VIII -N. 3-4 '.MARZOAPRILE 1955 RASSE'GNA MENSILE DELL'AVVOCATURA DELLO STATO PUBBLICAZIONE DI SERVIZIO SOMMARIO I. ARTICOLI ORIGINALI Il valore indeterrr.inabile quale criterio di competenza, dell'avv. E. VITA. LIANI, p. 49. Nota redazionale, p. 55. II. NOTE DI DOTTRINA 1) WIDAR CESARINI SFORZA: Filosofia del diritto, recensione critica dell'avv. F. CASAMASSIMA, '!' 57. 2) A. ZEMA: Natura giuridWa del Capitolato Generale per l'appalto dei lavori del Genio Militare con tparticolare riferimento agli artt. 50 e 46, recensione critica, p. 59. m. RACCOLTA DI GIURISPRUDENZA 1) Antichit e Belle Arti -Legge 1 giugno 1939, n. 1089 -Premio allo scopritore di cose di interesse storico ed artistico e dal proprietario del fondo, ove avviene il rinvenimento (Corte di Cassazione), p. 62. 2) Competenza e giurisdizione -Azione possessoria -Controversie fra privati -Art. 4, legge 20 marzo 1865, n. 2248, alleg. E (Corte di Cassazione) p. 63. 3) Comuni e Provincie -Regolamenti edilizi -Inapplicabilit ai beni demaniali marittimi -Regolamentazione da parte della Amministrazione della Marina :Mercantile -Consorzio del Comune di Genova (Corte di Cassazione), p. 64. 4) Guerra -Occupazione alleata -Preda bellica -Vendita di beni dello Stato a cittadini italiani -Invalidit (Corte di Cassazione), p. 67. 5) Impiego pubblico -RappresenJ;anza e difesa degli impiegad dello Stato a termini art. 44, R. D. 30 ottobre 1933, n. 1611 -Ricorso per Cassazione notificato presso Avvocatura Distrettuale -Nullit Art. 11, R. D. n. 1611 (Corte di Cassazione), p. 67. 6) Profitti eccezionali di speculazione -Reddito derivante da lavori eseguiti a regia per conto dello Stato (Corte di Cassazione), p. 68. 7) Responsabilit civile -Prescrizione del diritto al ris.arcimento del df1llllO per un fatto illecito costituente reato -Interruzione della prescrizione per costituzione di parte civile -Amnistia (Corte di Cassazione), p. 69. IV. ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI DELLE CORTI DI MERITO 1) Amministrazione pubblica Registro -Rappresentanza in giudizio Art. 147 L. Registro -Abrogazione per effetto delle norme contenute nel R. D. 30 ottobre 1933, n. 1611. (Corte di Appello Napoli), p. 72. . 2) Contrabbando -Contrabbando doganale -Vendita all'asta di merce confiscata -Diritto di marchio di terzi in ordine alla merce stessa (Tribunale di Genova), p. 72. 3) Imposta di registro -Ricostruzione opere danneggiate dalla guerra Benefici fiscali di cui ai DD. LL. 7 giugno 1945, n. 322 e 26 marzo 1946, n. 221 (Corte Appello e Tribunale Bologna), p. 74. V. SEGNALAZIONI DI DOTTRINA E GIURISPRUDENZA, p. 76 VI. INDIOE SISTEMATIOO DELLE CONSULTAZIONI, p. 85. VII. RASSEGNA DI LEGISLAZIONE, DOTTRINA E GIURISPRUDENZA COMPARATE, p. 89. ANNO VIII .... N. 3-4 MARZO-PRILE 1955 RASSEGNA. MENSILE DELL'AVVOCATURA DELLO STATO PUBBLIClA.ZIONE DI SERVIZIO IL VALORE INDETERMINABILE QUALE CRITERIO DI COMPETENZA Una interessante sentenza della Oorte di Oassa zione (I Sezione 14 luglio 1953, n. 1953) stata pubblicata nel numero di settembre 1954 della Giurisprudenza Italiana (I, 1, 848). Il caso proposto all'esame del Supremo Oollegio sintetizzato con queste parole: . . . . il quesito che questa Oorte chiamata a risolvere si concreta nello stabilire se la parte, che abbia adito il conciliatore o il pretore, affinch, con sentenza costitutiva, pronunzino la risoluzione del contratto per inadempimento del convenuto e la condanna generica ai danni, da liquidarsi in separato giudizio, possa, dopo la sentenza che decida in conformit, chiedere al giudice superiore (pretore o tribun11le) la liquidazione del danno per una somma che non sarebbe rientrata nella competenza del giudice primo adito . La decisione la seguente: a parere di questa Oorte il quesito deve essere risolto affermativamente. Oome altre volte stato affermato, quando con la stessa domanda si provoca il simultaneus processus sull'an e sul quantum, si ha un giudizio unico gover nato dai principi che discendono dalla unit del rapporto processuale, e che non consentono che sulla stessa lite vi siano due giudici funzionalmente competenti a decidere in primo grado, e, pertanto, nell'azione riparatoria non possibile che il pretore decida sull'an ed il tribunale sul quantum debeatur. Tale regola, per, non trova applicazione, quando il giudizio di responsabilit e quello di liquidazione si manifestano come due entit autonome per essere la prima domanda limitata alla dichiarazione di responsabilit, mentre con la successiva si chiede la liquidazione quantitativa della lesione (confronta sentenza 386del14 febbraio 1952 e 672 del 5 maggio 1947, in cc Mass. Giur. It. >> 1952, 108 e 1947, 193) >>. cc Oi posto rislta ormai evidente che la compe tenza tanto per territorio che per valore, nel caso di separati giudizi di accertamento e di liquidazione, vada autonomamente determinata, a norma delle disposizioni di cui agli artt. 7 e seguenti del codice di procedura civile e se, quindi, la parte abbia domandato la risoluzione del contratto ed il valore del rapporto in contestazione (art. 12, c.p.c.) rientri nella competenza del pretore, la condanna generica pronunciata dal pretore stesso non preclude la facolt' di-adire il tribunale per la liquidazione su valore superiore. cc Oo_ncludendo, la domanda generica di risarci mento di danni, proposta in via autonoma, non altera il valore della causa risultante dagli' altri capi di conclusione e nulla vieta che l'interessato, il quale abbia chiesto ed ottenuto la pronuncia generica di risarcimento dinanzi al pretore, domandi la liquidazione dei danni anteriori e successivi a tale pronuncia dinanzi al Tribunale e viceversa . Due sono le questioni giuridiche affrontate dalla Suprema Oorte: a) l'applicabilit dell'art. 14 c.p.c., al fine di decidere la competenza, quando la dichiarazione di responsabilit, con conseguente condanna generica al risarcimento, e la liquidazione quantitativa del danno siano oggetto di due separati giudizi; b) quale sia il giudice competente per valore a decidere sulla domanda di condanna generica al risarcimento del danno. Esattamente risolta in senso negativo la prima questione. Inapplicabile stato dichiarato l'articolo 14 c.p.c., perch il giudizio di responsabilit e quello di liquidazione, quando sono separatamente instaurati, si manifestano come due entit autonome. Una pronuncia in tal senso poneva, per, inevitabilmente il secondo problema, in quanto l'opinione comune e la costante giurisprudenza hanno da tempo affermato e ripetuto l'applicabilit dell'articolo 14 con la testuale ripetizione di questa massima, che possibile ritrovare in innumerevoli decisioni (1): pur mirando la domanda di condanna generica al risarcimento del danno ad una condanna di mero accertamento del diritto spettante all'attore, tale diritto sempre relativo al risarcimento dei danni liquidabili in valuta e, se l'attore ba adito il pretore deve riten:ersi che egli ha inteso limitare le sue pretese nei limiti di L. 100.000 .....; pertanto, non di valore indeterminabile si tratta, ma di valore indeterminato all'inizio della lite, suscettibile per di determinazione ........; consegue ~~che il principio di diritto da applicarsi in materia agli effetti di stabilire la competenza a decidere quelle. stabilito dall'art. 14 c.p.c. >>. (1) Fra le altre: Cass. 9 luglio 1953, n. 2198, in ccRep. Giur. It. 1953, col. 429; Cass. 15 giugno 1951, n. 1540 in Rep. Foro It. , 1951, col. 355; Cass. 17 gennaio 1948, n. 60, in cc Raccolta Completa Giurisprudenza Cass. Civile, anni 1942-1953, col 601; Trib. Milano 30 maggio 1942, in cc Foro It. 1942, I, 933; Cass. 30 giugno 1939, n. 2268, in cc Rep. Foro It. 1939, col. 312; Cass. 28 novembre 1929, n. 3519, in e< Rep. Foro It. >>, 1929, col. 248. -50 La dichiarazione di inapplicabilit dell'art. 14 e.p.c. poneva, quindi, l'esigenza della sua sostituzione e della identificazione del nuovo principio di diritto, sulla cui base avrebbero dovuto essere inquadrate, ai fini della competenza per valore, le cause di condanna generica al risarcimento del danrto. Questo problema stato eluso dalla Corte, la quale, giovandosi del fatto che pi di una erano le domande proposte nella causa, si limitata a dichiarare che cc la controversia relativa al risarcimento dei danni assume un valore pecuniario solo nella fase di liquidazione e, pertanto, quando la domanda generica proposta in via autonoma non altera il valore della causa, risultante dagli altri capi di conclusione (2) Il che quanto dire che la domanda di condanna generica al risarcimento non ha valore, anzi, pi esattamente, non valutabile ai fini della competenza per valore; che non esiste, quindi, alcuna norma, alcun principio di diritto sulla cui base possa essere inquadrata in ordine a tale competenza, con il singolare risultato che, quando non ha la ventura di essere avanzata, come nel caso specifico, insieme ad altre domande, dalle quali la competenza resti fissata, pu essere proposta indifferentemente dinanzi al conciliatore, al pretore, al tribunale e viene a costituire un genere di cause, assolutamente nuovo nel nostro sistema processuale, extravagantes al di fuori di ogni regola di competenza per valore. Questa soluzione, la cui paternit. spetta al Mortara, che peraltro la presentava, in maniera pi accettabile, come non conforme ai principi, ma postulata da ragioni di equit e di carattere pratico (3), appare manifestamente evasiva ed (2) Conformi: App. Milano 20 novembre 1929, in cc Rep. Foro It. 1929, col. 244; Cass. 28 febbraio 1927, n. 710, in cc Rep. Foro It. 1927, col. ::96; App. Bologna 9 giugno 1925, in cc Rep. Foto It. '" 1925, col. 295; App. Bologna 20 maggio 1924, in cc Rep. Foro It. '' 1924, col. 299; App. Milano 18 ottobre 1922, in cc Rep. Foro It. >>, 1922, col. 214. Contraria. la. pi recente giurisprudenza in quanto cc la. domanda di risarcimento danni, proposta unitamente ad altra. domanda principale, non pu considerarsi come accessoria di questa, mentre si trova. con essa in rapporto di cumulo obiettivo i>. Cass. 13 agosto 1950, n. 2451, in cc Raccolta citata, col. 613; Cass. 22 giugno 1948, n. 992, in cc Raccolta >i, col. 612; Cass. 27 ottobre 1943, n. 2620, in cc Foro It. , 1943, I, 209; Cass. 22 giugno 1942, n. 1738, in cc Raccolta ii, col. 610; Trib. Milano 30 maggio 1942, in ccForo It.ii 1942, I, 933; Cass. 17 luglio 1941, n. 2221, in cc Rep. Foro It. '' 1941, col. 272; Cass. 5. agosto 1940, n. 2'849, in cc Rep. Foro It. '' 1940, col. 269; Cass. 7 marzo 1939, n. 769, in cc Rep. Foro It. '' 1939, col. 312; Cass. 20 febbraio 1935, n. 644, in cc Rep. Foro It. '' 1935, col 307; Cass. 6 dicembre 1933, n. 3487, 28 aprile 1933, n. 1472, e 6 febbraio 1933, n. 488, in cc Rep. Foro It. '' 1933, col. 243; Cass. 15 maggio 1930, n. 1693, in cc Rep. Foro It. 1930, col. 232; Cass. Roma 31 luglio 1922, in cc Rep. Foro It. , 1922, col. 200. (3) MORTARA: Commentario Il, p. 42: cc La attribuzione effettiva dell'indennizzo richiede, in questo caso, un nuovo giudizio, nel quale dovr essere discusso e stabilito se ed in quale misura il danno sia.si verificato; la c,ontroversia acquista dunque un valore pecuniario soltanto i.n questa fase successiva, nella quale, naturalmente, le regole ordinarie della competenza dovranno essere osservate. Ne si obietti ohe, intanto, la domanda proposta rappresenti un valore indeterminato da non potersi trascurare nel calcolo di quello dell'azione. Quantunque a tutto rigore l'obbiezione possa apparire. giusta, noi stimiamo che sia da. respingere per ragioni di convenienza pratica manifesta i>. incongruente, e legittime, anche se dirette nel senso opposto a quello giusto, sono le critiche e le osserzioni di Virginio Rognoni che, in nota alla sentenza, contrappone alla nuova pronuncia la solida, anche se approssimativa organicit. 'di vecchi luoghi comuni, in virt dei quali stata per tanto tempo sostenuta l'applicabilit. dell'art. 14 c.p.c. La domanda giudiziale -dice il nostro autore .-o di valore determinato o, quanto meno, passibile di determinazione, oppure di valore indeterminabile. . . . . . tertium non datur; a questa alternativa non sfugge neppure la domanda di condanna generica . Questa la questione fondamentale. Se si esclude che la domanda di condanna generica al risarcimento cade sotto l'impero dell'art. 14 c.p.c., necessario includerla fra le cause regolate dall'articolo 9 c.p.c. ed attribuite alla competenza del tribunale. opportuno allora esaminare se il concetto di causa di valore indeterminabile, quale da tempi remoti stato tramandato, sia ancora valido o debba essere criticamente riveduto. La tesi di coloro che sostengono l'applicabilit dell'art. 14 c.p.c. contraria in modo cos pale.:e ai principi ed alle norme che regolano il procedimento civile, che la pronunzia della Corte a questo riguardo deve essere salutata come elemento di necessaria chiarificazione. L'art. 14 c.p.c. dettato per le cause relative a somme di denaro e a beni mobili. Non tale il giudizio diretto alla condan;na generica, che tende ad una sentenza dichiarativa del diritto al risarcimento del danno. Ne consegue, gi per questo motivo, la inapplicabilit. della norma invocata. Questa immediata conseguenza, che discende dalla . definizione della natura della causa, viene superata obiettando che il diritto al risarcimentJ si concreta sempre, prima o poi, in una somma di denaro. Sulla stessa linea e determinata dallo stesso errore l'altra conclusione secondo cui cc non di valore indeterminabile si tratta, ma di valore indeterminato all'inizio della lite. Tali obiezioni non tengono presente, evidentemente, che tutte le norme di procedura, e non soltanto l'art. 10 c.p.c. -come riconosce la sentenza -sono dettate in ordine ai casi di simultaneus processus, perch, in quanto norme processuali, hanno lo scopo di regolare lo svolgimento della causa e la loro efficacia normativa non va oltre il singolo rapporto processuale, che si costituisce con la domanda giudiziale, si estingue con la pronuncia definitiva del giudice, qualunque ne sia il contenuto e lo scopo e, quindi, anche nel caso che rappresenti una tappa soltanto di una pi vasta azione di carattere giudiziario, tendente al conseguimento di un fine determinato. La natura di una causa deve essere definita entro i limiti del singolo rapporto processuale e la causa per condanna generica al risrcimento non certo, se in questi limiti considerata, causa relatva a somma di denaro o a beni mobili. Ugualmente il concetto di lite, qual' disivoltamente delineato nella massima precedentemente riportata (non di valore indeterminabile si tratta, ma di valore indeterminato all'inizio della lite) ' -51 e che andrebbe dal momento in cui sorge il diritto a quello in cui il diritto stesso viene soddisfatto e sarebbe, pertanto, comprensivo di tutte le azioni giudiziarie ed extragiudiziarie, che tendono ad ottenere alte soddisfacimento, concetto estraneo al nostro ordinamento processuale, per il quale lite altro non significa che causa, processo, rapporto e:iuridico processuale. Il valore della causa di condanna generica al risarcimento indeterminato all'inizio ed anche indeterminr,to alla fine della lite (4 ), e, qualora, si tenga formo -come la Suprema Omte ha dimostrato di fare -l'autonomia ed indipendenza di tale giudizio rispetto a quello successivo ed eventuale sulla liquidazione dei danni, ne deriva la impossibilit che il valore dichiarato o presunto rimanga fissato, anche agli effetti del merito, nei limiti della competenza del giudice adito . A meno che non si voglia sostenere che queste varie sentenze di condanna generica al risarcimento che, si dice, potrebbero essere emesse rispettivamente dal conciliatore, dal pretore e dal tribunale, pur essendo identiche nel dispositivo non lo siano nella efficacia. Nel primo caso il diritto accertato non potrebbe avere un contenuto pecuniario superiore a L. )0.000, nel secondo a L. 100.000, solo nel terzo la pronuncia dell'autorit giudiziaria varrebbe pienamente per quel che dispone e per quello che ne il contenuto (art. 2909 e.e.). L'ipotesi sufficientemente paradossale e non merita ulteriore confutazione. Qual', d'altra parte, lo scopo ed il funzionamento della norma in questione? L'art. 14 c.p.c. rappresenta una deroga al principio secondo il quale le questioni relative alla competenza del giudice, ed in generale ai presupposti processuali, debbono sussistere ed essere esaminate al momento della domanda (5). Non occorre, quindi, che la domanda sia di valore determinato e neppure immediatamente determinabile sulla base delle regole dettate dal codice (art. 11 e seguenti c.p.c.), ma, istaurata la causa dinanzi ad un giudice, si presume che rientri nella sua competenza (art. 14, comma 1a), si presume, cio, che l'attore tale la ritenga ed in quei limiti di competenza intenda esercitare la sua azione. La proposizione della domanda giudiziale ad una determinata autorit giudiziaria costituisce, in tal caso,.una tacita manifestazione di volont in ordine alla determinazione del suo valore che, se non contestato, rimane fissato, anche agli effetti del merito, nei. limiti della competenza del giudice adito (ultimo comma). Questa p.isposizione, sulla cui interpretazione molti equivoci e contraddizioni si sono avuti nella giurisprudenza, rappresenta semplicemente una applicazione del principio che sancisce la corrispondenza fra il chiestp ed il pronunciato (art. 112 c.p.c.) (4) CHIOVENDA: Principi di Diritto Processuale Civile, Napoli 1923, pag. 499: il valore di una domanda consiste nell'interesse economico immediato che si persegue con la domanda . (5) CHIOVENDA: Istituzioni di Diritto Processuale Civile, Napoli 1933, I, pag. 61. e non gi, come esattamente osserva. il Redenti (6), una eccezione alla regola che il valore determinato ai fini della competenza non vincola il giudice agli effetti del merito; regola che trova ilsuo fondamento in un principio cardine del nostro procedimento civile: la indipendenza del rapporto processuale dal rapporto sostanziale, che ne costituisce l'oggetto. L'art. 14 c.p.c. norma meramente processuale, dettata al solo sc~po di regolare lo svolgimento del processo e che non incide, non pregiudica il diritto che nella causa viene fatto valere (7). Corno tt>,le va interpretata. L'ultimo comma dell'articolo dice soltanto che la pronuncia non pu in ogni caso, andare oltre i limiti della competenza dell'autorit. giudiziaria cui stata chiesta. Tale presunzione, come ogni decisione e pronuncia sulla competenza, ha carattere preliminare e non preclude la possibilit., in base alle risultanze istruttorie, all'attore di eccepire la incompetenza ed al giudice di declinare la sua durante tutto il procedimento di primo grado (art. 38 c.p.c.) nelle forme previste dall'art. 34 c.p.c. (8). Ma, affinch l'art. 14 c.p.c. sia, cosi interpretato, applicabile, affinch la regola processuale, in questi termini precisata, possa funzionare, necessario che la sentenza, che si chiede al giudice, riguardi una somma di denaro o beni mobili e non gi l'accertamento di un diritto, che costituisca il presupposto per una futura azione in ordine, questa si, ad una somma di denaro. Tale la situazione che si presenta quando si chiede la condanna generica al risarcimento dei danni ed affermare in questo caso l'applicabilit dell'art. 14 c.p.c. signific11 sostenere che le condizioni poste dalla domanda di un determinato giudizio possano influire sulla decisione di un'altra causa, e quindi, su un r.Qipporto processuale diverso ed autonomo; significa sostenere che il magistrato successivamente adito per la determinazione del quantum possa dichiarare la incompetenza del giudice che ha deciso sull' an debeatur; che tale incompetenza dichiari non gi sulla base della domanda di quel primo giudizio, ma su quella che stat.a a. lui proposta per la liquidazione del danno; che, infine, accertata tale strana specie di incompetenza, abbia il potere di ridurre la liquidazione nei limiti di (6) REDENTI: Diritto Processuale Civile, Milano, 1947, I, pag. 275 -CHIOVENDA: Principi, pag. 503. (7) Vedi CHIOVENDA: Principi, pag. 505, in nota (1) se rivendico un passero davanti al tribunale; se rivendico un famoso cavallo davanti al pretore; e il convenuto accetta il giudice adito, la conseguenza non gi che il passero valga ad ogni effetto pi di 1500 lire cd il cavallo valga ad ogni effetto meno di 1500 lire. (8) Conforme: Cass. 29 luglio 1942, n. 2264, in Rac- colta>>, col. 597; C\joss. 8 agosto 1942, n. 2524, ibid, col. 597 -Cass. 5 maggio 1947, n. 672, ibid., col. 601; Contra: Cass. 11 novembre 1950, n. 2589, ibid, col. 634 Il secondo comma dell'art. 38 c.p.., secondo il quale Tincompetenza per valore pu essere rilevata anche d'ufficio in ogni momento del giudizio di primo grado, non applicabile nelle cause concernenti somme di denaro o beni mobili, attesa la manifesta inOnciliabilit della norma con quella contenuta nell'art. 14 stesso Codice; nonch: Cass. 29 novembre 1950, n. 2651, ibidem, col 634; Cass. 31 luglio 1952, n. 2450, ibid, col. 711; Cass. 12 dicembre 1952, n. 3161, ibid, col. 711. -52 valore stabiliti per il magistrato che ha giudicato nella prima causa. Tale potere non avrebbe conseguenze esclusivamente processuali, ma inciderebbe sul rapporto sos.tanziale, acquisterebbe necessariamente carattere di sanzione, invece di essere semplicemente l'applicazione della regola che vuole la corrispondenza fra il chiesto ed il pronunziato. Queste conseguenze contrastano nel modo pi chiaro con il principio di autonomia dei singoli rapporti processuali fra loro e del rapporto processuale da quello di diritto sostanziale, che nella causa viene fatto valere. Non possono, quindi, sussistere dubbi sulla infondatezza della tesi, di cui la sentenza della Corte ha fatto opportunamente giustizia. ll secondo problema, consistente nel definire la competenza per valore a decidere nelle cause relative a condanna generica al risarcimento, era pi delicato, ma senza dubbio pi importante. .Alla conclusione che competente a decidere sia il tribunale si poteva agevolmente pervenire sol che fossero state portate a termine le premesse poste nell sentenza. cc Risulta ormai evidente -dice infatti la moti vazione -che la competenza tanto per territorio che per valore, nel caso di separati giudizi di accer tamento e di liquidazione, vada autonomamente determinata, a norma delle disposizioni di cui agli artt. 7 e seguenti del codice di procedura civile n. La competenza del tribunale era dunque postulata dalla semplice constatazione che la domanda di condanna generica al risarcimento non assimilabile ad alcuna di quelle enumerate negli artt. 7, 8 e 16 del codice di rito, i quali definiscono la competenza del conciliatore e del pretore, e dal fatto che l'art. 9 c.p.c. attribuisce al tribunale tutte le cause che non sono di competenza del conciliatore o del pretore. Ma a questa conclusione sarebbe stato pi opportuno pervenire non per via di esclusione, ma esaminando in modo specifico quali siano le controversie attribuite dalla legge alla cognizione del tribunale in ordine al loro valore ed indagare se anche le cause per condanna generica al risarcimento, le quali, come si detto, sono di valore indeterminato non solo all'inizio, ma anche alla fine della lite, non possano essere comprese fra quelle di valore indeterminabile. A tal fine sarebbe sufficiente che il concetto di indeterminabilit accolto dal codice non fosse quello di indeterminabilit assoluta, per natura, come si esprimeva il codice sardo (art. 41), in quanto la controversia riguardi diritti che mai possono essere soddisfatti con pagamento in denaro, ma di indeterminabilit relativa al rapporto pro cessuale. Una prima indicazione in tal senso costituita dalla natura processuale della norma, la quale non ha la funzione di stabilire categorie assolute, ma, pi modestamente, di regolare lo svolgimento del processo e di conseguenza, fissare concetti relativi e limitati al rapporto processuale, la cui validit non necessario ne logico che vada oltre il suo scopo, che da tale rapporto appunto rappresentato. Una interpretazione autentica del concetto di causa di valore indeterminabile data, poi, dall'art. 15 c.p.c., il quale, dopo aver stabilito, uniformemente al corrispondente art. 79 del codice del 1865, che il valore delle cause relative a beni immobili si determina sulla base del tributo erariale, aggiunge che, se l'immobile non sottoposto .a tributo, il giudice determina il valore della causa secondo quanto risulta dagli atti e, se questi non offrono elementi per la stima, ritiene la causa di valore indeterminabile. Indeterminabilit questa evidentemente ed esclusivamente processuale, indeterminabilit sulla base degli atti e non gi assoluta, per natura, perch il valore di un fondo sempre economicamente valutabile. La nostra legge, come dimostrato da questo esempio, fornito dall'art. 15 c.p.c., applica il principio della indipendenza del rapporto processuale dal rapporto sostanziale, al fine di evitare che la determinazione del valore di una lite costituisca l'oggetto di un'altra lite (9). Stabilisce, pertanto, un concetto di determinabilit esclusivamente processuale, allo stesso modo che quando detta i criteri di valutazione di un valore determinabile, ci fa ai soli effetti processuali, in modo che la valutazione possa essere effettuata nel modo pi semplice e pronto. Il sistema del codice, infine, fornisce un argomento ulteriore. Il principio generale da cui occorre partire quello dell'art. 10 c.p.c.: il valore della causa, ai fini della competenza, si determina dalla domanda con riguardo allo stato di fatto esistente al momento della proposizione della domanda stessa (art. 5 c.p.c.). Se il valore indicato o pu desumersi dall'atto introduttivo, la competenza precisamente stabilita e, per il principio della corrispondenza fra il chiesto ed il prnunciato (art. 112), la decisione non pu andare oltre i limiti di competenza del giudice adito. Se il valore non indicato e non pu desumersi dalla domanda, il codice detta, per un notevole numero di casi, le regole per la sua determinazione (art. 11 e seguenti c.p.c.). Tutte le altre cause venivano comprese dal Mattirolo (10) in due categorie: a) cause non suscettive di valutazione, perch volgenti sopra oggetti non estimabili in denaro; b) cause di valore legalmente indeterminabile, vale a dire per le quali il codice non detta le regole per la determinazione del valore. Ambedue queste categorie il Mattirolo riteneva rientrassero nella competenza del tribunale (11). Ambedue, indubbiamente, sono comp'ese nella dizione cause di valore indeterminabile dell'art. 9 del codice di rito. (9) CHIOVENDA: Principi, pa.g. 503. (10) MATTIROLO: Trattato di Diritto .. Gfudiziario Civile, Torino 1902, I, pag. 319 e segg. .. _ (11) Conformi: CHIOVENDA: Principi, pag. 499 quando il valore di una causa non si pu tra.durre in cifre, o non si potrebbe farlo con i criteri forniti dalla legge, la causa si considera di valore superiore alle lire 1500 ossia di competenza. del tribunale ; D'ONOFRIO: Commentario al Codice di Procedura Civile, 3a ed., Torino 1953, I, pag. 23. -53 Qualora poi si consideri che la seconda categoria comprensiva della prima, perch anche le cause volgenti sopra oggetti non estimabili in denaro (sub-a) sono di valore legalmente indeterminabile (sub-b), in quanto il codice non detta, ne potrebbe dettare, le regole per la determinazione del loro valore, si deve concludere che la indeterminabilit stabilita dal codice indeterminabilit processuale, legale, secondo la definizione del Mattirolo, e non si comprende per quale ragione da circa novanta anni dottrina e giurisprudenza vadano ripetendo, senza rielaborarla criticamente, la massima secondo cui cause di valore indeterminabile sono quelle riguardanti controversie sopra diritti che mai possono essere soddisfatti con un pagamento in denaro (12). Massima questa che poteva essere giustificata sulla base del codice sardo del 1859 (art. 41), il quale sanciva che cc le quistioni di stato, le quistioni di tutela, le quistioni per diritti onorifici e quelle altre il cui valore sia per natura indeterminabile, sono trattate sempre come se eccedessero il valore di lire mille; non lo era pi su quella dell'art. 81 c.p.c. del 1865, che attribuiva al tribunale la decisione delle cc controversie di stato, di tutela, di diritti onorifici ed altre di valore indeterminabile ; e meno ancora sulla base dell'art. 9 del codice vigente che, con formulazione pi ampia, stabilisce che il tribunale competente cc in generale, per ogni causa di valore indeterminabile . Questa erronea interpretazione restrittiva la sola cagione delle infondate accuse che commentatori antichi e recenti hanno rivolto al legislatore per aver concepito la disposizione dell'art. 81 del codice del 1865 e dell'articolo 9 dell'attuale come regola di competenza per valore, mentre, trattandosi di pretese non valutabili in denaro, la devoluzione del giudizio ai tribunali costituire doveva una regola di competenza per ragioni di materia (13), mentre il fatto che come tale la regola sia stata concepita avrebbe dovuto postulare una pi ampia e diversa interpretazione del concetto di indeterminabilit del valore della causa, intesa come indeterminabilit processuale, sulla cui base viene a cadere ogni dubbio di sistematica legislativa. Da quanto precede deve esser tratta la conclusione che il difetto non sia nella legge, ma nella interpretazione. In dottrina i trattati ed i commentari di carattere generale (14) hanno ripetuto l'insegnamento del Mortara, senza spingere oltre la loro indagine e (12) MORTARA: Commentario, II, pa.g. 74, in nota 2 Conforme: Cass. cii Napoli 12 maggio 1874, in "La legge, XIV, 730 "Nell'art. 81 c.p.c. la. legge.... non riguarda il valore commercia.le o permutabile, che sebbene indeterminato pu sempre determinarsi, ma unicamente quello che non pu ragguagliarsi ad una. somma di denaro; Cass. 9 luglio 1953, n. 2198, in "Rep. Giur. It. " 1953, col. 429. (13) MORTARA: Commentario, pag. 73; vedi analogamente REDENTI: Dir. Proc. civ., I, pag. 270. (14) CHIOVENDA: Principi, pag. 503; Istituzioni, II, pag. 150; MORTARA: Commentario, II, pag. 74; CARNELUTTI: Sistema del Diritto Processuale Civile, Padova 1936, I, pag. 606; REDENTI: Dir. Proc. Civ., I, pag. 270; D'AMELIO: Il nuovo Codice di Procedura Civile commentato, Torino 1943, pag. 63; ZANZUCOHI: Dir. Proc. Civ., Milano 1947, I, pa.g. 244; Rocco U.: Corso di teoria e chiedersi se vi siano e quali siano le norme, che stabiliscano la competenza per valore a decidere sulle domande che, pur riguardando diritti di carattere patrimoniale, non siano suscettibili d'immediata :valutazione sulla base degli atti di causa e delle regole dettate dal codice. Che 1a cognizione di queste controversie rientri nella competenza del tribunale stato intuito da eminenti processualisti (15), che non ne hanno fatta per derivare, come era implicito, una definizione diversa del concetto di causa indeterminabile. Trattazioni di carattere particolare sull'argomento non ve ne sono. I brillanti studi effettuati sull'azione per condanna generica al risarcimento del danno (16), che avrebbero potuto dare occasione ad una r,evisione dei vecchi concetti, non hanno esaminato questa specifica questione processuale e sono privi di ogni indicazione in merito. La giurisprudenza si consolidata nell'interpretazione tradizionale e l'ha mantenuta anche quando la pratica applicazione ne mostrava chiaramente l'insufficienza ed i casi concreti si presentavano irriducibili al vecchio schema in numero sempre maggiore, quanto pi l'epicentro di applicazione della norma, per l'evoluzione dei rapporti economici e sociali, si spostava dalle controversie riguardanti diritti non valutabili in moneta a quelle che, pur vertendo su diritti valutabili, siano di valore indeterminabile in corso di giudizio. Di fronte a questi casi, molto numerosi a giudi care dai repertori, la giurisprudenza non ha mai affrontato la qustione di principio. La vecchia regola che valore indeterminabile non gi il valore commerciale o permutabile, che, sebbene indeterminato, pu sempre determinarsi, ma unicamente quello che non pu ragguagliarsi ad una somma di denaro (17) sempre viva e verde, anche se puntualmente dimenticata ogni volta che non .faccia quadrare i conti per la soluzione di una singola fattispecie. Valgano alcuni esempi tratti dalla recente giu risprudenza. stato giudicato che: il valore di una domanda di rendiconto di una gestione sociale indetermina bile perch insuscettibile, nel momento in cui essa proposta, di valutazione pecuniaria, esigendosi per stimarla l'accertamento e la determinazione quan titativa delle operazioni sociali, nella loro entit economica, e dei risultati attivi e passivi cui hanno dato luogo (18). Un'altra sentenza ha deciso che: qualora venga impugnata una deliberazione dell'assemblea condomi pratica del processo civile, Napoli 1951, I, pa.g. 368; . D'ONOFRIO: Commentario, I, pag. 53; BATTA: Dir. Proc. Civ., Padova 1954, pag. 17. (15) MATTIROLO: Trattato, I, pag. 319 e segg.; CHIOVENDA: Principi, pag. 499; D'ONOFRIO: Commentario, I, pag. 23. . . (16) CALAMANDREI: La condanna generica ai danni, in Studi sul Processo Civile, III, pag. 221; VASSALLI F.: Sulla condanna ai danni salvo liquidazione, in Q~rte di Cass. 1924, pag. 424. (17) Cass. di Napoli 12 maggio 1874, in "La Legge XIV, 730; Cass. 20 febbraio 1953, n. 421, in" Rep. Giur. It. '" 1953, col. 433. (18) Cass. 4 aprile 1952, n. 915, in cc Rep. Foro It. 1952, col. 432, Contra: Cass. 26 aprile 1949, n, 1002, in cc Raccolta '" col. 602. -54 niale rifiettente i contributi imposti ai condomini pro prietari di vari terranei, trattasi di causa relativa a rapporti obbligatori, in cui, ai fini della competenza, i criteri per la determinazione del valore della causa sono dati dagli artt. 12 e 14 c.p.c.; ove una determinazione esatta di tale valore non sia possibile, la cognizione della causa stessa spetta al tribunale a norma dell'art. 9 c.p.c. (19). Un'ulteriore sentenza dice: se il convenuto ecce pisca che la scadenza convenzionale del contratto coincida con un avvenimento futuro (nella specie: assegnazione di un altro alloggio al conduttore da parte di una cooperativa edilizia tale da non potersi determinare a priori la durata del contratto stesso, la causa deve considerarsi come di valore indetermi nabile e come tale di competenza del tribunale (20). stato poi deciso che: nell'ipotesi di locazione d'una cava ove il fitto sia stato stipulato parte in canone fisso, parte in quota proporzionale alla quan tit di materiale estratto e venga in contestazione l'in tera locazione, il valore della causa non potr deter minarsi col cumulo dei fitti, mancando in atti la precisazione degli stessi e dovr perci la causa rite nersi di valore indeterminato (21). Dove finisce la famosa massima secondo cui sono di valore indeterminabile solo le controversie su diritti non valutabili in moneta7 Ma la prova pi luminosa della mancanza di un preciso indirizzo interpretativo della norma dato, come si visto, dalle decisioni di cause per risarci. mento dei danni, quando siano proposte in due fasi distinte, la prima tendente alla condanna genetica, la seconda alla liquidazione 'quantitativa dl danno. Fino a che si in fase di condanna generica l'affermazione di applicabilit. dell'art. 14 c.p.c. perentoria. Non appena si trasmigra nella seconda fase altrettanto perentoria ne la esclusione di applicabilit.. Non meno infida, la questione se I.a domanda per condanna generica sia accessoria o meno, cumulabile o non cumulabile, al fine di sta bilire il valore della causa, con le altre domande insieme alle quali venga eventualmente proposta. Altrettanto incerta la determinazione dell'esatta portata dell'ultima parte dell'art. 14 c.p.c., in cui stabilito che il valore non contestato rimane fissato, agli effetti del merito, nei limiti della compe tenza del giudice adito. Questa variet. di decisioni contraddittorie arric chisce -i massimari di giurisprudenza di sempre nuove formule, adatte agli usi pi disparati e ci rende, da una parte, sempre pi compromessa la certezza del diritto, dall'altra, sempre pi difficile la possibilit. di vedere acquisiti, mediante una revi sione dei vecchi concetti, principi pi solidi e sicuri. Il problema, infatti, non si pone in termini di pura argomentazione dottrinale. Una revisione della giurisprudenza ostacolata dall'attuale uso e funzione del massimario quale strumento di lavoro, quale formulario degli organi (19) Cass. 26 maggio 1953, n. 1562, in Raccolta>>, col. 713. (20) Cass. 27 giugno 1950, n. 1643, in" Rep. Foro It. n, col. 344. (21) Cass. 14 novembre 1942, n, 1661 e 1662, in Rep. Foro It, 19421 col. 260, giudiziari. Quanto maggiore la contradditoriet. e la variet. delle pronuncie, tan~o pi la raccolta delle massime diventa una cabala delle opinioni probabili, tanto pi si rivela come l'ostacolo principale ad una elaborazione critica e scientifica del diritto. Il moltiplicarsi delle regulae iuris, lungi dallo stimolare la ricerca del principio certo e valido, favorisce la soluzione caso per caso, affievolisce l'esigenza, in chi di simili ricettari si giova, di fondare le proprie tesi su una interpretazione critica e diretta delle norme di legge. In questa situazione l'argomentatore pi provveduto rischier. sempre di vedersi opporre alla tesi pi limpida le parole che il buon padre gesuita >>, secondo quanto riferisce Pascal, oppose a Louis de Montalte, immaginario mittente delle sue lettere provinciali: << Ne parler ai nostri padri. Essi troveranno certament!3 qualche risposta; ne abbiamo qui ,di molto sottili n (22). Solo nel quadro generale della dottrina e della giurisprudenza possibile misurare la portata della sentenza di Cassazione. La pronuncia, come si visto, non presenta alcuna affermazione, alcuna soluzione nuova. Non fa che ripetere vecchie massime, esatte alcune, inesatte altre, tutte affermate e contraddette innumerevoli volte. La conclusione positiva, cui la sentenza perviene, costituita dalla recisa dichiarazione di inapplicabilit. dell'art. 14 c.p.c., quando il giudizio sulla responsabilit. e quello sulla liquidazione del danno siano separatamente proposti. L'affermazione inesatta quella secondo cui la domanda per condanna generica al risarcimento non altererebbe il valore della causa, risultante da altri capi di domanda e sarebbe, quindi, possibile ottenere la relativa pronuncia dal pretore o dal conciliatore e adire poi il tribunale in sede di liquidazione del danno. Una volta accolti questi principi, il frazionamento del giudizio per risarcimento danni in due cause distinte, non sarebbe .diretto a far unicamente aumentare le spese del giudizio con dannosa dispersione di attivit processule (23), ma altres ad eludere la competenza del giudice collegiale in cause che, per l'entit. degli interessi economici in gioco, il legislatore ha .voluto fossero al medesimo attribuite. Nei riguardi, poi, della pubblica amministrazione le conseguenze si presentano pi gravi. Lo spostamento di competenza dal giudice collegiale al giudice singolo, sottrarrebbe queste controversie alla cognizione del foro erariale, con il risultato che l'amministrazione sarebbe costretta a difendersi, in cause di rilevante entit. economica, fuori delle sedi delle avvocature distrettuali. Queste le conseguenze, cui, tenendo ferma la interpretaziope restrittiva del concetto di causa di valore indeterminabile e seguendo l'indicazione della sentenza della Corte, si p.erviene inevitabilmente. (22) BLAISE PASCAL: Le provinciali, quarta lettera. (23) Cass. 10 giugno 1949, n. 1436, in Riv. Respon. Civ, e Prev." 1950, pag. 68. ey -.55 IT H Di queste soluzioni e di questi elementi positivi e negativi della sentenza non per il caso di rallegrarsi o rammaricarsi eccessivamente. Essi non rappresentano nulla. di nuovo, nulla che garantisca che siano il risultato di un ripensamento, di un riesame completo della materia e che possano considerarsi, quindi, stabilmente acquisiti alla giuri sprudenza. Di fronte a tanto pullulare di opinioni probabili, il consiglio migliore quello di limitarsi alla pru dente obiezione che al buon, casuista oppose Louis de Montalte: Padre non pos~o prendere sul serio questa regola. Ohi mi garantisce che, nella libert che si prendono i vostri autori di esaminare le cose con la ragione, ci che appare sicuro ad uno debba apparire sicuro anche agli altri~ La diversit dei giudizi cos grande .......>> (24). ENRICO VITALIANI (24) BLAISE PASCAL: Le provinciali, quinta lettera NOTA Nel fascicolo di maggio 1955 de cc Il Foro Padano {I, 575), pervenuto quando i caratteri del presente nu mero della cc Rassegna '" erano gi stati composti, sono pubblicate le massime e buona parte delle motivazioni di due sentenze in argomento, pronunciate nel corso della stessa causa. La prima, della Corte di Cassazione (1), afferma: Nel giurlizio di liquidazione del danno, la competenza per valore non spetta allo stesso giurlice che ha accertato la responsabilit: pertanto, l'azione sul quantum debeatur, deve essere proposta innanzi al Tribunale, se rientra nella competenza di quest'ultimo, anche se il Pretore abbia deciso sull' an debeatur. La seconda sentenza, che quella cassata dalla Corte, del Tribunale di Roma (2) e contiene una pronuncia esattamente contrria: Nel giurlizio di liquidazione del danno, la competenza per valore spetta allo stesso giurlice che ha accertato la responsabilit: pertanto l'azione sul quantum debeatur non pu essere proposta innanzi al tribunale, se il pretore abbia deciso sull' an debeatur. Delle due decisioni appare indubbiamente pi corretta, per quanto concerne l'applicazione della norma particolare (art. 7 e segg. e non gi art. 14 Cod. proc. civ.), quella della Corte di Cassazione, che cos motivata: rinosciuto il potere dispositivo della parte di proporre separati giudizi, l'uno per l'accertamento della responsabilit e l'altro per la liquidazione del danno, ne consegue, che la competenza, sia per territorio che per valore, deve autonomamente determinarsi, a. norma delle disposizioni di cui agli artt. 7 e seguenti del Codice di procedura civile. La decisione della Corte, costituisce, tuttavia, un documento veramente notevole di angustia interpretativa. Enunciato il principio che precede, rimane, infatti, da dimostrare in che modo possa ammettersi, in base 'agli (1) Sez. III, 17 dicembre 1954, n. 4529; Petraccone, pres., Natale est., Marmo, p. m. (concl. conf.) Leardi (avv. Porreca; c .A.tac (avv. Biancini). (2) Sez. V, 13 febbraio 1954, Mazzieri, pres., Raspini, est., Leardi (avv. Porreca) c .A.tac (avv. Biancinl). artt. 7 e seguenti Codice procedura civile, la competenza del pretore a decidere sulla domanda di condanna generica al risarcimento. Competenza affermata a tutte lettere e senza perplessit nella sentenza, che, a differenza della precedente del 14 luglio 1953, non aveva modo di giustificarla argomentando che la .domanda generica al risarcimento di danni, proposta in via autonoma non altera il valore della causa risultante dagli altri capi di conclusione. La causa comportava, infatti, un unico capo di domanda, costituito dalla richiesta di condanna generica al risarcimento dei danni. necessario rilevare, inoltre, che l'affermazione della competenza pretorile nel giudizio di responsabilit non era neppure richiesta per la decisione della controversia, portata dinanzi ai giudici della Corte, i quali avrebbero potuto trincerarsi, e sarebbe stata la motivazione pi corretta, dietro gli effetti preclusivi e definitivi della sentenza del pretore, passata in giudicato. N la sentenza della Corte si da carico delle conseguenze inevitabili, che derivano dalle conclusioni accolte per l'intero sistema che regola la competenza per valore. Dalla massima in. essa affermata si evince, infatti, che nel nostro ordinamento processuale sarebbe possibile, in base ad una sentenza di condanna generica emessa dal pretore, e quindi anche dal conciliatore, chiedere nel successivo giudizio dinanzi al tribunale un risarcimento senza limiti di valore. In altri termini sarebbe possibile, attraverso il ~razionamento del giudizio in due fasi distinte, eludere tutte le norme di competenza per valore e pertanto, la famosa causa che l'Associazione Calcio Torino, intent contro la Societ Ali Flotte Riunite, a seguito della catastrofe di Superga, nella quale per l'intera squadra di calcio del Torino, ben avrebbe potuto essere instaurata dinanzi al giudice conciliatore. L'enormit di questa conclusione, che, qualora corrispondesse ad una retta interpretazione della legge, postulerebbe l'immediata presentazione alle Camere di un progetto di riforma del Codice di procedura civile, stata invece pienamente avvertita dai giudici del Tribunale di Roma. , Dalla motivazione della seconda sentenza emerge, infatti, chiaramente che i giudici hanno avvertito la necessit di un principio, sulla cui base fosse possibile salvaguardare il sistema che regola l'attribuzione delle cause in ordine al loro valore. Tale principio hanno ritenuto di far discendere dal fatto che fra le due domande esiste un rapporto di connessione che meglio si direbbe di progressione nel senso che la domanda di liquidazione costituisce il logico svolgimento di quella concernente l'accertamento. Pertanto: cc Non pu, quindi ritenersi, come invece assume l'attore, che il secondo giurlizio sia del tutto indipendente dal primo, e possa perci proporsi davanti a giurlice diverso. Una tale affermazione non pu essere fondata che su di un equivoco: quello di considerare il giurlizio relativo all'an bedeatur come diretto ad una declaratoria di astratta responsabilit per fatto illecito, a una declaratoria, cio che prescinda dalla sussistenza in concreto di un anno. vero invece che -anche a voler ritenere, conJ'a,ttore, che la azione diretta all'accertamento della responsabilit ._ sia un'azione di carattere meramente dichiarativo -la pronunzia sulla responsabilit per fatto illecito presuppone necessariamente l'accertamento di un danno. Ci, in quanto non vi pu essere fatto illecito, e quindi responsabilit per i m ]J i@fiifili!Ifil -56 tal fatto, se non si verificato un danno come conseguenza del fatto (art. 2043 Ood. civ.). Oosicch la domanda concernente l'an debeatur, anche se proposta autonomamente, pur sempre una domanda diretta all'accertamento di un danno, senza del quale non v' diritto al risarcimento. Esattamente, pertanto, l'art. 278 Codice procedura civile qualifica sentenza di condanna (generica) alla prestazione la pronunzia limitata all'an debeatur che, secondo lo stesso articolo, pu emettersi solo e quando gi accertata la sussistenza di un diritto. Orbene, se il giudizio sull'an debeatur un giudizio sulla sussistenza di un danno, e se il posteriore giudizio sul quantum non pu che riguardare la liquidazione del danno accertato nel primo, pu ben dirsi che oggetto dei due giudizi l'accertamento dello stesso danno, prima nella sua entit naturalistica, e poi nel suo valore monetario. In sostanza, giudizio sull'an e giudizio sul quantum come del resto avviene normalmente con la proposizione simultanea di due domande, sono due fasi complementari di un unico giudizio. Le ragioni per cui non possibile seguire nella sua tesi il Tribunale di Roma sono nelle pagine' che precedono. Il rapporto di connessione o, se si vuole, di progressione, che intercorre indiscutibilmente fra le due fasi del giudizio, di carattere sostanziale, riguarda l'oggetto dei due procedimenti, le questioni che si controvertono dinanzi al giudice: prima la responsabilit, poi la liquidazione del risarcimento; ambedue riguardanti un unico fatto dannoso. Ma, affinch da questa connessione di carattere sostanziale possano farsi derivare conseguenze processuali, sarebbe necessaria una norma, un principio, che non esiste nel costro ordinamento, il quale, come gi stato rilevato, si fonda invece sul principio opposto di autonomia del rapporto processuale da quello di diritto sostanziale che ne costituisce l'oggetto. Nella pubblicazione de cc Il Foro Padano, oltre la gi nota sentenza 14 luglio 1953 della Corte di Cassazione, sono indicate in argomento la sentenza 15 marzo 1954 del Tribunale di Roma (3), la quale si conforma al nuovo indirizzo segnato dalla Corte Suprema, ripro (3) Sez. V, Mazzieri, pres., Mirabile, est., Di Filippo (avv. Por reca) o .A.tao (avv. Marcello) in Diritto Automobilistico>, 1955, 113. ducendo testualmente la massima della setenza 14 luglio 1953, nonch la sentenza 29 dicembre 1954 del Tribunale di Torino (4), che tratta, per una questione particolare: azione intentata a norma dell'art. 96, Codice procedura civile per il risarcimento dei danni derivanti da lite temera:ria. Al fine di dare un'ida pi precisa dello stato di involuzione che l'uso acritico delle formule del massimario determina nella giurisprudenza, utile aggiungere, a questo punto, che la stessa quinta sezione del Tribunale di Roma, con sentenza 15 febbraio 1954 (5), ha respinto un appello, proposto dall'Avvocatura Generale dello Stato contro una sentenza per condanna generica al risarcimento, emessa dal Pretore di Roma (6). Appello fondato sugli argomenti, prospettati peraltro anche in primo grado, precisati nelle pagine che precedono. I giudici del Tribunale, non dissimulando un senso di fastidio per le questioni, peregrine a loro giudizio, solievate nell'atto di appello, hanno giudicato, con la ripetizione delle ben no~e formule (vedi nota 1), che se l'attore ha adito il Pretore, deve ritenersi che egli ha inteso limitare le sue pretese nei limiti di L. 100.000; e, siccome mai egli attore (erano davvero inequivocabili le massime della Suprema Corte regolatrice su questo punto!) avrebbe potuto chiedere in sede di liquidazione una somma superiore, ecco dimosr.rata l'inconsistenza delle doglianze defatigatorie, che la difesa della Pubblica amministrazione andava sollevando e riguardo alle quali il massimario non forniva, d'altra parte, il minimo lume. Se la sentenza fosse passata in giudicato, intentato dinanzi al Tribunale il giudizio di liquidazione per somma superiore, gli stessi giudici, adeguatisi successivamente al nuovissimo insegnamento, sarebbero pronti ora ad accogliere la domanda con una seconda decisione, motivata nel senso esattamente contrario. Ma la sentenza non passata in giudicato. La questione stata portata dinanzi alla Corte di Cassazione, la quale per la prima volta avr modo di esaminare il problema in tutti i suoi aspetti. E.V. (4) Roma, pres., Giuliano, est., Ombreaux, (avv. Maggiora) o. Costa (avv .A.gns) in Foro Padano " 1955, 508. (5) Mazzeri, pres., Iapiohino, est.; Amministrazione della Difesa Marina o. Ercoli (avv. Porreoa). (6) Sez. VI, 30 aprile 1953, pretore Lo Curzio; stesse parti. NOTE DI DOTTRINA ------------------------------------------------------------------------------------ WIDAR ESARINI SFORZA: Filo3ofia del Diritto, Giuffr, Milano, 1955. Nella considerazione comune la filosofia del diritto non occupa un posto di gran rilievo fra le scienze giuridiche e ci sul presupposto che essa priva di pratica efficacia, perch staccata in definitiva dal mondo reale dove il diritto vive e si estrinseca. Ed in effetti tale valutazione non del tutto priva di fondamento, in quanto trova la sua ragione prima nel modo di trattazione della materia; nel criterio che, in generale, regola quelle opere che si intitolano di Filosofia del Diritto. Tali trattazioni, in genere, si presentano con un carattere ibrido: non sono filosofia e neppure scienza propriamente giuridica: consistono esse in un coacervo di definizioni, in un affastellamento di problemi, i pi disparati, non connessi necessariamente fra loro, staccati anzi, o solo collegati in una visione pretesamente storica, che ha sapore per contro prettamente cronachistico. Alla filosofia del diritto, cio, toccata la stessa sorte che alla pedagogia, come scienza a s. Anche quest'ultima, infatti, o si risolve totalmente nella filosofia ed allora filosofia, ovvero si dimostra come una pseudo scienza, un miscuglio di concetti e classificazioni empiriche. In sostanza, dinanzi a certe trattazioni di filosofia del diritto c' da chiedersi quale giustificazione esse abbiano, quale utilit, anche intesa in senso meramente teoretico, possano avere per coloro che del diritto hanno fatto una ragione di vita e ad esso dedicano tutta la loro migliore attivit. A tale interrogativo non c' risposta; se non forse quella che quei libri servono ai loro autori come titolo per ottenere una cattedra universitaria. Tale giudizio negativo, che ormai entrato nel comune convincimento, trova la sua migliore conferma, a contrasto, nell'opera di recente pubblicata dal prof. Cesarini Sforza, docente di filosofia del Diritto presso l'Universit di Roma. Si tratta di un breve e solido lavoro, che dimostra ottimamente, nel fatto, che la filosofia del diritto e deve essere anzitutto filosofia. L'opera intitolata: Filosofia del Diritto; ma potrebbe benissimo recare come titolo quello di Filosofia della Pratica, o di Dialettica del Volere. Si tratta, cio, di un lavoro non di filosofia del diritto (di quella scienza, cio, che abbiamo definito ibrida), ma di filosofia bella e h1;wna. In esso non si troveranno, quindi, quei problemi che finora hanno costituito il bagaglio polveroso, il tema d'obbligo, dei trattatisti della materia; come, i rapporti fra diritto e morale, se il diritto abbia un fondamento naturale, ecc.; n tantomeno dissertazioni di carattere pseudo-storico; come : i sofisti hanno detto, Platone ha sostenuto, ma .Aristotele ha affermato, ecc., giungendo cos di parola in parola fino ai moderni epigoni. L'opera invece saldamente ancorata ad un maturo pensiero filosofico; le tesi, che non trovano la loro giustificazione dall'esterno, ma la hanno invece in s, si snodano necessariamente, speculativamente, cio, l'una dall'altra, formando un tutto, in cui ciascuna delle parti trova rispondenza nelle altre . . ' " fino ad elevarsi a sistema, ad avere, cio, la forma necessaria del pensamento filosofico. Ed il tutto sorretto da una visione storicistica dei problemi, anche se alla parte storico descrittiva l'A. non ha dato gran risalto, limitandosi, laddove l'affermazione di una tesi lo richiedeva, a porre in luce i necessari riallacci storici. Ma che il pensiero dell'A. tragga origine e si muova nell'ambito dello storicismo, e cio della pi profonda visione filosofica che il nostro tempo abbia espressa, risulta chiaro dalla impostazione dei problemi, dai presupposti speculativi, che anche se inespressi regolano di se tutta la materia; e in modo forse pi appariscente, dal tono pacato, che l'espressione immediata della visione storicistica delle cose, col quale anche i problemi pi vivi e pi scottanti della dialettica giuridica sono affrontati. Si veda ad es.: l'ultimo capitolo intitolato: Le-. galit e giustizia , ove con poche e semplici parole trova la esatta formulazione e soluzione quello che per molti giuristi costituisce un problema angoscioso e cio, la crisi del diritto . N la semplicit, o addirittura la ;povert della espressione (la dizione non ha, come ovvio, un carattere reprobativo, ma, per converso, elogiativo, perch significa difetto di retorica), pu trarre in inganno facendo credere ad una sorta di estraneit dell'A. nei confronti degli aspetti drammatici che il diritto pu offrire. Il fatto che egli tende alla comprensione dei fenomeni, e belli o brutti che ad altri possano apparire, li considera in s, con quel distacco e con quella serenit, che il pensiero ha dinanzi alle manifestazioni spirituali che ha fatto oggetto di s stesso. La consapevolezza, cio, dei termini dei vari problemi, che non sono sempre e solo prettamente giuridici, ma che si svelano spess~ come etico-poli tici, non induce l'A. a manifestazioni ed espressioni pessimistiche od ottimistiche; appunto perch egli ha la consapevolezza, diciamo pure rassegnata, ma chiaroveggente che se tale e non altra la dialettica ~ di un momento dello spirito, vano contro di essa accasciarsi o ribellarsi; per cui nostro unico dovere quello di intenderla perch solo cos possiamo farla nostra e superarla. E questa pacatezza di w mwww:. -DB linguaggio che, ripetiamo, riflette pienamente la serenit dell'atto del comprendere, ci si manifesta in ogni parte del lavoro, che assume perci un andamento staccato ed obiettivo. Il libro, come lo stesso .A. avverte, non nato di getto, ma trae la sua origine da studi precedenti e soprattutto dai corsi tenuti nell'Universit di Roma (chi scrive segui uno di quei corsi e ne ha riportata impressione incancellabile); conserva, quindi, come il Cesarini Sforza nota, un certo carattere scolastico, che appare forse evidente solo in alcune definizioni. In esso ha risalto, perch ne costituisce la tesi fondamentale ed originaria dalla quale tutte le altre discendono, il concetto moderno dello spirito come libera creativit; dello spirito concepito come fare, che non trova cio un limite nella realt o nelle cose poste come preesistenti, ma che pone s stesso e le cose, e sempre le supera, trovando in s l'origine e la giustificazione del tutto. Da tale posizione nettamente filosofica (l'.A. si richiama a Vico, a Kant, ai grandi idealisti tedeschi dell'ottocento, nonch ai moderni maestri dell'idealismo, Croce e Gentile), discendono l'ulteriore tesi del diritto come momento dialettico della volont, come dialettica del volere, distinto ed insieme unito al momento del pensiero; e tutte le successive tesi cb,e sono lo sviluppo necessario, speculativamente necessario, e l'articolazione, condotta al particolare, della tesi principale: la socialit e la sua duplice forma; la norma giuridica; il principio della autorit e quello di propriet; la distinzione, cosi usuale ma cosi malferma nella sua formulazione teorica, fra diritto pubblico e diritto privato, che qui limpidamente posta; il rapporto giuridico nei suoi polivalenti aspetti; il diritto soggettivo; il torto e la sanzione; il rapporto processuale inteso come giudizio, ecc. Non sembra opportuno n tantomeno possibile esaminare partitamente lo sviluppo dell'opera. Una volta che si sia fissato il concetto informatore di un lavoro, il compito del recensente pu considerarsi terminato. D'altro canto non si potrebbe n si saprebbe fare meglio, in questo caso particolare, di quello che lo stesso .A. ha fatto, cosicch nella migliore delle ipotesi si finirebbe per parafrasare il testo originario, il che non sembra per vero una utile o intelligente fatica. C' solo da augurarsi, quindi, che le presenti brevi note suscitino nel lettore il desiderio di conoscere direttamente l'opera, il che sarebbe poi un effetto non piccolo. Piuttosto ci sia consentita una osservazione che v.uole esprimere un dubbio di carattere teoretico. Essa attiene alla definizione ed alla distinzione che l'.A. ha posto fra principio costitutivo e principio regolativo del diritto. Non si vuole certo affermare che le definizioni o fo distinzioni debbano essere abolite. Definire significa distinguere, e distinguere significa pensare; perch non si pu pensare che distinguendo, e non si pu distinguere che pensando. Ma la distinzione cosi come posta suscita perplessit. La definizione di principi regolativi stata adottata per indicare il principio ispiratore, il criterio determinante di un dato ordinamento giuridico. Ci si riferisce, cio, ad una fase determinata, positiva cioe storica, e si fanno in essa rientrare tutte le concezioni generali etico-politiche che sono la espressione mediata o immediata delle concezioni filosofiche e delle credenze di un popolo in un particolare momento della sua vita storica. La definizione, cio, risponde 'ad un reale contenuto ed perspicua e chiara, si da non ingenerare dubbiezze. La definizione di principio costitutivo del diritto, che posta quasi a contrasto con quella di principio regolativo (sulla distinzione e differenziazione si insiste da parte del'.A.), stata invece adottata per significare la ragione dell'ordine giuridico, la fonte el'origine prima di ogni ordinamento gimidico; sta a rappresentare, cio, la esigenza fondamentale, la legge prima ed essenziale della attivit dello spirito per cui il diritto viene creato, ossia le azioni umane sono pensate normativamente o secondo norme. In altre parole principio costitutivo viene a significare il criterio filosofico che regge e regola la indagine Slla natura del diritto, sul posto che il diritto occupa nella vita dell'universo spirituale. appunto questa definizione e la distinzione nei confronti dell'altra definizione che fa nascere perplessit e dubbi. Ci sembra che si possa parlare, cio, di principi regolativi, perch cosi facendo ci si riferisce ad un dato di carattere storico, limitato nel tempo e nello spazio, contingente, cio, perch non assoluto, anche se generale. Ma pu parlarsi di principio sia pure costitutivo riferendo l'espressione ailla indagine filoso:ficaf Questa, e cio il pensiero che pensa, non solo non principio, al modo che si vuole intendere, ma non ammette neppure alcun principio; l'attivit che pone le cose ed afferma, se cosi si vuole, i principi, e come tale inattingibile perfino a se stessa, perch, sempre, allorch si crede di averla appresa, si dileguata. Ed ancora: dov' il rapporto di distinzione, sia pure solo su un piano teoretico, fra il princir.io regolativo e quello costitutivo del dirittof L'uno un contingente, transitorio aspetto della infinita vita spirituale; l'altro il pensiero che il diritto pensa e coglie nella attivit stessa dello spirito, e che se pensa non pu pensare che la verit. Ladefinizione, crediamo, va intesa solo in senso storico, in sede, cio, di storia della :filosofia, sia pure di filosofia del diritto, allorch si voglia indagare, ad esempio, quale fu il concetto del diritto presso i neo-platonici o nella filosofia tomistica. Ma non sembra che possa tenersi ferma e valida nella attualit del pensiero che pensa e teorizza il momento del diritto. N potrebbe obiettarsi che con la definizione di principio costitutivo ci si voluti riferire non gi alla attivit pensante, mentre pensa ed in atto; ma al prodotto di quella stessa attivit, al risultato che da quella attivit consegue. Una tale obiezione avrebbe solo apparentemente validit, dato che il pensiero ha valore solo nell'atto del pensare, mentre pensa, e non gi fuori di se stesso; ed un filosofema intanto valido, in quanto r~al:rp.ente pensato, , cio, nella attualit del pensiero; fori di questo solo un fiatus vocis. Dall'aver posta la definizione di principio costitutivo e la distinzione fra principio costitutivo e principio regolativo, discende, crediamo, l'affer -59 mazione (che non possiamo condividere) che il Croce abbia negato l'esistenza nella vita dello spirito di un principio costitutivo del diritto e, quindi, che sia possibile fare della filosofia intorno al diritto. Nella sua Filosofia della Pratica, Economica ed . Etica il Croce, ci sembra, non solo ha filosofato a lungo e con ansia, direi, proprio su quel tema; ma ha posto per primo con limpida chiarezza proprio quello che l'A. definisce principio costitutivo del diritto. Riducendo il concetto del diritto sotto il concetto della economia, della vitalit, della volont, come momento di una delle forme o gradi dello spirito, quella pratica, egli non ha fatto altro appunto che indagare e fissare quale sia l'origine del diritto, la sua natura, il posto che occupa nella economia dell'universo spirituale; quale fondamento abbia, in una parola. Ha, cio, fatto filosofia intorno al diritto; dato che non crediamo che possa altrimenti definirsi quella indagine, n ci sembra, che esista altro mod (e ne chiamiamo a teste pro'prio il Cesarini Sforza) di pensare intorno ad una manifestazione dell'attivit dello spirito. Ci si potr obiettare che quella indagine filosofia e non gi filosofia del diritto; ma a tale obiezione si pu rispondere facendo notare che non esiste una filosofia staccata e separata dalle altre, prima delle altre o sopra le altre;. ma che esiste la filosofia, che secondo l'interesse preminente della ricerca sar . l'estetica, se indaga il problema dell'arte; la logica, se indaga il concetto; l'etica, o la filosofia della pratica, se far oggetto della sua ricerca la forma pratica dello spirito; ma sempre e solo filosofia. Nello stesso modo per cui abbiamo ritenuto filosofia l'opera pubblicata dal Cesarini Sforza, che possiamo pure in omaggio dell'illustre A. chiamare filosofia del diritto; cos ci sembra che possa chiamarsi filosofia del diritto l'indagine che il Croce fece ed espresse nel suo libro sulla Filosofia della Pratfoa. ben vero che il Croce si limit solo a fissare il concetto fondamentale del diritto, a stabilire che cosa fosse o rappresentasse il diritto, senza scendere ad un esame particolareggiato della dialettica pratico-giuridica, come invece ha fatto il Cesarini Sforza; ma ci sembra, purtuttavia, che quanto meno ai fini che egli si proponeva col suo lavoro, lo scopo che egli perseguiva fu pienamente raggiunto. Ma questo discorso ci condurrebbe troppo lontano, senza considerare che non questo n illuogo n il momento per una trattazione completa ed adeguata dell'argomento, che rimandiamo, quindi, se sar possibile, ad altro tempo. Quello che conta, come gi s' fatto notare, che ci troviamo di fronte ad un lavoro che possiamo pure denominare di IJ'ilosofia del .Diritto, ma che , e questo ci sembra il suo intrinseco valore e il suo maggior pregio, vera e propria filosofia. Ne diamo quindi notizia, con quel piacere e con quella soddisfazione che si accompagnano all'apparire di un'opera dell'ingegno, nella cerchia dei pratici, ai quali non spiacer di vedersi stimolati, pur trovandosi immersi nelle dure battaglie del diritto, a rivedere teoricamente le proprie posizioni, riacquistando, cos, una nuova consapevolezza di ci che costituisce il loro tormentoso quotidiano lavoro. FRANCO CASAMASSIMA A. ZEMA: Natura giuridica del Capitolato generale per l'appalto dei lavori del Genio militare con particolare riferimento agli articoli 5 O e 46 ( Giur. It. , 1955, IV, 49). L'A. prende lo spunto da un lodo arbitrale di cui stato estensore e che egli ritiene inedito (men- tre invece stato pubblicato sulla rivista cc Acque, Bonifiche e Costruzioni, 1954, p. 86 e segg. e sulla rivista cc Giurisprudenza delle Opere Pubbliche , 1953, 163 e segg.) per compiere un rapido excursus nella tormentata materia della natura giuridica dei capitolati generali d'oneri per i contratti della Pubblica Amministrazione, con particolare riferimento al Capitolato generale di appalto per i lavori del Genio militare. Lo Zema sostiene che questo capitolato generale, e in genere tutti i capitolati generali d'oneri, non contengono norme di diritto obiettivo, perch non sono n leggi formali, n norme aventi efficacia di legge, n regolamenti governativi e nemmeno regolamenti ministeriali. Per quanto riguarda poi il Capitolato in esame che secondo l'A. fu cc emanato dalla allora Ministro della Guerra (ora della Difesa) nessuna legge ne ha autorizzata la emanazione, s che non potendo esso assurgere alla dignit di un regolamento autorizzato, cc resta nella comune categoria di atti di volont del Ministro, che, imposti all'osservanza degli organi e uffici dipendenti, per via del.vincolo gerarchico, non possono imporsi, ex sese, ;:i,i terzi . A questo punto, l'A. si accorge che il Capitolato in questione stato emanato con decreto reale e non con decreto ministeriale, ma gira disinvoltamente l'ostacolo affermando che questo fatto non deve impressionare che, anzi, cc l'essersi ritenuta necessaria l'approvazione del Capo dello Stato conferma che il regolamento mancava nella necessaria particolare autorizzazione legislativa: sarebbe stata quanto meno ..... una superfluit approvare un atto gi autorizzato >>. Stabilito cos che cc il Capitolato generale ..... non si inquadra in nessuna delle fonti di diritto indicate agli articoli 1, 2, 3 delle preleggi , l'A. ne deduce che la norma dell'art. 50 la quale dispone che le cc riserve o. domande dell'impresa relative all'appalto..... saranno preliminarmente esaminate in via amministrativa, non norma obiettiva di diritto e pu essere obbligatoria per l'appaltatore solo se stata da lui accettata come norma contrattuale. E questa accettazione dev'essere specifica e fatta per iscritto e ci in applicazione del capoverso dell'art. 1341 del Codice civile. Uguale soluzione lo Zema adotta per quanto riguarda la norma dell'art. 46 del Capitolato generale in questione, articolo che, com' noto, riproducendo quasi letteralmente l'art. 40 del Capitolato generale di appalto delle opere dipendenti dal Ministero dei Lavori Pubblici limita la responsabilit dell'Amministrazione per il ritardo rn~i pagamenti alla corresponsione all'appaltatore dell'inte-resse annuo del 5 % sulle somme dovute a decorrere da tre mesi dopo la data della registrazione alla Corte dei Conti del decreto di approvazione dell'atto di transazione oppure da tre mesi dopo la data della regolare notificazione della sentenza arbitrale. -60 - Il lodo arbitrale commentato dallo Zema, pur facendo richiamo, per sostenere l'inapplicabilit dell'art. 50 del Capitolato, agli argomenti esposti nell'articolo sopra riassunto, adduce, peraltro, una ulteriore e decisiva ragione: quella che l'Amministrazione non ha mai risposto alla regolare diffida fatta. dall'Impresa per ot.tenere la preliminare decisione amministrativa sulle sue riserve. E diciamo ragione decisiva in quanto il silenzio cos qualificato doveva, per i. noti principi affermatisi in sede di giustizia amministrativa, ritenersi come aventi gli stessi effetti di una decisione contraria. Questo spiega perch il lodo non stato impugnato, come invece si sarebbe fatto se gli arbitri avessero adottato solo le ragioni esposte dall'A. Per quanto riguarda, invece, la questione della applicabilit dell'art. 46, anche il lodo, per condannare l'Amministrazione a danni .ulteriori, ha purtroppo adottato le stesse ragioni esposte nell'articolo dello Zema, ma anche su. questo punto ness1J,na reazione stata possibile da parte dell'Amministrazione in quanto, in forza dell'art. 59 del Capitolato generale il lodo arbitrale non soggetto n ad appello n a ricorso per Cassazione, e come noto, la giurisprudenza ,ha ritenuto che questa disposizione, identica a quella del Capitolato generale di appalto per i lavori pubblici, esclude anche l'impugnativa per nullit prevista dall'art. 829 del Codice civile quando il lodo sia viziato da sola inosservanza delle regole di diritto. Ci premesso, allo scopo di chiarire i motivi per cui l'Amministrazione stata costretta ad accettare il lodo in questione, ed osservato, altres, che anche questo episodio costituisce una ulteriore, prova della assoluta necessit per lo Stato di evitare di sottoporre le controversie riguardanti i lavori e le forniture, e tutte le vertenze in genere, al giudizio di arbitri inappellabili, riteniamo opportuno formulare alcune brevi osservazioni intorno alle tesi sostenute nel suo studio dallo Zema, soprattutto per impedire che qualcuno possa credere che esse rappresentino il frutto di una meditata e .completa elaborazione di tutta la giurisprudenza e dottrina in materia. La verit sta, invece, nel contrario. Lo Zema non si cura affatto di far conoscere che la Suprema Corte di Cassazione, dopo alcune oscillazioni, ha finito col tornare alla vecchia teoria, da essa sempre seguita fino agli anni anteriori all'ultima guerra, secondo la quale le norme dei capitolati generali sono norme di diritto obiettivo e non norme contrattuali. (Per una completa esposizione sull'argomento rinviamo alla nota del prof. Giannini, in cc Acque, Bonifiche e Costruzioni , 1954, p. 256, nella quale il Giannini d atto del consolidamento dell'attuale orientamento della Corte Suprema, sia pure esprimendo il suo dispiacere di autorevole sostenitore della tesi contraria). Tanto meno lo Zema si cura di far conoscere quale sia lo stato della giurisprudenza sulla questione dell'applicabilit, non solo alle norme dei capitolati generali di appalto, ma in genere a tutti i contratti della Pubblica Amministrazione della disposizione dell'art. 1341 del Codice civile. In proposito rileviamo che una recente sentenza n. 317 4 del 1954 in causa Colabucci c. Ministero dei Lavori Pubblici ha esplicitamente affermato che cc la disposizione di cui al 2 comma del citato articolo 1341 Codice civile, concernente, com' noto, la necessit della specifica approvazione per iscritto delle condizioni e patti contemplati in detto articolo, non si applica alle clausole compromissorie inserite in un contratto di appalto di .opera pubblica, in quari,to tale clausola deriva la sua efficacia oltre che dalla volont negoziale espressa dalle parti contraenti, dall'art. 42 del Capitolato generale per le opere pubbliche, che, con la imperativit propr'ia di una norma di diritto obiettivo, impone la inserzione della cennata clausola in ogni contratto di appalto in cui contraente sia la Pubblica Amministrazione . Questa sentenza non fa che confermare integralmente quanto gi la stessa Corte Suprema aveva affermato con una sua precedente sentenza n. 1808/52 in causa Ditta Pace c. Comune di Pacentro, pubblicata in questa Rassegna, 1952, p. 225 e segg., con ampia nota di richiamo. Siwcessivamente con sentenza n. 4190 del 30 ottobre 1954 in causa Ditta Aimone c. Ferrovie dello Stato, la Suprema Corte ha affermato che cc le norme contenute negli articoli 1341 e 1342 del Codice civile non trovano applicazione nei contratti stipulati dal privato con la Pubblica Amministrazione n senza alcuna limitazione. Ed infine, per quanto riguarda in particolare la obbligatoriet dell'art. 40 del Capitolato generale di appalto per i lavori pubblici, identico all'art. 46 del Capitolato generale di appalto per i lavori del Genio militare, la stessa Corte Suprema con sentenza n. 3759 del 16 ottobre 1954, in causa Trischitta c. Comune di Messina, ha affermato che cc i diritti e i doveri .delle parti dopo il collaudo, salvo gli effetti particolari di tale negozio, traggono sempre la loro origine dal rapporto di appalto e restano quindi regolati, oltre che dal contratto e dalle norme legislative in materia, dai capitolati di appalto legalmenfe approvati ed aventi forza di legge e, quindi, anche dalla norma fondamentale dell'art. 40 del Capitolato generale dei lavori pubblici, secondo la quale il ritardo nei pagamenti non d diritto all'appaltatore di pretendere alcun altro indennizzo che non sia quello degli interessi previsti dalle norme regolamentari n. Come si vede, ce n' a sufficienza per poter aff ermare che, per confutare tutte queste autorevoli affermazioni giurisprudenziali lo Zema aveva bisogno di molto pi che un breve articolo, tanto pi che in esso non si spiega come gli arbitri non si siano curati di vedere se per caso l'art. 1341 Codice civile non fosse applicabile anche per escludere la loro competenza a decidere. Sembra, infatti, evidente che o la clausola compromissoria si ritiene stabilita con norma di diritto obiettivo e allora doveva essere applicata nella sua interezza e cio con la limitazione disposta nell' articolo 51 del Capitolato (di questo articolo lo Zema non parla affatto n nel lodo, n dello studio) secondo il quale cc nei contratti di lavoro, le controversie tra le Amministrazioni e l'appaltatore di cui al precedente articolo non risolute in via amministrativa (se.: quelle per le quali si era seguito invano il procedimento stabilito nell'art. 50) saranno deferite al giudizio di arbitri ; o, invece, si ritiene che lf! cl!l-usola compromissoria derivi da contratto e allora, anch-in questo caso, o bisogna prenderla per tutto quello che dice o bisogna escluderne l'applicabilit interamente in forza del citato articolo 1341 Codice civile. Ma quello che ci sembra impossibile servirsi di questo -61 articolo solo per modificare la clausola compromissoria a favore dell'appaltatore. Senza contare che, se si diffondesse tra gli arbitri, oltre le molte altre tesi stravaganti contro l'Amministrazione, anche questa di decidere controversie per le qu,ali non si sperimentata la via amministrativa (occorre rilevare, peraltro, che gli arbitrati per i lavori pubblici seguono la tesi opposta -si veda per tutte il lodo arllitrale pubblicato in (( Acque, Bonifiche e Costruzioni ))' 1952, p. 324 e segg. con nota di llfotteucci), il funzionamento della macchina amministra tiva in un campo cos delicato sarebbe addirittura reso impossibile. Tuttavia, chiaro che l'emanazione di lodi arlJitrali del tipo di quello in esame, e soprattutto la pubblicazione di studi giuridici in appoggio a .tesi cos audaci, convincono sempre pi della necessit di una radicale revisione del sistema di risoluzione delle controversie in materia di pubblici appalti e forniture, per renderlo adeguato agli interessi, non solo degli appaltatori, ma anche e soprattutto dell' A mministrazione PublJlica e cio di tutti i contribuenti. RACCOLTA DI GIURISPRUDENZA ANTICHIT E BELLE ARTI -Legge 1 giugno 1939, n. 1089 -Premio allo scopritore di cose di interesse storico ed artistico ed al proprietario del fondo, ove avviene il rinvenimento. (Corte di Cass., I Sez., Sent. n. 3623/54 -Pres.: Acampora; Rel.: Siciliani; P. M.: Fragali (conci. conf.) :-Castellucci, Peruzzini c. Ministero Pubblica Istruzione). Il cc premio stabilito dall'art. 49 della legge 1 giugno 1939, n. 1089, a favore dello scopritore di cose di interesse storico e artistico, nonch del proprietario del fondo, ove avviene il rinvenimento, ha carattere di indennizzo. La concessione di detto premio, conseguentemente, non subordinat?, alla condizione che gli aventi diritto abbiano ottemperato all'obbligo della denuncia alla .Autorit competente. Oon la sentenza n. 3623/54 la Oorte Suprema, attraverso uno strano raffronto tra le norme della legge speciale e quelle del codice, ha finito per conferire carattere di indennizzo al premio stabilito dall'art. 49 della legge 1 giugno 1939, n. 1089, a favore dello scopritore di cose di interesse storico o artistico e del proprietario del fondo, ove avviene il rinvenimento. E tale specifico carattere la Suprema Oorte ha pi particolarmente fatto derivare dalla circostanza che, dichiarandosi l'appartenenza allo Stato di cose che diversamente per il sistema della legge comune, sarebbero appartenenti al proprietario ed allo scopritore, a costoro si sarebbe inteso attribuire una riparazione per il sacrificio che il -loro diritto viene a subire nell'interesse della generalit. Da queste premesse la Oorte ha tratto la conseguenza che non potrebbe dalla mancata denuncia farsi derivare la perdita del premio, cos come invece dalla difesa dello Stato si era sostenuto -e con esito favorevole nei precedenti gradi processuali -con perfetta aderenza allo spirito ed alla lettera della legge speciale, ove la concessione del premio deve intendersi subordinata all'esatto adempimento, da parte degli aventi diritto, dell'obbligo della denuncia alla competente Autorit. In realt la Suprema O orte non ha tenuto conto che il premio, di cui parla la legge speciale, non ha affatto carattere di indennizzo. La legge ha appunto inteso premiare i proprietari e gli scopritori fedeli. D'altro canto il richiamo espresso che nella legge comune fatto alla legge speciale, dimostra che soltanto questa che regola la materia. E la legge speciale postula il principio dell'appartenenza allo Stato delle cose di interesse storico ed artistico. Non pu infatti, mettersi in dubbio la propriet ope legis ed a titolo originario degli oggetti artistici rinvenuti. Il diritto dello Stato sul sottosuolo archeolo gico deriva inequivocabilmente dal vigente ordinamento che ha abolito la confisca delle cose rinvenute nel sottosuolo, e tale diritto ha attribuito allo Stato, come diritto originario, in vista della funzione svolta dallo Stato medesimo, nell'interesse della generalit. Del resto, le disposizioni relative al ritrovamento in genere degli oggetti di interesse storico o artistico stabiliscono espressamente che questi oggetti appar tengono allo Stato. cc Le cose ritrovate appartengono allo Stato , stabilisce l'art. 44 e l'art. 46 lo riafferma, mentre l'art. 49, che pi direttamente interessa il caso di specie, dispone ancora che cc le cose scoperte fortuita mente appartengono allo Stato (v. pure art. 47 e 67). E se l'acquisto allo Stato delle cose di cui si discute a titolo originario, d'altro canto la natura del pre mio a favore del proprietario perfettamente iden tica a quella del premio a favore dello scopritore. Stabilisce l'art. 49 che cc allo scopritore corrisposto dal Ministero, in denaro o mediante rilascio di una parte delle cose scoperte, un premio che in ogni caso non pu superare il quarto del valore delle cose stesse. cc Eguale premio spetta al. proprietario della cosa in cui avvenne la scoperta . Ora da notare che la disposizione parla di proprietario della cosa e cio del fondo in cui avrenga la scoperta, mentre se fosse esatta la tesi seguita dalla Suprema Oorte, la legge avrebbe parlato pi semplicemente di proprietario delle cose scoperte e in ogni caso non avrebbe equiparato il premio a favo re dello scopritore con quello a favore del proprietario. Di fronte allo Stato, il proprietario del fondo, 011e avviene il rinveniment e lo scopritore stanno sulla stessa linea ed hanno parit di dirWi, in relazione al premio stabilito dalla legge. Ma non basta: gli stessi sono ancora in parit assoluta rispetto all'obbligo della denuncia all'Auto rit competente. Ed invero, la materia degli scoprimenti fortuiti regolata dagli artt. 48, 49, 50 e 69 della legge spe ciale. E mentre l'art. 48 tratta degli obblighi circ1JJ la immediata denuncia della scoperta e della conser vazione delle cose rinvenute, l'art. 49, dopo avere affermato che queste cose appartengono allo Stato, provvede in ordine ai premi da corrispondere dallo Stato medesimo. Ora, nel primo dei due suddetti articoli l'obbligo della denuncia posto a carico dello scopritore, come di ogni detentore. Ed in questa espressione generica non pu non essere compreso anche il proprietario del fondo, ove il proprietario stesso, come appunto si verificava nel caso concreto, sia egli stesso detentore degli oggetti artistici scoperti nella sua propriet. -63 Se l'acquisto a favore dello Stato degli oggetti di cui si discute, avviene ope legis ed a titolo originario, ei1idente che rispetto a questi oggetti il proprietario del fondo, ove avvenuta la scoperta, non pu trovarsi in altra situazione giuridica se non quella di semplice detentore. Per cui il legislatore non ha ritenuto necessario di menzionare espressamente nello art. 48 il proprietario, il quale si confonde, ai fini della legge, con qualsiasi altro detentore. solo nell'art. 49, invece, che necessario parlare espressamente del proprietario del fondo, in relazione al premio che deve essergli corrisposto dallo Stato, perch, rispetto a questa seconda disposizione, proprio nella sua qualit di proprietario che egli viene preso in considerazione. Inoltre la legge ha inteso porre un presupposto essenziale ed una condizione necessaria e f ondamentale che subordina il diritto alla percezione del premio, all'osservanza perfetta degli obblighi che sono imposti allo scopritore, come al detentore, in ordine alla denuncia della scoperta e alla conservazione dei beni scoperti. In sostanza le due norme, rispettivamente racchiuse negli artt. 48 e 49, non possono essere considerate separatamente. Le stesse sono in stretta connessione e correla.zione in quanto attuano e completano la disciplina degli scoprimenti fortuiti, armonizzandosi e completandosi fra di loro, di guisa che l'art. 49 costituisce il conseguente logico e lo sviluppo dello art. 48. L'obbligo della de.nuncia imposto dalla legge (art. 48 legge 1 giugno 1939, n.1089) cos allo scopritore che ad ogni detentore degli oggetti ritrovati, i quali apparten,gono allo Stato (artt. 44, 46, 47, 49 e 67 della legge e art. 624 cod. pen. ). Il mancato diritto al premio non costituisce affatto una sanzione penale (le sanzioni sono, infatti previste in altra parte della legge: art. 58 e segg.), ma la necessaria conseguenza del mancato presupposto e della mancata condizione del diritto stesso, ossia il volontario adempimento degli obblighi derivanti dal ritrovamento o dalla detenzione degli oggetti in questione. Da questo unico fatto giuridico -ritrovamento derivano le due conseguenze giuridiche intimamente connesse dell'obbligo della denuncia e del diritto al premio; evidentemente assurdo ed antigiuridico che l'una conseguenza possa verificarsi indipendentemente ed anzi in contrapposizione all'altra. In caso di mancata ottemperanza all'obbligo della denuncia non si tratta di perdita del premio, ma di inesistenza del diritto al premio. Del resto da escludere che due ipotesi diametralmente opposte -denuncia del ritrovamento e tentativo di sottrazione -possano avere lo stesso trattamento giuridico: diritto al premio. Anche a voler prescindere dallo stesso significato della parola premio, una siffatta interpreta.zione contrasta con il fine della legge, che quello di indurre alla denuncia, ed importerebbe, invece, il risultato del tutto opposto, di distogliere cio dalla denuncia, se, dopo essersi tentata l'appropriazione, fosse possibile conseguire egualmente ed esattamente quanto spetta in caso di denuncia. T. L. G. COMPETENZA E GIURISDIZIONE -Azione possessoria -Controversia fra privati -Riflessi su provvedimento amministrativo -Improponibilit -Art. 4 Legge 20 marzo 1865, n. 2248, all' E. (Cass. Sez. Un., sent. n. 3898/54; -Pres: Acampora; Rei.: Celentano; P. M. Pafundi (conf.) -Amministr!'tzione Difesa.-Aeronautica, Cupolo, Soc. Marmorelle, Brandizzi). .Anche nelle competizioni fra privati deve essere dichiarata improponibile l'azione possessoria, allorquando, con l'accoglimento dell'azione stessa, si viene a revocare o a modificare un atto o un provvedimento legittimamente emanato dalla P . .A., di cui il comportamento, denunziato quale spoglio o turbattiva, costituisca esecuzione. L'appaltatore dei lavori di sistemazione di un terreno occupato dall'.Amministrazione, a termini dell'art. 71 della legge sull'espropriazione per p. u., un semplice detentore in nome della P . .A; medesima -sia pure per interesse proprio -e come tale non qualificato ad agire tn manutenzione. La prima massima conseguente al costante insegnamento della Corte Suprema circa l'improponibilit della azione possessoria nei confronti della P. A. Derivando tale improponibilit dal principio racchiuso nell'art. 4 della legge sul contenzioso amministrativo, che vieta alla A.G.O. di revocare o modificare l'atto amministrativo, evidente che la predetta improponibilit sussiste anche nelle controversie fra privati sempre che l'azione abbia come obiettivo diretto o indiretto, o anche come semplice effetto, la. revoca o la modifica di un atto della P. A. Perch anche in questo caso dare ingresso a tale azione implicherebbe violazione del principio fondamentale racchiuso nell'art. 4 della legge del 1865. In caso di specie si presentava singolare: venuto a mancare. lo scopo (costruzione di un campo di volo )per il conseguimento del quale era stato occupato d'urgenza un fondo privato, l'Amministrazione dell'Aeronautica, con regolare verbale, riconsegnava il fondo stesso ai proprietari. Contro diquesti ultimi insorgeva, con azione di manutenzione del possesso, l'appaltatore, al quale erano state affidate -subito dopo l'occupazione suddetta _:.___ le opere di sistemazione del terreno. La azione era poi integrata verso l'Amministrazione. Non potendo prescindere dalla circostanza pacifica fra le parti -che i proprietari avevano fondata la loro richiesta di sgombero sul verbale di riconsegna intervenuto con l'Amministrazione, l' ap paltatore aveva sostenuto -e con fortuna nei precedenti gradi del giudizio -che la dedotta tr bativa ripeteva la sua origine. solo indirettamente dallo atto amministrativo, in quanto questo avrebbe avuto funzione limitata, di semplice concorso, essendo esso attinente non al corpus, ma unicamente allo elemento formle, quale dirimente dell'animus turbandi addotta dagli autori della molestia. Ohe, stante, perci, siffatta funzione meramente occasionale del l'atto amministrativo non altro occorreva che la sola declaratoria della sua illegittimit e non anch della sua revoca. Al riguardo ha rilevato la Corte che << a parte che l'assunto formale nella turbativa requisito altret tanto essenziale di quello materiale per l'esercizio dell'azione di manutenzione, il Tribunale non tenne :::;:: -64 conto che l'oggetto dell'azione di manutenzione andava rinvenuto unicamente nella richiesta di essere mantenuto nel possesso del fondo, non solo nei confronti dei proprietari, quali autori della turbativa, ma della stessa Amministrazione, a tale precipuo scopo chiamata ad intervenire (per essere rilevato, come il Cupolo si espresse, dalla molestia) la illegittimit essendo da lui stata dedotta quale premessa per la invocata tutela soprattutto per la riservata azione di danno ii. Cos delineato il petitum dell'azione di manutenzione, conseguenza logica non poteva essere altra che quella di dichiarare improponibile l'azione promossa, in quanto questa tendeva necessariamente alla revoca dell'atto amministrativo estrinsecatosi nella consegna dell'immobile ai proprietari. Peraltro, anche a voler considerare che il petitum dell'azione fosse rivolto indirettamente alla declaratoria di illegittimit dell'atto amministrativo, in ogni caso, si sarebbe dovuto ammettere che, comunque, petitum sostanziale fosse sempre quello di conseguire il riconoscimento del possesso a favore dell'attore. Presupposto,. quindi, non era l'illegittimit dell'atto, ma soltanto ed esclusivamente la revoca dell'atto stesso. Solo attraverso tale revoca, invero, era possibile per l'attore ottenere il riconoscimento di quel possesso che esclusivamente dall'Amministrazione egli derivava, che nel nome e nell' i'i!'teresse di questa egli aveva esercitato e che irrimediabilmente aveva perduto a seguito della dimissione dell'immobile a favore dei proprietari. *** . La seconda massima costituisce retta applicazione dei principi in materia di possesso. Innanzi tutto, alla stregua del rapporto che si sta bilisce fra P. A. e appaltatore di opera pubblica da escludere che questi abbia sull'immobile sul quale deve eseguire i lavori commessigli, quell'assoluto ed esclusivo potere di fatt~, nel quale va configurato il corpus possessionis. E noto come l'elemento mate riale del possesso si integra nel potere di fatto del soggetto sulla cosa, cui si riconnette la funzione di far conoscere ai terzi resistenza del possesso sulla cosa stessa da parte del titolare. Ora non sostenibile che l'appaltatore di una opera pubblica abbia e, soprattutto, debba avere eff et tivamente un siffatto potere sull'immobile per ese guire i lavori a'ffidatigli. L'immobile resta pur sempre nella sfera di disposizione dell'Amministrazione, la quale, anche durante l'esecuzione dell'opera, con serva ed esercita concretamente il relativo potere di fatto sull'immobile stesso. La facolt dell'appalta tore in ordine al potere di disposizione, quindi, da intendersi non assoluta, ma in funzione della neces sit, sia pur ampia, di poter liberamente estrinse care l'attivit occorrente per l'esecuzione dei lavori; il che postula, certo, quella relazione di fatto sulla cosa in cui, come si detto, si concreta il corpus. Questo, resta, tuttavia sempre all'appaltante. N varrebbe obiet tare che l'Amministrazione appaltante, tra i suoi . obblighi, ha inizialmente appunto quello che attiene alla consegna dei lavori in cui rientra proprio la messa a disposizione dell'immobile sul quale devono eseguirsi i lavori e la garenzia da ogni molestia, onde consentire all' appaltatqre l'esecuzione dei lavori stessi. Da un tale obbligo, infatti, non consegue per nulla che l'Amministrazione sostituisca a se stessa, sia pure nel solo rapporto di semplice disposizione di fatto (corpus) l'appaltatore. Al contrario, garantendo quest'ultimo da .ogni mole.stia, e, obbligandosi in tal senso, essa conserva il corpus del suo possesso anche dopo la consegna dei lavori durante l'appalto. T. L. G. COMUNI E PROVINCIE Regolamenti edilizi -Inap plicabilit ai beni demaniali marittimi -Demanio marittimo del Pprto -Regolamentazione da parte della Amministrazione della Marina Mercantile -Consorzio del Porto di Genova -Sua autonomia nei confronti del Comune -Giurisdizione del Giudice ordinario Difetto di giurisdizione. (Cass., Sez. Un. 25 ottobre 1954 -Pres.: Galizia; Est.: Di Pilato; P. M.: De Martino Comune di Genova c. S.E.G.M.A. -Consorzio Auto nomo del Porto di Genova -Ministero Marina Mer cantile. Il Comune non ha diritto di imporre allo Stato, per quanto riguarda il demanio marittimo, il rispetto di quelle particolari norme del regolamento edilizio che disciplinano la licenza per le costruzioni, le distanze, le altezze delle costruzioni medesime e simili. Anche in confronto del Consorzio del Porto di Genova il Comune di Genova non pu pretendere l'osservanza del regolamento edilizio comunale per costruzioni erette sul suolo demaniale marittimo; avendo il Consorzio la medesima autonomia giuri dica spettante allo Stato nei confronti del Comune ed avendo i Concessionari esercitato un diritto pro prio dello Stato, e, per esso, dello stesso Consorzio. Mancando il diritto del Comune di imporre allo Stato l'osservanza del regolamento edilizio comu nale nell'ambito del Porto di Genova e dei beni demaniali marittimi, manca la giurisdizione della autorit giudiziaria ordinaria. 1. Con l'annotata sentenza (riportata per esteso in Temi Genovese, 1954, col. 425) le Sezioni Unite hanno posto fine ad una combattuta vertenza, nella quale -sotto il falso scopo della tutela dei diritti subbiettivi pubblici inerenti all'autarchia dei Comunisi era preso di mira il potere di supremazia dello Stato nella disciplina del demanio marittimo. Il Comune di Genova sosteneva che i suoi regolamenti edilizi dovessero valere anche nell'ambito del demanio marittimo, nei confronti dei Concessionari del Consorzio autonomo del Porto. Intervenne in causa, ad adiuvandum i concessionari, il Ministero della Marina Mercantile, titolare originario dei diritti demaniali concessi dal Consorzio del Porto a terzi. La P. A. sostenne in causa la piena indipendenza dei beni del demanio marittimo anche di fronte ai regolamenti edilizi comunali; correlativamente; rilev il difetto di giurisdizione del giudice ordinario a conoscere della vertenza, nella !J.Uale si profilava un vero e proprio confiitto di attribuzioni ..fra.. Stato e Comune. La Corte di Genova, con la perspicua sentenza 4 settembre 1952 (commentata, con ampie citazioni, dall'Albano, in Riv. dir. navig. JJ, 1953, II, 114 e in Foro It. ii 1953, I, 840) esattamente neg effe -65 cacia ai regolamenti comunali nell'ambito del demanio; ma in pari tempo afferm la giurisdizione dell'Autorit giudiziaria ordinaria, come quella cui era devoluta, in base all'art. 2 della legge sul contenzioso, la cognizione di ogni controversia nella quale si facesse questione di diritti subiettivi, anche pubblici. Questa parte della sentenza stata riformata dalle Sezioni Unite con la sentenza annotata, in base alla considerazione che, negata l'esistenza di un diritto subiettivo pubblico del Comune alla osservanza dei regolamenti edilizi da parte del demanio, veniva a difettare l'azione; e, con essa, la giurisdizione. Per giungere a questa conclusione, la Suprema Corte dovette previamente vagliare le conclusioni cui era giunta la Corte di appello circa l'inesistenza del diritto subiettivo vantato dal Comune: e questa inesistenza conferm integralrnente. Fra gli argomenti addotti dal Comune di Genova, al fine di dimostrare un assoggettamento dei beni demaniali ai regolamenti edilizi, era il richiamo al nuovo testo dell'art. 879 Cod. civ., il quale non precisa pi come, invece, faceva l'art. 572. del Cod. civ. 1865 che le disposizioni relative alle distanze non si applicano agli edifici destinati ad uso pubblico. Da questa omissione, con un semplice argomento a contrariis volevasi dedurre un assoggettamento dei beni demaniali alle norme regolamentari comunali. (Cfr. in senso analogo SANDULLI, in Giur. Cass. Civ. 1947, II, p. 211 in nota alla sent. 3 luglio 1947 n. 1048 della Cassazione, riportata anche su questa Rassegna 1948, fase. 10-11, p. 29. Giova nota.re che tale sentenza applic ancora l'art. 572 Cod. oiv. 1865). Su questo punto l'attuale sentenza non ha preso esplicita posizione, limitandosi ad osservare che l'eventuale applicazione dell'art. 879 ai beni del demanio pubblico statale ricadrebbe bell' ambito dei poteri dello Stato, in relazione alla pubblica funzione esplicata da beni del demanio statale. La questione venne, invece, esaminata dall'Albano (loc. cit.) il quale concluse che, indipendentemente dalla mancata menzione dell'esonero dalle distanze nel codice civile, l'inesistenza di un obbligo del genere, a carico degli edifici derrtaniali, potevasi dedurre dagli articoli 29 e 32 della legge urbanistica. Su tali norme gi erasi fondata la Corte dt Appello, per negare l'assoggettamento dello Stato alle norme dei regolamenti; ma forse possibile giungere ad uguale conclusione, approfondendo la ratio dello art. 879 Cod. civ. rispetto all'art. 572 Cod. civ. 1865. Preziosa, a tale riguardo, la sentenza 3 agosto 1951 n. 2350 della Corte Suprema, che cos si esprime: cc Dalla lacuna che si rileva dalla dizione dell'art. 879. in rapporto all'art. 572 .vecchio Codice, non sembra possa fondatamente dedursi con argomento a contrario l'imposizione di un obbligo siffatto a carioo degli edifici demaniali, mentre nessuna ragione sostanziale starebbe a suffragare un s importante mutamento legislativo, che non trova giustificazione alcuna nei 'lavori preparatori ( Giur. Comp. Cass. Civ. 1951, III quadrimestre, vol. II, p. 1524; Foro It. n, 1951, I, 1940). I beni demaniali, in realt, sono di per s soggetti ad una particolare disciplina che li esonera automaticamente dagli obblighi propri degli altri beni di propriet privata o pubblica. Allorquando l'art. 823 Cod. civ. afferma che i beni demaniali non possono formare oggetto. di diritti a favore dei terzi, se non entro i limiti stabiliti dalle leggi che li riguardano, ribadisce in sostanza che i terzi privati non possono far valere illimitatamente sul bene deman.iale quei diritti che invece vincolano ilbene di propriet privata. In altri termini la ragione giustificativa dell'esonero stabilito dall'art. 572 Cod. civ. del 1865 per gli edifici demaniali (il rinvio alle leggi e regolamenti partico lari che li riguardano) rimasta inalterata nel nuovo codice, e semplicemente trasfusa in altro articolo, di portata generale, organicamente pi idoneo (art. 823 Cod. civ.: I beni che fanno parte del demanio pub blico non possono formare oggetto di diritti a favore dei terzi se non nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi che li riguardano). Ma se il fondamento della norma rimasto immutato, l'art. 823 ci consente di affermare che anche per il regolamento del caso spe cifico delle distanze non sono state introdotte innova zioni. N sembra fondata l'obiezione derivante dal fatto che per le distanze non venne ripetuto l'esonero, mentre esiste un(l, disposizione espressa per il caso della comunione forzosa (879 Cod. civ.). L'obiezione avrebbe peso se l'art. 879 regolasse unicamente gli edifici demaniali, ma cos non . Il citato articolo storicamente spiegato dalla opportunit di dettar:e una precisa e testuale disposizione che potesse eliminare le discussioni sorte per l'ambigua dizione dell'ultimo comma dell'art. 556 Cod. civ. 1865 (edificio destinato all'uso pubblico). In definitiva l'art. 879 una norma chiarificatrice, d ben comprensibile come questo suo carattere abbia portato . ad una formulazione piuttosto ampia e ad una elen cazione necessariamente completa. Comunque, quale che sia l'interpretazione che si voglia dare all'art. 879 del Cod. civ., 1942, va avvertito che la questione dell'assoggettamento o meno dei beni demaniali marittimi ai regolamenti edilizi dei Comuni ha una portata ben pi estesa, giacch investe senza dubbio una questione di supremazia. Si pu infatti affermare che la regolamentazione specifica dei beni demaniali, fatta in vista di interessi collettivi di maggiore e pi rilevante portata, debba senz'altro prevalere sui regolamenti di enti minori, indipen dentemente dal richiamo delle particolari norme vigenti per i beni demaniali in genere. V a anzitutto osservato che nelle concess.ioni di aree demaniali marittime si esplica certamente una tipica potest di imperio. L'art. 30 del Codice della navigazione afferma che . l'Amministrazione della Marina Mercantile regola l'uso del demanio marittimo, e vi. esercita la polizia, il che presuppone evidentemente un potere pubblico ed esclusivo di cui si trovano manifestazioni nel suc cessivo art. 54 (rimozione d'ufficio delle opere non concesse) e nell'art. 42 (revoca della concessione). Di tale potest si ha pure un riconoscimento nella stessa Relazione al Re sul Codice della navigazione (p. 27, n. 38), in cui si osserva che, essendo i beni il:,<;l .demamio marittimo destinati a soddisfare gli interessi._ concernenti la navigazione ed il traffico marittimo, naturale che essi debbono essere soggetti di potere, per quanto concerne l'Amministrazione, da parte dell'organo che provvede in via generale alla tutela di quest interessi . -66 Dopo di che, sarebbe inutile ricercare un testuale . riconoscimento dello jus imperli. inerente ai poteri di concessione delle aree demaniali: ma l'art. 130 del Regolamento 11 aprile 1926, n. 736 ne d letterale conferma: e< Tutte le concessioni sia per contratto che per licenza delle pertinenze demaniali marittime e delle opere, manufatti, meccanismi ed impianti diversi, stabiliti o da stabilirsi sulle pertinenze stesse, hanno sempre carattere di atti di imperio. Di fronte ad atti di tal genere, in cui si esplica la potest dello Stato come ente sovrano, i regolamenti comunali non possono in alcun modo imporre limiti o restrizioni. Vengono qui opportune alc1ine prof onde osservazioni del Borsi: L'attivit del Comune deve essere sempre subordinata e coordinata dell'attivit dello Stato: l'unit giuridica di questo e la pienezza della sua sovranit necessariamente lo esigono. Perci, comunque e da chiunque stabilita, purch in modo legittimo, la norma statuale non pu venire contradetta dalla norma comunale, ma soltanto pu dalla medesima essere svolta, ampliata, integrata. Cos i regolamenti comunali non potranno efficacemente portare disposizioni che urtino con quelle di regolamenti ohe emanano dalla Autorit governativa centrale (regolamenti regi e ministeriali), sia che debbano avere applicazione in tutto il territorio dello Stato, sia che valgano soltanto per quella zona, regione, provincia, nella quale compreso il Comune disponente od anche (ed anzi, per evidenza, a fortiori) per quel Comune medesimo; n che urtino con disposizioni di regolamenti emanati, o da autorit governative, per es. da Prefetti, o da Giunte provinciali amministrative (Trattato dell'Orlando, Vol. II, . parte II, p. 96). E. tanto pi inapplicabili appaiono, nel caso di speci, le norme dei regolamenti comunali, in quanto le concessioni relative al demanio marittimo sono gi regolate da norme legislative minuziose e complete, entro le, quali non v' evidentemente posto per altre norme di carattere regolamentare: al quale proposito non fuori luogo rilevare che perfino alla Regione tolto ogni potere legislativo sulla navigazione ed i porti marittimi (117 Cost. ). _ Del tutto fondate si palesano quindi le osservazioni del Ragnisco, il quale -in un ampio commento sulla decisione 10 gennaio 1950 del Consiglio di Stato (a.Riv. Dir. nav. 1950, II, 184.) -riconobbe che l'interesse pubblico marittimo deve avere la preminenza su tutti gli altri interessi pubblici, escludendo che autorit comunali possano interferire nell'amministrazione e nell'utilizzazione del demanio marittimo. Concetto poi nuovamente ribadito dal citato autore (Riv. Dir. nav. , 1951, 2, p. 36), che in base ad un riesame dei rapporti insjstenti sui beni demaniali in genere cos conclude: : E pertanto evidente che nessun'altra autorit che non abbia il predetto potere discrezionale, potrebbe intervenire nell' ammin1istrazione del demanio . . . . Se si riconosce che un bene demaniale possa formare oggetto di limitazioni o vincoli per fini privati, o comunque contrastanti, con le finalit pubbliche perseguite dal demanio, o interferenti col potere discrezionale dalle leggi speciali attribuite all'autorit che amministra il bene demaniale, si lederebbe il principio dell'inalienabilit, che parte integrante del concetto del demanio; si inciderebbe, cio, come ha giustamente affermato la decisione succitata (Cons . di Stato, 18 marzo 1950), sulla ragione stessa di demanialit . Per chiudere l'argomento, 1 infine, opportuno segnalare che questa giurisprudenza del Consiglio di Stato stata recentemente riconfermata dalla decisione 7 luglio 1954, n. 506, sez. VI (cc Foro It. n, 1955, III, 41; Riv. Amm. n, 1954, 408), la cui importanza stata giustamente rilevata anche dall'autorevole cc Giur. It. (1955, III, 41), che peraltro sembra ignorare i precedenti. Con grande chiarezza il Supremo consesso amministrativo avverte, ponendosi da un diverso angolo di visuale, che non esistono tante zone di demanio marittimo quanti sono i comuni su di essi prospicenti, con particolari interessi, eventualmente in contrasto non quelli di altri Comuni conterranei: ma esiste solo il demanio marittimo nella sua integrit, alla cui disciplina l'Amministrazione provvede nel modo ritenuto pi conveniente per la realizzazione di pubblici interessi. Dal che il Consiglio di Stato esattamente deduce che cc i regolamenti comunali e i piani regolatori non possono vincolare l'Amministrazione della Marina nell'esercizio dei suoi poteri sul demanio marittimo . 2. Dall'inesistenza del diritto subiettivo pubblico del Comune di veder rispettate dallo Stato, per gli edifici del demanio marittimo, le norme dei regolamenti edilizi, la Corte Suprema ha tratto la conseguenza dell'assoluto difetto di giurisdizione della Autorit giudiziaria ordinaria. E la conseguenza. ineluttabile, secondo il sistema accolto nel diritto positivo. In questi ultimi tempi si tentato di sostituire al criterio del petitum sostanziale il nuovo criterio della cc prospettazione n, secondo il quale la negazione in radice del potere della P. A. porterebbe sempre la controversia all'esame del giudice ordinario. Alla luce di questo criterio, negandosi dal Comune la esistenza di un potere autonomo dello Stato sui beni demaniali di fronte alle norme regolamentari edilizie sulle distanze, la controversia avrebbe potuto rientrate nella competenza del giudice ordinar~o. Accettandosi, infatti, la teoria della (( prospettazione la sola contestazione del potere statale avrebbe dovuto mantenere ogni pienezza al diritto subiettivo pubblico vantato dal Comune contro lo Stato. Ma la teoria della cc prospettazione gi assoggettata (come si esprime la autorevole nota redazionale della Rivista Amministrativa 1954, p. 723) alle cc penetranti critiche contenute nella Relazione dell'Avvocatura. dello Stato 1942-1950, vol. I, p. 95, stata recentemente ripudiata anche dalla decisione 16 giugno 1954 n. 20 della adunanza plenaria del Consiglio di Stato: ed ripudiata anche dalla sentenza annotata, che individua nella esistenza o inesistenza del potere -e non solo nell'affermazione della inesistenza -il criterio discriminatore della giurisdizione. 3. Un ultimo punto merita di essere segnalato e cio l'identit di posizioni fra il concedente ed il concessionario, per la difesa contro i terzi dei poteri inerenti alla natura demaniale del bene dato in concessione. Questa identit stCJ,ta gi affermata dalla -67 dottrina, che ha esattamente osservato come il collegamento (della concessione) col potere discrezionale della pubblica amministrazione, che ne la fonte giuridica, non s'infrange in nessun momento della durata della concessione .. La signoria della P. A. sui beni confermata alla necessit pubblica della destinazione insopprimibile di essi a funzione pubblica, che imprime ad essi i caratteri che la distinguono dal diritto di propriet privata: tale natura essa non muta per il fatto che sia esercitata dal privato, e non direttamente dalla P. A. (INGROSSO, in cc Giur. It. 1937, I, I, 632). Una applicazione recente di questo principio stata fatta dalla Corte Suprema nei riguardi delle azioni possessorie promosse da terzi contro il concessionario di beni demaniali, azioni che vennero dichiarate improponibili, in quanto con il loro accoglimento si verrebbe a revocare o modificare il provvedimento legittimamente emesso dalla P. A., di cui il comportamento del privato concessionario costituisce esecuzione (Sez. Un. 20 ottobre 1954 n. 3898). Il principio ha innegabile importanza, ma bene avvertire che contiene in se stesso i limiti della sua applicazione. Una parit di posizioni del concessionario e del concedente acquista significato solo in funzione dell' esecutorit dell'atto amministrativo di concessione, e dello interesse pubblico che lo sottende. Da ci, l'improponibilit di ogni azione diretta contro il concessionario, vulnerante le finalit perseguite con la concessione. Ma il diritto del concessionario di non pati non potrebbe mai assurgere ad un vero e proprio diritto di autot11'tela, giacch nei rapporti fra concessionari e terzi (art. 1145 Ood. civ.) la legge accorda unicamente le azioni di spoglio e di manutenzione. .ADRIANO CHICCO GUERRA -Occupazione alleata -Preda bellica -Vendita di beni dello Stato a cittadini italiani -Invalidit. (Cass., Sez. Un., Sent. n. 1199/54 Pres.: Galizia; Est.: Gabrielli; P. M.: Pittiruti; Ministero-Difesa-Esercito c. Saddemi). In base all'art. 53 della Convenzione dell'.Aja del 1889, da considerarsi recepita nell'ordinamento italiano anche in base all'art. 10 della Costituzione, l'appropriazione e la vendita di beni dello Stato occupato da parte dell'esercito dello Stato occupante, sono legittime solo se determinate da esigenze di carattere militare connesse alle operazioni di guerra e non pure se determinate da finalit. di speculazione. Difetta di buona fede colui che acquista dallo esercito occupante cose appartenenti allo Stato occupato, e pertanto non applicabile l'art. 1153 nei confronti di queste cose. Si trattava nella specie della compravendita di un trattore militare Breda alla ditta Saddemi da parte dell'Autorit militare alleata, che del trattore s'era impadronita come preda bellica. Gessata l'occupazione alleata l'Autorit italiana aveva recuperato il trattore sostenendo l'invalidit della vendita. La Corte d'Appello di Catania aveva invece, su azione degli acquirenti, riconosciuto piena validit all'atto di disposizione degli alleati. La presente sentenza, seguendo l'indirizzo giurisprudenziale quasi costante della Suprema Corte, ha negato che allo Stato occupante competa la facolt illimitata di appropriarsi e di disporre dei beni mobili dello Stato occupato, ammettendo tale f aco"f:t solo se corrispondesse ad esigenze di carattere militare. Abbiamo detto giurisprudenza quasi costante perch infatti una precedente sentenza delle Sezioni Unite n. 2644/51 ha ammesso la validit della vendita da parte dell'Armata occupante di beni mobili (nella specie due muli) appartenenti allo Stato occupato, "Con manifesta deviazio?J,e dai principi sempre seguiti nelle precedenti sentenze (si veda in questa Rassegna >>, 1950, 108; 1951, 205) e riconfermati con la pronuncia annotata. Tuttavia, appunto in nota alla sentenza n. 2644/51 (in Rassegna, 1951, 205) mettevamo. in rilievo come la deviazione dai principt consolidati dovesse attribuirsi alle suggestioni equitative della fattispecie. La presente sentenza conferma l'esattezza del nostro rilievo; ci anche se non pu dirsi completamente soddisfacente la tesi secondo la quale la vendita di beni di preda bellica a cittadini dello Stato occupato sarebbe giustificata ove fosse determinata da esigenze di carattere militare. invero difficilmente ipotizzabile che una situazione del genere si verifichi, a meno di non ammettere che lo Stato occupante debba procurarsi denaro mediante tali vendite allo scopo di sostenere il suo sforzo bellico, tesi questa manifestamente assurda. Attendiamo perci, con fiducia, che la Corte Suprema torni agli esatti principt da essa gi perspicuamente affermati nella sentenza 774/50 in causa Oolorni c./ Ministero Difesa-Esercito (in questa cc Rassegna 1950, 108). IMPIEGO PUBBLICO -Rappresentanza e difesa degli impiegati dello Stato a termini dell'art. 44 R. D. 30 ottobre 1933, n. 1611 -Ricorso per Cassazione notificato presso Avvocatura Distrettuale -Nullit Art. 11 R. D. n. 1611. (Cass. I Sez., Sent. 30 dicembre 1954; Pres.: Acampora; Rei.: Vistoso; P .M.: Martucci (conf.) -Unione Amministrazioni Comunali Provincia Cremona c. Gaboardi). L'art. 11 R. D. 30 ottobre 1933, n. 1611 -a norma del quale il ricorso per Cassazione contro un'amministrazione dello Stato deve essere notificato presso l'Avvocatura generale dello Stato e non gi. prest'lo l'.Avvocatura distrettuale, nel cui territorio fu emessa la sentenza impugnata, e ci sotto pena di inammissibilit. del ricorso rilevabile anche d'ufficio e non sanabile con la costituzione del resistente - applicabile anche quando la detta .Avvocatura assume fa rappresentanza e la difesa degli impiegati ed agenti delle .Amministrazioni dello Stato a termini dell'art. 44 dello stesso decreto. Oon questa decisione la S. O. ha ricondotto -sotto la disciplina dell'art. 11 del R. D. n. 1611 del 1933 tutti i casi nei quali l'Avvocatura dello Stato si presenta in giudizio nell'esercizio del patrocinio legale, equiparando le ipotesi in cui la rappresentanza e difesa attribuita con carattere di stabilit (art. 1) con quelle in cui pi semplicemente facol -68 tativo avvalersi di detto patrocinio. (art. 43 e 44). Perch anche in questi ultimi casi, una volta che di detta facolt sia stato fatto uso, e fi'Y!:o a quando non sia intervenuta una contraria volont, sussiste la stessa ratio legis che indusse il legislatore a dettare, e non solo per le .Amministrazioni dello Stato, la norma eccezionale di cui trattasi. Cos come avvertito in casi analoghi, la sentenza del'# Suprema Corte acquista particolare rilevanza, in quanto ogni chiarimento in materia attiene alla certezza dei rapporti processuali. In particolare la Corte ha osservato che sufficiente considerare che ogni distinzione al riguardo sarebbe da parte dell'interprete arbitraria, nessuna contenendone la legge, e che d'altronde essa non potrebbe trovare giustificazione in una ragion pratica, unica essendo in entrambi i casi -e cio tanto nel caso in cu.i l'Avvocatura assuma ex lege la rappresentanza e la difesa dell'Amministrazione per la diretta tutela dei suoi interessi, quanto nel caso in cui, attraverso la rappresentanza e la difesa degli impiegati ed agenti della stessa .Amministrazione tuteli indirettamente gli interessi di questa ultima -la finalit che il legislatore intese raggiungere con la norma eccezionale: quella cio di evitare che, a causa di eventuali ritardi nella trasmissione degli atti, l'ufficio cui spetta di provvedere alla difesa venga tardivamente a conoscenza della impugnazione>> (omiss's). cc Non pu contestarsi, che gli impiegati ed agenti delle .Amministrazioni dello Stato e degli Enti sopraindicati, i quali siano convenuti in giudizio per fatti o causa ricollegantisi al servizio che forma oggetto del rapporto impiegatizio abbiano soltanto la facolt, non gi l'obbligo di farsi assistere dall'Avvocatura dello Stato, potendo la pubblica amministrazione, nel caso in cui essi preferiscono ricorrere ad una difesa di fiducia, tutelare ugualmente i suoi interessi mediante il diretto intervento nella causa. cc E neppure pu contestarsi che tale facolt gli stessi impiegati ed agenti abbiano in tutti i gradi del giudizio, di modo che alla difesa da parte della Avvocatura dello Stato, accettata o richiesta in primo grado possano, nei gradi successivi, sostituire altra fiducia. cc Ma dal fatto che nel caso particolare previsto dall'art. 44 del R. D. 30 ottobre 1933, n. 1611, la rappresentanza e difesa in giudizio non possono dirsi attribuite all'Avvocatura dello Stato con carattere di stabilit, non pu certamente derivare la conseguenza che la resistente ne trae circa il luogo di notificazione della impugnazione. cc Poich gli avvocati dello Stato, anche quando assumono la difesa degli impiegati ed agenti, non hanno bisogno di mandato, neppure nei casi nei quali le norme ordinarie richiedono il mandato speciale (art. 45 R.D. 30ottobre1933, n. 1611). Certo , infatti, che la loro qualit di rappresentanti e difensori, .una volta assunta, permane per tutti i gradi del giudizio, indipendentemente da qualsiasi ulteriore manifestazione di volont degli impiegati .ed agenti stessi, fino a quando questi, avvalendosi della loro facolt di scelta, non abbiano nominato un difensore di fiducia n. E, se cos , finch quest'ultima ipotesi non siasi '/Jerificata, nessuna deviazione possono subire le norme. particolari in materia di notificazione dettate dalla legge eccezionale ed espressamente richiamate dall'art. 144 Codice procedura civile per tutti i casi di assunzione di rappresentanza e di difesa da parte dell'Avvocatura dell.o Stato. cc Dovendosi in altri termini, aver riguardo alla situazione processuale del momento in cui il ricorso viene notificato, la semplice eventualit (nella specie, peraltro, non verificatosi), che, in un tempo successivo, l'impiegato ed agente possa sostituire a qitella della Avvocatura dello Stato una difesa di fiducia, non pu costituire un motivo di deroga alla norma dell'articolo 11 Testo Unico 30 ottobre 1933 n. 1611 n. PROFITTI ECCEZIONALI DI SPECULAZIONE -Red dito derivante da lavori eseguiti a regia per conto dello Stato. (Cass. Sent. 3690/54 -Sez. I, Pres.: Acam pora; Rel. : Siciliani; P. M.: Fragali (eone!. conf.) Finanze c. Ditta Puccini). Devono considerarsi profitti eccezionali di speculazione, avocabili in base all'art. 18 del D. L. 27 maggio 1946, n. 436 e all'art. 1, 2 comma, del D. I;. 27 aprile 1947, n. 330, quelli realizzati da una ditta che abbia eseguito lavori a regia per conto dello Stato. La Commissione distrettuale, la provinciale e la Centrale concordemente avevano escluso nella fattispecie gli estremi del profitto di speculazione, secondo l'ipotesi dell'art. 1, comma 2, del D. L. 28 aprile 194 7 n. 330: profitti eccezionali di contingenza che . . . . prendano origine .da ogni attivivit diretta a trarre particolare vantaggio dai bisogni e dalle priva.zioni determinate dalla guerra n. Ed all'uopo la Commissione centrale avetJa rilevato che cc l'eventuale connessione dei lavori a regia con gli eventi bellici >> non pu avere importanza ai fini dell'accertamento dei profitti di contingenza in quanto tali lavori costituivano dei mezzi previsti dalle leggi e messi in esecuzione dalle Autorit governative per fronteggiare la piaga della disoccupazione e quindi pi per dar da v.ivere ai disoccupati e venire incontro ai loro bisogni e privazioni che per sfruttare questi ultimi n. Prodotto ricorso dall'Amministrazione avverso tale decisione della Commissione centrale in base all'art. 111 della Costituzione, il ricorso stato accolto. Ha rilevato fra altro la Corte Suprema: < o non dell'organizzazione dei servizi ma la diversit. dell'origine, della natura e' dei fini perseguiti per la qual cosa la banca e l'esattoria costituiscono aziende diverse tassabili separatamente. (Corte App. Bologna, 29 aprile 1954, Cont. 6284, Avv. Bologna). 2. Non v' cessione d'azienda ai fini della solidariet. del cessionario, quando il precedente titolare si sia limitato a locare gli immobili e pertinenze. (Corte App. Trento, 19 febbraio 1954, Cont. 534, Avv. Trento). 3. La rettifica di cui all'art. 4-IV comma legge n. 892 del 1947 straordinaria e pertanto l'anno di base, in difformit. delle rettifche ordinarie, quello dell'anno precedente la rettifica. (Corte App. Bologna, 3 giugno 1954, Cont. 738,5, Avv. Bologna). 4. Se certi redditi, dopo la legge n. 976 del 1939, per derivare da operazioni non ritenute necessarie nella zona, da insindacabile gi:udizio delle Commis sioni Censuarie, furono esclusi dai redditi agrari, rettamente sono assoggettati a ricchezza mobile, sia se prodotti da enti sociali e collettivi, che da stabilimenti aziendali. (Corte App. Bologna, 29 aprile 1954, Cont. 7174, Avv. Bologna; Trib. Bologna, 7 maggio 1954, Cont. 7616, Avv. Bologna). lMPOSTA STRAORDINARI.A IMMOBILI.ARE, 1. La carenza di giurisdizione per mancata adizione preventiva del giudice amministrativo sussiste anche se la imposta straordinaria sia stata iscritta a ruolo e riscattata. (Corte App. Catania, 22 maggio 1954, Cont. 18111, Avv. Catania). IMPOSTE DOGANALI 1. Ai fini del tributo (nella specie diritti di li:_ cenza) chi presenta alla dogana merci da esportare considerato proprietario e solidalmente tenuto con tutti coloro per conto dei quali la merce fu importata o esportata. (Trib. Bologna, 24 giugno 1954, Cont. 7430, Avv. Bologna). -80 2. Anche per le ingiunzioni doganali come per ogni ingiunzione amministrativa vige il principio che se non opposte, o tardivamente opposte, non si formi giudieato, e il contribuente possa validamente impugnare altra ingiunzione successiva. (Trib.. Bologna, 24 giugno 1954, Cont. 7 430, Avv. Bologna, massima abnorme). 3. Non vi tributo verso una ditta privata semplice destinataria della merce per ordine dei tedeschi, su una partita di farina importata dalla Germania per ordine del tedesco occupante e destinata alla popolazion civile. (Corte App. Trento, 15 febbraio 1954, Cont. 558, Avv. Trento). 4. Il solve et repete in materia doganale si applica anche ai supplementi d'imposta, mancando nella relativa legge la limitazione che esiste per altre imposte. (Trib. Genova, 16 novembre 1954 Cont. 19681, Avv. Genova). (Vedi: Repubblica ,sociale italiaria 1). IMPOSTE IN GENERE 1. L'agevolazione tributaria per la costruzione delle case non di lusso concerne oltre alle opere murarie quelle destinate a far parte integrante e inscindibile della costruzione come impostazione di travature per il tetto e travetti pei solai. (Trib. Torino, 15 giugno 1954, Cont. 1248, Avv. Torino). 2. Anche al subappalto si applicano le agevolazioni tributarie dell'appalto per la costruzione delle case non di lusso. (Trib. Torino, 15 giugno 1954, Cont. 1248, Avv. Torino). 3. In materia di imposte anche se pretese con ingiunzione la competenza del tribunale del luogo sede di Avvocatura di Stato. (Trib. Sala Consilina, 30 marzo 1954, Cont. 497, Avv. Potenza). 4. L'Amministrazione quando richiede, per accertamenti che le diano titolo, il pagamento della imposta, non ha obbligo di fare riserve in quanto i suoi diritti di impugnativa per nullit insanabili, perch di diritto pubblico, per le quali l'Amministrazione ha obbligo di procedere a sensi di legge, sono fatti sempre salvi. (Trib. Bologna, 7 aprile 1954; Cont. 7716, Avv. Bologna). 5. L'impugnativa giudiziaria non pu, trattandosi di giudizi di mera legittimit, tendere a impugnare gli accertamenti di fatto posti a base delle decisioni amministrative, IJla solo a dimostrare che quelle circostanze non rientrano nelle previsioni di legge. (Trib. Bologna, 15 gennaio 1954, Cont. 7572, Avv. Bologna). 6. controversia tributaria e quindi soggetta alla regola della preventiva giurisdizione amministrativa per le imposte dirette, la questione se spetti una esenzione disposta per cittadini esteri, anche a chi abbia anche la cittadinanza. italiana. (Corte App. Catania, 22 maggio 1954, Cont. 18111 Avv. Catania). . ' 7. Il contribuente pu proporre al giudice eccezioni non proposte in sede amministrativa contro una pena pecuniaria per evasione fiscale, ma non mutare il petito, come sostenere inesistente l'eva. sione, mentre in sede amministrativa si chiese solo la riduzione della pena. (Trib. Torino, 30 giugno 1954, Cont. 454, Avv. Torino). 8. Il pagamento dei tributi a sensi art. 35 legge n. 25 del 1951 fatto dal contribuente debitore per evasione e ai fini dell'esonero dalle pene pecunia- rie, definitivo e ineluttabile n vale l'eventuale riserva di ripetizione formulata all'atto del pagamento. (Trib. Torino, 20 luglio 1954, Cont. 556, Avv. Torino). 9. A differenza che per i condoni fiscali il paga-. mento del tributo evaso a sensi della legge n. 25 del 1951 irretrattabile, e non vale fare riserva di ripetizione, poich gli effetti del pagamento derivano dalla legge. (Trib. Torino, 2 novembre 1954, Cont. 799, Avv. Torino; id. 12 ottobre 1954, Cont. 368, Avv. Torino). 10. Poich la continuazione degli illeciti finanziari ex legge n. 4 del 1929 differisce da quella dei reati, in quanto facoltativa, non pu per prolungarsi il corso della prescrizione dichiararsi la continuazione degli illeciti, e i perch il reo ha diritto alla disposizione pili. favorevole (Corte App. Pen. Brescia, 23 marzo 1954 e 16 maggio 1954, Cont. 2998 e 2810, Avv. Brescia). IMPOS'!;E LOCALI l. L'occupazione di suolo pubblico si distingue in temporanea per cui si ammette l'ingiunzione, e in permanente per cui occorre il normale sistema dei ruoli. Pertanto per l'attraversamento con canali di strade comunali, non pu emettersi dal Comune ingiunzione, trattandosi di occupazione permanente. (Trib. Torino, 10 luglio 1954, Cont. 968, Avv. Torino). IMPUGNAZIONE (Vedi: Imposte in genere 4). INGIUNZIONE AMMINISTRATIVA 1. Non ha rilievo la mancata distinzione nell'ingiunzione della parte di credito riguardante il tributo e quella costituente la pena pecuniaria. (Trib. Potenza, 20 luglio 1954, Cont. 650, Avv. Potenza). 2. Nullit dell'ingiunzione per contributi su bombole di metano emessa dal Procuratore del Registro anzich dall'Intendente di Finanza.. (Trib. Brescia, 17 maggio 1954 e 7 luglio 1954, Cont. 3170 e 3250, Avv. Brescia). 3. Non pu l'Amministrazione stabilire unilateralmente un canone ed ingiungerlo in via amministrativa nel caso di occupazione senza titolo di un immobile dello Stato. (Pret. Merano, 31 luglio 1954, Cont. 713, A vv. Trento). -81 4. valida l'ingiunzione ancorch nella copia siano state dichiarate illeggibili le firme apposte nell'originale del Pretore e dal Cancelliere. (Trib. Torino, 14 giugno 1954, Cont. 1177, Avv. Torino). 5. L'ingiunzione doganale insieme titolo esecutivo e precetto: per quest'ultimo soltanto vige la preserizione dei 90 giorni. Se per oltre tale termine l'ingiunzione sia rinnovata senza richiamo alla prima e per di pi per importo anche lieve. mente diverso, sussiste nuova liquidazione e ricorre pel contribuente un nuovo termine per opporsi. (Corte App. Trento, 15 febbraio 1954, Cont. 558, Avv. Trento)., 6. Il termine ridotto per le opposizioni a decreto ingiuntivo non applicabile alle opposizioni a ingiunzioni fiscali. (Corte App. Bologna, 11. marzo 1954, Cont. 6977, Avv. Bologna). (Vedi: Imposte doganali 2). INTERESSI (Vedi: Danni 4). INTERVENTO (Vedi : Fallimento 3) LAVORO 1. L'ENAL si identifica, mutato il nome, con l'O.N.D. (Corte App. Genova, 7 luglio 1954, Cont. 19448, Avv. Genova). 2. Per il R.D.L. n. 582 del 1925, l'O.N.-D. aveva il compito di promuovere il sorgere di nuove istitu zioni a favore dei lavoratori senza per togliere a queste l'autonomia anzi favorendone la costituzione in enti morali. (Corte App. Genova, 7 luglio 1954, Cont. 19448, Avv. Genova). LOCAZIONE 1. Non competendo proroga legale alle locazioni post 1 marzo 1947, neppure possibile collegare la locazione con una precedente abusiva detenzione dell'immobile ancorch regolarizzata con un contratto post 1 marzo 1947. (Corte App. Genova 30 agosto 1954, Cont. 19084, Avv. Genova). 2. causa di cessazione della proroga legale la urgente ed improrogabile necessit del proprietario (parrucchiere) di adibire i. locali affitta ti a proprio laboratorio-salone per insufficienza e inidoneit di quelli a sua disposizione. (Trib. Trento 4 giugno 1954, Cont. 810, Avv. Trento). 3. Non vi necessit del locatore atta ad escludere la proroga quando uno dei due locatori abiti in diversa localit per ragioni di lavoro, e l'altra :libiti in casa del marito. (Pret. Bolzano, 14 giugno 1954, Cont. 800 A vv. Trento). 4. Rientrano nella proroga legale le locazioni stipulate dopo il 1 marzo 1947 ma con decorrenza anteriore. (Pret. Genova, 21 gennaio 1954, Cont. 19857, Avv. Genova). 5. Il locatore che intende avere per necessit la disponibilit, di uno dei suoi appartamenti, arbitro di agire nei confronti di uno qualsiasi dei suoi inquilini. (Pret. Voltri, 16 maggio 1954, Cont. 20789, Avv. Genova). 6. Il termine triennale dell'acquisto per far cessare le proroghe per necessit del proprietario decorre, in caso di acquisto per donazione dall'accettazione, e noh dalla data dell'intavolazione nel libro fondiario. (Pret. Bolzano, 14 giugno 1954, Cont. 800, Avv. Trento). 7. Il contratto formalmente stipulato dopo il 10 marzo 1947 non prorogato alla scadenza, ancorch l'occupazione risalga a data anteriore, mancando il precedente contratto scritto, necessario per impegnare l'Amministrazione locatrice, del quale quello successivo sia novazione. (Pret. Torino 7 ottobre 1954, Cont. 1073, Avv. Torino); 8. Gli aumenti dei fitti bloccati per le caserme sono quelli degli immobili non adibiti ad abitazione. (Pret. Brunico, 5 aprile 1954, Cont. 967, Avv. Trento). 9. L'accettazione da parte del conduttore della richiesta di aumento legale dal 1 giugno 1950 non implica accettazione anche dell'aumento dal 1 gennaio 1951. (Trib. Brescia, 27 giugno 1954, Cont. 2987, Avv. Brescia). 10. In mancanza di una formale richiesta anteteriore la decorrenza dell'aumento del fitto in locazioni prorogate va dalla data della domanda che ha iniziato la procedura. (Pret. Brunico, 5 aprile 1954, Cont. 967, Avv. Trento). 11. Il riferimento per eventuali aumenti del fitto di un contratto post 1 marzo 1947, alle leggi vincolistiche non presuppone adesione al vincolismo (che dovrebbe essere espressa) ma solo riferimento a un sistema prestabilito di aumenti. (Corte App. Genova, 30agosto1954, Cont.19084, Avv. Genova). 12. Non si pu collegare ai fini della proroga una locazione per l'intero alloggio stipulata dopo il 10 marzo 1947 con la sublocazione di una parte sola, iniziata prima di tale data, per diversit dell'oggetto, dei soggetti e degli altri requisiti del contratto. (Trib. Ferrara, 17 maggio 1954, Cont. 6635, Avv. Bologna). , 13. Il proprietario. pu agire in normale :via petitoria anzich seguire lo speciale procedimento di che all'art. 32 legge n. 253 del 1950. (Trib. Ferrara, 17 maggio 1954 Cont. 6635, Avv..Bologna). 14. Il godimento a titolo precario di un immobile con attribuzione di custodia non integra un rapporto locatizio soggetto a vincolismo ma un rapporto atipico revocabile ad_ nutum. (Pret. Rapallo, 11 giugno 1954, Cont. 20046, Avv. Genova). -82 15. La morosit., riconosciuta dal conduttore ragione sufficiente a giustificare la risoluzione della locazione. (Pret. Bolzano 20 maggio 1954, Cont. 914, A vv. Trento). 16. La locazione stipulata durante la quiescenza di un'altra locazione per virt di una requisizione nulla. (Trib. Lecce, 21 luglio 1954, Cont. 117 4, Avv. Lecce). (Vedi: Contabilit generale dello Stato 3). MANUTENZIONE (Vedi: Comunione e Condominio 1). METANO (Vedi: Ingiunzione amministrativa 2). . MORA (Vedi: Locazioni 15; Trasporto ferroviario 1-2). OBBLIGAZIONI E CONTRATTI (Vedi: Contabilit gen. Stato 4; 5). OCCUPAZIONE (Vedi: Ingiunzione amministrativa 3; Locazione 1). OCCUPAZIONE BELLICA 1. A norma dell'art. 4 d.l. n. 428 del 1946 i debiti del tedesco invasore per forniture servizi o lavori non possono farsi valere, se si tratti di atti nell'interesse dell'esercito invasore, contro lo Stato italiano. (Trib. Trento, 16 maggio 1954, Cont. 585, Avv. Trento). 2. Le requisizioni A.M.G. per sopperire ai bisogni delle Amministrazioni italiane sono rette dalla legge n. 10 del 1951 e rientrano sia per la misura dell'indennit. che pel risarcimento di danni all'immobile nella competenza del giudice ordinario, esaurita la fase amministrativa. (Trib. Bologna, 12 febbraio 1954, Cont. 7156, Avv. Bologna). (Vedi : Imposte doganali 3). O. N. D. (Vedi: Lavoro 2). PENSIONI 1. Nelle cause relative a pensioni anche quando si ricorra contro ingiunzione amministrativa per recupero di ratei pagati indebitamente sempre competente la Corte dei Conti. (Trib. Potenza, 7 ottobre 1954, Cont. 678, Avv. Potenza). PESCA (Vedi: Usi Civici 2). PLIZIA (Vedi: Discrezionalit 1). POSSESSO 1. Poich le azioni possessorie sono esperibili contro la Pubblica amministrazione, quando essa abbia agito con attivit meramente privata, l'Amministrazione, se manchi un atto di concessione che dia al rapporto natura pubblica, deve reintegrare nel possesso l'occupante di una immobile p.n.f.' contro cui avesse proceduto allo sgombro in via amministrativa. (Pret. Torino, 5 ottobre 1954, Cont. 2050, Avv. Torino). PRESCRIZIONE (iVedi: Aeromobili 1-2; Circolazione 1; Trasporto ferroviario 3 ) . PROCEDIMENTO CIVILE 1. Le scritture prodotte da una parte e non disconosciute dall'altra nella loro autenticit., nell'udienza immediatamente successiva alla produzione si hanno per riconosciute. (Corte App. Torino, 4 giugno 1954, Cont. 10188, Avv. Torino). 2. Non pu una domanda di risarcimento danni per mancata accettazione di spedizione, essere opposta all'Amministrazione ferroviaria come riconvenzionale alla azione svolta per inadempimento da parte del privato di una transazione, ci per non essere quella pretesa dipendente dal titolo dell'attore o da quello eccepito. (Trib. Catania 30 maggio 1954, Cont. 16904, Avv. Catania). 3. Se in una opposizione a ingiunzione per pene pecuniarie in materia valutaria si costituisce non il convenuto ufficio del Registro ma il Ministro del Tesoro si avvera una causa inscindibile, per cui se in appello non sia citata una di tali parti, deve disporsi l'integrazione del contraddittorio ma se l'atto integrativo nullo per non eseguita notifica presso l'Avvocatura dello Stato l'impugnazione diviene inammissibile. (Corte App. Catania, 24 luglio 1954, Cont. 17440, Avv. Catania). 4. La dipendenza gerarchica di testi dall'Amministrazione parte in causa non elemento per inficiarne l'attendibilit. spe0ie quando essi siano i soli che per le mansioni rivestite possano fornire ragguagli sul fatto meglio di qualsiasi altro. (Corte App. Messina, 25 febbraio 1954, Cont. 3467, Avv. Messina). (Vedi : Imposte in genere 7). PROPRIET 1. Quando l'Amministrazione affermi la sussi Stenza di un diritto di acquisto derivato da legge, atto amministrativo o contratto, non contro di essa ammissibile la revindica. ('-rrib. Potenza 25 ottobre 1954, Cont. 496; Avv. Potenza). 83 PROPRIET (reati contro) 1. L'acquisto di foraggio da militari, non potendosene ignorare la delittuosa provenienza per le circostanze equivoche della vendita, ricettaziQne. (Trib. Pen. Bolzano, 16 gennaio 1954, Cont. 907, Avv. Trento). 2. Se manchi la prova certa della provenienza delittuosa delle cose ricevute e ancorch vi siano motivi di sospetto pel valore delle cose, per le condizioni di chi dava e per la gratuit della distribuzione, si ravvisa il reato di incauto acquisto non quello di ricettazione. (Corte App. Trento, 14 giugno 1954, Cont. 76, Avv. Trento). 3. Il militare che simulando una falsa consegna a militari di altro ente converte in suo profitto un automezzo dell'Amministrazione commette il reato di truffa militare aggravata se si tratti di ufficiale. (Corte App. Pen. Trento, 24 maggio 1954, Oont. 579, Avv. Trento). REDDITI AGRARI (Vedi: Imposta di R. M. 4). REQUISIZIONI 1. Un teatrino dell'O.N.B. non adattabile senza rilevanti modifiche ad abitazione non rientra fra gli immobili disponibili per requisizione di cui all'art. 3 d.l. n. 415 del 1944. (Pret. Rapallo 11 giugno 1954, Cont. 20046, Avv. Genova). 2. La misura dell'indennit di requisizion in uso non impugnabile trascorsi i 30 giorni dalla notifica del relativo decreto. (Corte App. Catania, 10 luglio 1954, Cont. 17896, Avv. Catania). 3. Un provvedimento del Commissario governativo per gli alloggi che manchi di ogni indicazione della persona a cui l'ordine diretto e del canone da corrispondere, non ha gli estremi di un o:rdine di requisizione. (Pret. Rapallo, 11 giugno 1954, Cont. 20046, Avv. Genova). 4. Il giudice ordinario competente per le requisizioni ex art. 7 legge n. 2359 del 1865, all. E, oppure per quelle avvenute dopo il 15 aprile 1946. (Corte App. Catania, 10 luglio 1954, Cont. 17896 Avv. Catania). (Vedi: Locazione 16, Occupazione bellica 2). REPUBBLICA SOCIALE ITALIANA 1. Non sono valide circolari o istruzioni interne della r.s.i. di esenzione da diritti di licenza delle merci esportate per conto delle forze armate tedesche, potendo un tributo imposto da legge essere abolito solo da altra legge. {Trib. Bologna, 24 giugno 1954, Cont. 7430, Avv. Bologna). RESIDENZA (Vedi: Cittadinanza 1). RESPONSABILIT CIVILE (Vedi: Atto Amministrativo 2; Circolazione 2, 3, 4, 5; Comunione e Condominio 2, Giudizio (rapporto) 2-3). REVINDICA (Vedi: Esecuzione 1-2) REVISIONE (Vedi: Imposta R. M. 3). RICETTAZIONE (Vedi: Propriet (reati contro) 1-2). RICONVENZIONE (Vedi: Procedimento civile 2). RIPETIZIONE (Vedi: Imposte in genere 8, 9). RIVALSA (Vedi : Circolazione 6). SCINDIBILIT (Vedi : Procedimento civile 3). SCRITTURE (Vedi: Procedimento civile 1). SINDACATI 1. Solo per le esecuzioni e non per i giudizi ordinari di cognizione il d.1.1. n. 369 del 1944 ha vietato le azioni individuali contro le ex confederazioni fasciste in liquidazione, ove nn si effettui la liquidazione generale. (Trib. Genova, 4 agosto 1954, Cont. 19840, Avv. Genova). SOLIDARIET 1. Nella ricettazione compiuta da pi persone i responsabili rispondono solidalmente del danno nei limiti della loro azione delittuosa. (Trib. Potenza, 22novembre1954, Cont. 669, Avv. Potenza). SOLVE ET REPETE (Vedi: Alimentazione 1; Imposta fabbricazione 1; Imposte doganali 4). SOTTOSCRIZION:jll (Vedi: Ingiunzione amministrativa 4). -84 SPESE GIUDIZIALI 1. Possono compensarsi le spese anche in caso di nullit della notifica della citazione se risulti che la citazione sia stata fatta ad abundantiam. (Corte .App. Catania, 16 luglio 1954, Cont. 16416, .Avv. Catania). 2. Qualora oggetto della causa siano questioni controverse e dibattute le spese possono totalmente compensarsi. (Corte .App. Trento, 8 giugno 1954, Cont. 466, .Avv. Trento). SPESE DI GIUSTIZIA 1. Prosciolto l'imputato per rem1ss10ne senza che la sentenza nulla disponga sulle spese gravanti sul remittente, non pu il cancelliere ricuperare tali spese contro il remittente sulla base della nota spese resa esecutiva dal Presidente del Tribunale su richiesta del P. M. (Pret . .Acireale, 30 aprile 1954, Cont. 17802; .Avv. Catania). TERMINE (Vedi: Ingiunzione Amministrativa 5, 6). TESTIMONI (Vedi: Procedimento civile 4). TRASCRIZIONE (Vedi: Autoveicoli 3). TRASPORTO FERROVIARIO 1. Le tasse di sosta competono anche se la giacenza dovuta a forza maggiore salva solo la riduzione a met. (Corte .App. Catania, 10 febbraio 1954, Cont. 16351; .Avv. Catania). 2. In base ai principi del mandato il proprietario della ,merce spedita pu sostituirsi al mittente nei diritti ed obblighi del contratto, quindi bene gli vengono richieste le tasse di sosta. (Corte .App. Catania, 1 febbraio 1954, Cont. 15351; .Avv. Catania). 3. L'art. 66 paragr. 3 CC.TT. sempre in vigore; il termine prescrizionale quello stabilito in tale articolo. (Corte .App. Milano, 23 febbraio 1954, Cont. 29595, .Avv. Milano). TRUFFA (Vedi: Propriet (reati contro) 3). USI CIVICI 1. La decadenza dell'uso CIVICO per mancata denuncia nel termine di che all'art. 3 legge n. 1766 del 1927 non riguarda quello vantato su propriet d_emaniali non soggetta a liquidazione. (Comm. Usi Civ., Torino, 12 ottobre 1954, Cont. 358, .Avv. Torino, questione aperta). 2. Le affermazioni del diritto di pesca da parte del Demanio proprietario del bene ed anche la concessione alla stessa comunit che vanta su di esso bene un uso civico, non di ostacolo, stante l'imprescrittibilit dell'uso civico, al I'.iconoscimento di esso, non avendo rilievo neppure il dubbio dei titolari circa la esistenza dell'uso ,civico. (Comm. Usi Civici, Torino 12 ottobre 1954, OJ.t. 358, .Avv. Torino, questione aperta). VIOLAZIONI TRIBUTARIE (Vedi: Imposte in genere 10). INDICE SISTEMATICO DELLE CONSULTAZIONI L.4. FORMULZIONE DEL QUESITO NON RIFLETTE IN LOUN MODO L SOLUZIONE OHE. NE ST4.X4 P~SA ACQUE PUBBLICHE -Se, per s~abilire il termine della annualit in corso, ai sensi e per gli effetti dello art. 55 del T.U. 11dicembre1933, n. 1775, occorra rifarsi alla data iniziale della decorrenza effettiva del canone stabilito a norma dell'art. 37 oppure alla data del decreto di concessione (n. 30). AGRICOLTURA -1) Se ildecreto legislativo di espropriazione, contennte l'ordine di immediata occupazione, costituisce, per l'Ente di riforma, titolo sufficiente alla presa di possesso del terreno oppure sia, all'uopo, necesS\ trio notificare al proprietario un vero e proprio atto formale. (n. 7). -II) Se l'art. 6 della legge Sila possa in. terpretarsi come uno dei cc principi direttivi delle leggi delegate, recanti gli ordini di espropriazione (n. 7). AMMINISTRAZIONE PUBBLICA -1) Se la provincia, ai sensi delle vigenti norme, abbia l'onere della provvista e della manutenzione dei locali adibiti a sede dell'Archivio di Stato, anche quando la provincia stessa ritenga di poter richiedere l'utilizzazione di beni del Demanio dello Stato, nel senso che, pur in detto caso, sia sottoposta al pagamento del relativo canone (n. 174). Il) Se la provincia sia soggetta al detto onere anche quando la destinazione del bene demaniale a sede del1' archivio di Stato sia avvenuta in epoca anteriore alla entrata in vigore della legge 22 dicembre 1939, n. 2006 (n. 174). -III) Se il.Ministro, come capo dell'Amministrazione possa rappresentare questa in qualsiasi controversia (n. 175). -IV) Se.l'Amministrazione possa esperire i rimedi di autotutela amministrativa per riottenere la disponibilit di un bene patrimoniale indisponibile, da destinarsi nuovamente ad un uso di pubblico servizio (n. 176). -V) Se le Avvocature Distrettuali dello Stato possano richiedere direttamente informazioni all'Arma dei Carabinieri e agli altri organi di polizia (n. 177). ASSICURAZIONI -Se l'assicuratore di due autocarri, appartenenti allo stesso proprietario, i cui conducenti abbiano egualmente contribuito al verificarsi di un unico evento dannoso, sia tenuto, nei limiti del rispettivo massimale, alla rivalsa del danno prodotto per ambedue gli automezzi (n. 42). AUTOVEICOLI -Se il diritto dell'assegnatario alla propriet del veicolo nasca ope legis, quando si siano verificate le due condizioni stabilite dall'art. 9 del d.l. 22 gennaio 1948, n. 118 (n. 48). CASE ECONOMICHE E POPOLARI -I) Se, ai sensi dell'art. 19 della legge n. 43 del 1949, al termine della propria gestione l'INA Casa debba trasferire la propriet degli alloggi destinati alla locazione a favore dell'Istituto o dell'Ente al quale sia stata in precedenza affidata l'amministrazione degli alloggi stessi oppure possa trasferire la propriet medesima ad uno .qualsiasi degli enti. cui pu essere affidata l'amministrazione. (n. 51). -II) Se la Gestione INA-Casa possa mutare la destinazione di un alloggio in locazione, gi concesso in amministrazione, in quella di alloggio con patto di vendita (n. 51). CINEMATOGRAFIA -Se l'inizio della costruzione di edificio di cui solo una parte sia destinata a sala cinematografica, possa aver luogo indipendentemente dai limiti posti dalla legge n. 958 del 1949, con la riserva che la cos~ruzione sia limitata alla parte non interessante la sala stessa, salvi ovviamente gli elementi di questa che abbiano carattere strutturale rispetto alla statica dell'intero edificio (n. 13). CITTADINANZA -Se sia applicabile il beneficio pre visto dalle vigenti norme legislative, nell'ipotesi di un danno di guerra verificatosi nelle isole egee, nei confronti di una cittadina greca, la quale abbia successivamente acquistato la cjttadinanza italiana a seguito di matrimonio (n. 10). COMMERCIO. -Se, ai sensi dell'art. 68 cod. nav., sia legittima l'ordinanza, con la quale il Comandante di un porto limiti, nell'ambito del porto stesso e del de manio marittimo, la libera concorrenza nell'esercizio delle attivit, artigiane, commerciali e industriali (n. 9). COMUNI E PROVINCIE -I) Se la provincia, ai sensi delle vigenti norme, abbia l'onere della provvista e della manutenzione dei locali adibiti a sede dell'Archivio di Stato, anche quando la provincia stessa ritenga di poter richiedere l'utilizzazione di beni del Demanio dello Stato, nel senso che, pur in detto caso, sia sottoposta al pagamento del relativo canone (n. 57)~ -II) Se la provincia. sia soggetta al detto onere anche quando la destinazione del bene demaniale a sede dell'Archivio di Stato sia avvenuta in epoca anteriore all'entrata in vigore della. legge 22 dicembre 1939, n. 2006 (n. 57). CONCESSIONI -I) Se le assegnazioni di alloggi ai .. dipendenti della P .A. per motivi di servizio o preferenziali costituisca sempre un atto di concessione amininistrativa, revocabile dall'Amministrazione per motivate ragioni di pubblico interesse, anche se gli alloggi stessi siano ubicati in immobili non demaniali (n. 43). -II) Se _. 86 gli atti che dispongono la cessazione della concessione e i successivi ordini di rilascio, emanati dai Comandi Militari Territoriali, costituiscano provvedimenti definitivi (n. 43). -III) Se la P. A. possa attuare direttamente con mezzi amministrativi la tutela dei beni non demaniali, anche se appartengano al patrimonio indisponibile (n. 43). -IV) Se ogni variazione della tariffa di pubblicit lungo le strade statali o in vista delle medesime, debba essere previamente approvata dal Comitato interministeriale prezzi (n. 44). -V) Se la decorrenza della validit del perm3sso e, in conseguenza, della somma pagata, decorra dal giorno del rilascio.del buono, in base al quale consentita l'opposizione del cartello pubblicitario o dal giorno in cui ha luogo l'effettiva utenza (n. 44). -VI) Se sia legittima la disposizione in base alla quale l'A.N.A.S. estende il proprio monopolio alla pubblicit eseguita in vista delle strade statali (n. 44). -VII) Quale sia la natura giuridica del corrispettivo pagato per la pubblicit lungo e in vista della strade statali.(n. 44). CONFISCA -Se la dichiarazione di inefficacia dei cntratti di trasferimento a titolo oneroso, posto in essere da soggetti a confisca successivamente all'8 settembre 1943, sia subordinato alla prova, da parte della P.A., che l'attuale proprietario possessore dei beni trasferiti sapesse o potesse sapere, al momento dell'acquisto, che tra i suoi danti causa esistesse persona che avesse svolto attivit di collaborazionismo con il tedesco invasore (n. 16). CONTABILIT GENERALE DELLO STATO. Se i finanziatori di formazioni partigiane, per ottenere il rimborso previsto dall'art. 1 del d.l. 19 aprile 1948, n. 517, debbano giustificare l'impiego, fatto da parte dei comandanti delle formazioni stesse, delle somme loro anticipate (n. 127). CONTRABBANDO -I) Se la violap;ione dell'art. 3 del T.U. 2 febbraio 1923, n. 23 costituisca il reato di contrabbando represso e punito dal 2 comma dell'art. 45 del T.U. medesimo (n. 25). -Il) Se, agli effetti penali, la mancanza di prova legale del pagamento dell'imposta sia equiparata al mancato pagamento dell'imposta medessima (n. 25). DANNI DI GUERRA -Se sia applicabile il beneficio previsto dalle vigenti norme legislative, nell'ipotesi di un danno di guerra verificatosi nelle isole egee, nei confronti di una cittadina greca, la quale abbia successivamente acquistato la cittadinanza italiana in seguito a. matrimonio (n. 49). DEMANIO -I) Se le assegnazioni di alloggi ai dipendenti della P.A. per motivi di servizio o preferenziali costituisca sempre un atto di concessione amministrativa, revocabile dall'Amministrazione per motivate ragioni di pubblico interesse, anche se gli alloggi stesf)i si~no ubicati in immobili non demaniali (n. 105). -Il) Se gli atti che dispongono la cessazione della concessione e i successivi ordini di rilascio, emanati dai Comandi Militari Territoriali, costituiscano provvedimenti definitivi (n. 105). -III) Se la P. A. possa attuare direttamente con mezzi amministrativi la tutela dei beni non demaniali, anche se appartengano al patrimonio indisponibile (n. 105). -IV) Se l'Amministrazione possa esperire i rimedi di autotutela amministrativa per riottenere la disponibilit di un bene patrimoniale indispo nibile, da destinarsi nuovamente ad un uso di pubblico servizio (n. 106). -V) Se siano impugnabili per difetto di giurisdizione le ordinanze, emesse dal Pretore ai sensi degli artt. 33 e 34 della legge 23 maggio 1950, n. 253, in relazione allo sfratto, intimato dall'Amministrazione, da locali appartenenti al Demanio o al patrimonio indisponibile dello Stato e assegnati in concessione (n,. 107). -VI) Se, ed in quali casi, le sponde dei laghi pubblici costituiscano beni demaniali (n. 108). ENTI E BENI ECCLESIASTICI -I) Se gli edifici destinati al culto pubblico siano compresi di per s, tra i beni demaniali o tra quelli soggetti al regime proprio del demanio pubblico (n. 24). -Il) Se agli edifici medesimi si applichi la norma dell'art. 879 cod. civ., che pone una limitazione al diritto di appoggio o alla costruzione di aderenza (n. 24). ESPROPRIAZIONE PER P. U. -I) Se il decreto legislativo di espropriazione, contenente l'ordine di immediata occupazione, costituisce, per l'Ente di riforma, titolo sufficiente alla presa di possesso del terreno, oppure sia, all'uopo, necessario notificare al proprietario un vero e proprio atto formale (n. 105). -Il) Se l'art. 6 della legge Sila possa interpretarsi come uno dei principi direttivi delle leggi delegate, recanti gli ordini di espropriazione (n. 105). -III) Se tra espropriante ed espropriato le spese di perizia debbano essere ripartite in ogni cas ove la differenza fra indennit di perizia e indennit offerta non sia maggiore o minore di un decimo (art. 37 39 comma della legge 20 marzo 1865, n. 2687). (n. 106).IV) Se il criterio di valutazione dell'indennit di occupazione preparatoria dell'espropriazione definitiva, che sia commisurata, cio, all'interesse legale annuo sull'importo capitale dell'esproprio stesso, si applichi solo quando il valore economico degli immobili, determinato non tenendo conto delle variazioni intervenute nel potere di acquisto, sia rimasto invariato dalla data dell'occupazione (n. 107). FALLIMENTO -Se l'Amministrazione possa sospendere il pagamento dei crediti tuttora vanati da un'Impresa, gi assuntrice dei lavori, in stato di fallimento, al fine di garantirsi il recupero della quota di risarcimento di danni facente carico all'Impresa fallita, essendo l'Amministrazione medesima, condannata in solido con la prima, tenuta a risarcire per intero gli aventi diritto (n. 19). GUERRA -I) Se il Trattato di pace concluso fra lo Stato itali,ano e le Potenze Alleate e le disposizioni economiche e finanziarie relative alla Libia, emanate dall'Assemblra Generale dell'O.N.U. con la Risoluzione del 15 dicembre 1950 abbiano modificato l'obbligo, deriv; ante all'Amministrazione della Difesa del giudicato penale del Tribunale Militare di Guerra di Tripoli, di risa cire i danni derivanti dalla morte, avvenuta nel 1941, diun cittadino libico, rimasto vittima di un incidente ad opera di un trattore dell'Esercizio (n. 128). -Il) Se le persone fisiche o giuridiche non tedesche, interessate in societ tedesche, abbiano un diritto vero e proprio a che i beni delle medesime non siano venduti o, dopo la liquidazione, alla parte di prezzo corrispondente-al-lor.e interesse (n. 129). -III) Quale sia il periodo in cui richiesta la propriet delle azioni, affinch possa farsi valere l'interesse " indiretto sui beni delle societ tedesche da parte di persone fisiche o giuridiche non tedesche (n. 129). -87 ,SE. 1 1 IMPOSTE E TASSE -I) Se agli effetti penali, la mancanza di prova legale del pagamento dell'imposta ~E ~ sia equiparata al mancato pagamento dell'imposta medesima (n. 256). -Il) Se, per effetto delle convenzioniINIS1 di abbonamento e degli atti di determinazione, la decorrenza dei termini di prescrizione dei tributi debba avere inizio dalla data degli atti stessi, ovvero dalla scadenza delle singole rate oppure dalla fine del periodo previsto nella convenzione (n. 257). -III) Da quale data decorra la prescrizione dell'imposta ove la convenzione sia stata stipulata successivamente all'anno cui si riferisce il IURij tributo. (n. 257). -IV) :a quale data decorra il termine I prescrizionale del diritto dell'Amministrazione finanziaria di procedere alla liquidazione definitiva del tributo, I fissato in via provvisoria nella convenzione di abbona mento, in seguito agli eventi che possano determinarne un conguaglio in aumento o in diminuzione (n. 257). ::~u:) IMPIEGO PRIVATO -I) Se le forme di licenziamento proprio del contratto d'impiego privato a tempo inde L delloI terminato, previste e regolate anche dal codice civile [)S .A.m~ agli articoli 2118 e 2119, siano applicabili al rapporto vibile; ! d'impiego pubblico nel caso in cui esso sia sottoposto -amm.inj alle disposizioni della legge sull'impiego privato (n. 36) discussJ -Il) Se i principi generali propri del rapporto pubblico essere vengano meno in dipendenza dell'assoggettamento alle i membi disposizioni della legge sull'impiego privato (n. 36). ), Oosti1 one deU IMPIEGO PUBBLICO -I) Se il provvedimento am al Fis1 ministrativo con il quale si determina unilateralmente la cessazione di un rapporto di pubbiico impiego, pervenuto CARCA. 1 al carattere di stabilit, esiga per sua natura la motiva lere il p zione almeno generica (n. 378). -Il) Se le forme di L nei j licenziamento proprie del contratto di impiego privato ,ti quelli a tempo indeterminato, previste e regolate anche dal ,to; ilFi~ Codice civile agli articoli 2118 e 2119, siano applicabili irdo del! al rapporto d'impiego pubblico nel caso in cui esso sia ~corre ~ sottoposto alle disposizioni della legge sull'impiego anni dii privato (n. 378). -III) Se i principi generali propri del Lto in ' rapporto pubblico vengano meno in dipendenza dell'as soggettamento alle disposizioni della legge sull'impiego .niversi privato (n. 378). -IV) Se sia possibile il licenziamento l949); 1 ad nutum di un dirigente dell'Istituto Poligrafico dello 1 Tribu Stato, atteso che il licenziamento stesso sottoposto (ivi, a alla ratifica del Ministro delle Finanze (n. 378). -V) Se sia dovuta alcuna indennit previdenziale o di licenzia >BA. L~ mento all'impiegato in conseguenza della cessazione del a la. ist comando presso un Ente Pubblico disposta in seguito ) a richiesta dell'Amministrazione di provenienza (n. 379). ENTES. 1 VI) Se la circostanza della permanenza in servizio del dere .il~ personale senza soluzione di fatto implichi di per s e priv la nullit della risoluzione del rapporto e della rela' nei gi tiva liquidazione, intervenuti all'atto dell'affidamento quelli ij di nuovi compiti all'Ente da cui dipende il personale ,to (art.i medesimo (n. 380). -VII) Se la riassunzione del perso- Lato dai nale degli enti economici dell'Agricoltura presso l'Ufficio (art. 1~ in liquidazione debba considerarsi come assunzione ex ' novo tutti gli effetti (n. 380). -VIII) Se la possibilit I di una riassunzione da parte di una Amministrazione i RIOS. 1 diversa, prevista dall'art. 3 della legge 29 dicembre 1950, lere il i n. 1079; sussista solo quando si tratti di amministrazione be legittj dello Stato, ovvero anche quando si tratti di enti pubblici led in ti distinti (n. 380). -IX) Se le norme della legge n. 1079 dello Stl del 1950 siano applicabili ove il licenziamento del perso- tale ca~ nale sia stato non effetto di soppressione o di riduzione ! di uffici ma della soppressione dell'Ente (n. 380). J__ LEGGI DECRETI E REGOLAMENTI -Se l'art. 6 della legge Sila possa interpretarsi come uno dei principi direttivi delle leggi delegate, recante gli ordini di espropriazione (n. 11). LOCAZIONI -I) Se siano impugnabili per difetto di giurisdizione le ordinanze emesse dal Pretore ai sensi degli artt. 33 e 34 della legge 23 maggio n. 253, in relazione allo sfratto; intimato dall'Amministrazione, da locali appartenenti al Demanio o al patrimonio indisponibile dello Stato e assegnati in concessione (n. 84). II) Se le disposizioni di cui all'art. 2 (40 comma) del d.l. 21 dicembre 1951, n. 1358, convertito nella legge 16 febbraio 1952, n. 58, recante norme sulle locazioni di immobili urbani siano applicabili anche a favore del proprietario di un solo immobile locato ad uso diverso da quello di abitazione e non destinato all'esercizio di attivit artigiane (n. 85). MONOPOLIO -I) Se le carte da giuoco siano assimilabili ai generi di monopolio (n. 24). -II) Se le infrazioni al r.d.l. 30 dicembre 1923, n. 3277 sulle carte da giuoco, ancorch punibili con la pena pecuniaria della multa, siano soggette alla definizione amministrativa, prevista dalla legge 3 gennaio 1951, .n. 27 (n. 24). NOTIFICAZIONE -I) Se, ai sensi dell'art. 139 c.p.c. la persona cui l'Ufficiale giudiziario consegna l'atto, debba essere non soltanto dipendente del notificando, ma altres addetta alla casa di residenza di questi (n. 11). -II) Se, per potersi configurare il domicilio speciale eletto, di cui all'art. 47 c.p.c., occorra indicare non solo genericamente la citt, ma la persona o l'ufficio, che funge da domiciliatario o, in genere, ove si elegge domicilio (n. 11). POLIZIA -Se le Avvocature Distrettuali dello Stato possano richiedere direttamente informazioni all'Arma dei Carabinieri ed agli altri organi di polizia (n. 7). PORTI -I) Se, ai sensi dell'art. 68 cod. nav. sia legittima l'ordinanza, con la quale il Comandante di un porto limiti nell'ambito del porto stesso, e del demanio marittimo, la libera concorren.za nell'esercizio di attivit artigiane, commerciali e industriali (n. 5). -II) Se le somme da versarsi alla Compagnia Portuale ai sensi della tariffa per lo sbarco e per l'imbarco delle merci nel porto di Napoli possano considerarsi comprese nella voce contributi, annoverata tra quelle coperte dal 24% a favore dell'impresa assuntrice del servizio stesso (n. 6). POSTE -Se sia sufficiente l'autorizzazione del giudice tutelare per la riscossione dei titoli postali di risparmio, appartenenti ad interdicendi. (n. 44). RAPPORTI DI LAVORO -Se le indennit previste dagli artt. 2118 e 2120 cod. civ., spettino agli eredi del prestatore di lavoro, jure proprio o jure hereditario (n. 28). REGIONI -I) Se in base alle disposizioni del codice civile, siano da trascrivere gli atti, con cui, in applicazione delle disposizioni costituzionali degli Statuti speciali, viene attuato il trasferimento dei beni disponibili dello Stato e delle Regioni (n. 50). -Il) Se l'elenca 90 :ione d~ :olo 264 ~li atti a~ :arattere :izioni di, a Regio~ >eni, di ilevati a cittadi REQU la requi equisizio cano de le siano >rima de IV) A rersie su l..frica Se RESP li due a cui co reri:ficars imiti de' >rodotto SOOIEJ ate di oinisteri alidit nistrazione (art. 109, Oost. 8 settembre 1943) Per essere Fiscal de Estado si richiedono le stesse condizioni valevoli per essere min-istro della Corte di Giustizia; valgono le stesse immunit. Il Fiscal designato dal Potere Esecutivo con accordo della Legislatura; egli pu essere rimosso per gli stessi motivi e con le stesse forme stabilite per i magistrati del Potere giudiziar:o. II Fiscal de Estaio non pu esercitare la professione di avvocato (art. 110, ivi). MENDOZA. Vi sono uno o pi Fiscales di Stato, incaricati della difesa, dinanzi ai giudici ed alle Amministrazioni, dei beni pubt:lici e privrti della Provincia e del patrimonio dello Stato; essi possono domandare la nullit o incostituzionalit di leggi, decreti, regolamenti, contratti o risoluzioni contrari alle norme costituzionali della Provincia, nel solo interesse della legge o in difesa degli interessi dello Stato provinciale. La domanda in nullit non. sospende gli effetti dell'esecuzione della norma impugnata, salvo espressa domanda del Fiscal di Stato e motivata risoluzione del Tribunale. I Fiscales sono anche parte nelle cause dinanzi al Tribunale dei conti (art. 160, Oostit. 31 maggio 1949). SALTA. Vi un Fiscal de Estado, incaricato di difendere il patrimonio dello Stato; egli parte legittima nei giudizi contenzioso-amministrativi ed in tutti quelli che tocchino gli interessi ed i beni della Provincia. II Fiscal ha competenza a chiedere la nullit di qualsiasi legge, decreto, ordinanza, contratto o risoluzione, contrari alle norme costituzionali o che in qualunque forma, possano pregiudicare gli interessi della Provincia -Il F'iscal anche consulente (asesor) legale del Potere Esecutivo. Vi sono anche procuratori dello Stato (procuratore fiscale) incaricati ad intervenire nei giudizi concernenti gli interessi od i beni della Provincia secondo le assegnazioni del Potere Esecutivo; essi sono nominati e rimossi da quest'ultimo (art. 173, Oort. 1 giugno 1943) -Per essere Fiscal de Estado occorrono gli stessi requisiti valevoli per i giudici di prima istanza: il Fiscal gode delle stesse immunit dei membri del Potere giudiziario; egli non pu esercitare la. professione di avvocato; nominato e rimosso dal Potere Ese cutivo, con accordo del Senato (art. 174 ivi). S. JUAN. L'art. 92, n. 4, della Oostit. 4 giugno 1949, distingue chiaramente i titolari del ministero pubblico dal Fiscal de Estado; quelli e questo sono nominati dal Potere Esecutivo, con acuerdo della Camera dei rappresentanti. S. Lurs. La Oostit. 8 giugno 1949, art. 127, distingue il Procuratore Generale, i fiscales ed i difensori ufficiali, nomin.ati dal Potere Esecutivo, con acuerdo della Legislatura. SANTA F, Vi un Fiscal di Stato, che il difensore legale della Pubblica Amministrazione; esso difende il patrimonio provinciale e si costituisce come parte legittima nei giudizi contenzioso-amministrativi ed in tutti quelli in cui si discutono ~nteressi della~ Provincia (art. 80, Oostit. 25 agosto 1949). Il Fiscal designato direttamente dal Go verno con acuerdo legislativo; dev'essere argentino di nascita, avere trent'mJ,ni di et, possedere laurea di avvocato rilasciata in una universit nazionale e dieci anni di esercizio profession.ale (ivi, art. 81). Il Fiscal di Stato esercita le sue funzioni sino al giorno in cui cessi il Governatore. dal suo mandato; esso non pu essere rimosso se non in seguito a giudizio politico, per delitto nel disimpegno delle sue funzioni, mancanza di adempimento ai doveri della sua carica o per delitti comuni; il Fiscal possiede le stesse immunit ed in.compatibilit dei legislatori. SANTIAGO DEL ESTERO. Vi un Fiscal di Stato, incaricato di difendere il patrimonio dello Stato; esso parte legale e necessaria nei giudizi con.ten. zioso-amministrativi ed in tutti quelli in cui siano in discussione interessi dello Stato (art. 100, Oostit. 12 agosto 1949). Per essere Fiscal di Stato si richiedono le stesse con.dizioni valevoli per i giudici di prima istanza; il Fiscal n.on pu essere rimosso che per le stesse cause e condizioni valevoli per i giudici di prima istanza; la nomina spetta al Potere esecutivo, che vi provvede con acuerdo del Parlamento; il Fiscal dura in carica per sei anni; inamovibile solo se confermato (art. 101). TucUMAN. il n. 5 dell'art. 24 della Oostit. 7 giugno 1949 distingue il ministro fiscal, gli agen.ti fiscales, ed i defensores dello Stato; questi sono nominati dal Governatore con acuerdo del Senato. Il F'iscal de Estado , negli Stati argentini, un istituto da non confondersi col pubblico ministero n con gli agentes fiscales (finanziari); esso sostituisce i defensores de Estado, quando la Costituzione non ne parli. Non ci sono pervenute le Costituzioni 1952 degli Stati Eva Per6n e Presidente Per6n. AUSTRALIA Riesce impossibile staccare l'analisi dal corpo giuridico della Gran Brettagn,a e del Commonwealth britannico, al quale appartiene del resto il Commonwealth di Australia. Il Commowealth di Australia composto di sei Stati (New South Wales, Queensland, South Australia, Tasmania, Victoria e Western Australia); ci occuperemo qui anche del territorio di Papua e New Guinea, il quale forma un'amministrazione unica (Papua and New Guinea Act, 1949), succeduta ad un'amministrazione unica provvisoria (Papua New Guinea Provisional Administration Act, 1945-46). L'amministrazione dell'Australian Capital Territory rientra in quella del Commonwealth, specie per quanto conc~rne il Ministero dell'Interno; il N orthern Territory of Australia rientra altresi nell'amministrazione del Commonwealth di Australia. Divideremo la trattazione, sia per quanto riguarda la responsabilit dell'Amminis.trazione verso terzi (A) e sia per quanto ne riguarda la diresa-(E-), in otto capitoletti: 1. Australia (Commonwealth of). 2. New South Wales (State of). 3. Q,ueensland (State of). 91 4. South Australia (State of). ~ 5. Tasmania (State of). 6. Victoria (State of). 7. Western Australia (State of). 8. Papua and New Guinea (Territory of). Il potere. esecutivo fa capo (is vested in) alla Corona inglese ed esercit,ato dal Governatore generale per il Commonwealth di Australia (art. 61, Cost. 9 luglio 1900, atto del Parlamento inglese); da un Governatore (che non ha subordinazione gerarchica con il Governatore generale) in New South Wales (New South Wales Constitution Act, 1855; consol. 1938), in Queensland (Constitution Act n. 38 del 1867; consolid. 1936), in South Australia (Constitution Act n. 2 del 1855-1856; consol. 1936), in Tasmania (Constitution Act n. 17 .del 1854; consol. 1934) ed in Western A 16stralia (We- stern Australia Constitution Act 1880; consol. 1921); da un Amministratore in Territory of Papua and New Guinea (Papua and New Guinea Act, 1949). Per quanto riguarda le altre caratteristiche costituzionali rinviamo a The Statesman's Yearbook di' S. H. Steimberg, Mac Millan, London, 1954, per il Commonwealth di Australia (p. 439 e seg.), per gli States (p. 46.6 e seg.), per il Territory of Papua and New Guinea (p. 512 e seg.), ed alle bibliografie di Hedberg, Peaslee, Crisp, Paton. La teoria. ortodossa (Paton) considera attualmente la Corona (Crown) come una ed indivisibile; il Commonwealth e gli Stati hanno personalit legale soltanto attraverso la Corona; pertanto possibile che la Corona agisca in nome ed in favore del Commonwealth di Australia o degli Stati (in right of) contro lo stesso Commonwealth od i singoli Stati (:ved. The Federation anfl, Suits between Governments, in Jour. of Comparative Law n, 1935, 17, p. 163). La storia costituzionale della Gran Brettagna mostra lo sviluppo logico e giuridico del concetto e dell'istituto della irresponsabilit (tortious immunity) della Pubblica Amministrazione (Corona), verso i terzi per gli atti commessi in frode o per negligenza (in torts) daiJ'proprifdipendenti (servants) nell'esercizio della funzione (duty); per la responsabilit contrattuale (in contracts) veniva concessa una autorizzazione a procedere (fiat) dallo Attorney General (che non proprio il cc Parquet 11 francese od il nostro Procuratore generale) su domanda dell'interessato (Petition of Right Act, 1860). Le aspre critiche del sistema portarono alla legge sulla responsabilit della Corona sia in contracts e sia in torts (Crown Proceedings Act del 31 luglio 194 7, che abol la richiesta di autorizzazione a procedere contro l'Amministrazione); cadeva cos il principio che la Corona non potesse sbagliare (The King kan do no wrong) o che non si potesse agire in giudizio contro la stessa fountain of justice, e cio contro la stessa Corona (The sub1ect has no right against the K ing). Il sistema funzionale dello Attorney General in Australia (Commonwealth e States) quello stesso inglese; lo Attorney General un Officer of the Crown; la Corona presente nelle proprie corti per la difesa dei suoi interessi a mezzo dello Her Majesty's Attorney General (The King sues by his attorney; the Attorney sues for the King); lo Attorney General rappresenta la Corona in ogni materia in cui sono in questione diritti aventi carattere pubblico (in all matters in which rights of a public caracter come into question). In Inghilterra lo Attorney General sostituito (per assenza o malattia) dal SoUoitor Generrai; Io Attorney General ed il Solicitor General sono (assieme al Lord Advocate per la Scozia ed il Solicitor General per la Scozia) law officers (carica politica) facenti parte del Governo, ma non sono Ministri di Gabinetto n Ministri non in Gabinetto; essi sono nominati dalla Corona a far parte del Governo su raccomandazione del Primo Ministro. Nel Commonwealth of Australia invece lo Attorney General fa parte del Gabinetto ed il Solicitor General un semplice funzionario (civil servant); negli Stati la posizione varia di poco, come vedremo. Occorre ricordare, per quanto andremo esponendo, che in Inghilterra operano, in difesa del1' Amministrazione, Solicitors to public departments (per alcuni Ministeri) (Attorneys and Solicitors Act, 1874), un Treasury Solicitor (Trasury Solicitor Act, 1876); vi poi, per le procedure criminali, un Director of Public Prosecutions (Prosecution of O:ffences Act, 1908), che opera sotto le direttive dello Attorney General (ved. Prosecution of O:ffences Regulations 1946, n. 1467); nelle cause dell'Ammiragliato ed in quelle matrimoniali e testamentarie la Corona rappresentata da un Queen's (o King's) Proctor (carica tenuta dal Treasury Solicitor) (usi e Matrimonial Causes Act, 1950). Di fronte al ceppo giuridico originario vedremo la situazione del Commonwealth of Australia, degli Stati e dei Territori, appena accennando alla materia penale. 1. COMMONWEALTH OF AUSTRALIA. A) L'art. 78 della Costituzione del Commonwealth del 9 luglio 1900 (nel cap. III, relativo alla Judicature) stabiliva che il Parlamento avrebbe potuto con leggi concedere il diritto di procedere in giudizio contro il Commonwealth o lo Stato nelle materie rientranti nella competenza del potere giudiziario: era la prima breccia al principio della improcedibilit contro la Corona, improcedibilt assoluta in torts e relativa (necessit del fiat e della petition of right) in contracts. La parte IX del Judiciary Act 1903, intitolata alle cc Azioni per e contro il Commonwealth e gli Stati 11 (Suits by and against the Commonwealth and the States) accogliendo il suggerimento costituzionale, concedeva il diritto di procedere in giudizio contro il Commonwealth australiano sia in materia contrattuale (in contracts) e sia in materia extracontrattuale (in torts) senza la necessit di una apposita richiesta (petition of right) o della autorizzazione dello Attorney General (fiat). Vedremo che non tutti gli Stati australiani, al 1955, si trovano nella stessa situazione. Il principio della procedibilit stato accolto, in ordine di tempo, dalla Unione-del Sud Africa (Crown Liability Act n. 1 del 1910), dallaNuova Zelanda (Crown Proceedings Act n. 54 del 1950), dalla Unione del Canad'!'(Orown Liability Act, 1953, eh. 30) (e precedentemente da alcuni Stati del Canad); in Ceylon la Corona ancora '" ' -92 esente da responsabilit. in torts (art. 1034, Laws of England, di Halsbury, Butterworth, London, 1953, voi. 5, p. '468); in India si distingue la procedibilit contro la Corona in materia di diritto privato dalla improcedibilit. in materia di diritto pubblico (art. 284 e seg., Costit. 1949; ved. H. STRET, Governmental Liability . .A comparative study, .At the University Press, Cambridge, 1953, p. 7). Seguiamo il Judiciary .Act 1903 (25 agosto) n. 6, con le integrazioni al 1950 (Judiciary .Act, 19031950). Chiunque abbia motivo di dolersi contro il Commonwealth, sia in contract e sia in tort, pu per tale doglianza procedere in giudizio contro il Commonwealth dinanzi alla Corte Suprema (High Court) del Commonwealth ed innanzi alla Corte Suprema (Supreme Court) dello Stato in cui la do~ glianza ha avuto origine (art. 56). Uno Stato, che abbia motivi di doglianza contro il Commonwealth, sia in contract e sia in tort, pu per tale doglianza procedere in giudizio contro il Commonwealth innanzi alla Corte Suprema del Commonwealth (art. 57) Chiunque abbia motivo di doglianza contro uno Stato, sia in contract e sia in tort, pu, per tale doglianza, ove la Corte Suprema di .Australia abbia nella materia giurisdizione originaria o questa le possa essere in seguito attribuita, procedere in giudizio contro lo Stato innanzi alla Suprema Corte dello Stato oppure dnanzi alla Suprema Corte di .Australia (art. 58). Uno Stato, che abbia motivo di doglianza contro un altro Stato, pu per tale doglianza convenire tale Stato dinanzi alla Corte Suprema di .Australia (art. 59). Nell'azione contro uno Stato dinanzi alla Corte Suprema di .Australia, questa pu concedere un ordine di non far luogo a procedere (writ of injunction) contro lo Stato e contro i funzionari dello Stato e le persone che <'!igiscano comunque in suo nome (art. 60). Le azioni in favore del Commonwealth sono iniziate in nome del Commonwealth dallo Attorney General o da altra persona da questi incaricata (art. 61). Le azioni in favore di uno Stato sono iniziate in nome dello Stato dallo Attorney General dello Stato o da altra persona da questo incaricata (art. 62). Ove il Commonwealth od uno Stato siano parti in giudizio, gli obblighi di procedura, in favore del Commonwealth o dello Stato, spettano allo Attorney General del Commonwealth o dello Stato, o possono essere affidati ad una persona da questi nominata (articolo 63 ). Nei giudizi in cui sia parte il Commonwealth od uno Stato, la posizione procedurale delle parti al sommo grado identica ed il giudizio seguir, anche per le spese da addossare all'una od al . l'altra parte, come si trattasse di un giudizio tra privati (art. 64). Non ammessa la procedura di esecuzione contro i beni e le entrate del Commonwealth o di uno Stato per i giudizi in parola; ove una sentenza sia emessa contro il Commonwealth od uno Stato, il Registrar rilascer un certificato attestante, a mezzo di apposito modulo, che la causa stata definita a favore di una parte determinata (art. 65). Sulla avvenuta notificazione del certificato stesso, che attesti che il giudizio si sia concluso in sfavore del Commonwealth o di uno Stato, il Tesoriere del Commonwealth o dello Stato provveder a disporre il pagamento delle somme legalmente disponibili (art. 66). L'esecuzione contro i pri vati a favore del Commonwealth o di uno Stato avviene con le procedure valevoli tra privati (articolo 67). I10 stesso Judiciary .Act 1903-1950 stabilisce che presso la Cancelleria Principale (Principal Registry) della Corte Suprema di .Australia vi un funzionario chiamato Principal Registrar (art. ol n. 1); presso le Cancellerie distrettuali vi sar un District Registrar (art. 51, n. 2); altri funzionari possono essere aggiunti. Il Principal Registrar ed i District Registrars possono ricevere giuramenti ed eseguire altri obblighi ad essi particolarmente assegnati dai regolamenti ( rules) o da una speciale ordinanza della Corte (art. 52). Un allegato dello Judiciary .Act regola il modulario di esecuzione al cui rilascio obbligato il Registrar. L'art. 75 della Costituzione 1900 del Commonwealth riporta alla originaria competenza della Suprema Sorte di .Australia i giudizi in cui il Commonwealth parte od i giudizi fra Stati o tra persone residenti nei vari Stati o tra uno Stato ed un residente di altro Stato; giacch la legislazione degli Stati sulla procedibilit. contro la Corona non identica, sorto il problema circa l'identificazione della legge applicabile. Per la discussione sull'argomento ved. PATON: The Commonwealth of Australia, Stevens, London, 1952, p. 17 e seg. Si riportano qui alcuni punti giurisprudenziali: 10 Perch il Commonwealth sia responsabile in tort per un suo funzionario occorre che tra il Commonwealth ed il suo funzionario esista un rapporto a cui sia applicabile il principio cc respondeat superior )) (in Paton, op. cit., p. 86); 20 il Commonwealth sfugge alla responsabilit ove la condotta del funzionario abbia avuto carattere discrezionale sia secondo una legge e sia secondo la pratica giurisprudenziale (common law) (ivi, p. 86 e 87); 30 l'esecuzione di una norma regolamentare, poi dichiarata ultra vires dal Privy Council, rende responsabile I'.Amministrazione per danno ai terzi (James versus Commonwealth, Cornmonw. Law Reports, 1939; voi. 62, p. 339; in Paton, p. 87); 4 la Corona non penalmente responsabile giacch essa non pu perseguire ed essere perseguita e giacch essa stessa ha il diritto di rimettere la pena (Cain versus Doyle, Commonw. Law Reports, 1946, n. 72, p. 409; in Paton, p. 88; ved. Fru:EDMANN: Modern Law Rev., 1946, n. 13, p. 24; ved. The .Australian Law Journal, voi. 20, 1946-47, p. 271); 50 il giudicato non vincola !'.Amministrazione per responsabilit. contrattiiale sino alla provvista dello stanziamento adeguato da parte del Parlamento (Commonwealth and Centrai Wool Comrnittee v. Colonia! Combing Co. Ud, 1922, in The .Australian Digest, 1825-1933, voi. 6, 1935, p. 20); 6 il contratto con I'.Amministrazione non nullo ma questa non risponde sino a che il Parlamento non abbia consentito l'apposito stanziamento (Kidman v. Commonwealth, 1925, The .Australian Digest, 1825-1933, voi. 6, 1935, p. 23); 7 le corti possono conoscere della condotta ministeriale soltanto nei casi di illegalit e nel resto i mini'Stri sono responsabili vrso la Corona ed il Parlamento (Theodore v. Duncan, 1919, The .Australian Digest, 18251933, voi. 6, 1935, p. 35). Per la materia giurisprudenziale concernente la procedibilit contro il Commonwealth ved. p. 1062 -93 e seg. di The Australian Digest; ved. la voce Crown, in vol. 6 di The Australian Digest 1825-1933. Per le questioni concernenti il pubblico impiego vedere Paton, op. cit., p. 91; ved. la giurisprudenza citata da H. STREET, Governmental Liability, Cambridge, Univ. Press, 1953, p. 208. Importante materiale giurisprudenziale, per quanto concerne i public bodies, boards, commissions, ed in genere statutory instrumentalities of Crown, in J. M. JELBART; Publio Bodies and the Crown's Immunity from Statute, in The Australian Law Journal, vol. 5, 1931-32, p. 216 e seg.; ved. C. J. LowE: The Liability of the Crown in Tort, in The Australian Law J ournal, vol. II, 1937-38, p. 402 e seg. B) Lo Attorney General fa parte .del Gabinetto ministeriale; scelto dal Governatore generale su proposta del Primo Ministro (art. 62, Costit. 1900); esso il capo dello Attorney-General's Department. Secondo il Solicitor General Act n. 28 del 1916 il Governatore generale nomina il Solicitor-General of the Commonwealth: questi assolve alle particolari attribuzioni che gli conferisce la legge ed a quelle che gli sono conferite dallo Attorney General (art. 2). Lo Attorney, con apposito decreto da pubblicare nella Gazette, pu delegare alcune sue funzioni al Solicitor General e le azioni di questo sono espletate come se fossero compiute direttamente dallo Attorney General (art. 3) .. Il Solicitor-General un funzionario (civil servant) della Corona; lo Attorney General riveste invece una carica politica. In The Federal Guide (august 1953, Common,w. Govern. Printer, Canberra) troviamo, fra le altre, elencate le seguenti funzioni dello Attorney General (p. 35-37): 1 amministrazione della giustizia; 20 risoluzione delle questioni concernenti ilpubblico impiego; 3 consulenza legale per la Pubblica .Amministrazione; 4 azione inquisitiva e prosecuzione in giudizio per i delitti previsti dalla legge del Commonwealth; 5 difesa giudiziaria del Commonwealth; 60 massimario dei tribunali del Commonwealth. Oltre il Solicitor General, vi sono nel Department un Crown Solicitor ed un sostituto; rappresentanti del Crown Solicitor si trovano in Sidney, Melbourne, Brisbane, Adelaide, Perth, Tonsville, Darwin. In sos-tanza, attraverso il Solicitor General ed il Crown Solicitor Io Attorney General un Avvocato generale dello Stato: esso attore o convenuto e provvede a tutti gli obblighi di procedura (art. 61-63, Judiciary A.et, 1903-1950); pu per nominare per la difesa giudiziaria una qualunque persona (art. 63, Judiciary A.et, 1903-1950); secondo la pratica inglese, le corti esercitano nei suoi confronti gli stessi poteri che hanno verso i privati ed i loro difensori (articolo 806, Halsbury's Laws Of England, vol. 7, Butterworth, London, 1954, p. 382); l'opinione dello Attorney Generalo del suo delegato, Solicitor General, vale quanto quella di qualsiasi avvocato (art. 64, Judiciary A.et, 1903-1950); le corti non potrebbero costringerlo a testimoniare. Lo Attorney General redige i progetti di legge a mezzo di un Parliamentary Draftsman e di un Principal Assistant Parliamentary Draftsman. Lo Attorney General del Commonwealth pu intervenire, in qualsiasi stadio della causa presso una Corte di uno Stato, in materia costituzionale o d'interpretazione della Costituzione, chiedendo che il giudizio sia rimesso alla Suprema Corte di Australia (art. 40, Judiciary Act, 1903-1950). Il Crown Solicitor per il Commonwealth pu esercitare non solo presso le Corti federali od una Corte che abbia giurisdizione federale, ma presso ogni Stato, anche se non sia iscFitto come Solicitor per un determinato Stato (art. 50, Judiciary A.et, 1903-1950). Gli art. 69 e seg. del Judiciary A.et 1903-1950 disciplinano la condotta dello Attorney General negli affari penali; egli nomina, sulla certificazione di povert, l'avvocato di difesa dell'imputato privo di mezzi (n. 3, art. 69, Judiciary A.et, 1003-1950). Lo Attorney General agisce a mezzo di un Publio Prosecutor (ved. Crimes Act 1914-1941; J. V. BARRY, G. W. PATON and G. SAWER, An introduction to the Criminal Law in Australia, Mac Millan, 1948, vol. 6 di cc English Studies in Criminal Science 'n). Lo Attorney General od il Solicitor General o persona da essi incaricata riceve particolari attribuzioni di controllo sulle liti giudiziarie sia contro privati che contro il Commonwealth e gli Stati in particolari materie o questioni sorte durante la guerra; le liti sono soggette ad una previa autorizzazione da parte di quelle autorit (ved. W ar Precautions Regulations ed il Legal Proceedings Control Act 1919). La consulenza per le Amministrazioni propria dello Attorney General; la Suprema Corte di Australia ha rifiutato di dare pareri su questioni astratte di diritto (1921, Common Law Reports, n. 29, p. 257); particolare il fatto che lo Attorney General di uno Stato il difensore costituzionale dei cittadini di quello Stato e pu, in loro nome, iniziare azione dinanzi alla Suprema Corte di Australia per la dichiarazione d'illegalit di una legge federale interferente con la legge di uno Stato; lo stesso vale circa la illegalit di una legge di altro Stato (Attorney Generai for Victoria versus The Commonwealth, 1945, n. 71, di Commonwealth Law Reports, p. 237; ved. nota k a p. 656 diHalsbury's Laws of England, vol. 5, 1953; ved. discussione in Paton, op. cit., p. 193). La giurisdizione in equit ha sviluppato, in Inghilterra, due rimedi, seguiti dalla pratica australiana, per la dichiarazione dei limiti e dei poteri legali della Corona e delle pubbliche autorit (declaratory judgement) e per la protezione degli interessi dei cittadini contro le violazioni da parte delle pubbliche autorit (injonction); tali rimedi sono portati contro lo Attorney General; Io stesso Attorney General pu agire con tali rimedi contro la pubblica autorit; la giurisprudenza ha stabilito che la cattiva fede, la parzialit ed il capriccio costituiscono un esercizio ultra vires di poteri delegati. Ved. High Court Rules, Order IV. La competenza appartiene ai giudici ordinari; in materia costituzionale il declaratory judgement dato dalfo Suprema Corte di Australia su ricorso dello Attorney General dello Stato prima che la legge incostituzionale del. Commonwealth venga pro.clamatn, (Attorney Generai for Victoria, 1945, ved. sopra;Toowoomba Foundry Pty. Ltd versus Commonwealth, 1945, n. 71, Commonwealth Law Reports, p. 545; ved. Paton, op. cit., p. 101, nota 92). Sulla giurisprudenza in genere riguardante lo Attorney General vedere Law Offecers, p. 62 e seg., di 94 - The Australian Digest, 1825-1933, Brisbarie, 1935, ed anche voce Crown. Ved. inoltre Arbitration Public Service Act 1920; Bills of Exchange Act 1906-36; Bankruptcy Act 1924-48; Copyright Act 1912-35; High Court Procedure .Act 1903-50; Matrimonial Causes .Act 1945; Patents .Act 1903-46; State and Territorial Laws and Records Recognition .Act 1901-1928; Statute of Westminster .Adoption .Act 1942). 2. NEW SOUTH WALES A) riconosciuta la responsabilit civile della Pubblica .Amministrazione sia in contracts e sia in tor;ts (Claims against Government and Crown .Act n. 27 del 1912). garantita in tal modo qualsiasi persona avente comunque una giusta lagnanza da opporre (any just claim or demand whatever) contro l'Amministrazione (art. 3). La Suprema Corte di New South Wales stabil che la legge applicabile in torts a cui il Commonwealth tenuto quella applicabile in ogni Stato tra i privati cittadini al 25 agosto 1903, data dell'entrata in vigore del Judiciary .Act del 1903 del Commonwealth australiano (ved. Musgrave versus Commonwealth, 1937, 57, Commonwealth Law Reports p. 514; 43, .AustralianLaw Reports, p. 614; 11, .Australian Law Journ., p.153). B) La posizione dello Attorney General, del Solicitor General e del Public Prosecutor identica a quella del Commonwealth; Io Attorney General fa parte del Gabinetto ma le funzioni per l'amministrazione della giustizia spettano ad un apposito Ministro per la giustizia e Vicepresidente del Consiglio esecutivo. Il Solicitor General un civil servant. Si ricorre ad una finzione, perch si agisca contro l'Amministrazione pubblica; occorre infatti avanzare una petition of right al Governatore, il quale elegge un nominal defendant (resitente di nome), che sostituisce la Corona; il defendant non personalmente responsabile (art. 8, Claims against Gov. and Crown .Act 27 del 1912). Nulla vieta poi che lo Attorney General, a mezzo del Solicitor, interponga il suo ufficio di difesa. La Suprema Corte di New South Wales stata la prima ad affermare che lo Attorney General pu comparire contro la Corona (Brown v. Commissioners for Railways, 1886, in The .Australian Digest, 1825-1933, voi. 6, p. 62). Sui contrasti possibili tra Attorney General ed il Defendant, nominato dal Governatore, ved. .Attorney Generai for the New South Wales v. Williams, 1910, in The .Australian Digest, 1825-1933, voi. 6, p. 63-64. Ved. Claims against Government .Act, 1857; Common Law Procedure .Act, 1899; Crimes .Act 19001929; Marriage .Act 1899-48; Mat:r:imonial Causes .Act 1899-1949; Supreme Court and Circuit Courts .Act 35 del 1900; Supreme Court Procedure .Act 1900. 3. QUEENSLAND. A) riconosciuta la responsabilit civile della Pubblica .Amministrazione sia in contracts e sia in torts (Claims against Government .Act 1866; Supreme Court .Act 1866). Il termine usato generico come per New South Wales (art. 2). B) La posizione dello Attorney General, del Solicitor General e del Public Prosecutor simile ~t quella del Commonwealth; Io Attorney General fa parte del Gabinetto ministeriale. Per convenire I' .Amministrazione occorre una petition of right al Governatore, il quale designa un nominal defendant (art. 2, Claims against the Government .Act, 1866); il reclamante agisce contro il defendant dinanzi alle corti (art. 5). Si tratta di una finzione per salvare la contraddizione di vedere la Corona, fonte della giustizia, messa contro s stessa. Nulla vieta che il Crown Solicitor interponga i suoi uffici in difesa della Corona, che sta dietro il def endant. Il defendant non ha alcuna persi:male responsabilit (art. 6). Ved. anche Criminal code 1899-1922; Matrimonial Causes Jurisdiction .Act, 1864 (.Amendment 1923). 4. SOUTH .AUSTRALIA. A) riconosciuta la responsablit civile della Corona sia in contracts e sia in torts, e cio in ogni caso di contestazione concernente una doglianza per motivi pecuniari (all cases of dispute and difference, touching any pecuniary claim, between any subject of H er M ajesty and Colonial Province of South Australia, which may have arisen, or may arise, within the said Province) (Claimant's Relief .Act n. 6 del 1853, art. l; South .Australia Supreme Court .Act, 1935-52). B) La posizione dello Attorney General, del Solicitor General e del Public Prosecutor identica a quella che si rinviene nel Commonwealth; Io Attorney General anche Ministro per l'Industria ed il Lavoro (.Attorney Generai and Minister of Industry and Employment). Lo Attorney General non siede in Parlamento (.Act 5 del 1873) ma le attribuzioni aggiunte glielo dovranno ormai permettere. Per convenire la .Corona (e cio la Pubblica .Amministrazione) occorre avanzare al Governatore una petition of right; il Governatore designa un nominal defendant (art. 2, Claimants' Relief .Act n. 6 del 1853; South .Australia Supreme Court .Act, 1935-52); il defendant non resta personalmente responsabile. Lo Attorney General, a mezzo del Crown Solicitor, presta gli uffici di difesa. Ved. anche Criminal Law Consolidation .Act, 1935-40; Matrimonial Causes .Act, 1929-41. 5. TASMANIA. .A) riconosciuta la responsabilit della Pubblica .Amministrazione sia in contracts e sia in torts . L'art. 4 del Crown Redress .Act dei 1891 n. 24 stabiliva: Chiunque abbia o ritenga di avere una giusta lagnanza (claim) contro Sua Maest in ordine ad un contratto intervenuto a nome di Sua Maest oppure entro la competenza del Governo di Tasmania, od in dipendenza di atto od omissione, negligenza o colpa di un funzionario, agente o dipendente del M'tMfa.Af!NEITTIBE&.W.WdiJ@Ai&&J ;nn&M,,,,,,,, -95 Governo di Tasmania, che avrebbe dato luogo ad una azione in diritto (at law) od in equit (in equity), (nel senso del diritto e della procedura inglese) tra privati, pu avanzare dinanzi alla Corte della competente giurisdizione di Tasmania una supplica (Supplication), per la decisione del caso. L'art. 64 del Supreme Court Civil Procedure Act, 1932 (Part VI) ammette le azioni contro la Corona per i contratti, i quasi-contratti, ed i torts. B) Lo Attorney General, il Crown Solicitor ed il Public Prosecutor hanno le stesse caratteristiche che nel Commonwealth; Io Attorney General un ministro del Gabinetto. Lo Attorney General presta la sua difesa nei giudizi contro la Corona; non stabilita la finzione del nominal defendant. Ved. anche Criminal Code, 1924; Matrimonial Causes Act, 1919; Supreme Court Civil Procedure Act, 1932; Supreme Court Act, 1887 n. ~6. 6. VICTORIA. A) La responsabilit della Pubblica Amministrazione limitata ai contratti. Una volta era dubbia la stessa interpretazione giurisprudenziale; in certi casi si volle prescindere anche dagli art. 2026 del vecchio Crown Remedies and Liability Act, 191~ (Daly v. Commonwealth, 1920, Australian Digest, voi. 6, p. 75); in altri casi si era detto che mancando all'Amministrazione l'autorizzazione del Parlamento a disporre un contratto, si sarebbe esclusa la stessa responsabilit contrattuale (Alcock versus Fergie, 1867, Australian Digest, 6, p. 78). L'art. 20 del Crown Remedies and Liability Act, 1928 n. 3665 parla in genere di azione (claim); l'art. 27 vuol chiarire che non si considera lagnanza (claim) o richiesta (demand) se non quella che abbia per presupposto un contratto. Una tale riserva ha creato vere perplessit quando si tratti di applicare la norma nei confronti di residenti in altri Stati, che ammettono la responsabilit dello Stato anche per i torts; avviene che per un medesimo evento (tort) il cittadino di Victoria escluso dal risarcimento mentre il cittadino danneggiato (residente in altro Stato) ammesso alla valutazione del tort. B) Lo Attorney General, il Solicitor General ed il Public Prosecutor hanno la stessa posizione che nel Commonwealth australiano; lo Attorney General un ministro del Gabinetto (Attorney Generai, Minister in charge of Prices, Minister in charge of Immigration). Per procedere contro l'Amministrazione occorre avanzare una petition of right alla suprema Corte di Victoria; cos iniziata la procedura (Crown Remedies and r~iability Act, 1928). Il sistema, limitato ai contratti (salvo qualche incompatibile divagazione recente della giurisprudenza), deriva dal Parlamento l'autorizzazione a convenire la Corona e non ha bisogno della finzione del nominal defendant. Lo Attorney General presta la difesa dell'Amministrazione a mezzo del Solicitor General. Sulla possibilit del Solicitor General di delegare un Deputy (Vice) Crown Solicitor, ved. decis. High Court of Australia (in appello dalla Suprema Corte di Victoria) 66, Commonwealth Law Reports, 1942, p. 43 e seg. Ved. anche Orimes Act, 1949; Justices Act, 1928; Legai Profession Practice Act, 1928; Marriage Act, 1928; Police Offences ..ct, 1928-49; Supreme Court Act, 1928. 7. WESTERN AUSTRALI.A.. A) riconosciuta la responsabilit della Pubblica Amministrazione sia in contracts e sia in torts (Crown Suits Act, 1947}; pertanto stato chiarito il Crown Suits Act 1898, n. 9. B) Lo Attorney General, il Crown Solicitor ed il Public Prosecutor hanno la stessa posizione che nel Commonwealth australiano. Al Crown-Solicitor spetta la difesa della Corona; non vi bisogno del nominal def endant. Ved. Supreme Court Act, 1950; Criminal Code, 1945; Matrimonial Causes and Personal Status Code, 1948. 8. PAPUA AND NEW GUINEA TERRITORY. Bisogna distinguere: 1 periodo della separazione amministrativa dei due Territori. Era ammessa la responsabilit dell'Amministraziine sia in contracts e sia in torts. In Papua vigeva la Claims by and against Government Ordinance del 16 maggio 1911, XII; il giudizio sarebbe avvenuto in una Corte del Territorio come between subject and subject (trf', privati) (art. 4). Il Tesoriere od altro incaricato del Luogotenente Governatore in Consiglio avrebbe iniziato i giudizi a favore del Territorio (art. 5). La difesa sarebbe appartenuta al Tesoriere od a persona incaricata dal Luogotenente Governatore in Consiglio (art. 6); il Tesoriere, in caso di soccombenza, avrebbe pagato su certificazione del Registrar Clerk of the Court (art. 8 e 9). Per New Guinea ved. Claims by and against the Administration Ordinance 1927 ed altra Ordinance 23 del 27 agosto 193l.. 2 periodo dell'Amministrazione provvisoria. Sistemazione dei giudizi a norma dell'art. 15 della Clai!lls by and agfliinst the Administration Ordinance 1951. 3 Unificazione dell'Amministrazione. In base al Papua and New Guinea Act 1949-50, la Claims by and against the Administration Ordinance 1951 autorizza la procedibilit in contract ed in tort contro l'Amministrazione in una Corte dei Territori come tra privati (art. 5). Le cause in cui l'Amministrazione attrice sono condotte dal Crown Law Offcer o, per i giudizi innanzi ad una Court of Petty Sessions o ad una District Court, dal Crown Law Offcer o da persona incaricata dell'Amministrazione (art~ 6). Il Tesoriere paga, nei casi di soccombenza, su certificazione del Register Clerk presso la Corte che ha reso il giudizio (art. 10). Alla Supreme Court of the Te:i;ritory of Papua and New Guinea provvede il Commonwealth e cos per la Supreme Court of the Australian Capi tai Territory; altrettanto, per la Supreme Oomt of the Northern Territory (ved. p. 15, The Federai Guide, august, 1953, Canberra, Oommon. Govern, Printer). 96 BIBLIOGRAFIA COMMONWEALTH OF AUSTRALIA: The Federal Guie, august 1953, Govern. Printer, Canberra -H. STREET: Governmental Liability, Cambridge Univ. Press, Cambridge, 1953 -HALSBURY'S: Laws oj England, voce Commonwealth and Dependencies, voi. 5, Butterworth, 1953, p. 655 e seg. ed altre, voi. 7, voce Constitutional Law, 1954 -G. W. PATON: The Commonwealth of Australia, Stevens, London, 1952 -G. SAWER: Australian Government Today, Melbourne Univ. Press, 1948 L. F. CRISP: The Parliamentary Government oj the Commonwealth. of Australia, Longmans, in Assoc. with Wake: field Pre3s, Adelaide, 1949 -L. F. GoLDIE: An Aspect oj Commonwealth Liability in tort, p. 415, voi. 22, 194849, The Australian Law Journal -BARRY, PATON, AND SAWER: An Introduction to the Criminal Law in Australia English Studies in Criminal Science , voi. VI, Mac Millan, London, 1948 -W. HARRISON: The Statute of Westminster and Dominions Sauvereignity, << The Australian Law Review ; 17, p. 282 e seg., 1943-44 -C. J. LoWE: The Liability oj the Crown in tort, The Australian Law Journal '" II, 18 febbraio 1938, p. 482 e seg. H. V. EvATT: The Kinu and His Dominion Governora, Oxford University Press, 1936 -L. L . .AiMBROSE: Claims against the Crown, Australian Law Journal >>, 8, 1935, p. 214 -The Australian Digest 1825-1933, The Law Book, Sidney, Melbourne Brisbane (voce High Court) e voi. 6, 1935 (voce Crown) -Commonwealth Acts 19011935, in four volumes, Govt. Printer, Canberra, 1936 H. MAYO: Powers of Attorney, The Australian Law >>, voi. 3, 1929, 30, p. 107; ivi H. T. PosTLE: OommO'Yl!Wealth and Crown, p. 109 -J. M. JELBART: Publio Bodies and the Crown's Immunity /rom Statute, The Australian Law Journal >>, voi. 5, 1931, 1934, p. 216. Per gli Stati vedere bibliografia in PATON, op. cit. (21110653) Roma, 1955 -Istituto Poligrafico dello Stato -G. C.