Avvocatura dello Stato

ISTITUZIONALE

Sentenza n. 455 del 26 luglio 1988

Ultimo aggiornamento: 06/07/2007 15:36:10
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:

Presidente:
Aldo SANDULLI

Giudici:
Biagio PETROCELLI
Antonio MANCA
Giuseppe BRANCA
Michele FRAGALI
Costantino MORTATI
Giuseppe CHIARELLI
Giuseppe VERZÌ
Giovanni Battista BENEDETTI
Francesco Paolo BONIFACIO
Luigi OGGIONI
Angelo DE MARCO
Ercole ROCCHETTI
Enzo CAPALOZZA
Vincenzo Michele TRIMARCHI

ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 55 del D. P. R. 19 maggio 1949, n. 250, contenente norme di attuazione dello Statuto speciale per la Sardegna, promosso con ordinanza emessa il 18 maggio 1966 dal Tribunale di Tempio Pausania nel procedimento civile vertente tra le Società Gilpa e Sugherificio italiano, il Comune di Olbia e la Regione autonoma della Sardegna, iscritta al n. 132 del Registro ordinanze 1966 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 226 del 10 settembre 1966.
Visto l'atto di costituzione della Regione autonoma della Sardegna;
udita nell'udienza pubblica del 28 febbraio 1968 la relazione del Giudice Giuseppe Chiarelli;
udito il sostituto avvocato generale dello Stato Giuseppe Guglielmi, per la Regione sarda.

Considerato in diritto
Con la questione di legittimità costituzionale sollevata d'ufficio dal Tribunale di Tempio Pausania si pone in dubbio che le norme dell'art. 55 del D. P. R. 19 maggio 1949, n. 250, che estendono all'Amministrazione regionale sarda le funzioni dell'Avvocatura dello Stato, possano considerarsi di attuazione dello Statuto, in quanto non troverebbero un riferimento specifico nelle norme o istituti da questo contemplati, e inoltre limiterebbero l'autonomia della Regione. Esse pertanto avrebbero travalicato i confini del potere legislativo delegato con l'art. 56 dello Statuto e sarebbero conseguentemente in contrasto con l'art. 70 della Costituzione. La questione non è fondata.
Questa Corte ha avuto già occasione di rilevare in numerose decisioni come gli articoli degli Statuti regionali che prevedono l'emanazione di norme di attuazione contengono una speciale attribuzione di potestà legislativa, da esercitare con le forme e il procedimento in essi stabiliti.
Si è inoltre precisato che tale attribuzione di potestà legislativa non ha per oggetto l'emanazione di norme di mera esecuzione dello Statuto. Con essa, infatti, non si voleva che fossero stabilite semplicemente, come in un regolamento, quelle disposizioni più dettagliate che occorrono per l'applicazione di una legge (sentenza n. 20 del 1956), ma si voleva fossero emanate - per riferirci qui soltanto alle disposizioni di attuazione di contenuto organizzativo - norme legislative corrispondenti alla necessità di assicurare un collegamento tra le attività e i servizi trasferiti alla Regione e quelli che rimangono allo Stato; di evitare duplicazioni di attività e di uffici; in sintesi, di dar vita, nell'ambito delle ben definite autonomie regionali, a una organizzazione dei pubblici uffici e delle pubbliche funzioni che si armonizzi con l'organizzazione dello Stato, nell'unità dell'ordinamento amministrativo generale (sentenza n. 14 del 1962).
Nel quadro di questo coordinamento tra l'organizzazione amministrativa dello Stato e quella della Regione rientra la estensione a quest'ultima delle funzioni dell'Avvocatura dello Stato. In sostanza, con tale estensione si è messo a disposizione della Regione l'attività tecnica di un organo istituzionalmente destinato alla rappresentanza e difesa anche delle amministrazioni pubbliche non statali, quando ne sia autorizzato da disposizioni di legge o di regolamento o di altro provvedimento approvato con decreto del Capo dello Stato (art. 43 del T. U. 30 ottobre 1933, n. 1611).
Né le norme impugnate oltrepassano i limiti delle materie disciplinate dallo Statuto, in quanto con esse si prevede un mezzo di attuazione della tutela di diritti e di interessi già appartenenti allo Stato, e dallo Statuto attribuiti alla Regione. Del pari senza fondamento è l'asserita violazione dell'autonomia regionale.
Più che la norma costituzionale, la contraddizione non avrebbe consentito che il patrocinio degli interessi regionali fosse affidato all'Avvocatura nei casi di contrasto di interessi tra la Regione e lo Stato. Ma l'art. 55 esplicitamente stabilisce che le sue disposizioni non si applicano nei giudizi in cui sono parti l'Amministrazione dello Stato e le Amministrazioni regionali, salvo il caso di litisconsorzio attivo, e dispone inoltre che, nel caso di litisconsorzio passivo, la Regione può avvalersi del patrocinio dell'Avvocatura solo quando non vi sia conflitto di interessi tra Stato e Regione.
In tal modo è salvaguardata l'autonomia della Regione, mentre alla sua discrezionalità è affidata la valutazione del l'esistenza di un contrasto di interessi, nell'esercizio della facoltà di avvalersi dell'Avvocatura nei litisconsorzi passivi con lo Stato.
Né va taciuto che l'art. 5 del citato testo unico consente alla Regione di affidare la propria difesa agli avvocati del libero foro, anche fuori delle ipotesi di conflitto.
D'altra parte, com'è stato rilevato dalla difesa della Regione, l'attività consultiva e contenziosa dell'Avvocatura dello Stato non limita i poteri dispositivi della Regione sui rapporti sostanziali.
La lunga e incontrastata attuazione che hanno avuto le norme impugnate dimostra del resto che la stessa Regione non ha mai visto in esse una lesione della propria autonomia, e ciò e confermato dal comportamento della Regione nel presente giudizio.

Per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 55 del D. P. R. 19 maggio 1949, n. 250, contenente norme di attuazione dello Statuto speciale per la Sardegna, proposta con l'ordinanza citata in epigrafe, in riferimento all'art. 56 dello Statuto sardo e all'art. 70 della Costituzione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 aprile 1968.