ANN'O VI -N. 10 OTTOBRE 1963 RASSEGNA MEN'SILE DELL'AVVOCATURA DELLO STATO PUBBLICAZIONE DI SERVIZIO SOMMARIO I. ARTIOOLI ORIGINALI Note suZ diritto di sciopero del Presidente F. Rocco, p. 221-228. II. NOTE DI DOTTRINA 1) M. NJGRO: Le decisioni amministrative, recensione critica dell'avvocato G. GUGLIELMI, P 229-230. 2) f.,.a giurisprudenza amministrativa nel periodo 1935-19-50, p. 230-231. 3) )I. PAPALDO: Codice delle leggi sanitarie, p. 231. 4) ,A. V. WENEDIKTOV: La prop1iet socialista dello Stato, recensione critica dell'avv. A. SALVATORI, p. 231-232. III. RAOOOLTA DI GIURISPRUDENZA l) Amministrazione pubblica -Atti diretti alla tutela dei beni patrimoniali -Azione possessoria -Proponibilit, p. 233. 2) Amministrazione pubblica -Rappresentanza della P. A. -Vocatio in jus -Indicazione di un organo diverso da quello che ha la rappresentanza dell'Ente -Nullit insanabile, p. 233-234. 3) Impiego pubblico -Impiegato statale -Aspettativa -Licenziamento per decorso periodo massimo -Eccesso di potere, p. 234-235. 4) Imposte e tasse -Decisione definitiva della Commissione centrale Impugnabilit immediata -Ricorso per cassazione -Ammissibilit, p. 235-238. 5) Imposta di registro -Corrispettivo in moneta estera -Ragguaglio in moneta nazionale -Controversie relative -Carattere -Cambio del giorno -Concetto, p. 238-241. IV. ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI DELLE CORTI DI MERITO l) Concessioni amministrative -Terreno di pertinenza del Demanio ferroviario -Contratto di affitto di fondi rustici -Competenza dell'A.G.O. a conoscere delle controversie relative -Inapplicabilit della proroga prevista dal D.L.L. 5 aprile 1945, n. 157, p. 242-244. 2) Ferrovie dello Stato -Appalti -Revisione prezzi non previste dal contratto di appalto -D. M. 3 settembre 1940, n. 857, art. 1664 C.C. -Deroga art. 326 Legge sui lavori pubblici e Capitolato generale di appalto, p. 244-243. 3) Societ -Societ per azioni -Deliberazione di aumento di capitale Imposte e tasse -Imposta di negoziazione -Delibera di aumento di capitale -Tassabilit delle nuove azioni, p. 245-247. V. SEGNALAZIONI DI DOTTRINA E GIURISPRUDENZA, p. 248-254. VI. RASSEGNA DI LEGISLAZIONE, p. 255. VII. INDICE SISTEMATICO DELLE CONSULTAZIONI, p. 256-259. .ANNO VI -N. 10 OTTOBRE 1953 RASSEGNA MENSILE DELL'AVVOCATURA DELLO STATO PUBBLIVA.ZIONE DI SERVIZIO NOTE SUL DIRITTO DI SCIOPERO SOMMARIO. -I. Premesse economiche: lo sciopero come strumento di difesa privata nelle contese collettive tra capitale e lavoro. -CAPO I: Natura giuridica del diritto di sciopero. 2. un diritto soggettivo pubblico, che intercede tra il cittadino, che ne titolare e lo Stato. Esso rientra nella categoria dei diritti di libert. 3. L'ordinamento giuridico italiano e lo sciopero. 4. Inammissibilit giuridica che il diritto di sciopero sia riferibile al cittadino, in quanto prestatore d'opera dello Stato. 5. L'art. 40 della Costituzione ha fatto cadere le sanzioni penali previste per l'astensione collettiva dal lavoro: dubbi per quanto concerne l'efficacia abrogativa delle sanzioni penali per il reato di serrata. 6. Il diritto di sciopero non riferibile, neppure, ai dipendenti delle aziende autonome dello Stato ed a quelli degli enti autarchici territoriali. -CAPO II: Contenuto e limiti del diritto soggettivo di sciopero. 7. I diritti soggettivi pubblici ed, in particolare, quelli di libert non sono illimitati e neppure, quindi, pu essere tale il dirittq di sciopero. 8. Limiti consentiti al legislatore ordinario nei riguardi dei soggetti e fondamento giuridico dei limiti stessi. Inammissibile lo sciopero dei dipendenti dello Stato. 9. Problema dell'ammissibilit dello sciopero per le aziende esercenti servizi pubblici. Conclusione positiva. 10. Temperamenti necessari per tale ammissibilit. 11. Limiti oggettivi al diritto di sciopero: divieto dello sciopero politico, tutela della libert del lavoro. 12. Modalit obbligatorie nella procedura per l'esercizio legittimo del diritto di sciopero. 1. Premesse economiche. -Sotto l'aspetto economico, che ne costituisce il contenuto sostanziale, lo sciopero e cio l'astensione collettiva dal lavoro, rappresenta l'estrema ratio, l'ultima e non sempre decisiva arma, cui possono ricorrere i prestatori d'opera nei conflitti tra capitale e lavoro. Tali conflitti si risolvono -normalmente in una contesa per la ripartizione dei profitti quale retribuzione rispettiva da un lato del lavoro, dall'altro del capitale e dell'impresa. Non sempre, in verit, gli investimenti di capitale consentono margini di profitti tali da soddisfare le anzidette contrapposte esigenze, ma queste possono trascurarsi e, se non sono conciliabili, sono causa di perniciose conseguenze economiche e sociali. Giacch se le retribuzioni del lavoro risultano non sufficienti a far fronte alle minime necessit della vita dei lavoratori un turbamento grave delle relazioni sociali fatalmente ne deriva. Parimenti se i margini di profitto del capitale e delle imprese si riducono oltre certi limiti o addirittura spariscono si rischia di allontanare il capitale dagli investimenti produttivi e di compromettere l'esistenza stessa delle imprese, con conseguenti danni economici e sociali. Non pu disconoscersi che assai pi agevole il controllo pubblico su la capacit delle mercedi di fronte alla entit e qualit delle prestazioni di lavoro, congruit oggi considerata dalla carta costituzionale (art. 36) come un diritto del lavoratore, che non quello su i profitti del capitale e delle imprese, difficilmente accertabili nelle occulte pieghe dei bilanci dei datori di lavoro. .Arduo compito, invece, come ho detto quello di determinare i limiti obiettivi di sopportabilit da parte delle intraprese degli oneri salariali e delle altre retribuzioni senza per di pi il pericolo di effetti talora, addirittura, controproducenti per gli interessi dei lavoratori. Ho osservato che lo sciopero tende a risolvere, con atto collettivo di forza, le contese fra capitale e lavoro. Occorre precisare che tali contese non concernono solamente le questioni fondamentali delle retribuzioni ai prestatori d'opera, ma involgono anche tutte le contestazioni riguardanti le modalit e le condizioni del rapporto di lavoro, le quali spesso, ma non sempre, hanno un contenuto economico o esclusivamente economico. La citata norma costituzionale demanda, in particolare, alla legge di stabilire, obbligatoriamente, la durata massima della giornata lavorativa e sancisce il diritto al riposo settimanale ed a ferie annuali retribuite e non rinunciabili. ovvio, poi, far presente che lo sciopero, come strumento economico di resistenza, si riferisce alla contese collettive tra datori di lavoro e prestatori d'opera e non gi alle contestazioni individuali le quali, tuttavia, possono rappresentare la causa occasionale del ricorso allo sciopero-protesta. Pericolosa china questa dell'uso di quell'estremo rimedio dei conflitti economici collettivi per scopi non economici i quali ne possono paurosamente moltiplicare le manifestazioni, attraverso le indefinite occasioni di rimostranze estreme, con danni incalcolabili per l'economia pubblica e privata e per l'ordine e la pace sociali. Comunque, seppure degenerazioni del ricorso allo sciopero ne alterino, talvolta, la natura e la funzione e, quindi, la giustificazione etica, non pu negarsi -in linea di principio -che ove gli ordinamenti giuridici non riescano diversamente a soccorrere le forze del lavoro contro il prepotere, in qualche caso, pregiudizievole alla compagine economica e sociale dello Stato, l'autodifesa -222 del contendente pi debole, con la amm1ss1one in tesi e in diritto dello sciopero, sia. da considerarsi conforme ad un postulato logico di giustizia. socia.le, cui corrisponde anche un interesse economico generale, per la. crescente e ormai preponderante importanza spettante al fattore la.voro nel quadro dell'economia nazionale degli Stati democratici. Correlativamente potrebbe sostenersi, e viene sostenuto,-che anche il feno;meno economico della cos detta cc serrata sia. da ammettersi come fenomeno lecito, almeno quale controdif esa degli interessi contrapposti del capitale e delle imprese. Ma pu seriamente dubitarsene non solo perch taJi interessi rappresentano una forza maggiore nelle contese con i prestatori d'opera, ma anche perch, come gi ho accennato, la legittimit della resistenza da parte dei portatori di questi interessi importa un giudizio ed un controllo pubblico assai pi difficile o talora, addirittura, impossibile, mentre la. serrata che, in virt di quella preponderante forza, pu prolungarsi assai pi dello sciopero si risolve in una sottrazione di lavoro socialmente deprecabile. Le premesse poste di ordine economico valgono ad illuminare e ad agevolare la soluzione del problema del diritto di sciopero; della sua natura giuridica; dei soggetti ai quali pu riferirsi; dell'ampiezza del suo contenuto, cio dei limiti al suo esercizio legittimo. CAPO I NATURA GIURIDICA DEL DIBITTO DI SCIOPERO 2. Non par dubbio, innanzi tutto, che il diritto di sciopero abbia la natura di un diritto soggettivo pubblico, avente per titolare il singolo e rien. tri nella vasta categoria dei diritti di libert, i quali, come noto, assumono qualificazioni varie, in relazione al loro svariato contenuto: ad esempio diritto di libert personale, di riunione e di associazione, di circolazione e soggiorno nel territorio dello Stato, di emigrazione, libert di culto, di pensiero, ecc. (art. 13 e segg. costituzione della Repubblica). Essi costituiscono diritti propri della cc personalit umana , quasi diritti innati, sono come tali inalienabili, inrinunciabili, inprescrittibili e possono farsi valere principaliter verso lo Stato, che ne garantisce e pu contrastarne il godimento, e verso coloro, privati singoli o associati, che ne contestino o ne ostacolino il regolare e indisturbato esercizio. I diritti di libert hanno per contenuto non gi un facere da parte di chicchessia, bensi un non facere, cio l'obbligo di non invadere la sfera di autodeterminazione e di conseguente incontrollabile attivit riservata al privato, che si risolve in un pati, cio nel dovere da parte di tutti di sopportare, senza resistenze, le manifestazioni svariate della libert consacrate dalla legge a favore dei titolari, anche se ci porti pregiudizio ai propri particolari interessi. Queste osservazioni eliminano l'impressione suadente che il diritto di sciopero costituisca un diritto soggettivo privato, da farsi valere nei confronti dei privati singoli o associati, Non rileva, infatti, che il diritto di sciopero, costituendo uno strumento di coercizione della volont di determinate persone fisiche o giuridiche (i datori di lavoro), possa ledere interessi economici specifici di queste persone e possa consentire di respingere per le vie legali anche eventuali rappresaglie in violazione del rapporto di lavoro (licenziamento, sanzioni punitive varie). La lesione di interessi di particolari categorie pu ben configurarsi anche nell'esercizio di altri diritti di libert, ma ci non toglie che questi diritti siano tutti diritti assoluti di natura pubblicistica, tutelati erga omnes in analogia soltanto a certi diritti soggettivi privati, quali ad esempio il diritto di propriet. Si tratta perci, ripeto, di un diritto soggettivo pubblico che intercede tra il cittadino e lo Stato, il quale, per primo, obbligato attraverso i suoi organi pubblici, a non invadere la sfera di libert entro la quale il diritto di sciopero legittimamente pu esplicarsi ed, anzi, a prestare la sua tutela contro ogni eventuale forma di resistenza a tale esplicazione da parte dei privati. Il diritto di astensione collettiva dal lavoro altro non , infatti, se non la conseguenza del diritto di astensione individuale dal lavoro, che rientra nel concetto generale di libert del singolo, nella sfera, cio, riservatagli dalla legge. Se la legge restringe o limita tale diritto per la circostanza che l'astensione dal lavoro si esplica per concer tato divisamento, contemporaneamente da parte di pi prestatori d'opera o colpisce, addirittura, con sanzioni punitive l'astensione collettiva dal lavoro o sciopero, evidentemente questa forma di esplicazione della libert individuale diviene illecita e di diritto di sciopero non pi a par lare. 3. La storia del nostro diritto pubblico ci fornisce l'esempio del comportamento vario dell'ordinamento giuridico nei riguardi dello sciopero. Prima dell'avvento del regime fascista lo scio pero, come fenomeno economico era gi penetrato nella coscienza popolare e nella prassi delle con tese collettive tra capitale e lavoro, ma, mentre sino al 1890 esso era considerato atto sedizioso penalmente represso, con la promulgazione del pi liberale codice Zanardelli scompariva ogni traccia della sua repressione penale, pur senza che alcuna norma di legge consacrasse un diritto allo sciopero, ignorato, quindi, o tollerato dal diritto positivo. Fu il codice penale Rocco del 1930 che, di nuovo, ne contest espressamente la legalit, consideran dolo sempre, al pari della serrata, come reato, di maggiore o minore gravit a seconda dei casi, perseguibile perci con sanzioni punitive varie (artt. 503, 504, 505, 506 e anche 330, 331, 332 e 340 concernenti l'interruzione o l'abbandono dei pubblici servizi). Una profonda evoluzione legislativa si , successivamente, verificata sino a capovolg're--l'ordinamento giuridico in materia, giacch, come a tutti noto, la costituzione repubblicana ha sancito solennemente all'art. 4() il diritto di sciopero, pur rinviandone, peraltro, alla legge la specifica regolamentazione. !Wfillli&i Wb ; fa !Wfillli&i Wb ; fa --223 4. Per valutare la portata di quella radicale innovazione legislativa in rapporto ai soggetti del diritto di sciopero occorre esaminare, in primo luogo, lo scopo della nor:tna, che quello come si visto di intervenire sul terreno economico nei conflitti tra capitale e lavoro, ossia tra imprese le quali investono capitali per trarne profitti e prestatori d'opera al loro servizio. Tale scopo che corrisponde alle origini storiche del fenomeno, risulta anche chiaramente, per la costituzione italiana, dalla collocazione della norma relativa. Lo scopo stesso non appare raggiungibile nelle contese collettive tra lo Stato e i propri impiegati. Le retribuzioni di questi prestatori d'opera infatti, sono fissate con atti del Parlamento, ossia con leggi normali ovvero con leggi delegate, alle condizioni per poste dall'organo legislativo, il quale, in ogni caso, ha la esclusiva competenza a reperire e ad assegnare al Governo i mezzi finan ziarii all'uopo necessari. Non si tratterebbe, quindi, in realt di una contesa tra Governo e impiegati dipendenti, bens di un conflitto tra questi ed il Parlamento, che l'espressione massima della sovranit dello Stato. Mancherebbe, per conseguenza, e sarebbe addirittura inconcepibile la possibilit di una qualsiasi forma di coazione anche soltanto psicologica, me" diante l'arma dello sciopero su le determinazioni del Parlamento. Tanto pi che gli stanziamenti di bilancio, per disposizione statutaria (art. 81 della costituzione) sono subordinati alla provvida condizione della necessaria copertura della relativa spesa, la quale non pu conseguirsi -ovviamente -che attraverso nuove imposizioni di tributi, ovvero mediante riduzioni di altre spese, a pregiudizio, cio, della massa dei contribuenti, ovvero con il sacrificio di altre esigenze dello Stato implicanti valutazioni, in altri termini, che debbono essere riservate al giudizio sereno e sovrano del Parlamento e per nessuna ragione possono essere influenzate e, peggio ancora, imposte da una categoria di cittadini. Si aggiunga, in secondo luogo, che contestazioni del genere richiedono, necessariamente, due distinti soggetti di diritto i quali, nelle ipotesi comprese nella norma sono i prestatori d'opera e i datori di lavoro, singolarmente o collettivamente considerati non importa. Nel caso invece, di contese fra lo Stato ed i propri dipendenti non vi duplicit di soggetti di diritto, n contrapposizione di interessi dei quali essi, rispettivamente siano titolari. Lo Stato persona giuridica pubblica, anzi la massima delle persone giuridiche pubbliche e, in quanto agisce mediante persone fisiche suoi prestatori di opera, trasforma questi in propri organi; gli interessi che lo Stato ed i suoi organi perseguono non possono essere distinti e tanto meno contrapposti; sono e restano interessi pubblici statuali che la persona giuridica persegue mediante l'opera dei propri dipendenti. Il cittadino pu, bensi, vantare diritti soggettivi verso lo Stato, ma in quanto tale, in quanto cio in rapporto di sudditanza generale con il medesimo, non gi quale suo organo-prestatore d'opera, in quanto cio legato al medesimo da un rapporto di sudditanza speciaie. In questo speciale rapporto sono concepibili solamente interessi legittimi dei singoli verso l'amministrazione dello Stato, tutelabili dinanzi alla giurisdizione amministrativa. Il diritto di sciopero, cos, come limite-all'ingerenza altrui nella sfera di libert accordata dalla legge all'astensione collettiva dal lavoro, pu essere invocata dal cittadino nei confronti dello Stato esclusivamente per sollecitare la sua tutela contro arbitrarie invasioni di quella sfera di libert da parte dei terzi e precisamente dei normali datori di lavoro, che la vogliano disconoscere ostacolandone l'esercizio oppure anche, per respingere ingerenze dello Stato stesso nei rapporti tra cittadino prestatore d'opera e terzi datori di lavoro, ma non gi per impedire che lo Stato, eventualmente, intervenga per respingere l'uso dell'arma dello sciopero contro il cittadino suo prestatore d'opera in virt del particolare rapporto con il medesimo istituito liberamente e non gi contrattualmente: il rapporto di pubblico impiego. Sarebbe, sotto il profilo giuridico aberrante addirittura un'opposta soluzione la quale -in sostanza -rimetterebbe all'uso della forza dei privati un conflitto comunque sorto fra suoi organi e lo Stato, il cittadino prestatore d'opera al servizio del medesimo e il Parlamento, conflitto che, ove mai fosse configurabile, non potrebbe in ipotesi essere risoluto che da organi di conciliazione in via amichevole ovvero coattivamente per le vie legali da un terzo organo, superiore ad entrambi; il quale non potrebbe essere a mio giudizio che la Corte Costituzionale. 5. Una terza considerazione, che si collega, in parte alla seconda, ora esposta, discende dallo esame del valore giuridico della norma sancita dall'art. 40 della Carta costituzionale, in rapporto alle disposizioni legislative preesistenti. Che tale norma abbia carattere immediatamente precettivo nessun dubbio e, quindi, essa certo divenuta subito obbligatoria. Da taluni stato posto in dubbio il carattere precettivo della norma, che avrebbe, invece, solo natura di principio programmatico, ma la tesi mi sembra insostenibile giacch la circostanza che una norma primaria demandi la sua specifica esplicazione ad una successiva norma secondaria non significa inapplicabilit del precetto sino a quando tale esplicazione pi particolareggiata non sia intervenuta: cos normalmente avviene per le norme regolamentari delegate di fronte alla norma legislativa, la quale non per questo non immediatamente applicabUe. Quale norma generale quella costituzionale quantunque per ci l'esercizio del diritto di sciopero sia rimesso ad una successiva regolamentazione della legge, da ritenersi abbia fatto cadere, inesorabilmente, ogni altra norma contraria o con essa comunque incompatibile, e ci in applicazione delle disposizioni preliminari previste dal codice civile su l'abrogazione, anche tacita, delle leggi. Conseguentemente non discutibile, a mio avviso che le disposizioni del vigente codice penale pi sopra citate, certo di carattere generale in quanto puniscano come reato lo sciopero, ossia l'astensione collettiva dal lavoro, sotto qualsiasi FFWFffmw& FFWFffmw& -224 forma, anche qualificata in relazione alle persone dei soggetti debbano ritenersi abrogate dalla data di entrata in vigore della Costituzione, in quanto incompatibili con la norma costituzionale per la contraddizion che nol consente n, di conside rare reato l'esercizio di un diritto. L'abrogazione, la norma abrogata avendo anch'essa carattere generale, non pu evidentemente far sopravvi vere la sanzione penale in confronto di chiunque commetta il reato e quindi anche in confronto dei dipendenti dello Stato, scioperanti. Ad opposta conclusione penserei di dover giun gere, per quanto dubbia la tesi, nei riguardi del reato di serrata pure previsto dalle norme del codice penale vigente. La Costituzione, invero, non consacra il diritto di serrata parallelamente a quello di sciopero. La questione fu agitata in seno alla Commissione dei costituenti, ma, nel contrasto di opinioni al riguardo, si prefer non far menzione della serrata, pur da alcuni essendo stato espresso l'avviso che la legge ordinaria avrebbe dovuto contemplare un simile reato. Ora a me sembra che, rimanendo ignorata dalla Costituzione nel testo approvato, la figura della serrata, la tesi dell'abrogazione tacita di questo diverso reato sia difficilmente sostenibile. Certo, da rilevare, la serrata dei datori di lavoro si risolve in una contrazione talora assai grave dell'offerta di lavoro e pu cosi rappresentare un fenomeno contrastante con il principio programmatico dell'art. 4 della Costituzione che riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro. Assai meno sicura appare l'efficacia abrogativa della norma costituzionale nei confronti delle sanzioni disciplinari sancite dagli articoli 58 e 59 del R. D. 30 dicembre 1923, n. 2960: censura ovvero nei casi pi gravi r~duzione dello stipendio per le assenze ingiustificate. Queste disposizioni, quali norme particolari concernenti il rapporto di pubblico impiego degli impiegati dello Stato, sembra, al contrario, siano sopravissute alla norma statutaria, in base al principio che la legge generale non deroga alla speciale se non per espressa statuizione, mentre, per le osservazioni pi innanzi fatte il diritto di sciopero non potendosi riconoscere ai dipendenti dello Stato non da considerarsi giustificata la assenza collettiva dovuta a sciopero. Egualmente la norma costituzionale non vale ad incrinare il principio generale di diritto, consacrato dalla concorde giurisprudenza della Corte di Cassazione e del Consiglio di Stato, che il lavoro non prestato da qualunque prestatore d'opera pubblico o privato non d diritto a retribuzione quando la mancata prestazione, anche incolpevole del lavoro, non conservi il diritto a retribuzione in forza di disposizione espressa di legge o di con tratto. 6. Alle stesse conclusioni, pur forse con qualche dubiezza, sembra doversi giungere anche per i dipendenti di quelle aziende dello Stato, aventi carattere di autonomia amministrativa e finanziaria e, spesso, di gestione industriale. In questi casi potrebbe, talvolta, superarsi l'eccezione che la contesa a contenuto economico verta tra pre statori d'opera e Parlamento, potendosi la contesa stessa risolvere nell'ambito dell'amministrazione autonoma, per determinazione degli amministra tori. Ma non da trascurare la consid.erazione che, in definitiva, tali aziende gravano sempre sul bilan cio dello Stato ed i relativi stanziamenti non sfug gono alla competenza del Parlamento sovrano. Si aggiunga che l'altra obiezione gi mossa alla ammissione del diritto di sciopero dei dipendenti dello Stato e, cio, che manchino i due soggetti giuridici tra i quali la contesa sia sorta, vale anche in questi casi perch gli impiegati delle aziende autonome dello Stato sono da considerarsi sem pre dipendenti dello Stato e quindi organi del medesimo. Qualche maggior dubbio potrebbe semmai sor gere nei riguardi dell'ammissibilit del diritto di sciopero per i dipendenti degli enti pubblici autar chici, a proposito dei quali alcune delle ragioni che hanno condotto a negare quel diritto ai dipen denti dello Stato in parte non sussistono o si atte nuano; ma sarei, tuttavia, di avviso di compren derli nella esclusione dal diritto di sciopero. In particolare pi difficile, direi quasi impossibile, contestare quel diritto ai dipendenti delle aziende autonome comunali o provinciali aventi carattere industriale. Infine propenderei nettamente per permettere il diritto di sciopero ai dipendenti di tutte quelle aziende pubbliche, anche parastatali, che siano ammesse all'inquadramento sindacale, in quanto agiscano in regime di concorrenza nell'esplicazione della propria attivit industriale o commerciale. In questi casi, bisogna riconoscere che le obiezioni mosse contro l'ammissibilit dello sciopero dei dipendenti dello Stato non possano pi reggere. CAPO II CONTENUTO E LIMITI DEL DIRITTO SOGGETTIVO DI SCIOPERO. 7. Nel campo del diritto pubblico, per regola che pu dirsi generale, i diritti subiettivi dei privati dai quali sorgono rapporti giuridici con lo Stato non sono, pu dirsi, mai illimitati nel loro contenuto. Mentre i diritti soggettivi privati, di fronte ad alcune potest dello Stato, costituendi diritti soggettivi pubblici del medesimo, si affievoliscono e residuano meri interessi legittimi, quali ad esempio il diritto di propriet di fronte al diritto di espropriazione per pubblica utilit, i diritti soggettivi pubblici soffrono -normalmente -limitazioni varie, le quali, talvolta, ne paralizzano l'esercizio. Ci perch, pur essendosi giunti, come ben noto, storicamente attraverso la concezione dello Stato di diritto, alla configurazione di diritti soggettivi pubblici del cittadino verso -lo .Stato, non si potuto contestare la esigenza che questo, espre'ssione della sovranit, sia facoltizzato ad imporre dei limiti all'esercizio dei diritti soggettivi dei privati, nell'interesse supremo della collettivit nazionale. -225 In particolare il diritto di libert, nelle sue sva riate configurazioni, soffre tutta una serie di limi tazioni pi o meno gravi scontrandosi, per cos dire, con diritti soggettivi poziori dello Stato; cosi, ad esempio, il diritto di libert personale cede, innanzitutto, di fronte al diritto soggettivo di punire dello Stato, quando il cittadino incorra in una pena restrittiva della libert personale. Gli esempi potrebbero moltiplicarsi e ci spiega perch sia inconcepibile giuridicamente l'esistenza di un diritto di sciopero illimitato non solo, come si detto, con riferimento ai soggetti che ne siano titolari, bens anche nei riguardi del suo oggettivo contenuto ed esercizio. questa la ragione della spiegabile perplessit, che io, tuttavia, non condivido di taluni Costituenti alla proclamazione solenne di un diritto di sciopero (del quale tace ad esempio la costituzione sovietica) ed pure, sopratutto, la ragione, invece perfettamente aderente ai principi generali del diritto, della conclusione alla quale saggiamente pervenne lAssemblea Costituente, dopo elevata discussione, negando un diritto illimitato di sciopero, come aveva proposto la Commissione dei 75, ed approvando la pi cauta formula inserita nel testo definitivo. Simile formula la te~ stuale riproduzione della disposizione della nuova carta costituzionale francese la quale recita le droit grve s'exerce dans le cadre des lois qui le rglementent >>. L'esigenza etica, poi, di non consentire in qualunque caso un diritto illimitato di sciopero a favore dei prestatori d'opera rafforzata dalla diversit di trattamento usata, per ragioni che io giustifico, nei confronti della serrata, che la Costituzione ha rifiutato di riconoscere come un diritto, neppure di resistenza all'altrui azione di forza, a favore dei datori di lavoro. Nessun dubbio, dunque, che la legge ordinaria la quale in esecuzione della norma costituzionale, sta per disciplinare la delicata materia abbia la facolt di inserire talune limitazioni, derivanti dallo scopo della norma statutaria al diritto di sciopero, pur rispettando il principio costituzionale che lo sciopero costituisce un diritto del cittadino. Non conosco il testo del disegno di legge pre disposto dal Governo e che sar presto sottopo sto alla discussione parlamentare, se non attra verso le informazioni certo non complete, che la stampa ne ha dato. Penso, tuttavia, che le limi tazioni e le modalit di esercizio del diritto di sciopero, in conformit anche delle considerazioni esposte potrebbero essere concretate secondo le direttive che appresso indicher. a) Quanto ai soggetti attivi del diritto di scio. pero cos concluderei ad integrazione esplicativa dei rilievi gi fatti: esclusione del diritto di scio pero nei riguardi dei dipendenti tutti dello Stato. Una discriminazione tra dipendenti e dipendenti dello Stato non mi sembra agevole e potrebbe apparire arbitraria, non equa e, comunque, di attuazione pressoch impossibile. Potrebbe, infatti, sostenersi che le ragioni ad dotte per la soluzione negativa sussistano soltanto o principalmente per gli ]mpieg_ati i quali, esercitando una pubblica funzione, abbiano una rappresentanza dello Stato e siano perci a giudizio di taluni da considerarsi pr questa ragione veri e propri organi dello Stato mede.simo: esclusione, quindi, del diritto di sciopero soltanto nei riguardi di detta categoria di dipendenti dello Stato, tra i quali, evidentemente, sono da annoverarsi tutti i funzionari direttivi forniti di rappresentanza. Non sarebbero da comprendersi, invece, nella esclusione gli impiegati con attribuzioni meramente esecutive ed i salariati dello Stato. Simile tesi mi parrebbe fallace in diritto e pericolosa per le sue conseguenze. Ritengo, infatti, che l'estremo della rappresentanza non sia elemento necessario per integrare il concetto di organo. concepibile anche l'organo sfornito di rappres1:mtanza: questo agisce, tuttavia, per la persona giuridica Stato il quale non pu operare, se non per l'appunto, attraverso persone fisiche. L'elemento della rappresentanza pi rilevante nel campo dell'attivit di diritto privato dello Stato e nel campo, in qualche modo affine, dei contratti di diritto pubblico, in cui soltanto (e non sempre definitivamente) i dipendenti forniti di rappresentanza, o forniti di mandato speciale, possono impegnare giuridicamente lo Stato, ma, in pi lato senso, tutti i dipendenti dello Stato sono strett da un rapporto organico con il medesimo e, normalmente, dai loro atti discendono responsabilit per lo Stato, tranne i casi di responsabilit personale esclusiva degli impiegati, concepita la responsabilit della persona giuridica esattamente in questo caso come responsabilit diretta. Certo pi evidente l'assurdit di consentire lo sciopero ai capi e dirigenti delle amministrazioni dello Stato i quali siano forniti di rappresentanza di volont, ma si tratta sempre in ogni caso di rapporto organico tra Stato e suoi dipendenti tutti. Ammettere, d'altra parte, ad usufruire del diritto di sciopero esclusivamente talune categorie di dipendenti, quali ad esempio gli impiegati esecutivi o anche i soli salariati dello Stato, urterebbe sempre contro i principi di diritto posti, costituirebbe un privilegio non ammissibile a loro favore e sarebbe causa delle stesse perniciose conseguenze ed egualmente della paralisi della vita dello Stato, con grave disordine della compagine interna amministrativa. Alle stesse conclusioni giungerei, come ho pi sopra accennato, per i dipendenti delle aziende autonome dello Stato, degli enti autarchici minori -Regioni, Provincie e Comuni -seppure con argomentazioni in parte meno ferree, mentre ammetterei al diritto di sciopero i dipendenti delle aziende autonome provinciali e comunali a carattere industriale e i dipendenti degli altri enti pubblici inquadrabili sindacalmente perch esercenti un'attivit industriale o commerciale in regime di concor--renza. Per quanto concerne le sanzioni da introdurre nella legislazione allo scopo di reprimere il fatto illecito dello sciopero dei dipendenti statali e delle altre categorie di dipendenti pubblici ai primi -226 equiparabili, potrebbe sostenersi la giustificazione di un ripristino in questo settore di norme penali di repressione a carico degli scioperanti. Ma io, personalmente, penso che se pur sanzioni penali potrebbero essere consigliabili nei confronti dei promotori ed organizzatori dello sciopero, i maggiori e talvolta unici responsabili dell'infrazione al divieto che la legge dovrebbe porre, nei riguardi invece dei partecipanti allo sciopero potrebbe ritenersi sanzione sufficiente, repressiva e intimidatrice, un'adeguata punizione disciplinare, sempre che naturalmente, l'astensione collettiva concertata dall'ufficio, per le sue finalit e le sue modalit non integri gli estremi di reato previsto da altre disposizioni del Codice penale. Certo, d'altra parte che le sanzioni ora previste dalla legge sullo stato giuridico degli impiegati concernono un'ipotesi -l'assenza individuale ar bitraria dal servizio -ben meno grave della volon taria astensione collettiva la quale appare in netto contrasto anche con l'art. 98 della Costituzione che afferma i pubblici impiegati essere al servizio esclusivo della Nazione. Quanto, viceversa, alle garanzie specifiche da riconoscersi a favore di quei dipendenti, in sostituzione del diritto di sciopero, penserei, come pure ho gi accennato, che, a prescindere da una soluzione non contenziosa delle contese attraverso commissioni di conciliazioni o arbitrati volontari, per i dipendenti dello Stato non sarebbe configurabile che il ricorso all'organo superiore ad entrambe le parti contendenti e cio alla Corte Costituzionale. Oi sia che le contese tra Stato e suoi dipendenti vogliano considerarsi, come in realt parrebbe, un caso di conflitto tra organi di poteri diversi dello Stato -Parlamento cio e organi del potere esecutivo -sia che il confli~to stesso voglia considerarsi verificato tra organi dello stesso potere esecutivo, Governo e prestatori di opera suoi organi. L'attribuzione ai contratti collettivi della facolt di determinare retribuzioni e altre condizioni di lavoro con efficacia vincolante erga om. nes non rilevante per la questione giacch le amministrazioni dello Stato non inquadrabili sindacalmente, non potrebbero mai sottostare a quelle determinazioni, in nessun caso d'altronde irrevocabilmente vincolanti. Resterebbe sempre di competenza del Governo e, in definitiva del Parlamento, di stabilire attribuzioni e condizioni di lavoro del personale dipendente. L'unico rimedio contenzioso concepibile per le contese collettive fra lo Stato e i suoi dipendenti sarebbe perci, ripeto, quello gi adombrato del ricorso alla Oorte Costituzionale, da promuoversi, come ovvioi non gi dai singoli, bens dalle orga nizzazioni sindacali riconosciute. Penso che forse una simile particolare competenza della Oorte Costituzionale potrebbe essere inserita con legge ordinaria, trattandosi, in buona sostanza, di contemplare un caso di conflitti tra organi dello Stato, gi previsti dalla carta costituzionale. Meno difficile la configurazione di organi, anche a carattere contenzioso, per la soluzione delle contese collettive tra dipendenti degli enti autar chici territoriali e gli enti stessi giacch quegli organi potrebbero bene costituirsi -super partes -con rappresentanze tratte dai poteri dello Stato. b) 9. Serio problema quello dell'ammissione ovvero esclusione del diritto allo sciopero dei dipendenti di aziende pubbliche o private esercenti pubblici servizi. Se si eccettuano le aziende autonome statali esercenti servizi pubblici, per le quali si rafforza la ragione della esclusione dal diritto di sciopero secondo l'opinione gi da me pi sopra espressa, sono d'avviso, pur non dissimulandomi la gravit delle conseguenze, che alla soluzione affermativa -ammissione del diritto di sciopero debba, necessariamente pervenirsi. L'opposta soluzione, invero, incrinerebbe troppo profondamente il principio generale sancito dalla Costituzione che non lecito distruggere, senza che soccorrano, in questi casi, le ragioni giuridiche, insuperabili, le quali hanno condotto a negare il diritto di sciopero ai dipendenti dello Stato e degli enti autarchici territoriali. Troppo numerose sono le aziende pubbliche e private esercenti servizi pubblici della pi svariata natura e cos evanescente il concetto stesso di servizio pubblico, per consentire l'esclusione. In sostanza, e fu osservato in seno all'Assemblea Costituente, se volesse adottarsi un simile criterio di discriminazione dovrebbe finirsi con il negare, per identica ragione il diritto di sciopero a buona parte degli addetti ai lavori agricoli, i quali concorrono ad assicurare l'alimentazine pubblica, che certo l'esigenza prima da soddisfare nel pubblico interesse. Pacificamente, quindi, a mio giudizio il diritto di sciopero va ammesso per i dipendenti delle aziende esercenti pubblici servizi che non appartengono allo Stato. 10 . .A temperare la gravit delle conseguenze incalcolabili per la vita civile, la sicurezza e la salute pubblica derivanti dallo sciopero nei servizi pubblici occorrerebbe, tuttavia che l'esercizio di questo estremo rimedio venisse, per tale settore circondato da eccezionali cautele e precisamente: 10 da norme le quali, mediante turni obbligatori, anche modesti di personale assicurassero un minimo di funzionalit ai servizi, in concorso anche con l'adozione dei provvedimenti di cui al n. 2, nel supremo interesse della collettivit; 20 che gli scioperanti non potessero opporsi a quelle organizzazioni di emergenza, le quali, a mezzo di personale straordinario o militare coadiuvassero negli anzidetti turni di lavoro, per evitare la totale paralisi dei servizi. Non si tratterebbe gi di organizzazione del cosidetto e deplorato crumiraggio, bens di m1ziative da adottarsi, d'intesa con gli scioperanti o dai medesimi tollerate, le quali varrebbero 1Lnehe a non alienare le simpatie del pubblico per l'adozione ed il prolungamento eventuale dello sciopero, riducendone gli effetti dannosi sociali e civili, nei riguardi sopratutto delle classi umili di solito pi colpite. m ,ld!Hl m ,ld!Hl -227 c) 11. Limite oggettivo, al contenuto, cio, del diritto di sciopero, derivante anch'esso dalla rile . vata funzione e finalit economica dello sciopero, dovrebbe concretarsi nel divieto assoluto dello sciopero a carattere politico. Il divieto, evidentemente, per essere efficace dovrebbe accompagnarsi con una sanzione penale specifica, aggravata per i promotori dello sciopero. Va da s che, ove il ricorso a questa manifestazione di protesta collettiva, integrasse nelle sue finalit o nel suo esercizio, gli estremi di reato pi grave contro i poteri dello Stato, sarebbero da applicare le maggiori sanzioni previste dal Codice penale e che tale tipo di sciopero andrebbe colpito anche nelle sue forme dissimulate o attenuate di parziali interruzioni o di prestazioni dirette a turbare la regolarit del lavoro, certo meno gravi, ma sempre meritevoli di repressione in relazione al fine illecito che possono proporsi. Delicato, indubbiamente, talvolta il problema del riconoscimento del carattere politico dello sciopero, ma sufficiente la garanzia che la cognizione dei reati sempre affidata all'apprezzamento sereno ed obiettivo del magistrato penale. Altra limitazione oggettiva rappresentata dalla esigenza, insopprimibile, della tutela della libert del lavoro. Se da riconoscersi il diritto alla astensione collettiva dal lavoro fuor di dubbio che al singolo prestatore d'opera non pu farsi obbligo di una partecipazione allo sciopero decretato dalle organizzazioni sindacali e neppure -quando fosse considerato questo caso -deliberato per referendum da una maggioranza di prestatori d'opera. Il diritto soggettivo di sciopero va riferito come gi fatto presente, al singolo prestatore d'opera e non gi ad una qualsiasi organizzazione di lavoratori, bench riconosciuta dalla legge, n tali organizzazioni avrebbero titolo giuridico alcuno per costringere per le vie legali il lavoratore dissenziente a partecipare allo sciopero, costrizione neppure esercitabile da una qualsiasi maggioranza a danno di un singolo, senza palese violazione della libert individuale. Di qui la necessit anzi di garantire la libert del lavoro a coloro i quali, per diverso apprezzamento personale su la necessit, su la utilit o su la opportunit del ricorso a quell'estremo rimedio di forza rifiutassero di aderirvi. Conseguentemente impossibilit di attribuire allo sciopero quel carattere totalitario, per volont soltanto dei promotori, che rappresenta d'altronde spesso la ragione principale del suo insuccesso nelle controversie collettive. Naturalmente gli eventuali attentati alla libert del lavoro cadrebbero sotto le sanzioni del Codice penale, gi esistenti, concernenti la violenza privata (art. 610), senza bisogno quindi di creare sanzioni punitive nuove. d) 12. Circa le modalit o'l;bligatorie procedurali per il legittimo esercizio del diritto di sciopero, per qualsiasi ipotesi di ricorso a tale forma di autodifesa degli interessi dei prestatori d'opera, riterrei potessero cosi, principalmente, fissarsi: 1 per la proclamazione dello sciopero e per la sua cessazione, nella ipotesi che mancasse l'accordo fra tutte le organizzazioni sindacali o, quanto meno, fra quelle in complesso rappresentanti la maggioranza degli iscritti alle organizzazion~ ~tesse, dovrebbe -obbligatoriamente -richiedersi lo esperimento del referendum fra i prestatori d'opera interessati; 2 in tutti i casi di sciopero ammesso dalla legge dovrebbe essere prescritto il tentativo di conciliazione da esperirsi mediante arbitrato. L'inosservanza delle accennate prescrizioni, da inserirsi nella legge ordinaria, dovrebbe importare anch'essa sanzioni penali, forse da prevedersi soltanto a carico dei promotori ed organizzatori dello sciopero. In tal modo si ridurrebbe il numero di proclamazioni di sciopero o di prolungamenti dei medesimi, a vantaggio della efficienza di questa arma divenuta legittima nella maggioranza dei casi, ma tuttavia insidiosa per l'economia collettiva e per la pace sociale. FERDINANDO ROCCO BIBLIOGRAFIA Numerosi gli studi monografici e gli articoli sul reato di sciopero nella letteratura giuridica fascista e assai pi numeroai quelli sul diritto di sciopero secondo la nuova Costituzione italiana. Del diritto di sciopero si occupano anche commenti e scritti su la Costituzione italiana. Non presumo di offrire al lettore una bibliografia completa, tanto questa ricca, ma mi limito a ricordare parecchi scritti, indicati per autori in ordine alfabetico, in grande prevalenza italiani per il maggiore interesse che per il nostro ordinamento giuridico presentano: AM:oRTH .ANTONIO: La Costituzione Italiana. Milano, Giuffr, 1948, pag. 50. ARDAU GIORGIO: Limiti entro i quali i lavoratori esercitano un diritto ai sensi dell'art. 51 C. P., in "Giurisprudenza Italiana, 1952, P. I, Sez. 2a, col. 127; Lo sciopero non reato n giusta causa di risoluzione del contratto a tempo determinato, in Giurisprudenza Italiana>>, 1951, P. I, .Sez. 2a, col. 299; Requisiti attuali dello sciopero legittimo, in "Giurisprudenza Italiana , 1952, P. I, Sez. la, col. 321. BALLADORE-PALLIERI: La nuova Costituzione Italiana. Milano, Marzorati, 1948, pag. 50. BASCHIERI n'ESPINOSA E GIANNATTASIO: La CostituZIONE Italiana. Commento analitico. Firenze, Noccioli, 1949, pag. 212 e segg. BARATIERI PAUL: Du droit de grve en Grande Bretagne. "Revue de droit public de la science politique , 1951, n. l, pag. 165. BATTAGLINI ERNESTO: I mezzi di autodifesa e di azione diretta nella crisi di regolamentazione collettiva dei rapporti di lavoro, in "Foro Padano'" 1951, P. IV, pa gina 101. BERRUTI ADALBERTO: Il diritto di sciopero e i suoi limiti, in "Idea, 1951, n. 12, pag. 664. BozzINI FRANCO: Sciopero e serrata, in <>, 1951, disp. 11, P. III, col. 161. GIANNINI AMEDEO: Serrata e sciopero negli ordinamenti italiani, in cc Rivista di Politica Economica>>, 1952, pag. 425. LEVI ALESSANDRO: Il diritto di sciopero, in cc Commento sistematico alla Costituzione Italiana>>, Barbera, 1950, pag. 461. LYON-CAEN GRARD: Il diritto di sciopero e il contratto individuale di lavoro, in cc Rivista Giuridica del lavoro >>, 1952, fase. II, P. III, pag. 53. MALINVERNO RENATO: Il diritto di sciopero e lo sciopero dei dipendenti pubblici, nel giornale cc Il Tempo del 30 dicembre 1953 e io gennaio 1954. MICELI GIUSEPPE: Il diritto di sciopero e la Costituzione, in cc Diritto del lavoro, n. 9 e 10, P. II, pag. 367. MICELI ROSARIO: L'art. 502 Codice Penale stato abrogato dall'art. 40 della Costituzione, in cc Diritto del lavoro>>, 1952, 7, 8, P. III, pa.g. 257. MIMIN PIERRE: La grve enca.dre. cc Reoueil Dalloz , 1952, n. 33, cc Chronique >>, pag. 125. MoLITOR ERICH: Concetti e limiti dello sciopero secondo l'ordinamento tedesco, in cc Diritto del lavoro>>, 1953, n. 1 e 2, pag. 3. Rocco ARTURO: Diritto o delitto? A proposito dello sciopero nei servizi pubblici, in cc Idea Nazionale. 30 gennaio 1920. SANTORO-PASSARELLI FRANCESCO: Autonomia collettiva, giurisdizione, diritto di sciopero, in cc Rivista Italiana per le scienze giuridiche>>, 1949, pag. 138. STENDARDI G. G.: Idee chiare sul diritto di sciopero, in cc Foro Padano>>, 1952, IV, pag. 153; Legittimit dello sciopero secondo la Costituzione, in cc Foro Padano, 1951, P. I, col. 133. TABARELLI MARIO: Il diritto di sciopero, in cc Montecitorio , marzo 1953. NOTE DI DOTTRINA ................................................................................................................... MARIO NrnRo: Le decisioni amministrative. (Jovene, p. 153). Il Nigro, che accomuna con opportuno equilibrio le due qualit, di studioso e di pratico del diritto amministrativo, prende lo spunto da uria serie di procedimenti contenziosi, il cui numero andato via via aumentando in questi ultimi tempi, per esaminare la natura dei provvedimenti, che chiudono quei proedimenti e che egli definisce cc decisioni . Il problema di grande interesse, anche in relazione alla VI disposizione transitoria della Carta costituzionale, che, per, a nostro avviso, va interpretata in senso difforme da quello, cui sembra aderisca l'autore. Il termine di cinque anni previsto dalla citata disposizione meramente ordinatorio, come ha avuto occasione recentemente di confermare la Corte di Cassazione e, comu'nque, le giurisdizioni speciali esistenti debbono essere revisiona~e, ma non necessariamente soppresse. Anche la revisione, per, impone che siano distinti nettamente gli organi di giurisdizione speciali dagli organi contenziosi non giurisdizionali. La difficolt di questa distinzione a tutti nota e per pi di un organo si discusso, in questi ultimi tempi, della natura giuri'sdizionale o amministrativa della sua attivit. .Ai molti es;empi addotti dal. Nigro dovrebbe aggiungersi quello del Ministro, che decide sui ricorsi in materia di revisione dei prezzi degli appalti di opere pubbliche e delle pubbliche forniture. .A queste decisioni stato riconosciuto, anche di recente, il carattere giurisdizionale. Il .Nigro ricerca, appunto, il criterio di discriminazione fra attivit amministrati'va e giurisdizionale ed esattamente afferma che n l'esistenza di una lite, n lo sviluppo del procedimento in forma contenziosa sono elementi sufficienti per far affermare la natura giurisdizi'o'nale dell'attivit e della deci.sione. Non riteniamo, per, di poter concordare sulla affermazione che possa esservi giurisdizione anche senza lite. L'esistenza di una contesa a nostro avviso, condizione necessaria, anche se non suffi~ ciente per l'esistenza della giurisdizione. Neppure il contraddittorio pu essere assunto come criterio di discriminazione; ma non ci sembra che sia da respingere, come fa il Nigro, il criterio sostenuto dal Guicciardi, il quale distingue fra il contraddittorio giudiziario, diretto a garantire l'uguaglianza delle parti davanti al giudice, e quello contenzioso amministrativo, che principalmente diretto a consentire il migliore svolgimento dell'azione amministrativa. Il suddetto criterio non ci sembra molto lontano da quello adottato dal Nigro, il quale pone in luce come la giurisdizione sia esercitata dallo Stato nell'interesse dei terzi litiganti e l'amministrazione contenziosa dello Stato anche (direi soprattutto) nel proprio in1Jeresse. La sentenza assolve il suo compito dicendo ius; la decisione amministrativa, invece, rappresenta una fase dello svolgimento dell'azione amministrativa. .Al rapporto fra l'atto e gl'interessi, che ad esso sono collegati, fa riscntro la diversa natura e le diverse finalit del contraddittorio. Quello contenzioso non giurisdizionale tende immediatamente a fornire all'amministrazione utili elementi di giudizio per le proprie determinazioni e solo mediatamente ad assicurare alle parti una tutela dei propri interessi. N riteniamo di poter aderire alla tesi esposta nel testo, scorldo la quale l'attivit giurisdizionale non pu essere affidata che ad organi indipendenti. Il principio non trova fondamento nel diritto vigente e l'inverso perfettamente ammissibile: ad un organo indipendente (giurisdiziOnale) pu ben essere affidata ed in concreto affidata un'attivit amministrativa. Il principio affermato ci sembra pi politico che giuridic'o . Premessa la distinzione fra attivit giurisdizionale e attivit amministrativa, il Nigro esamina, tentando di ridurli ad unit, i concetti di procedimento contenzioso e organo contenzioso. In ordine al p'rimo concetto debbono farsi molte riserve: i procedimenti contenziosi attualmente vigenti sono numerosi e dissimili, per cui molto difficile, se non impossibile, trarre dei principi generali, n ad essi possono ap'plicar'si per alnalogia i principi del contradittorio giurisdizionale, che sostanzialmente diverso e, come s' vistO, tende a fini diversi. N sembra potersi affermare che ogni vizio, sia pure essenziale, del procedimento si traduca in vizio della decisione. Questo effetto pu riconoscersi solta.n:to ai vizi del procedimento che abbiano influito sU:Ua decisione. -230 A proposito della legittimazione dell'organo contenzioso riteniamo che sia decisamente da respingere la teoria della incompatibilit presunta, adottata in analogia coi principi, che regolano l'astensione e la ricusazione del giudice. Esattamente ritiene il Guicciardi che, mancando un principio generale, debba ritenersi sussistere la incom'Patibilit soltanto quando sia espressamente prevista. N l'incompatibilit presunta pu ricondursi all'eccesso di potere sintomatico, che, comunque, un vizio della causa e non attie'ne alla legittimazione dell'organo. Le conseguenze aberranti di questa teoria non potevano sfuggire all'ingegno acuto dell'autore, che, infatti, ne limita l'applicazione agli organi collegiali. La ricusazione del Prefetto o del Ministro un assurdo logico, prima che giuridico. Sulla definizione della categoria abbiamo qualche perplessit, sembrando piuttosto equivoco il termine decisione. Attraverso il procedimento contenzioso, infatti, l'Amministrazio'ne si determina o, come dice il Gian'nini M.S., attua la determinazione del voluto, ma non decide una controversia. Il Nigro, seguendo altri autori, ne fa una sottospecie degli accertamenti e pi precisamente della sp'ecie accertamenti in senso giuridico, in contrapposto agli accertamenti in senso storico. Riprendendo l'analogia del cont'radittorio, l'autore fa rientrare in questa specie anche la sentenza di accertamento, ma questa ha efficacia obiettiva; la decisione amministrativa, invece, ha effetto solo per l'Amministrazione, .e perci, si diversifica anche dal negozio giuridico di accertamento, che diretto a terzi estranei al dichiarante. Decisamnt'e da respingere, poi, ci sembra la affermazione della natura vincolata delle decisioni. Pu parlarsi di un loro effetto vincolante, ma innegabile la natura discrezionale e a volte tecnicamente discrezionale dell'accertamento contenuto nella decisiohe. A nostro avviso il procedimento contenzioso non idoneo a dar luogo a'd una categoria autonoma di atti. La d'ecisione la determinazione del contenuto dell'atto amministrativo; essa pu essere il frutto di un procedimento Iolgico non contenzioso, secorrdo la difficolt e la delicatezza della situazione da acc~rtare, ma non muta natura per la diversit del procedimento adottato. Il Nigro, poi, costretto a distinguere fra decisioni preliminari e finali ed attribuisce alle prime l'effetto di conlferire all'Amministrazione il potere di provvedere, donde la loro efficacia costitutiva. Riteniamo, invece, che il potere sia attribuito ali' Amministrzione dalla legge e che la decisioneaccertamento sia soltanto un presupposto di legittimit del provvedimento. La decisione non legge per l'Amministrazione pi di quanto la determinazione cosciente del volere lo sia per il singolo, entrambe sono espressioni di autonomia, mentre il comando eteronomo. Sulla differenziazione delle decisioni dai pareri concordiamo con l'Autore, ma la questione prin cipalmente terminologica dal momento che il Nigro esclude dalla categoria dei .pareri quelli vincolanti, che effettivamente non sono pareri, ma determinazione del contenuto dell'atto amministrativo. Non ci sembra, per, che tale differenziazione pos'sa fondarsi suira presenza o meno del procedimento contenzioso. La distinzione fra decisione e deliberazione ci sembra, poi, non del tutto esatta, trattandosi di termini n:on omogenei. Il Nigro esamina poi vari tipi concreti di decisioni, finali e preliminari. Fra le prime il decreto del Presidente della Rpubblica su ricorso straordinario, che il Nigro ritiene ammissibile, ma di scarsa importanza dopo l'entrata in vigore della Carta costituzionale, che assicura la piena tutela giurisdizionale contro tutti gli atti amministrativi, ivi compreso il decreto presidenziale in esame (cfr. sull'argomento: Rass. Avv. , 1948, 10 1; 1951, 39; 1953, 1 e segg. infra pag. ). Fra le seconde il Njlgro colloca gli accertamenti fiscali e le decisioni delle Commissioni tributarie, In proposito non possiamo che dissentire dalle tesi esposte nel testo e riaffermare la n:tura giurisdizionale delle deicisioni delle Commissioni e l'effetto non vincolante dell'accertamento non giurisdizionale, an'corch concordato. L'accertamimto, di ufficio o su denunzia, ha effetto dichiarativo, il debito sorge nel momehto in cui si verificano i presupposti e l'accertamento non ha altro scopo che di renderlo liquido. A proposito della forma delle decisioni il Nigro afferma ch'esse debbono essere adottate nella sede dell'organo e comunicate o notificate al privato. N l'una n l'altra esigenza risultano dalla legge. Lo stesso riteniamo si pos'sa dire degli accidentalia negotii, che, secondo l'autore, non possono essere contenuti in una decisiooe. N ci sembra che possa affermarsi il principio, sia pure tendenziale, dell'impugnabilit delle decisioni in via autonoma. Tale principio potrebbe ammettersi soltaJJ.to per le decisioni finali, per le altre la lesione dell'interesse verificandosi soltanto con l'emanazione del provvedimento finale. . Non pu, infatti, contestarsi che la decisione preliminare sia vincolante solo quanto al contenuto dell'atto, salva all'Amministrazione la facolt di provvedere o meno. G. GUGLiiELMI La giurisprudenza amministrativa nel periodo 19351950. (Roma, Istituto Poligrafico dello Stato, .. 1952). Sotto questo titolo stato pubblicato il repertorio della Rivista amministrativa della-Re.p.bblica Italiana , di cui appare superfluo mettere in rilievo la importanza come strumento di lavoro e di consultazione. La giurisprudenza raccolta nel volume presentata con un opportuno contemperamento del B:iiddl iilim:lil:ii:~+&&&P: -231 criterio alfabetico con quello sistematico; indici parzill.li molto ccurati rendono agevole la consultazione delle voci pi importanti. Nel volume in esame non ci si limita solo a segnalare la giurisprudenza amministrativa ma anche la legislazione e le circolari pi notevoli. Sicch pu concludersi che si tratta di un'opera indispensabile per chiunque si occupi del diritto amministrativo sia come studioso che come professionista. N. PAPALDO: Codice delle leggi sanitarie. (A. Giuffr, Milano, 1952). Nella preziosa collezione legislativa diretta da Guido Zanobini ora comparsa, per la prima volta anche questa raccolta delle leggi sanitarie, curata, sotto la guida del prof. Papaldo, da una schiera di funzionari particolarmente esperti nella materia. Il metodo di presentazione delle leggi quello seguito anche negli altri codici pubblicati nella collezione; cos come sono ugualmente esaurienti ed accurati gli indici analitici, cronologici e sistematici che sono in calce al volume. Oltre alle leggi ed ai regolamenti sono riportate nel volume anche le ordinanze ministeriali e del1' A.'O.I.S. sicch si ha un panorama completo di tutta la veramente imponente mole di disposizioni normative che regolano questa complessa materia. A. V. WENEDIKTOV: La propriet so.cialista dello Stato. (Ediz. Einaudi, 1953). Dopo la pubblicazione del libro dello Schlesinger, su la Teoria del Diritto nell'Unione Sovietica Einaudi, 1952 ora comparsa questa opera del W. che riguarda l'istituto certamente pi importante del diritto sovietico. , infatti, evidente che la disciplina giuridica della propriet socialista dello Stato alla base di tutto l'ordinamento dello Stato sovietio, in quanto la differenza essenziale che sussiste tra l'ordinamento economico socialista e tf_uello capitalista sta proprio nella titolarit del diritto di propriet. Questa differenza salta immediatamente agli occhi fin da un primo sguardo all'indice stesso del libro del W.., dal quale risulta che sono trattati nell'opera i'stituti che, secondo le nostre concezioni giurdiche, non fanno assolutamente parte del diritto di propriet, (persone giuridiche, organi dello Stato) mentre sono completamente assenti istituti che tradizionalmente rientrano nello studio di tale diritto (ad es: servit, jura in re aliena, ecc.). Il W. imposta tutto il suo studio su una definizione del diritto di propriet che egli ritiene applicabile a tutti gli ordinamenti economici e giuridici; secondo W., invero, il diritto di propriet il diritto di usare dei mezzi di produzione in virt di un potere proprio e nel proprio interesse sulla base del sistema di rapporti classisti dominanti in quella data societ. Il W. aggiunge che questa definizione obbliga cc quando si vogliono analizzare le forme di propriet particolari ai vari sistemi giuridici a stabilire: 1 nel potere di chi si trovano i mezzi di produzione e 2 nell'interesse di chi essi vengano goduti>>. Posta questa premessa, ne discende logicamente che la parte pi importante del libro quella nella quale il W. si occupa della organizzazione da parte dello Stato, unico titolare della propriet socialista, dell'esercizio del potere spettantegli sui beni come prprietario. Lo studio di tale organizzazione implica, anzitutto, lo studio degli organi dello Stato ai quali dall'ordinamento sovietico affidata la titolarit dell'esercizio del diritto di propriet. Questi organi sono tutti persone giuridiche, s che, a differenza del nostro diritto nel quale la personalit degli organi dello Stato un'eccezione, nel diritto sovietio tale personalit, almeno per quegli organi che sono incaricati dell'esecuzine di compiti statali di carattere economico (esecuzione del Piano), costituisce la regola. Il W. definisce tali organi come cc una collettivit di operai e impiegati organizzata d,al11> Stato, avente a capo un dirigente responsabile, che lo Stato incarica della esecuzione di determinati compiti statali e al quale esso conferisce, per la esecuzione di questi compiti, una parte del fondo unitario oggetto della prdpriet dello Stato >>. Questa definizione del W. ha dato origine a vivaci discussioni nella scienza giuridica sovietica e pu dirsi che la maggioranza degli'rfscrittori ed anche il pensiero ufficiale dell'Istituto di Scienze giuridiche siano contro la tesi dell'A. Di tali discussioni si pu avere un'informazione abbastanza completa per mezzo di articoli pubblicati sulla rivista cc Stato e Diritto Sovietfoo (1952, n. 6 e 10). Ma l'interesse della trattazione da parte del W. del prdblema delle persone giuridiche sta, in modo particolare, nel fatto che egli giunge alla sua definizione attraverso un accurato esame del diritto compa~ato (specialmente autori tedeschi e francesi); ed attraverso le critiche che egli muove alle tesi di tali autori che ci si pu rendere conto abbastanza chiaramente della diversit di concezione tra la scienza giuridica sovietica e la scienza giuridica dei paesi a diverso ordinamento. Un altro istituto trattato dal W. con particolare accuratezza e che presenta anche per noi un notevole interesse pratico, quello della tutela del diritto della propriet socialist dello Stato, e particolarmente della tutela del possesso. Questo istituto impostato su due presupposti fondamentali, assolutamente peculiari al diritto sovietico e incompatibili con il nostro ordinamento giuridico: 1 la presunzione di propriet a favore dello Stato e non a favore del possessore; 2 la inesistenza dell'istituto dell'usucapione. Anche nella trattazione dell'istituto del possesso il W. compie un accurato esame del diritto compa--rato mettendolo in relazione con le norme del diritto sovietico e, soprattutto, con l'interpretazione che di tali norme d la giurisprudenza del c.d. cc Arbitrato di Stato , unico organo giudiziario competente a decidere delle vertenze tra imprese statali. ::illf.OOf$ii -232 appena il caso di rilevare come la summa divisio tra i beni, secondo il diritto sovietico, non sia quella tra beni mobili e beni immobili, ma tra mezzi fissi e mezzi circolanti, i quali ultimi soltanto sono suscettibili di divenire oggetto di contratti di compravendita tra le imprese che ne hanno la gestione. Anche alla disciplina giuridica dei contratti il W. dedica una parte, sia pure non notevole, del suo trattato, ma non pu dirsi che in proposito egli abbia delle idee molto precise e che, comunque, apporti un contributo notevole alla risoluzione della questione, vivacemente dibattuta nella scienza sovietica, circa la natura giuridica di tale contratto. (Si veda in proposito in qiles't Rassegna, 1952, p. 132-134). Larga parte dell'opera poi dedicata ad infor" mazioni di carattere storico-giuridico sulla evoluzione della disciplina del diritto di propriet socialista dello Stato dal 1917 in poi. A.S. RACCOLTA DI GIURISPRUDENZA AMMINISTRAZIONE PUBBLICA Atti diretti alla tutela dei beni patrimoniali -Azione possessoria Proponibilit. (Corte di Cass., Sez. Un., Sent. numero 1980/53 -Pres.: Anichini; Est.: Moscati; P. M.: Macaluso -Amministrazione finanziaria contro Della Rosa). Gli atti della Pubblica Amministrazione diretti alla tutela dei beni patrimoniali, esulano dalla sfera delle attribuzioni di carattere amministrativo, non integrano cio l'esplicazione di un'attivit autoritaria amministrativa, con la potest di comando, come avviene nel campo della difesa dei beni demaniali, bens, per la materia cui si riferiscono e per l'oggetto che di questa forma il substrato, devono trovare attuazione nell'orbita del diritto privato e pertanto non sono assistiti da forza coattiva. Di conseguenza, l'Ente pubblico non autorizzato a portare ad esecuzione la sua volont con mezzi propri e coercitivi nei confronti di subietti che, quale che sia la pretesa di loro diritti per la conservazione del possesso di tali beni patrimoniali, trovansi in una situazione di fatto della quale non possono essere privati se non iussu iudicis. La Corte di Cassazione, confermando il principio ormai consolidato della proponibilit dell'azione possessoria contro la Pubblica Amministrazione quando la stessa agisca iure privatorum negato ad essa ogni potest di diritto pubblico relativamente alla tutela dei beni patrimoniali. Nonostante l'ormai avvenuto consolidamento della giurisprudenza sul primo principio, .non possiamo accettare le tesi accolte dalla Suprema Corte su entrambi i punti decisi. Come si ebbe gi occasione di precisare (cfr. Rassegna Avvocatura, 1951, p. 88) il limite imposto dallo art. 4 della legge 20 marzo 1865 all. E, ribadito dallo ultimo comma dell'art. 113 della Carta costituzionale, sussiste anche quando la Pubblica Amministrazione agisca iure privatorum; sussiste detto limite senza alcun dubbio, quando la Pubblica Amministrazione, come nella specie, agisce iure publico, sia pure fuori della sfera delle sue attribuzioni, essendo inconcepibile per il principio della divisione dei poteri, che il giudice si sostituisca all'Autorit amministrativa e ne revochi l'atto, sia pure illegittimo o illecito. Se una tale illiceit sussista, se, cio, abbia leso diritti soggettivi altrui, il giudice potr conoscere degli effetti dell'atto, ma non potr sospenderlo o revocarlo, come invece avviene in sede di azione possessoria. Ma, soprattutto, non possiamo concordare sul secondo principio, che nega alla Pubblica Ammini strazione ogni potere pubblico in ordine alla tutela dei beni patrimoniali, sia pure disponibili. Se la legge attribuisce alla Pubblica Amministrazione il potere di disporre della propriet privata, quando ragioni di pubblico interesse lo richiedano, non si vede perch dovrebbe negarsi un potere analogo e naturalmente pi lato relativamente ai beni patrimoniali propri della pubblica amministrazione. Questo potere, si noti, espressamente regolato dalla legge per quanto attiene alla riscossione delle entrate di diritto patrimoniale. N le norme del T. U. del 1910 possono considerarsi eccezionali; esse disciplinano l'esercizio di un potere, la cui esistenza si evince dai principi generali dell'ordinamento giuridico. L'argomento a-contrario, che si vorrebbe ricavare dalla norma contenuta nell'art. 823 O. O., non convince affatto. Gol riconoscimento espresso che alla sola Autorit amministrativa spetta la tutela dei beni demaniali e con la precisazione che anche in questo caso. di attribuzione esclusiva l'Autorit pu valersi dei mezzi ordinari a tutela della propriet o del possesso non si volle certo negare che un analogo potere avesse la Pubblica Amministrazione relativamente ai beni patrimoniali. V' di pi: pacifico che anche rispetto a detti beni, specialmente se appartenenti al patrimonio indisponibile, possano instaurarsi rapporti di diritto pubblico. Si pensi, ad esempio, alle concessioni forestali e minerarie, espressamente previste dalla legge, alle concessioni di alloggi di servizio ed in genere a tutti i rapporti, che sorgono, relativamente a beni patrimoniali, per il soddisfacimento di pubblici interessi. In questi casi innegabile il potere pubblico della Amministrazione, che rivolto non tanto alla tutela della propriet e del possesso del bene patrimoniale, quanto alla tutela del servizio ed al soddisfacimento di pubblici interessi. Confidiamo, pertanto, in un riesame della questione da parte della Corte di Cassazione, almeno limitatamente al secondo principio affermato. G.G. AMMINISTRAZIONE PUBBLICA Rappresentanza della P. A. Vocatio in jus Indicazione di un or gno diverso da quello che ha la rappresentanza dell'ente Nullit insanabile. (Corte di Cass., Sez. Un., Sent. n. 1583/53 -Pres.: Galizia; Est.: Gionta; P. M.: Eula -Ministero Lavori Pubblici e Gridi contro I.A.C.P., Bari -Corte di Cass., Sez. Un., Sent. n. 1804;/53 -Pres.: Anichini; Est.: Gionta; P. M.: De Martini -Ministero Lavori Pubblici contro De 'Cagno). Per la chiamata in giudizio dell'Amministrazione indispensabile l'indicazione inscindibile della amministrazione medesima e dell'organo che ne ha la rappresentanza. -234 L'indicazione di un organo diverso (nella specie citazione del Ministero dei Lavori Pubblici in persona del capo di un ufficio del Genio Civile, anzich del Ministro) produce la nullit insanabile della vacatio injus, n soccorre all'uopo il fatto che sia stata con esattezza nominata l'amministrazione che disimpegnava quel ramo di attivit nell'ambito del quale sorta la controversia o la circostanza che si sia costituita in giudizio l'Avvocatura dello Stato, la quale esercita soltanto lo jus postulandi. Le decisioni annotate hanno riconfermato un principio pacificamente ammesso da una giurisprudenza ormai consolidata, secondo il quale la violazione degli articoli 163 e 164 O.p.c., per le persone giudidiche in genere, e dell'art. 11 del T. U. 30 ottobre 1933, n. 1611, per l'Amministrazione dello Stato, che prescrivono che l'atto di citazione per la chiamata in causa delle persone giuridiche deve contenere, a pena di nullit, l'indicazione dell'organo o ufficio che ne ha la rappresentanza in giudizio, importa l'invalidit del rapporto processuale. E stato espressamente riconfermato che quella sanzione di nullit, insanabile perch attiene alla sostanza e al contenuto dell'atto di citazione, ha vigore non solo nei confronti dello Stato, ma anche di tutte le persone giuridiche in genere; che non sufficiente per la costituzione del rapporto processuale il fatto che sia stata con esattezza indicata e chiamata in giudizio la amministrazione che disimpegna quel ramo di attivit nell'ambito del quale sorta la controversia; che la lacuna non colmata neanche dalla costituzione in giudizio dell'Avvocatura dello Stato, la quale disimpegna soltanto la jus postulandi e il patrocinio della pubblica amministrazione. E, questa, come si detto, una giurisprudenza costante: ma l'importanza delle decisioni in esame sta nell'avere risolto una perplessit che in taluni aveva determinato la sentenza n. 1657 del 1949 delle stesse Sezioni Unite, con la quale era stata respinta l' eccezione di difetto di costituzione del rapporto processuale per erronea designazione dell'organo cui devoluta la rappresentaznza del Gran Magistero dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro. Avevano affermato le Sezioni Unite, in quella circostanza, che la rappresentanza di diritto di alcuni enti pubblici, spettante senza bisogno di mandato all'Avvocatura dello Stato, e in concreto assunta merce la sostituzione in giudizio, sana le eventuali irregolarit incorse nella designazione dell'organo della persona giuridica pubblica che nell'atto giudiziale si qualifica erroneamente rappresentante dell'ente, quando non vi sia dubbio sull'indentit dell'ente pubblico che sta in giudizio e non si esigano speciali autorizzazioniper le liti attive e passive. L'oggetto di quel giudizio non aveva nulla a che fare con la materia in esame e con gli articoli 163 del O.p.c. e 11 del R.D. n. 1611 del 1933, perch l'errore nella designazione dell'organo si era prodotto nei confronti della giuridica attrice (rectius, nella specie ricorrente) e non di quella convenuta, e, non riguardando la chiamata in causa del convenuto, non impediva la regolare costituzione del rapporto process'u. ale. Non tutti per avevano compreso e qualche decisione di giudici di merito aveva fatto applicazione di quei principi nel diverso caso in cui l'erronea desi gnazione dell'organo riguardava la persona giuridica convenuta in giudizio. Molto opportunamente, quindi, le Sezioni Unite hanno ora chiarito che non vi contrasto tra le diverse pronuncie, dovendosi distinguere quel caso, in cui l'indicazione dell'organo, divergente dalle norme statuarie, era contenuta solo nel ricorso per cassazione proposto nell'interesse dell'ente stesso, dagli altri in cui riguarda l'ente convenuto. La sentenza n. 1583/53 non si per arrestata a questo chiarimento, opportuno perch anche i meno avvertiti potessero comprendere nel loro giusto significato alcune espressioni forse un po' equivoche della sentenza n. 1657 del 1949, ed ha aggiunto che non si pu escludere che anche per le amministrazioni statali possa ricorrere qualche singolo caso in cui l'entit della deviazione, per essere di minima importanza, possa consentire sanatoria anche nell'ambito dei principi generali. L'affermazione appare corretta, perch collegando con l'anche le amministrazioni dello Stato con gli enti pubblici considerati nella decisione del 1949, ha voluto chiarire che anche per le amministrazioni statali vale il principio che, mentre l'erronea indicazione dell'organo rappresentante l'amministrazione sta tale convenuta importa senz'altro la nullit della citazione, nel caso in cui l'azione non sia stata promossa dalla stessa Amministrazione, il successivo comportamento processuale di essa, attraverso la co~ stit1tzione in giudizio, sana l'errore in cui si sia eventualmente incorsi nell'atto introduttivo. In questo senso si pu intendere il significato di una sanatoria nell'ambito dei principi generali, determinata dall'entit della deviazione; ma sarebbe stato pi opportuno che per esprimere quel concetto si fossero adoperate parole pi precise e meno generiche, onde evitare che anche a questa affermazione, come alla precedente, possa essere dato un diverso pi ampio significato da qualche lettore meno avvertito. s.v. IMPIEGO PUBBLICO -Impiegato statale -Aspettativa -Licenziamento per decorso periodo massimo Eccesso di potere. (Cons. di Stato, Sez. IV, n. 821, 23 set,tembre 1953 -Capizzi contro Ministero Africa Italiana). Incorre in eccesso di potere per manifesta contraddittoriet l'Amministrazione che pretenda licenziare un impiegato per decorso del termine massimo di aspettativa previsto dalla legge, dopo aver dimostrato decorso tale termine, di considerare tuttora in corso il rapporto. Il principio affermato dal Consiglio di Stato troppo grave perch possa essere lasciato sotto silenzio. L'Amministrazione ha posto in aspettativa un funzionario, decorre il termine per l'aspettativa: l'Amministrazione per benevolenza o 'per omissione non procede a dichiarare la risoluzione del rapporto, ma cerca di sistemare il funzionamento altrove. E chiaro che in tal modo l'Amministrazione, sia pure per ragioni di equit, non rispetta la legge: non fa, cio, uso di un potere vincolato. TI ml! -235 Sorgono allora spontanee due domande pu il Consiglio di Stato censurare per eccesso di potere, qualsiasi sia la ragione addotta, l'uso da parte della Amministrazione di un potere vincolato? Evidentemente non perch l'eccesso di potere riguarda soltanto l'uso del potere discrezionale e non pu investire l'uso del potere vincolato tassativamente dalla legge. Ora la manifesta contraddittoriet non che una figura dell'eccesso di potere. In tal caso anzi, il Consiglio di Stato ha violato i limiti della sua giurisdizione con chiaro eccesso di potere giurisdizionale. Pu il Consiglio di Stato ordinare, per qualsiasi motivo, alle Amministrazioni di non .rispettare la legge o deve in ogni caso ritenere illegittimo il comportamento della Amministrazione contrario alla volont della legge~ Anche qui la risposta facile: se da un lato c' l'applicazione della legge e dall'altro un comportamento della Amministrazione che la viola non pu darsi valore al comportamento illegittimo per render.e inapplicabile la volont della legge in quanto in contrasto con esso. Ma tale comportamento deve essere considerato illegittimo e quindi irrilevante. La contraddizione, perchi non c' perch il comportamento illegittimo non pu avere alcun effetto. Manifesta contraddittoriet pu esservi infatti, solo tra due provvedimenti discrezionali legittimi. Si tratta di principi chiari e che si dovrebbero ritenere pacifici. evidente che il Consiglio di Stato stato indotto da suggerimenti equitativi a superarli; ma siamo convinti che la decisione non potr non restare isolata. IMPOSTE E TASSE -Decisione definitiva della com missione centrale -Impugnabilit immediata Ricorso per Cassazione Ammissibilit. (Corte di Cass., Sez. Un., Sent. n. 1911/53 -Pres.: Galizia; Est.: Tavolaro; P. M.) Eula -Comune Brescia contro Finanze). Contro la decisione della Commissione centrale dell~ imposte -che, dichiarata l'assoggettabilit di un reddito a tributo, rimetta gli atti all'Ufficio accertatore perch proceda a liquidazione in base a criterio diverso da quello precedentemente adottato - immediatamente proponibile ricorso per Cassazione senza preventiva osservanza della norma del solve et repete, ove, nel frattempo, non sia intervenut,a la predetta nuova liquidazione del tributo medesimo. I. -Riportiamo il testo della motivazione di questa importante decisione delle Sezioni Unite, che investe una questione di massima: Questione preliminare, prospettata, nella discussione orale dal P.M. -e dall'Avvocatura dello Stato e rilevabile peraltro di ufficio appunto perch investe le proponibilit della domanda e quindi la giurisdizione dell'autorit giudiziaria, quella; se, dichiarata dalla Commissione centrale delle imposte l'assoggettabilit di un determinato reddito alla imposta (nella specie: di manomorta) e rimessi dalla stessa Commissione gli atti allo Ufficio accertatore, perch proceda alla liquidazione della imposta in base a criterio diverso da quello precedentemente adottato, possa il contribuente contro tale decisione proporre ricorso all'Autorit giudiziaria, per far dichiarare l'imposta non dovuta o non debba invece, per poter spiegare l'azione giudiziale, attendere che sia nuovamente liquidata l'imposta in via amministrativa, e cio determinato nuovamente il quantum debeatur allo Stato. Pur riconoscendo la delicatezza della proposta questione, non esita il Supremo Collegio ad affermare che essa deve essere risolta nel senso che detta decisione da considerare definitiva, in quanto chiude il giudizio presso la Commissione centrale, e che contro la decisione senz'altro proponibile il ricorso ali'Autorit giudiziaria. Invero il R.D. 7 agosto 1936, n. 1639, sulla riforma degli ordinamenti tributari, dopo avere (art. 28) demandato alle Commissioni tributarie la risoluzione in via amministrativa delle controversie relative all'applicazione dell'imposta di registro, di successior1re e in surrogazione, di manomorta e ipotacarie , dispone all'art. 29 che tutte le controversie relative all'applicazione della legge sono decise in primo grado dalle Commissioni proviniali e in secondo grado dalla Commissione centrale, cc salvo il ricorso all'Autorit giudiziaria nei modi e nei termini stabiliti dalle vigenti leggi. E, mentre l'articolo 36 dt3l R.D. 30 dicembre 1923, n. 3271, dichiara, per la riscossione della imposta e per il modo di decidere le controversie in materia, applicabile le disposizioni della legge di registro, l'art. 146 di detta legge (nel suo testo sostituito con R.D. 13 gennaio 1936, n. 2313) dispone che in tutte le controversie cc riguardanti le tasse e le sopratasse , le quali abbiano formato oggetto di decisione amministrativa, il termine per ricorrere all'Autorit giudiziaria di sei mesi dalla data di notificazione della decisione. Da tutto il sistema della citate disposizioni si evince chiaramente che il ricorso all'Autorit giudiziaria ammissibile tosto che sia definito il procedimento dinnanzi alle Commissioni tributarie. E, se normalmente la definizione avviene mediante una decisione la quale non soltanto stabilisca che la imposta dovuta, ma anche questa determini sul quantum, devesi egualmente ritenere che tale definizione si abbia anche nel caso, in verit eccezionale, in cui la Commissione centrale, risolvendo tutte le questioni relative all'applicazione della imposta, ritenga questa dovuta, ma liquidabile con un criterio diverso, e, per la nuova liquidazione in base a detto criterio, rimetta gli atti all'Ufficio del registro. In tal caso il contribuente che si ritenga leso nel suo diritto da siffatta decisione, contro l'affermazione di un obbligo tributario che egli ritenga ingiusto e non conforme a legge, pu ben ricorrere all'autorit giudiziaria. Non deve egli attendere che s'instauri il nuovo procedimento di liquidazione e che anche questo venga definito. Concreto e attuale il suo interesse a rimuovere l'affermazione della sussistenza dell'obbligo tributario in relazione a un determinato cespite, ormai definitivamente fatta in sede amministrativa con l'avvenuto pll(~si;i,ggio dal piano astratto al piano concreto. E, costituendo questo un punto fermo per la imposizione, non pu sostenersi che sia l'Autorit giudiziaria chiamata a un preventivo sindacato sul dovuto o sul non dovuto, il quale si risolverebbe in una interferenza sul comportamento della Pub -236 blica Amministrazione, o che manchi il contenuto di una controversia o di una decisione concreta. Collegata con la risolta questione quella sollevata dall'Amministrazione delle Finanze nel ricorso incidentale, se sia nel caso in esame ammissibile il ricorso all'Autorit giudiziaria, pur non avendo il Comune di Brescia ottemperato all'obbligo del pagamento dell'imposta, da comprovarsi mediante la esibizione della prescritta quietanza. E, contrariamente allo assunto dell'Amministrazione finanziaria, devesi ritenere che giustamente la Corte di merito abbia ritenuto l'azione proponibile, senza con ci incorrere nella violazione degli articoli 6, comma 2, della legge sull'abolizione del contenzioso amministrativo, e 149 della legge del registro, da porsi in correlazione con l'art. 36 della legge tributaria sulla manomorta. Invero il precetto del sol ve et repete ha come necessario presupposto la formulazione concreta della pretesa della Finanza, non solo in relazione all'an, ma soprattutto in relazione al quantum. Non essendo possibile un solvere ove il debito non sia liquido ed esigibile, il contribuente deve avere la esatta cognizione della somma formante oggetto della imposizione. E se la Commissione centrale con la sua decisione definitiva in ordine all'an deb.eatur abbia dichiarato non dovuta quella somma, non dovuto quel quantum dallo Ufficio accertatore indicato nella originaria proposta di accertamento in applicazione .di un erroneo criterio di liquidazione, evidente che, non potendo pi valere quella originaria indicazione dalla Commissione centrale posta nel nulla o meglio dichiarata illegittima, viene con ci stesso a mancare praticamente il presupposto di tale precetto e quindi ad essere inattuabile l'obbligo di ottemperarvi. Il precetto quindi a questo caso di eccezione inapplicabile; e del tutto ingiustificato l' assunto della Finanza che il contribuente, il quale per le ragioni suespresse sia legittimato a ricorrere all'Autorit giudiziaria contro la decisione suindicata debba, per rendere ammissibile la sua azione, sostituire la propria diligenza a quella dell' U ffcio del registro e provocare egli la liquidazione del tributo, per attendere poi, prima di adire il giudice ordinario, la definitiva decisione sulla liquidazione medesima. JJ. A) -MEZZI D'IMPUGNAZIONE DELLE DECI SIONI DELLE COMMISSIONI TRIBUTARIE. B) IMPROPONIBILIT DELLE AZIONI DI MERO ACCERTAMENTO NEGATIVO NEL PROCESSO TRIBUTARIO. A) Con tale sentenza le Sezioni Unite hanno ribadito il principio che la natura giurisdizionale delle Commissioni amministrative tributarie -gi affermata in relazione all'art. 111 della Costituzione con sentenza n. 2164/1950 in causa Raccuglia-Finanze (1) -renda immediatamente impugnabili le decisioni definitive della Commissione centrale delle imposte, per violazione di legge sostanziale oltre che (1) Giur. Compl. Cass. Civ.>>, 1951-I, pag. 98 e seguenti. Cfr. nello stesso senso: Salerni: Imposte straordinarie sul patrimonio nella dottrina e nella legislazione (ed. Giuffr, 1951, p. 405 e nota 231-bis con altri richiami dottrinali e giurisprudenziali). formale (1), al fine di evitare il pregiudizio della preclusione, che conseguirebbe al decorso del termine di decadenza per la impugnativa delle decisioni medesime (2). Sotto tale riflesso sussiste, inve.ro, l'interesse imme" diato, cio concreto e attuale del contribuente a proporre impugnativa per illegittimit dello accertamento tributario; onde risulta esatta anche l'affermazione contenuta nella sentenza in rassegna, che debbasi prescindere dall'osservanza dell'obbligo del solve et repete (anche nella ipotesi di opposizione da parte del contribuente e non gi solamente di azione diretta dell'Amministrazione) qualora nel frattempo, non fosse intervenuta la liquidazione del tributo controverso. B) Ben diverso si presenterebbe il caso ove si trattasse, invece, di una vera e propria azione di accertamento negativo; cio di azione tendente a far dichiarare la illegittimit del tributo prima che esso avesse trovato la propria soggettivazione con la concreta attuale percussione del soggetto .passivo a mezzo dello accertamento contro di lui diretto. (1) In questa Rassegna, 1952, 107 e segg. (Cass. Civ., Sez. I, sent. n. 1023/1952 in causa Castagna Firenze). ALLORIO: Diritto processuale tributario, Utet., 2a ed., 1952-53, pp. 33-34. (2) Tale termine -che, come ha rilevato la Cassazione, di sei mesi a' sensi dell'art. 146 della legge di registro, sostituito con R.D. 13 gennaio 1936, n. 2313 applicabile, per espressi specifici richiami, a tutto il gruppo delle cosidette imposte sugli affari o sui trasferimenti di ricchezze (successioni, donazioni, manomorta, ecc.) e decorre dalla notificazione della decisione (la quale pu essere anche delle Commissioni di merito: distrettuali o prvinciali), purch trattisi di decisione definitiva ossia di decisione che dichiari la. legittimit o meno del tributo nella sua concreta applicazione (an debeatur) oppure anche solamente nel quantum. ben intuitivo che, scelta la via della impugnazione di una decisione definitiva di una Commissione tributaria con ricorso per Cassazione per violazione di legge a' sensi dello art. 111 della Costituzione, la stessa questione non possa essere pi riportata dinnanzi all'Autorit giudiziaria di merito. Del pari (sia detto incidentalmente), intervenuta sentenza dei giudici ordinari di merito, deve ritenersi che la procedura amministrativa (a mezzo di ricorso alle Commissioni tributarie) eventualemnte iniziata (prima o contemporaneamente all'azione giudiziaria) sia stata implicitamente abbandonata anche quando non sia seguito formale atto di rinuncia. Ci in osservanza del principio del ne bis in idem, che (anche in assenza di giudicato) preclude qualsiasi altra azione, pure quando essa sia alternativamente esercitabile, come pu, in via eccezionale, avvenire in materia d'imposte indirette. Tale alternativit, invece, non ammessa per le imposte dirette, vigendo tuttora il principio del preventivo esperimento della procedura amministrativa dinnanzi ad almeno una delle Commissioni tributarie di merito. L'art. 22 del R.D.L. 7 agosto 1936, n. 1639 (convertito nella legge 7 giugno 1937, n. 1016) invero testualmente dispone: l'Autorit giudiziaria pu essere adita dal contribuente anche dopo che sia intevenuta soltanto decisione definitiva della Commissione distrettuale o di quella provinciale, purch la relativa imposta sia stata iscritta a ruolo'" Il che, per altro, presuppone il pagamento, quando meno, delle rate scadute prima della: notificazione della citazione (domanda) per rendere ammissibile l'opposi zione giudiziale e, quindi, l'osservanza del salve et re pete. (Per altre considerazioni sull'argomento cfr. la stessa Rassegna dell'Avvocatura>>, 1952, pag. 107 e segg.; e BERLIRI, in Foro It. >>, 1953, I, 1114, in nota alla sentenza in oggetto). -237 In tal caso pi che di difetto di giurisdizione, per preclusione temporanea conseguenziale alla inosser . vanza della norma di diritto pubblico e non soltanto processuale (ossia di semplice presupposto processuale necessario ) del solve et repete, si verserebbe in tema di difetto assoluto di giurisdfaione, il quale renderebbe improponibile la domanda giudiziale. Del che mostra di essersi reso esatto conto il Supremo Collegio (riconfermando implicitamente il principio della inammissibilit delle azioni di mero accertamento negativo in materia tributaria) allorch (con la stessa sentenza in rassegna) rileva: Concreto e attuale il suo interesse (l'interesse cio del contribuente) a rimuovere l'affermazione della sussistenza dell'obbligo tributario in relazione a un determinato cespite, ormai definitivamente fatta in sede amministrativa con l'avvenuto passaggio dal piano astratto al piano concreto. E, costituendo questo un punto fermo per la imposizione, non pu sostenersi che sia l' .Autorit giudiziaria chiamata a un preventivo sindacato sul dovuto e sul non dovuto, il quale si risolverebbe in una interferenza sul comportamento della Pubblica .Amministrazione, o che manchi il contenuto di una controversia e di una decisione concreta . Invero, in presenza della situazione giuridica precisata dalla decisione della Commissione centrale con la limitazione dei beni imponibili agli effetti della imposta di manomorta (limiti gi noti al contribuente per effetto della decisione medesima e quindi non richiedenti la notifica di un nuovo avviso di accertamento) a ben riguardare la questione, nel caso come sopra deciso dalla Cassazione, non sussistevano gli estremi di azione meramente accertativa da parte del contribuente, della quale dottrina e giurisprudenza escludono l'ammissibilit. L'.ALLORIO (1), infatti, sia pure per ragioni d'in. dole pratica, si esprime contro l'ammissibilit di tale azione attribuendo alla possibilit di un'azione giudiziale (intesa a ottenere sentenza dichiarativa in ordine alla legittimit del rapporto) valore del tutto marginale nel quadro della disciplina e della teoria del processo tributario ; mentre, pi esplicitamente, .A. D. GIANNINI (2) sostiene che il principio del solve et repete valga per una qualsiasi controversia d'imposta in senso lato e disconosce, da un punto di vista generale, che sia ammissibile un'azione di accertamento negativo, tranne che per le imposte aventi carattere suppletivo e per quelle ancora non scadute. A loro volta le Sezioni Unite della Cassazione, con sentenza del 26 luglio 1941 (3), definirono tale pretesa giuridicamente inconcepibile, perch -avendo l' Amministrazione l'obbligo di uniformarsi alla decisione del giudice (a' sensi dell'art. 4 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E -con la sua pretesa ricognitiva il contribuente riuscirebbe sempre nello intento di ottenere contro legge (art. 6 legge citata), senza previo pagamento, una decisione in materia d'imposta, vincolativa dell'Amministrazione anche agli (1) Op. citata pp. 224-225. . (2) Il rapporto giuridico d'imposta (Giuffr ed., pp. 285 e 291). (3) "Rivista legislazione fiscale , 1942, 53. 2 effetti della esenzione. Pertanto il principio pu ammettersi solo quando la legge stessa (per es. in sede di riparto) o le necessit amministrative obblighino l'Amministrazione a domandare alla giurisdizione ordinaria un accertamento prelimina.re (che no'} potesse o credespe di fare autoritariamente); ma non vale quando la iniziativa dell'accertamento parta dal contribuente, il quale, come si accennato, potrebbe, per via obliqua, giungere a coartare l'Amministrazione nella potest di esecuzione e a spogliarla di tale sua preminente situazione. Questo principio (che era stato affermato in altre precedenti sentenze) venne confermato dallo stesso Supremo Collegio con sentenze, rispettivamente, del 31 maggio 1943 (1), n. 1349 e del 14 marzo 1948 (2). Per altro -anche sotto il profilo della natura giuridica del precetto del solve et repere -non potrebbe giungersi a diversa conclusione. Invero -sia che si consideri il precetto come particolare manifestazione o effetto del principio della esecutoriet degli atti amministrativi (3); sia che si attribuisca al solve et repete la natura di una disposizione a carattere eccezionale, ispirata, praticamente ad obbligare o a coartare il contribuente per il puntuale pagamento della imposta o della tassa (4); sia, infine, che si voglia accettare la teoria dello .Allorio (5), il quale considera la questione sotto un altro aspetto, rilevando che, soltanto dal pagamento del tri'{Juto, potrebbe sorgere un diritto soggettivo perfetto al rimborso della somma indebitamente corrisposta -non si potrebbe, del pari, non pervenire alla conclusione generale della inammissibilit delle azioni di mero accertamento nel processo tributario. Nella ipotesi del sol ve et repete come effetto del principio della esecutoriet degli atti amministrativi non potrebbe, invero, disconoscersi che si verrebbe a domandare al giudice l'esercizio di un potere di revoca o di annullamento degli atti amministrativi, che non solo non gli consentito, ma anzi gli espressamente negato (citato art. 4 della legge 20 marzo 1865, n. 2248 all. E). Inoltre, nel secondo dei casi come sopra enunciati (ossia nella ipotesi di solve et repete inteso come mezzo per assicurare la regolarit delle entrate pubbliche con il puntuale pagamento delle imposte), risulta evidente che l'azione di accertamento verrebbe a eludere agevolmente tale fine e, in breve tempo, il precetto perderebbe qualsiasi valore od efficacia. Nella ipotesi, infine, del sol ve et repete considerato come mezzo per far sorgere il diritto al rimborso la domanda risulterebbe rivolta a giudice incompetente, (1) Riv. leg. fisc. , 1943, 302. (2) Ibidem 1948, 514. (3) D'ALESSIO: Istituzioni di diritto amministrativo, p. 157; JAitAOH: Sul fondamento giuridico del solve et repete >>, Riv. di Dir. fin. e Scienza delle Fin.>>, 1937, I, 68; MORTARA: Commentario, vol. I, p. 232; BoRsI: Esecutoriet degli atti amministrativi; TREVES: La presunzione di legittimit degli atti amministrativi 1936, 157. (4) GIANNINI A. D.: Il solve et repete,i n Riv. di Dir. pubblico, 193'6, 349 e in Istituzioni di diritto tributario>>, 1948, 191; BERLmt A.: Appunti sulla regola del solve et repete nel diritto tributario, in <>, 1933, 1 e segg., 41 e segg., 237 e segg.; BonnA: Di alcune opinioni in materia di solve et repete . (5) Op. citata, rag. 152. -238 poich il contribuente potrebbe essere, se mai, titolare soltanto di un interesse legittimo e non ancora di un diritto soggettivo perfetto. .A maggior ragione il principio del solve et repete non potrebbe trovare limitazione qiialora l'azione fosse rivolta contro l'obbligazione tributaria ancora non sorta o nota. In tal caso, invero, di tutta evidenza che l'azione di accertamento troverebbe naturale preclusione nella mancanza dell'atto o della manifestazione di volont della Pubblica .Amministrazione. , invero, in siffatta ipotesi, l'azione si risolverebbe in una impugnativa di una intenzione in pieno contrasto con gli articoli 99 e 100 c. p. c. Conseguentemente si deve concludere che -in base alla stessa natura delle azioni di accertamento le quali debbono statuire in senso positivo o negativo su rapporti giuridici attuali e non futuri non sia assolutamente configurabile l'ammissibilit di siffatte azioni, quando esse mirino a instaurare una controversia concernente obbligazioni tributarie non ancora sorte. Rimane, quindi, tuttora fermo il principio, aff ermato dalle S. U. della Cassazione., le quali -con sentenza del 14 marzo 1948, in causa Finanza contro Consorzio Derivati Vergella (1) -rilevarono la fondatezza del ricorso proposto dall' .Amministrazione, osservando, anzitutto, come, erroneamente, la sentenza impugnata avesse superato e disatteso la eccezione in ordine .alla temporanea incompetenza, per difetto di giurisdizione, del giudice ordinario a conoscere della proposta controversia d'imposta anche per inosservanza del precetto solve et repete, sul riflesso: a) che non ricorresse l'applicazione della norma tributaria, trattandosi di un'azione di mero accertamento negativo, con cui (senza alcun pregiudizio per la riscossione del tributo, che risultava gi spontaneamente scontato, senza che fosse intervenuto alcun atto d'ingiunzione di pagamento) si chiedeva soltanto al giudice ordinario se, agli effetti della imposta, i contributi dovuti all'ente consorziale fassero da riconoscersi quali entrate imponibili, secondo quanto sosteneva la Finanza, o invece (secondo l'assunto del Consorzio) se potessero ritenersi esenti, in quanto mero rimborso delle spese dallo stesso anticipate, per conto delle ditte consorziate, nello adempimento del suo compito statutario di provvedere allo smercio dei prodotti: b) che, d'altra parte, il precetto del solve et repete fosse da ravvisarsi soltanto come motivo di procedibilit del giudizio, in connessione col divieto fatto al giudice ordinario dallo art. 4 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E., di revocare o modificare la efficacia di un atto della pubblica amministrazione, che, per altro, nella specie, non era intervenuto, e per cui la inosservanza del precetto . non era da riconoscersi neppure come ostacolo all'ammissibilit del capo della domanda riguardante la restituzione della imposta come sopra gi pagata. E la stessa Corte Suprema, nel dare ragione della propria decisione, non omise di rilevare come la norma in parola -oltre a trovare applicazione in ogni controversia d'imposta, sia che s'impugni l'obbligo del tributo, che la determinazione della sua esatta misura -ricorra anche tutte le volte (1) Riv. Leg. Fisc. , 1948, col. 514 e segg. che la controversia, attraverso un'azione di mero accertamento, si risolva in un ostacolo per la pratica realizzazione della pronta ed esatta percezione del tributo : ci che, essenzialmente e ragionevolmente, sta a base dello indicato precetto legislativo, inteso ad assicurare, col previsto gettito delle pubbliche entrate, la stessa continuit dei pubblici servizi. Per cui, se la non necessit del previo pagamento della imposta pu ammettersi quando sia la Pubblica .Amministrazione che, autorizzata dalla stessa legge o determinata da necessit contingenti, si fa a richiedere al giudice un accertamento preliminare, che non pu o non crede di stabilire autoritariamente. ci non pu ripetersi per un privato contribuente, posto che anche un giudizio di mero accertamento, da esso promosso, non eliminerebbe l'inconveniente che la declaratoria iuris lasci vincolata l' .Amministrazione alla decisione stessa anche agli effetti della esecuzione . Le azioni di accertamento negativo debbono, perci, considerarsi improponibili nel processo tributario, poich mirano a neutralizzare l'attivit dell'Amministrazione, oltre che ad eludere il tassativo e vincolante precetto del solve et repete e quindi a pervenire a un risultato contra legem, senza che tale presupposto processuale necessario possa ritenersi incompatibile con l'art. 111 della Costituzione, poich non limita, ma ritarda solamente l' eventuale impugnazione del contribuente, rendendola esperibile soltanto dopo l'osservanza del precetto medesimo (1). ACHILLE SALERNI IMPOSTA DI REGISTRO Corrispettivo in moneta estera Ragguaglio in moneta nazionale -Controversie relative Carattere -Cambio del giorno Concetto. (Cass. Civ., E ez. I, n. 3486 dep. 23 ottobre 1953 -P.M.: Caruso (dift.) -Finanze dello Stato contro Costa). Le controversie circa il ragguaglio in moneta nazionale di un corrispettivo in moneta estera, ai fini dell'imposta di registro, non costituiscono controversie di valutazione, ma di diritto. La legge 4 gennaio 1946, n. 2, che stabili la maggiorazione del 125 % sul tasso ufficiale di cambio per gli acquisti e le cessioni di moneta estera necessari al commercio internazionale, introdusse in sostanza una nuova parit legale. Tale parit legale, che rappresentava l'effettivo cambio del giorno, doveva quindi costituire la base per il ragguaglio in moneta nazionale del prezzo convenuto in moneta estera, ai fini dell'art. 30 della legge di registro e dell'art. 16 R. D. L. 7 agosto 1936, n. 1639. In questi ultimi tempi si sono dibattute varie questioni di carattere tributario, per la soluzione delle quali si dovuto ampiamente discutere il con (1) SALERNI: Contributo alla teorica ael .(( salve et repete , in base allo stato della legislazione e della giurispru-.denza anche sotto il rifiesso costituzionale, in Riv. di Dir. Fin. e Se. delle Fin., 1951, p. 49 e segg. -BELLI: Il cc solve et repete e la Costituzione, in questa cc Rassegna , 1949, pp. 255-262. -SALVATORI: L'evoluzione del salve et repete nella recente giurisP,rudenza della Cassazione, in << Giur. Compi. Cass. ll, 1948, III, p. 147. 239 cetto di cambio. Oome noto, attualmente il ragguaglio ai fini fiscali fra valuta estera e moneta nazionale regolato dal D. L. 21 settembre 1949, n. 644, in relazione all'imposta doganale, alla tassa di bollo, all'imposta sulle assicurazioni e all'imposta sulla entrata. Nessuna norma regola espressamente, invece, un tale ragguaglio per altre imposte, e in particolare per l'imposta di registro. La portata del decreto del 1949 anche oltre il campo tributario -almeno, come conferma di un determinato orientamento - stata messa in luce dallo SC.ARELLI, in un'accurata nota pubblicata sul cc Foro It. , 1953, I, 703. Ai richiami contenuti in detta nota si pu aggiungere, per un quadr:o oompleto sull'argomento, la sentenza del Tribunale di Genova 1 settembre 1951, la cui sola massima citata dall' Ascarelli, ed il cui testo pubblicato per esteso sulla cc Giur. It. , 1952, I, 302, L'Ascarelli, nel tentativo di porre un certo ordine terminologico, indica con il nome di cambio la ragione effettiva di scambio dei prezzi monetari di un ordinamento, assunti nel loro valore nominale con i prezzi monetari di altri ordinamenti ; con il nome di parit, invece, >. Sorsero, cos, i >. Tali cambi fissati dall'Ufficio Gambi italiano, nei primi mesi del 1946, erano, per il dollaro, i seguenti: aprile 1946 per 1 dollaro, L. 318; maggio 1946 per 1 dollaro, L. 357; giugno 1946 per 1 dollaro, L. 397; luglio 1946 per 1 dollaro, L. 441. L'ascesa di questi cambi,. gi evidente nel 1936, divenne sempre pi pronunciata .nel 1947, quando si giunse a lire 652 (aprile 1947) ed al.ire 770 (maggio 1947) per dollaro . .Al << cambio conti valutari 50 %,)), Js$ato in relazione all'uso all'estero del. 50 % disponibile, dovevi poi necessariamente aggiungersi la fissazione di un cambio in Italia per l'ipotesi che l'esportatore non potesse o non volesse sfruttare all'estero la moneta accreditatagli nel cc conto valutario 50 %>>. E lo stesso art. 3 D. M. 13 aprili( 1946, fifls il controvalore della moneta di conto, realizzata in Italia, nel cambio tasso ufficiale >> + 125 %. Da questa legislazione, piuttosto complessa e, per di pi, complicata da interferenze normative dello stesso Ufficio Gambi, risulta tuttavia chiara una conclusione : che ad un certo punto si ebbero in Italia, accanto alla parit legale provvisoria (1 dollaro = 100 lire), altri metri monetari, derivanti da veri e propri cambi in senso tecnico: cambi non solo perfettamente leciti, ma testualmente regolati dalla legge. Essi erano bens previsti in relazione a determinate categorie di cittadini ed a determinate operazioni commerciali: ma la loro sempre crescente estensione li rese, praticamente, di portata generale. La loro applicazione, ad ogni modo, doveva considerarsi costante in tema di registro, giacch la necessit di valutazione di un prezzo in moneta estera sorgeva e sorge normalmente in relazione a quei contratti di importazione ed esportazione, che ricadevano appunto sotto la disciplina del D. L. L. 4 gennaio 1946, n. 2. . L'errore di prospettiva dell' .Ascarelli consiste nel voler negare aprioristicamente la possibilit di cambi mult:ipli. Certo, se si limita il concetto di cambio a quello di una parit legale, riesce difficile ammettore l'esistenza di pi parit. La parit, per essere tale, deve essere una: la stessa espressione di parit multiple rappresenta una contraddizione in termini. Ma se ci si libera dalle strettoie terminologiche e bi considera che, in un certo periodo storico, partico lari esigenze valutarie possono imporre diversi ragguagli legalmente disciplinati, la teoria dei cambi multipli acquista piena legittimit e consistenza (CANSACOHI; Aspetti giuridici del monopolio dei cambi, in Banca, Borsa e titoli di credito , 1949, I, 258). Tutto ci diviene di palmare evidenza rispetto alla particolare questione dell'imposta di registro applicabile al. controvalore in lire di moneta estera. Quando venne emanata la legge di registro, non solo non esist.eva cambio ufficiale, ma non esisteva neppure il concetto d cambio ufficiale. Quando, perci, nell'art . .30, ultimo comma, il legislatore fece riferimento al cambio come strumento di ragguaglio, non v' alcun dubbio che intendesse riferirsi ad un concetto economico: e la precisazione <> ribadisce che il cambio fu colto, per cos dire, nella sua realt operante, come un quid variabile a seconda di un mercato, le cui leggi erano per l'appunto, leggi economiche. Il tentativo di cristallizzarlo .in una entit astratta ed irreale come cambio ufficiale sembra quindi assolutamente inaccettabile. Sebbene sulla questione specifica non risultino precedenti in terminis, si possono ricordare alcune vertenze analoghe, sorte dopo l'altra guerra, in re gime di cambi liberi divergenti dalla parit legale. f#bb_ene i1:1-quell'epoca (1921) non vgesse un_sis.~em_a di cambio ufficiale in senso tecnico, quale venne poi a concretarsi in regime di monopolio valutario, si so{Jtenne tuttavia che dovesse valere, ai fini dell'impo st.a di registro, la parit legale stabilita da 14na lon tana legge del 24 agosto 1862, in luogo del cambio & i .kMF EL && fWWW&ll E !KdlidlWWWWMdff~@~+ww ] -241 reale. La Oorte Suprema, con due sentenze 11 marzo 1930 >. pregio della sentenza del Pretore di Anagni avere chiarito, con esattezza e precisione di concetti giuridici, tale principio, facendone rigorosa applicazione alla specie decisa. Si trattava in particolare, d'un appezzamento di terreno di are 25, contiguo alla linea ferroviaria Roma-Gassino, concesso per la durata di anni nove a certo Alteri JJ'urio alle condizioni previste dal Oapitolato del Ministero delle Oomunicazioni del 29 gennaio 1934, regolante l'affitto delle scarpate, dei terreni e delle piantagioni lungo la linea ferroviaria dello Stato. Di tale terreno l'Amministrazione chiedeva il rilascio per scadenza o risoluzione della concessione amministrativa di uso. Il concessionario si opponeva al rilascio ecc.ependo fra l'altro che, trattandosi di contratto di affitto di fondo rustico, questo doveva ritenersi prorogato ope legis alla scadenza, ai sensi della vigente legislazione vincolistica in materia di contratti agrari; e che pertanto competente a conoscere della domanda era la Oommissione circon.dariale agraria d.i Frosinone. La sentenza, accogliendo in pieno la tesi sostenuta dall'Avvocatura, ha ritenuto, in primo luogo, che il terreno del quale l'Amministrazione chiedeva il rilascio rientrasse fra quelli costituenti il c.d. demanio ferroviario (ancorch si trattasse di terreno contiguo alla strada ferrata) in forza dell'art. 822 O.e., secondo cui fanno parte del pubblico demanio le strade ferrate appartenenti allo Stato. Afferma testualmente in proposito la sentenza: Per opinione concorde della giurisprudenza e della dottrina, le scarpate, le stazioni e i loro recinti ed i terreni di propriet dello Stato limitrofi alle linee sono sottoposti al medesimo regime di demanialit in quanto sono durevolmente destinati al servizio od all'uso del bene demaniale e costituiscono quindi pertinenza di esso (art. 817 O.e.). Nel caso in esame il carattere di demanialit del terreno chiaramente confermato dalle particolari condizioni contenute nel capitolato richiamato nel contratto, condizioni che sarebbero state indubbiamente incompatibili con ogni ordinaria locazione di diritto privato. cc Tali clausole sono contenut specialmente negli articoli 3 e 4 del capitolato, che bene riferire p1:,? esteso: Art. 3. -Sar in facolt dll'Amministrazione di risolvere l'affitto, dietro semplice avvtso,-scritto ed in qualunque tempo, ogni qualvolta essa intendesse procedere alla vendita di tutto o di una parte del terreno affittato e delle sue adiacenze, o trarne altrimenti profitto, senza che ci conferisca all' affittuario altro diritto all'infuori di quello della resti -243 tuzione della quota non maturata del canone anticipatamente pagato. Art. 4. -Potr l'Amministrazione in ogni tempo eseguire variazioni e lavori tanto sulle scarpate come sui terreni compresi nell'affitto, occuparne una parte qualsiasi, temporaneamente o permanentemente, mutarne le condizioni in qualsiasi modo, piantarvi alberi e siepi ed atterrare le piante di alto fusto e da scalvo ohe giudicher opportuno, senza che l'affittuario possa pretendere alcuna indennit a meno che, per effetto delle occupazioni e dei lavori di cui sopra, sia derivata una perdita di raccolto maggiore della decima parte del totale, nel qual caso verr accordato un proporzionato rimborso o una proporzionale riduzione del canone, temporanea o permanente, come di ragione. Art. 5. -Gli agenti dell'Amministrazione, incaricati della sorveglianza della strada ferrata e delle sue adiacenze, potranno liberamente percorrere le scarpe ed i terreni affittati ed anche rimanervi per motivi di servizio, senza che l'affittuario possa impedirlo o pretendere alcuna indennit. Dai predetti articoli si desume chiaramente che l'Amministrazione delle Ferrovie, pur consentendo al privato di utilizzare a fini agricoli le scarpate ed i terreni contigui alle strade ferrate, ha inteso assicurarsi di poter in ogni caso espletare nei terreni stessi tutte le attivit necessarie a conservare ed incrementare la efficienza del pubblico servizio ferroviario, sovrapponendosi con la propria autorit di imperio agli interessi eventualmente contrastanti del concessionario. A questi, pertanto, rimane il diritto condizionato di far propria l'utilit agricola del terreno, ma l'interesse della coltivazione sempre subordinato all'interesse prevalente del pubblico servizio, che pu esigerne in qualsiasi tempo il parziale o totale sacrificio, dietro il semplice compenso della riduzione del canone anticipatamente pagato . 2. Dalla determinazione della natura del bene, oggetto della domanda di rilascio proposta dall'Amministrazione, la sentenza ha tratto poi la logica conseguenza in ordine alla qualificazione giuridica del rapporto intercorrente, in relazione al bene stesso, fra il privato e l'Amministrazione. Tale rapporto non pu infatti altrimenti definirsi ohe come concessione d'uso eccezionale su bene demaniale ; ed a questa definizione non pu ritenersi ohe osti la forma di locazione rivestita dall'atto di concessione. I terreni demaniali, che direttamente o indiretta mente assolvono ad una pubblica utilit, possono anche essere impiegati temporaneamente a fine di produrre un reddito, ma non in relazione agli ordi nari criteri e fini privatistici, sibbene per l'utilit che in qualunque modo pu derivarne al pubblico servizio, e quindi in coerenza e compatibilmente alla loro finale destinazione (pubblica utilit). Questi beni, per tal titolo, e sempre sotto tale aspetto, possono essere oggetto di temporaneo uso di privati, contro remunerazione ed in base a concessione amministrativa, la quale ha per carattere casuale (attraverso l'attivit economica della P.A.) sempre il pubblico interesse; il ohe decisivo per la qualificazione giuridica del negozio n (Oass. 30 no vembre 1949, in << Riv. Amm. , 1950, 326; Giur. Oompl. Oass. Civ. n, 1949, III, 929 con nota). Ohe il bene possa esser goduto dal privato cos come ne godrebbe un conduttore, non appare circostanza dalla quale debba necessariamente _desumersi la sussistenza di un rapporto di locazione, essendo la natura del bene che determina ineluttabilmente la natura del rapporto giuridico ohe lo riguarda. ~ Poich il bene compreso nel patrimonio indisponibile dello Stato (a fortiori, quando il bene sia compreso nel pubblico demanio -N.d.R.)... logico ohe una situazione giuridica, a favore del privato, in tanto possa sorgere, in quanto l'Autorit amministrativa abbia previamente accertato la convenienza di far coesistere all'uso pubblico un uso privato della cosa; il che porta senz'altro nel campo del diritto pubblico ed alla figura della concessione>> (Oons. Stato, 31 marzo 1950, Foro Amm. >>, 1950, I; 1; 923; Rass. Avv. n, 1950, 107; Cons. Stato 19 aprile 1950, in Giur. Oompl. Cass. Civ. , 1950, III, 760 con nota). 3. Poste tali premesse, la sentenza passata a decidere il punto: se alla specie fossero applicabili le norme che sanciscono la proroga in materia di contratti agrari, nei seguenti termini: La risposta negativa appare evidente; infatti in primo luogo deve osservarsi che ci troviamo di fronte ad un atto amministrativo che riveste lo schema della locazionB ma che ne differisce profondamente per le sue essenziali caratteristiche; in secondo luogo non pu definirsi contratto agrario una concessione avente per oggetto un bene demaniale, peroh la funzione propria dei beni demaniali quella di essere adibiti ai pubblici servizi e solo eccezionalmente e subordinatamente possono darsi in temporaneo uso a privati. Inoltre nel caso in esame le clausole 3 e 4 del capitolato mettono in rilievo il carattere essenzialmente revocabile della concessione, ohe perci in contrasto insanabile con le disposizioni di proroga che tendono a dare stabilit e durata ai rapporti schiettamente agrari. In fattispecie analoga alla presente e nella quale forse era rneno evidente il carattere pubblicistico (locazione di parte di alveo di un fiume pubblico) la Corte di Cassazione a Sezioni Unite (sentenza n. 1067 del 1949) ha negato l'applicabilit della proroga>> (vedi in Rass. Avv. , 1949, p. 215). Tali principi appaiono conformi a quelli concordemente affermati dalla giurisprudenza del Supremo Collegio anche per quanto attiene alla esclusione dalla proroga prevista dal regime vincolistico delle locazioni urbane, allorch si verta in materia di concessioni di case economiche per ferrovieri (Oass. Civ. 13 dicembre 1949, n. 2581, in cc Riv. Amm. , 1950, p. 395) ed in genere di rapporti oon i quali lo Stato attribuisca ai propri dipendenti il godimento di appartamenti di propriet della P.A. (Cass. Civ. 30 novembre 1949 n. 2530, in cc Riv. 1950, p. 396). 4. Ineccepibile appare infine l'affermazione da parte del Pretore della propria competenza nella subietta materia, con esclusione di quella della CommissionQ per le controversie agrarie; esclusione che -244 discende direttamente dalla legge, una volta aaotrtata la natura del rapporto e la impossibilit di applicare allo stesso le norme relative ai contratti agrari di diritto privato. R. R. FERROVIE DELLO STATO APPALTI Revisioni prezzi non previste dal contratto di appalto D. M. 3 settembre 1940, n. 857: inesistenza preteso diritto soggettivo alla revisione Art. 1664 Codice civile: Carattere dispositivo; sua deroga per art. 326 legge sui lavori pubblici e Capitolati generali di appalto. (Tribunale Roma, 29 maggio-7 luglio 19: 3 -Pres.: Elia; Est.: speziale -Fabrizi contro Amministrazione Ferrovie Stato). Non sussiste a favore dell'appaltatore diritto subiettivo ad ottenere la revisione dei prezzi stabiliti nei contratti per la esecuzione di opere appaltate dalla .Amministrazione delle Ferrovie dello Stato, quando tale revisione non sia prevista in apposita clausola contrattuale. Il D. M. n. 857 del 3 settembre 1940, con il quale il Ministro delle Comunicazioni (ora Trasporti) autorizzava il Servizio lavori e costruzioni delle Ferrovie dello Stato a presentare alla superiore approvazione proposte per la revisione prezzi non prevista dal contratto, non pu, n per la fonte da cui promana n per il suo contenuto, dar luogo al sorgere del detto diritto subiettivo, L'art. 1664 Codice civile contiene una norma generale sulla quale prevale la norma speciale contenuta nell'art. 326 della Legge sui lavori pubblici. Lo stesso art. 1664 ha peraltro carattere dispositivo e pu essere quindi derogato dalla volont delle parti: la deroga ad sso , per i contratti di appalto interessanti l'Amministrazione delle Ferrovie dello Stato, contenuta nei Capitolati generali per la esecuzione delle opere appaltate dall'a detta .Amministrazione. noto come, anteriormente alla emanazione del R.D.L. 21 giugno 1938, n. 1296, fosse pacificamente ritenuto, sulla base della legislazione vigente, che la revisione dei prezzi stabiliti nei contratti di ap~ palto di Opere pubbliche potesse essere accordata dalla Pubblica Amministrazione nell'ambito delle proprie facolt discrezionali (cfr. TORRENTE: nota alla sentenza della Corte di Cassazione n. 345 del 16 maggio 1945, in i risulta determinante la semplice volont dei soci diretta a creare un capitale sociale: agli effetti dell'imposizione del tributo i s"ingoli elementi azionari si considerano cio immediatamente negoziabili . Lb ~ SEGNALAZIONI DI DOTTRINA E GIURISPRUD.E.NZA ASSETTO COSTITUZIONALE DELLO STATO Per gli atti del governo sussiste solo responsabilit politica e non giuridica : i singoli ministri invece hanno una responsabilit giuridica civile e penale (Trib. Lecce, 27 gennaio 1953; Dir. e Giurispr. 1953, 347). Il farmacista che per conto del Comune, pur senza essere legato da vero contratto, provvede in via continuativa alla fornitura di medicinali ai poveri, ineleggibile, per potenziale conflitto di interessi, a consigliere comunale e a Sindaco. (Giunta Prov. Amm.va Potenza, 22 giugno 1953, Cont. 656, Avv. Potenza). DISCREZIONALIT. Mentre di regola le modificazioni, innovazioni e trasformazioni della propriet autorizzate dalla Pubblica Amministrazione possono ledere solo interessi dominati dal potere discrezionale di questa, quando esse limitino il diritto di propriet del vicino si ha violazione di un diritto soggettivo, per cui competente il Giudice ordinario. (Corte App. Napoli, 26 giugno 1953, Dir. e Giurispr. , 1953, 389). GIURISDIZIONE. La parte in una concessione contratto, che attribuisce al cittadino veri diritti soggettivi, indennizzabili in caso di revoca, pu rivolgersi di fronte ad una revoca motivata per motivi contrattuali al giuridice ordinario (applicazione alla concessione di gestione di ristorante in stazione ferroviaria). (Corte App. Ancona, 18 giugno 1953, Cont. 1149, Avv. Ancona). quistione di competenza e non di giurisdizione l'indagine sulla validit ed applicabilit di una clausola compromissoria; e pertanto la sentenza che abbia giudicato solo sulla competenza degli arbitri impugnabile soltanto col regolamento di competenza. (Corte App. Lecce, 12 ottobre 1953, Cont. 676/30, Avv. Lecce). Poich l'intervento della Pubblica Amministra zione in un accordo di compensazione privata di mero controllo e in relazione a taluni aspetti di carattere pubblicistico, il giudice ordinario compe tente a conoscere della inadempienza dell'importa tore o esportatore italiano, o di quella dell'importatore o esportatore straniero che abbia conseguenza anche sui rapporti fra i due primi. (Trib. Milano, 18 settembre 1952, Banca, Borsa e tit. Ored. , 1953, II, 366, con nota). ATTIVITA FORMALE DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE ATTO AMMINISTRATIVO. L'atto amministrativo pu concretarsi in un fatto materiale come l'ordine di un sindaco di derivazione di un'acqua comunale dall'impianto di irrigazione in un orto privato. (Corte Cass., S. U., 13 febbraio 1953, Arch. Rie. Giur. , 1953, 677). Pu sostituire validamente la mancata appro vazione di una transazione un comportamento univoco dell'autorit di controllo dal quale si desuma la volont di approvare la transazione. (Trib. Lecce, 26 maggio 1953, Cont. 1312/11, Avv. Lecce). Sono atti idonei di manifestazione della volont di demolire un fabbricato il contratto di appalto e la relativa contabilit. (Trib. Lecce, 21 luglio 1953, Cont. 307 /30, Avv. Lecce). Lo Statuto di un ente pubblico approvato con atto dello Stato ha rilevanza per i terzi che trattano con esso. (Corte Cass., 22 gennaio 1953, Arch. Rie. Giur. , 1953, 678). ATTIVITA SOSTANZIALE DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILIT. Solo l'occupante non il prefetto legittimato passivo a contraddire in un'azione di risarcimento di danni per illegittimit di un decreto di occupa- zione di urgenza. (Trib. Ancona, 27 giugno 1953, Cont. 1411, Avv. Ancona). Occorre la forma scritta per aversi accettazione dell'indennit di espropriazione da parte dei pro prietari. (Corte App. Napoli, 11 luglio 1952, Fo ro Padano , 1953, I, 1095). Non invalida un decreto di espropriazione n la mancata fissazione in esso dell'indennit n la fissa = -249 zione di un'indennit riferita ad una perizia di diversi anni prima, concretandosi in esso solo un criterio di valutazione impugnabile con l'opposizione di stima. (Trib. .Ancona, 27 giugno 1953, Cont. 1411, Avv. .Ancona). Il bene acquistato per espropriazione p. u., va attribuito a patrimonio indisponibile. (Trib. Lecce, 3 giugno 1953, Cont. 622/30, Avv. Lecce). L'indennit prevista dall'art. 46 legge espr. p. u. dovuta solo quando il danno derivi direttamente dall'esecuzione dell'opera pubblica obiettivamente considerata. (Corte App. Genova, 4 giugno 1953, Cont. 14729, Avv. Genova). La mancata estrazione di ghiaia per un quantitativo eccedente quello della concessione non costituisce danno risarcibile. (Trib. Torino, 29 agosto 1953, Cont. 10789, Avv. Torino). .Anche nel caso di indubbia impossibilit di esecuzione dell'opera da parte dell'espropriante sussiste il diritto alla retrocessione degli immobili espropriati. inammissibile la retrocessione nel caso che l'ente espropriante (ente economico della Cerealicoltura) sia messo .in liquidazione, perch da questo fatto non si deduce l'impossibilit di esecuzione dell'opera. (Corte App. Napdli, 20 dicembre 1952 Foro Padano , 1953, I, 1084). L'indennit nel caso di occupazione temporanea non preordinata ali' espropriazione non consiste negli interessi dell'indennit di esproprio, ma nel 'equivaente al mancato reddito dei beni occupati. Tale indennit come quella di esproprio debito di valuta. (Corte App. Napoli, 11luglio1952, Fo ro Padano , 1953, I, 1095). L'occupazione .di urgenza non seguita da decreto di esproprio, diventa abusiva ed espone l'occu pante al risarcimento dei danni (Trib. Ancona, 27 giugno 1953, Cont. 1411, Avv. .Ancona). L'inattivit della Pubblica Amministrazione, sebbene messa in mora, a determinare l'indennit di occupazione d'urgenza, rende proponibile, sic come negazione implicita, il reclamo all'autorit giudiziaria ordinaria e senza limite di tempo, man cando un provvedimento di determinazione del l'indennit. (Corte App. Napoli, 11 luglio 1952, Foro Padano , 1953, I, 1095). TRASPORTI. Competente alla causa di risarcimento danni in trasporto di persone il Giudice del luogo in cui doveva aver termine il viaggio. (Trib. Roma, 30 aprile 1953, Temi Romana , 1953, 207). Quando non sia stato assunto processo verbale di avaria di un trasporto ferroviario, la prova del danno pu darsi con testimoni, mancando una norma che disponga la decadenza dell'azione in difetto di quel verbale. (Trib., Trento, 20 giugno 1953, Cont. 246, Avv. Trento). La riconsegna di un carro ferroviario d luogo llinche alla riconsegna della merce ivi contenuta; e per la contestazione di ammanchi occorre il con traddittorio immediato dell'Amministrazione Fer roviaria; inidoneo ai fini della responsabilit un accertamento fatto il giorno successivo allo scarico (Corte Cass.; 30 genn::iiio 1953, Cont. 2891/51, Avv. Generale). Il debito per avarie o ammanchi nelle spedizioni comuni costituisce debito pecuniario. (Corte di Cass., 20 aprile 1953, Cont. 60155, Avv. Generale; 17 marzo 1953, Cont. 4485/51, Avv. Generale; 8 agosto 1952, Riv. Dir. Comm. n, 1953, II, 253 con nota prof. A. Asquini). Gli enti di riforma fondiaria, quando sia avvenuta la pubblicazione del piano particolareggiato di esproprio ma non sia ancora avvenuto il trasferimento dei beni, possono dare la disdetta di cui all'art. 6 della legge n. 230 e 17 legge n. 841 del 1950. (Trib. Bari, 9 maggio 1953, Cont. n. 15278, 12267, Avv. Bari). PROPRIET INTELLETTUALE. In tema di brevettabilit di procedimenti per la fabbricazione dei medicinali (l'esperienza francese) . Articolo del prof. P. RoUBIER ( Riv. Dir. Comm. ii, 1953, I, 261). ATTIVITA NEGOZIALE DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE CONTABILIT DELLO STATO. I principi generali della costituzione in mora del debitore si applicano anche quando debitrice una pubblica Aministrazione. (Trib. Torino, 11 febbraio 1953, Foro Padano n, 1953, 1115. Quistione aperta). APPALTI E FORNITURE. I capitolati generali d'appalto hanno efficacia di diritto obbiettivo anche per i terzi. (Corte App. Genova, 4 giugno 1953, Cont. 14729, Avv. Genova). La norma di un capitolato generale (nella specie di concessione di esercizio di ristorante in stazione ferroviaria) che preveda disgiuntamente due san zioni in caso d'infrazione, e cio una pena pecu niaria o lo scioglimento del contratto, pu essere derogata da una clausola del capitolato speciale che per infrazione di particolare gravit preveda il cumulo delle due sanzioni; n preclusa all'Am ministrazione che abbia con un primo atto appli cata la multa, la facolt di stabilire, con altro atto, la risoluzione del contatto. (Corte App. .Ancona, 18 giugno 1953, Cont. 1149, Avv. .Ancona). Gli ordini e le direttive impartite dall'Ammini strazione dei LL. PP. non escludono la responsa bilit dell'appaltatore per l'inosservanza di norme regolamentari o di comune prudenza da osservarsi nella esecuzione dei lavori. (Corte App. Genova, 23 aprile 1953, Cont. 16382, Avv. Genova; Corte App. Genova, 4 giugno 1953, Cont. 14729, Avv. Ge nova). LA RESPONSABILITA NEI RIGUARDI DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE Gli eredi possono proporre azione pel risarcimento di danni per l'occupazione abusiva di un immobile del compendio ereditario ancorch nella denuncia di successione non abbiano indicato il -250" valore di tale-credito non ancora liquido ed esigibile. (Trib. Trent, 30 aprile 1953, Cont. 586, Avv. Trento). Il risarcimento dei danni patrimoniali ex delicto compete non iure haereditatis, bensi iure proprio e solo a coloro che col de cuius convivevano e da lui si attendevano aiuti materiali. (Trib. Trento, 20 luglio 1953, Cont. 229, Avv. Trento). ammissibile una responsabilit dell' Amministrazione committente in concorso con quella dell'appaltatore per la trasgressione di norme di comune prudenza. (Corte App. Genova, 4 giugno 1953, Cont. 14729, Avv. Genova. Quistione aperta). Se danneggiato mortalmente da un incidente stradale, per cui sia responsabile l'Amministrazione, sia un impiegato statale, l'indennizzo rapportato al grado rivestito non a quello superiore in cui l'investito sarebbe all'epoca della liquidazione potuto esser promosso ; vanno calcolate, detratte le spese, le missioni normalmente compiute e gli straordinari che nei gradi inferiori integrano lo stipendio ; va per detratta la pensione di riversibilit dei familiari. (Corte .A.pp. Torino, 16 luglio 1953, Cont. 8920, Avv. Torino). Poich anche nell'organizzazione del servizio di viabilit deve osservarsi il principio del neminem ledere , responsabile l'Amministrazione se i propri operai abbiano lascito insegnalato un cumulo di pietrisco bitumato occupante quasi un terzo della strada, data la difficolt di percepirlo e di distinguerlo da rappezzi stradali gi livellati. (Trib. Bari, 28 aprile 1953, Cont. 13463, Avv. Bari). L'azione di rivalsa contro un dipendente responsabile di incidente stradale (azione che non si prescrive nel termine ordinario) comporta l'indagine sull'obbligo del dipendente di svolgere il servizio in modo da non procurare danni all'Amministrazione, quindi sulle modalit di contenuto discrezionale, con cui il servizio fu disposto ed espletato; l'indagine non pu perci essere fatta dal giudice ordinario. (Corte App. Torino, 16 luglio 1953, Cont. 8920, Avv. Torino. Quistione aperta). L'azione di rivalsa dell'Amministrazione Pub blica contro il suo dipendente conducente del vei colo danneggiatore, non soggetta alla prescri zione presunta di che all'art. 2947 c. c. ed occorre una colpa che :implichi la violazione dell'obbligo di svolgP-re il servizio con diligenza. (Corte App. To rino, 14 luglio 1953, Foro Padano , 1953, II, 70). ORGANIZZAZIONE INTERNA DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE IMPIEGO PmrnLICO. L'Istituto Poligrafico dello Stato un ente pub blico economico esplicante un'attivit economica in regime di concorrenza; le controversie di lavoro spettano quindi alla Sezione lavoro della magistra tura. (Corte Cass. 24 giugl).o 1953, Cont. 1592/52, Avv. Generale). Se l'impugnativa di un collocamento a riposo dell'impiegato di una Cassa di Risparmio propo sta al Ministro competente e dia luogo a un de creto di quest'ultimo, non ammessa altra impu gnativa del provvedimento ministeriale che al Consiglio di Stato, avverandosi la degradazione del diritto a interesse legittimo. (Corte Cass., 19 giugno 1953, Cont. 4924/51, Avv. Generale). BENI E MEZZI DELLO STATO ACQUE PUBBLICHE. L'Amministrazione dei Canali demaniali d'irrigazione cui competono ragioni d'acqua su un corso di acqua pubblica, pu pretendere cl!e i terzi, per le acque da essi derivate dal detto rio le corrispondano dette ragioni. (Trib. Acque Torino, 10 luglio 1953, Cont. 8950, Avv. Torino). Il canone di derivazione dovuto dalla scadenza del termine originario per l'ultimazione dei lavori ancorch gli altri (presentazione del progetto, espropriazione, nizio e completamento dei lavori) siano stati prorogati ed dovuto per l'anno in corso alla data del decreto ministeriale di decadenza ancorch l'acqua non sia stata utilizzata (Tribunale Acque Torino, 20 giugno 1953, Cont. 171, Avv. Torino). DEMANIO. Poich i piazzali esterni ferroviari sono beni demaniali non si applicano le norme comuni sulla occupazione in buona fede del fondo attiguo. (Trib. Lecce 19 agosto 1953, Cont. 663/114, Avv. Lecce). Con la cessata destinazione di un bene pubblico a servizio pubblico si ha, tacitamente e anche prima di una formale dichiarazione la sua rnlassificazione da patrimonio indisponibile. (Trib. Lecce, 3 giugno 1953, Oont. 622/30, Avv. Lecce). IMPOSTE IN GENERE. Il giudice ordinario pu riesaminare il titolo giuridico posto dalla finanza a fondamento della tassazione e giustificare questa con una diversa definizione del negozio contenuto nell'atto tassato. (Corte Cass. 16 aprile 1953, Riv. Trib. 1953, 648). Il potere del giudice ordinario di annullare la decisione delle Commissioni Amministrative e di rinviare alle stesse per una nuova decisione, ai sensi dell'art. 29 R.D.L. n. 1639 del 1936 costituisce eccezione al principio generale che le controversie di semplice estiniazione sfuggano al giudice ordinario. (Trib. Genova, 10 maggio 1953, Cont. 19301, Avv. Genova). Bench la sentenza del giudice ordinario abbia effetto erga omnes, la Finanza ha facolt autonoma di accertare con criteri propri la natura del negozio giuridico sottoposto a registro. (Comm. Centr. Imp. 12 febbraio 1951 Le Massime 1953, 203). In analogia al codice dirito l'istanza di revocazione proposta alla Commissione Provinciale sospende il termine per ricorrere alla Centrale fino alla notifica della decisione sulla revocazione (Oomm. Centr. Imp. S. U., 3 giugno1952, Riv. Trib. 1953, 655 con nota avv. Florio). -- L'inosservanza del termine per richiedere il rimborso di un'imposta indebitamente pagata, importa la decadenza dell'esercizio dall'azione di ripetizione successivamente proposta. (Trib. Ancona, 20 giugno 1953, Cont. 1418, Avv. Ancona). 251 (( SOLVE ET RPETE )), assolutamente eccezionale e limitata alle rare ipotesi in cui il fondamento dell'opposizione sia di intuitiva evidenza la deroga al solve et repete per insussistenza del credito prima facie. (~rib. Torino 20 maggio 1953, Cont. 10606, .Avv. Tormo). Per ~tabilre ai fini del solve et repete la qualit di imposta (domplementare o suppletiva) rilevante solo la natura intrinseca non la qualificazione data dall'Ufficio. (Trib. Lecce, 28 aprile 1953, Cont ....., .Avv. Lecce). . . L'eccezione di solve et repete va conoscmta prrma in quella di nullit della citazione per difetto ?-Jlegittimazione passiva dell'organo convenuto m giudizio. (Trib. Catania, 7 luglio 1953, Cont. 17925, .Avv. Catania). L'opposizione del contribuente a falliment.o fiscale soggiace al solve et repete. (Corte .App. Milano 18 marzo 1952, Riv. Prat. Trib. , 1953, II S08 con nota dott. Provini). L'impugnativa dell'ordinanza definitiva dell'Intendente di Finanza emessa ai sensi dell'art. 52 della legge n. 762 del 1940 sul'I.G.E. soggetta al solve et repete. (Trib. Lecce, 26 giugno 1953, Cont. 1602, .Avv. Lecce). Il solve et repete si applica all'opposizione alla ingiunzione per imposta di registro. (Trib. ?atania, 19 giugno 1953, Cont. 18169, .Avv. Catama). L'opposizione ad ingiunzione per imposta generale sull'entrata e relativa sopratassa, soggetta al solve et repete. (Trib. Catania, 7 luglio 1953, Cont. 17925, .Avv. Catania). Il solve et repete funziona anche in materia di imposta generale sull'entrata e la man~ata p;oduzione del certificato di pagamento del tributo impedisce l'instaurazione di un rapporto processuale. (Trib. Catania, 8 aprile 1953, Cont. 17369, .Avvocato Catania). Si applica il solve et repete alla sopratassa costituita dalla penale del 10 % per omesso o tardato versamento della tassa erariale riscossa da imprese di trasporto per conto dello Stato. (Trib. Torino, 13 maggio 1953, Cont. 642, .Avv. Torino). Si applica il solve et repete all'opposizione ad ingiunzione per il corrispettivo dell'uso di bombole per il metano dovuto a sensi dell'art. 10 legge n. 640 del 1940 all'Ente Nazionale Metano, avendo tal credito natura tributaria. (Trib. Genova 3 ottobre 1953, Cont. 19206, .Avv. Genova, cfr. Rassegna , 1953, pag. 131). suppletiva e perci sottratta al solve et repete la richiesta di un'ulteriore tassa pretesa per il trasferimento di un immobile sinistrato dalla guerra, (gi registrato con tassa fissa per l'attestazione del sindaco di danneggiamento oltre il terzo) quando un successivo accertamento del~'Ufficio Tecnico Erariale neghi tale estremo. (Trib. Torino, 17 settembre 1953, Cont. 5, Avv. Torino). IMPOSTE DIRETTE. L'Aziende autonome e la sottoposizione dei loro redditi all'imposta di Ricchezza Mobile, articolo prof . .A. D. GIANNINI (cc Riv. Dir. Fin. ? 1?53! II, 3 ; commento in >, 1953, 1341). La formula apposta in una permuta per la presente fornitura non va emessa fattura>> costituisce errore bilaterale di diritto, non volont .dell'Amministrazione contraente di esonerare dall'imposta generale entrata; nel qual caso peraltro sarebbe nulla, n varrebbe come promessa del fatto di un terzo. (Amministrazione finanziaria). (Trib. Roma, 15 giugno 1953, Cont. 1463/52, Avv. Generale). In materia di imposta generale sull'entrata la competenza del giudice ordinario, esclusi i giudizi di estimazione o di accertamento di mero fatto, piena per la quistione di legittimit obiet tiva o subiettiva del tributo. (Corte Cass., 15 giugno 1953, Riv. Leg. Fisc. , 1953, 1343). La non allegazione al verbale di accertamento dei documenti elencati, non ne vulnera l'efficacia probatoria. (Trib. Lecce, 26 giugno 1953, Cont. 1602, Avv. Lecce). esclusa la natura tributaria nel diritto fisso e nelle aliquote percepite dall'Ente Economico della Zootecnica per l'art. 14-a-b-c della legge n. 1723 del 1940; essi sono quindi soggetti a imposta generale sull'entrata. (Corte Cass. 22 giugno 1953, Riv. Leg. Fisc. , 1953, 1337). Le sovvenzioni volontarie a Istituti di Cultura sono comprese nell'eccezione di cui all'art. 1 legge n. 762 del 1940, essendo obbiettivamente oblazioni. (Corte App. Aquila, 24 febbraio 1953, Cont. 4874, Avv. Aquila). I contributi a un consorzio di irrigazione di utenti d'acqua soggiacciono all'imposta generale entrata; n ha rilievo il fatto che si tratti di semplice rimborso spese, poich l'imposta colpisce ogni pagamento per un servizio n necessario un fine di lucro o di arricchimento. (Corte Cass., 1 giugno 1953, Riv. Leg. Fisc. , 1953, 1341). CONTRIBUTI SPECIALI. Per la nave acquistata all'estero dovuto il diritto di licenza di cui al R.D.L. n. 894 del 1935, col passaggio della linea doganale ancorch venduta dal Governo Italiano a un armatoreitaliano. nulla la clausola di esonero da imposizione dei tributi contenuta nel contratto di compravendita tra il Governo e il cittadino, per contrasto con norme imperative. (Trib. Lecce, 17 gennaio 1953, Dir. e Giurispr. , 1953, 347). ESAZIONE. L'opposizine all'avviso di pagamento non impedisce l'emissione dell'ingiunzione fiscale. (Corte App. Lecce, 19 giugno 1953, Cont. 1217/29, Avvocatura Lecce). L'ingiunzione fiscale ha natura di atto amministrativo; il visto pretoriale ha solo natura di controllo di legittimit, quindi la mancanza nella copia della menzione del visto esistente nell'originale, noil motivo di nullit dell'atto (stessa sentenza). Nell'ingiunzione fiscale non richiesta, come lo invece la indicazione esatta della causale del versamento, la data dell'emissione. (Trib. Torino, 13 maggio 1953, Cont. 642, Avv. Torino). L'opposizione ad ingiunzione per imposta di registro non va proposta davanti al giudice dell'esecuzione ma davanti al Tribunale. (Trib. Torino, 20 maggio 1953, Cont. 10606, Avv. Torino} . RAPPORTI DI DIRITTO COMUNE DIRITTO CIVILE. L'iscrizione di un veicolo nel Pubblico Registro Automobilistico costituisce presunzione di propriet iuris tantum, contestabile perci con ogni mezzo di prova, non sono per sufficienti le infor -253 inazioni delle Autorit di Polizia giudiziaria che 11anno semplice valore di indizi insufficienti a viri.cere detta presunzione. (Corte App. Potenza, 18 novembre 1952, Cont. 174, Avv. Potenza). La presunzione della buona fede consistente nell'ignoranza dei vizi che afferiscono al titolo un principio generale del nostro ordinamento giuridico. (Trib. Lecce, 26 maggio 1953, Cont. 1312/11, Avv. Lecce). L'atto con cui un Comune cedette gratuitamente un immobile all'O.N.B. per fronteggiare la spesa obbligatoria della somministrazione dei locali ai comitati comunali dell'Opera. non (i donazione, ma se anche lo fosse, non sarebbe viziata da incapacit, !! data la finalit di pubblico interesse, da violenza morale (Corte App. Catania, 8 maggio 1953, Cont. 16588, Avv. Catania). L'atto di costituzione in mora non mezzo idoneo a interrompere l'usucapione. (Trib. Lecce, 26 maggio 1953, Oont. 1312/11, Avv. l.Jecce). PROCEDURA CIVILE. L'obbligazione che determina la competenza per territorio quando sia convenuta la Pubblica .Amministrazione (art. 25 c.p.c.) quella originaria (nel trasporto di persone quella di trasportare indenne il viaggiatore) non quella derivata o sostitutiva (risarcimento di danni per sinistro). (Trib. Roma, 30 aprile 1953, << Temi Romana n, 1953, 207). Se la data di comparizione contenuta in una citazione non corrisponde a quella destinata alla prima comparizione delle parti davanti all'istruttore e se il convenuto non si costituisca, va dichiarata la nullit della citazione. (Corte .App. Roma, 25 giugno 1953, Temi Romana n, 1953, 193). nulla e non sanata dalla costituzione per l'organo erroneamente citato, la citazione intimata, fuori Roma, al Ministero dei Trasporti in rappresentanza dell' .Amministrazione ferroviaria. (Tribunale Trento, 20 giugno 1953, Cont. 246, A vvocatura Trento). L'opposizione ad ingiunzione proposta nei confronti del direttore dell'Ufficio Atti Civili del Registro improponibile per difetto di legittimazione dell'organo convenuto. (Trib. Catania, 27 marzo 1953, Cont. 17384, Avv. Catania). La rappresentanza in giudizio dell'Amministra zione finanziaria spetta all'Intendente di Finanza e non al Direttore dell'Ufficio Atti Civili del Re gistro nei confronti del quale manca la legittima zione passiva. (Trib. Catania, 24 luglio 1953, Cont. 17997, Avv. Catania; Trib. Catania, 22 maggio 1953, Cont. 18119, Avv. Catania; Tribu nale Catania, 15 maggio 1953, Cont. 18182, .Avv. Catania). La stessa massima stata adottata P.er quanto riguarda la rappresentanza del Fondo per il Culto. (Trib. Catania, 26 . giugno 1953, Cont. 18070, .Avv. Catania). nulla e non pu essere sanata dalla comparizione, la citazione fatta in materia di imposte di fabbricazione, all'Ingegnere Capo dell'Ufficio Tecnico delle Imposte di fabbricazione, e non all'Intendente di Finanza. Ta.le difetto di legittimazione 3 processuale pu essere eccepito o rilevato d'ufficio in ogni stato e grado del processo. (Corte Appello Catania ... , Cont. 17449, Avv. Catania). La rappresentanza in giudizio di un Corpo di Vigili del Fuoco non spetta al Comandarnte ma al Presidente del Consiglio di Amministrazione. (Corte Cass. 17 giugno 1953, Cont. 1950/50, .Avvocatura Generale). L'Ufficio Stralcio di una soppressa confederazione fascista non organo dello Stato e non pertanto rappresentato dall' .Avvocatura dello Stato. (Trib. Salerno, 14 dicembre 1953 Dir. e Giurispr. n, 1953, 355, questione aperta). Quando il giudice civile decida su un'azione autonoma rispetto a un precedente giudizio penale concluso con assoluzione perch il fatto non costituisce reato, deve ritenere irrevocabili gli elementi di fatto che furono fonti di prova nel processo penale, riguardando la cosa giudicata non il solo dispositiyo ma anche la motivazione della sentenza. (Trib. Roma, 31 gennaio 1953, Temi Romana n, 1953, 219). Non c' litispendenza fra una procedura di esproprio in corso e una contemporanea azione di risarcimento danni per occupazione abusiva. (Trib. Trento, 30 aprile 1953, Cont. 586, .Avvocatura Trento). ammissibile l'intervento in causa dopo sentenza parziale purch prima della definitiva rimessione al Collegio. (Trib. Trento, 20 luglio 1953, Cont. 229, Avv. Trento). I documenti contabili del Banco di Napoli, malgrado la qualit pubblica dell'ente e dei suoi funzionari non hanno la funzione documentaria degli atti pubblici. (Corte .App. Lecce, 19 giugno 1953, Cont. 1217/29, .Avv. Lecce). La cosa giudicata formatasi tra le stesse parti e sulla medesima causa petendi vincola le parti, quando i presupposti di fatto e di diritto, siano gli stessi, anche se il petitum sia diverso. (Tribu nale Torino, 29 agosto 1953, Cont. 10789, Avv. Torino). Sono improcedibili le istanze proposte contro il contumace, se non gli sono state regolarmente notificate. (Trib. Trento, 20 luglio 1953, Cont. 229 .Avv. Trento). Non applicabile per analogia al decreto che liquida il compenso al consulente tecnico, il pro cedimento dell'opposizione a decreto d'ingiun zione. (Corte .App. Roma, 25 giugno 1953, Temi Romana n, 1953, 194). La notifica di un ricorso per cassazione al Capo Compartimento che rappresenta l'.Amministrazione ferroviaria nei gradi precedenti anzich al Ministro dei Trasporti d luogo ad una semplice irregola rit non a nullit. (Corte Cass., 27 febbraio 1953, .Arch. Rie. Giurid. n, 1953, 691). Il decreto del giudice di cui all'art. 619 c.p.c. deve essere notificato nel termine perentorio ivi stabilito anche al debitore esecutato, a pena di improcedibilit della azione per decadenza. (Pre tura Trento, 4 settembre 1953, Cont. 647, Avv. Trento). Per gli strumenti necessari all'esercizio di im prese capitalistiche, non vige l'impignorabilit statuita per quelli di coloro che vivono del pro -254 prio lavoro intellettuale o manuale. (Trib. Torino, 20 maggio 1953, Cont. 10606, Avv. Torino). Le parti lese che non abbiano ancora avuti liquidati i loro crediti per danni non possono opporsi alla esecuzione promossa da altri creditori aventi per l'art. 191 c.p. collocazione successiva; ma solo hanno diritto ad intervenire nel procedimento esecutivo affinch sia accantonata e depositata una somma approssimativamente congrua per soddisfare i loro crediti. (Trib. Ancona, 2T giugno 1953, Cont. 901, Avv. Aneona). DIRI'l"TO PENALE. Costituiscono falso in scrittura privata le aggiunte apposte falsamente per consumare un contrabbando, al foglio di transito di cui all'art. 5 legge n. 1253 del 1950 per regolare il traffico fra il Tirolo Settentrionale e quello orientale. (Tribunale Pen. Bolzano, 25 febbraio 1953, Cont. 723, Avv. Trento). < ricettatore colui ehe ottiene con estrema facilit una somma di denaro notevolmente sproporzionata alle povere condizioni del concedente, quando sia notorio che questi disponeva del danaro per esserne venuto in possesso per via illecita. (Trib. Pen. Bolzano, 23 luglio 1953, Cont. 76, Avv. Trento). Gli atti fraudolenti per fare evadere danaro all'estero e impedire allo Stato la disciplina e il controllo valutario costituiscono dopo l'abrogazione della legge speciale n. 1037 del 1939, truffa aggravata. (Corte App. Roma, Riv. Pen. i>, 1953, 853). La condotta dell'offeso nei delitti colposi e la motivazione delle sentenze >i articolo Avv. Loasses, ( Riv. Pen. n, 1953, 597). PROCEDURA PENALE. L'inammissibilit dell'opposizione a decreto pe nale non pu essere dichiarata al dibattimento ma deve esserlo prima del decreto di citazione. (Corte Cass., 15 aprile 1953, << Riv. Pen. n, 1953, 778). Non necessario un verbale di ricezione, ma basta per la validit di una impugnazione penale la data e firma apposti dal Cancelliere alla impugnazione ricevuta. (Corte App. Roma, 9 febbraio 1953, Temi Romana n, 1953, 227). QUESTIONI ATTINENTI AL P.N.F. Non basta per l'annullamento di un a.tto il particolare clima del fascismo occorrendo la prova della pretesa violenza secondo le caratteristiche dell'art. 1435 O.e. (Trib. Lecce, 26 maggio 1953, Oont. 1312/11, Avv. r~ecce). ATTIVIT CONNESSA CON LO STATO DI GUERRA -IiEQUISIZIONI. Il Prefetto e il Ministro dell'Interno non sono legittimati a resistere alle domande relative alla misura dell'indennit di un immobile requisito, tale capacit spettando solo ai soggetti tenuti al pagamento. (Corte App. Potenza, 11 dicembre 1952, Cont. 393, Avv. Potenza). Pur essendo la requisizione di un immobile, affine all'occupazione di urgenza, per la determinazione della indennit non segue lo stesso procedimento, bens quello particolare proprio in sede amministrativa, che non prevede termini di decad0nza. (Stessa sentenza). HEGIME VINCOLISTICO DELLE LOCAZIONI. Le proroghe delle locazioni non si applicano a quelle in cui per innesto di una parallela causa contrahendi la nascita o la permanenza del rapriorto sia subordinato a una qualit del locatario e dai rapporti di questo col locatario: ove questi siano venuti meno, e tuttavia sia stata proseguita la locazione, si avr per lo svincolo dalla parallela causa contrahendi, la sottoposizione della locazione alla progoga. (Trib. Lecce, 3 giugno, 1953, Cont. 622/30, Avv. lJecce). EDILIZIA. Quando il Genio Civile sia intervento su richies.ta del privato, non necessario l'atto formale per la legittimit della demolizione di un fabbricato pericolante per incursioni aeree. (Trib. Lecce, 21 luglio 1953, Cont. 307 /30, Avv. Lecce). LA R.S.I. La dichiarazione ministeriale di inefficacia di tutti gli ordini di servizio relativi alla circolazione di automezzi concerne le disposizioni generali con effetti permanenti, ma non colpisce l'ordine di impiego di automezzi rier l'esecuzione di altro ordine convalidato. (Corte App. Torino, 23 gennaio 1953, Foro Padano n, 1953, II, 72). OCCUPAZIONI BELLICHE Un atto di imperio delle Forze Alleate non risultante da scritto ma solo menzionato nel processo verbale tra l'Amministrazione Militare e un Comune che, in ossequio a tale atto, avrebbe conferito al Comune certe baracche in uso gratuito con obbligo di custodia e manutenzione, non legalmente provato; di conseguenza non sussiste responsabilit per il Comune per la distruzione delle baracche ad opera di terzi ignoti. (Corte App. Lecce, 30 aprile1 953, Cont. 79/30, Avv. r~ecce). FINANZA STRAORDINARIA L'avocazione dei profitti di contingenza, pur non escludendosi anche un fine sanzionatorio, ha natura tributaria. (Corte Cass., S. U., 16 luglio 1953, Riv. Leg. Fisc. n, 1953; 1378). Anche per i profitti di regime, quando ravoca zione subordinata a particolari condizioni o a mancata prova liberatoria, la sufficienza o meno della motivazione della Commissione Centrale denunciabile per cassazione. (Corte Cass., S. U., 16 luglio 1953, Riv. Leg. Fisc. ii, 1953, 1357). ., mr +li n ,oo m:mmm1 m: mm lWWW gz;;; WWWfiliE RASSEGNA DI LEGISLAZIONE I PROVVEDIMENTI SONO ELENCA.TI SECONDO L'ORDINE DI PUBBLICAZIONE SULLA GAZZETTA. UFFICIALE' 1. D.P. 25 giugno 1953, n. 492 (G. U., n. 155 S.O.): Nuove nomie sull'irrvposia di bollo. Si tratta delle norme emanate i11 l.Jasc alla delega legislativa contenuta nella legge 27 dit:embl'e 1932, numero 3596. Si veda in questa Rassegna, 1953, pag. 33. Da segnalare in particolar modo l'art. 8 il quale, a completa modifica delle precedenti norme in materia (ait. OR. D. 30 dicemb1e 1913, IL 3268) stabilisce che nel rapporti con lo Stato o con enti a questo parificati agli effetti tributari, la imposta di bollo, nonostante qualunque patto contrario, sta a carico esclusivo dell'altra parte. Non si applicano pertanto pi le norme contenutt' nell'art. 94 della vigente legge di registro (richiamato nel predetto art. \)' secondo il quale, nei rapporti con lo Stato, vi erano dei casi in cui la imposta non gravava sulla parte privata, e pertanto l'atto ne era praticamente esente. Nell'art. 59 della tabella ali. ) alla legge poi confermato che sono esenti dal bollo solo gli atti e contratti posti in essere tra due o pi amministrazioni dello Stato o di enti parificati per legge agli effetti tributa! i allo Stato. 2. D,P. 9 luglio 1953, n. 693 (G.U. n. 217): Auto1'izzazione all'Avvocatura dello Stato di assumere la rappresentanza e la difesa nei giudizi attivi e passivi davanti le au.torit giudiziarie, i collegi Mbitrali e le giu1isdizioni amministrative speciali del Comando in Capo !!'orze Alleate Settore Sud Europa, con sede in Napoli, e dei Comandi NAT0 da esso dipendenti stabiliti in Italia. L'autorizzazione all'Avvocatura alla suddetta difesa e rappresentanza in giudizio basata sugli articoli 48 in relazione all'_art. 43 del testo unico 30 ottobre 1933, n. 1611, considerandosi i Comandi sunnominati come rappresentanze di amministrazioni di Stato estere. ----------- mrmtmt.ffi.&iW.JZZ2ZZZZ?.t.m% %lZ&i%&2&2& XUZ :;::w;:;:;:;:;w:.J.:&W}J:@t:AfkMC&-1 &&&MZ& J 3% JJt.M: &J!&.:ii zwww :: m F ,mm;: m wz rn zqwf;i% rn srm = INDICE SISTEMATICO DELLE CONSULTAZI.ONI LA FORMULAZIONE DEL QUESITO NON RIFLETTE IN ALOUN MODO LA SOLUZIONE OHE NE ST.ATA PRESA AGRICOLTURA. -Se sia ammissibile l'intervento del Ministero dell'Agricoltura e Foreste nel giudizio proposto dall'ex proprietario avverso l'Ente di riforma fondiaria in punto all'espropriazione di un fondo (n. I). APPALTO. -I) Se l'esecuzione in danno di un contratto di fornitura o di provvista, disposta dalla P. A., possa considerarsi quale esecuzione del primitivo contratto (n. 177). -Il) Se, ai sensi del Capitolato generale d'oneri, di cui al D. l\II. 26 ottobre 1938, n. 882 (art. 41), la confisca della cauzione e l'esecuzione in danno, siano ricollegate al caso della rescissione del contratto (n. 177). -III) Se l'inosservanza, da parte dell'.Arruninistrazione, del termine di due mesi, stabilito dall'art. 7 del C. G. di Appalto per la stipulazione del contratto di appalto, dia diritto all'appaltatore di ottenere la liberazione degli obblighi assunti con l'atto di deliberamento (n. 178). -IV) Se la sospensione dei lavori, ordinata per lo studio di varianti e contenuta entro un periodo ragionevole di tempo, possa considerarsi legittima, ai sensi e per gli effetti dell'art. 35 del Capitolato Generale 00. PP. (n. 179). CASE ECONOMICHE E POPOLARI. --I) Quale sia il momento in cui sorge nell'assegnatario il diritto all'alloggio INA-Casa, agli effetti della trasferibilit del medesimo agli eredi in caso di morte dell'assegnatario (n. 42). -II) Se chi sia soltanto comproprietario di un'abitazione nella circoscrizione possa concorrere all'assegnazione di alloggi INA-Casa con promessa di vendita (n. 43). COMUNI E PROVINCIE. -I) Se l'Amministrazione dello Stato sia tenuta a risarcire i danni riportati da una guardia comunale mentre collaborava coi militari dell'Arma dei Carabinieri all'arresto di un pregiudicato (n. 46). -II) Se l'Istituto di Previdenza ed Assistenza per i dipendenti del Comune di Roma sia persona giuridica pubblica (n. 47). -III) Se i Comlmi possano accordare prestiti ai propri dipendenti contro cessione di quote di stipendio o di salario (n. 47). -IV) Se l'Istituto di previdenza e di assistenza per i dipendenti del Comune di Roma possa concedere prestiti ai dipendenti del Comune stesso contro cessione di quote di stipendio o di salario (n. 47). CONCESSIONI. -I) Se l'atto, con il quale l'Anuninistrazione FF. SS. concede, in applicazione dell'art. 7 del R.D.L. 25 gennaio 1940, n. 9, riduzioni tariffarie su merci spedite o ricevute, concreti llll contratto commerciale o una vera e propria concessione amministrativa (n. 34). -II) Se la concessione, con la quale l'Amministrazione FF. SS. concede, ai sensi della norma succitata, abbuoni di tariffa, appartenga al tipo di quello traslativo o a quello delle costitutive (n. 34). -III) Se il rapporto che scaturisce dall'atto di concessione suddetto, si instauri esclusivamente fra l'Amministrazione FF. SS. e il soggetto concessionario, mittente o destinatario, rimanendo del tutto estraneo il soggetto che in realt riceve la merce spedita dal concessionario o spedisce la merce ricevuta del pari dal concessionario (n. 34). -IV) Se, nel caso in cui il concessionario sia soltanto mittente o destinatario, sussista un solo rapporto, quello di concessione, ovvero coesistano due rapporti, l'uno di concessione, intercorrente tra l'Amministrazione e il concessionario, il quale potr essere il mittente o il destinatario della merce spedita, e l'altro scaturente dal contratto di trasporto posto in essere fra l'Amministrazione stessa e il concessionario o tra l'Amministrazione ed un terzo (n. 34). -V) Se l'esecuzione parziale, accordata dall'Amministrazione per le merci spedite o ricevute dal concessionario, sia di natura obiettiva o subiettiva, applicabile, cio, solo nei confronti di quel soggetto, che sia, al tempo stesso, parte del contratto cli trasporto e parte del rapporto scaturito dall'atto di concessione (n. 34). -VI) A chi spetti la titolarit del diritto cli reclamo diretto ad ottenere il rimborso delle tasse pagate senza che fosse applicato l'abbuono (n. 34). -VII) Se il diritto, costituito in capo al privato concessionario e tendente ad ottenere la riduzione della tariffa, sia soggetto alla prescrizione ordinaria o a quella am1uale discendente dal contratto cli trasporto (n. 34). CONFISCA.. -Quale sia l'efficacia del decreto di condono in materia di confisca (n. 12}. CONTRATTI DI GUERRA. ---Se per contratti di guerra definiti ai sensi dell'art. 1 D. L. 25 marzo 1948, n. 674, debbano intendersi quelli che hanno raggiunto una sistemazione <