( 6-7 GIUGNO-LUGLIO 1953 RASSEGNA MENSILE DELL'AVVOCATURA DELLO STATO PUBBLICAZIONE DI SERVIZIO S O l\tl M A R I O I. NOTE DI DOTTRINA I) A. P ALT.OTTINO : Rifiessioni sui limiti dei poteri del giudice nei confrO'Ylti della Pubblica Amministrazione, recensione critica, p. 141-144. ) M. ROTONDI: Istituzioni di Diritto privato, recensione critica dell'avvo- T: cato G. SANTANIELLO, p. 144-146. 3) F. CuooIA: In tema di ammissibilit di modifiche di ufficio ai piani urbanistici in sede di approvazione, recensione critica, p. 146. II. RAOOOLTA DI GIURISPRUDENZA I) Antichit e Belle Arti -Legge n. 1089 del 1939 -Applicabi).it del regolamento n. 363 del 1913 -Diritto di acquisto e di prelazione da parte dello Stato -Mancata comunicazione all'interessato nel termine di decadenza di due mesi -!n'lfficacia (Corte di Cassazione), p. 147-150. 2) Imposta di registro -Bonfica -Agevolazioni fiscali -Art. 8, L. R., 66 T. U. n. 3236 del 1923 e 88 T. U. n. 215 del 1933 -Mutuo stipulato da consorzio di bonifica -Estinzione -Assoggettamento alla sola tassa fissa di registro -Soccombenza dell'Amministrazione in controversia relativa a opposizione a ingiunzione fiscale -Articoli 45 e 148 tassa di registro -Condanna dell'amministrazione alle spese -Limiti (Corte di Cassazione), p. 150-151. 3) Repubblica sociale italiana -Tributi pagati in base a norma della medesima (Corte di Cassazione), p. 151-1112. 4) Requisizione -Danni da requisizioni operate dalle Forze Armate Alleate Giurisdizione (Corte di Cassazione), p. 152. III. ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI DELLE OORT! DI MERITO 1) Filiazione -Prova del matrimonio dei genitori premorti da parte del legittimato per susseguente matrimonio -Att.:> di nascita -Conformit del possesso di Stato (Corte di Appello 9.i Venezia), p. 153-158. 2) Imposta di R. M. -Azione giudiziaria -Decadenza, decorrenza, termine a quo (Tribunale di Ancona), p. 158-159. 3) Imposta di registro -Atti da registrarsi in caso d'uso, solidariet Ingiunzione, fondatezza della pretesa per motivi diversi, ammissibilit Legge 19 luglio 1941, n. 771, fornitura di cose costituenti l'ordinaria produzione industriale del fornitore, vendita e non appalto Art. 148 L. R. Assegnazione di termine a comparire superiore a 90 giorni -Irrilevanza (Tribunale di Roma), p. 159-160. IV. SEGNALAZIONI DI DOTTRIN-4 E GIURISPRUDENZA p. 161-167. V. INDIOE SISPEMATIOO DELLE OONSULTAZIONI, p. 168-170. ANNO Vl -N. 6-7 GruGNo-Luauo 1953 RASSEGNA MENSILE DELL'AVVOCATURA DELLO 'STATO PUBBLIVA.ZIONE DI SERVIZIO N OT E DI DOTTRINA A. PALLOTTINO : Riflessioni sui limiti dei poteri del giudice nei confronti della Pubblica Amministrazione. (Foro It. ))' 1953, I, 980 e segg.). Il caso preso in esame dalla Suprema Corte, e risolto con la sentenza 7 aprile 1952, n. 931, annotata dal Pallottino, era elegante. Un Comune procede all'occupazione di fatto di un terreno per costruire una strada, senza osservare le forme stabilite, per le occupazioni di urgenza, dalla legge sulle espropriazioni: e procede senz'altro alla costruzione dell'opera pubblica. I proprietari del terreno, lesi nel loro diritto dominicale, chiedono in via principale la restituzione del fondo. La Corte Suprema dichiara che la trasformazione del terreno in strada non provoca, di per s, il trasferimento della propriet del terreno al Comune: tuttavia esclude che il privato possa chiedere la retrocessione del fondo, non essendo ammessa nei confronti della Pubblica Amministrazione una condanna a risarcimento in forma specifica. Accoglie quindi solo la domanda subordinata dei proprietari al risarcimento per equivalente, in misura pari all'integrale valore del bene. L'annotatore rileva che una tale decisione lascia insoluto il grave problema della propriet del bene. Se il terreno, nonostante la trasformazione in strada, non ancora del Comune, ci si domanda di chi sia, anche dopo il pagamento dell'indennit. Probabilmente deve ritenersi che il terreno rimanga in una specie di limbo come terra di nessuno , fi.nch non si verifichi l'usucapione: ma anche questa soluzione non appaga, perch il verificarsi dell'usucapione richiede determinati requisiti, sui quali potrebbe influire la volont del privato, tuttora proprietario. In realt -osserva l'Autore -non esiste alcuna soddisfacente soluzione del problema, se non si ammette che il giudice ordinario possa, in casi di questo genere, far venir meno gli effetti dannosi dell'atto amministrativo illecito. Tutta la dottrina tradizionale sui limiti del sindacato del giudice, rispetto agli atti amministrativi illeciti, dovrebbe essere quindi, riveduta. Secondo l'A., non si sufficientemente considerato che l'art. 4 della legge sul Contenzioso amministrativo vieta al giudice di modificare l'atto amministrativo, non i suoi effetti. Questo divieto di modifica signifi,ca soltanto e ci meglio chiarito dall'art. 113 della Costitu zione -che il giudice non possa procedere allo annullamento dell'atto: ma i rapporti (cio, gli effetti) che sgorgano dall'atto non sono identifi, cabili con l'atto stesso. N potrebbe dirsi che una modifi,ca degli effetti si traduca necessariamente in una modifi,ca dell'atto: una compravendita rimane tale, anche se i suoi effetti vengono modi fi,cati da eventi successivi. Anche quando l'azione si esaurisca con la pro duzione dei suoi effetti (come di solito accade nei fatti illeciti della Pubblica Amministrazione) meno che mai il venir meno dell'effetto pu toccare la causa: essendo questa gi consumata, e come tale gi fuori del diritto. Neppure potrebbe negarsi il potere del giudice di rimuovere gli effetti dell'atto illecito, sotto il pretesto che si invaderebbe il campo riservato al potere esecutivo, al quale solo competerebbe apprezzare se l'interesse pubblico consenta, e quando, quella rimozione. L'interesse pubblico al mantenimento dell'atto tutelato dal fatto che tutti gli effetti di esso rimangono in vita, ad eccezione del solo effetto preso in esame dal giudice, ai limitati fini del giudizio. E poich que sto effetto antigiuridico, non pu permanere un interesse pubblico al mantenimento di un effetto illegale. A meno che non si voglia soste nere che l'interesse pubblico possa coincidere con l'illegalit: il che assurdo, almeno in un ordina mento che s.i propone di attuare lo Stato di diritto. L'Autore conclude che al potere (negativo) del giudice di rifi.utare l'applicazione di un atto ille. cito (art. 5 della legge sul Contenzioso) deve rispondere un potere (positivo) di rimuovere quelli gi prodotti. Ci, del resto, gi stato riconosciuto per ta luni casi, che la dottrina considera eccrezionali (ordine di retrocessione di terreni gi espropriati e non utilizzati; ordine di restituzione di somme). Questi casi, secondo l'A., non sarebbero che mani festazione di un principio generale, secondo il quale deve riconoscersi al giudice il potere di eli minare attivamente gli effetti dell'atto. -142 La teoria dell'egregio A., presentata con uno stile disinvolto e piacevole, semplicemente rivoluzionaria. Come tutte le teorie di questo genere, essa parte da affermazioni parzialmente vere, si snoda attraverso un ragionamento parzialmente esatto, per arrivare a conclusioni totalmente errate, eliminando progressivamente quel tanto di vero e di esatto che era posto a base delle premesse e delle argomentazioni. Esatta, ma solo in parte, la distinzione fra l'atto amministrativo ed i suoi effetti. L'argomento non certamente nuovo, e possono ricordarsi, al riguardo, alcune utili osservazioni del ROMANELLI (L'annullamento degli atti amministrativi, p. 13 e segg.). Ma la distinzione vien meno; sotto un profilo pratico, quando l'atto amministrativo si manifesta in un fatto illecito: perch in tal caso l'atto e la sua manifestazione sono tutt'uno, nella realt delle cose, ed eliminare gli effetti dell'atto significa distruggere l'atto. Dire che, in questi casi, la causa degli effetti (l'atto amministrativo) gi consumata, si esaurisce negli effetti, e perci fuori del diritto, non ha senso comune. La volont della Pubblica Amministrazione di produrre quegli effetti , invece, immanente in questi ultimi. Lungi dal consumarsi, normalmente l'atto amministrativo perdura finch voluto quell'effetto, cos come, nel caso del terreno arbitrariamente trasformato in strada, la volont di destinarlo a fini pubblici perdura finch dura l'opera pubblica e la sua utilizzazione. Senza dubbio vi possono essere atti ad effetto istantaneo, o quanto meno temporaneo, per i quali realmente l'atto si esaurisce nella sua manifestazione; ma parlare di potere di rimozione del giudice, rispetto a tali effetti, un altro controsenso: perch non si possono rimuovere effetti gi esauriti, cos come nessuna forza al mondo potr rendere infectum quod factum est. N gli articoli 4 e 5 della legge sul Contenzioso, e tanto meno l'art. 113 della Costituzione, consentono di affermare che il termine di cc annullamento sia ivi adoperato con riferimento al solo atto, lasciando al giudice un illimitato potere sugli effetti dell'atto stesso. Tutta la genesi della legge sul Contenzioso esclude questa interpretazione. , infatti, evidente che lo scopo di mantenere la separazione dei poteri e di evitare intralci all'operato dell'Amministrazione verrebbe totalmente frustrato, se il giudice potesse distruggere o rimuovere gli effetti dell'attivit amministrativa. Per quanto possa sembrare paradossale, sarebbe, anzi, di gran lunga pi grave e preoccupante una interferenza sugli effetti degli atti amministrativi, che non un platonico annullamento dell'atto, da cui quegli effetti traggono causa. L'art. 113 della Costituzione, d'altro canto, appare ancora pi restrittivo: non solo circoscrive il potere di annullamento agli organi tassativamente indicati dalla legge, ma aggiunge che siffatto potere pu esplicarsi solo nei casi e con gli effetti previsti dalla legge stessa: il che riconferma come anche la Costituzione abbia considerato l'annullamento nella sua portata pratica, e non come una semplice dichiarazione di invalidit di un atto astrattamente considerato, isolato dai suoi effetti. vero che la portata innovativa dell'art. 113 della Costituzione, gi messa in evidenza su questa Rassegna (retro, p. 10), estende la possibilit di un conferimento di poteri di annullamento anche al giudice ordinario; ma la Costituzione non crea ancora tali poteri. Essi sorgeranno solo dalla legge. Allo stato attuale della legislazione, i limiti stabiliti dagli articoli 4 e 5 della legge sul Contenzioso sono, quindi, del tutto operanti. Non contraddicono questa affermazione i casi della retrocessione coatta per mancato compimento dell'opera, nell'espropriazione per pubblica utilit, e della condanna alla restituzione di somma, che vengono ricordati dall'A. come manifestazione del potere di rimozione degli effetti dell'atto illecito. La sentenza di retrocessione (che non annulla il precedente trapasso, ma semplicemente provoca, con portata costitutiva, un ritrasferimento: Cass. 24 giugno 1947, n. 998), non importa necessariamente una condanna al rilascio; crea unicamente il titolo per l'azione del privato, azione che, in caso di non ottemperanza della Pubblica Amministrazione, potr per essere solo riparatoria (LUCIFREDI: Prestazioni obbligatorie in natura, vol. II, 313). La Corte Suprema ha precisato, d'altra parte, che l'azione del privato, in tali casi, non mai di rivendica (Cass. 19 dicembre 19'51, n. 2860, .Acque e bonifiche 1952, 430). Rivendicatoria potrebbe forse qualificarsi l'azione per ottenere la restituzione del fondo temporaneamente occupato, quando sia decorso il biennio: caso, codesto, preso recentemente in esame dalla sentenza 13 febbraio 1953, n. 369, delle Sezioni Unite, gi commentata su questa Rassegna (retro, p. 125). Ma in tutte queste particelari fattispecie, a ben vedere, sussiste un elemento caratteristico che si ricollega ad un accertato o presunto volere dell'Amministrazione di non ultimare l'opera pubblica (artivolo 63 legge sulle espropriazioni) o di non proseguire nell'espropriazione (art. 71 e 73). L'inutile decorso dei termini rappresenta, in entrambi i casi, un elemento rivelatore di volont della Pubblica Amministrazione: e, di fronte ad esso, una difforme volont della Pubblica Amministrazione, non potrebbe, secondo la Corte Suprema, rivestire l'oggetto di un semplice fatto materiale, come il protrarsi dell'occupazione. Quanto questa particolare conclusione sia discutibile, stato gi messo in rilievo (cfr. retro, p. 126). Tuttavia, non pu sfuggire come in siffatti casi, al pari di altri che si possono configurare, in sostanza il giudice tenda ad affermare la sussistenza di una limitazione della volont della Pubblica Amministrazione, tale da rendere irrilevante una successiva volont non espressa in determinate forme ed entro determinati termini. Ma se questa la portata dell'indagine del giudice in questi particolarissimi casi, sembra si debba concludere che la sentenza, la quale accerti l'inesistenza di una efficace contraria volont della Pubblica Amministrazione e da questa inesistenza deduca determinati effetti, in definitiva non si sovrappone alla volont formalmente espressa dalla Pubblica Amministrazione ma, in un certo senso, ad essa si adegua. D'altra parte, ove in tali casi, "indipendentemente dal semplice fatto materiale dell'occupazione, -intervenisse una dichiaraziqne esplicita di volont della Pubblica Amministrazione di ultimare l'opera pubblica, l'azione di rivendica non potrebbe certamente andare oltre all'accertamento della permanenza del -143 diritto dominicale: una condanna al rilascio sarebbe inammissibile. In tal senso la sentenza annotata dall'A., ed in tal senso la dominante giurisprudenza sia della Suprema ()orte (Sent. 5 agosto 1949, n. 2238, Giur. compl. Cass. civ. 1949, III, p. 1164; Sent. 6 dicembre 1952, n. 3125), sia delle magistrature di merito (cfr. richiami in Foro It. , 1950, I, 1027; Foro It. , 1952, I, 1098 e 1131). Non maggior pregio, neppure per la novit, ha il richiamo alla possibilit di sentenze di condanna a restituzione di somme, per dimostrare l'esistenza. di un potere del giudice di coartare la Pubblica A mministrazione. Gi il CAMMEO ravvisava nella condanna a prestazione pecuniaria una sostanziale revoca della volont della Pubblica Amministrazione di non pagare la somma richiesta (Commentario, p. 849). Ma il Cammeo rilevava giustamente che l'ammissibilit di simili sentenze poteva giustificarsi, pur rappresentando una eccezione all'art. 4, per la considerazione che una somma di danaro tipicamente fungibile, s che l'ordine di pagare non pregiudica, o pregiudica solo in misura trascurabile, il libero raggiungimento dei fini pubblici. In realt pu dirsi che essendo il danaro una semplice misura dei valori, ed essendo esso tipicamente un genus, una condanna al pagamento di somma non mai una condanna ad adempimento specifico. Infine, non pu concordarsi con l'A., l dove questi pone sullo stesso piano il potere di negare gli effetti dell'atto amministrativo illecito (art. 5 legge sul Contenzioso) ed il correlativo potere di rimuoverli. Nella disapplicazione dell'atto, il giudice si limita infatti a negare alla Pubblica Amministrazione la tutela giurisdizionale rispetto ad un atto che egli accerta come illecito. Ma la Pubblica Amministrazione non costretta a fare alcitnch, di fronte alla pronuncia del giudice: la sua volont rimane libera, nel senso che essa potr, se le esigenze collettive lo impongono, ancora applicare amministrativamente l'atto illecito. In altri termini, non la sentenza del g'iudice, ma solo la valutazione delle necessit pubbliche, determineranno il modo di conformarsi al giudicato. chiaro che tutt'altra situazione si verificherebbe se fosse ammesso un ordine positivo di ri.mozione. In tal caso, il giudice costituirebbe, a mezzo della propria decisione, la sostanza propria dell'atto amministrativo ... Formulerebbe la decisione con intento di equipollenza dell'atto amministrativo; che , per sua natura, infungibile n: e ci, secondo la incisiva espressione delle Sezioni Unite (Sent. 5 aprile 1949, n. 2238, loc. cit.) sarebbe dnconcepibile n. Anzi, l'accenno al potere di disapplicazione, proprio dell'Autorit giudiziaria ordinaria, permette di esattamente delimitare l'ambito delle due giurisdizioni (di annullamento o di merito) nella proposizione: Il potere di disapplicare esclude il potere di annullare, come il potere di annullare esclude il potere di disapplicare n (Oons. Stato, 28 giugno 1952, n. 1032, Riv. Amm. , 1953, II, 12;5; DEL Pozzo, Foro Anim. , 1952, I, 2, p. 146. Sui rapporti fra gli articoli 4 e 5 della legge sul Contenzioso, cfr. anche questa Rassegna, retro, p. 124). Infine, l'affermazione che l'interesse pubblico non possa esigere, in uno Stato di diritto, l'intangibilit e la permanenza di effetti dichiarati illegali, sol tanto una bellissima frase, o, se si vuole, un principio astratto. Tuttavia facile osservare che sul piano pratico, dove si muove l'attivit della Pubblica Amministrazione, un effetto pu essere illegale rispetto al privato, ed essere di importanza vitale per l'intera collet.tivit. Lo Stato di diritto, in questa ed altre consimili situazioni, deve assicurare un indennizzo (cio, una riparazione): non pu assicurare una rimozione degli effetti lesivi dell'atto illecito, assoggettandosi all'ordine del giudice ordinario e sacrificando gli interessi primari della collettivit. Neppure l'obbligo di conformarsi al giudicato, sancito nell'art. 4, 2 comma, rappresenta propriamente una esecuzione della sentenza. Anche nel soddisfacimento di questo obbligo l'Amministrazione ha infatti il potere, ed anzi, il dovere,. di contemperare l'interesse privato con l'interesse generale (cfr. retro, p. 5). Del resto, il caso della strada -dal quale partito l'egregio A., per avventurarsi poi negli impervi sentieri dei limiti della giurisdizione ordinaria pi che probante. In nessun Stato di diritto, crediamo, potrebbe ammettersi che gli interessi di un intero Comune, collegato finalmente con strada ordinaria ad altri centri abitati a prezzo di ingenti oneri finanziari, debbano cedere di fronte all'interesse del privato, che reclama il terreno su cui fu costruita la strada per disporne a suo arbitrio, anche mantenendolo incolto. E nessun giudice avrebbe considerato semplice e naturale n ordinare il rilascio, come suggerito nella nota dell'avv. Pallottino. D'altra parte, la fattispecie sulla quale il Pallottino ha voluto costruire tutta questa sua teoria ci sembra proprio la meno indicata, anche per quanto riguarda la pretesa insolubilit del problema della propriet del terreno. Oi sembra, infatti, che la condanna dell' Ammini strazione su richiesta del proprietario del terreno al pagamento di un equivalente, in danaro, della perdita del terreno (preferiamo questa espressione all'altra di risarcimento danni), costituisca un caso di vera e propria conversione del diritto di propriet. Il .caso della strada porta a conclusioni stravaganti, se -come tenta l' A. -lo si vuole ricondurre negli schemi del trasferimento consensuale di propriet, o negli schemi del trasferimento per decreto prefettizio, normale nella procedura espropriativa. Ma la legge conosce altri casi in cui un trasferimento di propriet si verifica automaticamente solo con il pagamento del prezzo, indipendentemente dal consenso del proprietario della cosa: tale il caso in tutt'altro campo -della specificazione, in cui l'artefice > con l'atto medesimo, il che implica un concetto ed una conseguenza ben diversa, ove si tenga mente alla disposizione di cui all'art. 238 Codice civile secondo, salvo il caso di supposizione di parto o sostituzione di neonato, nessuno pu reclamare uno stato contrario a quello che gli attribuiscono l'atto di nascita di figlio legittimo ed il possesso di stato conforme all'atto stesso; e parimenti non si pu contestare la legittimit di colui il quale ha un possesso di stato conforme all'atto di nascita. Da ci deriva la necessaria ed ovvia conseguenza della applicazione della disposizione dell'art. 240 sia alla ipotesi normale della figliolanza legittima, perch nata in costanza di matrimonio, nel qual caso l'atto di nascita ne indicher lo stato legittimo, che alla ipotesi della filiazione naturale legittima per susseguente matrimonio, nel qual caso, come ovvio, l'atto di nascita del figlio denunzier uno stato illegittimo del medesimo. Ed infatti, ci che nella ipotesi in esame ha sostanzialmente rilievo non l'atto di nascita in s e per s, ma la prova del possesso di stato di coniugi, concorrente con il possesso dello stato di figlio legittimo, e l'eccezione che a tale prova fa l'art. 240 vale anche per provare il matrimonio susseguente, quando da esso derivi la legittimit. La difesa dell'Amministrazione dello Stato afferma la non applicabilit dell'art. 240 alla filiazione legittima per susseguente matrimonio, perch ritiene che con esso si voglia provate maternit e paternit legittima; se non che evidente l'errore in cui essa incorsa, perch il titolo della filiazione legittima sempre quello indicato nell'art. 236, e cio, atto di nascita e possesso di stato, e la legge richiede la prova di possesso di stato di coniuge solo agli effetti della prova di matrimonio. Per tanto, come esattamente afferma il patrocinio degli appellanti, se il figlio, che legittimo perch legittimato, si trova, come nell'articolo 240, in condizione di non poter dare la prova della celebrazione con l'atto di matrimonio, il surrogato di questa prova dato dalla combinazione del possesso di stato di coniuge con il possesso di stato di figlio legittimo (perch legittimato), deve valere, per la medesima ratio legis, anche per il figlio legittimato, dato che, quando la prova di paternit e maternit gi nell'atto di riconoscimento, alla prova della legittimit non manca che la prova del matrimonio. Pertanto correttamente, come sopra si accennato, i primi giudici affermarono che, essendo pacifica la morte di entrambi i genitori della B. L., e non essendo necessario che il preteso possesso di stato legittimo della stessa fosse conforme al suo atto di nascita, il punto cruciale della causa era la prova del possesso di stato legittimo. Senonch, essi dopo tal~ esatta premessa, non hanno ritenuto di potere ammettere tale prova, perch, secondo il loro modo di vedere, pur ricorrendo nella specie tutti gli altri estremi voluti dalla legge, dagli atti, per, apparivano elementi sufficienti per escludere che la B. L. avesse avuto il possesso dello stato legittimo. Di tale decisione si dolgono gli appellanti, .e la loro doglianza si ravvisa pienamente fondata. Ed invero, secondo la definizione che ne d il legislatore all'art. 237 Codice civile il possesso di stato di figlio legittimo risulta da una serie di fatti, che, nel loro complesso, valgono a dimostrare le relazioni di filiazione e di parentela fra una persona e la famiglia a cui essa pretende di appartenere; dal che si deduce che il possesso di stato deve essere idoneo a provare non il mero rapporto di filiazione, ma il complessivo rapporto di parentela, caratteristico della filiazione legittima. Tale serie di fatti si riassumono in tre elemonti, che i trattatisti definiscono come: nomen, tractatus, fama, e cio: che la persona abbia sempre portato il cognome del padre che essa pretende di avere; che il padre l'abbia trattata come suo figlio ed abbia provveduto in qesta qualit al mantenimento, alla educazione ed al collocamento di essa; e che sia stato costantemente considerata come tale nei rapporti sociali e riconosciuta in detta qualit dalla famiglia. Ora, nella specie, dal complesso dei fatti, quali emergono dai documenti diniessi in causa e dalle prove dedotte degli appellanti appariva verosimile la tesi che la de cuius avesse goduto del possesso di stato di figlia legittima e che i genitori di lei avessero vissuto pubblicamente come marito e moglie, onde la prova, a tal fine dedotta, andava ammessa. Ed invero, non potevano essere considerati elementi decisivi, atti ad escludere senza altro il suddetto possesso le circostanze, che da uno stato di famiglia prodotto dalla convenuta Amministrazione risultava che la L. B. era iscritta nei registri della popolazione di Verona, ultimo domicilio della famiglia, quale figlia naturale riconosciuta ed i genitori di lei rispettivamente qua.li celibe e nubile; che negli atti di morte dei genitori stessi figurasse ancora il loro stato celibe e nubile, e che nella domanda di successione di morte del padre, la B. L. si dichiarasse figlia naturale del medesimo. Infatti, vi sono in atti una serie di altri documenti prodotti dagli appellanti che affermano il contrario, come il foglio di iscrizione nei registri della popolazione del M unicipio di Verona, in data 18 maggio 19 2}, nel quale B. G. e T. R. sono qualificati come coniugi e la B. L. come loro .figlia, lo stato di famiglia dei medesimi, in cui il B. G. dichiarato capo famiglia, la T. R. moglie e la B. L. figlia; carta di identit e passaporto della B. L., dai quali questa appare figlia di B. G. e T. R., senza alcun riferimento al suo asserito stato di figlia naturale. Pertanto, la contradditoria ed incerta documentazione non poteva costituire fonte esclusiva di prova per denegare, senz'altro, che la B. L. avesse avuto il possesso di stato di figlia legittima e che i suoi genitori fossero pubblicamente viventi come marito e moglie. Ci che nella specie era ed rilevante agli effetti della dimostrazione del possesso d:i stato, non una certificazione o qualificazione, pi o meno -satta, fatta da un pubblico ufficio o dalla stessa parte, ignara della esatta terminologia in materia di stato, ma il complesso dei fatti, nei quali si integrano gli elementi del nomen, del tractatus e della fama; e questo complesso di fatti non pu essere fornito se non dalla -155 viva voce dei testi, i quali abbiano avuto dimestichezza con la famiglia, a cui il figlio 'pretende di appartenere, e possono dire se e quali rapporti siano intercorsi tra genitori e figlio, quale la considerazione che se ne aveva nei rapporti sociali e nel parentado, e cos via. Ed ugualmente dalla viva voce dei testi, in mancanza di una certificazione completa., era possibile apprendere se i genitori della L. avessero vissuto pubblicamente come rnarito e mogz.ie; tale essendo l'estremo richiesto dall'art. 240 Oodiee civile perch sia dato la prova presuntiva del matrimonio, nella ipotesi disciplinata dal detto articolo. Pertanto, modificando la impugnata sentenza su tale capo, va ammessa la prova dedotta daJli appellanti sui capitoli all'uopo formulati, essendo essi pertinenti e concludenti, ed a tal fine, si dispone a parte, con analoga ordinanza. (Omissis). La surriportata sentenza troppo importante perch da parte nostra ci si possa esimere dal farla oggetto di qualche osservazione, bench sia stata variamente gi commentata in altre riviste (vedi: Orcu in Giurisprudenza Italiana 1953, I, 2, 221 e OONTURSI-I.JISI in Le Oorti di Brescia e Venezia 1952, p. 186 e segg.). Per rendere per pi comprensibile il nostro punto di vista, che si allontana da quello dei precedenti commentatori, sar utile accennare brevemente alle circostanze di fatto che dettere luogo alla controversia. Nel 1903 nacque a Londra una bambina, Lina B., la, quale -a quanto pare -non venne mai denunciata agli Uffici dello stato civile. Si sa solo che nel 1908 venne registrata come figlia di G. B. cittadino italiano e R. T. cittadina inglese. Nell'atto di registrazione i genitori non si qualificarono sposati n al nome della R. T. fu aggiunto la usuale locuzione in B., che, indica, anche in Inghilterra, una regolare unione matrimoniale. Successiva.mente la coppia si stabil in Italia e convisse more uxorio: la bimba rimase presso i genitori che l'allevarono, la educarono e l'istruirono. Nel maggio del 1933 venne a morte G. B. nella sua citt natale e nel 1937 mor anche R. T.; infine, nel 1940 decedette, nitbile, la figliola Lina lasciando un discreto patrimonio immobiliare ereditato dal padre. I fratelli di G. B., reputandosi eredi legittimi, pre sentarono denuncia di successione, ma l'Ufficio del registro, rilev'ato che la de cuius in occasione della morte del padre aveva presentato denuncia di succes sione dichiarandosi figlia unica naturale ricono sciuta , prese possesso del compendio ereditario a nome dello stato in forza dell'art. 586 Oodice civile. I pretesi eredi -contestato invano in sede ammi nistrativa il diritto dello stato a succedere alla loro pretesa nipote -lo convennero innanzi al Tribu nale di Venezia, dove, per la prima volta, sostennero che la de cuius doveva considerarsi non figlia natu rale riconosciuta di G. B. e R. T. ma figlia legittima, in quanto legittimata per susseguente matrimonio, assumendo che i genitori di essa si erano sposati a Londra prima di fare ritorno in Italia. Per, esistendo allora lo stato di guerra tra Italia e Inghilterra si trovavano impossibilitati a produrre l'atto di cele brazione. Il giudizio venne perci sospeso. Riassunto a guer.ra ultimata, gli attori -senza neppure darsi la pena di riferire quale esito avrebbero aviito le ricerche i;;, Inghilterra -sostennero di non avere obbligo di produrre l'atto di celebrazione del matrimonio dei genitori della de cuius essendo sufficiente dimostrare, al fine di adirne l'eredit, che essa aveva goduto "del possesso di stato di figlia legittima. Per cui, invocando l'art. 240 del Oodice civile, chiesero l'ammissione di una prova per testi diretta ad acclarare: che la de cuius durante la vita aveva portato il nome del padre; che in famiglia era stata trattata come figlia legittima; che nelle relazioni sociali da tutti era stata ritenuta tale. Il Tribunale, dopo avere ordinato l'integrazione del giudizio con l'intervento del P.JJ.I. ritenendo che il presupposto della domanda costituisse azione di reclamo di stato decise la causa risolvendola in fatto. Ritenne cio che dai documenti prodotti dalla Amministrazione resistente poteva tranquillamente escludersi la sussistenza di un matrimonio avvenuto all'estero tra i genitori della de cuius. Senonch portata la vertenza in appello, la Oorte di Venezia con la sentenza che si annota and in contrario avviso aflermado i seguenti principi: a) della prova ammessa dall'art. 240 Oodice civile per rivendicare la legittimit della prole nata durante il matrimonio, pu giovarsi anche la prole legittimata per susseguente matrimonio; b) alla stregua del suddetto articolo, deve rite nersi il possesso di stato di figlio non essere in oppo sizione con l'atto di nascita ogni qualvolta da tale atto risulti la maternit e paternit del figlio naturale. Noi ci permettiamo dissentire dal pensiero della Oorte Veneta. '" I) A parte la possibilit o meno di estendere l'art. 240, creato come mezzo autonomo di prova per stabilire la legittimit della prole nata durante il matrimonio alla prole legittimata poi per susseguente matrimonio -questione che esamineremo pi avanti -va osservato che l'art. 240 intanto pu avere applicaz'ione in quanto si discuta in giudizio esclusivamente della mancanza dell'atto della celebrazione di un matrimonio. La parola della legge appare sufficientemente chiara in codesto senso: la legittimit del figlio di due persone che hanno pubblicamente vi9suto come marito e moglie e sono morte ambedue non pu essere contestata per il solo motivo che manchi la pro va della celebrazione del matrimonio, qualora la stessa legittimit sia provata da un possesso di stato che non sia in opposizione con l'atto di nascita. Ordunque, per potere fare ricorso alla prova di un possesso di stato di figlio legittimo necessario -a nostro modo di vedere -che il giudizio verta semplicemente sull'assenza della prova della cele brazione. Oio il figlio di due persone che vissero pubblicamente come marito e moglie a dimostrazione della sua legittimit contestata non potendo produrre l'atto di celebrazione del matrimonio dei suoi geni tori, che, se non costituisce la prova determinante in materia costituisce certo la prova pi qy,_alificata, pu limitarsi a dimostrare di avere sempre goduta lo stato di figlio legittimo, purch tale stato non risulti in contrasto o in opposizione come si esprime la legge, con l'atto di nascita. Ma da tutto ci appare evidente che l'esistenza del matrimonio non deve essere messa in dubbio; pu mancare, cio, la prova -156 del fatto ma non si deve oontestare l' avvewimento del fatto. Ora, dal riassunto delle oiroostanze ohe dettero liwgo alla vertenza, si deduoe ohe la Pubblioa Ammini strazione oontestava, per l'appunto, l'esistenza del matrimonio tra i genitori della de cuius . .E fo oontestava: 1) peroh nessuna annotazione del genere esisteva nei registri dell' U ffoio dello stato oivile riguardanti gli atti del padre della de cuius oittadino italiano, vissuto e morto in Italia; 2) perch non risultava ohe fossero state fatte le pubblicazioni di matrimonio richieste dall'art. 100 del Codice oivile del 1865 (115 Codice vigente) anohe per i matrimoni seguiti in paesi esteri; 3) peroh il padre della de cuius era deoeduto celibe; 4) peroh la madre della de cuius era morta nubile giusta le risultanze dei registri atti di morte rilasoiati dal oomune di residenza; 5) peroh lo stato di famiglia proveniente dall'uffoio anagrafioo oertifioava ohe G. B. era celibe, ohe la R. T. era nubile e la figlia seoo loro convivente era figlia naturale riconosciuta; 6) peroh la madre della de cuius, oittadina inglese, non aveva mai assunto la oittadinanza italiana; 7) peroh la stessa de cuius in atti pubblioi si era qualificata figlia unica naturale riconosciuta; 8) peroh altre circostanze di non minor rilievo concorrevano a suffragare tale documentazione. A nostro avviso, dunque, nella specie non poteva trovare applicazione l'art. 240 in quanto si disputava sull'avvenimento del matrimonio tra i genitori della de cuius e non soltanto sulla mancanza della prova di detto avvenimento. Se l'art. ff40 avesse la portata che in effetti vi ha dato la Corte Veneta conseguirebbe che, attraverso una semplice. ed equivoca prova testimoniale (equivoca, in quanto . il nomen, il tractatus e la fama sono attributi comuni tanto al figlio legittimo che a quello naturale riconosciuto) si verrebbe indirettamente a dare la prova di un matrimonio la cui esis.enza forma oggetto di contestazione giitdiziale. S enonch tale estensione contrasta nettamente con l'art. 130 del Codice civile, il quale sanoisoe che il possesso di stato, qitantunque allegato da ambedue i coniugi, non dispensa, per reolamare il titolo di coniuge, dal presentare l'atto di celebrazione del matrimonio. Non riusciamo a vedere come sia possibile ammettere che al figlio di due persone, ohe abbiano convissuto come marito e moglie, la legge abbia oonf erito il potere di ricorrere ad una prova indiretta che il Codice nega invece categoricamente agli interessati. Peroh mai, morti costoro, l'art. 130 dovrebbe perdere di valore e la prova dell'esistenza del matrimonio dovrebbe potersi dare con un mezzo ritenuto inidoneo durante la vita dei coniugi? Tutto oi , quanto meno, contrario ad ogni ben ordinato sistema giuridico. La portata dell'art. 240 deve essere quindi -a nostro avviso -pi limitata. Condizione inderoga bile per avvalersene che la contestazione cada sulla semplice (per il solo motivo, dice la legge) mancanza della prova solenne del matrimonio (atto di cele brazione) senza ohe per altro non se ne contesti l'esi stenza. In altri termini, ohi reclami la qualit di figlio legittimo e non possa produrre l'atto di cele brazione del matrimonio dei propri genitori (pur esibendo tutti gli altri atti dello stato civile che tale celebrazione facciano supporre, ma che per altro non bastano attribuirgli la legittimit, peroh, in mancanza dell'atto di celebrazione impossibile stabilire se egli sia veramente nato durante il matrimonio), pu fare rioorso all'art. 240 ohe gli consente di provare attraverso un possesso dj stato non d.ifforme dall'atto di nascita, ohe egli veramente nato legittimo peroh come tale venne denunoiato nello stato civile. JJ:fa quando nella controversia si impugni il presupposto della legittimit, cio l'esistenza del matrimonio o di un matrimonio valido e regolare -il solo fatto giuridico realmente produttore di determinati effetti ebbene in tal caso non pu giovargli l'art. 240. nece~sario ohe produoa l'atto di celebrazione. Pu manoare la prova -scrive il BU'.l'ERA (Codice civile, commento, vol. I, p. 324 -che il matrimonio sia celebrato; ma essa si distingue dal fatto della celebrazione. Non defi,cit jus, sed probatio . II) Comunque, se l'art. 240 giova al figlio ohe reclami la legittimit non pu tale norma -a nostro avviso -estendersi in favare del figlio che assuma di essere legittimato per susseguente matrimonio. Ad esludere simile estensione basta tener presente la oollooazione ohe ha nel Codioe penale l'art. 240. Esso posto nella sezione II del capo I del titolo VII ohe riguardano esolusivamente la filiazione legittima e le sue prove. La sezione II a oui appartiene l'articolo 240 si intitola per l'appunto delle prove della filiazione legittima . La collocazione in questo caso, come in molti altri, se non pu ritenersi argomento risolutivo, oostituisoe tuttavia elemento interpretativo di somma importanza.. Il nostro Codice oivile, in ordine ai diritti delle persone e della famiglia, disciplina i singoli istituti separatamente e, per quanto concerne le prove, le indica istituto per istituto. Alloroh tratta del matrimonio dedica una intera sezione alle prove della sua celebrazione (articoli 130, 131, 132 e 133); allorch tratta della filiazione legittima vi dedica un'altra intera sezione (dall' articolo 236 all'art. 243); alloroh tratta della filiazione illegittima dedica alle prove di questa tutt'intero l'artioolo 270. Il legislatore sembra voler mantenere ben distinti gli istituti e i singoli sistemi di prove ad essi relativi. L'interprete non pu, a suo piaoimento, trasportare un sistema di prove concepito per un istituto nell'ambito di un altro istituto, peroh quel sistema di prove aderisoe soltanto a quell'istituto per cui stato oonoepito. A nohe per la legittimazione il legislatore ha indicato -sia pure concettualmente -le prove che si devono proditrre da colui ohe pretende di ottenere il riconoscimento di figlio legittimato. A ben considerare l'art. 290 d'uopo riconoscere ohe deve produrre l'atto di celebrazione del matrimonio dei genitori o il decreto del Capo dello Stato ohe tale qualit gli attribuisce. Infatti tale articolo testualmente cos concepito: la legittimazione avviene per sitsseguente matrimonio contratto dai genitori del figlio naturale o por decreto reale. Ora, appare chiaro che se la legittimazionv >. Solo gli atti contenenti codeste dichiarazioni servono allo scopo, perch costituiscono i titoli indispensabili per ottenere il riconoscimento della qualit reclamata. Senza la produzione di essi, il diritto non pu essere dimostrato attraverso prove che il legislatore previde e ammise per altri casi. ben strano che si debba chiedere l'atto di adozione e l'atto di riconoscimento a coloro che reclamano la qualit di figlio adottivo o di figlio naturale riconosciuto e non si debba richiedere il decreto di legittimazione o l'atto di celebrazione del matrimonio dei genitori a colui che reclama la qualit di figlio legittimato. Senza la possibilit di apprezzare convenientemente la validit e la efficacia dei titoli da cui dovrebbe derivare il diritto, non si pu -a nostro avviso -in questa delicata materia, nella quale la legge esige pi che la prova documentale addirittura la prova solenne, addivenire a dichiarazioni di diritto. III) Da tutto ci deriva che la Corte si allontana dall'armonico e logico sistema probatorio che, in ordine di diritti personali, ha concepito e realizzato il legislatore quando afferma che l'art. 240 costituisce deroga all'art. 130. Gli articoli 130 e 240 appaiono, invece, affatto interdipendenti e si riferiscono ad istituti diversi. In ogni modo, essendo, in materia di interpretazione delle leggi, vigente il principio che la norma di eccezione non pu trovare applicazione al di fuori del caso previsto, la sentenza pecca quanto meno di coerenza allorquando estende un'eccezione, che ritiene prevista per la prole legittima, alla prole legittimata per susseguente matrimonio. Ove si accettasse il concetto della sentenza, poggiato sul presupposto della eadem ratio legis, la disposizione potrebbe venire estesa anche alla filiazione adottiva che gode in fondo degli stessi diritti della prole legittima. Il che ci appare addirittura assurdo. Ma -secondo noi -la estensione non ammis sibile per una considerazione ben pi essenziale: la diversit della sit16azione in cui si trova la prole legittima e la prole legittimata. La prole legitti1nata nata durante il matrimonio mentre la prole legittimata nata fuori del matri 'monio. Diversit di origine che non pu mancare di avere conseguenze giuridiche se vero che ex facto oritur jus. Per chiarire il nostro pensiero ci si consenta di .richiamare in materia i concetti pi elementari. Oome la esistenza delle persone giuridiche si prova mediante la produzione degli atti di costituzione e di fondazione, cos la esistenza delle persone fisiche si prova mediante la p1oduzione dell'atto di nascita, il quale attribuisce ad ogni persona lo stato civile nel quale nacque e col quale fu denunciato. L'atto di nascita del figlio legittimo prova della sua legittimit (art. 236 Codice civile). E ne prova in quanto indica la madre che lo gener, il giorno e l'ora del parto, la persona cui la donna era legata in matrimonio. Tale prova, essendo derivata da dichiarazioni fatte innanzi ad un pubblico ufficiale, non pu evidente mente essere assoluta. L'atto di nascita perci costi tuisce non una prova certa ma una presunzione che pu essere impugnata da chi vi abbia interossee e vinta da prova contraria. N la produzione del l'atto di celebrazione del matrimonio dei genitori fatta dal figlio, di cui contestata la legittimit, vale a far divenire prova assoluta la suddetta presunzione. Perch ci possa accadere la legge richiede un ulte riore elemento: l'esistenza di 16n possesso di stato di figlio conforme all'atto di nascita (art. 2,18). Quando concorra codesto secondo estremo contro la presunzione scaturente dall'atto di nascita non pu muoversi impugnativa n dal figlio reclamando uno stato contrario n dai genitori o da altri per negare la legittimit (conf. DE RUGGERO: Istruzioni, vol. II, pp. 634-635). Ordunque, la prova della legittimit poggia su due pilastri: l'atto di nascita che la prova primordiale e che costituisce l'elemento essenziale e il possesso di stato di figlio legittimo che la prova di un fatto esistito ed esistente che conporta la prova documentale ed originaria. Quando entrambi i genitori sono morti, questo sistema rigoroso, in sostanza, non cambia in nulla. La prova della legittimit deve essere egualmente fornita mediante la produzione 'dell'atto di nascita e la prova dell'esistenza di un corrispondente possesso di stato di figlio legittimo. L'art. 240 si limita in fondo ad . esonerare il figlio dall'esibire l'atto di celebrazione del matrimonio dei genitori (la legittimit... non pu essere contestata per il solo motivo che manchi la prova della celebrazione del matrimonio JJ). Ma quando mai la produzione dell'atto di celebrazione servita a rendere assoluta la presunzione semplice derivante dall'atto di nascita? La produzione dell'atto di matrimonio non ha mai avuto in materia un valore decisivo. La legge riconosce valore decisivo a tale produzione soltanto in tema di reclamo di titolo di coniuge. Se, dunque, Vatto di nascita elemento essenziale per reclamare la legittimit del figli('); allor ch questa venga imputata, a noi sembra grave conce- pire che la norma dell'art. 240 possa estendersi alla prole legittimata per susseguente matrimonio perch l'atto di nascita di tale prole non pu essere conforme al possesso di stato. N pu avere rilievo il fatto che nell'atto _di nascita esistano le generalit del padre P?Z??? :::mg;:: P?Z??? :::mg;:: -158 e della madre. Un atto con tale contenuto potr assumere il valore di atti di riconoscimento di figlio naturale; ma. itn atto di riconoscimento di figlio naturale non basta a conciliare le risultanze del possesso di stato di cui all'art. 240 con l'atto di nascita. Il possesso di stato, infatti, diretto non a dimostrare la qualit di figlio naturale riconosciuto, ma a provare la qualit di figlio legittimo. Insomma, ove si voglia in questa materia veramente considerare alla stessa stregua la prole legittima e quella legittimata necessario che le rispettive prove assurnano l'identico valore giuridico. Oosicch come per il figlio legittimo richiesto che il possesso di stato corrisponda all'atto di nascita, cos per il figlio che si dichiara legittimato deve richiedersi un possesso di stato corrispondente all'atto di nascita. Ma ci non potr verificarsi che in un solo caso: che nell'atto di nascita esista gi una annotazione che certifichi dell'avvenuta legittimazione per susseguente matrimonio. Soltanto a questa condizione potremmo, ritenere accettabile quelV analogia di situazione che la sentenza ha inteso stabilire nel caso deciso. IV) A questo proposito la sentenza annotata fa due osservazioni. La prima questa: che se la legittimit risultasse dall'atto di nascita la questione non avrebbe ragione di essere e non sorgerebbe affatto e la seconda che il legislatore non a caso e non senza una precisa ragione, ha richiesto non la con formit del possesso di stato all'atto di nascita, nel caso di cui all'art. 240, ma solo che il possesso di stato non sia in opposizione con l'atto medesimo, il che implica un concetto ed una conseguenza ben diversi. Oirca il primo punto, abbiamo visto quanto erroneo sia l'assunto della Oorte la quale ha evidentemente dimenticato che l'atto di nascita, pur rafforzato dall'atto di celebrazione del matrimonio dei genitori non costituisce mai una prova assoluta, ma continua a rimanere una semplice presunzione impugnabile e vincibile da prova contraria; circa il secondo punto la sentenza non dimostra in che consista la differenza lessicale e logica della locuzione conforme all'atto di nascita e non in opposizione all'atto di nascita n quali siano i concetti e le conseguenze che derivano dall'uso distinto delle due locuzioni. Noi in verit non sappiamo vedere una apprezzabile differenza tra i due modi di esprimersi usati dal legislatore nell'art. 238 e nell'art. 240. conforme ci che non opposizione; in opposizione tutto ci che dissimile, contrario, contraddicente ad una determinata cosa. Il verbo opporre, opporsi, indica precisamente il concetto del respingere e nel negare. La dottrina tra i due termini non ha avvertito alcuna differenza. Il D'AMELIO, commentando l'art. 240, scrive: con tale articolo si rafforza la presunzione di leggittimit derivante da un atto di nascita conforme al possesso di stato, presumendosi che essa debba rimanere ferma anche se manchi la prova della celebrazione del matrimonio dei loro genitori (Commento al Codice civile, vol. I: Persone e Famiglia). E il TRABuccm a sua volta dice: il possesso di stato, come si accennato, non rilevante di fronte ad un diverso atto di nascita; ne convalida invece il contanuto quando sia ad esso conforme (Istituzioni, p. 238). Ma il bello che lo stesso legislatore -come bene ha rilevato la Oonttbrsi-Lisi nella nota surrichiamata -non ha dato cneppure aJcitn peso alle due forme d'espressione. Si legge infatti nella Relazione al Re: la norma contempla il caso in cui vi sia conformit dell'atto di nascita col possesso di stato ma faccia difetto il titolo fondamentale su cui la legittimit riposa, cio l'atto comprovante il matrimonio tra i genitori ... >> (p. 133). Oome si vede, non esistendo ness1bna sostanziale differenza tra le espressioni conforme all'atto di nascita >> e cc non in opposizione con l'atto di nascita >> da esse non possono discendere cc concetti >> e cc conseguenze>> ben diversi, che d'altronde la sentenza, dopo la generica enunciazione, non indica in nessuna maniera. Se, dunque, il possesso di stato, sia nel caso dello art. '238 sia nel caso dell'art. 240, deve essere conforme all'atto di nascita o non difforme da esso o non in opposizione con esso, come meglio piaccia dire, la norma contenuta nell'art. 240 non pu -come si detto -estendersi ai casi in cui l'atto di nascita deve essere necessariamente discordante con il possesso di stato. Si pu allevare, istruire, educare come figlio legittimo anche un figlio naturale il quale a buon diritto porta il nome del padre quando stato riconosciuto. Ma la legge non vuole confusioni: la legge a nostro avviso non ha inteso porre sullo stesso piano la prole legittima e quella legittimata, perch non esiste in materia la possibilit di identificarle. La prole legittimata gode s degli stessi diritti della prole legittima, ma non potr mai annullare il fatto di essere nata fuori del matrimonio, prima che questo venisse celebrato. E quante creature ricono sciute come legittime per susseguente matrimonio non sono figli di entrambi i genitori! Concludendo, a noi sembra che il legislatore abbia inteso costruire il seguente sistema: l'atto di nascita dal quale scaturisca la legittimit di una persona impugnabile da chi vi abbia interesse. Ma allor quando il figlio abbia un possesso di stato conforme all'atto di nascita nessuno pu impugnare tale atto. L'art. 240 come l'art. 238 ha in sostanza carattere meramente preclusivo allo scopo di rendere certo ci che per sua natura incerto. L'interprete che si allontani da questo sistema rischia di ,, 1953, 127). Quest'ultima decisione ha confermato che la responsabilit ex art. 46 legge espropriazione p. u. prescinde da ogni indagine sulla colpa. La competenza nelle controversie su un prov vedimento di espropriazione nell'esecuzione di opere attinenti alla utilizzazione delle acque pubbliche, stata ritenuta spettante al Trib. Sup. A.A. PP. (Cons. Stato, 31 marzo 1952. Foro Am.m.. n, 1952, I, III, 345). In tema di provvedimenti di urgenza si rite nuto che l'occupazione temporanea d'urgenza non debba essere preceduta dalla pubblicazione della domanda di dichiarazione di pubblica utilit e dal deposito del piano esecutivo (Trib. Sup. A.A. PP., 1 dicembre 1952. << Mon. Trib.,,, 1953, 157); e che l'illegittimit della protrazione ultrabiennale delle dette occupazioni ancorch con carattere di defi.nitivit, non esclusa dall'essere in corso la regolare procedura di esproprio (Corte App. Catanzaro, 3 marzo 1953. 1Mon. Trib. n, 1953, 137). Si ritenuto com.petente l'Autorit giudiziaria ordinaria a conoscere della controversia che in volge il diniego del diritto di espropriazione stante la soppressione dell'ente benefi.ciario (Corte Cass., 6 giugno 1952. <, 1952, I, III, 352). Si ritenuto necessario il previo accertamento penale per infliggere una sanzione disciplinare per un fatto costituente reato, solo se il fatto non abbia specifica relazione col rapporto di impiego (Cons. Stato, 18 aprile 1952. <, 1952, I, II, 184 con nota del dott. Nigro). Il licenziamento ad nutum di un dipendente da parte di un ente pubblico deve esser sempre ispirato a pubblico interesse (Cons. Stato, 31 maggio 1952. <i, 1953, I, 489 con nota del dott. Busca); che infi,ne quando l'Amministrazione disponendo diversamente dell'acqua abbia implicitamente escluso la possibilit di una rinnovazione della concessione non trovi .applicazione la proroga delle piccole utenze disposta con la legge n. 42 del 1952 (Trib. Sup. .AA. PP., 20 ottobre 1952. Foro Amm. , 1952, II, II, 23; <i, 1953, I, . 422 con nota del dott. Buzzatti). Si ritenuto infi,ne che qualora si adotti per la riscossione di un provento la procedura di cui al T.U. n. 639 del 1910, sia inapplicabile il solve et repete, anche se il provento abbia natura di tassa (Trib. Firenze, 24 gennaio 1953. cc Giur. Tosc. n, 1953, 179) abnorme. IMPOSTE DIRETTE. Si ritenuto quanto alla imposta di ricchezza mobile che il privilegio per l'anno in corso e pel precedente di cui all'art. 2759 O.e. si riferisca all'anno di produzione del reddito non a quello della iscrizione dell'imposta a ruolo (Corte Oass., S. U., 31 luglio 1952. <( Giur. It. n, 1953, I, 140); e che sia assoggettabile al tributo anche il reddito da attivit costituenti illecito e che l'accertamento (costituente giudizio di estimazione semplice) sussista ancorch l'intervento di tali attivit nella produzione del reddito sia precisato dopo la notifica del relativo avviso (Corte Oass., 30 luglio 1952. cc Riv. Trib. n, 1953, 113 con nota del professor Liguori). Dell'imposta sui fabbricati circa i beni demaniali scrive il prof. Uckmar nella nota a una sentenza contro la quale pende ricorso per Cassazione (<( Dir. Prat. Tribut. n, 1953, 140). IMPOSTE INDIRETTE. Relativamente alla tassa di registro, stato ritenuto che negli atti a contenuto molteplice, tutte le parti intervenute siano obbligate in solido al pagamento per intero della tassa anche in ordine a quelle parti di essa che riguardino disposizioni estranee alle proprie (Trib. Firenze, 18 dicembre 1952. Giur. Tosc. , 1953, 177); che la richiesta di una agevolazione tributaria; pu avvenire in sede di istanza tempestiva di rimborso, se la legge non abbia imposto una richiesta preventiva e documentata (Oomm. Oentr. Imp., 21 luglio 1952. (( Riv. Trib. , 1953, 110 con nota dell'av;v. Rastello); che anche la donazione assentita dagli ascendenti in contemplazione di matrimonio goda della riduzione della tassa a met (Comm. Prov. Imp. Siracusa, 18 dicembre 1952. cc Mon. Trib. n, 1953, 44); che i contratti di somministrazione di acqua, luce o gas allo Stato o Amministrazioni parificate siano registrabili solo in caso d'uso (Comm. Centr. Imp., 31 gennaio 1951. (< Riv. Trib. n, 1953, 95 con nota dell'avvocato Rastello). Sull'enfi,teusi in relazione all'imposta di registro ha scritto il dott. G. Liccardo ((( Riv. Trib. , 1953, 77). In tema di imposta sul capitale estero si ritenuto non costituire impiego di capitale estero in Italia soggetto ad imposta annuale la concessione onerosa di brevetto estero a una ditta nazionale (Corte App. Milano, 20 gennaio 1953. ((Foro Padano, 1953, II, 21). Ai fini dell'imposta di trascrizione ipotecaria le pertinenze (macchinario) sono state ritenute seguire l'immobile e dover essere comprese nel determinarne il valore (Comm. Prov. Imp. Milano, 22 dicembre 1952. cc Foro Padano n, 1953, I, 472). Sulla regolarizzazione tributaria di atti e documenti nel processo civile ha scritto l'avv. Greco ( Riv. Tribut. , 1953, 116) . CONTRIBUTI SPECIALI. Il canone di ricerca mineraria stato ritenuto aver natura di tassa ed essere perci dovuto anche in caso di mancato sfruttamento del permesso: peraltro la sua revoca ex tunc libererebbe il beneficiario dall'obbligo del canone ancorch gi maturato (Trib. Firenze, 24 gennaio 1953. cc Giur. Tosc. , 1953, 179). RAPPORTI DI DIRITTO COMUNE DIRITTO CIVILE. In tema di donazione si ritenuto che il motivo in essa espresso divenga condizion~ di essa e che. il mancato verificarsi ancorch per forza maggiore, produca la nullit della donazione (Corte App. Bari, 6 dicembre 1952. > 1953, 66). In materia di rapporto di lavoro si ritenuto che il giudice possa determinare, malgrado qualsiasi pattuizione, la retribuzione sufficiente del lavoratore, per essere l'art. 36 della Costituzione di carattere precettivo (Corte Cass., 21 febbraio 1952. Giur. It. , 1953, I, 147). .Ai fi.ni del privilegio del credito per avocazione allo Stato degli aumenti di prezzo nelle giacenze di cereali si ritenuta necessaria l'iscrizione nei ruoli (Trib. Fermo, 16 aprile 1952. Foro. It. , 1953, I, 894 con nota prof. Cocivera); abnorme. In materia di prescrizione si ritenuto che il termine di prescrizione di un danno da reato decorra in caso di estinzione dell'azione penale per amnistia dalla data di entrata in vigore del relativo, 'decreto non da quello dell'applicazione da parte del giudice penale (Corte .App. Milano, 24 aprile 1953. Foro It. , 1953, I, 828 con nota. cc Foro Padano, 1953, I, 498). Pressoch conforme Trib. Milano, 26 gennaio 1953; Mon. Trib. , 1953, 44. Invece il Tribunale di Padova, 3 luglio 1952; Corti Brescia e Venezia ll, 1953, 234 ha ritenuto, ove si tratti di reato procedibile a querela di parte, che il termine prescrizionale decorra non gi dalla scadenza del trimestredi che all'art. 124 C. p. ma dalla data della declaratoria giudiziale di estinzione del reato. In materia di decadenza si ritenuto che la citazione non la impedisca se il processo si sia estinto, e la domanda non sia stata riproposta nel termine di decadenza (Corte .App. Torino, 18 febbraio 1953. Foro Padano, 1953, I, 508 con nota pres . .Azzariti). In tema di fallimento si sono ritenuti obiettivamente inefficaci gli atti posteriori alla dichiarazione di fallimento, a prescindere dalla formalit di pubblicazione e trascrizione e dalla buona fede di chi abbia compiuti gli atti, e responsabile il curatore in proprio dei danni per omessa trascrizione nel P.R..A. della sentenza (Corte .App. Milano, 24 ottobre 1952. Dir. fall. e Soc. comm. n, 1953, II, 14); l'opposizione al decreto di esecutoriet dello stato passivo pu essere proposta solo secondo l'art. 98 legge fallimentare (Trib. Roma, 20 dicembre 1952. Dir. fall. e Soc. comm. n, 1953, II, 91). Con due contrastanti sentenze (16 gennaio 1953 e 31 dicembre 1952, Dir. fall. e Soc. comm. n, 1953, II, 81 con nota avv. Provinciali) il Tribunale di Roma ha ritenuto, e smentito, che il processo di accertamento di un credito pendente all'atto della dichiarazione del fallimento continui davanti al giudice che ne era investito senza che sia proposta la insinuazione fallimentare. PROCEDURA CIVILE. stato ritenuto inderogabile il foro dello Stato quand'anche non sia stato indicato il giudice ritenuto competente (Corte .App. Milano, 21 aprile 1953. cc Foro Padano, 1953, II, 37). Il procedimento attuato con la rappresentanza di un procuratore abilitato al patrocinio in altra circo CT77 23 -166 scrizione stato ritenuto insanabilmente nullo (Corte Cass., 18 settembre 1952. Giur. It. n, 1953, I, 130 con nota avv. Lanciani). Si ritenuto che cessato il fallimento di una societ di fatto in liquidazione riprenda corso quest'ultima e non ci sia luogo ad intervento necessario di tutti gli aventi diritto nella vertenza fra il nuovo liquidatore e i detentori delle attivit sociali, per la consegna di queste (Corte Cass., 30 novembre 1952. Dir. fall. e Soc. comm. , 1953, II, 12 con nota avv. .Auriti). In materia di spese giudiziali si ritenuto che possa essere condannato alle spese, da porsi a carico del Ministero Grazia e Giustizia e dell'Erario il P. M. che proponga una causa di stato pregiudiziale al processo penale e resti soccombente (Corte .App. Napoli, 19 agosto 1952. Foro It. n, 1953, I, 563); e che le competenze procuratorie siano liquidate con riferimento alle tariffe del tempo dell'attitazione e quelle d'avvocato a quelle del tempo della liquidazione (Corte Cass., S. U., 27 marzo 1953. Mon. Trib. n, 1953, 133). In materia d'appello si sono ritenute inammissibili eccezioni nuove se colpite da decadenza nel giudizio di primo grado (Corte .App. L'.Aquila, 3 giugno 1952. Riv. Giur. .Abruzz. n, 1952, 523); e improponibile l'appello immediato da parte di chi abbia fatto gi riserva di appello differito contro una sentenza parziale (Corte .App. Roma, 12 luglio 1952. Giur. It. n, 1953, II, 140). In materia di cassazione si sono ritenute incensurabili le regole generali sull'interpretazione del contratto (Corte Cass., 11 agosto 1952. Riv. Giur. .Abruzz. n, 1952, 521); e ammissibile come ricorso ordinario per motivi attinenti alla giurisdizione, un regolamento di giurisdizione improponibile per essere la causa gi stata decisa nel merito (Corte Oass., S. U., 25 marzo 1953. Foro Padano n, 1953, I, 474). In materia di esecuzione si ritenuta competente l'.Autorit giudiziaria ordinaria (giudice della esecuzione) a disporre la sospensione della esecuzione per rilascio in una opposizione a esecuzione di decreto legislativo (riforma agraria) impugnato per inesistenza di esecutivit (Pret. Codigoro, 8 gennaio 1953. Foro Padano n, 1953, I, 470). Si decade dal beneficio del gratuito patrocinio in caso di estinzione del processo (Trib. Napoli, 14 febbraio 1951. Giur. It. n, 1953, II, 179). La giurisdizione dei comandanti di porto oggetto di un articolo del presidente G . .Azzariti ( Riv. Dir. Navig. n, 1953, I, 1). DIRITTO PENALE. Il rapporto di causalit e la volont del colpevole sono oggetto di una nota del prof. Guarneri ( Giur. It. n, 1953, II, 57). La cessazione della qualit di pubblico ufficiale, irrilevante per l'art. 360 C. p. ai fini di un reato, stata ritenuta rilevante quando l'attivit prima pubblica sia stata dichiarata poi penalmente illecita, per la qual cosa non commette peculato ma appropriazione indebita l'ex segretario di fascio che si appropri di cose dopo lo scioglimento del p.n.f. (Corte .App. Napoli, 2 ottobre 1952. Rass. Dir. Pubbl. n, 1952, 352, con nota avv. Cuomo, p. 488). Si ritenuto commettere il reato di attentato alla sicurezza dei trasporti il custode di passaggi a livello che abbandoni per sciopero il servizio senza chiudere le sbarre (Corte Cass., 26 marzo 1952. Foro It. n, 1953, II, 64). stata dichiarata illegittima l'ordinanza prefettizia di che all'art. 2 legge P.S. che non ponga in evidenza ai fini dell'urgenza e della grave necessit pubblica una concreta situazione di pericolo, ma solo prospetti genericamente l'opportunit di evitare incidenti lesivi all'ordine pubblico (Corte Cass., 10 gennaio 1953. Riv. Pen. ))' 1953, II, 311). In materia di contrabbando si ritenuto che mentre costituiscono infrazioni regolamentari quelle commesse dal concessionario di coltivazione di tabacchi, costituiscono invece contrabbando quelle commesse dal concessionario autorizzato alla coltivazione (Corte .App. Brescia, 23 marzo 1953. Corti Brescia e Venezia, 1953, 275). PROCEDURA PENALE. Si ritenuto reato obiettivamente militare la collusione compiuta da militari della Guardia di finanza, ma soggetta alla competenza del giudice ordinario se vi concorrano estranei alle Forze armate (Corte Cass., S. U., 17 novembre 1953. Riv. Pen. , 1953, II, 289). QUESTIONI TRANSITORIE E COSTITUZIONALI EPURAZIONE. Si ritenuto che la decisione della relativa sezione speciale del Consiglio di Stato non possa revocare la dispensa, ma solo esprimere il giudizio sulla sussistenza delle condizioni della dispensa (Corte Cass., S. U., 12 luglio 1952. Mon. Trib. n, 1953, 82). GUERRA. In materia di ricostruzione di edifici distrutti dalla guerra si ritenuto che espropriante e legittimato passivo in caso di espropriazione di un'area condominiale a favore di un condomino sia solo costui sul quale grava l'onere delle relative indennit (Corte .App. Firenze, 12 dicembre 1952. Giur. Tosc. , 1953, 113); che il certificato del sindaco ai fini delle agevolazioni tributarie di cui ai DD. LL. n. 322 del 1945 e 221 del 1946 attesti solo il fatto storico del sinistro di guerra ma non vincoli l'.Amministrazione circa la misura del danneggiamento oltre il terzo (Corte App. Firenze, 20 marzo 1953. Giur. Tosc. n, 1953, 1.45), -e analogamente che l'entit dei danni attestati dal sindaco possano essere contestati con mezzi di prova idonei dall'.Amministrazione e accertati dal giudice con consulenza tecnica (Trib. Firenze, 17 febbraio 1953. Giur. Tosc. n, 1953, 190). IM EW222&&00l&i&& -167 R.S.I. E C.L.N. . Si ritenuto che solo il capo della provincia r.s.i. e non lo Stato sia responsapile in proprio della confi,sca dei beni ebraici (Trib. Brescia, 19 maggio 1952. ll'atto della nomina stessa (n. 329). -IV) Se, in base alla legge istitutiva della Cassa per il Mezzogiorno (legge 10 agosto 1950, n. 646) sia possibile un regolamento giuridico del personale o di parte del personale sulla base di un contratto di impiego a tempo indeterminato (n. 330). -V) Se possa assumersi personale per gli uffici periferici della Cassa del Mezzogiorno con contratto di impiego, a termine inferiore a quello stabilito per la scadenza del contratto di impiego del personale assunto negli uffici centrali (n. 330). -VI) Se agli ufficiali sospesi dall'impiego in attesa di giudizio e poi assolti perch il fatto non sussiste o per non aver commesso il fatto, debbano senza altro corrispondersi gli assegni trattenuti durante il periodo della sospensione precauzionale (n. 331). V) Se la corresponsione degli assegni arretrati agli ufficiali sospesi dall'impiego in attesa di giudizio, e poi prosciolti con formula diversa da quella piena, ivi compresa l'amnistia propria, debba avvenire solo a seguito di provvedimento amministrativo che escluda l'applicazione della sanzione disciplinare dalla sospensione dell'impiego o di una pi grave (n. 331). IMPOSTA DI REGISTRO. -I) Se possa ritenersi esistente il credito dell'appaltatore derivante da un atto di aggiudicazione tuttora sottoposto all'approvazione ministeriale (n. 86). -II) Se, agli effetti tributari, l'approvazione di un contratto possa parificarsi ad una vera e propria condizione sospensiva (n. 86). IMPOSTA SULL'ENTRATA. -I) Se l'esenzione tributaria, di cui all'art. 9 del D. L. 29 giugno 1947, n. 779, costituisca oggetto di una facolt discrezionale dell'Amministrazione, alla quale corrisponda, pertanto, un interesse legittimo, tutelabile solo davanti al Consiglio di Stato (n. 37). -II) Se sia applicabile il principio del solve et repete ove sia stata accordata la rateazione dell'imposta (n. 37). IMPOSTE E TASSE. -I) Se, in linea di massima, contribuente, nell'imposta di consumo, debba ritenersi il produttore o, in genere, l'introduttore al consumo delle merci oppure il consumatore (n. 209). -II) Se l'imposta di consumo sia dovuta nell'ipotesi in cui il produttore o introduttore al consumo sia assistito da un'esenzione soggettiva (n. 209). -III) Se sia legittima la clausola cc al netto di bollo e tassa , introdotta in un contratto tra una ditta fornitrice e la Pubblica Amministrazione, secondo la quale la Pubblica Amministrazione medesima, sia tenuta a rimborsare alladitta il tributo da questa pagato (n. 210). -IV) Se, ai sensi dell'art. 6 del D. L. 9 gennaio 1940, n. 2, sia opportuno per la Pubblica Amministrazione promuovere azione, in detti casi, per la ripetizione della somma rimborsata alla ditta (n. 210). -V) Se l'imposta di consumo dell'energia elettrica rientri nel novero delle imposte pagabili in abbonamento da parte dell'I.M.I., ai sensi dell'art. 8 del R. D. L. 13 novembre 1931, n. 1398 (n. 211). INFORTUNI SUL LAVORO. -I) Se la posizione del tirocinanti conduttori di caldaie a vapore presso una Manifattura tabacchi possa assimilarsi ai fini assicurativi a quella di operai, se maggiori dei 18 anni o a quella di apprendisti, se minori di tale et (n. 32). -II) Se una dichiarazione dei tirocinanti o degli esercenti la patria potest, in caso di et minore, sia sufficiente ad escludere l'obbligo dell'indennizzo assicurativo ove il danno abbia causa in un atto di negligenza o imprudenza imputabili (n. 32). -III) Se la legge io marzo 1950, n. 104, esplichi efficacia per i fatti avvenuti prima della sua entrata in vigore, ove non sia gi intervenuta la liquidazione del danno (n. 33). -IV) Se la norma dell'art. 2087 C.c.; concernente la tutela della incolumit fisica dell'impiegato privato nel suo ambiente di lavoro, indichi un principio generale da tener presentiin tutti i rapporti di lavoro, anche ai fini dell'onere della prova (n. 33). NOBILTA' ED ORDINI CAVALLERESCHI. I) Se possa ritenersi conforme alla norma costituzionale l'esistenza, formalmente dichiarata con provvedimento legislativo, del registro dei predicati, gi nobiliari e costituenti oggi parte del nome (n. 8). -II) Se, in seguito all'entrata in vigore della Costituzione, l'art. 42 del Concordato con la Santa Sede debba ritenersi caducato (n. 8). PENSIONI. -I) Se l'art. 119 della legge 10 agosto 1950 sulle pensioni di guerra, che ammette la revisione delle pratiche, comunque definite negativamente, vada applicato sia che a tale risultato negativo si sia giunti per rifiuto assoluto da parte dell'Amministrazione di concedere indennizzi o sussidi all'infortunato sia che tali indennizzi o sussidi non siano stati accettati dall'interessato perch da lui ritenuti inadeguati (n. 56). II) Se la normale azione di risarcimento danni, spettanti all'infortunato, che abbia avanzato richiesta di pensione o sussidio sia soggetta alla prescrizione normale secondo le norme del Codice civile in materia di responsabilit civile (n. 56). POSTE E TELEGRAFI. -Se la Banca, presentatrice per l'incasso dell'assegno postale in conto corrente, sia tenuta a garantire la regolarit dell'operazione, ai sensi degli articoli 126 e 127 del Regolamento 30 maggio 1940, n. 775, nonostante l'omissione della clausola ''per incasso (art. 126) e l'inesistenza delle obbligazioni di regresso (n. 32). RAPPORTI DI LAVORO. -Se il pagamento delle ore di lavoro ordinarie, straordinarie, notturne e festive, sia dovuto, ove esse ris.ltino effettivamente prestate, indipendentemente dalla corresponsione dell'indennit di trasferta, avente il fine di rimborsare soltanto le maggiori spese sopportate dal lavoratore, a causa della speciale prestazione di lavoro richiestagli (n. 2?). REGIONI. -Se lo schema di D. L. del Presidente della Regione Siciliana, concernente Aggiunte e modifiche alla legge 11 gennaio 1951, n. 25, recante norme sulla perequazione tributaria, possa dar adito ad impugnativa per motivi di illegittimit costituzionale (n. 39). mrn ML b Mli mrn ML b Mli -170 SINDACATI. -I) Se nel soppresso ordinamento sindacale fascista, i Sindacati avessero personalit giuridica autonoma e distinta da quella della Confederazione, cui aderivano (n. 19). -II) Se l'Ufficio Stralcio dells disciolta Confederazione fascista professionisti ed artisti sia. organo dello Stato (n. 19). -III) Se l'Ufficio Stralcio della disciolta Confederazione fascista professionisti ed artisti sia legittimato a stare in giudizio per gli enti gi aderenti alla Confederazione medesima e alla cui liquidazione preposto (n. 19). TRASPORTO. -I) Se l'Amministrazione sia tenuta ad accertarsi, per le operazioni di trasporto, delln effettiva titolarit dei diritti afferenti alle merci (n. 23). II) Se possa qualificarsi opposizione di creditore l'atto con il quale alcuno diffidi l'Amministrazione delle Ferrovie dello Stato a nn pagare, 1 inittei.te di una spedizione contro assegno, l'importo dell'assegno stesso, pagato non dal destinatario ma da esso diffidante al fine di rientrare in possesso della merce, che assuma essere di sua propriet (n. 23).