ANNO~Vl -N. 8-9 AGOSTO-SETTEMBRE 1953 RASSEGNA MENSILE DELL'AVVOCATURA DELLO STATO PUBBLICAZIONE DI SERVIZIO .SOMMARIO I, ARTIOOLI ORIGINALI Spunti interpretativi dell'art. 7 T.U. di pubblica Bicurezza in relazione alla OoBtituzione, dell'avv. M. SAVARESE, p. 173-180. II. NOTE DI DOTTRINA I) A. SAPORI: L'art. 62 della legge di ricchezza mobile e il valore di una conBonante, recensione critica dell'avv. E. VITALIANI, p. 181-184. 2) S. COSTA: L'intervento in caUBa, recensione critica dell'avv. A. NIGIDO, p. 184-187. - III. RAOOOLTA DI GIURISPRUDENZA 1) Amministrazione pubblica. -Gestione Ruggruppam.ento Autocarri - Natura - Controversie di impiego -Competenza (Crte di Cassazione), p. 188-191. 2) Appalti e forniture -Eccessiva onerosit -Risoluzione -Non applicabilit ai contratti di fornitura con la Pubblica Amministrazione (Corte di Cassazione), p. 191-192. 3) Contabilit Generale dello Stato -Contratti della Pubblica. Amministrazione -Difetto di giurisdizione del Magistrato ordinario (Corte di Cassazione), p. 192-193. 4) Imposte e tasse -Imposta di manomorta. -Aziende municipalizzate - Assoggettabilit (Corte di Cassazione), p. 193-196. 5) Requisizione -Requisizioni disposte anteriormente all'8 settembre 1943 relativamente alle zone successiva.mente occupate da.i tedeschi (Corte di Cassazione), p. 196. IV. ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI DELLE OORTI DI MERITO 1) Agricoltura -Agricoltori benemeriti -Decreto luogotenenziale 14 aprile 1945 n. 250 e art. 3 della legge 29 ottobre 1949, n. 906 -Recupero contributi (Corte d'Appello di Roma), p. 197-199. 2) Competenza e giurisdizione -Domanda di rilascio di immobile occupato dalla P. A. -Improponibilit -Immobile di interesse artistico Demanialit (Tribunale di Roma), p. 199-200. . 3) Imposta di registro -Cessazione del privilegio per decorso del de,eennio (Tribunale di Roma.), p. 200-201. 4) Opere pubbliche -Edifici danneggiati dalla guerra. -Ricostruzione Potere dell'Amministrazione (Corte .,A.ppello l'Aquila.), p. 201-204. V. SEGNALAZIONI DI DOTTRINA E GIURISPRUDENZA p. 205-213. VI. INDIOE SIBTEMATIOO DELLE CONSULTAZIONI, p. 214-218. ANNO VI -N. 8-9 AGOSTO-SETTEMBRE 1933 RASSEGNA--MENSILE DELL'AVVOCATURA DELLO STATO PUBBLICJA.ZIONE DI SERVIZIO SPUNTI INTERPRETATIVI DELL'ART. 7 T. U. DI PUBBLICA SICUREZZA IN RELAZIONE ALLA COSTITUZIONE SOMMARIO. -I. Posizione del problema. -2. Ripartizione delle funzioni di polizia. -3. L'art. 7 e gli atti legittimi. -4. Gli atti illegittimi. -5. Gli atti illeciti. 6. L'art. 7 e gl(atti di polizia giudiziaria. -7. Conclusioni. 1. Dopo l'entrata in vigore della nuova Costituzione dello Stato, una delle questioni che maggiormente hanno interessato la nostra letteratura giuridica quella relativa alla responsabilit dello Stato per attivit di polizia. Si discussi;>, cio, e si discute ampiamente tuttora, se le norme della Costituzione, alle quali stato unanimamente riconosciuto il carattere di precettivit, o di obbligatoriet immediata, rendano attualmente compatibile -in virt del principio di gerarchia delle fonti normative (1) -l'esistenza, nel nostro ordinamento positivo, dell'art. 7 del vigente T. U. leggi di pubblica sicurezza (R.D. 18 giugno 1931, n. 773). Com' noto, tale articolo dispone: Nessun indennizzo dovuto per i provvedimenti dell'autorit di pubblica sicurezza nell'esercizio delle facolt ad essa attribuite dalla legge . In scritti apparsi recentemente, stata sostenuta una notevole limitazione di tale disposizione (2) o addirittura la sua pratica abrogazione, in virt di una indiscriminata estensione del principio della responsabilit oggettiva (3). Trattasi, indubbiamente, di conclusioni che sono ben .lungi dal rappresentare un punto d'incontro delle varie tendenze; ch, anzi, la materia delle pi fluide, anche per l'incertezza della terminologia; di guisa che le discordanze si avvertono sin dal punto di partenza dell'indagine. Per ci che attiene ai preced1mti sull'argomento, ben noto come, gi nel vigore dello Statuto albertino, si sia ampiamente discusso circa l'ambito di applicabilit dell'art. 7 T.U. di pubblica sicu (1) ZANOBINI: La gerarchia delle fonti nel nuovo ordinamento, in Commentario alla Costituzione Italiana, Barbera, 1950, vol. I, p. 47 segg. (2) MAZZA: In tema di responsabilit,,della"P.A. con riguardo all'illecito di polizia, in cc Foro It. >J, 1952, IV, 104. -MUGGIA: La responsabilit dello Stato per danni arrecati dall'Autorit di polizia, in "Foro Padano>>, 1952, III, 970. rezza del 1931; norma che riproduce quasi testualmente l'art. 6 della precedente legge del 1926. E la discussione, nell'apparente ambiguit del testo normativo, ebbe ad oggetto, principalmente, il problema se la. norma in parola si applicasse unicamente ai provvedimenti, intesi come atti amministrativi, oppure anche alle attivit materiali, fossero queste dai primi dipendenti o affatto svincolate ed autonome; e, nell'ambito pi ristretto dei provvedimenti, se la norma stessa si applicasse unicamente agli atti legittimi o pure a quelli illegittimi, ed infine, agli illeciti. La dottrina fu variamente divisa, tenuto anche conto di certa nubulosit nei lavori preparatori (1). In parte prevalente essa si orient per l'inter pretazione pi lata nell'esclusione della responsabilit (Romano, A.lessi, Zanobini), ma non mancarono anche autorevoli fautori della tesi contraria (Mas-Dari, Gabrieli) (2). Dal canto suo, la giurisprudenza ebbe ad oscillare anch'essa dall'interpretazione pi estensiva (3) a quella che limitava l'applicabilit dell'art. 7 ai soli casi di atti formali, legittimi o anche illegittimi (4). . In presenza del nuovo assetto costituzionale dello Stato, il problema si affinato, dato un certo (l) Infatti, la Relazione ministeriale alla Sottocommissione parlamentare cos affermava: <>, 1937, I, 1409; GABRIELI: Responsabilit dello Stato per atti illeciti di polizia, in cc Riv. Dir. pubblico >>, 1944-46 I, 106; lcHINO: Risarcibilit dei danni conseguenti ad azione di polizia, in Giur. It. >>, 1949, I, 2, 505; VACCARO: Sui limiti della responsabilit della Pubblica; Amministrazione per attivit di polizia, in Foro Padano >>, 1950, I, 595. (3) Tribunale Napoli, 12 giugno 1948, in Giur. It.)) 1949, I, 2, 505. (3) RIVALTA: Sulla responsabilit della Pubblica Am( 4) Appello Napoli 16 agosto 1950 in Foro It. >>, ministrazione relativa all'attivit legittima di polizia, in 1951, 1, 1543; Tribunale di Napoli 2 agosto 1951, in Foro Foro It. >>, 1953, IV, 102. It. >>, 1952, I, 666. -174 atteggiamento dottrinale che ha posto in dubbio la compatibilit della norma in esame con l'art. 113 della Costituzione: disposizione, codesta, che, come ben noto, garantisce la tutela dei diritti e degli interessi avanti alle competenti giurisdizioni (1). Ma, a ben guardare, siffatta interpretazione, che potrebbe essere esatta se desse la dimostrazione, necessaria, della sussistenza di diritti o di interessi tutelabili, e relativi all'art. 7 del T.U. di pubblica sicurezza, appare quanto meno dubbia, allorch pretende di dare per ammesso tale postulato; ed appare addirittura da ripudiare, allorch si dimostri l'inesistenza o l'erroneit del postulato stesso. A tale scopo, sembra opportuno premettere, anzitutto, una chiarificazione terminologica, la quale riguarda gli atti amministrativi o, se si vuole, la patologia degli atti amministrativi (2). Invero, altro illegittimit dell'atto amministra~ tivo, altro illiceit dello stesso. La differenza sostanziale tra le due forme patologiche ripete la sua esistenza della precedente differenza, posta dalla dottrina, fra norme di azione e norme di relazione (2). Le prime attengono al comportamento ed all'at tivit dell'Amministrazione in senso assoluto, con riguardo, cio, alla generalit dei cittadini ed al connesso interesse pubblico; le seconde, invece, sono poste a presidio dei rapporti fra Pubblica Ammini strazione e individuo. Di guisa che un atto ammini strativo pu essere contrario ad una norma di azione, porsi, cio, contro l'interesse collettivo, anche se tale situazione ridondi, di fatto, a danno di un singolo individuo o di un gruppo di individui; in tal caso l'atto sar semplicemente illegittimo. Viceversa, un atto amministrativo, nel suo momento dinamico, pu essere contrario ad una norma di relazione; pu, cio, porsi direttamente in contra sto con un concreto e determinato interesse del singolo, interesse specificamente presidiato dalla legge; ed in tal caso, esso sar illecito. Di qui l'ulteriore corollario, che del resto e m sito nelle premesse: l'atto illegittimo incide, al pi, sopra interessi legittimi, i soli cui possano dar vita le norme di azione; mentre l'atto illecito incide sopra diritti soggettivi perfetti, scaturenti dalle norme di relazione. Siffatti principi, com' ovvio, trovano il loro naturale coronamento nella discriminazione delle giurisdizioni, nel senso che, per la violazione delle norme di azione, l'unico giudice competente sar quello amministrativo; mentre per le violazioni delle norme di relazione, sar competente il giudice or dinario (4). Ci posto, e rilevato che la distinzione di cui 8opra ha il pregio di essere in armonia coi principi generali e con lo stesso Codice civile (Libro IV, (1) MAZZA: In tema di responsabilit, cit, n. 5; MUG mA: Responsabilit, cit. n. 5. (2) La paternit dell'espressione del FRAGOLA: Gli atti amministrativi, Torino, 1952, p. 121. (3) Per tale costruzione, cfr. GuICCIARDI: La Giustizia amministrativa, Padova, 1943, p. 19 e passim: e nota in cc Giur. It. ,,., 1951, III, 33: Diritto, interesse e doppia tntela. (4) Per l'enunciazione, piuttosto implicita, peraltro, dei 1mesposti principi, cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 16 gennaio 1948, n. 25, in a Giur. It. , 1948, III, 113 e in questa Rassegna, 1948, 10, 17. tit. IX: Dei fatti illeciti), pu applicarsi il mede simo criterio discretivo anche agli atti amministrativi posti in essere dalle Autorit di pubblica sicurezza, ed, in particolare, anche ai provvedimenti di cui cenno nell'art. 7 in esame. Onde l'opportunit, dell'indagine circa l'applicabilit dell'articolo stesso all'attivit della polizia nelle sue tipiche manifestazioni e con riferimento agli atti legittimi, agli atti illegittimi, agli atti illeciti. 2. stato merito precipuo della dottrina definire e classificare le funzioni. della polizia (1). Oggi, si pu dire universalmente accettata la ripartizione delle funzioni di polizia, e quindi della polizia stessa, nelle tre branche della polizia amministrativa, della polizia di sicurezza, della polizia giudiziaria. La prima branca riguarda propriamente l'attivit burocratica delle Autorit di pubblica sicurezza. Essa, infatti, ha ad oggetto l'ampio campo delle autorizzazioni e delle licenze, il campo, cio, dove pi si consolida il carattere discrezionale dei poteri conferiti alla Pubblica Amministrazione, proprio in contemplazione del superiore e prevalente interesse generale. La legge di pubblica sicurezza e varie leggi speciali offrono un'abbondante messe di esempi nei quali previsto l'intervento delle Autorit di pubblica sicurezza, sotto forma preventiva (autorizzazioni, licenze), sotto forma di controllo (vigilanza su determinate attivit), sotto forma repressiva (revoca di autorizzazioni in caso di abusi); e non il caso di insistervi particolareggiatamente. Strettamente confinante con l'anzidetto campo di attivit quello che attiene alla polizia di sicurezza in senso stretto. Qui le funzioni, per la maggiore estensione della tutela, sono pi generiche e indeterminate; esse vanno dal controllo, ad esempio, su tutte le attivit pericolose, alla prevenzione dei reati mediante intensa opera di profilassi sociale, alla tutela dell'ordine e della incolumit pubblica. Anche per questa branca delle funzioni di polizia, esistono molteplici e specifiche norme desumibili dal contesto della legge di pubblica sicurezza; ma, a differenza che nella prima, sussistono anche delle norme in bianco, che danno alle Autorit di pubblica sicurezza la possibilit di affrontare, con provvedimenti di emergenza, situazioni di emergenza: si pensi 'solo, ad esempio, al potere conferito ai Prefetti dall'art. 2 della legge di pubblica sicurezza; al Ministro dell'Interno dagli articoli 216 e 217 dello stesso testo. ovvio che, proprio di fronte a siffatti provvedimenti, si avverta una maggiore resistenza da parte dei singoli, in quanto trattasi, per lo pi, di provvedimenti limitativi; ma anche opportuno, nel valutarne gli effetti, considerare che essi traggono origine da situazioni dell'ordine sociale se non patologiche, di certo anormali; e porsi il quesito se, in costanza di situazioni siffatte.1 il__ si~golo (1) RANELLETTI: Polizia di Sicurezza, nel Trattato dell'ORLANDO, vol. IV, parte II; PRESUTTI: Polizia di Sicurezza e polizia amministrativa, in cc Arch. giur. '" 1900; ROMANO: Princip1, p. 225 segg. -175 possa pretendere di mantenere intatto ed intangibile il complesso delle sue facolt e dei suoi diritti. Porsi il quesito come rispondervi, ed in maniera che non ammette equivoci: per ora, basti avervi accennato. Nettamente distinta dalle altre due branche si presenta, invece, la polizia giudiziaria, chiamata esclusivamente ad agire per la repressione dei reati. L'unificazione di tale specialit sotto il comune denominatore della pubblica sicurezza obbedisce, da ritenersi, pi a criteri di pratica opportunit che ad una logica necessit. Ch, anzi, sotto tale profilo, esplicito il precetto costituzionale che pone la polizia giudiziaria alle dirette dipendenze dell'Autorit giudiziaria (art. 109 Costituzione). Per completezza, comunque, potr da ultimo considerarsi anche la posizione della polizia giudiziaria riguardo all'art. 7 della legge di pubblica sicurezza. 3. Per quanto riguarda l'attivit legittimamente posta in essere dagli organi della pubblica sicurezza, intesa sia come polizia amministrativa, sia come polizia di sicurezza, attivit, cio, estrinsecantesi nel mondo delle relazioni giuridiche mediante atti amministrativi legittimi, sembra potersi pacificamente desumere dall'economia dell'art. 7 in parola che essi sono esentati da ogni dovere riparatorio. Che cos', invero, l'atto legittimo se non l'esplicazione della normale attivit della Pubblica .Amministrazione, in conformit delle leggi, dei regolamenti e delle norme di comune prudenza e diligenza, tutte considerate in funzione dell'interesse generale~ .Anche se il privato, .dall'esercizio di tale attivit-~da parte:della Pubblica .Amministrazione, abbia a subire pregiudizio, questo sar di mero fatto, e non potr assurgere ad intensit tale da provocare mutamenti nel mondo giuridico e conseguenti affermazioni di responsabilit. L'esclusione dell'indennizzo per atti legittimi desumibile gi, alla lettera, dall'espressione adottata dal legislatore: indennizzo, che, nella pi ortodossa accezione, sta a significare, appunto, il compenso per un sacrificio legittimamente imposto dalla Pubblica .Amministrazione a vantaggio del superiore interesse pubblico (art. 42 Costituzione; articolo 29 Statuto albertino). Ma siffatta esclusione, prima che nella legge, nella logica; ed essa non limitata soltanto ai provvedimenti della .Autorit di pubblica sicurezzar be.s a tutti i provvedimenti amministrativi. In sostanza, contrariamente all'opinione di chi ritiene ammissibile il principio generale della indenizzabilit per gli atti legittimi (1) sotto il profilo di una cosi detta responsabilit obiettiva, da osservarsi che, nel nostro ordinamento positivo, vige esattamente l'opposto principio, sia pure temperato da tassative eccezioni, l dove il secrificio pi grave e tale da sconfinare, ove non compensato, nella confisca. Intanto, pu subito rilevarsi che il principio della, cosi detta responsabilit obiettiva tutt'altro che pacifico nello stesso diritto privato: che, anzi, in contrasto con part della dottrina, la giurispru (l) R1vALTA: Op. cit. n. 8, col. 114. denza (1) saldamente ancorata al prnmp10 classico della imputabilit e della personalit. Tutte le ipotesi previste dagli articoli 2047 e segg. del Codice civile, lungi dal sanzionare una sorta di responsabilit obiettiva, sono \].ettate iIJ, funzione di una condotta colposa causale, anche se presunta; ciononostante la presunzione non arriva mai ad essere iuris et de iure, perch ammette sempre la prova liberatoria, per rigorosa che essa possa es sere. appena poi il caso di soggiungere che, sempre nel diritto privato, quella che pu sembrare una eccezione al principio generale, cio l'indennizzabilit degli atti compiuti in stato di necessit, non tale in realt. Infatti l'atto necessitato moralmente e giuridicamente illecito, perch lede la sfera di libert di un terzo innocente; solo per un'esigenza di equit l'autore viene dichiarato non punibile (art. 53 Codice penale); ma, astrattamente considerato, l'atto necessitato resta illecito. Ond' che, almeno nei riflessi civili, il legislatore si dato carico di attenuare le conseguenze della non punibilit dell'agente, sanzionando una forma d'indennizzo, rimessa al prudente apprezzamento del giudice. Si ha la conferma testuale, in tal modo, che l'ipotesi anzidetta resta fuori del campo dell'attivit legittima, di guisa che anche l'indennizzo trova la sua logica ragione di esistenza. Non diversamente avviene nel diritto pubblico. Una volta ammessa, invero, l'equiparazione della Pubblica .Amministrazione al privato agli effetti del principio del neminem laedere, non potrebbe non seguirne anche un'equiparazione quanto agli effetti dell'attivit dalla stessa Pubblica .Amministrazione esplicata. Se per il privato vige il principio che qui suo iure utitur neminem laedit, lo stesso principio deve valere anche, ed a maggior ragione, per la Pubblica .Amministrazione. Come il privato pu liberamente autodeterminarsi nella sfera del diritto, senza affrontare rischi e responsabilit particolari, cosi l' .Amministrazione, che vincolata a finalit d'interesse pubblico e generale non pu incontrare estensioni di responsabilit rispetto al privato stesso. Le ipotesi nelle quali tali estensioni di responsabilit sono previste, lungi dal costituire l'affermazione del principio generale della responsabilit obbiettiva della Pubblica.Amministrazione, sono una conferma dell'opposto principio. Le pi salienti, infatti, sono previste dalla legge sui danni di guerra, dalla legge sull'espropriazione per pubblica utilit (art. 46), dalla legge sanitaria (art. 265). Ma anche il pi superficiale osservatore rilever che ipotesi siffatte riguardano situazioni estreme, nelle quali l'indennizzo viene offerto non tanto dalla Pubblica Amministrazione come autonomo soggetto di diritti, quando dallo Stato come rappresentante della comunit nazionale. Se pu essere consentita l'immagine, in tale ipotesi l'indennizzo assume esattamente il significato inverso dell'imposta: questa__ tende a colpire il contribuente pr un servizio indi (1) Vedi l'ampia esposizione del V ALSECOHI: Respon- sabilit aquiliana oggettiva e caso fortuito, in cc Riv. dir. commerciale, 1947, I, 151. -176 visibile, del quale, cio, non dato concretamente valutare il grado di utilit, personale; l'indennizzo, invece, rappresenta la prestazione per un sacrificio imposto:a1 singolo, a vantaggio indivisibile della collettivit, i cui membri, singolarmente considerati, non potrebbero graduare l'estensione della propria utilit. Siffatto concetto si rivela evidente nella legge sulle espropriazioni, per il beneficio apportato dall'opera pubblica; e nella legge sanitaria, per il diminuito pericolo a pr degli animali di altri proprietari; si articola in maniera pi drastica nella legge sui danni di guerra, l dove trattasi di ripartire nella collettivit sociale non un beneficio, ma un danno. Qui vale, nella sua pienezza, un principio di solidariet umana; un principio, cio, metagiuridico, trasfuso, poi, in positive norme di legge; ma, prima che scolpito nei codici, esso sentito come un dovere civico e sociale per la generalit dei cittadini (1). Escluse siffatte ipotesi del tutto eccezionali, l'indennizzo per responsabilit obiettiva o, peggio, al di fuori di qualsiasi nesso di causalit materiale con l'operato della Pubblica Amministrazione non pu avere ingresso nel nostro ordinamento giuridico. Del resto, codesto principio deve ben essere indiscusso, se il progetto per la riforma dell'Amministrazione, reca una norma, di evidente carattere innovativo e generale la quale dispone (art. 69): Qualora un atto o fatto della Pubblica Amministrazione determini la privazione o la limitazione di diritti o l'imposizione di una servit a carico di un privato, e la facolt di disporre la privazione o l'imposizione non risulti gi dalla legge con carattere di generalit, il privato ha diritto ad una indennit n. interessante notare come, anche nello schema di riforma, si faccia salva la generale facolt del legislatore di disporre talune limitazioni per il privato, senza che questi possa reclamare indennit alcuna. In analogia con quanto sopra, anche per gli atti di polizia devesi concludere che essi, ove siano legittimamente emessi ed eseguiti, non danno al privato alcuna pretesa per indennizzo di sorta. L'art. 7 del T. U. di pubblica sicurezza non che la riprova del pi generale principio dell'irresponsabilit della Pubblica Amministrazione per attivit legittimamente esercitata (salve le gi viste eccezioni); con l'ulteriore conclusione che, ben lungi dall'essere, per questa parte, in contrasto con i precetti costituzionali, la norma in parola appare pleonastica, perch assorbita dall'anzidetto, generale principio (2). (1) Per l'affermazione del principio che il risarcimento danni di guerra d luogo unicamente ad int"lressi legittimi cfr. Cons. Stato 5 luglio 1947, in Foro It. , 1947, III, 113; Cass., Sez. Un. 2 agosto 1949, n. 2209, ivi, 1950, I, 879. (2) In giurisprudenza, invece, per la limitazione dell'art. 7 ai soli atti legittimi, la sentenza 25 marzo 1953 del Tribunale di Milano ( Foro-.-Padano >>, 1953, IV, 69 e 92, con nota contraria, sul punto, di SANDULLI): per un addentellato, per l'affermazione della costitutnzionalit e legittimit delle ordinanze prefettizie a sensi dell'art. 2 legge pubblica sicurezza, cfr. Com. Stato (Sez. IV) 27 giugno 1952, ivi, 1953 IV, 73. 4. L dove le critiche all'art. 7 in esame si fanno pi vivaci e pi numerose sul punto se esso si applichi anche agli atti illegittimi. Salvo qualche autorevole voce (1), gli altri scrittori, in precedenza citati, escludono che l'art.. 7 si applichi, per sua esegesi, al di fuori del campo degli atti legittimi, o ritengono che esso sia stato implicitamente abrogato, per questa parte, dall'art. 113 della Costituzione. A tali osservazioni pu replicarsi, anzitutto, con .un argomento di natura letterale. Se l'art. 7 non dovesse applicarsi quanto meno agli atti illegittimi, esso sarebbe del tutto superfluo. Posto, infatti, che la responsabilit della Pubblica Amministrazione per atti legittimi, come dimostrato dianzi, limitata solo a casi tassativi, dai quali sono esclusi i provvedimenti delle Autorit di pubblica sicurezza, evidente che, se un senso vuol darsi all'esistenza dell'art. 7, esso va ricercato al di fuori del campo degli atti legittimi, e precisamente nel campo patologico degli atti amministrativi. Ma la risposta non sarebbe ancora completa; ch anche alla luce del precetto costituzionale, non sussiste alcuna incompatibilit di norme, e quindi alcuna abrogazione implicita, per l'art. 7 in esame. Intanto, molte volte l'atto di polizia pu assurgere alla pi alta espressione di atto politico: si pensi all'espulsione di uno straniero di una certa rinomanza, o per misura di reciprocit avverso aguale trattamento da parte di altri Stati nei confronti di italiani (e le cronache giornalistiche dimostrano che non si tratta di ipotesi di pura scuola) (2). In casi siffatti, l'atto della Pubblica Amministrazione sottratto al controllo di legittimit da parte del giudice ordinario od amministrativo, e quindi il privato non potr in alcun caso vantare pretese:di indennizzo o di risarcimento. Per quanto riguarda, poi, la compatibilit fra insindacabilit dell'atto politico e art. 113 della Costituzione, si rinvia a quanto ha esaurientemente scritto il CARBONE su questa Rassegna (3). Ma, anche nel campo degli atti amministrativi veri e propri, da ritenersi che l'art. 7 debba applicarsi con ogni possibile ampiezza. Infatti, il presupposto essenziale perch vi possa 0ssere :pretesa al risarcimento del danno che venga leso un diritto soggettivo perfetto del cittadino. Ora, ci sembra di poter affermare che di fronte a provvedimenti adottati dall'Autorit di pubblica sicurezza nell'esercizio di poteri riconosciutile dalla legge non vi possa mai essere diritto soggettivo perfetto. Invero, anche quelle situazioni giuridiche del privato alle quali la legge attribuisce la forza di diritto soggettivo debbono necessariamente affievolirsi, di fronte all'esercizio del potere di polizia. N pu dirsi che laddove l'esercizio di questo potere (1) SANDULLI: Manuale di Diritto amiministrativo, Napoli, 1952, p. 407 nota. _ (2) Per la costituzionalit dei provvedimenti di espulsione dello straniero, cfr. Consiglio di Stato (Sez. IV) 27 febbraio 1952, n. 208, in Foro It. , 1952, III, 107, con nota contraria di !EMOLO. (3) CARBONE: L'atto politico e l'art. 113 della Costituzione, in questa Rassegna, 1950 p. 121. 5 ffiliifilillimilli TE -177 sia, nel caso concreto, attuato con provvedimento illegittimo, il diritto soggettivo ritorni perfetto e possa bostituire base per il risarcimento del danno. Infatti, l'affievolimento del diritto consegue all'esistenza del potere in relazione alla attuazione che se ne faccia concretamente, ma non postula la legittimit di tale attuazione concreta. Sono questi concetti gi collaudati nella materia della espropriazione per pubblica utilit, nella quale appunto il diritto di propriet del cittadino considerato affievolito nei confronti del potere di espropriazione attribuito all' .Amministrazione. L'applicazione dei suesposti principi in materia. di potere di polizia appare del .tutto chiara in quel ramo di detto potere che comunemente indicato con la qualifica di polizia amministrativa, la cui attivit imperniata, in prevalenza, sul sistema delle autorizzazioni (licenze, dispense, ecc.). evidente, infatti, che laddove il privato per esercitare un suo diritto, come ad esempio quello di commerciare (anche se riconosciuto tale dalla Costituzione), costretto a munirsi di autorizzazione di polizia, questo diritto non pu non essere considerato affievolito nei confronti del potere amministrativo. Pertanto, un provvedimento che lo leda, lede un diritto affievolito e non un diritto soggettivo perfetto; e poich la dottrina e la giurisprudenza prevalenti considerano, a tutti gli effetti, il diritto affievolito come un interesse legittimo, appare evidente che in tale materia non vi campo per pretese di risarcimento di danni, che si assumano derivati dall'illegittimo provvedimento di pubblica sicurezza. Ma gli stessi principi valgono, e con maggior rigore, per ci che concerne la c.d. cc polizia di sicurezza . Qui addirittura sono in gioco i diritti fondamentali della collettivit: il diritto alla sicurezza sociale, il diritto alla libert della propria persona e alla tutela delle proprie cose, l'ordine pubblico: diritti tutti codesti, intesi come massima aspirazione del corpo sociale. Ora, quanto pi intensa si presenta la tutela della collettivit, tanto pi il diritto del singolo si affievolisce. N ci sembra che il richiamo alla Costituzione giovi a confutare queste nostre affermazioni, ove si rifletta, ad esempio, che la recente giurisprudenza (Consiglio di Stato, Sez. IV, 27 giugno 1952 in cc Foro Amm. , 1952, I, 1, 213) ha ritenuto che l'art. 2 del T.U. della legge di pubblica sicurezza concernente i poteri di ordinanza del Prefetto in casi di urgenza e di grave necessit pubblica , anche dopo l'entrata in vigore della Costituzione, tuttora vigente. E di questo potere di ordinanza si fatto uso appunto per limitare l'esercizio dei diritti di riunione, di manifestazione del pensiero ecc. Pu, quindi, dirsi che il diritto del singolo anche in questi casi nasca col segno della limitazione: del resto la limitazione nella natura di ogni diritto sociale (1). (1) Per KANT la limitazione implicita nella definizione ch'egli d del diritto (oggettivo): l'insieme delle condizioni onde l'arbitrio di uno pu coesistere con l'arbitrio di un altro, secondo una legge universale di libert (Dottrina del diritto -Introduzione). La limitazione esclusa solo per i dii itti supnmi (vita, incolumit, libert personali); ma la pienezza di tali diritti discende, prima ancora che dai precetti di una Costituzione, dei precetti di un pi alto codice morale che a nessllllD, neanche al legislatore, lecito violare. Tutti gli altri diritti, riguardanti la vita di relazione, sono per loro stessa natura soggetti alle interferenze coi diritti altrui e, quindi, alle limitazioni che l'ordinamento giuridico appresta per evitare contrasti violenti e turbolenti nell'ordine sociale. Da quanto premesso, discende chiaramente che, se non sussiste un diritto soggettivo del privato di fronte alla Pubblica .Amministrazione in veste di .Autorit di pubblica sicurezza, non ricorrono nemmeno gli estremi per invocare la tutela dell'art. 113 della Costituzione; e nessun indennizzo pu essere preteso dal privato per la lesione di un interesse diverso dal diritto soggettivo perfetto. Siffatta conclusione, d'altra parte, sorretta dal semplice richiamo alla ripartizione della giurisdizione sul contenzioso, dianzi delineata. Invero, allorch il privato vanti un interesse leggittimo di fronte alla Pubblica .Amministrazione, unico giudice del rapporto pubblicistico che ne deriva il giudice amministrativo. Orbene, quest'ultimo giudice non pu, istituzionalmente, che pronunciare l'annullamento dell'atto amministrativo, esclusa. ogni condanna a risarcimenti o indennizzi di sorta (tranne che per le spese del giudizio). N, d'altra parte, ammissibile che il privato, dopo avere adito il giudice amministrativo per l'annullamento dell'atto impugnato, si rivolga poi al giudice ordinario per ottenere una sentenza di condanna pecuniaria. Tale tesi, enunciata, ma senza dimostrazione, dallo Z.ANOBINI (1), presupporrebbe che lo stesso titolo del privato possa di volta in voltay'. essere fatto valere come diritto soggettivo o come interesse legittimo. Per tal via, peraltro, riescirebbe svisato completamente il criterio determinatorc della competenza fra i due ordini di giurisdizione, articolato, com' noto, sul principio del cc petitum>> sostanziale (2). Si ammetterebbe, cio, il pericoloso principio della cc doppia tutela , di cui cenno in talune recenti decisioni del Consiglio di StatoI (3): vale a dire il principio che uno stesso bene del privato possa essere considerato, per un verso, diritto soggettivo e per un altro interesse legittimo. Tale principio non pu trovare ingresso nel nostro ordinamento giuridico, almeno allo stato attuale, anche in presenza della Costituzione che pone ben netta la distinzione fra diritti e interessi, senza tema di commistione. La confutazione specifica ed (1) Corso, vol. II, p. 167. (2) Per la recente giurisprudenza in tema di giurisdizione si confronti l'ampia rassegna del TORRENTE, in Riv. trim. Dir. pubblico>>, 1951, p. 249. (3) Sez. IV 20 dicembre 1950, n. 619, in Giur. It. >>, 1951, III, 33; Adunanza plen. 17 dicembre 1951, n. IO, in << Giur. It., 1952 III, 81, entrambe sostenute dal Gmcc1A1m1, con le note dai significativi titoli: Diritto, interesse e doppia tutela: Una svolta decisiva. J&ldii22ii~ iii&falfilE i&Ei ~~ ! -178 appropriata del suddetto orientamento venne fatta in questa Rassegna dal Cmcco (1) e alla stessa si rinvia; devesi, comunque, rilevare che le cennate decisioni del Consiglio di Stato sono rimaste isolate, onde appare per lo meno azzardata la terminologia usata dal Guicciardi: una svolta decisiva. In una sola ipotesi potrebbeessere concretamente e pacificamente ammesso il cos detto principio della doppia tutela: nelle materie cio, deferite . alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. In tale ipotesi, allorch quest'ultimo abbia conosciuto degli effetti dell'atto amministrativo sopra un diritto soggettivo, non sussistono difficolt ad ammettere che, successivamente, il giudice ordinario possa conoscere degli ulteriori effetti lesivi di quel diritto; e del resto l'art. 30 del T.U. sul Consiglio di Stato esplicito in proposito. Ma, a ben guardare, in casi siffatti, l'espressione >, 1951, p. 193; L.P., in cc L'Esattore n, 1951, p. 113; BARBARINI: Il privilegio del credito per i tributi diretti nella disciplina del Codice civile, in L'Esattore n, 1950, 263; SCAND.ALE: Portata dell'espressione cc anno in corso e precedente in materia di privilegio speciale dello Stato per tributi diretti, in Giur. It. n, 1952, I, 2, 503; MASSARI: In tema di privilegi per l'imposta sui profitti di guerra e di contingenza, in Giur. It. , 1952, I, 2, 333; SALA: Principio della riscossione dell'imposta di ricchezza mobile cc anno in corso e precedente, in cc L'Esattore, 1952, 43; UCKMAR, in Riv. Dir. e Pratica Trib. , 1951, II, 572. La nota dell'avv. M. AzELIO SAPORI, apparsa sul fascicolo di marzo 1953 della rivista cc L'Esattore , con il titolo L'articolo 62 della legge di ricchezza mobile e il valore di una consonante , appartiene e questo secondo gruppo. Per una valutazione della nota, riteniamo opportuno chiarire in quali termini; a nostro avviso, debba essere posta la confutazione della tesi accolta dalla sentenza e quali siano i punti deboli della motivazione della Cort di Cassazione. La stessa sentenza annotata fornisce in questo senso una precisa indicazione. La Suprema Corte, infatti, pur ritenendo che l'interpretazione della Corte di .Appello risponda alla volont della legge, ha posto in dubbio la validit degli argomenti addotti a sostegno di quella interpretazione. Giover, pertanto, riassumere brevemente le ragioni giuridiche addotte dalla Corte d'Appello per poter esaminare, poi, se quelle che la Corte di Cassazione ha ritenuto di sostituirvi, siano tali da risolvere i problemi di interpretazione, che la stessa Corte Suprema ha giudicato insoluti sulla base delle precedenti argomentazioni. La Corte di .Appello di Torino, ricordata la questione dibattuta sotto l'impero del codicm civile del 1865 circa l'interpretazione dell'art. 62 del T. U. 24 agosto 1877, n. 4021, e la tesi accolta dalla Giurisprudenza, ha stimato che tale interpretazione non possa mantenersi di fronte all'articolo 2759, il quale contempla il privilegio speciale ln& 1rnntwwtt1 -182 a garanza dei crediti di ricchezza mobile con una dizione differente. Non pi si legge nell'art. 2759 Codice civile la locuzione del vecchio art. 62 T. U. imposta dell'anno in corso e del precedente, dovuta, ecc. , bensi la diversa imposta dovuta per l'anno in corso e per il precedente e la sostituzione, nella nuova dizione, della preposizione per alla preposizione del >> e la posposizione del verbo dovuta n introdurrebbero uno stretto rapporto di causalit tra l'imposta e il periodo al quale essa va riferita. La Corte d'Appello, inoltre, ha rilevato che il legislatore, mentre ha ripetuto la vecchia espressione dell'anno negli articoli 2752 e 2771 Codice civile, l'ha invece modificata nell'art. 2759 ed ha concluso che il legislatore, facendosi carico dei vari dissensi che la giurisprudenza aveva suscitato e del serio pregiudizio e dei notevoli intralci, che l'estensione della portata del privilegio causava al credito degli esercenti l'industria ed il commercio, avrebbe voluto restringere all'imposta dovuta per l'anno in corso e per il precedente gli effetti del privilegio. Una motivazione di tal genere appare immediatamente poco persuasiva. Di fronte a questo fantasioso argomentare sul valore delle parole e della fraseologia, prima di ogni altra obiezione si determina la necessit di chiarire e di intendersi sul significato delle espressioni verbali adottate dal legislatore. Nell'applicare la legge non si pu ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la loro connessione>> (art. 12 preleggi). Ora basta leggere l'articolo 2759 Codice civile per constatare che il partici dovuta , anche se anteposto alle parole (( per l'anno in corso e per il precedente>> regge, come nell'art. 62 del T. U., la proposizione che segue e precisamente ((in dipendenza dell'esercizio di commercio, industria o professione; che la sostituzione della preposizione (( per >> alla preposizione (( del >> lascia il senso assolutamente invariato; che ((dovuta per l'anno in corso e per il precedente altro non significa che ((da pagarsi nell'anno in corso e nel precedente; che, pertanto, l'art. 2759 Codice civile formulato con espressioni assolu- tamente equivalenti a quelle dell'art. 62 della legge speciale e tale equivalenza legislativamente sancita nell'articolo stesso il quale asserisce che il privilegio concesso <>. Su questa linea si svolgono le pi efficaci critiche della nota del Sapori, il cui stesso titolo ha un valore polemico, che esattamente mette in rilievo la principale caratteristica negativa comune a tutte le sentenze, che hanno accolto il nuovo principio di diritto: la sofistica interpretazione letterale della norma, con la quale tutto si voluto risolvere ed argomentare con la lettera e con la grammatica, ravvisando intenzioni legislative e significati inesistenti dietro ogni virgola spostata, ogni locuzione, ogni cambiamento di consonante. Questo, a nostro avviso, il terreno sul quale, prima di ogni altra considerazione e di ogni altro pi serio rilievo, si pu e si deve critlcare il giudicato della Suprema Corte. L'aver posto in evidenza _ questo elemento, l'aver apportato, in tal modo, contro la tesi accolta dalla Corte di Cassazione, argomenti intrinseci al procedimento logico seguito dalla sentenza il pregio maggiore dello scritto del Sapori, specie considerando che le numerose note -1s3 sull'argomento non seguono sempre con coerenza questo criterio. Anche nella nota in questione, per, presente qualche incertezza nello spingere a fondo la critica delle argomentazioni addotte a ~ostegno della tesi accolta nella sentenza, nonch una certa confusione tra la motivazione della Corte di Cassazione e quella della Corte d'Appello. Riteniamo, ad esempio, che sia facilmente spiegabile, e valeva la pena di accennarlo, la ragione per cui ii legislatore nella formulazione degli articoli 2752 e 2771 abbia fatto espressa menzione della iscrizione nei ruoli: perch aveva la necessit di distinguere fra ruoli principali e ruoli suppletivi e per questi ultimi limitare gli effetti del privilegio ad un importo non superiore all'imposta relativa all'ultimo biennio. Era dunque ben necessario parlare di ruoli. Dove invece queste distinzioni non erano richieste, ed il caso dell'art. 2759, la legge ha detto sic et simpliciter imposta dovuta n, il che quanto dire iscritta a ruolo, come precis la sentenza 21 marzo 1933 della Corte Suprema ( Giust. Trib. n, 1933, 630) relativamente all'art. 62 del T. U.: il legislatore ha inteso evidentemente riferirsi all'anno in corso al momento in cui l'imposta diventa riscuotibile, e siccome la riscossione, com' risaputo, non pu avvenire se non in base ai ruoli debitamente formati e pubblicati, logica diventa la consegunza che per anno in corso, di cui parla l'art. 62, devesi necessariamente considerare quello in cui avviene la pubblicazione dei ruoli principali e suppletivi n. Alcune osservazioni del Sapori, inoltre, non appaiono aderenti allo specif,co problema della interpretazione della norma di legge. Tali, ad esempio, quelle con cui viene prospettata la necessit amministrativa di assicurare il privilegio per un periodo di tempo sufficiente affinch gli uffici, con la loro attuale organizzazione, possano profittarne, o vengono addotti motivi di morale tributaria e di tutela dei supremi fini dell'Erario a sostegno della tesi disattesa dal Supremo Collegio. Ma il rilievo pi serio che occorre fare che la nota ha omesso di sviluppare in un'altra direzione, che a noi sembra la pi importante e decisiva, la confutazione della sentenza contestando l'esattezza dei termini, nei quali la Suprema Corte ha posto il problema dell'interpretazione dell'art. 2759 Codice civile e della sua efficacia novativa nei confronti del diritto preesistente. La Corte di Cassazione -come gi abbiamo detto -ha precisato che, affinch il nuovo prin cipio di diritto potesse essere accolto, doveva potersi ravvisare una chiara volont del legisla tore di restringere la portata del privilegio contra riamente a quanto in precedenza costituiva, almeno in giurisprudenza, jus receptum >>. In questo passo della sentenza l'inciso almeno in giurisprudenza tradisce una concezione esclu sivamente normativa del diritto. Ohe cosa signif,ca, infatti, jus receptum almeno in giurisprudenza se non separare la norma, la quale sola costituirebbe ed integrerebbe il diritto, dalla interpretazione che ad essa danno gli organi statali a ci destinati Ohe cosa altro significa se non concepire il diritto come formula statica ed astratta e non come concreta regolamentazione di rapporti, come vita effettiva del corpo sociale, in una parola, come ordinamento giuridico, inteso quest'ultimo non per una serie di regole, non per quella f,la di volumi che sono le raccolte ufficiali dile leggi e decreti, ma come la complessa e varia organizzazione dello Stato, i numerosi meccanismi o ingranaggi, i collegamenti di autorit e di forza, che producono, modificano, applicano, garantiscono le norme giuridiche, ma non si identificano con esse . (SANTI ROMANO: L'ordinamento giuridico, Sansoni, 1945). Non quindi jus receptum almeno in giurispritdenza, ma puramente e semplicemente jus receptum, senza altre specificazioni, vale a dire il principio di diritto quale vive e regola, nell'organizzazione dello Stato, i concreti rapporti che intercorrono tra il f,sco ed il contribuente, ed a cui non deve essere contrapposto, come implicito nelle parole usate dalla Suprema Corte, alcun altro principio, che sarebbe poi, nel pensiero di chi postula queste teorie, quello vero, quello giusto, il principio in s, quale racchiuso, al di fuori ed al di sopra di quella organizzazione e di quei concreti rapporti, nella norma, nella frase, nella parola, che alcuni nostri ormai lontani antenati ritennero di usare per esprimere la volont della legge ed a cui sarebbe necessario sempre rifarsi ed attingere, come all'unica fonte di ogni verit e di ogni certezza giuridica. Ma se questo errore dogmatico sul modo di intendere il diritto si limitasse 'ad apparire incidentalmente tra le righe della sentenza, non sarebbe il caso di trattarne lungamente. Il fatto che, in primo luogo, questo errore ha determinato la impostazione formalistica della motivazione, secondariamente, ed quello che in questo momento interessa, da questo stesso errore risulta inficiata l'argomentazione con la quale il Supremo Collegio ha respinto l'obiezione pi pericolosa, che la difesa dell'Amministrazione ha sollevato contro la tesi accolta dalla Corte d'Appello e successivamente confermata: l'esistenza in vigore, per espresso richiamo fattone dall'art. 2759 Codice civile, dell'art. 62 T. U. e la necessit che tale articolo della legge speciale debba essere interpretato secondo l'anteriore consolidata giurisprudenza. La sentenza dedica alla questione le seguenti parole: contro l'ulteriore argomento delle ricorrenti, secondo cui l'art. 62 della legge di ricchezza mobile sempre in vigore e sarebbe da interpretare secondo l'anteriore giurisprudenza, palese che alla interpretazione data dalla giurisprudenza debba prevalere il precetto della legge nuova. E infine il richiamo che l'art. 2759 fa della legge di ricchezza mobile non pu valere ai fini voluti dalle ricorrenti, essendo evidente che il legislatore intese con esso richiamare genericamente la regolamentazione della legge speciale . Il Sapori critica nel modo seguente questa argomentazione: La Corte in fatto asserisce clie detta interpretazione dell'art. 62 del T. U. viene meno per il prevalere della legge nuova cio del disposto .dell'art. 2759, ma non meno certo che ci non convince, perch ne.Ila fattispecie non contrasto di norma legislativa, ma di interpretazione. N, appaga la indagine l'asserire -come si fa in -184 sentenza -che la giusta interpretazione quella risultante nella sentenza medesima senza nemmeno soffermarsi a considerare il valore del richiamo fatto dalla nuova norma alla precedente . La critica giusta, ma non tocca il fondo della questione. necessario a nostro avviso richiamare il concetto di ordinamento giuridico, cui si pre- cedentemente accennato, e, qualora sia ben chiaro che in tale concetto del diritto rientra non solo la formulazione normativa della volont dello Stato, ma ci che rende possibile la formazione e la formulazione di questa volont, nonch l'azione che tende alla sua attuazione ed alla sua tutela, quando sia fermo il principio della inscindibilit dall'ordinamento giuridico delle norme, che ne rappresentano solo un elemento e che nell'ordinamento vivono, in quanto vengono prodotte, modifi.cate, applicate, garantite; apparir evidente che la interpretazione dello ius superveniens si pone sempre come problema dei rapporti ,tra il nuovo diritto e l'ordinamento giuridico vigente; che l'azione legislativa tende non gi alla modifi,cazione delle norme, ma del preesistente ordinamento giuridico; che, pertanto, la dichiarazione del legislatore che la disciplina di determinati rapporti, regolati da una nuova norma, conforme a quella che tali rapporti hanno avuto sotto l'impero di una norma pi antica, ha valore di sanzione legislativa del principio di diritto, che in virt di quella antica norma si era stabilito e in tal modo, l'interpretazione che di essa avevano costantemente dato gli organi giurisdizionali, diviene, per effetto dell'espresso richiamo fattone, interpretazione autentica sancita dalla legge. Questo, a nostro avviso, il valore del richiamo della nuova norma alla precedente . Richiamo non della norma, ma del principio di diritto che sulla norma stessa si era costituito. Sulla base di queste considerazioni, ci sembra che gli argomenti, tendenti a confutare la presunta manifestazione di una chiara volont novativa del legislatore, possano essere validamente integrati con la indicazione delle pi valide ragioni, per le quali si deve concludere che la nuova legge ha confermato e fatto proprio il principio di diritto, che per lunghi anni ha regolato i rapporti tra il f,sco ed il contribuente. E. VITALI.ANI S. CosTA: L'intervento in causa. (Pp. xn-398, U.T.E.T., 1953). J Riprendendo un tema a lui caro (v. CosTA: Intervento coatto) Padova, 1935; Contro l'intervento dell'associazione sindacale in grado di cassazione) Riv. Dir. Proc. Civ. , 1938, II, 257; Vintervento in causa di terzi) ibidem, 1943, I, 19), l'.Autore compie, ;in questo libro, una completa trattazione dell'importante istituto, tanto tormentato anche in sede di riforma del vecchio codice del 1865, trattazione che, a parte il pregio. scientifico, molta utilit potr recare agli operatori del diritto, quali i lettori di questa Rassegna, ai quali destinata la presente segnalazione. L'opera divisa in due parti: nella prima studiato l'intervento, nelle varie sue figure, nel processo civile di cognizione; nella seconda, molto pi breve, sono esa~inat~ gli int~rven~i :egolati da norme particolari e .nei processi speciali. Non potendo qui naturalmente essere fatta. una esauriente esposizione del contenuto del libro, valga a mettere in luce l'interesse ~ell'oper~ qual: che accenno ad alcuni dei problemi trattati e de1 concetti fondamentali che vi si trovano esposti. Nel primo capitolo, dedicato ai vari tipi d'intervento volontario, ;innanzitutto considerato l'intervento principale, del quale sono studiati i presupposti speciali e particolarmente quelli dell'incompatibilit del diritto del terzo con quello delle altre parti e della connessione della domanda d'intervento con la domanda oggetto del giudizio. Dalla necessit dell'esistenza del presupposto dell'incompatibilit, il Costa ricava la conseguenza che l'azione esperita dal terzo mediante l'intervento principale una azione di accertamento della titolarit del suo diritto nei confronti dell'attore, alla quale pu, eventualmente, essere cumulata un'azione (di condanna o costitutiva o anche d'accertamento) nei confronti del convenuto. Azione di accertamento, jn cui i tre soggetti (attore, convenuto ed interveniente) non f:i trovano nella posiz,ione di litisconsorti necessari, ben potendo l'obbligato alla prestazione essere estromesso, dopo essersi dichiarato pronto ad eseguirla (art. 105 C. p. c.). Sotto il riflesso dell'incompatibilit della pretesa esaminata la ammissibilit dell'intervento di chi soggetto a subire l'estensione del giudicato emesso tra altri, nonch lo scopo dell'intervento del litisconsorte necessario pretermesso, che, per il Costa, sempre quello di far valere il proprio diritto, pur producendo tuttavia l'effetto di integrare il contraddittorio. Nella trattazione che segue sull'intervento adesivo messo in rilievo la finalit di siffatta forma di intervento, che quella di costituire l'unico mezzo di difesa del terzo, il quale abbia interesse alla vittoria di una delle parti, in conseguenza della subordinazione della sua posizione rispetto a quella di quest'ultima. Sono esaminate, al riguardo, le varie situazioni in cui il terzo pu venire a trovarsi rispetto ad un sentenza tra altri, concludendosi che intervento adesivo solo quello di chi pu ricevere dalla sentenza, intesa come fatto giuridico, un pregiudizio di mero fatto (effetti riflessi), che non sia conseguenza di dolo o di frode (nel qual caso soccorre l'opposizione di terzo ex art. 404 capov. C. p. c.). Evitare tale effetto dannoso non costituisce per l'interesse, bens il motivo dell'intervento; l'interesse all';intervento, corrispondente all'interesse ad agire di cui all'art. 100 C. p. c., invece l'interesse alla vittoria di una delle parti e nasce dalla stessa esistenza della lite. Infine della terza figura d'intervento volontari&, quello cio litisconsortile, l'A., seguenffo le opinioni dei Segni e dell' Andrioli, rileva la pi ampia portata che esso ha nel vigente codice, nel quale non pi necessariamente limitato a far valere lo stesso diritto del giudizio principale, ma serve anche a far valere un diritto connesso per -185 l'oggetto o per il titolo, producendo una estensione della domanda originaria (es. intervento del coobbligato o del concreditore solidale). E poich tende ad istituire un litisconsorzio semplice successivamente alla costituzione del rapporto processuale, l'A. aderisce all'opinione di chi considera questa forma di intervento come un istituto diverso sia dall'intervento principale sia dall'intervento adesivo dipendente. In base alle premesse precedentemente poste, il Costa fa una dettagliata interessante casistica dell'intervento volontario, determinando j singoli casi che rientrano nei diversi tipi di intervento, dei quali qui non consentito fare alcun cenno. Nel secondo capitolo trattato l'intervento coatto ad istanza di parte, destinato, anche secondo l'A., come gi per la dottrina tradizionale, ad estendere il giudicato al terzo, il quale tenuto a riconoscerlo non come ,giudicato tra altre parti, ma come parte esso stesso. A conferma di tale opinione, sostenuta contro quella del Chiovenda e del Calamandrei, per i quali il terzo inatt.ivo non parte, l'A. esamina tutte le ipotesi possibili, concludendo che in ogni caso chi chiama il terzo propone contemporaneamente una domanda (di condanna o di accert.amento) contro di lui, ed ha un interesse ad ottenere un giudicato favorevole nei suoi confronti, identico a quello di chi propone una domanda giudiziale; il che basta a far assumere al terzo qualit di parte. Considerando la domanda d'intervento coatto come intesa ad ottenere non gi una pronuncia sull'intervento (non necessaria, in mancanza di opposizioni), ma una sentenza di merito favorevole, il C. mette in rilievo la necessit, per il suo accoglimento, tanto delle normali condizioni dell'azione quanto dei presupposti processuali generali, mentre nega che debba anche ricorrere, quale ulteriore presupposto, uno specifico interesse alla chiamata del terzo, distinto dall'interesse ad ottenere una sentenza di accoglimento. Presupposto speciale invece la comunanza di causa, da intendersi non come identit essoluta di causa, per cui il terzo deve essere necessariamente partecipe al giudizio come litisconsorte necessario, ma come connessione di lite, per l'oggetto o per il titolo, per cui pu apparire utile, per economia di giudizi, e per evitare giudicati contraddittori, rendere il terzo partecipe al giudizio, come litisconsorte semplice. In base a questo concetto di comunanza di causa, l'ammissibilit dell'intervento coatto ad istanza di parte viene limitata a quei terzi che, rispetto alle parti, o hanno una legittimazione eguale, in modo che avr~bbero potuto esserne litisconsorti fin da principio, o hanno una legittimazione maggiore, ad emcludendwm (es. terzo pretendente la propriet in un giudizio di rivendica), mentre essa viene esclusa nei confronti di quei terzi che hanno una legittimazione secondaria, per essere titolari di un rapporto dipendente da quello che in lite, ma che rimane fuori della lite (es. committente nelle liti del commissionario contro il terzo). Questi ultimi possono proporre intervento volontario in via adesiva, ma non possono essere chiamati coattivamente. Alla descrizione delle varie forme d'intervento segue un lungo capitolo, il terzo, sul rapporto processuale con intervento, nel quale sono, parti colarmente, considerat.i i presupposti speciali del l'intervento (qualit di terzo e pendenza della lite), le regole generali relative alla possibilit di ritardare la decisione della causa prin.cipale e al l'accettazione della causa in statu et terminis, i presupposti generali della competenza e della capacit del giudice in relazione alla domanda di intervento, le condizioni di ammissibilit dell'in tervento non concernenti i soggetti (es. compro messo, cosa giudicata, ecc.), la posizione dell'in terveniente rispetto alle altre parti, j suoi poteri, e vari altri argomenti inerenti allo svolgimento del processo di veramente notevole interesse per la quotidiana pratica giudiziaria. In titoli a parte sono poi trattati l'intervento coatto ordinato dal giudice, la chiamata in garan zia e l'intervento in grado d'appello e nei proce dimenti di gravame. Dell'intervento coatto iussu iudicis studiata la natura giuridica sia in relazione all'art.205 del vecchio codice, secondo il quale, come tutti sanno, per il Costa essa era solo un ordine dato dal giu dice al terzo, che, inte1-venendo, non diveniva. parte ma solo un ausiliare del giudice, sia in relazione al nuovo art. 107. Riguardo a .quest'ultima disposizione di legge, mentre in precedenti suoi scritti (v. ad es.: Riv. Dir, proc. civ. , 1943, I, 19) il Costa aveva considerato l'intervento in essa preveduto come una integrazione di giudizio disposta dal giudice, molto simile a quella che lo stesso giudice dispone in caso di litisconsorzio necessario (art. 102) in questa nuova opera egli dichiara di abbandonare tale opinione. E ci perch, essendo, nel vigente codice, presupposto speciale dell'intervento coatto, anche se ordinato dal giudice, la comunanza di causa, l'ordine d'intervento di un terzo, disposto dal giudice, implicherebbe l'ordine ad una parte (eventualmente, senza interesse) di estendere la sua domanda o di proporre domande connesse con quella gi in lite, in contrasto col nostro sistema clispositivo. Per tal motivo l'A. aderisce all'opinio ne di coloro (Redenti e Calamandrei) che costru iscono l'intervento coatto iussu iudicis come de nuncia di lite, con la conseguenza che l'interve niente acquista la qualit di parte, e quindi l'as soggettabilit al giudicato, soltanto se propone domande o se domande vengono proposte nei suoi confronti. Opinione che risulta in armonia al di sposto dell'art. 270, per cui consentito al giudice istruttore di ordinare questo intervento in ogni momento della causa. Nello studio sulla. chiamata in garanzia, sono sottoposte a critica tanto la teoria del Calamandrei, che vede contenute nell'azione di garanzia due distinte azioni, una diretta ad ottenere la. difesa in giudizio da parte del garante ed un'altra, eventuale, di regresso o di riva.Isa, quanto quella del Carnelutti, per il quale scopo dell'istituto una denuncia di lite, intesa a provocare"Vintervento del terzo, adesivo, o coatto se il chiamato contesta il rapporto di garanzia.. E' seguita invece l'opinione del Chiovenda, per cui scopo della chiamata in garanzia solo l'azione di regresso, in 'linea eventuale, considerandosi l'attivit difensiva non come un obbligo ma piuttosto come un ~KlldJBil , ~KlldJBil , -186 onere del garante, che risulta tenuto al l'isarrirnento in caso di soccombenza del garantito. Da tale opinione deriva che il chiamato senz'altro parte in causa, indipendentemente dalla sua comparizione. Tra le altre questioni, qui affrontata. la distinzione tra garanzia propria e garanzia impropria, che poi la distinzione tra azione di garanzia e azione di responsabilit, che tanta rilevanza ha, com' noto, ai fini dell'applicazione della regola dell'attrazione del foro (art. 32 C.p.c.), esclusa per la garanzia impropria. Mentre, secondo la giurisprudenza, l'elemento caratteristico distintivo della garanzia propria sarebbe quello della connessione obbiettiva del titolo dell'obbligazione del terzo rispetto alla domanda principale proposta contro il garante, l'A. preferisce aderire ad una antica opinione del Carnelutti ( Riv. Dir. comm. ))' 1D21, II, 305), per cui si ha garanz.ia. propria, 8e il garante sia direttamente obbligato per legge o per contratto a rifondere al garantito la perdita subta (es. garanzia per evizione a carico del venditore), mentre ricorre la garanzia impropria ogni qualvolta l'obbligazione del garante di risarcire la perdita sia la conseguenza di una precedente obbligazione principale. IDei presupposti generali per l'ammissibilit della chiamata in garanzia dato un cenno particolare alla competenza, ricordandosi la competenza funzionale del foro dello Stato, non derogabile nella chiamata in garanzia. Del capitolo sull'intervento in sede di gravame maggior interesse presenta l'intervento in appello. Secondo questo Autore possibile in appello qualunque tipo di intervento volontario, purch, in armonia alla disposizione dell'art. 344 C. p. c., il terzo rientri nella categoria dei legittimati all'opposizione di terzo contro la sentenza di primo grado, ai sensi dell'art. 404, 1 e 2 comma C. p. c .. Per conseguenza egli nega, contro l'opinione dei Satta, che, a rigore di legge, possa proporre intervento adesivo in appello chi non (gittimato a proporre opposizione di terzo. Dell'intervento coatto ritenuto ammissibile solo l'intervento coatto iussu iudicis, che, avendo il earattere cli una denuncia di lite, lascia libero il terzo di intervenire o meno; in ogni caso il chiamante non pu proporre contro cli lui alcuna domanda. Invece non giudicato ammissibile l'intervento cotatto ad istanza di parte, perch non dato alla parte precludere al terzo, per effetto dell'intervento, l'esercizio del diritto cli fare opposizione, n tanto meno valutare l'interesse del terzo a spiegare intervento in appello. Tra le varie forme d'intervento regolate da norme particolari e trattate nella seconda parte della opera, si ricorda qui l'intervento dei creditori nell'esecuzione singolare. La natura di tale intervento, che, secondo l'A., non inquadrabile negli schemi dell'intervento nel processo di cognizione, nei confronti del creditore non munito di titolo esecutivo, definita una domanda che tende ad ottenere un provvedimento di cognizione, attraverso un procedimento di cognizione sommaria, seguta da una richiesta agli organi dell'esecuzione di pagare il credito >> (pag. 344). Tale domanda per condizionata al verificarsi della vendita, cos rhe solo dopo di essa il creditore acquista qualit cli parte, a differenza dei creditori muniti di titolo esecutivo, che sono parti anche prima della vendita e possono compiere atti d'impulso processuale. Ad una forma d'intervento principale, precisamente ad un intervento a.d ewcludendrum, riportata l'opposizione del terzo che pretende avere la propriet o altro diritto reale sul bene pignorato. Altra figura particolare d'intervento quella del Pubblico Ministero, anch'esso non collocabile, per il Costa, negli schemi riguardanti l'intervento dei privati, e considerato come l'intervento di un organo dello Stato, con potere di parte, che ha il preciso fine di vigilare sull'osservanza. della legge, e che, atteso tale fine di giustizia, pu eventualmente trovarsi in conflitto con lo Stato, quale amministratore. Dopo un accenno all'intervento nel fallimento e nelle liti del fallimento, l'opera termina con un breve capitolo, nel quale sono passati in rassegna i casi d'intervento nei processi speciali espressamente regolati dalle leggi che le riguardano, mentre per quei processi speciali, le cui regolamentazioni non fanno cenno dell'intervento in causa, il Costa esprime l'opinione che debbano ammettersi le forme d'intervento previste dal Codice di procedura civile, sempre che la controversia innestata dall'intervento appartenga alla giurisdizione del giudice speciale. In relazfone ai giudizi della PubbUca Amministrazione alcune osservazioni debbono qui essere fatte S'Ul libro del Costa. La prima che, secondo questo scrittore, non sarebbe <11mmissibUe l'intervento della Pubblica Amministrazione nelle liti degU enti soggetti_ alla sna vigUanza zwr difetto d'interesse. E l'intercento stesso del M iwistro dell'Interno, nelle liti che interessano la pubblica beneficen.za, preveduto nell'art. 25 della legge 17 luglio 1890, n. 6972, modificato dall'art. 9 del r. d. 30 dicembre 1923, .,,,,, 2481, non sarebbe 1tn vero intervento, ma l'accedere di un organo tutorio in rappresentanza dell'ente, con sostituzione ex lege degU organi dell'ente stesso >> (pag. 104). Opinione ,.codesta che non pu e8sere condivisa, perch l',interesse all'intervento della Pubblica Amrninistrazione non pu essere valutato secondo U diritto comime, ma ha un contenuto esclusivamente pubblico,. che trova la sua ragion d'essere nello stesso potere amministrativo di controllo, t'.l quale pu venire esercitato non solo mediante l'espl-icazione di una atti11it amministrativa. ma altres con le forme processuali di partecipazione ai giudizi che si svolgono nei confronti degli enti sottoposti a controllo. L'interesse che si tende a perseguire per mezzo dell'intervento cio quello stesso interesse pubblico che costituisce lo scopo della vigilanza amministrativa, e che precisamente consiste nel raggiungirnento dei fini pubblici del-Pente, che sono istituzionalmente fini dello Stato). interesse-che verrebbe ad essere pregiudicato da una eventuale ingiusta condanna dell'ente. Dal che deriva che l'intervento della Pubblica Amministrazione, nell'esercfaio delle sue funzioni di controllo, neppure ptt essere configurato come un intervento -187 adesivo, rna deve assere piuttosto consid61ato come ttno speciale intervento autonomo, perch esso non 1'ivolto a sostenere le ragioni dell'ente in causa, bens le proprie, essendo suo diretto inte1 esse che l'ente consegua i fini pubblici a cui esso (sentenza delle 'Sezioni Unite n. 53 del 12 gennaio 1952: Allorio c. Comune di Roma) o per cui occorre vedere se le Terme di Salsomaggiore, azienda patrimoniale dello Stato, esplichino una attivit economica o siano un pubblico servizio con funzioni non speculative ma eminentemente sociali (sentenza delle Sezioni Unite n. 1886 dell'll luglio 1951: Terme di Salsomaggiore c. Bavagnoli); o infine per cui l'elemento sostanziale rilevante dato dalla organizzazione od impresa, si tratti di impresa privata o di impresa gestita da ente pubblico (sentenza 1038 del 17 aprile 1952: Azzolini c. Ente Autonomo Volturno). Ci che del resto sarebbe stato pienamente conforme alla elaborazione della dottrina (vedi per tutti TREVES: Le imprese pubbliche, Torino, 1950, p. 22) che ritiene applicabile l'art. 2093 Codice civile allo Stato per le imprese da esso esercitate. Da tale impostazione del problema derivava per la sentenza la necessit di inquadrare la G.R.A. nella categoria degli enti pubblici economici e quindi le incertezze e le espressioni non univoche che si leggono nel seguito della decisione. Rileva, prima di tutto, la sentenza che nell'art. 1 della legge n. 321 del 1948_ detto che la gestione di fatto G.R.A. opera quale azienda autonoma dipendente dal Ministero dei Trasporti ed sottoposta alla vigilanza e controllo del Ministero del Tesoro, e ne deduce che se la stessa legge istitutiva della G.R.A. a qualificarla come azienda autonoma questo un primo e sicuro elemento per non attribuirle la natura giuridica di organo dello Stato e cio di ufficio pubblico statale . Ora se non andiamo errati l'espressione azienda autonoma ha un significato preciso tecnico-giuridico che sta ad indicare, non le aziende distinte dallo Stato, ma quelle aziende dello Stato che hanno un ordinamento autonomo (vedi per tutti Z.ANOBINI: Diritto Amministrativo, vol. III, 1940, ps. 220 e segg.; VITTA: Diritto Amministrativo, 19481 p. 127). -189 Onde il fatto che si parli di azienda autonoma non solo non elemento di creazione di ente pubblico, ma elemento contrario: tale espressione indica semplicemente che si in presenza di un'azienda dello Stato con suo ordinamento particolare ed in tal senso, infatti, si esattamente espressa la II Sezione della Cassazione con le sentenze n. 377 del 1953; G.R.A. c. Salvatori e n. 1196 del 1953 G.R.A. c. Lauri) A nostro avviso, nonostante qualche espressione adoperata, il pensiero delle Sezioni Unite non nel senso che la G.R.A. sia un ente pubblico con personalit giuridica distinta dallo Stato, ma semplicemente che essa non ha la natura di organo dello Stato, inteso nel senso stretto e cio come ufficio pubblico statale . La Corte Suprema, infatti, non ricerca nella sentenza elementi che attestino la personalit giuridica (che non c'), il patrimonio (che dello Stato) gli scopi (che sono dello Stato) o l'organizzazione, ma solo elementi che attestano che i compiti dell'azienda non sono compiti immanenti ed essenziali dello Stato: Pertanto basta che si consideri la estraneit di tali attribuzioni a quelli che sono i compiti immanenti ed essenziali dello Stato perch si possa negare la qualifica di organo dello Stato (nel significato naturalmente delineato sopra strictu sensu di ufflcio pubblico statale); essa, sia pure di sfuggita, rileva che l'autonomia vasta di cui dotata l'azienda non sarebbe possibile ove in realt si trattasse di un organo vero e proprio dell'Amministrazione dello Stato; essa, infine, in seguito, nell'esame della motivazione del Consiglio di Stato, non nega che la G.R.A. appartenga allo Stato, ma nega che ci sia rilevante ai fini dell'interpretazione dell'art. 12. Per cui da ritenere che in sostanza la sentenza ponga in luce i caratteri di attivit economica di impresa esercitata dallo Stato, equiparabile a sensi dell'art. 2093 Codice civile all'ente pubblico economico, anzich quelli di ente pubblico con propria personalit e patrimonio distinto dallo Stato e in sostanza possa dirsi in armonia con l'indirizzo della II Sezione specializzata in tema di rapporto di lavoro. *** In effetti non solo nessun argomento si legge nella sentenza da cui possa derivare che la G.R.A. ente distinto dallo Stato, ma vi sono nella legge n. 321 del 1948 argomenti decisivi ed espressi in senso contrario, e conformi all'indirizzo della II Sezione. Gi abbiamo veduto che l'art. 1 definisce la G.R.A.: la gestione di fatto G.R.A. opera quale azienda autonoma dipendente dal Ministero dei Trasporti ed sottoposta alla vigilanza e controllo del Ministero del Tesoro . Da tale articolo emerge che la G.R.A. una gestione di fatto, ora la gestione di fatto presuppone un ente, una persona che la gestisca e questa persona non pu essere la gestione stessa ed lo Stato; ma se anche volesse dirsi che la G.R.A. stata una gestione di fatto, ma colla legge promossa al rango di azienda autonoma, non potrebbe mai negarsi lo stretto collegamento tra la G.R.A. gestione di fatto del Ministero dei Trasporti e la G.R.A. azienda autonoma (opera, dice la legge, quale azienda autonoma: quindi assimilata alle aziende autonome pur non essendo in pieno tale) dipendente dal Ministero dei Trasporti. s Anzich riconoscere alla G.R.A. una qualche personalit giuridica, liart. 1 scolpisce e ribadisce che la G.R.A. dipende dal Ministero dei Trasporti, cio azienda dello Stato alle dipendenze del Ministero. N si pu equivocare sul termine dipendente considerando la dipendenza come una espressione impropria di vigilanza e di controllo, perch lo stesso articolo precisa, tenendo la assoluta distinzione tra i due concetti, che la G.R.A. sottoposta al controllo ed alla vigilanza di altri Ministeri, ma dipende da quello dei Trasporti. C' da aggiungere che il fatto che a presiederla sia il Ministro dei Trasporti ribadisce il carattere di azienda autonoma (poich ripete la struttura di altre aziende autonome), mentre una tale presidenza non sarebbe ammissibile se si trattasse di un ente pubblico distinto dallo Stato e da esso controllato, poich il Ministro non potrebbe essere nello stesso tempo capo dell'ente controllore e controllato: ci conferma che, la dipendeuza dipendenza effettiva, appartenenza, e non mera funzione esterna di controllo. N tale espressione pu sottovalutarsi perch essa non solo nell'art. 1, ma anche nel titolo della legge: <>. In tale legge premesso che i centri autocarri furono presi in consegna dal Ministero dei Trasporti e da quello del Tesoro dagli Alleati, si stabiliscono le condizioni per la vendita degli autocentri anche in deroga alle norme della legge sulla contabilit dello Stato (art. 1). Si precisa che i centri debbono essere ceduti nella loro interezza, come aziende, a privati che dovranno gestirle sotto la vigilanza del Ministero (art. 2) e all'art. 5 che utili e perdite dei bilanci degli autocentri passano allo Stato. Ora se la legge del 1948 richiama quella del 1946 e dice che nulla innovato ad essa, occorre evidentemente che almeno la parte centrale della legge sia ancora in vigore e cio che gli autocentri gestiti dallo Stato restino in gestione dello Stato e possano essere ceduti a concessionari privati ove sia ritenuto opportuno colle norme della legge del 1946. E poich la gestione dello Stato e la propriet degli automezzi sono l'unica ragione per cui lo Stato possa assumere anche l perdit della gestione a sensi dell'art. 5, evidente che se potesse pensarsi alla istituzione di un ente pubblico con personalit propria, la legge del 1946 non avrebbe pi ragione di essere. Altro che null innovato n! La gestione non sarebbe pi dello Stato, lo Stato non potrebbe pi vendere i centri automezzi, lo Stato non dovrebbe pi rispondere delle perdite: della legge del 1946 non sarebbe pi salvo nessun articolo e nessuna disposizione. 0' da aggiungere che poich la gestione ha un enorme passivo potrebbe essere interesse economico dello Stato acettare la tesi dell'ente pubblico e limitare ogni responsabilit. Il titolo infine del decreto del 1948 Regolarizzazione giuridica n d a vedere c'he non si inteso creare un ente distinto dallo Stato, ma regolarizzare giuridicamente una gestiane di fatto posta in essere, come ricorda lo stesso decreto del 1946, dallo Stato, pur senza una disciplina giuridica precisa. E la regolarizzazione si avuta appunto dando alla G~R.A. la struttura di azienda autonoma dello Stato, come attesta l'art. 1 del decreto. Sempre per, e qui la chiave del sistema, come azienda, comunque organizzata, non con personalit giuridica propria, ma dipendente dal Ministero dei Trasporti. E il termine dipendente non pu evidentemente attagliarsi a un ente p1~bblico, n trasformarsi in quello, ben diverso, di vigilanza e controllo. Man mano che la G.R.A. ha assunto una certa maggiore autonomia e sopratutto una regola rizzazione giuridica dal concetto della legge del 1946 e cio dalla gestione da parte del Ministero, con suo servizio interno, si giunti al concetto sostanzial mente equivalente, ma che riconosce una qualche sf~ra di autonomia, suscettibile appunto di dare applicazione all'art. 2093 Codice civile, di dipen denza. . La G.R.A. non cos pi il Ministero che con suoi uff:ci gestisce una attivit economica, ma .. una cc azienda dipendente dal Ministero, cio~ appartenente ad esso e gerarchicamente ad esso sottoposta, senza personalit giuridica, senza patrimonio proprio, senza scopi distinti da quelli dello Stato, con un ordinamento proprio sullo stampo privatistico per quanto attiene ai contratti di lavoro del personale direttamente assunto n. In tal senso, del resto, la dottrina non ha mai negata la appartenenza della G.R.A. allo Stato come azienda autonoma, pur con un ordinamento interno e una struttura particolari e resi necessari dalla attivit economica esplicata (TREVES: Op. cit., 81 e segg. che pone in luce come la G.R.A. rappresenti una delle aziende dello ~tato organizzate ad impresa e quindi con maggiore autonomia). tuttavia evidente che l'attivit economica svolta dalla G.R.A. non quella abituale degli organi dello Stato in senso stretto, ma un attivit nuova imposta dalla pi ampia concezione moderna dello Stato e dalla sua presenza (per ragioni varie tra cui quelle di funzione calmieratrice) nel campo della economia nazfonale. In tal senso, del resto, risultano orientate le principali magistrature di merito che ricnoscono la G.R.A. come facente parte dell'amministrazione dello Stato in senso lato. Anche le sentenze della II Sezione della Cassazione sopra citate appaiono in tal senso: nella prima espressamente riconosciuta alla G.R.A. la qualit di azienda autonoma statale non soggetta, appunto per il suo particolare ordinamento autonomo, delle norme in discussione della legge di contabilit (sentenza n. 377 del 1953 cit.); nella seconda non -si attribuisce alla G.R.A. la personalit giuridica, ma la si profila come gestione di fatto, organizzata privatisticamente e quindi con particolare ed ampia autonomia che importa la non applic~zione della legge sulla contabilit dello Stato. EtJi ovvio aggiunger_e che se la II Sezione vesse condiviso il pnto di vista delle Sezioni Unite non avrebbe motivato sulla autonomia dell'ordinamento per escludere l'applicazione della legge sulla contabilit, ma avrebbe posto in luce che si tratta1)a di persona giuridica pubblica diversa ~r-----: -191 ,........ dallo Stato e quindi del tutto estranea alla legge stessa, che regola, in via diretta, le Amministrazioni dello Stato. Tutto ci ci eonf orta nel ritenere che la sentenza annotata non voglia segnare un indirizzo che contraddirebbe alla legge e alle sue precise disposizioni, ma sola debba considerarsi come la esclusione della G.R.A. degli organi in senso stretto deUo Stato cio dai pubblici uffici statati colla inclusione di essa tra le imprese economiche dello Stato ad ordinamento logicamente autonomo. . In rapporto a tale concetto la G.R.A. andrebbe esclusa dalla Amministrazione dello Stato in senso stretto, pereh non espressione di compiti immanenti ed essenziali dello Stato , ma rientrerebbe nelle Amministrazioni dello Stato in senso lato, cio in quelle Amministrazioni dello Stato, anche se organizzate ad ordinamento autonomo di cui parla il T. U. 30 ottobre 1933, n. 1611, sulla rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato. Si pu anche rilevare che l'espressione dipendente adoperata dalla legge (D.L.L. 1 marzo 1945, n. 82) per il Oonsiglio Nazionale delle Ricerche che, pur. avendo la personalit giuridica per espressa disposizione di legge organo dello Stato per del pari espressa disposizione di legge, appunto pereh dipendente dalla Presidenza del Oonsiglio dei Ministri (art. 1 D.L. eit.). V.S. APPALTI E FORNITURE Eccessiva onerosit Risoluzione Non applicabilit ai contratti di fornitura con la Pubblica Amministrazione. (Corte di Cass., Sez. Un., Sent. n. 2146/53 -Pres.: Galizia; Est.: Vistoso; P. M.: Eula (conf.) -Schiavi c. Amministrazione della Difesa Esercito). Poich il R.D.L. 13 giugno 1940, n. 901, prevede per i contratti di pubbliche forniture la revisione dei prezzi, non pu farsi ricorso, per tali contratti, alla risoluzione per eccessiva onerosit accordata dall'art. 1467 Codice civile e ci anche quando, trattandosi di contratti stipulati posteriormente alla data di entrata in vigore del predetto decreto, la facolt d operare la 'revisione dei prezzi sia preclusa dalla mancata inserzione nel contratto della relativa clausola. La decisione nelle controversie relative alla revisione dei prezzi spetta al Ministro competente, quale organo di giurisdizione speciale. Nel chiudere la nota alla sentenza della Suprema Corte, Sez. I, n; 2116/52 (vei cc Rassegna 1953, 96 e segg.) fu espressa l'opinione che tale decisione non potesse aver detto una parola decisiva nella questione. Ed infatti la sentenza sopra massimata ha deciso la fttispeeie in senso opposto, ritornando cos alla pos~zione tradizionale; la qual cosa viene segnalata con viva sodisfazione. In sintesi la deeisine massimata opina che per quanto in principio ella invariabilit dei prezzi nei pubblici appalti e forniture non sia pi in vigore in senso assoluto, essendo stato sostituito da quello ormai legislativamente consoliato della possibilit di revisione dei prezzi, tuttavia solo se ed in quanto questo ultimo sia applicabile, e sia applicato dall'organo competente pu eonseguini, e solo per tale via, la reductio ad aequitatem di un contratto i pitbblieo appalto o fornitura, mentre se per qualunque ragione la revisione non sia ammissibile, neppure ammissibile la modifica dei patti contrattuali o la risoluzione del contratto per eccessiva onerosit ai sensi dell' articolo 1467 Codice civile. CASSAZIONE Ricorso ex art. 111 della Costituzione Giudici speciali. (Corte di Cass., ~ez. I, Sent. n. 825/53 -Pres. ed Est.: Chieppa -Galimberti c. Ministero Finanze). ' Il ricorso per cassazione avverso la sentenza dei giudici speciali ammissibile anche nell'ipotesi dell'art. 360 n. 5 c. p. c. Si era in tema di profitti di regime e l'impugnativa ex art. 111 della Oostituzione, avverso una decisione della Commissione centrale delle Imposte dirette, era per insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia (art. 360, n. 5). L'Avvocatura ritenne di eccepire preliminarmente l'inammissibilit del ricorso, considerando che l'articolo 111 della Costituzione contempla la sola cc violazione di legge e che tale non possa considerarsi l'ipotesi dell'art. 360 n. 5 Pr. Civ. Il Supremo Collegio stato di contrario avviso, brevemente motivando con osservare che << l'art. 111 della costituzione sancisce l'impugnativa per > nella sentenza di cui ci occupiamo, il rilevare, come la sentenza rileva, che quelle parole si riferiscono anche alla <>. Giacch tale obbligo nel sistema della legge previsto solo dal punto di vista formale, in guisa da f aisi luogo ad un error procedendi ove la motivazione faccia completamente difetto. Ma non di questo si tratta nel n. 5 dell'art. 360, in relazione al quale pare pertanto che quello che manca sia appunto il precetto legislativo di cui esso costituirebbe la violazione. Ed invero, se quel precetto vi fosse, esso sarebbe compreso nel n. 3 (violazione ... delle norme di diritto), ed il n. 5 diverrebbe superfiuo. Non superfiuo, in quanto costituisce un'estensione della funzione del Supremo Collegio oltre i limiti istituzionali della pura legittimit, estensione ispirata da esigenze di giustizia sostanziale e che doveva necessariamente essere espressa. Mancando nell'art. 111 della Costituzione questa espressa estensione, non era ingiustificato il dubbio che la locuzione << violazione di legge fosse da intendersi nel suo senso strettamente rigoroso. G. 0.ALENDA CONTABILIT GENERALE DELLO STATO -Contratti della Pubblica AmministraziOne LicitaziOne privata per fornitura di vino all'Amministrazione della Marina Mancanza di aggiudicazione al mi glior offerente Risarcimento danni Difetto di giurisdizione del Magistrato ordinario. (Corte di Cass., Sez. Un., Sent. n. 1930/53 -Pi'es.: Anichini; Rel.: Sagna; P. M.: De Martini -Cafeo c. Ministero Difesa Esercito). Se in una licitazione privata invece di aggiudicare la fornitura al migliore offerente, sia stato preferito, . nonostante il disposto dell'art. 89 del Regolamento di Oontabilit generale dello Stato, un concorrente che aveva fatto un'offerta meno vantaggiosa, la relativa domanda di risarcimento di danni esula dalla giurisdizione ordinaria: perch anche in tal caso, essendo mancata l'aggiudicazione, e quindi a fortiori l'approvazione del relativo atto, il contraente non titolare nei confronti dell'Amministrazione di un diritto soggettivo, ma l'incorsa violazione lede soltanto un suo interesse legittimo, come quello che attiene alla regolarit della procedura di licitazione; interesse tutelabile davanti il Oonsiglio di Stato. Il caso era particolarmente delicato, data la natura delle irregolarit che avevano accompagnato il procedimento di licitazione. Infatti era avvenuto questo: che si era chiuso il verbale senza far luogo all' aggiudicazione in confronto del concorrente che aveva fatto l'offerta pi vantaggiosa, e senza dar giustificazione del non esserglisi aggiudicata la fornitura; successivamente, poi, si era eomunicato al detto concorrente che, essendo risultato che egli non fosse attualm6nt6 in possesso d6l vino cui si era riferita la gara, la fornitura era stata data a un altro dei partecipanti. Si ci trovava dunque di fronte ad un vero caso limite. Da una parte si versava in una Situazione nella quale, non essendovi stata aggiudicazione, non c'era neppure contratto, e quindi non ci poteva essere stata l'approvazione del meesimo, richiesta a norma degli art. 19 della Legge e 113 del Regolamento di contabilit. Si presentava perci applicabile il noto insegnamento della dottrina e della giurisprudenza (l), il quale dal difetto di approvazione del contratto deriva l'inesistenza di diritti subiettivi a favore del contraente, il quale in tal caso pu esser titolare solo di interessi legittimi concernenti la regolarit' del procedimento destinato a dar vita al contratto. Tuttavia stava il fatto che la violazione concerneva qui non un qualsiasi momento anteriore alla perf ezione del contratto, non atteneva ad una fase che in modo vero e proprio potesse dirsi preparatoria, bens consisteva addirittura nel non essersi proceduto a quell'aggiudicazione alla quale in forza dell'art. 89 del Regolamento di contabilit si sarebbe dovuto procedere in favore del migliore offerente. Insomma, poich l'aggiudicazione tien luogo del contratto perfetto (a parte il requisito dell'efficacia conferito dall'approvazione), non era qui esclusa la possibilit di argomentare che il contratto fosse mancato per colpa dell'Amministrazione e che perci quella giurisprudenza non fosse .applicabile al caso, in quanto essa presuppone il diniego di approvazione, mentre la poss~bilit stessa della approvazione mancava, una volta che per fatto dell'Amministrazione era mancato il contratto. Senoneh la sentenza di cui ci occupiamo, perspicuamente superando le 'eccezioni della controparte, si attenuta all'orientamento precedente. Riportiamo la parte essenziale della motivazione: Per radicare la competenza del giudice ordinario in materia anche agli effetti del risarcimento dei danni occorre che il privato che agisce in giudizio vanti un diritto subiettivo perfetto che pu sorgere soltanto dal perfezionamento del contratto a suo favore. Solamente quando un contratto sia efficace ed esecutorio le questioni che ne dipendono appartengono alla competenza dell'autorit giudiziaria ordinaria, perch il contraente privato si presenta in giudizio come titolare di un diritto perfetto azionabile e tutelabile innanzi al giudice ordinario. Per converso tutte le questioni che attengono alla formazione del contratto e all'osservanza delle norme stabilite per il relativo procedimento, ancorch le stesse siano tassative per l'Amministrazione, sfuggono alla competenza giudiziaria ordinaria perch il singolo non ha acquistato diritto al contratto giacch questo non .esiste. Se quindi un vizio sia rilevabile nel procedimento di formazione di un contratto, ancorch questo vizio abbia impedito illegittimamente la perfezione del contratto a favore di un privato, questi non pu far valere che un interesse legittimo all'osservanza di quella norma o di quel complesso di norme che assuma violato. l'interesse che gli ( 1 \ INGROSSO: Istituzione diritto finanziario, vol. I, p. 224; RANELLETTI: Guarentigie, p. 419; Sez. Un., 20 luglio 1941, Foro Amm. ))' 1941, II, 93. -193 deriva dal fatto di avere adito l'asta o la licitazione privata che lo autorizza a dedurre le violazioni delle norme per il regolare svolgimento dell'attivit amministrativa in materia contrattuale nella sede della giurisdizione amministrativa data per la tutela degli interessi legittimi. cc N vale a mutare la sua situazione l'assunto ohe egli come migliore offerente avesse diritto alla aggiudicazione accordata ad altri; egli si presenta sempre come un terzo rimasto soccombente che impugna la regolarit del procedimento, e come tale non gli compete il diritto civile perfetto che pu derivare soltanto da un contratto valido ed efficace e che non spetta. ad un aspirante al contratto la cui aspettativa sia stata delusa a vantaggio di altro offerente dichiarato _deliberatario . G. OALENDA IMPOSTE E TASSE (Imposta di manomorta) Aziende Municipalizzate -Assoggettabilit. (Corte di Cass., Sez. Un., Sent. n. 1911/c3 -Pres.: Galizia; Est.: Tavolaro; P. M.: Eula -Comune Brescia c. Finanze). Il patrimonio delle aziende municipalizzate soggetto alla imposta di manomorta come patrimonio autonomo e quindi disgiunto dalla tassazione degli altri beni di propriet del Comune. Riportiamo, anzitutto, testualmente la motivazione della sentenza relativa alla massima sopra trascritta : Coi tre mezzi del ricorso pr:i,ncipale, nel denunciare la violazione degli articoli 1, 5 n. 1, 7 lett. e, 9, 13, 14 e 15 della legge tributaria sulla manomorta 30 dicembre 1923, n. 3271; 2082 Codice civile, sostiene il Comune di Brescia: l che, non potendosi. il patrimonio assegnato alla Azienda municipalizzata ritenere indefettibile e dovendosi tale Azienda ritenere equiparata alle comuni aziende industriali, ossia alle vere e proprie imprese di carattere temporaneo il cui scopo di utilit generale si configurerebbe nel maggior raggiungimento possibile di utili industriali per erogarli poi per i bisogni pubblici del Comune, la Corte di merito avrebbe dovuto dichiarare l'Azienda medesima esente dal tributo di manomorta, ai sensi del su citato art. 5, n. 1, non potendosi essa considerare stabilimento, associazione o corpo morale di manomorta ; 2 che, pur volendosi considerare le aziende municipalizzate semplici oggettive universalit patrimoniali facenti capo al comune JJ, l'esenzione dal tributo di manomorta deriverebbe pur sempre dal disposto del su citato art. 7, lett. e, legge tributaria, la quale stabilisce non essere soggette alla tassa (rectius: imposta) le rendite presuntive delle case o porzion di case, compresi i mobili di arredamento, che servono ad uso delle Amministrazioni provinciali e comunali pei loro uffici e per gli stabilimenti dipendenti da tali Amministrazioni e destinati a pubblico beneficio JJ, avendo l'espressione pubblico beneficio JJ il significato di interesse pubblico JJ ed essendo irrilevante che il bisogno pubblico, soddisfatto dalla Pubblica Amministrazione con l'assunzione clirPtta del pubblico ser\'izio, sia soddisfatto gra. tuitamente o dietro compenso; 3 che, considerato soggetto passivo dell'imposta il Comune, quale proprietario dei beni destinati all'Azienda municipalizzata, la .. Cortn avrebbe dovuto avvertire che, trattandosi di una imposta globale, che colpisce cio il patrimonio nel suo ins:i.eme, indipendentemente della destinazione o della rendita effettiva dei singoli beni, la tassazione della rendita prodotta dai beni destinati all'Azienda municipalizzata non lOteva andare disgiunta dalla tassazione di tutti gli altri beni di propriet del Comune: e pertanto, poich le annualit passive s:uperavano di molto la somma delle rendite di tutti i beni di propriet del Comune, la Corte medesima avrebbe dovuto constatare che in base ad un unico accertamento globale veniva a mancare l'imponibile, e conseguentemente nessuna imposta era dovuta. Le tre censure sono prive di giuridico fondamento.. Anzitutto le Aziende comunali di pubblici servizi, non avendo una propria personalit giuridica, ma dovendosi considerare uffici speciali e autonomi dell'ente autarchico dal quale derivano (come questa Corte Suprema ha gi avuto occasione di affermare con sentenza n. 381 del 15 maggio 1944, Foro It. , 1944-1946; I, 172), partecipano per ci stesso della vita e della indefettibilit del Comune, del quale esercitano una particolare funzione mediante una gestione tecnica ed amministrativa separata dall'amministrazione ordinaria. Esse, pertanto, se possono come le private imprese compiere atti obiettivi di commercio per la gestione dei particolari servizi elencati nella legge 15 ottobre 1925, n. 2578, non possono, in vista della natura dell'ente, nella cui vita si inseriscono, assumere la qualit di commercianti. Non possono quindi confondersi con le soci.et commerciali e industriali di carattere privato e aventi una struttura di carattere associativo, di cui si occupa l'art. 5, n. 1 legge tributaria sulla manomorta, nel disporre l'esenzione soggettiva da detta imposta per ovvie ragioni di carattere tributarfo, essendo .i loro beni facilmente oggetto di trasferimento, e quindi soggetti a quelle imposte in sostituzione delle quali, per gli enti indefettibili, si voluto dal legtislatore creare la imposta di manomorta, la quale, pur essendo commisurata alla rendita, colpisce propriamente il patrimonio. Vanno considemte invece quali aziende autonome facenti parte cli uno degli enti di manomorta soggetti al pagamento dell'imposta in controversia e come tali a detta imposta esse stesse soggette. Inoltre la rendita del loro patrimonio, inteso questo quale compendio dei beni che il Comune ha permanentemente destinato e vincolato in dotazione delle aziende medesime per l'espl!tamento d~ quei determinati pubblici servizi faco-Itativi, non si pu ritenere esentata dal tributo di ma-nomorta, in virt dell'art. 7, lett. e), della su citata legge. Detto articolo, invero, nel disciplinare i casi di esenzione oggettiva, dispone che non sono soggette alla imposta le rendi.te presuntive > non pu identj:ficarsi col termine << pubblica beneficenza ll, di cui peraltro si occupa lo stesso art. 7 nelle lettere a e d, non pu revocarsi in dubbio che esso non pu avere nemmeno l'ampio e generico significato di << interesse pubblico ll, che connesso con l'uso di tutti i beni in genere che appartengono agli enti predetti. Altrimenti il legislatore avrebbe pi opportunamente adoperato una formula di esenzione di carattere generale; non sarebbe disceso ad una dettagliata specificazione dei casi di esenzione oggettiva, proprio in relazione a case, porzioni di case e mobili di arredamento >>. La stessa legge, del resto, parlando nell'articolo 11 degli, opifici, ai fini del calcolo del reddito presunto, non usa la locuzione << mobili di arredamento, ma parla di <>. Onde appare pi accettabile la opinione che il termine pubbHco beneficio >> nel suo significato tecnico-giuridico vada inteso come godimento da parte dei cittadini tutti, senza la necessit che entrino in essi quei particolari rapprti con l'ente ai qua1i insita l'idea di un corrispettivo (da parte dei privatj) alla prestazione (da parte dell'ente), come avviene .sempre che ;i cittadini usufruiscano dei servizi pubbUci municipalizzati. << Infine dall'autonomia patrimoniale dell'azienda, la quale ha una individualit ammi,nistrativa e finanziaria propria con rappresentanza pro- pria, essendo fornita di organi propri, di un proprio bilancio e della capacit di compiere tutti i negozi che sono necessari al raggiungimento dei suoi fini, e di stare in giudizio per le azioni, che ne conseguono, deriva che, ai fini dell'imposta di manomorta, la rendita reale o presunta dei beni mobili ed immobUi costituenti la dotazione della azienda medesima (aventi quindi una specifica, bene determinata e duratura destinazione, diversa da quella dei beni patrimoniali rimasti in amministrazione al Comune) e le detrazioni delle passivit agli effetti della determinazione del reddito imponibile (art. 15 citata legge) devono essere calcolate indipendentemente dalle rendite e dalle detrazioni calcolabili sulla sostanza patrimoniale del Comune per la stm amministrazione generale e ordinaria. A tale fine non consentita una confusione fra i due bilanci >>. TASSABILIT DEL PATRil\IONIO DELLE AZIENDE l\IUNICIPALIZZATFJ Abb'iamo 1:oluto riportare la pregevole sentenza delle << Sezioni Unite >> p&rch essa-costituisce una rilevnnte affermnzione della tassabilit autonoma del patrimonio delle aziende municipalizzate >>. Per qiianto attiene, in particolare, alla imposta di manomorta >> vanno, per altr.o, notati la sua natura e i suoi caratteri. Invero -come ebbe esattamente a rilevare lo Stella Richter in un sito scritto sulla imposta di manomorta su titoli del debito pubblico (1) -essa, da un lato, assimila, bile alle imposte dirette >> in quanto colpisco il reddito effettivo o presunto del patrimonio delle persone giuridiche; dal.l'altro iato, ilnvece, si accosta alle imposte indirette sui trasferi'menti >>, sia perch storicamente e fina,nziariamente un sostitutivo di esse e soprattutto di quella suUe successioni.; sia perch ha, un ordinamento analogo per l'accertamento, la riscossione e la ris,0l1izione delle controversie. In dottrina si ebbe qualche dissenso nel classificare il tributo nell'una o nell'altra categoria. Tuttavia la teorica prevalente (seguita, anche dalla Cassazione) nel senso che si tratti di una imposta diretta >>, giacch intesa a colpire una mnnifestazione di capacit contributiva: cio il reddito come manifestazione (anche astratta) di determinate ricchezze o beni. Ne consegue che la rendita -effettit'a '.O presunta a cui va ragguagliata la imposta -vada considerata non come oggetto della imp:osta medesima, ma, come base irnponibile. Il che risponde alle finaliJt di tale tributo, iil qitale vuole e1:itare una << immunit trib.utaria. >> -ossia una posi.done di privilegio degli enti rnorali << indefettibili n ~ dalle imposte sni trasferimenti. La imposta avrebbe dovuto essere stabilita periodfoamente sui valori capi'!tali, senonch., per evitare che gli enti, fossero costretti a impiegare in alcuni anni tutti i loro redditi per la sodd.isfazione del tributo e in considerazione della stabilit e costanza dei redditi stessi, stato stabilito ohe esso sia determinato annualmmite con riferimento alle rendite reali e presunte. Si tratta, dunqtte, di una imposta sul patrimonio, a g1:ustificare la quale occorre la esistenza di una entit giiiridica patrimoniale, mobiliare o immobiliare, autonoma e indefettibile >>. Al qtial riguardo da rilevare come il carattere d'indefettibilit dell'ente debba intendersi nel senso di una perpetuit, non soltanto assoluta, ma anche relativa, tale cio che la esistenza di esso sia determinata rispetto al tempo n (2), E, nppunto peroi, la Cassazione ebbe ripetutamente a dichiarare soggetti a imposta di manomorta, fra gli altri, i consorzi d'irrigazione aventi una concessione >> della durata di trenta anni (facilmente rinnovabile);seopo duraturo e patrimonio autonomo. -- Ci posto, evidente come agli effetti della imponibiJUt del tributo de quo, sPa sufficiente (1) "Giur. Compl. Cass. Civ., 1948, II, 43. (2) Cass. di Roma, 19 maggio 1909 ("Foro It. , 1909, 885). -195 accertare se sussista o rneno una entit giuridica patrimoniale (mobiliare o immobiliare) dato che non ha importariza stabilire se l,ente (titolare di tale entit patrimoniale) abbia o meno personalit giuridiaa (1). Non varrebbe opporre che le aziende per i servizi municipalizzati non, sono pers:one giuridiche riconosciute, in quanto -pur costituendo veri e propri enti che la legge disciplinatrice, (T. U. 15 ottobre 1925, n. 1578) considera come aventi itn proprio fine, una propr1..ia capaciJt di compiere all'uopo negozi giuridici e di stare in giudizfo, e pur formando aziende speciali distinte d.all' Amministra:>, che alla base di ogni singola 'imposta. Il concetto fiscale, che alla base della imposta di manomorta, il seguente: Le finanze dello Stato sono alimentate dalle imposizioni molteplici e varie, che colpiscono la circolazione della ricchezza e ogni trapasso di ricchezza, comunque e con qualsiasi mezzo. Mentre i beni, che appartengono alle persone fisiche, trapassano con facilit, sia per atto tra vivi che per successioni mortis causa, i beni dei corpi morali restano immobilizzati (e, perci, come morti) nelle mani. di un ente; non trapassano mai a ter per s1wcessidni mortis causa; e trapas'Bano solo raramente per afti tra vivi. Spesso, anzi, si tratta di beni che, per loro natura o per gli scopi ai qita'li sono destinati, sono de facto o anche de iure (cio per ragioni giuridiche ed economiche) fuori commercfo. Essi devono perci pagare una imposta speciale; commisurata n:on al loro capitale" (come per la imposta di successione), ma al loro reddito complessfoo (immoiUare o mobiliare), reale o presunto. Ora i beni delle societ commerciali e inaustriali, pur non appartenendo a persone fisiche, sono -com' ben noto -facilmente oggetto di trasferimento: trapassano facilmente da una persona a un'altra, scontando le relative imposizioni. Ci giustifica e d ragione della loro esenzione dalla imposta di manomorta: esenzione che, al contrario, non avrebbe ovviamente giustificazione di sorta nei riguar.i deiJ beni di una azienda municipalizzata, ancorch esplicante attivit commerciale o industriale. N ad escludere l'obbligo della imposta di manomorta potrebbe, d'altronde, valere l'eventuale richiamo all'art. 7, lett. c, della legge, secondo cui non sono soggette alla imposta le rendite presirntive delle case o porzioni di case, compresi i mobili di arredamento, che servono a uso delle amministrazioni provinciali e comunali per i loro itffici e per i loro stabilimenti, dipendenti da tali amministrazioni e destinati a pubblico beneficio. Invero, corne si evince dalla legge, malgrado la sua. non del tutto felice dizione, la esenzione ll di che trattasi, << di carattere oggettivo , riguarda ttnicamente le renite pres1mtive delle case che servono per 1iso della sede e degli uffici delle amministrazioni comunali e provinciali e degli stab~limenfJi destinati a pnbliao be'nefidio ll .: riguarda, quindi, esclttsivamente le rendite degli immobili in cui hanno sede detti 'affidi .e stabilimenti, e non p1~ estendersi al complesso dell,e attivit di ttn'azienda municipalizzata, esercente un servizio industriale ''. 'A presoiniLere da ci appare ovvio cihe per stabilimento destinato a pubblico beneficio debba intendersi qitello che abbia come fine essenzia,le. 8e non pme ia pnbblica beneficenza (come, ad -196 esempio, potrebbe riscontrarsi nel caso di un immobile aiooettata dalla legge, e che, di conseguenza, il concetto di pubblico beneficio non sia incompatibile con quello di pubblico servizio. Ma altres ovvio che debba sempre trattarsi di un pubblico servizio reso grat1.litamente, e non verso corresponsione di un corrispettivo, che spesso persin;o P!ari a quello richiesto per i servizi analoghi dalle imprese. private. Il che stato esattamente inteso ed affermato dalle Sezioni Unite della Cassazione con la citata. sentenza n. 1911/1953. ACHILLE SA:LERNI REQUISIZIONE Requisizioni disposte anteriormente all'B settembre 1943 relativamente alle zone succes sivamente occupate dai tedeschi. (Corte di Cass, Sez, Un., Sent. n. 381/53 -Pres.: Anichini; Est.: Moscati; P. M.: Pafundi -Soc. Imp. Manfredi c. Ministero Difesa -Esercito). Tutte le requisizioni disposte anteriormente all'8 settembre 1943 devono ritenersi cessate, di fatto e di diritto, in tale data per le zone in cui venne legittimamente meno la presenza ed il funzionamento dell'Autorit che ebbe a disporre Ja requisizione. In conseguenza di ci, il soggetto passivo della requisizione -al quale sia stata affidata la custodia della cosa requisita -viene liberato da ogni obbligo derivante dalla custodia stessa; d'altra parte, l'Amministrazione viene esonerata dall'obbligo della. derequisizione. La vertenza decisa con questa sentenza ha riportato all'esame delle Sezioni Unite una questione che pu ormai considerarsi risolta in modo definitivo perch su di essa si formata una giurisprudenza consolidata sia del Comitato giurisdizionale per le controversie in materia di requisizione, sia per la Suprema Oorte. Oggtto della questione era l'esame delle conseguenze dell'armistizio ed eventi successivi sulle requisizioni in uso isposte dalle autorit militari, agli effetti di stabilire su chi dovesse gravare la perdita delle cose requisite derivata dai detti eventi. Il Comitato giurisdizionale ha ritenuto con giurisprudenza costante che l' armistizio abbia risolto di iritto le requisizioni isposte alle forze armate, perch lo seioglimento improvviso egli uffiei o ei cmarzi o reparti militari, ovuto a fatti che debbono considerarsi eventi di forza maggiore, ha fatto eessare la detenzione e l'uso delle eose requisite, di cui, nella maggior parte dei oasi, specie nell~ requisizioni di immobili i proprietari riaequistarono automaticamente la libera isponibilit. Ed ha fatto venir meno le obbligazioni di custodire e di requisire per impossibilit assoluta di eseeuzione (art. 1256 O.e.). , Esclusa la colpa dell'autorit requisente ed esclu&a la inadempienza ad obbligazioni derivanti dalla requisizione, fu naturalmente ritenuto che la perdita dm ivata da eventi di f 01 za maggiore non pu che gravarP sul proprietario della cosa e quando la perdita sia dovuta a eventi bellici costituisce danno di guerra. La questione fu portata all'esame della Suprema Oorte per la prima volta in una eausa Oasaluee c. Amministrazione Militare e la sentenza delle Sezioni Unite che ha respinto il ricorso confermando la sentenza del Comitato giurisdizionale informata ai criteri su esposti ha fatto testo, cosiceh non risultano ricorsi successivi. La causa Manfredi ha riproposta la questione in base ad alcuni particolari di specie che per sono risultati non rilevanti cosicch la Corte Suprema ha confermata la propria giurisprudenza. Notevolissime sono state le conseguenze di questa gjurisprudenza perch numerose erano le requisizioni in uso disposte dalle forze armate nel territorio dello Stato risolte dagli eventi dell'8 settembre el 1943 ed inoltre i principi affermati dal Comitato giurisdizionalo e dalla Suprema Oorte sono stati seguiti dal commissario liquiatore dei contratti di guerra al quale per quanto riguarda i territori di occupazione fuori dei confini dello Stato e per il territorio libico compete la liquidazione non solo dei contratti ma anche delle requisizioni. L'art. 4 del decreto 25 marzo 1948, n. 674, che istitu detto Commissariato stabilisce che rientrano nella sua competenza gli cc atti i autorit ma cc restano ferme le norme sulle requisizioni per le quali la liquidazione del rapporto di requisizione spetta all'autorit requisente e le eventuali controversie sono deferite al Comitato giurisizionale. La norma ispirata al rispetto elle eompetenze giurisdizionali in quanto i provvedimenti del Commissario sono impugnabili dinanzi al Consiglio di Stato per difetto i legittimit e dinanzi al giudice ordinario per lesioni di diritti, cos che se gli fosse stata affidata la liquidazione delle requisizioni le eventuali controversie sarebbero state sottratte al loro giudice naturale. Ma, per requisizioni attuate nei territori oecupati cui il R.D. 18 agosto 1940, n. 1741, sulle requisizioni non fu esteso e per il territorio libico nel quale le requisizioni erano regolate da un decreto governatoriale, non sussiste la competenza del Comitato giurisdizionale e le relative controversie sui diritti sono devolute al giudice ordinario. Le requisizioni attuate su questi ..territori sono perci liquidate dal Commissariato quali cc atti -di . autorit poich per l'art. 18 del succitato decreto 25 marzo 1948, n. 674, nessuna azione pu esser proposta per obbligazioni dell' A1nministrazione relative ad atti disposti per la preparazione e condotta della guerra senza previo esame e provvedimento del commissario liquiatore. ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI DELLE CORTI DI MERITO AGRICOLTURA -Agricoltori benemeriti Decreto luogotenenziale 14 aprile 1945, n. 250 ed art. 3 della legge 29 ottobre 1949, n. 906 -Recupero contributi. (Corte d'Appello di Roma, Sez. I, Sent. 18 maggio-5 settembre 1953 -Pres.: Manca; Est.: Laporta -Soc. An. Agricoltori Ravennati c. Ministero Agricoltura e Foreste). Il decreto legislativo luogotenenziale 14 aprile 1945, n. 250, col quale fu disposto jl recupero dei contributi che erano stati concessi a taluni agricoltori in applicazione del R.D.L. 15 maggio 1931, n. 632, non stato abrogato per incompatibilit dalla nuova Costituzione (1). L'art. 3 della legge 29 ottobre 1949, n. 906, che ha modificato le forme di riscossione stabilite dal citato decreto legislativo luogotenenziale n. 250, non in contrasto con alcuna norma costituzionale (2). Il recupero di detti contributi non equivale ad imposizione di un tributo. Pertanto, 1'Amministrazione, agendo per il recupero di tali contributi, non tenuta a compiere un contradditorio con l'interessato. Gli interessi sui contributi recuperati decorrono dalla data di entrata in vigore del D.L.L. 14 aprile 1945, n. 250. Trascriviamo il testo della sentenza: ... il Tribunale ha errato nell'affermare che le norme del D. L. 14 aprile 1945 sarebbero state implicitamente abrogte, perch incompatibili con gli articoli 3, 23, 42 e 53 della Costituzione e nell'affermare altres che l'art. 3 della legge 29 ottobre 1949, n. 906, sarebbe costituzionalmente illegittimo. In proposito anzitutto opportuno definire la natura del contributo che, a norma della legge 15 marzo 1931, n. 632, lo Stato poteva corrispondere ad agricoltori ed associazioni in riconoscimento di speciali necessit e di ecezionali titoli di benemerenza da essi acquisiti nel razionale esercizio e progresso della agricoltura. L'art. 4 del su citato decreto, lungi dallo stabilire il preciso contenuto dei provvedimenti con esso autorizzati e di imporre alla autorit pubblica il dovere di emanarli, riconosceva esplicitamente al Ministero dell'Agricoltura la pi ampia facolt di concedere un contributo concretantesi nel pagamento degli interessi relativi ad operazioni di credito contratte e da contrarsi nell'interesse dell'agricoltura, subordinando genericamen te tale facolt al riconoscimento che i beneficiari si fossero resi particolarmei;ite benemeriti. Attribuiva., in sostanza, detta norma. al Ministero stesso un potere discrezionale, sia nella scelta delle persone, sia nella valutazione delle benemerenze che rendessero le stesse meritevoli di conseguire quel determinato beneficio. L'atto di concessione della concessione trovava poi la sua causa nel pubblico interesse e cio nella esigenza di favorire l'incremento dell'agricoltura, non potendo altrimenti giustificarsi la concessione di particolari profitti a carico dello Stato. In riferimento a tale causa, pur dovendosi ammettere che il provvedimento di concessione, una volta raggiunto lo scopo, facesse sorgere un vero e proprio diritto soggettivo a favore del singolo beneficiario, deve tuttavia ricoIJ.oscersi che la mancata corrispondenza dell'atto all'interesse pubblico, costituendo un vizio origip_ario consistente nella mancanza o nella illiceit della causa, avrebbe potuto dar luogo all'annullamento della concessione con efficacia retroattiva, salvi gli effetti irrimediabilmente consunti. E considerata appunto la necessit di reprimere i cos detti mutui :fittizi , praticati con una certa frequenza ad agricoltori non bisognosi, che avevano agito al solo :fine egoistico di conseguire dallo Stato un contributo che legittimamente non avrebbero potuto ottenere, il decreto numero 250 del 1945 intese disporre il riesame delle condizioni legittimatrici di tutte le antecedenti concessioni, attribuendo all'Amministrazione una ampia facolt di revoca, da esercitarsi caso per caso con larga discrezionalit, che dispensava tra l'altro anche dalla necessit della motivazione del provvedimento. Ci ha avvertito la Cooperativa fra i coloni ravennati, la quale per poter rimuovere l'efficacia del su citato decreto legislativo del 1945 ne ha eccepito la illegittimit costituzionale. Ma siffatta eccezione infondata. (( Va anzitutto rilevato elle col R.D.L. 23 giugno 1944, n. 151, fu attribuito al Governo il pot~ re di emanare in qualsiasi materia, salvo quella _ attinente alle forme istituzionali dello Stato, provvedimenti aventi forza di legge, :fino a che non fosse entrato in funzione il nuovo Parlamento (art. 4), istituendosi cos un ordinamento costitui zionale provvisorio che sostitu lo Statuto alber I tino. I .-J -198 <( ln virt di tale potere e nei limiti di cui sopra fu manato appunto il r. d. n. 250 del 1945, e quindi non si pu dubitare della sua legittimit come in casi analoghi la Corte Suprema ha avuto pi volte occasione di affermare, e come del resto la stessa Cooperativa implicitamente ammette, non contestando che esso debba considerarsi perfettamente valido, in rapporto all'epoca della sua entrata in vigore. <( Ci non toglie per che possa discutersi se tale decreto legislativo conservi ancora la sua efficacia: se cio esso, pur essendo stato legittimamente emesso si trovi ora in eventuale contrasto con le prevalenti nuove norme costituzionali. Difatti la Costituzione della Repubblica, nell'ammettere espressamente il sindacato di legittimit costituzionale per le leggi e gli atti aventi forza di legge (art. 134), non distingue tra quelli successivi e quelli anteriori alla sua promulgazione, onde anche questi vi sono evidentemente soggetti, con la conseguenza che debbono ritenersi abrogati se contraddicono con le sue disposizioni. (( Per l'esercizio di tale controllo, la Costituzione lrn creato un apposito organo, la Corte costituzionale, disponendo pealtro (n. VII delle disposizioni transitorie) che, fino a quando essa 110n sar entrata in funzione, la decisione delle controversie relative deve avere luogo nelle forme e nei limiti delle norme presistenti . Ci significa, secondo la comune opinione della dottrina e della pi autorevole giurisprudenza, che nel periodo transitorio il sindacato di legittimit costituzionale delle leggi deve essere esercitato dal giudice investito della cognizione della controversia in cui il provvedimento legislativo deve avere applicazione; significa altres che il giudice di merito esercita il controllo di costituzionalit nella sua pienezza, cos come previsto dalla nuova Costituzione, ma inC'identer tantum, nel senso che la sua statuizione non pu spiegare efficacia al di fuori delle controversie sottoposte al suo esame. Ora non dubbio che la Corte costituzionale noil ancora entrata in funzione ne prevedibile quando ci potr avvenire; sicch perdurando la (.oudizione di cui alla citata disposizione tran sitoria n. VII, precisamente questa Corte tenuta a procedere al controllo in parola. (< Destituita di fondamento deve, pertanto, con siderarsi l'istanza della Cooperativa che jl giudizio venga sospeso, per rimettere alla Corte costituzionale la decisione sulla legittimit del precisato decreto e di quello n. 906 del 1949 in relazione al quale ultimo del resto la questione non ha alcuna i.mportanza, essendosi con esso il legislatore limitato ad una semplice modifica della procedura di riscossione, senza innovare sostanzialmente le norme del decreto del 1945, che pongono il potere clell'Amministrazione di procedere al recupero dei contributi. Ci premesso, la Corte osserva che l'eccezione cli incostituzionalit dev'essere respinta per una duplice ragione. Anzitutto, gli invocati articoli della Costitu zione, donde discenderebbe la revoca dei suindicati provvedimenti per effetto cli incompatibilit (pre cisamente gli art. 3 sulla uguaglianza dei citta dini davanti alla legge, 23 sulla impossibilit di imporre prestazioni personali se non in base alle leggi, 42 sulle garanzie della propriet privata, 53 sul concorso dei cittadini nelle spese pubbliche in ragione della capacit contribtiva d ciascuno), enunciano norme precettive ad efficacia differita, come pu desumersi dal richiamo che esse fanno alla legge, evidentemente da emanarsi. <( E ci per alcuni di essi (esempio art. 3), stato espressamente dichiarato dalla Suprema Corte (sentenza n. 127 del 1953) sicch l'eventuale contrasto di una legge precedente non configurabile direttamente con le ricordate norme costituzionali, ma con relative leggi esecutive. Del resto, se anche tali articoli avessero contenuto di norme precettive ad efficacia immediata, nemmeno sussisterebbe la dedotta incompatibilit e non potrebbe quindi parlarsi di revoca implicita, come ha erroneamente ritenuto il Tribunale. Il recupero di contributi gi elargiti nel presupposto di un accertamento assoluto insindacabile che siano stati a suo tempo indebitamente concessi, non contraddice ai su indicati principi. (( Infatti non contrasta col principio dell'uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, ma al contrario, ne fa pi vigorosa applicazione, restituendo in sostanza il concessionario sullo stesso uiano di chi, trovandosi a suo tempo nelle medesi! ne condizioni, non pot ottenere il concorso da parte dello Stato. Non impone una abusiva prestazione personale o patrimoniale, giacch mira soltanto alla ripetizione di un indebito. (( Non pone alcun limite all'esercizio del dfritto di propriet, ma rivendica ci che si ottenne senza causa. Non contraddice, infine, al principio della perequazione dei tributi, non avendo il recupero di contributi natura cli tributo. <( In ordine alle altre richieste subordinate fatte in primo grado dalla Cooperativa, dai primi giudici non esaminate perch assorbite dalla emanata decisione ma esplicitamente riprodotte in questo grado con l'appello incidentale condizionato, la Corte osserva quanto segue: <( Non pu fondatamente sostenersi la illegittimit del ruolo >> per mancata preventiva intimazione individuale. Si gi rilevato che il recupero delle sovvenzioni indebitamente concesse ad agricoltori non equivale all'imposizione di un tributo o alla espropriazione di un bene, ma costituisce revoca di concessione. Da ci deriva che il richiamo alle norme e ai privilegi delle imposte erariali non pu che spiegare efficacia limitatamente alla fase esecutiva del procedimento e non rispetto ad una preventiva fase di accertamento : che l'Amministrazione non era tenuta a compiere con contrai.ddittorio dell'interessato. <( Parimenti infondata la pretesa che gli interessi debbano decorrere dal giorno della iscrizione al ruolo delle somme da recuperare. (< A prescindere da ogni altra considerazione facile rilevare che l'art. 1 del decreto n. 250 del 1945 espressamente autorizza <( il recupero del ~i&& -199 l'ammontare al tasso del 5 % di tutte le annualit erogate dai contributi , e l'art. 2 esplicitamente accenna al fatto che le rate debbono essere comprensive dell'interesse del 5 %come ripete il testo modificato dall'art. 3 della legge n. 906 del 1949. La determinazione del debito deve, quindi, per disposizione legislativa, essere effettuata. tenendosi gi conto dell'interesse, la cui decorrenza per tanto non pu avere inizio da epoca successiva>>. Con questa sentenza stata riformata quella del Tribunale di Roma, Sez. I, 25 febraio-28 luglio 1952, di cui ci siamo occupati con ampia nota critica, in questa Rivista (1953, fase. 5, 128 segg.). Le considerazioni esposte in tale nota risultano accolte dalla Corte df, Appello. COMPETENZA E GIURISDIZIONE -Domanda di rilascio di immobile occupato dalla P. A. -Impro ponibilit -Demanio artificiale -Immobile di inte resse artistico -Momento di inizio della dema nialit -Effetti sui preesistenti rapporti di diritto privato. (Tribunale di Rorna, Sez. III, 23 maggio 1953 - Pres. ed Est.: De Santis -Monaco e De Luigi c. Mini-' stero Pubblica Istruzione e Ministero Finanze). Non proponibile davanti al giudice ordinario una domanda di restituzione di immobile che si assume illegalmente occupato dalla Pubblica Amministrazione, ostandovi l'art. 4 della legge sul contenzioso amministrativo. Nel momento stesso in cui lo Stato esercita il diritto di prelazione previsto dalla legge 1 giugno 1939, n. 1089, l'immobile diviene demaniale. Il mutamento della natura giuridica dell'immobile provoca la distruzione di tutti i rapporti o contratti di diritto privato, gi precostituiti sul bene divenuto demaniale. Solo il discrezionale giudizio della Pubblica Amministrazione pu apprezzare se taluni rapporti siano compatibili con la nuova natura del bene, ma nessun giudice pu sostituirsi alla Pubblica Amministrazione in questo apprezzamento. La sentenza, estesa dal presidente della III Sezione, espone,. con grande chiarezza, alcuni principi fondamentali circa i limiti della giurisdizione ordinaria. Ecco la parte essenziale della motivazion : La tutela dei diritti del cittadino fu dalla legge 20 marzo 1865, all. E, affidata alla giurisdizione comune anche nei confronti della Pubblica A mministrazione, ma la cognizione dell'Autorit giudiziaria non ammessa senza una grave limitazione : quando la violazione dei diritti del cittadino derivi da un atto amministrativo, il giudice ordinario non ha il potere di annullarlo o di revocarlo, ma deve limitarsi a dichiararne la illegittimit e conseguentemente la avvenuta lesione del diritto da parte dell'atto amministrativo, mettendo l'Amministrazione nell'alternativa o di revocare essa stessa l'atto o di modificarlo in modo da far cessare la lesione o di compensare questa col risarcimento dei danni. Non potendo dunque il Tribunale revocare o porre nel nulla l'ordinanza di rilascio amministrativo, in virt della quale il Ministero della Pubblica Istruzione si immise coattivamente in possesso dell'immobile in questione, non potrebbe neppure condannare la Amministrazione a restituire i locali, anche se ricono scesse la illegittimit della ordinanza. Dovrebbe invece limitarsi a pronunciare tale illegittimit e la conseguente. lesione del diritto dei privati istanti, Ci premesso, nel merito della controversia (che va in ogni caso esaminato sia ai fini della pronuncia sulla legittimit dell'atto amministrativo implicitamente richiesta dagli attori, sia ai fini del risarcimento dei danni) una prima questione deve essere risolta dal giudicante Tribunale, quella cio della avvenuta non o avvenuta demanializzazione del Palazzo Barberini, in cui trovansi i locali oggetto della presente controversia. Per negare l'avvenuta demanializzazione gli attori ricordano ehe, secondo l'insegnamento della dottrina e della giurisprudenza, per attribuire il carattere demaniali ai beni elencati nel capoverso dell'art. 822 Codice civile si richiede una specifica manifestazione di volont, che pu essere una legge o un atto amministrativo che ha efficacia costitutiva di destinare il bene ad una pubblica funzione e comunque di sottoporlo al regime della demanialit. Tutto ci indubbiamente esatto, ma non pu giovare agli attori, in quanto la manifestazione di volont nella specie non mancata, dovendosi ravvisarla invece nell'atto col quale il Ministero della Pubblica Istruzione esercitava il diritto di prelazione per l'acquisto del Palazzo Barberini, e nella legge. La prelazione, invero, secondo le norme della legge 10 giugno 1939, n. 1089, non pu essere esercitata se non per i beni mobili o immobili che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnografico. D'altra parte l'art. 822 Codice civile, innovando in questo campo il diritto anteriore che ne faceva un patrimonio indisponibile, dichiara d~maniali >. I principi innanzi enunciati non soffrono alcuna deroga per effetto della legislazione vincolistica sulle locazioni : al contrario si costantemente ritenuto inapplicabile tale legislazione ai rapporti che traggono origine da concessioni amministrative. IMPOSTA DI REGISTRO -Cessazione del privilegio per decorso decennio. (Tribunale di Roma, Sez. I, Sent. 20 aprile-16 giugno 19:53 -Pres: Capitolo; Est.: Santoni-Rugiu -Societlt anonima Tranvie e Ferrovie Elettriche di Roma c. Ministero delle Finanze). .Anche quando un privilegio fiscale tragga origine da contratto stipulato con lo Stato ed approvato per legge, esso cessa di diritto alla scadenza del decennio della sua entrata in vigore. Non pu considerarsi approvato ,per legge un contratto approvato con decreto reale. Le questioni affrontate dal Tribunale di Roma nella sentenza annotata appaiono nuove, sebbene modeste, e vertono sull'esatta interpretazione dell'art. 29 della legge di registro. Tale articolo dispone, come noto, che tutti i privilegi tributari debbano cessare di diritto dopo dieci anni dalla loro entrata in vigore. Nel 3 comma dello stesso articolo, per, si stabilisce l'anticipata cessazione del privilegio, se dai bilanci della Societ o degli Enti beneficiati risultino utili netti superiori all'interesse legale. La ragione di questa anticipata decadenza viene individuata, dalla Relazione ministeriale, nel-fat;to che in questo caso la fioridezza dell'ente privilegiato renderebbe ingiustificata la permanenza dell'agevolazione fiscale per l'intero decennio. Solo quando il beneficio fiscale tragga origine da contratto stipulato con lo Stato, ed approvato per legge, la cessazione del -201 privilegio non ha luogo. evidente che la portata di questa eccezione pu essere diversissima, a seconda che essa si riferisca alla sola cessazione anticipata, o alla cessazione ordinaria per decorso del decennio. Nella prima alternativa, i privilegi traenti origine da contratti stipulati con lo Stato ed approvati per legge sopravviverebbero all'evento che determina la cessazione anticipata (utili superiori al normale), ma non durerebbero oltre la scadenza del decennio. Nella seconda alternativa, questi privilegi non avrebbero praticamente alcun limite di tempo. Il Tribunale, con una motivazione estremamente concisa, ma corretta, ha accolto la prima alternativa. Tale soluzione sembra esatta, se si tiene presente lo spirito che informa l'eccezione accordata ai privilegi traenti origine da contratti con lo Stato. Poich da presumere che lo Stato, attraverso questi contratti, si sia assicurato corrispettivi tali da farlo partecipare, direttamente o indirettamente, agli utili dell'ente beneficiato, evidente che attraverso i corrispettivi affiuiscono allo Stato, ed anzi in maggiori proporzioni, quelle somme che lo Stato non percepisce a titolo di imposte. Inopportuna apparirebbe quindi una decadenza anticipata, che si risolverebbe indirettamente in un minore introito sotto altri aspetti. E ci spiega come la permanenza del beneficio sia stata, nella topografia della legge, incasellata fra due disposizioni (la prima parte del 30 comma, ed il 4 comma dell'art. 29) che hanno entrambe riferimento all'ipotesi degli utili eccedenti l'interesse legale; a questa stessa ipotesi di decadenza anticipata, e solo a questa ipotesi deve riferirsi quindi la eccezionale permanenza prevista dalla seconda parte del 3 comma. In altri termini, l'eccezione (che, come tale da interpretarsi restrittivamente, tanto pi in tema di privilegi) non opera rispetto alla generale decadenza per il decorso del decennio, regolata unicamente dal 2 comma dell'art. 29 ; n l'esistenza di eventuali partecipazioni dello Stato potrebbe giustificare una permanenza del beneficio anche oltre quel termine massimo, che fissato con portata generale e inderogabile. Ragioni di opportunit e, in un certo senso, di moralit tributaria, inducono a limitare al solo caso della decadenza anticipata l'infiuenza dei motivi economici, determinanti il permanere del privilegio del caso di cointeressenza. Il Tribunale ha, comunque, osservato che in ogni caso l'eccezione potrebbe ricorrere solo rispetto a contratti approvati per legge; e neg che tale requisito sussistesse per convenzioni approvate per semplice decreto reale. Anche questa conclusione sembra da approvare. Allorquando il legislatore prevede una. approvazione per legge usa questo termine nel senso di legge in senso formale. La distinzione fra approvazione per legge e approvazione per decreto, in materia di contabilit di Stato , del resto, fondamentale (cfr. INGROSSO : Contabilit di Stato, p. 180). Quali che siano i significati assunti dal termine <'JZI : M odificazioni all'ordinamento della Corte dei Conti (legge 21 maggio 1953, n. 161) Riv. Amm. Rep. Ital. ))' 1953, 377). L'esecuzione volontaria di un contratto stipulato dallo Stato e non approvato e quindi privo di efficacia giuridica non importa sanatoria n sostituisce l'approvazione mancante (Corte App. Genova, 13 giugno 1953, Cont. 18082 avv. Genova). Il pagamento di una indennit per occupazione arbitraria di un immobile non costituisce una locazione per la quale, ove a riscuotere sia l'Amministrazione delle Finanze, occorrerebbero le formalit volute ad snbstatiam dalla legge (Trib. Bologna, 24 marzo 1953. Cont. 7772. Avv. Bologna). La compravendita di mobili di patrimonio indisponibile deve essere fatta per iscritto e il preteso compratore per pretendere la restituzione del prezzo conseguente a quella dei mobili, deve dare la pro~a dell'espletamento delle formalit particolari costitutive dell'acquisto onde accertare che il prezzo sia stato versato nelle casse della Pub lica Ammi.nistrazione (Corte App.. Bologna, 3 luglio 1953, Cont. 7564, Avv. Bologna). FORNITUREl ED APPALTI. Le norme di un capitolato d'oneri poste a contenuto di un appalto hanno natura contrattua.Je e precisamente di contratto di adesione (Corte App. Milano, 30 giugno 1953 Foro Padano))' 1953, II, 61). Non lo Stato, semplice finanziatore, ma il Comune proprietario della opera eseguita a sollievo della di.soccupazione, risponde dei danni derivanti dalla esecuzione dell'opera e dalle occorse espropriazioni ('l'rib. Bologna,, 22 aiprile 1953, Cont. 6430, Avv. Bologna). RESPONSABILITA' NEI RIGUARDI DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE In tema di manutenzione di opera pubblica pericolo quello non facilmente percepibile dall'utente i.n buona fede dell'opera pubblica (Corte App. Roma, 31 marzo 1953 Temi. Rom.))' 1953, 160). Il doloso abuso di potere di un dipendente della Pubblica Amministrazione che abbia agito nell'esclusi. vo interesse dell'Amministrazione, non esclude il nesso fra il danno e la funzione orga nica, specie se l'atto sia stato, sia pur colposamente, convalidato dagli organi superiori (Corte CaRs.. 14 aprile 1953. Giur, It. ))' 1953, I, 645). Articolo del prof. HID~IO PANNAIN: L'Azione cidle di responsabilit in caso di amnistia o di morte del reo))' in Riv. Inf. Mal. Prof.)); 1953, 1, 735. . . . . L'azione di rivalsa contro un militare d1 leva responsabile di un sinistro, per i1 pagamento dei danni pagati, soggetta a prescrizlone decennale ordinaria, e la colpa del dipendente deve essere provata in giudizio, non presunta ex art. 2054 c. c. (Trib. Trento, 24 giugno 1953, Cont. 471, Avvocatura Trento). Nella stessa fattispecie lo stesso Tribunale (sentenza 10 luglio 1953, Coni:. 683, Avv. Trento), ritenne la prescrizione qui.nquennale. ORGANIZZAZIONE INTERNA DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE IMPIEGO PUBBLICO. E' leO'ittimo il diniego di retribuzione da parte della P~bblica Amministrazione per il periodo di mancata prestazione del servi.zio per isciopero. (Cons. Stato, 9 dicembre 1952, Foro Amm. ))' 1953, I, I, 158). La Corte dei conti incompetente a conoscere del diritto alla buonauscita a carico dell'E.N. P.A.S.. (Corte dei Conti), 15 febbraio 1952, Riv. It. Prev. Soc. >1, 1953, 461). I dipendenti della G.R.A. hanno qualit di :Utcaricati. di pubblico servizio (Corte Cass. Pen., 12 febbraio 1953, Giust. Pen. , 1953, II, 899). BENI E MEZZI DELLO S'fA'l'O DEMANIO. Per attribuire a un bene carattere demaniale occorre una specifica manifestazione di volont per legge o atto amministrativo: quest:ultimo ha efficacia costitutiva per la destinazione del bene alla pubblica funzione ('l'rib. Roma, 23 ma.ggio 1953, Temi Rom. , 1953, 168). lMPOSTEl (IN GEJNERE). Chiuso un fallimento anche se per concordato, qualsiasi noti.fica di atti nei procedimenti tribu tari amministrativi deve essere fatta direttamente all'interessato; solo la riapertura della procedura fallimentare rimette le cose i.n pristino anche agli effetti della predetta notifica (Comm. Centr. Imp., 2 maggio 1952 Dir. fall. e Soc. comm. , 1953, 335). I/esonero dalle sopratasse e pene pecuniarie in forza del pagamento del tributo giusta l'art. 35 della legge n. 25 del 1951, non riguarda l'ai1men - da, di natura penale fiscale (Trib. Bologna 29 aprile 1953, Cont. 7240, Avv.. Bologna). La decisione la cui moti.va.zione consista in una frase stampata in un modulo (tenuto conto delle informazioni assunte da fonti attendibili e di ogni -208 valutabile circostanza) nulla per difetto assoluto di motivazione (Oomm. Oentr. Imp. 22 gennaio 1953 Giur. Imp. Dir. Reg. Negoz. , 1953 165). La decisione della Commissione centrale -che, ritenuta la tassabilit, rimette gli atti all'ufficio accertatore perch liquidi il tributo su criteri diversi, impugnabile davanti al giudice ordinario, senza obbligo del salve et repete (Corte Oass., S. U., 23 giugno 1953, Foro It. , 1953, 1, 1114 con nota). Non sufficiente perch non consente di seguire il processo logico che dai fatti porti alla decisione l'affermazione generica della Commissione provinciale di aver tenuto conto della ubicazione e dello stato di conservazione dell'immobile nel determinarne il valore (Trib. Catania, 12 dicembre 1952. Oont. 17869, Avv. Catania). E' nulla la decisione amministrativa in materia di valutazione, quando non sia possibile per la nessuna indicazione degli. elementi tenuti a calcolo ricostruire per quali dati siasi pervenuti al risultato aritmetico enunciato (Trib. Bologna, 28 aprile 1953, Oont. 8089, Avv. Bologna; 20 aprile 1953, Oont. 7936, Avv. Bologna; 28 maggio 1953, Oont. 7787, Avv. Bologna) .. La prova di un concordato deve essere data documentalmente e non per testimoni, se la sua sussistenza contestata dalla Finanza, (Trib. Bolog na, 24 giugno 1953, Oont .. 6422, Avv. Bologna). Non si lede il salve et repete se su di una istanza di fallimento :fiscale si esamini se sussistano gli altri presupposti della dichiaraz:i.one di fallimento (Corte App. di Milano, 25 marzo 1953. Dir. fall. e Soc. comm. , 1953, 385). Il salve et repete si applica all'imposta di registro per occultamento di valore (Trib. Bologna 24 giugno 1953, Oont. 6422, Avv. Bologna). La intrinseca natura dell'atto e non la definizione data dall'Ufficio determina se un tributo sia suppletivo al fine di escludere il salve et repete (Trib. di Palermo, 16 gennaio 1953. Foro Sic.. , 1953, 126). Il salve et repete si applica : all'imposta di Re gistro sull'accertamento di maggior valore ed anche in caso di illegale notifica dell'accertamento in un luogo ove il contribuente non abbia la suil, residenza, mancando gli estremi della rilevabilit prima facie dell'invalidit del titolo della esazione del tributo (Trib. Catania, 19 giugno 1953, Oont. 17763, Avv. Catania): ... alle maggiorazioni disposte a favore della Sepral nei generi immessi al consumo, siccome sostanzialmente imposta di consumo, costituendo esse oneri imposti a favore di un organo dello Stato per sopperire alle sue necessit :finanziarie per la sua organizzazione e funzionamento, e a carico del consumo di determinati prodotti (Trib. Potenza, 12 agosto 1953, Oont. 191, 2, 3, 4,.Avv. Potenza). lMPOSTEl (DIRElTTEl). Il termine di sei mesi di cui all'art. 53 T. U, n. 4021 del 1877, termine che decorre dal primo e non dall'ultimo giorno di pubblicazione dei ruoli di decadenza ed erilevabile in ogni stato e grado del giudizio ed anche d'ufficio (Trib~ Ancona, 27 maggio 1953, Oont. 1055-6, Avv. Ancona). Il rimborso dell'imposte indebitamente percette comprende quello d~lle sopraimposte comunali e provinciali e delle addizionali E.O.A.; gli interessi competono solo dal passaggio in giudicato delle sentenze di condanna (Trib. Bologna, 18 maggio 1953, Oont. 7355, Avv. Bologna) .. Sebbene straordinaria, tuttavia la rettifica di cui all'art. 4 L. n. 892 del 1947 non consente lo spostamento dell'anno di base per la commisurazione dei redditi.: perci il reddito per 1947 va commisurato a quello del 1945 e non a quello del 1946 (stessa sentenza). Ove nelle tariffe di reddito agrario certe manipolazioni di prodotti agricoli non siano comprese, il relativo reddito va assoggettato all':i.mposta di ricchezza mobile (Trib. Bologna, 9 gennaio 1953, Oont. 7174, Avv. Bologna). Un consorzio concessionario di opere di bonifica di ia categoria, ove intestatario catastale all'epoca del Prest:i.to redimibile 5 '% e della correlativa imposta straordinaria immobiliare di cui ai R. D. n. 1743 e 1923 del 1936, soggiace a tali oneri se a detta epoca non sia intervenuto il decreto di ultimazione del Ministero per l'Agricoltura e Foreste (Trib. Bologna, 27 dicembre 1952, Oont. 7117-8, Avv. Bologna). In senso opposto (Corte App. Bologna, 30maggio1953, Cont. 5961-2, Avv. Bologna, Oonfr. Rassegna, 1949, 269). JMPOSTEl (lNDIRElT'.l'El). La tassa di registro richiesta dopo la registrazione con tassa fissa suppletiva (Trib. Palermo, 16 gennaio 1953 Foro Sic. , 1953, 126) .. Articolo dell'Avv. DARIO VOLPI: Validit o meno delle scritt'llre private non registrate in relazione alla Tegge 26 gennaio 1952, n. 29 ( Corti Ven. Brescia 195~-56). Sono indipendenti e separatamente tassabili con imposta di registro, come cessione e come :finanzi.amento, gli atti di cessione di premi e proventi di :films a garanzia di finanziamenti (Corte App. Roma, 31. marzo 1953, Oont. 3976/51, Avv. Generale). I 1 11'f1! La solidariet passiva dei contribuenti sussiste anche se trattasi di atti soggetti a registrazione in cas9 d'uso (Trib. Roma, 14 marzo 1952.-Temi Rom. , 1953, 174). Non pu contestarsi dal fisco, perch non terzo in senso tecnico, la data di una scrittura privata agli effetti dell'applicazione d'un diverso tasso di imposta, di registro (Corte Oass., 8 maggio 1953, Mon. Trib. , 1953, 259. << Giur. Imp. Dir. , 1953, 265. Foro It. , 1953, I, 119). Non compete all'appaltatore il rimborso della tassa di registro corrisposta in caso di rescissione dell'appalto, da parte dell'ammil!jstrazione, per motivi tecnici e per esplicita clausola contrat: tuale (Trib. Bologna, .21 gennaio 1953, Coni. 6968. Avv. Bologna). Gli agenti generali, se abilitati a concludere i contratti da essi promossi debbono considerarsi mandatari retribuiti ai sensi della lett. B del -209 l'elenco di cui alla legge n. 1033 del 1927 (Corte Cass., 6 luglio 1953. Cont. 65136. Avv. Generale). }J' vendita e non appalto agli effetti dell'imposta di registro il contratto con J, 1953, 408). La pullblica Amministrazione soccombente non tenuta aille spese giudiziali ove il contribuente abbia proposto opposizione a tassa di .registro, con un termine di comparizione superiore ai giorni novanta, senza tuttavia proporre reclamo amministrativo (Trib. Roma, 14 marzo 1953. Temi Rom. , 1953, 174). Sono soggetti a tassa di successione i beni oggetto di una donazione non ancora accettata dal donatario al momento della morte del donante (Comm. Centr. Imp., 6 giugno 1952. Foro lt. , 1953, III, 234 con nota G. S.). L'addizionale E. C. A. di cui a.I R. D. n. 2145 del 1937 non si applica all'imposta reale sul valore globale ereditario netto, fstituita successivamente, ed autonoma rispetto all'imposta normale sulle successioni (Trib. Bologna, 19 giugno 1953, Oont. 7433 Avv. Bologna). Per l'imposta generale sull'entrata, sono vendite al minuto, le vendite da un grossista allo Stato per esigenze delle forze armate, anche se stipulate per iscritto (Trib. Roma, 2 luglio 1953, Oont. 1795/52. Avv. Generale). Nell'opposizione ad ingiunzione doganale, per aversi decadenza per decorso di termine occorre che la procedura esecutiva sia ininterrottamente proseguita; ove venga ripresa con nuova ingiunzione per perenzione della procedura esecutiva stessa, decorre un nuovo termine (Trib. Trento, 30 maggio 1953, Cont. 558. Avv. Trento). Non debitore dei diritti di confine chi nei documenti ferroviari e doganali apparisca destinatario di una merce importata, ove risulti che l'importazione era stata disposta dal tedesco occupante nel proprio interesse, e ci perch i privati destinatari fungevano solo d atemporanei depositari della merce. (Stessa sentenza). CoNTinBUTI SPECIALI. Non ha natura contrattuale bens' di tassa il canone degli utenti della R.A.I. ai quali non compete un diritto soggettivo nello svolgimento delle radioaudizioni (Corte App. Genova, 16 maggio 1953, Foro Padano J>, 1953, I, 920 con nota prof. Renato A.lessi). PROCEDIMENTO COATTIVO. E' sufficiente per la validit di una ingiunzione fiscale la esatta menzione deil'articolo di campione (Corte App. Roma, 31 marzo 1953, Cont. 3976/51, Avv.. Generale). La nullit formale dell'ingiunzione di che alla legge n. 639 del 1910 deve essere dedotta nell'atto di opposizione: non pu, quindi, essere fatta valere successivamente, n essere rilevata di ufficio (Corte App. L'Aquila, 2 ottobre 1952, Riv. Giur. Abr. , 1953, 1-36). ATTIVIT DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE NEI RAPPORTI DI DIRITTO COMUNE DIRITTO CIVILE. Persone. -Lo scioglimento di un ente di fatto si ha quando sia dissolto il rapporto associativo, cessata ogni attivit e diviso il fondo comune (Trib. Bologna, 24 marzo 1953. Oont. 7772. Avv. Bologna). I C.R.A.L. sono enti di fatto; solo l'E.N.A.L. ha personalit giuridica. (Stessa sentenza). Obbl-igazioni. -Il conduttore l)bbligato al risarcimento dei danni per mancato rilascio dell'immobile da parte dei sublocatari anche se que -210 :;t emuo stati immes::;i a titolo gratuito; e dovr corrispondere i canoni mensili sebbene i locali non Ria.no pi da lui personalmente goduti (Trib. Bo logna, 26 gingno 1953. Cont. 6355. Avv. Bologna). Intervenuto il giudicato penale assolutorio per insufficienza di prove sulla colpa, non possono pi rimettersi in discussione in sede liberatoria ci vile, fatti gi accertati dal giudice penale (Tribu nale Bologna, 30 marzo 1953. Cont. 6415/7218. Avv. Bologna). E' responsabile il conducente fermatosi di notte su una strada con luci posteriori accese, e di poi spentesi, se non venga provato il caso fortuito; n rilevante, date le zone d'ombra, che la sosta avvenga sotto una lampada stradale, n vi con corso di colpa del conducente dell'automezzo so praggiunto che abbia cozzato contro il precedente perch privo delle luci posteriori, in quanto ab bagliato da altro automezzo incrociante (Stessa sentenza). Il giudice pu procedere di ufficio ad una va lutazione equitativa dei danni anche quando il danneggiato sia decaduto dalla prova dell'entit del proprio danno (Corte App. Bologna, 10 apri le 1953. Cont. 5987. Avv. Bologna). Il lucro cessante per mancati guadagni debito . di valore, il rimborso delle spese sopportate dal danneggiato all'epoca del sinistro debito di va luta. (Stessa sentenza). Lavoro e imprese. --Anche l'affiliato titolare del diritto alla indennit per cessazione di lavoro per morte del lavoratore (Trib. Venezia, 20 mag gio 1953. Mass. Giur. Lav., 1953, 172). Pu essere omologata perch legittima se approvata alla unanimit la deliberazione di proroga di una societ anche dopo la scadenza del suo termine di durata (Corte App. Roma, 14 aprile 1953. Hiv. Notar., 1953, 341, 342, il Tribunale aveva deciso in senso contrario. L'inattivit anche lunga di un ente sociale non prova sufficiente della sua estinzione, che data solo dalla chiusura della liquidazione (Trib. Bologna, 24 dicembre 1952. Cont. 6606. Avv. Bologna). Tutela dei diritti. -L'archiviazione penale degli atti non di ostacolo all'applicabilit del termine prescrizionale penale alle azioni di risarcimento danni, bastando a ci l'astratta configurabilit di un reato (Trib. Bologna, 18 ottobre 1952. Cont. 6092. Avv. Bologna). La sospensione della prescrizione disposta dalle leggi di guerra si applica anche alla usucapione (Trib. Bologna, 24 dicembre 1952. Cont. 6606. \vv. Bologna). PROCEDURA CIVILE. La competenza del foro dello Stato sussiste nella proroga dei contratti agrari nei quali uno dei contraenti sia lo Stato (Trib. Ravenna, Sez. Speciale, 10 settembre 1952. Cont. 7622. Avv. Bologna). Le mense delle Ferrovie dello Stato non sono enti di fatto, ma, anche se condotte a gestione autonoma, organi dell'Amministrazione; le noti:fii che delle citazioni quindi vanno fatte presso la competente Avvocatura (Trib. Bologna, 9 marzo 1953. Cont. 6271. Avv. Bologna). La citazione della. Sepl,'al p va fatta presso la Avvocatura dello Stato (Trib. Bolzano, 25 giugno 1953. Cont. 485. Avv. Trento). L'errata notifica di una citazione a un corpo di Vigili del Fuoco sanata dalla costituzione in causa dell'ente convenuto ('frib. Trento, 27 giugno 1953. Cont. 78. Avv. Trento). Non il Ricevitore doganale, ma l'Ispettore Capo nelle sedi di circos~rizione doganale, in cui capo della, Dogana, abilitato alla rappresentanza nei giudizi dell'Amministrazione: la vocatfo in ius in persona del primo insindacabilmente nulla (Trib. Trento, 11 luglio 1953. Cont. 560. Avvocatura 'l'rento). La citazione del Ministero dei Trasporti anzich delle Ferrovie dello Stato sanabile con la comparizione dell'Avvocatura dello Stato, costituendo essa solo irregolare designazione dell'Amministrazione (Trib. Bologna, 18 aprile 1952. Cont. 6092. Avv. Bologna). L'organizzazione del P. C. I. in cellule, sezioni, federazioni e l'attribuzione della rappresentanza del partito al segretario della Federazione e non anche a quello della sezione, riguardano solo la struttura politica del partito, non l'aspetto patrimoniale, nel qual campo la Sezione portatrice di interessi propri distinti da quelli del partito, sussistendo una autonomia patrimoniale, ancorch imperfetta caratterizzata da un fondo comune direttamente amministrato: bene pertanto convenuto in giudizio jl segretario di una sezione P.C.I. identificandosi esso col presidente o direttore di un'associazione non riconosciuta (Pret. Genova, 11 luglio 1953. Cont. 19725. Avv. Genova; Corte App. Genova, 13 giugno 1953. Cont. 18082. Avvocatura Genova). Il terzo che rivendichi l'immobile nei confronti del locatore estraneo alla lite fra locatore e locatario per la esclusione della proroga (Trib. Forl, 19 dicembre 1952. Cont. 7353. Avv. Bologna). L'art. 327 C. p. c. non applicabile alle decisioni del Consiglio di Stato, occorrendo la notifica di esse per far decorrere il termine per ricor rere in Cassazione (Corte Cass., S. U., 21 gingno 1952. Ginr. It. , 1953, 1, I, 730 con nota dott. Ettore Morone). Non pu disporsi, in base all'art. 700 C. p. c. la sospensione dei lavori iniziati su terreni occupati di urgenza (Pret. San Valentino d'Abruzzo, 2 maggio 1953. cc Foro It. J>, 1953, I, 1201). DmrrTO PENALE. La prescrizione nelle contravvenzioni previste dalle leggi :finanziarie di tre anni; gli atti interruttivi, secondo le norme comuni, la prQ:rogano della met e quindi a quattro anni e mezzo (Corte Cass. Pen., 2 luglio 1952. cc Mass. Pen. , 1953, 279). Il reato di corruzione, ove si tratti di incaricato di pubblico servizio, condizionato all'ac -211 rnm=&m@mmm,,=m+m,,tmw==m,,,,uum .. m.,m,arrmmmtimiLaimamnm .ce1tame11to .-un fatto contrario ai doveri funzionali, il quale ben pu consistere, se la prestazione regolata da un rapporto di lavoro privatistico, nella violazione dell'obbligo di fedelt di cui all'art. 2105 C. c. identificato nella divulgazione di notizie sull'organizzazione e metodi di produzione dell'impresa, purch sia dimostrato il pregiudizio recato alla stessa (Corte Cass. Pen., 12 febbraio 1953. Giust. Pen. , 1953, II, 899). Risponde di incendio colposo oltre che di contravvenzione all'art. 32 Regolamento Polizia forestale, chi, avendo acceso dei fuochi per procedere alla pulizia di una scarpata ferroviaria, non riesca poi ad evitare il propagarsi a un vicino bosco delle fiamme alimentate da improvviso vento (Trib. Bolzano, 8 maggio 1953. Cont. 611. Avvocatura Trento). E' delitto e non contravvenzione il reato di omesso versamento dei contributi INA-Casa (Pretura Torino, 19 giugno 1953. Giur. It. , 1953, II, 296). Fra le varie ipotesi di contrabbando previste nella legge doganale vi solo concorso di norme, quindi il giudice pur potendo contestare diverse condotte delittuose, corrispondenti alle varie ipotesi, pu ritenere solo una di esse e applicare una sola delle pene (Corte Cass. Pen., S. U., 19 gennaio 1953. Giust. Pen. , 1953, II, 865). Anche persona diversa dal Capitano pu rispondere, a titolo di concorso, della condotta delittuosa di che all'art. 99 lett. O, legge doganale (Stessa sentenza). La zona contigua equiparata al mare territoriale, e il contrabbando ivi commesso si intende commesso nel territorio. (Stessa sentenza). Anche in caso di contrabbando tentato sussiste la conseguente frode al pagamento dell'imposta generale sull'entrata. (Stessa sentenza). CON'l.'ENZIOSO NEI RAPPORTI DI DIRITTO INTERNA ZIONALE. L'immunit delle rappresentanze diplomatiche non pu estendersi agli atti di impiegati amministrativi nello svolgimento di una attivit meramente privata; e non pu risultare che secondo le consuetudini internazionali, non secondo quelle dei singoli Stati (Trib. Roma, 13 luglio 1953. Temi Rom. , 1953, 164). Conforme, per gli agenti diplomatici accreditati (Trib. Roma, 24 marzo 1953. Temi Rom., 1953, 170). MATERIE DI INTERESSE SPECIALE E CONTINGENTE P. N. F .. DEVOLUZIONE. La donazione di un terreno per costruirvi la casa del fascio deve .intendersi sotto condizione e non modale; quindi si risolve ex tunc per la mutata destinazione dell'immobile per gli avvenimenti del 1943, n ha rilievo che la condizione si avveri per factitm principis (Trib. Bologna, 30 giugno 1953. Cont. 6897. Avv. Bologna). ATTIVITA' CONNESSA CON LO STATO DI GUERRA DANNI DI GUERRA. Il compenso di riparazione delle navi inercan tili sinistrate costituisce diritto soggettivo azionabile davanti al Collegio arbitrale di che all'articolo 2 D.L.L. n. 686 del 1945 per i proprietari che, aypudo dichiarato di volersi avvalere di talP U.L.L., abbiano provveduto al recupero; ma Ja, revisione delle quote di concorso di spese dovute dalla pubblica Amministrazione costituisce solo un'aspettativa Ghe potr divenire diritto solo SP l'Amministrazione, valendosi del potere discrezionale datole dalla legge, abbia effettivamente operato la revisione delle tabelle (Corte Cass., ~. U., 8 111glio 1953. Cont. 143/50. Avv. Generale). PmGIONIERI. Una yolta accettato dall'Italia e dall'Inghilterra il compito di effettuare le rimesse in Italia di un prigioniero italiano, si attua il diritto soggettivo per il prigioniero e pel destinatario (Corte Oass., S. U., 13 giu~no Ul53. F<1ro Padano, 1953, II, 58). CONTRATTI DI GUERRA. Permane la giurisdizione gi investita d una controversia per contratto di guerra, ai sensi del l'art. 19 D.L. n. 674 del 1948, anche nel caso di un giudizio arbitrale nel quale si contesti Li com promessibilit in arbitri (Corte Cass., Hi mar M 1953. Foro It. , 1953, I, 1140). E' improponibile, se p".'.oposta dopo il 31 dicem. hre 1949, termine fi~sato dalle leggi spedai, la domanda pd pagauwnto di debiti !'!caduti d~llo Stato, per servizi prestati prima della liberazione (Trib. Bologna, 7 marzo 1953. Cont. 7129. Avvo catura Bologna). REGIME VINCOLISTICO DELLE LOCAZIO::-I. Ove nel contratto di locazione si sia riguardato l'immobile>in s indipendentemente dalla sua de stinazione a cinema, il contratto soggetto a proroga non trattandosi di locazione di azienda (Trib. Bologna, 19 dicembre 1952. Cont. 7353. A y. vocatura Bologna). Determinante ai fini della proroga la data