ANNO VII -N. 8-9 AGOSTO-SETTEMBRE 1954 RASSEGNA MENSILE DELL'AVVOCATURA DELLO STATO PUBBLICAZIONE DI SERVIZIO SOMMARIO I. ARTICOLI ORIGINALI Note intornn al visto della Oorte dei Oonti, dell'avv. PASQUALE PAONE, p. 169-181 (continua). II. NOTE DI DOTTRINA 1) V. GIORGIANNI: Logica matematica e logica giuridica, recensione critica dell'avv. F. CASAMASSIMA, p. 182-187. 2) T. ToMASICCHIO: Massimario della espropriazione per pubblica utilit e della requisizione, recensione critica, p. 187. III. RAOOOLTA DI GIURISPRUDENZA 1) Amministrazione dello Stato -Rappresentanza in giudizio -Controversie tributarie -Opposizione a ingiunzione relativa ad imposta di registro -Nullit del ricorso per Cassazione intimato al Ministro per le Finanze, p. 188. 2) Comuni e Provincie -Procediment.o giurisdizionale avanti i Consigli comunali in materia di eleggibilit -Notificazione della decisione al Prefetto ricorrente -Termini e forme del ricorso in appello alla Giunta Provinciale Amministrativa, p. 188. 3) Notificazione -Ricorso al Trib. Sup. AA. PP. in sede di legittimit Nullit insanabile del ricorso non notificato presso l'Avvocatura dello Stato, p. 188-189. 4) Re~uisizioni effettuate per conto delle truppe alleate -Giurisdizione dell A.G.O. -Necessit del previo esperimento della procedura amministrativa, p. 189. 5) Responsabilit civile -Danni da circolazione di veicolo -Investimento ad opera di autoveicolo militare -Risarcimento transattivo da parte dell'Amministrazione -Azione di rivalsa dell'Amministrazione verso il conducente -Prescrizione biennale, p. 189-191. IV. ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI DELLE OORT! DI MERITO 1) Amministrazione Pubblica -Commissariato Generale Anticoccidico Citazione in giudizio -Notifica presso l'Avvocatura dello Stato -Licitazione privata -Mancanza di aggiudicazione -Risarcimento danni, p. 192-193. 2) Opere pubbliche -Appalto -Crediti dell'appaltatore in dipendenza del contratto di appalto -Limiti alla loro sequestrabilit; cedibilit Esperibilit nei confronti della P. S. dell'azione diretta prevista dall'art. 1676 Codice civile p. 193-195. 3) Scambi e valute -Disciplina valutaria -Compensazione valutaria privata -Illiceit -Fattispecie, p. 195-196. V. SEGNALAZIONI DI DOTTRINA E GIURISPRUDENZA, p. 197-205. VI. INDIOE SIBTEMATIOO DELLE OONSULTAZIONI, p. 206-210. -170 mento, una volta accolto, avrebbe valore determinante in quanto non vi sarebbe dubbio. sull'inidoneit a formare un atto complesso di due azioni volontarie aventi diversa natura: una, consistente in una dichiarazione di volont e, l'altra, in una dichiarazione di scienza o di giudizio (4). Poich, peraltro, detta obiezione si fonderebbe sulla attribuzione al visto di una funzione meramente accertativa -sulla quale non v' unanimit di consensi tra gli stessi autori che respingono la tesi dell'atto complesso (5) -sembra opportuno svolgere in altro modo la valutazione critica della teoria. In tale senso, pu intanto stabilirsi che, mentre il disconoscimento di omogeneit degli atti dalla cui combinazione risulterebbe l'atto pi ampio di natura complessa importa proprio il dissolvimento dei caratteri ritenuti necessari per l'esistenza di quest'ultimo, non vero invece il contrario: ci si spiega agevolmente eonsiderando la variet di atteggiamenti che in ogni singolo atto pu assumere la volont degli effetti, vale a dire la volont negoziale. Ma necessario a questo punto cond11rre due distinte ricerche: una, rivolta a precisare in quali termini sarebbe possibile configurare il legame tra le diverse volont nel caso che ci interessa; un'altra, diretta a stabilire i criteri di individuazione dello atto complesso. Dopo di che dovrebbe essere agevole trarre conclusioni a favore o contro la tesi esaminata. Le ipotesi formulabili circa l'ubicazione del visto in seno agli atti costitutivi della manifestazione com plessa sono molteplici. Si potrebbe delineare un atto complesso uguale formato: a) dalle volont dell'atto, dell'approvazione e del visto; b) da una manifesta zione di volont a sua volta complessa (risultante da una combinazione superiore tra la volont del l'atto e la volont dell'approvazione) pi il visto; e) da una manifestazione di volont a sua volta complessa (risultante da una combinazione supe riore tra la volont dell'atto e la volont del visto) pi la volont dell'approvazione; d) dalla volont dell'atto pi una manifestazione di volont a sua volta complessa (risultante da una combinazione superiore tra la volont dell'approvazione e la volont del visto). Ove si operasse con un criterio di complessit ineguale (6), potrebbero ottenersi altre tre ipotesi con gli stessi componenti delle ultime tre precedenti e, questa volta, con attribuzione dell'atto a uno dei soggetti che esercitano il potere. appena il caso di notare che la forma di comples sit superiore sarebbe, a sua volta, ipotizzal;>ile come uguale o ineguale, e l'atto, pertanto, potrebbe imputarsi, nel primo caso, a un soggetto da deter minarsi, nel secondo, all'autorit che approva o a quella che vista. Si proceduto alla formulazione di tutte le ipotesi non per un'esercitazione teorica, ma perch nessuno dei casi esposti -ove si eccettui quello sub e -rimane escluso dal diritto positivo. Le di sposizioni degli articoli 17 e 18 della legge sulla Corte dei Conti e quella dell'art. 19, 30 comma, della legge sulla contabilit di Stato, stabilendo che il visto della Corte interviene sui decreti di approvazione e non -quando vi sia -sul con tratto, sembrerebbero costituire, del visto e del de creto, un blocco funzionale a s, distinto dal con tratto e dalla manifestazione di volont della ammiuistrazione in esso contenuto. Ma l'argomento letterale perde forza ove si consideri l'art. 117 del regolamento sulla contabilit dello Stato che sospende l'esecuzione dei contratti fino alla emanazione sia dell'approvazione che dl visto; detta norma, anzi, non parla neppure di visto, ma di registrazione del contratto. I/ipotesi di atto complesso uguale contenuta sub a non sarebbe dunque da scartarsi prima di averla discussa. Tanto meno poi lo sarebbe l'ipotesi sub b, sia che la si riferisse ad un atto complesso uguale che ad un atto a complessit ineguale; l'ipotesi, infatti, si presenterebbe particolarmente favorita dalla opinione -accolta in dottrina -che ricomprende la volont dell'approvazione nella fase formativa della volont negoziale dell'amministrazione; ben potrebbe dunque il visto inerire all'approvazione -come i primi tre articoli citati affermano -in quanto per quest'ultima gi si fosse combinata con la volont n~goziale. Il caso sub e) invece -come si detto -appare insostenibile; esso infatti postulerebbe l'unone della volont negoziale e della volont del visto e il riferirsi dell'approvazione alla volont conseguente, il che importerebbe un'inversione, contrastante col dato positivo, del moment9 di formazione del visto e dell'approvazione. L.'ipotesi sub d, infine, apparirebbe degna d'esame proprio per le ragioni che farebbero dubitare del fondamento dell'ipotesi sub a); in sostanza,per queg1i articoli di legge gi citati in cui visto e approvazione sembrano configurati come elementi di un'unit pi ampia, ma a s stante rispetto al contratto. Sulla possibilit di riformulare le tre ipotesi gi note come altrettanti casi di atti complessi ineguali, non vi sarebbe molto da dire se non che, sia, l'ipotesi sub b sia quella sub d, si presenterebbero pi facilmente accettabili delle corrispondenti a complessit eguale in quanto apparirebbe pi aderente alla struttura del fenomeno attribuire una rilevanza giuridica preminente alla volont negoziale dell'Amministrazione rispetto all'approvazione o al visto. Di fronte alla scarsa univocit delle disposizioni di diritto po,sitivo non rimane allora che ricorrere alla elaborazione scientifica mettendo a profitto i risultati di ordine sistematico d,a essa raggiunti su di un dato argomento. Lo stesso non pu non avvenire per la materia che $tiamo trattando. Note (1) La tesi dell'atto comp.(sso ineguale si trrw_ finanziario, Napoli, 1935, vol. I, p. 177 e se~g., sul presupposto che non sia distinguibile una fase d1 perfez10ne e una fase di efficacia dell'atto. Possono comprendersi nel gruppo gli ~ut>, si veda sempre SANDULLI, op. cit., p. 230 esegg. Per la stessa conclusione, limitatamente agli atti composti, intesi come atti semplici ad azione volontaria compost, GASPARRI: Studi, cit. p. 34. Ora per lo stesso autore ci pare di diverso avviso. Si vedano le Lezioni di diritto amminiBtrativo, voi. I, Milano s. d., ed. lito, p. 321. Vedi pure: MIELE: Alcune osBervazioni sulla nozione di procedimento amministrativo, cc F .I. '" 1933, col. 375, e segg. (5) Il SANDULLI, op. cit., p. 281, afferma: cc Mediante il visto l'autorit controllante, dopo di aver valutato la conformit alle disposizioni positive, dell'atto posto anteriormente in essere dall'autoiit soggetta al suo controllo, col pronunciarne la legittimit, gli conferisce quella forza esecutiva, che il d.iritto fa dipendere appunto dalla sua pronuncia. In nota (stessa pagina): cc Tale funzione postula che, contrariamente a quanto suole sostenere l'opinione pi diffusa, il visto non si risolve in un mero accertamento: ma una vera e propria dichiarazione di volont>>. Il SANDULLI, peraltro, ricomprende il visto tra i requisiti integrativi dell'efficacia. Ugualmente VITTA: Diritto amminiBtrativo, Torino, 1933-35, voi. I, p. 303. Il VIGNOCCHI (Gli accertamenti coBtitutivi nel diritto amminiBtrativo, Milano, 1950, p. 53, nota 31) afferma che cc l'attivit di controllo a differenza di quella di puro accertamento, presuppone necessariamente per la sua stessa natura, oltre a un preliminare atteggiamento intellettivo di esame di determinate situazioni, anche e sopratutto lma successiva fase di vera e propria iniziativa rivolta a vietare o permettere l'esplicazione di attivit di enti o di singoli, e questa importante e prevalente funzione, tipicamente caratteristica dell'attivit di controllo, non pu essere esplicata evidentemente se non attraverso ad tm atto di volont, cio ad un negozio >>. Eppure lo stesso A. ritiene che il visto dia luogo ad una semplice condicio iuris dell'atto controllato (op. cit., p. 121, nota 22 e passim). Gi per lo stesso VIGNOCCHI: La natura giu,ridica dell'autorizzazione amminiBtrativa, Padova, 1944, P. 70 e segg., aveva concluso nello stesso senso. (6) Il Donati, in uno studio rimasto fondamentale, non senza utilizzare risultati di altri autori ebbe a precisare che la condizione necessaria e sufficiente perch si abbia un atto complesso data dal fatto cc che la volont nell'atto manifestata risulti dall'unificazione di pi volont singole . (Atto complesso, cit., p. 9). Tale unificazione -specificabile poi come integrazione o fusione di volont, vale a dire in complessit ineguale o uguale della volont risultante -veniva spiegata come conseguenza di un fenomeno di cooperazione di pi voleri manifestantesi nella fase di esercizio di un dato potere giuridico. Operando proprio con le nozioni di titolarit ed esercizio di lma situazione giuridica strumentale, il Donati pervenne alla cennata distinzione tra integrazione e fusione di volont. Nella prima, due soggetti, per esempio A e B, esercitano un certo potere la cui titolarit spetta ad uno di essi, con la conseguenza che l'atto relativo (atto complesso ineguale) viene attribuito al soggetta titolare; nella seconda, i medesimi esercitano un certo potere la cui titolarit viene attribuita ad un soggei;to esuraneo C, con la conseguenza che l'atto relativo (atto complesso uguale) viene attribuito a quest'ult.imo. La distinzione, accettata dalla dottrina prevalente, stata criticata gi dal Brondi, op. cit., p. 578 e segg., e ora dal Santlulli, op. cit., p. 223 nota 41; p. 256. Altri che l'accoglie precisa che si tratta di cc distinzione avente scarso o punto valore giuridic (ALESSI: SiBtema istituzionale del diritto amminiBtrativo italiano, Milano, 1953, p. 274). 3. La teoria delle combinazioni degli atti giuridici stata definita dal Oarnelutti una tra le zone della teoria meccanica del diritto dove il terreno pi tenace (1), e uno studioso di indiscusso valore -il Sandulli -non ha esitato a definire la materia << aspra "' mettendone in luce le molteplici difficolt (2). Dopo questa incoraggiante premessa, pu affermarsi -cogliendo il punto di incontro nella dottrina prevalente, mantenutasi sostanzialmente fedele all'insegnamento del Donati -che l'unificazione delle volont in un atto complesso, realizzantesi attraverso il meccanismo gi detto, avverrebbe sulla base di due criteri: la unit del contenuto di dette volont e l'unit dell'interesse da esse tutelato (3). Tale conclusione non , sfuggita alla critica. Si discusso, innanzi tutto, sull'esattezza del primo eriterio. Di esso si messo in evidenza il valore di ripetizione tautologica rispetto a quello dell'unit di contenuto delle volont. In particolare, poich, entrambi i criteri sono stati usati per contrapporre il contratto all'atto complesso, si osservato: Parlare in tal senso delle diversit degli atteggiamenti, che il C!?n.tenuto dei voleri dei singoli agenti assume nel primo_ caso e nel secondo, non significa altro, che considerare, da un punto di vista differente, la stessa disparit degli atteggiamenti degli interessi degli agenti nell'atto complesso e nel contratto (4). Ma anche il requisito dell'interesse ha subito -172 una revisione. Ohe la nozione-di atto complesso presupponga un unico e .~olo interesse stato criticato . servendosi proprio di una contraddizione che scaturiva dal principio, pur contemporaneamente affermato dalla teoria della unit dell'interesse, secondo il quale ogni organo .. , nei limiti della propria esclusiva cmpetenza, ha la rappresentanza di un interesse o di una serie di interessi della persona giuridica cui appartiene .. , la quale, per mezzo suo, esprime la sua volont in rapporto agli interessi suoi compresi in quella sfera, e in rapporto a quelli soltanto (5). Il rilievo, occasionato dalla contraddizione, serv a stabilire il principio pi generale per cui, in caso di atti risultanti da dichiarazioni parallele e concordi, solo di interessi diversi fosse lecito di parlare, poich, cc se l'ordinamento chiama pi agenti a porre in essere un certo atto, chiaro che riconosce a ciascuno di essi un proprio interesse a tale riguardo (6). .Affermata, peraltro, l'incongruenza del criterio della unit dell'interesse nel nostro caso e sostituita ad essa quello della diversit del medesimo, la originaria categoria dell'atto complesso ne rimaneva largamente ampliata -tra l'altro, poteva in essa comprendersi la figura del contratto-, ma era anche necessario individuare un altro criterio che potesse far ricomprendere le diverse .dichiarazioni di volont, o, meglio, i singoli atti, in uno schema di atto pi ampio: il criterio si :fiss nella unit del fine immediato che le singole unit elementari dell'atto, denominato pi generab:r\ente composto, tenderebbero a realizzare (7}. Il criterio dell'interesse fu degradato a pi limitata funzione, come elemento cio discriminante, nell'ampia categoria dell'atto composto e, in. essa, nella specie dell'atto complesso in senso ampio, il contratto dall'atto complesso in senso stretto: nel primo, l'interesse degli stipulanti sarebbe cc in contrasto con quello che ispira l'altro o gli altri , nel secondo, cc gli interessi dei singoli agenti, anche se sono certamente diversi tra loro, non sono tuttavia collidenti. Essi si pongono in atteggiamento di cooperazione concorde (8). L'elaborazione si deve al Sandulli ed tra le pi complete. Tuttavia essa ci sembra accentuare ed isolare l'aspetto meramente formale del feno meno (9). A nostro parere, il criterio della unit del fine immediato che gli atti tendono a realizzare, vale a dire l'unit dell'effetto giuridico annesso agli atti, pu ben considerarsi il criterio che riveli l'unificazione dei diversi atti in un atto unico di natura composta, ma esso va sempre considerato in stretta correlazione con gli interessi che spingono ai singoli atti, cio con i bisogni che inducono gli autori degli stessi ad agire. Tale correlazione ci sembra esclusa -con sopravvento appunto del l'aspetto meramente formale -quando all'interesse si colleghi la secondaria rilevanza di rendere pos sibile solo una distinzione di specie. In tal modo si afferma, infatti, che, in un primo momento, cio relativamente alla individuazione del genus, l'esclu sivo criterio utilizzabile quello della possibilit di annettere, ai diversi atti componenti il genere, la stessa modificazione giuridica, e che solo successiva mente, nell'ambito del genus, possa sovvenire ilcri terio dell'interesse. Cos ritenendo, non sarebbediffi cile -una volta affermato il carattere di omogeneit del visto rispetto all'atto vistato, entrambi dichiarazioni di volont -sostenere che il primo costituisca col secondo parte di un atto complesso, proprio perch al visto potrebbe annettersi lo stesso effetto collegabile all'atto vistato, cio il sorgere di quelli che sono comunemente considerati invece gli effetti definitivi di quest'ultimo; non vi sarebbero allora serie ragioni per negare che il fine immediato perseguito col visto sia lo stesso di quello perseguito con l'atto vistato (10). Se peraltro questa conclusione ripugnerebbe al coinune senso giuridico, del quale si rese autorevole interprete lo stesso Donati quando preis che la tesi dell'atto complesso nel caso: cc svisa la natura delle funzioni esercitate dagli organi di controllo, che vengono trasformati in organi d'azione)) (11), il problema pu essere risolto, a nostro modo di vedere, mettendo in evidenza la circostanza che l'interesse alla modificazione giuridica, e cio al prodursi dell'effetto giuridico, da porsi in stretta funzione con la soddisfazione dei bisogni dei soggetti che vogliono detta modificazione; e che, in ultima analisi, l'interesse alla soddisfazione del bisogno a far decidere se due o pi atti concorrono a formarne uno complesso. Note (1) Teoria genemle del diritto, 3a ediz. emendata ed ampijata, Roma, 1951, p. 351. (2) Il procedimento, cit., p. 197. (3) Per i pubblicisti si deve partire dal DONATI (op. cit., p. 12): "La unificazione possibile fra le diverse volont solo se esse si rivolgono al medesimo obbietto. Questo, anzi, bisogna tener sempre ben fermo, che perch si abbia un atto complesso, sia esso uguale o ineguale, le singole dichiarazioni di volont occorre abbiano identico contenuto, mirino a un medesimo effetto, per la soddisfazione, non di interessi uguali o comuni, ma di un unico e solo interesse'" Successivamente, richiamandosi al criterio della unit dell'interesse, tra gli altri, RANEJ,LETTI; Lezioni di diritto amministrativo, Milano, 1925-26, ed. lito, p. 214 e segg.; ROMANO; Corso ' di diritto amministrativo, vol. I, Padova, 1930, p. 180. Si riporta,. invece, ai criteri dell'unit del .contenuto delle volont e l'unit del fine, ZANOBINI: Corso di diritto amministrativo, vol. I, Principi generali, Milano, 1950, p. 205. Il MIELE, Principii di diritto amministrativo, vol. I (Introduzione, Nozioni generali, Le fonti)., Padova, 1950, p. 156 e segg., fonda la nozione sulla identit della causa dei poteri dal cui esercizio scaturisce l'atto complesso, intendendo per causa cc la finalit per cui il potere giuridico venne conferito dall'ordinamento giuridico . Per i privatisti, tra gli altri, si richiamano all'unit di contenuto delle volont e all'unit dello interesse, A;ooLFO RAV: Istituzioni di diritto privato, 2a ediz. riveduta, Padova, 1938, p. 479 e segg.; DE SEMO: Istituzioni di diritto privato, 6a .ediz. riveduta, Firep_ze, 1952, p. 179; TRABUCCHI: Istituzioni di diritto civile, 6a ediz. riveduta, Padova, 1952, p. 119. Richiamano i criteri del medesimo contenuto dlle volont e del medesimo fine, BARBERO: Sistema istituzionale del diritto privato italiano, 3a ediz. riveduta e aumentat1;1., Torino, 1950, vol. I, p. 324; DE RuGGERO-MAROI: Istituzioni di diritto privato, sa ediz. rinnovai;a, Messina, 1953, voL I, p. 97. Si richiama alla idemit del fine e del contenuto delle volont, MESSINEO: Manuale di diritto civile e commerciale, 7a ediz, aggiornata ed ampliata, Milano, 1946, vol. I, p. 269. (4) SANDULLI, Il procedimento cit., p. 215, nota 2. (5) DONATI, op. cit., p. 12 e segg. in noi;a. (6) SANDULLI, op. cit., p. 217, nota 30. (7) SANDULLI, op. civ., p. 197 e segg. (8) SANDULLI, op. cit., p. 216 e segg. (9) Il dubbio,sia pure solo per respingerlo, adom ~ ~~ -173 brato dallo 8tesso SANDULLI: Il procedimento cit., p. 199. Chiaramente in tal senso invece, ALESSI; Sistema cit., p. 273: L'atto complesso ed il contratto, hanno in comi..me l'elemento formale ...... Viceversa, l'elemento differenziatore . di natura sostanziale .... '" (10) Che il visto determini il sorge1e degli effetti contrattuali la conclusione comune della dottrina che accoglie la tesi della condizione sospensiva. vero che l'evento in tal caso assunto nella fattispecie dell'atto indipendentemente dalla sua idoneit a produrre un effetto e dal suo contenuto di volont, cio come mero fatto, ma rimane anche dimostrato che non difficile pensare il visto come evento che precede il sorgere degli effetti contrattuali. Se cos , e si assumesse invece il detto evento nella stessa fattispecie dell'atto come fatto in cui rivela la volont dell'effetto, cio come negozio, nulla escluderebbe pi la possibilit di ritenerlo, insieme all'atto dell'amministrazione, come parte di i..m atto complesso. Riferendosi a quanto afferma appunto il DONATI (op. cit., p. J02), e cio che gli atti di controllo "hanno un fine proprio da raggiungere, che insieme quello di tutelare un interesse che dall'atto principale pu essere leso ( innerer Zweck) e quello ( iiitsserer Zweck) di rendere possibile, constatato che quell'interesse non ne sar probabilmente danneggiato, che il fine voluto dall'atto principale sia da questo raggiunto onde non lecito, osservando le cose dal solo punto di questo fine, e pel fatto solo che pel suo raggiungimento l'esistenza di tali atti secondari (quelli di controllo cio) necessaria, togliere a questi un'entit e una finalit propria, ove si veda invece esclusivamente l'iiusserer Zweck, si delinea l~ possibilit di configurare nel caso l'atto complesso. E questa la posizione attuale del GASPARRI: Lezioni di diritto amministrativo, vol I, Milano 1948, ed. lito. Stabilito che il tipo di combinazione di atti giuridici denominato atto complesso ricorre quando il legislatore richiede a che un dato effetto giuridico si produca il compimento di due o pi atti (p. 319), egli raggruppa il nostro fenomeno negli atti complessi che egli chiama ad elementi concatenati. Dice l'autore (p. 334): " Questa figura ricorre quando la efficacia di un atto subordinata al combinarsi di esso con un altro, il quale contenga un dato giudizio, di regola di legiJ;timit o di convenienza, sul primo. Si ha qui un fenomeno che sotto il profilo della forma, si accosta a quello del procedimento, di cui tratter tra poco, mentre sotto il profilo dell'efficacia si accosta a quello dell'atto complesso. Si noti che con questo la visione puramente formale del fenomeno spinta al massimo. Proprio il considerare la sola necessit di pi eventi per la produzione di un effetto come sufficiente a costituire tra gli stessi atti necessari un legame complesso, pu far sostenere al Gasparri che l'atto complesso possa essere formato da combinazioni di negozi e meri atti giuridici. (Il) Op. cit., p. 103. 4. Gi prima del Sandulli, un altro studioso, il Gasparri, aveva riscontrato un atto complesso in tutti i casi in cui diversi atti giuridici, che fossero complementari tra loro, avessero in comune il risultato giuridico immediato da essi prodotto. Questo autore intendeva per complementarit di due o pi atti la qualit ad essi derivante dall'essere ritenuti ugualmente necessari a produrre un dato effetto giuridico e per risultato di un atto la situazione giuridica ad esso conseguente, mezzo attraverso il quale il soggetto agente raggiunge l'evento economico: soddisfazione del bisogno (1). Ma anche il pensiero del Carnelutti, al quale si sono ispirati gli studiosi pi recenti, sopratutto il Gasparri, , in argomento, come sempre, assai illuminante. Fine di un atto, secondo il Carnelutti: il mutamento, l'evento futuro, nel quale si svolge l'interesse dell'agente >> (2). Q.uesta la nozione di fine in senso economico; avviene per che il fine economico si realizzi mediante il mutamento giuri dico che costituisce l'effetto dell'atto. Se, per esempio -dice il Carnelutti -, il mio fine di possedere del pane per saziarmene, qualora io mi risolva a comprarlo invece che a rubarlo, la realizzazione di questo fine. si ottiene arttraverso!'effetto della vendita, il quale consiste nel trasferire al compratore la propriet della cosa comprata (3). possibile, pertanto, distinguere tra un fine immediato dell'atto consfatente nell'effetto giuridico del medesimo, e un fine mediato rappresentato dal mutamento economico che codesto effetto giuridico consente di conseguire : l'interesse alla produzione del primo effetto comunemente chiamato causa dell'atto, l'interesse alla realizzazione del secondo, <>, 1948, III, 163; Corte Conti, Sez. II, 17 giugno 1949, "F. I. >>, 1950, III, 98 e segg.; Corte Conti, Sez. controllo, 16 maggio 1951, "F. I.'" 1952, III, 239; Corte Cassazione, Sez. I, civile, 16 maggio 1941, "F. A.>>, 1941, II, 56; Corte Conti, Sez. controllo, 30 gennaio 1946, "F. A.>>, 1946, III, 18: Consiglio Stato, Sez. IV, 14 gennaio, 1950 "F. A.'" 1950, I, 173; Consiglio Stato, Sez. VI, 12 luglio 1949, "F..A. '" 1950, I, III, 2 e segg. (2) Sulla funzione della condizione rispetto all'atto condizionato la dottrina discorde. Riferendosi alla condizione volontaria, una prima teorica fa dipendere da essa non solo la nascita dell'effetto, ma della stessa volont negoziale; l'evento trasformerebbe la volont condizionata in volont pura e semplice; una seconda teorica (c.d. della pendenza) attribuisce alla condizione efficacia puramente dichiarativa nel senso che essa ac, certerebbe l'esistenza degli effetti dell'atto condizionato sorti gi in precedenza; una terza teorica attribuisce alla condizione efficacia costitutiva nel senso che prima dell'avverarsi dell'evento condizionante, l'atto condizionato sarebbe perfetto ma non efficace: il verificarsi della condizione subordinerebbe qui il sorgere stesso degli efetti dell'atto. Su tali teoriche e su altre, si consulti, MAGNO: Studi sul negozio condizionato, vol. I,. Roma, 1930, cap. I, p. 10 e segg., e il volume del BARBERO di cui alla nota seguente. La terza teorica quella dominante (MAGNO, op. cit., p. 76; RUBINO: La fattispecie e gli effetti giuridici preliminari, cit., p. 108) e ad essa faremo riferimento d'ora. in poi nel testo. (3) FALZ'EA, La condizione e gli elementi dell'atto giuridico, Milano, 1941; ma gi ne Il soggetto nel sistema dei fenomeni giuridici, Milano, 1939, p. 24 e segg. Si veda pure BARBERO, Contributo alla teoria della condizione, Milano, 1937. (4) FALZEA: La condizione cit., note introduttive e capitolo primo, passim. (5) Contra BARBERO: Contributo cit., p. 72 e segg. La dottrina prevalente contraria all'assimilazione, tra gli altri, POLACCO: Le obbligazioni nel diritto civile italiano, I, Roma, 1915; PACCHIONI: Elementi di diritto civile, 3a ediz. riveduta e ampliata, Torino, 1926, p. 284; RAVA', op. cit., p. 143; SCIALOJA V.: Negozi giuridici, quarta ristampa, Roma, 1938, p. 96; SANTORO-PAssARELLI: Istituzioni di diritto civile, V ol. I., Dottrine generali, Napoli, 1945, p. 133; BARASSI: Istituzfoni di "diritto civile, 4a ediz. riveduta e aggiornata, Milano, 1948, p. 137; Dus1: Istituzioni di diritto civile, 5" ediz., voi. I, Torino, 1951, p. 135; DE RuGGIERO-MAROI: Istititzioni cit., vol. I. (6) Sulla condicio iuris, FALZEA: La .condizione, cit., p. 94 e segg. (7) FALZEA, op. ult. cit., p. 120. (8) FALZEA, op. ult. cit., p. 123. (9) GASPARRI: Corso di diritto amministrativo, vol. I; Teoria dell'organizzazione amministrativa, Bologna, 1953, p. 66. Si deve parlare del controllo come. caratteristica costante dell'attivit amministrativa. Ci, mentre consente d'escludere che il visto modifichi il nomen iU1is dell'atto da vistare (una ompravendita infatti non vede il suo schema tipico accresciuto della approvazione e del visto sol perch dall'ordinamento giuridico privato essa passi a formare oggetto di una valutazione di diritto pubblico), d'altro canto sufficiente a far scartare la conclusione che il visto costituisca una pura accidentalit suscettibile di esclusione dal quadro del fenomeno. 6. Il condizionamento di un atto pu derivare dalla combinazione di pi eventi subordinanti; il rapporto tra di essi pu atteggiarsi in maniera diversa. Gli eventi possono essere dedotti in condizione alternativamente o cumulativamente (1): in tali casi la condizione si ritiene avverata al verificarsi, rispettivamente, di uno di essi o di entrambi; gli eventi alternativamente dedotti possono poi pensarsi come influenti sul sorgere dell'effetto secondo un ordine necessario o non. Quando si sposta l'attenzione dal piano degli effetti a quello dei fatti causanti, levento in condizione pu essere invece uno, ma la sua verificazione prevedersi come conseguenza di una data causa o di due cause determinate alternativamente dedotte; nell'ultima ipotesi -in analogia con quanto si affermato poc'anzi -, le cause alternativamente dedotte possono pensarsi, per il diritto, necessariamente o non necessariamente ordinate. Ma ove si tratti di cause appartenenti al novero dei fenomeni psichici, data la possibilit dello stabilirsi di una volontaria interdipendenza causale dei fatti dello spirito, pensabile un particolare fenomeno di ordinazione delle cause produttive dell'evento. Pu qui ipotizzarsi il caso per cui la condizionaJit dell'atto sia stabilita in rapporto ad un certo evento, con l'ulteriore previsione che, se quest'ultimo non si verifichi, esso possa essere determinato da una causa diversa da quella ritenuta come produttiva del medesimo nella prima parte di previsione, e in maniera tale poi che detta seconda causa non si ponga essa come immediata e esclusiva determinante dell'evento stesso poich la sua funzione consisterebbe solo nel provocare, concretandosi, il prodursi della prima causa (2). La premessa utile in quanto il fenomeno dell'atto soggetto a visto e del visto -abbracciante questo sia il caso del visto puro e semplice che quello del visto con riserva -potrebbe trovare sistemazione innanzi tutto nell'ultima ipotesi fatta. Cos ritenendo, il visto sarebbe l'evento condizionante l'atto, la mancata concessione di es&__o notrebbe provocare l'attuazione della seconda. parte.. di previsione: la richiesta di visto con riserva; quest'ultima non assurgerebbe essa stessa a evento condizionante perch verrebbe considerata solo come causa mediatamente efficiente dell'unico -177 evento, il visto (3). In altro modo -ritenendo visto puro e semplice e visto con riserva due atti diversi -dovrebbe ritenersi applicabile l'altro caso di atto condizionato a due eventi alternativamente dedotti e ordinati (4). In realt, entrambe le soluzioni non avrebbero saldo fondamento. stato messo in evidenza che il fenomeno condizionale riceve nna soddisfacente sistemazione concettuale soltanto in termini di interessi protetti. La condizione, inserendosi tra la fase della rilevanza e quella della efficacia dell'atto, si collega alla tutela di un piano di interessi esterni rispetto a quelli interni o dell'atto (5). Ci posto, e una volta precisato che non solo nell'ipotesi di atto condizionato a due eventi alternativamente dedotti e ordinati, m cui chiaro che ciascun evento si riferisce alla protezione di un distinto ordine di interessi, ma anche nel caso di atto condizionato ad un evento prodotto da due cause alternativamente dedotte e ordinate nella particolare maniera propria ai fenomeni psichici, ben possibile che alle due cause corrisponda la tutela di interessi esterni diversi tra loro, deve osservarsi che la protezione dei due o pi piani di interessi esterni prevista nel congegno condizionale possibile solo nella ipotesi in cui l'indole dei diversi interessi consenta la loro inclusione in una clausola, o meglio, per usare un termine riferibile anche alla con dizione non volontaria, in una previsione condizionale. Orbene proprio questo che, nel nostro caso, non sembra potersi dire. Gli interessi interni o dell'atto s.ono gli interssi tutelati dall'atto cui il decreto, da sottoporre al visto della Corte, viene ad accedere. Su questo piano di interessi pu venire ad incidere un deter minato ordine di interessi pubblici generali, la veri ficazione della mancata incidenza dei quali sul piano degli interessi interni demandato all'esame della Corte dei Conti. Se, peraltro, il controllo di questa ultima pu spiegarsi come mezzo per la tutela di un certo piano di interessi esterni: alla legalit della spesa, alla corretta gestione del patrimonio dello Stato e simili (6), diversamente deve dirsi per la richiesta di registrazione con riserva. La man cata emanazione del visto significa che l'interesse pubblico generale ha inciso sul sistema degli inte ressi interni impedendone la realizzazione; la ri chiesta di registrazione con riserva, tendente ap punto a consentire tale realizzazione nonostante questa incidenza, deve richiamarsi a un sistema di interessi diversi. Ma non solo diversi, ed qui che necessario precisare. In breve, quando l'efficacia di un atto si faccia dipendere dalla mancata incidenza alternativa di due (o pi) ordini di interessi esterni sul piano degli interessi interni, evidente che ciascun ordine di interessi dop il primo, ove assuma rilevanza ai fini di risolvere lo stato d'inefficacia, presuppone che il precedente ordine di interessi abbia inciso sfavorevolmente alla produttivit di effetti del negozio, in altri termini, che, nonostante l'inci denza dei precedenti interessi esterni, tuttavia l'i nutilit dell'atto non sia definitiva in virt proprio della prevista mancata incidenza dell'ulteriore piano di interessi che viene in esame. Dunque, certo che il rilievo positivo, ai fini della utilit dell'atto, di ciascun piano di interessi posteriore al primo presuppone il venir meno dell'impedimento agli effetti dell'atto, conseguenza che, in un primo tempo, si era annessa alla incidenza degli anteriori piani di interessi esterni; in altri termini, importala. successiva trascurabilit di quest'ultima ai fini dell'inutilit dell'atto. In detta funzione del successivo piano di interessi pertanto imprescindibile un aspetto di incompatibilit rispetto all'effetto impeditivo dei precedenti piani di interessi venuti ad incidere sfavorevolmente, e, se si vuole, un rapporto di negazione tra l'interesse che risolve l'inefficacia dell'atto e gli anteriori piani di interessi che invece avevano ribadito detta inefficacia. Il dualismo tra gli ordini di interessi non pu per mai presentarsi come collisione tra gli stessi, nel senso che l'ordine di interessi che chiude una serie alternativa e risolve l'inefficacia dell'atto, non si limiti a negare l'effetto impeditivo dei precedenti, proprio e solo in quanto esso assuma un rilievo positivo ai fini del sorgere degli effetti dell'atto, ma consista nella tutela di un ordine di interessi che contrasti addirittura con la ragion d'essere della previsione di tutela dei precedenti interessi esterni: questa circostanza escluderebbe lo stesso presupposto di funzionamento del meccanismo condizionale e si identificherebbe in una illogicit manifesta. J./illogicit ricorre ogni qual volta uno degli eventi o una delle cause produttive di un certo evento, al verificarsi dei quali o del quale sia subordinata l'efficacia di un atto solo rilevante, sia collegato alla tutela di un interesse che soltanto a prima vista pu apparire esterno, ma che in sostanza interno o deU'atto: il che deve dirsi proprio della richiesta di visto con riserva. Il ministro che chiede alla Corte il visto non si propone la tutela di un semplice interesse diverso da quello tutelato dalla Corte per mezzo dell'indagine da essa svolta col risultato di confermare l'inefficacia dell'atto, un interesse da qualificarsi esterno e negativo del precedente nel senso particolare precisato, ma vuole la protezione dello stesso interesse che ha spinto l'autore dell'atto inefficace. Nell'ipotesi consueta del contratto, il ministro che chieda il visto con riserva di un tale negozio mosso dalla tutela di quell'interesse pubblico interno, che potremmo dire >, Roma, 1927, p. 19: RESTA, Natura ed e'fjetti degli atti di controllo preventivo, F.I., 1935, col. 281; PERRONE-CAPANO: Le retroattivit degli atti amminiBtrativi, Napoli, p. 226; DE VALLES: La validit, cit., p. 295 e segg. (6) L'atto amministrativo tende, per sua natura, al compimento di uno scopo funzionale, all'esercizio di un potere di esecuzione legislativa o regolamentare.. L'atto di sindacato, al contrario, diretto a garantire che lo Fmopo funzionale dell'attivit amministrativa sia raggiunto con l'osservanza dell'ordinamento giuridico e dell'ordinamento finanziario, e tende quindi ad evitare allo Stato un qualsiasi danno puramente giuridico o patrimoniale anche" (MoFFA, op., cit., p. 329). Per una descrizione diffusa degli interessi tutelati dagli atti di controllo, si veda per, DE VALLES, op. loc. ult. cit. (7) Il VICARIO E. (L'ordinamentq, cit,, p. 21). dopo di aver negato che il visto sia elemento di perfezione dell'atto vistato con la frase gi riportata, precisa: N meno sicura la tesi di coloro che vedono nella registrazione il conferimento di esecutoriet all'atto: anche in questa ipotesi, la registrazione con riserva ne la prova contraria, poich se fosse vero l'assunto, l'atto registrato con ris.erva non dovrebbe essere esecutivo>>. A parte il fatto che l'a. Iion dice poi quale dovrebbe essere la costruzione del fenomeno limitandosi alla pura e semplice constatazione, tuttavia bisogna riconoscergli di essere stato il solo, a conoscenza di chi scrive, a presentare l'obiezione. Pu dirsi qui, poi, che non varrebbe richiamarsi ad una pretesa eccezionalit del visto con riserva. Innanzi tutto, la richiesta di registrazione con riserva prevista in via generale ed esclusa solo per i casi (che sono essi ad essere eccezionali) in cui il rifiuto di visto annulla l'atto. In secondo luogo, rimarrebbe allora sempre da spiegare perch il visto puro e semplice fosse da considerare come un requisito d'efficacia, a differenza del visto con riserva; e, infine, come andrebbe costruito quest'ultimo. (8) Norme principali sono quelle che isolano le componen. ti tipiche di un determinato istituto "; le norme integrative subentrano accanto alle principali quando la situazione di fatto si sia realizzata in modo particolare " contengono, cio, un elemento ulteriore rispetto all'istituto ipotizzato dalla norma principale (FALZEA, op. ult. cit., p. 69). La norma prevedente la fattispecie condizionale appunto una norma integrativa. In essa l'evento condizionante ha, in ogni caso, valore di fatto giuridico in senso stretto, di evento cio che la norma prevedente l'integrazione considera avulso dal soggetto che lo pone in essere e dalle finalit che tale soggetto ha voluto attuare; cio rilevante solo nella sua obbiettiva consistenza in quanto collegato a quel dato ordine di interessi che la norma vuole previamente tutelati rispetto a quelli che spingono i soggetti a compiere l'a~to condizionato. Sull'evento condizionante, come fatto giuridico in senso stretto, e solo come tale nella fattispecie condizionale, FALZEA, op. cit., pag. 143; CORRADO, Il negozio di accertamento, Torino, 1942, pagg. 19 e 20. (9) Nel caso della condicio iuriB, dice il FALZEA (op. cit., pag. 111): l'ordinamento giuridico si assume la tutela dell'interesse esterno in posizione di contrasto non soltanto rispetto al singolo interesse rappresentato nel negozio bens invece rispetto a tutto il sistema teleologico che appartiene all'agente ........ Onde il congegno condizionale volto alla esclusiva tutela dell'interesse di questo soggetto estraneo all'atto, ed in nessun caso, neanche quando l'evento si verifichi, pu dirsi destinato alla tutela dell'interesse dell'agente. 7. L'indagine svolta ci induce ad escludere che il visto sia una condizione legale, un fatto avente gli stessi caratteri della condizione volontaria (in ispecie, l'incertezza), eccetto il particolare intento soddisfatto col predisporre il corrispondente congegno: . si dovrebbe,'!infatti, parlare, relativamente. alla prima, di mezzo per attuare una finalit del diritto, relativamente alla seconda, di strumento per attuare un intento dei soggetti. Ma . bene notare che l'autore al quale si deve il pi interessante tentativo di assimilazione della condicio iuris a quella facti -ci riferiamo al Fa!~e.a -. giunto allo stesso nostro risultato per una via fl!_SsoJut~mente diversa da quella pi avanti prospettata, e cio facendo leva sul requisito della incertezza, proprio -secondo la sua costruzione -sia alla condizione legale che alla volontaria e mancante ' invece, a suo dire, nel caso del visto. La conse -179 guenza consisterebbe in ci, che il visto rappresnterebbe un coelemento accidentale, futuro, ma' a differenza dell'approvazione, certo, sarebbe, cio, un termine di natura legale (1). Q.esta soluzione intorno alla certezza del visto conta autorevoli precedenti, tra i quali quello del Barbero, di cui ci piace riportare alcune affermazioni: ... innegabile che unica ed identica sia la natura giuridica degli atti di controllo amministrativo, siano essi di merito o di legittimit. Ma altrettanto innegabile che, sotto l'aspetto della oggettiva incertezza, c' molta differenza fra un semplice visto e l'approvazione. Questa pu effettivamente ritenersi soggetta a qualche incertezza; quello certamente no, giacch dal giudizio di un qualunque competente in materia, sulla rispondenza dell'atto alle norme di legge, gi possibile anticipare con sicurezza il giudizio se il visto seguir ... n (2). Accettare l'opinione riportata pi difficile di quanto sembri a prima vista, per pi ordini di motivi. lecito domandarsi quale valore possa attribuirsi al rilievo che qualsiasi competente in materia sarebbe in grado di stabilire se il visto dovr o meno intervenire sull'atto vistato. evidente che tale argomentazione ha riguardo ad un particolare momento della formazione della fattispecie complessa nella quale sarebbero inquadrabili l'atto da vistare e il visto, e cio a quello in cui si gi concretato l'atto da vistare con date caratteristiche di contenuto e di forma, per concludere che, in tale momento e in rapporto al modo d'essere formale e sostanziale dell'atto, certo (ma sarebbe pi esatto dire: accertabile), alla stregua di un giudizio particolarmente qualificato -basato sulla tecnica giuridica -, se quel dato atto deve o meno essere vistato; in sostanza, si dice: la concessione o meno del visto da porsi in relazione alla qualifica di legittima o illegittima da darsi a una data situazione, la pronuncia della Corte dunque non potr essere, tutt'al pi, che soggettivamente incerta, essendo appunto la concreta situazione o legittima o illegittima. In tale ragionamento evidente un errore determinato non tanto dalla correlazione che cos si stabilisce tra vincolatezza o discrezionalit dell'atto di controllo da un lato, e certezza o incertezza del medesimo come evento accidentale dell'altro, quanto dalla scelta del momento in cui l'incertezza dovrebbe stabilirsi. Ci sembra inesatta la conclusione della dottrina criticata secondo cui -come si visto -, nel caso in esame, la incertezza dell'evento verrebbe ad essere determinata successivamente al momento di previsione del legislatore, vale a dire, dopo il venir in essere dell'atto. Il momento per stabilire detta incertezza, infatti -a nostro parere-, sarebbe sempre quello della apposizione dell'evento come requisito acciden~ tale dell'atto stesso, e cio, nel caso di1 apposizione volontaria, il momento in cui si stabilisce la clausola condizionale o la clausola contemplante il termine; in quello di pposizione legale, il momento valutativo dalla norma. Il concetto di incertezza di un atto, che contenga un dato giudizio su di un altro atto da esso condizionato, senza dubbio si determina, nell'ipotesi di previsione vo lontaria dell'evento accidentale nel momento in cui esiste lo stesso atto da controllare per il fa~to stesso che la previsione si effettua sul piano di formazione della fattispecie concreta; per converso, riteniamo altrettanto indubbio che, nell'ipotesi di apposizione legale, il momento decisivo per stabilire l'incertezza sia quello in cui viene posta la norma: la previsione deve effettuarsi qu esclusivamente sul piano di formulazione della fatti specie astratta, momento in cui esistono soltanto come ipotesi sia l'atto da controllare che l'atto di controllo. Il nostro problema infatti non quello di accertare se l'incertezza o meno sia requisito di un dato visto che debba intervenire, per esempio, .'lu un determinato contratto, ma se la stessa sia caratteristica del visto in quanto evento accidentale del contratto. Una volta, stabilito peraltro, che, relativamente agli elementi accidentali volontari, il momento della loro previsione coincide con il momento in cui si concreta l'atto centrale, m~ntre in ordine agli elementi accidentali posti dall'ordinamento detta coincidenza non si pu verificare, discende che, per i primi, assume valore ai fini di determinarne l'incertezza la vincolatezza o meno dell'atto in cui l'evento accidentale per avventura si risolva (3), per i secondi, invece, il carattere di vincolatezza o di discrezionalit in s e per s non ha importanza in quanto prima di esso determinante l'incertezza del contenuto concreto dell'atto da controllare, in corrispondenza del quale infatti l'atto di controllo assumer contenuto confermativo o risolutivo dell'inefficacia. Pu quindi dirsi che per gli eventi accidentali legalmente previsti, quando consistano in atti di controllo, l'incertezza di essi il correlato dell'incertezza del contenuto dell'atto cui il controllo dovr inerire. Se cosi , dunque, sia la approvazione che il visto nn possono non essere che eventi incerti, essendo incerto appunto per l'uno!e per l'altro -a stregua del momento valutativo della norma -il modo d'essere che concretamente assumer l'atto cui vengono ad accedere. In questo momento, non essendo ancora venuta in essere la situazione da accertare, indubbio che il contenuto dell'atto di controllo sia stato assunto:,dal legislatore come evento assolutamente incerto, non come evento immanca bile (4). Non da escludere peraltro che la visione degli autori criticati sia utilizzabile nella parte costruttiva della nostra indagjne; ma in tale sede, abbandonata la tesi della condizionalit dell'atto da controllare o -per quanto ora interessa -quella del medesimo come negozio soggetto a termine, si eviter la inconcepibile commistione tra i momenti in cui si concreta e si ipotizza la fattispecie complessa, che altrimenti ne conseguirebbe, per mezzo di un mutamento di visuale consistente nel considerare il visto oggetto di valutazione di una norma distinta da quella relativa all'atto da controllare; potr allora ritenersi -e le esigenze deli logica saranno pienamente soddisfatte -che la prima norma passi da astratta a concreta in un momento in cui si gi concretata la norma prevedente l'atto da controllare. Sar chiaro, peraltro, di essere fuori del sistema dei rapporti tra atti ed elementi acci dentali ad essi inerenti, in quanto compresi m un'unica fattispecie complessa, e di essere invece. nel settore proprio all'ordine di collegamenti tra oggetti di qualificazione di norme principali; sar anche evidente che non tanto si tratter di stabilire l'incertezza di un fatto futuro quanto quello di risolvere l'incertezza in un fatto giuridico passato. Sul punto dovr ritornarsi in seguito pi ampia mente (5). Vogliamo piuttosto esporre un altro argomento di critica che si ricava dalla considerazione del visto con riserva e che trova qui la sua sede pi adatta. vero che il visto deve seguire quando l'atto abbia i requisiti di sostanza e di forma richiesti dalla legge, ma forse vero il contrario, cio che ove tali requisiti manchino il visto non possa successivamente intervenire~ Ci che la Corte pu volere con definitiva certezza l'approvazione dell'atto; l'approvazione come la mancata approvazione, invece, pu essere voluta con definitiva certezza solo da altri soggetti cui spetta di chiedere la registrazione con riserva. Se per una volont estranea pu annullare la precedente determinazione della Corte, evidente che non consentito trascurare la funzione di tale seconda volont senza rinunciare ad avere una nozione completa del requisito di incertezza dell'evento che pu risolvere l'inefficacia dell'atto. Seppure si ritenga come si deve -che la Corte si limiti a volere lo .accertamento degli estremi di legalit dell'atto e non anche la sua approvazione, e -con affermazione non altrettanto da condividersi -che il suo sia un atto giuridico in senso stretto in quanto vincolato e non un negozio, indubbio, peraltro, che la richiesta di visto con riserva del ministro, che si presenta in possesso della scelta definitiva, sia un atto discrezionale. La richiesta in parola si presehta come atto essenzialmente incerto in quanto sia vero che l'incertezza di un fatto il correlato dell'incertezza della causa che dovr produrlo e che, pertanto, l'incertezza di un atto di volont deve porsi come incertezza del venir in essere della volont corrispondente, vale a dire come possibilit di scelta del soggetto agente tra il volere il non volere, la quale, nell'ipotesi, piena. Anche sotto questo profilo, dunque, che poi quello da cui si mettono gli autori di cui sopra per determinare l'incertezza o meno dell'evento, la impossibilit di Jlarlare di un termine ci sembra evidente (6). Note (1) FALZEA, op. cit., p. 173 e segg. (2) BARBERO, Contributo, cit., p. 78; anche CORRADO, Il negozio di accertamento, cit., p. 19. Per i pubblicisti, FORTI I controlli, cit., p. 795; RESTA, Natura ed effetti cit., col. 284; SANDULLI, Il procedimento, cit., p. 269 nota 23. Secondo la dottrina prevalente, l'avvenimento dedotto in condizione deve essere oggettivamente incerto, in caso di incertezza solo soggettiva si tratta di termine, si veda per tutti MESSINEO, Manuale, cit., I,_ p. 342. (3) E ipotizzabile un negozio che le parti condizionino ad un evento consistente, in s, in una dichiarazione di un terzo che abbia per oggetto un giudizio sulla convenienza o sulla legalit del negozio stesso. chiaro che, poich il contenuto dell'evento conc;lizionante non pu pensarsi in un momento anteriore a quello di confezione del negozio, qu rilevante, ai fini dell'incertezza, esclusivamente' la vincolatezza e la discreziona;lit del l'atto del terzo. La incertezza infatti, nel primo caso, ::;ar collegabile non all'evento in s quanto allo stesso contenuto del negozio da controllare; quindi, nell'ipotesi di atto condizionante a contenuto vincolato, pu ritenersi mancante -in linea di.mal3sima -un'incertezza obbiettiva dell'evento. (4) Al RESTA (Natura ed effetti, cit. col. 284), il quale dice in particolare che l'organo di controllo ha il dovere di emanare l'atto e che il mancato adempimento di questo dovere pu importare l'adozione di sanzioni a carico del funzionario, ma non pu mutare lo stato di certezza voluto dalla legge'" il FALZEA (La condizione, cit., p. 174, nota 149) obbietta che cos si argomenta da una premessa erronea: che cio debba prendersi in considerazione, per definire la natura giuridica dell'atto di controllo, riguardo all'atto controllato, il provvedimento dell'autorit tutoria, indipendentemente dal suo contenuto. Ora, pur essendo certo nel legale svolgimento della funzione amministrativa, che l'atto di controllo interverr" non egualmente certo che l'atto di controllo si concreti in una approvazione, mentre soltanto la approvazione (e non anche il rifiuto di approvazione) che, ponendosi accanto all'atto controllato come fattore complementare, si definisce quale condicio iuris " Anche il FALZEA fa dipendere l'incertezza della approvazione solo dalla discrezionalit ad essa inerente; facile osservare perci che i suoi rilievi alla opinione del RESTA, anche se da condividere, naturalmente sempre in caso di accoglimento della tesi condizionale, non sono decisivi. Ove infatti ci si collochi idealmente nel momento in cui la situazione preesistente gi sorta, non.solo il visto, ma anche la approvazione dovrebbe considerarsi un evento vincolato al contenuto della concreta situazione, che o non compatibile con il pubblico interesse. Tanto vero che ben possibile il sindacato dell'atto d'approvazione sotto il profilo dell'eccesso di potere; dunque pure l'approvazione, essendo configurabile per essa un'incertezza meramente subiectiva, costituirebbe un termine. (Si veda per alcune osservazioni sul punto, DE V ALLES, La validit cit., p. 324). (5) Infra, seconda parte. (6) La categoria uni'(;aria delle condizioni -legali o volontarie - respinta, come si visto, dalla dottrina prevalente. Un punto su cui gli autori concordano nel ritenere che il carattere dell'incertezza non sia necessario alle prime (si vedano gli autori citati alla nota 5 del quinto paragrafo). Su questa base, alcuni continuano a parlare di condizione legale per lo pi per non discostarsi da un termine.ormai tradizionale (in questo senso anche BARBERO, op. loc. ult. cit.), altri preferiscono rompere con la tradizione parlando di requisiti di efficaci~ volontaria (condizione, termine e modo) e legali, questi ultimi, poi, a loro volta, certi o incerti: cos CARIOTAFERRARA, Negozio giuridico, Napoli 1948, specialm. p. 640 e segg. e nota 16, p. 644; anche FEDELE, La invalidit del negozio giuridico di diritto privato, Torino 1943, specialm. p.208 e segg. Secondo tale indirizzo, generale l'affermazione che l'approvazione sarebbe un requisito legale incerto, il visto un requl.sito legale certo (cfr. FEDELE, op. cit., p. 210 e 215). facile osservre, per quanto ci riguarda, che parte della critica condott~ nel testo si pu riferire alla categoria del requisito ~1 efficacia in genere e a questo, in quanto comprendente 11 visto tra i requisiti d'efficacia certi, in particolare. Ove debba ritenersi infatti -come a noi pare -che anche la teoria in esame deve trovare una giustificazione razionale sulla base degli interessi protetti con la sospension~ d'efficacia, sono validi contro di essa gli argomenti svolti nel quarto paragrafo. Sul preteso requisito della certezza del visto si possono richiamare le idee espresse pi sopra nel testo. 8. Il discorso fin qui condotto fo,;i:s<;i tale da consentirci di tentare la ricostruzione del .ieno-. meno. Attualmente ci trovamo in possesso di alcuni dati: 1) l'atto di visto, e ad esso possiamo accomunare l'approvazione, anche se inteso come negozio, non pu comprendersi nell'oggetto di qualifica-: zione di una norma che ipotizzi un atto negoziale -181 dell'amrr,tinistrazione: manca alla volont della Corte, per far corpo con la volont dell'amministrazione, il substrato economico, uguale o almeno assimilabile, del bisogno di soddisfazione di uh interesse della stessa natura; 2) l'atto di visto non pu neppure comprendersi tra gli eventi accidentali di un atto, sia che l si consideri appartenente ad una categoria unitaria di eventi condizionanti (volontari cio, e legali) sia che lo si comprenda nella diversa categoria dei coelementi o requisiti legali certi di efficacia. Nell'uno e n~ll'altro caso, esistono dei fattori che inducono a far ritenere inutilizzabili le costruzioni. Innanzi tutto, la sensazione che non corrisponda alla realt una tesi necessariamente costretta a fare di un atto in forma condizionale -e quindi di ordine eccezionale -la regola rispetto alle forme di atto puro dello stesso tipo. L'impossibilit poi di sistemare l'ipotesi dell'atto vistato non puramente e semplicemente, sfuggendo il visto con riserva all'inquadramento nel rigoroso dualismo: interesse interno -interesse esterno, alla base del fenomeno condizionale. Il dubbio, infine, che il visto rappresenti davvero un evento certo. Escluso che il visto sia collegato strutturalmente all'atto vistato nel senso che faccia parte dell'oggetto di qualificazione di una stessa norma, cio del nucleo costitutivo dlla fattispecie che comprende l'atto da vistare, ed escluso anche che il collegamento con l'atto vistato, pur sempre strutturale, sia per nel senso che il visto appartenga alla fattispecie in senso lato dell'atto da vistare, e cio agli elementi di efficacia di questo ultimo, si ora in grado di stabilire un primo risultato: il visto deve comprendersi tra i fatti esterni rispettv ad una data fattispecie e reagenti sulla situazione effettuale gi originata dalla stessa: esso collegato funzionalmente, non gi strutturalmente, con la fattispecie dell'atto da vistare. Altra alternativa non esiste e quindi l'affermazione, per exclusionem, appare certa, ma necessita ancora di una positiva dimostrazione. (continua) PASQUALE PAONE PROCURATORE DELI..O STATO -- NOTE DI DOTTRINA ----------------------------------------------------- VIRGILIO GIORGIANNJ'.: Logica matematica e logica giuridica. cc Riv. Internazionale di Filosofia del Diritto, 1953, pag. 462. Da qualche tempo nel campo degli studi giuridici si sente con una certa frequenza, lamentare che la scienza del diritto in crisi, perch essa sarebbe fondata empiricamente e non scientificamente. Da qui il proposito di una necessaria totale revisione dei concetti giuridici attraverso la loro rigorosa articolazione logica; e l'ulteriore conclusiva affermazione che a quei concetti, per renderli scientifici, necessario applicare la logica matematica. Il saggio del Giorgianni, che ha dato lo spunto a queste nostre brevi note, uno dei pi recenti studi sull'argomento, chiaro e piano, ricco di riferimenti dottrinali e bibliografici. In esso possiamo dire che la questione pienamente puntualizzata. Dobbiamo, quindi, essere grati all'Autore per averci offerto l'occasione di esaminare e conseguentemente confutare ab imis non tanto la premessa della tesi, che si confuta da s (il diritto, e correlativamente la scienza del diritto, sempre in crisi perch perpetuamente sorpassato dalla vita), quanto, e questo ci riguarda pi da vicino, il rimedio che si dovrebbe approntare per ovviare a quella crisi (la revisione dei concetti giuridici alla luce della logica matematica, o logistica). Un siffatto argomento, veramente, data la sua peculiare natura teoretica, richiederebbe come sua sede appropriata una rivista di studi filosofici; ma poich i cultori della logistica intendono proceder13 alla riforma della scienza del giure e questi loro intendimenti spiegano in riviste giuridiche, non inopportuno che appunto in una rivista dedicata ai problemi del diritto, l'argomento venga affrontato. Trovandosi in medias res la sua fondatezza o meno risulter cosi pi evidente. La tesi dei cultori della logica matematica o pi propriamente della logistica, non manca, per vero, di aspetti suggestivi. ed immaginosi: la possibilit di poter ridurre tutto il reale entro schemi precisi in un sistema di simbolismo di aspetto scientifico, , senza dubbio, attraente. Ci d l'illusione di poter evitare le difficolt ed i pericoli che insidierebbero quelle forme di studi ritenute non propriamente scientifiche (il diritto, l'etica, l'estetica, ecc.); difficolt e pericoli che nascerebbero dal poco rigore logico con cui quegli studi sono condotti, dal loro carattere prettamente empirico; dal loro procedere privo di metodo e di rigorosa conseguenzialit logie~. .Applicando a questi studi la logica matematica o meglio la logistica, si otterrebbe il risultato di renderli veramente scientifici, affinandoli ed approfondendoli come mai finora si potuto fare per difetto di quello strumento adeguato costituito dalla logistica. Ma poi veramente valido siffatto strumento e pu esso darci quei mfracolosi risultati ohe i suoi sostenitori promettonoY Noi ne dubitiamo; ed il nostro dubbio non nasce gi da una forma di misoneismo inintelligente, ma da una profonda e rigorosa convinzione filosofica. -Poich, infatti, riteniamo che il principio che regge la logistica un principio erroneo (e ci riserviamo di dimostrarlo subito); erroneo ne , quindi, tutto l'ulteriore sviluppo nonch le conclusioni cui perviene. Una prima osservazione da fare, per mettere bene in chiaro i termini della questione, che noi condividiamo pienamente la tesi del Giorgianni circa il carattere non quantistico della logistica. Questa, infatti, una scienza che non vuole riferirsi alla quantit, ma alla qualit; essa non ha a che fare n con numeri n con quantit, perch non prende in considerazione (come dice il Giorgianni) se non oggetti qualsiasi, e, cio, come evidente. il reale nel suo momento qualitativo. La logjstica, quindi, come tale, non ha nulla in comune con la matematica, scienza del quanto; essa ricomprende, anzi, sotto di s la matematica (come anche tutto il resto delle forme del sapere), e si atteggia come scienza generale del pensiero. Pur prewlendo a prestito dalle matematiche la terminologia ed essendo frutto di menti matematiche, la -logistica, dunque, qualcosa del tutto distinta e diversa dalle matematiche (1). Ci premesso si pu passare ad esaminare qual' il principio che regge la logistica come scienza generale del pensiero. Fondamento della logistica, come ormai stato provato e messo in chiaro da coloro che si sono (1) Da questa osservazione, sulla quale il Giorgianni d'accordo con noi, scaturisce a fil di logica, una conseguenza: e, cio, -che bisogna revocare ~ d~bbio.I'affermazione che la logistica possa avere irtflito, sia pure minimamente, sul moderno sviluppo delle scienze-mate--matiche. Posto che, infatti, queste hanno un metodo loro proprio, il metodo del quanto, .ben distinto dalla logistica, scienza della qualit, non si vede co~e questa possa aver concorso allo sviluppo delle m~tematic~e, che frutto esclusivamente del metodo proprio e particolare di queste. -183 interessati di problemi logici, e come del resto appare evidente dalla identit dei principi e del metodo, la logica formale o verbale; la logica, cio detta anche aristotelica, peripatetica, scolastica o come altro si voglia chiamare. (1). Anzi per essere pi precisi la logistica non che il tramutamento in vesti moderne della logica formale, il cui principio stato spinto all'eccesso. Baster quindi esaminare la logica formale o verbale nella sua intrinseca natura e nel suo metodo, per determinare altresi che cosa . sia la logistica. La logica formale o verbale, o meglio si direbbe formalistica o verbalistica, un empirismo che vuole cogliere l'attivit logica del pensiero, non gi nel suo carattere dialettico di pensamento dell'universale, ma nelle sue vairie traduzioni e manifestazioni particolari, e cio, specificamente, nel linguaggio. Inconsapevole di tale suo intrinseco carattere, di questa sua particolare natura, la logica formalistica non si' limita gi ad un semplice lavoro di una descrittiva pratica che potrebb anche avere una sua qualche utilit, ma pretende di ricercare e fissare le leggi del pensiero, e ci d non gi le leggi del pensiero, ma le forme verbali empiricamente e grammaticalmente determinate. n difetto della logica formalistica non solo nel formalismo (che un suo carattere distintivo, perch essa si attiene all'estrinseco) o anche nel verbalismo, ma insito nel suo metodo stesso. Nel pensiero e nel movimento del pensiero come pensiero, i singoli momenti cadono uno fuori del l'altro, ed essendo separati non hanno alcuna verit; la verit data dalla loro totalit che ad un tempo .oggettiva e soggettiva (2). Da tale difettosa impostazione la trattazione della logica formalistica porta con s queste conse guenze: anzitutto che essa viene concepita come un metodo-strumento; essa , cio, la scienza che insegna a pensare rettamente, facendo astrazione da ci che si pensa; quasi che la dialettic.a del pen sare, il movimento del pensiero, sia uno schema astratto e vuoto che aspetta un contenuto dal quale essere riempito (contenuto che poi sarebbe l'oggetto, la materia del pensiero, quello che si pensa). La seconda conseguenza che la logica cos concepita non pu che assumere l'aspetto di una introduzione o propedeutica non solo della filosofia (1) Non ci sembra esatto quanto scrive il Giorgianni circa l'origine recente degli studi sulla stria della logica. A parte il lavoro del Prantl, sul valore del quale non condividiamo a.ffatto il giudizio del Giorgianni, trattandosi di un'opera solida e precisa, ricca di intuizioni filosofiche, anche se impostata dal punto di vista di un rinnovato aristotelismo, ci sembra che non si debbano e non si possano passare sotto silenzio le sezioni di storia della logica intrarnesse dallo HEGEL nella Scienza della Logica e nella Enciclopedia delle Scienze Filosofiche in Compendio e quelle dallo SPAVENTA nell'opera La Filosofia Italiana nelle sue Relazioni con la Filosofia Europea; nonch quelle svolte 'dal CROCE nella Logica come Scienza del Concetto Puro, e dal GENTILE nel Sistema di Logica come Teoria del Conoscere e nella Riforma della Dialettica Hegeliana. (2) Vedi le considerazioni dello HEGEL sulla filosofia aristotelica e sulla sua logica in Lezioni di Storia della Filosofia. vera e propria, ma anche di tutte le altre forme del sapere umano, dalle quali si distinguerebbe e distaccherebbe come da un tempio si distacca e distingue il vestibolo; quasi che la logica sia qualcosa che precede la filosofia e il pensiero. In sostanza il difetto della logica tormalistica quello di essere un vero e proprio empirismo che pretende di ricercare e fissare le leggi del pensiero, e le cerca non gi nella attivit stessa del pensiero in ;moto, e cio nella dialettica del pensare, ma nel pensato e nel finito. Perci astratta e formale e non coglie il vero, limitandosi solo ad una enumerazione e classificazione, sterile ai fini del conoscere, delle funzioni e dei modi in cui il pensiero si estrinseca. E poich la manifestazione pi completa del fatto logico si ha nel linguaggio (che per non solo logica), questa logica altres verbalistica, in quanto determina astrattamente le forme verbali che esplicherebbero una funzione logica. Non questa la sede pi adatta per una esposizione completa del carattere particolare e proprio della logica formale; ai fini dell'argomento che trattiamo basteranno pertanto i rapidi cenni che se ne sono fatti, rimandando ad altro momento e luogo una trattazione pi adeguata (1). Come abbiamo detto, la logistica trova il suo fondamento nella logica formale e'non che una delle tante manifestazioni del sempre fiorente formalismo logico (fiorente, perch in esso gli uomini trovano comodo di adagiarsi in una dolce pigrizia, limitandosi a contemplare le morte forme del pensiero, e cio a non pensare, dato che non si pu pensare che in concreto). Senonch la logistica rispetto alla logica formale si presenta, almeno apparentemente, come affinata ed approfondita per due ragioni: anzitutto, perch usa la terminologia della matematica mutuando da questa le forme ed i modi, dal che le deriva quell'aura di precisione e di rigorismo che le conferisce l'aspetto esteriore di una scienza; in secondo luogo, pereh ha sviluppato e portato al suo estremo (cio alla negazione) un timido e modesto tentativo, (1) Sul caratteristico procedimento della logica formalistica sono rimasti classici gli studi del Prantl e del Trendelenburg. Quest'ultimo, ad es., giunge perfino a dare alle categorie della logica aristotelica, e cio al primum della logica formale, tm valore grammaticale: e cos la sostanza corrisponde al nome sostantivo; la qualit, la quantit e la relazione corrispondono rispettivamente all'aggettivo, al numerale e ad alcuni avverbi; . il tempo ed il luogo agli avverbi esprimenti queste due funzioni; il giacere o stare al verbo intransitivo, l'avere al perfetto passato dei greci, il fare al verbo attivo, il patire al verbo passivo. (A. TRENDELENB'uRG: Storia della Teorica delle Categorie, Berlino, 1846; Elementa logices Aristoteleae, Berlino, 1836 (9a edizione 1892); Schiarimenti sugli elementi della logica aristotelica, Berlino, 1852 (3a edizione 1876). C. PRANTL: Storia della logica in occidente, Lipsia, 18551870 (ne esiste una parziale traduzione italiana), Sullo sviluppo della logica aristotelica dalla filosofia platonica, in "Atti della Accademia Bavarese di Scienze>>, -M0naco, 1853, pag. 129-211). Desideriamo avvertire qui, ad evitare fraintendimenti che Aristotele non fu solo ed esclusivamente un logico formalistico; in lui la logica, per dirla con lo Spaventa, non formale ma si presta a. diventare formale. Nessuno fu meno aristotelico di Aristotele stesso; ma in lui il principio del formalismo, l'avvio a formalizzare. ,184 fatto a fini puramente didascalici, di simboleggia mento delle funzioni logiche che gi si riscontra nella tarda logica peripatetica. Ma il principio rimane sempre ilmedesimo, anzi si pu dire, senz'altro, che nella logistica esso appare peggiorato e come deteriorato, il che sempre avviene nel confronto tra originale e copia (1). La logistica dunque la scienza che studia la ricerca positiva delle operazioni che il pensiero percorre e delle leggi ad esse relative (la definizione, avvertiamo, non nostra ma del Giorgianni). Questa definizione esprime, anche se con una terminologia filosofica diversa, lo stesso concetto che noi abbiamo esposto a proposito della logica formale; il che una riprova, del resto non-neces saria, della dipendenza della logistica dalla logica formale o meglio della loro sostanziale identit. Ohe cosa pretende la logistica? Di indagare con le sue formule il fondamento del diritto, di spiegarci che cosa i1 diritto, quale posto esso occupi nella economia dell'universo spirituale, di surrogarsi in una parola all'indagine propriamente filosofica ? Da quanto finora i suoi cultori ci sono andati esponendo risulta che essa non pretende . di avere un valore teoretico (non , cio, una filosofia o pensamento dell'universale); ma solo un valore pratico, strumentale; essa dovrebbe servire a rin saldare il fondamento logico del pensiero, a stabilire con rigore scientifico i modi di questo, al fine di evitare possibili difetti logici (avvertiamo ancora che l'espressione del Giorgianni); essa sarebbe, quindi, in definitiva una ars ratiocinandi prope deutica che renderebbe scientifico e positivo il materiale su cui andrebbe ad esercitarsi, sia esso costituito dalla matematica o dal diritto, o dal l'etica o da quant'altro si voglia. L'assunto della logistica, cio, come conseguen ziale, non varia in nulla da quella della logica formale. Come nella logica formale anche nella logistica l'attivit logica, il pensiero, viene concepito, o (1) Non sar fuor di luogo accennare qui, sia pure sommariamente, che il primo tentativo di applicazione alla logica, al pensiero, del simbolismo della matematica e in certo modo del metodo proprio di questa, dovuto al pensiero giovanile di G. G. Leibniz, il quale stato ad un tempo un grandissimo filosofo ed un grande matematico. L'idea del Leibniz o meglio la sua fissazione, era, avendo egli notato una analogia tra le pi elementari funzioni algebriche e quelle mentali della deduzione, di sostituire ai ragionamenti regole di calcolo; egli riteneva cio, sottoponendo le forme logiche all'analisi, che si potesse giungere a stabilire un certo limitato numero di idee semplici, da 1-icomporre, poi, mediante il calcolo combinatorio. A questa sua idea faceva corollario l'altra sulla possibilit di stabilire una lingua costante ed universale. Questa idea del Leibniz rimasta, per, in lui allo stato di intuizione giovanile senza sviluppi, germin poi nella mente di G. Ploucquet, un matematico tedesco che insegn logica e metafisica a Tubinga poco prima che Hegel vi frequentasse i corsi di filosofia e teologia, il quale scrisse un trattato, apparso in luce nel 1763, dal titolo Methodus Oalculandi in Logicis che tutto un programma. L'eredit del Ploucquet, attraverso i matematici tedeschi dell'SOO, quali il Frege ed altri, nonch i var Couturat, Jevons, Peano e Russel, giunta . fino ai nostri contemporanei logistici. Sull'argomento oltre B. Croce, da vedere pure l'ottimo lavoro di F. ALBERGAl\W: Storia della Logica delle Scienze .Esatte. I meglio immaginato, come forma vuota ehe ha ! bisogno di un contenuto, posto questo, a sua volta, I come stato notato, come gi dato ed esistente indipendentemente dal pensiero stesso. E questa forma v:uota, che. r~ella logica formale data dagli elementi del linguaggio resi astratti, nella logistica sta, invece, in veste di formula di sapore matematico, simbolizzata, cio, e resa, quindi ancora pi astratta. E quello che questa pretesa scienza studia e determina appunto non tanto il movimento della astrazione che essa va a porre, astrazione che come tale inerte ed immobile, quanto i singoli momenti della astrazione stessa, staccati e separati, posti l'uno accanto all'altro; e quindi, se possibile, resi ancora pi inerti ed immobili. E come la logica formale, per il suo intrinseco difetto d'origine (l'empirismo), non pu mai attingere la realt vivente che non pu contenere, e rimane, quindi, solo come una classificazione empirica dei modi che assume nel linguaggio la forma logica; cos la logistica non ha alcuna validit ai fini del conoscere, non attinge cio mai la realt vivente che incapace di contenere, e rimane quindi come una classificazione empirica di quegli stessi modi, resa ancora pi macchinosa ed astratta dal simbolismo che tutta la permea. Quale rapporto potrebbe mai stabilirsi tra quella realt vivente che il diritto, che un fare concreto dello spirito, e come tale un concreto fatto spirituale, ed il criterio classificatorio che costituisce la logica formale e di rimbalzo la logistica? Possono mai queste pretese scienze generali del pensiero, che il pensiero sezionano e rendono esterno e finito, attingere e toccare la realt spirituale che pu solo essere colta nella intuizione, poetica o filosofica che sia ? Il diritto non una astrazione o una convenzione, n una scienza formale (come le matematiche); un qualcosa di concreto che, vorrei dire, va sofferto, che deve essere sentito, cio, nella sua dialettica spirituale e non essere immobilizzato e sezionato come H cadavere di un essere gi vivente. L'errore della logistica non sta solo nel considerare il diritto come un che di meccanico che pu essere assoggettato al calcol, ma sta nel considerare il pensiero che quel diritto (o altro che sia) dovrebbe pensare, come una forma astratta e vuota. E di quella forma la logistica vuol fissare e determinare in precedenza i modi, indipendentemente dal contenuto, e cio astrattamente. Essa vuole porre, cio, le condizioni formali della conoscenza racchiundendole in un sistema di formule senza curarsi del contenuto (il diritto, l'etica, ecc.) che il reale e cio la verit. L'essenziale della verit, il contenuto, rimane perci fuori di essa; ed essa, nella sua astrattezza, non contiene quindi la verit, no~ reale. Ed allora come pu mai affermarsi eh.e dall'.so della logistica la verit del diritto potrebbe risaltare pi luminosamente? Ne uscirebbe il diritto rafforzato e reso pi scientifico (intendi pi vero)? I due elementi, quello del pensiero e quello del suo contenuto, l'oggetto, vengono immaginati -185 come ordinati l'uno di fronte all'altro; cosicch l'oggetto risulta come un che gi di per s compiuto . e pronto, che per la sua realt pu fare perfettamente a meno del pensiero; e, correlativamente, questo 'risulta come un che di difettoso che deve andarsi a completare in una materia, nell'oggetto, nel suo contenuto, rendendosi a questo adeguato come una indeterminata cedevole forma. Il pensiero, cio, si adatta e si acconcia all'oggetto; non solo, ma esso nel ricevere il suo contenuto, l'oggetto, non va oltre se stesso; ilsuo ricvere l'oggetto, il contenuto, ed il suo adeguarsi ed acconciarsi ad esso, rimane, quindi, una sua modificazione; non diventa, cio, il proprio altro; non giunge, cio, in altri termini, all'oggetto, il quale rimane cos come un presupposto, come un mero al di l del pensiero (1). Il fondamento della logistica, il suo principio, , quindi, l'errore della coscienza ordinaria che separa e divide l reale. Ma poich la logistica, nell'intendimento dei suoi cultori, vuole essere uno strumento, e, cio, un mezzo diretto ad una utilit, vediamo ora, dopo i chiarimenti teoretici che ne abbiamo dato, se i suoi sviluppi, le sue applicazioni possano mai avere quella utilit (almeno, per ci che ci concerne, nel campo del diritto), che essi si ripromettono. Dobbiamo escludere che essa possa mai avere una utilit speculativa e, cio conoscitiva. Come abbiamo, infatti, dimostrato (d'accordo crediamo con i suoi cultori), la logistica non ha la pretesa di essere una filosofia, il pensamento dell'universale; essa, quindi, non si domanda e non ci dice che cosa il diritto, quale il suo fondamento, quale attivit dello spirito esso stia a rappresentare, ecc.. La pretesa della logistica , apparentemente, pi modesta; come stato gi notato vuole essa solo rendere scientifico il diritto, togliendogli quell'aspetto empirico che lo rende cos incerto ed approssimativo; vuole essa rendere preciso il linguaggio in genere, e, quindi, anche il linguaggio giuridico, rendendolo totalmente logico; in modo da evitare pericolose deviazioni. Vuole in una parola raggiungere in esso (nel diritto) quella certezza e quel rigorismo che essa ritiene proprio delle matematiche, dalle quali postula. la terminologia ed i modi (2). E tale risultato si dovrebbe ottenere sostituendo la logistica all'ordinario modo di trattazione del diritto; e cio, in parole povere, smettendo di pensare cos come finora si pensato allorch si son fatte sentenze, memorie defensionali, trattazioni dottrinali, ecc., per cominciare a pensare, finalmente con rigore logic, in termini di formule matematiche. (1) Vedi le considerazioni dello Hegel nell'introduzione alla Scienza della Logica. (2) A proposito della matematica e del suo preteso rigorismo scientifico, crediamo opportuno far notare che se vi nel campo dello scibile umano una attivit contraddittoria ed imprecisa, essa proprio l'attivit matematica. Diceva G. F. Herbart, che non certo una fonte sospetta per essere un filosofo matematizzante, che se la matematica potesse morire per le contraddizioni di cui contesta, essa sarebbe morta da un pezzo. Ma, noi ci chiediamo, quale utilit ai fini di una maggiore logicit, di iin maggiore rigorismo logico, cio, di una maggiore intelligenza delle cose, pu avere il determinare in una formula, ad esempio a-b -e ecc., od altra formula pi complessa ed immaginosa, quel negozio giuridico che la compravendita ed i rapporti che da esso scaturiscono'? O, per attenerci ancora agli esempi recati dal Giorgianni, stabilfre altra formula pi o meno complessa che stia a rappresentare l'applicazione della funzione descrittiva per cui Giovanni Verga determinato come l'autore dei Malavoglia~ o stabilire, ancora, che nella frase (( il fratello del padre vi un prodotto relativo della relazione, o che, il quadrato della relazione padre il nonno paterno Y In tutti questi casi (come in tutti gli altri infiniti possibili casi) la formula non ci dice nulla che gi non sappiamo; non accresce cio le nostre cognizioni n sulla compravendita, n su G. Verga, n sul fratello del padre n, tanto meno, sul nonno pa~rno. ' Quella formula, quelle formule gi presuppongono, cio, l'indagine e la conoscenza dell'oggetto che esse stanno a rappresentare e a significare. A.i fini della intelligenza di ci che la compravendita, o di chi sia e che abbia fatto G. Verga, di quali conseguenze giuridiche scaturiscano dall'essere fratello del padre o padre del padre, e cio nonno, la formula nulla ci dice n pu dirci. Se non sappiamo gi, cio non abbiamo gi indagato e studiato con il pensiero quello che la compravendita, o l'opera del Verga, o i rapporti familiari, quelle formule per l'intelligenza di tutte queste cose non ci saranno di nessun giovamento: e ci perch attraverso le formule :noi non potremo mai arrivare a sostituire l'attivit del pensiero che indaga il tutto e, quindi, anche la compravendita, l'opera di G. Verga, e i rapporti familiari. La formula, cio, non ha nulla di creativo .o di determinativo agli effetti della logica, ossia, agli effetti dell'intelligenza delle cose; n pu esprimere una funzione logica perch questa non esiste se non nel concetto, cio, concettualmente; non nemmeno, quindi, nel suo inerte meccanismo la descrizione empirica di una funzione logica; essa in sostanza solo una descrittiva simbolica sostitutiva del linguaggio. Ed allora, se le cose stanno cos, e non ci sembra dubbio che possano atteggiarsi diversamente, tutta la logistica finisce solo per essere in definitiva l'arte di rappresentare, in modi simbolici, ci che noi esprimiamo con il linguaggio ordinario, dopo aver pensato e ragionato; quelle formule, cio, non potranno avere altra funzione che quella che esplica ad es. la stenografia; attivit questa di immensa utilit pratica, ma che non ha e non si sogna neanche d'avere il compito di rendere pi rigoroso e pi logico il discorso che essa traduce in segni di abbreviazione. Se la logistica, anzich atteggiarsi a scienza generale del pensiero e ad attivit logica, si limitasse pi modestamente a voler essere la manifestazione di una attivit pratica intesa a fornire un sistema di simbolismo descrittivo, diretto solo alla pratica utilit di farci risparmiare tempo e 'f' -186 fatica nella stesura delle sentenze, delle memorie defensionali e delle trattazioni dottrinali (rendendo queste semplificate ed abbreviate), noi non prenderemmo certo contro di essa una posizione negativa; ci limiteremmo a dire ai suoi cultori di fornirci il loro bravo formulario per adottarlo ed applicarlo (s'intende se di facile e pratico uso). Ma fin tanto che la logistica avr la.pretesa di essere una seienza che dovrebbe sostituire il pensiero, noi non pot.remo che opporci ad essa, appunto in nome della logica, di quella vera ed autentica logica che il pensiero che pensa. L'astrattezza del calcolo propria della matematica che appunto scienza astratta; e non quindi applicabile al diritto che non , come gi notato, astrattezza o convenzionalit; ma atti . vit e prodotto concreto dello spirito, concreta attivit spirituale, come tale vivente nelle sue forme, nei suoi modi e nel suo linguaggio. Non vogliamo certo negare che in apparenza il modo di trattazione del diritto, quanto meno nella sua pratica applicazione presenti qualche analogia con quello della matematica: analogia che spiega e chiarisce psicologicamente a no.stro avviso, l'errore in cui incorrono i logistici. Nel diritto infatti da un dato (che sarebbe la norma giuridica) mediante il ragionamento si discende ad una conclusione; il che appunto l'operazione che fanno le matematiche, le quali da un postulato (il punto, la retta, lo spazio, le parallele, ecc.) giungono anch'esse ad una conclusione. Senonch l'analogia fra i due modi di trattazione non deriva dal particolare metodo o dal particolare contenuto del diritto o della matematica; non data, cio, n dal diritto n dalla matematica presi in se stessi, ma dalla costanza ed identit del pensiero, che se pensa e pone come pensati il diritto e la matematica non pu ritrovarsi in quelli che secondo se stesso. La ragione dell'apparente analogia , quindi, data solo dal fatto che nella matematica e nel diritto (come in qualunque altra forma di sapere) l'operazione pi apparente l'estrinsecazione di quella funzione logica che il sillogizzare, per cui facendosi appello alla costanza del pensiero (definita questa come il principio di identit e contraddizione), da un dato o trovato se ne traggono le conseguenze, si ripropone cio il gi dato ed il gi trovato senza uscire da questi. Ci prova: anzitutto che l'unica legge che regola le cose umane il pensiero che, se pensa in concreto, non mai in contrasto con se stesso e si ritrova identico a s; in secondo luogo che l'attivit del sillogizzare solo ar.te di discettare e discutere con noi stessi e con gli altri e non gi attivit di pensamento dell'universale che pu solo essere colto nell'intuizione e nel concetto. Pertanto nessun rapporto potrebbe mai stabilirsi sulla base di quella pretesa analogia fra i modi della matematica, attivit e scienza formali, e quelli del diritto, attivit e scienza concrete. E che in definitiva (si potrebbe definire il fenomeno come il trionfo della logica); gli stessi cultori della logistica ed i suoi simpatizzanti avvertano il difetto fondamentale di essa e la su.a impotenza a contenere il reale, risulta dai dubbi che essi lasciano intravvedere, che non tutto il diritto (considerato .,- ..questo attualmente come il campo di applicazione della logistica), possa rientrare negli schemi simbolici predispsti. Significativo a questo proposito ci che scrive uno dei simpatizzanti della logistica, che anche un grande giurista, ff Carnelutti (1), il quale dopo aver lamentato la empiricit del diritto e auspicato l'applicazione del calcolo matematico ad esso (sino al punto di augurarsi, quod deus atertat, che la matematica entri come materia di insegnamento nelle facolt di giurisprudenza), finisce poi con l'affermare, p. 9 dello scritto citato, la insufficienza del metodo stesso, dichiarando in sostanza assurda, la pretesa di poter far rientrare l'attivit spirituale nella attivit logico-formale. necessario dunque che i logistici,si convincano della inanit dei loro sforzi ed abbandonino l'idea erronea di voler tutto ridurre a scienza, e, cio, a calcolo astratto e a classificazione empirica; necessario che essi si convincano che se l'umanit ha progredito in tutti i campi, nell'arte, nell'inventiva, nel diritto, ci avvenuto per virt del pensiero che l'essenza dello spirito, anzi, tutto lo spirito; neeessario che essi si convincano che quando il pensiero pensa il concreto non pu pensare che la verit e che un peccato mortale dubitare della forza e della verit del pensiero stesso, fino al punto di volere ad esso sostituire un calcolo astratto combinatorio che, e questo dovrebbe essere evidente lippis et tonsoribus, per essere un prodotto del .pensiero sia pure in un momento della sua astrazione (condito, cio, di immaginazione e, cio, di non verit), non pu mai contenere nulla pi del pensiero che lo pone. Ci sembra che l'argomento, quanto meno ai fini che il presente scritto si propone, sia esaurito. Queste brevi note, infatti, non vogliono essere altro che una protesta contro una pretesa basata su un errore filosofico e frutto, pi che di un pensiero, di una immaginazione, che ha tutto l'aspetto di una fissazione: che la verit, cio, non sia riposta nel pensiero che pensa, ma in un qualcosa di pi perfetto e mirabile, che viene denominato scienza; quasi che le cosiddette scienze (la matematica, le scienze naturali, la fisica, ecc.) abbiano una virt propria, un pensiero particolare che non deriva loro dal pensiero pensante dello spirito umano che le pone e le foggia per i suoi bisogni pratici, e possano quindi non solo fare a meno di quel pensiero, ma addirittura ad esso sostituirsi. F. CASA1\1:ASSIMA Sull'argomento sono in particolare da vedere, per quel che riguarda il fondamento ed il metodo della logica formale, e quindi anche della logistica.: G. G. F. HEGEL: Fenomenologia dello Spirito, Bam_ berga, 1807; Scienza della Logica, Norimberga, 18121816; Enciclopedia delle Scienze Filosofiche in compendio, Heidelberg 1817 e Berlino 1827-183('); Filosofia del Diritto, Berlino, 1821; Lezioni sulla Storia della -FiTosofi,a, (1) Matematica e Diritto, in << Riv. di Diritto Processuale , 1951, pag. 201. -187 Berlino 1833 e 1840-18442 Orientativa anche l'opera di G. F. HERBART: Introduzione alla Filosofia, Konigsberg, 1813. Di tutti i lavori suindicati esistono ottime traduzioni in lingua italiana. Sono poi da vedere: B. CROCE Estetica come scienza dell'Espressione e linguistica generale, Bari, 19124; Logica come scienza del Concetto puro, Bari, 19082; Discorsi di varia filosofia, Bari, 1945; Conversazioni critiche, la serie, Bari, 19504; G. GENTILE: La Riforma della Dialettica hegeliana, Messina, 1913; Teoria generale dello Spirito come atto puro, Pisa, 1916; Sistema di Logica come teoria del conoscere, Firenze, 1940-19423; B. SPAVENTA: Scritti Filosofici Napoli, 1900; Da Socrate ad Hegel, Bari, 1905; La Filosofia Italiana nelle sue Relazioni con la Filosofia Europea, Bari, 1908; Logica e Metafisica, Bari, 1911. Sono inoltre da vedere G. DE RUGGERO: Storia della Filosofia, Bari, nei luoghi che interessano; indispensabile il lavoro di F. ALBERGAMO: Storia della Logica delle Scienze Esatte, Bari, 1947, prezioso anche per tutti i riferimenti bibliografici. Edizioni dell'Organon arist~telico sono quelle curate dal Bekker, Berlino 1831-36, e la edizione Firmin Didot,' Parigi, 1848-1874, con testo latino a fronte. Una traduzione dell'intero Organon in lingua italiana non esiste, se se ne eccettuino i lavori cinquecenteschi non pi utilizzabili per difetto di interpretazione. T. ToMASICcmo: Massimario della espropriazione per pubblica utilit e della requisizione. (Jandi Sapi ed.) 1954. Segnaliamo con vero piacere. questa pubblicazione del nostro collega Tomasicchio che, per quanto ci consta, la prima del genere, nella materia trattata, e che ha raggiunto lo scopo pratico che si proponeva. Ci che rende l'opera particolarmente pregevole , sopratutto, l'indice-sommario redatto con criteri sistematici aderenti ai principi teorici adottati dalla migliore dottrina. proprio grazie a questo indice sommario che la ricerca delle massime pu essere effettuata con facilit, (agevolata anche dall'indice alfabetico analitico da usarsi tuttavia in modo puramente sussidiario), s che il difetto principale delle opere del genere (e, cio, la difficolt1 del reperimento della massima adeguata alla fattispecie) appare quasi eliminato. Riteniamo che questa pubblicazione sia una opera la quale non pu mancare nelle biblioteche di coloro che si occupano, sia da.I punto di vista teorico, sia dal punto di vista pratico e professionale, delle importanti materie della espropriazione e della requisizione. RACCOLTA DI GIURISPRUDENZA AMMINISTRAZIONE DELLO STATO Rappresentanza in giudizio Controversie tri6utarie Oppo sizione a ingiunzione relativa a imposta di registro. Nullit .del ricorso per Cassazione intimato al Mi nistro delle finanze in materia tributaria. (Cass., Sez. Un. Civili, Sent. n. 1207/54 -Pres.: Galizia; Est.: Bagna; P. M.: Pafundi, conforme -Tomei c. Finanze). L'autorit designata a stare in giudizio per l'Amministrazione finanziaria in materia di controversie tributarie l'Intendente di finanza e non il Ministro delle finanze, il quale non ha la rappresentanza organica dell'Amministrazione per le controversie tributarie. Siffatta indicazione non ha subto modifica in materia di controversie sull'applicazione dell'imposta di registro. Con questa sentenza la Corte di Cassazione, confermando la sua precedente giurisprudenza (cfr. sentenza n. 585del12marzo1953, nonch retro 1953, pag.123 e pag. 233), ha eliminato ogni dubbio anche sulla esclusivit della competenza, attribuita all'Intendente di Finanza dagli artt. 11 e 52 T. U. 30 ottobre 1933, n. 1611 in relazione alla tabella allegata al r. d. 25 giugno 1865, n. 2361, e sull'applicabilit del principio alle controversie relative ad opposizione ad ingiunzione in tema d'imposta di registro. Ci auguriamo che in seguito a quest'ultima sentenza ogni questione relativa alla rappresentanza in giudizio dell'Amministrazione finanziaria possa considerarsi definitivamente eliminata. COMUNI E PROVINCIE Procedimento giurisdizionale avanti i Consigli Comunali in materia di eleggibilit Notificazione della decisione al Prefetto ricorrente -Termini e forme del ricorso in appello alla Giunta Provinciale Amministrativa -Procedimento relativo -Applicabilit delle norme del codice di rito civile in tema di pluralit di impugnazioni Tardivit dell'impugnazione incidentale in causa inscindibile; irrilevanza. (Cass., Sez. I, Sent. n. 2695/53 Pres. Cannada-Bartoli; Est. Passanisi; P. M.: Pittiruti, conforme -Prefetto di Milano c. Turati). Contro le decisioni del Consiglio comunale, pronunziate ai sensi dell'art..7 4 T. U. 5 aprile 1951, n. 203, ammesso ricorso alla Giunta Provinciale Amministrativa entro un mese dalla notificazione della decisione. Il Prefetto, che abbia proposto ricorso al Consiglio Comunale per l'ineleggibilit di un consigliere comunale, dev'essere considerato parte ed ha, pertanto, diritto alla 'notificazione della decisione. valido il ricorso alla Giunta Provinciale Amministrativa, ancorch la notificazione preceda il deposito e purch questo avvenga entro il 30 giorno dalla notificazione della decisione. Nei giudizi elettorali avanti alle Giunte Provinciali Amministrative debbono essere osservate, quando la legge speciale non disponga altrimenti, le norme processuali stabilite dal T. U. 26 giugno 1924, n. 1058 e dal regolamento 17 agosto 1907, n. 643 sul procedimento avanti la Giunta Provinciale amministrativa nonch quello del codice di rito civile, relative alla pluralit d 'impugnazioni della medesima specie contro la stessa decisione, che sono di carattere generale. Nel caso di pi impugnazioni della stessa specie contro la medesima sentenza qualificata <( principale JJ quella, che sia instaurata per prima, mentre tutte le altre proposte successivamente sono impugnazioni (! incidentali n. Queste presuppongonola principale e da essa dipendono nei limiti stabiliti della legge; la prima, invece, autonoma e la sua efficacia non subordinata all'efficacia delle altre impugnazioni. Nell'ipotesi di causa inscindibile non pu essere dichiarata improcedibile l'impugnazione incidentale tardiva, quando sia stata ritualmente e tempestivamente proposta l'impugnazione principale. Aderiamo pienamente alle massime enunciate, con le quali viene confermata la qualit di parte, che assume il Prefetto quando faccia l'istanza di decadenza (e che, ovviamente, lo legittima alla proposizione di tutte le impugnative consentite contro le decisioni pronunciate dai vari organi giurisdizionali, speciali ed ordinari) e viene ripetuto l'insegnamento, che pu dirsi ormai consolidato, della validit del ricorso alla G. P. A. notificato anteriormente al deposito, purch questo avvenga entro il 30 giorno della notificazione della decisione (sulle questioni decise con le prime tre massime vedi anche retro 1954, pag. 18, 59 e 61). Da segnalare anche il principio enunciato nella quarta massima, secondo il quale le norme contenute nel C. P. C. e relative alla pluralit d'impugnazione avverso la medesima sentenza sono applicabili anche nei procedimenti avanti le giurisdizioni speciali, purch le leggi ad essi relative non dispongano espressamente in senso diverso. Le ultime due massime confermano la ormai consolidata giurisprudenza in tema di litisconsorzio relativo a cause inscindibili. G. GUGLIELMI NOTIFICAZIONE Ricorso al Tribunale superiore delle acque pubbliche in sede di legittimit -Nullit insanabile del ricorso non notificato presso l'Avvocatura Generale dello Stato. (Trib. Sup. acque pubbliche 12 giugno-luglio 1954 -Pres.: Caliendo; Est.: Landi -C. I. E. L. I. c. Ministero Lavori pubblici). Tutti i ricorsi inanzi agli organi giurisdizionali competenti in materia di acque pubbliche debbono essere notificati alle Amministrazioni dello Stato presso l'Avvocatura dello Stato, ai sensi dell'art. 11 T. U. 30ottobre1933, n. 1611. -189 La nullit della notificazione, derivante dall'inosservanza della citata norma, assoluta e non sanabile, nemmeno eon la comparizione della parte. La sentenza, con ampia e pregevole motivazione, ha eliminato definitivamente qualche perplessit, che era sorta di recente per effetto della sentenza 30 dicembre 1952, n. 20 (Regione Sarda c. Presidenza del Consiglio), la quale aveva ritenuto di poter prescindere dalla dedotta eccezione di nullit per la evidente infondatezza del ricorso. In presenza di questa pronunzia (rectius: non pronunzia) e in considerazione della natura di organo di giurisdizione speciale, riconosciuta al Tribunale superiore in sede di legittimit, si era sostenuta l'inapplicabilit dell'art. 11 T. U. 30 ottobre 1954, n. 1611 e l'applicabilit, per effetto del richiamo contenuto nell'art. 208 del T. U. 11 dicembre 1933, n. 1775, degli artt. 35 e segg. del T. U. 26 giugno 1924, n. 1054. La sentenza, rigettando la predetta tesi, ha riconfermato la gi consolidata giurisprudenza del Tribunale superiore (sentenza 6 agosto 1947, n. 16: S. A. Orobia c. Lavori pubblici). Alle argomentazioni in essa contenute riteniamo di dover aggiungere quella, che pu trarsi agvolmente dall'art. 193, T. U. 11 dicernbre 1933, n. 1775, secondo il quale l'autorit amministrativa pu essere rappresentata all'udienza da un suo funzionario sempre col patrocinio e l'assistenza dell'.A.vvocatura dello Stato. G.G. REQUISIZIONI -Requisizioni effettuate per conto delle truppe alleate -Giurisdizione dell'autorit giudiziaria ordinaria -Necessit del previo esperimento della procedura amministrativa. (Cass., Sez. Unite, numero 2150/53 -Pres.: Moscati; Est.: Lonardo; P. M.: De Martini, conforme -Tesoro c. Lorusso). Competente a conoscere delle domande per la determinazione degli indennizzi relativi alle requisizioni disposte dalle forze armate alleate o, nel loro interesse, dalle autorit italiane, ed ai danni da esse causati l'autorit 'giudiziaria ordinaria, dopo, per, l'esaurimento della fase del procedimento amministrativo, previsto dagli articoli 4 e 5 della legge 9 gennaio 1951, n. 10. Con questa pregevole sentenza la Corte di Cassazione, accogliendo integralmente la tesi sostenuta dall'Avvocatura esecondo la quale, a seguito dell'entrata in vigore della legge 9 gennaio 1951, n. 10, non pu prescindersi dalla procedura amministrativa da questa prevista ed il sindacato giurisdizionale pu attuarsi solo in sede di impugnativa del provvedimento del Ministro del Tesoro, che liquida l'indennit ai sensi degli articoli 1 e 2 della legge, ha riconfermato la giurisdizione dell'autorit giudiziaria ordinaria ed ha ribadito che tale giurisdizione sussiste soltanto dopo l'esaurimento della procedura amministrativa. Con tale categorica affermazione resta, altres., escluso, a nostro avviso, che possa nella specie invocarsi per analogia l'istituto giurisprudenziale del silenzio-rifiuto. Di fronte all'enorme numero di domande l'Amministrazione ha il potere anche di determinare l'ordine di liquidazione compatibilmente con le esigenze di bilancio e le diffide a provvedere, oltre che rendere impossibile l'effettuazione dell'istruttoria, nelle forme previste dalla legge, priverebbero anche l'Amministrazione di un suo potere, da considerare essenziale, data anche la natura dell'indennizzo e la necessit, innegabile, che il loro pagamento sia disposto in relazione alle concrete pQssibiliti), dj bilancio e nei limiti delle somme annualmente all'uopo previste. G. GUGLIELMI RESPONSABILITA CIVILE -Danni da circolazione di veicoli -Investimento ad opera di autoveicolo militare -Risarcimento transattivo da parte dell'Amministrazione -Azione dell'Amministrazione contro il conducente -Prescrizione biennale, (Cassaz. III, Sez. Civ. n. 1518/54 -Pres. Valenzi; Rel.: Naso; P. M.: Criscuoli, concl. conf. -Min. Difesa-Esercito c. Basso). soggetta alla speciale prescrizione biennale dell'art. 2947 c. c. l'azione con cui l'Amministrazione militare, dopo aver liquidato transattivamente e pagato l'indennizzo dovuto alla vittima di un investimento prodotto da un autoveicolo di sua propriet guidato da un suo dipendente, chieda a quest'ultimo, quale responsabile del sinistro, il rimborso della somma pagata. I) la prima volta che la Corte Suprema si occupa della questione di cui alla massima che si annota; e non si pu certo dire che i ben noti contrasti dei giudici di merito, i quali nlle soluzione della questione sono addivenuti a contrastanti conclusioni, attraverso non meno contrastanti motivazioni anche nelle ipotesi di conclusioni identiche, abbiano trovato una tranquillante definizione nella sentenza sopraindicata, in cui sostanzialmente contenuta una sola affermazione, e per giunta apoittica, non dimostrata e non dimostrabile, espressa nelle seguenti poche parole: Comunque si voglia qualificare l'azione, anche seguendo l'Amministrazione nella sua tesi difensiva, non si pu fare a meno di riconoscere che la domanda si basa su un preteso fatto illecito del convenuto, che sarebbe stato commesso in occasione della circolazione dell'autoveicolo. Ci posto indifferente che il danno risentito dall'Amministrazione sia stato diretto o indiretto, perch ricollegandosi esso strettamente alla circolazione dell'autocarro, la disciplina giuridica, quanto alla prescrizione del diritto di richiederlo, quella prevista dall'art. 2947, secondo comma, C. C.. Troppo poco per risolvere i contrasti della giurisprudenza di merito, ed in tanto poco, come spesso accade, alquanto di impreciso, quel tanto che pi che sufficiente per suffragare una massima inesatta. II) Alla Corte Suprema, nella difesa degli interessi dell'Amministrazione ricorrente, che era rimasta soccombente in primo ed in secondo grado (sentenze della Pretura di Recco e del Tribunale di Genova, che risultano inedite), si era prospettata in primo piano la necessit di definire la natura della azione esercitata nei confronti del suo ex dipenderiAe dalla Amministrazione e ci, non solo per superare le molte __ incertezze al riguardo, ma anche per trarn.e le dovute conclusioni. Ed il ragionamento condotto era stato condotto nei seguenti termini. Di primo acchito deve affermarsi che l'azione che l'Amministrazione esercita nei confronti del suo ex -190 dipendente non l'azione di regresso che il debitore in solido che ha pagato l'intero debito pu esercitare nei confronti del condebitori (contro: Tribunale di Genova in grado di appello nella fattispecie in esame, che ha ritenuto detta azione in linea di principio esercitabile, salvo escluderla nel caso per non essere l'obbligo del conducente dell'automezzo stato accertato dal giudice, a causa dell'intervenuta transazione ante giudizio) a sensi dell'art. 1299 c. c. L'errore della contraria opinione, in cui caduto con la sua affermazione di principio anche il Tribunale di Genova, dovuto al fatto che erroneamente si ritiene che il terzo comma dell'art. 2054 c. c. configuri un'ipotesi di obbligazione solidale. Questa norma prevede invece un caso di responsabilit solidale del proprietario del veicolo (o usufruttuario od acquirente con patto di riservato dominio) con il conducente: e la responsabilit solidale cosa ben diversa dalla obbligazione solidale. Qualunque manuale di istituzioni di diritto privato segnala all'attenzione dei lettori i casi di responsabilit senza debito: il proprietario dell'autoveicolo non ha debito nei confronti del danneggiato, in quanto l'unico pienamente obbligato il conducente, ma solo responsabile in solido con questi. Il che significa che quando il proprietario dell'automezzo si rivolge al conducente per ottenere il rimborso dell'indennizzo risarcito, pu ripetere l'intera somma pagata; se si vertesse in ipotesi di obbligazione solidale detto proprietario potrebbe ripetere dal conducente solo la parte di esso (art. 1299 c. c.). A nessuno mai passato per la mente di ritenere che il proprietario dell'automezzo possa ripetere dal conducente solo una parte dell'indennizzo pagato: e ci perch, si ripete, lo status del proprietario non di obbligato in solido, ma di responsabile in solido. L'azione di regresso di cui all'art. 1299 c. c. non pu quindi essere esercitata. III) Pu essere, invece, esercitata l'azione in surrogazione, configurando la nostra ipotesi un caso di surrogazione legale e precisamente quello di cui all'art. 1203, n. 3, c. c. (contro: Tribunale di Torino, 10 dicembre 1951, in F. I. , 1952, I, 260 e segg. il quale cade nel frequente errore di considerare l'ipotesi in esame come applicazione dell'istituto della obbligazione solidale. Per la critica vedasi sopra). Dice questa norma che la surrogazione ha luogo di diritto a vantaggio di colui che essendo tenuto con altri o per altri al pagamento del debito, aveva interesse a soddisfarlo. Siamo in pieno nella fattispecie costituita dai rapporti intercorrenti, nei confronti d1;l terzo danneggiato, tra il proprietario ed il conducente: quello tenuto con questi al pagamento del debito ( cio responsabile in solido) ed ha interesse a soddisfarlo in sede di transazione per non pagare di pi in esecuzione di pronuncia giudiziale, di pi che potrebbe anche non ripetere dal conducente se questi versasse, come abitualmente avviene, in. cattive condizioni economiche. Da quanto precede si deve dedurre che se l'azione esercitata dal proprietario un'azione in surrogazione, secondo i principi, la posizione che quello viene ad assumere in giudizio la stessa che avrebbe assunto il danneggiato: obbligo quindi, per non incorrere nella prescrizione, di agire nei due anni dal fatto dannoso, ma anche diritto di avvalersi del principio della presunzione di colpa che sta a carico del conducente secondo l'art. 2054, 1 comma, c. c. Se l'azione esercitata azione in surrogazione (e vale al riguardo la dichiarazione che ne f aooia il proprietario il qu,ale abbia pagato il debito del conducente ed agisca nei due anni del fatto dannoso) il conducente il veicolo deve prova1e di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno: n pi n meno di quello che avrebbe dovuto fare se fosse stato convenuto dal danneggiato, nella identica posizione del quale si invece surrogato il proprietario del mezzo. IV) Procedendo nel ragionamento, ci si deve chiedere per se solo quella azione possa essere esercitata dal proprietario o non anche qualche altra. Si arriva cos al punctum saliens del problema. Abbiamo visto come la Corte Suprema nella sentenza di cui si annota la massima, abbia rilevato che la domanda della Amministrazione nei confronti del suo ex dipendente si basa su un preteso fatto illecito di ouesti. che sarebbe stato commesso in occasione della circolazione dell'autoveicolo. La percezione della occasionalit, del collegamento tra la circolazione del veicolo e l'evento dannoso esatta, ma non sono affatto esatte le conseguenze che si pretende di crarre. Intanto nella frase immediatamente successiva della motivazione la Corte andata oltre: da una valutazione di semplice occasionalit passata alla percezione di un collegamento di pretesa pi stretta natura, l dove ha affermato che il danno si ricollegherebbe strettamente alla circolazione del veicolo. Non pi dunque semplice occasionalit, ma stretta connessione tra l'evento dannoso, che in tal modo sarebbe ritenuto effetto della circolazione del veicolo, intesa come causa. Evidentemente, nella incertezza dei principi, alla Corte sembrato poco l'occasionalit e, dopo esservisi richiamata per un istante, andata oltre. L'errore proprio in questo consiste: se la circolazione del veicolo causa dell'evento dannoso nel rapporto conducente (e proprietario per la responsabilit solidale) -danneggiato, nel rapporto proprietario (che abbia risarcito il danno) -conducente, solo occasione (ed in tali sensi esatto sarebbe il rilievo della Corte, che non avrebbe dovuto per superare questa affermazione con l'altra immediatamente successiva). In questa ipotesi non si ragiona del danno im.mediato, cio di quello direttamente derivato dall'incidente stradale, qualunque esso sia. Ohe se di un tale danno qui si dovesse discutere, niun dubbio che le ordinarie norme in tema di danni da circolazione di autoveicoli sareb' bero applicabili. Qui invece si ragiona del danno a dir cos ritardato, e cio di quello che ad apprezzabile distanza dall'evento generatore (che continua ad essere il comportamento, in ipotesi, colposo dell'autista), venne all'Amministrazione in quanto virtualmente costretta a riparare, mediante un determinato esborso, il danno derivato ai familiari dell'ucciso. L'osservazione che abbiamo riportato. della Corte di Appello di Torino (in causa Min. Difesa c~Giu-_ liani F. I. , 1953, II, 1500 e segg.), la quale non ha mancato di considerare che la contraria affermazione, meglio che semplice, semplicista. Cos, rileva detta Corte, se Tizio corridore automobilistico alla guida di un bolide da corsa in circuito chiuso, ribalta ~~Iff?ff?Wf7CIT7W?WtpMJW~~~ . ' -191 ed investe uno spettatore, se Caio sportivo al volante di una macchina propria od altrui, graziosamente concede un passaggio allo stanco pedone raggiunto per via, che, uscendo fuori strada, danneggia; se Sempronio, autista di una linea di autotrasporti, trasportando tre passeggeri, dei quali uno pagante, l'altro ha diritto al trasporto gratitito ed il terzo il suo stesso datore di lavoro, li danneggia, nessuno pu contestare che in tutti e tre gli incidenti rappresentati il danno si presenti in collegamento con la circolazione di veicoli. Ma l'arrestarsi, nei tre. casi esemplificati, al mero atto esteriore della circostanza dei veicoli occasionanti il danno, non giova n vale , dovendosi considerare che il primo di essi regolato non dall'art. 2054 c. c., ma dal principio del neminem laedere (art. 2043 c. c.); il secondo egualmente da questo principio ed il terzo dalle norme del contratto di trasporto (in particolare dall'art. 1681 c . . ) nei riguardi del passeggero pagante e di quello gratuito, ed a tenore del contratto di locazione di opere nei riguardi del datore di lavoro trasportato. V) I rilievi della Corte di Torino sono ineccepibili e le conseguenze che si possono trarre consistono nella ammissibilit anche di altra azione, nel caso che ci occupa, diversa da quella in surrogazione. Sotto questo aspetto, la massima che si annota inesatta e deve essere rettificata ricorrendosi alle considerazioni che si sono esposte. La identificazione per della natura di questa azione (dalla quale si deduce la soluzione del problema sul termine della prescrizione) non cosa semplice. noto che quando il dipendente legato all'Amministrazione da un regolare rapporto di impiego, trattandosi di danno arrecato con la violazione delle norme che regola.no i doveri di quello verso questa, cio di responsabilit sostanzialmente contrattuale, la Corte dei Conti, alla giurisdizione della quale affidata la definizione dei giudizi di responsabilit, ha sempre ritenuto che il diritto si prescriva con il decorso di dieci anni (prescrizione ordinaria: cos Corte dei Conti, 3 novembre 1950, in <>. Come accettazione, poi, l'atto di aggiudicazione contiene la dichiarazione di volont della Pubblica Amministrazione diretta alla costit,uzione del vincolo giuridico, identificandosi quindi con il consenso stesso della P. A. Dal che deriva che, tanto come accertamento dell'offerta migliore quanto come accettazione di tale offerta, l'aggiudicazione un atto proprio dell'autorit amministrativa e che perci non pu essere compiuto dal magistrato. .A. N. OPERE PUBBLICHE -Appalto -Crediti dell'appaltatore in dipendenza del contratto di appalto -Limiti alla loro sequestrabilit, cedibilit -Applicabilit delle norme del diritto comune al contratto d'appalto di opere pubbliche -Limiti -Esperibilit nei confronti della P. A. dell'azione diretta prevista dell'art. 1676 c. c. App. Roma -Mag. del Lavoro -Pres. Lonardo, Est: Bevilacqua -Min. Trasporti (F.S.) c. Innocenti 25 novembre 1953-19 gennaio 1954. 1. Il contratto di appalto di opere pubbliche come ogni altro contratto privatistico nel quale sia parte la P . .A. - soggetto alle norme di diritto comune solo ove queste non siano incompatibili con la particolare disciplina recata da leggi speciali. 2. L'azione prevista dall'art. 1676 c. c. non proponibile nei confronti della P . .A., sia perch la norma, che la prevede, deve ritenersi di natura eccezionale, epper non suscettibile di applicazione a casi diversi da quelli espressamente previsti, sia perch essa incompatibile con la disciplina contenuta nella legge speciale (art. 351 legge sui Lavori pubblici), la quale ha attribuito alla P . .A. il potere discrezionale di negare il proprio consenso -e di rendere per tal modo inefficaci -i sequestri del prezzo dell'appalto. 1. I termini della lite, che ha dato luogo alla aff ermazione, da parte della Corte d'Appello di Roma, delle massime sopra riportate, possono riassumersi nel modo seguente: certo Mario Innocenti, assumendo di aver lavorato alle dipendenze della impresa Luigi Bernabei, appaltatrice dei lavori di manutenzione ordinaria della strada ferrata Roma-Avezzano, e di non aver percepito talune mercedi e indennit spe~tantigli, conveniva avanti al Tribunale di Roma il proprio imprenditore per sentirlo condannare al pagamento di quanto dovutogli; e l'Amministrazione delle Ferrovie dello Stato per sentirla condannare, ai sensi dell'art. 1676 c. c., a pagargli direttamente le somme di cui esso Innocenti si assumeva creditore nei confronti del Bernabei. Il Tribunale, disattendendo la tesi dell'Amministrastrazione, -la quale aveva sostenuto non essere esperibile nei suoi confronti l'azione diretta prevista dal l'art. 1676 c. c. in quanto del tutto incompatibile con la speciale disciplina cui soggetto il contra.tto d'appalto di opere pubbliche -accoglieva la domanda dell'Innocenti e condannava l'Amministrazione in solido con il Bernabei -e nei limiti del credito ancora vantato da quest'ultimo verso l'Amministrazione all'atto della domanda giudiziale -al pagamento della somma di cui veniva riconosciuto creditore l'Innocenti. Avverso la sentenza del Trib1male proponeva p. pello l'Amministrazione insistendo nel sostenere l 'inap plicabilit al contratto d'appalto d' opere pubbliche dell'art. 1676 c. c. Rilevava la difesa dell'Amministrazione che l'azione diretta prevista dall'art. 1676 c. c. appare chiaramente incompatibile con precise norme della legge speciale, la quale tende innanzi tutto ad assicurare nel modo migliore l'esecuzione ed il compimento del l'opera p1tbblica, ponendo l'appaltatore al sicuro, per quanto possibile, e nell'interesse del regolare andamento dei lavori, da quelle turbative suscettibili di compromettere il regolare adempimento degli obblighi da lui assunti nei confronti della P. A. con il contratto d'appalto (cfr. art. 351, 353 della legge sui Lavori pubblici che subordinano l'efficacia delle cessioni e dei sequestri dei crediti dell'appaltatore al riconoscimento dell'Amministrazione). Non pu esservi dubbio che la legge abbia, in tal guisa, inteso attribuire alla P. A. una facolt ampiamente discrezionale, rendendo praticamente essa Amministrazione arbitra di consentire o meno qualunque impedimento o vincolo diretto a distrarre dal suo naturale destinatario, l'imprenditore, il pagamento del prezzo dell'appalto. In vista del preminente interesse pubblico, che la legge ha voluto tutelare, interesse che si con