~lliffilf!M&~-~ ' ) APBJLE 1953 ANNO VI -N. 4 RASSEGNA MENSILE DELL'AVVOCATURA DELLO STATO PUBBLICAZIONE DI SERVIZIO SOMMARIO I. AR-TICOLI ORIGINALI Osservazioni sulla possibilit di uno Stato di esigere crediti tributari all'estero, dell'avv. P. PAONE, p. 77-89. II. NOTE DI DOTTRINA 1) F. FORTE: Sul trattamento fiscale delle attivit illecite, recensione ritica di G. OLMI, P 90-91. 2) P. D'ONOFRIO: Commento al Codice di procedura civile, recensione critica di A. Cmooo, p. 91-92. 3) FRAGALI e VARANESE: Codice delle leggi sulla industria e sul commercio, recensione critica di A. TERRANOVA, p. 92-93. III. RACCOLTA DI GIUR.lSPRUDENZA 1) Amministrazione Pubblica -Foro dello Statci -Intervento in causa (Corte di Cassazione), p. 94. 2) Amministrazione dello Stato -Ricorso per Cassazione -Notificazione (Corte di Cassazione), p. 94-95. 3) Appalti e forniture -Eccessiva onerosit -Pubblica Amministrazione (Corte di Cassazione), p. 96-98. 4) Pubblico impiego -Avventizio -Incarico interinale (Consiglio di Stato), p. 98. 5) Responsabilit civile -Automezzi alleati (Corte di Cassazione), p. 98. IV. ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI DELLE CORTI DI MERITO 1) Guerra -Forniture alle Forze Armate Alleate (Certe di Appello di Roma), p. 99. 2) Imposte e tasse -Navi Liberty -Diritto di licenza (Tribunale di Roma), p. 99-101. 3) Imposte e tasse -Agevolazioni tributarie per la ricostruzione edilizia (Tribunale di Roma), p. 101. 4) Obbligazioni e contratti -Crediti dello Stato -Compensazione (Tribunale di Trento), p. 101-103. V. RASSEGNA DI LEGISLAZIONE, p. 104. VI. INDICE SISTEMATICO DELLE CONSULTAZIONI, p. 105-108. ! ANNO VI -N. 4 APRILE 1953 RASSEGNA MENSILE DELL'AVVOCATURA DELLO STATO PUBBLIJAZIONE DI SERVIZIO OSSERVAZIONI SULLA POSSIBILIT DI UNO STATO DI ESIGERE CREDITI TRIBUTARI ALL'ESTERO SOMMARIO. -I. Premessa. Posizione del problema. 2. Il diritto internazionale tributario generale. Inesistenza di una norma internazionale relativamente alla esazione di crediti tributari all'estero. Il diritto internazionale tributario particolare. Cenni sull'assistenza internazionale tributaria. -3. Il diritto tributario internazionale. Caratteri differenziali tra esso e il diritto internazionale privato. -4. Critica di alcuni pseudoargomenti. -5. L'indagine giuridica ed extragiuridica del problema se le norme di diritto internazionale privato possano funzionare per il diritto tributario. Inesistenza di un ostacolo di ordine tecnico al detto funzionamento. -6. I concetti di territorialit e di inderogabilit di una norma. Sulla territorialit delle norme di diritto tributario in rapporto al nostro problema. Norme inderogabili e norme di ordine pubblico interno ed internazionale. Il principio c. d. di esclusivit dal diritto pubblico e il diritto internazionale privato. 7. Il principio di esclusivit: precisazioni suila ragion d'essere di esso. Il detto principio come principio informatore dell'ordinamento giuspubblicistico. Il rinvio di produzione giuridica e il diritto penale da un lato, il diritto tributario dell'altro; differenze, applicazioni. 8. Il diritto internazionale privato come diritto rivolto a disciplinare fatti della vita umana e privata. Sua inapplicabilit, per tale ragione, al diritto tributario. 9. Il problema della delibazione delle sentenze straniere in materia tributaria. Si prospettano gli argomenti pro e contro la soluzione affermativa. 1. Il problema della esazione di crediti tributari all'estero stato riproposto in un recente lavoro da Victor UcKMAR (1). Le osservazioni che seguono, mentre hanno preso occasione dal detto scritto, si propongono di mettere in evidenza alcuni aspetti del problema, internazionalmente rilevanti e non, che, nell'esposizione dell'U ckmar, non hanno trovato adeguato sviluppo o, addirittura, non sono stati posti. Da questo punto di vista, interessante notare come, all'insaputa dell'Uckmar, proprio uno studioso di diritto internazionale aveva dedicato la sua attenzione al tema dell'assistenza tributaria internazionale e, ribadendo quello che egli chiama principe gnral de la non-collaboration internationale en matire fiscale , era giunto a risultati completamente opposti. . Ci riferiamo all'articolo di Rolando QUADRI apparsosulla Revue gyptienne de droit international (2). (1) Esazione all'estero di crediti tributari, cc Giurisprudenza delle imposte dirette e di negoziazione , lugliodicembre 1952, col. 550 e segg. (2) Oonsidrations sur l'entr'aide fiscale internationale spcialement en matire de Oommissions rogatoires, loc. cit., 1951, p. 1 e segg. La fattispecie seguente: esazione da parte di uno Stato di un proprio credito tributario nel territorio di altro Stato, presenta due aspetti suscettibili di indagine. Un aspetto propriamente internazionalistico, consistente nel determinare se l'ordinamento internazionale contenga disposizioni al riguardo. appena il caso di notare che questo esame, sulla base della distinzione tra diritto internazionale generale e particolare, si deve poi risolvere in due diverse ricerche: se esista una valutazione in proposito e in forza della quale siano obbligati tutti gli Stati della comunit internazionale; se esistano valutazioni in proposito e in forza delle quali siano obbligati i soli Stati che hanno contribuito a porle in essere. Un aspetto propriamnte interno, consistente nel determinare quale modo d'essere assumano gli ordinamenti statuali rispetto al problema. Anche questo esame suscettibile poi di una duplice considerazione a seconda che si esamini quella parte degli ordinamenti statuali che ha esclusivo riferimento ai fatti di vita reale interna; ovvero quella parte dei medesimi che, sul presupposto della esistenza di Stati stranieri ovvero di fatti che a quella esistenza si ricollegano, ad essi si riferisce per qualche effetto, ed perci comprensiva.mente denominato diritto statuale relativo ai rapporti con l'estero, o, altrimenti, diritto interno in materia internazionale. Le pagine che seguono contengono alcune osservazioni, naturalmente non esaurienti, su tali problemi. 2. Il diritto internazionale tributario quella parte dell'ordinamento internazionale che attiene alla materia tributaria. A questa definizione potrebbero farsi molteplici precisazioni le quali, per, nell'economia del presente lavoro, risulterebbero superflue (1). Per i nostri fini basta precisare che nel diritto internazionale tributario opportuno isolare una zona di esso avente riferimento al modo d'essere di quella parte degli ordinamenti interni costituita dal diritto tributario, e di cui gli. Stati, internazionalmente, si presentano come gestori. (1) Su ci, UDINA: Il Diritto internazionale tributario, nel >, 1950, p. 422 e segg.; 1951, p. 66 e segg. (2) L'UDINA (op. cit., p. 428), definisce l'assistenza internazionale come quella forma di collaliorazione interstatuale manifestantesi attraverso l'attivit coordinata, ma distinta, di organiinterni di due o pi Stati, mirante di volta in volta ad attuare i fini di uno tra essi indifferentemente, fini trovanti rispondenza negli analoghi degli altri, aventi ugualmente diritto alla loro attuazione " -79 leranno la medesima classe di fatti. In tal caso avremmo una o pi norme sul tipo di quelle di diritto . internazionale privato operanti in materia tributaria (1). facile osservare per, tenendo presenti i risultati cui giunta la giurisprudenza interna richiamata, che tale possibilit, spontaneamente, non si tradotta mai sul piano positivo. Per essere organici, esaminando quella parte del diritto tributario in materia internazionale la cui posizione effetto di libera determinazione dello Stato, possibile ipotizzare in esso una serie assai varia di riferimenti a Stati esteri o a fatti con quest'ultimo collegati. Si pensi alla norma che dichiari soggetti ad una data imposta solo gli individui residenti nel territorio. Si pensi alla norma che escluda gli stranieri dal pagamento di una data imposta. Si pensi ancora alla norma che condizioni l'esercizio del potere di imposi zione al mancato esercizio dello stesso potere da parte di altro Stato. La circostanza per cui questa parte del diritto tributario internazionale pu essere differenziata dal diritto internazionale privato data dal fatto che la norme in essa con tenute hanno la sola funzione di determinare la sfera di applicazione di altre norme: quelle di diritto tributario poste direttamente dal legisla tore, mentre le norme di diritto internazionale privato hanno anche, o soltanto (2), la funzione positiva di produrre automaticamente nello stesso ordinamento norme sostanzialmente identiche a norme di un ordinamento straniero per la regola mentazione dei fatti in esse contemplati. In altri termini, le norme di diritto tributario internazio nale su specificate, facendo riferimento a certi fatti aventi carattere di estraneit, delimitano l'applicazione della norma tributaria interna e si fermano a questo risultato. Le norme di diritto internazionale privato provocano l'immissione di nuove norme nell'ordinamento (3). Volendo poi considerare quelle norme di diritto tributario internazionale la cui sussistenza deve riportarsi indirettamente ad un obbligo assunto dallo Stato rispetto ad altri Stati, deve dirsi che non si d'accordo sul tipo di rinvio a cui esse dnno luogo. Il FEnozzI, affrontando il problema del richiamo a norme straniere contenuto nelle norme di un ordinamento, nel caso di richiamo non unilaterale, accenna ad una delega reciproca degli Stati contraenti avente per oggetto la disci plina di certe materie, con impegno da parte del delegante di prestare la propria organizzazione giudiziaria per l'applicazione della norma che (1) Accogliamo l'opinione che vede nelle norme di diritto internazionale privato norme sulla produzione' giuridica automatica. Per le diverse opinioni in argomento si veda P AU: Caratteri del Diritto internazionale privato, Roma, 1951, cap. II, ed ivi interessanti sviluppi dell'Autore. (2) Non tutti gli AA. sostengono la duplice funzone delle norme di diritto internazionale privato; su ci, per un orientamento, MONACO: Manuale di Diritto internazionale pubblico e privato, Torino, 1949, p. 413 e seguenti. (3) Su ci, BULHER: Les Accorda internationaux concernant la double imposition et l'vasion fiscale, R. C., 1936, I, p. 455 e segg. NEUMEYER, cit. in NrnoYET, Les doubles impositions au point de vue juridique, R.C. 1930, I, pag. 45. l'altro Stato abbia dettato o detter, nella specie (1). Lo SPERDUTI classifica il richiamo delle norme in esame nel tipo di rinvio di produzione giuridica automatica (2). Il BARILE ha distinto il riferimento come rinvio a situazioni giuridiche concrete di diritto pubblico strniero al fine di costituire nell'ordinamento rinviante situazioni giuridiche concrete sostanzialmente identiche. In altre parole, mentre nel rinvio di produzione giuridica la norma straniera presa in considerazione per la immissione di norme sostanzialmente identiche ad essa, nel rinvio a situazione giuridica concreta, il fatto preso in considerazione sarebbe la situazione concreta di diritto pubblico straniero: es. atto di imposizione, e la conseguenza ad esso annessa non sarebbe il sorgere di una norma nell'ordinamento rinviante, ma di una situazione concreta il. cui contenuto ricalcato su quella gi verificatasi nell'ordinamento straniero (3). Non pare necessario, per queste brevi osservazioni, approfondire il problema . ..A. noi bastava, infatti, mettere in evidenza soltanto una circostanza negativa: l'inesistenza nel diritto tributario internazionale di norme le quali, come quelle di diritto internazionale privato, adempiano allo scopo di attuare nell'ordinamento cui appartengono una uniformit nella disciplina dei rapporti tributari aventi certi caratteri di estraneit. Anche se si ritenga che parte delle norme di diritto tributario internazionale operino con un rinvio di produzione giuridica, come quelle di diritto internazionale privato, esse non potrebbero attuare la relazione di uniformit se non con un ordinamento determinato. Pi specificamente, le differenze tra di esse e le comuni norme di diritto internazionale privato sarebbero le seguenti. Le prime: a) verrebbero formulate in adempimento di obblighi internazionali; b) attuerebbero un rinvio soltanto a determinati ordinamenti stranieri; e) riguarderebbero rapporti di natura tributaria. Non sfugge per che, anche con le precisazioni fatte, rimane sempre aperto il problema se, al di fuori dei riferimenti offerti dal diritto tributario internazionale, possa attuarsi un regolamento uniforme in due qualsiasi ordinamenti di uno stesso rapporto tributario concreto. evidente che una simile possibilit non potrebbe essere data se non dalle norme di diritto internazionale privato. Prima di esaminare pi da vicino la questione, bene rendersi conto della fondatezza di alcune affermazioni fatte in argomento. 4. Sarebbe erroneo dedurre, ai fini della responsabilit internazionale dello Stato, dal fatto che quest'ultimo abbia negato ad altro Stato di promuovere, nel proprio ambito territoriale, azioni giudiziarie per l'adempimento di un'obbligazione tributaria sorta nell'ambito dello Stato attore. Si detto, infatti, che ci costituirebbe un incen( 1) Il Diritto internationale privato. Teorie generali e diritto civile, nel Trattato " diretto dal Medesimo e S. Romano, p. 166 e segg. (2) La produzione di norme giuridiche mediante rinvio al d.iritto straniero, Torino, s. d., p. 51 e segg. (3) Appunti sul valore del Diritto pubblico straniero nell'ordinamento nazionale, Milano, 1948, p. 77 e segg. -80 tivo alla violazione delle leggi di un altro Stato e, quindi, sarebbe contrario al principio di diritto internazionale per cui nessuno Stato civile deve incoraggiare le violazioni delle leggi di un altro Stato (1). Questa affermazione ha molti punti di contatto -in quanto si pensi che l'azione non potrebbe avere effetto positivo perch inesistente una delle sue condizioni: una volont di legge che garantisca un bene all'attore -con l'altra la quale ritiene l'esistenza di un dovere internazionale dello Stato di emanare norme interne in materia di diritto internazionale privato. Ma, in realt, non esiste obbligo internazionale dello Stato di riconoscere l'ordinamento di cui ciascun altro portatore; n, corrispondentemente, obbligo del medesimo di annettere efficacia, nell'ambito da esso controllato, alle altrui leggi (2). Detta esistenza smentita dalla esatta opinione per cui il diritto internazionale non impone agli Stati di adottare un proprio diritto internazionale privato (3). da notare poi che la tesi contraria, in una delle sue formulazioni, in quanto affermerebbe la necessit del. riconoscimento da parte di uno Stato degli ordinamenti giuridici di cui gli altri sono portatori, non potrebbe che contrastare con la soluzione dualistica dei rapporti tra dirittolinterno e diritto internazionale (4). Per quanto precede, nessuna rilevanza"pu, a m.aggior ragione, annettersi poi al principio rilerito, ove lo si esamini solo sotto il profilo della sua eventuale idoneit a mettere.:._in pericolo lefficacia della legge straniera (5). .Altrettanto erronea ci sembra la distinzione tra esercizio del potere di imposizione ed esercizio del potere d'azione da parte dello Stato per il recupero della somma all'estero, ai fini di escludere che quest'ultimo, a differenza del primo, costituisca una manilestazione di sovranit la quale, non essendo consentita in ambiti controllati da altri Stati, sarebbe dai considerarsi illecita (6). indubbio infatti che la potest dello Stato sugli individui deve ritenersi, internazional (1) Cos UoKMAR, op. cit., col. 554, argomentando dal principio (nel testo, tra virgolette) enunciato dal CHENEY HYDE; International Law, Boston, 1922, p. 2119. (2) FEDOZZI, op. cit., p. 115 e segg. , (3) QUADRI: Funzione del Diritto internazionale privato, Archivio di Diritto pubblico, 1936, p. 338 e seguenti. (4) Perspicue pagine ha dedicato a questa dimostra. zione il BALLADORE-PALLIBRI: La natura della potest dello Stato sugli individui, Torino, 1932, Questo A. dice poi, con esattezza, in un'altra opera (Diritto internazionale privato, Milano, 1950, p. 18): Lo Stato non reputa sussistere alcun omaggio o alcuna offesa alla propria sovranit per il fatto che uno Stato straniero applica o non applica una sua legge . (5) Mentre da un indirizzo giurisprudenziale che neghi la proponibilit dell'azione nulla dato di concludere, il contegno diretto ad incoraggiare la violazione dell'altrui legge, contegno positivo, che potr risultare anche da una sola sentenza, originerebbe una responsabilit dello Stato solo ove esso potesse considerarsi lesivo di un distinto diritto dello Stato attore, per es.: il diritto che quest'ultimo ha alla sua dignit. Ma saremmo manifestamente fuori del campo di cui trattiamo. (6) Cos ancora UcKMAR (op. cit., coll. 554 e 555), o almeno in maniera non chiara relativamente alla distinzione fatta nel testo, per confutare una posizione assai comune in giurisprudenza. mente, un'attivit materiale, un comportamento (agere) dello Stato. Qualsiasi costruzione che voglia essere coerente con i principi dualistici deve attribuire alla potest d'impero dello Stato una rilevanza diversa da quella che la medesima ha nel diritto interno; il he assicurato quando essa venga internazionalmente considerata come attivit giuridicamente rilevante perch contenuta in un diritto soggettivo e non giuridicamente rilevante perch esercizio di un potere giuridico indirizzto ad individui (1). Ma se la sovranit, internazionalmente, potere di coercizione, per il diritto internazionale indifferente la potest di imposizione il cui esercizio, ove non si specifichi in attivit materiali: es. quelle dirette all'accertamento in loco dell'imponibile, da ricomprendersi nelle manilestazioni della potest di comando. Ingiustificata risulta dunque la contrapposizione tra esercizio della pretesa all'ammontare dell'imposta accertata, manilestantesi nell'esercizio della azione davanti a tribunali esteri, e esercizio del potere d'imposizione, per mettere in risalto che la prima, non consistendo in una mantlestazione di sovranit, non pu considerarsi vietata in linea di principio negli altrui territori. Il problema non pu porsi in termini di sovranit, rispetto alla quale categoria -ripetiamo -il potere di imposizione, come qualsiasi altro potere giuridico rivolto ad individui, pu denominarsi, usando una caratteristica espressione del BALLADORE-PALLIERr, un programma di future azioni ; ma deve porsi, avendo riguardo al credito tributario, come proble~ a delle relazioni tra quest'ultimo in qualit di fatto avente certi caratteri di estraneit e l'ordinamento dello Stato in cui si chiede che ad esso venga attribuita rilevanza giuridica. Non si esclude, peraltro, che, come sar detto in seguito, potrebbe farsi applicazione della distinzione tra esercizio del potere d'imposizione e conseguenza di tale esercizio, cio rapporto tributario concreto, ma la distinzione medesima, come sar chiaro oltre, opererebbe allora a tutt'altro riguardo. 5. Nell'esaminare se la norma di diritto internazionale privato possa funzionare con l'effetto di produrre l'immissione nell'ordinamento cui appartiene di una norma di diritto tributario straniero, bene tenere distinte le considerazioni di tecnica giuridica da quelle di convenienza, di opportunit o altre, le quali hanno influito soprattutto sull'indirizzo della giurisprudenza in argomento. Per quanto riguarda queste ultime, innegabile che alcuni fattori non trascurabili hanno ostacolato e continuano ad ostacolare la realizzazione all'estero di crediti tributari. In senso negativo, ha operato la previsione della necessaria discriminazione tra le azioni proponibili dallo Stato estero in relazione al pericolo che quest'ultima avrebbe rappresentato per l'amichevole andamento dei (1) Questo problema trattato in un nostro lavoro di prossima pubblicazione, intitolato: Contributo alla determinazione della posizione dell'individuo rispetto allo ordinamento internazionale, Per ora, si veda, BARILE; I diritti assoluti nell'ordinamento internazionale, Milano, 1952, p. 103, nota 10 e p. 122 nota 43. -81 rapporti tra Stati (1); si tenuto conto anche della mancanza di un corrispettivo per il servizio .reso allo Stato estero e di un indebolimento, invece, della situazione economica dello Stato richiesto (2), senza che, come contropartita, abbia potuto manifestarsi la funzione del principio di reciprocit (3). Ma facile notare che a questi argomenti sarebbe facile contrapporne almeno altrettanti uguali e contrari, tali da portare a tutt'altre conclusioni. Noi peraltro, si ripete, non ci proponiamo di risolvere il problema di politica fiscale o simili (4), sibbene di accertare quali difficolt e di quanta consistenza, rimanendo immutato il sistema di diritto tributario internazionale come specificato pi sopra, si incontrerebbero nell'applicazione del diritto internazionale privato nella materia che ci occupa (5). Il verificarsi dell'ipotesi che la norma di diritto internazionale privato immetta nell'ordinamento nazionale norme di diritto pubblico straniero, e, in particolare, norme di diritto tributarfo, non incontra alcuna difficolt di ordine tecnico ove si abbia riguardo appunto alla tecnica del funzionamento della prima norma: l'appartenenza della norma all'ordinamento pubblico non tale da impedire il funzionamento del rinvio di produzione giuridica automatica. Con ci, certo, il problema lungi dall'essere risolto. Tra l'altro, rimane ancora da accertare se la qualificazione di diritto pubblico della norma straniera possa avere l'effetto di porre in essere un ostacolo esterno all'attuazione del collegamento. L'inapplicabilit all'estero di una norma di diritto pubblico potrebbe infatti derivare da qualche pi generale principio attinente a quella parte degli ordinamenti giuridici interni costituita dal diritto pubblico. L'inidoneit della norma di diritto pubblico ad attuare all'estero lo scopo per cui essa stata emanata potrebbe allora risultare non gi dal meccanismo di collegamento tra due ordinamenti dati, ma dalla circostanza che la norma del cui richiamo si tratta (1) DrcEY, citato in WORTLEY; Problmes soulevs en Droit international priv par la lgislation sur l'expropriation, R. C., 1939, I, p. 418. (2) WoRTLEY, op. cit. (3) Sulla reciprocit in materia fiscale, QUADRI, op. cit., p. 15. (4) Per tali questioni, GRIZIOTTI; L'imposition fiscale des trangers, R. C., 1926, III; EINAUDI; La coopration internationale en matire fiscale, R. C., 1928, V. (5) Desta meraviglia che il BERLIBI (Principi di Diritto tributario, vol. I, Milano, 1952, p. 105) non accenni neppure alle di:ffi.colt del problema e dia per assolutamente sicuro che fino a pochi anni fa il Diritto tributario non aveva proprie norme di rinvio: quindi si applicava la regola comune secondo la quale le obbligazioni ex lege (quali appunto le imposte) sono rette dalla legge dello Stato in cui avvenuto il fatto giuridico... ! Ma c' di pi. Con l'attacco del periodo fino a poco tempo fa (e cio, per l'A., il periodo anteriore a quello delle stipulazioni di convenzioni internazionali in materia di assistenza tributaria) fa pensare che, secondo lui, oggi, l'esistenza di norme convenzionali sarebbe di ostacolo al funzionamento del Diritto internazionale privato anche in rapporto agli ordinamenti degli Stati che :qon hanno partecipato alle convenzioni! E da notare ancora che l'UCKM.A.R mentre respinge la seconda conclusione del Berliri, neppure lui accenna ad alcun dubbio relativamente alla prima (op. cit., coll. 555 e 556).. appartenga al diritto pubblico. Un'indagine sui concetti di territorialit e inderogabilit di una norma, si presenta perci come condizione del proseguimento di queste osservazioni. 6. Il termine cc territorialit >> di una norma o di un gruppo di norme, che non esclusivo del diritto pubblico, polisenso. Scartato l'uso del termine extraterritorialit di una norma per indicare che l'efficacia di cui questa appare dotata nell'ordinamento di uno Stato e< si prolunghi nell'ordinamento di un altro >> (1), cio, che una norma, pur rimanendo immessa in un ordinamento straniero, produca in quest'ultimo gli effetti che le sono propri in quanto canone di valutazione appartenente ad altro ordinamento, il che contrasterebbe con il principio della relativit dei valori giuridici, la qualifica di territoriale attribuita ad una norma pu riguardare sia gli eventi che ne condizionano il funzionamento sia l'attuazione degli effetti che discendono dalla valutazione in cui quella consiste. Nel primo senso, la norma sar territoriale in quanto certi fatti sono da essa contemplati soltanto se in qualche modo collegati con l'ambito territoriale dello Stato; stato osservato che in tal caso: cc Lo spazio viene, cosi, a costituire una condizione per la giuridicit del fatto (2). Nel secondo senso, la norma sar territoriale in quanto il mezzo o i mezzi predisposti per reintegrare l'interesse leso, protetto dalla norma, possano praticamente attuarsi solo nell'ambito dello Stato portatore dell'ordinamento giuridico al quale la norma in oggetto appartiene. Con queste precisazioni, agevole delineare il correlativo concetto di extraterritorialit. Quest'ultimo pu significare che i fatti contemplati da una data norma, in qualunque luogo si verifichino, producono l'effetto di determinare il passaggio della medesima da valutazione astratta a valutazione concreta; oppure che essa suscettibile di essere, praticamente, materialmente attua,ta (sia in quanto implichi esercizio del potere di coercizione sia in quanto implichi esercizio del potere di comando) all'estero, intendendo per estero non tanto gli ambiti spaziali non soggetti ad alcuna, sovranit (spazi nullius, alto mare), quanto gli ambiti spa,ziali soggetti alla sovranit di altro Sta,to. La norma di diritto pubblico pu essere, normalmente, extraterritoriale nel primo senso; , invece, eccezionalmente, extraterritoriale nel secondo senso. Venendo peraltro al nostro problema, da considera, re qua,li effetti potrebbero avere i detti concetti ai fini dell'applicazione eventuale delle norme di diritto internazionale privato in caso di richiamo di norme pubbliche straniere. Se la norma, si dice territoriale nel primo senso, evidente che, mentre il verificarsi di un fatto al di fuori del territorio dello Stato, all'ordina,mento del quale la norma appartiene, indifferente per il suo funzionamento, la qua,lificazione della, normai-, fino (1) PERASSI, op. cit., p. 50. (2) MORELLI; Limiti dell'ordinamento statuale e limiti della giurisdizione, Rivista di Diritto internazionale , 1933, p. 382. -82 ad ora, non pu invece svolgere alcuna pratica influenza sull'applicabilit in un ordinamento straniero di una norma ricalcata su quella territoriaJ. e, ai fini di regolare uniformemente un dato rapporto concreto il cui fatto genetico sia gi avvenuto nel detto ambito territoriale. L'affermare dunque che il diritto tributario composto (almeno in linea generale) di norme strettamente territoriali, significa semplicemente dire che i fatti i quali condizionano il funzionamento delle valutazioni appartenenti a quel tipo sono solo eventi collegat con il territorio; non pu voler dire invece che il rapporto tributario concreto il quaJ.e sia sorto da quel normale funzionamento non possa ricevere una regolamentazione uniforme anche al di fuori dell'ambito spaziale in cui si verificano i fatti contemplati nella norma tributaria, e ci per effetto del richiamo che le norme di diritto internazionale privato di altro ordinamento abbiano fatto a quest'ultima. Se la norma, invece, territoriale nel secondo senso, e, come si detto, tutte le norme di un ordinamento, in linea generale, sono in tal guisa territoriali, sar bens vietato che la norma venga attuata in un ambito territoriaJ.e straniero, ma questa osservazione ha un ben preciso significato. Quella non potr essere applicata iure nel territorio di altro Stato solo perch ci importerebbe esercizio di un potere di coercizione (e come tale, cio come attivit materiale, pu essere considerata, da questo punto di vista, anche la potest di comando) da parte di organi stranieri in ambiti spaziali riservati alla attivit esclusiva altrui, per i quali un preciso canone di valutazione di diritto internazionale pubblico fa sorgere un dovere assoluto di non turbativa. .Anche questa qualifica di territoriale da attribuirsi aJ.la norma tributaria non pu avere allora nessuna efficacia ai fini di porre un ostacolo al funzionamento della norma di diritto internazionale privato, perch, come evidente, l'attivit diretta alla pratica attuazione della norma tributaria straniera, e. manifestantesi soprattutto nella esecuzione forzata, non solo appare voluta da una norma nazionale, sia pure ricaJ.cata su quella estera, ma viene posta in essere dagli organi esecutivi dello Stato territoriale. Si parla per di territorialit anche in un senso diverso da quelli pi sopra precisati. Sono dette norme territoriali anche quelle che per il principio di sovranit si applicano nel territorio dello Stato esclusivamente, senza lasciar margine di applicazione a leggi straniere (1). qui il che il concetto di territorialit sconfina in altri estremamente controversi, almeno in rapporto al diritto internazionale privato : quelli di norma inderogabile e di ordine pubblico. Derogabilit di una norma vuol dire essenzialmente questo : non essere esclusa la possibilit che un determinato rapporto contemplato da essa (1) MoNAco; Manuale di Diritto internazionale pubblico e privato, Torino, 1949, p. 473; Aao; Teoria del Diritto internazionale privato, Padova, 1934, p. 282 e seguenti. abbia una disciplina diversa da quella che essa stessa prevede. In altri termini, offrendosi in via astratta e preventiva la soluzione di un conflitto di interessi, non escluso che una volont diversa possa risolvere in altrQ modo il conflitto dato. La caratteristica della derogabilit o meno di una data norma ha grande importanza nella problematica del diritto internazionale privato, stante la connessione dell'argomento con quelli dell'ordine pubblico interno e internazionale, di rilievo cen, trale per la teoria internazionalprivatistica. Da un esame della dottrina risulta in complesso che essa pone una correlazione generale tra inderogabilit di una norma e qualificazione della medesima come di ordine pubblico. La distinzione tra limite di ordine pubblico interno e internazionale viene fatta poi avendo riguardo ai soggetti cui pu ricollegarsi la deroga. Il problema della inderogabilit di una valutazione normativa, infatti, appare delineato, sia avendo riguardo alla volont degli individui e in tal caso si ritiene che consista nell'impossibilit da parte di questi ultimi di porre in essere una regolamentazione di certi rapporti difforme da quella data dal legislatore : qui il limite, all'autonomia privata, detto di ordine pubblico interno; sia avendo riguardo a quei particolari riferimenti posti in essere da uno Stato all'ordinamento giuridico di un altro e in tal caso si ritiene che consista nell'impossibilit di immettere norme, originate dalla volont del legislatore straniero, le quali regolerebbero certe materie in maniera diversa da quella predisposta dalle norme locali: qui il limite, all'imsione di norme straniere, detto di ordine pubblico internazionaJ.e (1). Considerando il problema della inderogabilit delle norme di diritto pubblico di un certo ordinamento, deve osservarsi che esso riceve diversa soluzione a seconda che si esamini in rapporto alla volont individuale ovvero alla volont del legislatore straniero: all'ordine pubblico interno cio, o all'ordine pubblico internazionale. Nella prima ipotesi, si dice che il limite di ordine pubblico non ricopre l'ordinamento pubblicistico nel suo complesso, sia nel senso che anche norme private possano essere inderogabili sia nel senso che anche norme pubbliche possano non esserlo (2). Nella seconda ipotesi, comunemente detto invece che tutte le norme di diritto pubblico sono inderogabili. Questa conclusione appare confermata anche da un A. che di recente ha riesaminato i concetti di ordine pubblico interno e internazionale. Le norme di diritto pubblico -secondo questo A., (1) MORELLI: Elementi di diritto internazionale privato italiano, Napoli, 1946, p. 60 e segg. MONACO: Manuale cit., p. 471 e segg. Oltre naturalmente, e per tutti, ad Aao; Teoria cit., p. 276 e segg. (2) Su ci, GuICCIARDI: Le transazioni degli enti pubblici, Archivio di diritto pubblicu; n 1936, p. 124 e AA. in nota. Per una iniziale commistione delle leggi di diritto pubblico con quelle di ordine pubblico e la successiva distinzione operata dalla dottrina, si veda FEnozz1: Il Diritto internazionale privato, cit., p. 283 e segg., specialmente p. 296. Per ulteriori precisazioni al pensiero del FEDOZZI, SoERNI, Ordine pubblico, voce in Nuovo Digesto Italiano, p. 322. -83 lo SPERDUTI -sono quelle che qual che ne sia la sfera di applicazione, ossia la delimitazione dei .fatti e rapporti che intendono valutare, hanno appunto di caratteristico di essere dotate, nello ordinamento a cui appartengono, di validit esclusiva, rimanendo escluso di regola, il riconoscimento accanto ad esse di norme di diritto pubblico straniero (1). Non difficile notare che questa affermazione rappresenta davvero un ostacolo grave per chi voglia ritenere l'applicabilit delle norme di diritto internazionale privato in materia tributaria. Rispetto ad una tesi che volesse discostarsi dal principio di esclusivit del diritto pubblico (territorialit, inderogabilit, esclusivit del diritto pubblico, con le precisazioni fatte, appaiono espressioni fungibili) sarebbe pi che lecito, data la compattezza della dottrina sul punto, dubitare sul suo fonda . mento. Peraltro, non pare assolutamente inutile fare qualche precisazione sulla ragione del detto principio: ci pu condurre ad un diverso intendimento della sua portata, che, se certo non tale, per ostacoli di altra natura, da convincere sul funzionamento del diritto internazionale privato in materia tributaria, tuttavia suscettibile di altre importanti applicazioni. 7. Il principio di territorialit del diritto pubblico nel terzo dei significati precisati ricorre frequentemente, soprattutto nelle opere di diritto amministrativo (2). Non si rinviene peraltro alcuna precisazione sulla sua portata, tranne la generica espressione per cui le norme di diritto pubblico escludono la validit nell'ambito nel quale vigono delle norme straniere; o altre consimili, quale quella che le medesime sono di ordine pubblico e di natura inderogabile. Spesso poi, anche nelle trattazioni pi pregevoli, tutti e tre i significati di territorialit vengono confusi. Per stabilire in che senso una determinata norma si presenta come esclusiva di un'altra deve partirsi da una constatazione: e cio, che non pu appagare il ritenere che la caratteristica di esclusivit riguardi l'ambito spaziale di validit della norma stessa. Non sufficiente dire che una deter (1) Sulla capacit in di,ritto internazionale privato, con particolare riguardo alla capacit d'obbligarsi per fatto illecito, Rivista italiana per le scienze giuridiche , 1950, p. 308. Dello stesso A., Ordine pubblico e divorzio, Studi in, onore di F. Carnelutti , Padova, 1950, IV, p. 473 e segg. Questi studi dello Sperduti sono di grande importanza, tra l'altro, perch in essi fatto oggetto di revisione sia il concetto di ordine pubblico interno che il concetto di ordine pubblico internazionale. Lo indirizzo dello Sperduti stato recentemente ripreso dal MALINTOPPI: Osservazioni in tema di riconoscimento di sentenze straniere di divorzio, estratto dalla Giurisprudenza completa della Corte Suprema di Cassazione '" Sezioni civili, vol. XXXI. (2) Per esempio, S. ROMANO: Principi di Diritto amministrativo, Padova, 1930, p. 75. Uno spazio rilevante occupa il problema nel Diritto Amministrativo del FORTI (Parte generale, vol. I, 1931, p. 127 e segg.). Per il Diritto tributario si veda, per tutti, TESORO: Principi di Diritto tributario, Bari, 1938, p. 28. minata norma escluda la contemporanea validit di un'altra per la sola ragione di voler essere valida in un certo territorio. La posizione della norma come la sola vigente in un dato ambito si presenta piuttosto come la conseguenza o, meglio, il modo d'essere concreto in che si specifica l'esclusivit, non la ragione di essa. Quest'ultima deve, pertanto, ricercarsi in quelle diverse parti della fattispecie materiale della norma, eccettuato l'ambito spaziale della sua validit (1). A questo proposito, l'esclusivit potr attenere alla parte soggettiva di tale fattispecie come alla parte oggettiva della medesima. La forza esclusiva di una data norma si ricercher allora, sia nell'intenzione da parte di chi la pose di evitare che certi soggetti appaiano, o, anche, non appaiano, destinatari della valutazione in cui quella norma consiste; sia nella preoccupazione che determinati tipi di fatti -distinguibili per il luogo della loro verificazione o per la loro intrinseca natura --:-cui la valutazione per il suo funzionamento appare con. dizionata, abbiano una disciplina uniforme det tata da essa in via primaria. Applicando i principi precedenti alla esclusivit delle norme di diritto pubblico, sembra pacifico che tali principi non risultino dotati di forza esclu siva in un certo ambito spaziale nel senso che tale esclusivit sia voluta solo per raggiungere questo fine. In particolare, scartato che la norma sia esclusiva nel senso di voler valutare essa ed essa sola determinati fatti a cui condizionato ilproprio funzionamento (2), sul che ci riserviamo di tor nare subito, la norma pu essere esclusiva nel senso di voler evitare che gli effetti, consistenti nelle situazioni giuridiche soggettive, ad essa con seguenti, si riferiscano a certi soggetti e non ad altri. In tal caso, l'esclusivit appare raggiunta coll'impedire che valutazioni diverse, attraverso una diversa determinazione dl loro ambito di efficacia soggettiva, pongano in essere situazioni in contrasto con quella che essa si propone di attuare (3). Da questo punto di vista, in verit, deve no tarsi una coincidenza tra norme di diritto pub blico e norme di diritto privato e di ordine pub (1) Altro deve dirsi, naturalmente, per la situazione di esclusivit riferita ad una norma che attribuisce un diritto soggettivo, per esempio, di propriet. Il modo d'essere dell'esclusivit per, in questo caso, non riguarder la norma, ma la facolt che deriva da quella norma, e, quindi, l'attivit materiale nella quale si specifica la facolt. (2) Se cos fosse avremmo una situazione per molti riguardi simile a quella di territorialit delle norme nel suo primo significato. La differenza consisterebbe, tra l'altro, nel fatto che la norma in tal modo esclusiva potrebbe riferirsi ad un'individuazione non spaziale, ma attinente al contenuto dei fatti e, quindi, prevedere anche fatti di quel dato contenuto verificatisi oltre il territorio. (3) A questa esigenza, avendo presenti le sole situa-zioni inattive derivanti dalla norma, deve ricollegarsi la comune affermazione per cui, stante l'esclusivit delle norme di Diritto pubblico, gli stranieri residenti nel territorio sono soggetti, non meno dei sudditi, a tutte le leggi di Diritto pubblico. i&&lh'fu fR-pm.rm m fW 44= =3 ::; b ma i -84 blico (1), in quanto entrambe sarebbero esclusive nel senso di determinare la propria sfera di applicazione soggettiva sottraendola alla determinazione di norme straniere. .Ad un pi approfondito esame per, e sciogliendo la riserva fatta, risulta che oltre tale innegabile caratteristica in comune, tra le dette norme esiste una differenza pi sottile pur se meno evidente. Mentre per le norme private di ordine pubblico, infatti, pu dirsi che esse determinano rigidamente la loro sfera di efficacia soggettiva allo scopo di predisporre una regolamentazione uniforme delle materie in esse contemplate, per le norme di diritto pubblico sembra di dover affermare esattamente il contrario. La delimitazione dell'ambito di efficacia personale di queste ultime appare predisposta, principalmente, non tanto per disciplina.re una determinata materia in via esclusiva quanto proprio per escludere che destinatari di esse siano certi soggetti e non altri. L'esclusivit, per esempio, relativa a.Ile norme sugli atti di certificazione non deve tanto ricercarsi nel fatto che chi pose le disposizioni volesse evitare che la materia delle certificazioni fosse regolata da norme straniere, quanto piuttosto in quello di evitare che soggetti stranieri apparissero dotati della potest certificativa, e, corrispondentemente, individui nel territorio vi fossero soggetti. proprio a questo intento che, prevaJentemente, deve ricollegarsi la affermata esclusivit di una norma di diritto pubblico: evitare che enti stranieri appaiano dotati nell'ambito territoriale di validit dell'ordinamento di situazioni soggettive, manifestazione della loro capacit di diritto pubblico (2). Risulta ora anche per quaJe ragione si escluda che la norma di diritto internazionale privato possa funziona.re per l'immissione di norme straniere di diritto pubblico e di norme private di ordine pubblico. Nel secondo caso esse introdurrebbero una disciplina diversa di certe materie considerate di applica (1) Di ordine pubblico internazionale, secondo la dottrina comune; di ordine pubblico interno, invece, secondo Io Sperduti. opportuno, anzi, a questo punto, accennare ai risultati cui giunto lo Sperduti (opp. citt.) sull'argomento, e che noi, in massima, condividiamo. Tale Autore distingue nettamente l'ordine pubblico interno dall'ordine pubblico internazionale, sganciando la distinzione del carattere di derogabilit o meno dalle norme. L'ordine pubblico internazionale stabilisce un limite all'immissione di norme straniere o di statuizioni concrete che contrastino con i principi informatori di un certo sistema giuridico. L'ordine pubblico interno, da riferirsi al solo diritto privato, stabilisce un limite rispetto ad altri principi o a singole valutazioni. Ne deriva, tra l'altro, un'indipendenza dei due ordini di limiti: cosicch constatata la non operabilit del primo limite, resterebbe in ogni caso da fare una indagine sull'operabilit del secondo, Da distinguere -ci si ricava in via indiretta da quanto dice I'A. poi il principio di esclusivit del diritto pubblico, al quale lo Sperduti si riferisce con le parole gi riportate nel testo tra virgolette. (2) Per il diritto tributario ci maggiormente evidente. Considerando infatti l'esclusivit come riferita, alla disciplina dei soli fatti previsti dalla norma dovrebbe concludersi che la prima non sussisterebbe per i fatti di quel tipo non contemplati da alcuna norma. In realt, ci che si presenta come esclusiva la materia tributaria in complesso, il che vale a dire la potest tributaria nazionale. zione esclusiva; nel primo caso provocherebbero l'attribuzione di situazioni soggettive la cui titolarit considerata di esclusiva spettanza di enti nazionali. Ma la determinazione del principio di esclusivit del diritto pubblico, nonostante quanto precede, sembra anOra approssimativa. Rimane da vedere se sia possibile apportare ulteriori precisazioni intorno alle situazioni soggettive che si atteggiano appunto come esclusive. noto come la capacit di diritto pubblico si sostanzi sia in poteri sia in diritti soggettivi sia in obblighi. In particola.re, gli enti pubblici e lo Stato appaiono dotati nella loro capacit di diritto pubblico di tutte e tre queste situazioni. Deve esaminarsi se il principio di esclusivit con le precisazioni fatte possa ritenersi riferito a tutte le manifestazioni della capacit di diritto pubblio ovvero solo ad alcune di esse. Diciamo subito che, stando alle affermazioni della dottrina sul tema, l'esclusivit dovrebbe intendersi in maniera assoluta. In tal caso, qualsiasi discussione sulla possibilit di distinguere tra norma e norma di diritto pubblico, tra fatto e fatto da esse valutato, sarebbe superflua. Ma l'applicazione del principio risulterebbe, a nostro parere, ultronea. Certo, si intuisce che l'indagine a questo punto diventa estremamente delicata, come del resto ogni qual volta per determina.re un certo valore normativo si debba risalire ai principi generali, ai motivi ispiratori di un sistema o di parte di esso. Ma, pur sottolineando la difficolt, a noi pare di poter stabilire la ragion di essere della esclusivit del diritto pubblico nella sola preoccupazione di evitare che enti stranieri appaiano dotati nell'ambito territoriale di validit dell'ordinamento di situazioni soggettive consistenti in poteri o potest di natura pubblica. Solo l'esercizio della potest di comando da parte di organi stranieri potrebbe contrastare con i principi su cui riposa l'organizzazione politica e sociale dello Stato e, pertanto, porre in pericolo lo svolgimento delle funzioni essenziali del medesimo (1). Il far valere invece un diritto soggettivo, sia pure di natura pubblica, da parte di un ente straniero, non sembra che presenti la stessa assoluta inconciliabilit con le funzioni di organizzazione di un certo Stato, anzi, poich esso nella sua tendenza all'attuazione non potrebbe che risultare stretta( 1) Non superfluo richiamare la differenza tra la esclusivit o la territorialit di una norma in questo senso e il primo o il secondo dei significati di territorialit gi precisati. Nel primo e nel secondo dei significati di territorialit la norma territoriale ha di caratteristico di non venire in contatto con l'ordinamento giuridico di altro Stato: nel primo senso il verificarsi del fatto contemplato dalla norma nel territorio di altro Stato condizione per la sua giuridicit; nel secondo, il potere di coercizione o il potere di comando sono svolti in territorio di altro Stato,-rimanendo peraltro estranei all'ordinamento che vige in quest'ultimo (esempio: funzioni consolari). Nel terzo dei significati di extraterritorialit che ora ci interessa, in.vece, il potere di comando svolto nel territorio di altro Statu_ sarebbe giuridico per l'ordinamento che vige nel territorio. E perci che qui si stabilirebbe un rapporto sul piano normativo: tra la norma pubblica straniera tendente alla extraterritorialit e la norma pubblica interna strettamente collegata col principio informatore della esclusivit. Bill &li IH &J&;&&i kd Ji:&Mi; "i ili && -85 mente subordinato ai poteri di organizzazione dello Stato territoriale, sotto tale profilo sarebbe del tutto assimilabile ad un diritto soggettivo di natura privata. In via induttiva, pertanto, pu stabilirsi l'esatta portata del principio di esclusivit -da considerarsi un principio informatore dell'ordinamento giuspubblicistico, ossia un principio che non esplica una funzione valutativa autonoma, ma esprime solo una linea direttiva riscontrabile nel contenuto valutativo delle norme di diritto pubblico (1) -affermando che esso esclude appunto l'investitura in enti stranieri di poteri attribuiti da norme, giuridiche per l'ordinamento considerato, di natura pubblica (2). Giova ora apportare qualche chiarimento al nostro problema, avendo presenti i risultati raggiunti in tema di esclusivit del diritto pubblico. La situazione in materia di rapporti tributari interstatuali la cui pratica verificabilit appare difficile, a meno di una modificazione dello schema attuale delle relazioni internazionali, quella per cui lo Stato A, verificandosi certe condizioni, consenta l'applicazione, per esempio, relativamente agli immobili esistenti nel proprio ambito territoriale, non delle proprie norme originarie sulla imposta fondiaria, ma delle norme dello Stato B immesse nell'ordinamento mediante un rinvio di produzione giuridica (3). Il potere giuridico di imposizione verrebbe in tal caso esercitato, nell'ambito spaziale controllato da A, da organi dello Stato B. Considerando il presente stadio del sistema di relazioni interstatuali, tale ipotesi, attuabile solo attraverso l'utilizzazione di particolari norme strumentali che vigono negli ordinamenti interni (diritto c. d. internazionale privato), urterebbe contro il principio di esclusivit del diritto pubblico. Quest'ultimo principio invece, a nostro parere, non sarebbe idoneo a far respingere l'altra ipotesi che una norma sull'imposta fondiaria dello Stato B venga immessa nello ordinamento di A quando si tratti di applicarla non gi al fatto che condiziona il suo funzionamento (relazione tra certi soggetti e certi immobili nel territorio) ma ad un fatto o rapporto ulte (1) Il concetto di principio giuridico informatore stato sviluppato soprattutto dalla scienza internazionalistica. Ne ha fatto un'applicazione lo Sperduti, in relazione all'effettivit, distinguendo tra principi informatori, principi normativi, principi giuridico-dogmatici, principi scientifici (L'individuo nel diritto internazionale, Milano, 1950, p. 6 e segg.). (2) Dal punto di vista del nostro ordinamento, interessante notare che la esclusivit menzionata espressamen1;e per quelle parti del diritto pubblico ove pi evidente quanto detto nel testo: il diritto penale; il diritto processuale e il diritto di polizia. Gli AA. invece -non contribuendo certo con ci a stabilire la distinzione che si tentato di porre nel testo -equiparano tutte le leggi di diritto pubblico ai fini della esclusivit, ritenendo il riferimento espresso dal legislatore semplicemente indicativo: cos, MONACO: Manuale cit., p. 458; UDINA: Elementi di Diritto internazionale privato italiano, Roma, 1933, p. 56. (3) Ci riferiamo al normale rinvio di produzione giuridica e non a quel tipo di rinvio che pure si conosce (su esso, BARILE: Appunti cit., p. 33 e segg.) operante la produzione con trasformazione delle norme richiariore che si presenta come risultato di quel funzionamento. Tra valutazione della giuridicit di un fatto che condiziona l'applicazione di una norma e valutazione di un fatto che operata da una norma distinta o distinguibile, esiste un profilo di differenza che non permette. di esclude.-i:e, accanto alla possibilit di ammettere la sussistenza del primo fatto in quanto fatto giuridico nell'ordinamento rinviante (il che significa ammettere la ~uridicit della norma cui quel fatto appare in correlazione, con tutte le conseguenze che ad essa debbono annettersi: in particolare, situazioni giuridiche soggettive: potere di imposizione, soggezione a tale potere) anche la sussistenza di quel secondo fatto come rapporto giuridico nello stesso ordinamento. Ci spieghiamo stabilendo un parallelo con il diritto penale le cui norme sono indubbiamente esclusive, e, nello stesso tempo, per essere norme sostanziali, maggiormente si avvicinano alle norme tributarie. Norma penale e norma tributaria trovano il loro fondamento nell'esistenza di un interesse statuale protetto attraverso di esse. Sia la prima che la seconda, come del resto qualsiasi valutazione giuridica, viste nel momento della loro posizione appaiono come manifestazioni della sovranit dello Stato. Considerata invece la norma penale in un momento successivo, essa appare differenziabile essenzialmente per questo: per la circostanza che, una volta posta, attribuisce allo Stato-amministrazione una situazione giuridica materiale, un diritto soggettivo di natura assoluta cui fa riscontro un dovere dei consociati di non ledere l'interesse protetto; la norma tributaria, per contro, attribuisce allo Stato amministrazione una situazione strumentale, vale a dire un potere giuridico, una forza che l'ordinamento considera idonea a produrre una modificazione giuridica a cui tutti i consociati, ovvero categorie di essi individuate con certi criteri, appaiono soggetti. Ci permette di dire che mentre la situazione dello Stato amministrazione, in quanto destinatario di obblighi a protezione di interessi penalmente protetti non pi quella di un ente dotato di poteri di supremazia, ma appunto di un ente che persegue certi interessi concreti; la situazione dello Stato amministrazione in quanto destinatario di una norma tributaria primaria appare in maniera meno evidente una posizione non sovrana. La differenziazione tra potere d'imposizione e sovranit certo andrebbe specificata e messa in tutta luce, ma l'indagine costituirebbe in questa sede un fuor d'opera. indubbio, infatti, che la situazione dello Stato amministrazione in materia tributaria appare ad un certo punto una situazione materiale nettamente distinta dalla sovranit, e ci per noi sufficiente. Quando, esercitato il potere d'imposizione ad esso consegue il sorgere di un diritto soggettivo dell'ente al credito tributario e, correlativamente, un obbligo del contribuente al pagamento, la differenza tra situazioJ?-.e. derivante dalla norma penale e situazione derivante_ dalla norma tributaria emerge in modo univoco. mate. Detta trasformazione consiste poi proprio nelLa norma penale, per il solo fatto che vige in un l'attribuire la situazione giuridica dall'ente straniero certo ordinamento attribuisce un diritto sogget ad un ente nazionale; esempio: art. 4 legge 7 giugno 1929 della Citt del Vaticano. tivo allo Stato amministrazione, la dinamica della & T m l Jiilllill& ii.E 222d &HL !&82 ldlii&& J&rufi &ED ;;:p ~-&W& Hfifil &W& B Lii.a -86 norma in esame pu evolversi solo nel senso della antigiuridicit; la norma tributaria per il solo fatto che vige in un certo ordinamento, attribuisce un potere giuridico allo Stato amministrazione, la dinamica della norma in esame deve evolversi nel senso della giuridicit. Il fatto dunque che la norma penale prende in considerazione rispetto a s contrastante; il fatto che invece la norma tributaria prende in esame un fatto rispetto a s non contrastante. Il discorso che precede ha la sua ragione perch serve a stabilire che, al verificarsi del fatto, mentre la situazione dello Stato, in un caso, si risolve nell'attribuzione di un potere giuridico (ius puniendi, pretesa punitiva) diretto alla reintegrazione dell'interesse leso, esercitato da un organo nel processo e connesso intimamente con l'organizzazione della funzione giurisdizionale si da doverne seguire i limiti di attuazione derivanti dal principio di esclusivit del diritto pubblico e di territorialit del medesimo nel secondo senso (I); nell'altro si risolve nell'attribuzione di un diritto soggettivo rispetto a cui deve tenersi nettamente distinta la fase, solo eventuale, di realizzazione processuale. Niente esclude, sotto questo aspetto, che tale realizzazione possa avvenire anche con l'ausilio di norme di organizzazione di uno Stato diverso da quello all'ordinamento del quale la norma tributaria appartiene. N sembra da dubitare che sia possibile attribuire rilevanza giuridica al rapporto tra Stato creditore e contribuente debitore, senza attribuire uguale rilevanza alle situazioni logicamente precedenti di Stato titolare del potere di imposizione e contribuente soggetto a tale potere. stato messo esattamente in evidenza che il principio della relativit dei valori giuridici conduce a sostenere che non solo le norme non appartenenti ad un ordinamento giuridico non costituiscono in esso canoni di valutazione giuridica, ma anche cc che le norme sono in ogni ordinamento canone di valutazione dei soli fatti che contemplano (2). La conseguenza traibile da tale affermazione consiste in ci, che rispetto ai fatti non contemplati, le norme giuridiche hanno un rilievo essenzialmente negativo, di non costituire cio le valutazioni di quei fatti, e, quindi, di non avere valore di norme giuridiche rispetto ad essi. Questo fenomeno di grande importanza e assai comune, anche se per lo pi i suoi riflessi teorici passano inosservati: una s.;.a applicazione si ha in tutti i casi in cui certe situazioni giuridiche, pur non presentandosi pi come attualmente operative, sono considerate nella loro esistenza storico-empirica, costituendo il presupposto di una valutazione (1) Lo Ziccardi (Il valore, cit., p. 62 e segg.) osserva: ... La sentenza penale fonte integrativa rispetto alla valutazione penale concreta: prima della sentenza non c' altro che una valutazione generica di responsabilit penale. Cosicch i limiti della giurisdizione penale finiscono per concorrere alla determinazione della sfera di validit delle norme penali in quanto la sentenza fonte integrativa della norma nel caso concreto rispetto alla legge penale '" (2) BISCOTTINI: Osservazioni sulla funzione delle norme di Diritto internazionale privato, Jus, 1941, p. 24 dello estratto. attuale (1). Un fenomeno simile si ha per le relazioni tra ordinamenti giuridici ogni qual volta la norma straniera in esame rileva come semplice norma tecnica (2). Rispetto alla regolamentazione uniforme di uno stesso rapporto tributario concreto, il potere d'imposizione 11otrebbe rappresentare dunque, un fatto di cui interesserebbe soltanto provare storicamente la sua verificazione e le modalit attraverso cui sarebbe stato esercitato. Considerando il giudizio attraverso cui si giungerebbe alla sentenza in materia di esazione di crediti tributari esteri, il potere d'imposizione riguarderebbe la posizione e l'accertamento del fatto (questione di fatto) (3). Sempre in via di ipotesi, immessa la norma che riguarda il diritto di credito tributario dello Stato estero attraverso un apposito sillogismo strumentale la cui premessa maggiore sarebbe costituita, per il nostro ordinamento, dalla norma di diritto internazionale privato: le obbligazioni non contrattuali sono regolate dalla legge del luogo in cui avvenuto il fatto dal quale esse derivano (art. 22 delle disposizioni sulla legge in generale) ( 4), il sillogismo principale in cui consisterebbe la sentenza sulla esigibilit di un credito tributario estero sarebbe il seguente: la norma attribuisce allo Stato estero un diritto di credito e correlativamente un obbligo al contribuente per la somma x al verificarsi del fatto z; il fatto z si verificato; lo Stato straniero ha il diritto di credito e il contribuente il correlativo obbligo di pagare. Ci posto, potrebbe sembrare che non rimanesse altro che affermare la funzionabilit del diritto internazionale privato in materia tributaria. Eppure questo passo non pu essere compiuto. 8. Con le precisazioni sulla esclusivit delle norme di diritto pubblico, la soluzione affermativa sulla esigibilit di un credito tributario all'estero attraverso il rinvio di produzione giuridica del diritto internazionale privato non dimostrato. La difficolt deve ricollegarsi alla circostanza che le (1) Lo Ziccardi (Il valore cit., p. 56) afferma: II Diritto straniero, nelle situazioni giuridiche concrete in cui abbia trovato espressione preliminarmente a quella che viene richiamata, non che un fatto -esattamente come lo lo stesso diritto interno in tutti i casi in cui le situazioni da esso valutate abbiano esaurito la loro efficacia giuridica senza che perci interessi meno di sapere quali esse siano state storicamente -poich di esse in particolare, pu essere necessaria la determinazione come presupposto di una valutazione presente" l'A. fa, a tale proposito, l'esempio della catena dei trasferimenti del diritto di propriet. (2) Su ci, PERASSI, op. cit., p. 54; e autori riportati in BARILE: Appunti, p. 68, nota 2. (3) In materia di imposta fondiaria italiana, per esempio, non si immetterebbero le norme del testo unico delle leggi sul nuovo catasto, sibbene, tra i csi possibili, la norma che scaturisce dall'art. 1 della legge. 10 giugno 1880, n. 5458 sul procedimento relativo ai reclami per le imposte dirette: << per in facolt di impugnarle (le decisioni delle Commissioni cio) nei venti giorni dalla ricevuta notificazione. Scorso g_uesto termine senza impugnazione, le decisioni diventano definitive anche per il contribuente '" (4) Sul sillogismo strumentale in genere e, in particolare, nel caso del testo, MORELLI: Il diritto processuale civile internazionale, nel Trattato " diretto da P. FEDOZZI e SANTI ROMANO, p. 52 e segg. -87 norme di diritto internazionale privato disciplinano fatti relativi al commercio giuridico tra privati (1). Mentre la natura delle norme di diritto internazionale privato d luogo a discussioni, si concorda invece nel porre una correlazione tra queste e il diritto privato, correlazione che negativamente si esprime nel principio: le fonti di produzione delle norme di diritto pubblico straniero non possono condizionare il funzionamento delle norme di diritto internazionale privato. vero che il detto principio non tenuto fermo, ma il massimo cui si giunge nell'ammettere che il diritto pubblico possa essere richiamato attraverso il sistema internazionalprivatistico quando si tratti di attuazione del primo in occasione dell'applicazione di norme di diritto privato (2). Una tesi che volesse sostenere il funzionamento dell'art. 25 delle nostre disposizioni sulla legge in generale in materia tributaria non avrebbe alcun argomento sicuro al quale riferirsi. nota l'affermazione della difficolt di trac ciare un sicuro criterio discretivo tra diritto pub blico e privato: difficolt che, quando non con duce addirittura a negare la possibilit della di stinzione stessa, porta almeno a riconoscere delle zone di confine tra l'uno e l'altro diritto, delle zone grigie come si detto, per le quali la qua lificazione di pubblico o di privato si presenta estremamente difficile. Un ragionamento per che facesse richiamo a criteri cos generali allo scopo di dimostrare che anche per il diritto internazio nale privato non sarebbe possibile distinzione alcuna ovvero che lo stesso diritto, ogni qual volta richiami norme relative alle materie comprese nelle dette zone, quanto meno immette norme di dubbia natura, dovrebbe del tutto trascurarsi. N potrebbero invocarsi quei casi in cui non incerta la qualificazione di un rapporto come pubblico o privato, ma d luogo a dubbi il far discendere un determinato effetto dalla qualificazione medesima. Pu verificarsi, e l'ipotesi tutt'altro che eccezionale, che mentre nell'ordinamento richiamante un rapporto Vl'lnga considerato di diritto privato, nell'ordinamento le cui norme debbono essere richiamate, il medesimo venga qualificato di diritto pubblico o viceversa. La discussione riguarda proprio le conseguenze che da tale qualificazione derivano rispetto al problema della immissione delle norme in oggetto nell'ordinamento rinviante, ed risolta in maniera diversa dai vari il. Il FEDOZZI esclude il funzionamento stesso ogni qual volta esista divergenza di qualificazione in uno qualunque dei due ordinamenti rispetto a cui il rinvio deve operare (3). Il BALLADORE-PALLIERl nega, per contro, che la norma straniera di diritto pubblico possa applicarsi, (1) Su ci BALLADORE-PALLIERI: Diritto internazionale privato cit., p. 17; MONACO: Manuale cit., p. 458. (2) FEDOZZI: De l'effecacit extraterritoriale cit., p. 171 e segg., specialmente p. 176. QUADRI: Leggi politiche e Diritto internazionale privato, cc Giurisprudenza comparata di d.i.p. , vol. X, p. 189. MORELLI: I provvedimenti stranieri di giurisdizione volontaria, cc Foro Italiano , 1933, col. 901, testo e nota 21. (3) Il Diritto internazionale privato cit., p. 201, in un paragrafo in cui rifuso per buona parte il contenuto dell'opera citata alla nota precedente. anche se, nelliordinamento rinviante, la corrispondente materia sia regolata da norme considerate di diritto privato, mentre ritiene il contrario per la ipotesi inversa (1). Il BARILE, infine, adotta una soluzione completamente opposta a quella precedente: le norme straniere sono riehiamate anche se di diritto pubblico, quando l'ordinamento rinviante qualifica di diritto privato il rapporto; per la qualificazione inversa il rinvio non entra in funzione (2). Tutte queste ipotesi, quale che sia il fondamento pi generale su cui si basano, presuppongono sempre che le norme di diritto internazionale privato realizzino una uniformit di trattamento di uno stesso rapporto concreto in due ordinamenti diversi con il richiamo di norme di un altro ordinamento identificato attraverso determinati criteri di collegamento. E il richiamo -questo ci interessa -predisposto per le caratteristiche di estraneit del fatto, si considera attuato sempre allo scopo di far s che in ogni paese possano farsi valere gli obblighi e tutte le altre valutazioni, inerenti alla condizione giuridica dei soggetti in un qualsiasi altro ordinamento ... (3). bene precisare per che l'impossibilit di funzionamento del diritto internazionale privato per la norma di diritto pubblico in genere, e di diritto tributario in particolare, deve ricercarsi nella mancanza di rispondenza tra lo scopo delle seconde e quello del primo: consistente questo ultimo -si ripete -nel soddisfare le esigenze di relazione tra l'elemento personale dei diversi Stati; non piuttosto nella circostanza che altrimenti non si verificherebbe la divisata uniformit di trattamento di uno stesso rapporto concreto. Il MORELLI, per esempio, esclude che il diritto internazionale privato possa immettere norme di diritto pubblico in quanto mancherebbe la base stessa su cui funziona il richiamo attuato dal primo: oltre che l'esistenza di due rapporti giuridici che debbono assumere contenuto uniforme, soprattutto la persistente identit del rapporto concreto da regolare. Tale A. precisa: cc ... quando trattasi di disciplinare attivit pubbliche o rapporti facenti capo allo Stato, il funzionamento di norme di diritto internazionale privato, in quanto diretto all'indicato scopo, non , in genere, concepibile. Infatti manca, qui, l'identit della fattispecie concreta, poich, mentre le norme di un dato ordinamento contemplano l'attivit dello Stato, che dell'ordinamento stesso il portatore, ed i rapporti che fanno capo al medesimo Stato, le norme di un qualsiasi ordinamento straniero contemplano, invece, l'attivit dello Stato straniero e i rapporti che allo Stato straniero fanno capo (4). Questa osservazione non ha valore generale (5). Mentre potrebbe infatti riferirsi al rapporto pubblico relativ9 all'esercizio della potest tributaria e alla soggezione ad essa, non potrebbe valere per il rapporto tributario concreto, pur esso (1) Diritto internazionale privato cit., p. 78 e segg. ( 2) Appunti cit., p. 47 e segg. (3) ZICCARDI: Il valore, cit., p. 55. (4) MORELLI: Il Diritto processuale civile, cit., p. 12. (5) Su di essa si vedano i rilievi del BARILE: Appunti cit., p. 31, nota 16. -88 pubblico, che sorge come effetto di quell'esercizio. Sia nell'uno che nell'altro degli ordinamenti ipotizzati, il rapporto tributario da regolare uniformemente intercorrerebbe sempre tra gli stessi soggetti: Stato creditore e contribuente. Ci che invece, piuttosto, non si riscontra nell'ipotesi che ci occupa -stando all'attuale modo d'essere degli ordinamenti interni in materia tributaria -l'esistenza di uno dei due rapporti giuridici, pi esattamente, del rapporto giuridico nello Stato richiamante, il cui contenuto dovrebbe uniformarsi a quello del rapporto giuridico estero. In altri termini, mentre le norme di diritto internazionale privato, per i rapporti che esse si propongono di regolare, inseriscono nell'ordinamento cui appartengono norme straniere sul presupposto che i detti rapporti ammettano nel medesimo ordinamento una disciplina diversa da quella prescritta nell'ordinamento richiamato, per la materia tributaria, invece, non pu porsi una correlazione tra due possibili regolamentazioni giuridiche, ma tra una regolamentazione e la sua mancanza: in una parola, tra rilevanza e irrilevanza del con creto rapporto tributario (1). 9. utile riassumere i risultati raggiunti. La applicazione all'estero di una norma tributaria non pu risultare ostacolata dal carattere di territorialit da attribuirsi alla norma in oggetto; d'altro canto, il principio di esclusivit del diritto pubblico o di territorialit nel terzo senso di cui sopra, ove precisato, risulta non idoneo, di per s, a far escludere l'immissione in un ordinamento straniero di qualunque norma tributaria. Ci che fa concludere in senso negativo -poich l'immissione dovrebbe avvenire servendosi del mezzo generale offerto dal diritto internazionale privato - la considerazione della ragione per cui questo ultimo viene adottato dai singoli Stati. La regolamentazione uniforme del rapporto tributario concreto, cui dovrebbe tendere l'adattamento operato dal diritto internazionale privato, non appare necessaria perch non tocca le relazioni intercedenti tra i componenti dei singoli gruppi organizzati a Stato. Ci nonostante, non sembra sicuro di poter chiudere l'indagine con un risultato totalmente negativo. Al quesito se uno Stato possa esigere un proprio credito tributario all'estero deve forse rispondersi affermativamente ove si abbia riguardo, non alla immissione nell'ordinamento in cui si vuole procedere di una norma tributaria attraverso il sistema internazionalprivatistico, sibbene alla sentenza in materia tributaria e alla sua possibilit di delibazione in un ordinamento estero (2). La (1) Cos anche QUADRI: Leggi politiche, cit., p. 192: cc Se non viene riconosciuta in Italia la pretesa tributaria di uno Stato straniero, perch il rapporto tributario straniero indifferente per la vita sociale italiana e da tale disconoscimento non restano turbate le condizioni dell'interscambio internazionale cui lo Stato italiano ha interesse. Rimane spiegata perci la ragione della mancanza, nell'ordinamento che dovrebbe attuare il rinvio, della regolamentazione del rapporto tributario concreto. (2) Sulla delibazione, oltre l'opera del MORELLI cit., si veda MONACO: Il giudizio di delibazione, Milano, 1940. indagine sul principio di esclusivit del diritto pubblico e sulla sua ragion d'essere, che potr essere sembrata anche eccessivamente specifica, appare invece ora, a questo proposito, del tutto giustificata. La possibilit di delibazione della sentenza straniera e il funzionamento del rinvio di produzione giuridica del diritto internazionale privato hanno alcuni problemi in comune, tra l'altro, certi ostacoli che possono impedire il rinvio hanno lo stesso effetto per la delibazione della sentenza straniera. In particolare, mentre l'obiezione che ci ha portato a negare che le norme di diritto internazionale privato possano funzionare per la materia tributaria non hanno rilevanza alcuna in tema di delibazione, potrebbe invece essere importante il principio di esclusivit cui si informano le norme di diritto pubblico (1). appena il caso di notare, infatti, che la caratteristica del diritto pubblico di escludere la contemporanea validit di quello straniero, avrebbe l'identico effetto preclusivo anche rispetto alle statuizioni che appaiono la concretizzazione della valutazione astratta posta dalla norma; in altri termini, il limite precluderebbe il riconoscimento della attuazione del diritto tributario non meno che la produzione del diritto tributario ricalcato su quello estero (2). Ma se deve ritenersi che il detto principio vieti la contemporanea validit della norma come valutazione astratta o della medesima come valutazione di una fattispecie singola, allo scopo di evitare che poteri pubblici vengano attribuiti ad enti stranieri, la delibazione della sentenza straniera non potr essere preclusa nel caso che tale atto accerti l'esistenza di un diritto dello Stato straniero al credito tributario. La compatibilit della sentenza in oggetto con la regolamentazione esclusiva del diritto pubblico pertanto appare certa, ove si ritenga, come si cercato di stabilire, che quest'ultima non si riferisce in genere a rapporti in cui appaiano enti stranieri nella loro capacit di diritto pubblico, ma, specificamente, gli stessi in quanto titolari di poteri o potest pubbliche. Stabilito che in tema di delibazione non rileva il limite derivante dal principio di esclusivit del diritto pubblico, il quale -si noti -funzionerebbe da limite preventivo all'applicazione del diritto internazionale privato e da limite, invece, ulteriore alla delibazione di sentenze straniere (3), (1) Per la delibazione non necessario che risulti l'elemento positivo di un interesse comune, almeno potenziale, alla disciplina del rapporto che ha formato oggetto della sentenza straniera. Questo requisito necessario solo per il funzionamento del diritto internazionale privato. (Sull'interesse comune, QUADRI: Leggi politiche cit., p. 191). (2) Pu richiamarsi quanto dice lo Sperduti a proposito del limite derivante dall'ordine pubblico internazionale: cc In altri termini, si tratta di un limite che riguarda il contenuto del Diritto straniero e non pure la forma in cui il diritto stesso si present&.al momento in cui deve operare la nazionalizzazione (Ordine pubfllico_ e divorzio cit., p. 315). (3) Il limite derivante dal principio di esclusivit del diritto pubblico entrerebbe in funzione nello stesso momento del limite derivante dall'ordine pubblico interno. Si veda SPERDUTI e MALINTOPPI, opp. citt., sul limite dell'ordine pubblico interno. -89 necessario per farsi carico delle osservazioni di un .A. che recentemente ha riconfermato l'indirizzo assolutamente negativo della dottrina e della giurisprudenza in argomento. Il Qu.ADRI ha osservato che: cc En ce qui concerne la reconnaissance et l'xcution des jugements trangers, elles ne furent jamais admises en matire fiscale ... On pense gnralement qu'il s'agit d'un terrain purement politique, comme lorsqu'il s'agit de livrer des dserteurs ou des rfugis politiques. E quindi: cc Mais oomme en matire fiscale, il s'agit des besoins de chaque rgime politique et parfois de l'avidit du Trsor, on n'a aucune raison de preter appui de pareilles prtentions au dtriment de la libert individuelle >> (1). L'obiezione che attinge al carattere politico dell'imposta non nuova (2), n ci pare insormontabile, ove venga opportunamente inquadrata nei concetti generali in materia di relazioni tra ordinamenti giuridici. Innanzi tutto, che la norma tributaria sia una legge politica nel senso in cui il termine usato dall'.A.. -l'ARMINJON -che ha trattato l'argomento e a cui generalmente si rif la dottrina, da escludere. L'.A.rminjon definisce legge politica quella cc qui fait exception aux principes et aux regles du droit dans l'interet d'un Etat, d'un parti, d'un classe, voire de certaines croyances ou ides (3). evidente come non tutte le leggi che hanno per iscopo di soddisfare un interesse collettivo con sacrificio di interessi individuali possano considerarsi ispirate a motivi politici, e, quindi, per essere di n:;i,tura eccezionale, escluse dalla possibilit di produrre effetti, sotto qualsiasi forma, in altri ordinamenti. In rapporto alle leggi tributarie, pi che di interesse politico, deve parlarsi perci di interesse pubblico. Rimane da vedere se il solo fatto che la sentenza da delibare abbia applicato le norme straniere di diritto pubblico, e, nel nostro caso, norme tributarie, sia sufficiente a farne escludere il riconoscimento. .A questo proposito, eccettuato il limite derivante dal principio di esclusivit di cui sopra, non rimarrebbe che riferirsi ad un secondo limite di ordine generale: intendiamo dire, ai principi di ordine pubblico internazionale. Questi ultimi, come si sa, funzionano da limitatore -per dirla col PER.A.SSI -inerente sia al rinvio di diritto internazionale privato sia alla delibazione della sen (1) L'entr'aide cit., p. 9. (2) Su ci, per tutti, UDINA: Il Diritto internazionale tributario cit., p. 443. (3) Les lois politiques et le droit international priv, Revue de droit international priv , 1930, p. 385 e seguenti. tenza straniera (1). I principi di ordine pubblico internazionale sono quelli che informano un ordinamento in un dato momento storico e costituiscono i cardini su cui riposa la societ della quale esso la sovrastruttura: essi rappresentano quelle regole generali alle quali non possibile Mntravvenire senza ledere l'armonia del sistema di un dato ordinamento. appena da notare per che i detti principi -ove non vogliano confondersi, nel loro riferimento al diritto pubblico, con un male inteso principio di esclusivit del medesimo -dovranno interpretarsi con particolare significato restrittivo. Non nel senso cio che il riconoscimento in genere di una sentenza straniera in materia di diritto pubblico e di diritto tributario in particolare, leda l'armonia del sistema che il limitatore costituito dall'ordine pubblico internazionale vuole preservare, ma nel senso che solo alcune di queste sentenze avrebbero tale effetto: in particolare, quelle che riconoscessero un diritto di credito dello Stato estero sulla base di norme tributarie ispir11te a principi in contrasto con quelli stabiliti dall'art. 53 della nostra Costituzione, per fare un esempio dal punto di vista dell'ordinamento italiano. Il ritenere invece, come fa il Quadri, che qualsiasi norma tributaria nella sua applicazione rappresenti una negazione della libert individuale (2) significherebbe invocare l'applicazione del limitatore dell'ordine pubblico internazionale sul presupposto, niente affatto pacifico, che l'imposta, tra l'altro, costituisca nello Stato di diritto una cc nota captivitatis o servitutis (3). Se ci non , non dovrebbe meravigliare che la giurisprudenza -spinta anche da una dottrina pi accorta e vigile rispetto alle sue conclusioni meditando sui problemi di diritto tributario internazionale, provvedesse a rivederne certe impostazioni troppo largamente ripetute. Il che si tentato poi di fare in questo scritto, nei limiti, necessariamente ristretti, delle cc osservazioni . PASQUALE PAONE PROCURATORE DELLO STATO (1) Per l'ordine pubblico internazionale in rapporto alla delibazione, MONACO: Il giudizio cit. da notare che i principi di ordine pubblico internazionale funzionano da limite ulteriore rispetto al diritto internazionale privato e da limite preventivo rispetto alla delibazione. (Su ci, SPERDUTI: Sulla capacit cit.). In tema di delibazione pertanto, ove la sentenza riguardi norme straniere di diritto pubblico avre=o un limite preventivo dato dai principi di ordine pubblico internazionale e. un limite ulteriore dato dal principio di esclusivit del diritto pubblico. (2) Questo argomento si ricollega a quello gi espresso dal CHESHIRE (in WORTLEY, op. cit., p. 417, il quale peraltro d un'interpretazione errata di esso) per cui: Les imp6ts ne font pas naitre d'obligations contractuelles, mais ces sont des taxes recouvrables par la force o par voie d'autorit . (3) Su tale carattere dell'imposta GRIZIOTTI, op. cit., p. 21 e 22; e 22; PuaLmsE: Istituzioni di Diritto. tributario, Padova, 1937, p. 98 e segg. NOTE D I DOTTRINA FRANCESCO FORTE: Sul trattamento fiscale delle attivit illecite. ( Rivista Diritto Finanziario )) , 1952, II, 119). Il prof. Forte illustra con copia di persuasivi argomenti la tesi della tassabilit delle attivit illecite, che diede luogo in passato a vaste discussioni. Nella circolare 4 ottobre 1870 il Ministero delle Finanze stabiliva che la imposta diricchezza mobile dovesse colpire i proventi del meretricio. Ma sul rilievo che quest'ultimo privo di protezione governativa ))' la Cassazione di Firenze con sentenza 25 marzo 1871 (Merlini -Finanze; v. QUARTA: Commento alla legge sull'imposta di ricchezza mobile, Milano, 1917, I, 210) escludeva che i proventi di esso venissero sottoposti a tributo, che in ogni Stato bene organizzato razionalmente il corrispettivo della sociale protezione ll. Il Forte mette in luce l'errore dei sostenitori dell'intassabilit, che ravvisavano nell'imposta il corrispettivo della protezione sociale, mentre tutto il nostro ordinamento positivo (cifr. art. 25 dello Statuto, ora 53 della Costituzione) era ed ispirato al criterio della capacit contributiva. Se il cittadino tassato in quanto possiede una determinata ricchezza, non importa che questa abbia un'origine lecita o illecita. Osserva l'A. con incisive parole: Lo Stato, prelevando una quota della ricchezza illecitamente e turpemente conseguita, non si fa complice di un'attivit contraria al diritto e alla morale pubblica, poich non assorbe tali lucri a titolo di corrispettivo, n si assume l'impegno di fornire per la loro riproduzione una protezione sociale o un compiacente non intervento. Esso si limita a chiedere a membri della collettivit forniti di capacit contributiva che compiano il loro dovere fiscale alla stessa stregua degli altri cittadini parimenti capaci )), La dottrina non tard ad ammettere la tassabilit del reddito derivante da attivit immorali tollerate, ma si rifiut di equipararvi, dapprima, le attivit assolutamente vietate dalla legge: sarebbe stato >, "Riv. Trim. Dir. Proc. Civ 1949, 795; CALABRIA:, In tema di risarcibilit dei danni derivanti ai vicini dall'esercizio di case di meretricio, Foro Ital. 1950, IV, 60; SIMONOELLI SoIALoIA:. Illiceit del gioco d'azzardo autorizzate, ivi, 47; In.: Ancora suU'iUi-.-ceit ecc., ivi, I 1934; V ALSEOOHI:. Sulla pretesa immoralit del giuoco proibito e autorizzato, Temi 1950, 510; FRAGOLA: Rifiessione di atti amministrativi sul gioco di azzardo ed attivit connesse, Foro Ital. >>, 1951, I, 188, DE CUPIS: I rri'.levanza di atti e sanzioni di diritto pitbblico nella sfera del diritto privato, ivi, IV, 145). I & r i mm + JWE -91 .WTWJFD (per esempio la soluti retentio). Inversamente, l'eventuale autorizzazione amministrativa toglie alla ge . stione di bische o case di tolleranza l'illiceit penale; ma ne lascia integra l'illiceit civile, donde la nullit dei relativi negozi e la risarcibilit dei danni a terzi. La perspicua nota del Forte s'inserisce in questa corrente dottrinale e pone giustamente in luce l'autonomia, con la quale il diritto tributario valuta quei medesimi fatti economico-sociali, che il diritto civile e penale considera a tutt'altri fini. Non possiamo non aderire alla sua realistica tesi. Sembra, tuttavia, che non vengano citate a proposito dall'A., allo scopo di confortare la tesi stessa, numerose leggi fiscali, le quali dispongono per i casi di evasione che il contribuente, oltre alla pena pecuniaria, paghi anche l'imposta evasa (art. 55 T. U. finanza locale; 19, legge sulle radioaudizioni; 32, legge sull'I.G.E.; 145, legge sulle imposte doganali, ecc.). Non si vede quale connessione vi sia fra attivit illeciti tassabili ed evasioni fiscali, salvo la circostanza estrinseca che il soggetto ad un tempo colpito d un tribiao e da una sanzione. Nel primo caso l'illiceit insita nella stessa attivit costituente il presupposto del tributo: la gestione di una bisca in s contra legem ed fonte diretta, oltre che di un guadagno tassabile, anche di sanzioni penali e civili (pene, nullit di negozi, ecc.). Nel secondo caso invece l'illiceit attiene non all'attivit tassabile, ma ad un fatto diverso e di regola posteriore, ossia all'evasione: una vendita di merci, un atto scritto sono per s leciti, anche se non seguiti dal pagamento dell'I.E.G. o dalla registrazione; da essi discende l'obbligazione d'imposta, mentre solo l'inadempimento di questa d luogo alla pena pecuniaria. Giustamente il Forte pone e risolve il problema del trattamento fiscale delle attivit illecite ugualmente per qualsiasi tributo. Dissentiamo, peraltro, dall'opinione che l'esercizio abusivo di un'attivit soggetta ad autorizzazione comporti il pagamento non solo della penale per la violazione del divieto, ma anche della tassa di concessione governativa che si sarebbe dovuta ove l'autorizzazione fosse stata rilasciata. In senso contrario sono la giurisprudenza dominante (vedi ad esempio Cass. 31 marzo 1939 e 21 giugno 1939 in Giust. Penale, 1940, III, 108 e 420) e la prassi del Ministero delle Finanze, rivelata da due circolari 15 aprile 1948, n. 116964 e 31 Marzo 1951, n. 148849 -quest'ultima oggetto di vivaci critiche del Forte -per cui la tassa dovuta solo cc se ed in quanto sia stato emesso il provvedimento . A favore della prassi ministeriale spezza una lancia con notevole padronanza della delicata materia, l'intendente di finanza Antonio De Luca (la causa giuridica della obbligazione tributaria nelle tasse sulle cc. gg., Dir. Prat. Trib. , 1952, I, 279). Questo contrasto fra la dottrina e la Finanza che si rifiuta di esigere un tributo sembra, ma non , paradossale: poich il motto cc giustizia nell'amministrazione spontaneamente fatto proprio dalla grande maggioranza dei pubblici funzionari. Il Forte configura le tasse sulle cc. gg. come vere e proprie imposte. La norma che le riollega all'atto di concessione od autorizzazione sarebbe cc di mero diritto formale, poich il loro real presupposto consisterebbe: a) nel beneficio della percezione di utili monopolistici mediante l'esercizio di attivit economiche vietate alla generalit dei cittadini; b) nella capacit contributiva rivelata dall'esercizio delle stesse. Anche chi esercita dette attivit senza licenza percepisce quei tali utili monopolistici e rivela tal capacit contributiva: ponendo quindi in essere, sia pur illegalmente, il presupposto del tributo. Alla configurazione delle tasse in questione come imposte il De Luca oppone penetranti critiche. Il beneficio puo anche mancare (si pensi a chi si uccide con l'arma, di cui ha ottenuto il porto) o non essere economico (es. autorizzazione a trasportare un cadavere). La capacit contributiva irrilevante per la legge, la quale certo non consentirebbe lo sgravio del tributo a chi pur dimostrasse di non aver svolto l'attivit autorizzata o di non averne realizzato un lucro. Possiamo aggiungere che erroneo sottovalutare la c. d. norma di diritto formale determinatrice del presupposto, e che assai pericoloso ricercare quest'ultimo altrove col sussidio della scienza delle finanze, usando quall' audace tecnica interpretativa, cui il Forte d il nome espressivo di cc integrazione ii. L'art. 1 del R.D. 30 dicembre 1923 n. 3279 stabilisce: Le concessioni governative, le autorizzazioni, gli atti, le dichiarazioni ed i provvedimenti amministrativi designati nelle annesse tabelle sono soggetti alle tasse in esse determinate ii. La norma sembra chiaramente designare la causa giuridica della tassa nell'emissione del provvedimento, il cui costo viene in tutto o in parte fatto sostenere all'interessato. Se dunque l'atto non emanato, non si verificato il presupposto della tassa, che non appare quindi dovuta. G. O. P. D'ONOFRIO: Commento al Codice di procedura civile, vol. I, p. 639 e vol. II, p. 559. Torino, U.T.E.T., 1952. Questa terza edizione, dopo il rapido esaurimento della seconda del 1951, conserva tutti i pregi della precedente, ed appare migliorata da un accurato aggiornamento giurisprudenziale e dottrinario. A riprova dell'attualit di taluni richiami, baster ricordare che l'A. ha affrontato il quesito dell'ammissibilit di un decreto ingiuntivo da notificare nel territorio libero di Trieste, e correlativamente il problema della sovranit italiana su tale territorio: e l'ha risolto in senso affermativo, tenendo conto di recentissime decisioni di Londra, aggiornate fino al momento del licenziamento delle bozze (Capodanno 1953). Per incidenza, si osserva che l'Amministrazione ha altre volte chiesto ed ottenuto senza difficolt sequestri a giudici italiani, da eseguire a Trieste; il Governo militare alleato si limita, in tali casi, ad autorizzarne la materiale esecuzione. Una recensione dell'intera opera richiederebbe pi spazio di quanto ci consentito. Limitandoci ad al cune delle questioni di particolare interesse per l'Av vocatura, si rileva che l'A. dichiara di concordare con la giurisprudenza dominante della Suprema Corte, in ordine all'insanabilit della nullit di notificazione- della citazione direttamente alla Pubblica Amministra zione, anche in caso di comparizione dell'Avvocatura. L'esame delle situazioni che si verificano in caso di litisconsorzio, con citazione regolare rispetto ad una CT ;,,, mii !EH& fil SE Z LEU - delle parti e nulla rispetto alla Pubblica Amministra zione, non viene, per, affrontato. Si puo rilevare che questo problema particolarmente interessante in sede di impugnativa e in cause inscindibili, dovendosi decidere se la nullit della notificazione faccia passare in giu-dicato la sentenza rispetto alla Pubblica Ammi nistrazione, ovvero sia ancora aperto l'adito ad una rinnovazione in via di integrazione. La Cassazione, che con sentenza 31 luglio 1947, n. 1337 (Foro It. 1948, I, 102) aveva ritenuto addirittura superflua l'integrazione, considerando regolare la comparizione dell'Amministrazione in giudizio nonostante la nul lit del ricorso, successivamente mut giurisprudenza, dichiarando non solo impossibile l'integrazione per consumazione dell'impugnativa, ma travolgendo nel l'inammissibilit anche il ricorso regolarmente notifi cato al litisc'onsorte (sentenza 9 dicembre 1950, n. 2698, Foro padano, 1951, I, 131; per le cause scindibili, vedi sentenza 8 agosto 1952, n. 2598). Circa le notificazioni delle sentenze alla Pubblica Amministrazione, l' A. ritiene che esse debbano essere fatte al procuratore presso l'Avvocatura, ma ricono sce che non occorre indicare nominativamente il pro curatore dello Stato, trattandosi di ufficio fitngibile. Questa questione, per la v.erit alquanto sottile, sem bra risolta dalla legge speciale (art. 11 T. U. 30 otto bre 1933, n. 1611) nel senso che la notificazione possa essere fatta genericamente all'Avvocatura. Notiamo qui che la sentenza del Pretore di Palermo, 10 maggio 1949 (Foro It. , 1950, I, 248) che ritenne valida la notificazione di una sentenza di conciliatore direttamente alla Pubblica Amministrazione, anzich al procuratore costituito, come stabilisce il nuovo Codice di rito, stata confermata dalla Corte Suprema con la sentenza 24 marzo 1952, n. 796, non citata dall'egregio A. Sempre in tema di notificazioni alla Pubblica Am ministrazione l'A. segnala l'uniformit della giuri sprudenza della Corte Suprema in ordine alla neces sit della notificazione del ricorso per cassazione al l'Avvocatura Generale, e non alla distrettuale. Viene a tale riguardo richiamata come ultima la sentenza 23 luglio 1951, n. 2130, della Cassazione, che peraltro stata seguita da pi recenti decisioni, tutte conformi (sentenza 15 marzo n. 710, 30 maggio n. 1558, 8 agosto n. 2598, 12 agosto n. 2684, tutte del 1952). Per contro, la revisione dell'A., rispetto alla precedente edizione 1951, appare pi accurata in ordine alla diretta impugnabilit in Cassazione dalle sentenze delle giurisdizioni speciali, in virt dell'articolo 111 della Costituzione. La distinzione tra sentenze e provvedimenti di altra natura esattamente impostata: cfr. in argomento la sentenza della Cassazione 5 luglio 1952, n. 2025, non citata dal'Autore. Altrettanto aggiornato lo stato della giurisprudenza sul noto dissenso fra Cassazione e Consiglio di Stato circa la permanenza dell'art. 429 n. 3 e 4 C.p.c. (controversie di lavoro e di impiego di dipendenti da enti pubblici). Mentre la precedente edizione portava una lunga trascrizione di brani di decisioni dell'uno e dell'altro Supremo Consesso, nell'edizione attuale l'A. ha opportunamente preferito sostituirvi ampie note di richiami a recenti studi, aggiornando la giurisprudenza fino alle sentenze della Cassazione a Sezioni Unite 9 giugno 1952, n. 1644 e 1645. 92 La parte relativa all'ingiunzione amministrativa regolata dalla legge del 1910, trattata in occasione del richiamo fattone dall'art. 635 C.p.c., pu sembrare succinta, ma sufficiente ad orientare verso le varie questioni. Forse sarebbe stato utile ag9iornare i richiami dottrinali, dato che sull'ingiunzione amministrativa si sono avuti, dopo lo scritto del Micheli citato dall'A. (<< Giur. it. 1949, I, 588) sentenze e studi pi recenti ( Giur. it. , 1951, I, 1, 598; Giur. Compl. Cassaz. civ. , 1950, II, p. 369). Recentissime sono poi, in materia, le sentenza 12 gennaio 1953 e 16 dicembre 1952 della Corte Suprema ( Leg. Fisc. , 1953, 253 e 250) che ribadirono l'ordinaria competenza per valore nelle controversie di opposizione ad ingiunzione per le entrate patrimoniali. Gli argomenti su cui sembrerebbe opportuna una pi ampia trattazione sono rari, giacch lo studiono in grado di trovare nell'opera sufficienti chiarimenti su ogni questione. L dove la precedente edizione era inspiegabilmente muta (come sulla questione della proponibilit delle azioni possessorie contro la Pubblica Amministrazione), la nuova edizione provvede a colmare la lacuna con opportuni accenni. Sempre a proposito delle azioni possessorie, l'A. afferma genericamente la proponibilit di tali azioni contro la Pubblica Amministrazione, quando non operi in forza di atto amministrativo, richiamando le sentenze 11 agosto 1951, n. 2507 e 12 febbraio 1952 n. 352 della Cassazione. Per la verit, ia seconda di tali sentenze riconferma l'improponibilit delle azioni possessorie contro meri atti di esecuzione, affermando che non possibile attribuire all'atto di esecuzione, compiuto dalla Pubblica Amministrazione per realizzare la sua pretesa contro il privato, natura diversa dall'atto che tale pretesa pone in essere in forma di per s coattiva; come atto amministrativo l'uno, cos atto amministrativo l'altro. Ad ogni modo, sembra difficile configurare un operato della Pubblica Amministrazione, indipendente da un atto amministrativo, anche se non voglia ritenersi che il semplice fatto sia, di per s, . una espressione di volont della Pubblica Amministrazione, come tale non revocabile dal giudice ordinario. Riteniamo che l'argomento potesse meritare pi ampio sviluppo (cfr. Cass. 3 giugno 1950, n. 360, in Giur. Compl. Cassaz. civ. ))' 1950, III, p. 269 con nota; cfr. pure Foro it. 1951, I, pag. 395 e Foro Amm. 1952, I, 2, 13 con nota critica alla sentenza 11 agosto 1951, n. 2507). Comunque, appena il caso di osservare che questi rilievi, assolutamente marginali e concernenti questioni del tutto particolari, non tolgono nulla alla bont dell'opera, che di indiscussa utilit pratica, e presentata con la consueta accuratezza tipografica dall' U.T.E.T.. A. C. M. FRAGALI A. V ARANESE: Codice delle leggi sulla industria e sul commercio, 1952,..Giuffr, Milano. La legislazione sull'industria e sul commercio interno ed esterno non aveva ancora ricevuto in Italia una ricostruzione sistematicamente completa. Qualche precedente raccolta si riferiva esclusivamente a determinati settori dell'industria e del -93 commercio (brevetti per invenzioni industriali, com-. mercio ambulante, frodi in commercio, ecc.) senza offrire uno sguardo panoramico e, nello stesso tempo, particolareggiato della vastissima legislazione esistente sull'argomento. Questo codice, aggiornato al 31 dicembre 1952, viene a colmare tale lacuna e costituisce la prima raccolta organica della legislazione in materia di industria e commercio. Esso costituito da una parte generale, contenente gli articoli della Costituzione e degli Statuti regionali che si . riferiscono a.Ua materia trattata, e di sei libri: Libro I: L'Amministrazione dell'industria e del commercio (L'amministrazione governativa; L'amministrazione autarchica; L'amministrazione dei monopoli dello Stato; L'organizzazione amministrativa all'estero). Libro II: L'industria e il commercio in generale (I censimenti economici; IJ'impresa in generale; Le societ commerciali; I consorzi; Le disposizioni generali in materia di insolvenza). Libro III: L'industria in particolare (La propriet industriale; Le servit per utilit industriale; La ripresa industriale; L'industrializzazione dell'Italia meridionale ed insulare; Le zone industriali; Le medie e le piccole industrie e l'artigianato; Le industrie pericolose o insalubri; Le limitazioni all'impiego delle materie prime). Libro IV: Il commercio interno in particolare (Gli usi commerciali; Le licenze di commercio; I pesi e le misure; L'esercizio del com mercio; Gli istituti di agevolazione del commercio; Le scorte statali per gli approvvigionamenti interni). Libro V: I singoli settori dell'industria e del commercio interno (Le miniere; I metalli preziosi; Gli impianti elettrici; L'industria siderurgica, meccanica, edilizia, tessile, chimica, farmaceutica, della gomma, della carta, delle sostanze di uso agrario, degli alimentari ecc.). Libro VI: Il commercio con l'estero (I divieti di importazione e di esportazione; Gli scambi in compensazione generale e privata; Le operazioni di reciprocit; Le disposizioni speciali per le importazioni e le esportazioni; La garanzia dei crediti e dei rischi di cambio; Le importazioni e le esportazioni temporanee). Come pu constatarsi da questo breve sommario, la raccolta si distingue innanzi tutto per la sua esauriente completezza, per la sistematica adottata che risulta scientificamente esatta, per la ricostruzione unitaria dei testi pi disparati riguardanti lo stesso argomento ed, in modo particolare, per l'ampio ed accurato indice e per quelli sistematico e cronologico che rendono. facile ed agevole l consultazione del volume. Se una raccolta legislativa, in quanto tale, non pu che contenere testi normativi, questo codice realizza, inoltre, con il sistema adottato dagli .Autori, la concreta esposizione della disciplina dei singoli istituti e pertanto costituisce un utile strumento di studio e di lavoro. .A. T. -96 APPALTI E FORNITURE Eccessiva onerosit . Risoluzione Applicazione ai contratti di fornitura con la Pubblica Amministrazione. (Corte di Cassazione, Sez. I, Sent. n. 2116/52 -Pres.: Cannada-Bartoli; Est.: Chieppa; P.M.: Reale. -Amministrazione della Difesa-Esercito c. Carf). L'applicabilit dell'art. 1467 O.e. relativa alla eccessiva onerosit sopravvenuta, non contrasta con la disciplina dei contratti tra privati e Pubblica Amministrazione, n invocabile in contrario il principio della invariabilit dei prezzi o l'ostacolo a scopi di pubblico generale interesse. La motivazione della surriportata sentenza, non molto persuasiva. Si trattava della forni tura di una certa quantit (ii vino a consegna in aliquote determinate, ad epoche indicande dall'Amministrazione creditrice, e del rifiuto del fornitore di proseguire nelle consegne, fatte alcune di queste, a causa del forte rincaro della merce. Dal fornitore si invocava, e dall'Amministrazione si negava, l'applicabilit dell'art. 1467 O.e. Per ritenere applicabile l'art. 1467 l'annotata sentenza ha seguito in sintesi i sottoindicati criteri: a) i contratti della Pubblica Amministrazione soggiacciano a tutte le norme dei civili contratti, ove non derogate da legge o da patto particolare. La specie pertanto dell'art. 1467 O.e. si applica ad essi, tanto pi che nella materia dei contratti con la Pubblica Amministrazione sorto, prima ancora che esistesse l'art. 1467 O.e., l'espediente della revisione dei prezzi, con cui ovviare ad una insorta iniquit; b) nei contratti della Pubblica Amministrazione, a consegne ripartite, per i quali non vige l'apparato legislativo della revisione amministrativa dei prezzi, e quando, nella specie, in essi non sia contenuto alcun patto circa la revisione, sussiste integro il diritto del forni tor e alla risoluzione per eccessiva sopravvenuta onerosit; e) fosse pure generale ed inderogato il principio della invariabilit dei prezzi nei contratti con la Pubplioa Amministrazione, esso funzionerebbe solo come divieto di stabilire nuovi prezzi non gi come divieto di risoluzione per le cause previste dalla legge fra le quali quelle dell'art. 1467 O.e.; d) rimane a salvaguardia del pubblico generale interesse la possibilit per la Pubblica Amministrazione, di mantenere in vita il contratto offrendone l'equa modificazione a' sensi delVultimo oapov. dell'art. 1467 e.e. Le ragioni per cui la Suprema Corte abbia ritenuto di abbandonare il contrario insegnamento di cui alla sentenza della stessa sezione 19 agosto 1950, presidente Pellegrini, estensore JJ'ibbi; Granata o. Ministero Difesa- Esercito (in questa Rassegna, 1950, p. 221) resa in una fattispecie del tutto analoga non sono chiare. In quel precedente la Suprema Oorte ha ritenuto inesperibile l'azione di risoluzione per eccessiva onerosit di ohe all'art. O.o., per valida rinuncia preventiva, in quanto introducendosi pattiziamente nel rapporto un ooefficente di assoluta incertezza nel rischio consistente nella assunzione dell'alea per ogni evento anche il pi anormale, il rapporto assumeva figura e contenuto aleatorio vero e proprio e veniva sottratto all'applicazione dell'art. 1467 O.e. L'elemento alteratore dell'originaria figura del rap~ porto commutativo era individuato nell'art. 31 delle Condizioni Generali per le forniture militari (approvate con D.M. 30 giugno 1930) il quale, sotto il titolo della invariabilit dei prezzi, cos dispone: i prezzi contrattuali si intendono accettati ddlla ditta a tutto suo rischio e pericolo e sono. quindi invariabili nel modo piu assoluto ed indipendenti da qalsiasi eventualit e circostanze che la ditta non abbia tenuto presente. La ditta perci non avr ragione di pretendere sopraprezzo od indennit speciali di nessun genere per aumento anche eccessivo di materie prime o lavorate o della mano d'opera ll, eco. ecc. Tale elemento alteratore sussisteva in quella come in questa fattispecie. Per giustificare l'abbandono da parte della annotata decisione, della via seguita in precedenza non pu invocarsi ohe una delle seguenti due tesi: o che il diritto di chiedere la risoluzione del contratto per eccessiva onerosit sia irrinunciabile, non importa per quale ragione (ma una tale tesi contrasterebbe con l'art. 1469 O.o. ohe eccettuando dall'art. 1467 O.e. i contratti aleatori individua questi non solo nei contratti tali per loro natura ma anche in quelli che lo siano divenuti per volont della parti, accordando al riguardo, a queste, la pi ampia autonomia; d'altronde tale tesi non sembra adombrata nella annotata sentenza); o ohe, invece, (ed appare qiwsta la via seguita) l'alea assunta dalla debitrice impresa riguardi un solo aspetto e, cio, quello della invariabilit dei prezzi, non l'altro conseguente aspetto di soggiacere al contratto anooroh a prezzi variati. A tale concetto peraltro pu obiettarsi che un'alea, ohe si concluda con l'assumere a tutto proprio rischio e pericolo la determinazione del prezzo talch quest'ultimo sia invariabile per qualsivoglia motivo, deve di necessit portare all'effetto che l'obbligato sia tenuto all'osservanza del contratto ancoroh divenuto dannoso: altrimenti ...... non un'alea. L'indagine, dunque, cade sul punto se {{ l'invariabilit dei prezzi, a tutto proprio rischio e pericolo, per qualsiasi motivo posta a base di un contratto, sposti, oppur no, quest'ultimo nelle categorie dei contratti aleatori descritte dallo art. 1469 O.e. , quindi se con tale clausola venga o no assunta una effettiva alea. Il senso piano delle parole starebbe per l'affermativa; per negarlo occorrerebbe una impostazione press' a poco nei seguenti termini: ohe l'invariabilit del contratto, nel suo insieme e nelle sue singole clausole, sarebbe gi un effetto naturale del contratto e sarebbe addirittura inutile il sanzionarla con un'apposita clausola (quest'ultima, se adottata, non comporterebbe l'assunzione di un'alea diversa da quella normale); ohe d'altra parte anche l'istituto della reductio ad aequitatem sarebbe ormai un effetto naturale del contratto (re stando indifferente il mezzo adottato dal legislatori per attuarla, e -Oio, generalmente e salva l'eccezion di modificazione, con l'azione di risoluzione, e in oas particolari con l'azione di modificazione); che l'arml nia dei due predetti effetti naturali comporterebbe l compatibilit di una clausola di invariabilit dei pre zi con la possibilit di una reductio ad aequitater che le eventuali formule qualificative della clausola invariabilit, e cio l'{{ a tutto rischio rmrwolo , per qualsiasi motivo , ecc. potrebbero essere int pretate, per salvare la predetta armonia (il che =m mw n mr ucmrnnmrmrm fjj u -93 nmm; :m mum; , commercio (brevetti per invenzioni industriali, com- mercio ambulante, frodi in commercio, ecc.) senza offrire uno sguardo panoramico e, nello stesso tempo, particolareggiato della vastissima legislazione esistente sull'argomento. Questo codice, aggiornato al 31 dicembre 1952, viene a colmare tale lacuna e costituisce la prima raccolta organica della legislazione in materia di industria e commercio. Esso costituito da una parte generale, contenente gli articoli della Costituzione e degli Statuti regionali che si . riferiscono alla materia trattata, e di sei libri: Libro I: L'Amministrazione dell'industria e del commercio (L'amministrazione governativa; L'amministrazione autarchica; L'amministrazione dei monopoli dello Stato; L'organizzazione amministrativa all'estero). Libro II: L'industria e il commercio in generale (I censimenti economici; Vimpresa in generale; Le societ commerciali; I consorzi; Le disposizioni generali in materia di insolvenza). Libro III: L'industria iri particolare (La propriet industriale; Le servit per utilit industriale; La ripresa industriale; L'industrializzazione dell'Italia meridionale ed insulare; Le zone industriali; Le medie e le piccole industrie e l'artigianato; Le industrie pericolose o insalubri; Le limitazioni all'impiego delle materie prime). Libro IV: Il commercio interno in particolare (Gli usi commerciali; Le licenze di commercio; I pesi e le misure; L'esercizio del com mercio; Gli istituti di agevolazione del commercio; Le scorte statali per gli approvvigionamenti interni). Libro V: I singoli settori dell'industria e del commercio interno (Le miniere; I metalli preziosi; Gli impianti elettrici; L'industria siderurgica, meccanica, edilizia, tessile, chimica, farmaceutfoa, della gomma, della carta, delle sostanze di uso agrario, degli alimentari ecc.). Libro VI: Il commercio con l'estero (I divieti di importazione e di esportazione; Gli scambi in compensazione generale e privata; Le operazioni di reciprocit; Le disposizioni speciali per le importazioni e le esportazioni; La garanzia dei crediti e dei rischi di cambio; Le importazioni e le esportazioni temporanee). Come pu constatarsi da questo breve sommario, la raccolta si distingue innanzi tutto per la sua esauriente completezza, per la sistematica adottata che risulta scientificamente esatta, per la ricostruzione unitaria dei testi pi disparati riguardanti lo stesso argomento ed, in modo particolare, per l'ampio ed accurato indice e per quelli sistematico e cronologico che rendono. facile ed agevole l consultazione del volume. Se una raccolta legislativa, in quanto tale, non pu che contenere testi normativi, questo codice realizza, inoltre, con il sistema adottato dagli Autori, la concreta esposizione della disciplina dei singoli istituti e pertanto costituisce un utile strumento di studio e di lavoro. A.T. RACCOLTA DI GIURISPRUDENZA AMMINISTRAZIONE PUBBLICA -Foro dello Stato Intervento in causa -Intervento volontario e intervento coatto. (Corte di Cass., Sez. I, Sent. n. 1506/52Pres.: Piacentini; Est.: Chieppa; P.M.: Malacuso. Pastore c. Ferrovie dello Stato). Secondo l'art. 8 del T.U. 30ottobre1933, n. 1611, le norme ordinarie di competenza, in deroga alle disposizioni sul Foro dello Stato, rimangono ferme nei casi di volontario intervento in causa di una Amministrazione dello Stato. Questa ipotesi di volontario intervento (art. 105 C.p.c.), nella sostanziale identit della situazione giuridica e della ratio legis, deve intendersi comprensiva del caso nel quale l'Amministrazione dello Stato intervenga soltanto di fatto (art. 106 C.p.c.) od anche jussu judicis (art. 107 C.p.c.) ed accetti di stare in causa innanzi al giudice adito. Nella specie l'Amministrazione delle Ferrovie dello Stato era stata chiamata in garanzia. Doveva perci applicarsi il capoverso dell'art. 6 del T. U. 30 ottobre 1933, n. 1611; e poich l'Amministrazione non aveva chiesto lo spostamento della competenza al Foro dello Stato, era perfettamente legittima la continuazione del processo presso il giudice previamente adito. Sembra invece eccessiva l'affermazione, peraltro inutile, della Corte Suprema secondo la quale l'ipotesi di volontario intervento della Pubblica Amministrazione sia equivalente alle altre ipotesi di intervento cos detto coatto (ad istanza di parte o invero jussu judicis), ai fini di determinare l'applicazione delle norme ordinarie di competenza in deroga al Foro dello Stato. Per quanto ci risulta esiste un solo precedente in una sentenza della Corte Suprema resa sotto l'impero del vecchio codice di procedura civile (sentenza n. 3100 del 25 novembre 1938, settimana della Cassazione, 1939, col. 111), nella quale si afferma che lq, deroga alla norma generale nel caso di intervento non pu intendersi se non in relazione ad una partecipazione volontaria della P.A. ad un giudizio vertente tra altre parti, e determinata da una sua spontanea valutazione dell'opportunit di non avvalersi dellaprerogativa che le compete . Nella massima che si riferisce a questa sentenza, esplicitamente ~affermato che le norme ordinarie di competenza rest~no ferme solo nei casi di intervento volontario e non nei casi di intervento coatto. Deve peraltro notarsi che con sentenza n. 329 del 12 febbraio 1953 la Corte Suprema ha riaffermato che l' intervento di un terzo per ordine del giudice (art. 107 C.p.c) obbligatorio solo nelle ipotesi di litisconsorzio necessario . Con tale sentenza sembra che la Corte abbia voluto riconfermare il principio, d'altronde seguito da una parte della dottrina (V. D'ONOFRIO: Commento al Codice di procedura civile, articoli 105, 106, 107), secondo il quale sia l'intervento su istanza di parte, sia l'intervento per ordine del giudice (fuori del caso di litisconsorzio necessario) si fondano, in sostanza, sulla spontanea adesione al processo della parte chiamata e pertanto debbono equipararsi ad un intervento volontario. Come si vede, si tratta di questione delicata, e poich nessuno pu essere costretto ad intervenire in una causa vertente tra altre persone, sembra logico che, nei casi in cui l'Amministrazione sia chiamata in causa per ragioni diverse da quella della chiamata in garanzia, ove non vi siano motivi particolari che consiglino l'intervento, sia conveniente astenersi dall'intervento stesso, quando si voglia conservare il privilegio del Foro dello Stato. . AMMINISTRAZIONE DELLO STATO -Ufficio Stralcio per la liquidazione delle soppresse organizzazioni sindacali fasciste; rappresentanza in giudizio -Cassazione; nullit del ricorso per omessa notificazione presso l'Avvocatura generale dello Stato; causa inscindibile; ammissibilit del ricorso. (Cassaz., Sez. Un. Civ., 18/1-7/3-1953; Pres.: Anichini; Re!.: Moscati; P. M.: Pafundi -Associazione Nazionale Enti Economici dell'Agricoltura (A.N.E.E.A.) e Consorzio Agrario provinciale di Parma contro Ufficio stralcio per la liquidazione della soppressa Confederazione fascista degli agricoltori -Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale e Ministero dell'Agricoltura e Foreste). La nullit della notifica del ricorso per cassazione verificatasi nei confronti di uno solo dei resistenti, anche se questo sia un'amministrazione dello Stato, non determina di per se la inammissibilit del gravame ed impone soltanto aJ ricorrente d'integrare il giudizio ai termini dell'art. 331 C. p. c., integrazione per altro non pi necessaria se il resistente, al quale il ricorso sia stato ir.!'egglarmente notificato, siasi costituito in giudizio. La fattispecie sottoposta all'esame delle Sezioni Unite della Cassazione era davvero singolare e possiamo dire costituisse un caso limite. La Confe -95 derazione degli agricoltori in liquidazione, in persona dei Commissari liquidatori, aveva impugnato con ricorso al Consiglio di Stato il provvedimento del Ministro dell'Agricoltura e Foreste, che aveva convalidato alcuni atti di disposizione di beni, avvenuta sotto il governo della r.s.i., deducendone l'illegittimit per incompetenza del Ministero. Nelle more del giudizio ai Commissari liquidatori era stato sostituito l'Ufficio stralcio, organo statale, ma, per l' evidente confiitto d'interesse, si era ritenuto opportuno che nella discussione del ricorso l'ufficio stralcio fosse assistito da avvocato del libero foro. La nullit del ricorso per Cassazione notificato all'ufficio stralcio presso il predetto avvocato era stata sostenuta; in forza dei principi generali, con due ordini di motivi: perch competente a giudicare della persistenza del confiitto d'interessi era esclusivamente la pubblica amministrazione, e, pertanto, il ricorso, essf}ndo l'ufficio stralcio un organo statale, doveva essere notificato allo stesso presso l'Avvocatura generale dello Stato; perch la nullit del ricorso ne importava l'inammissibilit, ancorch si trattasse di causa inscindibile, e ci sopratutto perch i Ministeri del lavoro e dell'agricoltura, resistenti nel giudizio, in cui l'ufficio stralcio era ricorrente, conservavano la stessa situazione di opposizione nel giudizio di Cassazione e non potevano considerarsi consorti in lite dell'ufficio straclio. La Corte ha accolto il primo motivo, ma ha rigettato il secondo con una motivazione, che possiamo ritenere di specie e che non sembra contrasti con il principio recentemente affermato della inammissibilit del ricorso, non notificato presso l'Avvocatura generale dello Stato, nei confronti di tutte le parti ancorch si fosse trattato di causa inscindibile (Oass. I Sez. Anichini; Est. Di Liberti; P.M. Gasoli, 9 dicembre 1950, n. 2698: Leo -Ministero lavori pubblici e Pastigliano, in Foro Padano, 1951, I, 131). L'annotata sentenza, infatti, ritenne decisivo il rilievo che la decisione impugnata era stata pronunziata anche in confronto di altre amministrazioni dello Stato e che a questa il ricorso era stato regolarmente notificato presso l'Avvocatura generale dello Stato. Al principio generale affermato con la sentenza n. 2698 del 1950 (la questione stata nuovamente sottoposta alla Corte di Cassazione, Sez. I, relativamente al ricorso Gambacciani -Esattoria comunale di Poggio Bracciolini e Finanze, discusso alla udienza del 10 marzo 1953 e di cui s'ignora l'esito) la Corte avrebbe, quindi, apportato un temperamento nel senso, cio, di ritenere ammissibile il ricorso quando lo stesso fosse stato regolarmente notificato ad altra amministrazione dello Stato. Riteniamo, infine, che, sia pure implicitamente, la Corte abbia confermato la natura di organi statali degli uffici stralcio per il compimento delle operazioni di liquidazione delle soppresse, ma non ancora giuridicamente estinte, associazioni sindacali fasciste (Rassegna Avvocatura , 1952, p. 190). Per una pi completa intelligenza delle questioni trattate si reputa opportuno trascrivere, per la parte che interesse, la pregevole motivazione della sentenza: cc Per pervenire a tale illazione non preme accertare se gli uffici stralcio costituiti con decreto ministeriale del 25 giugno 1946 in esecuzione dell'art. 5 D. L. 10 dicembre 1947, n. 1611, del Capo Provvisorio dello Stato, per il compimento delle operazioni di liquidazione delle soppresse ma non ancora giuridicamente estinte associazioni sindacali fasciste siano organi dell'amministrazione statale sia pure con patrimonio distinto e se quindi gli atti -giudiziari che contro di esse vengano proposti debbano a norma dell'art. 11 del decreto 30 ottobre 1933, n. 1811, innovativo rispetto all'art. 25 del D. L. 30 dicembre 1923, n. 2828 venire inderogabilmente notificato presso l'Avvocatura generale dello Stato sotto pena d'inammissibilit rilevabile anche d'ufficio e non sanabile neppure con la comparizione degli intimati. Anche a voler in ipotesi ed in analogia di quanto stato praticato per la liquidazione degli enti colo niali riconoscere detta qualifica all'Ufficio Stralcio a mezzo del quale lo Stato proponendovi propri fun zionari ha assunto il compito di espletare e portare a termine in sostituzione del Commissario liqitida tore la liq,uidazione della Oonf ederazione Nazionale degli Agricoltori decisivo il rilievo che la sentenza ora denunziata fu pronunziata anche in confronto di altre amministrazioni dello Stato (Ministero dell'Agricoltura e Foreste e Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale) alle quali i ricorsi ven nero notificati in termine e regolarmente nel loro domicilio legale onde l'Avvocatura si ebbe ben due notifiche dei medesimi ricorsi. cc Ben vero che pur essendo stato nella fase del giudizio innanzi al Consiglio di Stato affidato il patrocinio dei liquidatori della Confederazione ed avvocatura del libero foro per un supposto confiitto d'interessi con le altre suindicate amministrazioni dello Stato della permanenza o meno di tale confiitto non erano arbitri a giudicare i ricorr.enti cui perci incomba l'obbligo di attenersi alle regole dettate negli articoli 299 e 300 O.p.c. ma non meno vero nel caso che nei rapporti tra Ufficio Stralcio e Ministeri della agricoltura e del lavoro la causa non pu non riguardarsi come inscindibile non potendo il decreto emesso dai due Ministeri restare valido per essi e nullo per l'Ufficio Stralcio nei cui confronti fu emesso e vice versa. cc Soccorre quindi il criterio gi altra volta pro clamato in analoghi riscontri di queste. Sezioni se condo cui la nullit della notifica del ricorso per cassa zione verificatasi in confronto di uno solo dei resi stenti anche se questo sia un'Amministrazione dello Stato non determina di per se la inammissibilit del gravame ed impone soltanto al ricorrente d'inte grare il giudizio ai termini dell'art. 331 O.p.c. inte grazione per altro non pi necessaria se il resistente al quale il ricorso sia stato irregolarmente notificato, siasi costituito in giudizio come si verificato nella specie dimostrando in tal modo di aver avuto piena conoscenza del ricorso stesso. cc Ne pu riconoscere pregio alla sottile distinzione delle parti, prospettata dall'avvocato generale con riferimento alla posizione processuale tenuta dai liquidatori e dai due Ministeri nel giudizio-vertito avanti il Consiglio di Stato giacch innegabile che in questa sede tutti e tre gli enti statali assumono la eguale e comune veste di resistenti . G. GUGLIELMI -96 APPALTI E FORNITURE -Eccessiva onerosit Risoluzione -Applicazione ai contratti di fornitura con la Pubblica Amministrazione. (Corte di Cassazione, Sez. I, Sent. n. 2116/52 -Pres.: Cannada-Bartoli; Est.: Chieppa; P.M.: Reale. -Amministrazione della Difesa-Esercito c. Carfi). L'applicabilit dell'art. 1467 O.e. relativa alla eccessiva onerosit sopravvenuta, non contrasta con la disciplina dei contratti tra privati e Pubblica .Amministrazione, n invocabile in contrario il principio della invariabilit dei prezzi o l'ostacolo a scopi di pubblico generale interesse. La motivazione della surriportata sentenza, non molto persuasiva. Si trattava della fornitura di una certa quantit di vino a consegna in aliquote determinate, ad epoche indicande dall'Amministrazione creditrice, e del rifiuto del fornitore di proseguire nelle consegne, fatte alcune di qu,este, a causa del forte rincaro della merce. Dal fornitore si invocava, e dall' A mrninistrazione si negava, l'applicabilit dell'art. 1467 O.e. Per ritenere applicabile l'art. 1467 l'annotata sentenza ha seguito in sintesi i sottoindicati criteri: a) i contratti della Pubblica Amministrazione soggiacciano a tutte le norme dei civili contratti, ove non derogate da legge o da patto particolare. La specie pertanto dell'art. 1467 O.e. si applica ad essi, tanto pi che nella materia dei contratti con la Pubblica Amministrazione sorto, prima ancora che esistesse l'art. 1467 O.e., l'espediente della revisione dei prezzi, con cui ovviare ad una insorta iniquit; b) nei contratti della Pubblica Amministrazione, a consegne ripartite, per i quali non vige l'apparato legislativo della revisione amministrativa dei prezzi, e quando, nella specie, in essi non sia contenuto alcun patto circa la revisione, sussiste integro il diritto del fornitore alla risoluzione per eccessiva sopravvenuta onerosit; c) fosse pure generale ed inderogato il principio della invariabilit dei prezzi nei contratti con la Pubplica Amministrazione, esso funzionerebbe solo come divieto di stabilire nuovi prezzi non gi come divieto di risoluzione per le cause previste dalla legge fra le quali quelle dell'art. 1467 O.e.; d) rimane a salvaguardia del pubblico generale interesse la possibilit per la Pubblica Amministrazione, di mantenere in vita il contratto offrendone l'equa modificazione a' sensi deWultimo capov. dell'art. 1467 O.e. Le ragioni per cui la Suprema Corte abbia ritenuto di abbandonare il contrario insegnamento di cui alla sentenza della stessa sezione 19 agosto 1950, presidente Pellegrini, estensore Fibbi; Granata c. Ministero Difesa- Esercito (in questa Rassegna, 1950, p. 221) resa in una fattispecie del tutto analoga non sono chiare. In quel precedente la Suprema Corte ha ritenuto inesperibile l'azione di risoluzione per eccessiva onerosit di che all'art. O.e., per valida rinuncia preventiva, in quanto introducendosi pattiziamente nel rapporto un coefficente di assoluta incertezza nel rischio consistente nella assunzione dell'alea per ogni evento anche il pi anormale, il rapporto assumeva figura e contenuto aleatorio vero e proprio e veniva sottratto all'applicazione dell'art. 1467 O.e. L'eleme;nto alteratore dell'originaria figura del rapporto commutativo era individuato nell'art. 31 delle Condizioni Generali per le forniture militari (approvate con D.M. 30 giugno 1930) il quale, sotto il titolo della invariabilit de~ prezzi, cos. dispone: i prezzi contrattuali si intendono accettati ddlla ditta a tutto suo rischio e pericolo e sono quindi invariabili nel modo piu assoluto ed indipendenti da qualsiasi eventualit e circostanze che la ditta non abbia tenuto presente. La ditta perci non avr ragione di pretendere sopraprezzo od indennit speciali di nessun ge .nere per aumento anche eccessivo di materie prime o lavorate o della mano d'opera n, ecc. ecc. Tale elemento alteratore sussisteva in quella come in questa fattispecie. Per giustificare l'abbandono da parte della annotata decisione, della via seguita in precedenza non pu invocarsi che una delle seguenti due tesi: o che il diritto di chiedere la risoluzione del contratto per eccessiva onerosit sia irrinunciabile, non importa per quale ragione (ma una tale tesi contrasterebbe con l'art. 1469 O.e. che eccettuando dall'art. 1467 O.e. i contratti aleatori individua questi non solo nei contratti tali per loro natura ma anche in quelli che lo siano divenuti per volont della parti, accordando al riguardo, a queste, la pi ampia autonomia; d'altronde tale tesi non sembra adombrata nella annotata sentenza); o che, invece, (ed appare questa la via seguita) l'alea assunta dalla debitrice impresa riguardi un solo aspetto e., cio, quello della invariabilit dei prezzi, non l'altro conseguente aspetto di soggiacere al contratto ancorch a prezzi variati. A tale concetto peraltro pu obiettarsi che un'alea, che si concluda con l'assumere a tutto proprio rischio e pericolo la determinazione del prezzo talch quest'ultimo sia invariabile per qualsivoglia motivo, deve di necessit portare all'effetto che l'obbligato sia tenuto all'osservanza del contratto ancorch divenuto dannoso: altrimenti ...... non un'alea. L'indagine, dunque, cade sul punto se l'invariabi lit dei prezzi, a tutto proprio rischio e pericolo, per qualsiasi motivo>> posta a base di un contratto, sposti, oppur no, quest'ultimo nelle categorie dei contratti aleatori descritte dallo art. 1469 O.e. , quindi se con tale clausola venga o no assunta una effettiva alea. Il senso piano delle parole starebbe per l'affermativa; per negarlo occorrerebbe una impostazione press' a poco nei seguenti termini: che l'invariabilit del contratto, nel suo insieme e nelle sue singole clausole, sarebbe gi un effetto naturale del contratto e sarebbe addirittura inutile il sanzionarla con un'apposita clausola (quest'ultima, se adottata, non comporterebbe l'assunzione di un'alea diversa da quella normale); che d'altra parte anche l'istituto della reductio ad aequitatem sarebbe ormai un effetto naturale del contratto (restando indifferente il mezzo adottato dal legislatore per attuarla, e cio, generalmente e salva l'eccezione di modificazione, con l'azione di risoluzione, e in casi particolari con l'azione di modificazione); che l'armonia dei due predetti effetti naturali comporterebbe la compatibilit di una clausola di invriabilit_dei.pre..zzi con la possibilit di una reductio ad aequitatem; che le eventuali formule qualificative della clausola di invariabilit, e cio l' a tutto rischio e pericolo , il per qualsiasi motivo , ecc. potrebbero essere interpretate, per salvare la predetta armonia (il che si -97 risolve nel salvare ad ogni costo l'istituto della reductio ad aequitatem) solo nel senso, limitandone l'asso. lutezza, di riferirle alle alee normali contrattuali; che insomma nessuna espressione, per quanto ampia, relativa all'assunzione dei rischi, sarebbe sufficiente, se non consistesse o, direttamente, nella rinuncia espressa ai benefici dell'art. 1467 O.e., o, indirettamente, nell' adzione di un particolare rimedio sostitutivo di detto articolo (revisione dei prezzi). (Avvertiamo che lo sviluppo di tale pensiero, frutto in parte di nostra interpolazione). La critica della surriportata opinione potrebbe anche essere impostata sul terreno specifi.co (e rispetto all'art. 31 Condizioni Generali per le forniture militari, nel senso che apparirebbe essersi riguardato solo al titolo della norma << invariabilit dei prezzi contrattuali ))' e non al testo della norma stessa, e ci non tanto per valorizzare il titolo, il che gi sarebbe discutibile, quanto addirittura per contrapporlo alla norma); peraltro pi interessante sar impostare una critica sul terreno generale. Secondo la combattuta opinione il richiamo esentivo ai contratti aleatori per volont delle parti identificherebbe quei contratti in cui o per escluderne l' applicazione o per assicurare una diversa disciplina, le parti avessero disposto altrimenti dalla norma dell'art. 1467 O.e. Insomma la categoria dei contratti resi aleatori dalla volont delle parti, ai fini del predetto articolo, sarebbe definita negativamente e cio come quella dei contratti da cui la volont delle parti abbia esplicitamente esclusa l'applicazione dell'art. 1467 O.e. Tale definizione non regge alla critica e si rivela evidentemente tautologica. Essa inoltre resistita della dizione della norma. Infatti per enunciare in tal senso una chiara volont la legge non avrebbe dovuto menzionare i contratti aleatori per volont di parte unitamente a quelli alaetori per propria natura, ma avrebbe dovuto, se mai, spostarne l'ubicazione nella sede della enunciazione del principio generale -articolo 1467 prima parte -ed adottare la nota formula di apertura cc salvo che le parti abbiano diversamente disposto, ecc.. ecc. ll, enunciazione tuttavia quasi pleonastica quando si ritenga dispositivo e non imperativo il disposto di detto articolo. Dunque la definizione dei contratti aleatori per volont di parte deve essere diversa, per avere un senso; e cio deve essere proprio quella accolta nel precedente Granata -Ministero Difesa-Esercito, secondo il quale contratto aleatorio per volont di parte quello in cui l'alea normale sia stata pattiziamente ampliata fino a comprendere ogni evento anche il pi anormale. Non si disconosce, qui, il disagio concettuale di porre sullo stesso piano il contratto aleatorio, stricto sensu, e quello con rischio completo (pattizio) i quali differiscono fra loro per l'essenza (si d pertanto tutto il pregio spettantele alla sottile distinzione posta dal PINO in La eccessiva onerosit della prestazione; Cedam 1952, p. 70 e segg., fra alea normale e alea del contratto aleatorio, spesso confuse per impropriet di linguaggio: e si concorda con detto Autore che la prima riguardi l'onerosit e la seconda la corrispettivit). Si conviene comunque che i due esaminati tipi di contratto nori possano sussumersi sotto un unico concetto in modo che criterio determinatore dell'alea del contratto aleatorio sia solo l'entit del rischio assunto. Di conseguenza si ammette che l'ampliamento del rischio del contratto all'infinito non abbia mai tale forza da attribuire ad un contratto che non l'avrebbe, la natura di contratto aleatorio; tutt'al pi accanto a quest'ultimo potr costituirsi, con un antico espediente di linguaggio, la categoria dei contratti qusi~alatori comprendendo in essa i contratti in cui l'ampliamento del rischio all'infinito, voluto dalle parti, perviene a conseguenza pratiche non diverse da quelle proprie dei contratti strettamente aleatori. Tuttavia tale distinzione non in contrasto con la legge, anzi la giustifica, nei casi in cui la legge, in vista appunto della identit delle pratiche conseguenze, e ai fini di una particolare norma, sottopone alla stessa disciplina entrambe le specie di contratti a rischio integrale. Il quesito, che potrebbe sorgere, se cio la legge quando in una particolare norma menzioni i contratti aleatori intenda comprendere in essi anche quelli che abbiamo chiamato quasi aleatori, di ordine interpretativo; pertanto se ad esempio il quesito pu profilarsi per l'azione generale di rescissione per lesione di cui all'art. 1448 O.e. (perch la legge menziona solo i contratti aleatori, come esclusi da tale azione), non pu profilarsi, per il caso della onerosit eccessiva regolata dall'art. 1467 O.e., perch la legge lo ha gi testualmente ed inequivocabilmente risolto, nel senso di escludere da tale azione entrambe le specie di contratti aleatori. Superato con un motivo de lege lata ogni disagio concettuale dell'appaiamento sotto una stessa disciplina di specie dfverse di contratti a rischio integrale, cade l'illazione della annotata decisione che cio l' autonomia contrattuale potrebbe vero estendere a dismisura le alee del contratto, ma queste rimarrebbero della natura delle alee normali (amplificate) e quindi per ampia che fosse la sfera delle alee assunte sarebbe sempre possibile (il che non avverrebbe per i contratti .aleatori in senso proprio) che avvenimenti di eccezionale imprevedibilit rimanessero fuori delle alee contrattuali e che per essi si applicasse l'art. 1467 O.e. Questa illazione per in pratica depennerebbe dall'art. 1469 O.e. la menzione dei contratti aleatori per volont delle parti (perch gi compresi nel 2 capov. dell'art. 1467 O.e.), e comunque distinguerebbe nel grembo dell'art. 1469 O.e. (contro il tenore della norma che senza restrinzioni le equipara) le due specie di contratti a rischio integrale attribuendo alla prima (contratti aleatori in senso proprio) un'esenzione assoluta dal vigore dell'art. 1467, ed alla seconda (contratti aleatori per volont delle parti) un'esenzione relativa. La qual cosa persuade che solo sovvertendo la norma civile e scivolando per la china del diritto libero, pu svuotarsi di contenuto la menzione che l'art. 1469 fa dei contratti in esame. E tale persuasione suffragata, oltre che per le vie dirette, sopra esaminate, ma anche per le vie indirette (che sembrano anche, e forse piuttosto, essere state seguite nella annotata decisione) e cio mediante la contrapposizione tra la fissit dei prezzi e la risolu zione per eccessiva onerosit. Dire infatti che il debitore, soggiacendo alla inva- riabilit dei prezzi, rinuncia a chiederne la varia zione (e quindi deve sottostare ai prezzi stessi), e che tuttavia, pu sempre liberarsene con una azione riso lutoria per inadeguatezza dei prezzi, significa dire -98 con evidente contraddizione che egli possa sciogliersi dall'osservanza dei prezzi stessi. Di conseguenza la deviazione dal precedente Granata- Amministrazione Difesa-Esercito lascia insoddisfatti s da non potersi ritenersi che con la sentenza annotata sia stata detta veramente una parola decisiva. .A. NIST.A PUBBLICO IMPIEGO -Enti pubblici -Avventizio. assunto con incarico interinale -Destinazione ad altro incarico -Necessit di giusta causa. (Consiglio di Stato VI, 13 aprile, n. 1953, n. 151. Pres. De Marco; Est. Cesareo -Colombo contro Reg. Aer. !tal.). L'impiegato, cessato dal servizio di ruolo e trattenuto come avventizio con l'incarico temporaneo di direttore generale f.f. di un ente pubblico, per il cui posto di ruolo doveva essere bandito pubblico concorso, non pu essere rimosso tranne che con decreto motivato, dovendosi riconoscere una certa stabilit nell'incarico di facente funzioni. La decisione non tanto sorprendente per il riconoscimento di una relativa stabilit ad un rapporto d'impiego pubblico non di ruolo (il che si ricollega all'indirizzo dominante in materia) ma singolare per l'estensione del criterio della cc stabilit >> quale jus ad officium ossia all'incarico di facente funzione, attribuito all'impiegato avventizio anche se assunto ad hoc. L'interinato, fuor dei casi nei quali esso previsto con particolare disciplina, per determinati posti, ed ammesso che possa considerarsi -ex se -causa della costituzione di un rapporto d'impiego pubblico cc non di ruolo non sembra compatibile con il criterio della stabilit. Poich non pu esservi stabilit -neppur relativa ~in un incarico, consistente nell'adempimento di funzioni, che non sono proprie del soggetto, e, proprio per questo, detto adempimento pu e deve, in ogni momento, essere soggetto al discrezionalissimo apprezzamento dell'organo, da cui il facente funzione dipende. Non si sentiva davvero il bisogno di qitesto ennesimo elemento di incertezza in una materia, gi, travagliata. RESPONSABILIT CIVILE -Danni derivanti dalla circolazione di automezzi alleati guidati da militari italiani -Responsabilit dell'Amministrazione ita liana. (Corte di Cassazione, Sez. Un., Sent. n. 3155-52 - Pres.: Mandrioli; Este.: D'Apolito; P. M.: Macaluso Ministero Difesa-Esercito c. Cantone). Poich per effetto della proclamata cobelligeranza, le operazioni di guerra delle truppe italiane e delle armate alleate ubbidivano al comune intento di sconfiggere l'esercito tedesco e di estrometterlo dal territorio nazionale, la cooperazione, prestata da reparti italiani agli alleati -sia in combattimento, sia nei servizi ausiliari dell'esercito -non rendeva i reparti stessi avulsi dall'esercito italiano e non faceva del loro servizio un'opera svolta per conto e nell'interesse dello straniero, anche se, per necessit di impiego, dovessero prendere direttamente gli ordini dal Comando alleato. Rientrano, pertanto, nella cognizione della .Autorit giudiziaria ordinaria, le controversie relative all'accertamento di responsabilit per danni a privati, cagionati da appartenenti a reparti italiani cooperanti con le truppe alleate, e sono, quindi, iapplicabili il R.D.L. 21 maggio 1946 n. 452 e la legge 9 gennaio 1951, n. 10 concernenti gli indennizzi per danni arrecati con azioni non di combattimento delle forze armate alleate. Con questa sentenza la Corte Suprema ha confermato in modo ci sembra esplicito ed esauriente, la sua giurisprudenza nella materia, gi delineatasi con la setenza n. 1656 del 1950 (vedi in questa Rassegna, 1950, 173) e soprattutto, con la sentenza 23 ottobre 1952 delle stesse Sezioni Unite in causa Corsino c. Ministero della Difesa-Esercito, con la quale stata annullata la sentenza della Corte di Appello di Genova, confermativa della sentenza di quel Tribunale sulla quale ci eravamo intrattenuti in questa Rassegna, 1949, 192. Gli argomenti adottati dalla Corte Suprema per giustificare la sua pronunzia, sono tali (essi risultano sostanzialmente dalle massime sopra trascritte che riportano la parte centrale della motivazione) che da escludere la probabilit di un ulteriore mutamento della giurisprudenza. ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI DELLE CORTI DI MERITO GUERRA Fornitura alle forze armate alleate Legge 9 gennaio 1951, n. 10 Efficacia retroattiva Impro ponibilit della domanda. (Corte d'Appello di Roma I Sez., Pres. Varallo; Est. Valillo -Ministero Tesoro contro Pontesilli). La legge 9 gennaio 1951, n. 10, ha efficacia retroattiva, non :potendo essa regolare che ra:p:porti sorti durante l'occupazione militare. Per i beni mobili acquistati dalle forze armate alleate deve, :pertanto, essere corri:posto non il :prezzo relativo, ma un'indennit da liquidarsi avendo riguardo ai :prezzi legalmente autorizzati o, in mancanza a quelli correnti al 30 giugno 1943 moltiplicati :per il coefficiente 5. im:pro:ponibile la domanda giudiziaria se non sia esaurita la :procedura amministrativa, lJrevista dalla legge 9 gennaio 1951, n. 10. Massime di ovvia esattezza, applicabili non solo agli acquisti, ma anche alle requisizioni e ai danni d'azioni non di combattimento, la cui disciplina stata decisamente unificata con la legge n. 10 del 1951. IMPOSTE E TASSE Navi Liberty vendute dagli S. U. d'America al Governo Italiano e da questo ad armatori privati Contratto di ''vendita contenente una clausola che vieve interpretata come di esonero dal diritto di licenza di cui al D. L. 13 maggio 1935 n. 894. (Trib. Roma, 8 ottobre 1952, I Sez. -Pres.: Boccia; Est.: Mani). La clausola colla quale il Ministero del Tesoro, nei contratti di vendita delle navi Liberty ai rispettivi armatori, dichiara che i detti contratti erano esenti dal diritto di licenza di cui al D. L. 13 maggio 1935, n. 894 non :pu essere interpretata come assunzione da :parte del Ministero del Tesoro dell'obbligo di far emanare un :provvedimento legislativo :per l'esenzione dal tributo; ed anche cos interpretata la clausola sarebbe nulla. La nota distribuzione di navi americane Liberty agli armatori italiani avvenne attraverso due passaggi di propriet, entrambi effettuati negli Stati Uniti: un primo passaggio fra il Governo statunitense e quello italiano; un secondo fra il Governo italiano, e per esso il Ministero del Tesoro, e i singoli armatori. Fu predisposto un unico schema per i relativi atti di vendita, la stipulazione dei quali si protrasse per oltre due anni a decorrere dalle trattative colle quali nella prima settimana del giugno 1946 furono definite fra il Ministero del Tesoro e la Federazione degli Armatori le linee dell'operazione. In tali trattative il Ministero del Tesoro aveva dato affidamento alla Federazione degli Armatori che il trasferimento delle navi avrebbe avuto luogo in esenzione dalla tassa di registro, dalla tassa sull'entrata e dal diritto di licenza di cui al D. L. 13 maggio 1935, n. 894. E di tali cc intese venne dato atto in un apposito art. 7 dello schema che poi venne adottato per i singoli contratti. Per quanto riguardava la tassa di registro e l'imposta sull'entrata, furono emanati i rispettivi decreti legislativi 11 novembre 1947 n. 1337 e 29 giugno 1947 n. 779, di totale esenzione. Per il diritto di licenza, invece, fu emanato il D. L. 7 maggio 1948, n. 822, che si limit a ridurre l'aliquota al 2 per cento. Ne sono sorte numerose cause davanti a Tribunali diversi, fra i quali quelli di Roma e di Genova, contro il Ministero del Tesoro quale inadempiente (~) alle promesse esenzioni, e in via subordinata contro il Ministero delle Finanze, nei confronti del quale si propongono questioni diverse (principalmente, si nega che ai contratti in questione. fosse applicabile il diritto di licenza o si fa questione circa il cambio in base al quale fu determinato l'imponibile sottoposto al tributo, poich il prezzo delle navi era stato stipulato in dollari), sulle quali avremo occasione di ritornare. Limitandoci qui a parlare della mancata esenzione, segnaliamo le due contrarie sentenze del Tribunale di Roma ((Est. Mani) che ha respinto la domanda di un armatore contro il Ministero del Tesoro, e del Tribunale di Genova che invece l'ha accolta; sentenze di cui la motivazione stata riportata in Giur. It. , 1953, 1, 2, 205, con una nota del prof. Balbi, di adesione alla seconda sentenza. Le vertenze pendono in appello e non il caso di anticipare qui le nostre osservazioni difensive. Di sfuggita tuttavia osserveremo che intorno a queste cause ha fatto comodo al patrocinio dei vari attori di montare una cosidetta questione morale sul tema dello scandalo di un'Amministrazione dello Stato che violi i suoi impegni, questione morale la quale pu fare impressione solo a chi si tenga alla superficie delle cose. Non si dubita certamente che sarebbe stato opportuno evitare l'equivoco che si [fff JR 7 g o ; JR -100 verificato, per il che sarebbe bastato un maggior grado di tecnica giuridica da parte di chi stese quello schema di contratto. Ma da questo a parlare, come hanno parlato il Tribunale di Genova nonch l'annotatore della sua sentenza prof. Balbi, di attentato alla buona fede contrattuale ... ci corre un bel po'. Si tratta, infatti, del solito fenomeno ... corporativo delle categorie produttive che fanno ressa nelle anticamere ministeriali per ottenere condizioni di favore e strappare agevolazioni di ogni sorta, sempre, naturalmente, in nome degli interessi superiori dell' economia nazionale. Quando non si ottiene quel che si desidera, si sfruttano tutti i pretesti per mettere in stato di accusa gli organi colpevoli di aver resistito. Ora, non possibile affermare con seriet quello che in sostanza si vorrebbe dare a credere nel caso presente, che cio il Ministero del Tesoro abbia tratto in inganno gli armatori. Per aversi l'inganno occorre la materia atta a produrlo ed occorre, soprattutto, un soggetto passivo che per le sue condizioni d'inf eriorit si presti ad esserne vittima. Esclusa evidentemente per gli A.rmatori quest'ultima alternativa, resta ch'essi non potevano ignorare quel che tutti sanno: che un patto relativo all'esenzione da un tributo non ha senso alcuno. Sicch, come si desume anche dai termini ambigui nei quali l'art. 7 fu formulato con uno strano rif erimento a cc passate intese , l'articolo stesso non fece che riprodurre i generici affidamenti eh'erano stati dati alla Federazione Armatori durante le trattative del 1946. Solo l'inesperienza di chi compil lo schema pot non avvertire che si trattava di materia da non potersi inserire in un contratto perch, esclusa la possibilit di dare a quell'articolo il carattere di un impegno che sarebbe stato assolutamente nullo, esso si riduceva a un contenuto del tutto pleonastico, privo di qualsiasi concludenza. La realt invece che, se si fosse voluta accordare l'esenzione, si sarebbe provveduto nelle forme di legge. E, nonostante che il provvedimento legislativo non fosse venuto, gli armatori pur sapendo che non sarebbe ormai venuto neanche in un momento successivo (perch mai altrimenti lo si sarebbe fatto tanto aspettare?), stipularono egualmente l'acquisto per l'ottima ragione che, pur senza l'esenzione, non era il caso di farsi sfuggire un cos vantaggioso affare. Dopo di che, si farebbe proprio bene ad accantonare la questione morale. Ma, per aver ragione dell'impossibilit giuridica di prendere sul serio la tesi degli armatori, il Tribunale di Genova, ed il Balbi che ha creduto di dif enderne il pronunziato, si sono attaccati all'art. 3 del ripetuto D. L. n. 894 del 1935, istitutivo del diritto di licenza: cc Le norme di applicazione del presente decreto e le eventuali esenzioni del diritto di cui all'art. 1 saranno stabilite con decreto del Ministro per le Finanze, di concerto coi Ministri per gli Affari Esteri, per le Corporazioni e per l'Agricoltura e Foreste>>. Onde si argomenta: non pu pi parlarsi di nullit del patto quand'era nella facolt discrezionale della cc Pubbl~ca Amministrazione (si adopera pour cause questo termine generico) di esentare dal tributo. Cos il Balbi, nella sua elaboratissima nota alla sentenza del Tribunale di Genova, senza la minima riserva, tranquillamente perviene a rilievi di questo genere: cc Ben diversa l'ipotesi in cui la norma attribuisce alla Pubblica Amministrazione la facolt di esonerare dal pagamento del tributo. Qui entra in gioco un criterio di valutazione discrezionale che rientra nell'ambito dei poteri della Pubblica A mministrazione, che, anzi la Pubblica Amministrazione deve fare, nei limiti della facolt attribuitale dalla norma, e sempre seguendo, s'intende, quella finalit di pubblico interesse che in ogni caso guida la sua attivit discrezionale o vincolata che sia. Ora, stando al caso che interessa, ecco come s'imposta il quesito: quando la Pubblica Amministrazione ha la facolt di esonerare dal pagamento di un tributo, puo' ritenersi ch'essa possa validamente impegnarsi, intervenendo quale parte in un contratto, ad esonerare dal contributo l'altra parte contraente. Ci sembra di poter rispondere tranquillamente in senso positivo . , Ora, tutto ci di un semplicismo che si confuta da s. Ad una confutazione esauriente basta, infatti, rilevare la stranezza che, a sostegno della lagalit di un asserito impegno che si attribuisce al Ministero del Tesoro di aver assunto relativamente all'esenzione da un tributo, venga invocata la facolt di esenzione che l'art. 3 del decreto legislativo n. 894 attribuisce ... al Ministero delle Finanze di concerto con altri tre Ministeri diversi anch'essi da quello del Tesoro! sufficiente questo banalissimo rilievo per fare cadere la posizione della sentenza di Genova e del Balbi. Ma, a voler approfondire il problema, molte cose vi sarebbero da aggiungere, circa la superficialit di quella posizione. Essa trascura affatto la natura della norma contenuta dell'art. 3. questo un problema assai complesso, al quale, pei fini della presenta nota, basta accennare di sfuggita. Ma almeno prima facie si potrebbe in detta norma addirittura ravvisare una delega legislativa, sotto il profilo che, com' materia di legge l'imposizione di un tributo, altrettanto sembri dover essere l'esenzione dal medesimo: onde se ad un Ministero stata data la facolt di esentare, si incoraggiati alla conclusione che gli sia stato conferito un potere di carattere legislativo. E se di delega legislativa si trattasse, sorgerebbe anche la questione se attualmente detta delega potesse ritenersi legittima, rispetto a]l'art. 76 della Costituzione della Repubblica. Ma, intanto, interessa qui notare che se, come vi sono apprezzabili motivi per ritenere, al provvedimento interministeriale previsto dall'art. 3 fosse da riconoscersi carattere legislativo, la sentenza del Tribunale di Genova sarebbe incorsa nientemeno che in un equivoco di questo genere: di aver stabilito un'identificazione fra un atto di volont ministeriale espressa in un contratto di diritto privato, e quello che sarebbe eventualmente potuto essere un atto di volont emanante da un provvedimento del potere esecutivo emesso nell'esercizio di una facolt legislativa delegata. Insomma, avrebbe confuso il contratto e la legge ! Non il caso, ai fini informativi della presente nota, scavare oltre in una materia tanto delicata e tanto opinabile. Perci, indipendentemente -datla soluzione del problema che ci siamo limitati ad accennare, e cio anche ove si escluda nell'art. 3 il carattere di delega legislativa, non per questo verrebbero meno analoghi motivi di censura alla sentenza. -101 Esclusa la delega legislativa, il provvedimento previsto nell'art. 3 non pu avere che carattere rego. lamentare, cio pur sempre normativo. Esso non gi prevede una facolt del Ministro di esentare dal tributo in una data occasione l'importazione di alcune determinate navi; ma prevede l'emanazione di norme di applicazione del presente decreto >> fra le quali ipotizza le eventuali esenzioni , non relative a casi singoli da prendere in considerazione una tantum, ma considerate come oggetto di ulteriori norme che attengono alla disciplina generale della materia. Onde, a parte il vedere se le previste norme di applicazione >> non si trasformino addirittura, limitatamente al punto dell'esenzione, in norme legislative delegate, resta ad ogni modo che, in quanto norme di applicazione, esse hanno i caratteri che distinguono il potere regolamentare: di dar luogo, cio, ad atti esterni, di contenuto generale ed astratto, vincolanti l'Autorit che li emana, aventi efficacia erga omnes, cio, come scrive il De Valles, costitutivi di diritto positivo >> (1). Ora, come possa uno di tali atti essere ravvisato in una clausola contrattuale di diritto privato, quello che la sentenza di Genova avrebbe dovuto spiegarci: ma un punto che n essa n la pur elaborata nota del Balbi minimamente sfiorano. E ai fini della presente nota sufficit quanto precede. G. O.ALENDA IMPOSTE E TASSE Registro AgevolaziOni tribu tarie di cui ai DD. LL. LL. 7 giugno 1945, n. 322 e 26 marzo 1946, n. 221. (Tribunale civile di Roma, Sez. I, n. 7050/52. Pres.: Boccia; Est.: Santoni; RuginBagnagatti c. finanze). La legge 19 luglio 1941, n. 1771, dettata per distinguere, agli effetti della legge di registro, 1e ipotesi di appalto da quelle di compravendita, applicabile ai contratti per la ricostruzione di cui al D. L. L. 26 marzo 1946, n. 221. Il Tribunale di Roma, con la sentenza, cui appartiene la massima sopratrascritta, ha confermato, come dichiarato esplicitamente all'inizio della parte motiva, un suo precedente indirizzo, in materia di agevolazioni fiscali di cui ai DD. LL. LL. 7 giugno 1945, n. 322, e 26 marzo 1946, n. 221. Ma la sentenza, oltre che per la conferma di un orientamento giurisprudenziale favorevole, va segnalata per i principi affermati e per il contributo portato alla risoluzione di questioni complesse. Rimarchevole , infatti, la dimostrazione relativa all'efficacia della legge 19 luglio 1941, n. 771, alla quale viene riconosciuta una portata generale nel (1) DE V ALLES: Regolamenti ministeriali e ordinanze generali, Foro It. '" 1951, IV, 97. Vedi pure sull'interessante argomento: GIANNINI: Sui regolamenti ministeriali (a proposito degli ammassi dell'olio e dei vincoli dei prezzi), nota alla sentenza 27 aprile 1950, n. 1126 della Corte di Cassazione Foro It. '" 1950, 1, 664; GUARINO: Legge e regolcumento, nota a sentenza Trib. Torino, Foro It. '" 1953, 1, 118; GIANNINI: Nota a decisione del Consiglio di Stato 9 giugno 1952, n. 9 Foro It. >>, 1953, III' 9. GUARINO: Sul carattere discrezionale del Regolamenti, nota a sentenza Corte App. Torino, Foro It. '" 1953, 1, 536. campo tributario, nonch l'esplicazione, fatta con riferimento al caso deciso, del concetto di ordinaria produzione, contenuto nella legge suddetta. ~)1 In relazione al primo punto, il Tribunale per individuare l'esatta natura giuridica del negozio controverso, se vendita, come sostenutd dalla Finanza, oppure appalto secondo la tesi del contribuente, in accoglimento del punto di vista dell'Amministrazione, si rifatto al criterio discretivo posto dalla legge 1941, n. 771, che ha ritenuto applicabile alla specie, nonostante la mancanza di un qualunque richiamo, al riguardo, nel D. L. L. 7 giugno 1945, n. 322 e successive modifiche, per la decisiva considerazione che l'omesso riferimento non pu valere ad escludere l'applicabilit di una legge, che, agli effetti fiscali, contiene la definizione di appalto. liIl Tribunale, tuttavia, si posto il quesito se la legge citata, emanata sotto l'imperio del Codice civile del 1865, allo scopo di porre fine alle dispute, allora sorte, circa la definizione del contratto di appalto, abbia perduto ogni ragion d'essere con l'entrata in vigore del nuo110 Codice, ma lo ha risolto in senso negativo, sul riflesso che. trattandosi di legge speciale, questa pu venir meno per abrogazione espressa e non per semplice incompatibilit, peraltro, non sussistente, con una norma di carattere generale, qual' quella contenuta nell'art. 1655 dell'attuale Codice civile. Circa il secondo dei profili accennati, venendo, cos disattesa, sotto altro aspetto, la tesi del contribuente che voleva ravvisare nel contratto un appalto, con cui egli si impegnava ad apportare trasformazioni o adattamenti a materiale fornito dall'Amministrazione, la sentenza ha rilevato che, per disposizione dello stesso 60 comma dell'art. 1, legge 1941, n. 771, l'ordinaria produzione deve essere intesa in funzione della ordinaria organizzazione industriale ed attrezzatura tecnica della ditta. Tale criterio ha consentito al Tribunale, ed questa la parte pi perspicua della sua pronunzia, di poter affermare che, nel concetto di ordinaria produzione, sia da ricomprendere, non solo la semplice modifica di un dato oggetto, in riferimento al normale tipo di produzione, ma anche ci che all'atto della stipulazione non si produce, purch la ditta sia in grado di produrlo senza mutamenti di organizzazione e di attrezzatura. G.M. OBBLIGAZIONI E CONTRATTI Compenzazione Crediti dello Stato Recupero delle differenze di prezzo sulle giacenze dei cereali Estinzione del cre. dito per compensazione -Inammissibilit. (Trib. Trento, Sez. I, 7 maijgio 1952 -Pres.: Bertolotti; Est.: Ponzielli). Le differenze di prezzo, da pagare allo Stato, sulle giacenze di cereali e derivati, di cui al D.L.L. 16 novembre 1945, n. 805, hanno natura di somme destinate ad un pubblico servizio e non perci ammessa la estinzione del debito per coll?-yensazione . La sentenza cos motiva : Sostiene la difesa dell'Amministrazione del Tesoro che la compensazione non pu mai ammettersi nei confronti dell'Amministrazione Pubblica ' w -102 sia perch vi osta l'art. 225 del regolamento sulla contabilit generale dello Stato sia perch non pu il privato, facendo valere i credito proprio, ottenere il pagamento in deroga a quelle norme speciali e rigorose che la legge detta per la estinzione dei debiti dello Stato. .Aggiunge ancora che osta alla ammissione della compensazione l'art. 1246, n. 3 C. c. che dichiara non soggetti a compensazione i beni impignorabili, tali dovendosi considerare tutti i beni dello Stato ivi comprese le somme di denaro. La disputa sulla pignorabilit dei beni dello Stato e degli altri enti pubblici, non nuova ma, come noto, non vi una soluzione che possa dirsi comunemente accettata in dottrina o in giurisprudenza. D'altra parte la Corte di Cassazione (1) non ha avuta occasione da molti anni di decidere la questione. Come risaputo, i beni dello Stato e degli altri enti pubblici (dopo la entrata in vigore del nuovo Codice che ha armonizzato anche la terminologia) si dividono in beni demaniali e beni patrimoniali (articoli 822-24-26 C. c.) i quali ultimi si dipartiscono in beni disponibili e beni indisponibili (art. 3 R. D. 23 maggio 1924, 'n. 827). Nessuno ha mai pensato di mettere il denaro tra i beni demaniali che, come noto, sono quelli da cui i cittadini traggono una utilit diretta sono cio beni di primo grado (si concreti o meno tale utilit anche nell'uso diretto). Non resta che assegnare il denaro alla categoria dei beni patrimoniali. I beni patrimoniali a loro volta si distinguono in beni patrimoniali disponibili e in beni patrimoniali indisponibili secondo che non abbiano o abbiano ricevuta. una determinata destinazione ovvero che per disposizione di legge non possano venir alienati o comunque tolti dal patrimonio dello Stato (art. 9 Regolamento citato). Poich questa ultima ipotesi non riguarda evidentemente il denaro non rimane che vedere se questo sia sempre o in quali casi, da ri~uardarsi come indisponibile per aver ricevuto una particolare destinazione. Torna qui opportuno dire subito che non ha alcuna rilevanza l'origine del denaro ma la sua destinazione, essendo questo, come si detto, e non altro, il criterio distintivo delle indisponibilit ... (Omissis). Se i beni che hanno ricevuto una speciale destinazione non possono essere da tale destinazione distratti se non nelle forme e nei modi voluti dalla legge ne consegue che non pu il privato, sostituendo la sua volont a quella della amministrazione pubblica, raggiungere il fine dalla legge vietato della predetta distrazione o storno dalla ricevuta destinazione. Ci infatti avverrebbe consentendo l'assoggettamento alla pretesa esecutiva. Nel caso che ne occupa il credito vantato dallo Stato, pur essendo patrimoniale, era il realizzo della vendita del bene ammassato e destinato ad alimentare il servizio dell'ammasso. Sotto questo profilo ha rilevanza che si tratti nella specie di servizio pubblico. Impedire l'incasso significa impedirne la utilizza (1) Successivamente stata pubblicata la sent. 20 marzo 1952 in <>. In questo senso vi era una autorevole preoedente giurisprudenziale (1), ohe aveva rioonosoiuto oome la oompensazione fosse esolusa dalla detta norma (l'art. 255 del preoedente Regolamento R. D. 4 maggio 1885 era di identioo tenore): Come ognuno vede -motivava la Cassazione di Palermo -il legislatore ha parlato delle entrate dello Stato e non dei soli tributi e lo stesso legislatore nel preoedente art. 248 (ora art. 219) ebbe aura di indioare quali siano le entrate. Ed talmente vero ohe oome norrna generale e di massima il legislatore italiano, nell'interesse pubblioo, non consente la compensazione fra il credito del privato ed il debito dello Stato e quando ha creduto di ammettere l' ecoe zione, tassativamente lo ha detto tanto nello stesso Regolamento di Contabilit che in altre speciali disposizioni >>. In dottrina la decisione trov assenso ed il Cuturi (2) trattando diffusamente l'argomento poneva sempre in luce l'autonomia e i principi che regolano la speoiale materia della Contabilit dello Stato: Il Diritto amministrativo impera sulla riscossione di tutte le entrate e su tutti i pagamenti dello Stato, per la destinazione delle entrate, della regolare tenuta dei conti, per il sindaoato amministrativo e per quello costituzionale n. L'Ente statale nell'acquistare beni, conservarli, trarne profitto ed alienarli, come nel contrattare e nell'esercitare imprese a soopo di luoro soggetto alle regole del Codice oivile, ma sempre nei limiti imposti dal diritto pubblioo per il suo speciale carattere di ente politioo e per la .yua unit organica di funzione e di azione. Le esigenze di ordine pubblioo si estrinseoano in tutto un sistema di istituto e di provvedimenti intesi acoh i proventi patrimoniali rientrino nell'ordine finanziario oome mezzi destinati alle spese pubbliohe. Le entrate dello Stato sono costituite di tutti i redditi, proventi e orediti di qualsiasi natura ohe lo Stato ka (1) Cass. Palermo 31 marzo 1900, <>, costituiscano atti pubblici (n. 162). -III) Quale efficacia probatoria possa essere attribuita nei processi civili ai verbali di accertamento redatti dal personale viaggiante delle Ferrovie dello Stato (n. 162). FERROVIE E TRANVIE. -Se anche dopo l'entratata in vigore della legge 14 giugno 1949, n. 410, il contributo di sorveglianza per le tranvie urbane di pertinenza delle aziende municipalizzate o in maggioranza di propriet dei Comuni, sia quello fissato in lire 1000 al km. dall'ultimo comma dell'art. I della legge 9 marzo 1949, n. 106 (n. 163). GUERRA. -Se l'art. 13 della legge 9 gennaio 1951, n. 10, conceda una remissione in termini per chi abbia presentato o presenti, entro gli otto mesi dalla data di entrata in vigore della legge, domanda di pagamento di indennit, sia pure dopo i due danni dal verificato incidente o se, invece, il predetto articolo si riferisca solo a quegli incidenti per i quali non si sia ancora verificata la prescrizione biennale di cui all'art. 2947 Codice civile (n. 19). IMPIEGO PUBBLICO. -I) Se l'indennit di licenziamento spetti ai dipendenti non di ruolo di un Ente pubblico, per i quali l'inesistenza di un trattamento di liquidazione sia prevista da apposita norma della legge speciale applicabile al personale dell'Ente medesimo (n. 321). -II) Se abbia diritto a preavviso il personale di un Ente Pubblico, licenziato quando il rapporto di lavoro era ormai al termine (n. 321). -III) Se i rilievi mossi dalla Corte dei conti ad atti di liquidazione di competenze o le revisioni contabili effettuate dagli Uffici della Amministrazione valgano ad interrompere la prescrizione delle rate di stipendio e degli altri assegni indicati nell'art. 2 del R.D.L. 19 gennaio 1939, n. 295 (n. 322). -IV) Se i suddetti rilievi '0 revisio:Q.i filan.9 idonei a determinare lo spostamento della data di inizi.o del termine di prescrizione, quale gi stabilita al 3 comma del citato art. 2 del R.D.L. 19 gennaio 1939, n. 295 (n. 322). -V) Se la disposizioni contenuta nell'art. 3 del R.D.L. 19 gennaio 1939, n. 295, secondo la E : ww Wfil4 :&+& 2lB -107 quale spetta alla Amministrazione di procedere al recupero delle somme eventualmente pagate per rate gi ,prescritte di stipendio o di altri assegni, possa considerarsi abrogata dall'art. 2940 del vigente Codice civile (n. 322). -VI) Se l'impiegato, gi dispensato dal servizio per epurazione e poi riassunto, il quale sia stato collocato a riposo avendo rifiutato di rinnovare il giuramento prescritto dalla legge 23 dicembre 1946, n. 478, conservi i diritti e le aspettative di carriera, maturati tra il sollevamento dal servizio per epurazione e il collocamento a riposo (n. 323). IMPOSTA DI REGISTRO. -Se sia legittima l'applicazione di sovrimposta per pretesa tardiva registrazione di contratto di appalto, stipulato in corso di esecuzione dei lavori, sull'assunto dell'omessa denuncia verbale del contratto, entro i venti giorni dall'inizio dei lavori medesimi (n. 84). IMPOSTA SULL'ENTRATA. -Se il privilegio dello Stato di cui all'art. 44 della Legge 19 giugno 1940, n. 762, abbia lo stesso grado del privilegio generale stabilito nell'art. 2752 Codice civile (n. 36). IMPOSTE E TASSE. -I) Se l'obbligo della denuncia ai fini dell'imposta complementare progressiva sul reddito sussista anche per i redditi provenienti da somm investite in buoni postali fruttiferi (n. 197). -II) Sela norma dell'art. 5 delle disposizioni preliminari della tariffa doganale sia applicabile per la merce, che si trova nei depositi di propriet privata (n. 198). -III) Se i contratti di appalto relativi alla riparazione dei danni causati da requisizioni alleate godano dei benefici fiscali di cui al D.L. 7 maggio 1945, n. 322 (n. 199). -IV) Se i diritti di magazzinaggio siano compresi tra i diritti doganali (n. 200). IPOTECHE. -Se l'omessa indicazione dei confini del fondo nell'atto costitutivo dell'ipoteca, intavolato nei libri fondiari, esistenti nelle provincie ex austriache, sia causa di nullit dell'intavolazione stessa (n. 10). LOCAZIONI. -Se i contratti di locazione, stipulati dopo il 1 marzo 1947, ma con effetto retroattivo (riferentisi, cio, a data anteriore al 1 marzo 1947) siano soggetti a proroga legale (n. 72). -II) Se la norma del 2 comma dell'art. 4 del D.L. 22 marzo 1948, n. 505, trovi applicazione soltanto nel caso in cui l'immobile adibito ad uso di ricevitoria sia di propriet. dello stesso ricevitore o gerente (n. 73). -III) Se il termine cc propriet >>, di cui all'art. 4 (2 comma) del D.L. n. 505 del 1948, possa esattamente riferirsi anche alle ipotesi in cui il ricevitore o gerente abbia, se non la propriet, almeno la disponibilit materiale o giuridica del bene nonch il godimento pieno (n. 73). -IV) Se la norma del primo comma del citato art: 4 possa applicarsi ove il locale sia in propriet della moglie del gerente o ricevitore e si tratti di bene parafernale (n. 73), -V) Se possa applicarsi il 2 comma del detto articolo ove il locale, di propriet della moglie del ricevitore o gerente, sia in regime di comunione fra i coniugi (n. 73). -IV) Se possa applicarsi il 2 comma dell'art. 4 del D.L. n. 505 del 1948, quando il locale, di propriet della moglie del ricevitore o gerente, faccia parte dei beni dotali o costituenti il patrimonio famigliare (n. 73). NAVI. -I) Se, ai sensi dell'art. 16 dell'atto di sottomissione, intervenuto tra il Sindacato Armatori e le Societ Concessionarie per l'impianto e per l'esercizio di stazioni radioelettriche a bordo delle navi mercantili, sulle navi da passeggeri, costruite in base alla legge 8 maggio 1948, n. 75 complete deile apparecrchiature radioelettriche, le apparecchiature medesime debbano essere necessariamente di propriet della Societ concessionaria (n. 52). -II) Se gli apparecchi esistenti su navi da. passeggeri, acquistate all'estero complete delle attrezzature radioelettriche, possano essere di propriet degli armatori (n. 52). POSTE. -I) Se l'obbligo della denuncia ai fini della imposta complementare progressiva sul reddito sussista anche per i redditi provenienti da somme investite in buoni postali .fruttiferi (n. 31). -II) Se la norma del 2 comma dell'art. 4 del D.L. 22 marzo 1948, n. 505, trovi applicazione soltanto nel caso in cui l'immobile adibito ad uso di ricevitoria sia di propriet dello stesso ricevitore o gerente (n. 32). -III) Se il termine cc propriet>>, di cui all'art. 4 (2 comma) del D.L. n. 505 del 1948, possa esattamente riferirsi anche alle ipotesi in cui il ricevitore o gerente abbia, se non la propriet, almeno la disponibilit materiale e giuridica del bene nonch il godimento pieno (n. 32). -IV) Se la norma del 1 comma del citato art. 4 possa applicarsi ove il locale sia in propriet della moglie del gerente o ricevitore e si tratti di bne parafernale (n. 32). -V Se possa applicarsi il 20 comma del detto articolo ove il locale, di propriet della moglie del ricevitore o gerente, sia in regime di comunione fra i coniugi (n. 32). -VI) Se possa applicarsi il 20 comma dell'art. 4 del D.L. n. 505 del 1948, quando il locale, di propriet della moglie del ricevitore o gerente, faccia parte dei beni dotali o costituenti il patrimonio familiare (n. 32). PRESCRIZIONE. -I) Se i rilievi mossi dalla Corte dei conti ad atti di liquidazione di competenze o le revisioni contabili effettuate dagli Uffici dell'Amministrazione valgano ad interrompere la prescrizione delle rate di stipendio e degli altri assegni indicati nell'art. 2 del R.D.L. 19 gennaio 1939, n. 295 (n. 14). -II) Se i suddetti rilievi o revisione siano idonei a determinare lo spostamento della data di inizio del termine di prescrizione, quale gi stabilita al 3 comma del citato articolo 2 del R.D.L. 19 gennaio 1939, n. 295 (n. 14). -III) Se la disposizione contenuta nell'art. 3 del R.D.L. 19 gennaio 1939, n. 295, secondo la quale spetta all'Amministrazione di procedere al recupero delle sorrime eventualmente pagate per rate gi prescritte di stipendio o di altri assegni, possa considerarsi abrogata dall'art. 2940 del vigente Codice civile (n. 14). PRIGIONIERI DI GUERRA. -I) Se i militari, detenuti negli stabilimenti di peria alla data dell'8 settembre 1943, i quali furono prelevati dalle truppe tedesche ed internati in Germania, possano essere assimilati ai prigionieri di guerra, ai fini del trattamento economico previsto dagli articoli 40 e 41 del D.L. 19 "tnggio 1951, n. 583 (n. 17). -II) Se il medesimo trattamento economico possa farsi ai militari detenuti, che non abbiano pi fatto ritorno e siano stati considerati dispersi o dichiarati irreperibili, ignorandosi laloro posizione successivamente al prelievo degli stabilimenti carcesari (n. 17). l\l!! dlii mm bili ii E J1i&!&iiii &JmffJfm&rr@? [fJJWifiFH l l dli -108 RADIO E RADIOFONIA. -I) Se, ai sensi dell'articolo 16 dell'atto di sottomissione, intervenuto tra il Sindacato Armatori e le Societ concessionarie per lo; impianto e l'esercizio di stazioni radioelettriche a bordo delle navi mercantili, sulle navi da passeggeri, costruite in base alla legge 8 maggio 1948, n. 75, complete delle apparecchiature radioelettriche, le apparecchiature medesime debbano essere necessariamente di propriet della Societ concessionaria (n. 2). -II) Se gli apparecchi esistenti su navi da passeggeri, acquistji.te all'estero complete delle attrezzature radioelettriche, possano essere di propriet degli armatori (n. 2). RAPPORTI DI LAVORO. -I) Se l'obbligo degli assegni familiari riguardi l personale dipendente dalla Amministrazione, addetto alle mense dei Carabinieri, gestite dall'Amministrazione stessa e che gi goda di un suo particolare trattamento di famiglia (n. 22). -II) Se l'obbligo degli assegni familiari riguardi il personale assunto direttamente dalle mense private, e dai conviventi di esse, istituite presso i Comandi dell'Arma dei Carabinieri (n. 22). REQUISIZIONI. -Se i danni conseguenti alle requisizioni anglo-ame:ricane possano essere considerati danni di guerra (n. 99). -II) Se i contratti di appalto relativi alla riparazione dei predetti danni godano dei benefici fiscali, di cui al D.L. 7 maggio I945, n. 322 (n. 99). -III) Se il termine perentorio di sei mesi, stabilito, a pena di decadenza dal D.L.L. 7 maggio I948, n. 656, per la presentazione delle domande di indennizzo possa ritenersi applicabile, nel caso in cui l'interessato, che gi aveva presentato l'istanza prima dell'entrata in vigore del suddetto D. L. n. 656, riproponga la domanda dopo il decorso del termine stesso (n. 100). RESPONSABILITA' CIVILE. -Se l'art. I3 della legge 9 gennaio 195I, n. 10, conceda una remissione in termini per chi abbia presentato o presenti, entro gli otto mesi dalla data di entrata in vigore della legge, domanda di pagamento di indennit, sia pure dopo i due anni dal verificato incidente o se, invece, il predetto articolo si riferisca solo a quegli incidenti per i quali non si sia ancora verificata la prescrizione biennale di cui all'art. 2947 Codice civile (n. I35). SENTENZA. -Se la sentenza di appello che dichiari la nullit della fase o precedimento di primo grado chiuda, davanti al giudice di app~llo, il processo inteso in tali sensi, anche in ordine al disposto dell'art. 9I (I0 comma) C.p.c., ove le parti siano state rimesse dinanzi al giudice di primo grado (n. 5). SINDACATI. -I) In quale misura debba maggiorarsi l'indennit di anzian;t spettante al personale, di ruolo o non di ruolo, delle disciolte Associazioni sindacali fasciste, per il servizio militare prestato sul fronte di guerra o in zona di operazioni, prima o durante il rapporto d'impiego (n. I8). -II) Se possa tenersi conto, nel computo di detta indennit, anche del servizio militare prestato dopo la cessazione del rapporto d'impiego '(n. I8). -III) Con quale decorrenza debba considerarsi licenziato il personale assunto dalle soppresse Associazioni sindacali fasciste, per i territori sottoposti al Governo italiano (n. I8). -IV) Con quale decorrenza debba considerarsi licenziato il detto personale per i territori sottoposti al G.M.A. (n. I8). -V) Se l'eventuale successiva assunzione del suddetto personale licenziato, da parte dell'Ufficio stralcio delle disciolte Associazioni, debba considerarsi, ai fini della liquidazione, come assunzione e:x: novo, regolata non pi dalle norme disciplinanti il rapporto d'impiego con le Asso-ciazioni medesime, ma dalle norme stabilite dall'Ufficio Stralcio citato e, in difetto, dalla legge sull'impiego privato (n. I8). -VI) Se il servizio militare prestato dal personale in questione dopo il licenziamento e prima della nuova assunzione presso l'Ufficio Stralcio possa computarsi ai fini della determinazione dell'indennit di anzianit, relativamente al secondo rapporto di impiego (n. I8). SPESE GIUDIZIALI. -Se la sentenza di appello che dichiari la nullit della fase o procedimento di primo grado chiuda, davanti al giudice di appello, il processo inteso in tali sensi, anche in ordine al disposto dell'articolo 9I (Io comma) C.p.c., ove le parti siano state rimesse dinanzi al giudice di primo grado (n. 7). TABACCHI. -Se l'imputato del delitto previsto dall'art. 65 della legge 17 luglio 1942, n. 907, abbia diritto alla definizione amministrativa della fattispecie, in base alle disposizioni della legge 3 gennaio 195I, n. 27 (n. 5).