ANNO IX -N. 7-8 LUGLIO-AGOSTO 1956 RASSEGNA MENSILE DELL'AVVOCATURA DELLO STATO PtlBBLICAZIONE DI SERVIZIO SOMMARIO I. ARTICOLI ORIGINALI 1) Le 00/1'te dei pubblici funzionari e il potere di disposizione ello Stato, dell'avv. A. SALERNI, pagg. 155-159. 2) Il valore del metodo comparativo nella interpretazione delle norme costituzionali, dell'avv. P. PERoNAOI, pagg. 160-166. II. RACCOLTA DI GIURISPRUDENZA 1) Corte Costituzionale -Costituzione della Repubblica -Responsabilit penale Concetto di responsabilit personale - tale quella del direttore di giornale periodico ipotizzata dagli artt. 57, n. 1 C.P. e 3 Legge 8 febbraio 1948, n. 47 (Corte Costituzionale), pagg. 167-177. 2) Competenza e giurisdizione -Regolamento di giurisdizione e legittimazione processuale, pag. 177. 3) Dazi doganali -Questioni di qualificazione di merci in materia di imposte doganali -Difetto di giurisdizione del giudice ordinario -Competenza del Ministro delle Finanze ,... Art. 111 delle Costituzione (Corte di Cassazione), pag. 177. 4) Propriet industriale -Decisione della Commissione dei brevetti-Ricorso per Cassazione -Legittimazione passiva -Invenzioni brevettabili (Corte di Cassazione), pag. 178. 5) Responsabilit civile -Danni da circolazione di veicoli -Investimento ad opera di autoveicolo militare -Risarcimento da parte dell'Amministrazione -Azione dell'Amministrazione contro il conducente -Prescrizione (Corte di Cassazione), pag. 179. ID. ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI DELLE CORTIIJDI MERITO 1) Espropriazione per pubblica utilit Concetto di relitto -Esecuzione di opera parzialmente diversa -Decadenza -Retrocessione -Atti amministrativi -Prevalenza 'della volont sulla dichiarazione -Case economiche per ferrovieri -Equiparazione agli impianti ferroviari ai fini dell'espropriazione (Corte di Appello di Roma), pag. 181. 2) Registro -Compravendita di fabbricati nuovi -Aliquota ridotta alla met Art. 43 tab. all. B al T. U. 30 dicembre 1923, n. 3269 e &rticolo 17 Legge 2 luglio 1949 n. 408 (Corte di Appello di Firenze), pag. 181. 3) Imposta di registro -Agevolazioni per la ricostruzione edilizia (Tribunale di Genova), pa.g. 183. IV. MASSIMARIO DI GIURISPRUDENZA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, pag. 184. V. INDICE SISTEMATICO DELLE CONSULTAZIONI, pag. 186. VI. RASSEGNA DI LEGISLAZIONE DOTTRINA E GIURISPRUDENZA COMPARATE, pag. 190. ANNO IX -N. 7-8 LUGLIO-AGOSTO 1956 RASSEGNA MENSILE DELL'AVVOCATURA DELLO STATO PtlBBLICAZIONE DI SERVIZIO SOMMARIO I. ARTICOLI ORIGINALI 1) Le 00/1'te dei pubblici funzionari e il potere di disposizione ello Stato, dell'avv. A. SALERNI, pagg. 155-159. 2) Il valore del metodo comparativo nella interpretazione delle norme costituzionali, dell'avv. P. PERoNAOI, pagg. 160-166. II. RACCOLTA DI GIURISPRUDENZA 1) Corte Costituzionale -Costituzione della Repubblica -Responsabilit penale Concetto di responsabilit personale - tale quella del direttore di giornale periodico ipotizzata dagli artt. 57, n. 1 C.P. e 3 Legge 8 febbraio 1948, n. 47 (Corte Costituzionale), pagg. 167-177. 2) Competenza e giurisdizione -Regolamento di giurisdizione e legittimazione processuale, pag. 177. 3) Dazi doganali -Questioni di qualificazione di merci in materia di imposte doganali -Difetto di giurisdizione del giudice ordinario -Competenza del Ministro delle Finanze ,... Art. 111 delle Costituzione (Corte di Cassazione), pag. 177. 4) Propriet industriale -Decisione della Commissione dei brevetti-Ricorso per Cassazione -Legittimazione passiva -Invenzioni brevettabili (Corte di Cassazione), pag. 178. 5) Responsabilit civile -Danni da circolazione di veicoli -Investimento ad opera di autoveicolo militare -Risarcimento da parte dell'Amministrazione -Azione dell'Amministrazione contro il conducente -Prescrizione (Corte di Cassazione), pag. 179. ID. ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI DELLE CORTIIJDI MERITO 1) Espropriazione per pubblica utilit Concetto di relitto -Esecuzione di opera parzialmente diversa -Decadenza -Retrocessione -Atti amministrativi -Prevalenza 'della volont sulla dichiarazione -Case economiche per ferrovieri -Equiparazione agli impianti ferroviari ai fini dell'espropriazione (Corte di Appello di Roma), pag. 181. 2) Registro -Compravendita di fabbricati nuovi -Aliquota ridotta alla met Art. 43 tab. all. B al T. U. 30 dicembre 1923, n. 3269 e &rticolo 17 Legge 2 luglio 1949 n. 408 (Corte di Appello di Firenze), pag. 181. 3) Imposta di registro -Agevolazioni per la ricostruzione edilizia (Tribunale di Genova), pa.g. 183. IV. MASSIMARIO DI GIURISPRUDENZA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, pag. 184. V. INDICE SISTEMATICO DELLE CONSULTAZIONI, pag. 186. VI. RASSEGNA DI LEGISLAZIONE DOTTRINA E GIURISPRUDENZA COMPARATE, pag. 190. ANNO IX -N. 7-8 LUGLIO-AGOSTO 1956 RASSEGNA MENSILE DELL'AVVOCATURA DELLO STATO PUBBLICJAZIONE DI SEB VIZIO LE CARTE DEI PUBBLICI FUNZIONARI E IL POTERE DI DISPOSIZIONE DELLO STATO La questione in ordine alla titolarit del potere di disposizione delle carte dei pubblici funzionari, un problema complesso, che p dirsi abbia trovato completa regolamentazione nella legge 22 dicembre 1939, n. 2006 sugli Archivi di Stato. Sul piano storico-legislativo di diritto comparato vanno, anzitutto, ricordate le leggi 25 giugno 1794 (7 messidoro anno II) e 27 ottobre 1796 (5 brumaio anno V) le quali demanializzarono i beni delle antiche Abbazie soppresse; nonch il decreto -del pari francese -del 20 febbraio 1809, che dichiar di propriet dello Stato i manoscritti depositati nei propri archivi e le copie di essi da altri, eventualmente, detenute. Per quel che attiene, in particolare, all'Italia vanno ricordati: l'art. 849, n. 3 del Codice di procedura civile del 1865 (art. 754, n. 3 del codice vigente dpi ampia portata sia sotto il profilo soggettivo, che sotto quello oggettivo) (l); l'ordinamento generale degli archivi di Stato del 27 maggio 1875; il relativo regolamento approvato con R. D. 9 settembre 1902, n. 445. Quest'ultimo, con gli articoli 71, 72, 73 indica quali atti sono pubblici; precisamente: a) gli atti conservati negli archivi (meno quelli confidenziali e segreti sin dalla origine); b) gli atti che hanno carattere meramente storico, letterario o scientifico sentenze di magistrati, ecc. Tuttavia siffatta indicazione (ad evidente carattere esemplificativo) non valse a regolare il contrasto tra i diritti vantati dai privati e quelli vantati dallo Stato. In particolare non valse a prevenire o a dirimere le controversie sorte per accertare in quali casi lo Stato potesse accertare o dichiarare il preminente interesse pubblico sulle carte del cittadino che avesse ricoperto cariche o funzioni pubbliche. La legge 22 dicembre 1939, n. 2006 sugli archivi di Stato ha colmato la lacuna. Con l'art. 12 stato, invero, testualmente disposto: fatto obbligo ai funzionari ed alle persone che abbiano avuto incarichi pubblici, o connessi con questioni di pubblico interesse; di depositare nell'archivio della competente amministrazione, all'atto della cessazione, delle rispettive funzioni, gli atti che interessano lo Stato, (1) L'apposizione dei sigilli disposta di ufficio o su richiesta del Pubblico Ministero nei casi seguenti: 3) se il defunto stato depositario pubblico oppure ha rivestito cariche o funzioni per efl'etto delle quali si ritiene che possano trovarsi presso di lui atti della Pubblica Amministrazione o, comunque, di carattere riseroato . da essi temporaneamente detenuti per causa delle funzioni esercitate. Lo stesso obbligo fatto agli eredi nel caso che il loro dante causa sia deceduto prima di farne la consegna . La norma non si presta ad equivoci, e (per quel che attiene al requisito obiettivo) di tutta evidenza che essa contempli le carte, gli atti o i documenti, che, per il loro contenuto estrinseco o intrinseco, sono gi di propriet dello Stato e, per esso, delle singole Pubbliche Amministrazioni. La gamma di tali atti va, quindi, dalla semplice pratica di ufficio (che pu, essere eventualmente detenuta dal funzionario o dallo incaricato del pupblico servizio o, in caso di decesso, venirsi a trovare in possesso degli eredi o degli aventi causa dal de cuius, sia nella casa di abitazione o nello studio dello stesso oppure anche altrove) alla pratica o anche al semplice atto o scritto, affidato ad una delle persone predette, anche a titolo, p. es., di studio, di deposito; e, a maggior ragione, agli atti o nelle carte, che, per eventualit, fossero da costoro, abusivamente, posseduti o detenuti. Per ci che attiene al requisito subiettivo si richieil,e, poi, che trattisi di pubblici funzionari, di incaricati di pubblico servizio o anche, semplicemente, di persone che abbiano avuto incarichi pubblici o connessi con questioni di pubblico servizio, come possono essere i cosidetti funzionari di fatto e persino gli e_sperti, chiamati, p. es., ad esprimere, di volta in volta, il proprio parere su questioni di pubblico interesse in base ad atti o a carte della pubblica Amministrazione. In tutti questi casi il diritto di propriet dello Stato sull'atto o il documento incontestabile. Dove, invece, si delinea il contrasto (che ha formato oggetto della controversia recentemente risolta dalle SS. UU. in causa Pe.tacci c. Ministero Interno) l'art. 13 della stessa legge n. 2006 del 22 dicembre 1939. Tale articolo dispone: Spetta ai sopraintendenti degli archivi, con l'intervento, ove occorra, del prefetto, e premesse, in caso di urgenza, le cautele che le leggi civili consentono: a) promuovere la rivendicazione o la espropriazione, con le norme da determinarsi dal regolamento de_~ :-e ObettiVe. ------------------.. La disposizione contiene tra ipotesi di carattere sostan-Non certo tutte le carte che provengano o emanino tivo e cio: da pubblici funzionari o da persone che abbiano avuto 1) la rivendicazione dei documenti che, per forma, incarichi p'libblici o connessi con questioni di pubblico oltre che per contenuto (dato il crisma di ufficialit. in interesse, rientrano nel concetto della legge e sono, essi insito) si appartengano, sin dalla origine, alla quindi, da considerarsi d'interesse pubblico e quindi di pubblica Amministrazione; pertinenza statale. 2) la espropriazione delle carte di importanza sto-La logica -oltre che la ratio e la interpretazione lette- rico-scientifica, esistenti presso privati, quando tali rale della legge~portano ad escludere, invero, che ogni atti siano stati o siano per essere posti in vendita o manoscritto, atto o documento di chi sia stato funzio comunque distolti dalla sede ordinaria e vengano quindi nario o agente dello Stato si appartenga a questo ultimo. ad essere sottratti alla possibilit. di consultazione nello Ma se esatto ritenere che gli atti o gli scritti, dettati interesse della storia e della cultura; da ragioni o considerazioni relative alla vita privata del 3) il sollecito versamento nell'Archivio compe-funzionario o dell'agente che abbia avuto incarichi tente, per ragioni di materia e di territorio di atti che pubblici o connessi con questioni di pubblico interesse, interessano lo Stato , eventualmente ritrovati o ritrova-non rientrino nelle citate disposizioni di legge e quindi non bili all'atto della morte di pubblici funzionari o di si appartengano allo Stato, non altrettanto esatto af persone che abbiano avuto incarichi pubblici o connessi fermare che non si comprendano, senz'altro, in questa con questioni di pubblico interesse >>. ultima categoria, anche gli atti composti per effetto di A queste tre ipotesi di' carattere sostantivo corrispon-libera ispirazione da costoro, per il semplice fatto che dono altrettante ipotesi di carattere processuale, del pari trattisi di formazione effettuata al di fuori dell'adempreviste dal legislatore, per evitare che le norme rima-pimento delle funzioni. nessero prive di pratica attuazione. La causa giuridica della demanialit degli atti, va, Dalle stesse disposizioni contenute nel citato art. 13, invero, ricercata nella sostanza e non gi nella forma invero, consegue che -previo accertamento della esi-dell'atto o dello scritto, il quale -anche se prove stenza e del carattere o contenuto delle carte -si procede, niente da persone non pi rivestenti pubbliche funzioni in via amministrativa (occorrendo anche in via coatta) e non pi aventi pubblici incarichi o, comunque, incarichi a mezzo dei Sopraintendenti degli Archivi di Stato (i che abbiano avuto connessione con questioni di pubblico quali ne debbono curare il sollecito versamento nell'ar-interesse, pu assurgere, per il suo. contenuto (ossia chivio competente per materia e per territorio): per le rivelazioni in esso contenute e che ne formano 1) alla rivendicazione ossia al recupero dei docu-l'oggetto) a valore di documento giuridicamente protetto menti appartenenti, sin dalla origine, alle Pubbliche o giuridicamente tutelato. Amministrazioni; Rileva, in proposito, con il ben noto acume il CAR 2) al ricupero delle carte o degli atti che interessino NELUTTI: << uno dei lati che presentano certo maggiore lo Stato per il loro contenuto, in quanto che provengano interesse nella teoria moderna del documento riguarda da pubblici funzionari o da persone che, per aver rive-la vastit o, ci che torna allo stesso punto, la purezza stito incarichi pubblici o anche solamente connessi con della nozione: onde per documento s'intende qualunque questioni di p'libblico interesse, possano essere venute a cosa idonea alla rappresentazione di un fatto>> (3). conoscenza di fatti o di notizie, che, appunto per questo, Orbene, se incontestabile il potere del giudice a interessano lo Stato (2). decidere a chi spetti un documento del quale si chiede Ben s'intende come la procedura amministrativa la revindica, esorbita, tuttavia, da siffatta potest ogni venga ad essere superata, quando (come nel caso del indagine sulla sussistenza dell'interesse dello Stato alla carteggio Mussolini-Petacci) le carte siano gi state devoluzione a s del documento. ricuperate dall'Amministrazione oppure possa essere La valutazione del pubblico interesse di compeevitata quando (come nel caso encomiabilissimo delle tenza esclusiva e non sindacabile della Pubblica Ammicarte di Francesco Saverio Nitti) gli eredi (della persona nistrazione, la quale, con la dichiarazione di pubblico che sia stato pubblico funzionario oppure della persona interesse, pone il titolo originario costitutivo della demache abbia avuto incarichi pubblici o anche solamente nializzazione del documento ed importa ipso iure l'artieconnessi con questioni di pubblico interesse) ne e:ffet-volimento di ogni contrario diritto o interesse. tuino il bonario cc versamento>> nell'Archivio di Stato. La indagine del giudice deve, pertanto, arrestarsi Tuttavia il legislatore non poteva non preoccuparsi all'accertamento della legittimit. dell'atto amministra-___ della ipotesi contraria ossia della ipotesi di opposizione tivo di devoluzione del documento. Ci perch, come ebbe a rilevare il TORRENTE -nella acuta e dotta disamina delle questioni gi~idiche originate (2) .Alla prese1"1Jazione delle carte d' importanza storico sclen tifica, esistenti presso privati, si procede in via di espropriazione per pubblico interesse o per pubblica utilit. (3) Teoria di falso. Cedam, 1935, pag. 138 n. 62. -157 dal carteggio Mussolini-Petacci (4) -se si domanda al giudice la selezione tra le carte che interessano e quelle che non interessano lo Stato si esorbita, senza dubbio, dai limiti dell'accertamento della corrispondenza del caso concreto con la fattispecie legislativa astratta e si penetra nella sfera propria di quel particolare processo che la dottrina (5) chiama dispositivo. << Rispetto al conflitto di interessi fra lo Stato e gli eredi del defunto circa l'appartenenza delle carte rinvenute presso gli eredi stessi la norma non detta, e non pu dettare un precetto rigoroso e preciso, limitandosi a indicare in forma vaga la prevalenza dell'interesse dello Stato. I limiti di questa generica nozione sono tutt'altro che precisabili in maniera oggettiva, in guisa che il compito di chi deve applicare la norma si esaurisca nell;;, mera constatazione della coincidenza della fattispecie concreta con il modello legislativo. Interesse delo Stato o interesse pubblico non nemmeno una nozione statica, una forma cristallizzata; ma piuttosto una direttiva, un criterio elastico che si adegua alla multiforme contingente realt della vita del massimo organo politico, informandosi ai bisogni della collettivit e alle mete ideali che la collettivit stessa segna nel suo cammino. Chi deve applicare la norma non ha davanti a s una traccia sicura; egli stesso che deve trarre, dalla considerazione dei fini particolari o specifici che l'attivit politica o. amministrativa persegue in quel determinato momento storico, la determinazione della consistenza o dei confini che l'interesse dello Stato presenta. Per fare esempi strettamente aderenti alla vicenda giudiziaria di cui si occupa la sentenza (resa dal tribunale proprio in causa Petacci) soltanto tenendo presente la concreta azione politica che i vari Stati si prefiggevano sarebbe stato possibile stabilire se le lettere scambiate fra la contessa di Castiglione con Napoleone III con Cavour, con Vittorio Emanuele II, con Urbano Rattazzi, Costantino Nigra, Thiers, il duca di Aurnale e persino con Pio IX, interessavano o meno gli Stati medesimi. Analogamente in base a quali criteri aprioristici potrebbero selezionarsi, tra le lettere scambiate tra la baronessa Vetsera e l'arciduca Rodolfo, quelle che avevano attinenza con la politica asburgica e quelle invece, che concernevano la relazione intima, la. cui tragica fine commosse l'ottocento romantico? Non da ritenere che le stesse vicende di tale relazione, se e in quanto giustificate dal duplice suicidio, il cui motivo rimasto -com' noto -ancora misterioso, s'inseriscano, sia pure come elemento negativo, per la stessa importanza del personaggio di Rodolfo, nel quadro di un giudizio essenzialmente politico ? E in questa nostra epoca ... si potrebbe forse, in base a criteri predeterminati o preventivi, stabilire se la lettera contenente formule matematiche, rinvenuta presso uno scienziato addetto alle ricerche relative all'energia nucleare, appartenga al dominio della scienza pura o, invece, non sfugga]ai tentacoli della politica?. E il Torrente prosegue: Gli esempi si potrebbero moltiplicare, per dimostrare l'assunto che il compito di determinazione dell'interesse dello Stato non si esaurisce nel mero accerta (4) TORRENTE: Riv. trim. d1 Diritto e Proo. Civ,., 1953, pag. 285 e seguenti. (5) CARNELUTTI: Ist. del nuovo processo civile it., Roma, 1951, I, pag. 32. mento, ma ha carattere anzitutto di particolare, specifica, concreta individuazione della rilevanza dell'interesse pubblico in relazione alle singole ipotesi ..... Presupposto essenziale del potere discrezionale la mancanza di leggi che regolino una determinata materia; o, almeno, la mancanza di leggi che la regolino completamente. In altre parole.... vi attivit discrezionale soltanto quando la legge, non prescrivendo quale debba essere il comportamente in determinate circostanze, esplicitamente lasci un campo in cui il soggetto (in genere, la Pubblica Amministrazione) possa muoversi liberamente per il conseguimento dei pubblici fini. Ora mi sembra lecita la domanda, quale parametro pi fluido ed elastico della nozione di pubblico interesse? Non su questo, specie se genericamente inteso, che si basa tutta la discrezionalit amministrativa ?.... Se il ragionamento finora svolto esatto, se dunque nell'azione di rivendica prevista nella legge speciale il compito che sarebbe affidato a chi deve applicarla non si riduce all'accertamento (s'intende, preordinato alla condanna); mi sembra che si ponga il dilemma: o la pretesa revindica ha natura del tutto diversa da quella della ordinaria azione di revindfoa che ha per oggetto l'accertamento del diritto di propriet dell'attore e la condanna del convenuto alla consegna o al rilascio della cosa (6) oppure bisogna ritenere esatta la tesi sostenuta dall'Avvocatura dello Stato. Per principio generale la valutazione del pubblico interesse sempre affidata alla Pubblica Amministrazione ed questa che esclusivamente "competente a stabilire quali notizie debbano rimanere segrete (art. 256 c. p.) e a vietare la divulgazione di notizie che interessano lo Stato (art. 262 e art. 325 c. p.). , dunque, la P. A. -che valuta se le carte che esistono presso il pubblico ufficiale o il funzionario o il personaggio defunto presentino interesse per lo Stato. In forza di questa valutazione la P. A. acquista iure pubblico la propriet degli atti medesimi. In base al principio della esecutoriet degli atti amministrativi essa potrebbe far valere coattivamente la sua pretesa all'impossessamento degli atti medesimi; ma la delicatezza della materia, la opportunit di salvaguardare il diritto alla riservatezza e al segreto epistolare, che spetta al defunto e che a mio avviso compete .anche ai congiunti, hanno consigliato il temperamento del ricorso all'azione giudiziaria: nel senso che la possibilit del ricorso della P. A. all'autotutela rappresenta ~oltanto l'id quod plerumque accidit, ma non necessario n essenziale (7). Il che, del resto, in perfetta assonanza con il principio sancito dall'art. 15 della Costituzione, secondo il quale la segretezza della corrispondenza inviolabile e la sua limitazione pu avvenire soltanto per atto della autorit giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge. Siffatto principio costituzionale, peraltro, non esclude, a mio avviso, che il compito del giudice si riduca all'accertamento delle condizioni di legittimit dell'atto amministrativo di devoluzione degli atti all'Archivio dello Stato (qualit di pubblico funzionario o di persona che abbia avuto incarichi pubblici, ecc., in colu:i' presso (6) MESSINEo: Manuale di dir. civ. e comm., II, 1, Milano, 1956, par. 85, pag. 341; Russo: Libro della propriet nel comm. del cod. civ., diretto dal d'Amelio-Finzi, Firenze 1942, p. 508; BIGIAVI: Il regolamento di confini, in Riv. trim. , 1951, pag. 104, n. 105. (7) CAMMEO: Oorso di diritto amministrativo, Padova, 1914, pag. 1445. : ::::@$ -158 cui si trovava la corrispondenza; ritrovamento degli atti presso tali persone) esclusa ogni indagine sulla sussistenza dell'interesse dello Stato agli atti medesimi: indagini che come ho detto, affedata alla P. A.. Pertanto non potrebbe non riconoscersi che tale criterio non potrebbe avere diritto di cittadinanza nella sfera del diritto privato, dove non pu bastare l'attrazione che un bene suscita per giustificarne l'apprensione, dovendosi necessariamente considerare l'interesse dello Stato (che si pone su un piano superiore a quello dei singoli) per legittimare e giustificare la devoluzione. Il che importa l'appartenenza del rapporto alla sfera del diritto pubblico e l'esplicazione, da parte dello Stato, di un suo potere che trascende il diritto dei singoli. Ond' che -opportunamente e sempre sottilmente rileva lo stesso Torrente: Questo interesse non si riferisce soltanto all'attivit politica o amministrativa dello Stato; ma concerne anche la esigenza di assicurare alle future generazioni le fonti di cognizione utili aila elaborazione storica degli avvenimenti a cui il defunto ha preso parte. Che questa esigenza di carattere culturale abbia natura preminente rispetto al diritto alla riservatezza e al segreto epistolare del singolo o dei singoli congiunti non mi par dubbio, dal momento che lo Stato non costituito soltanto dalla compagine di coloro che esistono in un determinato momento della sua vita, ma anche da coloro che in futuro ne faranno parte. Non ci si pu, dunque, rimettere alla iniziativa dei singoli circa la custodia delle lettere o delle carte, nelle quali -magari frammisti alle tracce di sentimenti personali o di un'attivit meramente privata -si trovino accenni o spunti relativi alla vita pubblica. Ed interessa, anche ai fini della obiettivit storica, conoscere se e fino a qual punto gli atteggiamenti assunti dall'uomo politico nell'esplicazione della sua attivit ufficiale collimino o coincidano con le sue vedute o con i suoi interessi personali e se gli atteggiamenti stessi siano stati influenzati -e fino a che punto -dall'opera altrui. N la storia si pu affidare alla pubblicazione di epistolari, fatti spesso a fine di lucro dai congiunti. Queste, comunque, non sempre sono complete ed integre, perch comprensibile ed umano che i congiunti stessi mirino a valorizzare la figura dello scomparso, eliminando dalla pubblicazione quelle tra le carte in cui il defunto pu apparire sotto una luce che non appaga il desiderio agiografico da cui i raccoglitori sono ispirati e quelle tra le lettere che, a tacer d'altro, colgono aspetti della sua debolezza umana e rivelano non nobili passioni . Di certo tali norme non valgono per tutti gli scritti (o carte) promananti dalla persona che abbia rivestito cariche pubbliche o politiche, dal pubblico funzionario o comunque dall'agente o da persona che abbia avuto incarichi pubblici o connessi con questioni di pubblico interesse. La Pubblica Amministrazione non ha mai inteso, n intende violare la gelosa intimit dei rapporti d'indole privata o la estrinsecazione materiale della personalit umana, sia che si tratti di carte '' private di persone che abbiano rivestito cariche pubbliche, sia che si tratti di carte di persone che abbiano avuto familiarit o corrispondenza con altre persoe rivestite di autorit o che comunque abbiano esercitato un potere o un incarico pubblico. Siffatto carteggio privato esula indubbiamente dalle norme, poich non sar il contenuto sentimentale di una lettera o di un epostolario a conferire qualit di atti d'interesse pubblico, i quali solamente, appunto perch tali, sono suscettibili di devoluzione allo Stato. E non sar nemmeno suscettibile di devoluzione l'opera dell'ingegno di uno dei citati personaggi, poich tale opera, come creazione > anche sem plicemente connessi con questioni di pubblico interesse (art. 13, lett. b). In tale ipotesi evidente che l'atto, in tal modo formato, non possa non interessare Io Stato e che, pertanto, allo Stato si appartenga a ed esso debba essere riconsegnato e devoluto (per il deposito e la conserva zione nel competente Archivio di Stato) anche se il corpus mechanicum (ossia il mezzo materiale in cui l'opera estrinsecata: pezzo di carta, lettera, diario, libro, ecc.) si appartenga al privato, essendo evidente che il corpus mysticum non possa essere se non dello Stato, appunto perch l'oggetto dell'opera attiene a questioni di pubblico interesse (9). Ed ecco come e qualmente sia assolutamente ingiusti ficato l'allarme che la devoluzione all'Archivio Centrale (8) Legge 22 aprile 1941, n. 663 sui diritti di autor<" (9) Sarebbe, invero, assurdo, oltre che antigiuridico ritenere che colui il quale abbia rivestito incarichi pubblici o, comunque, incarichi connessi con questioni di pubblico interesse, possa avere potere dispositivo ossia diritto di propriet sulle notizie in tal .modo acquisite, renderle note al pubblico (specie se di natura segreta o riservata) e, persino commerciarle, come, purtroppo, con searsa sensibilit (se non addirittura illecitamente) attualmente viene, spesso operato e tollerato. -159 di Stato del carteggio Mussolini-Petacci e dei diari (attinenti anche essi ad accertata materia d'interesse pub . blico) aveva suscitato in menti superficiali o comunque nella voce di gratuiti tutori d'inesistenti intimit o di segreti epistolari violati, prima che le Sezioni Unite della Corte Suprema di Cassazione, in base alla documentazione probatoria, imprimessero il crisma di legalit all'atto amministrativo di devoluzione medesima. E ci specie ove si consideri che il diritto alla tutela del segreto di atti o documenti pubblici o comunque connessi con questioni di pubblico interesse: da tutt'altra parte ossia da parte dello Stato. Si pensi, ad es., agli atti confidenziali interessanti la difesa interna o estera, oppure i rapporti internazionali e si avr. la convinz;ione della bont della tesi, la quale giustifica. e spiega -esattamente interpretandola la portata della disposizione di atti" connessi con questioni di pubblico interesse e che, appunto perch tali, sono da considerarsi demaniali sin dalla origine. Ci spiega -anche sotto il profilo subiettivo -come atti che interessano lo Stato -da recuperarsi con conseguente sollecito versamento nell'archivio al quale spettano per ragioni di materia e luogo " -non siano soltanto gli atti provenienti da pubblici funzionari o da incaricati di pubblici servizi, ma anche (e n:on ultimi, poich, a volte, come nel citato caso degli informatori, non meno importanti) gli atti provenienti da persone che abbiano avuto incarichi connessi con questioni di pubblico interesse". Ond' -nel caso di specie -che, per l'applicazione della norma e quindi per la devoluzione allo Stato delle carte in questione, sarebbe .bastato anche il semplice giudiziale riconoscimento che la Clara Petacci (secondo le risultanze documentali di ausa) fu persona la quale (indipendentemente dalla sua attivit politica e dal conferimento d'incarichi pubblici) ebbe -de facto incarichi connessi con questioni di pubblico interesse " quali la redazione o la trasmissione dei diari di Mussolini, accertati, come tali, dal competente organo designato dalla legge (il Sopraintendente dell'Archivio. Centrale di Stato) a causa della fedele riproduzione di dati e di eventi di portata storico-politica (sia nel campo nazionale, che in quello internazionale -e riferiti persino direttamente, in persona propr-ia ", come se li avesse dettati lo stesso dittatore. Pertanto pi che legittima e tranquillante risulta la decisione della Corte di Cassazione, la quale (in base ai .docm;nenti probatori acquisiti agli atti processuali) ha potuto, con sicura coscienza e conacutaprecisione, affermare: Ritiene questo Collegio che la documentazione fornita corrobori sufficientemente l'assunto, 'perch, in effetti, risulta dalla medesima -in massima parte costituita la epistolario dellaPetacci e di pubblici funzionari che costei soleva assumere iniziative e, comunque, interloquire in faccende di Governo e segnatamente sull,a destinazione di persone ad importanti cariche dello Stato, persino alla nomina dei Ministri; mentre irrilevante l'assenza di una formale investitura della donna a tali compiti, bastando la loro assunzione di fatto col consentimento di Mussolini, massimo in presenza del regime dittatoriale che questi aveva imposto al Paese " La vertenza Petacci -nonostante la sua peculiarit che la rende unica e originale nel campo giuridico -per quanto concerne il concetto di discrezionalit riaffermato in materia dalle S. U. della Cassazione pu dirsi trovi precedente giurisprudenziale nella vertenza intercorsa tra lo Stato italiano e gli eredi di Gasa Medici, per il possesso e la devoluzione all'Archivio di Stato delle carte di notevole interesse storico-politico provenienti dall'Archivio medesimo. Anche le carte provenienti dallo Archivio di Gasa Medici -comprendenti, tra l'altro, cirtre a duecentodue << atti di Stato '" trecentocinquantasette documenti, tra cui i re minutari '' e copiari >> o minute di lettere di Piero Alemanni e di Raffaello de' Medici, nonch scritti di Lorenzo de' Medici (ad amici e confidenti) -vennero gratuitamente ricuperate (in base a desistenza degli eredi di Casa Medici) e devolute. allo Stato, dopo che lo stesso aveva ottenuto la sospensione della; vendita all'asta pubblica (che avrebbe dovuto essere effettuata a cura della ditta antiquaria Ohristie, Manson e Woods) dei documenti medesimi (riprodotti in olegrafia nel Oatalogue of tho Medici Archives -London Oloves, 1918, 8, pag. 186, compilato dallo erudito americano Ro.yall Tyller) da parte del giudice incaricato della domanda, mr. Peterson dell'Alta Corte di Giustizia di Londra; e dopo la sentenza resa dalle Sezioni Unite della nostra Corte di Cassazione in data 30 ottobre 1926, che aveva interlocutoriamente disposto sulla controversia, affrmendo testualmente: re Lo studio dilgente, portato dai giudici di merito sulla genesi delle disposizioni contenute nello istrumento 26 luglio 1919, avrebbe dovuto convincere di trovarsi in presenza -nonostante la denominazione contrattuale e la forma consessuale -a mani/estazioni di volont di natura essenzialmente pubblicistica del rappresentante del Governo italiano, indottosi, per motivi di politica convenienza, a vestire della forma di negozio giuridico di diritto privatol'esercizio del pubblico potere, estrinsecatosi con le caratteristiche proprie dell'atto discrezionale (10). Il che conforma ulteriormente la esattezza della interpretazione delle norme giuridiche in materia e la legittimit. della decisione resa dalla Corte Suprema di Cassazione a seguito del ricupero e della devoluzione a,llo Stato del carteggio Mussolini-Petacci. ACHILLE SALERNI (Avvocato dello Stato) (10) Per gli studiosi -oltre che per la cronaca -si ritiene opportuuo segualare la recente devoluzione bonaria allo Stato anche delle carte di Ivanoe Bonomi e di Vittorio Emanuele Orlando, nonch di altre numerose personalit. Perci che pu avere maggioreanalogia conilcaso Petacci ,infine, utile richiamare ilcaso delle carte della Contessa di Castiglione. Le carte di Virginia Oldoini Verasis (comunemente conosciuta sotto il nome di Contessa di Castiglione) erano state asportate clandestinamente dall'Italia. Se ne ebbe notizia solo quando a Parigi -in preparazione per uso dell'allora imminente vendita all'asta fu stampato un catalogo pubblicitario. Dopo di che lo Stato non rimase inattivo, ma fece lntervnire l'Ispettore Generale degli Archivi di Stato prof. Re (lo stesso che insieme al Capo dell'Archivio Centrale di Stato, prof. Lodolini procedette alla ricognizione delle carte della Clara Petacci). Il prof. Re -con encomiabile sagacia e rara perizia -ottenne ohe illibraio-antiquario Argentieri (possessore delle cose gi appar. tenute alla Di Castiglione) cedesse -bonariamente e gratuitamente allo Stato tutto ci che lo stesso Ispettore ritenne potesse aver riferimento, anche lontano, alla storia del nostro Risorgimento. Naturalmente (come gi era stato attuato per gli eredi Petacci con la immediata restituzione di tutto ci che era stato ritrovato nella villa Cervis in Gardone Riviera e che non aveva attinenza -0on la storia o con questioni di pubblico interesse o) il prof. Re non chiese allo Argentieri la camicia di Compigne: quella camicia che, secondo la leggenda. la contessa avrebbe indossato la prima notte passata con Napolon ze Petit .... Gli chiese invece la.restitu zione (alla quale l'Argentieri immediatamente e!'l eucomiabi)mente acconsenti) di alcune lette.re scritte alla di Castiglione da Vittorio EmanueleII,dal Nigra, dalpadre,nonch da ungenerale,suo parente. Notevolissima, infine, la recente sentenza dei giudici francesi, che -nel respingere le domande degli eredi della contessa '\\'alewski -ebbero a dichiarare che il carteggio da costei avuto con Napoleone costituisce patrimonio storico inalienabile dello Stato, su cui, pertanto, non pu sussistere alcun interesse privato. -160 IL VALORE DEL METODO COMPARATIVO NELLA INTERPRETAZIONE DELLE NORME COSTITUZIONALI SOMMARlo. -1. Introduzione -Il metodo comparativo e suoi effetti -2. Mutamenti costituzionali in Francia, Italia, e Germania dopo il II coniiitto mondiale -3. La situazione costituzionale nei Paesi del Benelux -Cenni storici della formazione delle costituzioni dei tre Paesi -4. Carattere delle Carte Costituzionali -Accentuata giuridicit e rigidit delle Costituzion; moderne rispetto a quelle di meno recente formazione -5. Contenuto delle Carte Costituzionali -Integrale giuridicit o meno di esse -In particolare le Dichiarazioni di principio -6. Nuovi indirizzi delle Costituzioni moderne -L'indirizzo sociale quale causa dell'indirizzo internazionalistico -Giuridicit delle norme internazionalistiche. 1. Lo svolgimento durante questi ultimi anni nel campo internazionale di avvenimenti di rimarchevole rilevanza, prodotti da orientamenti e tendenze di natura associativa tra gruppi di Stati, conduce spesso a considerare con maggiore interesse ed attenzione la configurazione propria di quegli Stati verso i quali lo Stato nazionale spinto ad allacciare pi stretti rapporti di vita. L'orientamento sopracennato appare invero non basato su un artifizio, ma corrisponde a concrete nuove esigen2'e di vita e di pensiero, che trovano sentita rispondenza e non equivoco fondamento nelle coscienze di larghi strati dei popoli interessati. Riteniamo possa affermarsi che, se la prima conflagrazione mondiale pose il suggello alla formazione delle singole, o quanto meno principali, Nazioni europee in altrettanti Stati sovrani ben definiti, dal travaglio del secondo immane sconvolgimento bellico il concetto di Stato-Nazione, che pur fu contrastata e vittoriosa conquista delle idee liberali, abbia sotto l'impulso di pi nuovi bisogni iniziato a flettersi verso il pi ampio orizzonte dello Stato-Associazione. compito, invero, dello storico ricercare le cause di questo fenomeno, del politico di antivederne e di secondarne gli sviluppi, del :filosofo di vagliarne il fondamento razionale, all'interprete del diritto dato di prendere atto della realt e di agevolarne gli effetti con lo studio del fenomeno sul piano del diritto. Sono le norme del diritto pubblico, e particolarmente del diritto costituzionale quelle che dimostrano in qual misura l'orientamento associativo abbia acquistato concretezza di realizzazione e pertanto l'interprete indotto a volgere lo sguardo in primo luogo alle Carte Costituzionali che reggono gli ordinamenti degli Stati di pi immediato e rilevante interesse. L'utilit di una siffatta speculazione sembra a noi duplice, giacch essa conduce ad un duplice risultato. Da un lato vengono realizzati gli scopi, che sono propri dello studio del diritto comparato, col porre in luce la interdipendenza degli Ordinamenti Costituzionali considerati; dall'altro si ricava una pi qhiara interpretazione delle norme costituzionali nazionali; ma di tale secondo risultato accenneremo tra breve. Una obiezione, che potrebbe essere mossa al cennato metodo di indagine, ch la comparazione giuridica non pu utilmente avvenire che tra ordinamenti improntati a comunit di evoluzione storica e giuridica, e ci in quanto il :fine degli studi comparativi dev'essere quello di mirare al determinato scopo di porre in chiaro i prin cipi dall'uno e dall'altro ordinamento giuridico rico nosciuti, laddove un processo di troppo accentuata astrattizzazione, quale richiederebbe la comparazione di legislazioni dissimili, condurrebbe a teoriche e sterili enunciazioni non diverse da quelle pi proprie del cosidetto diritto naturale'" In contrario non si mancato di obbiettare che, ad esempio, tra le legislazioni del gruppo tedesco e quelle del gruppo latino non sono s profonde le differenze che sia del tutto impossibile un raffronto, sostenendosi anche con vigore di argo menti che le censure condotte contro la scuola del diritto naturale non erano poi giustificate, se in determinate Organizzazioni internazionali, a quanto stato data occasione in tempi recenti di constatare, venne fatta concreta applicazione di principi, che per la loro formu lazione, debbono dirsi .propri del diritto naturale" Non intendiamo risollevare antica e non ancora sopita questione, bench non crediamo sia possibile la formazione di un sistema, sia pur generale di diritto universale, ch le differenze di costumi e di necessit, anche tra Nazioni pienamente civilizzate, condizionano profondamente tale lodevole aspirazione, peraltro ci sembra indubbiamente che ove pi Ordinamenti giuridici dimostrino reciprocamente di presupporsi od anche solo di considerarsi reciprocamente esistenti, con ci stesso sorge la possibilit e la necessit della comparazione. Come sopra annunziato, vi per una seconda conse guenza, che scaturisce dal raffronto tra Ordinamenti pubblicistici di Paesi diversi, specie se fondati su docu menti creati iu periodi storici diversi. Tra i mezzi di interpretazione della norma giuridica invero di considerevole importanza, quello fondato sul criterio storico cio sullo studio dei precedenti legislativi della norma in esame; spesso con tale mezzo agevole il risalire alla occaBio legis e quindi alla ratio . legis. Ma allorquando si passi allo studio della norma costi tuazionale non sempre il precedente storico di pieno ausilio, ove si consideri che una nuova costituzione nasce quasi sempre quale prodotto di un movimento rivoluzionario in opposizione al vecchio ordinamento e spesso addirittura in antitesi, e che raramente quel movimento stato limitato a quel Paese determinato, ma costituisce effetto di un pi vasto fenomeno che ha interessato Paesi diversi. Necessit vuole pertanto che sia l'occaBio che la ratio legiB siano_ tratte dall'indicato pi vasto campo, talch la comparazione tra gli Ordinamenti di quei Paesi e l'ordinamento considerato si manifesta utile mezzo di interpretazione di questo Ordinamento stesso. Analogamente meglio si coglie il valore innovativo della nuova Carta Costituzionale se si onsideri alla stregua delle Carte Costituzionali di altri Paesi, che create in periodo storico pi antico, conti nuino ad aver vigore in quei rispettivi $J;ati. N si dica che una simile impostazione riscliia,-dL ricondurre lo studio del diritto costituzionale nei mean dri infidi della :filosofia oppure nell'ambito di quella Scuola storico-politica alla quale per merito di Orlando si oppose la Scuola Giuridica che dimostr la necessit di fondare lo studio del diritto costituzionale sui soli ! : -151 elementi giuridici positivi. Difatti a noi pare che la impostazione comparativa debba intendersi, nel campo del diritto pubblico, quale mezzo di interpretazione giuridica, con il che si rimane strettamente entro l'ambito della speculazione giuridica. 2. La fine del secondo conflitto mondiale determin nei tre principali Paesi dell'Europa occidentale (Francia, Italia e Germania) acute crisi e sentite esigenze di riforme costituzionali ed del periodo immediatamente successivo al termine del conflitto l'adozione di nuove Carte Costituzionali in tutti e tre gli Stati. In Francia, dopo che un primo progetto venne respinto con Referendum popolare, la nuova Costituzione fu approvata e promulgata il 27 ottobre 1946. In Italia la nuova Costituzione fu promulgata a seguito di conforme delibera di una Assemblea Costituente dal Capo Provvisorio dello Stato il 27 dicembre 1947. L'adozione nella Germania di una Legge Fondamentle della Repubblica Federale Germanica, quale in effetti fu promulgata il 23 maggio 1949, incontr la difficolt costituita dalla non ancora effettuata riunione dei lander orientali; a ci si ovvi con la Dichiarazione inclusa nelle premesse della Carta, che i rappresentanti dei lander occidentali esprimevano la volont di agire anche<< per quei tedeschi, ai quali non era dato di partecipare ai lavori, e con l'art. 146 della Legge Fondamentale, che prevede la eventualit ch'essa debba cessare di aver vigore il giorno in cui fosse approvata e promulgata altra futura Costituzione per voto e libera determinazione di tutto il popolo tedesco. 3. Significativo invece il fatto che in tre altri Stati, con i primi anch'essi duramente coinvolti nel conflitto mondiale, ed ai primi legati da vincoli di comuni interessi, non vi sia stata adozione di nuove Carte Costituzionali. Alludiamo ai Paesi del Benelux: Belgio, Olanda e Lussemburgo. Che il rivolgimento politico-sociale susseguente al conflitto non abbia operate conseguenze nell'ordinamento di questi Paesi, non sarebbe esatto affermare, che sono da ricordarsi l'emanazione di leggi costituzionali a modifica delle rispettive Costituzioni; per quanto:::riguarda il Belgio intervenne la legge 19 luglio 1945 per dare interpretazione autentica all'art. 82 della Costituzione e risolvere cos la complicata crisi dinastica, determinata dalla guerra, in Olanda con legge 3 settembre 1948 si ebbe l'aggiunta alla Costituzione di un cap. XIV per provvedere alla nuova situazione dei territori oltremare e pi ancora innovatrice fu la legge 22 maggio 1953, della quale in prosieguo faremo cenno particolare. Anche per il Lussemburgo sono da menzionarsi le leggi costituzionali dell'aprile e del maggio 1948, che apportarono modifiche a numerosi articoli della Costituzione. Peraltro la saldezza in questi popoli dell'attaccamento alla tradizione ha fatto s che sopravvivessero al conflitto Carte Costituzionali, le quali sono espressione dell'altra profonda crisi attraversata dall'Europa dopo la caduta di Napoleone ed il Congresso di Vienna. Di singolare interesse si manifesta la situazione determinata da Stati vicini, legati da interessi coni.uni e da comuni aspirazioni, che sono retti da Ordinamenti costituzionali separati tra loro da un secolo di vita e che sono l'espressione di due avvenimenti storici di primaria importanza, quasi pietre miliari nella storia dell'evoluzione politica e sociale. Tale int.eresse non attenuato dal fatto che le originali Costituzioni abbiano subito adeguamenti, ch tuttora vivo l'originario carattere di quegli OrdinamenM..._anzi l'interesse potrebbe dirsi maggiore, giacch possibile cogliere l'esatta percezione della evoluzione degli Ordinamenti stessi sotto l'impulso delle nuove necessit di vita: Alla caduta di Napoleone, Belgio, Olanda e Lussemburgo si trovavano praticamente incorporati alla Francia. Il Lussemburgo infatti vi era stato annesso gi con decreto della Convenzione del 1 ottobre 1795 e l'annessione era stata ratificata dai Trattati di Campoformio e di Luneville (1797-1802). . Anche il Belgio era stato riunito alla Francia in virt di altro Decreto della Convenzione 9 ottobre 1795, annessione anch'essa ratificata dal Trattato di Campoformio. L'Olanda, dopo la breve parentesi nella quale regn, per grazia di Napoleone, il principe Luigi Napoleone, era stata pratic>amente annessa all'Impero Francese, nonostante le solenni promesse di indipendenza contenute nel Trattato stesso tra i due Paesi nel 1806. Con la caduta di Napoleone i tre Paesi seguirono in un primo tempo le sorti dell'Olanda, sul trono della quale era stato richiamato il principe Guglielmo Federico d'Orange-Nassau. L'opera di riorganizzazione dello Stato si presentava davvero difficile. I principii della Rivoluzione francese e delle leggi napoleoniche avevano lasciato impronta indelebile nella vita e nella coscienza sociale, nonostante l'avversione al Governo, che tali principii aveva introdotto; d'altra parte le esigenze particolari del popolo olandese indirizzato alle pi svariate esigenze commerciali mal si sarebbero accordate con vieti ordinamenti, n poteva supplire il richiamo a tradiz;ioni giuridiche, ch gli eventi della Rivoluzione francese avevano trovato gi il Paese in preda a profonda crisi per la contemporanea esistenza di un diritto pubblico di natura ancora parzialmente feudale in lotta con i diritti delle pi fiorenti citt fiamminghe costituite in Comunit. locali autonome. Ne segu la Costituzione del 29 marzo 1814, che fu improntata ai principi dei diritti .dell'uomo e del cittadino " della Rivoluzione Francese, oltre che alle particolari esigenze del popolo Olandese. Ma in virt del Congresso di Vienna, all'Olanda era stato unito anche il Belgio perch entrambi costituissero un nuovo Stato con il nome di Paesi Bassi >>, talch fu necessario rendere operante la Costituzione anche per il Belgio, chiamando a partecipare all'Assemblea degli Stati Generali anche i rappresentanti belgi. Questi espressero voto contrario alle lievi modifiche proposte, ma il Re Guglielmo Federico dichiar ci nonostante estesa la nuova Costituzione (legge Fondamentale del 24 agosto 1815) che sostanzialmente era la Costituzione Olandese, a tutti i territoPi dei Paesi Bassi. Il Lussemburgo fu dallo stesso Congresso di Vienna istituito in Granducato autonomo, unito per al Regno dei Paesi Bassi con Unione Personale. Ma il Re l,'Qlanda Granduca del Lussemburgo estendeva senz'altro al .. Lussemburgo la Costituzione Olandese e le leggi olandesi con suo decreto del 22 aprile 1815, dichiarando la indissolubilit. del Lussemburgo dall'Olanda. I tre Paesi cos furono sottoposti tutti alla stessa Costituzione. Il minor favore fatto ai rappresentanti wwrw ---i -162 belgi in seno agli Stati Generali, e le sentite diversit delle rispettive economie tra i tre Paesi condussero inevitabilmente a moti nazionalisti ed alla rivoluzione di Bruxelles del 1830, a seguito della quale si inizi la separazione del Lussemburgo e del Belgio dall'Olanda. In Belgio, battuti militarmente gli olandesi, si costitui un governo provvisorio, eletto a suffragio ristretto e venne dichiarata l'indipendenza dall'Olanda (18 novembre 1830), sotto la monarchia costituzionale della casa di Sassonia-Coburgo, ed il 7 febbraio 1831 venne proclamata la nuova Costituzione belga. Il Lussemburgo, che aveva seguito la Rivoluzione belga, rimase tuttavia unito all'Olanda con Unione Personale, ma consegui dal Re-Granduca una particolare autonomia con Proclama 31 dicembre 1830 (che costituisce il primo documento costituzionale lussemburghese). La situazione costituzionale lussemburghese risult peraltro assai complicata, per effetto delle alterne pressioni dell'Olanda e del Belgio per combattere le rispettive influenze su questo piccolo Paese; il risultto fu che mentre la citt del Lussemburgo rest legata dal punto di vista costituzionale al '.Proclama 31 dicembre 1830, al resto del territorio fu per applicabile la Costituzione belga del 7 febbraio 1831. Sar solo con la nuova Costituzione Lussemburghese del 9 luglio 1848 e con la fine dell'Unione Personale con l'Olanda (1890), che il piocolo Stato conseguir completa individualit di Ordinamenti, cessando l'inconveniente di na duplice legislazione, del quale fenomeno tuttora sono riconoscibili tracce. Il regime costituzionale belga sub con il tempo modifiche di rilievo. Una prima revisione alla Costituzione del 7 febbraio 1831 fu data con legge 7 settembre 1893 per l'ammissione al voto delle classi operaie con eliminazione del siStema censitario, ed altra revisione intervenne nello stesso anno per porre :fine al dibattito sulla nomina dei senato,ri, raggiungendo l'accordo che una parte di essi fossero eletti dal Corpo Elettorale e dai Consigli Provinciali; rimase per il sistema del voto plurimo, ma il principio della rappresentanza proporzionale fu introdotto con revisione del 29 gennaio 1899. Al termine della guerra 1914-1918, cresciute di importanza le organizzazioni sindacali, con il rafforzamento dei partiti cattolico e socialista a spese del partito liberale, cessa il sistema del voto plurimodimostratosi non pi adeguato con legge costituzionale 9 maggio 1919, viene introdotto il principio del voto alle donne, e inclusa nella Camera Alta una terza categoria di senatori nominata dallo stesso Senato. Seguono, infine, le revisioni del 1920-1921 e la legge costituzionale del 19 luglio 1945 sopra gi citata, per risolvere fa crisi dinastica. Anche dopo la separazione del Belgio l'Olanda con serv la Legge Fondamentale del 1815, ma il partito liberale, organizzatosi dopo la pace con il Belgio, indusse Guglielmo II a convocare gli Stati Generali per una revisione della Costituzione; sotto l'impulso dei moti e delle agitazioni in Francia, Prussia, Austria e Italia negli anni prossimi al 1848, gli Stati Generali approva rono l'Il ottobre 1848 una modifica della Carta Costi tuzionale. dell'epoca l'introduzione nell'Ordinamento Costituzionale olandese del principio della responsa bilit completa ministeriale, il suffragio universale, la nomina dei senatori non pi per determinazione regia ma da parte degli Stati Provinciali. Seguirono le revisioni del 1887, del 1917, 1922, 1948, fino all'ultima del 1953. Nel Lussemburgo al rudimentale documento costituzionale costituito dal Proclama del Re-Granduca del 1830, segu l'Ordinanza Reale 4 gennaio 1840, che istituiva un Governatore capo del Servizio Civile, un Governo chiamato Reggenza Reale....una Camera dei Conti ed una Cassa di Stato. Ma la prima vera Carta Costituzionale data dalla Costituzione ottriata>> del 12 ottobre 1841 che il Re-Granduca concesse al popolo in armonia con gli .Statuti della Confederazione Germanica . Ma essa ebbe breve durata essendo intervenuta l'ulteriore Costituzione del 9 luglio 1848 praticamente e solidamente ispirata alla Costituzione Belga del 1831, la quale poi rimasta vigente anche attualmente pur attraverso le revisioni del 1856, 1868, 1919. In particolare la Costituzione del 1868 dovette tener conto della nuova situazione determinata dalla disgregazione della Confelerazione Germanica. Completa il quadro delle revisioni quella inter~enuta nel 1948. La separazione completa del Lussemburgo dall'Olanda ebbe pratica occasione dalla morte del Re-Granduca Guglielmo II di Orange-Nassau, deceduto senza eredi maschi (1890), come sopra accennato; talch essendo variamente disposto in relazione a tale eventualit nel patto di famiglia della Casa di Nassau, al trono di Olanda saliva la regina Guglielmina figlia di Guglielmo II defunto, mentre nel Lussemburgo veniva chiamato il Duca Alfonso di Nassau. Finiva cos anche l'Unione Personale con l'Olanda. Nonostante le travagliate vicende costituzionali, la comune origine che il Congresso di Vieruia dette agli Ordinamenti dei tre Paesi sensibilmente visibile anche oggi, perch pur attraverso le varie modifiche apportatevi, le CarteCostituzionali olandese, belga e lussemburghese sono l'espressione del pensiero liberale e delle idee nazionalistiche della Rivoluzione francese. Non quindi di meraviglia che la Costituzione belga offra singolari somiglianze con la Costituzione olandese, giacch cos come per gli olandesi verso la soggezione franese cos per i belgi verso quella olandese identici furono i sentimenti che guidarono i rispettivi Costituenti. Ma per ci stesso le Costituzioni in esame non potevano che rispecchiare il concetto dello Stato quale erasi attraverso quelle vicende affermato. Cio Stato prettamente nazionale, mirante con sfiducia e diffidenza a tutto ci che oltre i suoi confini, mentre per quanto riguarda i rapporti tra cittadini e Stato, la Carta Costituzionale si presenta quale garanzia di questi verso quello con precise norme limitatrici dei poteri dello Stato. Mentre in queste Costituzioni si accentua il profilo politico, totalmente assente il profilo sociale e quello internazionale. 4. sempre sotto l'impulso di sentimenti fortemente commotivi che i popoli si inducono a condensare in un documento quell'insieme di norme e di precetti, che presiedono in via primaria alla organizzazione del loro Stato; ci spiega perch tali documenti rivestano una certa qual veste sacramentale e come pi tardi al pi sereno vaglio della interpretazione giuridica si ponga il problema della giuridicit di determinat.e affermazioni. ben vero per che nell'epoca storica pi recente .. le Carte Costituzionali hanno abbandonato o quanto meno attenuato l'aspetto sacramentale per presentarsi quale Testo pi spiccatamente giuridico. Le Costituzioni non sono pi l'espressione di un privilegio concesso ai cittadini di determinate citt partico b:: b:: J&&~T?F??F 163 larmente fiorenti, ed inadeguata apparirebbe la concezione di un patto tra il Regnante ed il suo popolo, come secondo una eufemistica locuzione si vollero raffigurare le Carte Costituzionali del secolo scorso. Anche negli Sta~i, ove tuttora sono vigenti Costituzioni delvecchio modello, l'elaborazione dottrinale e la successiva legislazione ne hanno mutato notevolmente la sostanza, nonostante il profondo attaccamento alla tradizione, che accompagna normalmente la permanenza delle Costituzioni stesse. Non sfugge infatti che proprio relativamente alle Costituzioni di pi antica formazione, che non prevedessero l'istituto della revisione in modo espresso, che la dottrina giuridica ha elaborato la teoria della flessibilit delle Costituzioni stesse, rendendo con ci possibile al potere legislativo l'intervento per operare con leggi normali quelle modifiche che le nuove esigenze della vita associata rendevano mano a mano necessarie. Ne consegue che, una volta che l'esperienza giuridica port ad accentuare il carattere normativo della Costituzione ed a porla al centro dell'ordinamento giuridico statale, i Costituenti medesimi abbiano considerato la necessit di renderla meno esposta a innovazioni, se non con la particolare meditata procedura della revisione costitll.1'ionale. I caratteri di pi accentuata giuridicit e rigidit comuni alle tre Costituzioni di Francia, Italia e Germania vengono singolarmente poste in luce, ove si rapportino con le Costituzioni dei Paesi del Benelu:x, alle quali sopra abbiamo accemiato. Ben vero che le tre costituzioni di Belgio, Olanda e Lussemburgo prevedono la ipotesi della revisione costituzionale dettando sistemi che, attesa la comune origine, appaiono pressoch simili, ma le disposizioni all'uopo dettate a parer nostro sembrano inadeguate. L'art. 131 della Costituzione belga ed al pari l'art. 114 di quella lussemburghese richiedono ai fini della revisione costituzionale che il potere legislativo dichiari la necessit della revisione; dopo di che le Camere si sciolgono e le nuove stabiliscono di comune accordo col Re (o Granduca) i punti oggetto della revisione. Ne consegue, che reputandosi normale il raggiungimento del cc comune accordo a scanso di grave crisi e disagio politico nel Paese, la procedura si riduce in fondo allo scioglimento delle Camere e nel richiedere che almeno due terzi dei rappresentanti delle Camere sia presente alla votazione sulla nuova legge di revisione e che questa sia approvata con la maggioranza di due terzi dei rappresentanti presenti. Nella Costituzione olandese dispongono all'uopo gli artt. da 203 a 207 con sistema non molto differente: dopo la proposta di revisione del potere legislativo, che assume forma di legge ordinaria, lo scioglimento e la riconvocazione delle Camere, la legge costituzionale viene approvata con maggioranza di due terzi. Ma ci che (crediamo di poter affermare) manca al sistema il mezzo per dare giuridica applicazione alle norme poste a tutela della Carta Costituzionale, non essendo in quegli ordinamenti data facolt al Potere giudiziario di sindacar'e la costituzionalit delle leggi. Invece proprio relativamente a questo aspetto che si manifesta la pi accentuata giuridicit delle Carte Costituzionali francese, italiana e tedesca, le quali pongono a presidio della rigidit di esse, la Francese (art. 91 e seg.) un Comitato Costituzionale, col compito di accertare se le leggi votate dall'Assemblea Nazionale implichino una rev1s1one della Costituzione, l'Italiana (art. 134 e seg.) una Corte Costituzionale con competenza giurisdizionale. la Tedesca (art. 93 e seg.) ugualmente una Corte Costituzionale Federale, avente giurisdizione, tra l'altro, a statuire. sulle diverge:rize e sulle incompatibilit della Legge Fondamentale con le leggi federali o il diritto dei Lander. 5. Sia che si tratti di Stati retti da Costituzioni di recente formazione, che di Stati nei quali continuino ad aver vigore Costituzioni di modello meno recente, facile notare che non tutte le norme del diritto costituzionale (secondo la comune accezione) trovano posto nelle rispettive Carte Costituzionali; nel primo caso infatti non pu trascurarsi l'elaborazione dottrinaria, che talvolta in sede di interpretazione giunge a forzare la lettera della norma, nel secondo caso il sistema giuridico, nel quale la Carta venuta ad inserirsi in posizione preminente e centrale, . spesso contiene norme, che la Costituzione presuppone e delle quali non fa cenno. Pertanto non potrebbe dirsi che la Costituzione sia fonte esclusiva del diritto costituzionale e ne consegue che la comparazione delle Costituzioni di determinati Stati non pu esaurire il raffronto dei singoli diritti costituzionali, ma solo essere contributo e fornire l'avvio a pi completa indagine. Ma se il diritto costituzionale non risiede integralmente ed esclusivamente nelle Carte Costituzionali, quistione si pone se tutti i precetti e le norme contenute nelle stesse abbiano carattere giuridico o meno. Riteniamo che alla soluzione di tale problema il metodo della comparazione possa essere di utile esperimento. In quasi tutte le Costituzioni si osserva spesso la inclusione di precetti o Dichiarazioni di carattere dogmatico, dei quali non risulta agevole l'applicazine sul piano pratico. L'utilit di tali Dichiarazioni nei documenti costituzionali stata talvolta posta in dubbio dal punto di vista del tecnicismo giuridico, anzi da taluni le predette sono state definite dannose, propendendo quegli osservatori nella opinione della non giuridicit di norme siffatte. Bernareggi (in L'attualit legislativa e la volont popolare nel regime democrativo), commentando la Costituzione Italiana, trova criticabile la forma vaga e generica con la quale sono fissati i diritti dei cittadini ed esprime il timore che mlte lggi future saranno per essere incostituzionali. Anche la Costituzione Francese offrirebbe per questo Autore gli stessi difetti (i detti principi sono infatti inclusi nel preambolo}, a parte che la detta sarebbe poco aderente alla realt degli attuali rapporti sociali. Ma per vero la Carta Costituzionale non pu essere intesa nel suo effettivo significato, ove si prescinda dal considerarla in relazione a quel complesso di avvenimenti e di sentimenti popolari, (da acuto scrittore definito cc clima costituente ) nel quale la Carta Costituzionale trov la sua . origine e la sua formazione; ed inesatta])'opinione di voler considerare certi precetti solo quale testo giuridico o solo quale solenne c;J:icp.iarazione e quasi proclama che il popolo rivolge a se stesso _ ed alle generazioni future per guida e binario del programma che esso si propone. Le Dichiarazioni di principio incluse nelle Costituzioni partecipano dell'uno e dell'altro carattere, bench in quelle pi moderne il carattere di giuridicit sia espresso con note pi evidenti. 164 indubitabile che tali Dichiarazioni sono la pi immediata espressione della evoluzione dei tempi e della coscienza sociale, politica e giuridica di quel determinato popolo e che pertanto esse si pongono quale premessa di una disciplina giuridica normalmente ancora da attuare, ma non perci esse mancano di un loro contenuto giuridico. Tale loro carattere appare evidente, ove si considerino Carte Costituzionali gi passate al vaglio di una applicazione giuridica pluriennale. L'interprete che scorra le Costituzioni dei tre Paesi del Benelux talvolta ha occasione di imbattersi in norme che all'occhio del moderno lettore possono apparire inutili o ovvie. La Costituzione Belga ad esempio contiene norme siffatte: art. 67 Il Re fa i Regolamenti e i Decreti necessari per l'esecuzione delle leggi, senza poter mai n sospendere le leggi stesse, n dispensare dalla loro osservanza'" art. 89 In nessun caso l'ordine verbale o scritto del Re pu sottrarre il Ministro alle sue responsabilit. Art. 112 Non possono essere stabiliti privilegi in materia d'imposte . Art. 121 Nessun reparto (militare) straniero pu essere ammesso al servizio dello Stato se non in virt di legge. A tali norme fanno riscontro quasi letterale nella Costituzione lussemburghese gli articoli 36, 81 a 101. Singolare pure l'art. 47 della Costituzione medesima che, riservando al Granduca la iniziativa legislativa, consente alla Camera il diritto di proporre al Granduca progetti di legge; ovvio infine potrebbe apparire l'art. 52, III comma, che esclude qualsiasi particolare condizione di censo per l'esercizio del diritto di voto. Nella Costituzione Olandese vedansi gli art. 71 e 182, nonch gli articoli 113 e segg., che ricordano il disposto del sopracitato art. 52, III comma della Costituzione Lussemburghese.. Sembrano poi fuor di luogo le dettagliate disposizioni nel Testo olandese in materia di espropriazione per pubblica utilit, che si leggono negli articoli 158 e 159 e le complicate formule di giuramento che la Costituzione stessa minuziosamente prevede per l'ascesa al Trono del Re e per l'immissione nelle funzioni de.i Ministri e dei Deputati agli Stati Generali. Sta di fatto che questi principi e queste statuizioni, che invano si cercherebbero nelle Costituzioni moderne, rappresentavano all'epoca conquiste dei movimenti liberali e si ponevano all'epoca quali affermazioni rivoluzionarie rispetto agli abbattuti sistemi degli Stati assolutisti. I complicati giuramenti, di cui sopra, rappresentavano il mezzo solenne per definire i limiti apposti alle competenze degli organi, cui essi si riferivano e per scolpirne i doveri di fronte allo Stato. Oggi questi precetti sono entrati a far parte della comune coscienza giuridica dei popoli, e ci si badi senza produzione di ulteriori norme giuridiche di applicaizione, e quindi . normale che le moderne Costituzioni non ne facciano cenno, giacch le presuppongono. Vero che anche Ja Costituzione Italiana nell'art. 42 rammenta ohe la propriet privata pu essere espropriata per motivi d'interesse generale, ma non chi non veda la diversit della norma. Nel caso sopra considerato la norma sta a indicare il limite del potere regio, nel secondo si vuol caratterizzare la funzione sociale della propriet, concetto affatto ignorato dai Costituenti Olandesi dell'800. Certo se si dovessero considerare, alla stregua di una stretta interpretazione, molte delle norme sopracitate, ad es. il ricordato art. 121 della Costituzione Belga, che vieta l'assunzione al servizio dello Stato di truppe mercenarie, potrebbero queste norme essere definite giuridiche? Ma ci nonostante il pI'in:cpio (sempre per rimanere con l'esempio dell'art. 121) ormai parte dello stesso concetto dello Stato medesimo, che concepito quale entit giuridica per eccellenza, creatore. e destina~ tario in via primaria delle norme giuridiche, e concezione. unitaria e giuridica dei suoi cittadini e del suo territorio. Non vi dubbio quindi che anche le Dichiarazioni di principio incluse nelle moderne Costituzioni di Francia, Italia e Germania abbiano significato giuridico, come l'esperienza dimostr che contenuto giuridico avevano quelle dettate dalle Costituzioni, ormai secolari, dei Paesi sopraconsiderati. Queste ultime erano rivolte a statuire su materie allora scottanti, attinenti ai rapporti politici dei cittadini verso lo Stato; le nuove Costituzioni si trovano anch'esse di fronte ad esigenze di vita di nuova configurazione e sono quindi indotte a sussumerle nella disciplina delle norme costituzionali. . 6. Al concetto strettamente individualista si va nell'epoca moderna contrapponendo quello sociale, con una pi alta affermazione dei diritti dell'uomo in quanto tale prima ohe in quanto cittadino. Ne consegue che una simile impostazione non possa esaurirsi sul piano strettamente interno, e che lo Stato medesimo sia indotto a dimostrare tale nuova concezione, pressato anche da novelle esigenze di vita, nella sfera dei rapporti interstatali, superando le tradizionali relazioni fondate sul puro concetto d(sovranit, per dar vita a forme di Organizzazione giuridica sovranazionale. L'indirizzo internazionalistico, che non che fa proiezione sul pi!tno internazionale dell'orientamento sociale delle nuove Costituzioni, caratteristica peculiare delle stesse; indirizzo affatto nuovo se si raffrontano le Costituazioni di un secolo fa, le quali destinavano ai rapporti internazionali scarsi cenni ed atteggiamento improntato a prudenza se non a diffidenza. Il criterio sistematico seguito rispettivamente dalle tre Costituzioni di Francia, Italia e Germania, variamente atteggiato, bnch identico debba riconoscersi il contenuto delle relative norme. Mentre l'indirizzo sociale si coglie nelle nuove Costituzioni attraverso il coordinamento di .numerosi precetti, quello internazionalistico concentrato in norme di singo lare compiutezza, sia pure con una gradualit di effetti. Nella Costituzione Francese provvede una Dichiarazione ad hoo inclusa nel Preambolo. La Repubblica Francese, detto, fedele alle sue tradizioni, si conforma alle regole del diritto pubblico inte1nazionale . . . Con riserva di reciprocit, la Francia consente alle limitazioni di sovranit necessarie per la organizzazione e la difesa della pace. Nella Costituzione Italiana l'art. 10 a dettare che L'ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente ronosciute ; ed il successivo art. 11 prescrive: L'Italia . . . consente, --in condizione di parit con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranit necessarie ad un Ordinamento che assicuri la pace e la giustizia tra le Nazioni: promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo . mmmrnmm: 3Ff7W; mmmrnmm: 3Ff7W; -165 La Costituzione Tedesca provvede all'indicato fine con specifico art. 24 La Federazione pu, per la tutela della pace, inserirsi in un sistema di reciproca sicurezza collettiva,; essa pertanto consentir a quelle limitazioni dei suoi diritti sovrani, che realizzino ed assicurino un ordinamento pacifico e duraturo . . ; la disposizione integrata dall'art. 25 successivo: Le regole generali del diritto internazionale costituiscono parte integrante del diritto federa le. Esse sono anteposte alle leggi e creano immediatamente diritti e doveri per gli abitanti del territorio federale . Dal punto di vista del tecnicismo giuridico forse la Costituzione Francese ha seguito metodo pi opportuno, mentre i Costituenti italiani e pi ancora quelli tedeschi potrebbero essere giudicati alquanto audaci, per la precisione dell'impegno assunto. Ma quale che sia il criterio sistematico seguito non sorge esitazione nel riconoscere la giuridicit di tali precetti. Carattere fondamentale della norma giuridica la imperativit di essa, la norma deve cio consistere in un comando rivolto ad un fine concreto ed individualizzato; allorch il fine additato dalla norma non sia tale dato dubitare della giuridicit del precetto, che il Kant chiama in questo caso imperativo categorico prammatico distinguendolo dal precetto giuridico, .cui attribuisce la definizione di imperativo categorico tecnico. Nella specie invero i fini perseguiti dalle Dichiarazioni Costituzionali internazionalistiche nelle tre Costituzioni sono di assoluta precisa configurazione. N dicasi che i precetti considerati appaiono richie dere l'emanazione di norme giuridiche di attuazione, giacch tale osservazione, incontestabilmente fondata, non distrugge la giuridicit dei principi predetti, noto essendo che l coercibilit della norma giuridica va intesa in senso astratto e non in concreto, talch coerci bile in astratto anche la norma, che fonda tale sua prerogativa nella futura norma di attuazione. Del resto non possiamo trascurare il rilievo che il destino della efficacia della forma giuridica in fondo legato alla maggiore o minore aderenza di essa alla coscienza giuridica del Paese, ed essa concretamente viva ed opt:irante se risponde a sentite e reali esigenze. nota la felice elaborazione data nel Diritto Sviz zero al dichiarativo principio stabilito nell'art. 4 di quella Costituzione Federale, secondo il quale tutti gli svizzeri sono uguali davanti alla legge, e come in quell'ordinamento frequentemente si faccia applica zione pratica giurisprudenziale di quel 'principio in materie di pi varia natura. Per converso, bench malvolentieri in dottrina si parli di abrogazione tacita della norma giuridica, non pochi sono gli esempi di norme cadute in desuetudine e prati camente abrogate; per rimanere nel diritto costitu zionale si pensi al capov. dell'art. 28 dello Statuto Alber tino, che prescriveva il preventivo permesso dell'Auto rit Ecclesiastiea per la stampa dei libri religiosi. Invero la norma costituzionale, pi che ogni altra, esposta alla eventualit di essere trasgredita, spesso senza possibilit concreta di una restaurazione; le norme della Costituzione di Weimar, che pur furono giudicate all'epoca di mirabile perfezione giuridica, non impedi rono che una dittatura le calpestasse. Ma tale pericolo, come gi rilevato, nulla toglie alla giuridicit della norma costituzionale, sia che si presenti suscettibile di imme diata agevole applicazione, sia che essa, concretata nella forma di una Dichiarazione Costituzionale, appaia meno dotata di tale efficacia. Certo tra le fonti del diritto alle Dichiarazioni Costituzionali pu essere attribuita collocazione diversa, rispetto alle altre norme e precetti inclusi nelle Costituzioni stesse, ma ci senza nulla togliere al carattere di giuridicit delle prime. A tale proposito citiamo l'opinione del CRISAFULLI (in La Oostitzione e le sue disposizioni di principio) fondata su convincenti argomenti che po;ne i precetti delle Dichiarazioni Costituzionali tra i principi generali di diritto. appunto in armonia ai cennati principi e in aderenza alle nuove sussistenti esigenze che con recente Legge Costituzionale 22 maggio 1953 (vedi in Rivista di diritto internazionale 1953) l'Olanda ha proceduto a revisione della Carta Costituzionale, per introdurre in quell'Ordinamento disciplina pi adeguata dei rapporti internazionali. La Legge ha modificato gli articoli del Testo Costituzionale da 58 a 60 e vi ha aggiunto altri sette articoli Particolarmente interessante il nuovo art. 58, cc Il Re ha l'alta direzme delle relazioni esteriori. Egli incoraggia lo sviluppo dell'ordine giuridico internazionale, nonch l'art. 60-G. Per mezzo di un accordo. o in virt di questo, possono esser delegati a organi internazionali poteri in materia di legislazione, di amministrazione o di giurisdizione. La norma dell'art. 58 ha consacrato nell'ordinamento costituzionale olandese, quale principio generale di diritto, l'orientamento dello Stato moderno verso un maggiore sviluppo dell'ordinamento internazionalistico; il secondo precetto (art. 60/G) rappresenta invero il passo pi avanzato conipiuto da un Ordinamento Giuri dico Statale verso forme associative internazionali. Ci tanto pi vero che il capoverso del citato !J-rt. 60/G prevede anche la disciplina dei rapporti che dovessero sorgere per effetto della cennata delegazione di poteri tra le decisioni dell'Organo internazionale e il diritto statale, e nella'. potesi di contrasto o di incompatibilit la norma dichiara prevalenti le prime. Per quanto riguarda l'Ordinamento Belga e quello Lussemburghese non vi finora da registrare modifiche delle vigenti Costituzioni in ordine al profilo sopra cennato, certo per che l'esigenza di una revisione stata avvertita anche in questi Paesi ed da-=:supporre ch'essa non mancherebbe di intervenire ove avvenissero concrete applicazioni dei sopracitati principi. Riteniamo che sarebbe azzardato attualmente affer mare che in virt delle citate norme costituzionali siasi nei rispettivi Ordinamenti realizzato integral mente sul piano pratico quella superiorit del diritto internazionale sul diritto statale, che pur affermata quale incoercibile tendenza del diritto moderno da illustri scrittori di diritto internazionale. Non compito delle presenti note, n nostra presunzione, giudicare sulla delicata evoluzione di movimenti spirituali di s vasta portata, consci per del fondamento obbiettivo di tali necessit, rav,visiamo gi sussistere nel diritto le premesse per la futura realizzazione di un concetto pi moderno dello Stato, orientato verso criteri sociali all'interno e verso criteri associativi nei rapporti con gli altri Stati. PIETRO PERONACI (Avvocato dello Stato) w: E -166 OPERE CONSULTATE Recueil 'Etudes en l'honneur 'Eoar Lambert, Paria, 1938, saggi di: BoUOARD CHARLES: Les prospectives historiques et philosophiques u Droit compare. 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Il direttore ai periodico risponde per fatto proprio, nei casi previsti dall'art. 57 n. 1 c.p., perch tra la sua omissione e l'evento c' un nesso di causalit materiale, al quale si accompagna sempre un certo nesso psichico (art. 40 c.p.) sufficiente, come opinione non contrastata, a conferire alla responsabilit il connotato della personalit. L'art. 57 non vieta che la responsabilit del direttore di giornale venga meno tutte le volte in cui il caso fortuito o la forza maggiore, il costringimento fisico o l'errore invincibile (artt. 45, 46, 48 c.p.) vietino di affermare che l'omissione sia cosciente e volontaria (art. 42 c.p.). Il testo dell'art. 57 c. 1 c.p. pu soltanto offrire difficolt alla suddetta interpretazione, nella quallit della pena che di un reato doloso irrogata al reo di un reato colposo, si da rendere auspicabile una migliore formulazione della norma. Riportiamo, integralmente, la motivazione dell'importante sentenza. Omissis. A) La Corte deve rispondere al quesito se la responsabilit del direttore di giornale, quale la configura l'art. 57, n. 1 c.p., rappresenti un caso di responsabilit personale oppure un caso di responsabilit per fatto altrui. Com' ovvio, la dichiarazione di legittimit o illegittimit costituzionale dipende direttamente dalla risposta che si da a questo quesito. Non si vuole dire con ci che questo procedimento dell'interpretazione della norma sospettata di incostituzionalit, che la O orte qui tenuta a seguire, possa non trovare applicazione in altri casi, ma si vuole affermare che la sua generale validit trova una particolare giustificazione nella questione in esame, che di quelle nelle quali la dubbiezza del testo legislativo impone un pi sottile e penetrante processo di interpretazione. E che sia cos attestato dalle soluzioni avanzate dalla dottrina per dar ragione di quell'articolo, diverse e contrastanti fra di loro, e alle quali, sovente, non ha giovato il tentativo di riportare quel caso particolare sotto la regola generale dell'art. 42 terzo comma c.p., che aspetta, essa, ausilio dall'esame delle ipotesi concrete del sistema, pi di quanto sia in grado di offrirne. 3 La soluzione del quesito varr tanto per l'art. 57 n. 1 c.p., quanto per l'articolo della legge sulla stampa 8 febbraio 1948, n. 47, il quale, pur limitandosi ad affermare (alla stessa guisa dell'art. 1 della legge 3 dicembre 1925, n. 2307) che ogni periodico deve avere un direttore responsabile >>, senza specificare ulteriormente la natura e la estensione del concetto di responsabilit del direttore di un periodico, con la menzione della formula direttore responsabile ))' si ricollega alla regolamentazione giuridico-penale che di questa figura esibisce appunto l'art. 57 n. 1 del c.p. Con che si respinge la eccezione sollevata dall'Avvocatura dello Stato in limine litis, invocante la limitazione della questione di legittimit costituzionale all'art. 57 n. 1. Nello svolgimento della legislazione sulla stampa rappresenta un momento di particolare rilievo quello nel quale il legislatore sostitu alla figura del gerente quella del direttore responsabile (art. 1, primo comma della legge 31 dicembre 1925, n. 2307). vero che rimaneva immutato il sistema creato, ora pi di un secolo, dal Regio Editto 26 marzo 1848, numero 695, in base al quale (art. 47, 20 comma), il gerente era considerato come complice dei deliltti e della contravvenzioni commessi con pubblicazioni fatte nel suo giornale >> ma altrettanto vero che la responsabilit (quale essa fosse), veniva non pi a carico del gerente -una figura estranea al periodico sulla quale si esercit nel passato una facile ironia -ma a carico di chi del periodico in effttti la guida e l'ispiratore. Anche se non si pu accogliere completamente la tesi, sulla quale ha insistito l'Avvocatura dello Stato, della natura particolare e del carattere complesso dell'impresa giornalistica, ricondotta ad unit dal direttore, per fondarsi sopra l'altra del carattere personale della responsabilit di costui -non pare dubbio, che porre al posto di una persona del tutto estranea alla vita della azienda, comodo riparo di una attivit sottratta in tal guisa ad ogni responsabilit di fronte a terzi, una persona di particolare esperienza e capacit professionali, fornita di poteri pressocch illimitati, e, per quello che attiene alla pubblicazione di notizie, interpretazioni e commenti, sottratta ad ogni altro controllo, significava aver trasformato sostanzialmente il sistema dell'editto del 1948 e di avere escluso (ammesso che ci fosse da ritenere pacifico per il periodo precedente), che si potesse vedere consacrato nell'art. 1 della legge citata del 1925 un caso di responsabilit per fatto altrui. Sicch, considerato alla luce di questo svolgimento sto.'J'ioo, la espressione per ci solo>> che compare nell'art. 57 n. 1 del c.p. e che ha dato tanto da fare agli interpreti, non ha inteso se non a sottolineare il distacco dal sistema dell'Editto Albertino e dalla figura che vi compare del gerente, complice necessario dell'au WW TVTim!J ~ZtRfill && WCTW oomrn:mrnTTTFTTT'"Xfftmff lrnlllffli&~fff~.&mf?W~~ .__ 168 tore del reato eommesso a mezzo della stampa. Si volle dire che la responsabilit del direttore si fonda sulla circostanza, propria di lui, di non avere osservato gli obblighi di vigilanza e di controllo ai quali egli tenuto per il fatto di essere direttore, obblighi che non necessario rintracciare puntualmente espressi in un precetto legislativo, ma che ben possono desumersi dal sistema, come in questo caso del direttore del giornale: una figura della quale sono certi i lineamenti e quindi i diritti e i doveri. La conseguenza che non esiste contrasto tra l'articolo 57, n. 1 c.p. e l'art. 27 della Costituzione. Non pare dubbio alla Corte che quest'ultimo articolo consacri il principio, acquisto certo di un secolare svolgimento, che non si risponde se non per fatto proprio. Ma appunto il direttore del periodico risponde per fatto proprio, per lo meno perch tra la sua omissione e l'evento c' un nesso di causalit materiale, al quale si accompagna sempre un certo nesso psichico (art. 40 c.p.) sufficiente, come opinione non contrastata, a conferire alla responsabilit il connotato della personalit. N, inoltre, l'art. 57 cos interpretato, vieta che la responsabilit del direttore del giornale venga meno tutte le volte in cui il caso fortuito o la forza maggiore, il costringimento fisico o l'errore invincibile (artt. 45, 46 e 48 c.p.) vietino di affermare che l'omissione sia cosciente e volontaria .(art. 42 c.p. 1 comma), nessuna ragione imponendo che questi principii generali e di rigorosa osservanza trovino in questo caso sbarrato l'ingresso alla loro puntuale applicazione. D'altra parte, se l'art. 57, n. 1, considerato in se e per s, consente di giungere alla persuasione che la responsabilit, che vi raffigurata, non per fatto altrui (che quanto basta ai fini del presente giu dizio), un'autorevole giurisprudenza della Corte di cassazione ha affermato che la responsabilit del direttore di un periodico fondata sulla colpa, -ed ha giustificato per tale via la compatibilit dell'ar ricolo 57, n. 1 col dettato della norma costituzionale. Certamente, che una giurisprudenza siffatta si sia costituita tanto che si possa ormai dire dominante . ' una circostanza della quale non pu negarsi l'impor tanza. La Corte pur ritenendo di potere e di dovere interpretare con autonomia di giudizio e di orien menti e la norma costituzionale che si assume vio lata e la norma ordinaria che si accusi di violazione, 'non pu non tenere il debito conto di una costante interpretazione giurisprudenziale che conferisce al precetto legislativo il suo effettivo valore nella vita giuridica, se vero, come vero che le norme sono non quali appaiono proposte in astratto, ma quali sono applicate nella quotidiana opera del giudice, intesa a renderle concrete ed efflcaci. Tuttavia la Corte non pu non rilevare le dif ficolt che il testo dell'art. 57, n. 1 offre ad una interpretazione di questa sorte, pur tanto aderente alla realt dellr cose; nella qualit della pena che di un reato doloso irrogata al reo di un reato col poso, anche se da ritenere che ci non trasformi il titolo della relativa responsabilit: residuo sto rico della vecchia figura del complice necessario prevista dall'Editto Albertino. Il che, del resto' e' f dalla necessit generalmente con ermato avvertita' (come fanno fede ripetute p''oposte di riforma) di dare ad una materia, che la realt configura in termini non equivoci, -una corrispondente f ormulazione legislativa: della quale necessit anche la Corte sente di doversi rendere interprete. NOTA IL PRINCIPIO COSTITUZIONALE DELLA RESPONSABILIT PERSONALE E LA RESPONSABILIT DEL DIRETTORE DI GIORNALE PERIODICO SOMMARIO. -Premessa -La sentenza 23 giugno'l956 n. 3 della Corte Costituzionale e il problema dell'a ririfo~ ma degli artt. 57; .58 C. p .. -1. Il problema dottrinar10 della responsab1ht del direttore di giornale come responsabilit per fatto proprio. -2. Il concetto di responsabilit personale (art. 27 Cost.). -3. La qualificazione della responsabilit penale personale. -4. L'artico. I? 42 C. P. comma 3 e il c.d. problema della. respons~ b1ht ogg~ttiva. -5. Non tale la responsabilit ipo- tizzata dall art. 57 C. p. che configura un reato commissivo mediante omissione, (precedenti legislativi dall'Editto sulla Stampa, al R.D. 15 luglio 1923 n. 32S8) ... 6. o un fatto proprio del direttore come coautore della pubblicazione. -7. I sistemi delle legislazioni straniere. -8. La sentenza della Corte Costituzionale nella sua essenza decisoria, il progetto ministeriale e l'esigenza di una chiarificazione. PREMESSA. La sentenza della Corte Costituzionale, (1) che ha affermato il principio della legittimit costituzionale dell'art. 57 comma 1 C. P., il meditato e solenne riconoscimento--per quanto in forma sobria e schematica -in ordine. alla correttezza giuridica della non agevole costruzione dottrinaria che Ja difesa dello Stato aveva sostenuto, in arm~nia con i supremi fini di conservazione dell'ordine sociale. Sono state annunciate revisioni in sede legislativa e sono state cercate interpretazioni della suddetta sentenza nel senso che una rielaborazione della norma penale sia stata auspicata dalla Corte Costituzionale. vero che questa ha formulato l'auspicio di una pi chiara redazione della norma stessa e quello di una innovazione limitata alla graduazione della pena, per le diverse ipotesi di dolo o colpa; ma siffatto auspicio non toccava, minimamente, il precetto fondamentale, difeso dall'Avvocatura dello Stato come palladio di tutte le altre libert che il direttore, avendo l'obbligo giuridico di controllare tutto quanto si pubblica sul periodico, salvo i casi di fortuito o di forza maggiore, personalmente responsabile della pubblicazione, a titolo di dolo, secondo i principi comuni, o, a titolo di colpa, in ogni altro caso, prescindendo dalla prova della negligenza, della imprudenza o della impe~izia nonch dell'inosservanza di leggi, regolamenti ecc. (art. 43 c. p.); prova che per il particolare rigore impresso alla norma in' esame ' . ' e raVVIsata nel fatto stesso della .:pubblicazione incriminata (tesi della responsabilit cc in ca-usa _ quale sar ricordata pi avanti). (1) Che viene pubblicata, integralmente, in questo numero, p. 167. -169 La tesi ehe sussista, nella sentenza, una raccomandazione della Corte, nel senso che la norma . debba, bensi sancire la responsabilit del direttore, per colpa o per dolo, ma attraverso un comune precetto punitivo della omissione del necessario controllo, sembra contraddire il corretto profilo tecnico giuridico del problema e mira a svuotare la norma dell'art. 57 c. p., non gi a chiarirla. La Corte ha, infatti, integralmente accolto la interpretazione sostenuta dalla difesa della Presidenza del Consiglio, le cui principali argomentazioni, vengono, di seguito, ricapitolate. 1. Tratter, anzitutto del concetto di responsabilit personale, indi, del problema se il rapporto di causalit materiale, presupposto di detta responsabilit, debba necessariamente essere congiunto al rapporto di causalit psichica; esaminer poi l'art. 42, comma 30 c. p. e il problema della responsabilit oggettiva; se esso si ponga, come tale, in contrasto con l'art. 27 della Costituzione. In secondo luogo, dato per ammesso che l'art. 42, comma 30, ipotizzi una responsabilit senza colpa, esaminer se a detta norma, o a detto principio sia ricollegabile la disposizione dell'art. 57 comma 1 c. p. ovvero se questa non ipotizzi, invece, un caso di responsabilit per colpa, un caso di reato commissivo mediante omissione. In subordine, tratter del terzo punto, se, c10e, indipendentemente dalla suddetta configurazione, al direttore di giornale non sia da ascrivere una responsabilit per fatto proprio, in quanto autore o coautore necessario di quell'opera collettiva che un giornale quotidiano. Infine concluder sullo stato della legislazione in materia, negli altri Paesi e con brevi cenni sui progetti di riforma della norma penale, presentati in questi anni, prima e dopo la sentenza della Corte. 2. Troppo triste sarebbe ricordare perch il legislatore costituente sent la necessit di dire agli italiani, con l'art. 27 della Costituzione, che la responsabilit penale non pu essere se non personale, ossia per fatto proprio; da che, oramai da sette secoli, era entrato nella nostra cultura, e nella nostra coscienza civile quel supremo principio. Da quando cio, scoperta, secondo la favola medioevale, ad Amalfi l'edizione dei digesti che corre sotto il nome di Fiorentina o cc littera Pisana n lo studio Bolognese, con le scuole di Imerio e di Accursio, aveva richiamato in vita i valori del diritto romano, s che Dante poteva dire, nel canto di Ugolino: cc che se il conte Ugolino aveva voce di aver tradito te della castella, -non dovevi i figliuoi porre a tal croce, -innocenti facea l'et novella>>. Laddove, per cc et novella >> non da intendere, come ha ritenuto qualche commentatore, et giovanile, sibbene, come altri ha notato, la corrente dei tempi nuovi ravvivata, appunto, dalla luce dello studio Bolognese, che non tollerava pi, che i figli scontassero le colpe dei padri. E se il legislatore costituente dovette inserire nella Carta Costituzionale un principio di cos elementare ' giustizia, ci fu dovuto alla esigenza di dare un solenne monito alle generazioni venture, a cagione della esperienza di un recente passato, che aveva richiamato in vita il sistema del diritto barbarico superato da sette secoli, della faida o quello primitivo della responsabilit per fatto. del clan, della gens, della trib o degli antenati. Questo il fondamento e il senso della norma (2) come ha notato uno degli eminenti giuristi della Corte Costituzionale (3) che ha, appunto, osservato come, con l'art. 27, siasi voluto ripudiare il sistema della responsabilit per appartenenza al gruppo gentilizio, o per colpe dei padri, che -ripetesi era riaffiorato in un regime cessato e che, purtroppo, riaffiora, ancora, in talune manifestazioni del .tempo nostro. 3. Pervenuti, cosi, a fissare il 'concetto posto dalla Costituente alla base dell'art. 27, ossia il principio della responsabilit penale per fatto proprio; poich questa responsabilit involge necessariamente il problema circa il nesso (di causalit, occorre esaminare se la norma costituzionale contenga anche un principio vincolante in ordine alla qualificazione di detto nesso di causalit, nel senso che la personalit della responsabilit postuli oltre che il nesso di causalit materiale, anche, e necessariamente, quello di causalit psichica. Il problema si chiarisce con riferimento alla distinzione tra imputabilit e responsabilit. Imputabilit , invero, il complesso delle condizioni fisiche e psichiche poste dalla legge affinch un soggetto possa essere ritenuto causa efficiente della violazione di precetti penali relazione fra fatto ed autore. Responsabilit il carico delle conseguenze penali che viene fatto alla persona, per effetto dell'accertamento della sua imputabilit relazione fra autore del fatto e lo Stato (4). Senonch a dimostrare che il costituente non ha affatto determinato a quale tipo di rapporto di causalit (imputabilit) debba ricollegarsi la responsabilit personale, baster accennare al grave problema cui siffatta ricerca si ricollega. nota la variet di dottrine relative al fondamento della imputabilit penale; se sia, in tal caso, rispondente ad esigenze di giustizia affermare la sufficienza del nesso di causalit materiale, ovvero occorra, necessariamente, anche quello di causalit psichica; e, qu, sono divise le note correnti del determinismo e della scuola classica, sul problema se sia configurabile un rapporto di 2) Cfr. Atti io Sotto comnnss10ni pagg. 79 segg., in Atti Cost., pag. 2877. Per una ricerca della volont dei costituenti, in ordine alla portata dell'art. 27, comma io Cost., nel senso che esso escluda ogni ipotesi di responsabilit penale per fatto altrui, cfr. VASSALLI, Sulla illegittimit costituzionale dell'art. 57 n. i, C. p., in Giurisprudenza Costituzionale 1956, pp. 220, 221. (3) BATTAGLINT E., L'art. 27 della Costituzione e l'articolo 57 n. i C. p. in Giust. Pen. i948, II, 3i6. Nello stesso senso cfr. Cass. Pen. 26 ottobre i95i in Giustizia Pen. i952, II, 200. Cfr. anche MANZINI, Trattato del dir. pen i948, I, n. 247. (4) MANZINT: Trattato del dir. pen i948, 1, 627. (5) Roeder, Willensfreiheit und Strajrecht, Leipzig Wien, 1932. L_______ ~~~?*t'f&W~~JW&lf~.i@f'dff.fW~ ! -17 causalit, materiale, che non sia congiunto, almeno, ad una componente di causalit psichica; ovvero se sia configurabile causalit materiale pura. Il problema assai grave e di solito -nel suo primo aspetto -poco studiato dai giuristi appartenendo piuttosto, alla ricerca metagiuridica. Ricordo, tuttavia, pregevoli studi della scuola tedesca, e, in particolare, W illensfreiheit und Strafrecht, del Roeder, dove si ricercano i rapporti fra la c. d. Kausalitiits Gesetz e il problema della volont (5). Problema che, nel diritto privato, stato risolto nel senso della separabilit fra colpa (Schuld) e responsabilit (Haftung). La teoria, che fu elaborata dal Brinz (6) aveva, per, esempi nel diritto romano (nei precedenti nel. nexum n ossia: praedes, sponsor, vindex) nei quali erano visibili e scomposti i due elementi della obbligazione che poi, nella fase pi evoluta di quel diritto (7) e nei moderni ordinamenti si presentano unificati, salvo che in taluni casi (come nell'obbligazione naturale e nel beneficio d'inventario) (8). Ma nel diritto penale il problema si pone diversamente e presenta almeno quattro soluzioni: a) Secondo una tesi, la proposizione antecedens consequens si esaurisce, nell'ambito del sistema di Democrito, in una legge atomistica e meccanica (sistema ripreso, in epoca moderna, dallo Hume e dalla scuola degli empiristi inglesi); su tale proposizione riposano le premesse della scuola positiva del diritto penale; b) il nesso di causalit materiale, , secondo altri, necessariamente dominato dalla causalit psichica. Ma questa dottrina, che si fonda sul principio della cc creazione dell'evento a mezzo della volont (9) e involge il problema del libero arbitrio, propugnata dalla scuola classica e contrastata dalla scuola positiva (10). Il codice del 1930 fu un compromesso fra queste ,due correnti. N pu ritenersi che il legislatore costituente abbia -senza enunciarlo esplici tamente -accolta una delle due opposte tesi. (6) BRINZ: Der Begriff obligatio, in Zeitschr. f.d. priv. u. off. Recht. I, 1874, p. 11 segg.; Obligatio und Hajtung in Arch. fur civ. Praxis LXX, 1886, p. 371 segg. Per una completa esposizione delle varie dottrine nonch delle varie applicazioni della accennata distinzione, cfr. GANGI, Scritti giuridici vari, 1933, I. 3, 109, 301; PACOHIONI: Delle obbligazioni in generale 1935, 9; MEssINEO Manuale, 8 ed. II, 2. P; 11; DE RuGGIERO, lst. di dir. civ. 1937, III, p. 14 segg.; DE RuGGIEROMA. Ror, .lst. di dir. priv, 1952, II, p. 5 (nota l); in particolare, per il problema della c. d. responsabilit oggettiva o senza colpa nel diritto civile; cfr. CovrnLLO. La responsabilit senza colpa (Riv. it. se. giur. XXIII, 1897, p. 188); BIEBERFELD, Die Haftungen ohne Vherschulden, Berlin-Wien, 1933; per il problema nella dogmatica del diritto tributario, cfr. lIENSEL Steuerrecht -p. 11; PUGLIESE, I soggetti passivi dell'obbligazione tributaria nel dir. it. in Riv. lt. se. econ. 1939, 337; A.LLORIO, Diritto processuale tributario 1953 p. 195; GIANNINI, lstiuzioni di diritto tributario, 1953, pp. 100, 101, nota 27. (7) A.RANGIO Ruiz, Istituzioni di diritto romano 1952, pp. 286, 287; cfr. per, BoNFANTE, Scritti giuridici, III p. 80 segg. (8) DE RuGGIERO, lst. cit. III, p. 12. (9) Per la dottrina tedesca cfr. WuNDT, Ethik II, Stuttgagart, 1903, p. 72 segg. . (10) Cfr. una ricapitolazione di detta teoria, in RoEDER, Willensfreiheit und Strafrecht, Leipzig-vVien,1932, 85. e) il fondamento della imputabilit penale prescinde per altri, ancora, dal rapporto di causalit poich questo suppone risolto il gravissimo interrogativo circa la possibilit di distinzione fra fondamento logico e fondamento reale della responsabilit dell'evento; d) da ultimo, sono sorte nuovissime teorie: quella dei cc grandi numeri n la c. d. teoria quanti-. stica cc quantentheorie n (11) ecc. secondo le quali, al limite, il principio di determinismo assoluto, e quindi di causalit materiale, che presiede alla esperienza fisica, non ha carattere di necessit: e pertanto apparisce configurabile una non pun, tuale coincidenza fra effetto e causa, e addirittura una causa senza effetto o un effetto senza causa. La meccanica quantistica interpreta -in un certo ambiente sperimentale -le leggi della fisica classica come leggi statistiche che consentono la comprensione dell'insieme dei fenomeni, ma non possono dare ragione sufficiente del caso singolo. Da questa disamina dato agevolmente comprendere che la causalit materiale -per s stessa compromessa nella pi recente speculazione scientifica -pu concettualmente essere disgiunta da quella psichica e che la scelta del sistema, da porre a fondamento della imputabilit e quindi della responsabilit penale, questione di politica criminale. Ma, il legislatore costituente non pu aver voluto, in questione siffatta -per s, aperta all'evoluzione, per mutare di tempi e di conoscenze, nei campi della tecnica e della stessa ricerca del pensiero filosofico -vincolare il legislatore futuro (12). 4. Si pone, ora, ilproblema se l'art. 42 c.p., comma 30, nella cui previsione generale si vuol far rientrare, dai sostenitori della tesi opposta, anche l'art. 57 c.p., rappresenti una '.eccezione o non al principio della responsabilit per nesso psichico, sancito dall'art. 42 comma 10 e 2, ossia come conseguenza di azioni od omissioni poste con coscienza e volont (dolo, preterintenzione o colpa). Si dice che questa intepretazione sia sorretta dall'espressione cc altrimenti n, di cui al predetto comma 30. Va detto subito che, quand'anche si dovesse ritenere che, in realt l'art. 42, comma 3 c.p., preveda ipotesi di responsabilit oggettiva, si tratterebbe pur sempre di responsabilit per fatto proprio, collegata dal mero nesso di causalit materiale e, come tale perfettamente compatibile con l'art. 27 della Costituzione, nel suo significato dianzi esposto (13). (11) Tale teoria risale all'opera del PLANCK, Das Weltbild der neuen Physik, Leipzig 1929 p. 43. Essa muove una profonda critica alla c. d. legge di causalit, Nei suoi ulteriori sviluppi, si ricollega alla teoria della relativit, alle scienze atomiche (cfr. ROEDER, op. cit. p. 92 segg.) ed alla fisica nucleare. (12) Che l'art. 27 comma 1 Cost. ricomprenda, nel concetto di responsabilit per fatto proprio, anche ogni ipotesi di responsabilit senza colpa amme so cl.al VASSALLI, Sulla illegittimit. eco. cit. pp. 221, 222. (13) Al principio costituzionale non si oppone lo c. d. teoria della responsabilit obiettiva, sia nella pi lata interpretazione che ricollega questo tipo di responsabilit -in ogni caso --ad un nesso di causalit psichica riferibile alla volont nella cc causa (la locuzione e< altri -171 Ma non cos. La dottrina al riguardo ha analiticamente esa . minato tutti i casi ricollegabili alla norma anzidetta, escludendo uno per uno che sia prevista una responsabilit per fatto altrui e senza colpa (14) N a vulnerare tale interpretazione vale l'epigrafe dell'art. 42, che testualmente parla di responsabilit oggettiva -poich ben noto che le epigrafi -anche se sono opera legislativa, come le rubriche di singoli articoli -non fanno parte proprio del precetto normativo, e possono talora menti dell'art. 42 C. p. comma 3, significherebbe colpa lievissima, secondo G. BATTAGLINI, Il problema della responsabilit oggettiva nel diritto penale, in Foro it. 1936 IV, 31 e in Riv. Pen. 1936 p. 8, o rappresentabilit dell'evento, secondo CAVALLO, La responsabilit obiettiva, 1937, p. 496); sia nella interpretazione pi rigorosa, che esclude, in talune fattispecie, un pur tenue filo di causalit psichica (E. BATTAGLINI, L'art. 27 della Costituzione cit.; BETTIOL: Diritto Penale, P . .G. 1945, 307), ma non nega la conseguenzialit dell'evento rispetto ad una azione di omissione. Sicch agli effetti della compatibilit dell'art. 57 C. P con l'art. 27 Cost., si trovano sullo stesso piano: respcnsabilit per colpa ritenuta nell'art. 57, 1 comma C. p. da CARNELUTTI, Teoria generale del reato, p. 35; ANTOLISEI, Manuale di diritto penale, 1949, p. 211; DELITALA, Il fatto nella t.g. del reato, 1930, 156; BETTIOL, op. cit., p. 308; PANNAIN, Manuale di diritto penale, 1942, 332) e responsabilit oggettiva (MANZINI, Trattato I, 604; II, 482; SALTELLI-DI FALCO, Commento t. p. del nuovo c. p., 1931, I, 351). Contrapposizione sorgerebbe, invece, con la c. d. responsabilit anomala o legale (E. BATTAGLINI, op. cit.; SABATINI, Istituzioni di diritto penale, P. G. I, 1946; FROSALI, I reati commessi per mezzo della stampa, in Giust. pen. 1936, II, 193), se non fosse dimostrato che questa non trova riscontro nella norma. (14) Cos per il reato di stampa, nonch per i delitti qualificati in peius dal sopravvenuto evento (circostanze del reato o per le condizioni oggettive di punibilit: articolo 44 c. p.), cfr. G. BATTAGLINI, nello studio cit. a nota precedente. Parte della dottrina (lNGRASO: Natura e limiti della responsabilit penale del direttore di stampa periodica (Art. 57 n. 1 c.p.) Arch. Rie. Giur. 1954, 696; ANTOLISEI, Manuale di Diritto Penale, 1949, p. 211; PANNAIN, Manuale di Diritto Penale 1950, p. 355; SANTORO: Le circostanze del reato, 1952, p. 237), ricollega la responsabilit del direttore alla fattispecie del reato omissivo (c. d. reato commissivo mediante omissione) per avere il direttore omesso di impedire ad una causa in atto di produrre l'effetto. Dottrina e giurisprudenza hanno ammesso, peraltro, l'invocabilit, pur nei casi dell'articolo 57 cit., della norma generale di non punibilit sancita, per il fortuito o la forza maggiore, dall'articolo 45 c.p. . Il che costituisce riprova che alla base del precetto dell'art. 57 cit. sta una responsabilit per colpa. In tal senso (esplicitamente) la teoria del NUVOLONE, Reati di stampa 1151 e segg. e Le Leggi penali, p. 32 sotto il profilo del nesso psichico, in dipendenza della condotta della impresa. Nel senso della legittimit costituzionale cfr. tuttavia BARILE PRADIERI, L'effeoa'oia abrogante delle norme della Costituzione, in Commentario Calamandrei-JJ:inzi, I, pagina 82, nel senso che l'art. 27 Cost. non ha toccato il sistema precedente; NDEI, la Costituzione e la responsabilit per i reati commessi a mezzo della stampa, in nota adesiva a Trib. Roma 19 gennaio 1948, Foro Pad. 1948, IV, 39; ONDE!, Un accusato innocente: l'art. 27 della Costituzione, in Foro Pad. 1945, IV, 121. PERONAOI, La nuova Costituzione come fonte diretta di norme penali, Arch. pen. 1948, 362; ZACCONE, Appunto in tema di responsabilit del direttore del periodico, in Riv. Pen. 1954, II, 127. essere ingannevoli (15). Nel lavori preparatori del c.p. si faceva - vero -chiaro riferimento al principio della responsabilit oggettiva, anzi, anomala (16). , del pari, troppo noto che i lavori preparatori conservano bensi un alto valore di fonte dell'interpretazione, e ad .essi necessario risalire, sempre, quando la formulazione esteriore della norma non vulneri i principi generali dell'ordinamento giuridico e conservi, quindi, la sua efficacia normativa (17). Nel caso, detti Lavori -sulla base della generale tendenza propria del cessato regime -giustificano la disposizione del comma 30 dell'art. 42 come eccezione al principio generale della responsabilit per nesso di causalit psichica, ricollegandola al principio di autorit. Ma la norma va esaminata in s (18). Cosi, fin dal tempo del cessato regime, essa fu -in dottrina -ritenuta, perfettamente, compatibile con il principio generale della responsabilit psichica, nel senso che l'aver posto altrimenti n a carico dell'agente la conseguenza del fatto rppresentasse l'applicazione del principio di colpa, anche lievissima (19). A maggior ragione, ci possibile oggi, in virt di quel metodo di interpre (15) Per la questione gener~le della c.d. intitolazione , si veda il fondamentale studio di CRISAFULLI, in Stato e Diritto, 1941, p. 453 segg.; cfr. DE RuGGIEROMAROI. Ist. di dir. priv. cit. 1952, I, p. 48 nota I. In particolare per la materia, penale, lcfr. Relazione al Re1sul c.p. n. 6 e, in dottrina, MANZINI, Diritto Penale It. 1948, I, 293, 294, che cita talune ipotesi di rubriche non appropriate. (16) Il Guardasigilli riteneva la responsabilit in materia di stampa come eccezionale, senza colpa, ex lege (Lavori preparatori 10, par. 2, pagg. 196, 197). Pi vivacemente si ribadivano tali concetti nella relazione al progetto definitivo (11, n. 71) che trov seguito nella dottrina dominante. (17) Cfr. in arg. le magistrali sintetiche osservazioni del DE RuGGIERO; Ist. di dir. civ., cit. I, p. 32, cfr. anche BARBERO, Sistema istituzionale del diritto privato italiano 1955, I, 86 nota. (18) In particolare, l'art. 42, comma 30, e l'art. 57 1 comma C. p. non erano scaturite -nella loro struttura -dalla tendenza tot!llitaristica. L'art. 42 C. p., rispetto al corrispondente art. 45 del Codice Zanardelli, e l'art. 57 c.p. fondato sull'art. 1 legge 31 dicembre 1825, n. 2307, rispetto all'art.' 47 dell'Editto della Stampa 26 marzo 1948, n. 695, non avevano affatto capovolto i principi statutari. In effetti le norme dei due codici erano similari, nella sostanza, e la sostituzione del direttore al gerente responsabile, aveva non, gi, creato una responsabilit particolare, ma, se mai, trasferita detta responsabilit da un soggetto estraneo, in capo al titolare della direzione; risultato di una sempre pi attenta aderenza del legislatore alle e:;:igenze della riconosciuta rilevanza dell'impresa nell'ord;namento giuridico ed alla corrispondente estensione di pi moderni ed evoluti criteri di responsabilit dell'organizzatore. Sicch, quella che appariva, agli albori del secolo, una responsabilit oggettiva tipica del rischio padronale (e che tralatfoiament veniva ripetuta nelle relazioni ci tate) andava ricollegata alla anzidetta riconoscibile re sponsabilit del direttore, sia per la moltiplicazioiie degli strumenti di controllo, sia per la diffusione dei sistemi di organizzazione del lavoro. Conquiste, queste, della scuola del diritto e dell'evolu zione spontanea degli ordinamenti. (19) Cfr. in tal senso, anche, VASSALLI, Sulla illegittimit ecc. cit. p. 228; v. altres la do:ttrina citata, supra, nota 7. -172 tazione indicato da Fadda e Bensa, in una Nota al Windscheid, che consente di conservare la norma, pur sorta per una occasio e con una ratio superate, e di ricollegarla a principi nuovi od a nuove esigenze sociali, quando la formulazione estrinseca non lo impedisca (20). Tale questione, che si prospettava come problema di legittimit costituzionale di pi vasta portata, fu superata dalla Corte Costituzionale, osservandosi che la norma generale dell'art. 42, comma 3 c.p. <> stato spiegato, in dottrina, con il criterio della responsabilit per colpa anche lievissima (21), e, sulla sentenza annotata, con il significato di distacco dal sistema .Albertino del gerente; non il arattere eccezionale del precetto, rispetto all'art. 40, 10 comma e all'art. 42, 1, 2 comma c.p.; e, infine, neppure, la pretesa configurazione, nel precetto stesso, di una presunzione di responsabilit cos intensa da violare il principio costituzionale, almeno, sotto il profilo della prova (22). ,Trattasi..,.--invece -di un reato commissivo mediante omissione, giusta il principio dell'ultimo comma dell'art. 40 c.p. per violazione di obblighi positivamente imposti dal legislatore, e il cui fondamento la colpa del direttore del periodico -come ne fa fede la stessa evoluzione storica dell'istituto -che risponde di un fatto-reato autonomo, diverso da quello dell'autore della pubblicazione, anche se identica sia l'intensit della pena (23). (20) FADDA e BENSA, in Windscheid, Pandette, Nota, Vol. I, pag. 113, p. I. (21) Cfr. G. BATTAGLINI, Il problema della responsabilit oggettiva, ecc. cit. (22) Queste ultime sono le pi serie proposizioni, finora, enunciate sulla delicata questione: cfr. VASSALLI, Sulla illegittimit costituzionale, ecc, p. 228. (23) Appare, cos, eliminato il primo degli argomenti addotti dal VASSALLI (cfr. nota precedente), che si fonda su un artificioso dilemma: se la responsabilit prevista dall'art. 42, comma 3 c. p. abbracci o non tutti i casi di responsabilit oggettiva, ad es. anche le condizioni di punibilit. Ma l'art. 42 comma 3, non lascia residui e non ne lascia perch a suo fondamento c' sempre la responsabilit psichica: v. supra nota 8, ricollegabile ad una condotta e non ad una statica posizione del soggetto. Ogni libert, costituzionalmente garantita, non si concepisce se non in relazione alla libert di altri soggetti, se non limitata da diritti o da poteri. Perci, con lo Statuto Albertino si enunciava il principio della libertrdi stampa (24), ma si annunciava che una legge ne avrebbe represso gli abusi. Questa legge, di pari data 26 marzo 1948, fu l'Editto con il quale, fra le due vie della libert di stampa: diritto comune e diritto speciale, si sceglieva il primo sistema, ma con un temperamento, imposto dalla necessit di infrenare il dilagare di quello che fu chiamato quarto potere (25). E si era in una piccola ordinata societ del secolo scorso. Tale limitazione fu l'istitutp del cosidetto gerente responsabile (26). Ma esso fece una cattiva (24) Cfr. in arg. TOMMASONE: Attivit di prevenzione e attivit di repressione in materia di stampa in Riv. di dir. pubbl. 1925, I p. 5. . (25) Scriveva il CLAVARINO (in Legge sulla stampa "Raccolta delle leggi speciali a cura di E. PACIFICI MAZZONI, 1880, 108: Di questo editto sulla stampa al" tra cosa non nota se non che questa, che fu princi" palmente opera dell'illustre Federico Sclopis, il quale pure prendendo a modello le leggi francesi, seppe di" scostarvisi nei punti ove esse si informavano a con" cetti eccessivamente severi, ed attenersi invece scru" polosamente a quei principi di vera libert, pei quali alcune delle prime leggi del Piemonte costituzionale vanno a buon diritto superbe. Suo merito principale , come fu detto esattamente, d'essere una legge leale e generosa, scevra di reticenze, di paure, di inganni "pi o meno orpellati, di falsa libert e di falsa giustizia>>. Gli scrittori del tempo sottolineavano con particolare cura il primo, dei temi accennati nel paragrafo precedente, ricollegandosi alla "Premessa>> dell'Editto: Colle quali si abbia da tenere nei nostri Stati l'eser" cizio di quella libert. E mentre si per noi inteso che la presente legge ritraesse in ogni sua parte dei sovra "esposti principii, abbiano voluto che il sistema di "repressione in essa contenuto si conformasse quanto ''pi possibile alle disposizioni del vigente nostro Co" dice penale, evitando cos la non necessaria deviazione dalla legge comune, e che, nel modo di amministrare "la giustizia sui reati di stampa, entrasse l'elemento "essenziale dell'opinione pubblica saggiamente rap" presentata >>. Tale proposizione si preoccupava di porre in rilievo il Pisanelli, nella nota Relazione al Luogotenente Farini, in occasione della estensione dell'Editto alle provincie napoletane. (26) Commentando l'istituto del gerente responsabile>> (art. 37) il Clavarino osservava: "Il che significa che il legislatore non potendo applicare alla stampa periodica tutta intera la teoria della complicit, ne recedette solo in parte, e per ci che ritenne strettamente indispensabile >>. E la deviazione dalle regole comuni questa che, restringendo in s il gerente la personalit del giornale. non si deve indagare se egli abbia con dolo o con colpa operato, ma per finzione di legge si debbono ritenere tali condizioni come accertate, ed egli deve rispondere sempre ancorch vi sia autore sottoscritto o altrimenti palese. Il legislatore ha voluto insomma, non restringere, ma allargare la generale dottrina della complicit, estendendo l'azione penale anche contro un uomo che forse non prese parte effettiva al reato>>. Della qual cosa chiarissima la ragione, poich la stampa periodica, attesa la sua azione continuata a brevi intervalli e la sua grande diffusforie presso tutte le classi anche le meno educate ed illuminate della SG-ciet, sarebbe come afferma il Siotto Pintor (Lettera che spiega il significato della sentenza 7 aprile 1869 della Cass. di Torino "Annali Giurispr. >> 1869, p. I, sez. II, 42) tormento incomportevole e senza rimedio per chi fosse oltraggiato quando, a impetrare soddisfazione ed a rivendicare la offesa sua fama dovesse far la prova -173 prova -com' noto -perch il gerente divenne il soggetto responsabile dei fatti altrui, vero ca . pro espiatorio >>. Eppure, tale non era lo spirito della legge, anche se essa non poneva, a carico del gerente, obblighi precisi (27). Numerosi furono i progetti legislativi per disciplinare la materia. Vanno ricordati il progetto Crispi, che avrebbe voluto, liberalmente, escludere la responsabilit del gerente del quale non fosse stata accertata la responsabilit. Ma non fu approvato (28). E va ricordato, per contro il proget~ o Bonacci (29) che prevedeva la trasforma dell'autore, o dei complici di un articolo di giornale, contenente ingiuria o diffamazione. L'Editto aveva accolto, giustamente, il sistema della disciplina secondo il diritto comune, adottando, come regola, la repressione, ricorrendo altres al sistema preventivo (seguito, anche, per altre libert, in via singolare), nei limiti imposti dal pubblico interesse e con modalit che non fossero di ostacolo alla libera formazione, alla stampa e alla diffusione degli scritti. Proprio in relazione a questi imperativi, secondo la pi lata dottrina del tempo, si ritenevano soddisfacenti -a garantire la societ dalle pi gravi lesioni -le cautele determinate per accertare; nel caso di reato, l'autore del medesimo, e le prove relative... come, per le pubblicazioni periodiche, il render noto alla pubblica autorit la persona che, per legge, si dichiari responsasabile dei reati per mezzo della stampa commessi, la sottoscrizione della prima copia, e la consegna di essa ecc. >>(UGO, Stampa -Diritto di, in Dig. lt., n. 59, PUGLIA, Reati commeBBi col mezzo della Btampa, in " Enciclopedia dir. pen. del PeBBina '" 1909, p. 1022). L'Editto prevedeva, invero, l'obbligo per il gerente di un giornale di BOttoBcrivere il primo eBemplare (articolo 41). In ordine a tale prescrizione, il CLAVARINO (op. cit. p. 166), osservava: Il che apparisce tanto pi vero, se si pensa che la ragione fondamentale, la quale essenzialmente determina la penale responsabilit del gerente non gi la sua qualit in relazione alle condizioni e requisiti che lo hanno potuto far accettare come tale, ma sibbene il fatto suo personale e volontario di aver assunto la qualit di gerente d'aver pubblicato e firmato il giornale per cui si obbligato ad adempiere tutti i doveri inerenti all'ufficio" (27) Senza dubbio lo spirito dell'Editto non era stato quello che doveva dar luogo al gerente-teBta di legno, se Camillo Cavour aveva dato, per primo, l'esempio di firmare come cc direttore estensore in capo e gerente il giornale cc Risorgimento . (21;!) Nella tornata del 5 febbraio 1875 il Crispi present un progetto, diretto, fra l'altro, ad eliminare, in taluni casi, la responsabilit presunta del gerente, Egli avrebbe voluto sostituire l'art. 47 dell'Editto con l'articolo 4 del suo Progetto, del seguente tenore: cc Nei reati d'ingiuria o diffamazione commessi per mezzo di un giornale o di altra stampa periodica, conosciuto l'autore dell'articolo, il gerente non sarsoggetto a nessuna pena, ove sia constatato che il medesimo non abbia agito con dolo . Osserv in argomento il Vigliani, allora Ministro di Grazia e Giustizia, rispondendo al proponente, che il dolo nel gerente c' sempre e consiste nell'aver permesso che si pubblicasse uno scritto offensivo della legge. L'art. 47 rimase in vigore, anche dopo la legge 22 novembre 1838, che aveva dato facolt al Governo di pubblicare il nuovo Codice penale (non potendosi argomentare un'implicita abrogazione per effetto dell'art. 4). (29) Il Guardasigilli Bonacci tent, con il progetto 6 giugno 1895, di ovviare all'inconveniente, seguendo la tendenza delle legislazioni belga e francese, di volere un cc gerente quali:ficat.o, cio, gi, redattore del giornale, ma il tentativo non ebbe seguito. zione del gerente in redattore responsabile. Sicch, allorquando -nel 1923 (e il cessato regime non aveva ancora imposto i principi della dittatura) -si arriv alla nuova di1rniplina, ilproblema era maturo (30). . . Cos pass nel Codice Rocco del 1930, che si trovava di fronte ad una legislazione sulla stampa, gi orientata nel senso di attribuire al vero responsabile la responsabilit. Del resto, la giurisprudenza della Corte di Cassazione, fu costantemente orientata nel senso che l'art. 57 n. 1 c. p. configura non una responsabilit anomala e neppure oggettiva, ma una responbilit personale, derivante dal difetto di una attivit imposta dalla legge, vale a dire dall'omesso doveroso esame -da parte del direttore respon sabile di un giornale -del contenuto degli scritti pubblicati. . stata, a questo proposito, accennata una pericolosissima tesi, che cio le Sezioni Unite avrebbero deciso nel senso suesposto, sulla base della VII disposizione transitoria, quardo, ancora, non era stata costituita e non aveva cominciato ad esercitare i suoi altissimi compiti la Corte Costituzionale; onde la declaratoria -incidenter tantum -della magistratura ordinaria non avrebbe avuto l'effetto di creare quella lacuna legis che invece sarebbe potuta derivare dalla sentenza della Corte Costituzionale. La giurisprudenza della Corte di Cassazione era, invece, profondamente meditata. Vi si affer mava -e non induger a ripetere le numerose massime, se non con sommario richiamo -che la responsabilit di che all'art. 57 n. 1 c;p. ha per fondamento la produzione di un evento a mezzo di omissione cosciente e volontaria (31); e, in altra (30) Il problema si consider maturo, non certo in relazione a mutamenti d'indirizzo politico, ma in dipendenza di una, oramai, consolidata, comune e pacifica convinzione: la trasformazione in atto della scienza giuridica e della tecnica della legislazione, non soltanto per la :fioritura delle scuole, ma, altres, in dipendenza delle grandi innovazioni nella industria, nei rapporti di lavoro, nelle relazioni internazionali. Si che a contatto di un mondo nuovo, uscito dalla prima grande guerra, il legislatore oper in molteplici campi, con un corpo di sapienti riforme che superfluo ricordare. Il 15 luglio 1923 fu pubblicato il nuovo decreto sulla stampa n. 3288, seguito dalle norme di attuazione: D.L. 12.7.924 n. 1081. Il D.L. 1923 stabiliva che il gerente di un giornale o di altra pubblicazione periodica dovesse essere il direttore o uno dei redattori ordinari principali. La materia fu rielaborata con la Legge di conversione 31 dicembre 1925 n. 2307, che lasci -.sostanzialmente -inalterata la disposizione sul gerente (cfr. anche il Reg. approvato con R. D. 4.3.1926, n. 371). Il progetto diede luogo a note dispute: cfr. S. D'AME LIO, Pro e contro la riforma della legiBlazione Bulla Btampa in cc Riv. dir. pubbl. " 1925, 1, 3, e i due articoli di opposte tendenze, di E. ToMMASONE, Attivit di prevenzione ecc. cit. (ivi p. 5) e di N. Coco; Sovranit di Stato e Bovranit di Btampa (ivi pag. 12). Lo stesso Tomma" sone, contrario al progetto governativo, scriveva: che la nuova disciplina del gerente era ormai, in. tesi gene: rale, accettata dalla pubblica opinione, sulla base i decreti legge che avevano preceduto il progetto, e che avrebbe, anzi, potuto essere coordinata con la legislazione allora vigente. Si pervenne, cos, alla riforma Rocco. (31) Cass. Pen. II, 25 febbraio 1952, in GiuBt. Pen. 1952, II, 796, con nota di Pellingra. -174 massima, che l'art. 57 riguarda la violazione di un obbligo positivo di impedire l'evento (32) e, in altra ancora, che l'art. 57 punisce l'omesso dove roso esame della pubblicazione incriminata, im posto come obbligo giuridico (33). stato detto, ancora, che non sussisterebbe alcuna enunziazione legislativa di questi obblighi giuridici. Ma agevole rispondere che essi sono testual mente espressi, anzitutto, nella stessa dizione di responsabile che qualifica l'obbligo giuridico, imposto per ogni periodico, di avere un direttore. E in detta espressione si ricomprendono tutti i doveri -che sarebbe stat impossibile elencare -e fra questi, certamente, la vigilanza sulle pub blicazioni, in conformit dell'obbligo di un diret. tore, di rendersi conto di tutto quanto viene pubblicato. In secondo luogo vari sono gli obblighi posti a carico del direttore, fin dall'Editto sulla stampa, e fra questi, essenziale -anche se caduto in desue tudine -l'obbligo del direttore (che ha sostituito il gerente con le leggi 1923-25) di sottoscrivere il primo esemplare del giornale (art. 41 dell'Editto, ancora vigente come altre norme dell'Editto stesso, in quanto il legislatore non ha abrogato n ha totalmente rielaborato la materia). E, infine, numerosi obblighi positivi sono im posti al direttore, con la comminatoria di respon sabilit civile. lii Ora la violazione di tali obblighi non pu non importare, anche responsabilit penale, quando una norma ponga, proprio, a fondamento della sanzione :-per il verificarsi di un evento penal mente tutelato -l'omissione di una data attivit. Si dir, come stato gi detto, che, allora, il direttore dovrebbe avere cento occhi come Argo e cento braccia come Briareo. Ma, di fronte al perfezionamento della tecnica, al propagarsi di questo strumento meraviglioso di divulgazione che il giornale, che diffonde, rapi damente, notizie nel paese e nel mondo -attra verso centinaia, migliaia, decine di migliaia di copie -il direttore deve adeguarsi e moltiplicare, a sua volta, i suoi servizi, i suoi controlli, e arri vare -cos -se necessario ad avere mille occhi e mille braccia, ovvero rifiutarsi . di assumere la direzione, se chi ne abbia il diritto non provveda a ripartire il giornale in sezioni, in edizioni, cia scuna con un proprio direttore responsabile, come avviene in taluni quotidiani, che hanno l'edizione agricola, quella finanziaria e cos via e come imposto per legge in altri paesi. Ma si chieder, al direttore non dovrebbe mai essere dato di dimostrare che -nonostante tutta la diligenza -non stato possibile evitare il fatto~ Neppure questo vero. Sia la dottrina (e ricordo le opinioni di Battaglini Giulio, Antolisei, Bettiol, Carnelutti, Pannain, Ingrasc e Vassalli negli (32) Cass. Pen. II, 26 ottobre 1951, in Giust. Pen. 1952, II, 200. In argomento cfr. GRIECO, 088ervazioni 8ull'obbligo giuridico di impedire l'evento, ivi, 1951, II, 1211. . (33) Cass. Pen. III, 4 maggio 1953 in Giu8t. Pen. 1953, Il, 1125, M. 927-928 -Cass. Pen. II, 27 luglio 1953, in Riv. Pen. 1954, II, 92; 21 ottobre 1953, ivi 1954, 942. studi citati, nonch l'opera specifica del Santoro sul caso fortuito nel diritto penale) (34), sia la Giurisprudenza della Cassazione (35) hanno ritenuto la applicabilit dell'art. 45 c.p. come discriminante dell'art. 57. 6. Alla questione sono pertinenti anche principi del diritto industriale che disciplinano l'azienda giornalistica. Essa, come ogni azienda, pur non avendo personalit giuridica rappresenta un'unit. Di questa unit stato tenuto conto nella teoria dei diritti d'autore e dei beni immateriali, in sede di trattazione della protezione del titolo, concepito come manifestazione di un'opera dell'ingegno, ma di carattere collettivo (36) . E come la civile protezione di questa, che la testata, in cui si assommano tutti gli elementi concorrenti di detta opera collettiva, condizionata all'uso concreto, da parte del gestore della azienda; cos la responsabilit penale risale a colui nel quale si assomma tutta l'attivit esterna del giornale, ossia nel direttore. Egli quindi un coautore dell'opera, onde le lesioni che la diffusione di essa determina sono da ricondurre al fatto proprio del direttore o ad un suo necessario imprescindibile concorso. 7. La conferma della bont, del sistema seguito dal nostro legislatore ci data -altres -dal diritto comparato, che dimostra come molte legislazioni straniere abbiano accolto l'istituto del direttore responsabile; fra queste, la Francia, e, praticamente, anche i paesi di diritto Sassone (37). (34) SANTORo: Il ca8o fortuito nel diritto penale, 1937, pag. 134. (35) Cass. Pen. II 15.7.1953, in Giu8t. pen." 1954, II. 416. (36) SoRDELLI: Il titolo dell'opera dell'ingegno e la 8Ua configurazione come bene immateriale, in Il diritto d'autore>>, 1950, 180 segg. (37) Le legislazioni straniere si presentanp divise in tre gruppi. A) -Un primo gruppo fa capo al c.d. sistema della responsabilit par cascade ,,, per cui il direttore ritenuto dalla legge responsabile, in sostituzione dell'autore della pubblicazione, se sconosciuto o coperto da immunit. II sistema che risale alla Costituzione Belga (art. 18 Cosi. 7.2.1931, modif. il 7-9-1893 e il 15-10-1921 e articolo 2 Decreto sulla Stampa 20-7-1831) vige, oltre che in Belgio, anche nel Lu88emburgo, in Svizzera (art. 27 c.p. 21-12-1937 modif. jl 5-10-1950); in Jugo8lavia (articolo 24 Legge sulla stampa 8-7-1946 mentre nulla dispongono gli articoli 160 a 171 C.P. entrato in vigore il l0-7-1951); Ouba (art. 513 .Codigo de defensa Social 4-4-1936); Romania (art. 181.C.P.); Me88ico (Legge sulla stampa del 1917 in relaz. all'art. 863 C. P. del 1948) e Spagna (C. P. del 1944). B) Un secondo gruppo, fa, invece, capo al principio della responsabilit diretta del direttore; ma essa presunta dalla legge, che, peraltro, consente la prova contraria con notevoli limitazioni. Di questo tipo sono le legislazioni del Bra8ile (D. 14.7.1934 sulla stampa n. 24776, artt. 26, 27. La prova contraria ammessa, soltanto, se il soggetto indicato come autore sia svlvi~ bile); della Danimarca, dell'Ecuador. I codici penali dell'Argentina, Bolivia, Cile, Paraguay, Uruguay prevedono la responsabilit del direttore per gli articoli non firmati. Altre legislazioni non contemplano ipotesi di responsabilit specifica per reati commessi per mezzo della -175 vero che in Gran Bretagna e specialmente negli Stati Uniti d'America mancano norme specifiche in detto senso, si che la materia pu ritenersi disciplinata secondo le norme di diritto comune. Ma ivi si perviene, in realt, a raggiungere l'effetto ugualmente, se non pi rigorosamente, a cagione del sistema proprio di quegli ordinamenti giuridici, s che il giudice si trova di fronte ad una vastissima gamma di disposizioni, applicabili con criterio simile a quello del Pretore romano; dispone di una tastira ricchissima che presta idonei mezzi per reprimere l dov' giusto. Basti ricordare, per tutti, il. caso del direttore del Daily Mirror, il quale (avendo n giornale da lui diretto pubblicato -prima che il giudizio avesse avuto luogo -un articolo stampa, la cui repressione va ricondotta, quindi, alle regole del concorso, secondo il diritto comune. Tali il C. P. dfll Nicaraaua (art. 397 C. P.); dfll Gia'f!pone (articoli 230-232 C. P. 907; modif. nel 1947); del Portogallo (art. 407 C. P. 1384, modif. nel 1945); di Panama (articolo 174 C. P.) delle Filippine e della Rep. Dominicana. 0) -Al sistema italiano, che riconferma il primato della nostra scienza della legislazione, si sono adeguati altri paesi: a) in Francia, dopo le traversie della materia (dalla Dichiarazione dei diritti dell'uomo" per tutto il XIX secolo) fu introdotto il sistema della responsabilit " por cascade '' ossia per sostituzione, con la L. 29 luglio 1881 (sur la libert de presse). Essa colpiva, in primo luogo, gflrenti o editori; in mancanza degli uni o degli altri, gli autori, e cos via, fino a coloro che espongono per affissione. Gli autori erano sempre. puniti come complici (cfr. UGO, 8tamva diritto di -in Dig. It. n. 12). Ma con l'ordinanza provvisoria 26 agosto 1944 (pubblicata in Code de la Presse" La docnmentation franaise Ed. Presidence du Conseil, 1948, p, 33) al gerente venne sostituito il direttore res'f!onsabile, anche penalmente, in luogo del grant (art. 15) perfino nel caso in cui egli deleghi le sue funzioni ad altro direttore (art. 8). Questa ultima formula ha, anzi, attirato le critiche del TERROU, (Le statut jnridiqne de presse en France in Etudes de presse, 1952, p. 346) per la possibilit del riapparire del grant. Infine, la legge 25 marzo 1952 ha modificato definitivamente, nei sensi suespressi, gli artt. 42, 43 della Legge 29 luglio 1881. b) in Germania, un ampio movimento di riforma -risuetto alla legge hit.Jeriana 4 ottobre 1933 -data dalla L fed. 23 maggio 1949, e da leggi particolari dei singoli stati (per una ricnstruzione dello st.ato della legislalione, v. il q11adro in HEBARRE, La lP.qislation sur lrt presse dans la R~vubliqne fdrale d'Allemagne, in tndes cit. 1952, p. 209). Le fondamentali regole, iri materia, stabiliscono che ogni gioT'nale deve porta"e una " manchette " con i nomi del redattore resprmsabile, dei redattori responsabili delle varie sezioni " (sport, economia, donna, cronaca, ecc ) o di speciali resuonsabili per le pagine non comprese nelle Sezioni. Esemuio smagliante, codesto, della possibilit di superare l'obiezione che il direttore non possa avere cento occhi come Argo e cento braccia come Briareo, monito a perfezionare non a smantellare l'istituto della responsabilit. c) Analogo sistema vige in Egitto (art. 11, L. 1936) e in Polonia. d) La responsabilit del direttore affermata dalla legislazione dell'U.R.8.8. (art. 17, 160, 161, C. P. del 1950), dell'Ungheria, del Libano (L. 8-5-1948) della Svezia (L. Cost. 23.3.1940 sulla base della presunzione di consenso) del Per (L. 24-4-1937) e di Costarica (articolo 48 C. P. 30 agosto 1941). D) Una trattazione a parte meritano le legislazioni anglo-sassone, statunitense, norvegese. a) Nella legislazione inglese, la responsabilit grava sul pu.blisher, e, fino al Campbells Libel Act del 1843, vi era una presunzione assoluta di partecipazione ai nel quale si qualificava come cc mostro un individuo che aveva disciolto cinque donne nell'acido solforico) fu condannato a ben sei mesi di prigione: e sotto il profilo giuridico del <}. N, con . ci, essa vulner il principio della presunzione di innocenza del cittadino, che, quanto all'elemento subiettivo della colpa pu subire qualche limitazione, per non arrivare al mito dell'immunit. D'altro lato, circoscrisse, puntualmente, la sfera della rilevata imprecisione qualificandola d'ordine formale e riducendola all'oggetto della qualit della pena che di un reato doloso irrogato al reo di un reato colposo )). Qui va notato che l'art. 57 n. 1 c. p. non contempla veruna qualit di pena e d'altra parte -non sussiste, nel sistema del codice penale, una distribuzione delle pene in relazione alla natura dolosa o colposa, dell'evento. La Corte ha voluto -dunque -riferirsi alla mancanza di una discriminazione, circa l'intensit delle pene .da irrogare nelle due suddette ipotesi, laddove essa, per la gravit della norma, era pi che in ogni altra fattispecie opportuna e richiesta dalla coscienza della collettivit; ritenendosi, perfino, inadeguata la norma dell'articolo 133 n. 3 c. p. che attribuisce al giudice un potere di graduare le pene, in relazione all'intensit dell'elemento psichico, e, a fortiori, in relazione alla diversit di esso. Ci premesso, e venendo allo schema di disegno di legge diramato il 25 giugno 1956, si osserva: a) che esso , nella relazione e nel testo, lo stesso progetto predisposto prima che intervenisse la sentenza 23 giugno 1956 n. 3 la quale non vi menzionata, mentre si ripetono gli argomenti, superati dalla dottrina, dalla giurisprudenza e, ora, dalla declaratoria di piena legittimit costituzionale; b) nella relazione, si critica il progetto della Commissione Ministeriale per la riforma del c. p. nominata nel 1949, la quale aveva, saggiamente, proposto che venisse stabilita a carico del direttore del periodico una forma di responsabilit colposa, avente a suo fondamento il fatto omissivo di non aver impedito la pubblicazione dello scritto criminoso. E la critica si fonda sul fatto che all'elemento soggettivo del reato veniva data, nel progetto 1949, una forma anomala, e la colpa veniva valutata in modo particolarmente rigoroso, con lo stabilire che essa doveva intendersi esclusa solo allorch il direttore non ha potuto ii, per caso fortuito o forza maggiore, ovviare la pubblicazione. Il che impediva di svincolare la respon (28) Il problema. era stato accennato dal VASSALLI, Sulla illegittimit costituzionale ecc. cit. pp. 228, 230. sabilit del direttore da < qualsiasi comportamento colposo ii e configurava l'ipotesi di una figura ibrida di concorso, a titolo di colpa, del direttore dei giornali, in un reato doloso commesso da altri )). .. Sembra disagevole conciliare tali proposizioni, con la perspicua motivazione della Corte Costituzionale. Secondo il disegno di legge la responsabilit del direttore limitata ai casi in cui, usando la dovuta attenzione n, il direttore avrebbe potuto accertare la criminosit della pubblicazione e di conseguenza impedirla n. Ne perci, risultata questa formulazione: Salva la responsabilit dell'autore della pubblicazione e fuori dei casi di concorso, il direttore o vice direttore responsabile, il quale omette di esercitare sul contenuto del periodico da lui diretto il controllo necessario ad impedire che col mezzo della pubblicazione siano commessi reati, punito, se un reato commesso, con la pena stabilita per detto reato, diminuita, fino ad un terzo. Se l'omissione colposa, la pena diminuita fino alla met. Nel caso di stampa non periodica, le disposizioni precedenti si applicano all'editore, se l'autore della pubblicazione ignoto o non imputabile; ovvero allo stampatore, se l'editore non indicato o non imputabil n. Il testo non soltanto attenua la responsabilit del direttore quando debba rispondere a titolo di colpa (il che potrebbe soddisfare a criteri di giustizia -per quanto -come si osservato, gi vi provveda l'art. 133 c. p.) ma espande modificando il sistema della norma (ritenuto, notisi, costituzionalmente legittimo) il campo della prova liberatoria al di l dei casi -limite indicati dalla Corte. -Sicch, mentre secondo l'art. 57 n. 1 c. p. la violazione di detti doveri di vigilanza e di controllo definita dal legislatore in ogni caso, all'infuori del fortuito e della forza maggiore, perch pi che impossibile sarebbe inutile la prova di un fatto dimostrato ex re ipsa; con la nuova formulazione spetterebbe all'accusa provare detta violazione. Con questa semplice conseguenza che: o l'.A. g. applicherebbe il precetto con criteri restrittivi, ed allora facile comprendere quale breccia si aprirebbe nelle guarentigie di libert dei cittadini; o l'.Autorit giudiziaria finirebbe per ritenere provata la omissione di vigilanza e di controllo, ogni qual volta il fatto avesse raggiunto la effettiva lesione degli altrui diritti, e, allora, si ritornerebbe all'attuale interpretazione dell'articolo 57 n. 1 c. p. Si impone, pertanto, una chiarificazione nel senso che: qualora si voglia conservare il precetto ritenuto costituzionalmente legittimo e non attenuarne il rigore, e si intenda, soltanto, procedere ad una migliore formulazione della norma, non si possa che riconfermare la responsabilit del direttore, per il solo fatto che la pubblicazione concreti gli estremi del reato salva la prova del fortuito O della forza maggiore e SalVa Un_!I, Q_i-.. versa intensit della pena per la ipotesi di colpa o dolo. Solo, in tal guisa sarebbe possibile raggiungere, efficacemente, gli scopi che la norma ha inteso perseguire. Ogni diversa formulazione importerebbe la ricerca, volta per volta, della -177 imprudenza o della inosservanza commessa, il che a prescindere dalla mancanza di un organico corpo di norme legali e tecnico amministrative sulla organizzazione giornalistica, della cui violazione si potesse contendere, si presterebbe a indulgenze inammissibili ed eliminerebbe, praticamente, la norma dall'ordinamento giuridico. Qualora si intenda, invece, allontanare la nuova regola giuridica dallo schema del precetto finora in vigore, il legislatore ben potr procedere a siffatta riforma, ma sembrerebbe pregio del problema di tanta portata riaffrontare in Parlamento la questione -nelle forme pi solenni sui suoi termini antichi e nuovi, nella perenne esigenza di infrenare gli abusi (anche se involontari, e perci pi facili e frequenti) connessi all'esercizio di imprese, potentemente organizzate, per la diffusione di opinioni, notizie, e giudizi; imprese che, per ci stesso, possono operare solamente in settori lasciati scoperti dalle sfere delle libert costituzioualmente garantite. Avv. DARIO FOLIGNO COMPETENZA E GIURISDIZIONE -Regolamento di giurisdizione e legittimazione processuale. DAZI DOGANALI -Questioni di qualificazione di merci in materia di imposte doganali -Difetto di giurisdizione del giudice ordinario -Competenza del Ministro delle Finanze -Natura del relativo provvedimento -Impugnativa -art. 111 Cost. (Cass., SS. UU., Sent. n. 1141/56 -Pres. Piacentini; Est. Stella Richter; P. M. Caruso (conf.) -Causa I.R.E. c. Finanze). In sede di regolamento di giurisdizione, ai sensi dell'art. 41 c.p.c., non pu prendersi in esame la questione circa l'organo legittimato a rappresentare in giudizio una determinata Amministrazione statale, in quanto il rapporto processuale deve svolgersi tra le stesse parti, tra le quali stato costituito nella causa che ha dato luogo al ricorso per tale regolamento. La questione di mera qualificazione e classificazione di merci in materia di imposte doganali devoluta, a termini del T.U. 9aprile1911, n. 330, modificato dal D. L. 8 giugno 1936, n. 1234 e dalla legge 4 dicembre 1939, n. 2026, al Ministro delle Finanze, che decide in via definitiva, esclusa comunque la giurisdizione dell'Autorit Giudiziaria ordinaria. Riveste carattere giurisdizionale, che chiaramente si desume dalla disciplina del procedimento, nonch dall'impugnabilit del provvedimento, originariamente previsto soltanto per incompetenza o per eccesso di potere, la decisione del Ministro delle Finanze nelle controversie in materia doganale sulla qualificazione e classificazione delle merci. A seguito dell'entrata in vigore della Costituzione della Repubblica, deve ritenersi abrogato il capoverso dell'art. 26 del T. U. 26 giugno 1924, n. 1054, nel senso che contro la decisione del Ministro delle Finanze nelle controversie doganali per qualificazione di merci, ammesso non pi il ricorso al Consiglio di Stato per incompetenza o eccesso di potere, bens il ricorso in Cassazione per violazione di legge, a norma dell'art. 111 Cost. 1. La prima massima ci lascia alquanto perplessi. Ha rilevato il Supremo Collegio ohe il ricorso7per regolamento di giurisdizione, a termini dell'art. 41 o.p.o., in relazione ad una determinata causa, pendente in primo grado e ohe il rapporto_prooessuale ohe sorge dal ricorso deve svolgersi fra le stesse parti e fra gli stessi rappresentanti di esse, fra i quali stato in quella causa oostituito. Ora non si vuole negare ohe nella soggetta materia le attribuzioni, al S. C. affidate, sono oiroosoritte alla questione di giurisdizione ed in essa si esa1trisoono. Ma deve pur ammettersi che il prinoipio enunoiato esatto a oosto ohe sussista oomunque un valido rapporto prooessuale, senza del quale manoa il presupposto e la condizione necessaria ed indispensabile per qualsiasi pronunoia giurisdizionale. Questa non pu non rivestire, in ogni oaso, quel carattere di ooncretezza ohe in diretta ed immediata relazione appunto oon l'avvenuta oostituzione del rapporto processuale, ohe alla base di ogni deoisione. 2. Com' noto, il T. U. 9 aprile 1911, n. 330 -oos come modifioato ool D. L. 8 giugno 1936, n. 1234 e L. 4.12.1939, n. 2026 -regola minuziosamente, ai fini delle imposte doganali, il prooedimento da seguire in oaso di controversie insorte fra oontribuenti e Dogana rispetto alla qualifioazione delle meroi. Al sorgere della controversia viene redatto. un verbale e sono prelevati oampioni identificati in contraddittorio (art. 1). Su riohiesta del contribuente, la controversia pu essere deferita alla Camera di Commeroio (art. 2). In manoanza, la deoisione rimane di oompetenza immediata del Ministro, il quale pronunoia anohe in seoondo grado avverso la eventuale pronuncia della Camera di Commeroio, sentito, in ogni oaso, il parere del Collegio consultivo dei periti doganali, e dopo aver preso visione delle memorie soritte ohe il oontribuente in faoolt di presentare (art. 3). Il ministro decide oon provvedimento motivato, in oonformit o anche in difformit del voto espresso dal predetto Collegio oonsultivo (art. 8, I o.) e tale provvedimento definitivo per ci ohe oonoerne la qualifioazione delle meroi (art. 8, II o.). Le norme su indioate ed in ispecie quella di cui al II c. all'art. 8, ohe, oome ora stato detto, oonferisoe carattere di definitivit alle decisioni del Ministro sulla materia in esame, si inserisoono armonicamente nel sistema del diritto tributario, nel quale vige il prinoipio che vuole sottratto alla giurisdizione dell'autorit giudiziaria ordinaria le questioni di fatto ohe involgono una semplice estimazione del reddito. E appunto le determinazioni sulla qualificazione delle meroi restano oonfinate nel oampo della semplice estimazione, dovendosi a priori escludere che per prooedere a tale qualifioazione sia necessario rioorrere a regole di diritto, tutto restando, inveoe, nella mera valutazione di fatto. In sostanza, il provvedimento dal Ministro emanato a termini dell'art. 8 del T. U., n. 330 definitivo, oos oome definitive sono le deoisioni delle Commissioni Tributarie "n. materia di imposte dirette ed indirette, rispettivamente sulla determinazione dei redditi tassabili e sulla valutazione dei beni . . dunque un'applicazione del piu generale prinoipio nel oampo tributario la norma raochiusa nel -178 secondo comma dell'art. 8 del T. U., n. 330. Con la conseguenza ohe, appunto in base a tale principio, la questione di qualificazione rientra nella competenza esclusiva del Ministro, esclusa del tutto la giurisdizione del giudice ordinario. 3. Il rilevato puntuale inoasellamento delle norme in esame nel sistema tributario, porta ancora alla conseguenza ohe la decisione del Ministro nelle controversie per le qualificazioni doganali ha natura giurisdizionale, oos oome natura giurisdizionale rivestono le decisioni delle Commissioni Tributarie. Del resto tale natura giurisdizionale si desume direttamente dalla disciplina del procedimento e dalle forme di gravame previste in materia. Sotto il primo aspetto ha rilevato il S.C. ohe <. 4. certo, infine, ohe con l'entrata in vigore della Oarta Costituzionale, ed in virtu -del principio, di immediata applicazione, racchiuso nell'art. 111, e secondo il quale avverso le decisioni di tutti gli organi speciali di giurisdizione ammesso -ed in maniera esclusiva -il ricorso per cassazione, la disposizione di oui al oapoverso dell'art. 26 del T. U. sul Consiglio di Stato deve considerarsi abrogata, essendo inoonoiliabile oon quel principio. Mentre poi l'impugnativa alla_ Corte Suprema di contenuto piu ampio, ohe non quella prevista nel suddetto art. 26, in quanto la prima -si estende ad ogni violazione di legge, ed in tal modo comprende ed assorbe anche i motivi concernenti la giurisdizione, unicamente considerati nel ripetuto art. 26. Ne consegue ohe nella materia in esame, unico rimedio ammesso per impugnare il provvedimento di natura giurisdizionale, emesso dal Ministro-giudice in tema di qualificazione merceologica nelle controversie doganali, quello di impugnare il provvedimento stesso innanzi alla Suprema Corte. T.L.G. PROPRIETA INDUSTRIALE -Decisione della Commissione dei brevetti ~ Ricorso per Cassazione Ministero Industria -Legittimazione passiva -In venzioni brevettabili -Nozione. (Corte di Cass., Sez. I, Sent. n. 2345/56 -Pres. Pasquera: Est. Iannuzzi: P.M. Caruso (eonf.) -Toschi c. Ministero Industria e Commercio). Il Ministro dell'Industria e Commercio legittimato a resistere all'impugnazione proposta contro una decisione della Commissione in materia di brevetti. Non sono invenzioni brevettabili quei contributi ideativi_ (nella specie nuovo metodo diretto a semplificare i calcoli necessari per la determinazione dei cottimi o premi di produzione) che, pur consentendo di realizzare un migliore risultato economico alla impresa industriale, non sono rivolti al modo di agire diretto dell'attivit umana sulla materia che costituisce l'oggettc della produzione RTWfl&ifa j RTWfl&ifa j -179 e della lavorazione industriale, ma sono rivolti a regolare diversamente ed a facilitare l'esplicazione della stess::t attivit nella organizzazione dell'impresa e nei sistemi di lavoro in essa seguiti. La sentenza per la prima volta epressamente, a quanto ci risulta, ha deciso la questione della legittimazione passiva del Ministero dell'Industria e Commercio nei ricorsi per cassazione contro le sentenze della Commissione dei ricorsi in materia di brevetti per invenzioni, modelli e marchi, Commissione che, per giurisprudenza ormai costante della stessa Corte di Cassazione, costituisce una giurisdizione speciale. Precedentemente alla pronuncia della Cassazione, la Commissione dei Ricorsi, con decisione 15 maggio 1954, n. 1489, aveva ammesso la costituzione del Ministero dell'industria nei giudizi vertenti dinanzi ad essa Commissione, risolvendo anche l'altra questione insorta, circa la capacit di chiedere in giudizio (ius postulandi) in quei procedimenti: Ora la Cassazione, con l'autorit della sua decisione, venuta a confermare un orientamento che rispondeva del resto, ad una situazione, fino a pochi anni fa, mai contestata nella particolare materia. Le decisione non pu che apparire esatta, sia che si considerino i procedimenti innanzi alla Commissione (per i quali, anzi, vennero prospettate, altre ragioni contro la legittimazione del Ministero dell'Industria quali ad es. la partecipazione, alla Commissione, dello stesso Direttore dell'Ufficio Brevetti), sia nei giudizi in Cassazione a seguito di ricorso avverso le sentenze della Cassazione. Invero, non pu esservi dubbio che il Ministero dell'Industria e Commercio abbia la qualit di parte --'-e di parte necessaria -in quei giudizi nei quali si controverte della legittimit del provvedimento dell'Ufficio Centrale Brevetti che ha respinto la domanda di brevetto o non l'ha accolta integralmente, ai sensi degli artt. 35 e segg. della legge speciale. Ora, l'Ufficio Centrale Brevetti, ai sensi dell'art. 1 del R.D. 29 luglio 1923, n. 1970, mantenuto in vigore dall'art. 104 del R.D. 29 luglio 1939, n. 1127, un Ufficio speciale che fa parte del Ministero dell'Industria: pertanto, la legittimazione passiva, sostanziale e processuale, nei giudizi che concernono la legittimit dei provvedimenti dell'Ufficio, non pu che spettare, giusta le norme di organizzazione, al Ministero e non certo all'Ufficio dipendente. Da sottoporre, infine, alla particolare. attenzione degli studiosi che hanno assistito, in questi ultimi tempi, ad un imponente risorgere di questioni relative alla materia delle privative industriali, specie per quanto attiene agli aspetti pubblicistici della materia stessa, la esatta individuazione che la sentenza del Supremo Collegio d alla attivit amministrativa dello Stato in questo particolare settore: attivit che fa parte certamente di quella che in dottrina stata definita come amministrazione pubblica dei diritti ed interessi privati . L. TRACANNA RESPONSABILIT CIVILE Danni da circolazione di veicoli -Invest.'mento ad opera di autoveicolo militare Risarcimento da parte dell'Amministrazione Azione dell'Amministrazione contro il conducente Termini di prescrizione. (Corte Cass., Sez. III, sent. n. 1983/56 -Pres.: Di Stefano; Est.: Lenti; P.M.: Trotta (conf.) -Ministero Difesa-Esercito c. Crttcco). soggetta alla speciale prescrizione biennale dell'art. 2947 e.e. l'azione con cui l'Amministrazione Militare, dopo aver pagato l'indennizzo dovuto alla vittima di un investimento prodotto da un autoveicolo di sua propriet, guidato da un suo dipendente, chieda a quest'ultimo, quale responsabile del sinistro, il rimborso della somma pagata, a meno che la responsabilit di questi sia stata giudizialmente accertata, nel qual caso la prescrizione da applicare la decennale. I. Ancora una volta stato sottoposto all'esame della Corte di Cassazione il problema di cui alla massima della sentenza che si annota. Il supremo giudice di legittimit ha sostanzialmente confermato la precedente giurisprudenza, sia pure con un parcolare orientamento dovuto al caso di specie. Il risarcimento dei danni da parte dell'Amministrazione era avvenuto in conseguenza di un omicidio colposo per incidente stradale di cui la responsabilit, in sede penale, era stata attribuita aWautista militare di leva con sentenza passata in giudicato: la Corte, pur confermando che normalmente la prescrizione da applicarsi la biennale, ha, nella fattispecie, affermato il principio che fosse da applicarsi la prescrizione decennale, essendo stata giudizialmente accertata la responsabilit dell'autore del fatto dannoso. II. Sul problema gi in passato abbiamo portato la nostra attenzione (cons. Rassegna 1954, 189 e segg.), e rimandiamo alle affermazioni ivi esposte a confutazione degli argomenti addotti dalla Corte Suprema, relativi alla natura dell'azione (di regresso ex art. 1299 e.e.) e al titolo della responsabilit. All'argomento, aggiunto ora in sentenza a conforto, secondo il quale il principio seguito' trova ampia giustificazione nella difficolt di conservazione delle prove da parte del conducente l'automezzo (in cui troverebbe f andamento la brevit del termine prescrizionale), si pu agevolmente obiettare che tale brevit (elemento a favore di detto conducente) trova il corrispettivo nella presunzione di colpa che la legge gli pone a carico (elemento questo a sfavore) e che, quando questo secondo elemento venga meno, non e' valida ragione, n rnorale n pratica, perch sia conservato l'altro. Secondo la tesi da noi sosten,uta l'Amministrazione si surroga per intero nella posizione del danneggiato (si avvale quindi della presunzione di colpa a carico del conducente) quando esercita l'azione in surrogazione, ed vincolata perci al breve termine prescrizionale di due anni: se alla osservanza di questo termine nO'l'b tenuta per aver fatto ricorso ad altra azione, non trae nppure profitto della presunzione di colpa sopracennata, il che -significa ( il rovescio della medaglia) che, se il conducente non colpito dalla presunzione di colpa, non neppure giusto benefici di un termine prescrizionale pi breve. L'argomento a conforto non appare M m ma2.wm mw&Jfur M m ma2.wm mw&Jfur -180 quindi decisivo, limitandosi a tener conto di un aspetto solo del fenomeno, sensa considerare a quale altro aspetto quello sia di corrispettivo. III. Ma tant' e dopo vari tentativi quanto meno dubbio convenga ulteriormente insistere. Agli inconvenienti conseguenti alla giurisdizione che ha trovato conferma nella massima che si annota si pu porre rimedio nella stragrande maggioranza dei casi: nel giudizio conseguente alla citazio'!'le con cui il danneggiato provveda nei confronti dell'Amministrazione proprietaria dell'automezzo, questa pu chiamare il suo dipendente militare di leva a sensi dell'art. 106 c.p.c. e chiedere che il Giudice dichiari il militare tenuto a restituire all'Amminstrazione le somme che sia eventualmente condannata a pq,gare, in sede di risarcimento, al danneggiato (si tratter evidentemente di richiesta in subordinata, tendendosi in via principale a far respingere la domanda dell'attore). Solo nelle ipotesi di transazione, che raramente si concludono nei due anni dall'incidente, qualche inconveniente pu determinarsi, avviandosi l' Amministrazione a chiedere al suo dipendente il corrisposto al danneggiato quando la . prescriziqyie biennale maturata. Sembra debba ritener.~i che valga a costituire in mora la richiesta che l'Amministrazione faccia al suo dipendente di restituzione della somma, da precisarsi in seguito, che s'avvia a pagare in sede di transzione alla quale lo invita a partecipare: e se tale efficacia dovesse essere disconosciuta, nella valutazione della rilevanza delle conseguenze, non dovrebbero dimenticarsi gli aspetti equitativi del problema (cons. op. cit. in Rassegna 1954, 191), alla soluzione del quale sembra, tra l'altro, debba estendersi, in sede interpretativa, l'art. 12, u.co., dello Statuto degli impiegati civili dello Stato, secondo il quale per l'impiegato addetto alla conduzione di autoveicoli o di altri mezzi meccanici la rivalsa ammessa solo nel caso di danni arrecati per colpa grave. F. O. ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI DELLE CORTI DI MERITO ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILITA Concetto di relitto -Esecuzione di opera parzialmen te diversa -Decadenza parziale -Impossibilit della retrocessione -Risarcimento del danno -Atti ammi nistrativi -Prevalenza della volont sulla dichiara zione -Importanza delle premesse ai 'fini della deter minazione del contenuto -Case economiche per fer rovieri -Equiparazione agli impianti ferroviari ai 'fini dell'espropriazione. (Corte di Appello di Roma, Sez. I, 26 gennaio-8 maggio 1956-Pres. Pafundi; Est.D'Amico - Fiory e altri c. Ministero Trasporti). Per relitto, ai sensi degli artt. 60 e 61 legge 25 giugno 1865, n. 2359, non si pu intendere la parte del terreno espropriata usata in difformit della causa espressa nel decreto prefettizio di espropria, zione, ma soltanto la parte che non ha ricevuto alcuna destinazione ed sopravanzata alla esecuzione dell'opera pubblica. L'espropriante incorre, in tutto o in parte, nella decadenza, prevista dall'art. 63 legge 25 giugno 1865, n. 2359, sia quando non abbia compiuto l'opera nel termine, sia quando abbia, in tutto o in parte, eseguito l'opera, prima della decorrenza dei term;ni, contro la causa dell'espropriazione. In tal caso gli espropriati, essendo giuridicamente impossibile la retrocessione del fondo sul quale stata costruita una opera pubblica, hanno diritto al risarcimento del danno. Negli atti amministrativi, diretti al fine di soddisfare bisogni ed interessi collettivi, la dichiarazione soltanto un mezzo per far conoscere la vera volont dell'autorit amministrativa e questa volont deve essere sempre ricercata e fatta valere nel suo reale contenuto, cosicch, nel caso di disaccordo tra volont e dichiarazione, sempre e solo la volont che deve prevalere. Il contenuto degli atti amministrativi deve desumersi da tutto il contesto dell'atto e, quindi, anche dalle premesse. Le espropriazioni per la costruzione di case economiche per ferrovieri sono regolate dalle disposizioni legislative riguardanti quelle per impianti e lavori ferroviari (art. 6 legge 14 luglio 1907, n. 553 e art. 300 R. D. 28 aprile 1938, n. 1165). La Corte ha sostanzialmente oonfermato, pur oon diversa, piu esauriente e in aleuni punti veramente pregevole motivazione, la sentenza del Tribunale, gi pubblioata in questa Rassegna (1954, pag. 278) oon un breve oommento, al quale non possiamo ohe riportaroi. REGISTRO -Compravendita di fabbricati nuovi Aliquota ridotta alla met -Condizioni per l'applicabilit -art. 43 tab. alleg. B.T.U. 30 dicembre 1923 art. 11 legge 2 luglio 1949, n. 408. (Corte di Appello di Firenze -Sezione I, 28 aprile-4 luglio 1956 -Amministrazione Finanze c. Francolini-Baldrati. cc I quattro anni dalla dichiarazione di abitabilit o dalla abitazione effettiva richiesti dallo art. 43, alleg. B, al T.U. 30 dicembre 1923, n. 3269 e successivamente dallo art. 17 della legge 2 luglio 1949, n. 408 per la riduzione alla met della imposta di registro sulle compravendite di fabbricati . nuovi o completamente riattati, costituiscono il periodo entro il quale l'agevolazione fiscale pu operare con un termine iniziale dato dal giorno del certificato di abitabilit o della effettiva abitazione e con un termine finale dato dallo spirare dei quattro anni dal giorno anzidetto. cc La dichiarazione-di abitabilit o la abitazione effettiva costituiscono pertanto il dies a quo non soltanto per il computo del termine finale, ma anche per il sorgere dell'agevolazione i>. La interpretazione ohe all'art. 43, tab. B, del T. U. 30 dicembre 1923, n. 3269 ed all'art. 17 della legge 2 luglio 1949, n. 408 ha dato la Corte di Appello di Firenze oon la sentenza da oui stata tratta la massima, di ovvia esattezza. La Corte ridetta ha dovuto ooouparsi ex professo dell'argomento peroh il Tribunale di Firenze, nella sentenza 16 giugno20 agosto 1955, Sez. I, Est. dott. Capaooioli (riportata in massima nella cc Rivista di Diritto Finanziario e Scienza delle Finanze n, 1956, pag. 68-69), aveva affermato ohe i quattro anni dalla data del oertifioato di abitabilit o dalla abitazione effettiva oostituisoono semplioemente il dies a quo per il oomputo del termine finale e non anohe quello per il sorgere del diritto all'agevolazione, per il quale inveoe sarebbe bastato ohe il fabbrioato fosse stato ultimato nelle sue parti essenziali e ohe il trasferimento fosse avvenuto non oltre il quadriennio dagli eventi suddetti. Codesta tesi interpretativa, oontraria alla unanime giurisprudenza della Corte Suprema e adottata da qualohe isolata Corte di Merito, (v. Cass. 13 giugno 1942, n. 1666, in cc Foro Italiano n, -1942, I, 821; Cass. 30 dioembre 1944, n. 496, in cc C. Comp: -Cass. Civile n; 1944, 611; Cass. 31 luglio 1950, n. 2282 in cc Riv. Leg. Fisoale ii, 1950, n. 783; ofr. pure Cass. 4 maggio 1935 ivi 1935, I, 1178, Contra Comm. Imp., Bari, 15 novembre 1949, Rep. Foro -182 Italiano, 49; Voce Registro 4302, Appello Roma 13 maggio 1941, in cc Foro Italiano n 41, I, 1378, anmtllata dalla Cass. con la sentenza citata 13 giugno 1952) poggia sulla posizione, per cos dire, topografica delle norme dello art. 43, tab. B, legge organica di Registro, per la quale gli eventi della dichiarazione di abitabilit e la abitazione effettiva sono menzionati nella cc nota successiva i> e non nel corpo dell'articolo e sul fatto ohe la esigenza di fissare un criterio preciso di carattere tempQrale per soddisfare la ratio della norma -necessita di risolvere il problema degli alloggi -si presenta essenzialmente con riguardo alla determinazione del momento finale del beneficio. La Corte fiorentina, per respingere tesi siffatta, richiamate le precedenti pronunzie della Huprema Corte, ha posto l'accento sulla interpretazione letterale delle due norme (art. 43 legge organica e art. 17 legge 408 del 1949). llfa non soltanto tale interpretazione letterale indicativa del fatto ohe il quadriennio della abitazione effettiva o della dichiarazione di . abilit in funzione anche di un dies a quo per il sorgere del diritto alla agevolazione. V i concorre con nettezza di contorni la interpretazione storica-sistematica delle norme stesse e l'interesse pubblico ohe oonl'agevolazione in esame il legislatore ha inteso assicurare. La concessione del particolare beneficio fiscale , infatti, gi contenuta nello art. 11 della legge 23 aprile 1911, n. 509, ohe faceva decorrere il quadriennio entro il quale si dovevano stipulare le vendite dal giorno in cui i fabbricati nuovi o interamente riattati fossero stati sottoposti all'imposta sui fabbricati e riportata poi, con la modificazione della decorrenza del quadriennio dal giorno in cui detti stabili fossero stati dichiarati abitabili o fossero stati effettivamente abitati; nell'art. 10 del decreto luogotenenziale 21 aprile 1918, n. 629, e infine -con la stessa modificazione -nell'art. 43 dell'allegato B della tariffa annessa alla vigente legge del registro, stata determinata dalla necessit di combattere la crisi degli alloggi, incoraggiando la costruzione delle case col dar modo ai costruttori di potere, in vista della sensibile agevolazione, vendere pi f aoilmente le case pronte per essere abitate e reimpiegare i capitali in nuove costruzioni del genere. Condotta l'agevolazione a tal fine, essa non poteva certo essere consentita n qualora la vendita per essere stata fatta dopo decorso un oerto periodo di tempo (quattro anni) dalla completa ultimazione della casa, faoesse apparire la costruzione e la SUrooessiva alienaziono non quali atti tendenti alla pronta risoluzione della crisi degli alloggi; ma quali atti inerenti ad un comune investimento fondiario; n qualora la vendita, per essere stata fatta prima ohe la casa fosse dichiarata abitabile o fosse abitata di fatto, apparisse quella alienazione di cosa non ancora adatta al fine di risolvere detta crisi. Tale ratio legis quella ohe ha caratterizzato le varie norme succedutesi nel tempo a far data dal 1911, dopo ohe fatti di guerra avevano determinato situazioni di sempre piu grave disagio nel settore degli alloggi e caratterizza ora le norme di cui si discute. La diversa terminologia infatti fra l'art. 11 della legge 23 aprile 1911, n. 509 ohe faceva decorrere il quadriennio dal giorno in cui il fabbricato veniva sottoposto alla imposta fabbricati e l'art. 10 del D.L.L. 21 aprile 1918, n. 629, l'art. 43 legge orga nioa di registro, art. 17 della legge n. 408 del 1949 ohe fanno decorrere il quadriennio dal giorno della dichiarazione di abitabilit o da quello della effettiva abitazione non muta la essenza della agevolazione n determina condizioni diverse per la sua applicabilit. Dato infatti che a determinare l'oggetto aella imposta fabbricati concorrono fra l'altro i requisiti positivi della stabilit e della produttivit e dato ohe la produttivit (vedi GIANNINI Ist. Dir. Trib. n, pag. 301, ed. 1951) consiste nell'attitudine del fabbricato a produrre un reddito, non dubbio ohe la soggezione del fabbrioato all'imposta partioolare ooinoide oon l'abitazione effettiva o oon la diohiarazione di abitabilit del fabbrioato stesso. Ci peroh soltanto. oon l'abitazione effettiva e non con la sola oostruzione si ha quel reddito reale o potenziale ohe, insieme al requisito della stabilit oonoorre ad integrare la situazione di fatto ipotizzata dalla legge per il sorgere della imposta fabbricati. La diversa terminologia si spiega pertanto con il solo fatto ohe in epoca suooessiva al 1911 stata disposta la esenzione venticinquennale dalla imposta f abbrioati e di conseguenza il criterio discretivo della legge del 1911 era diventato insufficiente a esprimere con precisione il punto di riferimento per il computo iniziale e finale del quadriennio. Criterio letterale, criterio storico e sistematico convergono pertanto verso la interpretazione sempre adottata dagli Uffici esecutivi e riconosciuta esatta dalla giurisprudenza della Huprema Corte, nonostante l'opposizione di parte della Dottrina, ohe ha fatto propia la tesi oombattuta. (V. UKMAR: La Legge di Registro, vol. II, pag. 42; e nota in oaloe alla sentenza n: 2282 del 31 luglio 1950, in cc Rivista Leg. Fisoale n, 1950, pag. 783). Di nessun ostacolo infatti la posizione topografica della partioolare norma nel vigente art. 43 della Tariffa alleg. B alla legge organica di registro. La Nota successiva agli articoli della tariffa parte integrante della norma ed in quanto relativa alla pratica attuazione della imposta e della sua aliquota si risolve necessariamente in un requisito sostanziale della stessa da interpretarsi oon i oriteri suggeriti dall'art. 12 delle preleggi e per i quali non si pu attribuire alla norma altro senso ohe quello fatto palese dal significato proprio delle parole seoondo la oonnessione di esse e dalla intenzione del legislatore. D'altra parte se nella legge organica la disposizione ohe ne riguarda contenuta nella N.S., nello art. 17 della legge 408 del 1949 essa oontenuta nel oorpo dell'articolo assurgendo anohe topograficamente alla dignit di requisito della particolare agevolezza. N la situazione pu ritenersi mutata con l'art. 71 della legge 27 dicembre 1953, n. 958, contenente norme sul risarcimento dei danni di guerra. La dizione dell'articolo ohe richiede la dichiarazione di abitabilit e non anche l'abitazione effettiva, la tutela ohe con esso si inteso attuare la considerazione ohe la norma relativa pur manteneiid lo spirito del decreto legge 26 marzo 1946, n. 221, ha rdotto le agevolazioni fiscali che tale ultimo decreto prevedeva, sono elementi indicativi e decisivi per ritenere tutt'ori in atto, per l'operativit dell'agevolazione, per le compra vendite di case di abitazione non di t t -183 lusso distrutte e ricostruite, la necessit del duplice requisito di un termine iniziale e di un termine finale dagli eventi della dichiarazione di abitabilit o della abitazione effettiva. L. CORREALE IMPOSTA DI REGISTRO -Agevolazioni per la ricostruzione edilizia (Trib. Genova, Sez. I, Sent. 17 dicembre 1955 -Pres. ed est. Secco -Soc. Cementfer c. Finanze). I contratti di appalto, aventi per oggetto lavori parziali, godono delle agevolazioni di cui ai decreti legge 7 gennaio 1945, n. 322 e 26 marzo 1946, n. 221, solo quando concorrono a realizzare, in modo univoco e diretto, il fine della riparazione o ricostruzione. Questa sentenza del Tribunale di Genova merita di essere segnalata, peroh contiene alcune necessarie precisazioni circa la oonnes~ione ohe deve esistere tt;a i lavori parziali e la ricostruzione ai fini . delle agevolazioni tributarie di cui ai citati decreti. Oom' noto la giurisprudenza della Oom. Oentrale fu per lungo tempo orientata nel senso ohe i lavori parziali fossero da escludersi dalle agevolazioni di cui ai sopra menzionati decreti, in quant<> con dizione essenziale per godere dell'agevolazione, ohe i lavori, oggetto dell'appalto, realizzino la com pleta riparazione o ricostruzione dell'edificio o dell'opera danneggiata da eventi bellici. Quando quindi la fattispecie concreta solo in parte la previsione legislativa, e tale il caso dei oosidetti contratti di appalto frazionari, l'agevolazione non compete, giaooh diversamente opinando, si verrebbe ad allargare la sfera di applicazione della legge oltre i oasi previsti. Eppertanto ai suddetti lavori pu .riconoscersi competere l'agevolazione nel solo caso ohe essi siano contemplati nello stesso contratto di appalto e assunti dallo stesso appaltatore, oui stata affidata la ripara zione o ricostruzione dell'opera, peroh solo in quMta ipotesi la loro connessione con la ricostruzione, come mezzo al fine, risulta indubbia dallo stesso oontr una particolare procedura per la condanna in via civile dei ministri responsabili del danno verso il terzo, non conosciamo nessuna legge al riguardo n alcun atto giurisprudenziale. In sede di annullamento dell'atto pregiudizievole, non c' dubbio che spetti al Consiglio dei ministri procedere a tale annullamento, ove gli atti dei ministri siano contrari alla Costituzione, alle leggi, alle deliberazioni ed alle direttive del Governo (art. 65, 2 comma, Cost. 194 7); lo stesso avviene per gli atti adottati dal Consiglio dei ministri, i quali sono annullati dal Presidium dell'Assemblea Nazionale (art. 65, primo comma, Cost. 1947). In sede di risarcimento non abbiamo orienta menti: dubbio se il Procuratore Generale, che ha il controllo sulla legalit dell'azione sia dei ministri che dei funzionari e cittadini in genere, anche attraverso le segnalazioni della Commis sione di controllo, di cui parleremo, possa farsi l'iniziatore dell'azione civile contro i ministri a favore dei terzi danneggiati civilmente dalla condotta funzionale ministeriale, di cui i ministri fossero re sponsabili. L'art. 89, Cost. 1947 farebbe escludere il diritto dei cittadini a pretendere od a far decidere dai tribunali il danno civile provocato dai ministri; infatti detto che i cittadini hanno il diritto di inoltrare domande, reclami e petizioni; ogni citta dino ha il diritto di chiedere ai tribunali la condanna dei funzionari per le violazioni da essi commesse nell'esercizio delle loro funzioni; i cittadini hanno diritto al risarcimento da parte dei funzionari per il danno da questi cagionato in dipendenza della illegittima od irregolare esecuzione dei loro doveri; come si vede, nessun riferimento fatto ai ministri. Lo stesso art. 62 della Costituzione limita l'intervento della Procu,ra ai soli casi in cui sia accertato un danno per gli interessi economici della Repub blica popolare. b) I funzionari sono obbligati verso i terzi per le infrazioni funzionali; essi quindi sono civilmente responsabili; ogni cittadino pu intentare contro di essi l'azione presso i tribunali ordinari per la illegittima ed irregolare condotta della funzione pubblica (art. 46 ed 89 Cost. 1947). Rinviamo qui alla legge sull'organizzazione dei tribunali del popolo (narodnite sadilista) del 26 marzo 1948, n. 70 ed alla legge 6 novembre ~19&2 ( Isvetia , 7 nov. 1952) nonch alla legge sui tribunali locali del popolo (mestuite narodni sadilista) del 27 agosto 1948, n. 201. I funzionari sono rappresentati e dif~si di fronte ai terzi dinanzi ai tribunali dalle Unioni professio -191. nati e dalle loro direzioni, senza che queste tuttavia siano autorizzate a fare transazioni definitive (art. 5 Codek Natruda del 1951). o) !J'ukase n. 82 del 12 ottobre 1951 regola le imprese di Stato; queste godono di personalit giuridica (art. 1). Lo Stato non risponde delle obbligazioni delle imprese n queste rispondono delle obbligazioni dello Stato (art. 7). Le !imprese e le federazioni sono amministrate da persone responsabili, come i direttori generali, i direttori, gli amministratori, i gerenti, ecc. (art. 20). Circa la estensione di tale responsabilit, nella pratica giurisprudenziale, nulla possiamo dire. 2. La responsabilit personale verso lo Stato. In termini generali, se il fatto non costituisca reato, il funzionario e l'impiegato pubblico rispondono. dei danni provocati all'Amministrazione sino alla concorrenza di un terzo dello stipendio mensile (art. 95 Codek natruda o Codice del lavoro del 9 novembre 1951, applicabile anche ai dipendenti dello Stato); i contabili rispondono sino all'intero stipendio (ivi, art. 96); per i reati e per le responsabilit dei direttori e dei capi contabili e per i fatti commessi fuori delle funzioni si risponde dell'intero danno (art. 97); leggi speciali possono stabilire una responsabilit pecuniaria superiore (art. 98); norme speciali valgono per i singoli ministeri in base al decreto 78 del 18 febbraio 1953, adottato dal Consiglio dei ministri e dal Comitato Centrale del Partito Comunista Bulgaro. Il decreto n. 60 del 27 luglio 1951 (numero e data di Isvetia ), modificato con decreto 12 dell'll febbraio 1955 ( Isvetia ), concerne altresi il controllo finanziario (interno) (Finansov Control); il nuovo decreto ha tenuto vieppi distinte le competenze che si attengono al Ministro delle finanze da quelle della Commissione per il controllo e da quelle che spettano ai tribunali; presso il Ministero delle finanze creata una direzione di controllo finanziario (Finansovo-Revisionno Uprav lenie); questa composta da una direzione centrale e da Uffici di revisione provinciale (art. 1); il suo controllo si estende agli Uffici, aziende, coopera tive, altri organi ed ai privati finanziati dallo Stato (art. 2). I controllori esercitano il loro controllo: a) sulla esecuzione delle leggi e decreti dello ordi namento contabile; b) sull'adeguata e legale riscos sione delle entrate, sulla custodia dei fondi, sulla spesa e sulla contabilit dei beni sociali; o) sulla documentazione; d) sul giusto riporto delle somme per l'entrata e per l'uscita; e) sull'attivit delle istituzioni bancarie, assicurative e di risparmio; f) sul modo con cui gli uffici provvedono ad impe gnare somme sul bilancio, sul modo con cui tali somme vengono in!piegate dalle organizzazioni economiche dello Stato e sul modo della riparti zione dei fondi (art. 3). I controllori richiedono la documentazione necessaria nonch la assistenza da parte dei funzionari (art. 4); tutti gli organi sono tenuti a collaborare con il controllo (art. 5); redatto il verbale delle contestazioni (art. 6); il Ministro delle finanze pu stabilire multe sino a 400 leve per le violazioni constatate (art. 7); i danni constatati debbono essere risarciti dai responsabili e le deficienze debbono essere appianate dai consegnatari di valori e di merci {art. 8), con responsabilit solidale (ivi); il Ministro delle Finanze pu disporre la ritenuta di tre mesi di stipendio (art. 9); per i danni dovuti a dolo ed a delitti il verbale di constatazione inviato al Procuratore della Repubblica per l'inizio della azione penale; il tribunale pu pronunziarsi anche d'ufficio sulla responsabilit pecuniaria ma in ogni modo il giudizio passa poi al tribunale civile, ai sensi dell'articolo 299 Cod. procedura civile (art. 12); vengono chiamati in causa i dirigenti delle aziende, uffici e delle organizzazioni superiori (ivi). Ove il controllo abbia accertato danni, che non implichino responsabilit penale, il verbale di constatazione inviato al Tribunale civile ai sensi dell'articolo 8 del decreto che si espone e dell'articolo 97 lett. b) o), d) del Codice del Lavoro (ivi). Tale regolamento sul controllo sostituisce ogni precedente legge al riguardo (art. 15), v. il Regolamento del Ministero delle Finanze (cc Isvetia n, n. 72 del 7 settembre 1951). Un controllo autonomo invece disciplinato dalla Commissione per il controllo di Stato (Comisia za Dargiaven Control) gi organizzata con legge 12 gennaio 1948, n. 7 (D.V.) e poi con Regolamento (riportato con data scorretta nella raccolta che seguiamo, perch indicato col n. 50 del 22 giugno 1955 di cc Isvetia ) poi modificato con decreto 14 del 17 febbraio 1952. La Commissione organo del Governo per l'espletamento del controllo sulla attivit produttiva della produzione delle organizzazioni statali, cooperativistiche, comuni, sociali e delle aziende (art. 1). Tale controllo rigidamente applicato in ordine al resoconto dei fondi, delle spese e della custodia dei valori e materiali in godimento delle organizzazioni di Stato; esso esige il rispetto delle leggi, dei decreti e delle disposizioni governative (ivi). La Commissione composta da un Presidente, da tre Vice Presidenti e tre membri; il Presidente eletto dall'Assemblea Nazionale ed membro del Governo; i Vice Presidnti sono assegnati dal Presidium su proposta del Consiglio dei ministri, mentre i membri sono designati dal Consiglio dei ministri (ivi). La Commissione: a) controlla l'attivit produttiva e finanziaria; b) riceve il resoconto giornaliero della spesa; o) vigila sulla attuazione delle ispezioni; d) compila una relazione al Governo sulla esecuzione del bilancio; e) vigila sulla esecuzione dei decreti; f) interviene negli affari finanziari sia su richiesta del governo e sia d'ufficio; g) richiama l'attenzione del governo su questioni economiche nazionali insorte nella attuazione del controllo (art. 2). Il controllo: a) di merito (sulla attivit economica); b) ispettivo (sulla situazione dei fondi); o) di legalit per le opere eseguite e per la concordanza delle spese con la destinazi. del piano (art. 3). La Commissione controlla docu-menti e situazioni (art. 4); pu chiamare esperti (art. 5); vigil~ sulla lentezza e debolezza dell'apparato burocratico e sugli sprechi, sulle deviazioni dai fini governativi, segnalando i responsabili (vinovnizi), adotta concrete misure per il poten -.192 ziamento della disciplina e per la eliminazione di deficienze organiche, concentra l'attenzione sui principali settori economici (art. 6). lJa Commissione opera il riscontro dei Ministeri della difesa, dell'interno, degli esteri e della giustizia; richiede che innanzi ad essa si presentino persone entro i termini stabiliti; dispone sopraluoghi nei depositi e nei cantieri di lavoro; impartisce istruzioni ai dirigenti per l'eliminazione di situazioni illegali ed avverte i dirigenti nei Ministeri; riferisce al Governo sui controlli effettuati; impone punizioni disciplinari s'no all'allontanamento dal servizio; ingiunge di provvedere al risarcimento dei danni allo Stato provocati dal personale; denuncia i colpevoli di malversazioni ed altri delitti; le sue decisioni sono definitive e non ammettono ricorso (art. 7). I membri della Commissione hanno diritto a partecipare a tutte le riunioni collegiali (art. 8). Sono stabilite le cariche: 1) Controllori principali sui ministeri; 2) Controllori sui comitati; 3) Vice controllori di 1a, 2a, e 3a categoria (art. 10). I controllori principali sono nominati dal Consiglio dei ministri su proposta del presidente della Commissione di Controllo; gli altri controllori e vice controllori sono nominati dal Presidente della Commissione di controllo (art. 11); prevista la nomina di controllori delegati per il controllo locale e responsabili soltanto dinanzi alla Com~ missione (art. 12). I controllori sono responsabili di fronte allo Stato (art. 13). Nell'apparato cen trale della Commissione di controllo vi sono varie direzioni; 1) di organizzazione; 2) dei quadri; 3) dei reclami; 4) giuridica; 5) amministrativa; 6) contabile; 7) finanziaria; 8) ~egretariato (art. 14). La Commissione statale pubblica la Dargiaven Contro! (Rivista) (art. 15); presenta una relazione annuale al Presidente del Consiglio ed in casi particolari al Consiglio dei Ministri (art. 16). Per il controllo fuori sede, v. decreto 2913 del Consiglio dei Ministri in data 23 dicembre 1950 ( Isvetia , n. 2 del 5 febbraio 1951), modificato con decreto 12 ( Isvetia , 11 febbraio 1955). V. Regolamento sul risarcimento dei danni (decreto Consiglio dei Ministri del 16 giugno 1951, modificato con altro del 1951 (cc Isvetia >>, n. 54 del 6 luglio) e con altro dell'll marzo 1955. V. Codice del lavoro del 13 novembre 1951, art. 91 e 95 e 100. V. Codice di proc. civ. ( Isvetia , n. 12, dell'8 febbraio 1952). Per una maggiore precisazione della responsabilit personale verso lo Stato, v. altra Rivista. La responsabilit personale, sia verso il terzo e sia verso lo Stato, la chiave di volta del sistema della responsabilit dello Stato in Bulgaria. Ci premesso, ci avviamo ad esporre come avviene la difesa della Pubblica Amministrazione ed i casi in cui questa sia responsabile, indipendentemente dall'azione irregolare o delittuosa dei suoi agenti, e di fronte alle norme del comune diritto privato. (Continua per la parte B)