ANNO VII .L. N. 6-7 GIUGNO-LUGLIO 1954 ..l. .v ~~ RASSEGNA MENSILE DELL'AVVOCATURA DELLO STATO PUBBLICAZIONE ]JI SERVIZIO SOMMARIO I. ARTICOLI ORIGINALI I confiitti di nazionalit nell'art. 78 del Trattato di Pace con l'Italia, dell'aV':, S. V ARVESI, p. 125-139. II. NOTE DI DOTTRINA 1) E. BLUMENSTEIN: Sistema di diritlo aelle imposte, recensione critica dell'avv. G. ZOBOLI, p. 140-141. 2) U. PaosPERETTI: L'elettorato politWo attivo, recensione critica dell'avvocato G. GuGLIELMI, p. 141-142. III. RACCOLTA DI GIURISPRUDENZA l) Acque pubbliche -Usi di pubblico .~enerale interesse (Corte di Cass.), p. 143-147. 2) Contratto di guerra -Poteri del Commissario per la sistemazione dei contratti di guerra (Corte di Cass.), p. 147-149. 3) Demanio -Tassativit . della classificazione di cui all'art. 822 C. c. Demanialit accidentale -Espropriazione per costruzione di un'opera pubblica (Corte di Cass.), p. 149-150. 4) Scambi e valute -Versamento di somme in clearing -Sequestro delle somme versate -Difetto di giurisdizione dell'Autorit giudiziaria ordinaria (Corte di Cass.), p. 150-153. 5) Sindacati -Poteri di rappresentanza --Rappresentativit (Consiglio di Stato), p. 153. IV. ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI DELLE CORTI DI MERITO 1) Compromesso ed arbitri-Nomina di arbitro demandata a terzo -Mancata nomina (Ordinanza 15 dicembre 1953, Pres. Trib. Santa Maria Capua Vetere), p. 154. 2) Amministrazione Pubblica -Interessi moratori, compensativi e corri spettivi -Antichit e Belle Arti -Diritto di prelazione nel caso di vendita di cose d'interesse artistico -Ritardo nella emissione del mandato di pagamento (Corte d'Appello di Roma), p. 154-156. 3) Imposta generale sull'entrata -Somme incassate per il trasferimento dei giocatori di calcio (Trib. Genova), p. 156-158. V. SEGNALAZIONI DI DOTTRINA JJl GIURISPRUDENZA, p. 159-164. VI. INDICE SISTEMATICO DELLJJJ CONSULTAZIONI, p. 165-167. .ANNO VII -N. 6-7 GIUGNO-LUGLIO 1954 RASSEGNA MENSILE DELL'AVVOCATURA DELLO STATO PUBBLI()A.ZIONE DI SERVIZIO I CONFLITTI DI NAZIONALIT NELL'ART. 78 DEL TRATTATO DI PACE CON L'ITALIA SOMMARIO. -I. Impostazione della questione: I. Gli articoli 78 e 83 del Trattato di Pace con l'Italia. -2. La questione nei giudizi dinanzi alle Commissioni di Conciliazione. -3. Principi generali e norme particolari nel diritto internazionale. -II. I conflitti di nazionalit nel diritto generale internazionale: 4. Concetto di nazionalit; doppia cittadinanza. -5. Il principio della libert degli Stati nella regolamentazionedella nazionalit. -6. Conflitti di nazionalit estere: il principio della scelta da parte di uno Stato terzo. -7. Il principio del divieto per gli Stati di proteggere i propri cittadini nei confronti dello Stato di cui quelli abbiano anche la cittadinanza. -8. Segue: applicazione di esso da parte delle giurisdizioni internazionali. -9 Segue: riconoscimento di esso negli accordi internazionali e nella pratica degli Stati. -10. Segue: posizione della dottrina di fronte ad esso. -III. I conflitti di nazionalit nelle disposizioni del Trattato di Pace: 11. Applicabilit dei principi generali in difetto di deroga espressa. -12. Il 9-a dell'aroicolo 78 del Trautato di Pace: significato letterale. 13. Il primo comma del 9-a: metodi di interpretazione delle norme internazionali in generale. -14. Segue: criteri per l'interpretazione delle norme non negoziate e di quelle eccezionali. -15. Il secondo comma del 9-a: necessit di riferimento alla legge italiana di guerra. 16. Correlazione tra le disposizioni del primo e del secondo comma del 9-a. -17. Conclusione. I 1. L'art. 78 del Trattato di Pace con l'Italia stabilisce alcune obbligazioni a carico di questo Stato e in favore dei cittadini delle Nazioni Unite che abbiano avuto beni o interessi in Italia durante la guerra e che si siano trovati in determinate situazioni giuridiche o abbiano subto determinati danni. Il successivo art. 83 stabilisce che tutte le controversie relative all'applicazione dell'art. 78 devono essere sottoposte, dal Governo interessato o da quello italiano, ad un organo internazionale di giurisdizione, denominato Commissione di Conciliazione, composto da un rappresentante di ciascuno dei due. Governi e integrato, eventualmente, da un terzo membro, scelto tra i cittadini di un terzo paese. La questione che ci interessa di conoscere se le disposizioni dell'art. 78 possano essere applicate in favore di una persona che abbia contemporaneamente la cittadinanza di una delle Nazioni Unite e quella italiana e se il Governo interessato possa sostenere le ragioni di quella persona contro il Governo italiaho dinanzi alla Commissione di Conciliazione. 2. La questione stata sottoposta al giudizio delle Commissioni di Conciliazione italo-americana e italo-britannica (1) nei seguenti termini: a) Gli Stati Uniti e l'Inghilterra sostengono, in via principale, che il fatto che quella persona abbia anche la cittadinanza italiana sarebbe irrilevante perch il Trattato di Pace avrebbe espressamente stabilito, anche in questa ipotesi, l'applicabilit dell'art. 78 e la facolt del Governo interessato di adire la Commissione di Conciliazione. Subordinatamente quelle Nazioni sostengono, rer l'ipott1Ri in cui si dovesse escludere che il caso sia stato espressamente previsto dal Trattato di Pace e risolto nel senso da esse indicato, che, in applicazione dei princip generali del diritto internazionale, il conflitto di nazionalit dovrebbe essere risolto con la ricerca della cittadinanza predominante ed effettiva, ammettendo o negando la proponibilit della domanda flecondo i risultati di quella ricerca nei singoli casi. b) L'Italia sostiene invece che in ogni caso si debba escludere che, ai sensi dell'art. 78, essa abbia obbligazioni internazionali nei confronti di propri cittadini, anche se costoro siano contemporaneamente cittadini di una delle Nazioni Unite, sia perch sembrerebbe che il Trattato di Pace abbia espressamente risolto in questo senso la questione dei conflitti di nazionalit, sia perch, ove si volesse escludere che il Trattato di Pace abbia previsto il caso o si volesse ritenere che l'interpretazione di esso sia dubbia, la applicazione dei principi generali del diritto internazionale porterebbe sempre a quella soluzione. 3. Quali che siano i principi generali di diritto da applicarsi per la risoluzione dei conflitti di nazionalit, certo che convenzioni particolari possono avere regolato la materia e vincolare le Parti anche in deroga alla disciplina che quella materia riceve nel diritto generale. In questi casi, in ui si accertasse l'esistenza di norme particolari che, nel caso concreto, impones (I) N l'una n l'altra Commissione hanno sinora emeBsa una decisione in proposito; la submission inglese essendo stata respinta perch presentata in termini generali ed astratti mentre i giudizi promossi con le petitions americane sono tuttora pendenti. -126 sero dei vincoli alle parti in causa, si dovrebbe respingere l'eccezione tendente ad escludere l possibilit di un giudizio internazionale su materie che generalmente appartengono al dominio riservato degli Stati. Cos, nella controversia tra Francia e Gran Bretagna sui decreti relativi alla cittadinanza in Marocco ed in Tunisia, la Corte Permanente di Giustizia Internazionale (1), pur riconoscendo che la cittadinanza , nel diritto internazionale generale . . . ' matena nservata al dominio esclusivo degli Stati . ' ammise per questa stessa materia la possibilit di norme internazionali particolari con la conseguenza eh.e l'accertamento e l'applicazione di queste norme P?s.sano senz'altro costituire l'oggetto di un giudizio fondato sul diritto internazionale. Questo principio porterebbe ad iniziare senz'altro la nostra indagine dall'esame delle disposizioni del Trattato di Pace, per accertare se e come esso abbia regolato la materia nel caso concreto, salvo a ricercare la regolamentazione nel diritto generale anche per il caso concreto, qualora si dovesse escludere l'esistenza di una norma particolare. Ma se, in definitiva, si dovr necessariamente procedere effettuando quelle due ricerche in via successiva e subordinata, appare opportuno di determinare preventivamente i principi che invia generale regolano la materia, perch sulla guida di essi l'interpretazione della norma particolare sar pi agevole e sicura, e si potr meglio determinare se e in quali limiti questa abbia apportato deroga a quelli. infatti regola fondamentale che i Trattati siano conformi ai principi di diritto; ma una regola che ha evidentemente solo valore interpretativo e che non pu certo imporsi ad una diversa volont risultante dal testo, sia che questa derivi dal consenso delle parti, o dalla imposizione che una abbia avuto il potere di fare all'altra, dato che, come stato osservato (2), il diritto internazionale ancora purtroppo quel diritto in cui la violenza non costituisce vizio del consenso. una regola che trova riscontro nell'art. 38 n. 3 dello Statuto della Corte Permanente di Giustizia Internazionale, il quale prescrive che la Corte deve applicare les principes gnraux de droit reconnus par les peuples civiliss , e che comporta che ogni qualvolta vi sia dubbio sull'effettiva portata di una disposizione, a questa debba essere data l'interpretazione pi conforme ai principi di diritto. Si tratta di regola di interpretazione che senza dubbio applicabile, ad ogni specie di accordi e di trattati, anche a quelli di pace. Questi ultimi si distinguono infatti daO'li altri solo per il modo della loro formazione, dat~ che le disposizioni di essi derivano esclusivamente dalla volont di una sola delle parti senza il concorso dell'altra; ma quella volont, una volta che il trattato sia entrato in vigore, non ha pi alcun potere sul contenuto di esso, ne pu influenzarne m alcun modo l'interpretazione. (l) Parere 7 febbraio 1923, in Rivista Diritto Internaz. " 1923, p. 135, Publications de la Cour Permanente de Justice Internationale, Serie B, n. 4. (2) Cfr. MORELLI: La Guerra, Padova, 1935, p. 160. II 4: Il con.cetto di !1azionalit si presenta negli o:dmamenti modern~ sotto up. duplice aspetto: di rapporto giuridico tra lo Stato e l'individuo e di stato personale di quest'ultimo, che ne deter~ina la personalit giuridica con lo status libertatis e lo status familiae. . Mentre .~uest'ultimo aspetto di quel concetto risale al diritto romano, la concezione della nazio~ alit come rapporto g~urid~co trova le sue origini richesto nel concetto d1 allegeance di rapporto che lega il suddito alla persona del re,' concetto che ha trovato la sua espressione pi caratteristica nella common law inglese e che passato nella letteratura francese come un vincolo, lien, tra l'individuo e lo Stato. e< Dans ce rapport -prosegue il Makarov (1) l~ ~entre de gravit ,rside dans la dtermination jur1dique de la qualite de ressortissant c'est--dire de sujet de droit li par le rapport juridique l'Etat... Nou~ po:ivons dor:c dire que la nationalit peut etre considree du pomt de vue juridique comme un rapport de droit, dont la rglementation a pour consquence l'attribution l'individu qui en est le sujet, au ressortissant d'un Etat, d'un tat juridique, d'un status>>. Questo rapporto di soggezione dell'individuo allo St~t,o pu esprimersi anche come rapporto di sovramta dello Stato sull'individuo e quindi sulla s?mma degli ~ndivi~ui che ne formano la popolazione. Per cm ogm soggetto, di fronte a ciascun singolo ordinamento statale, assume necessaria~ ente. una di queste due posizioni giuridiche: o mttadmo o straniero, o civis o peregrinus. La nazionalit si oppone alla qualit di straniero; i due termini non possono mai sommarsi in uno stesso soggetto e rispetto allo stesso ordinamento giuridico statale. Lo status di straniero si determina quindi in modo negativo e non necessita di una particolare regolamentazione: come straniero si dE:lve considerare ogni individuo che non sia cittadino dello Stato di cui si tratta (2). Ma,. accanto a questo concetto indifferenziato di straniero , viene data rilevanza negli ordina menti interni dei singoli Stati, an~he alla qualit di straniero cittadino di un altro Stato >>. Questa rilevanza, in seno all'ordinamento dello Stato A, della qualit di cittadino dello Stato B si manifesta soprattutto nell'ambito delle norme' di diritto internazionale privato, per le quali la citta dina~za propria. dello straniero il primo e pi ampio cnterio di collegamento, per individuare le norme da applicare per la disciplina dei rapporti di diritto privato che lo concernono. Peraltro quella rilevanza pu manifestarsi anche nel campo dei rapporti di diritto pubblico, tutte le volte che una norma (convenzione) internazionale preveda un determinato trattamento dei cittadini dello Stato B da parte dello Stat A. In queste ipotesi, in cui la cittadina~za propria dello straniero assume rilevanza in seno ad altro (1) Rgles gnral du droit de la nationalit, in " Recui l des Cours de l'Acadmie de droit international ,,, 1949, I, p. 279 e seg. (2) Cfr. MAKAROV: op. cit., p. 286 o fleg. -127 ordinamento statale, pu avvenire in concreto che il soggetto, dalla cui cittadinanza dipende la determinazione della disciplina giuridica a lui applicabile, sia contemporaneamente considerato come proprio cittadino da pi Stati. In particolare pu avvenire che egli sia considerato tale da altri Stati, rispetto allo Stato terzo nel cui ordinamento deve avere rilevanza la di lui cittadinanza; ovvero che la cittadinanza straniera concorra nello stesso soggetto con la cittadinanza dell'ordinamento in seno al quale quella dovrebbe spiegare i suoi effetti. Da questi concetti derivano i seguenti principi: a) che ogni Stato libero di determinare quali persone debbano essere considerate come suoi cittadini e che ogni questione relativa alla nazionalit appartiene alla legislazione interna dei singoli Stati; b) che ogni individuo che abbia doppia o plurima cittadinanza pu essere considerato come proprio cittadino da ciascuno degli Stati di cui egli abbia la nazionalit, ma che nessuno 9-i questi Stati pu esercitarne la protezione diplomatica nei confronti di un altro Stato di cui quello sia anche cittadino, essendo escluso che gli Stati possano avere obbligazioni internazionali nei confronti dei propri cittadini; e) che in uno Stato terzo l'individuo che abbia pi nazionalit deve essere considerato come se ne avesse una sola, secondo determinati criteri di scelta. 5. Il principio sub a) universalmente ammesso e non ha formato oggetto di contestazione nei giudizi dinanzi alle Commissioni di Conciliazione. Secondo il De Lapradelle (1), on peut dire qu'il . est peu de principes du droit des gens aussi unani mement admis, qui soient au meme titre une cons tante juridique . Esso sancito negli articoli l e 2 della Convenzione dell'Aja del 12 aprile 1930. Il Rundstein (2) nel suo rapporto al Comitato di esperti per l'unificazione progressiva del diritto internazionale cos scrive sull'argomento: cc or il est de toute. vidence que les questions concernant la nationalit sont envisager comme des problmes appartenant esclusivement la lgislation int rieure des Etats particuliers. C'est le domaine strict o les principes de la souverainet trouvent leur expression la plus accentue; et, dans l'tat actuel du Droit international, les questions de la nationalit sont en principe comprises dans le domaine rserv la comptence exclusive des Etats parti culiers . Tutti gli Stati consultati su questo punto dalla Societ delle Nazioni hanno aderito a quel principio (3). (1) In Repertoire de Droit international, Paris, 1931, voce " Nationalit" p. 258. (2) In Rapport au Oonseil de la Socit des Nations sur les questions qui paraissent avoir obtenu le dregr de maturit suffesant pour un rglement international. (Questionnaires n. 1 7). Genve, 1927. Doc. S.d.N. c. 196. M. 70. 1927. V, p. 9. (3) Oomit preparatoire de la Oonference pour la codification de Droit international. Bases de discussion l'intention de la Oonfrence. Tome I: ccN:ationalit . Genve, 1929, S.d.N. c. 73. M. 38, 19~9, V, pp. 13-21. 2 Il quale, peraltro, contiene una riserva, cos espressa nell'art. 1 della Convenzione dell' Aja del 1930: cc cette legislation (des Etats particuliers) doit etre admise par les autre Etats, pourvu qu'elle soit en accord avec les conventions internationales, la coutume internationale et les principes de droit gnralement reconnu en matire de nationalit . Queste limitazioni al principio generale della libert tatique sono fatte derivare, da alcuni, dal divieto di abuso del proprio diritto, teoria introdotta in via generale nei rapporti internazionali dal Politis (1) e applicata alla regolamentazione della nazionalit dal Leibholz (2); da altri sotto il profilo della delimitazione della competenza legislativa dei singoli Stati, ognuno dei quali sarebbe obbligagato a rispettare la competenza degli altri, come stato posto in rilievo dal Despaguet (3), dallo Zitelmann (4), che ha designato la sovranit dei singoli Stati come una competenza ad essi delegata dal diritto internazionale, e dallo Hatschek (5). Come esempio di regolamentazione interna della nazionalit che non potrebbe essere riconosciuta dal diritto internazionale stata portata l'ipotesi che la Francia, la Germania e l'Italia volessero considerare la popolazione della Svizzera che parla la lingua di ognuno di quegli Stati come automaticamente naturalizzata da quello Stato (6). Come recente esempio storico sono state segnalate le disposizioni tedesche che, durante l' ulti:rna guerra mondiale, hanno naturalizzato di autorit le popolazioni di origine tedesca di alcuni territori occupati, ma non incorporati, dato che la guerra non era ancora finita, come avvenuto per alcuni gruppi etnici della popolazione dell'Alsazia e Lorena, della popolazione belga d'Eupen, di Malmdy e di Moresnet e dei territori jugoslavi della Bassa Stiria, della Carinzia e di Krain. Per pi ampi dettagli sui limiti internazionali alla sovranit statale in materia di regolamento della nazionalit si rinvia alle trattazioni del De Lapradelle (7) e del Makarov (8). 6. Anche il principio sub e) universalmente ammesso e non forma oggetto di contestazione nei giudizi innanzi alle Commissioni di concili.azione. Ne per controverso in quella sede il campo di applicazione perch gli Stati Uniti di America e la Gran Bretagna che, come si vedr nei seguenti paragrafi, escludono nelle loro difese il principio sub b), ritengono applicabile la regola della cittadinanza dominante ed effettiva anche nei confronti degli Stati di cui l'individuo abbia la nazionalit. (1) Recueil des cours de l'Acadmie de droit international, 1925, I (6), p. 86 seg. (2) Staatsangehorigkeit rmd Naturalisation, Worterbuch des Volkerrechts (herausg. v. Strupp), II, 1925, p. 589. Das Verbot der Willkilr und des Ermessenmissbrauch im v6lkerrechtlichen Verkehr der Staaten: Z. f. ausl. iff R. rmd Volkerrecht, I, 1 (1929), p. 99 seg. (3) Despagnet-Boeck: Oours de droit international public, 1910, p. 452 seg., 318. (4) Internationales Prvatrech, I, p. 168 seg. (5) Volkerrecht als System rechtlch bedeutsamer Staatsakte, 1923, p. 214 e seg. (6) ERNEST IsAY: De la nationalit, in cc Recueil des Cours de l'Acadmie de droit international "' 1924, IV (5), p. 441. (7) Op. cit., p. 258-267. ~8) Op. cit., p. 296-307. -128 Sotto questo profilo i due principi dovranno essere esaminati insieme, dato che dal riconoscimento o meno di uno di essi dipende l'estensione dell'altro. Di quest'ultimo in questo paragrafo se ne accenneranno quindi solo la genesi e la natura, considerandolo valevole solo nei confronti di Stati terzi. Si gi visto, al paragrafo 4, come nei moderni ordinamenti abbia rilevanza non solo la distinzione tra cittadino e straniero, ma anche la differenziazione dello straniero secondo lo Stato al quale appartiene. Mentre sotto il primo profilo l'alternativit ontologica dei due concetti fa s che la presenza dell'uno escluda necessariamente la coesistenza dell'altro, per cui ogni Stato considera come giuridicamente irrilevante il fatto che un proprio cittadino abbia anche la nazionalit di un altro Stato, il fenomeno della doppia o plurima cittadinanza di Stati terzi acquista rilevanza giuridica. Solo sotto questo profilo si pu quindi correttamente parlare di un problema di doppia cittadinanza e di conflitti di nazionalit, perch solo in questa ipotesi, dovendosi necessariamente considerare la persona munita di pi nazionalit estere come se ne avesse una sola, sorge un problema di scelta. Oltre alle varie soluzioni che questi conflitti trovano nelle diverse legislazioni dei singoli Stati (per l'ordinamento italiano cfr. gli articoli da 17 a 31 delle Disposizioni sulla legge in generale), si cerca di dare ad essi anche una soluzione intern::. .zion~le. I vari sistemi che sono stati suggeriti in questo campo per risolvere i conflitti positivi di cittadi nanza sono elencati sistematicamente da Pierre Louis-Lucas (1), il quale li distingue secondo che siano ispirati a considerazioni generali o al valore comparativo delle nazionalit in conflitto. Quelli della prima categoria sono: 1) l'incompe tenza dei tribunali interni in relazione al carattere internazionale della materia; 2) la maggiore con venienza per lo Stato cui appartiene il tribunale investito della controversia; 3) la preferenza della nazionalit il cui ordinamento sia pi simile a quello del paese dove si svolge il conflitto; 4) la rimessione all'interessato della scelta della nazio nalit. Alla seconda categoria appartengono: 5) la preferenza della prima nazionalit acquisita; 6) la preferenza dell'ultima nazionalit acquisita; 7) la preferenza della nazionalit del paese dove l'inte ressato abbia il suo domicilio 8) la preferenza della nazionalit pi effettiva. Quest'ultimo sistema, che incontra le maggiori adesioni in dottrina (2), tende a fare coincidere il concetto di nazionalit giuridica con quello di nazio nalit sociale e considera non solo l'elemento del domicilio o quello della dimora effettiva, ma, in concorso con quelli, anche altri elementi, come l'ac cettazione di pubbliche funzioni, la prestazione di determinati servizi, la pratica di vita secondo le leggi di un determinato paese. (1) Les conflits de nationalit, in " Recueil des Cours de l'Academie de droit international >>, 1938, II, p. 22 e seg. (2) Cfr. MAKAROV, op. cit., p. 356; DE LAPRADELLE, op. cit., p. 296. Louis-Lucas, nel segnalarne i meriti, avverte per che questa teoria non ammessa da tutti gli Stati ed priva di forza obbligatoria. La conferenza dell'Aja del 1930 ha codificato il principio con riferimento esclusivo allo Stato terzo richiamando, fra i vari sistemi, quelli della residenza e della nazionalit effettiva. L'art. 5 della Convenzione del seguente tenore: cc Dans un Etat tiers, l'individu possdant plusieurs nationalits devra tre trait comme s'il n'en avait qu'une. Sans prjudice des rgles de droit appliques dans l'Etat tiers en matire de statut personnel et sous rserve des conventions en vigueur, cet Etat pourra, sur son territoire, reconnaitre exclusivement, parmi les nationalits que possde un tel individu, soit la nationalit du pays dans lequel il a sa rsidence habituelle et principale, soit la nationalit de celui auquel, d'aprs les circonstances, il apparait comme se rattachant le plus en fait . 7. Il principio sub b) invece controverso nei giudizi dinanzi alle Commissioni di Conciliazione: esso affermato ed invocato dall'Italia mentre gli Stati Uniti di America e l'Inghilterra ne contestano l'esistenza, o, subordinatamente, la portata; Ma, mentre da un canto essi ne parlano come di una cc pretesa regola di diritto internazionale , ed affermano che la pretesa norma come regola vera e propria di diritto internazionale non esiste gi in linea generale (1), d2,ll'altro si preoccupano di determinarne la genesi (2), di affermarne il carattere di pura prassi od usanza (3), di precisarne il campo di applicazione (4). Quel principio deriva direttamente e necessaria mente dalla concezione della nazionalit, non solo come status della persona ma anche e soprattutto come rapporto giuridico che vincola la persona stessa allo Stato, concezione che si illustrata nel prece dente n. 4 e che pone la nazionalit tra gli istituti del diritto pubblico. cc Il ne peut tre question -scrive il Louis Lucas (5) -de rouvrir ici un immense dbat, de plus en plus volontier tranch d'ailleurs en faveur du caractre de droit public de la nationalit. Au surplus, il faut plutt admettre que la nationalit appartient, la fois, au droit public et au droit priv. u droit public, puisque, dterminant les nationaux, elle dfinis la substance meme, la subs tance vivante de l'Etat, ct de sa substance inerte qu'est le territoire. Au droit priv, puisqu'elle est le premier lment, le plus ncessaire, du statut de l'etre humain, celui qui domine, qui imprgne, qui colore tous les autres . Di qui il principio, gi esaminato, che la regolamentazione della nazionalit appartiene al dominio riservato degli Stati; di qui l'antinomia tra i concetti di cittadino e straniero; di qui l'esclusione (1) Cfr. il Memorandum allegato alla petion nella controversia Droutzkoy-Ruspoli dinanzi alla Commissione di Conciliazione italo-americana (che in seguito sar denominato Memorandum), n. 21. (2) Memorandum, n. 22. (3) Memorandum, n. 23. (4) Memorandum, n. 24. (5) Op. cit., p. 16. -129 di obbligazioni internazionali degli Stati nei confronti dei propri cittadini e della protezione diplomatica di questi ultimi contro il proprio Stato da parte di altri Stati. i, 1909, p. 41 e seg. (4) "Revue de Droit international >>, 1912, p. 331. Canevaro s' est, plusieurs reprises, comport comme citoyen pruvien... le gouvernernent du Prou a le droit de le considrer comme citoyen pruvien et de lui dnier la qualit de rclarnant italien ii. Il Governo peruviano ha il diritto di considerarlo come suo cittadino e di negargli la qualit di reclamante italiano... Ma il Governo peruviano era il Governo convenuto! Pi che il principio della cittadinanza effettiva qui sembra allora espressamente applicato quello che consente ad uno Stato di respingere le pretese degli altri Stati. in favore dei propri cittadini. Vengono anche citate contro questa tesi tre decisioni successive alla prima guerra mondiale, che peraltro appaiono assolutamente di specie e prive di qualsiasi valore di. precedente sulla questione: la decisione 26 .aprile-10 maggio 1922 del T.A.M. anglo-tedesco sul caso Hein-Hildersheirner 'Bank (1); la decisione 12 luglio 1926 del T.A.M. ungaro-serbo-croato-sloveno, sul caso De Born, ivi p. 499; la decisione 20 luglio 1926 del T .A.M. franco-tedesco sul caso Barthez de Monfort c. Trennhaender Hauptverwaltung, ivi p. 806. Nel primo caso si trattava non di beni o di indennit per danni, ma di. una somma depositata in una banca, di cui si chiedeva la restituzione. Il primo ed il terzo dei casi richiamavano l'applicazione dell'art. 296 del Trattato di Versailles, che non considerava tutti i cittadini delle Potenze vincitrici, ma solo quelli che risiedessero nel territorio di quelle Potenze; si poteva quindi ritenere che questa specificazione costituisse deroga espressa al principio generale del divieto di agire contro uno Stato in favore di un suo cittadino, accogliendo esplicitamente il concetto della cittadinanza effettiva con riferimento alla residenza. Il secondo dei casi poi estraneo alla questione che ci interessa perch in esso non era stata portata l'eccezione di cittadinanza dello Stato convenuto; la cittadinanza iugoslava non era in causa; la Jugoslavia era Stato terzo e si discuteva solo se il Barone de Born dovess~ essere considerato cittadino ungherese o tedesco. Ma vi di pi per tutti e tre i casi. Perch l'articolo 278 de Trattato di Versailles (2) stabiliva: L'Allemagne s'engage reconnaitre la nouvelle nationalit qui aurait t ou serait acquise par ses ressortissants d'apres les loi.s des Puissances Allies et Associes et conformment aux dcisions des autorits comptentes de ces Puissances, soit par voie de naturalisation, soit par _l'effet des clanses d'un trait et dgager tous les points de vue ses ressortissants, en raisons de cette acquisition de nouvelle nationalit, de toute allgeance vis--vis de leur Etat d'origine. Questa disposizione, che faceva obbligo alla Germania di sciogliere da ogni vincolo di soggezione i suoi cittadini che avessero preso o che prendessero la cittadinanza di una delle Potenze Alleate e Associate, appare qualcosa di pi che una norma (l) Recueil des dcisions des Tribunaux Abitraux Mixtes, p. 71. (2) Cfr. le disposizioni analoghe degli articoli 230 del Trattato di Saint-Germain, 213 del Trattato di Trianon, 158 del Trattato di Neuilly. -131 derogatrice al principio che in caso di doppia cittadinanza ognuno dei due Stati pu considerare il soggetto come suo cittadino, come la ha vista il De Lapradelle (1), perch tra le due cittadinanze essa ne elimina una non solo agli effetti procedurali o di quel determinato rapporto, ma dichiarandone l'estinzione. In quel caso il problema della doppia cittadinanza stato risolto in radice con l'eliminazione del presupposto. Queste,. e non tutte, come si visto (in sostanza, solo alcune degli arbitrati venezuelani) le decisioni internazionali che abbiano affermato il principio della cittadinanza effettiva non nei confronti di uno Stato terzo, ma contro lo Stato convenuto; piuttosto antiche nel tempo, nonostante che nel Memorandum si sia affermato che dal 1930 in poi esse si sono fatte sempre pi numerose (n. 21). Le decisioni favorevoli al principio sostenuto dall'Italia si sono invece susseguite nel tempo, anche dopo quelle, gi menzionate, del secolo scorso e degli arbitrati venzuelani. Si ricorda anzitutto il parere n. 4 della Corte Permanente di Giustizia Internazionale, nel quale affermato che allo stato attuale del diritto internazionale le questioni di cittadinanza, secondo la opinione della Corte, rientrano in via di principio in questo dominio riservato . Di natura giurisdizionale e di applicazione precisa al nostro caso la decisione 10 ottobre 1928 della Commissione mista franco-messicana sulcaso Pinson (2), la quale afferma la piena validit della regola di diritto cc selon laquelle un Etat n'est pas qualifi se prvaloir de son droit de protger ses ressortissant par voie diplomatique, dans les cas o les ressortissants protger possedent en mme temps le status de nationaux de l'Etat vis--vis duquel ledit droit de protection devrait tre mis en . action >>. Nel riassunto nella controversia Merg si tenta da parte americana di sminuire il valore di questo precedente, ricordando come il caso di specie sia stato deciso in favore dello Stat attore. Ma la decisione del caso concreto non pu certo sminuire l'importanza dei principi affermati dalla Commissione, la quale, stabilita la regola ha ammesso l'eccezione nel caso in cui cc les disposition lgales ne depassent par les bornes que leur trace le droit international crit ou contumier . In quel caso il Messico invocava l'applicazione della legge interna del 1857 che aveva conferito automaticamente la cittadinanza messicana a determinati gruppi di stranieri e la Commissione ha osservato che cc si. .. c'est l'Etat dfendeur qui, dans sa lgislation national, n'observe pas les restrictions poses par le droit international sa souverainet nationale, la prtention de double nationalit du rclamant ne tiendrait pas debout devant un tribunal international . Altrimenti, evidentemente, quell'eccezione avrebbe avuto un peso determinante dinanzi a quel Tribunale internazionale. (1) Op. cit., p. 293. (2) Cfr.: Jurisprudence de la Oommission francomexicaine des rclamation (1924-1932), p. 59 . . s Nello stesso senso la pi recente decisione 8 giugno 1932 del Tribunale arbitrale egizianoamericano sul caso Salem (1). 9. La regola che stiamo esaminando trae le sue origini, come si gi visto, dagli usi delle cancellerie e dalla pratica diplomatica. Essa espressamente formulata, pur con una limitazione di residenza, nella legge svizzera del 25 giugno 1903, il cui art. 6 del seguente tenore: cc Les personnes qui, outre la nationalit suisse, possdent encore celle de l'Etat tranger, ne peuvent pas rclamer, vis--vis de cet Etat, aussi long-temps qu'elles y rsident, les droits et la protection dus la qualit de citoyen suisse . Egualmente si ritrova nell'art. 2 del decreto portoghese 2 dicembre.1910 sulla naturalizzazione, che stabilisce che il cittadino portoghese che abbia ad essere considerato come cittadino di un altro paese finch vi vivr non potr invocare la sua qualit di cittadino portoghese. Precedentemente, con il 7 del Naturalisation Act del 1870 l'Inghilterra aveva declinato di proteggere le persone naturalizzate inglesi contro il loro Stato di origine del quale esse fossero ancora cittadini, e la regola, con alcune limitazioni, era stata seguita dalla Germania, dagli Stati Uniti di America e da altri Stati. Ma bisogna ammettere che il vero fondamento di una regola di diritto internazionale si deve ricercare nell'atteggiamento verso di essa che in un determina. Lo momento storico assumono le Nazioni che compongono la comunit internazionale, e questa ricerca nel caso in esame conferma l'esistenza di quella regola come principio generale di diritto internazionale universalmente accettato e riconosciuto. Il Comitato incaricato dalla Societ delle Nazioni di indicare quelle materie che avessero raggiunto una sufficiente maturit che ne consentisse una regolamentazione internazionale vi ha compreso i conflitti di nazionalit ed ha incluso il principio in esame negli articoli 1 e 5 dello avant-projet della convenzione (2): ... cc Art. 1. -Les Hautes Parties contractantes s'engagent ne pas accorder la protection diplomatique et n'intervenir en faveur de leurs nationaux, qui sont en mme temps considrs comme ressortissants ds leur naissance par la loi de l'Etat auquel la reclamation serait adresser . cc Art. 5. -Un individu possdant deux ntionalits pourra tre considr par les Etats dont il possde la nationalit comme leur ressortissant respectif. Par rapport aux Etats tiers, sa nationalit est dterminer par la lgislation en vigueur au lieu de son domicile, s'il est domicili dans une de ses deux patries. cc S'il n'est domicili dans aucune de ses deux patries, sa nationalit est dtermine conform ment la lgislation en vigueur dans celui de ces deux Etats o il t domicili en dernier lieu . (1) cc Revue critique >>, 1934, p. 706. (2) S.d.N.: Rapport au Oonseil, etc., cit., p. 27. -132 Tutte le Nazioni interpellate, compresi gli Stati Uniti di America (1) aderirono in via di massima alla Conferenza, senza sollevare obiezioni di principio sul progetto predisposto dal Comitato, osservando anzi alcune, come ad esempio la Francia (2), che l'avant-projet sulla nazionalit consacrava, salvo qualche punto di dettaglio, le soluzioni generalmente ammesse. La Convenzione, sottoscritta ali'Aja il 12 aprile 1930, ha modificato il progetto, codificando il principio in modo assoluto, senza il limite della cittadinanza di origine che, come si visto, in quello era stato invece posto; l'art. 4 di esso del seguente tenore: Un Etat ne peut exercer sa protection diplomatique au profit d'un de ses nationaux l'incontre d'un Etat dont celui-ci est aussi le national . Questa dichiarazione della Conferenza dell'Aja non costituisce, d'altro canto, una presa di posizione nuova o isolata, rispetto a diverse opinioni eventualmente manifestate dagli Stati in altre circostanze. Al contrario essa confermata da precedenti e successive dichiarazioni. In tal senso il progetto sulla regolamentazione uniforme delle questioni sulla nazionalit, predisposto dall'Associazione di diritto internazionale e approvato dalla 33"' Conferenza, tenuta a Stoccolma nel 1924. Il Codice Bustamante di diritto internazionale privato, adottato all'Avana da 18 repubbliche il 20 febbraio 1928, in occasione della sesta Conferenza internazionale americana, distingue anche esso i casi in cui la nazionalit dello Stato convenuto :::ia in causa dagli altri in cui la questione si ponga presso uno Stato terzo, escludendo nel primo caso la possibilit di un'azione contro quello Stato, sta bilendo nell'altro varie regole di scelta dellanazio nalit da applicare, secondo le diverse ipotesi contemplate. Lo stesso principio sancito dall'art. 4 della Con venzione dell'Aja stato riconfermato dal II oon gresso internazionale di diritto comparato che si tenuto ali'Aja dal 4 all'll agosto 1937. Si tratta, come si visto, di una antica regola universalmente ammessa e pi volte riconfermata. Au total -ha osservato il Louis-Lucas (3) on peut dire que ni le Code Bustamante ni les Accords de La Haye, n'ont imagin de solutions trs originales. Mais c'est peut-etre la leur vrai mrite. Ils consacrent les ides qui se sont progres sivement imposes comme tant les plus justes et les plus heureuses. Ils les acheminent prudem ment dans la voie de leur applications e:ffective par les Etats >>. Si deve esaminare ancora un'ultima osservazione americana (4), secondo cui questa regola sarebbe limitata al campo della protezione diplomatica e (1) Gli S.U.A., contrariamente a quanto affermato dal Memorandum (n. 22), parteciparono a tutti i lavori della Conferenza e non sottoscrissero la Convenzione per le ragioni indicate dal sig. Miller nella 6a Adunanza plenaria, ragioni che non attengono al principio in esame (Cfr. S.d.N., Actes de la Oonference pour la Oodification du droit international, vol. I, seances plenires, V, 14, Genve, 1930, p. 39). (2) S.d.N., Rapporto au Conseil, etc. cit., p. 165. (3) Op. cit., p. 53. (4) Memorandum, p. 53. non sarebbe estensibile a quello delle giurisdizioni internazionali. Quest'affermazione si basa sulla considerazione che si tratti di una semplice prassi priva dell'opinio juris et necessitatis, e si gi visto come cotesta considerazione sia fallace. Ma si deve anche porre in rilievo come l'inizia- tiva di uno Stato di adire i Tribunali internazionali a tutela degli interessi dei propri cittadini sia uno dei modi con cui normalmente si esercita la protezione diplomatica. Il Borchard (1) include l'arbitrato tra i metodi amichevoli con cui si esercita la protezione diplomatica, accanto all'azione della diplomazia, ai buoni uffici, all'intervento diplomatico e alla mediazione. Il Seferiades (2) dopo di avere ricordato la decision(} n. 2 della Corte Permanente di giustizia internazionale sul caso delle Concessioni Mavrommatis in Palestina, secondo la quale cc c'est un principe lementaire de droit international que celui qui autorise l'Etat protger ses nationaux lss par des actes contrai,res au droit international, commis par un autre Etat dont ils n'ont pu obtenir satisfaction par les voies ordinaires. En prenant fait et cause pour l'un des siens, en mettant en mouvement en sa faveur l'action diplomatique ou l'action judiciaire (corsivo aggiunto) l'Etat fait, vrai dire, valoir son droit qu'il a de faire respecter en la personne de ses ressortissants le droit international , cosi prosegue: cc le systme qui nous occupe porte le nom de protection diplomatique >>(corsivo aggiunto) 10. La dottrina ammette universalmente l'esistenza e la portata del principio che si esposto. Il Borchard (3), che viene ricordato nel Memorandum (n. 22) come un autore che limiti la portata del principio ad una semplice pratica o prassi e che invece, a quella pagina 579 ivi ricordata ne parla come di una general rule ,ne ricorda l'applicazione che esso ha avuto proprio nei giudizi internazionali: cc The frequent occurrence of cases of dual nationality, by which a claimant, owing to a conflict of laws, becomes a citizen of both the claimant and the defendant country according to the municipal law of each, has resulted in a general preference by international commissions in favor of the law of the defendant country, so as to preclude the possibility of a country being made a defendant to an international claim by a person who by its municipal laws is considered its own citizen >>. Sembra superflua la citazione degli altri autori che riconoscono ed ammettono pacificamente quel principio, e preferibile ricordare gli Autori che, pur riconoscendone l'esistenza, auspicano, de iure condendo, una modifica al sistema, in modo che gli eventuali conflitti di nazionalit non abbiano pi ad impedire la soluzione giurisdizionale delle questioni anche sul piano internaziouale. Si spera cosi (1) The diplomatic protection of citizens abroad, New York, 1915, p. 442 e seg. (2) Le problme de l'accs des particuliers des jurisdictions internationales, in cc Recueil des Cours de l'Acadmie de Droit international , 1935, p. 23. (3) Op. cit., p. 487. &ii=hffil !fBffilffilliWG??ZF??C?TiElfil WikiJJimi]; m -133 I di evitare una possibile confusione tra le proposte di soluzione che essi fanno e un diritto positivo che non ancora nel campo internazionale (cfr. il Memorandum n. 27). Il Louis-Lucas (1), il quale alla pagina 53 del suo lavoro dichiara giuste e felici le soluzioni con cordate all' Aja, prospetta la soluzione ideale del problema nell'internazionalizzazione delle norme e della giurisdizione. Il De Lapradelle (2), dopo di avere ricordato lo stato attuale del diritto conforme alla Convenzione dell'Aja, auspica una soluzione diversa del problema con l'applicazione della regola della cittadinanza effettiva anche nel caso in cui sia in questione la cittadinanza dello Stato convenuto. Il Seferiades, infine, ammette anche esso la vali dit Q.el principio di cui si discute (3): cc Et tout d'abord, meme de nos jours, propos de la solu tions des conflits positifs de nationalit, si l'on considre comme tabli, par la jurisprudence des Tribunaux des pays non directement intresss le criterium selon lequel "la nationalit qui doit prevaloir. .. c' est la nationalit effective ", celle-ci tant dgage des circostances de fait, "dont la plus importante est le domicile", il n'en est pas moins certain que les pays directement interesss continueront a apprcier chaque cas sur la base de leur propre lgislation (corsivi aggiunti). Ne fa poi una vivace critica, osservando che cc ainsi les conflits de cette espce peuvent continuer subsister dans grand nombre d'hypothses, leurs consquences prjudiciables atteignant avant tout les particuliers, sans aucune faute de leur part et sans qu'ils puissent y remdier . Ma, allo stato .attuale egli non vede rimedio a questa situazione, ed osserva (4): cc n'importe quel juge international qui aurait se prononcer en pareil cas ne pourra que renvoyer dos dos les Etats.plaideurs. cc Nous ne somme pas seules de cet a.vis. M. Kostes nous dit en effet: cc La jurisdition internationale doit ... raisonner comme il suit: La convention n'ac corde pas, le cas chant, de prsances une natio nalit quelconque. Les Etats en question ont des droits parfaitement gaux. Faute de rgle ,de nature justifier la demande, il convien de la dclarer non recevable, de telle sorte que la situation de fait existant l'heure actuelle sera maintenue. Ce serait exact, mais bien peu satisfaisant )), E conclude: cc Le systme prconis a La Haye en 1930 en refusant l'individu le droit d'agir directment devant un prtoire international, ne serait ce que pour savoir de quel Etat il est national, immole les droits de l'homme une conception fausse, celle de la souverainet, dont on a hsit encore une fois restreindre les privilges >l. III 11. L'indagine che si svolta nel precedente capitolo esclqde che le disposizioni dell'art. 78 del Trattato di Pace possano essere applicate in favore (1) Op. cit. (2) Op. cit. (:l) Op. cit., p. 62. (4) Op. cit., p. 65. di cittadini italiani che abbiano anche lo status di cittadini di una delle Nazioni Unite perch questa applicazione sarebbe in contrasto con i principi generali che regolano la materia nel diritto internzionale. A meno che non esistano nello stesso Trattato norme particolari che vincolino le parti in deroga alla disciplina che la materia riceve nel diritto internazionale, come ha riconosciuto, in linea generale, la Corte dell' Aja nel ricordato parere sui decreti relativi alla cittadinanza in Marocco e Tunisia. Secondo il Governo statunitense (1) la deroga potrebbe anche derivare dalla natura del Trattato, applicandosi la regola generale nelle condizioni normali ed escludendosene l'applicazione nei Trattati di Pace. Ma questo pensiero cosi originale solo affermato in quel brief, dove poi, anche per i Trattati di Pace, si fa derivare l'eventuale deroga solo dalle particolari condiziOni che vi siano contenute. cc It is understandable -vi scritto -that the right to diploma.tic protetion may not, in norma. I circumstances, be invoked by an individuai possessing the nationality of the State from whose acts protection is desired. To adopt another rule m.ight create confusion and uncertainty and open the door to needless recriminations. An entirely different set of circumstances prevails however, in the case of the Treaty of Peace, where the Allied and Associated Powers may, if they so choose (corsivo aggiunto), ca.Il on the Italian Republic to recognize rights extended not only to United Nations Natiouals, but to Italian nationals as, for example, those established by article 76 )), In sostanza il Governo statunitense afferma un principio di forza, per il quale il vincitore, quando detta la pace, pu imporre al vinto anche obblighi che contrastino con i principi generali del diritto internazionale. In questa affermazione non vi per la prova che nel caso particolare le Nazioni Unite abbiano voluto derogare alla regola generale ed estendere le disposizioni dell'art. 78 anche in favore di cittadini italiani. Prescindendo quindi da essa necessario esaminare la disposizione particolare ed accertarne il contenuto ed i limiti di applicazione attraverso le normali regole di interpretazione. 12. La disposizione dell'art. 78 del Trattato di Pace, che precisa l'estensione soggettiva degli oneri che oggettivamente i precedenti paragrafi hanno posto a carico del Governo italiano, il 9-a. Nei precedenti paragrafi si fa solo un generico riferimento ai "cittadini delle Nazioni Unite", mentre nel 9-a si spiega che: cc L'espressione "cittadini delle Nazioni Unite" si applica alle persone fisiche che siano cittadini di una qualsiasi delle Nazioni Unite, e alle societ o associazioni costituite secondo le leggi di una delle Nazioni Unite, alla data di entrata in vigore del presente Trattato, a condizione che le dette persone fisiche, societ o associazioni gi possedessero questo status il 3 settembre 1943, data dell'armistizio con l'Italia. (1) Brief nella controversia Merg, p. 28. -134 L'espressione "cittadini delle Nazioni Unite" 13. Si deve allora proseguire nell'esame di quel comprende egualmente tutte le persone fisiche e le paragrafo ricorrendo ad altri metodi di interpretasociet o associazioni che, ai sensi della legisla-zione, per accertare se il primo comma di sso imzione in vigore in Italia durante la guerra siano porti deroga al principio generale che si enunciato state trattate come nemiche )). e per chiarirne il significato del secondo. La lettura di questa disposizione dimostra Il Governo statunitense (1) sostiene, invocando chiaramente che la questione della doppia cittadi-l'autorit di due cultori della materia, che il metodo nanza, e in particolare delle persone munite della da seguire in questo caso sia quello storico, per risacittadinanza italiana e di quella di una delle Nazioni lire alla reale volont delle parti contraenti attraUnite, non vi stata espressamente considerata, verso i lavori preparatori. almeno sotto un profilo strettamente letterale. Ma questa possibilit non da tutti ammessa Di questa opinione non sono i Governi britan-nel campo internazionale e vi sono in proposito nico e statunitense, secondo i quali il primo comma sensibili contrasti nella dottrina. interessante del 9-a dell'art. 78 conterrebbe una definizione conoscere quanto scrive ilQuadri (2) sull'argomento: dell'espressione "cittadini delle Nazioni Unite" Mentre negli ordinamenti giuridici interni vi che sarebbe comprensiva di tutti i cittadini di una al riguardo (sui metodi di intepretazione) un notequalsiasi di quelle Nazioni, e quindi pure di quelli vole contrasto di soluzioni, ispirandosi taluni al che siano eventualmente in possesso anche della criterio subbiettivistico (ricerca della volont in cittadinanza italiana (1). senso psicologico), altri al criterio obbiettivistico Si deve per osservare, sotto il profilo letterale (ricerca della c. d. volont della dichiarazione); del quale ora esclusivamente ci si occupa, che la nel diritto ~ternazionale riteniamo abbia prevalso parola tutti, sulla quaie quella interpretazione il punto di vista obbiettivistico. si fonda, non figura affatto nel primo comma del Vari fattori cospirano a rendere impraticabile 9-a, il quale dice l'espressione ... si applica alle l'opposta sol..zione . .Anzitutto la complessit del persone fisiche )) e non >. Pi recisa ancora quest'altra dichiarazione, del Pollock (2): cc To those who are accustomed to what I may cali the .Anglo Saxon procedure, a reference to the history or debates concerning the origin of a clause is inadmissible . Lo stesso concetto si legge anche nella memoria inglese nell'affare della competenza della Commissione Europea del Danubio (3): cc His Britannic Majesty's Governement submit as a matter of principle that evidence which is contained in the text of the treaties is the only evidence of the intention of the Parties, which should be regarded for the purposes of their interpretation . Del resto in questo caso particolare la questione sembra quasi astratta, perch l'unico richiamo ai lavori preparatori del Trattato di Pace fatto dal Governo' statunitense (4) non si riferisce specificatamente alla questione della doppia cittadinanza, come ammesso nello stesso brief: cc The abovementioned statement while it does not refer specifically to the question of double nationality... . Ed allora il Governo statunitense ricorre a quella che avrebbe dovuto essere la presumibile intenzione delle Nazioni Unite. Ma cos si esce fuori dal campo dei metodi scientifici di interpretazione per ricorrere a metodi arbitrari. inammissibile che si interpreti un Trattato, aggiungendovi ci che non risulta dalla lettera di esso e neanche dai lavori preparatori, ma che una delle due parti avrebbe fatto bene ad includervi i. relazione al proprio interesse. Sarebbe inconcepibile (inconceivable) -scrive il Governo statunitense -che i compilatori del Trattato di Pace abbiano inteso escludere i citta dini delle Nazioni Unite dai benefici dell'art. 78 per il motivo che essi abbiano potuto avere nello stesso tempo anche la cittadinanza italiana; ancor pi inconcepibile dato che un cultore del diritto, il Wormser aveva avvertito di non farlo, scrivendo nel 1944 che non si poteva immaginare che i vitto r10s1 Stati Uniti di .America avrebbero permesso alla Germania ed a qualsiasi altra delle scon fitte Potenze dell'Asse, dopo .la seconda guerra mondiale, una difesa basata sulla doppia ~~ttadi nanza. (1) Publications cit., serie C, n. 10, p. 22. (2) Publications cit., serie C. n. 2, p. 197. (3) Publications cit., serie C, n. 13, IV, p. 1738. (4) Brief nella controversia Merg, p. 10. -136 Ma questo avrebbe costituito un motivo maggiore per le Nazioni Unite, se esse cos avesserovoluto, per contemplare espressamnte nel TrattatO di Pace la deroga al principio generale, che non si pu presumere da esse ignorato; il silenzio che esse invece hanno serbato sulla questione deve essere interpretato come una volont di conformarsi a quei principi anche nel caso particolare. .Altra circostanza da cui gli Stati Uniti presumono la volont derogatrice dei compilatori del Trattato la scrupolosa cura che essi a'7rebbero avuto, nei precedenti paragrafi dell'art. 78, a prevedere, in ogni possibile ipotesi, la tutela degli interessi dei loro sudditi (l}; ma anche questo un argomento che si pu ritorcere osservando che la cura che essi hanno avuto li avrebbe portati a stabilire espressamente quella deroga, come richiesto perch essa abbia efficacia, se cos avessero voluto. D'altro canto non forse giusto ritenere che tutte le clausole del Trattato di Pace, se pure assai duro per l'Italia, siano state ispirate dall'etica di Brenno; non bisogna farsi guidare, nell'interpretazione di esso, da una specie di complesso della sconfitta e pensare che tutte le disposizioni che vi sono contenute derivino da una sorta di cieco feticismo delle Nazioni Unite per gli interessi propri e dei propri sudditi che si sarebbe attuato nel disconoscimento delle regole della convivenza dei popoli civili, nel disprezzo di qualsiasi interesse dell'Italia e della sua stessa essenza di Stato sovrano. Non si dimentichi che il preambolo del Trattato espressamente si richiama ai principi di giustizia ed al desiderio di stabilire la base di amichevoli relazioni tra le Potenze contraenti; n si pu pensare che queste siano soltanto dichiarazioni simoniache. Lo stesso art. 78, nel 4-a e d, ha mostrato di avere riguardo non solo agli interessi dei cittadini delle Nazioni Unite, ma anche a quelli dell'Italia, riducendo l'indennizzo alla misura dei due terzi del danno. Se quindi con queste disposizioni le Nazioni Unite hanno voluto considerare le esigenze finanziarie dello Stato italiano, non poi cos inconcepibile (inconceivable) che essi, nello stesso articolo, abbiano voluto anche tutelarne il prestigio di Stato sovrano, che sarebbe stato compromesso dalle pretese dei suoi cittadini portate in sede internazionale sotto la protezione di un terzo Stato. Certo, se avessero voluto anche questo, le Nazioni Unite avrebbero potuto imporlo, ma avrebbero dovuto farlo espressamente, perch ogni deroga ai principi generali del diritto, ogni imposizione di ingiustizia devono essere preventivamente volute e chiaramente espresse nel testo del Trattato. Il quale, dopo che venuto ad esistenza giuridica, entra nell'orbita del diritto internazionale che, recependolo nel proprio ordinamento, legalizza le illegittimit che aventualmente vi siano contenute, ma non consente che se ne aggiungano altre. Eventuali intenzioni che non siano state chiaramente manifestate non possono avere alcun rilievo giuridico; non esistono in senso giuridico. Soltanto la volont manifestata nel testo del Trattato di Pace opponibile al vinto. (1) Brief nella controversia Merg, p. 12. 14. Del resto la disposizione in esame appartiene ad un trattato di pace, e l'interpretazione di questi testi deve essere fatta con criteri ancora pi rigorosi e restrittivi, come ha riconosciuto, per questo stesso art. 78, la Commissione di Conciliazione italo-francese nella controversia l?ertU:sola. Dopo di avere ricordato, in generale, la necessit del procedimento interpretativo per applicare la norma giuridica astratta al caso concreto e la convenienza di ricercare la reale e comune intenzione delle parti senza fermarsi alle espressioni inesatte delle quali esse abbiano potuto . servirsi, quella decisione aggiunge che certo una eccezione alla regola giustificata quando si tratta di un Trattato di pace che non stato negoziato, ma che lo Stato vinto ha dovuto accettare cosi come gli veniva presentato dallo Stato vincitore. Tuttavia, anche nella predetta ipotesi, non anzitutto senza interesse la ricerca della volont effettiva dello Stato vincitore, bench, naturalmente soltanto la volont manifestata dal medesimo nel testo del Trattato sia opponibile allo Stato vinto (corsivo aggiunto). E questo un preciso divieto che, in questa specie di Trattati, si pone a qualsiasi tentativo di interpretazione estensiva. Ma vi di pi. Si legge ancora in quella decisione che in queste condizioni, non necessario invocare il principio del favor debitoris (benignus est interpretandum, in obscuris quod minimum est, sequimur) che vale, nel dubbio, sia in materia di trattati sia di contratti, soprattutto quando questione di un trattato non negoziato, redatto dal creditore (corsivo (aggiunto). .Al divieto dell'interpretazione estensiva si aggiunge allora il dovere specifico dell'interpretazione restrittiva. Se dubbio vi fosse, esso dovrebbe essere risolto in base a queste regole di ermeneutica: ogni qualvolta non risultasse chiaramente che si sia voluto imporre un obbligo, questo dovrebbe essere escluso. del resto norma generale del diritto internazionale il divieto di interpretazione estensiva delle disposizioni eccezionali, come stato ritenuto ad es., per la norma del 8 dell'art. 15 del Patto della Societ delle Nazioni in rapporto con le norme degli altri paragrafi: Cette disposition du 8 ... appor.te une e~eption aux principes consacrs par le paragraphes prcdents et... ds lors elle ne se prte aucune interprtation extensive >>. Sono questi ormai principi comuni, come ha posto in rilievo il Rousseau (1): la jurisprudence internationale interprte habituellement d'une manire restrictive la disposition des traits internationaux qu'on considre comme des limitations la souveraint tatique, par l'application du principe qui soumet interprtation restrictive les clauses drogatoires au droit commun . Del resto per il 10 comma dell'art. 78 non questione n di estenderne n di restringerne l'interpretazione perch, come si visto, la questione della doppia cittadinanza non vi 11ffatto considerata. Si tratterebbe, se mai, di aggiungervi l refa: (1) L'indipndance de l'Etat danB l'ordre international, in cc Recueil des cours de l'Academie de droit international , 1948, II, p. 211. ~ 137 tiva disposizione, ma questo per via di interpretazione non si pu fare. Ma se anche si volesse pensare che quel primo comma potrebbe interpretarsi nel senso indicato dal Governo statunitense, questa non sarebbe che una possibile interpretazione di esso, non l'unica che se ne possa logicamente trarre. Sarebbe quindi possibile anche l'altra interpretazione, che esso abbia avuto solo una finalit chiarificativa della espressione ellittica" cittadini delle Nazioni Unite" ed una finalit normativa limitatamente ai termini di tempo fissati per il possesso dello status di cittadinanza. Ci si troverebbe in questa non concessa ipotesi, di fronte a due possibili interpretazioni dello stesso testo internazionale e sorgerebbe allora un problema di scelta, per il quale non sono ammesse perplessit: soccorrerebbe, e sarebbe indeclinabile, la applicazione del principio del f avor debitoris, che impone, in caso di dubbio, l'interpretazione in favorem libertatis . Nella sentenza relativa ai prestiti brasiliani in oro (1) la Corte dell'.Aja ha affermato che c'est une rgle bien 'connue de l'interprtation des acte, que, la o l'on constate une ambiguit, il faute les prendre contra prof erentem ll. Questo principio era gi stato accolto dalla Corte nel parere n. 12 (2): si le texte d'une disposition conventionnelle n'est pas clair il y a lieu, en choisissant entre plusieurs interprtations possible de retenir celle qui cornporte le minimum d'obligations pour les Parties. Oette ide peut 13tre admise comme juste ll. Questa regola, che costituisce uno dei principi fondamentali di diritto interno, quindi applicabile anche ai rapporti internazionali come stato posto in rilievo in un discorso del sig. De Lapradelle (3): Un des. grands principes du droit civil est que dans le doute la libert ne doit pas 13tre suppose reduite; plus forte raison, lorqu'il s'agit de ces personnes minentes que sont les Etats est ce un principe que, dans le doute, leur pouvoir propre, qui n'est plus seulement la libert mais qui est la souverainet, ne peut en aucune manire 13tre considr comme restreint n. Si pu quindi concludere che, ai sensi del primo comma del 9-a dell'art. 78, le obbligazioni stabilite a carico dell'Italia nell'interesse dei cittadini di una delle Nazioni Unite presuppongono in questi ultimi l'assenza della cittadinanza italiana; cosi come si deve ritenere che le disposizioni del Trattato di Pace che prevedono obbligazioni di alcune delle Nazioni Unite nell'interesse di cittadini italiani (come, ad es., quella del 2 dell'art. 19), non contenendo espresse pattuizioni contrarie, pre suppongano in quei cittadini l'assenza della citta dinanza dello Stato obbligato. Il primo comma del 9-a deve quindi essere interpretato nel senso che siano necessari due requisiti per l'applicazione delle disposizioni di favore dell'art. 78: a) la sussistenza nel soggetto, per tutto il periodo di tempo ivi considerato, della cittadi (1) Publications cit., serie A, n. 21, p. 114. (2) Publications cit., serie B, n. 12, p. 25. (3) Publications cit., serie C, n. 1, p. 175. nanza di una delle Nazioni Unite; b) l'assenza, nel medesimo soggetto e per il medesimo periodo, della cittadinanza italiana. 15. Una conferma di tale interpretazione del primo comma del 9-a come urli.ca possiliil interpretazione di esso, data dal secondo comma di quella rusposizione che, con espressa deroga al principio generale che si precedentemente esaminato estende ad alcune categorie di cittadini italiani, che abbiano anche la cittadinanza di una delle Nazioni Unite, le disposizioni di favore dei precedenti paragrafi, dando cos la sicura prova che non tutti i cittadini delle Nazioni Unite siano stati contemplati in quel primo comma. Il 2 comma del seguente tenore: l'espressione "cittadini delle Nazioni Unite" comprende egualmente tutte-le persone fisiche... che, ai sensi della legislazione in vigore in Italia durante la guerra, siano state trattate come nemiche n. L'interpretazione di questa disposizione, l'accertamento cio dell'estensione soggettiva che essa abbia, non possibile in base ad un criterio esclusivamente letterale, perch la norma incompleta e, sotto un certo profilo, in bianco. In bianco, perch non possibile determinare in maniera astratta le persone da essa considerate, dato che queste persone devono essere individuate caso per caso attraverso l'accertamento di un fatto contingente: l'effettivo trattamento come nemici. Questo fatto, una volta che sia stato accertato, deve poi essere posto in relazione alla legislazione di guerra italiana vigente al momento in cui esso sia avvenuto, dato che, solo se sia stato conforme (aux termes de la lgislasion en vigueur en Italie pendant la guerre; under the laws in force in Italy during the war) a quella legislazione esso ha efficacia di fare assumere alla persona che ne sia stata l'oggetto la qualifica di " cittadino delle Nazioni Unite" Prescindendo quindi da questa indagine di fatto, che non pu che essere effettuata caso per caso, si deve completare la norma con le disposizioni di legge che in concreto abbiano legittimato in Italia durante la guerra il trattamento come nemico delle persone fisiche. I Governi statunitense e britannico (1) escludono invece che si possa fare alcun riferimento alla legislazione italiana, per il fatto che manca la prova che i compilatori del Trattato di Pace ne abbiano avuto la conoscenza dettagliata che avrebbero dovuto avere se avessero voluto considerarla. Ma l'argomento privo di fondamento di fronte all'evidenza del fatto che quella legislazione richiamata dal Trattato, recepita nel suo testo, ne forma parte integrante al punto che non si pu comprendere il significato di quella norma del Trattato di Pace se non la si integra con la legislazione italiana da essa richiamata. Ohe i compilatori del Trattato ne abbiano avuta o meno dettagliata conoscenza circostatlz del tutto irrilevante. da presumere di s perch altri-menti, riferendosi ad una legislazione di cui ignora( 1) Brief nella controversia Merg, p. 22 e replica nella controversia Bui casi di doppia cittadinanza, n. 6. -138 vano il contenuto, essi avrebbero dato prova o di una grande fiducia verso il diritto positivo italiano -cosa che, del resto, non dovrebbe meravigliare o di una maggiore ingenuit.. 16. L'art. 3 della legge di guerra italiana, approvata con regio decreto 8 luglio 1938, n. 1415, disponeva che agli effetti di quella legge fossero considerati sudditi nemici coloro che possedessero la nazionalit. di uno Stato nemico, ancorch possedessero in pari tempo la nazionalit italiana o quella di un altro Stato. Il cittadino di uno Stato nemico era quindi considerato da quella legge come suddito nemico anche se fosse stato contemporaneamente cittadino italiano; a una persona che avesse avuto quel doppio status si sarebbe quindi potuta applicare la legge di guerra; quella persona avrebbe potuto essere trattata come nemica ai sensi della legislazione in vigore in Italia durante la guerra. Non per sufficiente questa situazione giuridica per attribure a quella persona la qualifica di "cittadino delle Nazioni Unite"; a tal fine, oltre a quel requisito di diritto, il 20 comma del 9-a richiede anche il ricorrere una circostanza di fatto: l'effettivo trattamento come nemico. Quindi un cittadino italiano che, nel periodo di applicazione di quella disposizione, sia stato anche cittadino di una delle Nazioni Unite e sia stato effettivamente trattato come nemico, pu essere qualificato come "cittadino delle Nazioni Unite" agli effetti dell'art. 78 del Trattato di Pace. Si detto cc nel periodo di applicazione di quella disposizione >> perch dopo poco tempo ch era incominciata la guerra quella disposizione stata modificata dall'art. 2 della legge 16 dicembre 1940, n. 1902, entrata in vigore il 31 gennaio 1941, che ha stabilito che fossero considerati sudditi nemici i cittadini di Stato nemico cc che possedessero in pari tempo la nazionalit di altro Stato estero>>. La modifica quindi consistita nel non considerare pi come nemici i cittadini italiani che avessero avuto contemporaneamente anche la cittadinanza di uno Stato nemico; quindi Ile, per assurda ipotesi, si fosse verificato il trattamento da nemico di una persona in siffatte condizioni dopo il 31 gennaio 1941, questo fatto non sarebbe idoneo ad attribuire a quella persona la qualifica di " cittadino delle Nazioni Unite" perch il 20 comma del 9-a richiede, a questi effetti, che il trattamento da nemico sia stato attuato conformemente alla legislazione italiana e in quel caso, in.vece, esso sarebbe stato illegittimamente praticato. Le disposizioni su riportate sono integrative del 20 comma del 9-a il quale con l'inserzione di esse acquista il seguente significato: L'espressione "cittadini delle Nazioni Unite" comprende egualmente tutte le persone fisiche che, avendo ad un tempo la cittadinanza di una qualsiasi delle Nazioni Unite e quella italiana o di un altro Stato, siano state trattate come nemiche nel periodo 10 giugno 1940-31gennaio1941; o che, avendo ad un tempo la cittadinanza di una qualsiasi delle Nazioni Unite e quella di un altro Stato, ad eccezione dello Stato italiano, siano state trattate come nemiche dopo il 31 gennaio 1941. Questa la portata della disposizione cos come essa risulta dal suo testo; il fatto che essa appaia pi o meno limitata o che possa essere applicata, in astratto, solo ai cittadini di alcune delle Nazioni Unite, di quelle cio che siano entrate in guerra anteriormente al 31 gennaio 1941, non pu avere influenza nel processo di interpretazione che, come si visto, deve tendere a chiarire il significato della norma, non ad estenderne la portata. Oi invece che ha importanza ai fini dell'interpretazione dell'intero paragrafo la circostanza che nel 2 comma di esso sono considerate le persone fisiche che abbiano avuto con altre, anche la cittadinanza di una delle Nazioni Unite. Da questa considerazione si possono trarre le seguenti conclusioni: che, ai fini dell'attribuzione della qualifica di "cittadini dlle Nazioni Unite" i cittadini delle singole Nazioni Unite non sono considerati tutti e indiscriminatamente nel J0 comma, ma sono ripartiti, secondo le V?>rie ipotesi, tra i due commi del 9-a; che il 1 comma considera le persone munite di una sola cittadinanza; che nel 2 comma sono considerate le persone munite di doppia cittadinanza, per alcune delle quali stata fatta espressa deroga al principio generale che non ammette obbligazioni a carico dello Stato di cui esse abbiano la nazionalit, mentre per le altre si implicitamente confermata l'applicazione di questo principio. L'opinione contraria, che il solo fatto di essere cittadino di una delle Nazioni Unite attribuisca la qualifica di " cittadino delle Nazioni Unite", ai sensi del solo 1 comma del 9-a e che il possesso concorrente della cittadinanza italiana sia irrilevante, oltre che contrastare con la lettera di quella disposizione, in contraddizione logica con il 2 comma di quel paragrafo che considera esplicitamente la stessa ipotesi che quell'opinione ritiene implicitamente considerata ed esclusa dal 1 comma. Quell'interpretazione del 1 comma, che verrebbe quindi a svuotare di contenuto, almeno per qu.anto riguarda le persone fisiche, il 2 comma del para grafo in esame, contrasta anche con il principio per cui tra due interpretazioni egualmente possibili dal punto di vista logico (e quella statunitense, come si visto, non lo ), di cui l'una tolga ogni funzione alla norma e l'altra le conservi invece una fun zione debba prevalere il criterio della conser vazione. Principio che si trova ribadito dalla Oorte del l'Aja nel parere n. 7 (1): cc Une interprtation qui dpouillerait le Trait des minorits d'une grande part de sa valeur ne saurait etre admise )); e che I'Anzilotti ha espressamente richiamato nel suo parere dissidente nella questione riguardante l'An schluss austro-tedesco: cc La thse austro-allemande aboutit pratiquement priver de toute importance la seconde partie de l'art. 88; elle va ainsi l'en contre de cette regie fondamentale de l'interprta tion des textes juridiques, d'aprs laquelle; entre deux interprtations, dont l'une attribue une signi (1) Publicatioris cit., serie B, n. 7, p. 17. -139 fications raisonnable chaque partie du texte et l'autre ne remplit pas les m~mes conditions, c'est la premire qu'il y a lieu de prfrer >>, 17. Il ragionamento che si esposto porta ad una conclusione unica; ma, quand'anche si volesse porre un'alternativa, le due soluzioni del dilemma non sarebbero divergenti nel risultato. O l'ipotesi del concorso della cittadinanza italiana stata prevista, ed allora per essa stato dettato il 2 comma del 9-a e perci stesso l'ipotesi rimane esclusa dall'ambito del 1 "Comma: le disposizioni dell'art. 78 saranno applicabili ai cittadini di una delle Nazioni Unite, come tali, quando essi siano in possesso di quella sola cittadinanza (lo comma); negli altri casi, di doppia cittadinanza, sono richiesti altri due requisiti, uno di fatto, che essi siano stati trattati come nemici, e uno di diritto, che tale trattamento sia avvenuto a norma delle disposizioni in vigore in Italia durante la guerra, nel senso che si precedentemente chiarito (2 comma). O quell'ipotesi non stata prevista, e allora la questione va risolta, secondo i princip generali, nel senso che non sussiste nei confronti di coloro che siano cittadini italiani l'obbligo dello Stato italiano di accordare i privilegi dell'art. 78. STEFANO VARVESI AVVOCATO DELLO STATO NOTE D I DOTTRINA ERNST BLUMENSTEIN: Sistema di diritto delle imposte. (Milano, 1954). La traduzione in italiano (curata da Francesco Forte per la Collana degli studi dell'Istituto di Finanza dell'Universit di Pavia, diretta dal Griziotti) del Sistema di diritto delle imposte del grande giurista elvetico Ernst Blumenstein rappresenta indubbiamente un alto merito scientifico e un prezioso contributo per la conoscenza della teoria generale del diritto tributario. appena il caso di rilevare come, in quel particolare settore del diritto che riguarda la principale attivit finanziaria dello Stato, la complessit, e talora il vero e proprio disordine, delle fonti legislative, pongono continuamente sia lo studioso che il pratico di fronte alla necessit di ricorrere a principi di portata generale, molto frequentemente non scritti, o comunque ricavantisi per interpretazione da norme di carattere particolare. D'altra parte, le gravi, veramente imponenti difficolt che allo scienziato si presentano nella elaborazione di una teoria generale di diritto tributario sono fatte palesi dalla nota scarsit, nella nostra letteratura giuridica, di opere di tal contenuto e natura (alcune delle quali, invero, eccellenti), di fronte alla fioritura continua di lavori di teoria generale relativi ad altre materie (diritto civile, penale, amministrativo propriamente detto). Orbene, se si consideri quale enorme sfera di problemi e. d'interessi concreti sia toccata nel no stro Paese (come in tutti gli Stati moderni) dal complesso di attivit, sia della pubblica ammini strazione che dei privati cittadini, riguardanti lo accertamento e la percezione delle numerose specie di imposte, tasse e contributi speciali, non pu non salutarsi con il massimo piacere la divulga zione di un'opera, come quella recensita, tutta intesa, in un poderoso sforzo di sintesi, alla co struzione di un sistema nel quale trovano le loro esatta collocazione tutti i problemi nascenti dal realizzarsi, nel mondo del diritto, del rapporto giuridico tributario. Sarebbe di estremo interesse condurre, sulla base del testo del Blumenstein, una accurata in dagine per riconoscere in qual misura e in quali limiti le impostazioni concettuali dell'A., segl).ace del metodo classico germanico e profondo cultore del diritto romano e del diritto amministrativo, influiscano sulle formulazjoni teoriche del Siste ma ))' e sulla espos~ione critica delle particolari questioni di dfritto tributario; e tanto pi una siffatta indagine sarebbe utile, per constatare come l'A. pervenga spesso a risultati del tutto consoni con quelli ottenuti da altri giuristi i quali, nello studio del diritto tributario, partono da concezioni metodologiche, invero, diverse, attinte dalla scienza delle finanze e dall'economia politica. Ma un'indagine del genere eccederebbe le proporzioni di una segnalazione bibliografica. Di non minore interesse, tuttavia, si presenta un esame panoramico dell'opera, attraverso le sue ripartizioni: il sistema tributario ne risulta svolto dall'A. con assoluta compiutezza e con ampio respiro. Dopo un'introduzione, nella qualesono esposti i principali dati concettuali e tecnici della materia trattata, il Blumenstein passa a trattare, nella prima parte, del cc diritto tielle imposte materiale ))' esaminando con estrema precisione e acutezza i problemi relativi al potere di imposizione e alla soggezione a questo potere, alla delimitazione del potere di imposizione e della soggezione ad esso, all'oggetto dell'imposta. alle basi di valutazione dell'imposta, alla misura dell'imposta, al credito d'imposta, al diritto penale d'imposta. Nella seconda parte (il cc diritto delle imposte formale ii) si tratta dell'organizzazione amministrativa finanziaria, dell'accertamento delle imposte, dei procedimenti giurisdizionali tributari, dell'esecuzione dell'imposta. Come esattamente rileva il Forte, in un articolo nella cc Rivista di diritto finanziario e scienza delle finanze>> (1953, I, 224), riportato come introdu zione al volume, per il lettore italiano appaiono, inoltre, di interesse particolare alcuni passi del libro in cui l'.A. si occupa di questioni insistente mente agitate anche nelle discussioni tra i giuristi del nostro Paese, e comunque di istituti e conce zioni che possono essere tenuti presente per qual siasi futura e progressiva elaborazione del nostro diritto positivo e dell9, giurisprudenza. In una elen cazione sommaria, sar sufficiente ricordare il pro blema della giustizia tributaria cc in senso giuridico >> (teoria delle garanzie giurisdizionali che assicurano al cittadino l'eguaglianza giuridica di fronte al potere di imposizione tributaria); le delicatissime (e da noi tanto tormentate, ad es.; in m~te1:fa di imposte di registro) questioni riguardanti i rapprti tra il diritto civile e il diritto tributario, e il signifi cato interpretativo delle nozioni del primo ai fini dell'applicazione del secondo; le pagine relative alla c.d. elusione >> dell'imposta, fenomeno di cui non si -141 riscontra l'esatto corrispondente nel nostro ordinamento giuridico, e che, tuttavia, pu essere utile ai fini di una corretta determinazione del trattamento fiscale di certi negozi legittimi ma posti in essere per conseguire precisi scopi di alleggerimento del carico tributario normalmente riservato al dato tipo di operazione economica; l'analisi relativa alla distinzione tra il potere d'imposizione, e la conseguente soggezione ad esso del cittadino, e il rapporto giuridico che sorge per effetto dell'esercizio di detto potere; il problem~ dell'efficacia costitutiva dell'accertamento; l'esame (particolarmente complesso in relazione all'ordinamento costituzionale e amministrativo svizzero) dei vari soggetti di diritto pubblico cui spetta il potere d'imposizione, e dei vari casi di concorso fra questi, e della relativa delimitazione materiale; lo studio dei rapporti, e delle reciproche incidenze, tra il diritto delle imposte, la scienza delle finanze, ecc. L'ampiezza e profondit. degli argomenti trattati, come risulta dalle precedenti considerazioni, non solo rappresenta un apprezzabile arricchimento per tutti i cultori della materia, ma potr. fornire lo spunto per ulteriori interessantissimi sviluppi in ordine alle importanti questioni che oggi si propongono gli studiosi .e i legislatori, nell'intento di fornire alla collettivit. un ordinamento tributario informato alla pi alta giustizia distributiva, e dotato degli strumenti funzionali pi idonei alla .sua miglior attuazione. G. 7iOBOLI UBALDO PROSPERE'rTI: L'elettorato politico attivo. Giu:ffr, 1954, p. 162. Dopo aver posto in rilievo l'importanza degli studi elettorali nello Stato democratico a suffragio universale ed avere accennato all'inversione dei rapporti fra diritto all'elettorato e censo, per cui nell'attuale forma democratica pu ritenei'si che questo sia in funzione di quello e non viceversa nel senso, cio, che fra i doveri pubblici quello di porre tutti i cittadini in condizioni economiche tali da assicurare il libero esercizio del diritto all'elettorato, l'.A.. esamina la questione nei suoi molteplici aspetti, pervenendo a risultati, che a noi sembrano, almeno in gran parte, pienamente accettabili. .A proposito delle fonti, l'.A.. critica la distinzione corrente fra norme programmatiche e norme precettive, la cui utilit. pratica , per, innegabile. Egli ritiene che anche le norme programmatiche siano norme giuridiche, delle quali possibile fin d'ora una sia pur limitata applicazione, donde il criterio distintivo fra le due categorie di norme negli effetti prevalenti. .A questa tesi non si pu che aderire, perch indubbiamente anche le norme programmatiche formano sistema con le altre ed influiscono quindi sulla loro interpretazione. Tra le fonti l'.A.. pone anche l'art. 21 della di chiarazione universale dei diritti dell'uomo, ap provata dalla assemblea generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948, che, ai sensi dell'arti colo 10 della Carta costituzionale, farebbe parte dell'ordinamento italiano. .A questa tesi non riteniamo di poter aderire perch le norme internazionali poste dall'Assemblea delle Nazioni Unite non pare che.. possano essere _considerate diritto internazionale generalmente riconosciuto. Ma la questione soltanto formale, perch la nostra Costituzione ispirata a concetti analoghi, se non identici, a quelli enunciati nel menzionato art. 21. In linea di massima aderiamo al concetto del1' elettorato attivo come diritto soggettivo pubblico, avente ad oggetto la potest. di determinare o concorrere a determinare l'indirizzo politico. Esatta ci sembra, altresi, la, configurazione del Corpo elettorale come organo dello Stato, cui demandata fa funzione di definire l'interesse generale, e del voto come manifestazione di volont. del collegio e, quindi, atto collegiale. Qualche dubbio, invece, lascia l'ulteriore sua definizione di atto complesso, perch costituito da indicazioni politiche non riducibili ad un puntuale consenso su formula definitiva, come si verifica nel referendum . .A nostro avviso l'atto semplice, non complesso, perch le varie indicazioni politiche sono suscettibili di riduzione ad unit. e l'interesse generale risulta dalla riunione o dalla combinazione delle opposte tendenze. Dalla definizione di atto collegiale, data alla manifestazione della volont. del corpo elettorale, risulta, per, a nostro avviso, la necessit. di attenuare l'individuazione della potest-oggetto del diritto di elettorato attivo. L'elettore ha diritto a partecipare al funzionamento dell'organo ed alla formazione della sua volont., ma la potest. ci sembra che sia esercitata dall'organo collegiale e non dal singolo, che, concorrendo all'esercizio della potest. del collegio, esercita una funzione pubblica, se mai, ma non una pubblica potest.. Questo aspetto della questione meriterebbe, a nostro avviso, un pi approfondito esame. Un altro punto, che ci lascia perplessi, quello relativo alla identificazione dei componenti del corpo elettorale . .A nostro avviso di esso fanno parte tutti i cittadini; a tutti i cittadini, cio, spetta il diritto di elettorato attivo e solo l'esercizio di questo diritto limitato, per effetto della sua natura personale, ai cittadini maggiori di et. e capaci ed escluso per gli indegni. La riprova di questo assunto data dalla circostanza, posta in luce dall'.A.., che tutti i cittadini sono legittimati a proporre ricorsi elettorali, ancorch non abbiano la piena capacit. elettorale. N deve trascurarsi l'altra circostanza che il numero dei senatori stabilito in relazione a quello degli abitanti (cittadini) e non degli elettori. innegabile, d'altronde, che il corpo elettorale rappresenti ed impegnt..anche i cittadini minori ed incapaci. L'.A.. esamina, poi, la legittimit. costituzionale di alcune norme, che pongono o eliminano limitazioni al diritto di voto. Notevoli dubbi, invero, sussistono sulla legittimit.: della non limitazione relativamente agli inabilitati per motivi diversi -142 dalla infermit fisica, contro il disposto dell'articolo 48 della Carta costituzionale; dell'incapacit del fallito, che ormai non pu pi ritenersi indegno, ma eventualmente inetto, stabilita neppure in assoluta conformit della speciale incapacit prevista dalle leggi civili; dei confinati e degli ammoniti, per i quali l'indegnit collegata ad una situazione determinata da un provvedimento amministrativo e non astrattamente prevista dalla legge. Da escludere decisamente, invece, la censura di illegittimit costituzionale relativamente all'indegnit stabilita per i concessionari di case da gioco, essa risolvendosi in una censura di merito al legislatore in materia ad esso riservata dalla Costituzione. N sembra potersi riconoscere al Corpo elettorale il potere di autogovernarsi nel senso, cio, ch'esso convalidi e verifichi i poteri dei suoi membri. L'ordinamento tende ad attribuire ai collegi e, soprattutto, a quelli elettivi questo potere, che, per, nella specie non si riscontra. La cos detta verifica dei poteri per i componenti del Corpo elettorale devoluta all'autorit giudiziaria, che vi proJ:lede su istanza di altri componenti o del P.M., mentre la preparazione delle liste, l'iscrizione nelle quali, che rappresenta un atto di accertamento costitutivo, presupposto per l'esercizio del diritto di voto, predisposta da organi dell'Amministrazione nell'esercizio di poteri propri. Due interessanti questioni sono, infine, trattate dall'A.: quella della uguaglianza del voto e l'altra della determinazione del quorum. A nostro avviso, per, non esatta l'affermazione che l'uguaglianza del voto incida sulla legittimit costituzionale del Sistema. Voto uguale significa che ogni elettore debba concorrere in posizione di uguaglianza con gli altri alla formazione della volont del Corpo elettorale, esclusi gli istituti del voto plurimo, multiplo o rafforzato, ma gli effetti della volont collegiale manifestata sono indipendenti dai singoli voti, che non possono in:filuenzare il sistema elettorale. N riteniamo di poter condividere l'avviso, secondo il quale le schede bianche e, in parte, le schede nulle rappresenterebbero voti inesistenti e non dovrebbero essere computate nel quorum. Oggetto del diritto-dovere di elettorato attivo la partecipazione all'espletamento della funzione ed alla determinazione della volont dell'organo collegiale. Esso materialmente si esercita con la consegna di una scheda, nella quale manifestata la volnt del singolo elettore, che pu approvare l'indirizzo espresso da una lista o riprovare quelli espressi da tutte le liste, e, quindi, ;non aderire ad alcun indirizzo prospettato. Ma anche questa manifestazione di volont e rappresenta esercizio del diritto di elettorato. A nostro avviso, perci, alla determinazione del quorum concorrono tutti gli elettori votanti, ancorch il loro voto non sia per alcuna lista o sia nullo. G. GUGLIELMI '. IillifilWWWZ '. IillifilWWWZ RACCOLTA DI GIURISPRUDENZA ACQUE PUBBLICHE Uso di pubblico generale in teresse Possibilit virtuale Alimentazione della popolazione Uso di pesca Uso di navigazione . Bacino di raccolta delle acque Carattere demaniale. (Corte di Cass., Sez. Un., Sent. n. 667/54-Pres.: Acampora; Est.: Di Pilato; P. M.: Pafundi -Ministero dei Lavori Pubblici contro Comune di Comacchio). La legge sulle acque pubbliche, parlando di attitudine dell'acqua ad usi di pubblico generale interesse, vuole riferirsi a virtuale possibilit di utilizzazione delle acque, non ad effettiva destinazione delle stesse. In tema di acque pubbliche, la attitudine di una acqua ad uso .di pubblico generale interesse, che vale ad attribuirle la natura demaniale, pu anche concretarsi in pratica, in usi particolari dei privati (nella specie, pesca), purch da essi scaturisca una utilit generale. Fra gli usi di pubblico generale interesse che la legge sulle acque prevede deve comprendersi anche la pesca quando nel concorso degli altri requisiti voluti dalla legge stessa assurga ad importanza per l'alimentazione della popolazione. Essa quindi pu contribuire a qualificare le acque in cui sia possibile esercitarla, e tanto pi nel caso che la pescosit naturale possa essere sfruttata con particolari mezzi per la coltura di determinate categorie di pesci, si da conferire allo sfruttamento possibile una ancora pi vasta importanza nel pubblico interesse. L'attitudine alla navigazione, anche se esercitabile solo per la pesca, rende pubblica l'acqua. Il bacino di raccolta delle acque dei canali di bonifica ha lo stesso carattere pubblico delle acque raccolte, delle quali costituisce parte integrante. Riportiamo anzitutto la motivazione di questa fondamentale sentenza, nella parte che si riferisce alle massime sopra trascritte. ... , perch si possa riconoscere a determinate acque sorgenti, fiuviali e lacuali il carattere pubblico, occorre accertare la loro attitudine ad usi di pubblico generale interesse, considerate sia isolatamente per la loro portata e per l'ampiezza del bacino imbrifro, sia in relazione al sistema idrografico al quale appartengono (art. 1 del T. U.). Tali gli estremi richiesti dalla norma summenzionata, la quale, con la sua definizione, conclude tutta la evoluzione storico-giuridica in materia di acque pubbliche. noto, infatti, che un lento ma costante indirizzo legislativo ha portato ad estendere la demanialit ad un numero sempre crescente di acque minori, in vista, appunto, delle sempre crescenti possibilit del loro sfruttamento per usi di pubblico, generale interesse, per cui molte acque che prima erano private sono divenute, ope legis, pubbliche senza diritto ad indennit, tanto che si giunti in dottrina anche a dubitare della esistenza stessa di acque private. E se per espressa disposizione degli articoli 909 e 921 del codice civile la esistenza di acque private non pu essere disconosciuta, tuttavia innegabile che esse non hanno e non possono avere che scarsa importanza per gli interessi pubblici generali, riducendosi a soddisfare soltanto interessi esclusivamente priva,ti; ad esempio, sorgenti, che si esauriscono nei fondi privati, laghi o stagni di piccole dimensioni non adatti ad usi di pubblico generale interesse e simili. Sotto il detto profilo acquistano particolare rilevanza la ampiezza del bacino imbrifero e la portata delle acque, anche se isolatamente considerate, o la vastit del sistema idrografico nel quale sono incorporate. E nella specie, non vano notare che la sola valle di Mezzano, ha l'ampiezza di ben 17.500 ettari, che rappresenta pi della met dell'intera estensione di tutte le valli di Comacchio, aventi la superficie complessiva di 33.000 ettari, e che il canale di Oaldirolo lungo ben 2352 metri e largo 12 metri con prof ondit variabile: l'una e l'altro interessanti una vasta zona, in cui si affacciano anche altri comuni oltre Comacchio. Il summenzionato movimento legislativo documentato attraverso le leggi che si sono succedute, dalla legge sui lavori pubblici del 20 marzo 1865, n. 2248 (titolo IV) alla legge 10 agosto 1884, n. 2644, al R. D. L. 20 novembre 1916, n. 1664, al D. L. 9 ottobre 1919, n. 2161, convertito in legge solamente il 18 dicembre 1927, n. 2595, a finire al T. U. approvato con R. D. 11dicembre1933, n. 1775. E sulla base di tale legislazione il codice civile vigente, negli articoli 822 e seguenti, ha disciplinato la materia delle acque in relazione a tutti gli altri beni demaniali di pertinenza dello Stato e degli altri enti pubblici. Oi premesso, da aggiungere che la attitudine summenzionata, e, corrispo_ndentemente, gli usi di pubblico generale interesse, .ai quali la attitudine medesima va rapportata, devon valutarsi in fun ~w: ~w: -144 zione dei progressi tecnici, che consentono lo sfruttamento delle acque per finalit di pubblici generali interessi. E poich il progresso della tecnica in continua evoluzione, ne segue che la attitudine oltre che attuale pu essere anche acquistata in futuro, per effetto di nuovi ritrovati tecnici, con la cons.eguenza che la demanialit delle acque si avr dal momento in cui la attitudine sar sfruttabile per usi di pubblico generale interesse. Quali siano gli usi di pubblico generale interesse non possibile dire esattamente e sarebbevano darne una elencazione completa. Tanto meno l'interprete pu limitarli, giacch proprio allo scopo di comprendere nell'ambito di applicazione della legge tutti gli usi possibili, che SQddisfino pubblici generali interessi, l'art. 1 si limitato a dare la definizione delle acque pubbliche, non senza porre in risalto che la attitudine pu essere acquisita in futuro intendendo in tal modo riferirsi alle possibilit future di sfruttamento delle acque in base ai nuovi progressi tecnici e scientifici (esempio tipico le acque sotterranee, pure regolate dagli articoli 92 e seguenti del T. U.). Esaminando alla luce di tali principii le argomen tazioni sopra riportate del Tribunale superiore, agevole dimostrarne la fallacia. esatto che la legge sulla pesca (T. U. 8 ottobre 1931, n. 1604) mira a tutelare il patrimonio ittico, a disciplinare l'esercizio della pesca e l'ampia serie delle attivit che alla stessa sono connesse, senza interferire nei criteri adottati dalla legge sulle acque, ma anche vero che tutta la disciplina in materia di pesca pure volta a tutelare un particolare interesse pubblico: quello della pubblica alimentazione, come si evince da numerose disposizioni dello stesso T. U. , inoltre, da notare che le due leggi non sono in contrasto ma sono logicamente e giuridicamente col legate fra loro da finalit di pubblico, generale in teresse. Ond' che l'una non esclude l'altra, o meglio, l'una integra l'altra sebbene in campi diversi. Del resto, anche la navigazione sottoposta a di sciplina autonoma con certe limitazioni (vedi T. U. 11 luglio 1913, n. 959 e relativo regolamento 17 no vembre 1913, n. 1514), anche la fluitazione trova autonoma tutela nel menzionato T. U. del 1913 e non si mai dubitato che ambedue questi usi (dei quali la legge sulle acque pubbliche contiene un fu gace accenno nell'art. 51), contribuiscono indubbia mente a qualificare le acque, in cui possono essere esercitate. pure esatto che la pesca pu essere esercitata sulle acque pubbliche e private, ma facile contrap porre che anche le acque private possono essere sfrut tate per l'abbeveramento degli animali, per l'alimen tazione umana, per la irrigazio_ne e per generare forza motrice proprio come le acque pubbliche. Gli che talune caratteristiche e taluni usi pos sono essere comuni alle acque pubbliche e a quelle private e perci non basta affermare la esistenza di tali possibilit _di sfruttamento analogo o identico per escludere la demanialit delle acque giacch, giova ripetere, bisogna rapportare la attitudine e gli usi alle esigenze di pub.blici generali interessi. Ora, fra gli interessi pubblici, che la legge delle acque prevede espressamente, sono da considerare quelli che riguardano la agricoltura, la industria, la alimentazione e la difesa militare della nazione (argomenta articoli 40, 41 e 6 T. U.). E poich, come si visto, anche la pesca un uso che pu assurgere ad importanza notevole per la pubblica alimentazione, non pu a priori escludersi che, concorrendo gli altri requisiti voluti dall' articolo 1 del T. U. sulle acque pubbliche, essa possa contribuire a qualificare le acque in cui sia possibile esercitarla, specialmente poi s la pescosit naturale possa essere sfruttata anche a scopi industriali, con particolari mezzi per la coltura di determinate categorie di pesci, s da conferire allo sfruttamenio possibile una ancora pi vasta risonanza di pubblico interesse. Un esempio in tema di pesca peraltro menzionato nell'art. 56 T. U. ove si dispone che per le derivazioni, a scopo di piscicultura, non eccedenti il quantitativo di litri dieci a minuto secondo, la licenza pu essere accordata dall'ingegnere capo del Genio civile. Dal che facile dedurre che l'uso delle acque a scopo di piscicoltura rientra fra quelli che possono concorrere alla pubblicit delle acque stesse. A fortiori vi deve essere compreso, se tale industria della piscicoltura sia possibile esercitarla in un vastissimo specchio di acqua sfruttandone le peculiari caratteristiche desunte dalla sua conformazione e ubicazione e dagli elementi organici ed inorganici che contenga. In tal modo risulta confutato > i contratti nei quali restava da eseguire soltanto la liquidazione del corrispettivo, avendo il privato contraente totalmente adempiute le proprie prestazioni. Questi motivi, sostanzialmente espressi nel rilievo che in sede contrattuale le reciproche prestazioni hanno uguale valore, per cui il rapporto non pu dirsi esaurito se non quando sia stata eseguita anche l'obbligazione di pagamento gravante sull'Amministrazione, sono stati ora decisamente accolti dal Supremo Collegio; che, uniformandosi alla pronuncia, resa pure a Sezioni Unite il 28 -novembre 1953 (2), esattamente qualifica come cc non definito >> il contratto cc quando pi non siano profilabili contestazioni di qualsiasi genere, il che ovviamente pu aversi o per effetto del gi avvenuto integrale adempimento delle obbligazioni di tutte le parti contraenti, oppure quando ogni divergenza sia stata gi irrevocabilmenteappianata in forza di giudicato o convenzionalmente e in virt di accordo gi debitamente approvato, cos (1) Vol. III, n. 162. (2) Mass. Foro It. '" n. 3603, col, 692. ]~ i I I W.&-.&-P..ii.f..ek#..#'J~.&-.&-.&-.&-fa~.d&WJN?Y..&--..&fil:'"..&--Am>'.#..0.Af!'".U..:W~..::W'~~~.ff~ -148 come inequivocabilmente si ricava, a riguardo, dal 2 comma dell'art. 7 del testo di legge . Da tanto logicamente consegue, che risultano soggetti alle norme del provvedimento legislativo in esame anche i contratti per i quali -alla data di sua entrata in vigore ~non risulti ancora registrato il decreto di approvazione di un eventuale accordo, dal momento che l'esecuzione di esso non potrebbe aver luogo se non dopo l'adempimento di tale formalit (l}; nonch quei contratti nei quali il mancato pagamento del corrispettivo non sia intervenuto per essere il provvedimento di saldo ancora innanzi alla Corte dei Conti in sede di registrazione. L'esposta opinione ci sembra, inoltre, che trovi diretta conferma nel rilievo che l'art. 5 del decreto ripetuto, nell'enumerare i poteri attribuiti al Commissario, premette un'indicazione della pi ampia portata, affermando che tale organo ha facolt di adottare tutti i provvedimenti che ritenga necessari per la sistemazione e liquidazione dei contratti : perci se esatto che le facolt enunciate in tale articolo sotto le lettere a (sospensione, proroga o rescissione totale o parziale), b (risoluzione per sopravvenuta impossibilit di es.ecuzione), e (riduzione e trasformazione), d (provvedimenti in ordine ai materiali assegnati per l'esecuzione, ancora disponibili), presuppongono un contratto nel quale la prestazione del privato sia ancora in corso, del pari indubitabile che la facolt indicata nella successiva lettera e, nel consentire pure la liquidazione generale del contratto , riporta -in conformit della premessa -un elemento di larga indeterminatezza nell' elencazione, ipotizzando al tempo stesso un potere certamente compatibile con i contratti nei quali l'obbligazione del privato sia stata gi eseguita. L'enumerazione suddetta, quindi, se offre un quadro delle facolt assegnate al commissariO, certamente non le esaurisce; ed il suo valore non pu, pertanto, non essere meramente esemplificativo, sia in rapporto alla competenza dell'organo, che riguardo all'estensione della stessa ed ai limiti nei quali destinata ad operare. 2. Di estremo interesse sembra anche l'adeguata latitudine d'interpretazione data dal Supremo Collegio al concetto di contratto di guerra. Ohe, invero, tale qualificazione fosse da _attribuire pure al contratto stipulato dopo l'8 settembre 1943, non poteva dubitarsi: anche prescindendo dalla considerzione che il decreto del 1948 non distingue tra periodo anteriore e posteriore dell'armistizio, e comunque dal rilievo che l'armistizio non pone fine alla guerra, pensare il contrario significherebbe contraddire alla stessa realt storica, dal momento che dopo tale data l'Italia non rimase estranea al confiitto ancora in atto, ma attivamente vi partecip sia con le Forze governative che con quelle appartenenti al Movimento di resistenza, dichiarando guerra alla Germania e divenendo cobelligerante degli .Alleati con i quali condivise le sorti ultime della guerra. Ma l'aspetto di maggior rilievo che si coglie nella definizione fissata nella sentenza in esame, che contratto di guerra risulta anche quello realizzato (1) Art. 19 della legge di contabilit e art. 117 del relativo regolamento. per l'adempimento dei patti d'armistizio; e nell'affermazione non si pu. non concordare, se si tiene presente che il decreto ripetuto intese avviare a sollecita e completa definizione tutti i rapporti attinenti a questioni di guerra, che comurtque io derivassero la loro causa dal passato confiitto. Se quindi vero, che alla condotta della guerra inerisce non solo la conclusione dell'armistizio, ma pure quanto occorra per il rispetto dei patti relativi, non pu non dirsi collegato alla condotta della guerra da un rapporto strumentale anche il contratto avente causa nell'osservanza di tali patti. Va affermato, perci, che nell'ambito del decreto del 1948 rientrano tutti quei contratti (o altri provvedimenti espressamente dal testo legislativo equiparati ai contratti, come gli impegni sommari, le ordinazioni, i provvedimenti d'autorit e simili), comunque legati alla preparazione e condotta della guerra da un nesso funzionale: in buona sostanza, cio, tutta l'attivit in ampio senso contrattuale, che risulti sia stata indirizzata a procurare i mezzi necessari per realizzare le finalit militari e per fronteggiare le esigenze del conflitto, fino all'epoca in cui venne dichiarata la cessazione dello stato di guerra. Ed in proposito interessante far notare, in via indicativa dell'ampiezza concretamente riconosciuta al concetto di c>: per cui l'Amministrazione non sar vincolata alle eventuali concessioni fatte in via equitativa dal Commissario, ma potr contestare integralmente la domanda, se per la stessa manchino i req'l,tisiti sostanziali richiesti dalle norme ordinarie (2). G. d. G. DEMANIO -Tassativit della classificazione, di cui all'art. 822 C. c. -Demanialit accidentale -Momento in cui il bene destinato alla costruzione di un'opera pubblica acquista il carattere demaniale Natura del bene successivamente alla espropriazione, ma prima che l'opera sia compiuta -Indisponibilit -Necessit che persista la volont di attuare l'opera -Criteri per determinare tale persistenza -Amministrazione del bene. (Corte di Cass., Sez. Un., n. 789 del 22 marzo 1954 -Pres.: Acampora; Est.: Pepe; P. M.: Pittiruti, conforme -Cooperativa Agricola Ponte Galeria contro Finanze). La classificazione dei beni demaniali, di cui al l'art. 822 Codice civile, tassativa, per cui non possibile estenderne la cerchia ad altre categorie. Quando la demanialit in rapporto alla funzione pubblica, che inerisce ad un determinato bene, (1) Relazione ministeriale illustrativa della legge n. 810 del 1949 contenente modificazioni al decreto 25 marzo 1948 n. 674, in Le leggi 1949, 982. (2) Relazione 1942-50, vol. III, n. 160. considerata come fine a se stessa, l'esercizio di tale funzione non concepibile se non quando l'opera pubblica sia effettivamente compiuta. Perch l'immobile espropriato in favore dello Stato possa, in virt della sua destinazione, consi. derarsi un bene del patrimonio indisponibile, non basta la semplice destinazione potenziale alla esecuzione dell'opera di pubblica utilit, se la pubblica amministrazione mostri poi di non volerla attuare. Il criterio per determinare se persista la volont della pubblica amministrazione di attuare la desti nazione potenziale del bene espropriato dato dall'art. 1 R.D. 18 novembre 1923, n. 2440 sull'am ministrazione del patrimonio e sulla contabilit generale dello Stato, secondo il quale i beni asse gnati a un servizio governativo sono amministrati dal Ministero, da cui il servizio dipende. Pertanto, poich nella specie il negozio fu stipulato non dal Ministero della Difesa n da quello dei Lavori Pubblici, bensi dal Ministero delle Finanze, chia ro che non pu l'immobile espropriato considerarsi un bene del patrimonio indisponibile. Con la prima massima la Corte inteso confermare la precedente giurisprudenza, confortata dalla preva lente dottrina, che afferma la tassativit delle categorie elencate nell'art. 822 Codice civile, ma la possibilit di interpretazione estensiva ed, entro certi limiti, ana logica nell'ambito delle singole categorie dei beni dema niali. .Affermazione pi esplicita di questo principio contenuta nella sentenza n. 2095 del 1949 (Oass. I, 8 agosto 1949, pres.: Giaquinto; Est: Lorizio -Fi nanze contro Consorzio della grande bonifica romana, in<< Acque, bonifiche e costruzioni , 1954, p. 27), nella quale pure enunciato il principio, confermato nella seconda massima, secondo il quale i beni del demanio accidentale aequistano tale qualit soltanto al momento della ultimazione, dell'opera. Molto importante, a nostro avviso, l'affermazione implicitamente contenuta nella terza massima. La Corte, in sostanza, ha ritenuto che il bene espropriato per la costruzione di un'opera pubblica (idroscalo) acquisti la natura di bene demaniale solo col compi mento dell'opera, ma nel periodo precedente deve considerarsi bene patrimoniale indisponibile, almeno finch non risulti chiaramente la volont della A mmi nistrazione di non pi attuarla. In proposito rite ni.amo di .poter aderire al criterio adottato dall'anno tata sentenza per la individuazione di questa volont. Nella specie il bene, espropriato dall'Amministra zione Difesa .Aeronautica per la costruzione di un aeroidroscalo, era stato dismesso alla. Finanza, che lo amministrava. Da questa circostanza la Corte ha tratto il convincimento che l'Amministrazione avesse deciso di non pi attuare l'opera pubblica, che avrebbe reso demaniale il bene, provvedendo in conse guenza a trasferirlo al patrimonio disponibile. Da queste premesse consegue l'ulteriore afferma zione della natura privatistica del negozio, stipulato dalla .Amministrazione finanziaria relativamente al bene non pi destinato alla costruzione dell'opera- pubblica e, cio, ad un servizio governativo. Diversa. sarebbe stata la decisione se il bene fosse rimasto con l'originaria destinazione, donde il principio, che agevolmente pu trarsi dalla sentenza, secondo il -150 quale un bene, espropriato per la costruzione di un'opera pubblica, entra a far parte del patrimonio indisponibile dello Stato fin dal momento dell' espropriazione, salvo a divenire demaniale se l'opera pubblica, ultimata, sia idonea ad attribuirgli tale natura (strada, acquedotto, aeroporto, ecc.). La Corte non ritenuto di dover decidere la questione se cc essendo l'immobile suscettibile comunque una utilizzazione in armonia alla destinazione stessa e compatibilmente con questa, possa tale utilizzazione avvenire attraverso un negozio anche di diritto privato, ovvero, se, restandone la possibilit subordinata alle esigenze della costruzione dell'opera pubblica e trovando in tali esigenze essa il suo limite immanente sin dal suo nascere, l'utilizzazione stessa, di fronte al potere di revoca spettante in ogni tempo alla Pubblica Amministrazione, non possa trovare luogo che unicamente in virt di un negozio di diritto pubblico precisamente di una concessione amministrativa, sia pure seguita dal regolamento bilaterale dei rapporti fra l'Amministrazione concedente ed il concessionario (cosidetta concessione-contratto). Ma l'impostazione del problema lascia presumere eh' esso, se fosse stato ritenuto essenziale ai fini del decidere, sarebbe stato risolto nel senso, sempre sostenuto dall'Avvoca-. tura e pi volte affermato dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione e del Consiglio di Stato, dell'incompatibilit del negozio di diritto privato con l'indisponibilit .del bene, che non pu essere sottratto alla sua destinazione, se non nei modi previsti dalle leggi, che lo riguardano (art. 828 O.e.). G. O. SCAMBI E VALUTE -Versamento di somme in clearing -Sequestro delle somme versate -Opposizione -Interesse ad agire dell'Ufficio Cambi Difetto di giurisdizione dell'Autorit giudiziaria ordinaria. (Corte di Cass., Sez. III pen., Sent. n. 2995/53..,. Pres.: Fornari; Est.: Pifani; P. M.: Polimeno -Ufficio Italiano Cambi ed altri ricorrenti). L'Ufficio Italiano Cambi legittimato attiva mente a proporre opposizione avverso un provve dimento di sequestro conservativo penale che col pisca somme versate in clearing. L'Autorit giudiziaria ordinaria:non viola l'art. 4 della legge 20 marzo 1865, n. 2248i alleg. E, quando dispone il sequestro conservativo di somme versate in clearing. Oon questa sentenza la Corte Suprema di Cassa zione ha confermato integralmente l'ordinanza della Corte di Appello di Milano del 6 aprile 1952 resa nella stessa causa. Questa ordinanza stata gi pubblicata e commen tata nella Rassegna (1952, p. 113 e seguenti). Per quanto riguarda la prima massima, la Corte Suprema ha dovuto nuovamente affermare l'esistenza di legittimazione attiva da parte dell'Ufficio Italiano Gambi per respingere la relativa eccf3Zione contraria del P. M. e di alcune parti private. L'argomento di cui la Corte Suprema si servita per affermare che l'Ufficio Italiano Gambi ha inte resse ad agire in opposizione all'ordinanza di seque stro di somme versate in clearing che cc qualunque distrazione di dette somme lo (se. Ufficio Gambi) mette nella impossibilit di soddisfare i creditori italiani, in quanto riduce la sua disponibilit di fondi liquidi . Dobbiamo riconoscere. che questo argomento forse il pi debole di quanti se ne potevano trovare, in quanto, se si ammette che indifferente per l'Ufficio ItoJiano Oamb.i pagare ad un creditore piuttosto che ad un altro, l'interesse pratico che la Corte Suprema vuole trovare nella opposizione non sussisterebbe. Probabilmente, come abbiamo gi fatto presente nel commento all'ordinanza per la Corte di Appello di Milano, l'argomento pi convincente a favore della tesi della legittimazione attiva dello Ufficio Italiano Gambi sta nella considerazione che con l'opposizione al sequestro esso Ufficio tende ad assicurarsi la libert di adempimento delle sue funzioni pubbliche. Altro argomento pi macroscopico sta nella considerazione che l'Ufficio Italiano Gambi, quale terzo sequestrato, addirittura una parte necessaria in quel vero e proprio giudizio di convalida di sequestro presso terzi che, in materia penale, si inizia con il ricorso in opposizione. Per quanto riguarda la seconda massima, riteniamo anzitutto opportuno riportare integralmente la motivazione adottata dalla Corte. Ritenuto che da disattendere l'assunto comune dell'Ufficio Italiano Gambi e del Banco Centrale de la Repubblica Argentina, stando ai quali il Presi dente della Sezione istruttoria presso la Corte di Appello di Milano, ordinando il sequestro conserva tivo penale di cui si contende, avrebbe violato l'art. 4 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, allegato E; abolitrice del contenzioso amministrativo, che fa di vieto all'autorit giudiziaria di imporre agli organi della pubblica amministrazione un determinato com portamento e di modificare in qualsiasi modo un atto amministrativo. L'assunto parte dal presupposto che non appena il debitore straniero ha versato nel clearing una determinata somma e fino al momento in cui il crditore italiano viene pagato dall'Ufficio Italiano Gambi, quella somma, cessa di appartenere a un patrimonio privato e passa ad esclusiva disposizione degli Uffici di cambio dei due paesi, assumendo una destinazione di mero interesse pubblico; onde la distrazione di essa non pu essere ordinata da un'au torit diversa da quella che preposta al controllo dei cambi fra i due paesi. Ora l'errore del presupposto sta nella asserita desti nazione della somma versata in clearing ad uno scopo di interesse pubblico, mentre questo rimane sempli cemente limitato al rispetto del tramite obbligatorio pel quale la somma deve pervenire dal debitore stra niero al creditore nazionale. Si sa infatti che, quando fra due paesi si stipula un accordo di clearing, i rapporti tra i rispettivi debitori e creditori, in ordine al pagamento delle connesse importazioni ed esportazioni debbono svol gersi attraverso gli Uffici di cambio dei due Stati i quali intervengono a difesa dell'interesse pubblic~ di tutelare le loro valute nazionali. Ma per la tutela di un simile interesse occorre solo.. che i pagamenti internazionali fra privati abbiano luogo ip, quella determinata forma, senza che questa eserciti alcna infiuenza sui sottostanti rapporti sostanziali, che man tengono integra la propria natura privatistica. In altri termini, restano sempre da un lato un creditore nazionale col suo diritto al pagamento, e dall'altro r m straniero col suo dovere di pagamento; anta che quel diritto pu essere soddi dovere pu essere adempiuto unicamente ~ meccanismo del clearing. , infondato il sostenere che il rapporto ~ distinto e perfettamente autonomo riipporto di diritto privato sottostante, e xe di quest'ultimo non possano esercitare ienza sovra di esso. tesi, d'altronde, stata praticamente llo stesso Ufficio Italiano Gambi (e per sua mandataria Banca d'Italia), che si ubbidire all'ordine del Banco de Credito 1rgentino reincamerando immediatamente i state messe a disposizione del Franco riite la Banca Commerciale Italiana, vale .do rientrare nel ciclo del clearing ci che .scito, per il che non pu a meno di destar che l'Ufficio Italiano Gambi impugni r di un provvedimento emesso dalla autoiria dopo aver tanto supinamente obbedito ~i un privato, che esso assume di non ratto, e anzi dopo essere andato oltre quelsto che il Banco de Credito Industrial o non gi la restituzione delle somme, ma ensione dei pagamenti, che cosa ben di- difficolt stata chiaramente veduta dallo o Italiano Gambi, il quale, per superarla, o un nuovo rapporto di clearing diverso e >recedente, elevando al rango di creditore Credito I ndustrial Argentino e contrapquale debitrice la Banca Commerciale Itawn era mai stata debitrice di alcuno, ma aria di determinate somme, e che si era relativi obblighi restituendole al deposiipotizzando un rapporto di diritto privato. bbe valso a far diventare debitrice la xlia sol perch questa funge da cassiere Italiano Gambi. .e il rapporto di diritto privato, cui quello si intreccia, continua nel suo normale , niente deve importare all'Ufficio Ita i delle sue vicende fino a che queste non riodi e le forme del pagamento internazio Uanto si riconnette un interesse pubblico; ~mpio, al detto Ufficio deve riuscire indif Jseguire il pagamento in valuta italiana a persona diversa da quella originaria nata, e ci per effetto di accordi interve :tolari del rapporto o di una cessione fatta e nazionale o anche di un provvedimento it giudiziaria; n v' alcun motivo di rimenti per quelle distrazioni provvisorie :o da eventuali provvedimenti cautelativi tl'Autorit giudiziaria, i quali immobiliz 'aneamente una determinata somma. per si obiettato che, dato lo speciale ' del clearing, pel quale, come gi detto, l'Ufficio Italiano Gambi paga i crediti i nazionali verso i debitori stranieri con rsategli dai debitori nazionali dei creditori detti provvedimenti cautelativi, immobiliz di quelle somme, riducono le disponibilit lll' Ufficio Italiano Gambi, e possono met) dizione di non eseguire i pagamenti o di -151 limitarli; il che val quanto dire che il detto Ufficio pu essere costretto a tenere un determinato comportamento impostogli da un provvedimento dell'autorit giudiziaria in violazione del principio fissato nell'art. 4 della legge sul Contenzioso amministrativo. Ma all'obiezione stato gi esattamente risposto osservando che quei provvedimenti cautelativi intervengono quando il ciclo del clearing si gi svolto per intero nella sua parte essenziale, ossia dopo che si verificata la compensazione fra debiti e crediti dei due paesi legati dall'accordo di clearing, e dopo che ha avuto luogo l'accreditamento della somma a favore del creditore nazionale. In altre parole, la disponibilit materiale delle somme in valuta nazionale occorrenti per eseguire i pagamenti ai creditori nazionali un dato o elemento interno di ciascuno dei paesi legati dall'accordo, che non incide sulla fase esterna, internazionale di svolgimento del rapporto di clearing; n perci v'ha alcuna difficolt ad ammettere che su quella disponibilit possano influire, oltre alle cause naturali dipendenti dall'andamento generale del mercato internazionale d'importazione e di esportazione, anche altre cause che potrebbero dirsi genericamente artificiali e che si riconnettano alle vicende di uno dei tanti affari di cui quel mercato intessuto. Devesi pertanto concludere che il Presidente della Sezione Istruttoria presso la Corte di Appello di Milano, nell'emanare il decreto di sequestro 11 agosto 1951, ha rispettato i limiti giurisdizionali dell'Autorit giudiziaria ordinaria; onde cade ogni dubbio sulla necessit di rimettere alle Sezioni Unite penali di questa Oorte l'esame dei soggetti ricorsi . Commentando la precedente ordinanza della Corte di Appello di Milano scrivevamo che oramai solo un sottilissimo diaframma si oppone al pieno accoglimento della tesi che postula l'assoluto difetto di giurisdizione dell'Autorit giudiziaria ordinaria a disporre misure esecutive o cautelari sulle somme versate in clearing . Purtroppo la Corte Suprema ha rinforzato questo diaframma facendone una barriera. Non ci sembra peraltro, malgrado l'autorit dell'organo che ha emanato la sentenza in esame, che gli argomenti sopra riportati siano tali da convincerci della fondatezza della opposta tesi. Dobbiamo, anzi, notare con vero piacere che proprio dopo la sentenza della Corte Suprema sono intervenuti autorevoli appoggi al nostro punto di vista. Si tratta sopratutto dello scritto del Mazzone (in