugnata sentenza, che la controversia, non facendosi valere in essa un diritto soggettivo, non apparteneva alla giurisdizione dell'autorit giudiziaria ordinaria. Ogni altra questione, come quella della compatibilit della figura del Ministro-Giudice con i principi della nostra costituzione o quella dell'ammissibilit dell'ordinario ricorso al Consi glio di Stato nonostante la contraria disposizione del ripetuto R. D. L. del1940, era assolutamente estranea e non poteva esercitarealcuna influenza sulla pronunzia negativa in ordine alla questione di giurisdizione. Difatti, trattandosi di interesse legittimo, e non di diritto soggettivo perfetto, era in ogni caso esclusa lagiurisdizionedell'autorit giudidiziaria ordinaria, con che la questione di legittimit costituzionale dell'articolo 2 diventa oltre tutto, irrilevante. Richiamiamo l'attenzione sull'importanza di questa sentenza che, per la prima volta, decide la questione di giurisdizione conseguente al mutamento di giurisprudenza determinato in tema di Ministro-giudice, dopo le note sentenze della Oorte Oostituzionale che hanno dichiarato la illegittimit costituzionale dello art. 26 capoverso del T. U. 26 giugno 1924, n. 1054 sul Oonsiglio di Stato, in materia di decisioni del Ministro delle Finanze sulla qualificazione del~e merci ai fini doganali. Oome si vede anche nella sentenza resa dalla Oorte Suprema proprio in tema di controversie doganali (pubblicata in questo stesso fascicolo) la O orte di Oassazione dopo avere espressamente modificato la propria giurisprudenza in materia di Ministro-giudice negando la esistenza di una tale figura nel nostro ordinamento costituzionale, ha poi esaminato la conseguente questione di giurisdizione, riconoscendo sia per quanto riguarda la revisione dei prezzi delle pubbliche forniture sia per quanto riguarda le controversie doganf1tli; la giurisdizione del Oonsiglio di Stato in relazione al carattere di interesse legittimo riconosciuto alle pretese fatte valere nei rapporti giuridici suddetti. La sentenza in esame concerne specificamente la revisione dei prezzi nei contratti di pubbliche forni -12 ture, materia regolata dal R. D. L. 13 giugno 1940, n. 901, ma gli argomenti addotti (che accolgono integralmente la tesi sostenuta dall'Avvocatura) sembrano tali da giustificare analoga soluzione anche per la materia di revisione dei prezzi nei contratti di pubblici appalti regolati dal D. L. N. 1501 del 1947 convertito nella legge N. 329 del 1950. CASSAZIONE -Notificazione del ricorso -Su richiesta dell'Avvocatura Distrettuale dello Stato -Ammis sibilit. (Corte di Cassazione, Sezione I, Sentenza n. 2831/60 -Pres.: Torrente; Est.: Malfitano; P. M.: Pedote (conf). -Amministrazione Finanze dello Stato c. Soc. AGIP). Nelle cause davanti alla Corte di Cassazione soltanto gli atti di difesa sono attribuiti in via esclusiva alla Avvocatura Generale dello Stato. Gli atti che non abbiano tale natura, come le richieste di notificazione dei ricorsi, ben possono essere eseguiti dalle Avvocature Distrettuali. Pertanto, deve ritenersi ammissibile il ricorso, che, sottoscritto dall'Avvocato Generale dello Stato, sia stato notificato su richiesta dell'Avvocatura Distrettuale. Trascriviamo la motivazione in diritto della sentenza: Le societ resistenti eccepiscono la inammissibilit del ricorso perch notificato su richiesta dell.a Avvocatura dello Stato di Genova anzich dell'Anocatura Generale dello Stato. Al riguardo sostengono che essendo attribuita a quest'ultima la competenza esclusiva a esercitare ladifesa delle cause davanti alla Corte di Cassazione, la A vvocatura distrettuale di Genova non sarebbe stata legittimata a richiedere la notificazione del ricorso, la quale pertanto, sarebbe inficiata da nullit assoluta e insanabile. La eccezione infondata. L'art. 1 del regolamento della Avvocatura dello Stato stabilisce che l'Avvocatura Generale provved alla difesa delle cause davanti alla Corte di Cassazione. Ora, da tale norma si desume che l'Avvocatura Generale deve provvedere alla redazione dei -ricorsi dei controricorsi e delle memorie, alle discussioni orali e agli altri atti inerenti alla difesa davanti alla Corte di Cassazione, ma non anche che essa debba richiedere direttamente la notificazione deiricorsi e degli altri atti per i quali questa richiesta. Tale notificazione ben pu essere eseguita su richiesta dell'Avvocatura dello Stato nel cui distretto risiedono le persone alle quali gli atti devono essere notificati, perch le Avvocature Distrettuali sono organi della stessa Amministrazione di cui fa parte l'Avvocatura Generale, dalla quale gerarchicamente dipendono. Invero, quando il compimento di un atto non devoluto alla competenza esclusiva di un organo della Amministrazione, l'atto, in virt del rapporto organico, pu essere legittimamente compiuto da qualsiasi organo della stessa. La legge attribuisce in via esclusiva alla A vvoca tura Generale dello Stato soltanto il compimento degli atti di difesa delle cause davanti alla Corte di Cassazione e, pertanto, non vi dubbio che gli atti che non abbiano tale natura, come le richieste .di notificazione dei ricorsi, possano essere eseguiti dalle Avvocature Distrettuali. COMPETENZA E GIURISDIZIONE -Imposta do ganale -Qualificazione delle merci -Questioni dari solversi in sede amministrativa -Provvedimento del Ministro Finanze che accerta il valore della merce -Impugnativa -Competenza del Consiglio di Stato -Anche per violazione di legge. (Corte di Cassazione, Sezione Unite, Sentenza,n. 207/1961 -Pres.: Cataldi; Est.: Cesaroni; P.M:: Criscuoli (diff.) -Ditta Squinzano c. Amministrazione Finanze). Le questioni in tema di accertamento di valore delle merci, ai fini della imposta doganale, devono essere considerate questioni da risolversi in sede amministrativa, in quanto concernenti interessi legittimi ed interessi discrezionalmente protetti. Pertanto, competente a conoscere delle impugnative avverso il provvedimento del Ministro delle Finanze che accerti il valore della merce presentata allo sdoganamento, il Consiglio di Stato, come giudice di legittimit degli atti amministrativi: ed in seguito alla cessazione diefficacia (per dichiarata incostituzionalit) dell'art. 26, comma 2 T. U. 26 giugno 1924, n. 1054, che consentiva il ricorso solo per incompetenza ed eccesso di potere, ora ammesso il ricorso generale di legittimit, disciplinato dalla prima parte del citato art. 26, senza alcuna limitazione, e cio anche per violazione di legge. *** Con l'unico motivo di ricorso, la ditta Squinzano, denunciando la violazione dell'art. 113, primo comma, della Costituzione, dell'art. 2 legge 20 marzo 1865, n. 2248, allegato E e dell'art. 16 comma primo, T. U. 26 giugno 1924, n. 1054, in relazione all'art. 111 comma terzo della Costituzione, e dell'art. 362, comma primo C. p. c., assume che la decisione del Ministro delle Finanze in materia doganale avrebbe il carattere di atto amministrativo vincolato -nessun margine essendo lasciato alla discrezionalit della pubblica amministrazione -dinanzi a cui la pretesa del privato, di corrispondere il tributo secondo la natura e lo esatto ammontare del valore imponibile, non pu raffigurarsi come interesse legittimo, ma come diritto soggettivo; tutelabile avanti il giudice ordinario, dopo l'esaurimento dell'iter amministrativo quando, come nella specie, non siano previsti organi giurisdizionali speciali. Queste Sezioni Unite ritengono che tale tesi non possa essere accolta. Come noto, alla prima legge dgg!1nale sarda del 9 luglio 1959 n. 3494, che affidava al Mirl.istro _ le decisioni delle controversie per il caso di diver- genza delle parti in ordine al diritto dovuto, segu la legge 30 maggio 1878, n. 4390, i cui art. 6 e 7 regolavano le controversie sulla qualificazione ed -13 assimiazione delle merci, rimettendo sempre alla decisione del Ministro le liti relative, previo parere del Collegio Consultivo previsto dal R. D. 5 agosto 1878, n. 4479. Nulla venne poi innovato con la legge ulteriore 13 novembre 1887, n. 5028, n infine col T. U. 24 novembre 1895, n. 679,le disposizioni del quale insieme a quelle della legge 22 dicembre 1910, n. 860, formarono la sostanza del Testo unico approvato con R. D. 9 aprile 1911, tuttora vigente, con le modifiche ad esso apportate dal R. D. 8 giugno 1936, n. 1234, dalla legge 4 dicembre 1939, n. 2026 e dal D. P. 7 luglio 1950, n. 442, emanato in virt della legge 24 dicembre 1949, n. 993, che ha regolato, acc1llto alle precedenti controversie, anche quelle riguardanti il valore, ma senza modificare nella sostanza o nella forma la procedura di cui al ricordato Testo unico del 1911 per le controversie in tema di qualificazione delle merci, quando esse riguardino la classificazione di queste, ovvero l'accertamento della genuit del grado alcoolico o saccarometrico o d:lla qualit e misura di una merce o d3i suoi componenti, second::i specificato nell'art. 4 lettera a), b), e d3l detto Testo unico. Ci posto, non sembra potersi negare che la disciplina di tale procedimento sia sostanzialmente affine a quella del ricorso gera.rchico e che la. decisione trovi fondamento nell'esercizio di un potere discrezionale, nel senso che tanto il Ministro quanto il corpo consultivo possono, secondo il loro apprezzamento, classificare la merce nell'una o nell'altra categoria o attribuirle il valore che si ritenga pi appropriato, con che il diritto del privato si affievolisce ad interesse legittimo. Il che si giustifica, come stato rilevato anche dalla dottrina pi informata, avendo riguardo alla natura del tutto particolare della legge doganale, agli interessi di carattere generale che la legge intende tutelare, non escluso quello di prevenire liti giudiziarie lunghe e costose, in materia che, nella pratica, si avvale, dei pi abili accorgimenti per sfuggire al dazio di contme e alle tariffe relative. Nessuna meraviglia, quindi, se le questioni di classificazione delle merci, ai fini della imposta doganale, siano state sempre considerate dalla dottrina come questioni da risolversi in sede amministrativa, in quanto concernenti interessilegittimi, ed interessi discrezionalmente protetti. N, in proposito, pu sfuggire la dichiarazione fatta dalla Corte Costituzionale nella motivazione della propria sentenza, con il rilievo che, in effetti l'art. 3 della legge 31 marzo 1889, n. 5992 (corrispondente, al primo e secondo comma dell'art. 26 della legge del Consiglio di Stato del 1924) nello escludere, in sede di sindacato di legittimit delle decisioni ministeriali in materia doganali, il sindacato per violazione di legge, non lo fece sul presupposto della natura giurisdizionale di quelle decisioni, bens, come risulta dai lavori preparatori, unicamente per la consilerazione che in quella materia la maggiore tutela degli interessi individuali sarebbe riuscita irreparabilmente dannosa alla difesa e alla economia sociale .. Ben si comprende, perci, e si spiega come, data la natura e la organizzazione del sistema di accerta mento, il legislatore abbia configurato, nella pretesa dell'importatore, un interesse legittimo e ne abbia affidato il controllo al Supremo Organo amministrativo, eliminando per di pi, dal controllo stesso, il vizio di violazione di legge. N vi motivo per ritenere che tale situazione legislativa sia mutata dopo la sentenza della Corte Costituzionale, la quale conduce bens a riconoscere il carattere di atto amministrativo della decisione del Ministro, ma non tocca, ed anzi conferma l'esclusione della giurisdizione del giudice ordinario, per le ragioni stesse per le quali non si volle dare un-controllo pi penetrante al giudice amministrativo. D'altra parte, la Corte Costituzionale ha bensl, affermato la incostituzionalit del capoverso dello art. 26 del Testo unico sopra citato, ma soltanto perch esso limitava i motivi di impugnazione e ci in contrasto con l'art. 113 della Costituzione, e senza infirmare le determinazioni legislative di deferimento di tutta la materia al giudizio del Consiglio di Stato. Ma vi di pi. Il nostro ordinamento tributario, infatti, venuto sempre pi orientandosi, dopo la legge del 1865 sul contenzioso amministrativo, nel senso di sottrarre alla cognizione dell'.A. G. O. le questioni di estimazione semplice, e cio quelle aventi per oggetto l'attribuzione di un valore ad una cosa, e che possono essere decise con indagine empirica, non implicando la risoluzione di questioni giuridiche. Sotto tale aspetto, il giudizio viene sdoppiato in due distinte ed indipendenti categorie di indagini, per quanto l'una sia il presupposto dell'altra; per cui, quella di semplice estimazione viene affidata al suo proprio giudice, (normalmente le Commissioni delle imposte), mentre l'altra, di ordine esclusivamente giuridico, o di fatto, ma non vertenti sulla estimazione, resta attribuita al suo giudice naturale (autorit giudiziaria ordinaria) che la risolver sulla base dell'accertamento al quale si sia pervenuti nella precedente indagine di fatto. E tale, appunto, deve ritenersi il sistema instaurato dalle leggi doganali, nel quale,ad una prima fase di accertamento dei singoli dati di fatto (valore e natura delle merci) che, in caso di contestazione, si svolge, ad istanza dell'importatore, innanzi alla Camera di Commercio o al Collegio dei periti doganali, pu seguire una seconda fase, di carattere spiccatamente contenzioso, avanti all' .Autorit Giudiziaria ordinaria, quando ad accertamento compiuto, sorga contestazione circa l'applicazione del dazio secondo tariffa. Nella specie, come risulta dallo svolgimento del giudizio, si trattava di importazione di alcuni milioni di chilogrammi di zucchero avariato, per cui la ditta Squinzano chiedeva la riduzione di valore a L. 50 il kg., mentre l'ufficio doganale ammetteva una riduzione minore, sulla base del valore di L. 70 al kg. Sorta controversia, e non avendo la ditta Squin-- zano chiesto il giudizio della Camera di Commercio, il Ministro, con suo provvedimento del 14 luglio 1955, sentito il parere dei Periti doganali, deter minava il prezzo in L. 63 al kg. -14 Il che dimostra come il decreto del Ministro pi che facente parte diun procedimento complesso, sia un presupposto autonomo, che si stacca dalle restanti operazioni di accertamento, dando vita ad un giudizio di estimazione semplice. A ci si aggiunga che, secondo la procedura stabilita dal Testo unico del 1911, sorta controversia tra i contribuenti e la dogana rispetto alla qualificazione delle merci, l'imposizione resta sospesa, sicch fino a tale momento non nemmeno concepibile una lite tra il contribuente e la finanza, la quale non avendo percepito alcun tributo non pu aver leso alcun diritto. E se cos , cade anche l'obiezione del ricorrente, che nella specie la estimazione sarebbe legislativamente vincolata, avuto riguardo alle norme stabilite dall'art. 17 delle disposizioni preliminari delle tariffe doganali, approvate con D. P. 7 luglio 1950, n. 442. A parte, infatti, il rilievo che nella estimazione del valore in relazione al prezzo normale ed attuale delle merci non pu prescindersi da un elemento di discrezionalit, dovuto al carattere eminentemente pratico di tale criterio, sta di fatto che la invocata disposizione non basterebbe a far sorgere la competenza della giurisprudenza ordinaria, per la considerazione pi sopra esposta, che i ricorsi in tema di controversie doganali sono stati considerati dal legislatore, come riguardanti, almeno di regola, materia di interessi legittimi e come tali, sottoposti alla giurisdizione del giudice amministrativo. In conclusione, quindi, competente a conoscere delle impugnative avverso il provvedimento del Ministro, che accerti, come nel caso, il valore della merce presentata allo sdoganamento, per la successiva applicazio~e della tariffa, non pu essere che il Oonsiglio di Stato come giudice di legittimit degli atti amministrativi, con l'unica conseguenza, che abrogato l'art. 26, secondo comma, che consentiva il ricorso solo per incompetenza ed eccesso di potere, sar ora ammesso il ricorso generale di legittimit, disciplinato dalla prima parte dello art. 26 del Testo unico, senza alcuna limitazione, e cio anche per violazione di legge. Pertanto, il ricorso della Ditta Squinzano, tendente a far dichiarare che la competenza a giudicare della controversia, relativa alla decisione ministeriale di cui causa, appartiene alla Autorit giudiziaria Ordinaria, deve essere respinto. Vedi nota alla sentenza in causa Trisohitta o. Ministero Tesoro (sopra pag. 10). La Oorte, in difformit delle conclusioni del P. M. ha accolto integralmente la tesi dell'Avvocatura. L'importanza della soluzione adottata va sotto- lineata in relazione sopratutto al fatto ohe, riconoscendosi il carattere di interesse legittimo alla situazione giuridica sorgente dal rapporto di qualificazione delle merci ai fini doganali, e conseguentemente la giurisdizione del Consiglio di Stato, si esclude qualsiasi possibilit di interventi di consulenti tecnici, periti di parte e simili, in una materia cos delicata, in cui la inattendibilit del parere dello apposito organo tecnico pu6 essere giuridicamente rilevante solo nei limiti in citi si identifichi con un vizio di legittimit della procedura seguita. ESECUZIONE FISCALE Procedura Ingiunzione fiscale Omessa certificazione del cancelliere nella copia da notificare dell'avvenuta vidimazione -Cer tificazione fatta dal Procuratore del registro. IMPOSTA DI REGISTRO Prescrizione Atti interruttivi di cui all'art. 140 legge di registro Avviso di accertamento di valore fatto notificare al contribuente Natura di atto interruttivo Fattispecie. (Corte di Cassazione, Sezione I, Sentenza 131/60 -Pres.: Fragali; Est.: Gabrieli; P.M.: Gedda (conf.) -Ceschi c. Finanze). Poich la potest conferita al Pretore di vidimare e rendere esecutiva l'ingiunzione fiscale esula dalla iurisdictio vera e propria, la copia della ingiun zione, occorrente per la notifica al contribuente non indispensabile che sia autenticata dal cancelliere, ben potendo la sua conformit all'originale essere certificata dal Procuratore del Registro. L'elenco degli atti interruttivi della prescrizione, contenuto nell'art. 140 della legge di registro, non deroga alle norme generali in tema di interruzione della prescrizione, il cui presupposto l'inerzia del creditore. L'avviso di accertamento di valore, fatto notificare dalla finanza al contribuente, costituisce, pertanto, atto interruttivo della prescrizione della azione della Finanza stessa, tendente ad ottenere il pagamento dell'imposta di consolidazione dello usufrutto con propriet. * * * ccOol primo mezzo del ricorso si denuncia violazione degli artt. 136 e 140 della legge di registro. Si assume che la Oorte d'Appello diceva ritenere prescritto il supplemento d'imposta e che ha errato nel ritenere che la prescrizione era rimasta interrotta dal ricorso 27 aprile 1953, proposto dal Oeschi contro l'avviso di accertamento di valore notificatogli il 1 aprile 1953. I 1 Ool secondo motivo si sostiene che la Oorte stessa doveva dichiarare illegittima la seconda ingiunzione e che erroneamente ha ritenuto che essa avesse tacitamente revocato la prima ingiunzione. Si denuncia, col terzo motivo, violazione dello art. 144 della legge di registro. Si sostiene che la ingiunzione era nulla per inidentificabilit formale dell'autorit giudiziaria che l'aveva vidimata e perch la sua copia non era.attestata conforme allo originale del cancelliere. Inoltre, sussisterebbe incertezza sulla legittimit della notifica e quindi sull'efficacia della ingiunzione, perch dalla copia in possesso del ricorrente non risulterebbe dove la notifica avvenne e se l'usciere notificante fosse o meno competente. Ool quarto motivo si denuncia omessa motivazione su punto decisivo della controversia, avendo la Oorte d'Appello affermato apodittieamente essere i Oeschi i soggetti passivi della imposta di consolida-zione, mentre ilricorrente aveva sostenuto che detto tributo grava sul nudo proprietario venditore. Inoltre, la Oorte medesima avrebbe omesso di considerare che nel calcolo del valore imponibile -M& -M& -15 era stata compresa dall'Amministrazione delle Finanze anche la nuda propriet delle accessioni, che invece fin dall'origine spettava ai Ceschi e non era quindi cassabile in via di consolidazione. N sul detto valore si era formato il giudicato perch questo limitato all'oggetto del giudizio, e cio alla stima della piena propriet al momento della consolidazione, onde il giudicato della commissione tributaria si era formato sul valore della piena propriet e non gi sul valore imponibile. Il primo motivo senza fondamento. Dato atto che la prescrizione -triennale della tassa di consolidazione de quo decorre dalla data dell'atto di rinuncia all'usufrutto in discorso, fatto dal Rigatti a favore del Ceschi, e cio dal 3 giugno 1952, donde la scadenza del termine al 2 giugno 1955; che in detto periodo di tempo vi fu, da parte dell' .Amministrazione delle Finanze uno avviso ai accertamento di valore. notificato al Ceschi il 1 aprile 1953, e, in data 27 aprile 1953, il corrispondente ricorso del Ceschi alla commissione distrettuale delle imposte contro l'accertamento in parola; e, precisato che le due ingiunzioni di pagamento della tassa furono notificate al contribuente nel novembre, e, rispettivamente, nel dicembre del 1955; la Corte di Appello ha ritenuto che il detto termine triennale, decorrente dal 3 giugno 1952, fu interrotto dal ricorso 27 aprile 1953 del Ceschi alla Commissione distrettuale pel giudizio di estimazione, ricorso avente, a dire della Corte medesima, . natura di domanda giudiziale, ai sensi dell'art. 140 della legge di registro. La censura contro tale statuizione, svolta nel motivo del ricorso in esame, fondata sul duplice assunto che il ricorso del contribuente alla Commis sione distrettuale contro l'accertamento di valore da parte della finanza non ha natura di domanda giudiziale e non pu, comunque, giovare alla Fi nanza. La discussione su tale punto per ultronea ai fini della decisione, bastando rilevare che a inter rompere la prescrizione de quo era sufficiente lo avviso di accertamento di valore che, come lasen tenza impugnata dice e il ricorrente non contesta, fu notificato, a cura della finanza, al Ceschi, il 1 apri le 1953, e cio pochi giorni prima del corrispon dente ricorso del Ceschi sulla proposizione del quale soltanto la Corte di merito ha ritenuto fondare la tesi della verificatasi interruzione della prescri zione. In effetti l'elenco degli atti interruttivi della prescrizione, contenuta nell'art. 140 della legge di registro, non deroga alle norme generali in tema di interruzione della prescrizione, il cui presup posto l'inerzia del creditore, e non perci dubbio che l'avviso di accertamento di valore fatto noti ficare dalla Finanza al contribuente sia atto inter ruttivo della prescrizione dell'azione della finanza per ottenere il pagamento della imposta di consoli dazione dell'usufrutto con la propriet. Non fondato nemmeno il secondo motivo di ricorso perch l'avviso espresso dalla Corte d'Ap pello, secondo cui, con l'emettere l'ingiunzione di pagamento 15 dicembre 1955, la finanza aveva voluto sostituire con un atto immune da vizi la precedente ingiunzione del novembre 1955, formalmente viziata, insindacabile in Cassazione, in quanto si risolve in un giudizio di fatto corretto sotto il profilo logico giuridico. Erronea infatti l'astratta enunciazione di diritto sostanzialmente fatta dal ricorrente, secondo la quale sarebbe in ogni caso inibito alla finanza, che abbia emesso un'ingiunzione viziata sotto il profilo formale, di sostituirla con un'ingiunzione immune da vizi. Quanto alla prima censura svolta nel terzo motivo (asserita non inidentificabilit, nella copia notificata della ingiunzione de qua, dell'autorit giudiziaria vidimante) essa priva di consistenza perch contrasta con il preciso accertamento di merito secondo cui dalla copia in questione risulta chiaramente essere stata l'autorit vidimante il Pretore di Trento, dott. Elberto. Infondata anche la seconda censura svolta nello stesso motivo. Poich la potest conferita al Pretore di vidimare e rendere esecutiva la ingiunzione fiscale esula dalla jurisdictio vera e propria, la copia dell'ingiunzione occorrente per la notifica al contribuente non indispensabile che sia autenticata dal Cancelliere, potendo la sua conformit all'originale essere certificata anche dal procuratore del registro. Pure inattendibile la terza censura, risultando, dalla copia dell'ingiunzione, che questafu notificata dal messo di conciliazione di Trento, cio dal messo competente, e fu consegnata, come ivi scritto al signor Ceschi, da intendersi quale espressione, nel senso in mani del Ceschi , com' argomentabile soprattutto dalla firma autografa del Ceschi apposta sull'originale. Non sussistono, poi, difformit fra l'originale e la copia inducenti nullit. Pu aggiungersi che comunque la notificazione di una ingiunzione irritualmente eseguita da un usciere incompetente non importa nullit dello atto se questo abbia, come nella specie, raggiunto lo scopo. IMPOSTE E TASSE -Commissioni tributarie lm pugnazioni -Mancata indicazione dei motivi -Inammissibilit. (Corte di Cassazione, Sezioni Unite, Sentenza n. 1505/59 -Pres.: Oggioni; Est.: Stella; P.M.: Colli (conf.) -Ditta F.lli Berti c. Amministrazione Finanze Stato). inammissibile il ricorso alle commissioni distrettuali e provinciali delle imposte avverso l'atto di imposizione tributaria se il contribuente non deduce i motivi della sua impugnazione, vale a dire le ragioni per le quali deduce l'illegittimit, nonch la natura stessa di tale illegittimit, che pu importare o la. riforma dell'accertamento o la esclusione di un qualsiasi atto di impugnazione. E quand'anche si tratti di ricorso interruttivo, esso non pu essere preso in esame se la riserva dell'indicazione dei motivi non sia sciolta tempestivamente, per consentire all'ufficio impositore di controdedurre, previa cognizione dei punti del pontendere. -16 Trascriviamo la ny,otivazione in diritto, veramente ammirevole per la sua sobriet e precisione di concetti. Contro le due conformi decisioni della Commissione Centrale delle Imposte, confermative di quelle della Commissione provinciale, aloro volta confermative di quella della Commissione distrettuale, che avevanodichiarato inammissibile iricorsi della contribuente, per non avere questa indicato n il petitum n la causa petendi, si propongono le seguenti censure: 1) violazione degli art. 91 del R. D. 11 luglio 1907, n. 560, e 23 del R. D. 8 luglio 1937, n. 1516, nonch dei principii generali sul procedimento avanti alle Commissioni tributarie, secondo i quali per il reclamo contro l'avviso di accertamento prescritta solo l'osservanza del termine e non altra formalit, in relazione alla natura stessa dello avviso, che costituisce una proposta della Amministrazione Finanziaria, e del reclamo, che costituisce un'opposizione a quella proposta, per modo che l'Amministrazione ha la veste di attrice nel processo tributario e il contribuente ha quella di convenuto, con l'ulteriore consegnenza che alla prima e non al secondo incombe l'onere di provare la domanda; 2) violazione dell'articolo 157 codice procedura civile, nonch dei principi generali di diritto sulla nullit e inesistenza degli atti, secondo i quali l'inesistenza di. un atto presuppone vizi tali da rend.ere impossibile l'identificazione di esso con il tipo previsto dalla legge, mentre in ogni altro caso pu ricorrere solo la nullit dell'atto, non rilevabile di ufficio. Per valutare queste doglianze si deve aver presente che l'ufficio delle imposte con i suoi avvisi di accertamento elev i redditi di ricchezza mobile, dichiarati dalla contribuente, esponendo analiticamente i criteri seguiti e i presupposti di fatto; che la contribuente reclam alla Commissione distrettuale in questi precisi sensi: chiede di essere sentita da codesta on. commissione circa lo accertamento dei suoi redditi presentatole dallo ufficio delle imposte dirette con avviso n. 441, per l'anno 1951-1952 (e n. 444 per l'anno 19521953); che nella seduta fissata per la discussione dE:li ricorsi la contribuente non si present, n comunic di essere impedita, nonostante che fosse stata ritualmente avvertita. Ora la tesi della contribuente, secondo la quale la Commissione distrettuale, di fronte al detto suo comportamento processuale, avrebbe dovuto prendere inesame l'accertamento dell'ufficio finanziario e decidere se esso fosse da confermare o meno, non pu essere condivisa. Tale tesi si basa su una confusione dello accertamento tributario e del processo avanti alle commissioni tributarie assolutamente inaccet tabile. infatti erroneo considerare l'accertamento come una mera proposta, ponendo cos su uno stesso piano l'ente impositore e il contribuente e disconoscere la potest d'impero dello Stato e degli altri enti pubblici. L'accertamento tributario un atto ammm1strativo, assistito dalla presu:.zione di legittimit e dalla efficacia esecutiva. Nell'avviso di accertamento non possono ravvisarsi i requisiti della domanda giud~~iale, che consistono nell'affermazione della volont della legge con l'intenzione di vederla attuata, nell'invocacazione dell'organo dello Stato per ottenere tale attuazione, l'atto dell'ente impositore non tende a costituire un rapporto processuale, e cio ad ottenere l'attuazione della volont della legge mediante l'intervento del giudice, ma ad accertare di per s il debito tributario del contribuente. L'Amministrazione non invoca il giudice e non chiama il contribuente a costituirsi avanti ad esso (vocatio in ius), ma esercita il suo potere d'impero con l'atto di imposizione aggiungendo una formula d'uso (non obbligatoria per legge), con la quale ricorda all'intimato che, se egli si ritenga leso,pu insorgere contro l'accertamento e l'iscrizione a l'iscrizione a ruolo, ricorrendo alle Commissioni. quindi il contribuente che ritenendo illegittimo l'operato dell'Amministrazione, conviene questa dinanzi al giudice, per ottenere in proprio favore l'attuazione della volont della legge, che pretente violata. . Con la sua impugnazione il contribuente tende all'annullamento o alla modificazione dell'atto di imposizione che ritiene illegittimo, come avviene per ogni altra impugnazione di atti amministrativi. La caratteristica della giurisdizione tributaria, rispetto alle altre giurisdizioni amministrative, consiste in ci che essa, se riconosce la fondatezza della impugnazione, non si limita all'annullamento dell'atto illegittimo, malo sostituisce con un'altra determinazione giusta. chiaro quindi che il contribuente ha l'iniziativa nel processo tributario, assumendo in esso la veste di attore, in quanto impugna l'imposizione. Non vale, in contrario, richiamarsi agli argomenti letterali desunti da qualche disposizione legislativa, che parla di assenso del contribuente alla rettifica della denuncia del reddito o di adesione alla determinazione del valore del bene trasferito o di proposta della determinazione del reddito fatta dalle commissioni invece dell'ufficio impositore, in virt della facolt ad essere conferita. Trattasi di impropriet terminologiche, che non possono mutare la configurazione del sistema. Le espressioni di assenso e di adesione intendono alludere all'acquiscenza del contribuente, che preclude la impugnazione dell'atto di imposizione; quella di proposta vuole accentuare il carattere eccezionale del provvedimento della Commissione che opera non pi come organo giurisdizionale, ma come organo amministrativo, invece dell'ente impositore. Dalle esposte considerazioni consegue che il contribuente, impugnando l'atto di imposizione, non pu non dedurne i motivi della .~uft. impugnazione, vale a dire le ragioni per le quali ne d.edu~e . l'illegittimit, nonch la natura stessa di tale ille- gittimit, che pu importare o la riforma dello accertamento o l'esclusione di un qualsiasi atto di imposizione. -17 esatto che l'art. 94 del regolamento sull'imposta di ricchezza mobile approvato con R. D. 11 luglio 1907, n. 560, e l'art. 23 del R. D. 8 luglio 1937, n. 15H, sulla costituzione e il funzionamento delle Commissioni tributarie, non prescrivono particolari formalit per i reclami alle Commissioni medesime in prima istanza, a differenza dell'art. 108 del primo decreto e dell'art. 46 del secondo, i quali per il ricorso alla. Commissione centrale richiedono l'esposizione del fatto, delle questioni e dei capi della decisione contestati, nonch l'indicazione degli articoli di legge violati o erroneamente applicati. Senonch l'articolo 24 del decreto del 1937, concernente il procedimento davanti alla Commissione, stabilisce che i documenti, le note e i ricorsi aggiunti e le repliche devono essere depositati in termine fisso prima della seduta fissata per la discussione (e salvo esplicito assenso del rappresentante della Finanza). Da ci si argomenta che, mentre avanti alla Commissione centrale il cos detto ricorso inter ruttivo, e cio non contenente la specificazione dei motivi, inammissibile (come questa Suprema Corte ha affermato con la recente pronuncia 11 giugno 1958, n. 1925), avanti alle Commissione distrettuali e provinciali esso pu essere ammesso, ma a condizione che la riserva della indicazione dei motivi sia sciolta tempestivamente, anche per consentire all'Ufficio impositore di controdedurre, previa cognizione dei punti del contendere. Quando il contribuente non abbia indicato i motivi, e a maggiore ragione quando, come nella specie, non abbia neppure dedotto quale sia l'og getto della sua domanda, il ricorso non pu essere preso in esame, perch non contiene una domanda. Risponde ad un'esigenza di logica naturale, prima che giuridica, che un giudice non possa provvedere sul merito se manchi la domanda, la quale consta, come noto, del petitum e della causa petendi. Queste considerazioni dimostrano l'infondatezza, oltre che del primo mezzo di ricorso, anche del secondo, dato che, nella specie, non poteva farsi questione della rilevabilit o meno di ufficio di un vizio dell'atto, ma si trattava invece dell'impossibilit in cui si trovato il giudice di pronunciarsi sul merito, per il fatto della parte, che aveva omesso di sottoporgli una domanda. REQUISIZIONE ex art. 7. Legge 20 marzo 18650 n. 2248 allegato E -Regolata come le occupazioni d'urgenza ex art. 71 legge 25 giugno 1865, n. 2359 Indennit liquidata dal Prefetto -Definitivit -Mancanza -Azione giudiziale -Proponibilit. (Corte di Cassazione, Sezione I, Sentenza n. 2448/60 -Pres. : Lorizio; Est.: Bartolomei; P.M.: Caldarera (conf.) - Casoria c. Ministero Interni). La requisizione amministrativa ex art. 7 della legge sull'abolizione del contenzioso amministrativo, rientrando nella categoria delle occupazioni di urgenza, regolata dalla procedura, dettata, per le occupazioni di urgenza, dall'art. 72 della legge sull'espropriazione per pubblica utilit. Sicch, per la determinazione dell'indennit di requisizione (come, in genere, di ogni occupazione di urgenza), si applicano giusta il rinvio dell'art. 72 agli artt. 24 e seguenti della legge, le norme stabilite per la determinazione dell'indennizzo, 11el procedimento di espropriazione per pubblica utilit, tra le quali compreso l'art. 51 della legge stessa. Peraltro, in virt dell'art. 51 predetto, diviene definitiva, ove non sia impugnata entro il termine perentorio prescritto, soltanto l'indennit determinata dalla stima giudiziale; non anche quella offerta dal Prefetto; onde la mancata impugnazione dell'indennit liquidata dal decreto prefettizio, da parte del soggetto passivo della requisizione, non preclude a costui la proposizione della azione giudiziale, volta a conseguire un maggiore indennizzo, pi adeguato al pregiudizio economico sofferto in conseguenza del provvedimento di imperio. Lx Oorte ha cos motivato: Va pure accolto, per le ragioni che si esporranno, il secondo mezzo, con cui si censura la Corte di merito per aver ritenuto che il decreto prefettizio dovesse essere impugnato dal Oasoria, a pena di decadenza, entro il termine perentorio, stabilito dal menzionato art. 51, e che fosse perci inammissibile l'azione, proposta dal Casoria, dopo il decorso di tale termine, per conseguire un'indennit di requisizione di ammontare superiore a quella liquidatagli dal provvedimento amministrativo. In proposito da osservare che, come ha posto in evidenza autorevole dottrina, la requisizione, che l'autorit amministrativa pu disporre, a norma dell'art. 7 della legge sul contenzioso amministrativo (20 marzo 1865, n. 2248 allegato E) per grave necessit pubblica , allorch debba senza indugio disporre della propriet priva~a , va giuridicamente qualificata come una forma di occupazione di urgenza, analoga a quelle previste dallo art. 71 della legge sull'espropriazione per pubblica utilit (25 giugno 1865, n. 2359), che il Prefetto pu normalmente disporre, per pubbliche esigenze, in casi di forza maggiore oppure di lavori urgenti ed indifferibili. Trattasi, infatti, sia nell'ipotesi di cui al precisato art. 7 sia in quelle contemplate dal menzionato art. 71, di occupazioni urgenti di beni privati, imposte da ragioni imperiose di pubblica amministrazione. Ora, poich la legge sul contenzioso amministrativo non stabilisce alcun particolare procedimento per le requisizioni ex art. 7, tali requisizioni, rientrando nella categoria delle occupazioni di urgenza, non possono essere regolate che dalla procedura, dettata, appunto per le occupazioni di urgenza, dall'art. 72 della legge sull'espropriazione per causa di pubblica utilit. Secondo questa procedura, il Prefetto stabilisce, soltanto in via provvisoria, l'indennit da corrispondersi ai proprietari dei beni occupati, mentre, per la determinazione definitiva dell'indennit, debbono essere osservate__ le disposizioni contenute nei richiamati art. 24 e seguenti della legge, che sono quelle concernenti la determinazione degli indennizzi nel normale procedimento di espropriazione per pubblica utilit. -18 Le norme richiamate prevedono che, nel proce dimento di espropriazione per pubblica utilit, la determinazione dell'indennit, spettante al sog getto passivo del provvedimento d'imperio, possa anzitutto avvenire o previa accettazione da parte di costui dell'indennit offertagli o perch le parti raggiungano l'accordo su una diversa misura dello indennizzo; dettano inoltre che, ove l'indennit non sia, in tal guisa, determinata, sul piano nego ziale, il Prefetto deve sollecitare dal competente tribunale la determinazione dell'indennizzo attra verso la stima giudiziale dei beni, da affidarsi ad uno o pi periti. Successivamente il Prefetto pro nuncia, con decreto, a sensi dell'art. 51 della legge, l'espropriazione sulla base dell'indennit giudi zialmente liquidata, che diviene definitiva, secondo l'espresso disp~sto della norma in parola, qualora gl'interessati, entro il termine perentorio di trenta giorni della notificazione del decreto, non propon gano le loro istanze, davanti all'autorit giudiziaria competente, contro la stima fatta dai periti. Orbene, estendendosi l'applicazione delle accen nate norme, giusta l'espresso richiamo legislativo, al procedimento delle occupazioni di urgenza (tra le quali rientra, come si detto, la requisizione ex art. 7 della legge sul contenzioso amministrativo), appare evidente che il Prefetto, qualora, (come nella specie) l'indennit di occupazione non sia stata stabilita mediante accettazione o concordato, deve richiederne la determinazione a mezzo di perizia giudiziale, nel modo predetto; deve poi, in applicazione del menzionato art. 51, notificare agl'interessati l'indennit, determinata dalla peri zia, in base alla quale viene disposta l'occupazione. Ed questo indennizzo, che, in virt dell'art. 51, diviene definitivo, ove non sia dagl'interessati impugnato, in sede giurisdizionale, entro il pre scritto termine perentorio, con conseguente preclu sione di ogni loro eventuale azione giudiziaria volta a conseguire una maggiore indennit. Nella specie, per, il Prefetto, pur non essendo stata accettata dal Casoria l'indennit da lui offerta n essendo stata altra indennit concordata tra lui e l'autorit amministrativa, non osserv la procedura tracciata dalla legge per la determina zione giudiziale dell'indennizzo. Sicch non fu mai eseguita quella stima giudiziaria dell'indennit, che il Casoria avrebbe dovuto impugnare, entro il termine perentorio di cui all'art. 51, per impe dire che la determinazione dell'indennizzo dive nisse definitiva, precludendogli la richiesta, in sede giudiziaria, di un pi adeguato ristoro del pregiu dizio economico sofferto per effetto della requisi zione. Non pu essere, dunque, condivisa l'opinione dei giudici d'appello che, non avendo il Casoria impugnato, entro il termine prescritto dall'art. 51, la liquidazione provvisoria dell'indennit, operata dal Prefetto, tale indennit sia divenuta denitiva onde sarebbe inammissibile l'attuale azione, proposta dal Casoria per conseguire un pi ampio risarcimento del danno derivatogli dall'occupa. zione coattiva del suo stabile. Difatti, come si notato, l'art. 51 stabilisce che diventi definitiva, per mancata impugnazione, entro il termine pre scritto, da parte del soggetto passivo del provvedimento d'imperio, la stima peritale dell'indennit, e non la provvisoria stima prefettizia, che l'interessato non affatto tenuto ad impugnare, a pena di decadenza dall'esercizio dei diritti concernenti le sue spettanze, ben potendo li.ili.tarsi a non accettarla per costituire senz'altro in obbligo la autorit amministrativa di richiedere la liquidazione giudiziale dell'indennizzo. Dovendo, pertanto, esiliudersi la ritenuta decadenza del ricorrente ex art. 51 dal diritto di conseguire, in sede giudiziale, il giusto indennizzo della subita privazione del su bene, eventualmente superiore a quello liquidatogli dall'autorit amministrativa, indubbiamente ammissibile l'azione risarcitoria da lui esperitacontrole resistenti .Amministrazioni. La Oassazione conferma quanto ebbe gi ad affermare implicitamente con la sentenza n. 2626 del 13 luglio 1956 sulla applicabilit alle requisizioni em art. 7 legge 20 marzo 1-865, n. 2248, allegato E delle norme che regolano le occupazioni di urgenza, di cui agli artt. 71 e segg. legge sulle espropriazioni P. U., e quindi anche dell'art. 51 detta legge. Ha qui pero negata l'applicazione di detta ultima norma perch ha qualificato la notifica del decreto di liquidazione della indennit, operata dal Prefetto senza la preventiva stima giudiziale, quale una semplice offerta della indennit stessa. , Non sembra possa a ci6 aderirsi. La retta interpretazione dell'art. 72 legge sulle espropriazioni P. U. porta a ritenere che la liquidazione della indennit di occupazione effettuata dal Prefetto tiene luogo a ogni effetto della stima peritale prevista dal normale procedimento di espropriazione. Solo con tale interpretazione acquistano preciso significato il 20 e il 30 comma del citato art. 12 che fanno richiamo alla determinazione giudiziale e alla proposizione di richiami avanti al Tribunale competente , che altrimenti avrebbero senso equivoco o contrastante con le norme che regolano il regolare procedimento di espropriazione se riferite alla offerta della indennit e non alla determinazione prefettizia della stessa. RESPONSABILIT CIVILE -Amministrazione pub blica -Responsabilit in dipendenza di attivit le gittima -Indennizzo -Quando dovuto. CACCIA Diritto del concessionario alla riserva di caccia Natura e contenuto Diritto del concessionario sugli animali vaganti nella riserva. (Corte di Cassazione, Sezioni Unite, Sent. 2687/60 -Pres.: Cataldi; Est.: Laporta; P.M.: Pomodoro (conf.) Nani Mocenigo c. Amministrazione Difesa Esercito). Perch la Pubblica .Amministrazione sia tenuta ad indennizzo di danni conseguiti ad esercizio di sua legittima attivit (nella specie, secuzio!J.e ..~_ manovre ed esercitazioni militari) occorre che tali danni si pongano come effetto a causa rispetto allo esercizio dell'attivit della pubblica amministrazione, e che essi siano permanenti ed emergenti e -19 che al sacrificio del diritto corrisponda un vantaggio per la generalit. Il diritto del concessionario di una riserva di caccia, anche quando questasia organizzata industrialmente, non consiste in una potest immediata sulla cosa, tutelata di fronte a tutti i terzi, n promana dal diritto di propriet, neppure nel caso che il concessionario sia proprietario del terreno, ma deriva dalla concessione amministrativa, e consiste nell'esclusiva di esercitare la caccia nella riserva, con conseguente ius prohibendi nei confronti dei terzi. Il concessionario non ha un diritto di propriet sulla selvaggina vagante nella riserva giacch gli animali vaganti, anche se immessi dal concessionario a scopo di ripopolamento, costituiscono res nullius, delle quali si acqui.sta la propriet sol tanto con l'occupazione. ~., *** Con l'unico motivo si denuncia la falsa appli" cazione degli artt. 2 e 3 della legge 20 marzo 1865 allegato E, nonch degli art. 844, 923 e 2043 codice civile e degli artt. 43 e 44 del Testo unico 5 giugno 1939, n. 1016, assumendosi che la decisione impugnata sia incorsa in errore nel dichiarare impropoponibile la domanda. Il ricorrente assume che il concessionario, attraverso il diritto esclusivo di caccia, acquista la possibilit di organizzare il fondo a riserva; che l'organizzazione della riserva, attraverso . il capitale del riservista ed il lavoro dei suoi dipendenti, una vera e propria organizzazione produttiva, capace di dare un profitto, che il riservista ha il diritto di procurarsi e di non vedere eliminato o diminuito da attivit altrui; che principio indiscusso di diritto che la Pubblica Amministrazione tenuta a risarcire ai privati i danni loro cagionati, anche quando abbia esercitato attivit legittima, sempre che sia rimasto leso un diritto soggettivo. La censura non fondata. L'obbligazione di risarcimento presuppne la ingiustizia del danno, ossia l'illiceit del comportamento di colui che ha commesso il fatto produttivo del danno. Nel caso di danni, conseguiti allo esercizio di attivit pienamente legittima della Pubblica Amministrazione, non v' luogo a risarcimento, perch manca il presupposto dell'agire illecito. Tuttavia, per un principio di giustizia distributiva il sacrificio imposto al privato per il raggiungimento di un fine di utilit generale va distribuito fra tutti i membri della collettivit organizzata, attribuendosi al danneggiato un compenso, che ha carattere di indennizzo, tutte le volte che al sacrificio corrisponde un acquisto od un profitto concretamente determinabile, anche se non immediato, a favore della generalit. Fuori della ipotesi di un vantaggio, immediato o mediato, per la generalit,il sacrificio imposto al privato cittadino non pu dar diritto ad indennit, perch l'art. 42 della Costituzione della Repubblica, come gi l'art. 29 dello Statuto .Albertino, e l'art. 834 del codice civile non pongono un principio generale di indennizzabilit di ogni sacrificio seguito ad esercizio di attivit legittima, bens stabiliscono che va indennizzato ogni sacrificio di dirittisubiettivi, cui consegua un danno patrimoniale permanente, nei limiti dei vantaggi dei quali pr.ot.i.tta 11:1 generalit. Ci precisato, chiaro che, perch la Pubblica Amministrazione sia tenuta ad indennizzo di danni conseguiti ad esercizio di sua legittima attivit, occorre che tali danni si pongano come effetto a causa rispetto allo esercizio della attivit della Pubblica Amministrazione, che essi siano permanenti ed emergenti (il lucro cessante ed il profitto sperato, poich non possono oggettivamente essere compresi nel valore attuale ed effettivo dei beni oggetto del diritto sacrificato, non sono indennizzabili) e che al sacrificio del diritto corrisponda un vantaggio per la generalit. Va, altres, rilevato che la richiamata norma costituzionale subordina la indennizzabilit del danno permanente alla lesione di un diritto reale. Ora, il diritto del concessionario di una riserva di caccia, anche quando questa sia organizzata industrialmente, non consiste in una potest immediata sulla cosa, tutelata di fronte a tutti i terzi, non promana dal diritto di propriet, neppure nel caso che il concessionario sia proprietario del terreno. Tale diritto deriva, infatti, dalla concessione amministrativa, e consiste nella esclusiva di esercitare la caccia nella riserva, con conseguente jus prohibendi nei confronti dei terzi. Il concessionario non ha un diritto di propriet sulla selvaggina vagante nella riserva, giacch gli animali vaganti, anche se immessi dal concessionario a scopo di ripopolamento, costituiscono res nullius, delle quali si acquista la propriet soltanto con l'occupazione (art. 923 O. c.). L'attivit dell'amministrazione militare diretta all'esecuzione di manovre ed esercitazioni militari attivit legittima, perch l'aiddestramento delle forze armate risponde alla pubblica finalit di apprestare i mezzi per la difesa della nazione. La scelta dei luoghi e delle modalit delle manovre e delle esercitazioni costituisce esplicazione di attivit discrezionale insindacabile. In difetto di :una situazione giuridica idonea a legittimare la indennizzabilit dei danni conseguiti all'esercizio dell'attivit legittima della pubblica amministrazione, la domanda correttamente stata dichiarata improponibile dall'impugnata sentenza. Per le esposte considerazioni, il ricorso va rigettato, con le conseguenze di legge . Anche questa sentenza particolarmente note'Dole per la perspicuit della moti'Dazione con la quale sono stati indicati il fondamento e i limiti della c. d. responsabilit dell' .Amministrazione per atti legittimi, resistendo a suggestioni vagamente demagodiche sorgenti da una interpretazione superficiale dell'art. 42 della Costituzione. Sulla specifica questione dei danni a riserv.a di caccia vedi lo studio del collega lf'ierro in .Archivio ._ della Responsabilit ci'Dile , 1959, 433. ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI DELLE CORTI DI MERITO COMPETENZA E GIURISDIZIONE Sequestro dei proventi dell'Enalotto Difetto di giurisdizione dell'A. G.O. (Pretore di Roma; Sentenza 18dicembre1960 -rie. Perrera c. Finanze). Difetta di giurisdizione l'.A. G. O. ad ordinare il sequestro dei proventi e delle schedine dell'Enalotto chiesto sulla base della legge per la protezione del diritto di autore da chi pretenda diaver inventato il metodo sul quale fondato il concorso pronostici. Riportiamo la motivazione in diritto della sentenza: L'eccezione dei resistenti, relativa alla ammissibilit. del ricorso stesso, dev'essere esaminata preliminarmente in quanto si profila il difetto di giurisdizione dell'.A. G. O. Deducono, infatti le difese del Ministero delle Finanze e dell'EN.AL, che un provvedimento cautelare che sottraesse all'EN.AL la gestione del conconcorso pronostici per affidarla ad un sequestra tario operebbe un'inammissibile modifica di atti amministrativi, nella specie D. M. 5 luglio 1957 e 10 luglio 1957, con i quali la gestione del concorso Enalotto veniva affidata all'EN.AL. Replica il ricorrente di aver chiesto non il sequestro della gestione Enalotto , ma dei proventi e delle schedine che costituiscono violazione dei diritti d'utilizzazione, e, poich, l'atto amministrativo avrebbe leso il suo diritto d'autore, da tale violazione deriverebbe la facolt di avvalersi della speciale procedura prevista dalla legge sul diritto d'autore. L'eccezione pregiudiziale dei resistenti fondata. I menzionati D. M. 9 e 10 luglio 1957 sono, infatti, atti amministrativi con i quali la P . .A. dopo aver istituito il concorso pronostici abbinato al gioco del Lotto ne ha affidato la gestione all'EN.AL . .Affidamento, questo, derivante dalla legge 14 gennaio 1948, n. 496, con la quale veniva stabilito che l'organizzazione e l'esercizio dei giochi di abilit e concorsi pronostici sono riservati allo Stato ed affidati al Ministero delle Finanze per la gestione diretta o a mezzo di persone fisiche e giuridiche. Stante la loro niftura di atti amministrativi, i Decreti Ministeriali di cui sopra sono assoggettati al particolare regime giuridico previsto dalla legge; e, in particolare, come tali non possono essere revocati o modificati dall'autorit. giudiziaria in base all'art. 4 legge 20 marzo 1865, n. 2248 allegato F. Per costante giurisprudenza alla rev')ca e alla modifica sempre stata equiparata la sospensione. evidente, che infatti, che se l'.A. G. potesse disporre la sospensione di un atto amministrativo, opererebbe una revoca sia pure temporanea, in quanto la sospensione non pu non risolversi in una paralisi dell'efficacia dell'atto amministrativo stesso, che diverrebbe, quindi, inidoneo a produrre quegli effetti, in quel tempo e con quella modalit. che la P. .A. ha stabilito nella sua emanazione. Data, quindi, la natura di atto amministrativo dei D. M. sopra richiamati, e data la preclusione per il giudice ordinario di modificare, revocare e sospendere un atto della P. A., consegue che un provvedimento di natura cautelare verrebbe a revocare temporaneamente la gestione Enalotto e ad incidere in definitiva, sull'efficacia dell'atto di concessione. N giova al ricorrente limitare la sua domanda di sequestro alle schedine e ai proventi del gioco. Oon il sequestro delle schedine si paralizzerebbe di fatto la gestione del concorso che non potrebbe pi svolgersi; con il sequestro dei proventi s'impe derirebbe pure la gestione, intesa nel suo pi ampio significato di amministrazione dei proventi e delle spese e di tutto ci che forma ilpatrimonio dell'ente, temporaneamente o definitivamente di sua perti nenza. I proventi, infatti, non sono una partita avulsa dalle altre, ma concorrono con le altre, ad una equilibrata gestione dell'ente. Un sequestro, quindi, finirebbe per scalfire lo originario atto di concessione, che, come si detto, atto amministrativo, e trasformerebbe, quindi, inammissibilmente, un giudicato civile in una attivit. amministrativa, con la sostituzione di fatto del giudice all'autorit amni.ristratiya._ Dalle considerazioni che precedono discende che dev'essere dichiarato il difetto di giurisdizione dell'autorit. giudiziaria ordinaria a pronunziare sul ricorso. -21 COMPROMESSO ED ARBIRTI -Domanda di arbitrato -Notificazione all'Amministrazione dello Stato. (Collegio arbitrale, lodo 20 luglio 1959 -Pres.: Stumpo; Impresa Rea c. Ministero Poste e Telecomunicazioni). .Ai sensi della legge 25 marzo 1958 n. 260 .e dello art. 11 T. U. 30ottobre1933, n.1611 le dom.ande di arbitrato nei confronti delle .Amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, si notificano a pena di nullit all e.Amministrazioni stesse nella persona del Ministro presso l'Avvocatura Generale. Trascriviamo la motivazione in diritto del lodo Il Collegio deve esaminare due questioni preliminari rilevabili di ufficio: la prima relativa alla notifica della domanda di arbitrato; la seconda relativa alla propria competenza. Tali eccezioni attengono entrambe alla sussistenza di un presupposto processuale, e cio di una delle condizioni necessarie perch questo Collegio possa emettere una qualsiasi decisione (favorevole o sfavorevole) sulla domanda. Ma, nell'ordine logico; l'esame della questione concernente la validit o nullit della predetta notifica deve avere la precedenza in quanto attiene alla instaurazione del procedimento arbitrale. Se, infatti, tale procedimento non stato validamente istituito precluso al Collegio l'esame diognialtra questione di rito, oltre che, ovviamente, del merito ,della controversia. Com' noto, l'art. 2 della legge 25 marzo 1958, n. 260, ha abrogato l'art. 12 del Testo unico delle norme sulla rappresentanza in giudizio dello Stato, approvato con R. D. 30 ottobre 1933, n. 1611, secondo cui per i giudizi innanzi agli arbitri le notificazioni andavano fatte direttamente presso le .Amministrazioni. L'art. 1 della legge stessa, sostituendo il primo comma dell'art. 11 dell'anzidetto Testo unico, ha disposto che gli atti istitutivi dei giudizi che si svolgono innanzi agli arbitri devono essere noti ficati alle .Amministrazioni dello Stato presso l'Uf ficio dell'Avvocatura dello Stato, nel cui distretto ha sede l'autorit giudiziaria innanzi alla quale portata la causa, nella persona del Ministro com petente. Poich l'impresa ing. Rea ha, invece, notificato la domanda di arbitrato direttamente all'Ammi nistrazione appaltante, nella persona del Ministro pro-tempore, la notifica affetta da nullit rilevabile anche d'ufficio (art. 11, ultimo comma, Testo unico citato). Non vale obbiettare, come fa l'Impresa nelle sue memorie ed ha.ripetuto nell'udienza didiscus sione, che la nullit non pu essere dichiarata, perch la notifica avvenuta nella forma solenne , e perch, comunque, l'atto avrebbe raggiunto lo scopo cui era destinato; riferendosi, con questo ultimo rilievo, implicitamente all'art. 156, ultimo comma, del codice di procedura civile. La norma di legge violata ha carattere cogente, e la nullit comminata dall'art. 11, ultimo comma, del predetto Testo unico da ritenersi assoluta ed insanabile. Tale nullit sussisterebbe, perci, anche se la notifica avesse raggiunto il suo effetto, ovvero se si potesse riconoscerealla comparizione, a titolo personale. dell'Avvocato dello Stato il valore di costituzione dell'Amministrazione appaltainte. lp. tali sensi la costante giurisprudenza (posteriore all'entrata in vigore del vigente C. p. c.) della Corte Suprema di Cassazione (v., da ultimo, Sezioni Unite, Cassazione 21 febbraio 1954, n. 494, in Causa FF. SS. c . .Alessi). da rilevare, inoltre, che -mentre la legge 1958, n. 260, ha provveduto ad eliminare le cause di nullit degli atti giudiziali, dipendenti da errore di identificazione dell'organo investito della rappresentanza della P . .A. -nessuna nuova disposizione ha emanato in ordine alla nullit prevista dallo art. 11, ultimo comma, del Testo unico 1933, n. 1611 (Cassazione civ., 16 febbraio 1959; Leonetti c. Finanze, Rep. Foro It. 1959, 87; id. 12 marzo 1959, Broccoletti c. Ufficio del Registro, Firenze Re. Foro It. 1959, 131). Pertanto, la domanda di arbitrato proposta dall'Impresa ing. .Augusto Rea con atto indata 30 agosto 1958 improduttiva di effetti giuridici nei confronti dell'Amministrazione convenuta. Ne consegue che questo Collegio, carente di ogni ulteriore potest di cognizione in rito e in merito. DEMANIO -Passaggio a livello privato -Servit di passaggio su strada ferrata -Insussistenza -Natura giuridica dell'interesse. (App. Catania 6 giugno 1957 -Pres.: Smiroldo; Pst.: Torresi -Occhipinti c. Ferrovie dello Stato). Non configurabile nel nostro ordinamento una servit a favore di fondi privati su beni demaniali; pertanto il proprietario della strada attri:i.versata dalla ferrovia, non ha alcun diritto di godimento sul passaggio a livello, ma solo un interesse semplice. La Oorte ha rigettato la domanda riconoscendo, da un canto, il potere dell'Azienda di adottare il prean nunciato provvedimento, e negando d'altro canto l'esi l'esistenza del diritto fondamentale asserito dallo attore. Sul primo punto, si uniformata all'indirizzo giurisprudenziale che interpreta il comma 40 dello art. 10 legge 30 giugno 1906, n. 272. (I passaggi a livello privati possono essere muniti di chiusura con chiave, da tenersi in consegna dall'utente sotto la sua responsabilit) nel senso che la norma attribuisce all'Amministrazione il potere di riversare, in ogni tempo, l'onere della custodia e la relativa spesa, nonch la relativa responsabilit, a carico dell'utente del passaggio a livello privato, derivandogli tale potere da una espressa norma di legge. . . . Si volle evidentemente con tale norma alleviare il grave peso posto a carico della pubblica amministrazione di provvedere alla custo.(lii;ii dei numerosissimi passaggi a livello su strade private _ lungo la intera rete ferroviaria e, sopratutto, la si volle esimere dalla enorme responsabilit inerenti alla custodia, trasferendola dalla pubblica aromi nistrazione all'utente . -22 Questa interpretazione fu fissata dalle Sezioni Unite della Cassazione di Roma con sentenza 19 febbraio 1918 (in Giur. It. 1918, I, 308 e in .Acque e Trasp. 1918, 106 con nota ad. di MATTEUCCI; conforme la sentenza delle stesse Sezioni Unite, 4 aprile 1918 in id. 573; nello stesso senso si erano pronunciate le magistrature di merito: Appello Catanzaro, 1 agosto 1916, in Foro It., 1917, 90; Appello Brescia, 5 dicembre 1916 in id. 1917, I, 277; Tribunale Salerno, 17 aprile 1917, in Rep. Foro-It. 1917, v. Ferrovie, nn. 66 e 67). In questa sentenza della Cassazione di Roma l'affermazione che lo sbarramento del passaggio a livello, in caso di rifiuto dell'utente ad assumerne la custodia, costituisce. manifestazione del potere di polizia ferroviaria, che l'Amministrazione pu6 attuare auct9ritate propria senza dover ricorrere all'autorit giudiziaria in via penale, elevando contravvenzione . da avvertire che la norma in esame si applica alle ferrovie principali (comma 1, dell'art. 10 ed art. 1, Legge 30 giugno 1906, n. 272); ossia, al presente, a ferrovie esercitate direttamente dallo Stato. Pi rimarchevole, nella sentenza in esame, l'affermazione compendiata nella massima. Non sussiste -vi si dice -un diritto soggettivo, da far valere contro la P . .A., avente per oggetto. . . . il libero e sicuro transito, in qualunque ora di giorno e di notte attraverso il passaggio a livello de quo, con il solo limite dell'attesa nella imminenza del passaggio dei treni. . . . Ben vero che, a norma dell'art. 229 della legge 20 marzo 1865, allegato F, sui lavori pubblici, spetta alla pubblica Amministrazione di ristabilire in convenienti condizioni di comodit e sicurezza, a proprie spese tutte le comunicazfoni pubbliche e private, che dalle opere della sua impresa rimanessero interrotte . Da tale obbligo dalla legge posto a carico della P. .A. non sorge, per, a favore del privato alcun diritto di godimento del passaggio a livello, n tanto meno un diritto avente natura reale, un diritto, cio, di passaggio attraverso la strada ferrata, che si atteggi quasi ad un ius in re aliena non essendo configurabile, nel sistema del nostro diritto, la esistenza di una servit a favore di fondi privati gravante su di un bene demaniale, quale indubbiamente la strada ferrata di propriet della .Amministrazione delle ferrovie dello Stato (art. 822 e 823 c. c.). Solo, infatti, in via di eccezione e nei limiti stabiliti dalle leggi speciali, possono i beni che fanno parte del demanio pubblico formare oggetto di godimento da parte di terzi, ma ci mediante concessione amministrativa a carattere prettamente personale, per sua natura essenzialmente revocabile, e sempre che tale godimento non sia incompatibile con le esigenze dell'uso pubblico cui il bene destinato . E, dopo aver richiamato il cennato concetto che lo sbarramento del passaggio a livello, in caso di rifiuto dello utente, sanzione di polizia ferroviaria (rectius, demaniale; art. 823 O. c.), esclude comunque la applicabilit delle norme sull'espropriazione P. U., invocate dall'attore, in quanto; La eventuale abolizione del passaggio non si risolverebbe, infatti, nella perdita o nella diminuzione di un diritto mai sorto in favore dell'Occhipinti (art. 46a legge 25 giugno 1865, n. 2359), ma, se mai, nella privazione di una semplice utilit, sulla quale lo stesso Occhipinti non avrebbe nemmeno acquisito alcun diritto (art. 460, legge cit.) . La giurisprudenza aveva gi avuto occasione di affermare che il privato non ha azione per chiedere il ripristino di un passaggio a livello soppresso dalle FF. SS. per ragioni di sicurezza (Appello' Milano 12novembre1926 in Ferrovie It., 1926, 207; Appello Venezia 9 gennaio 1930 in id. 1930, 94); neanche nel caso di interclusione del fondo: Sezioni. Unite 13maggio1935, n.1799 in Giur. It., 1935, I, 1,630). Quest'ultima sentenza riconosce che il bene dema niale non assoggettabile a servit di passaggio necessario . .A fortiori ci6 vale per le servit prediali (private), in genere. Fra i due istituti vi incompatibilit: nell'essenza della demanialit il potere dell'ente titolare di far cessare autoritativamente ogni uso (eccezionale) del bene da parte di un privato, allorch ritenga quell'uso in contrasto con la destinazione primaria del bene; onde non pu6 sussistere, nei confronti dell'ente pubblico cui il bene appartiene, quell'assolutezza e soprattutto quella pienezza di tutela che sono nell'essenza deldiritto reale, e della servit in particolare (v. BRANCA, sub art. 1306, n. 2, in Commentario Scialoja). . La sentenza in esame, per altro, afferma che al privato non pu6 riconoscersi n un diritto avente natura reale ossia una servit, n, pi generalmente, alcun diritto di godimento del passaggio a livello . Cio implica che la Corte ha interpretato l'art. 229 legge sui LL PP. (il quale, come si visto, prescrive che, costruendosi una strada ferrata pubblica, si debbono ristabilire tutte le comunicazioni pubbliche e private, nonch tutti i corsi d'acqua) nel senso che esso sancisce, nei riguardi della P. A., non pro priamente obblighi, ma doveri a tutela di interessi generali (non alterare il regime delle acque, non sminuire in alcun modo la efficienza della rete di comunicazioni ordinarie); doveri, cio, che non entrano, come elementi passivi, in rapporti giuridici nei quali si trovino, come correlatum, altrui diritti soggettivi. Ammesso cio, l'interesse del singolo (lo utente di strada privata) all'osservanza di un siffatto dovere pu6 risultare differenziato, per particolare intensit, rispetto a quello della generalit, ma rimane un interesse semplice. Dal disconoscimento di un diritto del privato al godimento del p. l. ci sembra derivi la impossibilit di costruire l'obbligo di custodia del medesimo,. di cui alla sopracitata giurisprudenza, come onere (che divenga efficiente se e quando l'Amministrazione ne richieda l'adempimento); doversi invece pensare ad un obbligo nascente da un rapporto ordinatorio, nel quale la legittimazione passiva sarebbe data dalla relazione con una cosa, ob rem (la dt,finizione di utenti di strada privata come quelli che ne fanno. uso per recarsi alle loro propriet , si argomenta dagli art. 51 a 54 Legge sui LL. PP.). VINCENZO O.A.SCINO -23 FALLIMENTO -Richiesta di insinuazione di credito d'imposta in via privilegiata nel giudizio di 1 grado, e successiva richiesta di collocazione in sede chirografaria in grado d'appello -Non costituisce domanda nuova. (Corte Appello di Bologna, 16 febbraio 1960 -Pres.: Narella; Est.: Sbrocca -Finanze c. Fallimento Ditta Mori). L'Amministrazione delle Finanze pu ben chiedere, in sede di appello la ammissione di un suo credito d'imposta al passivo chirografario del fallimento, dopo averne chiesta l'ammissione in sede privilegiata nel giudizio di 1 grado, perch la richiesta non pu ritenersi domanda nuova . Si legge nella motivazione testualmente: In linea di principio, non costituisce domanda nuova quella che non importi una modificazione del fatto giuridico posto a fondamento della pretesa, non deducendosi nuovi elementi che immutino il fatto costitutivo del diritto vantato, e che non aggiunga o sostituisca al bene della vita controverso in primo grado, un diverso oggetto della pretesa. In particolare, dottrina e giurisprudenza (ANDRIOLI: Commento C. p. c., ed. III, pag. 452-53, val. II) si rifanno al principio dell'assorbimento, per cui non pu considerarsi nuova una domanda di appello che era gi implicita in quella di I grado, nel rapporto dell'intero rispetto alle parti, e del maggior contenuto rispetto al minore (conformi; Oassazione 4 ottobre 1956, n. 3340, DONATI, in Foro Pad., 1956, P. I., p. 1332: Oassazione, 7 maggio 1958, n. 1493, Arrus-Piras-Oomune di Teleuada, in Foro It., 1959, pag. 635 P. I.). Pertanto, una insinuazione domandata in via priviiegiata contiene evidentemente in s la domanda subordinata di un'ammissione del credito, quanto meno in via chirografaria, ove sia negato il privilegio speciale. IMPOSTA DI REGISTRO -Promessa di vendita Imposta proporzionale. (Appello Caltanissetta 16 febbraio 1961 -Finanze c. Cannav -Pres.: Garofalo; Est.: Curto). Il Legislatore con l'art. 5 della tariffa allegato A alla legge del Registro ha inteso riferirsi alla vera e propria promessa bilaterale di compravendita (contratto preliminare), per cui se esiste il consenso sulla cosa e sul prezzo, l'imposta proporzionale in ogni caso dovuta, senza necessit di stabilire se le parti vollero stipulare un contratto preliminare ovvero una vendita immediatamente traslativa de1 dominio. Segnaliamo l'interessante sentenza della Oorte di Appello di Oaltanissetta che, attraverso un'interpretazione storica dell'art. 5 della tariffa, allegato A alla legge del Registro, in accoglimento della tesi erariale si discosta da un orientamento costante circa il regime tributario della promessa di vendita e cos motiva: Carattere preliminare e assorbente ha la questione se la tariffa Parte I, allegato A alla legge del Registro 30 dicembre 1923, n. 3269, fissata all'art. 1, l'imposta proporzionale per le vendite di immobili, abbia -con l'assoggettare, nel successivo art. 5, alla stessa tassazione le promesse di compravendita se esiste consenso delle parti sulla cosa e sul prezzo -voluto riferirsi precisamente al contratto preliminare contenente la sola obbligazione di addivenire allafutura stipulazione della compravendita. Risolta infatti positivamente la questione, la causa risulterebbe senz'altro decisa senza necessit di stabilire se le parti vollero stipulare un contratto preliminare ovvero una vendita immediatamente traslativa del dominio. Per interpretare la dizione del suddetto art. 5 non si pu evidentemente basarsi sulla semplice lettera della norma e tener conto della elaborazione dottrinaria e giurisprudenziale successiva alla legge del Registro, che ha oggi nettamente distinto tra preliminare bilaterale e vendita definitiva. Deve, invece, aversi riguardo al tempo in cui la legge fu emanata. La Suprema Corte, Sezioni Unite, 23 maggio 1930, in causa Morandini-Barbieri (Riv. Leg. Fisc., 1930, 432), rilev che la tariffa della legge del Registro del 1923 fu compilata in un momento in cui sia la vendita che la promessa di vendita ritenevansi traslative di propriet (si era osservato che un soggetto, promettendo ad un altro una prestazione, gi obbligato, onde sarebbe superfluo fare una seconda volta la medesima promessa). Pertanto la Suprema Corte ritenne occorrere, per l'applicabilit dell'imposta proporzionale prevista dall'art. 5 della indicata tariffa, che la promessa determini l'attuale trasferimento della cosa (come quando, racchiudendo gi gli elementi per essere produttiva di una vendita effettiva, contenga il patto di futura stipulazione, cos per la necessit della trascrizione, da farsi in base ad atto pubblico o scrittura priv-ata con firme autenticate: documentazione successiva, o ritardata, con fun zione ricognitiva -certificativa -o riproduttiva del contratto gi validamente formato). Senonch, vero che la Cassazione di Torino, con sentenza 6 giugno 1911 (Crosti-Girola, in sinossi Giur. It., fase. 289, 80), la Cassazione di Roma, con sentenza 11 gennaio 1912 (Gori-Paniccia, in Giu. It., 1912, I, 1, 128), e la Cassazione pure di Roma, con sentenza 27 agosto 1920 (Farina, in Giur. It. 1920, I, 1, 934) avevano affermato che, per la perfezione della promessa bilaterale di compra vendita., bastava il consenso sulla cosa e sul prezzo e che, in tal caso, la promessa equivaleva alla ven dita, ma vero anche che la Cassazione di Roma, a Sezioni Unite, con decisione 28 novembre 1921 (Pres. Mortara, Est. Faggella, P. M. De Notari stefani -concl. conf. -; vedi Giur. It. 1922, 11), aveva poi puntualizzato in senso del tutto moderno la distinzione tra preliminare .bilate rale e compravendita, statuendo che il carattere differenziale della vendita rispetto alla promessa di vendita di. immobili dato dal fatto che, nella vendita, la manifestazione della volont contrat tuale ha un contenuto reale, cio la trasmissione -~4 -- del dominio, mentre, con la promessa di vendita, il promittente si obbliga soltanto a dare un consenso futuro a tale trasmissione, la quale si attua unicamente in virt della nuova e successiva dichiarazione di volont.. E lo stesso criterio ribadiva successivamente la Cassazione, con sentenza 14 gennaio 1925 (Morrone- Soc. Sylos, in Corte Oass. 1925, 465), confermando che la promessa contiene solo un'obbligazione di fare, poich in essa rimandato ad epoca successiva il trasferimento della propriet., mentre nella vendita tale effetto si vuole che si verifichi attualmente. Non si pu pensare dunque che gli autori della legge del Registro del 1923, non abbiano tenuto conto della suddetta precisazione giurisprudenziale, gi. intervenuta fin dal 1921; e anzi, se avessero voluto, nello art. 5 della Tariffa, considerare promesse a contenuto traslativo, e non solo obbligatorio, non avrebbero affatto dettato la norma, in quanto, automaticamente, tali negozi sarebbero stati compresi nelle ipotesi del precedente art. 1, che appunto disciplina il trattamento tributario degli atti traslativi. N si adduca l'improbabilit. di un' ecezione inserita nello art. 5 della tariffa, rispetto all'art. 8 della legge a termini del quale le tasse sono applicate secondo l'intrenseca natura e gli effetti degli atti o dei trasferimenti, se anche non vi corrisponda il titolo o la forma apparente ȥ.Anzitutto, il citato art. 8 fu scritto per regolare i frequenti casi di difformit. tra lo scriptum e il gestum, dandosi efficacia prevalente a quest'ultimo, e d'altra parte, la tariffa non rappresenta una nuda elencazione di aliquote, ma parte viva della stessa legge, sicch le rispettive disposizioni si integrano e si interpretano a vicenda, e la tariffa determina anch'essa il debito tributario, non solo nella sua entit.,ma anche nella sua causale. Va invece rilevato che, per la specificazione, nello art. 5 della tariffa, della promessa di vendita a contenuto obbligatorio, quale negozio distinto dalla vendita, di per s traslativa esisteva un chiaro scopo fiscale; e infatti, mentre la promessa stipulata dalle parti contiene l'indicazione del reale prezzo convenuto, ilsuccessivo atto formale di vendita ne indica quasi sempre uno di gran lunga inferiore. Ed esisteva altresi la giustificazione tecnica della norma. Il legislatore ha considerato che la promessa di compravendita preordinata al trasferimento, e, in vista di questo unico fine utile, il solo economicamente apprezzabile, ha fatto astrazione dalla circostanza che esso si raggiunge attraverso due distinti contratti, aventi contenuto giuridico diverso, ed, invece di tassare disgiustamente i due negozi, ne ha tassato uno solo, il trasferimento. In altri termini: la legge ha prescritto che, per l'esazione dell'unica tassa, non si attenda il momento in cui il trasferimento avviene, ma che essa si esiga sin dal momento nel quale sorge l'obbligazione a trasferire. appena il caso di notare ch'e non poteva indurre ad altro avviso il legislatore il fatto che il contratto definitivo pu anche non seguire; ci, in fatti se avvenisse, dipenderebbe dalla volont. risolutiva manifestata dalle parti successivamente, e tale volont. risolutiva, secondo i principi che regolano il tributo di registro (art. 12 della Legge), non produttiva di effetti fiscali sull'atto che si risolve. Pertanto deve ritenersi che il legislatore, con l'art. 5 della tariffa della legge del Registro, intese riferirsi alla vera e propria promessa bilaterale di compravendita (contratto preliminare). Consegue, nella specie, che l'imposta proporzionale in ogni caso dovuta .......... . L'art. 5 della tariffa allegato .A alla legge sulla imposta di Registro (R. D. 30 dicembre 1923, n. 3269) prevede la tassa sui trasferimenti per le promesse di vendita se esiste consenso delle parti sulla cosa e sul prezzo . Orbene, malgrado autorevoli opinioni in contrario, si d per scontato che il detto art. 5 assoggetta alla imposta proporzionale di trasferimento solo la promessa di vendita t1aslativa di propriet e non anche quella semplicemente obbligatoria, con la quale le parti contraenti hanno assunto l'obbligazione di addivenire alla futura stipulazione del contratto di compravendita, quantunque nello atto stesso fossero precisati la cosa e il prezzo. Si d pertanto atto di una interpretatio abrogans della norma in questione (v . .AZZA.RITI e GUGLIELMI: Le imposte di Registro, ed. 1959, pag. 112). Ma una interpretazione abrogativa della legge nel nostro ordinamento giuridico non consentita, per cui la questione stata ancora una volta riproposta nella vertenza di cui alla sopra riportata sentenza della Oorte di .Appello. Si voluto osservare in quella sede come l'orientamento contrario trae il suo punto di partenza da una sentenza del Supremo Oollegio (25 marzo 1930, in Riv. Leg. Fisc., 1930, 325), peraltro molto antica, emanata sotto l'impero del vecchio codice, che non regolava la promessa di vendita. Per la verit questa sentenza stata accolta trionfalmente dai contribuenti e seguita tranquillamente dalla Oommissione Oentrale (v. tra l'altro Oommissione Oentrale 15 maggio 1953, n. 48150 in Riv. Leg. fisc., 1954, 974; 25 giugno 1952, n. 37931, in Boll. Trib., 1953, 156; 12 febbraio 1951, n. 20475, in Riv. Leg. fisc., 1953, 1430; 5 marzo 1952, n. 33693, in Giur. imp. reg. e neg., 1954, 217) e da alcune decisioni delle magistrature di merito: v . .Appello Firenze, 15 febbraio 1955, in Giur. tosc., 1955, 408; Tribunale Firenze, 27 febbraio 1956, Giur. It., 1957, I, 2 240). .Alla citata decisione della Oassazione 25marzo1930, hanno fatto seguito le pronunzie 10 febbraio 1931 (in Riv. Leg. fisc. 1931, n. 9742) 5 marzo 1931 (ivi 1931, 'li. 9789), 2 luglio 1932 (in Dir. prat. trib., 1932, pag. 414), 7 aprile 1933(ivi.,1933, pag. 306); di recente solo con la sentenza 13 agosto 1948 (in Dir. prat. trib., 1949, II, 80) si ha una tamta riconferma, senza peraltro affrontare il problema ex professo. Si avverte pertanto la necessit che la Oorte di Oassa zione riesamini la questione sotto la luce della pi recente interpretazione in merito ai principi generali che regolano il tributo di registro. -25 Non mancato inoltre che un'autorevole dottrina stia mostrando da anni e ad ogni occasione il suo vivo disappunto per una interpretazione che le Commissioni tributarie hanno dato in onta ad ogni principio di ermeneutica. Cos il RASTELLO : Il Tributo di Registro, ed. 1955, pag. 711 e segg., si intrattiene a lungo sullo argomento e attraverso una interpretazione letterale, logica e storica dell'art. 5 dell tariffa conclude: La promessa di vendita pura e semplice soggetta al tributo previsto per la vendita, quando ricorre il consenso delle parti sulla cosa e sul prezzo, perch tale contratto deve necessariamente sfociare nella vendita, e quando la vendita non viene posta in essere ci6 dipende da una ulteriore manifestazione di volont con. effetto risolutivo, la quale non idonea a modificare la tassazione della promessa . La bont e l'autorit degli argomenti hanno finalmente ottenuto il pieno riconoscimento in sede di Commissione Centrale, che di recente ha mutato orientamento; ora si attende che la Suprema Corte si esprima sull'argomento, e con una decisione, che tenga conto delle moderne vedute e interpretazioni, si sostituisca alla vecchia e sorpassata sentenza del 1930. La Commissione Centrale, dunque, con la decisione 27 febbraio 1958, n. 2368 (in Foro It., 1959, III, 211), ha finalmente detto che La promessa di vendita soggetta alla imposta proporzionale di registro anche se abbia contenuto obbligatorio . Questa perspicua pronuncia non ignora i precedenti contrari a proposito della distinzione tra effetti reali e obbligatori della promessa di vendita e cos dice: La Commissione Centrale, per, dopo attento esame, non ritiene giustificabile siffatta distinzione perch non solo non scritta nella legge, ma non neanche reperibile nella ratio della legge stessa . E questo principio stato successivamente ribadito dalla stessa Commissione Centrale con una serie di altre pronunoie (v. Commissione Centrale 21 mar zo 1958, n. 3502 inedita). D'altra parte l'opinione contraria non pu6 pi reggersi, anche perch in contraddizione con i principi informatori della legge di Registro. Invero, come ha ribadito la Corte di Cassazione nella motivazione della sentenza 10 luglio 1954 (in Giur. It., 1955, I, 650) secondo laleggedi registro, il fatto giuridico che determina il sorgere del rapporto di imposta non , infatti, il trasferimento di un bene o l'assunzione di una obbligazione, mala stipulazione di un atto di vendita, di permuta o di mutuo. Ci che conta unicamente l'esistenza di un atto. Infatti si dice comunemente che l'imposta di regi stro imposta di atto e non di trasferimento. Insomma il fatto cui la legge del registro ricollega il sorgere del rapporto di imposta non gi il trasfe rimento di un bene o l'assunzione di una obbligazione, quanto bens la stipulazione del relativo negozio giuridico: l'atto della stipulazione che colpito, divenendo indifferente, ai fini della legge del registro se la convenzione sia valida o meno, se le parti daranno esecuzione o meno (v. art. 11 e 12 L. R.). . Perci, una volta ohe un atto stipulato tra le parti per la intrinseca natura (art. 8 L. R.) viene considerato promessa di vendita, come tale deve esseretassato, senza ulteriormente indagare sugli effetti di esso. Il fisco non pu6 tener conto di elementi estrinseci o della diversa intenzionalit delle parti e tanto meno del modo di esecuzione prescelto dalle stesse; (Cassazione 29 maggio 1942, n. 1498, in Giur. Imp. reg. e neg., 1943 n. 18, col 63). Infine, una ricerca dell'Ufficio sul :fine ultimo economico giuridico che le parti hanno voluto raggiungere con l'atto, al :fine di determinare la tassa di registro in relazione a questo fine, mentre da nessuna disposizione di legge prescritto, contrario a quel criterio di certezza, che deve presiedere alfa identificazione del contenuto giuridico degli atti: cos dice nella sua motivazione la Cassazione nella sentenza 19 agosto 1947, n. 1538 (in Giur. Imp. dir., 1948, n. 103, col 374). Ora se il tributo colpisce l'atto e non il fine ultimo economico che le parti hanno voluto raggiungere, come si pu6 giustificare il principio secondo cui per tassare una promessa di vendita bisogna considerare se le parti abbiano o meno voluto il trasferimento del bene Y Evidentemente la sentenza della Cassazione del 1930 in aperta contraddizione con i principi enunciati dalla stessa Corte Suprema nelle recenti citate pronunzie, e, sotto quale aspetto si voglia considerare la questione, non ci si pu discostare dalla conclusione che arbitraria la distinzione, agli effetti tributari, tra promessa di vendita non efficacia obbligatoria e promessa di vendita con efficacia traslativa. GIUSEPPE STIPO IMPOSTE E TASSE Imposta di successione Quote ereditarie spettanti ai figli naturali non riconosciuti o non riconoscibili Aliquote di cui alla legge 19 gennaio 1942, n. 23 -Non competono ai figli adulterini che usufruiscano di uno stato di filiazione legittima. (Corte di Appello di Napoli, Sezione I, 9 luglio -22 dicembre 1960 -Pres.: Caristo; Est.: Tafuri; ricorso Longobardi Nicoletta Anna). Il :figlio adulterino, che usufruisce dello stato di :figlio legittimo per il mancato esercizio dell'azione di disconoscimento da parte del marito della madre, non pu anche pretendere di godere delle aliquote determinate dalla legge 19 gennaio 1942 n. 23 per le quote ereditarie spettanti ai :figli naturali non riconosciuti o non riconoscibili, nel caso in cui vengano a lui trasferiti mortis causa i beni del genitore naturale. La Corte di Appello di Napoli, adita in sede di ricorso avverso il provvedimento dei Primi Giudici, conferma la esatta decisione gi emessa in merito dal Tribunale di Napoli in data 15 gennaio 1960, e pubblicata in questa Rassegna (1959, 151), con ampia nota di commento, e in Foro padano (1960, I, 896), osservando che la doglianza della reolurnante Longobardi non merita accoglimento. Ed invero occorre premettere che, per adeguare la legislazione :fiscale alle innovazioni introdotte nel vigente codice civile in favore dei :figli naturali -26 non riconosciuti o non riconoscibili, vennero adottate le disposizioni di cui alla legge 19 gennaio 1942, n. 23. Propriamente, in virt dell'art. 1, le aliquote speciali delle imposte devono essere senz'altro applicate quando la paternit o la maternit risulti indirettamente da sen,tenza civile o penale, ovvero dipenda da un matrimonio dichiarato nullo; oppure quando, risultando da non equivoca dichiarazione scritta dei genitori, esista una sentenza di condanna agli alimenti nei loro confronti, ovvero altra sentenza che abbi.ai riconosciuto i diritti successori spettanti in qualit di figli naturali non riconosciuti o non riconoscibili. Altrimenti, prescrive l'art. 2, per ottenere il trattamento tributario di favore i figli naturali non riconosciuti o non riconoscibili, dei quali la filiazione risulti da non equivoca dichiarazione scritta dei genitori, devono provocare dal tribunale del luogo dell'aperta successione apposito decreto. Ora non pu revocarsi in dubbio che, per realizzare l'intento di adeguamento dal legislatore perseguito, le provvidenze in esame debbano coordinarsi con l'ordinamento dettato in tema di filiazione: e quindi subito traspare che il campo di applicazione di quello non possa estendersi a soggetti i quali gi beneficiano di piena tutela, come che in possesso dello stato di figlio legittimo o naturale riconosciuto. Nel sistema vigente noto che sono proibite le indagini sulla paternit nei casi di filiazione incestuosa o adulterina (art. 278 c. c.); tuttavia in questi casi ed in quelli in cui non possa pi proporsi l'azione per la dichiarazione giudiziale di paternit, il figlio naturale pu agire per ottenere gli alimenti, qualora la paternit o la maternit risulti indirettamente da sentenza civile o penale, o da non equivoca dichiarazione scritta dei genitori, o dipenda da un matrimonio dichiarato nullo (art. 279 C. c.). Intanto, in forza dell'art. 593 C. c., conferita ai fini naturali non riconosciuti la capacit di ricevere per testamento; mentre, nelle successioni ab intestato, a norma dell'art. 580, agli stessi attribuito il diritto ad un assegno vitalizio. parso perci conveniente che, allorquando il rapporto di filiazione risulti in uno dei modi elencati sub 1, 2 e 3 dell'art. 279 C. c., le trasmissioni persuccessione legittima o testamentaria da parte dei genitori a favore dei figli naturali non riconosciuti o non riconoscibili siano assoggettate ad uno speciale sistema di tassazione che, lungi dal considerare costoro quali estranei , li accosti alla situazione dei legittimi, con la determinazione di aliquote speciali. Ma, presupposto logico affinch siano operative le disposizioni di questo benevolo trattamento tributario, che il destinatario sia privo, dinanzi alla legge, di uno stato di filiazione, appartenga cio alla categoria derelitta, frutto della colpa dei loro genitori, dei figli naturali non riconosciuti o non riconoscibili. Solo ad essi, rispetto a coloro che li generano, garantita un'imposta di successione, meno gravosa di quella applicabile tra gli estranei e pi elevata di quella a cui assoggettata la prole legit , tima, in sintesi pi adeguata alla singolare situazione nella quale. sono posti dalla legge. Sarebbe perci incoerente ed ultroneo che colui il quale usufruisca di paternit legale ed quindi assistito nel suo stato da tutela piena, privilegiata, possa beneficiare nel contempo di quello speciale regime, facendo valere, ai fini .tributari,.. la situazione di figlio illegittimo, nonostante il possesso a tutti gli effetti di uno stato di figlio legittimo. Siffatta coesistenza non pu non essere ripudiata nell'ordinamento giuridico per la contra.dizione che non lo consente. Infine non valida, risolvendosi in sostanza in mera petizione di principio, l'obiezione della reclamante che il trattamento tributario di favore, essendo senz'altro concesso senza bisogno di apposita declaratoria qualora la paternit risulti da sentenza civile o penale, non potrebbe negarsi al figlio legittimo, per il quale indirettamente risultasse la paternit biologica, adulterina o incestuosa. Imperocch, come sopra chiarito, il presupposto che i destinatari del beneficio de quo agitur siano privi di uno stato di filiazione delimita in origine la sfera di applicazione della citata legge in tutti i casi, anche in quelli previsti dall'art. 1 . La Oorte di Appello di Napoli modifica poi il provvedimento dei Primi Giudici solo in merito alle spese di giuilizio, in quella sede invece negate, osservando che non osta all'applicazione del principio generale della soccombenza il carattere singolare del procedimento, regolato dalla.legge citata, snello e scevro dalle formalit di procedura a carattere inquisitorio, che si conclude con provvedimento in camera di consiglio . E ci6 perch la natura contenziosa, negata dal Tribunale, invece chiaramente dimostrata dalla instaurazione del contraddittorio, mediante invito dell' .Amministrazione finanziaria a presentare deduzioni e richieste, nonch della sua partecipazione ad assistere alla eventuale istruttoria . Vale qui in merito porre in luce -lo osserva il Crou: La filiazione, Torino 1951, pag. 3, -che il valore peculiare del titolo di stato sta in ci6 che, la persona non pu6 normalmente far valere il proprio stato ed i diritti che ne derivano, se non in quanto ne produca il titolo; e che chiunque tenuto a considerare come legalmente esistente lo stato che risulta dal titolo; s che non si pu6 dal figlio o contro di esso far valere uno stato diverso se non in quanto si contesti il titolo, che dovr essere eliminato o modificato . E del principio -che anche a noi sembra esattissimo -il Tribunale prima, e la Oorte di Appello ora, con le decisioni indicate fanno anch'essi in sostanza esatta applicazione. Nella annotazione al provvedimento di primo grado (in questa Rassegna, 1959, 151) anchenoi facevamo rilevare -pur dandoci pero ivi carico di dimostrare come il rimedio non fosse nella specie assolutamente esperibile che la Longobardi Nicoletta Anna, per potersi avvalere ai fini invocati della condizione di figlia adulterina del testatore, avrebbe avuto l'obbligo .ai. contestare il suo stato di figlia legittima, perch la pretesa di e8$er~ ad un tempo figlia legittima e figlia adulterina avrebbe integrato gli estremi di un assurdo giuridico. E la nostra giurisprudenza ha avuto anche altre volte occasione di fare applicazione dell'indicato -27 principio: negando che si potesse proporre azio1!'e per alimenti ex art. 193 O. c. del 1865, nel caso in cui dall'atto di nascita il figlio risultava legittimo, nonostante che le parti in causa fossero invece d'accordo sulla adulterinit esulla sussistenza dell'obbligo alimentare, ma solo disputassero sulla misura degli alimenti (Tribunale di Roma, 17 gennaio 1930, Giur. It. 1930, I, 2, 271); escludendo, nella stessa ipotesi ora prospettata, che il figlio potesse proporre azione alimentare contro il preteso padre naturale (Oassazione 18 novembre 1930, Foro. It., rep. 1930, voce Filiazione, n. 15); escludendo la possibilit di eccepire che il figlio riconosciuto fosse invalidamente rappresentato in giudizio dal padre, perch adulterino (Oassazione 11 giugno 1932, Giur. It. 1932, I, 1, 1032); escludendo che in nome di un figlio legittimato per susseguente matrimonio potesse. proporsi azione alimentare contro un preteso diverso padre (Appello Bologna 28 aprile 1933, Temi emil. 1933, 244). Traendo spunto dalla fattispecie sottoposta alla valutazione del Magistrato, e commentando il provvedimento del Tribunale (in questa Rassegna, 1959, 151), ci chiedevamo se la Longobardi Nicoletta Anna, concepita dalla D'Antuono Annunziata, non pero ad opera del marito Longobardi Giuseppe ma di tal Dello Joio Luigi, e denunziata allo stato civile come figlia legittima della madre D'Antuono Annunziata e del di lei marito Longobardi Giuseppe, senza che da parte di quest'ultimo venisse esercitata azione di disconoscimento, si fosse dovuto necessariamente denunziare a quel modo, senza quindi essersene potuto invece fare comunque denunzia come di figlia naturale del Dello Joio Luigi e di donna che non consentisse di essere nominata. E questo interrogativo ci dava la possibilit di esaminare la fondatezza o meno della decisione delle Sezioni Unite della Oassazione penale in data 30 maggio 1959 (Foro It. 1959, II, 201), ove, innovandosi alla pacifica precedente giurisprudenza, si creduto di potere affermare che la denunzia all'ufficio di stato civile di un infante, nato dalla relazione adulterina tra una donna coniugata ed un uomo non vincolato da matrimonio, come figlio di quest'ultimo e di madre ignota, non costituisce reato di alterazione di stato . E siamo insorti avverso la detta decisione, peraltro confermata successivamente da quella, pure a Sezioni Unite, 27 febbraio 1960 (Giust. pen. 1960, II, 673), e poi con pi ampia valutazione del problema (Presunzione di paternit e alterazione di stato, in Riv. dir. civ. , 1961, II, 103) abbiamo ritenuto di dover proclamare che alla tesi innovativa della Oassazione va resistito ad oltranza. Non pero da tacersi, e ce ne d spunto ancora la fattispecie in esame, che dal Fiocca -il quale, dopo aver da magistrato condannato per soppressione di stato una levatrice la quale, pur a conoscenza del parto da donna regolarmente sposata, in conformit dei voleri della partoriente aveva presentato all'ospizio dei trovatelli della congrega di carit di Atessa un bambino, dichiarandolo falsamente come nato da genitori incerti, e dando cos luogo alla redazione in quel modo del relativo atto di nscita da parte dello 11,fficio di stato civile, sosteneva poi su piano dottrinario, a seguito di ulteriore meditazione del problema (Se costituisca reato il fatto di chi denunzia allo ufficio dello stato dvile come nato da genitori incerti un infante adulterino di cui egli conosce la madre, in Cass. unica, 1900, 1057), la tesi contraria -si giunge ad affermare che il pretendere che nell'atto di nascita si dichiari, contrariamente al vero, per legittima la prole che si sa ed provato essere adulterina, pretendere in sostanza la falsit in atti pubblici la cui finalit l'accertamento del vero. N si dica che i dichiaranti dovrebbero in quell'atto limitarsi semplicemente a dire che la prole nata da persona coniugata, facendone i nomi senz'aggiungere altro in omaggio alla presunzione di legittimit stabilita dall'art. 159 C. c. (del 1865, ora art. 231), perch ci sarebbe una reticenza, la quale moralmente e giuridicamente fa tutt'una cosa con la falsit. Ai poco esperti ed ai superficiali verrebbe infatti di pensare che l'avvenuta denunzia della Longobardi Nicoletta Anna come figlia della madre D'Antuono Annunziata e del di lei marito Longobardi Giuseppe, invece che -in quanto adulterina -come figlia naturale del Dello Joio Luigi e di madre ignota, abbia in effetti anche integrato gli estremi di un'alterazione di stato, nella cui figura delittuosa incorre chiunque, nella formazione di un atto di nascita, altera lo stato civile di un neonato, mediantefalse certificazioni, false attestazioni o altre falsit (art. 567 O. p.), e l'alterazione consisterebbe in tal caso nell'avere attribuito lo stato di figlio legittimo ad un neona"to al quale, in relazione al vero biologico, competeva invece lo stato di figlio illegittimo. pero un fuor d'opera anche soltanto pensare che possa comunque incorrersi nel reato di alterazione di stato, ove si dia esecuzione alla tassativa disposizione di legge, di cui all'art. 231 O. c., redatta nel senso che il marito padre del figlio concepito durante il matrimonio . E potendosi dal marito procedere, in casi determinati (art. 233 e 235 O. c.), al disconoscimento della paternit presunta per legge a suo carico, la citata norma dell'art. 231 non puo e non deve essere intesa nel senso che da donna coniugata non possano nascere che figli legittimi, perch . vero che i figli di detta donna possono essere legittimi ed illegittimi, ma la illegittimit dei figli in quel caso puo solo essere acclarata dal Magistrato, con tutte le pi ampie garanzie della indagine e del proc6dimento giudiziario che venga promosso in sede di disconoscimento di paternit. Ed possibile in quel caso acclarare il vero, 6 cio la loro condizione di adult6rini, solo attraverso d6tto predisposto mezzo, che sottrae la ignara sorte dei figli all'incontrollato voler6 dei genitori, i quali diversamente diverrebbero arbitri di disporre dello stato di filiazione della loro prole, pur se con il rischio di incorrere nel reato di alterazion6 di stato, ma p6r il solo caso in cui al figlio che di fatto legittimo si attribuisca uno BU,1,to di filiazion6 illegittima. GIUSEPPE .A.ZZARITI INDICE SIS1,EMATICO DELLE CONSULTAZIONI LA FORMULAZIONE DEL QUESITO NON RIFl,ETTE IN ALCUN MODO LA SOLUZIONE OHE NE STATA DATA ACQUE PUBBLICHE CASSA PER IL MEZZOGIORNO. -Se la Cass per il Mezzogio;rno possa assumere la gestione diretta degli acquedotti costruiti a totali'! suo carico (n. 67). AGENTI DIPLOMATICI E CONSOLARI PERSONALE DIPLOMATICO CONSOLARE -TRATTAMENTO ECONOMICO. -Quale sia la data di decorrenza della riduzione del 20 % dell'assegno di sede prevista, per i funzionari non coniugati, dal secondo comma dell'art. 4 della legge 4 gennaio 1951, n. 13, sul trattamento economico del personale diplomatico-consolare in servizio all'estero, nel caso di un funzionario che abbia ottenuto una sentenza di annullamento di matrimonio da parte di un Tribunale straniero, successivamente delibata in Italia (n. 6). AGRICOLTURA E FORESTE GESTIONI TENUTE PER CONTO DELLO STATO -CESSIONI E VENDITE DI GRANO. -1) Se in materia alimentare, ed in particolare in materia di cessioni o vendite di grano delle gestioni tenute per conto dello Stato, la legge 6 marzo 1958, n. 199 abbia devoluto all'Amministrazione dell'Agricoltura tutte le attribuzioni che precedentemente competevano all'Alto Commissariato dell'Alimentazione in virt del D. L. L. 28 dicembre 1944, n. 411 (n. 24) 2) Se la citata legge 6 marzo 1958, n. 199 abbia demandato all'Amministrazione dell'Agricoltura la potest, di disporre in via amministrativa, di concerto con le altre Amministrazioni interessate, delle eccedenze di grano di propriet dello Stato non assorbite dal consumo interno (n. 24). AMMINISTRAZipNE PUBBLICA. ENTE NAZIONALE IDROCARBURI. -1) Se, ai sensi dell'art. 23 della legge 10 febbraio 1953 n. 136, il Ministro per l'Industria e il Commercio sia competente in materia di espropriazioni e occupazioni di urgenza per tutte le opere che l'E. N. I. intenda effettuare, non solo direttamente ma anche per mezzo delle societ indicate nello art. 3 della citata legge, in attuazione dei propri compiti istituzionali, anche al di fuori della zona di esclusiva (n. 250). CESSIONE E VENDITE DI GRANO DELLE GESTIONI TENUTE PER CONTO DELLO STATO. -2) Se, in materia alimentare, ed in particolare in materia di cessioni o vendite di grano delle gestioni tenute per conto dello Stato, la legge 6 marzo 1958, n. 199 abbia devoluto all'Amministrazione della Agricoltura tutte le attribuzioni che precedentemente competevano all'Alto Commissariato d~lla Alimentazione in virt del D. L. L. 28 dicembre 1944, n. 411 (n. 251). 2) Se la citata legge 6 marzo 1958, n. 199 abbia demandato all'Amministrazione dell'Agricoltura la potest di disporre in via amministrativa, di concerto con le altre Amministrazioni interessate, delle eccedenze di grano di propriet dello Stato non assorbite dal consumo (n. 251). IMPIANTI TELEFONICI A POSTI PLURIMI DI LAVORO ASSUNZIONE DI CENTRALINISTA CIECO. -3) Se la mera esistenza di un impianto telefonico a posti plurimi di lavoro sia condizione necessaria e suffeciente per il sorgere dell'obbligo, sancito a carico delle pubbliche amministrazioni e dei privati dall'art. 1 della legge 14 luglio 1957 n. 594, di assumere in servizio per ogni ufficio, sede o stabilimento che sia dotato di centralino telefonico di smistamento o di collegamento con pi di un posto di lavoro, un minorato della vista abilitato alle funzioni di centralinista (n. 252). e ISTITUTO INTERNAZIONALE PER L'UNIFICAZIONE DEL DmITTo PRIVATO. -4) Se l'Istituto Internazionale per l'unificazione del diritto privato sia compreso negli enti assoggettati, in virt dell'art. 5 della legge 28 febbraio 1949 n. 43, al pagamento dei contributi INA-Casa (n. 253). VENDITA DI BENI IMMOBILI A STRANIERI. -5) Se possano essere venduti a cittadini ed a persone giuridiche stranieri beni immobili di propriet della Pubblica Amministrazione (n. 254). 6) In ipotesi affermativa, con quali modalit (n.254). ANTICHIT E BELLE ARTI DmITTI DEL PROPRIETARIO DEL FONDO. -1) Se la Amministrazione dello Stato abbia il diritto di ottenere dal proprietario dei fondi finitimi il passaggio coattiv6di cui all'art. 1051 O. c. per accedere ad immobili interessanti l'archeologia e le altre categorie di legge quando tali immobili risultino interclusi (n. 43). -29 2) Se debba pagarsi al proprietario la porzione di terreno sulla quale insistono cose immobili di interesse archeologico, storico, artistico ecc. di propriet dello Stato (n. 43). 3) Se al proprietario del fondo nel quale vengono rinvenuti immobili di interesse archeologico, storico artistico ecc., spetti il premio previsto dagli artt. 44, 46 e 49 della legge i0 giugno i939, n. 1089 (n. 43). 4) Se il premio previsto dagli artt. 44, 46 e 49 della legge io giugno i939, n. i080 possa intendersi corrisposto a tacitazione dei diritti del proprietario sulla porzione di terreno sulla quale insistono i beni immobili rinvenuti (n. 43). 5) Se sia possibile l'abbandono al proprietario del fondo delle cose immobili di interesse archeologico rinvenute quale quota del premio previsto dagli artt. 44, 46 e 49 della legge io giugno i939, n. i089 (n. 43). APPALTO CONTRATTI DI FORNITURA. -i) Se l'aggiudicazione di una fornitura .a seguito di asta pubblica debba essere annullata, nel caso in cui il consenso manifestato dal miglior offerente :i:isulti viziato da errore (n. 258). 2) Se, nel caso in cui l'aggiudicazione di una fornitura a seguito di asta pubblica sia stat_a annullata, possa essere ammessa ad eseguire la fornitura medesima, in base al prezzo. offerto in_sede d'asta, la ditta che aveva presentato la seconda offerta in ordine di graduatoria (n. 258). AUTOVEICOLI E AUOLINEE REGIONE TRENTINO ALTO-ADIGE. -Se competa al Ministero dei Trasporti o alla Regione Trentino AltoAdige l'approvazione dei regolamenti comunali in tema di autoservizi di noleggio da rimessa (n. 60). CACCIA E PESCA. CREDITO PESCHERECCIO. -Se il mutuo previsto dalla legge 27 dicembre i956, n. i457, istituente un fondo di rotazione per l'esercizio del credito peschereccio, sia cumulabile con benefici concessi a favore dell'attivit pescher~ccia dalla Cassa del Mezzogiorno e dalle Regioni autonome della Sicilia e della Sardegna (n. i6). CINEMATOGRAFIA ABBUONO DI DIBITTI ERARIALI. -Se l'abbuono del 2 %previsto dall'art. i5 della legge 3i luglio i956 n. 897, si debba concedere limitatamente ai casi in cui siaprogrammato, oltre al film lungometraggio e al film nazionale di attualit, un solo film cortometraggio (n. 30). CONCESSIONI DISTRIBUTORI DI CARBURANTE. -Se sia legittima la autorizzazione prefettizia relativa all'impianto di posti di rifornimento di carburante su suolo pubblico, emanata sulla base di nulla osta concessi dal Comune intuitu personae -in deroga all'opposto criterio fin li seguito ~ a seguito di convenzione obbligatoria stipulata tra il Comune stesso e la Societ erogatrice del carburante (n. 65). CONFISCA E. G. E. L. I. -i) Se i beni confiscati o sequestrati a favore dello Stato e attribuiti in gestione all'E. G. E. L.I con provvedimenti presi in applicazione delle leggi razziali emanate dal sedicente governo dell repubblica sociale italiana (provvedimenti dichiarati inefficaci dallo art. i, n. 2, D. L. L. 5 ottobre i944, n. 249) possono essere liberamente alienati a favore dello Stato -e per esso della Liquidazione E. G. E. L. I. -, nell'ipotesi in cui gli interessati non abbiano tempestivamenteesercitato l'azione di rivendicazione di cui agli artt. 1 e 2 della legge 5 maggio i946, n. 393 (n. 20). 2) Se l'aliena2lione dei suddetti beni possa essere disposta con le modalit stabilite dalla legge 4 dicembre i956, n. i404 (n. 20). CONTABILITA GENERALE DELLO STATO p ARERE DEL CONSIGLIO DI STATO. -Se, ai sensi dell'art. i5 della legge sulla Contabilit di Stato l'obbligo di richiedere il parere del Consiglio di Stato sussista anche quando l'Amministrazione ritenga di dover respin." gere la richiesta di disapplicazione della clausola penale (n. i82). COSE RUBATE O SMARRITE Se sia applicabile la particolare disciplina di cui agli artt. 927 e segg. cod. civ. nel caso in cui un oggetto smarrito sia stato rinvenuto nei locali dell'Amministrazione dello Stato aperti al pubblico e, inoltre, il ritrovamento sia stato effettuato da un dipendente dell'Amministrazione medesima (n. 11). DANNI DI GUERRA CONTRIBUTI DI RICOSTRUZIONE. -i) Se, nell'ambito di applicazione delle norme di cui alla legge 27 dicembre 1953, n. 968, a coloro che, non avendo alcun obbligo di chiedere l'autorizzazione al ripristino del bene danneggiato o distrutto da eventi bellici, abbiano effettuato senza autorizzazione il ripristino anteriormente all'entrata in vigore della legge stessa, spetti il contributo previsto nell'art. 23 nella misura integrale oppure quello in misura ridotta previsto dall'art. 55 (n. i04). 2) Se, ai sensi della legge 27 dicembre 1953, n. 968, il contributo previsto dagli artt. 23 e 55 spetti anche a coloro che non abbiano denunciato il danno anteriormente alla ricostruzione dell'opera (n. 104). RIPARAZIONI D'UFFICIO. -3) Se l'art. 4i della legge 27 dicembre i953, n. 968, che sancisce a favore dei proprietari di immobili danneggiati dalla guerra e riparati d'ufficio dal Genio Civile il diritto alla riduzione a i/3 della spesa posta a loro carico, sempre che nei loro confronti ricorrano le condizioni patrimoniali e di reddito previste dal n. i, lettera a) dell'art. 39 della citata legge e si tratti dell'unica casa del danneggiato, destinata ad abitazione propria e della propria famiglia >>, trovi' applicazione per i proprietari di un immobile costituito da un intero fabbricato con un numero notevole di vani, superiori alle esigenze famigliari e destinato in parte anche a studio professionale del proprietario (n. 105). -30 2) Se la riduzione di cui sopra possa essere concessa ai proprietari di immobili danneggiati dalla guerra e riparati di ufficio dal Genio Civile, che abbiano gi effettuato il rimborso delle spese poste a loro carico prima dell'entrata in vigore della citata legge 27 dicembre 1953, n. 968 (n. 105). 3) Se la suddetta riduzione possa essere concessa ai proprietari ammessi a pagamenti rateali, talch alla data dell'entrata in vigore della citata legge 27 dicembre 1953, n. 968 una parte del debito a loro carico sia gi stata versata, e una parte sia ancora dovuta (n, 105). DAZI DOGANALI BENEFICI DOGANALI LEGGE 17 LUGLIO 1954, N. 522. 1) Se il cambiamento di destinazione di una nave originariamente di propriet privata ed immatricolata come destinata alla navigazione marittima, alla quale siano pertanto stati riconosciuti i benefici doganali concessi dalla legge 17 luglio 1954, n. 522, importi ipeo iure la perdita di tali benefici e il sorgere dell'obbligazione tributaria doganale (n. 17). 2), Se, in base all'art. 15 della succitata legge 17 luglio 1954, n. 522, gli stessi effetti si producano in seguito al trasferimento della propriet della suddetta nave dal privato titolare originario ad un'amministrazione dello Stato (n. 17). EDILIZIA ECONOMICA E POPOLARE ALLOGGI INA-CASA. -1) Se, in applicazione della legge 26 novembre 1955, n. 1148, sia consentito agli assegnatari di alloggi INA-Casa a riscatto adottare il sistema della locazione (n. 105). ALLOGGI INA-CAsA -AMMINISTRAZIONE. -2) Se agli enti incaricati dell'amministrazione di alloggi INA Casa debba riconoscersi legittimazione ad agire in giu dizio in nome proprio (n. 106). ALLOGGI INA-CASA -NucLEO FAMILIARE. -3) Se nel nucleo familiare debba comprendersi, ai fini della legge 22 giugno 1949 n. 340, il coniuge legalmente separato (n. 107). ALLOGGI INA-CASA -RISCATTO ANTICIPATO. -4) Se la Qestione INA-Casa, nel caso di riscatto anticipato dell'alloggio, possa, avvalendosi del disposto di cui allo art. 10, n. 2 del D. P. R. 4 luglio 1949, n. 439, rin viare la stipulazione dell'atto di vendita dell'alloggio alla scadenza dei cinque anni previsti dal D. P. R. 9 apri le 1956, n. 1265 (n. 108). 5) Se la Gestione INA-Casa, nel caso di riscatto anti cipato dell'alloggio, possa limitare, nell'atto di vendita; la disponibilit dell'immobile per il periodo dei cinque anni di cui al D. P. R. 9 aprile 1956, n. 1265 (n. 108). CONTRIBUTI INA-CAsA -IsT. ,INTERN. PER L'UNIFICAZIONE DEL DIRITTO PRIVATO. -6) Se l'Istituto Internazionale per l'unificazione del diritto privato sia compreso negli enti assoggettati, in virt dell'art. 5 della legge 28 febbraio 1949 n. 43, al pagamento dei contributi INA-Casa (n. 109). COOPERATIVA EDILIZIA -ASSEGNAZIONE DI ALLOGGI PRENOTATI PRESSO L'INA-CASA. -7) Se i provvedidi decadenza adottati nei confronti di soci prenotatari da parte di una cooperativa edilizia che abbia prenotato alloggi a norma dell'art. 8 della legge 26 novembrel955, n. 1148, abbiano efficacia vincolante anche per la gestione INA-Casa (n. 110). 8) Se la Gestione INA-Casa per prc:icedere alla assegnazione di alloggi prenotati da una cooperativa edilizia a norma dell'art. 8 della legge 26 novembre 1955, n. 1148, sia tenuta ad attendere l'esito di un procedimento di recesso o di esclusione promosso nei confronti di un socio prenotatario (n. 110). GESTIONE INA-CASA -AsSEGNAZIONE APPARTAMENTI -DECADENZA. -8) Se l'assegnatario di un appartamento INA-Casa che, dopo aver ricevuto la consegna dell'appartamento stesso,, rifiuti di sottoscrivere ilcontratto relativo e non paghi le rate di ammortamento per tre mensilit consecutive, possa venir dichiarato decaduto, in base al combinato disposto dell'art. 14 terzo comma e dell'art. 17 secondo comma della legge 28 febbraio 1949, n. 43 (111). GESTIONE INA-CASA -CONTRIBUTI -PARTECIPAZIONE AI BENEFICI CONCESSI DAL PIANO. -9) Se il lavoratore, che abbia pagato almeno una mensilit di contributo INA-Casa, come richiede l'art. 13 del D. P. R. 22 giugno 1949, n. 340, usufruisca dei benefici concessi dal piano (assegnazione o cessione di alloggi per lavoratori), anche quando si venga a trovare in condizione di non partecipare pi al versamento dei contributi (n. 112). ESPROPRIAZIONE -RETROCESSIONE. -10) Se l'Istituto Case popolari sia tenuto a retrocedere agli aventi diritto i beni espropriati che non furono adoperati per, la costruzione di case economiche (n. 113). MUTUI EDILIZI. -11) Se gli Enti beneficiari del fondo di rotazione per Trieste, istituito con legge 18 ottobre 1955, n. 908, abbiano diritto di fruire del contributo erariale pari al tasso di favore del 2,50 % sulla somma mutuata (n. 114). TERREMOTI. -12) Se i privati danneggiati in seguito a terremoto i quali abbiano acquistato il diritto al contributo diretto o al sussidio governativo oppure al concorso dello Stato nel mutuo di favore per l'acquisto di un alloggio economico, possano, incambio del contributo, sussidio o concorso dello Stato, acquistare le case costruite dallo Stato, ai 'sensi dell'art. 266 T. U. 28 aprile 1938, n. 1165, anche nel caso che non abbiano residenza nel Comune dove sono situate le case da acquistare,purch non dispongano di alloggio stabile nel Comune dove hanno il proprio domicilio (n. 115). , ESECUZIONE FISCALE RISCOSSIONE'_ COMMISSARIO LILIDATORE. -1) Se sia applicabile al commissario liquidatore, nella procedura della liquidazione coatta amministrativa, l'art. 265, 10 comma, T. U. 29 gennaio 1958, n. 645, per il quale i liquidatori dei soggetti tassabili in base..a,bilancio che non adempiono all'obbligo di pagare, con le attiv!t della liquidazione, le imposte dovute dal soggetto per i periodo della liquidazione e per quello anteriore, rispondono in proprio del pagamento d9lle imposte stesse (n. 56). -31 FALLIMENTO -INSINUAZIONE TARDIVA. -2) Se l'esattore sia tenuto a proporre insinuazione tardiva nel fallimento del contribuente anche quando i ruoli siano a lui trasmessi dopo la chiusura della verifica dei crediti (n. 57). 3) Se, nella stessa ipotesi, l'esattore che abbia provveduto all'insinuazione tardiva possa pretendere il rimborso delle spese sostenute (n. 57). ESPROPRIAZIONE PER P. U. INDENNIT. -1) Se, nell'ipotesi in cui l'espropriato si sia opposto alla determinazione peritale dell'indennit di espropriazione -indennit depositata presso la Cassa DD. e PP. a norma dell'art. 49 legge n. 2359 del 1865, -e, a seguito del giudizio di opposizione l'indennit venga stabilita in una somma maggiore, l'espropriante debba gli interessi su quest'ultima somma dal momnto dell'occupazione del fondo (n. 161). M.ANCATA COSTRUZIONE CASE ECONOMICHE. -2) 'Se l'Istituto Case Popolari sia tenuto a retrocedere agli aventi diritto i beni espropriati che non furono adoperati per la costruzione di case economiche (n. 162). OCCUPAZIONE D'URGENZA, -3) Se, emesso decreto di occupazione di urgenza a norma degli artt. 23 legge 28 febbraio 1949, n. 43 e 73 della legge sull'espropriazione per p. u., sia necessario, per procedere all'espropriazione, provvedere alla dichiarazione di pubblica utilit, a norma degli rtt. 1-15 della legge sull'espropriazione, o se possa considerarsi tale dichiarazione implicita nel decreto di occupazione di urgenza (n. 163). TERRE INCOLTE -INDENNIZZL. -4) Se al concessionario di terre incolte completa, in caso di espropriazione per pubblica utilit, l'indennizzo per miglioramenti (n. 164). FALLIMENTO ESECUZIONE FISCALE -ESATTORE. -1) Se l'esattore sia tenuto a proporre insinuazione tardiva nel fallimento del contribuente anche quando i ruoli siano a lui trasmessi dopo la chiusu:ra della verifica dei crediti (n. 60). 2) Se nella stessa ipotesi, l'esattore che abbia provve duto all'insinuazione tardiva possa pretendere il rim borso de~e spese sostenute (n. 60). FERROVIE CARRI PRIVATI -DANNI A FERROVIE STRANIERE -1) Se l'Amministrazione delle Ferrovie dello Stato sia tenuta ad agire direttamente, nei confronti del titolare di un carro privato immatricolato presso di essa, per il risarcimento dei danni derivati a Ferrovie straniere dall'uso del carro stesso (n. 317). ENERGIA ELETTRICA PER ILLUMINAZIONE DEGLI SCALI E IMPIANTI FERROVIARI. -2) Se l'energia elettrica destinata alla illuminazione degli scali ed impianti ferro viari debba essere tariffata alla stregua dell'energia per la pubblica illuminazione (n. 318). VIAGGIATORE MUNITO DI ABBONAMENTO INTESTATO AD ALTRI. -3) Quale -ipotesi di reato vada ravvisata nel fatto di una persona che, trovata durante il viaggio in possesso di abbonamento ordinario intestato ad altri e senza il denaro necessario a pagare il biglietto ordinario e le dovute sopratasse, tenti di eludere la possibilitdi controllo della sua personale identit con il titolare dello abbonamento asserendo di non essere in possess di documenti di riconoscimento (n. 319). IMPIEGO PUBBLICO IMPIANTI TELEFONICI A POSTI PLURIMI DI LAVORO ASSUNZIONE CENTRALINISTA CIECO. -1) Se la mera esistenza materiale di un impianto telefonico a posti plurimi di lavoro sia condizione necessaria e sufficiente per il sorgere dell'obbligo sancito a carico delle pubbliche amministrazioni e dei privati dall'art. 1 della legge 14 luglio 1957, n. 594, di assumere in servizio per ogni ufficio, sede o stabilimento che sia dotato di centralino telefonico di smistamento o di collegamento con pi di un posto di lavoro, un minorato della vista abilitato alle funzioni di centralinista (n. 515). IMPIEGATO STATALE -PERSONALE DIPLOMATIOO CONSOLARE. -2) Quale sia la data di decorrenza della riduzione del 20 % dell'assegno di sede prevista, per i funzionari non coniugati, dal secondo comma dell'art. 4 della legge 4 gennaio 1951 n. 13, sul trattamento economico del personale diplomatico consolare in servizio all'estero, nel caso di un funzionario che abbia ottenuto una sentenza di annullamento di matrimonio da parte di un Tribunale straniero, successivamente delibata in Italia (n. 516). IMPIEGATO STATALE -SEQUESTRO CONSERVATIVO DEGLI STIPENDI. -3) Se siano applicabili le norme di procedura previste dal codice di rito (artt. 686 C. p.c. e 156 C. p. c.) per la conversione in pignoramento del sequestro conservativo concesso, in pendenza di giudizio di responsabilit dinanzi alla Corte dei Conti, su crediti del dipendente verso l'Amministrazione (n. 517). INSEGNANTI NON DI RUOLO -STIPENDI ARRETRATI IN SEGUITO A DECISIONE DEL CONSIGLIO DI STATO. -4) Se un insegnante non di ruolo escluso per illegittima determinazione della P. A. dal conferimento di un incarico, abbia diritto agli arretrati, in seguito a decisione del Consiglio di Stato che annulli la determinazione stessa (n. 518). MORTE DELL'IMPIEGATO PER CAUSA DI SERVIZIO. -5) Se l'equo indennizzo che, a termini dell'art. 68, 8 comma D. P. R. 10 gennaio 1957, n. 3, spetta al pubblico impiegato nell'ipotesi di perdita dell'integrit fisica in seguito ad infermit riconosciuta dipendente da causa di servizio possa essere preteso dagli eredi nell'ipotesi di morte dell'impiegato per causa di servizio (n. 519). IMPORTAZIONE-ESPORTAZIONE OLIO DI SESAMO CONTENUTO IN OLII IDROGENATI IMPORTATI PER uso ALIMENTARE. -1) Se l'olio disesamo contenuto nella margarina e nei grassi idrogenati alimentari (che, a norma dell'art. 8 legge 4 novembre 1951, n. 1316 e dell'art. 9 D. P. R. 14 gennaio 1954, n. 131, devono essere addizionati con un rilevatore di olio di sesamo) sia soggetto alla sovrimposta di confine di cui -82 :.. all'art. 1 D. L. 30 ottobre 1952, n. 1323 (art. T. U. 22 INVALIDI DI GUERRA dicembre 1954, n. 1217) (n. 22). 2) Se la sovrimposta possa essere successivamente applicata in via di revisione dell'originaria imposizione (n. 22). IMPOSTA DI CONSUMO OPIFIOI INDUSTRIALI. -Se, alla stregua dei criteri stabiliti dall'art. 40 R. D. 30 aprile 1936 n. 1138, possano considerarsi opifici industriali le filiali F.I.A.T. ai fini dell'esenzione dell'imposta comunale di consumo sui pi.ateriali da costruzione di cui all'art. 30 n. 6 T. U. 14 settembre 1931, n. 1175 sulla finanza locale (n. 6). IMPOSTA DI REGISTRO AGEVOLAZIONI TRIBUTARIE -APPLIOAZIONE ART. 32 LEGGE N. 603/954. -Se, nel caso di pi acquirenti di un immobile in parti eguali ed indivise per unico prezzo, l'aliquota ridotta del 2 % prevista dall'art. 32 legge 6 agosto 1954, n. 603 per il primo milione del valore imponibile debba applicarsi tante volte quanti sono gli acquirenti anzidetti (n. 169). IMPOSTA DI SUCCESSIONE LEGATI. -Se, al fine della determinazione delle quote di eredit per la liquidazione dell'imposta di successione, l'ammontare dei legati debba farsi gravare per intero sulla quota disponibile (n. 31). IMPOSTE E TASSE IMPOSTA DI FABBRICAZIONE SUI FILATI, -1) Quale sia la decorrenza della riduzione dell'imposta di fabbri. cazione sui filati, prevista nell'art. 4 della legge 24 dicembre 1949, n. 940, per il caso di inattivit di singoli filatoi, in relazione al termine per effettuarne la denuncia di cui al terzo comma dello stesso art. 4 (n. 338). SANZIONI TRIBUTARIE -CONDONO. -2) Se, per effetto dell'art. I della legge 30 luglio 1959, n. 559 suhondono in materia tributaria di sanzioni non aventi natura penale, possa applicarsi il condono della pena pecuniaria anche ai contesti elevati dall'U. T. E. per violazione dell'art. 57 del T. U. 18 ottobre 1931, n. 1572 sul catasto, per i quali l'Ufficio stesso, prima del 18 dicembre 1959, abbia provveduto d'ufficio agli adempimenti di legge (n. 339). IMPOSTE VARIE ALCOLI DENATURATI. -Se, a norma dell'art. 8 del D. L. 16 settembre 1955 convertito con modificazioni nella legge 15 novembre 1955 n. 1037, sia applicabile il diritto erariale speciale sugli alcoli denaturati, nella misura stabilita dal detto decreto, agli alcoli sui quali sia gi stato corrisposto il diritto erariale anteriormente vigente e che si trovino in recinti, spazi o l()cali sui quali viene esercitata la vigilanza :finanziaria prevista dall'art, 25 capoverso D. M. 8 luglio 1924 (n. 3), ASSUNZIONE OBBLIGATORIA. -Se le ditte appaltatrici dei servizi ausiliari della Gestione Viveri (( La Provvida siano tenute ad osservare gli obblighi derivanti dalla legge 3 giugno 1950, n. 375 sull'assunzione obbligatoria al lavoro degli invalidi di guerra (n. 15). ISRAELITI CONFISCA -E. G. E. L. I. -1) Se i beni confiscati o sequestrati a favore dello Stato e attribuiti in gestione all'E. G. E. L. I. con provvedimenti presi in applicazione delle leggi razzali emanate dal sedicente governo della . repubblica sociale italiana (provvedimenti dichiarati inefficaci dall'art. In. 2 D. L. L. 5 ottobre 1944, n. 249) possano essere liberamente alienati a favore dello Stato -e per esso della Liquidazione E. G. E. L. I. -nella ipotesi in cui gli interessati non abbiano tempestivamente esercitato l'azione di rivendicazione di cui agli art. 1 e 2 D. L. L. 5 maggio 1946, n. 393 (n. 2). 2) Se l'alienazione dei suddetti beni possa esser\3 disposta con le modalit stabilite dalla legge 4 dicembre 1956, n. 1404 (n. 2). LAVORO BREVETTO DI SPECIALIZZATO. -1) Se sia legittima l'imposizione di un limite massimo di et per il rilascio del brevetto di ((specializzato di cui al D. L. L. 12 aprile 1946, n. 320 (n. 29). MEZZOGIORNO. -2) Quale sia la portata della norma dell'art. 43 legge 29 luglio 1957, n. 634 per la quale~ nei provvedimenti di concessione dei benefici previsti dalla stessa legge e nei capitolati di appalto per le opere fuianziate, deve essere inserita una esplicita clausola determi~ nante l'obbligo dei beneficiari 'di applicare, nei confronti dei lavoratori, condizioni non infer10ri a quelle stabilite dai contratti collettivi, potendosi, in caso di inadempimento a tale obbligo, provvedere alla revoca del beneficio (n. 30). REDDITO DI LAVORO -AGGIUNTA DI FAMIGLIA. 3) Se l'indennit, prevista dall'art, 17 della legge 26 agosto 1950, n. 860, debba considerarsi ((reddito di lavoro" ai fini dell'art. 4 del D. P. R. 17 agosto 1955, n. 767 (n. 31). 4) Se si abbia diritto alla aggiunta di famiglia per la moglie che, assente dal lavoro per maternit, percepisca l'indennit prevista dall'art. 17 della legge 26 agosto 11J50, n. 860 (n. :H). MATRIMONIO MATRIMONIO .RELIGIOSO -TRASCRIZIONE. -S~ l P. A. possa chiedere la trascrizione del matrimonio religioso di un cittadino, ai sensi dell'art. 14 della legge , 27 maggio 1929, n. 847, che attribuisce tale facolt <(a chiunqu~ vi abbia interesse (n. 14). MEZZOGIORNO . CASSA PER IL MEZZOGIORNO -COSTRUZIONE DI ~Q.c;:E: DOTTI. --: 1) Se la Cassa per il Mezzogiorno possa assumere la; gestitme diretta degli acquedotti costruiti a totale suo carico (n. 16). -33 CASSA PER IL MEZZOGIORNO -LEGGE 29 LUGLIO 1957, N. 634. -2) Quale sia la portata della norma dello art. 43 legge 29 luglio 1957, n. 634 per la quale, nei provvedimenti di concessione dei benefici previsti dalla stessa legge e nei capitolati di appalto per le opere finanziate, deve essere inserita una esplicita clausola determinante l'obbligo dei beneficiari di applicare, nei confronti dei lavoratori, condizioni non inferiori a quelle stabilite dai contratti collettivi, potendosi, in caso di inadempimento a tale obbligo, provvedere alla revoca del beneficio (n. 17). CASSA PER IL MEZZOGIORNO -RICORSI. -3) Quale sia, in relazione ai provvedimenti emessi dalla Cassa per il Mezzogiorno, il Ministro competente alla recezione ed alla istruttoria dei ricorsi straordinari ai sensi dell'art. 61 del Regolamento 21 aprile 1942, n. 444 perla esecuzione della legge sul Consiglio di Stato (n. 18). NAVE E NAVIGAZIONE BENEFIOI DOGANALI -LEGGE 17 LUGLIO 1954, N. 522. 1) Se il cambiamento di destinazione di una nave origi nariamente di propriet privata ed immatricolata come destinata alla navigazione marittima, alla quale siano pertanto stati riconosciuti i benefici doganali concessi dalla legge 17 luglio 1954 n. 522, importi ipso iure la perdita di tali benefici ed il sorgere dell'obbligazione tributaria doganale (n. 106). 2) Se, in. base all'art. 15 della succitata legge 17 lu glio 1954, n. 522, gli stessi effetti si producano in seguito al trasferimento della propriet della suddetta nave dal privato titolare originario ad una Amministrazione dello Stato (n. 106). POSTE E TELECOMUNICAZIONI SuCOESSIONI TESTAMENTARIE. -Se l'Amministrazione delle Poste possa addivenire al pagamento di titoli po stali di risparmio, caduti in successione, in favore degli eredi universali istituiti con testamento dichiarato valido e non opposto, sulla base dell'attestazione di notoriet prevista dall'art. 298 Reg. Cont. Gen. Stato, senza preoc cuparsi, in difetto di impugnative in atto, di possibili lesioni di legittima (n. 81). PREZZI ENERGIA ELETTRICA PER ILLUMINAZIONE DEGLI SCALI E IMPIANTI FERROVIARI. -1) Se l'energia elettrica destinata alla illuminazione degli scali ed impianti ferroviari debba essere tariffata alla stregua dell'energia per la pubblica illuminazione (n. 49). NOLI CONTATORI PER ILLUMINAZIONE. -2) Se violi a norma penale dell'art. 14 D. Lgs. 15 settembre 1947,, n. 896, in relazione al provvedimento C. I. P., 28 dicem. bre 1956, n. 620 capo II, l'Azienda distributrice di energia elettrica che esiga dall'utente, per un contatore a carico variabile, il nolo consentito per i contatori monofasi di portata corrispondente a quella masssima del contatore considerato (n. 50). PROPRIETA VINCOLI SU FABBRICATO IN CONDOMINIO. -1) Se, ed in quale modo, possa vincolarsi la destinazione di uno o pi appartamenti in propriet separata in un fabbricato in condominio con efficacia anche nei confronti dei terzi acquirenti (n. 28). 2) Se, in particolare, la limitazione di godimento consistente nei vincoli, positivo o negativo, di destinazione di un immobile possa considerarsi come servit prediale (n. 28). PROPRIETA INDUSTRIALE MA:aom D'IMPRESA. -1) Se siano valide nel nostro ordinamento, in relazione all'art. 2573 C. c. ed all'art. 15 del R. D. 21 giugno 1942, n. 929, licenze d'uso non esclu- sivo di marchi di impresa, ed in particolare se siano ammissibili quando ad esse corrisponda un notevole interesse per l'economia nazionale (n. 3). 2) Se sia ammissibile }a concessione di licenza d'uso di marchio a pi imprese associate (n. 3). REGIONI REGIONE SICILIANA -LEGGI REGIONALI. -1) Se possa ritenersi viziata di illegittimit costituzionale, in relazione agli artt. 41, 42, 433 e 76 Cost., 14 e 17 Statuto Reg. Sic., la legge regionale siciliana 5 agosto 1948, n. 22, la quale autorizza l'assessore ai LL. PP. a prorogare fino a quattro anni, con proprio decreto, il termine assegnato dal terzo comma della legge nazionale 3 novembre 1952, n. 1902 (n. 90). REGIONE TRENTINO-ALTO ADIGE -AUTOSERVIZI DI NOLEGGIO DA RIMESSA. -2) Se competa al Ministero dei Trasporti o alla Regione Trentino-Alto Adige l'approvazione dei regolamenti comunali in tema di autoservizi di noleggio da rimessa (n. 91). RESPONSABILITA CIVILE DANNI CAGIONATI DAGLI ALLEATI. -Se nel caso di danni prodotti dalle forze armate alleate per azioni non di combattimento, il giudice ordinario adito abbia cognizione della lite con pienezza di giurisdizione, ovvero debba limitarsi ad accertare la regolarit e la legittimit dello operato dell'Amministrazione nella determinazione della indennit (n. 192). RICORSI CASSA PER IL MEZZOGIORNO -RICORSI AMMINISTRATIVI. -Quale. sia, in relazione ai provvedimenti emessi dalla Cassa per il Mezzogiorno, il Ministro competente alla recezione ed alla istruttoria dei ricorsi straordinari ai sensi dell'art. 61 del Regolamento 21 aprile 1942, n. 444 per la esecuzione della legge sul Consiglio di Stato (n. 6). 34 SEQUESTRO CREDITI DI IMPIEGATI VERSO L'AMMINISTRAZIONE. -Se siano applicabili le norme di proedura previste dal codice di rito (artt. 686 C. p. c. e 156 att. C. p. c.) per la conversione in pignoramento del sequestro conservativo concesso, in pendenza di giudizio di responsabilit dinanzi alla Corte dei Conti, su crediti del dipendente verso l'Amministrazione (n. 16). SERVIT VINCOLI SU FABBRICATO IN CONDOMINIO. -1) Se, ed, in quale modo, possa vincolarsi la destinazione di uno o pi appartamenti in propriet separata in un fabbricato in condominio con efficacia anche nei confronti dei terzi acquirenti (n. 29). 2) Se, in particolare, la limitazione di godimento consistente nel vincolo, positivo o negativo, di destinazione di un immobile possa configurarsi come servit prediale (n. 29). SUCCESSIONI SUCCESSIONI TESTAMENTARIE. -Se l'Amministrazione delle Poste possa addivenire al pagamento di titoli postali di risparmio, caduti in successione, in favore de~ gli eredi universali istituiti con testamento dichiarato valido e non opposto, sulla base dell'attestazione di noto ' riet prevista dall'art. 298 Reg. Cont. Gen. St., senza preoccuparsi, in difetto di impugnative in atto, di possibili lesioni di legittima (n. 63). TERREMOTI CONTRIBUTI. -1) Se i privati danneggiati in seguito a terremoto i quali abbiano acquistato il diritto al contributo diretto od al sussidio governativo oppure al concorso dello Stato nel mutuo di favore per l'acquisto di un alloggio economico, possano, in cambio del contributo, sussidio o concorso dello Stato, acquistare le case costruite dallo Stato, ai sensi dell'art. 266 T. U. 28 aprile 1938, n. 1165, anche nel caso che non abbiano residenza nel Comune dove sono situate le case da acquistare, purch non dispongano di alloggio stabile nel Comune dove hanno il proprio domicilio (n. 13). ZONA INDUSTRIALE DI MESSINA. -Se l'art. 156 del T. U. 19 agosto 1917, n. 1399, quale risulta dal testo sostituito con D. L. 4 agosto 1918, n. 1481, debba interpretarsi nel senso che la cessazione del vincolo della destinazione a scopo industriale per le aree concesse anteriormente al 7 settembre 1915, nella parte dellaZona industriale di Messina riservata ad industria agrumaria, valga solo nei confronti del concessionario originario o se debba invece considerarsi obiettivamente con riferimento alle aree suddette (n. 14).